Poesie di Salvatore Armando Santoro


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Salvatore   Armando Santoro

Santoro Salvatore Armando è nato a Reggio Calabria il 16 Marzo 1938, da madre reggina e padre salentino (terra alla quale si sente particolarmente legato) ed è laureato in Scienze politico-sociali presso l'Università di Torino.
Dedicatosi giovanissimo all'impegno nel sindacato fu tra i primi dirigenti della Cisl di Reggio Calabria prima e, all'inizio degli anni '60, dopo aver frequentato la scuola sindacale della Cisl di Firenze, si trasferisce in Valle d'Aosta dove ha curato in prevalenza il settore della formazione e dell'informazione. In tale veste è stato per diversi anni anche corrispondente per la Valle d'Aosta di "Conquiste del Lavoro", organo nazionale della Cisl.
A Reggio fu uno dei primi promotori del Movimento Federalista Europeo, e tale ruolo ha continuato a svolgerlo anche in Valle d'Aosta, partecipando a tutte le attività organizzative di quegli anni che gli permisero di venire in contatto con i grandi ideatori del progetto europeo, Alterio Spinelli, Giuseppe Petrilli, Mauro Ferri, Angelo Lotti, ecc...
Nel suo ruolo di sindacalista, a lui si devono due importanti convegni organizzati all'inizio degli anni '80 in Valle d'Aosta: nel primo furono tracciate le linee per un potenziamento del settore termale, dove  è  stato prospettato il recupero delle Terme di Pre' St. Didier e lo sfruttamento industriale di alcune sorgenti per l'imbottigliamento di acqua minerale del Monte Bianco (idee che poi si sono realizzate) e, in un altro convengo, invece, sostenne il progetto del collegamento ferroviario tra Aosta e Martigny che è  in fase di discussione in sede politica.
Dal 1986 è stato Segretario Regionale e componente dell'Esecutivo Nazionale del Sindacato Elettrici della CISL, compiti che svolse anche in Abruzzo, tra il 1989 al 1992, dove era stato inviato in missione per motivi di lavoro.
Dal 1997 è in pensione ed impegna il suo tempo libero scrivendo poesie e racconti, una passione che sviluppò fin da adolescente e non più abbandonata, ed alternando la sua presenza tra la Valle d'Aosta ed alcune località della Toscana (Pistoia prima e Grosseto adesso).
Vasta la sua produzione poetica e numerosi i premi letterari ottenuti. Le sue poesie sono state pubblicate su diversi periodici locali (a Messina, Reggio Calabria, Pistoia, ma prevalentemente ad Aosta su giornali, quali Le Soleil Valdotaine, La Region e La Vallè e Notizie, un giornale molto diffuso in Valle d'Aosta). Recentemente una sua impegnativa poesia sociale "La Razza" è stata inserita anche nella rivista trimestrale di Cultura e Turismo "Calabria Sconosciuta".
Le sue poesie sono presenti in molte antologie letterarie, soprattutto della Keltia editrice di Aosta, e nel 2007, anche la Regione Toscana ha patrocinato una antologia letteraria, "Pater" (Morgana Edizioni-FI) dove, insieme alla sua lirica "Edera amara", sono inserite liriche di personaggi di spicco della cultura italiana ed internazionale, quali Maria Luisa Spaziani, Andrea Zanzotto, Franco Loy, Smitran Stevka, Hinostroza Rodolfo, ecc...
Gran parte dei suoi lavori (poesie e racconti), però, sono on-line sul sito  www.poetare.it/santoro/santoro.html,  ma anche su altri portali nazionali ed internazionali che lo ospitano.
Nel Novembre 2006 ha stampato il suo primo libro di poesie, "La sabbia negli occhi", edito dalla casa editrice Pubblidea di Massa Marittima, che ha poi presentato in un recital di poesie che gli è  stato organizzato a Reggio Calabria il 3 dicembre 2006. Sempre in questo mese è  stato ospite di una trasmissione della emittente grossetana Teletirreno, nel corso della quale ha presentato il suo volume di poesie ed ha declamato diverse sue liriche sulla miniera. Di questo volume è uscita una seconda edizione per i tipi della Casa Editrice Libellula - Minuto d'Arco - di Tricase (Lecce).
Nel 2007, infine, è stato coinvolto nel "Progetto Legalità" organizzato dall'Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri di Castrovillari (CS) in collaborazione con Amnesty International, ed ha partecipato alla conclusione del progetto stesso declamando agli studenti ed al corpo insegnante presente alcune sue poesie contro la violenza e la guerra.
Nel 2005 ha costituito a Boccheggiano (GR) il Circolo Culturale "Mario Luzi" ed è il Webmaster del portale
www.circoloculturaleluzi.net, sito specializzato in letteratura italiana e straniera. Contemporaneamente ha promosso il Premio Letterario Europeo di Poesia e Narrativa Città di Montieri che nel 2006-2008 e 2009 è stato patrocinato anche dal Presidente della Repubblica e nel 2009 dalla Rappresentanza in Italia della Comunità Europea
Nel 2008 è stato ospite a Casarano Lecce di una importante kermesse artistica inserita nel cartellone della festa dei Pugliesi nel Mondo ed ha declamato diverse sue poesie sul Salento, terra dei suoi avi alla quale è particolarmente legato.
Nell'agosto del 2010 ha pubblicato il suo secondo libro di poesie. Si tratta di 134 liriche inserite nel volume "Ad occhi chiusi - Poesie d'amore". Questo libro è stato presentato l'8 Agosto scorso, ad una manifestazione culturale organizzata dallo scrittore Pietro Zerella a San Leucio del Sannio (BN) nel corso della quale ha declamato alcune delle poesie contenute nella raccolta.

Nel 2013 ha collaborato con la Pro Loco di Patù (Lecce) per l'organizzazione del 1° Incontro dei Poeti Salentini, manifestazione che si ripeterà anche in futuro e con questa istituzione collabora per lo svolgimento del Bando Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa Veretum.
E' componente di Giuria in diversi bandi letterari ed è spesso ospite in incontri letterari e poetici.
(Email:
armandosal3000@gmail.com ) - Tel. 3713757415

Leggi le altre poesie: Santoro - Santoro2 Santoro4||  Leggi i racconti
 

Percezioni



E il fuoco alfin s'è spento,
non ti avevo avvisato?
Forse non ci hai badato
andavi contro vento.

Se manca il sentimento,
anche se ho fornicato,
nel cuore poco arato
cresce solo il tormento.

Ed anche se poi brilla
un albore di sole
la mente più non trilla

ed anzi il cuore duole
l'affetto poi vacilla
non servono parole.

- Complemento alla poesia "Anche quando" e "Din, don, Dan"

Camposanto



Silente è quel viale ove m'accoglie
solo il brusio del vento
che scivola tra i tronchi, tra le foglie,
e gli usignoli sento.

Ed il ricordo della vita coglie
quel volto che s'è spento
non serve il pianto ma il dolore scioglie
al cuor da giovamento.

Osservi intorno foto con sorrisi
quasi la vita fosse stata gaia
occhi coperti a tratti da narcisi

che danno al cuore un senso di vecchiaia
mentre risuona tra gli allegri visi
stridulo un crocidare di ghiandaia.

Il borotalco del lavoro


La foto è tratta dal portale:
http://www.provincia.livorno.it/canali/agricoltura/taglio-boschi/

Ti vedo a sera con il volto stanco
con le tue mani ancora doloranti
con il tuo viso smunto un poco bianco
con i vestiti un po' maleodoranti.

Ti guardo vinto quando passi a fianco
in questo borgo con quattro abitanti
e mi saluti col tuo riso franco
ma le tue gambe sono vacillanti.

Lavoro duro da mattina a sera
in mezzo ai boschi ad amputare tronchi
col guazzo che accarezza la brughiera,

col vento e il freddo che avvilisce i bronchi
forse pensi che sei in terra straniera
per quattro soldi e la tua vita stronchi.

Un raggio di sole


- La foto è del Prof. Carlo Alberto Augeri - Unisalento Lecce

Un raggio di sole
caduto per caso nel posto sbagliato
quel tronco longevo
qualcuno lo vuole per forza ammalato
ma il raggio non crede
lo scalda, lo aiuta, lo assiste,
dal tronco finanche un butto è spuntato.
Ma hanno deciso....
quel tronco va in breve tagliato.

Pensieri (Fruscio di vento)



Fruscio di vento, ali di rondoni
mormorio d'acqua e alghe tra le polle
erbe insecchite gialle tra le zolle
ombra che da ristoro negli androni.

Asini bigi all'ombra dei covoni
ronzare d'api sopra le corolle
e le formiche in mezzo alle cipolle
le gazze nere a pizzicar fioroni.

Certi pensieri prillano incostanti
ricordano del tuo peregrinare
anni che ormai son diventati tanti,

sulle spalle cominciano a pesare,
ma son momenti lieti ed eccitanti
che si vorrebbe far resuscitare

mentre si sta a sognare
un prato verde in mezzo alla calura
o una fonte al monte d'acqua pura.

- Sonetto caudato

Din don dan



Din, don, dan,
rintocca la campana
il vento il suon disperde
un poco lo distorce
quasi il cuore contorce.

Din, don, dan,
ripete il campanile
mugola un cane al vento
il suono infastidisce
il suo udito ferisce.

Din, don, dan,
l'eco i tocchi ripete
pel borgo li trasporta
pei vicoli li spinge
di voli il cielo tinge.

Din. Don, dan,
instabile è quel tocco
ho cuore ma ragiono
mi sveglio spesso in fretta
non sempre al cuor do retta.

Ma te l'avevo detto
mai tanto tempo aspetto.

Abbiamo risolto il problema



Forse m'hai conosciuto appena, appena,
hai visto la dolcezza che sta fuori,
misurato però non hai l'orgoglio
che in me divide sempre il gran dall'oglio.

E si, sono orgoglioso ed impulsivo,
a volte dono tutto quel che ho in cuore
ma se m'accorgo delle incongruenze
allor misuro morale e intelligenze.

Mi faccio trasportare come un merlo
sono davvero assai superficiale
ma quando poi ripenso e mi ci metto
al mio motore interno do un assetto.

E ci metto un bullone più capace
di trattenere il cuore al posto giusto
ungo d'olio abbondante la ragione
e un calcio do nel fondo dei calzoni

a quella donna che racconta “cucche”,
che si dispera sui drammi coniugali,
capisco se certe donne han le caldane
se sono disperate o son …. mondane.

Pioviggina la nebbia


La foto è di Raffaello Marsili

Pioviggina la nebbia, mentre sale
dal cuore, che patisce, il tuo ricordo,
ti insulto, maledico, poi m'assale
l'affetto che cancella l'odio sordo.

Tanta dolcezza a volte mi pervade
se ricordo le care tue parole,
neve tardiva che sul prato cade
e che non scalda più raggio di sole.

Rileggo a volte qualche tuo messaggio,
parole scritte senza mai pensare
che di quel dire poi si resta ostaggio

che basta poco a farci disprezzare,
essere oggetti di rancore e oltraggio
e nell'indifferenza poi annegare.

E sembra un peso da non sopportare
scordar l'amore e fingere di odiare

quella persona che ami immensamente
che ti tortura ancora cuore e mente

che è stata per noi fonte di bene,
ed ora partorisce solo pene.

- Sonetto ritornellato

Insonnia
Tu dormi
ed io son sveglio,
ma a te io penso ancora
sul sonno tuo ora veglio,
lo so che t'addolora
ma l'amor tuo vorrei.

Vorrei che a me pensassi,
ma questo amor tuo insano
sol danno ti farà
e non andrai lontano.

Invece s'allontana
questo mio amore strano
che verso te io provo
anche se sei lontano.

Ma io sono incostante,
mi stanco facilmente
ed ora son distante
ma ancor ti tengo in mente.

Di lui mi parli male,
e lui come ti tratta?
Penso che tu ami solo
colui che ti maltratta.

Vedrai che manca poco
a spegner la passione
dell'acqua stai buttando
e spegnerai il mio fuoco.

Anche quando



Anche quando la tua voce tace
quando il vento pigro s'addormenta in mare,
le parole trattiene,
io sento il tuo respiro.

Quando il silenzio mi circonda
e l'erba dei prati immota giace,
sento lieve il tuo cuore battere
trasmettermi emozioni
e ancor son vivo.

Vivo d'amarti,
di pensarti presto al mattino,
di sentirti aprire la finestra
e il mar guardare,
un piroscafo seguir fuori dal porto.

Ma so che il tuo pensiero vola altrove,
che i battiti silenti del tuo cuore
ad altro cuore regali,
ad altra sponda la tua barca spingi
di me tu non ti curi,
alle mie pene non poni interesse.

Ma vivi in me,
tu nulla ci puoi fare:
io solo d'aspettare
che il cuor tuo si ravveda,
che quest'anima che ti dona amor tu veda,
dolci note lui solo per te costruisce,
ma tu dietro fugaci amori ti smarrisci,
solo d'inganni certi ti imbottisci.

L'amore sprecato



Chi ha l'amore nel cuor cerca di darlo
pensa che un bel bicchiere d'acqua pura
in gola ad altri scioglierà l'arsura
e quel pensier gli scava come un tarlo.

Ma se si dona a chi non può scambiarlo
subentra anche una certa delusione
la cosa è vero che potrà irritarlo
ma utile poi torna la lezione.

S'accorgerà che il tempo sta svendendo
con chi non può capir le sue premure
ch'è gente morta oppure sta morendo.

Che non merita affatto le sue cure.
E può capir che nulla sta perdendo
ad inseguir persone un po' immature.

Pajara salentina


-La foto è di Gianni Stoppani (g.c.)

Vecchia pajara che un bel dì lasciai
soletta tra le piante di carrube
mi pare d'ascoltare un suon di tube
tra i sassi dove muta te ne stai.

Oggi le vecchie note riascoltai
quasi di cornamusa sulle giubbe
e ti lambisce debole una nube
il tempo sfidi ma non muori mai.

Il viso hai rosso come il sottofondo
che una donna sul volto s'è spalmato
pare che tu appartenga a un altro mondo.

L'azzurro del ciel t'ha accarezzato
e infondi l'allegria di un dì giocondo
anche se sei un rudere invecchiato.

Haiku (Tramonto)
Sole morente
di voli il cielo tinge
campana a sera

Errori


La foto è tratta dal portale:
http://www.quipsicologia.it/relazione-di-coppia-felice/

E' facile inciampare nel percorso
ma spesso si cade anche per stoltezza
diventa poi difficile il discorso
se cerchiamo di metterci una pezza.

Difficile è capir anche il decorso
quando poi sopraggiunge la stanchezza
se sale la ragione ed il rimorso
ha il sopravvento sempre l'incertezza

Ma il tempo ormai lo so che se n'è andato
quando anche tu parlavi con il cuore
quel cuore che ogni affetto ha prosciugato.

Nel caso mio, di certo non fu errore,
forse tu vuoi scordare o l'hai scordato,
nel caso mio è stato e resta amore.

Viale solitario


La foto è di Maria Conte (g.c.)

Viale solitario nel pensiero
che mi rinnovi guerre ormai perdute,
armistizi mai chiesti,
patti non concordati ma subiti,
male m'hai fatto eppur ti cerco ancora.

Ti cerco ancora:
sei fermo, qui, in fondo alla memoria
ed ogni tanto m'appari,
gioia mi dai e mi empi di passione,
nella calura sembri in agonia
e poi rivivi,
rivivi nel pensiero
mentre io sono morto,
morto e sconsolato,
tra quei cipressi neri in cimitero.

Nei giardini del cielo



In un giardino dal verde abbracciato
in mezzo ai fiori e l'erba trifoglina
solitaria sostava una panchina
dove ci aveva spesso sospirato.

L'amor lì sempre aveva ricercato
ma il cuore suo ormai era in rovina
in quel giardino dall'aria sopraffina
il sentimento aveva abbandonato.

Aveva molta paura dentro il petto
temeva ancora in una delusione
l'amor non dava e in se teneva stretto.

Ma cara le costò l'indecisione
sola rimase incerta in quel campetto
in libertà ma dentro una prigione.

(A Liana)

Anima innocente


-La foto è tratta dalla pagina di FB di Antonio de Curtis

Anima innocente
che non vedi e sai,
anima mia che ancora ti commuovi
che colpa tu ne hai
che pena porti?
Eppur tu vivi in mezzo a tanti guai.

Tu vivi,
neppure te ne accorgi:
quel cordone alla meglio t'han tagliato,
hai pianto,
ma era vita nuova
il giorno che in quel mondo hai respirato.

E quale colpa ho io
se qui son nato?
Eppure credimi, anima mia pura,
ci son passato anch'io dalla paura,
tutto non più ricordo, ma alle parole credo,
alcune cose son lampi fugaci,
altre le ho chiuse in cuore e ancor le vedo.

Ed anche nel mio cuor brilla la guerra,
sento il rumore dei bombardamenti,
gli arei da guerra su nel cielo stanchi,
tanta gente in divisa,
con colori diversi,
il rombo dei motori,
gli ordini secchi,
tant'angoscia dentro i nostri cuori.

Forse tu sei diverso nel colore,
ma certi drammi li ricordo ancora
e mi chiedo se mai non addolora
che chi comanda semini il dolore.

L'opinione



Scorre la penna
poi nell'inchiostro intinge
ognuno il suo pensier
sulla carta dipinge
le sue ragioni ostenta
ma contraddir non basta
è la ragione un vaglio
altrimenti rischi davvero
che del dotto rimanga solo il raglio.

Il canto della luna


La foto è tratta dal portale: https://eueufemia.wordpress.com/

Mare, mare, dolce mare argentato
che i tenui raggi miei culli sull'onda
che mi addormenti a notte
quando il mio viso nell'acqua blu sprofonda
e ancheggia
quando la prima brezza spira,
quando quel venticello estivo
lo specchio tuo lucente increspa
e ammolla.

Tra i riflessi che imbianca la marina
il ciel dipingo e il mare a tratti ricoloro,
dentro le grotte timida m'infilo,
spargo tenue un chiarore
il mio pallor resiste
come una dama antica del seicento
che nei dipinti insiste
e sfida il tempo.

Oh, manti erbosi, che timidi vibrate
quando il mio chiarore imbianca il piano
e sembra che assonnati vi agitate
cangianti m'apparite nei colori,
quel verde scuro imperla
sugli ulivi distende il suo biancore,
il vento lo disegna
ed un argento opaco poi regala.

Oh, montagne maestose
che un mantello sui colli proiettate,
che al passaggio di nuvole biancastre
alternate i colori in bianco e nero
e l'alba disegnate
col primo sole che ne allegra il volto,
dentro quelle vallate
un po' mi nascondete e mi sfiorate,
un po' mi seppellite.

Poi il mio chiarore bigio e cinerino
par voglia dondolarsi dentro il porto
a fianco d'un velier che lento ondeggia
al tremolio dell'onda in mezzo al mare,
lieve si culla svigorito, rassomiglia
ad un gorgheggio di sirena stanca,
quasi un lagno di mamma
che una nenia languida canticchia,
un dolce motivetto disperato,
al suo bambino per farlo addormentare.

Stammi vicino poesia

Più il dolore m'abbatte
più rinasco
trovo nei versi fonte d'acqua pura,
la gola mia rinfresco
anche l'arsura.
Cancello le brutture,
dimentico il male ricevuto
cancello anche colui che me l'ha fatto,
più non esiste
me ne son scordato.
Mi basta una parola
un dolce verso,
disegno le mie pagine nel cuore
sarà ch'io credo ancora nell'amore,
sarà che non invecchio ma maturo
e non m'importa se fo' lo stesso errore,
poi rinsavisco,
l'esperienza cresce
a sbattere la testa contro il muro.
E allora vieni, vieni amore,
tu sei per me sempre acqua di fonte
non mi lasciare mai, stammi vicina,
trasforma il mio dolore in nostalgia,
e dammi forza a scrivere dei versi
rimani a me vicino, oh mia poesia!

Regali


- La foto è di Mitilo Salentino

Il rosso intenso ammicca nel giardino
e ci sorride e non vediamo niente,
pistilli gialli su foglie color sangue
il verde abbonda e il grigio sopra i tronchi
coi fiori rossi brilla, no, non langue.

Tra i rami filtra un celestino antico
dipinge il cielo e da colore al mare
e si confonde col color dei prati
d'un verde intenso che rinfresca il cuore
ché la natura è tutto e solo dare.

Ed i suoi doni sono immensi e rari,
siamo soltanto noi, gente infelice,
gli occhi chiudiamo restiamo indifferenti
esseri sprovveduti ed incuranti
e i danni che facciamo sono tanti.

Fichi salentini


- La foto è di Fernando Caputo

Li sogno quei fichi lontani
sul mio Vereto ventoso,
li sogno ed invidio gli insetti,
formiche ed api ronzanti,
le vespe silenti e veloci
le ciole gracchianti sui noci.

Invidio i volatili ingordi,
i passeri, i merli gioiosi,
invidio il passante che pigro
distende la mano e poi coglie
quel frutto succoso, mieloso,
ho rabbia, sono anche invidioso.

Il sole mi bacia, mi incensa,
motteggia con fare scherzoso
sui fichi maturi scintilla
la gola mi sa vellicare
mi irride perché son lontano
….nel vuoto distendo la mano.

Salici



Salici che dentro il cuore vi agitate
e brezze antiche ancor tra voi cullate,
salici che in mezzo alla calura del meriggio
il vostro mormorare in cuore pigio.

Mi riportate i giorni e gli anni andati
le mie estati sudate senza vento
le notti con il vostro frusciare lento
i nidi che tra i rami ancor cullate.

Voli e richiami di gazze solitarie
e fili d'erba sopra le arenarie,
arsura che ingialliva la pianura
canti di galli ed abbaiar di cani.

Mi riportate il suon di treni in corsa
l'ombra che pigra e lenta s'allargava
che allentava del sol forte la morsa
ed il sudore in fronte un po' asciugava.

E rivedo quelle stazioni bianche
con le sale d'aspetto un po' scrostate
le panche coi listelli anche schiodati
le scritte e le pareti inzaccherate.

E quei salici tremolanti e stanchi
che sembrano nel cuor secchi e sepolti,
li vedo ancor svettar nelle stazioni
perché son vivi e ancora non son morti.

Ancora ti cerco



Ancora ti cerco
per i sentieri dove m'hai portato,
ancora ti cerco
e sento odor di prato,
di ulivi,
di papaveri d'aprile,
di campi rossi,
gialli di tageti,
ancora sento odore di marine.
Ti cerco pei paesi ove son stato
con te la notte,
di giorno a te abbracciato,
sempre dietro ti sto
tu non mi vedi,
più non ascolti i miei tristi pensieri,
alle lusinghe mie ormai non cedi.
Ma tu lo sai
che le tue tracce seguo,
come un segugio intorno ai salici m'aggiro
dove scrissi una frase,
ormai svanita,
e m'innamoro ed ancor'oggi annuso
i cespugli d'erba rinsecchita.
Di te ricordo ancora il volto scuro
di quella sera fredda,
ma spesso torno indietro, alla sorgente,
di quando eri felice e sorridente.

Diamanti



Diamanti splendenti nel deserto,
dove l'arsura regna,
dove ha valore non l'oro che brilla
ma il succulento sapor che gola impregna.

Al rosso intenso della pietra
al Topazio ciliegia, freddo e brillante,
là dove il sol forte risplende,
dove la sabbia scotta ed è bruciante,
scelgo la fresca rugiada d'una ciliegia
che vale ancora di più di un bel diamante.

Che me ne faccio del rubino,
dello spinello rosso?
Che me ne faccio dove l'arsura impera,
dove la gola cerca la sorgente?
Scavo per cercar l'acqua,
la cerco finanche in una fossa,
oppure mi delizio e gusto
il sapor dissetante d'una ciliegia rossa.

Ti stuzzico e ti voglio
rosso splendore a sera
che abbellisce il collo
di chi sol sogna e spera.
Ma per l'arsura ardente
che la mia gola assilla
serve il dolce sapore
d'una ciliegia rossa
non il sanguigno rubino
che una madonna indossa.

ἔλαιον (Elaion)



Sono io, Elaion,
spirito vegetale che resisto al tempo,
padre di ogni tempo e di Japigia,
la tormenta mi modella,
la salsedine mi brucia,
i fulmini mi spaccano e resisto,
rinasco alle radici,
vivo, esisto,
il vento mi contorce,
le mie chiome distorce,
mi piega e non m'arrendo,
a terra striscio, mi distendo,
e poi la chioma svetto al sole,
accarezzo e mi cullo con la luna.
Io sono Elaion,
spirito vegetale che non muoio
padre delle genti
dei Dauni, dei Peuceti, dei Messapi
io sono zaitun,
io sono aceite,
sono l'ulivo che resiste al tempo
unico, quello vero,
da millenni su questa terra sparso,
le radici diffondo,
tra le rocce carsiche sprofondo
alla vita m'attacco,
succhio la linfa in fondo.
E regalo queste mie bacche oleose,
un rito che nel tempo si ripete
come la fatica che accompagna il tempo
al suono di grancassa e tamburelli,
al canto lieve che tra i tronchi si diffonde.
Io sono Elaion,
spirito vegetale e sfido il tempo
io svetto in cielo
neppure Dio più prego,
io vivo e resisto
su questa terra ingrata insisto,
resisto e non mi piego,
sono la storia di questa terra antica,
di una civiltà che mai non muore
che vive e riproduce il suo calore.
Io sono Elaion
di questa terra antica,
di questa gente il solo creatore.

Immunizzato al dolore



Nelle mie poesie c'è la vita mia
non v'è nulla che io abbia immaginato
non vi sono i sogni d'un poeta
ma le gioie e le ansie che ho vissuto,
il sorriso e le lacrime versate.

Non provo felicità a costruirle
ma tenerezza, si, quella m'invade
mi ispira le parole,
cerca le frasi adatte,
e spesso la tristezza mi pervade.

A volte rivivo situazioni antiche
immagini che il tempo ha cancellate
ogni parola poi sgorga da sola
s'accoppia con la flebile emozione
che mi da forza e spesso mi consola.

E se una lacrima ancor sfugge dagli occhi,
se la vista tutta poi m'offusca,
il cuor si sazia dei miei dolci ricordi
libera la mente dagli affanni
poi inverte rotta con virata brusca.

La menta
(A Silvia)



Quella pianta che un di m'accompagnava
nelle giornate mie di giochi intensi
oggi m'è apparsa e quasi mi invitava
a toccarne una foglia e accarezzarla.

Dentro un vasetto le foglie tremolava
sembrava quasi qualcosa mi dicesse
e, infatti, una ragazza ricordava
che un dì dentro quel vaso l'ha piantata.

Una ragazza che in vita tanto amava
i fiori e le bellezze del creato
ed or che più non è mi ricordava
con lieve tremolio del suo vissuto.

Il sole dolcemente la baciava,
un raggio apparso tra le vecchie case
le sue foglie tremanti riscaldava,
e accarezzava i nuovi suoi germogli.

Forse di lei con me ora parlava
cercava di trasmettermi un messaggio
voleva dirmi che la vita amava
ma un anno è già passato ed anche maggio.

- Silvia Boscolo era una ragazzina che abitava vicino a casa mia e che l'anno scorso in maggio si era tolto la vita. Stamattina guardavo una piantina di menta (che è una pianta a me cara perché ricorda la mia infanzia) in un vasetto curato dalla nonna che mi ha detto che sta cercando di tenerla in vita perché era lei che l'aveva piantata.

Questa terra rossa


Questa terra rossa
adesso è come sangue che zampilla,
sgorga dalle mie vene
e l'anima disseta,
questo mio viso bagna,
la mente mia rinfresca.

Questa terra rossa
mi traccia in cuor la nostalgia,
mi mostra una realtà che adesso è cruda
mi tormenta l'animo e la mente
i ricordi colpisce
come un artiglio d'aquila selvaggia.

Questa terra rossa
riempie gli occhi di sangue e di rancore
ma dopo mi addolcisce
mi fa capire che in fondo a certi errori
c'è la follia di un ragionare insano
di una mente distorta e mai matura.

Questa terra rossa
mi allarga l'orizzonte
mi spinge a ragionar prima d'agire
mi consiglia in fondo di capire,
all'ira irrazionale rinunciare,
il vecchio affetto ancor far rifiorire.

In quei filmati



In quei filmati non è solo il tuo corpo imprigionato,
lo sono anche i tuoi gesti,
il tuo goder selvaggio,
lo son le tue espressioni ardite,
quelle affettuose che un giorno hai pronunciate,
quelle che la foga d'amore t'ha ispirate.

In quei filmati è impressa la tua pelle,
la gioventù, che ormai da te è fuggita,
v'è la tua schiena bianca ed inarcata,
i tuoi seni ancora prosperosi,
v'è la tua voce che per me è immutata
d'ogni rancor svuotata.

In quei filmati vi sono i miei vestiti,
quelli che appassionata mi sfilavi,
quelli che lentamente anch'io ti ho tolti,
v'è la tua nudità senza pudore,
i movimenti del tuo corpo ansante,
v'è anche il tuo sudore.

In quei filmati ci son le mie ciabatte
che agitavi ai tuoi piedi, sorridente
e dicevi d'amarmi immensamente,
ci son parole come neve liquefatte,
ci sono le parole che hai scordate,
quelle vuote che al sol si son disfatte.

L'alba di Boccheggiano
La prima luce filtra dal lucernario
col vetro impolverato,
gocce di sonno
appesantiscono le mie palpebre.
Già sogno il domani
che per me finisce
con la prima aurora
che già accarezza i vecchi muri cadenti
di questo borgo silente.
E già il primo passero cinguetta
ed il primo rondone
fischietta al mio stanco vegliare
canzonandomi con il primo volo mattutino.

Spigolando a Punta Ristola


Dei tuoi tramonti sempre mi ricordo
del poltrir stanco in quella mia panchina
al batacchiar dell'onda non son sordo
rivedo il ciel rosato la mattina.

Del brillantar del mare non mi scordo,
della falesia tra rose di spina,
dei capperi aromatici son ingordo
del vento iroso che spazza la marina.

E sfoglio nell'archivio della mente
i ricordi che ho tutti lì archiviati
anche quelli cattivi e tristemente

vividi in cuore e ancor non cancellati
perché rimanga in chi vede e non sente
il rimpianto d'esser vivi e dannati.

La fame



E si, la fame la conosco,
è un'amica che un dì m'ha accompagnato
ero piccino e lei mi stava a lato
il sole non brillava e l'aer tosco.
E si, la fame la comprende
chi annusa in aria l'odore della guerra
che ci regala chi dignità sotterra
che nulla mai ci dona e tutto prende.
E si, la fame spesso bussa forte
si materializza nel pianto dei bambini
ma c'è chi sta al di fuori dei confini
tutto accaparra senza aprire porte.
E si, la fame è identica dovunque
ben la conosce chi un giorno l'ha assaggiata
chi non vorrebbe che ancor fosse provata...
cosa aspettiamo, dunque?

 

Alla sera
T'aspetto, oh sera, tacito t'aspetto
quando il tramonto tutto il cielo oscura
allora il vuoto, il nulla, invade il petto
sale, col buio, e inquieta la paura.

E lo sconforto scende giù dal tetto
mi sento intrappolato in quattro mura,
sudato mi rigiro dentro il letto
ed analizzo la mia vita impura.

A Lei vo' col pensiero dolcemente,
immagino che sia una cara amica
che mi venga a trovare sorridente

e con parole tenere mi dica
di sgombrare ogni ansia dalla mente,
che sorte e cielo più non maledica.

Poi tacito e sereno a lei m'affido
in un mondo di quiete alfin confido.

sonetto ritornellato

Polline
Ondeggio
nel sussulto del vento
m'inquieto
svolazzo
granello invisibile
in controluce m'inebrio
mi poso
riposo
la vita poi sposo.

Haiku (Rondoni)



Rondoni a sera
stelle lucenti a notte
nuvole stanche

Fichi bianchi



Fichi bianchi della mia giovinezza
che ricordate i miei anni passati,
fichi teneri sul pane spalmati
oggi il ricordo la mia mente spezza.

E non c'è più chi metterà una pezza
su quei giorni dentro il mio cuor pigiati
ora quei sogni mai dimenticati
mi imbottiscono il petto di tristezza.

E quegli affetti, pure nell'affanno
di giorni di indigenza e di bisogno,
rinnovano il pensiero sull'inganno

dello star meglio, che era allora un sogno,
e di quei giorni, che non torneranno,
oggi di averli persi mi vergogno.

-A Rita Mastria (autrice anche della foto)

Una foto del 2007



Tutto ti sei ripresa,
ed a me poco importa,
ma il tuo sorriso non lo prenderai
resterà così com'è fresco e sincero
come fosse attaccato alle mie ossa,
con me riposerà dentro una fossa.

Quel sorriso non lo puoi cambiare
è autentico, pieno di passione,
quel sorriso profuma di amor vero
gli occhi non sono spenti
la bufera ancor non li ha oscurati
e tu mi amavi, sì, ci siamo amati.

Quel sorriso è impresso su una foto,
e tanti altri me ne hai poi regalati,
erano autentici e non li ho capiti
erano veri è li ho disprezzati
erano tutti riservati a me
e li ho sciupati e non so il perché.

Quel sorriso oggi è ancor sincero,
m'appare pien di vita, pien di gioia,
c'è la tua voglia d'essere accettata
traspare l'animo tuo puro e sereno
e me l'hai regalato tu,
profuma sempre e ancor di gioventù.

Solo e pazzo



Solo e pazzo,
buffone da circo,
pupazzo informe dal sorriso sguaiato
che ride sempre ad ogni palla che lo colpisce,
che sembra ignorare il dramma che lo circonda.

Solo e pazzo,
verme che striscia,
che si contorce perchè un piede l'ha calpestato,
s'agita inutilmente e nessuno lo può aiutare
a nessuno interessa il suo dolore.

Solo e pazzo,
che osservo impotente,
queste folli desolatamente sole con il loro tablet in mano
con mezzi sorrisi sul volto e scatti di rabbia
con il loro brontolare solitario.

Solo e pazzo,
che guardo al passato,
le solidarietà dimenticate e le folle impazzite,
folle imbelli che riempivano le piazze per protagonismo
per ire represse e voglia di distruzione
voglia di cambiare nel nulla.

Solo e pazzo,
seduto in panchina,
che assisto impotente ai barconi che affondano,
alle coltellate senza ragione fuori dagli stadi
alle devastazioni delle città e degli arredi
per un pallone non parato.

Solo e pazzo,
rivoluzionario nell'anima,
che urlo da solo a me stesso la mia rabbia
il mio fallimento di ideologo senza idee
la mia inutilità in questo mondo senza più sorrisi,
senza più speranza.

Occhi azzurri



Occhi azzurri, occhi di mare,
specchio di cielo
cosa stai a guardare?
Osservi il mondo,
ancor leggiadra sei
rifletti nel mio sguardo
gli occhi tuoi.
Guardi il futuro che ti sta d'innanzi,
t'inebri d'uno scatto lampeggiante
che illumina la vita,
splendente rende il viso
e immortala nel tempo il tuo sorriso.

Spine


(Foto: Tramonto tra le scrasce di Toni Albano)

Spine nel cielo terso
tra i raggi rosseggianti
tra tinte cangianti all'orizzonte,
le sfumature d'un cielo che scolora,
il bagliore d'un sole ormai morente,
l'azzurro del mare
che tende al nero d'una costa ormai dormiente.

Spine che accarezzano i riflessi
con raggi in controluce,
sul mare ancor per poco galleggianti,
che ricordano un martirio,
la fatica d'altri tempi,
ricordano il dolor di tanta gente
le sofferenze dei tanti disperati
in cerca d'albe chiare,
di soli risplendenti e non morenti.

Spine anche di questo cuore
che s'incanta di fronte a questo misto di colori
d'un tramonto fuggevole e cangiante,
che l'animo riempie di tensione,
ricorda anche il dramma e la passione
d'un amore che non vuol morire,
che volteggia in questo cielo colorato
da questi rami spinosi accarezzato.

Fior di lavanda



Questo mio amor che mi pervade e inonda
è come un fiore che s'affaccia al sole
profuma d'acqua fresca e di lavanda
strepita sulle rocce come un'onda.

Tante parole forse son sprecate
ne basta a volte una e che sia vera
questo mio amore soffia come un vento,
ha in se il sapore della primavera.

Spazza le erbe e i fiori sopra i prati
ne raccoglie i profumi e te li porta
il viso mi rinfresca e m'accarezza
a nuovo amore ancor apre la porta.

Dentro il petto ruggisce prepotente,
si muove in sintonia col sentimento
accende un fuoco vivido e lucente
un fuoco che credevo fosse spento.

Tramonto a Felloniche*



Ho sognato un ultimo tramonto
lungo la litoranea m'ero addormentato,
dal cadenzato borbottio lento dell'onda,
dal frusciar delle canne, accarezzato.

Il sol

e all'orizzonte era sparito
nuvole nere l'avevano occultato
un roseo stanco pennellava un cielo
da un agave pungente accarezzato.

Il mare riluceva in lontananza
da un ultimo riflesso vezzeggiato,
da questo sogno non vorrei mai uscire,
restar vorrei per sempre addormentato.

- *Felloniche, frazione marina di Patù

Ti penso sempre
Ti penso sempre e non ti scordo mai
piena sei di rancore e soffrirai

avevi un tempo in seno tanto amore
adesso penso ti soffochi il dolore

vivevi di sorrisi e incoraggiavi
a darti amore e tu lo ricambiavi

vorrei poterti odiare e cancellarti
dalla mia mente, ma dal cuor non parti

anche se sul Vereto andavo solo
con te io volteggiavo in lieve volo

ed anche se a me più non pensavi
in mente c'eri e ancor mi stuzzicavi

ora il tempo in fretta sta passando
ma io paziente aspetto un giorno quando

la mente tua ritornerà al passato
e si ricorderà quanto t'ho amato

forse allora anche tu comprenderai
e nel tuo cuore di nuovo mi terrai

ricorderai, son certo, quella sera
che m'apparisti con una brutta cera

forse volevi colpirmi tra la gente
ma hai perso solo tu stupidamente

non so perchè di quella sceneggiata
non l'ho capita e non l'ho incoraggiata

deluso son rimasto ad ascoltarti
forse perché continuavo a amarti

ma tu di certo non l'avrai capito
solo ricordo steso quel tuo dito.

Tramonti salentini



Questo dono, o Salento, che mi doni
io me lo porto chiuso nel mio cuore
da te lontano sto e passan l'ore
d'essere andato via non mi perdoni.

Scivola in alto il sole tra i rioni
dove non passa più un minatore
sulla mia pelle freddo è il suo calore
vuoto mi sento, privo di emozioni.

Lo so che dopo al nuovo mi assecondo
ma dei tramonti tuoi piena ho la mente
nulla disperderò per questo mondo

ma in cuore resterà serenamente
a volte mi ci tuffo e vado a fondo
ma poi risalgo e nuoto allegramente.

Il verro



Bicchiere torbido di vetro
senza suono e né sapore
bicchiere di vetriolo
da bere in compagnia,
meglio da solo.

Senza tintinnio di calice,
né “prosit” o “cin cin”,
neppure “alla salute”.
Solo del vino rosso
poco trasparente.

E dov'è quel verro vuoto
quell'insipido sapor di nulla
quel traguardare immagini di fuoco
quel rumoreggiar della gola
nel silenzio che vola.

Un bicchiere torbido di niente
ripensando a quell'inizio agosto
là in quella stanza di Gagliano
solitario e nascosto
con dei fiori in mano
e un ricordo misero e indecente.

I giorni brutti
I giorni brutti li ho tutti cancellati
quelli belli nel cuore conservati

potrai essere una lurida canaglia
ma l'amor mio non è stato di paglia,

se a me riesce ancora a durar tanto
non penso un dì di diventare santo.

Dove ho sbagliato spesso mi domando
si inciampa a volte anche camminando.

Eppure nulla faccio, nulla ho fatto,
sei stata te a fare e poi hai disfatto.

Poi all'improvviso hai detto:"son matura"
ma tu lo sai che sei sempre immatura.

A quello che dicevi ho ognor creduto
ma sempre hai fatto come hai tu voluto.

Per me sei stata un dolce sbandamento
con te m'hai trasportato in firmamento.

E quello che m'hai dato è stato vero
ma dopo m'hai lasciato un cielo nero.

M'hai riportato indietro al primo amore
forse per questo mi resti fissa in cuore.

L'amore non fa rumore
L'amor non fa rumore,
amica mia,
cova nell'animo,
infiamma e dà calore,
in fondo è come un passerotto che nel nido
cova l'amore e nuova vita effonde.

L'amore scalda il cuor,
spesso l'infiamma,
ma quel calore scalda anche la mente
ti senti solo e, invece, c'è qualcuno
che insieme a te già vive nel tuo cuore
bussa al mattino e dice “ 'Giorno amore”!

Anche se è lontano,
quell'amore ti scalda e dà calore,
ti rende vivo come un passerotto
che apre gli occhi e guarda la sua mamma,
appena il guscio del suo uovo è rotto,
fa: “Cip,cip” e di passion s'infiamma.

Quell'amore non sta cercando sesso,
cerca l'affetto,
vive sul sentimento,
sembra soltanto un refolo di vento
invece crea nell'animo tempesta
ed ogni giorno è come un dì di festa.

(A Maria Luisa Venneri)

Sapeva di niente



Sapeva d'amore
sapeva di mare
di acqua frizzante
di fresco torrente.

Sapeva di flutto
di onda avvolgente
che batte insistente
che urla potente.

Sapeva di vento
di soffio ruggente
di alito lento
carezza languente.

Sapeva di sole
di luce brillante
di fuoco bruciante
che scalda silente.

Sapeva di tutto
riempiva la mente
ma dopo alla fine
sapeva di niente.

Se davvero m'hai amato
Se davver m'hai amato
non pensarmi nei momenti del rancore
quando l'orgoglio batteva ai punti il cuore
quand'ero esasperato.

Pensami nel piacere
quando insieme a me eri forte e abbracciata
quando con me eri dolce e innamorata,
passavi notti intere.

Ricorda quanto hai detto,
sottovoce amor dicevi alla cornetta
ancora un poco, ti prego, non ho fretta,
ancora un po' d'affetto.

A vegliar faticavi
l'allarme mettevi per le due di notte
dopo col sonno facevi spesso a botte
e fioca sussurravi.

Spesso non ti sentivo
non capivo tutto quello che dicevi
a volte t'arrabbiavi, poi sorridevi,
ero felice e vivo.

Ora ogni tanto penso
all'affetto che ho nuovamente avuto
ma sempre ricordo l'amor tuo perduto,
il rancor senza senso.

L'attesa paziente
Aspetterò alla porta come un cane
e non m'importa se fuori c'è burrasca,
mi bagnerò ma so che un po' di pioggia
lava il tormento e porterà la pace.

Il vento oggi non soffia, mesto tace,
annaffierà leggiadra le sue rose,
all'alba troverà fresca rugiada
sul verde stelo che avrà annaffiato.

La rosa che lei avrà irrorato,
sarà di un rosso intenso porporino
stupendo sembrerà il suo vestito
che un bravo sarto per lei avrà cucito.

Anche se io d'amarla un dì ho finito
ricorderà il gran bene che le ho dato,
i baci e le carezze ricevute,
il sentimento che per lei nutrivo.

Mi rivedrà ancor tenero e vivo
come quando la notte l'incontravo,
mi donerà un rosso melograno
col suo sorriso tenero d'infante.

Ancor la rivedrò calda e tremante
tutta nuda, distesa sopra il letto,
rinnoverò le notti di passione,
lo strepitio dei lampi e la tempesta.

E forse nuovamente sarà festa
nel cuore mio adesso rabbuiato
le cattiverie tutte avrò scordato
e prenderò l'affetto che le resta.

Glicine abbandonato
Mi guardi sfolgorante,
mi parli mentre passo
dall'alto verso il basso
mi sembri anche implorante.

Nel cuore son tremante,
lo so non son di sasso
il tuo parlare incasso
ricordo quell'istante.

Eri ancor piccolino,
la notte fonda e scura
anch'io ero bambino

lei innocente e pura.
Ritorno a quel camino
a quelle brulle mura,

mi diede un po' d'amore
la ricambiai di cuore,

quegli attimi ho scolpito
nel cuore custodito.

Da te or sto passando
con te sto ricordando.

- Sonetto ritornellato doppio

Quello che porterò



Quando da Leuca sarò andato via,
via da questa casa senza anima viva,
solo compagno il vento avrò per strada
lo sentirò ruggire e farmi compagnia.

Forse anche il sole mi sarà d'intorno
ma il mare non vedrò dalla scogliera
neppure più farò una foto a sera
quando il sole si farà rosso di fuoco.

Punta Ristola mi porterò nel cuore,
le grotte in lontananza e le sue coste,
il silenzio, compagno della notte,
inseguendo ricordi ed illusioni.

Mi porterò nell'anima il Vereto
le bianche case nel piano di Patù
l'azzurro del mar col sole risplendente
e la chiesetta ognor triste e silente.

Mi porterò nell'animo i tramonti,
il cinguettio di allegri cardellini,
del tagete che i verdi campi ingialla,
i papaveri rossi tra i muretti.

Mi porterò il profumo degli ulivi
dei mandorli fioriti e dei pescheti,
dei ciclamini, dei glicini odorosi,
il riso allegro delle prime rose

ed anche il borbottar delle marine,
mi porterò il color della falesia
nera sul mar e bigia sulle grotte
mi porterò finanche un pizzico di notte.

S'io dovessi morir
S'io dovessi morire, sappilo amore,
morirò con te nei miei pensieri,
se dovessi morire, io ti ricorderò
in quella foto che ho guardato ieri.

Ancora cercherò nei miei silenzi
d'interpretare i battiti del cuore
capire se qualcuno forte batte
pensando a te per darti un po' d'amore.

Tu forse penserai ad altro affetto
ma io nasconderò questo pensiero
m'illuderò che questo non sia vero
che il sole splenda e il cielo sia sereno.

S'io dovessi morire, ti prego amore,
raccogli questo affetto che m'invade
tienilo come un dono nella mente
per darlo a chi tu vuoi teneramente.

L'amore che non muore
Ho un lumicino acceso dentro il cuore
vorrei che tu potessi un dì vederlo
ma ormai ogni illusione ho abbandonata
anche se spero in un raggio di sole.

Il sole, questo stanco astro che arranca
nell'universo, e non scalda la terra,
tra un polverio di nebbia anche stamani
resta nascosto e non mi da calore.

Anche il tuo cuore sembra triste e stanco
forse hai un affetto che ti brilla dentro,
e non t'importa se il mio stanco amore
bussa alla porta, lo lasci lì a bussare.

Ma non importa, in fondo non mi costa
dare l'amore a chi non lo ricambia
donare amore illumina la mente
ci aiuta nel silenzio a verseggiare.

Questo motore che ruggisce dentro
che sempre gira e non si vuol fermare
tanti chilometri vuole ancora fare
ma nel tuo cuore vedo non fa centro.

A me basta poco
A me basta ed avanza il tuo ricordo,
capire che io sto nei tuoi pensieri
farti sapere che sei ancor nei miei
con l'arpa qualche verso suonerei.

Lo so che non puoi tanto chiacchierare
fai le tue cose e sentimi vicino
anche se non mi parli e non rispondi
d'un dolce sentimento ognor m'inondi.

Mi basta poco per sentirmi vivo
una parola dolce pur se breve
un ciao anche se solo sussurrato,
un saluto non importa se affrettato.

E dopo son felice e ancor ti vedo
coi ragazzini che rampogni a scuola
con un sorriso che ogni tanto doni
ed anche i più bizzosi poi perdoni.

Dopo ti rassereni, forse mi pensi,
ti chiedi cosa io faccio o con chi parlo
ma come vedi a te scrivo dei versi
che adesso dal mio cuore sono emersi.

Apri la porta
Apri la porta, amor, che fuori piove
non mi lasciare a mollo sotto l'acqua
guarda dalla finestra, osserva bene
sono fuori per strada e non conviene

restare al freddo, sai quello che tengo
e tanta umidità non fa guarire
anzi potrebbe causar dei danni
non penso che tu goda dei miei affanni.

Ma tu chissà a chi adesso stai pensando
non te ne freghi di un povero poeta
che scrive versi e semina parole
che squagliano appena sorge il sole.

Ma so che nel mio cuore vedi e leggi
perchè tu ricca sei di sentimento
ed anche all'imbrunire quand'è sera
vedi i colori della primavera.

I miei rondoni urlanti



Li vedo nei pensieri in cielo andare
questi rondoni tra le nuvole sfreccianti
ascolto i loro sibili incostanti
sul cielo di Maremma
pei vicoli d'un borgo addormentato.

Ascolto il verso dei loro piccini
sotto i coppi delle vecchie case
coi muri decrepiti e cadenti,
li ascolto all'alba,
li sento anche al tramonto,
fino a notte mi fanno compagnia.

Questi rondoni,
neri come il mio cuore triste e scuro,
come il mare quando spira la tempesta,
quest'anno non li ho visti,
non m'hanno salutato,
non mi hanno fatto festa.

Non li ho visti arrivare in quel d'Aprile,
non ho sentito il sibilo alla mia finestra,
ancora chiusa vedo la persiana,
silente la salita come sempre
di questa Costa Ripida scordata.

Che a Boccheggiano manchi il suo poeta,
sol'io l'avverto,
la mia voce però vola insieme a quattro versi
che incido su una pagina virtuale,
sembra sia bianca e lascia tracce nere
come quel primo seme
che su un quaderno dalla copertina nera
tracciai un tempo ormai dimenticato
con le rondini in volo nel cielo dei miei anni,
fuori da ogni tristezza
fuori da ogni tempo.

Impaziente
Alla mia età son forse un po' impaziente
non mi va più di tanto a cincischiare
se dono amore e a chi lo do non sente
allora mollo senza più lottare.

Se trovi poi un affetto diffidente
che ha nodi in cuore ancor da spettinare
con questi non ci posso fare niente
delusi son non vogliono rischiare.

Quando l'amor finisce col tormento
anche la pelle sembra attaccaticcia
ed anche se il calore non è spento

la fiamma è bassa, non è certo alticcia
diffidi di ogni nuovo sentimento
non ti si accende più in cuor la miccia.

Sentirsi ulivo
Sentirsi ulivo
è forza di natura,
è vento che nel tempo soffia e dura,
è bacca che in autunno poi matura.
Sentirsi ulivo,
per me che in versi scrivo,
è vivere e sperare
che ogni mio pensiero
al tempo sopravviva,
renda l'animo forte
la vita più giuliva.

L'ulivo che non muore



Possente un urlo al cielo
innalza, invoca,
tutta la forza sua sembra che scuota
la terra trema,
fertile risponde
al suo implorare il ciel non sembra assente.

E l'urlo di protesta
forte rimbalza pei campi soleggiati
già da tageti gialli e papaveri rossi colorati.
Le braccia al cielo tende
forse una tremenda imprecazione,
forse dolce una prece,
forse sconforto,
un pianto di passione.

E la Pasqua è ancor vicina
la Croce è sempre vivida e splendente,
da quel legno che manca
forse un martirio ancora ha rinnovato,
quella passione
insieme a un tronco che non vuol morire
ancora ha ricordato.

Ora il sole risplende:
germogli nuovi con orgoglio
il vecchio tronco tende...
Sfida la gente,
sfida l'indifferenza,
sfida il mancato rispetto della terra,
sopporta e con pazienza
rinnova con testarda presunzione
che la natura sull'incuria vince.

E quando il mondo sembra che s'oscuri
ecco che il sol risplende,
tra le nuvole filtra e di calore
il tronco inonda,
i suoi germogli scalda
nuove radici nella terra affonda.

Cosa mai sei?
Sei dolce e non lo sai
tenera quanto basta
un fiore profumato
in questo mese nato.

Una fresia odorosa?
Un glicine che sboccia?
Non so tu cosa sia,
musica e fresco vento
un suon dolce e lento?

Sei fruscio di ruscello,
brusio di vento,
di acqua un gorgogliare,
sei fremito di mare?

Hai qualcosa di unico
che sa parlare al cuore
forse il tuo sentimento
è come una carezza
che l'animo mio apprezza.

Cerco la tenerezza
Non è il tuo cuor che cerco,
quello è solo un muscolo che batte
che ripete le stesse sensazioni
(e guai se si fermasse),
le stesse identiche funzioni.

E l'anima tua che cerco,
quella che genera emozioni
che comunica senza mai parlare
che un'altr'anima riesce a far vibrare.

Cerco quell'alito silente
che nello spazio vola
che unisce affetto e mente,
che al tempo sopravvive.

Cerco solo uno sguardo,
una carezza lieve
che dia la tenerezza,
che sia simile al vento
d'estate dolce brezza!

Non sono una santa



Le hai dette tutte te, le hai messe in fila,
che non sei santa me l'hai ripetuto,
neppur di primo pelo sostenuto,
di non amarmi anche questo hai detto.

E il giorno che a me ti sei donata
mi hai chiesto se cercavo solo affetto,
non hai capito, fosti fortunata
perchè quel dì t'avevo un poco amata.

Attenta non sei stata e ripetesti
cosa da te in fondo io mai volessi
a tanta aridità lo sai non ressi
la porta chiusi e più non mi vedesti.

Ma ogni tanto ti penso e poi mi chiedo
perchè il tuo cuore hai chiuso al sentimento,
ma io sono un diverso, e tu lo sai,
all'amor credo e dentro il cuor lo sento.

E se m'accorgo che manca l'affetto
insensibile resto alle carezze
nel solo sesso vedo frigidezze
e un gran sconforto preme dentro il petto.

Tremolio di stelle


Quando pel firmamento un tremolio
di luci sparse nella notte appare
e sopra il mare qualche lume spio

le membra tutte sento allor vibrare
una preghiera verso il cielo invio
a chi potrebbe ancor farmi sperare.

Lo so che nella notte son sol'io
che coi pensieri sfioro le montagne
e vola silenzioso il pensier mio

pei borghi solitari e le campagne
il cielo sfiora, le cime del desio,
coi gufi pigri e l'aquile grifagne.

Senza sostare va verso l'oblio
dove riposa la memoria stanca
dove l'amore è logoro e stantio

dove finanche l'emozione manca.

Senza amore nulla voglio


Senza amore nulla io chiedo e voglio:
se volevi un approccio materiale
con me sarai rimasta un poco male,
detesto rotolarmi nel trifoglio.

Se poi sospetto che ci sia un imbroglio,
o ci leggo qualcosa di venale,
allor posso restare un po' glaciale
mi s'addormenta il mascolino orgoglio.

Che ci vuoi far? Io forse son diverso
non sono il maschio da combattimento
a letto senza amore io sono perso.

Se tu controlli sol l'accrescimento
io d'amor parlo e scrivo prima un verso
e nulla faccio senza sentimento.

Stupida e sciocca



Per sempre resterai stupida e sciocca
sempre te lo ripeto a filastrocca
cerco quello che forse non si tocca,
la gusto, ma non cerco solo gnocca.

Quando l'amore in me a tratti schiocca
divento ancor più forte d'una rocca,
lascio da parte i pasti e il “saltinbocca”
resto digiuno e nulla metto in bocca.

Ma tu resti attaccata ai tuoi “marocca”
che in vernacolo san dire:”Allocca, allocca”*
t'incanti ad ascoltarli come allocca
e bevi tante balle da un brocca.

Ma quando con l'età la neve fiocca
anche per te poi la ragion si sblocca,
il suono sentirai chiaro che scocca
della campana che per te rintocca.

Poi forse apprezzerai me e chi t'imbocca
la strada giusta, che d'amor trabocca,
e forse allora il sentimento schiocca
dentro il tuo cuore che oramai si sfiocca.

Vorresti ritrovar chi ti rimbocca
un po' d'amor nella tua vita sciocca
ma troverai chi cerca solo gnocca
che donerai perchè non sei pitocca.

* In vernacolo napoletano vuol dire:"Guarda, guarda"

Un saluto



Un saluto a volte non è niente,
nasce dal cuor così senza pensare
lo spazio copre anche a luci spente
chi lo raccoglie sol lo sa apprezzare.

Un saluto matura nella mente
mentre si pensa a chi lo può accettare
corre sul mare, viaggia celermente,
per continenti interi può volare.

Ma tanto aiuta chi poi lo raccoglie
che prova in petto un dolce sentimento
l'animo sgombra da pensieri e doglie.

E sembra come un refolo di vento
che spazza dalle vie le morte foglie
apre alla gioia e chiude ogni tormento.

(Ad Angela Rainieri)

Un quaderno e una penna
(Nella giornata delle Palme)



In giro me ne vado solo e armato
d'un quaderno e una penna.
Non sparo,
non rintrono mente e cuore,
uso la penna per stilar dei versi,
qualche frase d'amore,
a volte semino speranza
altre volte urla di dolore.

Sono un poeta,
non son certo un guerriero.
La lancia? Ma è una semplice matita.
Lo scudo? No, è un povero quaderno
che accetta tutto quello che gli scrivo,
mai non protesta
(e sai vorrebbe pure a volte protestare
per dir quello che pensa
ed avrebbe ragione a reclamare).

Mi vede strano.
Passo dal bianco al nero ad ogni istante.
A volte rido,
poi m'assale un po' di nostalgia,
sono lagnoso e qualche volta piango
ma quando vedo i tanti mali al mondo,
anche se qualche acciacco mi tormenta,
mi abbraccio ad un rametto di allegria.

Ed oggi è delle palme:
di rami in giro ce ne sono tanti,
ci sono anche rami di ulivo profumato
che un giorno un uomo saggio han salutato.
Lui parlava di amore, seminava pace,
ma nell'animo umano v'è la guerra:
l'hanno inchiodato in croce.
La morte negli umani è sempre viva
mentre l'amore è sempre assente o tace.

Specchio dell'anima


La foto è di Rocco Castrignano (g.c.)
(Autorizzazione concessa su FB il 27.3.2015)

Specchio dell'anima lucente
risplendi nel mattino tra la brina
col verde già costruisci una ghirlanda
ti pavoneggi tra fiori di spina.

T'affacci alla finestra,
con i colori scherzi e ti confondi
tra le foglie di malva e di trifoglio
un luccichio di perla intorno effondi.

Trasmetti la speranza,
or spunta anche il sole, e m'accarezza
un refolo di vento che mi giunge
lieve dal mare come dolce brezza.

Luce soffusa


- La foto è di Enrico Santoro di Cutrofiano

Morbida e un po' soffusa va la luce
sui muri allarga il suo chiarore a sera
anche la piazza di un bel marrone incera
pennella il cielo con del nero truce.

Sulle auto si riflette e poi traluce
come stella restante mattiniera
che non si spegne e tremula leggera
tra i silenzi spaziali ci conduce.

Intorno sembra voli la speranza
sparsa con un color tenue e rosato
da un pittore che nella notte danza

sulle strade che hanno recintato
per rendere così muto e ovattato
quest'angolo di mondo addormentato.

Pasqua 2015



Risuoneranno ancora le campane
spezzeranno il silenzio della Croce
urlanti scenderemo nella piazza
con l'uovo sodo in mano e qualche dolce.

Ritroveremo l'aria del passato
il vento caldo della giovinezza
quello che abbiamo perso e che cerchiamo
la pace e la spensieratezza.

Berremo ancora l'acqua della fonte
ritorneremo tutti alla Sorgente
nei prati in mezzo ai fiori e in mezzo ai peschi
e il vento asciugherà le nostre pene.

E canteremo le lodi del Signore
di quel Signore ch'è fuori dalla mente
ucciso ancora dall'indifferenza
dall'egoismo da inutili rancori.

E suoneranno, suoneranno a morte
le campane che han suonato a Gloria
ricorderanno ancora anche i rimpianti
affinchè viva almeno la memoria.

L'artista si commuove sempre dopo aver composto ogni sua opera!

Fior di lavanda



Questo mio amor che mi pervade e inonda
è come un fiore che s'affaccia al sole
profuma d'acqua fresca e di lavanda
strepita sulle rocce come un'onda.

Tante parole forse son sprecate
ne basta a volte una e che sia vera
questo mio amore soffia come un vento,
ha in se il sapore della primavera.

Spazza le erbe e i fiori sopra i prati
ne raccoglie i profumi e te li porta
il viso mi rinfresca e m'accarezza
a nuovo amore ancor apre la porta.

Dentro il petto ruggisce prepotente,
si muove in sintonia col sentimento
accende un fuoco vivido e lucente
un fuoco che credevo fosse spento.

Un chiodo fisso
Io non lo so,
ma forse tu lo sai,
ti sei descritta davvero egregiamente
prima coi tuoi filmati,
adesso coi mancati sentimenti,
che hai tu espresso in modo sì indecente,
e sì quei tuoi filmati adesso li ho capiti
erano soltanto volgari adescamenti.

Cosa dovrei mai conservare,
di te cosa mi resta?
L'hai scritto tu,
poi me l'hai dimostrato a letto,
solo una immagine fugace,
un po' di foga,
un urlo di piacere condiviso,
l'assenza mia totale da un orgasmo,
a cui poco credevo,
ma che splendeva forte sul tuo viso.

Sì fingi di scribacchiar sulle tue carte,
cullati in certe esibizioni esagerate,
l'età che hai non è di primo pelo
(sono le tue parole che mi hai detto).
Puoi ingannare qualche pappagallo
che cerca solo quello che puoi offrire,
un po' di sesso squallido e immorale,
ma dentro il petto tuo c'è solo il vuoto,
il vuoto di un abisso
la voglia insoddisfatta di un orgasmo,
un orgasmo ricco d'amore,
che non potrai mai avere
che rimane per te qual chiodo fisso.

Mi manchi



Mi manchi bella troia,
questo lo penso ancora,
non aspettar perchè non te lo dico,
dentro il mio petto brucio al sol pensiero
d'appagare ancor quel desiderio
che forte mi hai trasmesso
che è rimasto attaccato alla mia pelle
come profumo d'un piacere antico.

Odor di caldi umori
che hai sparso quella sera
in una stanza che ha raccolto l'urlo,
della libido tua forte e convinta,
l'urlo d'una passione
che nella mente m'è rimasta impressa,
di quell'amor che forse ancor covavi
unito al vento della trasgressione.

Mi manchi sì,
ma questo orgoglio tu lo sai mi blocca,
rinuncio alla passione che m'affoga
rinuncio all'urlo tuo che mi sconvolge,
ma a te mai più lo dico,
urlo che ancor sentir vorrei
che archivio, ma pur penso a quel giorno,
solo quel giorno agogno e maledico.

Falesia annerita


La foto è la spiaggia di Gallipoli oggi, dove tanti anni or sono spesso mi recavo con la mia famiglia al mare.

Son ritornato dopo quarant'anni,
tra le rocce di questo lido antico
la mia emozione è forte, e non la dico,
neppure vi rammento i tanti affanni

che della vita mia furon tiranni.
Eppur quel tanto sentimento grico
non fu per me neppure vero amico,
esposto mi lasciò a tresche e inganni.

Or questo sole scende lentamente,
a ricordare e rampognare invita
giacchè il tempo fuggì miseramente

e ogni affetto squagliò dalla mia vita.
Un cupo intenso invade questa mente
come questa falesia oggi annerita.

Fioriture e ricami salentini



Nel borgo dove già il silenzio regna
si staglia in cielo l'eco di preghiera
anche se il giorno è opaco e sembra sera
la terra con il ciel quasi s'impregna.

E la natura il vento ridisegna,
spazza gli ulivi, smuove la criniera,
soffia sui primi fior sulla costiera,
al sol rossi papaveri consegna.

Anche i pensieri sembrano più chiari
la mente indaga libera e riflette
sui resti di torrioni, reliquari

e di fortezze, sempre più imperfette,
sembra un elenco di stupidi inventari
di una umanità che mai riflette.

Il giorno che sarai morta



Il giorno che gli occhi chiuderai,
quando il buio ti ruberà la luce
in sogno scorgerai un vecchio andare
ad un bastone mi vedrai appoggiare.

In quel giardino dove ci han convinti
che dopo morti ci ritroveremo
io sarò lì con ansia ad aspettarti
forse di nuovo io potrò abbracciarti.

Ricorderai le mie dolci carezze
su quel tuo corpo ritornato in fiore,
il tuo rancore avrai dimenticato
allor mi spiegherai perchè m'hai odiato.

Forse sorriderai perchè i tuoi versi
soltanto io capivo ed apprezzavo
piangente ti chiederò ancor perdono
perchè t'ho odiato e non son stato buono.

Mi taccerai di non averti aiutato,
di non aver capito che volevi,
di averti fatto maledir la sorte
odiar la vita e corteggiar la morte.

Ma dopo m'asciugherai le ciglia
come facesti al nostro primo incontro,
vedrò di nuovo fiorir quel tuo sorriso
che colorò di gioia un dì il tuo viso.

Quella casa arcobaleno



Quella casa ha cambiato di colore,
di rosa dipinta adesso non è più,
oggi s'affaccia in mezzo al biancospino
colorata di un giallo paglierino.

Quella casa nel buio la noto ancora
anche di sera nel mio cuor risplende
tremola nella notte un lumicino
come la mente un po' ebbra di vino.

Quella casa mi parla da lontano
anche se non la guardo lei mi chiama
sento il suo urlo appena mi avvicino
come quando in un dito entra uno spino.

Quella casa nasconde i miei segreti,
conserva tutti i suoi e le bugie,
amplia i disagi che si crea al cammino
se nella scarpa v'entra un sassolino.

Quella casa è lì, sembra che taccia,
ma anche muta dice tante cose
è sempre rosa, profuma di marino
ma sa anche di menta e rosmarino.

Madrigale dell'8 marzo
Fra i tanti amori miei c'è una sola
che all'amor mio non fu mai indifferente
che le morbosità mie pronto ha spente.

E quell'amore m'è rimasto in gola
come un'esca di pesce fastidiosa
che punge e al deglutir resta noiosa.

Ma quando di stancarmi aspetterò
insieme a lei in cielo svetterò.

Io, figlio di saraceno
Io,
forse figlio di saraceno,
di moro, di turco, di fenice,
io che m'attacco a una radice,
al Salento m'abbraccio,
m'imbevo nell'essenza di quei Calabri
bagnati dall'adriatico fumoso,
cullato dallo Jonio sciroccoso
che patria fu ai Messapi salentini.

Io,
che oggi con due mari mi confondo,
in essi cerco le impronte dei miei padri
e nome dò a una stirpe
che con Enotri e Bruttii si confuse,
cerco di marchiare dentro il petto
quella mia identità che non esiste,
che solo nella mente mia resiste,
e diverso mi fa ma non lo sono.

Io,
figlio dell'Africa di certo
cerco una terra da chiamare patria
cerco una patria da sentire terra,
terra di popoli diversi, ormai integrati
in culture messapiche e Japigee,
ad accenti e verba antica calcidesi
io, sono anche figlio d'un popolo scomparso
che vive sotto le zolle d'un terreno arso.

8 Marzo d'angoscia
A te dolce mia amica
che ascolti il mio parlare,
a te
che sai donarmi una parola stanca
quando il mio cuore è triste,
che l'accompagni nel suo peregrinare,
con lui discorri,
a lui tu forza dai.
A te che timida pazienti (e forse soffri),
che le mie pene ormai conosci
e dolcemente mitighi e lenisci,
a te, mia dolce amica,
in questo giorno il mio pensiero corre.
E ti ringrazio della tua presenza,
del vigor che mi dai
per affrontare la ripida salita
che affonda nel mio cuor l'indifferenza
verso un amor che ormai ristagna e muore,
verso un affetto che mai potrai scambiare,
che si consuma tra apatia e rancore.

Poesia delle quadrisdrucciole
Di vino quel bicchier colmo riempitecelo
insieme alla gassosa rimescolatecelo
un nastro per distinguerlo incollatecelo
per bibita speciale appiccicategliela
e al gusto del buon ber sacrificateglielo.

Diversamente diverso



Non m'interessa la tua libertà,
ho già capito che intendi e a cosa alludi,
non mi interessa che adesso tu stai qua
e sull'agenda già stai ad appuntare
che questa sera tu starai di là.

Non mi interessa tale comunione,
non ho sfilato in piazza coi cartelli,
non credo a quello che tu pensi già,
quello che pensi non è affatto amore
ha odor di copula, di zozza commistione.

Ti rotoli indecente,
sembri come una gatta innamorata,
miagoli di piacere, urli,
come una vergine appena deflorata,
nel tuo piacere certo mi trasporti,
mi resta un segno vivido e struggente.
Ma chiediti poi, infine, cosa lasci?
Solo un ricordo resta fisso in mente,
solo un ricordo squallido e... indecente.

L' ombrello verde



Anche un ombrello può aver una voce,
Anche se dopo usato e appeso langue
anche se il vento il manico gli ha rotto
e non si chiude più, son io che sbotto.

Parlo per lui e dico molte cose,
parlo in silenzio e forse mi capisce
anche perchè or è inutilizzato
mi chiede scusa assai mortificato.

Io l'ho aperto, per rassicurarlo
che serve anche da rotto all'occasione
ed anche se il suo verde fuor non sfoggia
a volte mi ripara dalla pioggia.

Or mi ricorda un giorno in allegria
un incontro per nulla occasionale
che non avevo certo io organizzato
anche se, a dire il ver, sollecitato.

Un giorno non felice e burrascoso
ad osservare le onde sotto un ponte
una giornata ricca di entusiasmo
finita dopo a letto in un orgasmo.

A dire il vero io ero indifferente
ad agitarsi e offrirsi non fui io
io colsi il poco che mi venne offerto
chiusi il portone ch'era stato aperto.

Ma quella porta non fui io ad aprirla
neppure la chiave girai dentro il chiavaccio
niente raccolsi, fu per me un assaggio
che ricambiar volevo dopo a maggio.

Invece, finì lì, senza un motivo
ma forse ritardato era il cervello
e quando poi capii restai deluso
sempre si paga qualcosa dopo l'uso.

Mignotte


Foto: tratta dalla rete (Chianciano - Mater Matuta)

Chi ha inventato questo termine assai antico
davvero non si sa, anche se a Roma
è facile sentirlo in ogni borgo
usato da studenti e senatori,
da gente di palazzo e muratori.

Sembra sia nato in epoca imperiale,
nelle corti francesi e nobiliari,
forse deriva da cortigiana, o preferita,
da mignoter, che vuol dire carezza,
o da mignon, favorita, ch'altri apprezza.

Ma io son certo derivi dal latino,
da una scritta al braccio dei bimbi abbandonati
filius matris ignotae o m.ignotae
che il popolo in volgare ha poi tradotta
nell'espressione figlio di mignotta.

Un termine allor tutto italiano,
che serve ancora oggi a far carriera,
per ottener un semplice favore
ma usato per sbarcar anche il lunario,
un motto antico ma ancor straordinario.

Vennero i giorni
Vennero i giorni con il sole,
l'acqua evaporò dalle pozze
alle nuvole poscia si congiunse,
le fallaci parole si sciolsero,
il vuoto della sua mente alfine si fuse
nel silenzio dell'indifferenza.

Dallo squallore della spazzatura
i miasmi puzzolenti s'espansero
sui prati coperti dal trifoglio e fiori gialli.
Si chiusero i calici,
rabbrividirono per la vuotezza del suo animo,
delle sue proposte oscene che finsi di non capire.

La stanza vuota raccolse il suo urlo di piacere
gli umori si confusero ad un orgasmo senza emozione,
all'appagamento fisico che mi ha regalato,
ma che non le ho corrisposto.

Troppe trasgressioni quel sabato mi aveva raccontato,
troppe infamità e sregolatezze socializzate
figlie di un animo malato,
compagni di tanti pappagalli gracidanti.
La nausea mi aveva già disgustato da tempo.
Gia mi aveva dato quello che non le avevo chiesto
anche se poi ha raccontato che l'avevo mendicato.
Ancora una volta un dono ricevuto
non richiesto e non ricambiato.

Vennero i giorni dell'indifferenza
la vergogna del decoro svenduto
per un amplesso bestiale e senza affetto,
il disgusto per lo squallore che era entrato nel mio letto
che mi aveva lasciato solo il lezzo della spazzatura.
Restarono le mie delusioni per avere offerto affetto
a chi racconta solo bugie,
a chi semina solo menzogne,
a chi cerca di insozzare degli animi puliti,
a chi mi ha regalato un solo putrido orgasmo,
senza emozione e privo di sentimento.

La follia



Ma dove stanno i pazzi, veramente
non mi interessa in fondo di saperlo
se le rotelle vanno infatti lente
il senno non riesci a trattenerlo.

Tutto oleato non puoi mantenerlo
il giudizio non sempre è risplendente
e il senno non si può in fiale berlo
ci vuol dell'altro a lucidar la mente.

Rimane solo il pesce congelato,
di quello fresco io mi fido poco
vivo ci sembra e invece è stagionato

si disfa tutto appena sente il fuoco.
Per cui del venditore camuffato
gira alla larga e non stare al suo gioco.

Tra i sassi del Vereto



Quel dì che i tuoi capelli imbiancheranno
e spettinata ti guarderai allo specchio
insieme a te, riflesso, anche vedrai
un viso pien di rughe e pien di guai.
Non so se proverai un po' di stizza
pensando agli anni che ti sei donata,
forse vergogna avrai, ti pentirai,
bestemmierai per averti la vita rovinata
inseguendo un amor che tal non era
simulando una passion falsa e non vera.
Uno sguardo rivolgerai al tuo bimbo
mentre è seduto a fare colazione,
non so se tutto ancor ricorderai,
se rabbia avrai per quell'amor svanito,
per quel pupazzo che non t'ha creduto
e non t'ha dato il figlio che avresti allor voluto.
A scuola l'accompagnerai,
disfatta ormai nel corpo e nella mente
ti siederai delusa a una panchina
sul tuo telefonino sfoglierai
qualche filmato vecchio ed indecente
per rivederti con la pelle fresca
col tuo agire spesso indisponente,
col viso abbuiato a volte ed altre sorridente.
Con il pensiero andrai sopra il Vereto,
di nuovo scenderai tra sassi e ulivi
il mar di San Gregorio guarderai
pietosa la luna un raggio ti regalerà
per ricordarti i giorni che felice
bugie tra quelle pietre hai seminato,
tra gli ulivi e tra il mirto profumato.
Ed anche lì un'ombra avvertirai
stanca viaggiar tra i sassi e sotto il sole
forse ricorderai che hai dato amore
a chi l'ha preso e non l'ha domandato
a chi l'ha avuto perchè gliel'hai donato
a chi ha creduto e mai l'ha cancellato.

Una corona di lauro
Una corona di lauro
adorna la testa d'una donna sola,
la sua tristezza è par forse alla mia
sparge profumo, olezza di poesia.

Volano le sue parole,
il cuore un poco m'addolcisce,
ma l'immagine riflessa nello specchio
mostra il mio volto che diventa vecchio.

Guardo allora il mio tempo,
lo vedo crudelmente andare via
e quella cara amica allora aspetto
che il suo mantello nero avvolga il petto.

Mi guarda e mi corteggia
la vedo, a volte fingo d'ignorarla,
ma è lì, dietro quell'angolo che aspetta,
paziente attende senza troppa fretta.

Riflusso



Noi siamo gocce,
piccole ed inutili gocce,
noi siamo vox clamantis nel deserto,
entità fisiche evanescenti,
diafane, trasparenti,
noi siamo il nulla eterno,
illusioni,
destinati ad evaporare al primo sole,
noi siamo la verità e la vita
che la massa informe invidia,
che i potenti detestano!

Marroccolo
(Strullata per una giornata bigia)



Marroccolo
sul moccolo
mi ammoccolo
lo schioccolo
poi sbloccolo
e ribloccolo
ma sempre son marroccolo
rimasto senza coccolo.

Salento mio


Febbraio 2015 – Leuca – Punta Ristola

Salento mio che tra due antichi mari
abbracciato e cullato te ne stai,
che affetti m'hai donato dolci e amari
e m'hai affogato tra dolori e guai,

i giorni miei stan diventando avari,
solo i miei versi poi alla fine avrai
e dei miei amori caldi e passionari
tutta la storia mia ci leggerai.

Sol biasimo darai a questo figlio
e mi ricorderai per quel che sono
ispido pruno e non candido giglio

che inutilmente cercherà il perdono
a un falso amore a cui ancor m'appiglio
e a cui sol versi sparsi lascio in dono.

Ai miei amici di FB



Amici miei di altri continenti
che i versi miei leggete e commentate
sono affettuosità che regalate
ai cuori fanno bene ed alle menti.

Mi basta poco: in certi bui momenti
saper che le mie rime voi apprezzate
un po' mi pavoneggio e, come un vate,
spargo dei nuovi versi ai quattro venti.

Scrivo e col pensier volo in Canadà,
immagino gli amici in Argentina,
in Australia, in Romania e, qua e là,

sparsi nelle Americhe ed in Cina,
e il cuore s'empie di felicità
per tanta gente che sento vicina.

Cinguettio di primavera



Il primo cinguettio di rosignoli
come suono di campana stanca
vola pel borgo ed addolcisce l'aria
che già di primi fiori i rami imbianca.

Come rapido scorre
il pennello madido di tinte
sulla tela del mondo e lo dipinge,
anche d'intorno alacre è la natura
cambia i colori,
disegna sui rami nuove gemme,
spinge in volo sui rami pallidi germogli
le prime mammole sui ceppi delle querce
invita a provar l'aria per poter sbocciare,
mentre le tortore lanciano i richiami,
tubano già i colombi sopra i tetti,
un passero saltella col becco piene d'erbe
a nuovi amori invita
e nuova vita tenta di creare.

Ma ascolto lontano un suono di cannoni,
vedo del sangue che imbratta muri e zolle,
avverto angoscioso l'urlo di dolore
di gente in fuga che nel mare muore.

E vedo bimbi con visi atterriti,
vedo vecchi confusi ai muri aggrappati,
donne piangenti,
vedo violenza e morte:
pietà ed amore sembrano ormai spenti
rimane solo il ghigno dei potenti.

Il tempo passa e va,
scorrono lenti gli anni,
inesorabilmente imbiancano i capelli
colorano la pelle di disegni
che neppure un pittor pennella uguale,
ricama le mie mani, corpo e volto,
la mente m'avvilisce quando a sera
di fronte a questo mondo senza amore
angoscioso m'assale un flebile tremore.

Ombre
 


Bagheria di Ferdinando Scianna
La foto è stata trovata su FB ed appartiene a Ferdinando Scianna, noto artista e fotografo siciliano.

Ombre,
ombre fugaci
rappresentazioni grafiche,
proiezioni simboliche,
pensieri onirici,
felicità che ci inseguono
che più non percepiamo.

Meretrice



Conosco il tuo mestiere,
tu me l'hai ben descritto
me l'hai documentato
m'hai anche un po' eccitato.

Lo sai che senza amore
io resto indifferente
lo sai, non ce la faccio
m'ammoscio, so' uno straccio.

Tu ci hai provato bene
hai fatto il tuo dovere
ma sola hai tu goduto
hai vinto, io perduto.

Or dici che hai capito
che sono un tipo strano
ma sai che nulla provo
se in te amor non trovo.

Al cuor non si comanda
tu più non provi nulla
sei onesta e me lo dici
non cerco io meretrici.

Io sono un po' all'antica
non sono un cacciatore
se vuoi che te lo dica
ancora cerco amore.

Le sveltine
Per fare le sveltine
bisogna aver talento,
per me che sono lento
ci van le porcelline.

Meglio le libertine
che danno nutrimento
se l'appetito è spento
per troppe merendine.

Ci va pazienza e amore,
un po' di turbamento
frammisto a del calore.

Se manca il sentimento
rimane un po' di odore
che via trasporta il vento.

Quale sapere



Di questo mio saper che me ne fo'
solo e negletto vo
sopra la terra
giro per la galassia illuminata,
ma solo vedo il sole
vedo la luna
e dei puntini in cielo sparpagliati.

Neppur perché sia vivo io lo so
conoscenza non ho,
non so il perché
son nato in questo tempo illuminato
da arte e conoscenza
e tra ignoranza
di popoli negletti e maltrattati.

Questo poco sapere a chi lo do
davvero non lo so
scorrono gli anni
ho qualche conoscenza della terra,
dei mondi attorno a me,
del mio cervello
solo alcuni frammenti son sfruttati.

Ridete in silenzio



In quel cartello affisso sopra un muro
scritto con le parole evidenziate
c'è la malinconia della vecchiaia,
la morte d'ogni gioia,
la fine delle piccole emozioni.

Quei divieti ci fanno ritornare
all'allegria di giorni ormai scordati,
ci fanno ricordare le risate,
gli urli scomposti,
i nostri anni passati.

Ed è l'invidia quella che ci spinge
a evidenziare tanta ipocrisia
abbiamo scordato la gioia dei nostri giorni
abbiamo perso il riso e l'allegria,
forse soffriamo e tanta rabbia abbiamo
per la felicità che è andata via.

Ispirazione



Alito di vento che sublima,
la mente come forte quercia scuote
le foglie sparge intorno
e poi raduna
negli angoli del cuor
sotto i balconi.

E rotolano,
rincorrono,
saltellano,
frusciano lungo i marciapiedi
si spingono
confondono
s'abbracciano felici
giocano a bocce
e mai lo schiocco senti.

E mentre il vento li accarezza
scorre la penna,
incide quattro versi
e mi ricorda che nel dì di festa
rotolar come foglia sol mi resta.

Come no, no!
(Strullata)



Come no, no,
si, si,
lo voglio proprio dir
un verso scrivo al dì
con sosta al venerdì.

Se scrivo mi scompiglio
i nervi mi attanaglio
una bevanda al tiglio
mi calma lo scompiglio.

E l'asino che raglia
e la gallina sbaglia
le uova fa quadrate
non sono ovalizzate.

Ma come fa a produrle
così tutte quadrate
le ha ben ammucchiate
le ha meglio conservate.

Or l'uovo è più sicuro
non rischia la rottura
sano più a lungo dura
e regge contro il muro.

Il sole tra i girasoli



Un raggio di sole m'ha inondato
mentre viaggiavo distratto per la rete
un raggio che da anni mi colpisce,
che di emozioni sempre mi imbottisce.
E' vero sono versi, son parole,
sono pensieri misti a sensazioni,
ma chi le vive, vive le trasmette,
le socializza e poi nel cuor le mette.
Poi basta poco, un volto in mezzo ai fiori,
fiori di primavera a cui assomiglia,
per riprovare vivide emozioni
che riempiono il cuore di illusioni.
E splendon come sole a mezzogiorno,
che si confonde e mischia ai girasoli
come il suo volto ch'è apparso stamattina,
viso di poetessa semplice e bambina.

- Dedicata ad Ilaria Parlanti di Pescia (PT), giovane poetessa liceale che miete successi nei Bandi Letterari ai quali partecipa.

Zanzare



Zanzare,
maledette zanzare
fruscio opprimente,
stancante,
pungente.
Tracce evidenti
su pelli arrossate,
prurito noioso.
Svolazza sul vetro
mi sfotte...
io sbotto.
Ma già quel gonfiore
rossastro,
noioso,
sulla mia pelle un po' vizza
m'assilla....
…m'ha rotto....
...ma già pagato ha lo scotto.

- Seconda zanzara in auto in due giorni e primo gonfiore sulla pelle...evviva la natura (come sono contento)!

Il peso dell'orgoglio



Nel silenzio che tutto mi divora
stanno creando i tasti le parole
il rumore si perde in questa stanza
dove il tuo urlo ancora mi accalora.

Dal cadenzato ticchettio dei tasti
lettere incido su questo foglio bianco,
le leggo, le valuto e soppeso,
poi le correggo, oppure le cancello.

Sono pensieri che compongo mesti,
il cursore lampeggia ed è paziente
nuove parole aggiungo, non ha fretta,
quasi mi suggerisce e mi corteggia.

Così ti scrivo ed in silenzio parlo
con te che stai soffrendo mal di denti
tu pensi che rimango indifferente
invece tristemente ancor ti penso.

Ricordo le parole appena dette,
medito un po' su questo sciocco orgoglio
che mi rode in silenzio e mi tormenta
e all'amicizia tua che più non voglio.

Una barca senza tempo


- la foto è tratta dalla pagina FB di Salvatore Mancarella

E' andato via il mio tempo
sulle spiagge sassose del mio mare
con la visione dei Peloritani
con le baracche lungo la marina
con le barche e le reti al sole ad asciugare,
coi nostri primi amori
le ansie in cuore
le guance allora facili al rossore.

E' andata chissà dove l'allegria,
la battuta facile per niente
le risate felici,
perchè il sorriso colorava il volto.
Ed anche la malizia,
che accompagnava fantastici racconti,
s'affacciava a rallegrar la vita
e c'era tutto e niente tra le dita.

Ora ci sono gli anni
vedi ogni giorno vicino il tuo tramonto,
osservi il sole che si perde in mare
tu gli vai dietro ma ti fermi un poco
a riguardare l'acqua alla sorgente,
ora solo goccia che batte sulla roccia,
umida traccia di giorni infelici
ch'erano per noi lieti e felici.

E quella barca
che colorata dondola sul mare
mi rassomiglia e sembra ricordare
un mondo ch'è scomparso,
dei ragazzini con la gioia in cuore
a spingerla sull'acqua con dei remi
che lasciavano i calli sulle mani,
ma pensare non facevano al domani.

Ormoniche passioni

D'assurdo furor
tutta saziata
l'urlo si perse nella stanza vuota
dove l'amplesso consumasti vinta
di passione e di ormoni
sazia e spenta.
Resta ora il silenzio,
ma rimbalza l'urlo,
in nuove stanze vuote si confonde,
vuoto come un bicchiere
tracannato d'un fiato
senza provarne il gusto,
priva di passione.

Rimane ancor l'arsura
resta qualche solingo ormone.

17 Febbraio 2015



Di rosso il cielo si dipinge
nuvole stanche su nel cielo stanno
come ali di fuoco se ne vanno.

E tra l'azzurro che ristagna
dipingono di pioggia già il mattino
che s'annuncia tra il rosso e il cinerino.

E già nell'aria greve spira
un frullare lieve d'ali al vento
che rende nero l'animo e scontento.

E un cinguettio si perde
sugli alberi ancor scarni di fico,
anche quest'anno uggioso maledico.

Solo la pioggia ci accompagna
da mesi proprio non ci vuol lasciare
e il mandorlo comincia a biancheggiare

nei campi e fra le scrasce
un'ombra di inverno ancor ristagna
noiosa appare pure la campagna.

Eco d'arpa



Il giorno
che l'arpa mi abbandonò
l'eco d'un canto di sirene
continuò a confondersi
tra i mari Adriatico e lo Jonio.
Il suono s'avverte ancora,
sfiorando la falesia,
fuggevole fruscio d'onda.

È Carnevale



Sei qui
in questo cuore un po' usurato,
ti sento ancora calda nel mio letto,
ricordo le carezze,
la violenza di quel dolce amplesso,
il piacere che non ho provato
l'affetto che ho avvertito,
che tu non provi
e non hai ricambiato.

Dimmi tu cosa fai,
sotto una coperta al caldo te ne stai,
forse già russi, forse ti lamenti
per un piacere che davvero provi,
hai esclamato ora vado a letto,
non hai risposto a quello che t'ho chiesto,
neppure buona notte tu m'hai detto.
Solo bugie pietose ancor sai dire
dentro l'animo tuo c'è un buio pesto,
sembra che splenda e bruci il sole
ma so che la tua mente
solo la fredda notte cerca e vuole.

Traccio su questo foglio
qualche parola che mi dia conforto
traduco questo mio risentimento
in frasi tenere che non puoi capire,
indietro non si torna ai dolci tempi
quando ancora provavi sentimento
per una carezza che il volto ti sfiorava.
Ora provi a far festa con gli amici
perchè in questi giorni è carnevale,
e non ti puoi neppure risentire
perchè qualunque scherzo sempre vale,
ma vedo un'ombra nera sul tuo viso
che rende triste e falso il tuo sorriso.

Cristalline crisalidi



Migliaia d'ali bianche,
falene sopra i prati e sopra i tetti,
il vento li trasporta
sugli usci li sospinge.
Ai cavi telefonici li appende
sulle finestre restano a guardare,
ricoprono i vasi d'erbe rinsecchite
le viuzze del borgo sembran ricamare.
Ali, alì diafane,
un palpitare mentre il buio già scende
un bianco, vista l'ora, risplendente
copre il lastricato da poco rinnovato.
Tracce di zampe nude,
qualche gatto che miagola strozzato
richiede quel pasto abituale
che in altri giorni non gli fu negato.
La muta dopo avviene lentamente
ai cavi del telefono attaccati,
mentre la notte avanza,
crisalidi e bozzoli ghiacciati.

Pensieri vagabondi
(Critica della ragion pratica)



Difficile è capir l'animo umano,
i sentimenti vagano errabondi
son come dei barboni vagabondi
mai stanno fermi sempre van lontano.

Colui che il cuore ha duro e grossolano
non si cura dei tanti giramondi
usa parlar con termini infecondi
come l'assurdo ragionar kafkiano.

Sorride sempre il vecchio giramondo
sempre è paziente e manco si irretisce
non serve a nulla essere iracondo

da buon kantiano questo lo capisce
solo la sintesi è metodo fecondo
ch'ogni giudizio avverso poi svilisce.

A Mia Martini



“La gente è strana,
prima si odia e poi si ama”...
l'ascolto ogni dì questa canzone
d'una donna che ho amato e mi tortura
che nel mio cuore ancora è viva e splende
ma so che adesso non c'è più,
che al mondo resta e vive gente impura.

E mi commuove quella voce assente,
quella voce unica e armoniosa,
che allietava e torturava la mia mente,
che fermentava puro sentimento,
passione per la vita
che amava ed odiava intensamente.

E vola dentro il cuore la passione,
per un amore che potevo dare
che lei cercava, come un mendicante
ricerca il pane per saziare il corpo,
lei lo cercava per saziare il cuore.

Adesso quel bene che donava
s'è sparso per i borghi e per le vie,
risuona in qualche festa patronale,
tra gli scaffali dei supermercati,
quelle parole, le sue malinconie,
che sono imprigionate nelle sue canzoni
io le ritrovo nelle mie poesie.

Parallelismi



L'amore viene e va.
Ci si incrocia,
ci si ferma un momento,
ci si infiamma,
poi ci si spegne!

Il semaforo è rosso:
come un cuore che pulsa
segue il giallo,
lampeggia.

Poi il verde riappare
si riparte e si va
senza guardare.

Primo mandorlo in fiore



Nel campetto di fronte stamattina
c'era un mandorlo già tutto imbiancato
pensavo fosse colpa della brina
invece era di fiori ricamato.

Sentivo anche il chiocciar d'una gallina
ed ho pensato al gallo innamorato,
ho visto un pettirosso a cui una spina
il petto aveva tutto insanguinato

mentre riparo cercava dentro un nido
tra i rovi d'un consunto biancospino
ed ho sentito flebile il suo grido

perdersi nel silenzio d'un giardino
ancora incerto a questo tempo infìdo
sotto un cielo nevoso e cinerino.

Ode alla poesia


Erato, scultura di Mara Faggioli di Scandicci (FI)

Oh poesia, poesia,
tu non mi tradisci mai
m'empi il cuore di gioia e di passione
gli affanni miei ristori,
ogni ansia sparita.

Affogo nei tuoi versi
ma in vita mi riporti
e respirar mi fai l'aria pura d'Erato
e pur se disperato
rinasco a nuova vita.

Il lieto verseggiare
su pascoli dorati mi conduce,
su nubi biancheggianti mi trasporta,
l'animo mio addolcisce
a nuova speme invita.
 

Iubesc
Iubesc pacea din lumea mea
o lume fără grabă, regule și stres
de s-ar putea,
cu porțile închise, ca un cuib cald
unde când tempestele ajung
să pot să mă ascund.
Iubesc gândul tău ce pacea o vrea
precum și ziua senină ce e a ta
și a mea aievea.
Iubesc viața deși e grea și vreau
în clipele noastre să uităm de ea!
Nicola Popescu

Io amo
Amo la pace nel mio mondo,
un mondo senza fretta,
senza regole,
senza stress,
che vorrei chiuso con portoni,
come un nido caldo
dove le tempeste non arrivano,
dove posso nascondermi.
Amo i tuoi pensieri
che cercano la pace,
giorni sereni
che sono la nostra vera ricchezza.
Amo la vita
anche se è pesante
ma voglio nei nostri momenti
dimenticarmi di questo.

Traduzione ed adattamento poetico di Salvatore Armando Santoro

Bau bau



Bau, bau!
Quanta paura che ci fai,
smettila di latrare, dai!
Lo vedi che produci solo guai?

Prova una volta a morsicare;
non serve solo abbaiare,
al telefono insulti vomitare,
di morte la gente minacciare.

Dimostra che le palle hai,
assomigli ad un cane, e te ne stai
su un balcone e inutilmente abbai,
latri, e solo danni fai.

Sui sentieri di Castrignano
Il vento smuove l'erba sopra i sassi
di questa stretta via che porta al mare
mi son fermato a fare quattro passi
quell'aria antica ancora respirare.

Così per un pochino mi distrassi
ricordando le notti in quella via
ed ogni pena fuor dal cuore estrassi
anche se ancor provavo nostalgia.

Pensavo a quanto è labile l'amore
alla fugacità dei sentimenti,
ai giorni allegri e pieni di calore,

a tutti i falsi suoi comportamenti
che ben celava dietro tanto ardore,
che abbondava di affetti seducenti.

Pozzanghere



Tracce di strade bianche
che dai Piani vanno a Corigliano
tracce di brecciolino
di polvere, di seccume.
Solo brina mattutina,
guazzo che gli ortaggi ristora e la natura,
che le piante di tabacco rende vive.
Tracce, che nella mente
resistono incostanti
come pensieri, stanchi di vegliare,
che volteggiano su delle tracce antiche
che nel cuore non vogliono morire.
E poi acquazzoni improvvisi
nella calura di un agosto estivo,
pozzanghere su strade dissestate,
scavate dalle ruote dei birocci
che accolgono quell'acqua tanto attesa
che l'aria rinfresca e dà respiro agli alberi d'ulivo.
E poi di nuovo il sole,
tanto di quel sole antico,
una calura che ondeggia nel bagnato
tra pozzanghere dove si sguazzava,
dove coi piedi scalzi
l'acqua sui muri a secco si schizzava.

Ad Ada Cancelli

Il sole tra i cancelli



Il sole tra i cancelli
è prigioniero,
sembra che urli e all'aria voglia uscire
invece il peso lo sprofonda in mare
lui è cosciente e sa che va a morire.

Sembra che affoghi,
gli manca l'aria
è privo del suo spazio vitale,
il viso è rosso,
soffre,
non riesce forse bene a respirare.

Ma poi al mattino torna all'orizzonte
il viso è fresco,
anche riposato,
un roseo dolce gli colora gli occhi,
è vispo e arzillo
e forte sui ginocchi!

Ad Ada Cancelli

Bufera



Vedo il mare in bufera,
laggiù,
lungo la costa di Santa Maria.
Intorno alla mia casa soffia il vento
il cielo è un quadro di grigio cinerino,
mi dà tristezza e nella mente mia
v'è una mestizia come mai non c'era.

Ruggisce il vento,
intorno,
scuote con rabbia tutta la tettoia
stridulo s'alza l'urlo di una gazza
coi suoi mesti colori in bianco e nero.
Ma un pettirosso saltella e mi da gioia
allevia in petto questo mio tormento.

Vola il ricordo,
svolazza,
come farfalla nuova a primavera
con l'ali ancora intorpidite e stanche,
vola in un ciel dove s'affaccia un sole
pigro, che ondeggia tra una nube nera,
ma alla mia pace ancor Dio resta sordo.

Underwood


- La foto è di Ornella Pennacchioni, che mi ha ispirato la poesia (che a lei è dedicata)

Parole,
parole sfuggenti,
frasi,
frasi innocenti,
mille pensieri
e rumore dei tasti
frastuono incostante,
giorni più tersi
e versi,
i miei poveri versi.

L'ora della partenza



Più s'avvicina l'ora di partire
più il pensiero vaga e va lontano,
rivede tutti gli anni ormai passati
s'accorge che più nulla resta in mano.

E cerca di rivivere un momento
tra quelli più sereni che ha vissuto
riprova a ripassar qualche filmato
sulle cose più care che ha perduto.

Forse ricorderà un vecchio amore,
o una passione che non s'è scordata
anche ritornerà qualche sbandata

che di mestizia gli ha riempito il cuore
ed una lacrima solcherà il suo volto
per quell'amore che non ha sepolto.

Il giorno della paura



Quando arriverà il dì della paura
non so come sarà la mia esistenza:
assente, o forse obesamente stanco,
il labbro un po' tremante, il ciglio bianco,
forse lacrimerà un poco un occhio,
troppo stanco oramai per asciugarlo,
impotente oramai di ripulirlo.

Quando arriverà questo momento
con la bianca signora alla mia porta,
non so se riuscirò ad aprire l'uscio,
coi piedi incerti che di certo struscio.
Forse dirò:”S'accomodi un istante,
gradisce qualche cosa di leggero,
un calice di vin dolce e frizzante?”.

Forse la guarderò da buona amica
che dall'affanno certo mi solleva,
l'osserverò sperando che mi dica:

“Non c'è bisogno che qualcosa beva
voglio evitarti un'ultima fatica,
prendo quel che la vita mi doveva”.

Tramonto tra le scrasce

Quel sole che si scioglie dentro il mare
come fosse pastiglia effervescente
l'anima mia riesce a emozionare
e m'addolcisce ognora cuore e mente.

Tutte le “scrasce” riesce a colorare,
che vibrano nel piano dolcemente,
risveglia in cuor la voglia ancor d'amare
anche in colui che le passioni ha spente.

E quei colori vivi all'orizzonte,
mischiati come su una tavolozza,
riflettono sul viso, sulla fronte,

mentre la gioia nell'animo ti strozza
e sgorga fresca come acqua di fonte
che ognun trattiene nella sua tinozza.

- Le "scrasce", termine salentino indicante i rovi!

Miele e fiele



L'ape s'agitava nella rete,
col volo spezzato e l'ali spente,
teneva ancora il carico del polline
impastato con cura alle zampette:
del suo peregrinar di fiore in fiore
solo, però, restava lo stupore.

Alle parole dolci e alle carezze
il vento or trasportava sabbia amara,
una nuvola che offuscava il volto:
del sole che brillava sul Vereto
restava un viso scuro di livore
che disegnava l'odio e non l'amore.

E l'ape nella sua lenta agonia
l'alveare vedeva con il miele,
ancora volteggiava sopra i prati
in cerca di narcisi e acetosella:
era il ronzio dell'ali sopra un fiore
carezza dolce priva di rancore.

Ma del buon gusto che sapea di miele,
di tante carezze ormai così lontane,
una fetta restava di indurito pane
farcito d'atti ostili e amaro fiele.

Terza Guerra Mondiale



Finalmente ho visto sul cielo volare,
sfrecciare con rumore assordante,
bombardieri al sole brillare,
ho visto le bombe cascare.

Finalmente un grande bagliore
nella mente dell'uomo si è acceso
più le bombe non portano morte
alla pace hanno aperto le porte.

Finalmente la mia inutile voce
i potenti hanno alfine ascoltato
sulle case non piove terrore
ma buon senso ed un pezzo di cuore.

Finalmente l'uomo ha capito,
sotterrata ha la cieca violenza,
ha capito non serve il dolore
serve al mondo soltanto l'amore.

Finalmente sui prati germoglia
quella voce clamante sul colle
“Eli, Eli non t'ha abbandonato”
finalmente l'amore è arrivato.

La bellezza a pezzi
Sgraziata quanto mai,
esteta non lo sei
ne modella di Coveri o Moschini.

Sei così come sei
dei pezzi messi a caso
attaccaticci, miseri, un po' smunti.

Ma io analizzo quei pezzi:
gli occhi tuoi vividi e profondi
li guardo e mi ci specchio.

Vedo le gote tue
rosse come ciliege a maggio
il lor colore assaggio.

Il tuo naso osservo,
forse anche un poco esagerato
ma al tuo viso sembra intonato.

Vedo i capelli sfatti,
ma li accarezzo e morbidi li sento
anche eccitanti a tratti.

Guardo i tuoi seni,
non belli ma invitanti al lento andare
su e giù li vedo un po' ondeggiare.

I fianchi tuoi?
Niente di eccezionale, ma sensuali
a trasgressioni mi fanno anche pensare.

Le tue gambe non sono affusolate
hanno però un modo di ancheggiare
che stuzzica i miei sensi.

Poi leggo la tua mente
e mi trasmette un'emozione
che solo il cuore sente.

Un balcone sul mare

Di fronte a questo incanto mi son perso,
le mie giornate tutte ho consumate
al sole, al mare e al vento sto abbracciato
e non mi importa di non fare niente
questo posto carbura cuore e mente.

Se il sole splende mi faccio riscaldare
seduto al bar davanti a un pasticciotto,
un buon caffè sorbisco e guardo il mare
poltrisco e con un certo appagamento
mi lascio accarezzare anche dal vento.

Questo è un luogo incantato, celestiale,
anche chi non ci crede parla a Dio
qui l'alba di rosato tinge il mare
col rosso si confonde, quando è sera,
il tramonto a una mistica preghiera.

E chiudi in cuore tutti i bei colori
che ricamano il cielo mentre il sole
all'orizzonte sfuma e si confonde
con la scia rossa che si stende in mare
che il buio sembra voglia corteggiare.

Un vecchio detto salentino dice: “Salentu: lu suli, lu mari, lu jentu”.
Ed io al sole, al mare ed al vento mi sono voluto ispirare in questa poesia.

Nel nome di Dio

Mi son svegliato perché il sonno è andato via
in rete allora ho fatto un breve giro
ho letto qualche cosa degli amici,
un mio pensiero a Misk ho poi esternato
un “mi piace” a qualcun altro ho rilasciato.

Ma resto solo con i miei perché
mi sogno un mondo che resta nei pensieri
la violenza che non vuol finire
vedo l'umanità che sopravvive
l'ignoranza in cui il mondo vive.

E soffro per il riso della gente
che allegra ascolta a volte il mio sentire
le mie pungenti e ilari affermazioni
la mia ironia sul modo di pensare
di questo mondo che non vuol cambiare.

Mi chiedo il senso di questo mio filosofare
so che son letto sol da pochi amici,
che non basta un “mi piace”,
una nota alle mie vaghe esternazioni,
per cambiar del mondo vita e condizioni.

Mi pongo domande sul senso della vita
sulle bellezze, sul brutto del creato,
di questa umanità senza valori,
di questo mondo che non sento mio
che uccide l'uomo mentre invoca dio.

Oleum et operam perdidi


Plautus

Ancora ultimamente ho elaborato
dei versi per chi non può capire
per chi è contraddittoria per natura
che parla di purezza e invece è impura.

Scrivevo ed ero pieno di passione
pensavo fosse dolce e passionale
invece ho sparso acqua sul bagnato
parole a vuoto ho ancora seminato.

E non riesco mai a coordinare
cuore e cervello in modo razionale
inutilmente vado a ricercare
donnette vuote solo da curare.

Ma certamente sono il più ammalato,
sono io il personaggio da curare
l'oggetto più deforme del creato
che la natura ha mal confezionato.

Ad oltre settant'anni sto a guardare
i passeri che a me volano intorno,
inseguo voli di rondini e farfalle
e sulla carta traccio un paio di balle.

E mi commuovo da solo mentre osservo
un'erba lieve dondolare al vento
ma ho gli occhi chiusi e quasi mai non vedo
il vuoto che ho d'intorno e a cui non credo.

Cuore di sasso a Punta Ristola



A Punta Ristola, qualche anno dopo
mi sono fermato a respirare
aria di mare con vento scirocco,
un po' d'amore, quanto son sciocco.

Quella tua macchina è li parcheggiata
con lo sportello un poco graffiato
io la rivedo ogni volta che passo
mi fermo e penso vicino a quel masso.

Dal tufo un artista ci ha tratto un busto
che guarda le case ma ignora il mare,
se il vento soffia, scompiglia i capelli
smuove le canne e gli arboscelli.

Smuove i pensieri, rinnova il ricordo
di giorni allegri ormai cancellati,
sfoglia le foto con riso ed amore
resta il presente con bile e rancore.

Ma a Punta Ristola spesso ritorno
siedo sereno a una fredda panchina
il mare guardo vicino a quel masso
ma adesso anch'io ho il cuore di sasso.

La passerotta di Leuca



La mia passerotta m'aspetta al Santuario
non è una bigotta non legge il breviario

le offro del pane ma lei preferisce
sementi nostrane che tanto gradisce.

Saltella vicina, volteggia felice
accetta piadina e posa da attrice.

In fondo capisce, d'accorto animale
chi l'ama e gioisce e chi le fa male.

E poi questa è terra di laude nostrane
non serve la guerra ma preci leucane

e qui di preghiere ne volano tante
svolazzan bandiere di santi e di sante.

E quando la sera s'arrossa il tramonto
(che ad altra riviera non ha mai confronto),

ritorna al suo nido e spera il futuro
per questo pio lido sia in pace e sicuro.

Poesia in versi alessandrini composta da doppi senari con rima interna ed esterna alla maniera di Guido Gozzano. Anche se sembra una poesia qualsiasi, invece, ad una attenta lettura, contiene alcuni esercizi di composizione che ai più sfuggono.

Un vento di grecale

Incontrarsi e ritrovar l'affetto
a cui più non badavi ed era assente
perchè delusa e non vedevi niente
pensando solo d'essere un oggetto.

Poi risentir sui seni il suo tocchetto
avvertire una carezza dolcemente
la passione svegliarsi nella mente
sentir come una vampa dentro il petto.

E domandarsi cosa voglia dire
quella stretta di mano che accarezza
cercare inutilmente di capire

se è vento di grecale oppure brezza
ch'ogni pena dal cuor può far svanire
e risvegliare un po' di tenerezza.

Mezzo reggino e mezzo salentino
Ho dentro le mie vene
monti e piano:
di madre son reggino
di padre salentino.
Mare e montagna convivono felici,
son complemento a pecore ed alici.
Ma quando arrivo nel Salento
a cercare vo' il sole, il mare e il vento
a Leuca mi affaccio per guardare
il sole e il mare vedo,
dal vento mi lascio accarezzare.
Quest'anno anche la neve qui è arrivata
ma anche Pentimele era imbiancata.
Una sorte che mi segue da vicino
e, poi. mi sembra giusta:
mezzo sono reggino,
mezzo salentino!

Musica salentina


La foto è tratta dalla pagina del gruppo FB "Fra le scrasce"!

I lirici greci
aleggian tra queste antiche case
dove l'odor di terra si diffonde
il vento lo disperde e il sole
col suo calor lo fonde.

E suona il mare
il gorgoglio dell'onde
tra le grotte di Ristola ristagna
e l'armonia si espande
volan le note,
un'arpa gorgheggia e in lontananza
una sirena canta e danza.

Danza anche il sole,
scivola sull'onde
nuove armonie disegna luccicanti
l'occhio si sperde sulla falesia antica
tra capperi alle rocce abbarbicate
e scrasce aggrovigliate.

A Silvana Francone amica de "Fra le scrasce" su FB che me l'ha suggerita!

Rovine a Leuca

Quella striscia lucente che m'abbaglia
che sul mare di Leuca scintilla
scivola sopra il mare e i raggi scaglia
sul porto e sopra qualche antica villa.

Accarezza le pietre e la boscaglia
sull'onde scure pigramente oscilla
spezza i suoi raggi sopra una muraglia
che tristemente alla marina brilla.

E ricorda un'opera indecente
che offende questo luccicante mare
umilia l'impotenza della gente

che assiste senza ancora protestare
contro un potere sciocco e prepotente
che solo sa rovine seminare.

Il lacchè



Il lacché chissà chi è
del per come e del perché,
tutti dicono dov'è
ma si sa è intorno a te.

Il lacché chissà perché
non sa dire solo “che”,
lui abbonda di “benché”
disquisisce e dice: “se”!

Il lacché sta intorno a te
mai non parla con il “me”,
dice: “noi” anche se c'é
solo lui insieme a te.

Il lacché ma chi mai è,
è nel gregge e fa: “mbe mbe”
ma sa dir anche: “altro che”
qualche volta anche: “sicché”.

Il lacché si fa anche in tre
se il suo capo dice:”veh”?
Lui scompare eppure c'è
ma lo vedi solo te.

Il lacché può dire: “me”,
se lo dice sa il perché,
forse non sarà più re
chi lui onora più di te.

Beccheggio a Leuca

Mi mancherà dell'onda il suo respiro
le case bianche in fila lungo il mare
il sole rosso che la sera ammiro
che cielo e nubi gioca a colorare.

Mi mancherà la fresca aria che inspiro
la brezza che mi fa aquilonare
l'onda sulla falesia e il suo ritiro
le barche lungo il porto beccheggiare.

Ma non ti sentirò nel mio pensiero,
maledirò quel dì che t'ho abbracciata
cancellerò quel sogno menzognero

d'una brocca di sogni ormai svuotata,
d'un desiderio laido e insincero
che alimentò una foga avvinazzata.

Vento di tramontana

Questa sera lo so, si sente il freddo,
un vento diaccio vien da tramontana,
i capelli scompone, ed allontana
quell'affetto che dentro il mar disperdo.

Ed anche l'entusiasmo ormai raffreddo
s'è spento tutto come una buriana,
era l'affetto amor di cortigiana
ma niente hai guadagnato, io nulla perdo.

Forse qualcosa ho perso e inutilmente
cerco di riparare come posso
ma intanto fuori sei dalla mia mente

tutta la storia è stata un paradosso
con qualche stravaganza e un po' indecente
ma in mano t'è rimasto solo un osso.

Per evitare qualche frettolosa osservazione sulla non corrispondenza dei versi preciso che nelle due quartine del sonetto ho utilizzato delle "assonanze" per carenza di termini nel vocabolario italiano da poter far rimare. L'assonanza, infatti, è una forma imperfetta di rima che consiste nell'utilizzo di termini, in due o più versi, che hanno la caratteristica di possedere una parziale identità di suoni. Ne consegue una forma imperfetta di rima in cui le parole hanno le stesse vocali a partire da quella tonica sulla quale cade il penultimo accento dell'endecasillabo, mentre le consonanti sono diverse pur conservando un quasi identico suono.

Un verso



Un verso,
un verso riempie l'anima
tutte le ansie scioglie
parlare ti costringe con te stesso
misura in petto tutte le emozioni.

D'essere un po' diverso ti convince
ti commuove con qualche semplice parola
che in mente come vino fermenta
poi fuor dal cuore vola.

Una carezza alfine ti regala
come un gabbiano che sul mare plana
col suo frullare d'ala.

Un volto stanco



Se una lacrima oggi riga il volto,
scusami madre se un dì te l'ho nascosta,
scusa la mia arroganza,
a volte anche la mia prepotenza,
la presunzione di poter amare
senza l'amore vero dimostrare.

Ora che il tempo volge già al tramonto,
e insensibile il sole muore in mare,
oggi quel mio sorriso mi tormenta,
quell'abbraccio mi manca, e quel calore
più non accende il riso sul mio volto,
quel bene all'improvviso mi fu tolto.

E ti ricordo, su quel treno andare,
e quel saluto stanco al finestrino,
ti ricordo perché ho perduto il vero amore,
che non si compra con nessun quattrino,
e quel sorriso dolce di bambino.

A spasso tra gli ulivi
A spasso tra gli ulivi,
l'alba con il tramonto si confonde,
l'odore delle bacche
il verde e il rosso della terra fonde.

Ancora i rami sono scossi
il nero che colora dita e mani
l'odor dell'olio fresco
sulle friselle e i pomidori rossi.

L'origano che espande
un odore che stuzzica il palato
col basilico or or raccolto
ed un bicchiere nuovo di rosato.

E vola per la tacita campagna,
vola il cinguettar d'un cardellino
e ad esso stanco s'accompagna
un colore di capelli cinerino.

Quando soffia il vento



Quando soffia lo scirocco
ricordo il caldo che m'avevi dato
anche la mia semplicità nel constatare
d'esser stato un dì forse un po' sciocco.

Quando soffia il maestrale
avverto in cuore l'ansia ed il tormento
e tra i capelli una carezza stanca
rinnova un'emozione che fa male.

Quando soffia il libeccio
anch'io apatico mi fermo a ripensare
alle mollezze che m'hai regalato
al rancore che adesso in cuore sbreccio.

Quando soffia il grecale
sale un brivido e il rimpianto
d'aver creduto a tante inutili promesse
d'averti amato in modo irrazionale.

Quando soffia la tramontana
avverto un freddo gelido che sale,
la delusione che nel cuor ristagna
come un suono ovattato di campana.

Che ne sai tu
Che ne sai te dei miei silenzi,
delle parole che oramai son spente
di quei lumini che frignano lenti
di quei pensieri persi per la mente.

Che ne sai tu delle mie notti insonni
a contare le poche stelle in cielo
tra le brume umidicce d'Appennino
tra le nebbie sfocate del mattino
in mezzo ai prati di brina biancheggianti,
fumosi come paglie quasi spente.

Che ne sai tu dell'albeggiare mattutino
del poco sole che accarezza appena
quei libri impolverati sulla stufa
quelle mie carte sparse alla rinfusa,
di quelle notti a scrivere dei versi
del chiarore che scende giù dall'abbaino
a dare luce ai miei pensieri persi.

Che ne sai tu dei miei dolor pungenti
del mio sorriso che la notte è spento,
tu vedi solo il sol che m'accarezza
che illumina il mio viso,
tu vedi solamente il mio sorriso
davanti a quel caffè che giro lento
ascolti il mio parlare un po' pungente
il mio incessante rimbrottare
per la stupidità di molta, troppa gente.

Ma che ne sai davvero del rimpianto
della mia inutilità del rampognare
per le parole perse a criticare
i panni altrui al sole ad asciugare
per il tempo consumato a non pensare
del tanto tempo perso a non amare
una persona sola che ti sta d'accanto.

Che ne sai te dei miei silenzi
delle parole che oramai son spente
di quei lumini che frignano lenti
di quei pensieri persi per la mente.

Due tortore


- La foto è di Anna Serrini

Due tortore su un cipresso ammalato,
prova vergogna ad esser scheletrito,
ché è spoglio invece d'essere inverdito
che del suo verde in cima s'è privato.

Due tortore l'inverno hanno sfidato
e se ne stanno in cima su quel dito
di ramo spoglio ormai mezzo insecchito
forse anche lor l'amore hanno provato.

E se ne stanno lì forse al sicuro
perché or le doppiette sono spente
giurandosi un affetto imperituro.

Ma qualche cacciatore impenitente
potrebbe ancor sparare dal tratturo
e spegnere siffatto amore ardente.

La chiesetta di Montalcinello



Quella chiesetta là, sotto il muretto,
che s'intravede dietro le mie spalle,
quella chiesetta muta senza un suono
un giorno ha rallegrato tanta gente.

Gente d'altri tempi e di altre condizioni,
gente modesta e buona,
forse senza ambizioni,
gente che amor giurava
e per la vita unita poi restava.

Ed affrontava tempi molto duri
con fratello che sparava al suo fratello
tempi senza motori
magari sol col mulo o l'asinello.

E la vita correva
e la campana rilasciava un suono a sera,
a mezzodì e al mattino,
suonava sia in inverno e a primavera
con l'erba verde e il sole dell'estate,
con la neve che imbiancava il borgo.

E li vedo quei giovani felici,
li vedo nel viso di una donna adulta
che m'abbraccia su un muro rinnovato
e mi dice:” La vedi Armando?
In quella chiesa oggi muta e silente
mio padre con mia madre s'è sposato”.

Il focarile


La foto è di Giuseppe Romano di Montalcinello

Nel buio della stanza
riverberi rossastri
il ciocco si consuma,
il suo calore
vermigli rende i volti
le palpebre socchiude.

Sferruzza,
quei capelli bianchi inargentati
scintillano quando la brace è rigirata,
il gomitolo s'accorcia,
il maglione compone,
vola la narrazione
maghi ed orchi nel buio della stanza
ondeggiano sui muri,
ancestrali paure e sicurezze,
carezze,
altri mondi scomparsi in stanze silenziose
senza televisori
senza bagliori
di PC ondeggianti o di tablet.

E l'allegria volava
anche il pianto improvviso
e il riso
ch'oggi ricerco e più non trovo
in questi volti assenti
di ragazzi scontenti
a cui sembra che manchi tutto
ed hanno più di quel che serve.

Il forgiatore
Nel silenzio di questa stanza
abbracciato dal silenzio del Borgo
neppure i grilli sento frinire
nessun alito di vento
neppure volo notturno di civette.

Bussa il mio cuore:
i palpiti come mantice antiquato
l'incertezza del sonno
i pensieri che viaggiano a ritroso;
e questa cervicale
che paure ancestrali solleva
un mondo che gira
la stanza mia volare.

E corro,
corro al mattino che non vedo
domande mi pongo sul domani
incerto il mio risveglio,
incerto quello del mondo,
incerto quello delle genti.

Poi neppure un tocco di campane
e il giorno nuovo che s'affaccia
dal lucernario della porta
e non v'è neppure un volo di rondoni.

Dolce e schietto
Dolce e schietto è il tuo sorriso,
lucenti anche i tuoi occhi
e quando ridi ti risplende in viso
come una luce tiepida che brilla
e ogni altra luce risplendente blocchi.

Sono quattro versi i miei,
non dicon nulla,
ma tante volte le tenere parole
colpiscono un cuor che triste batte,
ben altre cose il sentimento vuole
per altre gioie l'animo combatte.

A volte basta una parola delicata,
altre una carezza,
altre volte ci va delicatezza
per far gioir la mente dell'amata,
altre basta un fior di prato,
un semplice fiore che spunta tra le pietre,
non serve sia neppure profumato.

Ma se di color rosso risplende,
trasmette l'emozione dello slancio,
non serve un fiore raro, ricercato;
se è dipinto di giallo,
come il sole alto all'orizzonte,
allora anche il cuor tuo s'accende
non si raffredda neppure se lo spruzzi
con acqua pura e diaccia d'una fonte.

Canne al vento



Canna al vento è questo affetto mio
che ondeggia, si piega e non si spezza,
dentro al mio cuore s'agita e patisce
dentro il mio petto cresce e non finisce.

Ma a chi lo dono non lo sa gestire
ci inzuppa appena due scarne parole
m'illude, dice:“Aspetta che il mio affetto
tu lo vedrai fiorire”, ed io aspetto.

Ma le giornate sono lunghe e brevi
il sole filtra dalla mia finestra
illumina e colora la mia stanza
ma nel mio cuore è morta la speranza.

E il tempo passa, lo specchio mi regala
qualche capello in meno e più imbiancato
qualche acciacco poi ogni dì s'affaccia
qualche macchia colora la mia faccia.

Ma dentro me fermenta ancor la vita
me ne resto a guardare mesto il mare
in questo estremo lembo di un'Italia
che il cuore mio affascina ed ammalia.

E sventola su questo estremo lembo
di terra, ch'è abbracciato da due mari,
sventola impetuosa una bandiera
come una canna al vento, ed è già sera.

La noia



La noia quando t'assale non ti molla
alla sedia ti attacca come colla
silente poltrisce e non si sbolla
sempre resta affamata, mai è satolla.

E ti senti come un pappamolla
che per pigrizia manco il cibo ingolla
resti annoiato e tra un tira e molla
borbotti come fonte alla sua polla.

Ondeggi come un fior senza corolla
che penzola insecchito da un'ampolla,
lacrimi come colui che tra una zolla
con la zappa ha tagliato una cipolla.

L'amicizia
(A Carmela)

L'amica non lo trovi su in soffitta
non la trovi trai i libri sui scaffali
non la puoi cercar dove si “affitta”
neppure nei mercati rionali.

S'è assente ti genera una fitta
perché più non ti parla sui portali,
a volte ti consiglia con una scritta
per te farebbe cose eccezionali.

Si oscurerebbe per un po' di tempo
se si convince che la sua presenza
potrebbe generarti un contrattempo.

Ma spesso poi fa male quell'assenza,
che lascia in cielo nuvole e maltempo,
sensi di colpa nella tua coscienza.

Lo stupore
Come una fiaba ritornar bambino
dentro scoprire le cose del passato
osservare con l'occhio un po' incantato
stupirsi per il fuoco d'un cerino.

E raccogliere un fiore, un gelsomino,
assaggiarlo con vezzo disgustato,
al primo sol restar meravigliato
distinguere la notte dal mattino.

Poter piangere senza mai capire
qual è la pena che ci affligge il cuore,
il cinguettar dei passeri avvertire

lo sparo non capir del cacciatore,
e non provare ancor cos'è il soffrire
che affligge l'uomo adulto senza amore.

Un fiore di ragazza



Un fiore di ragazza lei sembrava
con i colori vivi e profumati
sui prati insieme all'erba lei svettava
dal venticello estivo accarezzati.

L'orco era racchiuso nel suo cuore
lo immaginava e poi lo costruiva,
l'orco non era chi le dava amore,
chi di passione e gioia la nutriva.

Ed era la passione un animale,
lievitava silente come il pane
fu un impulso soltanto irrazionale
che scatenò le voglie dannunziane.

Ma come tutte le fiumare in piena,
finita la burrasca dentro il petto
s'affievolisce il canto di sirena
e resta solo il nostro agir scorretto.

Distrazione
Quando ci si distrae e non si ama
difficile è capir le pene altrui
il vento soffia ed è di tramontana
e i vicoli del cuor restano bui.

Per conquistar l'amor spesso si trama
e non si sta a guardare il come e il cui
perché l'amor in cuor suscita brama
ed a soffrire infin resta colui

che sa unir l'affetto alla passione.
Quando non si ama non si può capire
in testa c'è del vuoto e distrazione.

Chi ama sa capir l'altrui soffrire,
prova per chi è inerte compassione,
questi non si potrà mai infervorire.

Tra le morte radici
Tra le morte radici smuove il vento
le foglie che l'autunno ha accartocciate
al loro scorrazzar non m'addormento
in pace non trascorro le nottate.

E mentre ascolto il loro scorrimento,
per l'erte strade e per le scalinate,
scende pesante in cuor lo scoramento
per le tante emozioni inconfessate.

Sull'ali del pensiero vo' lontano
ricordo quel sorriso e, sul mio volto,
quel lieve scivolar della sua mano,

l'abbraccio con il qual m'aveva accolto.
Per me fu come un soffio d'uragano
e sol rovine in cuore ha poi sepolto.

L'amica fedele
Perché te ne stai lì, fuor dall'ingresso?
Perché non entri amica mia fedele?
Ti sento: sei appoggiata alla mia porta,
avverto il frigolar stanco dell'ossa,
della falce che scivola sul muro,
ti sento ed il mio cuore è scuro scuro
ma resti indifferente,
la porta non vuoi aprire, no, non entri.

Stai lì come in attesa del martirio,
non vuoi essere tu ad annunciarti
lasci a me l'incombenza della scelta,
tu aspetti, non hai fretta,
indifferente a tanta sofferenza.

Tu lo sai bene ed anche io l'intendo
delle genti sei ultima compagna,
cerchi di coprir l'ossa esposte nel mantello,
a volte è rosso, a volte nero intenso,
tu non abbracci, a volte resti indietro,
spesso te ne stai discosta e avanti
come una guida che l'anima accompagna.

Ho già guardato il fiume che scorreva
irruento e torbido tra i ponti,
ho guardato il mar che s'agitava,
e la scarpata sotto la montagna,
ho fissato l'abisso sotto i ponti
ma qualcuno dalla cintura mi teneva,
l'istinto dal saltar mi tratteneva.

Fallo tu, ti prego, indugi troppo
apri quella porta che ho lasciata aperta
il fardello dei miei stracci afferra
portami via con te, ma fallo in fretta.

Taranta


- La foto pasterizzata è di Adele Sergi, danzatrice Salentina di Pizzica

Lu suli, lu mari, lu jentu
i suoni della mia terra abbandonata
di quella che poco ho conosciuta
che ho nel cuore come un cancro antico
dal quale non si vuol guarire
che farmaco non cerco
perché con esso voglio vivere e morire.
Terra di sogni antichi
quel rosso come il sangue che ho nel cuore
che s'allarga su campi di tabacco
d'angurie e di meloni
terra di cui conservo ancor l'odore
sole cocente che spacca le zolle,
campi senz'acqua baciati dalla brina
cisterne antiche, cigolii di secchi,
aria lucente nell'alba cristallina.
E quella musica che tutto mi pervade,
ancestrali richiami a notte di civette
voli radenti,
frullar d'ali nel buio intermittenti,
fischi di ciole, armonie di cardellini,
e litanie eterne di cicale.
E questo scendere e salire nei ricordi
questo arrampicarsi su per scale
su alberi di fichi profumati
tra foglie appiccicose
che sulla pelle lasciano il bruciore
le tracce d'un mondo antico al quale non rinuncio
che il cuore mi tormenta, mi martella
che sembra un lugubre suonare di campana
d'un mondo che mi chiama
quasi il presagio di un nefando annuncio.

Quando il pensiero
Quando il pensiero corre a briglia sciolte
e la felicità fermenta in mente
le stelle anche di giorno non son spente
in petto il cuor fa mille giravolte.

Le cose brutte ad altre spiagge hai volte
degusti un buon bicchiere trasparente
di rosso salentino e allegramente
tutte le pene in mare son sepolte.

Le molte incomprensioni son chiarite
il cuore è sgombro come un cielo terso
corri su un prato tra le margherite.

Il sol scintilla in mezzo all'universo
le rose rosse le ha ricolorite
ed al mio cuore ispira un nuovo verso.

Rottami



Accartocciato,
arrugginito,
piegato,
ormai inutilizzato,
burattino da baraccone,
pagliaccio da circo rionale,
fuori dal tendone,
sul verde dell'orto.

Come un Cristo
in croce,
piagato,
crocefisso,
col costato sanguinante,
senza speranza,
senza più futuro,
morto.

Fuso,
lava infuocata,
la speranza che non muore,
laminato,
ancora nuovo e forgiato,
di nuovo risorto.

Il muro



Sono impotente e fermo sotto un muro,
parole ho scritto dentro l'acqua, perse,
l'onda incruenta le ha tutte sommerse,
dalla spiaggia le ha tolte la risacca.

Parlavo al vento di un tormento in cuore,
ma lui ruggendo del tutto mi ha ignorato
soltanto il sole la pelle mi ha sfiorato
ma il suo calor la pena non m'ha sciolto.

Resto impotente sotto questo muro
cerco un appiglio per salire a monte
il sole batte inutilmente in fronte
il mare non m'afferra e spinge in alto.

Neppure il vento sa portarmi in cielo
ed io rimango tristemente in terra
neppure lei m'aiuta, non m'afferra,
a tanto affetto sta lontana e assente.

E provo come un senso di impotenza
di fronte all'abulia, all'indifferenza,

ma il sentimento mai è germogliato
se un terreno non è ben concimato

nè l'albero potrà mai dare frutto
se lo pianti al sole ed è all'asciutto

e se nel cuor non v'è fertilità
non serve amore, nulla sboccerà.

Dove sarai
Chissà dove sarai, ma dove sei?
Sarò vicino a te e tu lo sai
al volo dei gabbiani mi accompagnerò,
con l'onda pigra sulla spiaggia io ti parlerò,
di me tu sentirai la voce pura
sbattere con il mar sulla scogliera,
poi ti accarezzerò la pelle scura
su quella spiaggia dove giaci al sole.
Al cielo io leverò una preghiera
ringrazierò per tanto amore in cuore,
confonderò col sole il mio calore
la pelle lieve t'accarezzerò.
La crema sulla pelle spalmerò,
gli occhi socchiuderai teneramente,
un brivido il tuo corpo assalirà,
un tremito ti colpirà la mente
vicino a te, lo so, non ci sarò,
ma tu mi sentirai con te ugualmente.
Canticchierò in sordina una canzone,
un motivetto di Mino Reitano
mentre con te starò mano con mano,
un bacio poserò sulla tua pelle.
Poi m'addormenterò sopra una duna
baciato dal chiarore della luna
tra un luccichio lontano di fiammelle
con cielo illuminato dalle stelle.

Verrà il giorno verrà



Verrà il giorno verrà, questo lo so,
quando la sera busserà alla porta,
quando nel cielo apparirà una stella,
quando nel cuore scende lo sconforto.

Verrà, poi la tristezza, oh si, verrà
ed i ricordi torneranno a frotte
come le mareggiate sulle rocce
defluiranno dal tuo cuor dolente.

Indietro correrai con il pensiero
inseguendo un amore che s'è perso
una parola dolce che 'hai ascoltato
un affetto che l'animo ha addolcito.

Ricorderai un amore che è finito
che tante sofferenze ha causato,
ricorderai una lacrima versata
che tante volte tenera hai asciugato.

Di quell'amor non rimarrà più traccia
forse solo un ricordo nel pensiero
che a tante pene oggi ti riaffaccia
e un corpo assente là nel cimitero.

Gioia
Già s'è affacciata al mondo e non lo sa,
che tanti oggi la stanno ad osservare
che pensano alla vita che germoglia,
che pensano alla vita che tramonta.

Mentre occhi nuovi si aprono sul mondo
altri si spengono pian piano,
si spera in una vita che sia in pace,
si spera in un futuro che dia pace.

E vedo due soli che girano nel cielo,
uno è come l'alba velato di speranza
l'altro è come un tramonto che scolora
che all'orizzonte scende e un po' dispera.

Ma spero di vederla camminare,
di sentire il suon della sua voce,
che la mia vita duri ancora un poco,
spero di vederla sorridere serena.

E' un sogno che vorremmo che durasse,
ma la vita purtroppo fa il suo corso
per lei vorrei che dolce sia il cammino
per me che sia serena la mia fine.

Ma adesso penso a lei, ed è mattino,
veglio e scrivo per lei questi miei versi
spero che il suo futuro sia felice
ricco di tanti beni e giorni tersi.

Salendo al Vereto
Quel viso suo abbuiato più non scordo
quel suo sproloquio inaspettato e folle
vivo dentro il cervello ancor ribolle
insieme al vaneggiare dì un balordo.

E mi tormenta mentre salgo il colle
ch'è sempre vivo e caro nel ricordo
che ancor risplende tra le rosse zolle
confuso a questo suo rancore sordo.

Stanco e silente il borgo si distende
biancheggia tra le luci appena accese
anche un lumino tra gli ulivi splende.

Mi ricorda quel suo parlar cortese
i tanti affetti e poi le reprimende,
le sue promesse falsamente spese.

L'amore (Citazioni) – Dragoste



Anche se negli altri non c'è amore
tu ama.
Non ti stancare mai di far parlare il cuore
continua ad amare.
Se gli altri ti offendono ingiustamente
mantieni la tua serenità.
Se fraintendono le tue parole
non ti alterare: rispondi con una carezza.
Se ti umiliano senza ragione
non sei te che devi vergognarti.
Se ti voltano le spalle
guarda il sole: illumina anche loro.
Se gli altri seminano il rancore
tu continua a seminare l'amore.

L'amore (Citazioni) – Dragoste
(Traducere Maria Trif Deac)

Chiar dacă unele persoane nu-ţi răspund cu iubire,
tu, iubeşte!
Dacă cineva te răneşte tu menţine-ţi sufletul senin!
Dacă răstălmăcesc voit vorbele tale
nu te tulbura:răspunde cu o mângâiere!
Dacă te umilesc înadins nu eşti tu
cel ce trebuie să te ruşinezi
Dacă îţi vor întoarce spatele
priveşte soarele:îi încălzeşte şi pe ei!
Dacă alţii vor semăna ură
tu continuă a semăna iubire!!

L'amore (Citazioni) – Dragoste
(Traducere Nikol Popescu)

Chiar daca ceilalti nu te iubesc,
tu iubeste.
Sa nu obosesti deloc facandu-ti inima
sa vorbeasca despre iubire.
Daca altii te ranesc injust,
tu mentina-ti seninatatea .
Daca-í inteleg gresit cuvintele,
nu te necaji, raspunde cu o mangaiere.
Daca te umilesc fara motiv,
nu trebuie sa te rusinezi tu.
Daca-ti se intoarce spatele,
priveste soarele ce te lumineaza.
Daca altii seamana rautate,
tu continua sa semeni iubire.


Recondite armonie
(Dedicata a Greta Cipriani)



Recondite armonie sfuman dai tasti
pure le note volano nell'aria
come la creta tu componi e impasti
una musica a volte leggendaria.

Un do-re-mi-sol-la spesso rimpasti
l'alterni ad una rima letteraria
non so se son per me quei versi casti
ma allietano la vita mia precaria.

E mentre leggo, la musica io ascolto,
che s'alza lieve da quel pianoforte,
gli occhi socchiudo anch'io, guardo il tuo volto

e in mente serro come in cassaforte
musica e rime, che mi han coinvolto,
c'hanno addolcito il cuore e mai son morte.

La quercia


La foto è di Chittani Lino

Quercia, amica mia possente,
che m'accompagni da quand'ero infante,
che sui tuoi rami ognor m'hai coccolato
nidi di cardellini e capinere
fra le tue fronde hai sempre rifugiato.
All'ombra tua più volte ho riparato
a vergar versi e teneri pensieri
quando l'amor la mente mi addolciva
quando gli affetti erano sinceri.

Coprimi l'ansia che mi preme in petto,
quercia lontana, mia fedele amica,
suscita dentro il cuor l'antico affetto,
discorri tra il frusciare delle foglie,
tra i silenzi che s'alternano incostanti
al chiacchierio dei merli,
allo strisciar delle lucertole nei fossi,
al frinir delle cicale sui tuoi rami,
a tutti quei richiami
che nel silenzio s'alzan dai casali
insieme a un agitar chiassoso d'ali,
alle paure ataviche e ancestrali.

Quercia, unica amica vera,
regalami l'antica tua frescura,
stammi vicino che vedo già l'autunno,
la fronte asciuga che il sudore imperla,
toglimi l'ansia, il senso dell'arsura,
donami quella felicità che avevo e ho persa,
che io ricerco in modo innaturale
tra beni che son mutevoli e precari.

Abbracciami di nuovo tra i tuoi rami,
per un istante fammi ritrovare
quel bambino che inseguiva i sogni
che oggi son lontani ed irreali
sommersi tra nuovi e inutili bisogni,
cullami come allor non mi svegliare
per sempre tra i tuoi rami
lasciami sereno addormentare.

Una vecchia fotografia



Soltanto tu non muori,
vecchia foto che ancora sfidi il tempo,
un po' di ruggine i bordi tuoi colora
ma nitide e chiare restano le immagini,
limpide nei loro chiaro scuri
il nero e il bianco rincorrono costanti.

Attente le persone, che guardano l'autore
che ordini impartisce
pronto allo scatto dell'otturatore.
Vedo che sforzano un sorriso,
che al volto dia colore,
per trasmettere un particolare,
quell'attimo fuggente
sul quale in futuro l'occhio indagherà
per cogliere la foggia dei vestiti,
il taglio dei capelli,
lo sfondo che sembrava più appropriato
a qualcosa di caro, d'unico, di singolare
che si voleva per sempre immortalare.

In evidenza si pone quel che s'indossava,
al mercato allora non comprato:
un vestito, un abito, un cappotto,
che dopo tanti giorni era prodotto
da un artigiano che lo metteva in forma,
prove noiose, cucito e poi scucito,
un filo di cavallo poi attutito,
con una imbottitura anche addolcito.

Ed or rileggo quel mio sguardo assente
che indagava il mondo che osservavo,
mi chiedo del pensar della mia mente,
se un poco di paura allor provavo
per l'incerto futuro di quegli anni,
della fame che s'annunciava in terra,
non pensando al Duce e a suoi malanni
e al dramma della morte e della guerra.

Solarità
Ci sono volti che non puoi scordare
visi sereni che ispirano dei versi
ci sono occhi che in noi sanno scavare
sguardi infiniti come cieli tersi.

Ci son profili che aprono universi
sorrisi che sanno in cuor svegliare
gli affetti che per strada si son persi
che danno tanta gioia a sol guardare.

In questo strano mondo ch'è il virtuale
è facile che qualcuno si confonda
anche l'adulto diventa un po' banale,

forse qualche parola invereconda
dal cuore gli sfugge ma non è per male
e il mar poi la trasporta come un'onda.

- Sonetto classico

Quando l'amore
Quando l'amore a vuoto bussa al cuore
è inutile scuotere il batacchio
se a chi verseggi non prova sentore
rischi di fare solo un pataracchio.

Infatti non puoi donare un fiore
quando vedi che se ne va a bozzacchio
conviene allor smorzare tanto ardore
perché stai regalando solo inguacchio.

L'amore è bello se da gioia in testa,
è inutile suonar “Gesù è risorto”
se alla fune a tirar sol uno resta

perché si passa alfin da beccamorto.
Poi pensi di suonar campane a festa
invece stai suonando quelle a morto.

L'amicizia
(A Carmela)

Sei soltanto una mia cara amica,
solo da pochi giorni conosciuta,
ma già m'hai dimostrato quanto vale
un'amicizia quando è cerebrale.

In queste ore che son tanto buie
non sei scappata via,
anzi ti sei affacciata premurosa,
hai letto i miei pensieri
hai visto che ho una spina tra le dita
ti sei fermata, via non sei fuggita.

E una parola dolce mi hai rivolto,
m'hai consolato come vera amica
hai condiviso quello che provavi
m'hai fatto capire che davvero
il tuo affetto senz'altro era sincero.

E come si fa tra veri amici
m'hai consigliato, ti sei preoccupata,
di non trascurare i miei doveri,
di riguardarmi senza più pensare
chi tante premure poteva per nulla meritare.

Un sorriso con una faccina mi hai mandato
tanta semplicità mi ha un po' colpito
in fondo quella spina dentro il dito
solo con quel sorriso m'hai levato.

Alba salentina



E l'alba che arriva ed arranca
tra cirri e nuvole in corsa
la costa risveglia e già sbianca.

Ed anche gli ulivi già imbianca
le cime riveste d'argento
radure e cespugli rinfranca.

Il sole la notte già sfianca
leggero disegna le dune
colori ed ombre ora affianca,

da luce a una nuvola stanca
che gioca col nero e col bianco
la notte di giorno rimbianca.

Eppure qualcosa ancor manca
tra rocce e falesie arrossate
la schiuma di un'onda che sbanca.

Poi l'anima e il cuore si affranca
riempio di brina un bicchiere
la gusto seduto a una panca.

Argenteo cielo salentino
Sull'onde inargentate dalla luna
si sperde il mio pensiero, va volando
ancora scrivo gli ultimi miei versi
a chi più non mi pensa e sto pensando.

La luce espande un flebile chiarore,
l'ombra che l'accompagna è sinfonia
suscita dentro ancor residuo ardore
ma spesso è sinfonia che il cuore rode.

Ma è riposante quella pennellata
che dalla spiaggia arriva all'orizzonte
sembra rimargini l'anima piagata
da un amore sull'onda galleggiante

per un amor che resta muto, in ombra,
ma illude e in fondo genera speranza
pennella di chiaror anche la mente
che su l'onde lucenti lenta danza.

È tempo ch'io vada



È tempo ch'io vada
è tempo ch'io veda
è tempo ch'io pensi
all'ultima sera.

I giorni miei persi
i giorni miei andati
li passo in rassegna
e arriva la sera.

Il cuore balbetta
come un merlo spaurito
che sbatte il suo becco
perché si fa sera.

Or l'ombra s'allunga
e il cielo s'imbruna,
ma spunta la luna
e accende la sera.

Mi leggo nel cuore
forse è solo paura
e l'ansia m'assale
m'abbraccia la sera

Mi parla di morte,
rivisita i morti
accende i lumini
risplende la sera.

E sento un bisbiglio
son tanti bisbigli
li ascolto confusi
sul far della sera.

I giorni miei persi
i giorni miei andati
li passo in rassegna
e scende la sera.

E' tempo ch'io vada
è tempo ch'io veda
è tempo ch'io pensi
all'ultima sera.

Tracce d'estate


- La foto è di Daniela De Vitis

Tracce d'estate senza alcun vigore
tra gli ombrelloni il sole è risplendente
deserte son le sdraio stranamente
tace ogni voce non c'è alcun clamore.

E v'è il deserto anche in questo cuore
che non gli importa se non c'è più gente
se ne sta chiuso colmo di rancore,
d'aver amato a vuoto ne è cosciente.

L'amore non è merce da esportare
non si trova al mercato in bancarella,
a pagamento non si può trovare.

Quello che trovi è forse pimpinella,
che coi quattrini la si può comprare,
non trovi certo l'anima gemella.

Certo coi soldi si può mercanteggiare
anche l'amore, e si può consumare,

ma senza dare affetto o sentimento,
rimane solo un freddo accoppiamento,

solo pulsioni che soddisfa i sensi
pagati sol con doni o con compensi

che fan restare infine arsura in bocca
come a chi ha sete e non ha acqua in brocca.

- Sonetto ritornellato doppio

Ricordando Rosa Maria
Ancor d'amore stasera t'ho parlato
mentre il torpore già abbracciava il cielo,
nuvole finte scorrevano sul mare
montagne l'effetto faceva immaginare.

E t'ho chiesto dei nostri giorni andati,
t'ho domandato se mai m'avessi amato,
se l'amore carnale che m'hai esposto
amor celava e nulla m'hai risposto.

M'hai detto del bene che provavi,
della speranza d'un futuro insieme,
“Amore nel tuo cuore hai mai provato?”
Amor t'ho chiesto se a qualcuno hai dato.

“Forse ho voluto bene”, m'hai risposto;
“a te di certo tanto ne ho donato”.
“Ma io non me ne sono affatto accorto
solo per rabbia poi ti feci un torto”.

“Ma sono ancora qui a parlarti”,
commosso con un fil corto di voce
le ho ripetuto, mentre dentro il cuore
sentivo lieto e lieve un batticuore.

“Ora non penso a quello che ho provato,
neppure cerco di riaccendere la fiamma
ora ho bisogno solo di star bene,
non posso accumulare nuove pene”.

Il sole era ormai solo un ricordo,
dietro nuvole nere era calato
l'ombra con tante luci si fondeva
la voce tua coi grilli si spegneva.

Sapevo che le reti dentro il mare
solo alghe ed acqua potevano pescare,
sapevo che quel che in animo provavo
mai tu l'hai provato e solo io lo davo.

Tramontana a Punta Ristola
Gelido filtra il vento
dal finestrino aperto soffia e mi tormenta
nuvole nere vedo in cielo
del sole non c'è traccia
in questo giorno nato quasi spento.

L'azzurro che addolciva i giorni andati
il mare oggi più non colora:
nero e bianco si alternano rabbiosi
disegnano un'aurora che è un tramonto.

E guardo due gabbiani svolazzare
in cerca d'un approdo più sicuro
perché oggi non solo il tempo
ma anche l'animo mio è triste e scuro.

In cielo vedo un falchetto roteare,
già anche ieri l'altro veleggiava
dalle correnti si facea cullare
ma immobile nel cielo mi sembrava.

Il mare osservo dal solito muretto,
fisso l'erba che ormai tutta è insecchita,
adesso di giallo si è coperta,
il verde di settembre
in mezzo alla falesia ha abbandonato,
ora s'agita al vento,
come sempre la piega
ma lei ci scherza e senza fretta,
poi dritta si erge e divertita svetta.

E penso a questa vita,
a questo luogo che sempre m'è caro,
dove finisce lo Stivale,
dove due mari si abbracciano confusi
per separarsi e unirsi,
mentre incostante disegna la corrente
un confine che non si può ignorare
perché si vede sull'acqua galleggiare.

Lo sguardo spingo in fondo,
anch'io m'inabisso dentro quest'acque amiche:
le urla ancor mi sembra d'ascoltare
dal Pietro Micca
dormiente in fondo a questo mare
con tante vite stanche di sperare.

Impotente e disperato a lor mi unisco,
accorato ascolto ancora il pianto,
gli occhi chiudo un momento
e me li sento accanto.

Il giorno dei Morti



Linfa rinascerò per piante e l'erba,
la mia cenere al vento spargerete
nella terrà che fu dei nostri padri
affinché nuovamente io rinasca
e sia da nutrimento a vita nuova.

Spargerete la mia cenere nel mare
dove son nato e dove son cresciuto
spargetela così dove ho anche amato
che io galleggi sul mare e mi confonda
con i sassi dove dolce muore l'onda.

E non pensate che io non sia esistito,
non crediate che io un dì sia morto
io sarò qui davanti a voi, credete,
dalla cenere ancor sarò risorto.

Immunizzato



Ora nulla può farmi più paura,
l'ortica nel giardino più non punge,
i suoi urticanti sono inoffensivi
neppure più le spine dei roveti
forano le mie nude mani bianche,
alle punture resto indifferente.

Anche al dolore sono insofferente
a tutto c'è un rimedio se lo cerchi
un antidoto si troverà alla delusione,
ed alla fine è facile capire
che c'è un rimedio anche pel soffrire,
o contro il morso di un piccolo serpente.

Non mi importa se dopo resto assente
ai richiami del cuore e dell'affetto
non mi interessa se frigido divento,
se del dolore altrui non provo niente
l'amor nel mondo ormai s'è prosciugato
arido e vuoto è ogni essere vivente.

E se il dolore in petto è inesistente,
se l'amore s'è disperso al vento,
o con l'acqua si è disciolto in mare,
manco una salsa traccia resistente
al sol sulla scogliera può brillare
perché nel cuore più non è presente.

La delusione
(A Liana)

M'hai scritto cento volte del tuo affetto,
l'hai infarcito spesso con insulti
sapessi quante volte ci ho pensato
sapessi quante volte ti ho capito.

E' duro per il cuore d'accettare
quando una porta non si vuole aprire
ma tutti stancamente a quella porta
sempre bussiamo ripetutamente.

Poi d'un tratto t'arrendi, ci rinunci:
ad elemosinar un pane amaro
pesa la delusione e lo sconforto
pesa perché t'accorgi d'esser vinto.

Scatta allora nell'animo l'orgoglio,
non dici: ”no, rinuncio, l'uva è acerba”
t'accorgi di una stupida insistenza
che ha prodotto soltanto indifferenza.

E tutte le parole ben costruite
i tuoi versi infarciti di verzure
nel cuore han generato sol ferite
e nell'orgoglio pugnalate dure.

E allora dalla mente vinto espelli
quel bene imprigionato tra i cancelli.

Seduto su uno scoglio

Seduto su uno scoglio,
laggiù un giorno di dicembre soleggiato,
spruzzi salmastri uniti al vento
la pelle m'hanno accarezzato.
Soffiava il vento,
onde spumose sollevava
coprivano i pensieri,
laggiù a Punta Ristola
la scogliera imbiancava,
laggiù l'onda con me forse scherzava.

La Grotta del Diavolo copriva,
l'urlo del demone imprecava,
forte al cielo una bestemmia alzava
contro quel dio del mondo ingannatore,
urlava contro il proprio creatore.

E schiaffeggiava, il mare, la scogliera
l'onda davanti a me erta s'alzava
oh, dio, dio mio come impetuosa era,
di salso ricopriva la mia pelle
in bocca insaporiva i miei papilli
gli occhi bruciava,
mi riempiva i pori,
forte la tentazione di ricambiar l'abbraccio,
d'un sonno tra quei flutti ingannatori.

E l'onda mi sfiorò le braccia,
alta oltre la testa disegnò nel cielo
fantastici disegni,
e mi coprì la mente un bianco vel
mentre la vita accarezzava il sole
che s'affacciò alla grotta sorridente
la morte ne uscì di nuovo vinta,
per una volta ancora fu perdente.

L'ultimo rondone


L'ultimo rondone
non ha spiccato il volo,
il suo corpo giace di fronte alla cantina,
per morire ha scelto il buio di una stradina,
Via Vicolo Scuro, dove è raro il sole,
che poco splende e che non da chiarore.

Giace con l'ali a terra spalancate
che ha utilizzate per un breve volo,
dal nido fin davanti a una cantina
guardando questo incerto bigio cielo
che l'azzurro cancella stamattina.
Sembra inchiodato sulla strada in croce,
come Cristo piagato,
la testa di lato reclinata,
gli occhi lucenti,
la bocca spalancata,
quasi a cercar un volo a lui negato
su nel vasto cielo mai solcato.

Adesso i vicoli son deserti e muti,
senza più voli in ciel lesti e chiassosi,
sotto gli embrici, i nidi ora son vuoti,
e s'allontana l'ultimo rondone
che su nel cielo tacito aspettava
l'ultimo nato che ancora ritardava.

Ormai lassù nel ciel né squitta e vola,
in croce sul cemento resta a terra
in questa erta stradina scura e sola
dove l'anima sua confusa erra.

- Il rondone è morto 4-5 giorni indietro, prima che gli altri spiccassero il volo per nuovi lidi.

Glicini


Glicini a muri decrepiti abbracciati
sinfonie di colori su pietre usurate
pennellate di luce ad abbellire
vicoli antichi ed erte gradinate.

Balconi senza panni stesi al vento,
finestre traballanti e sgangherate
con vetri rotti senza inferriate
odore di muffe antiche, di camini.

Mentre io cerco qualche traccia antica,
un monile, un quaderno, quattro versi
una panca consunta e impolverata,
un treppiedi, una cucina ormai smurata.

Un po' di carbonella, qualche traccia
di una vita che ormai giace silente
in qualche cimitero senza un fiore
con un lumino che appena dà chiarore.

Ed il silenzio muto m'accompagna
mentre sul muro v'è una salamandra:
se ne sta ferma con la pelle scura,
con le zampe allargate fa paura.

Ma ascolto un cinguettio di passerotti
che animano quel vicolo silente,
volteggiano soltanto i miei ricordi
in questo mondo antico decadente.
 

Non scrivo più per te



Non scrivo più per te,
scrivo per me,
scrivo perché
nel cuore mio la luce è spenta,
amore più non c'è.

Finanche mi vergogno
d'aver donato amore a chi
forse sull'amor mio
ha speso un tenero sorriso
mentre io, senza alcun forse, si,
ho bagnato di lacrime il mio viso.

Ora su quelle secche zolle,
sui campi ormai induriti del mio cuore
giace l'orgoglio,
non cresce su quel prato più
neppure l'erba voglio.

Ora l'amor riposa
sotto una croce è morto,
or cresce solo il loglio.

Te ne sei voluta andare
(A Carmela)

Te ne sei voluta andare
ma i calcoli hai sbagliato
pensavi d'intralciare,
ma te l'ho anticipato.

Difficile è trovare
amiche sui portali
che sono tanto care.,
e tu davvero vali.

Io te l'ho ripetuto,
Carmela lascia stare
nessun impedimento
potevi tu causare.

Sei andata via lo stesso
e adesso cosa faccio?
Ho perso un'amicizia
e te più non abbraccio.

Ed io sinceramente
a te or sto pensando
sei qui nella mia mente
per te sto poetando

dei versi come amica
per dirti di tornare
riapri la tua pagina
riprendi a navigare

perché non davi noia
a me non l'hai mai dato,
conosco le persone
non m'hanno mai fregato.

Quella vuota panchina



Quella vuota panchina vista mare
l'alba carezza e sembra stia pensando
al sol che tra le nubi si sta alzando
e l'onda increspa e vuole colorare.

Silente se ne sta, non vuol parlare,
forse tra i suoi ricordi sta sfogliando
a qualche amante che non sta più amando
ad un affanno da dimenticare.

E mentre l'alba ognor dipinge l'acqua,
lieve un refolo fresco l'accarezza
e l'onda sulla rena appena sciacqua

rompe il silenzio, quasi lo disprezza,
s'impone e quella spuma bianca annacqua
il cuore suo ricolmo di amarezza.

Dispersa nel silenzio
Ora anche tu sei spersa nell'oblio,
sei rientrata tra quel freddo elenco
di amici che s'affacciano la sera
chiedendo: “Ci sarà?” oppure: “C'era”?

Sei lì nascosta nell'elenco informe
col tuo pallino verde risplendente
ma sono io adesso che non sento
nel mio petto amore e sentimento.

Ora non provo nulla e con pigrizia
m'aggiro tra le pagine leggendo
non mi emoziona più vedere il nome
e neppure al vento le tue chiome.

Ora sei indifferente a questo cuore
non alimenti più la mia passione,
se ti vedo non monta più l'ardore
finito è dentro il petto il batticuore.

“Dall'oggi al domani”, ti domandi?
“ma sei certo che fosse proprio amore?”
“Non so che dirti, tu non l'hai provato
sei certa tu d'aver qualcuno amato?”

Piazze a Siracusa



Formiche sotto il sole
in un giorno d'estate
formiche nere
su strade sbiancate
quasi silenzi
dal sole baciati
tavoli e ombrelli
sedie spaiate
vuote, assolate.
Decoro di vecchi palazzi
dove il silenzio si espande
su piazze poco affollate
di formiche nere
sotto il sole
in un giorno d'estate.

Quel dolore
Quel dolore che m'attraversa il corpo,
che parte dall'ascella e va all'addome
quel dolore la mente a volte affligge
come affilata spada mi trafigge.

Quel dolore non so da ch'è causato
può essere un qualcosa di anormale
ma sul mio corpo lascia una gran traccia
che mi avvilisce e si dipinge in faccia.

Se poi sei solo in casa e t'impaurisci
avverti come un vortice afferrarti
ondeggi sulla sedia e dopo crolli
sul tavolo, e la testa non controlli.

In quei momenti non serve il coraggio
è inutile che tutti tu assicuri
resti con la paura che t'abbraccia
resti col tuo livore che t'agghiaccia.

Sono solo attimi
le felicità che attraversano il cuore,
sono schegge di passione
che squarciano l'anima,
ti feriscono i sensi.
Pietra su pietra costruisci un muro d'affetto
le mani ti sanguinano,
la schiena ti piegano,
mentre il sole ti scalda la fronte,
il sudore gocciola come lacrime inespresse,
ti brucia gli occhi,
ti colpisce la ragione.
Ti ostini, ti umili, sei pietosamente stancante,
straparli fino all'estremo sacrificio della decenza,
liberi quello che nel tuo cuore fermenta.
Senti gli acini borbottare parole incomprensibili,
tendi l'orecchio e costruisci frasi mozze, non dette,
simuli situazioni irreali, non percepite,
costruisci supposizioni poco convincenti, immaginarie.
L'acre odore delle vinacce ti spezza il respiro,
gli effluvi colpiscono le narici,
ti stordiscono l'anima.
Soffri nuovamente per un amore non corrisposto,
e corteggi ancora la nera signora
avvolta nel suo elegante mantello di tulle nero:
lei demolisce quel muro faticosamente eretto
simula, poi, di regalarti la serenità.

Dopotutto un cane sa



Dopotutto ma che vuoi che sia
se a parlare sei solo sul sentiero
forse c'è chi t'ascolta ed è sincero:
c'è un passerotto là lungo la via.

Cinguetta una sua lenta litania
forse anche lui ha il cuore nero nero
vorrebbe come me l'amore vero
ma poi s'accorge ch'è solo utopia.

Ma il suo canto lo disperde il vento
lo sparge tra foglie nella macchia,
lieto non è ma flebile lamento.

Da un leccio giunge un verso di cornacchia
che al cuore dà un cupo accoramento,
come l'inferno è nera e cupa gracchia.

Ma un cane che s'affaccia dalla rete
t'osserva con le sue pupille chete

scodinzola e ti guarda incuriosito
del vuoto che t'affligge ha già capito

perché un cane ha sempre un fiuto intenso
capisce se un affetto non ha senso.

Ti guarda e dalla rete sembra dire:
“Lascia stare, è inutile soffrire”.

- Sonetto ritornellato

Palestina 2014



Vi vedo occhi lucenti
io vi rivedo
nelle paure ancora in cuore impresse
nel rumor dei bimotori in cielo sparsi,
nel fragore dei bombardamenti.
Vi vedo, non son bagliori spenti,
nel cuore si accendono ogni tanto
luci notturne in cielo intermittenti
che abbagliavano quei rioni al buio
con i Peloritani accesi e spenti.
Rivedo mia madre in folle corsa
con me impaurito a lei forte abbracciato,
riprovo le paure ancora vive
che nel mio inconscio giacciono silenti
che sono lì archiviate, ancor presenti.
E mi ritrovo in voi visi piangenti,
mi fustigate tuttora la coscienza,
perché mi sento un vecchio ormai impotente
un oggetto che non vale niente
in mano a una congrega di assassini
asserviti ad un potere prepotente.
Salvatore Armando Santoro

Palestina 2014
Vă văd ochii lucind
și revăd
temerile încă imprimate în inima mea
cu zborul rachetelor împrăștiate în cer,
în vacarmul bombardamentelor.
Vă văd, nu sunt străluciri stinse,
în inimi ci se aprind în fiecare acum
din când în când aceste districte luminând
intermitent și orbindu-te în întuneric
cu Peloritans pornite și oprite.
Revăd pe mama mea în nebună grabă
speriată și de mine îmbrățișată e puternic,
retrăiesc și acum temerile încă vii
în inconștientul meu zăcând în tăcere
arhivate acolo și totuși prezente.
Mă regăsesc în voi fețe plângânde,
biciuindu-mi încă conștiință,
pentru că mă simt bătrân acum fără putere
un obiect care nu valorează nimic,
în mâinile unei congregații de asasini
servind unei putere dominatoare.

Costanza (Romania) 20.7.2014
Traducere Nikola Popescu

Vulcano
Nel cielo è un lampeggiare di lapilli
cenere e fumo su nell'aria vola
ed anche dentro il petto par che brilli
questo fuoco che ancor arde e divora.

Sotto mucchi di sabbia l'ho affogato
che ho raccolto dopo il tuo passaggio,
ma le tue tracce non ho cancellato
le osservo su quei cumuli evidenti.

E sfoglio anche le foto pubblicate,
l'orma dei piedi nudi sulla rena,
quel planare silente di gabbiani

sopra quel mare azzurro e trasparente,
quelle parole vive in cuore ardenti
come fiamme che ancor non sono spente.

Una persona speciale
Per un po' di giorni hai spento il cellulare,
poi forse hai provato del rimorso,
Hai detto: “In fondo quel cretino
per me provava davvero dell'affetto,
l'amore suo ha annegato con del vino”.

Allor ci hai ripensato,
l'hai chiamato!
A rinnovarti affetto non ha smesso,
sentivi che il suo animo era triste
che amor ti dichiarava pure adesso,
dopo che tu l'avevi anche sgridato
che l'avevi indisposto,
maltrattato.

Forse quel suo affetto delicato
e tante insistenze a dir poco infantili
da tanti anni più non le provavi,
forse dentro il tuo cuore s'è risvegliato
quel dolce sentimento
che da anni taceva addormentato,
che piano piano lui t'ha risvegliato.

E le hai scritto prima un tuo pensiero
su come le emozioni controllare
dopo le hai reso ancor più chiara la questione,
le hai detto che è pur bello ognor sognare
ma poi la realtà può fare male,
però hai concluso con una affermazione:
che era una persona un po' speciale
non tanto facile da poter scordare.

Un albero tagliato



Qui c'era un albero
un dì alto e fiorente
tra i suoi rami saltavano gli uccelli
anche le ciole ci hanno fatto il nido
dopo il tramonto sfiorava un pipistrello
squittii lanciava nel buio della notte.
Le cicale se ne stavano sul tronco
frinivano incessanti fino a sera,
i cardellini cacciavano i ragnetti
nelle radici c'era un formicaio
le formiche scendevano operose.
I suoi rami s'allungava dintorno,
d'estate tanta ombra regalava,
anche qualche asino beato ci restava,
mentre il padrone disteso riposava.
Poi un giorno di lì passò una strada
impietosi troncarono i suoi rami
di tanta sua potenza restò poco
un tronco mutilato e senza vita
e tanta segatura tra le dita.
Ma tanti ci lessero la storia,
contarono dai cerchi anche i suoi anni
ci fu chi raccontò anche qualcosa
di quando era un virgulto delicato,
di quando il vento a volte lo colpiva,
della bufera che non l'ha piegato.
Ci fu chi ricordò anche la storia
di un amore poi finito male
e di un coltello che vi aveva inciso
un cuore per chi mai l'aveva amato.
Ora non c'è più nulla,
ma ancora un cardellino
svolazza intorno, non è rassegnato,
ancora cerca il nido che non trova,
forse anche lui tanta tristezza prova.

Sorgenti
(A Caterina)

Dimmelo tu, amore, come faccio?
Dimmelo tu, che spesso mi riprendi.
Le mie sorgenti sono tante,
l'acqua defluisce e crean sempre dei versi.
Blocco una polla
ma ricomincia a ribollirne un'altra,
le parole galleggiano incostanti
come i miei amori
a volte devastanti,
come i pensieri miei
che non ritrovo e solo ieri ho persi.
Ma poi li riscopro accartocciati
in un angolo buio di questo cuore
che non si stanca di cercar l'amore,
di questo cuore
che mi riduce come un vecchio straccio,
dimmelo tu dolcezza, come faccio?

Preghiere



Supplici preci
nell'aria tersa vanno,
devote litanie,
inespressi ronzii,
refoli lievi
a terger fronti
a inumidir pensieri,
tenere carezze,
raggi di sole persi
ad alleviar coscienze.

None ….Sine
Mi dici sempre “none”
proprio di dire “sine”
tu non ne vuoi sapere,
neppure stai sbagliando
no, non mi crei illusioni
con frasi menzognere,
mendaci ed insincere.

Tu sei leale e franca,
anche troppo sincera,
penso d'essere io
che con l'amore stanca,
visto che sto al tramonto
dovrei un po' tacere
ma invece fo' un vocio
scrivendo a destra e manca,
sui muri il resoconto
di ogni dì che arranca,
di tutte le emozioni
che dentro il cuore trovo
che sanno di melassa
che solo ancor io provo.

Ma cosa posso fare
se questa forte febbre
non vuole più calare,
le mie passion fa ebbre
la mente lampeggiare?

In fondo non ho fatto
di certo ancora un torto
forse con poco tatto
e con agir sbagliato
un po' d'amore ho estorto
ma nulla ancor t'ho dato
solo te l'ho promesso
ma tu non l'hai provato
neppur me l'hai concesso,
tu non hai mai sbagliato.

Il Purgatorio



Io non ricordo come sia avvenuto
forse è stato quel terribile incidente,
più non mi risvegliai dopo svenuto
la pelle ci lasciai sicuramente.

Bussavo ad una porta un po' sperduto
mi aprì un anziano tutto sorridente:
“Entra, mi disse, infine sei venuto”,
in viso mi baciò teneramente.

“Ma dove siamo?” Rispose: “In Paradiso.
Vivi felice in questo territorio”.
Ma dopo qualche tempo e scuro in viso

a San Pietro annotai: “ma qui è un mortorio,
non c'è nessuno e ho perso anche il sorriso,
ti prego fammi andare in purgatorio”.

“Almeno lì ci trovo in po' di gente
che forse passa il tempo tristemente

ma almeno vivo in molta compagnia
che in paradiso mi viene l'isteria.

Rischio poi di insultare il Padreterno
e finire tra i preti giù all'inferno”.

- Sonetto ritornellato doppio

Vorrei
Vorrei accarezzare la tua pelle
sull'arenile mentre il sole splende
un bacio darti e non provar vergogna
succhiar tutto il liquor delle mammelle.

Vorrei donar l'amor che prepotente
ha veleggiato insieme a me con gli anni
poterti far gustare il dolce miele
che nel mio cuore è ancor vivo e presente.

Con te vorrei poter volare in cielo
come rondine andare a nuovi lidi
sotto un tetto ricostruire un nido
l'amore fare e non temere il gelo.

Vorrei, ma è solo un mio pensiero!
Solo coi sogni il volo sempre è breve
si rischia di svegliarsi tristemente
tra gli artigli d'un cinico sparviero.

Monteroni



Hai intrecciato due volte il mio cammino
a te mi sono infine affezionato,
più volte ho passeggiato nella piazza,
in Via Sollazzo anche soggiornato.
I ricordi son tornato a rinfrescare,
tu m'hai riconosciuto e salutato,
senza volerlo sei stato causa di guai
forse per questo forte m'hai abbracciato.
Ogni tanto un suono di campana
ricor

dava il mio rione abbandonato
vedevo un po' di gente andare a messa
mi sentivo, non so perché emozionato.
Poi improvviso un alito di vento
un nuovo affetto il cuor m'ha riscaldato
ma era soltanto un caldo di scirocco,
sol di sudore il corpo m'ha irrorato.
E dopo ritornò la tramontana,
di freddo pungente l'anima ha colmato
i pensieri m'ha reso limpidi e reali
ma il cuore ancor di nuovo m'ha gelato

.Madre


- Foto di Carmela Drago, amica su FB

Madre che abbracci il tuo bambino
che l'alimenti e vita gli trasmetti
vita a me dai, mi scavi nei ricordi,
affetto e tanto amore in cuor immetti.

Mi trasporti in tempi assai lontani,
ricchi di povertà, di privazioni,
ma un quadro di bontà mi ripresenti
svegli nel petto mio vecchie emozioni

di mamme sulle sedie dondolanti,
di seni al vento ricchi di buon latte
che in fondo era l'unico alimento
rispetto alle vivande oggi inadatte

in scatolette preconfezionate
in barattoli di omogeneizzati
che fanno risparmiar forse del tempo,
ma che pe' i bimbi sono inadeguati.

E mi trasmetti un sentimento antico
mi ripresenti come un quadro vero
altri tempi ormai dimenticati
ricchi di amore semplice e sincero.

Ho amato
Ho amato un volo di gabbiani
nel cielo con lor mi son confuso
tra le nuvole un poco li ho inseguiti
pensavo il mondo d'avere fra le dita.

Erano soltanto nuvole leggere,
increspate dal vento al punto giusto,
un soffio ardito in fretta le ha disperse
a volteggiar da sol mi son trovato.

Guardavo dall'alto sui rosai,
spiavo tra le verdi tamerici,
cercavo in mezzo ai rovi, sopra i pini,
di quei gabbiani più non c'era traccia.

Planavo ormai confuso, senza guida,
quelle ali braccavo, le volevo,
a sognare mi stavano insegnando
nel ciel sereno con loro avrei volato.

Ma scomparvero tra le nubi bianche
delle rose rimasero gli steli
solo e smarrito in mare mi tuffai
l'ultimo refolo d'amor non vi trovai.

Il Ponte del Ciolo



Ponte del Ciolo, ponte dei sospiri,
dei miei momenti ricchi di follia
dei giorni andati che ho buttato via
delle mie delusioni e dei raggiri.

Dei tanti versi segnati sui papiri
con un bicchiere fuor dall'osteria
col mare sotto quel cavalcavia
chiassoso e compiacente ai miei deliri.

Le mani ancora strette alla ringhiera
con lo sguardo perduto sull'abisso
l'onda rabbiosa sopra la scogliera

il mio pensiero dalla mente è scisso
in me non v'è più Dio, non v'è preghiera,
non v'è perdono, non v'è crocifisso.

Les enfants qui s'aiment
(Di Jacques Prévert)

Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage leur mépris leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour

I ragazzi che si amano
(Traduzione ed adattamento poetico di Salvatore Armando Santoro)

I ragazzi che si amano restano abbracciati in piedi
Appoggiati alle porte della notte
E i passanti li disapprovano puntandoli con un dito
Ma i ragazzi che si amano
Non vedono nessuno
Esiste solo la loro ombra
Tremolante nella notte
Che suscita l'indignazione dei passanti
La loro rabbia, il loro disprezzo, il loro scherno, la loro invidia
I ragazzi che si amano non vedono nessuno
Sono altrove, molto lontani dalla notte
Molto più in alto dal giorno
Nella luce abbagliante del loro primo amore

La vergogna
A volte ci vergogniamo di noi stessi
per aver socializzato un sentimento
a chi non lo capisce e lo respinge

Ma in fondo sono proprio gli insuccessi
che alla tua mente danno nutrimento
e ti fanno scoprir chi è vero o finge.

Il cuore si fa guidar dalle emozioni
non riesce a pensar diversamente
bussa con insistenza a porte chiuse

e si comporta come gli accattoni
che chiedono un soldino inutilmente
con frasi lacrimevoli e confuse.

A volte la gente reagisce male,
tanta insistenza spesso infastidisce,
suscita sol rifiuto e irritazione.

Ma per chi ama tutto ciò non vale,
non si scoraggia, più si infervorisce,
nel cuor di più gli sale la passione.

Ma quando al fin si prende conoscenza
che tanto affetto è stato male esposto
prevale la ragione e la vergogna:

ti senti sciocco per tanta insistenza
per avere il tuo affetto mal riposto
e d'esserti da sol messo alla gogna.

Pensando a Torre Mozza



Vigile come antica sentinella
possente al cielo innalzi il tuo torrione
nel tempo ancor resisti,
dei secoli passati testimone,
ancora oggi contro le nubi insisti.
Né il vento tropicale,
neppure la tramontana ed il grecale,
né l'acqua, la bufera, il mare,
neppure il tempo che paziente usura,
scuote la tua mole imponente;
tu gareggi coi secoli
come gigante incrollabile e immortale.
Hai resistito a tutte le invasioni,
turchi e saraceni t'hanno conquistato,
dal mare t'hanno finanche mitragliato,
sempre su tutto e tutti hai dominato.
Ora un meritato riposo stai godendo,
col canto degli uccelli t'accompagni
il tuo verde regali a chi sempre ci vive
e ai villeggianti
con le tue acque limpide li bagni.
Ed anche a me tu doni
un angolo di pace e mi rilassi
lieve la mente dai pensier diluisci,
m'offri della serenità senza più assilli
mentre il tuo mare mi sfiora le caviglie,
bagna le ciglia e il viso mi rinfresca,
sembra che ogni cruccio dal cuore se ne esca.

Amore salato
Quando l'amor non picchia in testa
vuol dire che il motore gira bene
il cuore è riposato e non si presta
a stare dietro a chi regala pene

che dovrebbe nel giorno della festa
pensare a cose più liete e serene,
non seminare in cuore la tempesta
nè il sangue raggelare nelle vene.

Ma che ci posso far se son turbato?
Se la natura mi ha costruito male?
Mi sento a questo mondo inadeguato

senza cercar, l'amor spesso m'assale,
per molti sono un uomo fortunato
ma in bocca poi mi resta solo il sale.

Basta una parola
Alle volte basta una parola,
un incrocio a quattro verticale
come in un cruciverba si compone
un pensiero che t'alza su il morale.

Solo oggi una semplice parola, quanto basta
a ricordarmi che son nei tuoi pensieri,
e poco fa in un soffio quattro righe
per dirmi che ci sei più ancor di ieri.

E l'ansia tutto il giorno accumulata
si scioglie come nebbia mattutina
il cuore si empie di gioia e di sereno
l'azzurro ricolora la marina.

Ed io distesa ti vedo sulla spiaggia
dall'onda i piedi farti accarezzare
inquadri lesta il volo dei gabbiani
le foto poi m'invii col cellulare.

Madrigale marino
Amor che nella mente fissa stai
e te ne vai al sol per la marina,
in man mi strizzi come una lattina.

Forse ti porterò soltanto guai,
per questo fuggi e non vuoi ricambiare
questo mio amor che sto provando a dare

che il petto mi trafigge come spada,
che in cuor s'ammucchia come la rugiada.

Si paga sempre un prezzo
Si paga sempre un prezzo a questo mondo
quando si sbaglia o un passo si fa falso
bisognerebbe aver un cuor di sasso,
meglio se al posto suo ci fosse un masso.

Per le persone che han l'animo gentile
la strada è sempre dura e accidentata
infatti appena poi comincia la salita
di sangue fresco si bagna la ferita.

E cerchi inutilmente di bloccare
siffatta emorragia, tanto dolore,
spesso ritieni d'esserti umiliato
se amore hai dato a chi non l'ha accettato.

E ti vergogni anche di te stesso
provi tristezza e tanta frustrazione
ritieni che sia quasi un fallimento
l'aver donato affetto e sentimento

a chi la tua passion non ha capito,
a chi ritieni t'abbia anche deriso
perché siffatto bene non ha colto
nel cuor l'ha rigirato e poi sepolto.

E allora corri alla tua quercia amica
t'accoglie lei con un canto di usignoli
gli ultimi versi tuoi ancor raccoglie,
ti culla e ti addormenta tra le foglie.

Un pino abbandonato



Lo incontrai in aperta campagna
era al sole abbracciato dai rai,
mi fermai un attimo all'ombra
e la testa sul tronco appoggiai.

Una sacca avevo e un panino,
con dei sogni l'avevo imbottito,
mi guardava dall'alto imponente
dei miei sogni sembrava invaghito.

Mi parlava, diceva: “Son solo”;
“cosa credi? Anch'io”, rispondevo
“com'è strano”, dopo un poco aggiungevo
“non v'è canto di uccelli, né volo”!

“Non v'è più armonia qui intorno,
una volta veniva un poeta,
la sua penna scorreva ogni giorno
lui vergava felice i suoi versi”.

“E un merlo fischiava distante,
gli usignoli cantavano in coro,
anche i grilli frinivano a festa
ed il vento spazzava il pianoro”.

“Il poeta poi perse l'amore
la cercava in ogni radura
e diceva “la vita ch'è dura
senza lei è meglio morire”.

“L'han trovato: sembrava assopito,
sul suo volto v'era ancora un sorriso
con dei versi rimasti incompiuti
con “amor” ch'era scritto impreciso”.

Ora anch'io abbraccio quel pino
ed aspetto che arrivi il tramonto
il panino coi sogni consumo
e l'annego con sorsi di vino.

Fiesta
Et le verres étaient vides
et la bouteille brisée
Et le lit était grand ouvert
et la porte fermée
Et toutes les étoiles de verre
du bonheur et de la beauté
resplendissaient dand la poussi ère
de la chambre mal balayée
Et j’étais ivre mort
et j’étais feu de joie
et toi ivre vivante
toute nue dans mes bras
Jacques Prévert

Fiesta
E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia sbriciolata
E il letto completamente disfatto
e la porta serrata
E tutte le stelle di vetro
la felicità e la bellezza
risplendevano in mezzo alla polvere
della camera mal spazzata
Ed io ero ubriaco morto
ero un falò di gioia
e tu ubriaca di vita
nuda tra le mie braccia
Traduzione di Salvatore Armando Santoro

Nel silenzio le tue canzoni
Nel silenzio quelle tue canzoni
hanno bussato a questo cuore stanco
mentre correvo al viso tuo lontano
che timido al mio cuore
un dì di Giugno tenero ha bussato
che in petto m'aveva risvegliato
una dolcezza che pensavo spenta,
un sentimento ormai dimenticato,
una passion che fermentava lenta.

Ed han svegliato quelle dolci note
una tristezza immensa nella mente,
ho cercato invano e inutilmente
la voglia di provare una carezza,
di sentir sulla pelle la tua mano,
ma solo m'hanno accompagnato lente
le vecchie melodie di Celentano.

E qualche lacrima è corsa lungo il viso
mentre un singhiozzo m'ha affogato il cuore,
ed ho rivisto quel triste tuo sorriso
che mi colpì quel giorno dal PC
che non ricordo più quale mai fosse.

Quello che so è soltanto
che ho bussato forte, disperatamente,
alla tua porta, ma non si è mai aperta,
e adesso nella stanza vedo il buio,
la vita s'è fermata,
e che ci sia la morte è cosa certa.

La morte,
che vezzeggia i miei pensieri
che m'adula,
sembra voglia farmi un bel regalo,
mi promette un riposo senza più pensieri
di soddisfare tutti i desideri
che la vita ad altri ha regalato,
che forse anche a me aveva dato
ma non raccolsi mai e stupidamente
dietro un sogno mi persi,
un sogno ambiguo, fallace ed indecente.

Ho corteggiato la morte
(Ricordando Saverio Strati)



Ho sempre cercato la morte,
le ho corso incontro più volte
ma mi ha sempre respinto;
lei non accetta le sfide
evita i coraggiosi,
lei corteggia i pavidi,
i paurosi, i vili.

Ho sfidato i potenti,
piccolo passerotto implume,
non sapevo neppure volare,
sapevo appena cinguettare.
Ma avevo capito già tante cose:
a volare servono ali leggere e forti,
a sopravvivere e vincere
folli urlanti ma consapevoli.

A sorvolare i burroni non è cosa agevole a tutti,
non bisogna soffrir di vertigini
ne temere i falchi roteanti sul cielo,
pronti a ghermire chi li sfida,
ma loro tra le spine non sanno muoversi
neppure cercare tra i rovi contorti delle siepi.

Loro colpiscono a tradimento
giocando sulla velocità dei loro fucili,
sono vigliacchi che agiscono nell'ombra
che sanno chetare chi scrive,
chi usa la parola come arma,
chi semina la conoscenza ed il coraggio.

Questo avevo capito,
ma mi sentivo troppo piccolo e solo,
quasi il buffone del paese che faceva ridere tutti
che diceva delle grandi verità,
e loro lo sapevano,
ma gli servivo così:
passero solitario ed implume.

Volevo diventare un eroe,
ho rincorso la morte,
l'ho corteggiata più volte,
tra le raccoglitrici di fiori dello Jonio,
tra quelle di olive del Tirreno,
ma lei sorrideva pietosa
complice di chi mi scherniva,
di chi aveva capito il mio volo.

Ma ero e sono rimasto troppo solo
e non faccio paura a nessuno,
neppure alla morte:
ma io continuo a sfidarla.

Il susino di Villaggio Orlando



C'era una pianta di susine,
quasi al bordo di quel tuo giardino,
già mezza secca, davvero assai contorta,
allora dava ancor dei frutti,
mai le avevo assaggiate così dolci,
mai così saporite, delicate....
ma oggi è morta, anche le sue radici,
come l'amore mio, sono seccate.

Avevamo il sapore dei vent'anni
che ci accompagnava in quei lontani giorni,
ognuno navigava coi suoi affanni
ma non ci accorgevamo,
e mi dicevi: “Quando da me ritorni?”.

Assaggiai qualche susina,
in proda al tuo giardino,
dolce al sapore
dal gusto eran davvero delicate,
come il nome, Claudie,
così tu lei hai chiamate.

Non conoscevo quella qualità,
neppure te ancora avevo molto conosciuto,
un amore spuntato là per là,
un amore forse oggi logorato,
ma come vedi
nel cuore ancora qui sta conservato.

E ti penso perché tanto anche t'ho amato,
e sono certo che tu m'ami ancora,
lo sento quando ascolto la tua voce,
le tante volte che tu m'hai telefonato,
le molte volte che ci ho litigato.

Ma oggi sai soltanto farmi rabbia
perché so che non accetti la mia vita,
che se ne va allo sbando per la via,
mentre gli anni mi sfuggon dalle dita
come i chicchi asciutti della sabbia
ma scrivo ancor per te qualche poesia.

L'urlo della civetta



L'urlo della civetta m'ha colpito
per me è come un cantico alla vita
sarà sui vecchi tetti, l'ho avvertita
è qui vicino a me, si l'ho sentito.

L'urlo della civetta non è solo
forse amoreggia con il suo compagno
che per il borgo l'ali sbatte in volo
l'insegue forse in cerca d'uno stagno.

Con lor volteggio in ciel sulla Maremma
anch'io sono follemente innamorato
sto corteggiando ma con molta flemma,
aspetto, non mi sento scoraggiato.

Solo non voglio in cuor portare guerra
non vorrei farla patir per colpa mia
volo basso, perciò, sto a rasoterra
silente plano, quasi in afonia.

Vicino nei sogni



Vorrei con te poter restar vicino
almeno in sogno, sentire il tuo calore,
vorrei che al tuo risveglio mattutino
del tuo corpo avvertir palpito e odore.

Vorrei dalla finestra del giardino
esser dei tuoi sospiri predatore,
diventare un amante clandestino
nel cuor scavarti come un minatore.

Sono e rimango, invece, rassegnato
anche se l'amor tuo non mi darai
ma già mi sento lieto e fortunato,

ne son ben certo, non mi lascerai.
Dall'alba che verrà sarò baciato
perché nel cuor son certo mi terrai.

- Sonetto classico

All'ombra della luna
All'ombra della luna i miei pensieri
frammisti ai tuoi confusi se ne vanno
a volte sono allegri, a volte sanno
che il cuore li tormenta e li avvilisce.

Ma questa luna che ci parla spesso
ci manda tanti strani suoi messaggi
a volte ci confonde coi suoi raggi
ci fa sperare ed anche disperare.

Ma noi in fondo sempre l'adoriamo
anche se l'ombra allunga nella sera
a lei poi rivolgiamo una preghiera
le pene dell'amor le confidiamo.

E lei ascolta muta e sorridente
illumina la strada e anche la mente

Girasoli



Dicono che guardiate sempre il sole
ma a dire il vero vi vedo rigirati
a me sembra guardiate ad occidente
quando il sole sorge da levante.

E ieri sono entrato dentro il campo
ho confuso con voi i miei pensieri
insieme dolcemente ci ho parlato
v'ho detto di chi sono innamorato.

E un mormorio intorno a me ho avvertito
un fruscio di pensieri e di parole
e dai rosoni mi sembra che un brusio
lieve si è alzato e m'ha parlato Dio.

M'ha detto: “Ma che fai? Tutto sei folle?
La mia storia per niente t'è servita?
Anch'io tutta la gente ho sempre amato
sulla croce coi chiodi mi han piantato”.

“Ama, stupido ma ricordati del nome
che al mio alquanto sembra rassomigli
anch'io ho dato solo e tanto amore
ma sol di nome sono un Salvatore”.

Sono un pazzo
Nei manicomi c'era gente pazza
gente rinchiusa che farneticava,
scriveva versi,
d'amor sempre parlava
mentre la guerra nel mondo divampava.
Di pazzi ce ne sono ancora tanti,
tutti ammalati di biro o di matita,
poi vi sono quelli con il cellulare
o con un tablet in mano ad armeggiare.
Ma i folli che più sono da scartare
son quelli che ancor hanno sentimento
sono dei matti fuori dal normale
che anche gli altri fanno stare male.
In passato c'è stato Baudelaire,
e tanti come lui stramaledetti,
si sono intossicati con la “fata”
che dall'assenzio avevan distillata.
Poi c'è stato Palazzeschi e Corazzini
e il Pascoli con i suoi strani amori
e infine anche Campana e la Merini,
pazzi son stati dai cervelli fini.
Anche loro inseguivano l'amore,
intrecciavano parole e turbamento
gente partita che andava contro vento
gente che ci stordiva con dei versi.
E or ci sono anch'io, altro ammalato,
che scrivo e parlo ognor da innamorato
pensieri assurdi e sentimenti persi.

La casa bianca

Bianca di fuori,
al sole risplendente
nera di dentro, ricca di loschi intrighi,
d'affari sporchi, miseri e indecenti.

Quegli interessi per cui il cuore batte,
che contano di più d'un vero amore,
di fronte a quali è morto il sentimento
ma è sorridente la maschera del male
capace di stringere più mani,
di pregare battendosi nel petto
nel giorno sacro del Ringraziamento.

E poi al telefono, nei centri di potere,
lanciare al mondo minacce e avvertimenti
nel cielo far le rondini volare
che vanno sol la gente a bombardare.
E non guardare in faccia proprio niente
se quelle bombe cascan sulle case,
sulle scuole piene di studenti,
sui posti di lavoro o gli ospedali,
dove serena e incredula la gente
vede arrivar la morte e la paura.

Gente che vive in mezzo alla miseria
in una terra ch'è ricca di petrolio
che i predatori lindi e in doppio petto
decidono di iniziare a bombardare
proprio nel giorno del Ringraziamento
mentre devoti stanno li a pregare
nella casa che dicon del Signore
che è stanco d'asciugare il suo sudore.

Quel bianco mi ricorda tante cose,
sa molto di sepolcri e di vangelo,
d'urla di un profeta che ha parlato al vento,
di pastori pronti a benedire
quello che Dio sa solo maledire.

Ma siamo tutti qui servi ubbidienti
chiusi nelle nostre quattro mura
a guardare la TV indifferenti
a vedere tanti piccoli innocenti
nascere e quasi subito sfiorire.

Bianca di fuori
ma è un bianco assai indecente
con dentro un nero, per secoli avversato,
che oggi è diventato Presidente.

La mia solitudine

La mia solitudine sei te
infernale aggeggio che mi stai davanti
che mi illudi
mi fai sentire allegro con amici
rido ai fantasmi
a immagini irreali
foto di bimbi avanti già negli anni,
finte allegrie e visi semi seri,
paesaggi e scritte irrazionali.
E rido anch'io,
a volte socializzo,
altre mi sfogo da pensieri torvi,
da ansie,
da remote fantasie,
scarico le tensioni, ma sempre rido solo
convinto ch'io lo faccia in compagnia.
E mentre continuo ad andar solo
schizzano le parole sullo schermo,
qualche ahahahahah alquanto demenziale
un eheheheheh tanto per differenziare
e questa solitudine ancestrale,
questo silenzio che fa stare male.

La voce del cuore
La voce del cuore
è un suon di campane lontane
che il vento disperde pei borghi
nasconde in qualche umida grotta.

La voce del cuore
ritorna a volte giuliva
ricorda promesse ormai vane
a volte è felice, a volte borbotta.

La voce del cuore
è come un lamento che esplode
di notte quando tutto è silente
ti sveglia dal sonno e poi sbotta.

La voce del cuore
è come un fuoco che cova
a volte è cenere calda
a volte è fuoco che scotta.

La bimba delle favole



Come una bimba dolce e trasognata
in quella foto sembra il volto tuo,
una bimba che legge un libro antico
con delle fiabe che il cuore fan sognare
con dei racconti che fanno rallegrare.

Ed io lo vedo quel volto tuo sereno,
con gli occhi spersi nel mondo delle fate
davanti a una lampara risplendente
che legge tante storie immaginarie,
e in quei racconti tutta ti confondi
la fantasia col vero a un tratto fondi.

E voli sul tuo mare col pensiero
ad occhi chiusi plani coi gabbiani
scivoli sopra l'onde e giù ti tuffi
sfiori quell'acqua azzurra e poi scompari
scendi sott'acqua e subito riappari.

E giochi, e sei felice di scherzare,
poi ti penti e torni sui tuoi passi
non vuoi con certi scherzi esagerare.

Quel profumo di pane



Quel profumo di pane
dalla terra si espande e si fa spiga
si fa chicchi e farina nel mulino
al vino sì accompagna
e al pecorino.

Quel profumo di pane
dal forno estratto e messo sotto un telo
si sparge intorno e va per la campagna
tra gli ulivi ristagna
e con un saporito olio dì oliva
poi si bagna.

Quel profumo di pane
viaggia nell'olfatto, sopravvive al tempo
resta sospeso tra le zolle e il cielo
ricorda che la terra e la campagna
tanta bontà da soli han generato
che sempre per la vita ci accompagna
l'impasto a lievitar sul tavolato.

Quel profumo di pane,
ricorda la fatica del raccolto
le spighe poi ammucchiati nei covoni
ricorda la battitura sulle aie
il sole dell'estate, l'acqua nelle brocche
il sudore che imperlava viso e fronte
il canto e il sillabar di filastrocche.

Quel profumo di pane
ricorda le attese dei bambini
con le pannocchie a cucinar nel forno
con i panetti di grano e di granturco
da consumare ancora di caldo ardenti
ricorda lo scintillare vivido degli occhi
le croste rumorose sotto i denti.

Vecchi versi

Quello che provo in cuor
sol'io l'intendo
quando rileggo certi vecchi versi,
rime che ho scritto quando dentro il petto
splendeva il sole
e in mente c'era affetto.

Cerco di cancellare la passione
che un giorno intensa è stata
e che m'ha spinto ad una folle corsa
tutta in salita sotto un sole forte
che l'animo ha asciugato,
le strade ha reso ripide e contorte.

Quando rileggo è umano ch'io ricordi,
vedo un filmato
che scorre nella mente a fotogrammi,
mi rinnova gioie e sofferenze
ed il provato affetto,
che s'è dissolto tra misere insolenze.

Pennellate salentine


- La foto è di mio cugino Enrico Santoro

Pennella già la luce del mattino
tra gli ulivi di nebbia ricamati
e te rincorro amore salentino
che gli occhi non hai chiusi ed hai assonnati.

Inseguo sul tuo mare cristallino
i passi sulla sabbia che hai lasciati
mentre traccio dei versi col pennino
sui miei tardivi amori incasinati.

Cerco di trasformare in dolci versi
questa passione nuova che mi cinge
ma forse sono sol dei giorni persi

perché di roseo l'alba non dipinge
questi miei amor dubbiosi e controversi
che questo cuore in fondo al mar sospinge.

Il mare del Salento
Abbracciami mare salentino,
avvolgimi dentro le tue onde
al mio amore portami vicino
bagna i suoi piedi, digli che son io.

Digli che è una carezza solitaria
che le mando e fai che salga al cuore
io ho bisogno del suo dolce amore,
i suoi baci vorrei e una promessa.

Sfiorare appena la sua calda pelle
con una carezza dolce delle mani
che le dica del mio amor struggente
che le dica che sempre è nella mente.

Che le dica che mi fa soffrire
perché rimane sorda a tanto amore
a tanto affetto, a tanta devozione,
dille che soffro e muoio di passione.

A presto
“A presto” questa notte tu m'hai detto,
“a presto” t'ho risposto in un sospiro
poi fuori tuoni e fulmini ruggiro
chiusi il PC e me ne andai a letto.

Ma quattro versi scrissi su un biglietto,
le braccia di Morfeo poi mi ghermiro
sul cielo del Salento feci un giro
su te poi volteggiai come un falchetto.

Tu sorridevi, vedevo il tuo sorriso
splendente sotto i raggi della luna
mi sembrava che fossi in paradiso

toccato al fine dalla dea fortuna
un bacio impressi sul tuo dolce viso
a te mi avvinsi nella notte bruna.

Un amore ritrovato
Come una falena
intorno alla mia lampada hai volato
l'ali lievi han frullato
ancora sulla gabbia del mio cuore,
di nuovo ho avvertito un gran calore
ma al tuo silenzio sono rassegnato.
Lo so, non sai parlar d'amore,
adesso la lezione l'ho imparata,
resto me stesso, ipocrita non sono,
celar non so quello che in petto cova,
accettarmi dovrai tal come sono
un povero randagio abbandonato
che ha dentro al petto un dono
quello di dare affetto a chi non prova
questa passione che tutto mi accalora,
e inutilmente sto a scodinzolare
a chi lo sa soltanto rimbrottare.
Al cuor non si comanda, né si impone
di provare le identiche emozioni,
ci va sempre pazienza, ci vuol tempo
per far sbocciare amore e sentimento.
Di certo ti capisco e non importa
paziente a spetto che m'apra la tua porta.

Come un passerotto

- La foto è di Lorena Martino, gentilmente concessa.

Come un passerotto impaurito
dal nido sono caduto e un po' svolazzo
in mezzo all'erba, dentro il tuo giardino,
con l'ali mi sostengo e e sbando un poco.

Guardo su, verso il cielo,
vedo altri passeri volare,
della mia mamma sento il suo richiamo,
la vedo sopra i rami saltellare,
vorrei un volo rapido spiccare.

Sono agitato, con la testa persa,
penso al mio nido, sotto la grondaia,
all'amor mio che amor vorrebbe darmi
che su un muro mi spinge,
che cerca di aiutarmi.

Nelle sue mani sono stato un poco,
un calore immenso m'han trasmesso
da loro non vorrei più allontanarmi,
farmi scaldare, un poco coccolarmi.

Mani candide, gentili,
tutte le linee ho letto lentamente
cercavo di scavare nella mente
capire se vi fosse un po' d'amore.

Nulla vi ho letto,
nulla m'han promesso,
ho cercato nella linea della vita
tra le altre linee assenti e indefinite,
però mi son sentito un po' felice
stretto tra quelle candide sue dita
un poco del suo amore mi han trasmesso.

Come sei?
Ieri mi hai detto che forse io ti vedo
come il mio cuor vorrebbe che tu sia
ma nel mio cuor profondamente credo
che come un vento sia di prateria.

Davanti alla finestra spesso siedo
corro sull'ali della fantasia
forse hai ragione a dirmi che stravedo
forse per me è solo prosodia.

Ma questo affetto m'empie di passione
indietro mi riporta nei miei anni
viver mi fa già un'altra dimensione.

No, non mi sento affatto un dongiovanni
penso sia un vento nuovo di passione
so che amarmi potrai, che non m'inganni.

Bianco d'Africa
(A Saverio Strati)



Quel profumo d'erba secca,
quegli steli ondeggianti ai bordi dei sentieri,
quel profumo di zagare dal mare
che il vento trasporta a tratti
che si confonde con l'odore dell'Africa,
la terra delle nostre origini
che ci portiamo dentro
che abbiamo scritta nel nostro Dna
sacrifici e lotte giornaliere,
sabbia su sabbia
accumulata dal vento di scirocco,
l'aridità del paesaggio,
l'entusiasmo senza speranza
sempre spento nel cuore della gente,
ulivi scarni e moribondi,
quei fichi sempre dolci e saporiti,
cibo di porci e gazze,
di gente povera e pezzente,
quel sapore di mandorle selvagge,
quelle distese di fichi d'india colorati,
terreni assai induriti per arare
quei raccolti avari
qualche mucca scarna e malnutrita,
vagante per pascoli scadenti
tra greggi di capre e pecore belanti,
cani rumorosi e paurosi
pronti a schivar le pietre dei padroni,
quel “salutiamo compare” dei mafiosi
con il fucile su asini clementi
quei silenzi
quel non voltarsi neppure se si spara
per poter dire:”Non ho visto niente”,
quella protesta in punta d'una penna
velenosa
come il nero morso d'un serpente.

Abbraccialo per me



Abbraccialo per me questo tuo mare
in fondo non è tuo è anche mio
è di tutti coloro che son via,
nelle sue braccia vorrebbero restare.

Vorrebbero cullarsi in mezzo all'onde
invece sono spersi chissà dove
nelle città di due-tre continenti,
vorrebbero tornar tra le sue sponde.

La falesia calcare sotto i piedi,
la roccia dura che l'onda consuma,
sentire l'alghe ancora tra le dita,
evitare l'addio penoso dei congedi.

E invece a loro resta che sognare
i giorni andati e il caldo tra gli ulivi
con l'accorato frinir delle cicale
e le friselle d'orzo da gustare,

l'urlo sgraziato di gazze voraci
e l'abbaiar dei cani sulle aie,
il miagolio di gatti un po' irritante
e in cinguettio dei passeri loquaci.

E se ne stan smarriti in altri mondi
tra gente sconosciuta o di colore
tra pianure accaldate o irti colli
vivi alla vista ma già moribondi.

Ad un'amica speciale



Basta poco a volte a cambiar sponda
se l'acqua scalda e quella fredda scende
in alto quella calda vai a cercare
per legge naturale sai sprofonda.

Dalla corrente ti fai trasportare
lungo lo Stretto e col timone viri
la barca non si ferma e ti spaventi
e l'una o l'altra sponda vai a cercare.

Ed oggi m'hai parlato del mio mare
m'hai chiesto s'era tiepido ai mie tempi
quando d'ottobre mi tuffavo in acqua
e ci restavo il corpo a riscaldare.

E l'alghe scivolose sotto i piedi
sui sassi grossi spesso con i ricci
e le meduse in acque trasparenti
che senti sulla pelle e non le vedi.

E poi arriva il tempo delle alici
dei cefali pescati e presi agli ami
del pane puzzolente negli stracci
e delle aguglie per le friggitrici.

E sul quel molo tanti ragazzini
con canne improvvisate e con le lenze
con nonni o zii a volte premurosi
con secchi pieni d'acqua e pesciolini.

Infine la grande festa settembrina
con donne scalze in abiti di voto
per rinnovare l'antica devozione
ripetuta da anni ogni mattina.

A sera poi la grande passeggiata
avanti e indietro per la via marina
a gustare un gelato alla nocciola
brioche e panna ormai dimenticata.

La notizia



Vola la notizia
dal foglio si confonde nella mente
"è vera - sta pensando -
o forse mente?"

E le parole s'intrecciano,
creano analogie,
s'incrociano con fatti e avvenimenti,
suppongono, dissentono,
esclamazioni a volte esternano veloci,
termini indecenti,
ire represse,
sconforto, acquiescenza,
poi rassegnazione.

A volte anche un sorriso
il tuo volto ricama
una notizia lieta vola,
ancora c'è chi ama.

Sveglia
A volte ti innamori, e non sai come,
succede all'improvviso tutto a un tratto,
d'una persona a cui ti senti attratto
verso la quale giri il tuo timone.

Non capisci alla fine come hai fatto
poni domande sul perché e percome
rimani anche un poco stupefatto:
di quell'amor conosci solo il nome.

Ti suona in testa allor come una sveglia
poni domande a cui non sai che dire
ti sembra di bollire in una teglia

cerchi una scusa per poter sortire
da quel tuo strano e folle dormiveglia
perché ti sembra stupido mentire.

Ma poi ritorna il sole nuovamente
perché hai controllato la tua mente

ed hai capito che un affetto strano
generalmente mai porta lontano.

- Sonetto ritornellato

 

Fuori dai binari
Vorrei uscire fuori dai binari
e far le cose che io cullo in mente
con te giù rotolare per la scarpata
fermarci sul costone a luci spente,
sentire intorno a noi frinire i grilli,
che al cielo fanno e a noi una serenata,
guardare le stelle su nel firmamento
come lumini nella notte spersi
sentire i treni che passano vicini
guardar la gente dietro i finestrini.

Fare all'amore sopra la pietraia
sui sassi non sentir alcun dolore
provare un senso di dolcezza in petto
e dentro il corpo un poco di calore
guardar lontano il buio della campagna
ed il silenzio che ci sta dintorno
dopo che il treno andante s'allontana
nella notte sparir come un fantasma
mentre sibila ancor la littorina
e su di noi il bagnato della brina.

E abbandonarci ai nostri sogni folli
più non pensar le regole e i costumi
provar la gioia dei nostri corpi ansanti
tra pelle e pelle confondere i profumi.
Ritornare per pochi istanti ancora
ai giorni in cui fermate s'eran l'ore
e risentir nel buio della scarpata
dell'erba secca il lieve suo rumore
sotto le scarpe dell'età passata
che in questa breve notte è ritornata.

Questo cuore
Come un locomotore è questo cuore,
vecchio ma ancora ha forza di viaggiare,
dal fumaiolo in ciel sperde vapore,
strilla la sua sirena con fragore,
il suo motore gira ed è contento
corre testardo e sfida pioggia e vento.

L'hanno messo al deposito, in disparte,
perché fa troppo fumo,
a volte un po' tossisce e poi non parte,
il suo cattivo odor in ciel disperde,
cigola ed acqua in abbondanza perde.

Questo cuore è come un capannone fuori mano
lontano dalla strada, in un sentiero,
si fa fatica sempre ad arrivarci
sola piccola merce dentro puoi portarci.
Ma lui si sente sempre in condizione
mille oggetti ancor da trasportare,
in stazione ancor puntuale d'arrivare.

Questo cuore è solo, a volte si dispera,
vorrebbe trovare un'amicizia vera,
un'anima capace di ascoltarlo,
un altro cuor che al cuor sappia parlare,
che lo capisca e a sera ci discorra,
che insieme a lui viaggi e ancora corra.

Questo cuore a volte è rassegnato,
trova donnette solo interessate
a vendere l'amor per due denari,
a simulare affetti non sinceri,
prive di sentimento e di valori,
senza decoro, vuoti e traditori.

Questo cuore non lo vuol capire
s'illude sempre, non la vuol finire,
lungo i binari ancor cerca emozioni
trova spesso squallore, sordide pulsioni,
la caldaia dell'affetto non ha spento
la sua sirena fischia ed urla al vento,
ogni mattina accende il suo motore
e corre, corre in cerca dell'amore.

Dormi amore
Dormi amore,
no, non ti svegliare,
resta così,
col viso piegato sul guanciale,
estasiato rimango ad osservarti
con gli occhi chiusi,
con i capelli sparsi sopra il volto.
Il petto si solleva leggermente
in sincronia col l'aria tersa
che aspiri ed inspiri lentamente.
Ti sto a vegliare:
sento il tuo respiro
accompagnarsi a un gemito leggero,
a un'ansia che ti assale,
osservo l'ansare dei tuoi seni,
come un affanno per un reo pensiero,
per un qualcosa dentro che ti strugge.
E sembra che tu insegua il mio pensiero
e quest'amore che nel petto rugge.

In mezzo a un campo salentino



Nel campo con la brina sulle foglie
sento un ronzio di api e di mosconi
e mentre il sol le goccioline scioglie
un fumo opaco s'alza dai covoni.

Risplende il verde tra le centofoglie
un rosso intenso accende i peperoni
e le friselle fan salir le voglie
di pomidori e fette di poponi.

Rosseggia tra le zolle la campagna
tra verdi ulivi ed alberi di noci,
delle cicale va lenta una lagna

come un mormorio di stanche voci
e sui tronchi dei pini ognor ristagna
quel martellar di cicalecci atroci.

A Maria Liana
Per te oggi è un giorno assai speciale
ti son vicino e insieme a te io brindo
e spero insieme a te di festeggiare
visto che solo te sai corteggiare.

Mi sei vicina e nei momenti oscuri
sai offrirmi una parola di conforto
per cui in questo tuo felice giorno
ti dico sii felice a mezzogiorno.

E brinda anche per me e dici.”Evviva
alla faccia di chi è già morta e sembra viva”

Riflessioni


La foto è di Paolo Sapio

Quell'immagine
che lo specchio ogni dì riflette
è un'immagine un po' strana
copia identica d'un vecchio sognatore
dal viso implume e dai capelli neri.
Lo noto, mentre è perso tra i marmocchi,
che con lo sguardo scruta l'infinito
culla nel cuor gli identici pensieri.
Guardo le macchie sulla pelle,
le rughe intorno agli occhi,
ma io ci vedo sempre un ricciolino
che non vuole invecchiare,
che guarda nello specchio,
osserva e ignora il tempo,
non vede quell'immagine riflessa
perché ci vede sempre un ragazzino.

X Agosto sulle colline

Da un poggio che darà sulla pianura
vorrò guardare questa sera il cielo
seguir la traccia d'una stanca stella
e del Gran Carro il mulo o l'asinella.

Guarderò il cielo, penso sia stellato,
spero le nubi non lo copriranno,
aspetterò lassù che un astro arda
e qualche scia lucente non beffarda.

Felice esprimerò il mio desiderio
sperando che il destino m'assecondi
che quella scia si accenda celermente
e renda vero il mio pensare in mente.

Ma tanto so che Dio più non mi cura
delle mie voglie non gli frega nulla
di questo mondo ormai lui s'è scordato
da un pezzo in altre cose è affaccendato.

Forse è l'età, gli anni sono già tanti
ed anche al padre eterno danno noia,
più non gli importa di fare del bene
per questo lascia al mondo sol le pene.

L'ultima blocca in ciel stella cadente
e tutte l'altre lascia opache o spente.

Astro lucente

Quell'astro lucente
colora il mio mare
pennella le onde
le vedo albeggiare.

Eppure è al tramonto
ma so che la brina
il mare trasforma
domani mattina.

E sempre quel raggio
un po' più sbiadito
disegna quel mare
di roseo pulito.

La costa rischiara
la mezza collina
di verde s'accende
pulisce la brina.

Il silenzio si perde
tra gente e acque chiare
nel dolce Salento
mi tuffo a sognare.

Chi va con lo zoppo



Chi con lo zoppo va
impara a zoppicare
ma se sa anche amare
chi insieme a lui andrà
impara anche ad amare.

Perché i vizi brutti
son facili a imitare,
non serve dire: “no
stai certo, Salvatore,
giammai io t'amerò”.

Intanto per due ore
scagliando lampi e tuoni
sei stata qui a chattare
e, infine, m'hai sorriso,
ti sei lasciata amare.

M'hai detto non è amore
è solo simpatia,
chè un'amicizia pura
non teme di esaurirsi
salda nel tempo dura.

M'hai detto che se insisto
d'amore di parlarti
allora mi cancelli
mi oscuri sul portale
la pagina suggelli.

Allora t'ho sfidato
di andare ad oscurarmi
che non cambiava niente
perché chi porta affetto
sa amare ciecamente.

Ed anche se scacciato,
come un cane fedele,
la coda sempre muove
e se ne sta alla porta
anche se fuori piove.

Con una fotografia
Con una fotografia,
unisco la vita tua alla mia,
tu non lo pensavi affatto
ma dietro un cielo, nascosto in uno scatto,
in una semplice visione
si cela un mondo di condivisione.
Il tuo sguardo lontano
guida quassù la penna nella mano.
Tu guardi il cielo e il mare
un paesaggio, un'onda da eternare
io ci vergo sopra le parole
ridisegno su dei versi un po' di sole,
un volo di gabbiani
e sogno le tue nelle mie mani.
Sogno quel mare terso
e scrivo d'un amor un giorno perso,
di uno che penso ritrovato
che ancor l'amore suo non m'ha donato,
scrivo e a te resto vicino;
mentre immortali un molo, traguardi nel mirino,
io costruisco versi
con le parole ridisegno spiagge e cieli tersi
ridisegno anche il mio affetto
nel tuo, ch'è ora assente, spero e aspetto.

Resterai nel mio cuore
Resterai a vegliare in questo cuore
mentre provo di nuovo a riposare
forse è vero non sai ancora amare
ma con il tempo salirà l'ardore.

Forse, risveglierò qualche tremore,
saprò qualche emozione suscitare,
forse ti donerò anche un dolore
per un amore che non mi puoi dare.

Ma io ti chiedo sol di star vicino
di darmi un po' d'affetto e il tuo pensiero
che metta nel tuo cuor solo un cuscino

sol di sognare insieme a te io spero
per te sarà un amore clandestino
per me sarà un amor profondo e vero.

L'ora dei ladri
Quando il sole picchia sugli androni
e le strade sfuman di calore
il sonno scende e appisola la mente
e voi dormite saporitamente.
Questa è l'ora dei ladri.. e dei poeti...
Entro in azione silenziosamente
vo' nelle case e rubo un po' di cuore
a qualche donna che giace addormentata,
che il petto aperto s'è dimenticata,
per costruire versi e poesie!
Serrate bene allor porte e finestre
l'antifurto dovete regolare,
perché un poeta il cuor vi può rubare.

Fruscio di mare
Ho visto l'orma dei tuoi piedi
sulla spiaggia dall'acqua cancellare,
t'ho vista lentamente indietreggiare
mentre il fruscio dell'onda dentro il mare
il cuore mi ha riempito di tremore.

E per un attimo da te io son volato,
l'anima intorno a te ha volteggiato,
lo stesso sole m'ha scaldato il cuore,
ti guardavo quell'onda catturare
e dopo in quel filmato conservare.

E l'hai donata a me, senza volerlo,
il viso e il cuore di schiuma m'hai spruzzato,
ancora “amor ti amo” ho ripetuto,
ma tu neppure un po' ti sei voltata.

Tu non m'ascolti ed io presto mi stanco,
son troppo razionale (e resto male)
quando l'affetto mio tra la risacca
l'acqua lo porta via e il mare sciacqua.

Ma quel tuo mare, quelle orme tue stanche,
un affetto infinito han suscitato
una marea immensa di ricordi
nel tempo indietro m'hanno riportato.

Forse rivedo in te un amor finito,
un amore che forse ho trascurato,
su quella spiaggia che tu hai calpestato,
un affetto che ha i capelli bianchi
che hai cancellato coi tuoi occhi stanchi.

E m'hai portato ancor la primavera,
l'odor del vento, del mare del Salento,
m'hai riportato indietro di qualche anno
in te rivedo quell'amor che oggi
gli occhi tuoi tristi forse mi daranno.

Pace ragazzi


- La foto è tratta dal portale de “Il Fatto Quotidiano”

Sedetevi per terra e ragionate
gettati dadi e sei per sei cercate

io non capisco del perché la guerra
perché tanta violenza oggi v'afferra

o non è meglio in nome del divino
parlar di pace col sorriso e il vino?

perché viver tra odio e sofferenza
invece che tra gioia ed accoglienza?

in fondo questa terra è un po' di tutti
possiamo in pace cogliere i suoi frutti

con un po' di buon senso e di pazienza
si può sanar qualsiasi divergenza

ma non vedete il pianto dei bambini?
li state trasformando in assassini

e poi parlate in nome del signore
di tutti gli individui creatore

e cosa fate voi con i sacri testi?
a tutti regalate dì funesti

poi la bocca empite ancor di Dio
ma sol di bombe sento scoppiettio

dolci preghiere sento borbottare
ma sempre lutti state a seminare

la pace è un bene che va ricercato
in nome di quel Dio che vi ha creato.

L'amore non si inventa
Non ho coraggio è vero,
ma l'amor neppur si può inventare,
non puoi impastarlo con l'argilla
ne crearlo sul tornio con le mani,
l'amore si modella dentro il cuore
con lo strumento giusto:
il sentimento, spesso ingannatore.

Ma non va poi esposto a maturare
in un posto sbagliato e poco adatto.
Infatti, basta il caldo o un po' di vento
che di crepe tutto si riempie
e dopo deperisce:
è da buttare!

Ci vuole tanta cura,
tanto affetto,
la devozione ed un amore puro,
ci va la sintonia di mente e petto
mista ad un poco di malinconia,
ci va la nostalgia
quando lontano sei o parti via,
ci va il ricordo,
il giusto grado di passione,
ci va la compassione
quell'emozione che ti prende dentro
che ti preme sul cuor senza ragione,
ci va anche un poco di emozione.
E poi ci va l'amore quello vero
non quello legato al sesso che si usura
ci va la tenerezza, quella reale e pura,
quella che eterna dura.

Una giornata di sole
Che bella giornata di sole
ma il cuore rallenta deluso
a batter stamani non vuole.

In cielo vi è un volo confuso
di rondini tarde arrivate:
nel nido un uovo s'è schiuso.

Ma è un uovo tardivo
anch'esso d'amore ormai privo.


Ma insiste a battere l'ali
lui ama e vuole planare
in volo su boschi e casali

e cerca una donna d'amare
sincera con sani ideali
che sappia l'amore donare

Ma trova soltanto le spine
che coprono prati e colline.

La composizione si sviluppa in due strofe con versi novenari nello stile dell'ottava toscana (la stessa impiegata nella Gerusalemme Liberata del Tasso, solo che quest'ultima è tutta composta da versi endecasillabi) con chiusa con un distico finale a rima baciata (la siciliana, invece, è tutta in terzine con versi endecasillabi a rima alternata).

Un pallone sgonfio
Come un pallone sgonfio sto afflosciato,
in un angolo in mezzo a un verde spento
anche il sole questa sera se n'è andato
non spira manco un alito di vento.

Sembra che il sentimento sia sgonfiato
il cuore batte lento, molto lento,
lo sciopero anche lui ha dichiarato
le braccia incrocia vinto da sgomento.

Non vuole rassegnarsi a restar solo
a guardare le stelle sparse in cielo
ed anche la sua stella ha preso il volo

coprendo tanto affetto con il gelo
che è sceso ad imbiancare prati e suolo
distaccando la rosa dallo stelo.

Un volo di gabbiani


- La foto, gentilmente concessa, è di Lorena Martino di Monteroni (Lecce)

E' stato solo un volo,
un lieve batter d'ali,
è stato uno lieve scatto,
un rubare dal cielo un movimento.
Poi tutto è ritornato come prima,
col cielo azzurro sul mare cristallino,
ma senza battito d'ali di gabbiani,
senza più sogni fatui,
senza più volo lento,
senza più sentimento.

Dove sei?
Dove sei mia felicità inespressa?
Cosa i tuoi occhi adesso stan guardando?
A chi parli, con chi ti alteri e borbotti?
A chi sorridi?
Quale canzone ascolti?
Su cosa t'affaccendi e sei operosa?
Forse strizzi dei panni,
forse in giardino cogli qualche rosa,
forse tu guardi e pensi a chi ti pensa,
a chi per un tuo verbo si dispera,
a chi una carezza cerca e spera.
Forse rimpiangi il tempo che va via,
a quello andato che forse era sprecato,
pensi forse a una passata primavera,
a un affetto che sul ciel sostava,
come nuvola bianca,
che poi di colpo è diventata nera
e una burrasca in cuore ha provocato.
Pensi a un amor che oggi bussa al cuore
anche con qualche ruga ed invecchiato
che parole riversa su uno schermo
ad una foto che resta ad ascoltare
che mi ripete: “ No, non devi amare”.

Due uova


La foto, gentilmente concessa, è di Lorena Martino di Monteroni (Lecce).

Due uova in un campo
su un nido di paglia,
un volo silente,
un caldo che squaglia.

Due vite pulsanti,
oh, grande natura,
il cuor mi riempi
d'affetto che dura.

E vedo due becchi
dal guscio spuntare
la vita continua
non vuole cessare.

Ladro di parole
Ti rubo i secondi
stuzzico domande per aver risposte,
come una lunga corda
legata ad un battacchio
tiro,
tiro ed aspetto di ascoltare un suono
un suono di campana,
una preghiera
la voce tua ch'è assente
che già mi manca a sera.

Notte silente
Notte che silenziosa stai alla porta
forse mi stai spiando mentre veglio
è vero ancor non dormo e sono sveglio
lo so che questa storia è un po' contorta.

Sembra che abbia la memoria corta
e che la realtà più non sorveglio
ma questa volta sono andato al meglio
questa mi sembra una persona accorta.

Non mi incoraggia ma dimostra affetto
sorda non sembra a tanta devozione
io non ho fretta ed il suo amore aspetto

che arriverà salendo l'emozione
che giace addormentata nel suo petto
ma che risveglierà la mia passione.

Acrostico
(Lorena)



L'astro lucente a sera
Ormai saluta il giorno
Ruota confuso intorno
Ebreo senza preghiera.

Nudo si fa spogliare
Affonda dentro il mare.

- Sestetto poetico (il sestetto esiste solo in musica, ed è l'insieme di sei voci musicali, ma io l'ho creato sotto forma di versi per questo acrostico

T'amo
T'amo dolce creatura
che stai turbando tutti i giorni miei
amo la tua tristezza,
il tuo velato senso di dolcezza,
amo il tuo sguardo perso
che dietro quegli occhiali fissa intenso,
sembra voglia parlarmi
dirmi quello che vorrei dirti e che non oso,
amo anche l'aria che ogni di respiri,
i rumori che ascolti,
il soffiare del vento del Salento,
il fruscio dell'onda sulla rena,
di quel mio mare intenso e cristallino,
amo la sabbia che ti si attacca sulla pelle,
che toglierti vorrei con una carezza,
amo quel sole che ti da dolcezza,
la luna che il volto ti rischiara,
le luci in ciel che risplendenti
sono le mie parole
disperse e sole su nel firmamento
confuse in cielo insieme a tante stelle,
tremule nella notte e brillarelle,
ed odio questo cuor, questo mio affetto intenso,
che dono a chi mai avrò ma almeno penso.

A L.M.

Quelle voci



Quella voce persa pe' i rioni
da venditori con la gola stanca,
quella voce oggidì mi manca
la cerco in cielo come gli aquiloni.

Quella voce, muta tra gli androni
che s'è smarrita in qualche strada bianca,
esce dagli altoparlanti dei furgoni
a tanti altri rumor oggi si affianca.

E mi spezzate il cuore voci antiche,
voci di bimbi urlanti e sorridenti
di zii, di padri, di persone amiche,

sparsi per strade di giornate ardenti,
confusi a file lente di formiche
tra venditori di cavoli e sementi

Vegliando su una sedia
Avrei parlato con te fino al mattino,
avevo sonno, adesso mi è passato
or veglio su una sedia rattristato
e a te vorrei poter restar vicino.

Ti guardo: nella foto hai un volto triste,
vorrei che fosse invece sorridente
io parlo troppo e non è prudente
ma nel mio cuore un po' d'affetto insiste.

Ti sento respirar, ti giri lenta
quasi annoiata del mio sguardo intenso
non so perché, non prendo sonno e penso
forse qualcosa in sogno ti tormenta.

Quel viso triste tra i capelli sciolti,
nel buio m'osservi, non ti vedo gli occhi,
muta rimani in mezzo ai tuoi balocchi
forse le mie parole manco ascolti.

Ed è passato il dì che si correva
coi piedi scalzi urlando tra la menta
ed anche se infuriava la tormenta
da sotto l'acqua non ci si muoveva.

Ti porterò le sue parole
Amo il mio salso mare del Salento,
l'onda che frizza e sfiora la falesia,
amo quel suo parlar tra la scogliera
quel suo frusciare sulla sabbia bianca
che sa di mormorio, di pia preghiera.

Amo quel suo chiarore risplendente
la trasparenza azzurra dei fondali,
amo chi l'ama e l'accarezza un poco,
chi con lui parla e amore gli trasmette
amo quell'argenteo abbagliante e intermittente,
quel luccichio che sotto il sol riflette

Ti ho chiesto di donargli una carezza
di parlargli di me e di ascoltarlo
che avrebbe inteso e forse anche gradito.
E poi ti ho ripetuto vado a letto,
e tu semplicemente m'hai risposto:
“ ti dirò quello che mi dirà, te lo prometto”.

A Lorena Martino di Monteroni (Lecce) che con la sua semplicità me l'ha ispirata.

Pennellate di alba


La foto, gentilmente concessami, è di Riccardo Maltese
di Trapani figlio di Anna Russo, a cui è dedicata la poesia!


Quel velato pennello ha un po' sfumato
lo scoglio che accarezza l'orizzonte
il mare appena ha disegnato,
col suo riflesso lieve s'è abbracciato.

La prima luce le rocce già accarezza
il sole già s'affaccia sopra il mare
cambia i colori dal roseo all'azzurrino
col cielo si confonde celestino.

Ed io son qui, che osservo emozionato,
tanta serenità mi da letizia
assorbo del mar l'intenso odore
mentre l'animo riempio di colore.

Un poeta matto
Oggi m'han detto che son tutto matto,
chi me l'ha sottoscritto è una persona
che sostiene di aver molti problemi
ma io sostengo, e certo non ho torto,
che forse tanti affanni se li crea
come chi pianta il loglio dentro l'orto.

Ho cercato di farle allor capire
che di sicuro i matti non van soli,
di solito nel loro passeggiare,
soprattutto se questo avviene in rete,
è facile altri matti di incrociare
ai quali non basta solo il prete.

Ma d'essere matto perché io amo ancora
a me sinceramente poco frega
perché il sesso privo dell'affetto
sinceramente non mi fa felice
ma chi oggi me l'ha ancor ridetto
forse fa di mestier la meretrice.

Tanto tirò la corda
Tanto tirò la corda che si ruppe:
che potesse gestirlo era convinta
ma quella storia presto s'interruppe
perché intuì che fosse alquanto finta.

Forse si era acceso per le puppe
che lei ostentava quand'era discinta
ma alla fine l'orgoglio che proruppe
fuori dal cuore suo l'aveva spinta.

S'era proprio invaghito, anche l'amava,
soffriva per il suo comportamento
perché solo amicizia le giurava.

Lui credeva ancora al sentimento
del sesso senza amor non gli importava
cercava un forte affetto nel Salento.

Ma lei era bugiarda e poco vera
nel petto gli portò nuova bufera

e si sentì un uomo calpestato
solo perché di nuovo aveva amato

stava donando ancora un grande affetto
a chi non meritava alcun rispetto.

Si concluse ancor prima d'esser nata
un'amicizia che tal non era stata.

- Sonetto ritornellato

Una foto
Una foto a volte colma il vuoto,
non favella, parole mai non dice,
muta rimane, resta indifferente,
il tempo neppure la scalfisce.

Se ne sta lì, nulla di sé mai cela,
a volte sembra interessata e guardi,
ti sposti e lei ti osserva sempre
con la coda dell'occhio ognor ti segue.

Ognuno ci vede e legge quel che vuole
simpatica per tanti e interessante,
per altri senti dir non vale niente,
ma tu la vedi bella e stuzzicante.

Una foto a volte gli occhi ti riempie
ci giri intorno come ad una amante,
le parli, le sussurri mille cose,
tanti sogni ci fai, anche seduci.

La tratti, insomma, come una persona
se ne sta zitta ma con lei discorri
a volte ti fa rabbia, altri la insulti,
t'aspetti che lei parli e invece tace.

Ma sempre ti comunica emozioni,
sembra felice se l'osservi tanto
gioisce per le tante tue attenzioni
se tu sei triste, ti rimane accanto.

Abbandonati


La foto è di Francesca Coletti Artista (amica su FB)

La mia sedia non è certo una poltrona,
non ha cuscini
non poggia sui tappeti.
Qualche giornale per farci da sedile,
fogli che certamente non buttiamo
che per altre incombenze adoperiamo.
Tu ci guardi,
ci pensi un po' infelici,
ma in fondo questa è la vita che noi abbiamo.
Ma come te, viviamo,
il nostro cuore batte e si commuove,
al freddo e al caldo ci adattiamo
senza condizionatore,
senza ventilatore.
Ci basta il vento,
un albero o un portone.
Siamo esattamente uguali a te:
la nostra vita non l'abbiam cercata,
come è successo a te
qualcuno così, come la vedi, ce l'ha data.
Ti commuovi, e qualche soldo ci regali,
ma forse, non ci pensi o non ci badi,
come te sereni riposiamo
e stanne certo che neanche ti invidiamo.

Perché
Mi pongo mille volte dei “perché”,
perché dono il mio amore a chi non c'è,
perché lo debba donare proprio a te
che non lo provi e che non sai cos'è?

Mille volte ripeto, ma perché
debba inseguire chi non è un granché
che preferisce ai versi solo il tè
e che all'amore mio, dice: ”Macché”!

E ci ripenso poi sempre perché
forse è migliore ancora il faidaté
ed alla fine esclami e dici :”Beh!”,
giacché chi fa da solo fa per tre.

Citazione del mattino (27.6.2014) - Carpe Diem!
Quando l'amore si sarà risvegliato nel tuo cuore può darsi che si sarà riaddormentato nel mio

L'orgoglio
L'orgoglio è una cattiva compagnia
la mente prende e crea del malumore
è medicina pessima al sapore,
ti rode, ti tormenta e non va via.

Quando ti prende toglie l'allegria
rimugini e ti sale anche il rancore
ma a volte all'intelletto da chiarore
ti risparmia di far qualche pazzia.

É facile che il tuo comportamento
spiazzi colei che un po' ti fa penare
e che forse le susciti sgomento.

Ma tu potrai cosi verificare
se chi ti sta creando del tormento
lo fa sol con lo scopo di barare.

Fior di carciofo


La foto è gentilmente concessa da Lucio Meleleo di Cutrofiano

Fior di carciofo,
da bimbo sei spinoso e dispettoso,
pungi chi è disattento e un po' bizzoso
regali una pietanza salutare,
frittate e piatti lessi da gustare.

Fior di carciofo,
da adulto non ti posso più mangiare
ispido sei e duro all'apparenza
ma ancor conservi qualche nutrimento
a chi ti cuoce piano a fuoco lento.

Fior di carciofo,
da vecchio ci regali un fior violetto,
che brilla al sole in mezzo alla campagna
l'ape si posa e ci ricava il miele
ma il cuore tuo adesso sa di fiele.

Fior di carciofo,
reclini il capo e forse vuoi morire
ma semi spargi in tutta la campagna
poi ti trasformi in una pianticella
e cresci tra erba verde e acetosella.

Sballate
Tutte sballate sono le vetture,
che cerco e ancor non ho cambiato,
a chi manca un fanal
a chi lo sterzo,
i freni sono sempre difettosi
e gli sportelli fanno un gran rumore.
Il cambio gratta, la frizione slitta,
poi del differenzial non ne parliamo,
l'assetto sbanda,
non tiene nelle curve,
si rischia di finire nel burrone.
Ma trovi poi sempre qualcuno
che positiva ti fa la revisione.
Ed anche se ha le ruote consumate,
e scivola a frenare sul bagnato
qualcuno chiude un occhio
ti dice assai convinto: “Hai fatto bene
che l'hai tenuta e non l'hai rottamato”.
Anche le donne che ci salgo a bordo
sembra che siano poco generose,
ma forse sono io che mal ci vedo
e che le scelgo stolte e difettose.

Cancellarti
Cerco di cancellarti dalla mente,
lo cerco sempre,
disperatamente.
Ma il tuo sorriso sempre mi riappare,
quello di un tempo
quello che resiste
nell'albo delle foto e dei ricordi.

E poi in questi giorni sei tornata
t'ho rivista ancora sorridente
nel viso d'una nuova sconosciuta
che ha riproposto le tue stesse cose
le immagine che tu m'hai regalato
le stesse che all'inizio mi hai inviato.

Immagini di donna d'altra età
ma riprodotte sempre fedelmente,
quelle che i sensi toccano
che stuzzicano la mente.

E dovrei tanto squallore odiare,
invece mi sublimo tristemente
sul tuo sentiero torno
su quel colle mi fermo scioccamente
a riguardare il tempo ch'è passato,
a ritrovar l'amor che t'ho voluto.

Allora penso al tanto sentimento
che quell'affetto ha sempre generato,
penso allo spirar lento del vento
che sul Vereto un dì m'ha accarezzato
e dico che non è solo squallore
l'affetto che s'abbraccia con l'amore.

Divergenze
Ci parlerei con te dell'ore intere
ma tu questo linguaggio non lo senti
e non ti frega proprio un accidenti
dei versi miei e delle mie preghiere.

Tu del Petrarca e del suo Canzoniere
poco t'importa, non ami i versi ardenti,
la poesia è per gli adolescenti,
tu cerchi legna buona pel braciere.

Ed hai ragione, in fondo non hai torto
ci vuol ben altro per chi sta a digiuno,
coi versi malinconici e trasporto

si rischia di non risvegliar nessuno,
con le parole non risorge il morto
restano spesso un suono inopportuno.

Tanta fede
(Per Manu Fabbri)

Tanta fede in fondo m'ha colpito
io non ci credo ma a volte ci ripenso
alle parole dette,
rileggo anche quelle scritte e lette,
ci rifletto,
anch'io con qualche nume mi conforto
quando un dubbio m'assale,
quando sto male e sale lo sconforto.

E tanta fede, si, certo mi colpisce,
tanta devozione intendo e apprezzo,
in fondo a credere qualcosa,
a sperare in qualcuno,
non costa nulla,
ti dà solo conforto
e non si paga prezzo.

L'addormentato
Quando si prende a volte una sbandata
e si scambia l'amore per il sesso
può capitare dopo, e quasi spesso,
che difficile diventa la frenata.

Questo perché la vista s'è annebbiata,
l'occhio diventa piatto e non convesso
probabilmente il cuor s'è disconnesso
dalla mente che forse s'è estraniata.

In tale triste e oscura condizione
è facile scambiar mele con pere
col rischio di cadere in depressione.

Se poi ad arte t'alzano barriere
possibile sarà la delusione,
e resti al buio senza candeliere.

Amore di pastorello
Accudiva le pecore nel prato,
dal bordo del sentiero le adocchiava
e intanto al telefono scherzava
rideva a tratti, a tratti s'oscurava.

E parlava di papaveri e di fiori,
di vento che spirava tra gli ulivi
di ginestra, di ciocche di viole,
di pecore gestanti negli ovili.

Era il suo mondo fatto di lavoro
ma anche all'amore suo pensava,
parole tenere a tratti sussurrava
mentre unite le pecore teneva.

E poi gridava, forte anche fischiava,
il cane a cerchio le pecore adunava,
una rondine veloce lo sfiorava
mentre un pettirosso lo osservava.

Ad amare non c'è mai distinzione,
l'amore non cataloga le classi
matura in cuore e lì anche fermenta
nasce su un'autostrada, anche tra i sassi.

Ma tenero è l'amor nato tra i fiori,
tra tanti verdeggianti biancospini,
tra le farfalle sui prati volteggianti,
dolce è l'amor che sboccia tra gli ovini.

A Mino Reitano
Stanotte t'ho sognato!
Stranamente ieri ho sfogliato alcune foto,
foto di dieci lustri andati,
in bianco e nero,
ma ancora lucide e ben conservate.
Visi di primavera,
con i pensieri liberi d'allora,
foto di ragazzini sorridenti,
coi tuoi fratelli sullo sfondo attenti.
Ed io mi chiedo dove stiamo andando,
dove corriamo ogni dì che passa,
quale destino noi stiamo abbracciando,
quanta felicità raccoglieremo,
quale memoria poi trasmetteremo.

Ora nel petto naviga dolcezza,
frammista ad un ricordo, ad un pensiero,
mista a rimpianto a tanta nostalgia,
mista ad un fiore là nel cimitero
dei tanti amici che ora son via.

Ma a rivederci per come eravamo,
per quello che lo specchio ci regala,
per come adesso riflessi ci vediamo,
non ci par vero che questo filmato,
che scorre in queste foto in bianco e nero,
da allora poi di tanto sia cambiato,
ci sembra che nessuno ci ha lasciato.

Conchiglie


- La foto è di Lorena Martino (gentilmente concessa).

Perle del mare,
storie ormai finite.
Memorie da leggere,
sviluppo di vite.
Pensieri ammucchiati,
nel cuore pigiati,
letture infinite.

 

Rimpianti
(Ad Anna Rita)

Quel dolce succoso che pende
come arnia sospesa nel cielo
gustare vorrei dolcemente,
intriso m’ha il cuore e la mente.

Tu guardi troppo lo specchio
rimpiangi il tempo che passa
non pensi che il vino invecchiato
ha un gusto di buono e fruttato.

Se c’è ancora qualcuno
che chiede un calice pieno
offrigli fresco un bicchiere
con lui accompagnati al bere.

Poi inneggia ancora alla vita,
il latte non spargerti addosso
ogni giorno lasciato ingoduto
poi rimpiangi d’averlo perduto.

Dobri Dobrev

Tacete, per favore e non parlate
novantotto son gli anni, sono tanti,
ma sotto quelle vesti rattoppate
Dobri fa concorrenza a frati e santi.

Le sue scarpe da se ha confezionate,
i vestiti non son certo eleganti,
non ha magliette da Coveri firmate
non va al caffè, nè cena ai ristoranti.

Dal suo villaggio a piedi va in città
si siede su un gradino e poi paziente
attende qualche rublo in carità.

A chi dona ringrazia gentilmente,
quel che raccoglie, generosamente

consegna agli istituti di pietà.
Per se trattiene quello che ha già,

una pensione misera e indecente
che a mangiare appena gli consente.

Ma lui pensa a chi nulla possiede
ed ogni giorno sta sul marciapiede

al freddo e al caldo, questo non importa,
ed al convento tutto quanto porta

quel che raccoglie e i fondi sono tanti
tutto regala agli orfani e ai lattanti.

Un grazie non s'aspetta e ne lo vuole
per chi soffre vorrebbe un po' di sole.

- Sonetto ritornellato

Anna, il mio primo amore
Anna era stata il mio primo amore
era di luglio, e il sole picchiava,
lucente era il mare, uno splendore,
leggera l'onda tra i sassi friava.

Pietrosa la spiaggia ma dolce il cuore
sul pianoforte i tasti schiacciava
il suono udivo con forte tremore
dal corso fischiavo e lei s'affacciava.

E con le dita intrecciava parole,
“t'amo”, diceva, facendo dei segni,
“dopo t'aspetto davanti alle scuole”.

Il tempo cancella affetti ed impegni,
evapora i sogni i raggi del sole
ma anche gli amori fugaci ed indegni.

L'edera


- La foto è di Lucio Meleleo

Ai muri abbracciata
l'edera resiste,
al sole si crogiola felice
sulle crepe s'attacca
dentro il cuore insiste!

Affezione
(A Liana)

Lo vedo, non pensar che sono di ghiaccio,
anche se poi nascondo i tuoi messaggi,
se ti ignoro e fingo noncuranza,
mi accorgo, stanne certa, chi mi pensa
del sole ancora vedo e sento il raggio.

Troppa grandine ha colpito il cuore,
il gelo intorno tutto ha devastato
finanche il rosaio è arido e seccato
resta impotente anche il giardiniere
serve concime dove c'è squallore.

Tu ce la metti tutta e non demordi
ma l'ombra scura aleggia e mi sommerge
ma è necessario il sole a piante e fiori,
serve il calore a rafforzar lo stelo
la mente e il cuore sono sempre sordi.

Noto la tua passione e la pazienza,
si, in terra ancor risplende amore,
dura per me è stata la lezione
ma sordo non rimango all'affezione
anche se poi dimostro indifferenza.

La danza dell'ulivo


La foto è di Lucio Meleleo e l'ulivo è piantato sulla rotatoria Sannarica-Giuggianello (LE)

Amici miei ma dove siete andati
la mia compagna solo m'ha lasciato
per far la strada tutti vi han tagliati
ed io mi sento triste e abbandonato.

Ma danzo e in questo modo il tempo inganno
anche se il canto mio in pochi udranno

Ma son felice d'esser condiviso
almeno regalar potrò un sorriso.

(Strambotto composto in endecasillabi al modo toscano)

Tenerezze



Mamma carota aveva un chiodo in cuore
quella sua figlia era disperata
e l'avvertiva con un gran dolore
da lei sarebbe stata separata.

Registrava quel languido tremore
che pervade chi sa d'essere amata
e coglie dei congiunti ogni sentore
pur restando impotente e disperata.

Ma tanta tenerezza, no, non sfugge
a chi culla nell'animo pietà,
questa emozione ancor nel mondo rugge

vince ogni male e la malvagità
e sempre vi è qualcun che non distrugge
i palpiti di amore e di bontà.

Tanta abbondanza
Tanta abbondanza già l'avevo vista
ma dio del cielo d'anni ne avea tanti
e quei suoi sen li disegnò un artista
al confronto ci son sol dilettanti.

Dubbioso prima, dopo realista,
perché quel ben di dio ch'era davanti
mi risvegliò l'istinto maschilista
facendo intenerir demoni e santi.

Così decisi d'accettar la sfida
per carezzar quel seno sospirato
avrei sfidato chiunque alla corrida

e la sconfitta avrei anche accettato,
ma penso che la sorte in fondo arrida
anche ad un fantasioso innamorato.

La pedalata
Ti penso in bicicletta lenta andare
con tanti amici e sempre sorridente
ti penso lungo il mare pedalare
ma tu lo sai che più non provo niente.

Ma questo cuore ancor non vuol cessare
di chiudere per sempre ogni battente
per te continua ancora a palpitare
anche se un po' sei stata deludente.

Poi penso alle parole, al tuo sorriso,
penso al regalo che ieri mai fatto
non lo capisco se tu m'hai deriso

ma dentro il cuore ancor rimane intatto
tanto desio d'accarezzarti il viso
e insieme a te potere fare il matto.

Fruscio di foglie
(A Rosamaria)

Stasera ho chiacchierato con un'amica
e a te pensavo mentre ci parlavo
ti giuro mi è costata una fatica
infatti la tua voce ricordavo.

E' proprio vero che la fiamma antica
che un dì con poca legna alimentavo
mi punge dentro il cuor come un'ortica
ricorda ancor l'affetto che donavo.

Come un fruscio di foglie mi risveglia
quel sentimento che io t'ho donato
che spesso nel miei vaghi dormiveglia

pensavo che l'avessi ricambiato.
Ma fu lo stesso suon di quella sveglia
che coi piedi per terra mi ha portato.

Il gusto del sale vieto
Il sale che oggidì gustai il sapore
anche tu l'hai assaggiato gioia mia,
perché quando coagula il dolore
ritorni e allievi la mia nostalgia.

Ed anche oggi m'hai donato un fiore,
poi che qualcuno in me lasciò una scia
di un giorno triste ricco di torpore,
con me sei stata muta in compagnia.

Cosa mai ci divise? Il mare, i monti?
Perché l'affetto separò il destino?
Non so ai figli tuoi cosa racconti

di quell'amore semplice e bambino
che Dio poi confinò, senza far sconti,
in questo vecchio borgo montierino,

dove dolente a volte la tristezza
l'aria mi porta della giovinezza

che spesso illude l'animo gentile
che poi raggira qualche donna vile

priva di fantasia e di sentimento
nel cuore morta e l'animo già spento.

- Sonetto ritornellato

Ad Anna Rita
Tu dormi e non mi pensi
ma già mi scaldi i sensi,
io veglio e, invece, guardo
e un po' di affetto azzardo.
Le foto tue stampate
sul tavolo ho allargate,
le fisso e un po' ci parlo
mentre nel cuore un tarlo
qualcosa mi bisbiglia
che al cuore già s'appiglia!
Le osservo e sto vegliando
a te io sto pensando,
per me è una gran festa
cancelli quel che resta
di un sentir malato
che certo era mal nato.
Ti vedo tra gli ulivi
con gli occhi tuoi giulivi
e ascolto una risata
su Skype registrata
che scivola randagia
e il cuore mio contagia,
all'animo s'apprende
e un po' d'amor ti rende.

T'amo ape operosa


La foto è di Luigi Reho gentilmente concessa

T'amo, ape operosa
apprezzo il tuo alacre lavoro,
t'amo perché di polline ti incipri,
fecondi poi la profumata rosa,
il pesco che darà i suoi frutti d'oro.

In silenzio t'osservo
lenta ronzar da fiore in fiore
beccheggiando paziente
irridi quest'uman protervo
che rende spesso nullo il tuo lavoro.

E t'accompagna silente
nel volo tuo compito una farfalla,
un maggiolino, un nero insetto
sgraziato e diligente
che affonda nel pistillo d'una galla.

Paziente anche trasmuti
quel tuo lavoro in miele
che ammucchi dentro gli alveari
e sono doni dall'uomo ricevuti
che a volte ti regala solo fiele.

E infine vedo i campi
trasformarsi a sera nei colori
quel rosso dei papaveri infuocati
si spegne all'orizzonte e sembra stampi
in cielo e in terra gli ultimi fulgori.

Quei silenzi


- Particolare da una foto di Elia Funiati

Quei silenzi delle fattorie,
quando la luna illuminava i campi
quando il buio tra gli alberi allignava
mentre lontano un gracidar di rana
un concerto di grilli accompagnava.

Quei silenzi col sudore in fronte
seduto sui gradini delle masserie
con la zanzara che all'orecchio sibilava
mentre la brina già bagnava i campi
e lugubre la civetta pigolava.

Quei silenzi persi nella mente
rincorrendo un volo di falene
fantasticando amori e affetti veri
senza pensare al dopo ed ai dolori
con l'animo addolcito dai piaceri.

Quei silenzi oggi pesano nel cuore
con la cruda realtà han fatto i conti,
tutti li scorro come in un filmato
a volte m'addolcisco, a volte piango,
ma spesso maledico d'esser nato.

13 Aprile 2014
Mi ha svegliato quel sibilo già noto,
quel richiamo che sa di primavera
che dalla mia persiana a volte filtra
che dopo m'accompagna fino a sera.

Guardo nel cielo, voli non ne vedo,
sento soltanto i fischi sopra i tetti
ora i rondoni i nidi stan costruendo
per renderli più comodi e perfetti.

Prima un lavoro lungo ed estenuante
antecedente alla ricostruzione
segue la corte, poi l'accoppiamento,
dopo la cova e la riproduzione.

E mi vergogno per la mia pigrizia
pel poco amore che forse ho donato
per quello che ho perduto e non capito,
per quello che da sempre ho trascurato.

Questo sibilo che assorda l'udito
che la mente e il cuore mi colpisce,
questi voli tra i vicoli romiti,
questa vita mia oziosa impoverisce.

La paura
Ora è di moda:
tornata è la paura,
il disagio, l'incerto del domani,
ora sempre più bianche son le mani
che il lavoro è un miraggio e s'allontana
solo disperazione in cuor perdura.

E se l'uomo è incerto nell'andare
pensa al domani, al mutuo da pagare,
pensa ai suoi figli ed alla sua famiglia,
al pasto che deve assicurare,
vede la vita senza più speranza
in un paese senza più futuro
dove a crescere soltanto è la miseria,
la voglia di buttarsi dentro il mare,
ditemi che gli importa di votare?

Quando il popolo perde la fiducia,
quando solo per pochi cresce la ricchezza,
solo il senso di rivolta avanza,
l'ultima sfida per la sopravvivenza,
sempre più dura diventerà la via,
in gioco non vi sarà sol dignità e decoro
ma anche libertà e democrazia.

Chi favorisce la miseria in terra,
col dramma certo di una nuova guerra?
Chi ne uscirà sconfitto o vincitore,
se manca dignità al lavoratore?
Se lo sconforto subentra alla speranza
vinto sarà il paese,
sconfitti saremo ancora tutti quanti,
perché soltanto l'odio, od il rancore,
sarà di certo il solo vincitore.

Solo parole
Non dico parole,
non le voglio neppure ascoltare,
troppo si è scritto e detto,
troppo inflazionato è il pensiero.

A modo nostro tutti regaliamo l'amore,
tutti preghiamo,
tutti amiamo il nostro prossimo,
tutti ricerchiamo la pace nel mondo.

Ma il nostro amore nessuno lo vede,
le nostre preghiere sono inutili parole,
odiamo come non mai chi ci sta vicino,
nei fatti costruiamo i conflitti.

Irrazionalmente inseguiamo l'odio,
lo aduliamo e ci immergiamo in esso,
con esso conviviamo,
a volte ci inebriamo se produce effetto,
seminiamo il male come seme cattivo
poi ci lamentiamo che la gramigna alligna.

Le nostre parole sono pugnalate all'amore,
i nostri comportamenti schiaffi ai sentimenti,
la nostra vita edera selvaggia:
un albero senza vita
che il male ha ormai divorato!

Oggi, la notte
Oggi, la notte è scesa,
eppure il cuor non vuol sentire
oggi sono sceso all'inferno
tutto ho raccontato, tutto ho detto.
Ora finanche è scritto,
in un freddo verbale registrato.
Dovrei sentirmi libero, rinnovato,
invece questo cuor non vuol capire
oggi è vinto, umiliato.
La grandine un giorno seminata
ha generato infine la tempesta
oggi, è un giorno triste,
dovrebbe esser di festa.
Invece, le nubi si addensano sul cielo
erba infestante ho sparso sopra i prati
ed io ne soffro
perché il cuore non vuole stare zitto,
batte per conto suo
va storto, non va dritto.
Odio ho raccolto
l'ho ricambiato triste con rancore.
Ma questo cuor non vuol capire
e dentro batte ancora il vecchio amore.

In ricordo di Silvia Boscolo
Silvia era una ragazza che viveva con la nonna nel mio borgo, a Boccheggiano, a fianco casa mia. Posso dire che l'ho vista crescere perché da sua nonna era arrivata da Chioggia quando ancora aveva 16 anni.
Anche lei scriveva poesie ed ero io che le ricopiavo dal suo quaderno e le inviavo a poetare, perché lei non aveva il computer ed ha pubblicato solo sul nostro portale.
La poesia che ripubblico l’avevo scritta in Valle d’Aosta nel 2003 in un momento in cui mi erano venute in mente le sue parole ed il suo ricordo. Il mese dopo avrebbe compiuto 18 anni. Oggi c'è stato il suo funerale ed è stata una sofferenza immensa per me parteciparci perché neppure per me è un momento buono sotto il profilo della salute e della sofferenza interiore. Morire a 28 ci fa pensare molto sulla fragilità dei nostri figli e dei nostri nipoti. Siamo impotenti e non riusciamo più a trasmettere valori ed il mondo si avvita su se stesso. C’è un lassismo imperante e manca quell’autorità necessaria per dare anche sicurezza alle generazioni che crescono che, a me sembra, viaggino allo sbando e senza più punti di riferimento. Ho visto (e ricordo) le brutture dell’ultima guerra, la miseria che ci circondava, ma avevamo tanta voglia di vivere e tanta speranza di costruire un mondo migliore. E la mia generazione l’ha costruito. Ma a volte il troppo benessere non sempre è benefico per far crescere forti le persone. Ma ci vuole per forza la guerra e la sofferenza per diventare responsabili e forti?



A Silvia
Se io avessi
la tua stessa età,
potrei darti tutto l'amore
che nessuno fino ad oggi
ha saputo donarti.

Ti regalerei
tutto il colore dei fiori del mondo
e tutti gli odori più inebrianti
che la natura
racchiude nel suo grembo.

Non raccoglierei
neppure una margherita,
non reciderei
neppure un fiore di cicoria,
pur bellissimo
nel suo colore celestiale,
per non offendere la tua
sensibilità
ed il tuo amore immenso
per le cose del creato.

E ti amerei, così,
come tu sei,
abbracciandoti teneramente
e cullandoti tra le mie braccia
come fossi mia figlia
per farti addormentare
senza più paure
e farti dimenticare
tutte le tue sofferenze.

Borgo maremmano



In questo borgo antico e fuor di mano
non suona più neppure la campana
c'è solo quiete su quest'altipiano
e il trillo dei rondoni oltre l'altana.

Solo il mio cuore affoga dentro il guano
mentre dei pioppi in ciel danza la lana
ma nessun grillo trilla a Boccheggiano
tra le formiche in lenta carovana.

Muti sono l'affetto e la passione,
svanito il riso, resta l'odio sordo,
solo squallore, morta è l'emozione.

Monotono e privo d'ogni accordo
ronza come il mal dire un calabrone
che poi cattura un nero corvo ingordo.

Il sol colora la ginestra gialla
ed i cavalli ancor fuori di stalla.

rinforza il verde degli ulivi in fiore,
dà al biancospino un tocco di candore.

Poi al fischiar dei merli s'accompagna
il verde di una splendida campagna

che allaga la pianura maremmana
un tempo tanto insalubre e malsana.

- sonetto ritornellato

Anniversario 2014
(A mia madre)

O madre mia che sol conservi traccia
nella mia mente e brilli nei ricordi
in questo dì che limpido s'affaccia
non sento l'armonia dei dolci accordi.

Sulla tua tomba vedo solo erbaccia,
ascolto dei richiami monocordi
d'un nero corvo che mi urla in faccia
e lancia al vento i suoi lamenti sordi.

Vorrei poterti accendere un lumino,
donarti una piantina di giacinto
parlarti e poter stare a te vicino.

Invece vedo qualche fiore stinto,
la tu foto d'un bianco cinerino
e il tuo sorriso freddo che si è estinto.

L'occhio della lince
Quando l'amore in odio si trasforma
sempre chi ama è quello che patisce
perché nel cuore suo rimane l'orma
d'un affetto che più non elargisce.

Anche se l'odio la ragion deforma
cova in petto l'amore e rifiorisce
nel ricordo s'inebria e si conforma
perché il vero affetto mai finisce.

Ma è il buon senso che alla fine vince
che sulla realtà ti apre gli occhi,
ti scrolla dai tuoi sogni e ti convince

che questo non è il mondo dei balocchi
che occorre il cuore e l'occhio della lince
per non fare la fine degli sciocchi.

Evasione fiscale
Ormai si sa ed è bello e assodato
che a pagare son sempre gli stessi,
quelli che hanno un conto con lo stato,
gli onesti che il dovuto hanno pagato.

Questo mondo è fatto per i furbi
che le trappole son buoni ad evitare
coloro che sanno evadere e sfuggire
nelle tagliole non vanno mai a finire.

Si comincia col semplice artigiano
che a trovarlo è un colpo di fortuna
lui i lavori in casa viene a fare
ma nella ricevuta non sperare.

Poi si passa al commerciante
o al barista, oppure al parrucchiere,
paghi ma è inutile aspettare
la ricevuta tarda ad arrivare.

Non parliamo degli affitti al mare
pubblicizzati in rete nei portali
paghi ma quanto a ricevuta
è come se davver l'avessi avuta.

Poi ci sono i furbi artificieri
che ci provano anche col catasto
dove c'era un muretto demolito
un finto trullo ci hanno costruito.

Ma questi lasciano le tracce
degli affitti finanche sui portali,
dei finti trulli ho anche foto e prove
del prima, dopo e del quando e dove.

E basterebbe avere un po' di pelo
ed al fisco mandare un bel pacchetto
potremmo l'evasore sistemare
e farlo smettere tutti di fregare.

Ogni inizio ha una fine
Si incomincia col nome di Gesù
poi si mette in mezzo anche Maria
alla fine ci scappa un Padre Nostro
da dolce si diventa infine un mostro.

Colpevole non fu Monna Poesia
che fe' incontrare in rete tale amante,
prima adulò e finse anche d'amare
ma dopo lo convinse a fornicare.

All'inizio la cosa gli piacque
perché tornò indietro nei suoi anni
ma dopo aver bevuto un bicchierino
capì che molto amaro era quel vino.

Quando sentì il molle sotto il piede
capì di sprofondar nella palude
ma era tardi ormai per rinsavire
la scelta era tra vivere o morire.

Fece la scelta meno dolorosa
pensando di trovar la via d'uscita
invece troppo tardi avea capito
che fece male ad accettar l'invito.

E s'avvitò tra mille incoerenze
il senno perse ed anche il sentimento
alla fine capì che in quella razza
avea incontrato forse la più pazza.

Ora guadato ha infine la palude
i piedi in terra solida ha posati
ma adesso oltre a raccogliere gli affanni
la conta sta facendo anche dei danni.

Saro (Rosario)
Dove sei, Saro, dimmi dove sei?
Dove sono i nostri anni, Saro, dove sono?
Dove sono i nostri passatempi?
Dove le nostre risate prorompenti?

Notti d'agosto povere di luna
nei vicoli privi di lampioni,
tra quelle case vecchie e decadenti,
seduti su gradini traballanti
a raccontare storie inesistenti,
a guardar le stelle sul cielo luccicanti.

“Guarda, guarda, che lunga scia”,
“è una stella morta da tanti anni”,
“e la vediamo adesso, questa notte”?
“Esprimi un desiderio,
fallo ora in gran fretta,
ché la traccia si spegne e non aspetta”.

Notti di cieli tersi,
stelle cadenti,
scie declinanti,
sogni nostri oramai morenti
che nel ciel dell'infanzia si son persi.

Saro, Saro, rispondi, dove sei?
Questa notte sto pensando ai nostri morti,
e tu sei qui con me coi pantaloni corti,
col tuo sorriso franco e giovanile
senza pensieri in testa
come agnelli fuggiti dall'ovile.

Stiamo ridendo, ma siamo anche un po' tristi
ancora insieme nel buio di Chiesa Pepe
con la campana che ora mesta tace
con le candele spente,
spente come i pensieri in testa,
che s'agitano senza trovar pace,
ma aspettano ancora il dì di festa.

Saro, sei qui con me in questa lunga notte
ti chiamo ma la voce mia non senti,
sei qui nella mia mente,
nei miei occhi lucenti,
parlo con te ma tu non dici niente.

A Umberto Saba
Che m'importa della vostra statua,
che m'importa del ricordo vostro,
fate pubblicità solo a voi stessi
politici senza alcun decoro,
privi di sentimento e di passione,
ruffiani irredentisti d'occasione
per fredda convenienza ed accortezza,
per esaltare sol la vostra casta.

Il nulla aleggia, in voi non c'è coscienza,
le vostre convinzioni son traguardo,
squallido mercanteggiare di interessi,
conti che servono a formar le maggioranze,
a garantire il grigior dei vostri affari
d'una casta al potere,
di un'altra che si oppone e che vi tende.

L'anima della gente è che vi manca
il credo genuino che sottende
l'aspirazione e la tendenza
la gioia all'unità e all'aggregazione
la simbiosi del sentimento antico
che tiene unita e stretta una nazione.

Ora il rito è compiuto,
solitario ero prima e solo ancor rimango
su questa strada sembra che io vada
e morto son da un pezzo,
com'ero morto tanto tempo prima.

Solo un turista un po' svogliato
m'abbraccia per un rito d'occasione,
dopo aver espresso ad un passante
il desiderio suo, da villeggiante,
d'essere insieme a me fotografato.

5 Maggio 1913 (Anniversario)

O padre mio che ormai volteggi in cielo,
che fuori sei dal mondo mio assassino
più non schiacci le noci nel giardino
gli ulivi più non mondi e manco il melo.

Le piantine non copri con un telo
il tuo campo deserto ora è al mattino
nessuno chiama più Mario Marino
non togli dal terreno l'asfodelo.

E son passati cento ed uno anni
cigola sopra il pozzo ancora il secchio
a noi sono rimasti ora gli affanni

anch'io sto diventando adesso vecchio
più non m'importa ormai dei compleanni,
un bimbo non c'è più dentro lo specchio.

Gabbiani a Follonica



Su questa spiaggia bianca di Follonica
tra carpobrotus* e cespi di piantaggine
m'arriva il suono d'una fisarmonica
perso tra l'Alma** che sfiorò mai l'argine.

A ricordar la vocazion piritica
il Puntone*** riappar come in origine
mentre una vela scivola flemmatica
sul mare e poi scompar tra la caligine.

Il cielo sopra l'Elba è rosso porpora
ma tanti strilli la mia testa assordano
bianchi gabbiani insieme a qualche tortora

un po' di pane l'uno all'altro rubano,
mentre la nebbia all'orizzonte evapora
raggi morenti tra le nubi giocano.

- Sonetto composto in versi dodecasillabi con termini finali sdruccioli.
*-Carpobrotus detto anche fico degli Ottentotti (nella foto).
**-L'Alma è un fiumiciattolo che sfocia nel Mar Tirreno a sud di Follonica.
***-Il Puntone è un molo che un tempo serviva a caricare sulle navi la pirite estratta nelle miniere di Boccheggiano e dintorni.

Fuori di testa
Forse quel giorno ero disattento
quando postai il primo mio commento
a quella poesia su “Poetare”
che tanti guai doveva procurare.

Perché vergai poi quella mattina
quando appresi ch'era salentina?
Tre sentimenti avevo in cuore e in mente:
l'affetto per quel volto sorridente

l'amore per la terra dei miei padri,
la passione pei versi suoi leggiadri.
E poi quel viso sembrava serafino,
mi ubriacò senza mai bere vino,

mi trasportò indietro nei miei anni
non m'accorsi che nascondeva affanni
ci lessi è vero un sentimento strano
che nella mente ribollì malsano.

Tardi notai la maschera posticcia
che presto accese quella corta miccia,
che colorò di nero il suo sorriso
ch'era d'inferno e non di paradiso.

Ben presto quel celeste serafino
cambiò quel volto tenero e genuino,
spuntarono le corna sulla fronte
di un demone apparvero le impronte.

La perversione e tanta fantasia
s'alternarono con la bizzarria
e nella mente sua forse malata
emerse traccia di una debosciata.

Ed ora sintonizzo anch'io la testa
e aspetto che finisca il dì di festa,
insieme metto i cocci del bicchiere
mentre spengo la brace nel braciere.

Saggezza vera



Tra gli incontri prodotti dall'ebrezza
trovi a volte un'amica smaliziata
che pruriti non ha ma sol saggezza
e forse sarà Dio che l'ha mandata.

Questa ti arriva con delicatezza,
e avendo un'esistenza travagliata
ti suggerisce con naturalezza
in base all'esperienza maturata.

E come sorella cara e premurosa
ti dice di impiegar meglio le ore,
di estirpare il loglio e non la rosa,

perché chi vive solo di livore
sarà come cicala inoperosa
che sa solo cantare e presto muore.

Umanità senza anima



Spesso penso a che val socializzare,
le mie emozioni sono acqua di fonte
limpide e chiare quando sono a monte
torbide quando sfociano nel mare.

E non ti serve a nulla di sperare,
anche se il sole illumina la fonte
buio profondo resta all'orizzonte
e tanto fango intorno da spalare.

Alla fine la gente guardi in viso
e provi tanta pena e compassione
anche dal volto tuo perdi il sorriso.

Ti resta allor sol rabbia e frustrazione
quando sfilan col canto condiviso
col cero acceso mesti in processione.

Riccio



Me ne sto chiuso con me stesso,
mi scruto,
mi analizzo,
gli occhi socchiudo,
i miei pensieri inseguo,
ripenso a certe notti,
ai tutti i sogni miei interrotti.

Angoli di mare,
soli risplendenti,
marine biancheggianti,
sassi ghiacciati senza più calore,
poggi deserti pieni di squallore.

E poi il Vereto con le Centopietre,
una viuzza che costeggia il male
quella che avrei dovuto un dì evitare,
che nella notte andavo a ritrovare,
una casetta rosa,
un lume acceso,
che illuminava i miei pensieri assurdi,
che gioia donava ad un affetto sorto
dentro un cervello insano e un po' distorto.

Quel suo giardino con un prato finto,
un tappeto di verde un po' sgualcito
come il cervello suo fuso e usurato
come i suoi desideri e i suoi pruriti,
come gli affetti ormai tutti finiti.

Una donnetta priva di valori
che rincorreva follie e depravazioni,
che mi confuse e mi sviò di rotta,
dentro i suoi sogni un giorno anch'io annegai,
nelle sue bizzarrie poi l'emulai.

Ora son qui che medito nel buio,
le mie ferite lecco ma fan male,
lento come candela mi consumo,
ripasso a mente ancora la lezione
cerco d'equilibrar cuore e ragione.
Ma in mente appare sempre quel sentiero
a cui ancor oggi penso e mi dispero.

27 Aprile 2014



Tu lettore distratto non lo capirai
ma questi versi lei certo capisce,
e sono tanti ormai gli anni passati
ma il ricordo dal cuore non svanisce.

Perché gli affetti antichi son più cari
anche se la burrasca a volte infuria
ma dentro il cuor l'amor che sempre cova
non coprirà giammai l'ira e l'ingiuria.

Un augurio, per questo, ti rinnovo
tu capirai ed io ne son felice
sui falsi affetti l'amore sempre vince
anche se il cuore tace e non lo dice.

A volte
A volte ti ricordo sorridente,
quando aspettavi tardi per chattare
poi mi dicevi:”Vedi ho storto un dente”
era un piacer con te dialogare.

Eri ancora una giovane avvenente
i seni ti piaceva poi mostrare
nulla tu nascondevi, proprio niente,
ed anche adesso nulla sai celare.

Chi sta dall'altra parte dello schermo
s'inebria alle tue dolci esibizioni
neppure il freno riesce a tener fermo,

tu tutta tremi e sempre ti emozioni,
ti scaldi più del latte dentro un termo,
gioisci per le sue forti erezioni.

E suoni molto bene il pianoforte
perché ami la vita e non la morte

e dato che ti piace anche godere
accetti anche qualcosa nel paniere.

Ma li ci vuole proprio chi ha coraggio
perché non serve solo un uomo saggio

tu preferisci uno un po' fetente
che sappia manovrar falce e tridente,

non ti basta un poeta a sviolinarti
perché ricerchi chi sa violentarti

magari nella notte in un sentiero
e che lo stupro sia poi veritiero

dato che vuoi provare l'emozione
cercando il depravato e lo zozzone.

Dopo ti penti e vai Cristo a pregare
ma penso che ti manderà a cacare.

- Sonetto ritornellato

Come foglia alla corrente



Foglia di platano insecchita sono
galleggiando scivolo lentamente,
luccicando al sole,
tra il gorgogliare tremulo dell'acqua
verso l'ignoto vado tristemente.

Vorrei affogare,
in questa acqua diaccia sprofondare,
vorrei sparire,
questo mondo sgraziato licenziare.

Ti affianchi a me,
foglia di urtica sei,
igroscopica sei,
vedo il tuo annaspare
ti vedo già affogare.

Al mio gambo ti appendi
e mi trascini giù tra la corrente,
affioro, a me t'aggrappi ancor di più,
viver ancor tu vuoi
lo fai teneramente.

Ti afferro,
sul mio dorso ti carico e proteggo,
anche il tuo peso reggo,
un poco del mio affetto ti regalo.

Ma non basta il mio amore
non basta il mio altruismo regalare
insieme a te nei gorghi
inesorabilmente
mi hai fatto sprofondare.

Toccatina e..... fuga!
In Poesia e Racconti stamattina,
vedo che ancora non ci sei passata,
forse stanotte hai fatto la cretina
ti sei stancata e non ti sei svegliata.

Col meccanico hai fatto una sveltina
o con Saffo sei ancor lì abbracciata
o scrivi falsità a una poverina
che ha dato vero bene e s'è ammalata.

Vedi adesso da te quel che vuoi fare
tu pensi che non so con chi ragiono
lo sai che proprio me non puoi gabbare

scordata è la chitarra ed anche il suono
non è di certo dolce d'ascoltare
se non accordi sia la testa e il tono.

Cipressi a Bolgheri
Quei rosignoli di nuovo innamorati,
voli di lacrime furtive,
ho di nuovo ieri riabbracciati.
Nell'auto girava il solito CD,
la solita canzone di Adriano,
lei non sapeva
neppure immaginava chi inseguivo
mentre nell'obiettivo mi centrava
mentre il pensiero mio
ad altri lidi libero volava.

Cipressi giovani,
con le chiome al vento,
insieme a quelli vecchi un po' ammalati,
cipressi sbarazzini d'altri tempi,
cipressi d'altri vati,
cipressi come me abbandonati.

A te pensavo mio Poeta caro,
ed alla tua Maria, la contadina,
al tuo rimpianto d'averla abbandonata,
a mio ormai inutile tormento
per un amor che ancor nell'animo mi porto
nato sui lidi dell'età mia verde
quando la vita era ancor giuliva,
e la sua mano stretta alla mia allor si univa.

Anche l'ultima infingarda in mente avevo,
provavo a immaginar con quale stagionato
stesse chattando in video conferenza
con le sue squallide e volgari esibizioni
in sottoveste o facilmente senza,
per poi sentirsi dir da un lercio soddisfatto
“è stato bello quello che abbiam fatto”.
E provar schifo ancora di se stessa,
provar disgusto dell'ultimo arrivato
utilizzare un altro disgraziato
per sbarazzarsi del nuovo “innamorato”.

Sempre identica la storia,
identica la triste sceneggiata
mentre quei cipressetti un po' invecchiati
vanno per la Maremma disperati,
come l'amore mio che ancor s'aggrappa
a un altro affetto che stenta a decollare
perché morta è Maria,
Anna non so più dove sia,
l'ultima ormai s'è persa per la via
e un'altra donna non mi va d'amare.

L'elettronica ed il moscone
Ce n'eravamo andati tutti in gita,
sereni con il sole verso il Chianti,
felici cantavamo anche alla vita
gli amici ad aspettare erano tanti.
Ma questa gioia in breve s'è sbollita
che il cellular ci assorda tutti quanti
per colpa d'un intrepido moscone
che fe' scattar l'allarme del portone.

Quel maledetto insetto bighellone
ci doveva rovinare la giornata?
Poteva andare, invece sul balcone?
No, doveva finir la su volata
sbattendo sulla porta il capoccione
con la gente che dopo s'è allarmata.
Così di corsa a casa siam tornati
ma di ladri non ne abbiam trovati.

Ottava toscana

Akragas (Magna Grecia)
Mi accarezza il pensiero
il ricordo antico della storia.
Empedocle e Sofocle filosofi,
Pirandello letterato,
Livatino magistrato,
i templi antichi,
gli ulivi centenari,
la valle degli scempi.
Tracce sempre presenti,
ancora non usurate,
ricordano un'era di cultura
un tempo di grandezze
in una terra ingrata sempre viva
che regge all'usura dei secoli,
potente afflato di sapienza
che il tempo non scalfisce,
il passato non cancella.

Poesia
Cruciverba di parole
dove affetto è cinque verticale
e cuore è dodici orizzontale,
dove gli spazi neri alzano muri ai sentimenti,
dove quelli bianchi non puoi mai sbagliare
e astio confondere con amare.

Incesto
Assonanze parallele
i tuoi inviti morbosi,
il tuo spogliarti vogliosa allo specchio
i tuoi sospiri indecenti
le tue esibizioni immorali.

Mi ripetevi di tuo padre,
la tua gelosia incomprensibile
il tuo rancore sordo,
la sua rumena senza freni.

L'estate invitava a nudi panni,
ad ostentazioni su divani,
ignari di sguardi pietosi,
a stuzzicare le tue voglie represse,
che tu volevi,
che tu cercavi.

Il proibito era per te necessario,
la ricerca dell'estremo per godere,
era il tuo pane quotidiano
che costruivi ostentando i tuoi seni indecenti,
che ricercavi sui portali
dove la trasgressione era morale,
l'insano regola da rispettare,
il piacere bisogno da soddisfare.

Ero l'oggetto giusto dei tuoi sogni,
catalizzavo tutte le figure dell'infrazione,
la paterna e l'amante irrispettoso
senza freni e decoro,
del perverso da provare,
del peccato da assolvere.

Giocai nel tempo contro il tempo,
corsi a piedi nudi e mi persi,
mi sporcai e mi lavai,
mi saziasti e m'affamasti,
mi regalasti manciate di illusione
e fiumi di delusione.
L'amore s'è disperso:
resta ora solo la disperazione
l'immagine consunta della tua depravazione.

Il mio mare di Calabria


(Foto di Carmeo Galimi)

Il mio mare,
sempre uguale
con i colori cangianti
dall'azzurro al viola,
con le colline verdi che lo abbelliscono,
con i Peloritani che lo salutano,
che si specchiano e lo abbracciano
mentre il vento m'accarezza la fronte,
mi riporta giorni sereni,
mi ricorda passioni ed amori finiti.

Il mio mare resterà per me sempre uguale,
con la sua acqua gelata, secondo le giornate,
secondo la “rema” che vaga inaspettata
con Cariddi sempre pronto a ghermire
e Scilla indolente ad incantare, a circuire.

Anche il rumore dell'onda è sempre uguale,
scivola sulla sabbia sassosa,
modula sinfonie antiche che Ulisse conosce,
che le sirene confondono.
Ed io mi inebrio tra questi colori immutabili,
mi confondo con loro e scherzo con l'onda,
mentre il profumo della zagara vola nell'aria,
mi accarezza l'olfatto,
mi stordisce i sensi.

 

El viento y yo
Cómo pudiera tener
su voz y el viento,
viento que azota la luz,
la luz del tiempo.
Recuerdo la fatal angustia,
viento herido.
Llevas la espina de mis amores,
viento lascivo.
Ahora crece la flor confusa
del viento amigo.
Hoy bajo un cielo nublado,
mañana, ¿dónde estarás?
Y no saber por qué camino,
por cual camino te vas.
El viento se me ha perdido,
quién sabe si volverá.
¿Dónde ella? ¿Dónde? ¿Dónde su voz?
¿Dónde mi Luna?
¿Dónde mi Sombra?
donde la Luna sin alma y yo.
Adalberto Ortiz Quiñónez
(scrittore equadoriano e cantore del popolo nero)
  Io e il vento
Come avrei potuto ascoltare
la sua voce e il vento,
vento che frusta la luce,
la luce del tempo.
Ricordo l'angoscia fatale,
vento confuso.
Togli la spina dei miei amori,
vento sensuale.
Ora cresce il fiore disorientato
dal vento amico.
Oggi, sotto un cielo nuvoloso,
domani, dove sarai?
E non conosco la rotta
in quale direzione andare.
Mi sono perso in mezzo al vento,
chissà se ritroverò la strada.
Dove sarà lei? Dove? Dove la sua voce?
Dove sarà la mia Luna?
Dove la mia ombra?
dove la Luna senz'anima e senza me.
(Traduzione di Salvatore Armando Santoro)
 

 

La mano fasciata



La mano fasciata,
mi guarda avvilita
mi sembra impacciata
un po' indispettita.

Se pure bloccata
un po' indolenzita
pur sempre è invogliata
di muover le dita.

Non può stare ferma
ha voglia di dire
ed anche se inferma

non vuol svigorire
“per questo - lei afferma-
non voglio poltrire”.

Sottovoce
Sottovoce vorrei vibrar parole
che potessero sussurrare al cuore
con un profumo intenso di viole,
parole che parlassero d'amore.

Ma il cuore mio è stanco e più non vuole
illudersi con qualche venditore
che sol concime sparge sulle aiuole,
di falsi sentimenti è mescitore.

Piuttosto solo nei miei sogni affogo
e i miei ricordi vado a ritrovare,
che tanti ho seminato in ogni luogo.

Meglio un rapporto semplice e solare
che poi non bruci il cuore sopra il rogo,
solo un amor di mente voglio dare.

- Sonetto (Dedicato ad Ida)

Virilità
Ci son donnette senza alcun decoro,
sempre più spesso dell'università,
che giran camuffate per la rete
parlan d'amore, raggirano gli anziani,
in cambio di un regalo e qualche dono
fanno le azioni più laide e volgari,
lo fanno con tanta voluttà,
ma spesso il tutto avviene
con la complicità del proprio innamorato,
che spesso si lamenta, giustamente,
che l'anzianotto che è stato raggirato,
ha perso qualche colpo
e il suo amore non ha ben appagato.

Il mondo abbonda ormai di tanta specie,
esemplari in via di accrescimento,
in genere vagabondi e malfattori,
a cui il lavoro puzza e dà sgomento
mentre l'ozio dà tanto gradimento.

Alla fine si può sempre tentare,
ricorrendo al ricatto e all'estorsione,
qualcosa da poter raggranellare
perché in certe zone del paese,
per chi l'avesse caso mai scordato,
bisogna arrampicarsi su pei vetri
per provvedere al proprio nutrimento,
perché non è per nulla vero
che il malaffare e la prostituzione
sia un mestiere orrendo e poco serio.

E quando l'anzianotto poi si sveglia,
ed ha capito dove ha messo il piede,
comincia i girotondo dei ricatti,
perché si vuol sempre spolpare l'osso
per potersi un pasto assicurare,
tanto si può alla fine dichiarare
stolti d'essere diventati o mezzi matti.

Ma quando l'osso è stato già spolpato
solo una cosa resta ormai da fa',
l'insulto e la calunnia messa in campo,
con l'accusa che il povero ottantenne
non ha più forza e né virilità.

Via Crucis
Quanto stia soffrendo io
soltanto io lo so
e chi m'ascolta, Dio!
Quando l'amor colpisce,
e non si spegne
tanto di più il cuor ferisce.

Leggiadra eri venuta un dì,
allegra nei tuoi anni,
col tuo sorriso e di parole tante
eri venuta, si,
volevi liberarmi dagli affanni.

M'hai portato invece l'inferno,
in cuore hai acceso il fuoco,
me l'hai giurato sopra il padreterno
che a regalar l'amor non c'è mai tempo:
l'età non conta,
lo ripetevi ognor con insistenza,
era dolce sentirti
e tu donavi amor con contentezza.
Quello che in mente ti frullava
sinceramente io non lo sapevo,
di quell'amore il miele raccoglievo,
quello che allor sembrava sentimento,
figlio d'un tradimento,
perché tradivi per donarmi affetto
e per legarmi denudavi il petto.

Poi denudasti il resto:
a tanta passione alfin cedetti,
penso chiunque, sì, l'avrebbe fatto,
i maschi spesso sono dei bischeri perfetti
e se anche l'età è tanta ed avanzata
è facile sfiorar la bischerata.

Ora che la fornace è quasi spenta,
che legna non c'è più per fare fuoco
or che l'affetto il cuor non alimenta,
di tanto amore niente resta o poco.

I nostri errori
I nostri errori spesso non notiamo
a lor pensiamo quando è troppo tardi
quando dei danni fatti ci accorgiamo
e allor diciamo di essere testardi.

Invece, sempre un po' vigliacchi siamo
ci comportiamo come i gattopardi
al male seminato poi pensiamo
dopo che in mano scoppiano i petardi.

La perfidia spesso in mente frigge
guardiamo sol a quel che ci conviene
l'odio la tenerezza ognor sconfigge.

Oggi doniamo amor poi con le pene
l'animo dell'amato si trafigge
solo il veleno resta nelle vene.

Dolce amaro salato
Di te ricordo ancor quel lindo viso
riascolto quel tuo parlar sommesso
rivedo il tuo giardino e il tuo sorriso,
un suono di chitarra in cuore impresso.

Osservo quell'azzurro fiordaliso,
che colorava quel tuo primo amplesso
quel tuo godere ho ancor nel cuore inciso,
quell'affetto immenso che hai trasmesso.

Ti vedo dondolar a un filo appesa
ricordo quel tuo piangere improvviso
gli ulivi in fiore e tu sempre in attesa

d'una carezza sul tuo dolce viso;
sembravi da una nuvola discesa
a regalar l'amor che dopo hai ucciso.

Haiku (Morta la foglia)
Morta la foglia
annegano i pensieri
platini a sera

Metamorfosi
C'era una volta un vero amore, c'era,
lei lo donava come una bambina
l'anima ancor non era cinerina
ogni parola semplice e sincera.

E c'era il sole in cielo, non la sera,
la rosa nascondeva ben la spina
era una mite e onesta salentina
non era ancora sudicia lettiera.

Dolce ognora il linguaggio e appassionato
ricco di gentilezza e di calore
tenero, lineare e non storpiato.

Ma d'un tratto lo trasformò in squallore
nella scurrilità poi è declinato
l'odio arrivò ed oscurò l'amore.

Finché morte non ci separi
Amor che dentro il cuor sempre mi stai
non smetterò d'amarti e di pensarti
il cuore mio sa come conservarti
anche se l'amor tuo più non mi dai.

Ed ogni dì andrò dove tu vai
ti seguirò a posta per sfiancarti,
poi ti costringerò più volte a darti
giurar su Dio che mai mi lascerai.

Come quel primo dì sentirti dire:
“Ecco l'anima mia, tienila cara,
in cuor la tua io voglio custodire

che nel mio cuor così vive e ripara.
Me la darai poi prima di morire
quando infine la morte ci separa”.

 

Automne malade
Automne malade et adoré
Tu mourras quand l'ouragan soufflera dans les roseraies
Quand il aura neigé
Dans les vergers

Pauvre automne
Meurs en blancheur et en richesse
De neige et de fruits mûrs
Au fond du ciel
Des éperviers planent
Sur les nixes nicettes aux cheveux verts et naines
Qui n'ont jamais aimé

Aux lisi ères lointaines
Les cerfs ont bramé

Et que j'aime ô saison que j'aime tes rumeurs
Les fruits tombant sans qu'on les cueille
Le vent et la forêt qui pleurent
Toutes leurs larmes en automne feuille à feuille

Les feuilles
Qu'on foule
Un train
Qui roule
La vie
S'écoule
Guillame Apollinaire
 

Autunno sofferente
Autunno sofferente ed adorato
Tu morirai quando la tempesta si abbatterà sui roseti
Quando la neve
Imbiancherà i frutteti

Povero autunno
Agonizzi tra il candore e l'abbondanza
Di neve e di frutti maturi
Planano dei falchi
Sullo sfondo del cielo
Sulle ingenue Ninfe coi capelli verdi e corti
Che non hanno mai amato

Sul limitare del bosco
I cervi hanno bramito

Ed io amo oh stagione amo i tuoi rumori
Cade la frutta e nessuno la raccoglie
Il vento e la foresta lacrimano
Versano il loro pianto in autunno foglia a foglia

Le foglie
Che sfogliano
Un treno
Che rulla
La vita
Che fugge
Traduzione di Salvatore Armando Santoro

 

 

Per terra straniera
Per terra straniera
col tuo fazzoletto che avvolge la testa
che copre la fronte,
ondeggi
mentre sguardi impietosi ti penetrano.

Un passo dietro l'altro,
strascicando vai,
percorri questa corsia verso l'ignoto.

Ti guardo e non capisco.
Ti leggo dentro ed impietrisco.
Forse adesso capisco.

E' primavera (A mia madre)
“E' primavera, svegliatevi bambine
alle Cascine messere Aprile
fa il rubacuor”!

Ogni anno ci svegliava in questo giorno
col suo canto aggraziato
sempre uguale,
e sai, allor si stava anche assai male
ma lei non si accorgeva,
in Dio sperava.
Quel Dio che ogni dì l'accompagnava
che lei teneva sempre in cuore e in mente
anche a noi bimbi poi ci indottrinava
ma non sapeva chi propagandava.
Ma i giorni tristi tutti nascondeva,
all'acquaio il canto suo volava
in quel rione che sempre ho impresso in mente
che in questo giorno nuovo
ricordo ancora e sempre tristemente.
E m'accompagnava
quel tratto di mare luminoso,
l'Etna sullo sfondo,
le case risplendenti di Messina,
quel mare liscio come un olio puro,
le navi sullo stretto lente andare
ed il ricordo,
oh, ricordo assassino,
che non mi vuole manco un di lasciare,
fresco e frizzante
come un bicchiere pieno di buon vino.

Guardo i boschi che mi stanno intorno,
il verde che accarezza poggi e prati,
i fiori che ammiccano dai fossi,
bianchi e giallini,
e sullo sfondo l'Elba
coperta da una patina di grigio,
il canto triste d'una cinciallegra.

E ritorna quel canto,
ritorna ad addolcire i miei pensieri,
a cancellare tutte le tristezze
di questi amori falsi e lusinghieri
di queste gioie che ormai sono di ieri.

“E' primavera, svegliatevi bambine,
alla Cascine messere Aprile
fa il rubacuor”!

TVB (A Ida)
La mia giornata inizia già di notte,
tu dormi ed io mi chiedo se già sogni,
io veglio e invece adesso sogno,
quattro versi ti dedico e ti scrivo
domani appena sveglia tu li leggi,
in questo modo ancor mi sento vivo.

Prima ero morto,
adesso mi sembra d'essere risorto,
quella carezza che tu m'hai regalata
l'ho messa dentro un vaso,
con l'affetto mio l'ho già bagnata,
spero che ne produca altre ogni mese
se tu le doni con la tua passione
con nuova intensità ti saran rese.

Penso che quella semplice tua sigla,
quel TVB che in fretta m'hai lasciato,
non sia una estemporanea esclamazione
o un monosillabo scherzoso,
ma celi un tuo pensier giocondo,
un sentimento vero ed affettuoso
che mi incoraggi a scrivere dei versi
dimenticando quelli che ho dispersi.

Più sordo dei sordi
Le voglio bene per quello che m'ha dato
quando l'ha fatto un dì teneramente
la odio invece oggi intensamente
per quell'amor che invece ha simulato.

“Ama in silenzio”, lei m'ha consigliato!
Ma come si può amar se lei non sente,
se a questo amor rimane indifferente?
L'animo trema e il cuor resta annebbiato.

Meglio tacere allor, meglio tacere,
cercar di cancellar storie e ricordi
e nell'indifferenza far cadere

tutto l'amore dato e i disaccordi,
perché chi sol ragione vuole avere
meglio è lasciarlo ragionar coi sordi.

Il mio attimo fuggente
Colsi il frutto, maturo era da un pezzo,
matura lei e aspersa d'acqua santa
che del fiore aspirò soltanto il lezzo
visto che solo crediti millanta.

Colsi anche l'amore e poi il ribrezzo
quando scopersi la sua mala pianta
pagai purtroppo un elevato prezzo
ché pochezza nell'animo ne ha tanta.

corsi come un cervo in mezzo al bosco
ed aspirai tanta aria in libertà
mi trascinò in quel suo agire fosco,

un misto di tenerezza e di bontà
unito a quel suo atteggiamento losco
dal quale traspariva una viltà

alla quale il mio cuor non era avvezzo
che infine generò anche il disprezzo,

insieme a tanto mio rancore sordo
che cova dentro e che giammai più scordo.

- Sonetto ritornellato

Il morso della taranta
Per quei campi pietrosi mi son perso
al sole a rimirar le case bianche
sotto quel cielo azzurro e il mare terso
tra rocce solitarie e le calanche.

E nel silenzio maturò quel verso
che riempì le mie giornate stanche
e che colmò quel tenero universo
di dolci baci e di parole franche.

Ma poi quella taranta maliziosa
nascosta tra quei muri dirupati
un morso diede e fu molto insidiosa,

sostituì l'amor coi surrogati,
anche coi sentimenti fu impietosa,
li tramutò in vizi depravati.

Ad Anfra S. A.
Abboccato, al punto giusto,
da gustar con cacciagione
forse il bianco a colazione
il palato allieta e il gusto.

E lo senti assai robusto
e fragrante all'assunzione
t'abbandoni a libagione
meglio ancora se vetusto.

Tra vigneti soleggiati,
dove mai non scende sera
nei tuoi clivi e nei tuoi prati

v'è un'eterna primavera
tutti i gusti so' allietati,
bianco? Si, ma col gruviera.

- Dedicato alla Ditta Anfra S.A. - Casa vitivinicola di Pineto degli Abruzzi

Decomposizione
Se tu pensi che smetterò d'amare
solamente perché sei una sfigata
povera amante ancor ti sei sbagliata
non mollerò ti devi rassegnare.

So che t'ostini, non vuoi ragionare,
m'ha fatto pena la tua telefonata
e ancor più schifo, poi, d'aver amata
putrida carne messa là a frollare.

Ma quale mondo tu stai costruendo
senza più amore e senza più valori,
se per venti denari stai svendendo

la dignità e gli anni tuoi migliori?
La nuova gioventù che sta crescendo
ricca sarà di troie e malfattori.

Salento disperato
Presto riposerò tra le tue zolle
profumate di ulivi e di vigneti
mi bagnerò tra l'acqua dei tuoi mari
dal vento mi farò poi accarezzare.

Dal colle guarderò nella pianura
indietro a te ritornerò nel tempo
cancellerò il tuo odio e la paura
ritroverai la pace che rincorri.

E ti ricorderai le mie carezze
annebbierai i segni dell'età
forse comprenderai quanto t'ho amata

e tutto il male che m'hai procurato,
allora resterà nella tua mente
quell'ultimo mio gesto disperato.

Rugiada
Pene dell'alma
appese ad una foglia
sole splendente

Non basta cambiar nome
Non basta cambiar nome,
celarsi dietro un nuovo nick,
nessun mi sfugge in rete
anche se son pensieri informi
scopro sempre l'autore,
non serve più solo una penna bic.

Forse bisogna usare un pennarello
dal tratto grosso e poco raffinato,
per nascondersi non basterà un pastrano
neppure sarà utile un mantello,
di quelli d'altri tempi
usati in qualche borgo di Romagna,
forse necessita qualcosa che non si ha,
si proprio quello,
servirà un poco di cervello.

Nessuno mi potrà sfuggire,
vi sono troppe cose in rete seminate,
io non confondo il grano coi legumi,
poi ben conosco la mano degli autori
distinguo anche i pensieri
ed anche qualche ripetuto verseggiare,
conosco la voglia di qualcuno di imbrogliare,
con me occorre rassegnarsi,
giocare a rimpiattino non riesce,
anche se il desiderio sale e non decresce.

Chi ci prova  è  un cretino e tale resterà,
non basta accumular dei crediti,
ma serve piuttosto conquistar dei meriti,
non  è  sufficiente qualche esame ad attestare
un titolo che molti hanno capito
con quali mezzi si può anche comprare.
Non basta un foglio appeso alla parete,
neppure scrivere dei pensieri astratti
o verseggiare qualche rima in rete.
E la mente che deve alfin capire
che a conseguir “virtude e conoscenza”
non sempre  è  sufficiente
abbassar le mutande o restar senza.

Vagolando tra i perché
Mi chiedo perché continui a verseggiare,
alchimie, reconditi pensieri,
frasi dette ad uno sconosciuto,
avvolto in un mantello di bugie,
ombra che s'aggira nella notte
confusa ad ombre che non sono mie.

Giochi con le parole e mi confondi,
cerco il tuo viso di qualche anno indietro
le tue parole, cerco quel sorriso
che mi sembrava ingenuo ed era intriso
d'una felicità forse causata
dall'età ancora infantile
da una mente pigra ed immatura
che vaneggiava, che forse era ammalata.

Cerco un contatto mentre t'allontano,
so che con te mai più ritornerei,
troppo evidente e la perfidia in te,
abbonda la grettezza e lo squallore
la ricerca soltanto del piacere
fine a se stesso, senza sentimento,
d'un animo che più non cerca amore,
quello vero che più non vedo e sento.

M'aggiro su questo colle abbandonato,
solo tristezza aleggia tra gli ulivi,
in questo poggio un giorno tanto amato,
il mare mi saluta da lontano
l'orizzonte disegna d'azzurrino
giunge all'olfatto l'odore d'un salino
che corrode i pensieri
che rincorre parole false, poco vere,
ormai non più credibili e insincere.

Dimmi come fai
Dimmi come fai
a restartene in silenzio, come fai,
per me parlano le foglie,
con il loro stormir lento,
parla il mare,
con il suo rumoreggiare,
mi da ancor forza di amare.
Io non so dimenticare,
e neppur voglio scordare
quell'affetto che m'hai dato,
tutto il bene ricevuto
che nel petto  è  custodito.
Tanti giorni mesti e vuoti,
da quel dì sono passati,
falsi amori anche provati
già finiti e ormai sepolti.
Resta solo quell'incontro
nel mio cuore ormai ammalato
quell'incontro allor giulivo
ancor fresco ed apprezzato.
La mia anima conservi
perché ancor non me l'hai data,
a tua anima lo sai,
io ancor non l'ho buttata.
Forse fingi, sei bugiarda,
e nell'animo infingarda,
ma i ricordi li conservo
non li voglio cancellare.
Triste a volte vo' a cercarli
come un cane in giro annuso,
indeciso resto spesso,
più non so cosa pensare,
mentre l'acqua al collo sale,
sembra limpida abbracciarmi,
ma vuol prendermi e affogare.
Più non sono a te vicino
l'età passa e m'addolora
son cosciente e non so ancora
quel che ci darà il destino.

L'ombra del passato

Il nostro fardello di grandine e nebbia
pesa nella notte del cuore
dove il buio aleggia,
dove confusamente l'ombra ti avvolge,
ti crea incertezze e sconforto.
Il passato galleggia sempre nei nostri pensieri,
non  è  una zattera di salvezza,
 è  un macigno che ci spinge verso il fondo.
Istintivamente nuotiamo verso la superficie,
cerchiamo disperatamente ossigeno,
aria nuova per i nostri polmoni,
per la nostra anima.
Ma il passato ci opprime,
ci ricorda i nostri errori,
le nostre insufficienze,
le nostre disperazioni,
la nostra disonestà intellettuale,
la nostra ipocrisia.
Il passato  è  la nostra ombra:
anche senza sole ci seguirà instancabilmente,
anche al buio la noteremo sempre.

Bisce
Il mondo  è  come un viscido pantano
convivono entità piuttosto strane
che gracchiano più forte delle rane
parlandoci di Bibbia e di Corano.

Ma spesso fanno solo un gran baccano
e abbaiano ai passanti come un cane
che per calmarlo serve un po' di pane.
Ed anche questo dio sembra un ruffiano

a cui basta una prece e una candela
così dei tuoi peccati ti pulisce
e dall'inferno infine ti tutela.

Anche qualche donnetta si esibisce
ma tesse sprovveduta la sua tela
e nel pantano resta con le bisce.

E' morta la poesia?
E' morta la poesia
ai nostri giorni,
dove la guerra impera e ancor prevale?
Dove ancor l'ingiustizia,
no,
non muore?
Dove questo egoismo sempre sale?
E' morto il verseggiare?
No,
non mi pare!

Anzi di versi sale l'inflazione,
si,
io vedo,
solo dei versi leggo sui portali,
versi
come chicchi di grano sementato,
ad ogni zolla,
osserva, osserva,
una radice spunta.
Lo vedi?
Nuove radici getta.
Una rima nuova fiorisce,
e pur se muore,
come un cono di papavero avvizzito
poi mille semi intorno partorisce,
un nuovo verso nasce
dal fiore morto
un nuovo germoglio già fiorisce.

No,
non muore.
Non può morir nell'uomo la speranza
e tu poeta,
coi tuoi sogni irreali,
no,
non  è  vero,
non vivi tra la mota,
vivi nell'aria tersa,
tra le nuvole bianche e rosse a sera,
intorno a te nuova vita germoglia
infondi forza al mondo,
ogni pensiero tuo,
non  è  parola vuota.
Soffia,
espira tutta l'aria dai polmoni,
perché tu sei l'afflato,
potenza della vita e del creato.

Cocci di bottiglia
I tuoi silenzi son cocci di bottiglia
il tuo parlare colpi di mitraglia
il cuor ferisce, l'udito mi spariglia
ma sei gramigna in mezzo alla sterpaglia.

Ti cerco, per te percorro tante miglia
mi manchi come all'asino la paglia
che vaga senza una meta e senza briglia
che a volte sta in silenzio ed altre raglia.

Ma il mio cercare  è  solo d'occasione
amore non ne provo dentro il petto
e s' è  afflosciata anche la passione

che alimentava un dì tutto il mio affetto.
Oggi per te io provo compassione
per la tua vita ormai senza rispetto.

Sonetto un po' strano quello che presento composto da due quartine con versi dodecasillabi ed endecasillabi alternati che, comunque, non fanno perdere né ritmo e neppure musicalità al verseggio, e due terzine in versi endecasillabi.
Otre il rammarico ed il rancore galleggia in questo sonetto anche la compassione per una persona la cui scelta di vita non  è  da considerarsi ne lineare e neppure moralmente accettabile, condito da una composizione metrica strana, come la persona a cui la poesia  è  diretta. La spiegazione era d'obbligo!

Cerco il confine
Cerco il confine
lo cerco tra i miei boschi di Maremma,
lo cerco tra Montieri e Roccastrada,
tra il grossetano e le crete senesi,
lo cerco tra l'Italia e la Croazia,
tra la Russia e un altro continente,
provo a tracciar la linea sopra il mare
per dividere il Tirreno dallo Jonio,
l'Atlantico da tutti gli altri mari,
lo cerco nelle savane, disperatamente.
Cerco il mar territoriale,
per separarlo da quello che  è  internazionale,
le nuvole nel cielo nazionali
da quelle negli spazi siderali.
Lo cerco nei deserti,
tra le dune di Libia e Tunisia
lo cerco in mezzo ai fiumi
in ogni via,
sui monti, sui ghiacciai,
lo cerco e non lo trovo mai.

Il laghetto
In questo cuore chiuso v' è  un laghetto
nel qual di tanto in tanto vo' a bagnarmi
i piedi dentro l'acqua fresca metto
e lui  è  sempre lieto di accettarmi.

Lo sa che questo cuor non  è  perfetto
e con un certo garbo sa parlarmi
lui non mi nega mai un po' d'affetto
mi consola, e cerca di distrarmi.

Sa che la lingua sempre al dente batte
a quell'amor che fisso  è  nella mente
che tra rancore e affetto si dibatte,

che fa soffrire silenziosamente.
Sa che le piaghe in cuore lascia intatte,
con l'onda m'accarezza dolcemente

capisce il mio dolor e muto assente.

- Sonetto ritornellato

L'usignolo di Romania
(A Elena Beatrice Hasna)



Perché oggi bussi alla porta del mio cuore?
Perché mio tenero usignolo?
Lo sai che oggi mi sento tanto solo?
Lo sai che che sono un uomo e che non volo?

T'ascolto e la dolcezza invade il cuore,
sale alla mente,
tutta la pervade, le dà calore,
l'empie di melodia e la tua voce
come una goccia nella mente cade.

Mi da un affanno tenero che ammalia,
un sentire di suoni e canti insieme,
come quando da solo dentro un bosco
tra il verde affogo la malinconia
che il pianto che poi sale
dal petto scioglie e il vento porta via.

Ed oggi ascolto, si che t'ascolto,
perché anche “je suis malade”
sono malato per questo amore ingrato
che il suo affetto mi nega e m'impedisce
d'essere un uomo nuovo,
d'essere come allor dolce e felice.

Ma il cinguettio dei versi che tu canti
sono per me una musica divina,
 è  vero sei lontana,
ma la tua voce oggi mi  è  vicina,
mi sussurra in melodia parole
che questo cuor necessita e gradisce
che scioglie dentro il petto le mie pene
e l'anima consola e un po' lenisce.

Privighetoarea ROMÂNIEI
( Elena Beatrice Hasna )

Pentru ce astăzi bați la ușa inimii mele ?
De ce tânăra mea privighetoare ?
Știi că astăzi mă simt atât de singur ?
Ști că sunt un om ce nu zboară ?
Te ascult și dulceața ta îmi umple inima,
îmi intră minte ,mă străpunge , îmi dă căldură ,
mă invadează muzica și vocea ta,
e picătura ce-mi pătrunde mintea .
E ca o durere de licitație care te vrăjește ,
un sentiment de sunete și cântece împreună ,
ca atunci când singur într-o pădure
între verde îți îneci melancolia care plânge ,
care apoi se dizolvă, sare din piept dusă de vânt .
Astăzi te ascult , da, te ascult ,
de asemenea, eu "sunt bolnav-je suis malade "
pentru această iubire ingrată,
îmi toate neagă trăirile mele
împiedicându-mă să fiu un om nou,
să fiu din nou dulce și fericit.
Dar ciripitul versurilor ce tu cânți
sunt pentru mine acea muzică divină ,
este adevărat că ești departe ,
dar vocea ta azi este aproape de mine ,
îmi șoptește cuvinte cu a ta muzică
de care această inimă are nevoie
și-mi topește în piept toate durerile
și-mi mângâie sufletul calmându-l .

Tradus: Nicola Popescu

Osservando una fotografia


Toulouse-Lautrec, Donna nuda davanti allo specchio, 1897.

Sto osservando una tua fotografia
che ti scattai, svestita, un dì lontano
con la tua mano stretta alla mia mano
e non m'avevi ancor buttato via.

Erano giorni ardenti e pien d'amore
nei chiassi di Gallipoli abbracciati
dove da folli e ancora trasognati
ascoltavamo i palpiti del cuore.

E tu allora ancor non ti schifavi,
neppure usavi un basso turpiloquio
decente e puro era ogni colloquio,
promesse e dolci abbracci regalavi.

Poi nuovi affetti in te sono arrivati.
Affetti? No, io penso sol pruriti,
gli affetti veri hai tutti seppelliti
li hai con strane voglie rimpiazzati.

L'anima eppure in quelle foto resta
coi tuoi sorrisi dolci e spensierati
in un archivio sono ora salvati
a ricordarti come donna onesta.

Il tuo corpo per me mai sarà spento,
negli anni non vedrò i tuoi cambiamenti,
a te darà lo specchio sol tormenti
vedrai cambiar la pelle con il tempo.

Poesia da raccattare

La mia poesia nasce dovunque,
nasce nei prati ove la brina regna,
nasce in cantina mentre spacco legna,
nasce nel cuore, sempre nuova dunque.

Racconta le angosce e la mia vita
i miei dolori, le ansie mie represse,
i miei amori e come i ragni tesse
la tela che col cuor sarà scolpita.

Su di essa brilleranno tanti amori
quelli già avuti e quelli che ho sognato,
quelli che ho persi, quelli che ho lasciato
e quelli che m'han dato sol dolori.

Forse ricorderò soltanto questi
che sono i soli che dan sempre pena
ma che alimenteranno ognor la vena
dei miei pensieri che trasformo in testi.

Alla ricerca dell'infinito
Passo le mie giornate a passeggiare
mi sperdo e invano cerco l'infinito,
quell'infinito immenso da scordare
che ognor ricordo e che mi fa pensare.

Mi fa pensare ad un poeta strano
che di versi e tra i versi si confuse
che navigò su un colle e poi si perse
in un mare che gli tendea la mano.

Da quel colle lo sguardo sospingeva
ben oltre il limitare d'una siepe,
la mente con l'immenso s'abbracciava
ed il suo cuor paura non aveva.

Anzi pensava alle stagioni andate,
all'eterno ed al suono del silenzio
pensava al suo futuro ed alle rime
dal tormento del cuore generate.

Lo turbava la forza del creato
e cercava la pace nel silenzio
in un tal mondo ricco di conflitti
al quale si sentiva inadeguato.

Raccoglieva cosi pensieri e versi,
alla brezza del vento le rubava,
le custodiva su un silente colle
che la memoria mai avrebbe persi.

Ed anche io che vivo di poesia
come i funghi la cerco nei portali
colgo tra rime belle e delicate
nell'anima le incarto e porto via.

Lacrime
(A Elena Beatrice Hasna)

Lacrime, lacrime sincere,
lavate il mio spirito stanco
lavate la mia anima,
non indugiate,
lacrime,
non indugiate,
tergete le mie pene,
il mio dolore cancellate,
la mia ansia sciogliete.
Evaporate insieme al mio spirito,
nuvole create,
nuvole di affetto
avvolgete questo mondo vuoto,
senza più sentimento
senza più passione,
senza più amore!

Addio San Valentino

Ci siamo massacrati per amore,
t'ho fatto apparir quel che non eri,
un mostro m'hai descritto
un imbroglione,
un mentitore,
un porco avventuriero.
Ma tu lo sai che non risponde al vero,
lo sai infingarda,
figlia di mondana,
l'amore mio, lo sai, era sincero
il tuo lo  è  stato puro, per un giorno,
poi da bianco  è  diventato impuro e nero.
E m'hai travolto nel tuo fantasticare,
le tue disillusioni hai scaricato
su un cuore che t'amava
l'hai sfruttato
ed il suo cuore intanto s'ammalava.
Si usurava per un amor contorto,
al quale credeva e forse crede ancora,
ma per salvar la faccia tua e il decoro
le tue colpe ha assunto ed ha taciuto
dei tanti amanti che tu culli ognora,
delle porcate che in rete accarezzi,
delle bugie che ancora oggi racconti,
delle tue chat squallide e volgari,
delle tue foto allegre che donavi e doni,
dei filmati che tu hai riprodotto
che dopo hai sostenuto ho utilizzato
per aver quell'amor che tu m'hai regalato
che aver per forza non ho mai pensato.

Il mal che hai fatto
come un raggio torna
che ha colpito uno specchio e s' è  riflesso
e un male ti darà forse più spesso.
Fingere non si può se non si crede,
per pagare quei danni, tu lo sai,
non basta una preghiera e la tua fede.
Tu l'amore ancor non sai che sia,
e chi non sa, cosa tu vuoi che dia?

Come l'asino alla biada
Ehi, ragazzo non perdere il tuo tempo,
non inseguire tante donne in rete
vattene a spasso anche col maltempo,
con tanta pioggia sazierai la sete.

Gli ulivi smuove con vigore il vento
quell'agitare non arresterete
n è  il brontolar tra i pini nottetempo
n è  il cigolio che vien dalle faggete.

N è  fermerai nel mondo il malaffare
ed ogni cosa andrà per la sua strada,
delle donne non farti mai abbagliare

ma poi farai anche tu come le aggrada,
perch è  l'uomo non sa mai ragionare
e come il ciuco andrà sempre alla biada.

 

Discoteca a luci blu
Una serata peggio di tante altre
una fuga verso un ignoto certo
luci soffuse e musichetta soft,
un motivetto latino-americano.

Ed io son qui, nella penombra, assorto,
pigro inseguo queste donnette andate,
in buona parte sole o divorziate,
e l'altra parte di certo abbandonate.

Osservo l'allegria sui loro volti,
vi scavo dentro,
guardo gli occhi lucenti,
il riso a tratti appare un po' forzato,
altre sonoro, un po' sguaiato,
la voglia di attirare l'attenzione.

Osservo l'ondeggiare dei bacini,
i reggiseni a forza su tirati,
dei vestiti sgargianti e fuori moda,
qualche completo rosso e superato,
una minigonna forse un po' sguaiata
che scopre quell'intimo
che andrebbe di sicuro un po' celato.

Osservo e volo alla mia poesia,
a quella che pensavo ed ora scrivo,
ed accarezzo questa scrivania
dove ci mangio ed i miei giorni vivo.

 

I mulini a vento
Agito anch'io le ali,
l'aria smuovo e rimesto,
a volte parlo lesto
metafore costruisco,
sibilo tra i denti frasi mozze,
ma lei finge di non capire,
non m'intende,
con altri forse chatta
ed altri affetti contatta.
Ma un poco di coerenza,
caro Armando,
la vita gira avanti e non indietro
come un mulino a vento t'agiti,
il tempo tu confondi
in contromano vai remando,
dentro i tuoi sogni affondi.
E' l'ora di suonar la sveglia.
Tu tra le nubi sogni,
a loro t'attacchi come a una maniglia,
a loro ti confondi.
Poi un alito di vento
li scompiglia,
nel cielo li scompone
con loro tu ti fondi
come nell'acqua un pezzo di sapone!

 

Secchi sarmenti
Del tuo passaggio, in me, non resta niente
negli altri vedo non rimane traccia,
nessun ricordo, ne riso sulla faccia,
arida terra sei, vuota semente.

Eppur t'affacci a tutti sorridente
ma il tuo sorriso dopo un poco agghiaccia
e tu diventi in breve carta straccia
da accartocciare dentro un recipiente.

Instabile nel cuor, nei sentimenti,
domande poni, non cerchi risposte,
come un novello vino tu fermenti,

ribolli, ma poi restano sol croste.
Di vino non ve n' è , solo sarmenti,
acini secchi e scorie sovrapposte.

Ed anche questo è  amore
Ed anche questo è  amore,
ma tu non lo capisci,
non hai mai colto i palpiti del cuore,
ma il mio sentiero incroci e ti soffermi,
le mie orme ricalchi,
mi segui, insegui e mi dileggi
ma nel mio cuore leggi,
sai che del male io non te ne ho fatto,
ho provato ad amar come sapevo,
forse quel troppo amore ti ha disfatto,
tutta solo per me io ti volevo,
nella lotta per la tua conquista
ho perso la ragione,
s’era spento il lume della vista.
Ora lasciami andare,
il recinto del cuore ormai s’ è  chiuso,
anzi tutto il cuore è  ormai in disuso
e il corpo si avvia al disfacimento,
la mente è  come un lago spento,
emana odore d’acqua putrefatta,
il nuovo amore più non gli interessa
e al vecchio ormai più non s’adatta.

*Mary per sempre
Ed ora lo so che più non ci sarai,
non udrò il tuo abbaiar sommesso
quando la vecchia stradina ancor percorrerò.
Mi ricordo di te in un filmato
che una tipa un dì m'aveva dato,
giocavi con un piccolo gattino,
anzi tentavi di farci anche all'amore.
Poi un giorno di Aprile ormai passato,
incontro mi venisti un po' abbuiato,
prima eri anche diffidente,
e m'hai abbaiato,
ma poi sul tetto della casa m'hai scodinzolato.
Mary, Mary per sempre
la tua foto sul pc ho archiviato
l'ho conservata insieme ad altre foto care
riunite a qualche squallido filmato.
In fondo di te mi resta un buon ricordo
m'hai dimostrato simpatia ed affetto
anche le altre volte che t'ho rincontrato
ed oggi che ho saputo che sei morta
una lacrima negli occhi triste è  sorta.

Il ricordo non muore
Se ancor non muore e dura il ricordare
vuol dir che dentro ancora tu rimani
anche se il vuoto resta tra le mani
ancora avverte il cuore il tuo tremare.

Le mie tracce continui a calpestare,
le insegui come fanno gli zigani
e se lo fai non sei come i tafani
che il sangue a forza devono succhiare.

Forse cercavo solo un po' d'affetto,
del tuo passaggio v' è  rimasto il segno
ma a star con me nessuno ti ha costretto;

non serviva per questo un grande ingegno,
forse pensavi che in quel tuo terzetto
stolto apparissi senza alcun ritegno.

E se oggi mi stai a disprezzare
ricorda che chi sprezza vuol comprare,

e se questo per te appar corretto,
t'attacchi, non son più il tuo schiavetto.

- sonetto ritornellato

L'agnello
L'accarezzi,
lui si fida di te
chiude gli occhi,
la testa appoggia sopra il tuo ginocchio.
E tu gli spari un chiodo in testa,
ti stramazza davanti,
ti guarda,
forse ti chiede:"Perchè "?

No, alle stragi pasquali!

Le Centopietre di Patù
Su quel Vereto, fresco e ventilato,
mi sono perso chiuso nei pensieri
ed inseguivo gli antichi guerrieri
che i saraceni avevan sbaragliato.

E mi sforzavo di capire il costo
di tante donne prese e violentate,
di tante vite un dì sacrificate
nel nome d'un credo contrapposto.

E quell'ambasciatore assassinato
in quelle settimane aride e tetre
il prezzo pagò d'esser crociato

il sangue suo bagnò le bianche pietre
perché dai saraceni fu sgozzato
ma poi sepolto nelle Centopietre

dal popolo che l'infedel respinse,
che di sangue quel sangue ridipinse

perché in ogni tempo per chi crede
sull'oppressore vince ognor la fede.

- Sonetto ritornellato doppio

Le Centopietre è  un antico monumento funerario eretto nel IX Secolo nel comune di Patù (LE). Accolse le spoglie del Generale Geminiano, messaggero di pace trucidato dai saraceni subito prima della battaglia finale tra cristiani ed infedeli di Campo Re del 24 giugno 877, ai piedi della collina del Vereto.

Torre Pali
Dimmi come si fa
a dimenticare
una notte che non c' è ,
un mare che ricordi appena,
che ti sciacqua nell'anima
ti suscita passioni,
patimenti
e ti addormenta.

Dimmi perché,
mi frulli intorno
come un battito d'ali
l'anima accarezzi,
mi addormenti;
le tue parole
frantumano
i vetri del mio cuore.

Guarda con me
le luci che riflettono
un amore ch' è  finito
un dolore che rimane
che tu non sentirai mai
che io terrò per me
che ricorda le dolcezze
che tu non avrai mai.

Ascolta anche tu
il suono del dolore
campana a morto
che rimbomba
che ricorda un funerale
una vita che si è  spenta
un amore ch' è  finito
che tu non hai provato.

Le puttane amano tutti
Ho trovato dei messaggi nel PC
con le foto ed anche dei filmati
che un giorno m'hai recapitati
ma ti mancava qualche venerdì.

Erano foto a dir poco indecenti
e dei filmati poi non ne parliamo
solo che intercalavi con un “t'amo”
ed erano perciò puri e decenti.

Ma infine sei apparsa come eri
perché ho scoperto dagli amici in rete
che hai fatto quei regali anche al prete
e nel silenzio loro preghi e speri.

Infatti, con la scusa della veglia
ci facevi con lor le notti bianche
tra figure di sante smorte e stanche
mettevi bene in mostra la tua teglia.

Poi d'un colpo dicesti: “son cambiata”
ma a me bastò assai poco per capire
che avevi già agganciato tra le spire
dei nuovi gonzi per esser coccolata.

Ed hai cambiato è  ver ma solo letto
col meccanico, finanche un carrettiere,
e poi un imprenditore e un ingegnere
e un poveraccio brutto e piccoletto.

Che devo dir? M'hai preso bene in giro
per non dire qualcosa di più brutto
ed anche se mi hai un po' distrutto
m'hai dato giorni belli e non mi adiro.

Infatti, a lungo poi ci ho ripensato,
in fondo è  stata bella l'esperienza
anche se m'hai donato sofferenza
dei giorni di fervor m'hai regalato.

Senza speranza
(Ad Ida)

Dove sei scappata occhi verdi?
Quale pena t'opprime?
Il sole splende nel cielo,
la felicità è  una pietra liscia di mare
che si fa accarezzare,
osservare,
baciare.
E splende oggi il sole,
fa scintillare i tuoi occhi lucenti
che nascondono i riflessi del mare
ma anche sofferenze inspiegabili.
Brinda alla vita,
non chiudere la porta alla felicità,
alla serenità che sorride dalle pendici del Dolcedorme.
Anch'io tra le sue serre ho sorriso alla vita
anch'io ho sofferto per un amore non corrisposto,
simulato,
anche se i fiori erano odorosi e variopinti,
anche se le api li baciavano,
li accarezzavano.
Ascolta il fruscio delle loro ali,
il loro sibilare incostante,
lasciati abbracciare dal soffio del vento,
lasciati accarezzare dal suono dei ruscelli che scendono a valle,
bagna le tue gote nella frescura delle loro acque,
che si rinnovano ad ogni passaggio tra le rocce ricche di muschio,
godi del mormorio dei platani,
del fruscio delle querce,
del lieve tremore delle vette dei pini,
canta alla vita.
Non restare al buio della tua angoscia
mentre fuori splende il sole!
C' è  ancora tempo per vivere,
c' è  ancora tempo per amare!

Cercatori di sogni
(Ad Ida)

I tuoi occhi son quelli del Pollino
verdi nei rami, lucenti come l'acque
che dai dirupi scendono irruenti
solcando fino al mare l'Appennino.

S'io potessi parlare un po' al tuo cuore
l'avrei già fatto, di questo stanne certa,
di te conosco indole e natura
ed io non sono un bravo cacciatore.

E tu appartieni ad una razza forte
so che nel cuore culli un sentimento
simile al mio, al quale noi crediamo,
e a nuovi affetti non apriam le porte.

Forse non ci crediamo, siamo restii
a donar fede al primo che s'affaccia
a parlar di ciò che noi pensiamo
sia solo vento o tremuli fruscii.

E ci ancoriamo allora alle illusioni,
siamo convinti che certi nostri affetti
siano quelli veri ed a noi più cari
ed anneghiamo in sogni ed emozioni.

Imperfetti
Sono io l'imperfetto,
io che resto ancora ad ascoltare
il battito del cuore dentro il petto,
sono io il ritardato
che ancor non ho capito
che quell'amore è  stato sol comprato.
Anche se or capisco
che lei pensava di mercanteggiarlo
certo non mi stizzisco
d'aver capito tardi certe sue asserzioni
che l'amor lei non regalava
che solo a pagamento lo donava.
Mancò la forma,
forse mancò decoro e tatto,
carente fu il coraggio
a palesar che senza alcun vantaggio
l'amor per lei restava
solo un pensiero astratto.
Come una calamita
attratti restarono due poli:
il mio basato sull'affetto
il suo concreto sull'effetto.
Mancò la sincronia dentro il pensiero:
il mio perduto dietro un sogno antico,
il suo che per decoro non lo dico.
Per me, comunque, l'amore resta un dono
nessuno può pensare di saldarlo
come fosse l'estratto di un condono.

Tracce svanite
Di tanto amor traccia non resta alcuna
sparita è  dalla pianta anche la brina
langue la foglia e spenta è  la mattina
neppure il sole porta più fortuna.

Quel mio pensar pochi ricordi aduna
quello cocente d'una salentina
che nel mio cuore entrò come una spina
ancor oggi noiosa e inopportuna.

Ma quale tracce lascia sotto il tetto?
Cosa davvero resta nei forzieri?
Le tue mutande, forse il tuo corsetto

un volo sul Vereto di sparvieri
quel simulare finto di un affetto
perso tra quei tuoi squallidi pensieri.

La mia matita
La mia matita mi sembra sia arrabbiata,
sotto dei fogli e qualche libro giace
non si lamenta in modo plateale
ma tante volte appare impazientita
balbetta quando smuovo e dopo tace.

Si chiede del perché io privilegi
di scrivere i miei versi sul PC,
di farla rotolare sopra un foglio
 è  un desiderio che lei sente spesso
un desiderio che non le concedo
o almeno non le voglio dare adesso.

Da tanti anni giace non sfruttata
la punta è  sempre nera ed appuntita
e si ricorda quando suggeriva
versi nuovi e tenere parole
ora si sente sola e trascurata.

Mi prega, anche per il mio decoro,
di tornar il poeta che ero prima
quando stendeva il nero sopra il bianco
e tanti bei pensieri suggeriva
mi dice che può darsi stia sbagliando
a scrivere al PC parole in rima.

Mi ha fatto un po' di pena e l'ho afferrata
su un foglio mal stampato l'ho appoggiata
la punta nera il foglio ha carezzato
scorreva felice, la mano quasi mi guidava,
e queste quattro rime ha generato.

Dialogo con la madre
Se tu avessi un dì solo pensato
che quella tua prossima appendice
forse sarebbe mai stata felice
se tu avessi solo immaginato

forse quel dì, l'amor che hai tu dato,
l'avresti trattenuto dentro il seno
o l'avresti buttato sotto un treno,
a nessuno l'avresti regalato.

Nulla più ti rinfaccio, ora son nato,
poi sono andato come un pellegrino
prima a Firenze e poi in quel di Torino
e in questi lidi son anche invecchiato.

Ma dimmi qual vantaggio ho ricavato
d'esser andato via dalla mia terra?
Mi sembra d'esser stato a far la guerra
e con un braccio in meno son restato.

Ed anche il cuore dentro mi han cambiato,
ancor batte ma l'anima è  lontana
questa esperienza sembra sia spartana
son rimasto dell'anima amputato.

Ed anche tu cosa ci hai guadagnato?
Or sto tra le Colline a Boccheggiano
anche dalla tua tomba son lontano
l'ultimo fior non so quando ho portato.

Formiche
Avvitare un pannello,
dieci pannelli,
cento pannelli.
Mettere un mattone sull'altro,
allinearlo,
alzare un muro,
una casa,
un condominio che accarezza il cielo.
Ciò che ieri comincia oggi finisce,
dalla finestra mia s' è  perso il mare,
la nave appare dietro un angolo di casa,
poi scompare,
io sono perso in mezzo a un lago di cemento,
ormai sono spariti dietro un muro
i monti innevati dei Peloritani,
l'azzurro intenso di quel salso mare,
ormai sono ricordi anche lontani
le case tremolanti di Messina,
le immagine sparite e fiammeggianti
dell'Etna che scorre sui suoi fianchi,
di quel pennacchio che offuscava il cielo
che cenere portava sulle case,
sui poveri rioni e si stendeva a velo
sulle nostre piantine in fila nei balconi.
Ora rimane in cuor forte l'angoscia
d'una città che ha memoria corta
che non ricorda il dramma secolare:
le scosse repentine,
i vortici del mare.

Morena, la barista
Ho l'apparenza di un uomo sereno
al bar ho sempre la battuta pronta,
mi stanno ad ascoltare
fin quando non riesco ad annoiare.

Morena (la barista),
se non ha voglia più di chiacchierare,
o all'improvviso cambia nell'umore,
mi tronca nel discorrere e mi chiede
cortesemente di togliermi dai piedi.

Ma quando è  giù di corda e resta sola
(la crisi si avverte anche in paese)
o pensa a suo marito che va a caccia,
allor le sorte il fiato dalla gola
parla soltanto lei,
sempre ha ragione,
e pizzica ancor più d'un peperone.

Io resto ad ascoltar,
così poi sembra,
ma a volte dico si ed acconsento
ma in segreto, a tutti voi lo dico,
fisso la guardo ma neppur la sento.

E lei è  contenta di aver sempre ragione,
contento sono anch'io che non dispero
ch'entri qualcuno e debba andare al banco
così che d'ascoltarla non mi stanco.

Attesa
Il giorno che tu ritornerai,
col tuo sorriso e qualche ruga in volto,
il giorno che ancor mi chiederai:
"ti ricordi di me o son l'ignoto?"
forse tu soffrirai pensando a quello che hai perduto,
forse sorriderò pensando a quello che io ho guadagnato.
Quel giorno che mai sia,
l'indignazione sarà un ricordo spento,
forse la compassione,
si, forse la compassione dal petto salirà,
la stessa compassione che un giorno tu m'hai espresso,
un giorno d'agosto di tanti anni fa,
col viso tuo gioviale e sorridente,
con un braccio appoggiato al finestrino
di un' auto che viaggerà nel sogno,
lungo la tua stradina di campagna
che ogni tanto rivedo e non agogno.
Ricorderai le mie parole stanche,
forse anche il mio amore un po' infantile,
ricorderai la voce giovanile
che la notte turbava il tuo riposo
che la notte eccitava i miei pensieri
con un giochetto ardito ormai in disuso,
col mio pianto soffuso
verso un amore mal riposto e dato.
Si, sorriderò,
con un sorriso stanco ed avvilito,
indicherò col dito
quel colle dove i miei giorni ho consumato,
dove solingo andavo come un disperato
in cerca d'un amore mai esistito,
lo stesso colle solitario e muto
che tu m'hai regalato e che hai perduto.

 

La notte amica
Notte,
amica mia fedele
che m'abbracci quando il sol si spegne
e m'accompagni al buio languidamente
il tuo silenzio tacito questo borgo avvolge,
l'accarezzi ognor teneramente
e, me, trasporti sulle soglie d'un mondo
appariscente
dove soltanto un volo stridente di civetta
tra i muri lisi rapido saetta.
Sbadiglio,
ma non m'alzo dalla sedia,
col gomito sul desco, la mano sotto il mento,
indugio quasi a rinfrancar la mente
senza quei passi frettolosi il giorno,
senza il rumore vibrante dei motori,
senza il rimbrottare uggioso della gente.
Mi gusto questa quiete,
il disinganno che oltre l'abbaino non c' è  niente
solo un cielo stellato,
rilucente,
e il gelo che sui vetri ridisegna
quei vecchi sgorbi che mai ho cancellato,
ditate di sorrisi e di fantasmi
che s'affacciano ogni notte a lusingarmi
che sembra non vogliano lasciarmi.
E questa notte
tace anche svigorito il vento
stanco delle recenti corse
per questi stretti vicoli ruggendo,
stufo di intrufolarsi tra le vecchie persiane sbrindellate
che ha scosso e ancora una volta maltrattate.
E tacciono i pensieri:
più non rincorrono ingannevoli sorrisi,
che son spenti,
più non ascoltano false lusinghe
né fallaci promesse e adescamenti.

Apatia mattutina
Quest'oggi cupa e ombrosa è  la mattina
con la nebbia che sale e copre il borgo
neppure un cinguettio di ballerina

soltanto il brontolar d'un vento sordo
mentre nell'abulia sto qui a pensare
a quel Vereto antico, che non scordo,

all'agitar di foglie e al saltellare
dietro un insetto svelto un cardellino
e qualche capinera ancor danzare

sulle siepi di lauro e biancospino
tra i trulli e le decrepite pagliare
tra quei muri che sanno di salino.

E tace il cuore: ormai nulla ha da dare
ogni dolor vorrebbe fosse spento
ma la mente continua ad allagare

incurante del dolce sentimento
e dell'aspro rancor che ancora trova
nell'odio sordo il suo sostentamento.

Ma il sentimento nuovo amore cova
non più quello volgare dell'alcova

ma quello vero che dà nutrimento
alla passione che sempre viva sento.

Quando la poesia
(A Imma)

Quando la poesia spinge nel petto
non badare se il verso è  dritto o torto
lascia che sgorghi fuori e fa che sia
semplicità confusa a fantasia.

Quando malinconia, o gioia, t'assale
e soavi pensieri il cuor fermenta
le tue passioni dentro un foglio incarta
e quel che provi incidi sulla carta.

Non importa quello che tu scrivi
lascia che parli per te il sentimento
ostenta quelle dolci sensazioni
trasmetti ad altri ansie ed emozioni.

La poesia non ha uno schema fisso
pulsa come una fonte d'acqua pura
 è  poesia anche una semplice parola
ch'esce dal cuore e nello spazio vola.

Elargizioni
Ancor ti amo
anche se più tu non ascolti
se quando chiamo non ti volti

ancor ti bramo
il desiderio sempre sale
la tua promessa vive e vale

ancora gramo
riguardo vinto le tue foto
intorno alla tua casa ruoto

ancor richiamo
la voce mia strozzata stride
la tua son quasi certo ride

ancora Adamo
quello che Eva dona prendo
la vita in questo modo vendo

ancora un ramo
quello della mia amata quercia!
Per una meretrice lercia?

Ancor ridiamo
in fondo ho avuto tutto a scrocco
vi sembra ch'io sia stato sciocco?

Poesia composta da 7 terzine a rima aBB aCC aDD aEE aFF aGG aHH
con verso d'ìncipit quinario e distici novenari a rima baciata.

Quel figlio (Laude)
Quel figlio che lei propose un giorno
che le serviva a catturare un merlo,
che tanto fece e non pot è  mai averlo,
lei me l’aveva offerto quasi in dono.
Ma le serviva a regalare un corno
sfruttando la mia triste situazione
ma io neppure in questa condizione
tale offerta accettai e la respinsi.
E lo feci per te, mio amato figlio,
che il seme a una baldracca non prestai
per consentirle ancora nuovi guai
nel limbo ti lasciai non generato.

Spero tu capirai e se quel seme
viaggia chissà in quale continente
so che ritieni quell’idea malsana
perch è  non volli un figlio di puttana.

 

Pensando ad Alessandra
Oggi c' è  stato il sole a Boccheggiano,
la sera adesso lenta sta arrivando,
anticipa la notte
tra il silenzio che pervade il borgo
rotto dall'orologio alla parete
che segna l'ore come un martelletto
e che mi batte in testa e opprime il petto.

E' la noia adesso a farmi compagnia,
neppure un passo colpisce il lastricato
deserta è  spesso la mia via,
anche il vento furioso s' è  calmato
le foglie non trascina
il paese tutto ha ramazzato.

Filtra il silenzio mentre il buio sale,
la gente pigra dà legna al camino,
ha smesso il sali e scende per le scale
di questa Costa Ripida scoscesa,
la fiamma attizza con della brace accesa
ed il bagliore oscilla
a illuminare i volti un po' annoiati
a ricordare i giorni ormai passati.

E penso anche al sorriso di Alessandra,
che davvero la sera ora mi manca,
penso alle frasi sintetiche e gentili
quando arrivava con una calda pizza
con la sua aria sbarazzina e stanca
ed una buona cena mi augurava.
E poi lesta spariva
in quel laboratorio di emozioni
dove dorava i suoi ghiotti bocconi,
per riapparire dopo a fine cena
col suo sorriso e il volto da donzella
con un fagottino farcito di Nutella.

 

Autunno (Ottava)
Sembran giocare dietro l'auto in corsa
foglie dorate dalle querce perse
che hanno ceduto l'ultima risorsa
e il vento per i poggi le ha disperse,
le ha regalate al gelo e alla sua morsa,
nella nera fanghiglia le ha sommerse.
Attenderanno adesso primavera
e il verde d'una foglia mattiniera.

 

Sibila il vento
(Madrigale)

Sibila il vento oggi a Boccheggiano
un bigiore pel borgo l'accompagna
gli embrici smuove e viene da lontano

un urlo cupo che schiaccia la campagna.
Grava anche nel petto un tal tormento
sul cuor come acqua putrida ristagna

mentre un sorriso inseguo che s' è  spento
tra i castagni, e par giunga un lamento
frammisto a un onda spumeggiante in mare
che lo scoglio va ancora a tormentare.

Il macello di Beirut
(Firma anche tu)

Quel buco nero che assorbe le galassie
che arrivi in fretta a risucchiarci tutti,
a stroncare la crudeltà umana,
l'insensibilità di quanti vanno a messa,
di quelli che parlano di pace,
sproloquiano di amore,
si dicono fratelli,
si prostrano davanti a Dio, lo pregano,
e poi a tavola si abbuffano di agnelli,
di vitelli, di esseri indifesi,
privati di ogni dignità e diritto,
vittime innocenti della crudeltà degli umani,
orribilmente martoriali,
impietosamente seviziati,
barbaramente trucidati,
in quell'orrendo postribolo
che è  il macello di Beirut,
nei tanti luoghi di tortura e di sofferenza
che sono i mattatoi della civiltà moderna.
Urlo io a questo Dio,
che non esiste, a cui io non credo,
che assiste indifferente a tanta sofferenza,
al patimento degli esseri che ha creato,
(a sua immagine e somiglianza?)
che indugia a mandare un nuovo diluvio universale,
per affogare questa razza impura,
senza morale,
senza dignità,
senza decoro,
senza più anima,
senza più ragione.

Se ne sconsiglia la visione agli animi sensibili, ma bisogna farsi forza a guardare per capire che solo la scelta vegetariana ridurrà tanta insensibilità e tanta crudeltà nel mondo:
https://www.change.org/it/petizioni/chiudiamo-il-macello-degli-orrori-di-beirut-macellodibeirut#share

Inquietudine
Più ti umilio e più mi sento sconfitto,
un macigno mi scaccia la coscienza,
mi devasta l'anima,
mi tormenta il cuore.
So che ti meriti le mie offese,
anche tu lo sai che sono giuste,
ma il mio animo si ribella,
la parte sana di me ancora non accetta la verità,
ripudia la parte inquieta,
vorrebbe cancellare le cattiverie,
far affiorare ancora la dolcezza,
quella dolcezza che tu vedevi,
che io adesso sto affogando nel rancore,
nell'ira irrazionale che non mi libera dal disagio,
che sa di alzare steccati impenetrabili,
barriere che non potranno essere più abbattute.
Attizzo il tuo odio
per giustificare il mio,
che mi sforzo di rendere teatrale
per non dover più tornare indietro.
Ma mi vergogno di me stesso,
sto male per averti ferito,
per averti colpito ancora nell'orgoglio
per averti umiliato
per allontanarti per sempre da me.

Più non mi pensi
(Ad Anna)

Più non mi pensi, più tu nulla dici,
ormai son fuor da tempo dal tuo cuore
lo so forse anche tu mi maledici
ho ricambiato male il vero amore.

L'asfalto ha ricoperto le pendici
ricche di verde ed è  seccato il fiore
ha estirpato la ruspa le radici
dov'era il nostro prato v' è  squallore.

Ma io ci penso sempre e lì ritorno
vi trovo ancora il sole che risplende
fiorita è  la collina tutta intorno.

Un ciclamino spunta, non s'arrende,
un ciocco di viola ha tutto adorno
coi suoi colori tutto il prato accende.

Sembra un dipinto antico
un bel quadro miniato a mezzogiorno
con un pennello di colore adorno.

E vo' giulivo ancora
ai dì in cui d'affetto mi coprivi
dell'amor vero il cuor mi riempivi

mentre adesso di fiele
anima e sangue tutto m'imbottisco
per un amore fallace mi rattristo.

- Sonetto caudato

 

Un gallo al mattino
(Madrigale)

Il canto d'un gallo al mattino
mi sveglia: e quasi all'istante
risponde da un poggio vicino

il verso d'un gallo gracchiante,
un verso che accora perfino
tombale, un poco agghiacciante.

Nel letto mi giro, scombino,
ritorno nel tempo bambino:
mi assale un'ansia, una pena
la morte d'un tratto balena.

Alla ricerca dell'io
(Madrigale)

Andai nei boschi sui colli
tra l'erbe bagnate di brina
tra i tronchi di muschio satolli;

andai tra cinti in rovina
tra l'acque di freschi ruscelli
tra bacche viola di spina;

andai tra canti d'uccelli
tra sibili e cori di grilli
tra more e verdi baccelli;

andai, tra corolle e pistilli,
volevo fermare la vita
lasciare per strada gli assilli.

La macchia era fitta ed ardita
piena di arbusti e di rami
con qualche isolata amanita.

I grotti ricolmi di strami
ma l'aria pura argentina
il verde saldato alle mani,

il verde impastato alla brina.

Un cane bracco
Avea un cane alle calcagna,
un segugio un po' bastardo
con la lingua penzoloni
di cervello un poco tardo.

Ma l'istinto era ancor sano
lei scappava, s'occultava
ma col fiuto sopraffino
sempre il cane la scovava.

Con le orecchie reclinate
di un olfatto raffinato
d'una vista d'avvoltoio
la natura l'ha dotato.

Non si sfugge a certi cani
con mantello fulvo e liscio
a ogni palo che trovava
ci lasciava un po' di piscio.

E' difficile scappare
a siffatto cane bracco
l'infedele cambia nome
su e giù vaga pel tacco.

Prima trova un ammuffito
poi un giovane pioniere
e gli aggiusta lo strumento
con la dima l'ingegnere.

L'ingegnere salentino
 è  convinto che lei mente
ma lei giura col santino
no, non sono una fetente.

Ed invece, lo è  tanto,
anzi è  proprio un vero mostro
non ci credi? Allora vieni
col santin te lo dimostro.

Una traccia tenace
Quella traccia che mi rode in petto,
come un solco in mezzo a un campo affiora,
inutilmente l'acqua l'esaurisce
sterilmente il vento la scalfisce.

Grandine e neve la coprono alla vista
ma appena che il sole brilla e scalda
quella traccia riappare in mezzo al campo
urto col piede e nuovamente inciampo.

Non serve che un amico mi consoli
che mi dica: "smetti di pensare",
se la testa non ne vuol sapere
difficilmente il cuore sta a tacere.

Ma non ti fare più illusioni, amica,
non ti gasare con dei poveracci
non basta più parlar di fedeltà
perch è  tu hai nel cuore la viltà.

E se prometti amore a un disgraziato
che crede in te e non si fa ragione
 è  in libertà chi ti pareggia il conto
a far del danno ormai tu sei al tramonto.

Vacillante
(Madrigale)

Oziavo tra l'acqua battente
su questo dannato Vereto,
ai Mori un dì resistente.

Ancora una fronda sul fico
un'ultima foglia languente,
del duolo nel cuor non vi dico.

In fondo vestite di bianco
le case disposte sul rigo
la sua distante dal branco.

Come un viandante ch' è  stanco
a un bacchio maturo m'abbranco.

Grazie, Valentina
Abbiamo parlato della stessa persona più volte,
mi hai detto ripetutamente: "Perché"?
Non riuscivi a capire i miei discorsi
volutamente ermetici.
Il tuo bambino ti disturbava,
gli piaceva giocare
(oh dolce età che incanta)!
Parlavo un linguaggio simbolista apposta,
e tu ci sei cascata,
socializzavi emozioni che ti provocavo,
ti liberavi dei complessi,
ho sfiorato nomi e virtù,
ti ho dipinto la scena come in un quadro,
i personaggi c'erano tutti e tu li descrivevi:
uno non l'amava, mentre l'altro dubitava,
dio se dubitava ed anche a ragione.
Io ne so qualcosa,
conosco le pubbliche virtù dell'indemoniata,
della Maddalena che simula pentimenti e rimorsi,
ma è  meretrice per vocazione,
scivola più volte sulla stessa buccia di banana
(e ci gode e gronda umori finanche senza ritegno con tutti)!
Lei si infiamma per poco,
distribuisce santini (e tu sai di cosa parlo),
la scena è  sempre identica,
ormai l'ha provata più volte,
squallidamente desolante e ripetitiva,
le decine ormai sono diventate centinaia
non sai più di quale secondo parla.
Il musicista e l'ingegnere ci sono cascati,
ma a soffrire di più è  stato il poeta
(si vendicherà?)
mentre lei porta l'auto sfondata
(sia avanti che dietro)
in officina in un paese vicino,
ma non può essere riparata.
Ma altre sono le riparazioni che riceve,
lei non ci rimette mai,
si arrampica sui vetri per sopravvivere,
ma si aggrappa anche ad altro di più carnoso,
si chiede perché tutti siano gentili con lei,
ma lei distribuisce doni a giovani e vecchi,
 è  una benefattrice in cerca di ripieghi
di paraventi che le coprano le spalle
ormai tutte cadenti
e si pone anche domande.
Dio mio che desolazione sulla falesia.
I danni sono irreparabili e si vedono
se alza in alto le gambe,
la carrozzeria è  ormai troppo avariata
e non può essere riparata,
ed il tempo sta facendo il resto,
il tempo passerà presto.

Bella di notte
L'amore non si compra e non si vende
 è  squallido per chi sul banco espone
desolante per chi paga e lo prende
per chi come guadagno l'antepone.

Pensavo fosse un angelo del cielo
ma in verità era solo depravata
vuota di cuore e dietro un bianco velo
lei nascondeva un'anima dannata.

M'avea convinto che l'amore è  un dono
concesso da Gesù nostro Signore
le sue parole un armonioso suono
ma nella mente il vizio e lo squallore.

Al sentimento univa eccitazione
non la curiosità da ragazzina
sembrava affetto unito alla passione
era nella condotta già sgualdrina.

Ingannava il compagno e spergiurava
di amarlo perch è  con lui ci stava bene
come un ripiego poi sempre l'usava
ed ai vecchietti accarezzava il pene.

Tutti ha sfruttato per i suoi piaceri,
a me diceva ch'ero sol secondo
credevo fosse linda nei pensieri
era lordura e infamità del mondo.

Ed aveva ancor l'età dell'allegria
ma era già un mostro disgustoso
quando disse d'un'altra simpatia
ch'era stato con lei più generoso.

Fu allora che cominciai a capire
in quale merda avevo messo il piede.
Purtroppo lei non smette di stupire
ad una doppia mensa ancora siede

ad uno dichiara sempre grande amore
con altri coglie sterco e lo squallore.

Ad Alessandra
Le ultime gocce di mare
sul parabrezza della macchina
stanno evaporando al sole pallido di novembre.
Nera la marina, nero il mare, nero l'orizzonte
qui a Felloniche, oggi.
Solo a tratti questo sole opaco s'affaccia tra le nuvole
va e viene incostante,
oscilla quasi a chiedersi se spuntare o sparire
mentre l'opaco del mare m'affoga i pensieri,
che non mi danno quiete,
che mi affliggono e tormentano.
Indugio sulla battigia:
il salto sarebbe semplice,
ma il coraggio non mi assiste,
e la paura è  una brutta bestia.
Penso agli impegni presi,
allo scompiglio che causerebbe la mia assenza,
penso alla delusione delle persone,
a coloro che direbbero:
"Ma ci ho parlato ieri"
ed all'altra che aggiungerebbe:
"Stamani mi ma scritto la email che aspettavo".
E penso anche a te, Alessandra,
penso ai tuoi occhi sorridenti e gioviali,
alla tua andatura ondeggiante,
al tuo viso che la sera si illumina sereno
quando mi lasci sul tavolo
un piattino colmo di pittole fumanti,
quando mi porti la pizza ai frutti di mare
e mi sussurri: "Buon appetito".
E lo fai con la semplicità della tua età
come un regalo ad un amico ideale
troppo maturo da poter amare
ma non impossibile da desiderare.
E ti vedo mentre incredula chiedi del perché di tale gesto,
ti ascolto mentre dici:”Ma ieri sera rideva”!
Brucia ancora la ferita,
l'acqua salata non aiuta a dimenticare,
ma la porta del cuore è  ormai chiusa
il sale ha inaridito non solo l'anima,
ma anche passione e sentimento.
Le emozioni non esistono più,
ed il tempo delle illusioni è  finito per sempre.

Quelle notti
Di quelle notti a volte mi ricordo,
fughe selvagge nel cuore della notte
fragori di fulmini e saette
luci lontane e mezzi sulla spiaggia
fantasmi coi fanali accesi
un telo rosso senza più colore,
il buio l'aveva tutto derubato,
tutto ingoiato come un bimbo ingordo,
ore infelici che giammai non scordo.

Un finto amore
malamente dato
che amaramente l'ho ricompensato
se nulla resta in cuore e nella mente.
se traccia alcuna lascia nei ricordi
se il risultato poi è  l'oblio costante
se tutto è  già svanito in un istante

Tracce isolate, impronte sulla spiaggia,
al buio lasciate che nessuno vede
ma che io cerco inutilmente ancora
per carezzar l'amor durato un'ora.

Cosa diranno di me



Niente diranno di me
nei loro ricordi non c' è  nulla di me,
né la mia voce, né una mia ninna nanna,
non c' è  il mio sorriso,
neppure ricorderanno chi confortava il loro pianto accorato
quando piangevano per nulla,
quando cercavano un nonno che li consolasse,
l'unico vivente.
La mia voce non riconosceranno,
confusa tra la gente sarà un suono morto,
un afonico sussulto di nulla.
Neppure una lettura ho fatto loro,
non ho mai comprato un piccolo dono,
un giocattolo nella bancarella di una festa,
non li ho aiutati nei loro compiti,
neppure una favola ho loro mai raccontato,
non sono depositario di ricordi,
non potrò raccontare dei loro capricci,
come fanno tutti i nonni,
degli sberleffi ricevuti
degli scherzi che non ho raccolto.
Non so nulla di loro
anime che ormai spiccano il volo,
volteggiano nell'aria,
ed io non so dove vanno,
ed ormai è  tardi per domandarglielo.

Dio
Dio è  come il sole,
accecante,
sperso nell'infinito del cielo,
non lo puoi guardare.
Ma un semplice suo raggio
ti scalda l'anima ed il corpo,
ti illumina la strada,
ti rende limpido il cammino
se scende il buio!

Nei cuori duri



Nei cuori duri
la pietà giammai è  perfetta
la presunzione che sia assoluto il credo
che sempre onesta sia l'azione nostra
ci spinge ad un giudizio spesso ingiusto
a valutar l'azione altrui imperfetta.

Lo so, l'idea senza ragione,
la convinzione della sponda giusta,
la certezza che il nostro agir corrente
assioma sia e verità evidente
l'uomo sospinge a scelte irrazionali,
a massime e sentenze.

Il vero allor diventa credo,
ragion di stato ognor da tutelare
ogni mostruosità si fa ragione
senso comune da esigere e osservare.
L'altrui giudizio va sempre imbavagliato
quello che conta è  il mio pensier corrente
la dima come forma è  l'esemplare
dell'uomo nuovo che si vuol creare
dell'idea giusta che bisogna imporre
per un diverso stato da comporre.

Poi il tempo passa e il razionale emerge
il vero e il falso galleggiano incostanti
la nuova ragione il posto prende
di quella falsa
che il vero ha offeso e offende.

-La poesia è  ispirata alle riflessioni sviluppate da Mario Luzi nella sua poesia "Nel Magma - Lungo ll Bisenzio"

La dathura



C' è  un'impronta d'autunno,
vero,
oggi nell'aria:
quel plumbeo cupo, ostile,
il posto ha preso del sole sfavillante
a terra approdano le gocce lacrimanti.
Fuma qualche comignolo e in ciel s'espande
un profumo grasso d'ulivo
un po' impregnante.
L'edera verde ancor si regge al muro,
brillan le foglie d'un lucido insistente
due rosse rose ondeggiano fluttuanti
coi petali pesanti ormai sfioriti.
Casca la pioggia:
le terrazze inonda,
i tetti monda,
dalle grondaie borbotta,
a terra sbotta,
frasi scurrili proferisce
anche il cielo ferisce.
In questo smarrimento che m'assale,
bianca, coi calici pendenti,
una datura rassegnata rami e calici ammolla
sembra accorata pianga,
che il caldo sole insieme a me rimpianga.

La datura è  un genere di pianta ornamentale della famiglia delle Solanaceae, alcune anche velenose, originario dell'Asia e dell'America. Il fiore pendulo, bianco, in genere è  a forma di imbuto capovolto. Il nome deriva dalla parola sanscrita Dathura.

Il lupo perde il pelo non il vizio
Il lupo perde il pelo non il vizio
così mi raccontava anche mio nonno
lo ripeteva anche altre volte un tizio
che spesso ritardava a prender sonno.

E lo sapeva ben finanche il tonno
quando nel mare usava un artifizio
fingeva d'esser morto con il sonno
per evitarsi un tragico supplizio.

Di queste sceneggiate il mondo gronda
alla mia età io ne ho osservate tante
la replica è  stancante e invereconda

se in scena v' è  un'esperta commediante
che gioca sia d'effetto che di sponda
e gli altri inganna come una birbante.

Una storia contorta
"Stupida che tu sei, non l'hai capito?
Lo cerco da sempre questo amore,
E tu ce l'hai e te lo fai scappare
butti siffatto affetto dentro il mare".

"Ma io ero così confusa allora,
era dolce, non so cosa ci ho visto,
dovevo conquistarlo ed ho deciso
d'aver solo per me il suo sorriso.

L'abbindolai con i miei anni gai
nel mio mondo volevo farlo entrare
gli raccontai una favola inventata
in web mi presentai com'ero nata.

Gli uomini sono spesso stupidotti,
ed anche lui cascò nel trabocchetto
credette ch'era il mio un grande amore
restò in gabbia come un roditore".

"Ma come ti è  saltato nella mente
d'inventare una storia strampalata
sei ricca solo di contraddizioni
per te a parlare erano gli ormoni.

Ma ora lui ti ama e non ti scorda
hai troppo ben saputo simulare
la vita gli hai per sempre complicata
e la sua donna è  stata fortunata

a possedere un uomo che l'amava,
certa io sono che lui ancora l'ama,
altrimenti l'avrebbe già lasciata,
al confronto tu sei una disgraziata.

Ti sei guardata bene nello specchio?
Da un pezzo son andati i tuoi vent'anni
stai perdendo in fretta le tue penne
se ben t'osservi sei una cinquantenne.

Sembra più giovane lui al tuo cospetto,
e fu con te autentico e leale
ricco ancor più di te nel sentimento
avessi te un po' del suo talento.

Invece cosa hai infine dimostrato?
D'essere solo entrata nel suo letto
come la più scadente meretrice
che batte per due soldi e non lo dice".

Ciao, Marco!
A Marco Pedone di Patù (Lecce), giovane eroe caduto in Afghanistan il 9/10/2010, in una guerra che non gli apparteneva.

Ciao, Marco, oggi a Patù ho incontrato tua madre,
due anni dall'ultima volta sono passati,
può darsi che forse ci hai visti,
lei m'ha abbracciato più volte,
lo stesso ha fatto anche tuo padre.

Eppure li avevo visti soltanto una volta,
li avevo incontrati nella stessa identica piazza,
quella piazza che oggi porta il tuo nome,
nello stesso identico giorno del 4 novembre
che ricorda un massacro che poteva esser schivato,
il tuo, invece, un massacro deciso dal fato.

In petto sentivo vibrare qualcosa,
una pena che dentro il mio cuore covava,
un affetto un po' strano
per una amicizia nata da poco
ma ricca di un forte trasporto,
qualcosa di tenero che sprigionava passione,
un sentimento quasi filiale
trasmesso con slancio ad un amico trovato di nuovo
dopo qualche anno che è  stato distante,
un abbraccio convinto, ripetuto più volte,
come si fa coi parenti più stretti, andati lontano,
coi quali non basta una semplice stretta di mano.

Ho letto negli occhi il senso del vuoto,
uno struggente bisogno di dirmi qualcosa,
celato dietro un breve saluto,
un ricordare un recente passato
che si vuole quasi scordare,
direi esorcizzare,
forse anche ignorare,
come se tu fossi ancora tra noi,
che il tuo sangue non avesse bagnato una terra
che a nessuno di noi appartiene
una terra di sabbia e rancore
dove regna solo dell'odio, priva di amore,
e pensare che tu sei andato da poco in campagna
perché adesso è  tempo di olive,
che aspettano che tu le raccolga,
 è  tempo di olio,
che per noi rappresenta la vita,
e far finta che tu stai tardando per un contrattempo,
per un imprevisto che può capitare ogni giorno,
e dire impazienti:
"vedrai a momenti ritorna, arriva fra un poco"
e tenere un piatto di pasta con fave,
a scaldare....sul fuoco.

Lo so già!
Lo so già:
il giorno che lei ritornerà
a dirmi "Salvo ridonami il tuo amore",
allora non sarò più intossicato,
al suo affetto sarò già vaccinato.

Sì, la vedrò,
son certo che la vedrò in un sogno,
forse ne soffrirò, ne sono certo,
la mia porta non riuscirà ad aprire,
forse lei apprenderà cos' è  il soffrire.

Ma io non credo
che un animo sì freddo
potrà provar le pene dell'amore
e passerà, da vecchia depravata,
nel primo letto in cui sarà invitata.

Come una bestia
sfogherà gli stessi istinti
che la spinsero a donarmi affetto
farà soffrire ancora un altro amante
sarà per altri piaga dolorante.

Poi si pentirà,
con me l'aveva fatto tante volte,
gli occhi lei chiuderà con una benda
per bloccare il disgusto di un amore
dato senza capir che sia l'amore.

Vomiterà,
almeno così dirà all'amante
quando diventerà per lei ingombrante
dirà ch'era confusa e non capiva
dirà che anche il nuovo la tradiva.

L'amore rubato
Questo mare che abbraccia la falesia
questo mare che ancor di te mi parla
m'adula a volte ed altre mi vezzeggia
mi scuote a volte e cerca di aiutarmi.

Il suo rumor messaggi mi trasmette,
parla, la verità non mi nasconde
sotto le rocce brontola e mi spiega
quello che io non voglio mai capire.

Replico e gli chiedo come possa
un vero amor svanire tra i marosi
come si possa in cuor più non sentire
quello che fino a ieri era l'amore

non avvertire più quello che ieri
mercanteggiava come sentimenti
dimenticando tanti patimenti
narrati in tanti squallidi filmati.

Passo sol'io adesso per perdente,
perché l'amore nel mio cuor perdura,
lei è  la vincente, almeno così dice,
che forse mente colta da paura

da uno strano suo convincimento
che questo amor che un dì lei m'ha rubato
a lei ha dato sol pene e tormento
che io ho sol preso e non ho mai pagato.

Mela acerba



Com'era dolce
quella mela acerba
l'acre suo gusto ogni dì gustavo
sembrava amore quello che mi dava
ma era sesso che mi regalava.

Quel frutto oggi
 è  diventato troppo amaro
anzitempo forse lo raccolsi
non era ancor del tutto maturato
solo l'asprigno in bocca me restato.

Parole tante hai detto
di storie tante me ne hai contate
va bene che anch'io non son perfetto
questo lo riconosco e sottoscrivo
ma alla perfidia tua io non arrivo.

Tanto ardore hai sparso
l'hai spacciato per nettare divino
era soltanto invece un surrogato
fragola nel sapor ma finto miele
in bocca solo pepe misto a fiele.

Nel letto nuda
ti sei fin dall'inizio abbandonata
credevo fosse amor, ma altro è  stato,
oggi rimane in bocca tanto amaro
quel sesso mi è  costato troppo caro.

La casina rosa



C' è  sempre nei pensieri un qualche cosa
che ti distrae anche se t'avvince
 è  sempre quella amata casa rosa
che dentro la mia mente non si stinge.

In quella casa un dì colsi una rosa,
la deposi per sempre nel mio cuore
il mio pensiero è  vivo e non riposa
al sol pensarci provo ognor tremore.

Oggi sono quassù, in cima al colle,
osservo muto, e con il cuore afflitto,
i campi arati e rosse son le zolle
come la casa che vorrei in affitto

per respirar l'affetto che m'ha dato
le sue carezze dolci sulla pelle
che da più anni ormai non m'ha più dato
a cui ripenso come un imbecille.

Ma tra noi due non so chi sia più stolto
in fondo non rinuncio a un vero amore,
e se al mio affetto più non porge ascolto
 è  lei che ha chiuso i palpiti del cuore.

Ma se è  felice di siffatta scelta,
se più non prova in petto sentimento
 è  lei che la passione ha ormai divelta
io di donarle amore non mi pento.

Nei campi arati
(Madrigale)



Nei campi arati brillano le zolle
quel rosso antico arde tra gli ulivi
come l'affetto che per me nutrivi.

Ma se la sorte altro per noi volle
tagliamo questa corda che ci unisce
l'amor non dura eterno e deperisce
spesso distacco e sdegno manifesta
solo rancore poi nei cuori resta.

- Lo schema metrico di questo madrigale è  identico a quello fissato dal Carducci intorno alla metà del 1800.

Nebbia ad Alessano
(Sonetto)

S'aggira come lanugine indolente
sembra quella dei pioppi a primavera,
la scuola rende quasi opalescente
indugia sulla via densa e leggera.

E l'anima impigrisce negligente
di dolci versi non è  più foriera,
appesantisce ancor di più la mente
il canto triste della\ capinera.

Un auto coi fanali tremolanti
dal nulla sembra uscire e poi sparire
nel nulla opaco che ci sta davanti

e sembra quasi nel baratro finire
in un vuoto di nuvole fluttuanti
che anche il sole fanno impallidire.

Affetti senili (Ad una nonna piacente)
Nonna, nonna,
vorrei accarezzare la tua pelle
provare ancora sensazioni dolci
vedere il firmamento con le stelle.

Nonna, nonna,
ti osservo tra la frutta e la verdura
mentre sfogli cavoli e carciofi
e forte sale la mia voglia impura.

Nonna, nonna,
non ti vedo ancora a raccontar novelle
e storie antiche a tanti nipotini
ma immagino il vibrar della tua pelle.

Nonna, nonna,
penso anche alle parole che con gioia
sussurreresti nuda sopra il letto
allontanando ogni tristezza e noia.

Nonna, nonna,
c' è  tempo ancora ad esaltar la vita
ad altri tempi affida i tuoi racconti
il tempo ancora a voluttà ci invita.

La nostra pelle ancor non è  avvizzita
ogni carezza ardita è  ancor gradita.

Cane randagio



Sembro un cane randagio
che va annusando tra le pietre
avanti e indietro, adagio,
che una traccia riscopre, ch'era morta,
ed una nuova scopre, ch' è  risorta.

Annuso l'aria, indugio,
inseguo ogni odore che trasporta il vento
in lontananza scruto
anche una casa rosa tra gli ulivi fisso
un terrazzo con dei fili non utilizzati
simili a me anch'essi abbandonati.

Bagliori intensi spesso l'iride ferisce
quando il sole la tua auto colpisce,
dai suoi raggi mi faccio accarezzare
mi illudo sempre che sian le tue mani
che ancora mi possano lisciare.

Adesso mi manca quel tiepido calore
certe dolcezze ormai si sono spente
le tue parole l'orecchio mio non sente,
rimbomba solo l'eco in fondo al cuore
come uragano con tutto il suo fragore.

Mentre le vespe mi stanno a molestare
queste mosche uggiose a tormentare
su questo colle spoglio ed assolato
ai giorni andati vengo a ricordare,
a quel tuo avanti e indietro in motoretta
a quel tuo riso che sgorgava lieto
al tempo che passava troppo in fretta.

Ora resta un velo di tristezza in petto
che accompagna il mio vagabondare
annuso l'aria, le pietre, guardo il tetto
della tua casa e cerco di dimenticare.

Panchine ad Alessano



Queste panchine vuote,
in questa piazza deserta,
abbandonata,
rimangono in silenzio,
rassegnate,
se ne stanno come gli ammalati
su se stessi piegati
ad aspettar qualcuno per la via
che ad esse s'accosti
si sieda, faccia loro compagnia.

Queste panchine spoglie
aspettano l'inverno e la bufera
vorrebbero coprirsi
anche con una coperta rattoppata
che le scaldi
anch'esse hanno bisogno di calore,
d'esser curate,
aspettano un passante generoso
che un poco le accudisca
che sia sensibile, con loro un po' pietoso.

Queste panchine mute
in questa piazza silenziosa
sono sofferenti
patiscono l'incuria della gente,
l'apatia,
vorrebbero per una volta protestare
coi cartelli sfilare
denunciare tanta indifferenza
l'apatia della gente
il non capir la loro sofferenza.

La vacanza di Luca in Romania



Il pizzaiolo mio ci ha preso il gusto
della vacanza in quel di Romania
ed ha deciso, per far dispetto "a mmia",
d'allungar la licenza e non è  giusto.

“Fino al diciotto - ho detto - io m'aggiusto",
perché non soffro ancor di bulimia
ma spostar data mi sale l'anemia
anche se sono in carne e un po' robusto.

Infatti tre giorni in più senza la pizza
sembra per certi versi a lui normale
e, invece, me e tanti altri penalizza

costretti ad una cena un po' frugale
che fa salir tristezza e un po' la stizza
con un panino ed acqua minerale.

E adesso ci auguriamo che il ventuno
d'un tratto non diventi poi trentuno.

- Sonetto ritornellato

Fontane e piccioni



Una fontana di certo non lo sa
se l'acqua serva solo alle persone
scorre sempre con regolarità
e rinfresca sia l'uomo che il piccione.

Anche se stanca e vecchia
scorre ogni dì fresca e giuliva
al tempo resiste, non invecchia,
ricorda che un dì molti serviva

quando l'acqua mancava nelle case,
pazienti si restava allegri in fila
e si scambiava sempre qualche frase
che l'anima rendeva più giuliva.

Oggi siam tutti muti e solitari
viviam nell'agio e in buone condizioni
le fontane però son buoni acquari
per dissetare passeri e piccioni.

Eri dolcezza
Tra le mie mani eri dolcezza e gioia
m'inebriava quel tuo piacer sommesso
i tuoi sospir coglievo senza noia
m'avevi alla tua furia sottomesso.

Non v' è  un amante che con te s'annoia
ma il vero amor tu non l'hai mai concesso
so che m'hai usato al pari di una stuoia
e che per me non provi nulla adesso.

M'ignori, anzi rigurgiti al pensiero
d'essere entrata nuda nel mio letto,
ma t'ho servita più d'uno scudiero

mi son prestato ad ogni tuo giochetto,
ma ci hai provato gusto e, sai che è  vero,
scoprendo infine l'animo tuo gretto

e il vuoto che si cela nel tuo petto.

- Sonetto ritornellato

Vecchio motore

Questa macchina
che ormai decade e invecchia
questa macchina
piena di vizi e imperfezioni
ogni giorno che passa mi molesta
m'offre un problema
qualche affanno appresta.

Così perfetta,
con tutti gli attributi al posto giusto
questa macchina
qualche difetto ostenta
a un tratto perde dei giri non carbura
dei colpi batti in testa
mi chiedo quanto dura.

Eppure dentro
leggo le stesse cose d'altri tempi.
Solo all'esterno
si nota un po' di ruggine
qualche colpetto dovuto solo all'uso
un cigolio sospetto
anche a sportello chiuso.

Ma nel profondo
quest'animo non vuole declinare
la mente brilla
il cuore batte pur se intermittente
vivido e fresco è  ancora il sentimento
tanta passione cova
l'amor non è  mai spento.

Sinfonia di versi



A cotanta sinfonia di versi
risponde un tempo plumbeo che m'opprime
salgon dal mare nembi grevi e neri
e il sol sparisce come una iattura.

Ancora noto voli di farfalle,
rare davvero, come a primavera,
il fico smuove i rami ed un rumore
di foglie accartocciate mi cattura.

In fondo alla pianura una foschia
offende il borgo, Gagliano già cancella,
s'espande la fuliggine che impera
anche la casa tua fra un poco oscura.

L'acqua caduta in questi ultimi giorni
rinforza molti arbusti rinsecchiti,
il giallo affiora tra l'erbe rianimate
ed ocra finanche il mandorlo assicura.

I pali intorno a me disseminati,
coi fili che si perdono nel nulla,
mi ricordano quelli sul terrazzo
della tua casa in mezzo alla calura.

E' tempo, sì, è  tempo di scordare
tu l'hai già fatto ed io tanto t'invidio
ferite aperte restano i ricordi
e ricucir le piaghe è  una tortura.

Magma ribollente



Sale, stamani, il magma ribollente
nel petto onde ruggenti innalza,
i marosi sospinge sulle coste,
s'infrangono rabbiosi sulle rocce,
sulle sabbie deserte,
schiaffeggiano le cabine al mare abbandonate.

Passeggia il vento,
ripercorre le tappe d'un esilio:
Monteroni, Nardò, Gallipoli, Salve,
e non lontano
il mio rifugio silente di Gagliano.

Ruggisce il vento
agita le sabbie a Torre Pali,
scorrazza a rivedere le marine deserte,
illuminate dalla luna,
i poggi antichi a San Gregorio,
le chiese abbandonate,
i sentieri nascosti dalla pietà umana,
accompagna le fughe notturne,
le inutili esternazioni,
le promesse, i baci simulati,
gli amplessi squallidi e rubati.

Anche la luna scherza con il mare,
lo illumina e lo abbuia,
insegue l'onda che la falesia ossidata offende,
annebbia i miei pensieri,
ma una pace infinita mi regala
mi accarezza la mente,
al fine in una nuova luce mi avvolge,
spegne il fuoco che da troppo tempo dura
l'indirizza ad un amore nuovo che matura.

Piove sul Salento



Piove stanotte, piove sul Salento,
un pianto silente m'accompagna,
l'acqua colpisce i tetti,
come diluvio si abbatte sulle strade
la campagna ristora, sugli ulivi cade.

Piove stanotte, piove sul mio cuore,
dal finestrino osservo la tua casa,
una luce che tremula nel buio,
un ricordo che lento s'assopisce,
l'anima rasserena e ripulisce.

Sento il vento ruggire,
l'acqua colpisce l'auto e mi stordisce,
i vetri sono appannati,
ormai l'affetto s' è  sciolto dentro il cuore,
scema anche in silenzio il mio dolore.

Quest'acqua non pulisce solo il mondo,
non abbevera solo questa parte del Salento,
il giudizio rende nitido e imparziale
l'anima mia deterge, la ristora,
il sereno nuovamente affiora.

S'acquietano anche i pensieri di morte,
un desiderio di vita nuova emerge:
l'acqua trascina con se gli inutili conflitti
le tue cattiverie via trasporta
li sprofonda nel mare e mi conforta.

Smarrire i ricordi



Come potrei campar senza i ricordi,
accettare che un dì l'abbia smarriti,
chiuder la porta ai miei rincrescimenti,
alle piccole gioie, ai tanti affanni avuti,
cercarli ed accettar che son perduti.

Come potrei veder l'armadio vuoto
d'una memoria che mi allieta il cuore
dove mi affaccio fiacco in certi giorni
dove lo spirito si carica e rinfranca,
in tutti quelli in cui il dolore arranca.

L'acqua al mattino arriva fresca e pura
il viso lava, tonifica i pensieri,
qualche lacrima offusca, la confonde
in un lavacro che poi asciuga il vento,
che il sol riporta dopo che s'é spento.

In questo affanno che mi copre tutto,
come pietre d'un vecchio casolare,
dentro i poderi a ricordar fatiche
e visi allegri un giorno sul tratturo
che a ricordar mi rende meno duro.

E più ripenso e più li cerco, invano,
vo' via con il vento come le morte foglie,
scavo nei sogni e par che m'allontano
ma invece la memoria li raccoglie
come raggi sul mar ritornano splendenti
questi ricordi son vividi e presenti.
 

Tra fronda e fronda



Tra fronda e fronda avverto un frullar d'ali
Ormai s' è  spento quel frinire lento
tace finanche rassegnato il vento,
sanguina il cuor, sei tu che lo pugnali.

Me ne sto chiuso in queste quattro mura
muto e silente giace il cellulare
questo mio cuor non vuol cessar d'amare
ma d'incontrarti adesso s'impaura.

Due anni son passati: sei cambiata?
Forse l'aspetto non è  più lo stesso,
nell'animo, lo so, sei trasformata

quello che eri un dì non sei più adesso,
ma a quella donna dolce e appassionata
ancora di pensar non ho mai smesso.

E vado avanti e indietro e segno il passo
il cuore tu hai indurito come un sasso

quell'angelo che un dì amor m'ha detto
che m'ha colmato il cuor con tanto affetto

adesso m'odia e m'ha stramaledetto.

 

La zingara
La zingara già sapeva di noi,
me l'aveva anticipato un giorno al mercato:
"Dammi un euro"- mi aveva detto -
e ti svelo il destino".
La zingara sapeva già tutto di noi,
me l'aveva detto rubandomi la mano,
leggendo non so cosa tra le linee sfiorite.
"Dammi un euro" - piagnucolava -
avrai un amore giovane, ma devi pagare per questo".
Ridevo divertito, quel giorno al mercato.
"Paga, ascolta me bel giovane;
La profezia sarà funesta, se non versi il dovuto".
Ma lei era molto più giovane di me,
non riusciva a vedere i miei anni.
Tutti non vedevano i miei anni,
ma il sacco pesava sulle spalle:
la profezia non poteva interessarmi.
Ma venne l'amore lo stesso,
arrivò all'improvviso come una folata di vento,
mi arruffò i capelli,
ma dopo mi sconvolse anche l'anima e la ragione.
Oggi ripenso a quella zingara,
la cerco per le strade,
davanti ai supermercati.
L'amore l'ho perso e vorrei pagare il dovuto,
vorrei pagare per quello che ho avuto.


Salvatore Armando Santoro
 

țiganilor
Tiganca stia deja de noi
si m-a asteptat intr-o zi la piata
da-mi un euro -mi-a zis
si o sa-ti prezic destinul...
Tiganca stia deja totul de noi,
mi-a spus-o furandu-mi maana,
citind nu stiu ce intre liniile rasfirate.
''Da-mi un euro - scancea-
o sa ai o iubire tanara,
dar va trebui sa platesti pentru asta''.
radeam amuzat ,in acea zi la piata.
''Plateste , asculta-ma baiat frumos;
Profetia o sa fie sumbra , daca nu dai ce trebuie''.
Dar ea era mult prea tanara decat mine,
si nu reusea sa vada anii mei.
Totii nu reuseau sa-mi vada anii,
dar sacul era greu in spate:
profetia nu ma putea interesa.
Dar vine si iubirea la fel,
ajunge pe neasteptate ca o rafala de vant,
ciufulandu-mi parul,
ar imi tulbura sufletul si ratiunea.
Azi ma gandesc la acea tiganca,
o caut pe strazi,
in fata pietelor.
Iubirea am pierdut-o si voiam sa platesc darea,
vroiam sa platesc pentru ceea ce am avut

Traduzione in rumeno di Cornelia Minda
(Nicola Popescu su FB)

  O cigano
O cigano já nos conhecia,
eu tinha previsto um dia de mercado:
"me dê um dólar" - me disse - e eu vou revelar o destino ".
O cigano já sabia tudo sobre nós,
disse-me rubandomi a mão dele,
lendo não sei o que murchou linhas.
"Me dê um dólar"- charamingou -
você terá um amor jovem, mas você tem que pagar por isso".
Eu ri, divertido naquele dia no mercado.
"Pay, jovem bonito me ouve;
A profecia será fatal, se não os versos devido ".
Mas ela era muito mais jovem do que eu,
ele não conseguia ver meus anos.
Todos eles viram meus anos,
mas o saco que pesava sobre seus ombros:
a profecia não poderia me interessar.
Mas foi isso mesmo amor,
veio de repente como uma rajada de vento,
eu arruffò seu cabelo,
mas depois que eu apertei até a alma e a razão.
Hoje eu acho que para o cigano,
buscando nas ruas,
na frente de supermercados.
O amor eu o perdi e vou pagar devido,
deixe-me pagar o que eu tenho.

 

Traduzione in portoghese da parte di Luiz Carlos da Silva
 

 

Ho pagato il dovuto
Ecco ora sono sereno.
Questa sera ho pagato il dovuto,
era lì ad accattare a Gagliano
davanti all'ingresso del supermercato.
Era giovane e messa su bene in carne,
non so se la zingara fosse la stessa
che il destino mi aveva predetto
per strada, quel giorno al mercato.
Aveva un figlio che teneva per mano
con l'altra, distesa, dei soldi cercava ai passanti
con un filo di voce diafana.
L'ho vista, qualcosa m'ha detto passando;
era tardi: non mi sono neppure voltato.
Ma tra i banchi cercando la merce,
pensavo a quel filo di voce lontano,
di quella giovane zingara, implorante,
che un dì m'aveva afferrato la mano
leggendo un destino brutale
che oggi mi logora il corpo,
alla mente fa male.
Forse avrei dovuto pagare il dovuto,
per quell'amore che dopo è  arrivato,
che mente e ragione mi ha poi devastato.
Dal finestrino, col vetro abbassato,
quell'euro al fine le ho regalato,
con voce commossa, un poco sommessa,
le ho detto, mentre lei mi guardava perplessa:
”Lo sai ch'era vera quella promessa?
Allor non pagai, per animo ingordo
ma oggi io pago e il passato non scordo,
ti pago per quello che ho preso e che ho avuto.
Adesso siam pari, ho pagato il dovuto,
ma pago anche per quello che ho dato”.

La fragilità del centopiedi



Te ne stavi immobile sul muro,
di me non ti curavi certamente
io mi chiedevo un po' timidamente
cos'era quella macchia in chiaroscuro.

Cercai ti allontanarti, te lo giuro,
di farti male non l'avevo in mente,
ma poi ti sei spostato celermente
e ti troncai sul nascere il futuro.

A terra i tuoi tentacoli agitavi
li muovevi con senso di dolore
il tuo veleno ormai più non usavi

e traspariva quell'ultimo tremore
come le prede quando le bloccavi
coi tuoi uncini senza far rumore.

E tu da predatore
la mia cantina linda ognor tenevi
perché gli insetti e blatte scomponevi

anche se m'incutevi
un senso incontrollato di paura
quando correvi sulle bianche mura

con la tua forma impura
e quel veleno che con arte usavi
per stordire le prede che trovavi

tanta forza mi davi
che ammiravo di te tanta potenza
mentre in me galleggiava l'impotenza

d'aver con irruenza
troncato quel tuo utile lavoro
che la casa puliva più del cloro.

Sonetto caudato

Se cercassimo di superare le nostre paure ancestrali e studiassimo la natura forse avremmo più rispetto di tutte le creature che popolano la terra. Niente è  lì per caso: ogni essere ha una sua particolare funzione e spesso noi umani ce ne dimentichiamo chiusi come siamo nel nostro egoismo e rubiamo spazio e vita ad altri esseri viventi che invece ci regalano la loro preziosa collaborazione.

Buchi neri



Quando arriverà quel momento terribile,
quell’istante in cui la terra inghiottirà se stessa,
quando gli alberi ed il mare finiranno in un buco nero
forse sarò seduto in cima ad un colle,
la paura mi bloccherà le gambe,
il terrore mi sconvolgerà la mente,
inutilmente urlerò contro il cielo
mi chiederò terrorizzato cosa stia succedendo
mentre vedrò scomparire foreste e fiumi nel nulla
inghiottiti da un vortice che macinerà tutto,
quando arriverà questo momento terribile
che da sempre aspetto con tensione
forse la ragione sarà sommersa dall’oblio
sverrò prima ancora che la terra mi frani sotto i piedi,
prima ancora di urlare e scomparire nel nulla.
Tutta la memoria della terra,
la storia, le guerre, gli inutili morti,
i massacri, i genocidi, gli sconvolgimenti,
l’egoismo, la ricchezza accumulata nei forzieri,
le conquiste umane ed i progressi della scienza,
tutto questo sarà risucchiato in un attimo
in quel buco nero che inghiottirà ogni cosa
che polverizzerà la stupidità umana,
la sua presunzione di immortalità,
ed il silenzio continuerà a ruotare nello spazio
incurante del dolore dell’umanità
indifferente ai ricordi, all’oblio, alle filosofie,
estraneo alle religioni ed alle croci polverizzate
senza più Golgota e senza più pastori indecenti,
senza più prepotenti e governanti tronfi
d’un potere e di una ricchezza
che è  soltanto precaria ed incerta.
Ed anche le mie parole, come i miei inutili versi,
saranno state estemporanee perdite di tempo
che non saranno servite a nessuno.

Iuliana
Il tuo sorriso riempie l'anima
vengo a cercarti quando sono triste
guardo i tuoi occhi azzurri
la tua pelle immacolata
la solarità del tuo viso
la serenità che emani
ed il mio animo si rilassa,
la mia mente si rasserena,
la gioia invade il mio essere.
Forse è  presto per parlare
parla per me il mio silenzio
che spesso fa tanto rumore,
 è  più fragoroso d'un mare in burrasca.
Salvatore Armando Santoro

Iuliana
Zambetul tau umple sufletul
Am venit să te caut când sunt trist
Mă uit la ochii tăi albaștri
piele fara cusur
strălucirea feței
seninătatea că emană
și mintea mea relaxeaza,
mintea mea este eliminat,
bucuria umple ființa mea.
Poate că este prea devreme pentru tacerea mea
vorbește cu mine pentru tăcerea mea
care face de multe ori atât de mult zgomot,
este mai mult decat o mare furtunoasă.
(Traduzione di Avram Iuliana Livia)

Notte renana di Gauillaume Apollinaire
(Traduzione ed adattamento poetico di Salvatore Armando Santoro)

Il mio calice è  pieno di un vino tremolante come una fiamma
Ascoltate la canzone monotona di un battelliere
Che racconta aver visto sette donne sotto la luna
Acconciare i loro capelli verdi e lunghi fino ai piedi

Eretti cantate più forte danzando in girotondo
Affinch è  venga soffocato il canto del battelliere
E mettete accanto a me tutte le ragazze bionde
Dallo sguardo impenetrabile con le trecce annodate

Il Reno il Reno si ubriaca dove le vigne si riflettono
Tutto l'oro delle notti si esaurisce in riverberi tremuli
La voce canta sempre come un rantolo d'agonia
Queste fate dai capelli verdi che incantano l'estate

Il mio bicchiere è  esploso come una fragorosa risata.


Nuit rhénane (di Guillaume Apollinaire 1880-1918)
Mon verre est plein d'un vin trembleur comme une flamme
Écoutez la chanson lente d'un batelier
Qui raconte avoir vu sous la lune sept femmes
Tordre leurs cheveux verts et longs jusqu'à leurs pieds

Debout chantez plus haut en dansant une ronde
Que je n'entende plus le chant du batelier
Et mettez pr è s de moi toutes les filles blondes
Au regard immobile aux nattes repliées

Le Rhin le Rhin est ivre où les vignes se mirent
Tout l'or des nuits tombe en tremblant s'y refléter
La voix chante toujours à en râle-mourir
Ces fées aux cheveux verts qui incantent l'été

Mon verre s'est brisé comme un éclat de rire

Ferragosto romagnolo

Occhieggia il sol marino e ride stanco
già all'albeggiar sul mar tinto di fuoco
traspare qualche raggio poco a poco
a disegnar la stanza in nero e bianco.

Da questa costa da molt'anni manco
qualche stagione in più e il fiato roco
il tempo andato inutilmente invoco,
per meglio respirar l'ante spalanco.

La brezza mattutina empie la stanza
il sol si mischia al grido dei puffini
in volo ad inseguire una paranza.

E mentre echeggia l'urlo dei bambini,
che son del mondo l'ultima speranza,
corrono in cielo nembi cinerini.

Inutilmente
Inutilmente credo a un mondo opposto
al sorriso sincero della gente
spesso basta un verso e m'innamoro,
una parola e già mi sento bene.

M'affligge tanta insensibilità che tutti affoga
l'indifferenza a un mondo che degrada
l'incuria verso il bello che annulliamo
per un'umanità che distruggiamo.

Un battito di ali che s'infrange
sull'auto che ho spinto a folle corsa
il cuore a fondo tutto mi tormenta
in mente m'alza forte un gran fragore.

Ho pena per una vita spenta
per una leggiadria che ho interrotta
che più non m'offre un armonioso volo,
un volteggio che il ciel più non colora.

E m'affliggo per una sol parola
che non si spende a sciogliere le pene
che dentro il cuore ogni dì matura,
per tanta gente che resta indifferente

a tanto dolor che i giusti opprime
a veder nel mondo solo sofferenza
che vano rende lottar l'indifferenza
contro cui solo mi batto e inutilmente.

Libertà (strambotto)
Non credo ci sia al mondo libertà
ma nella schiavitù ci siamo immersi
cogliendo le passioni e la viltà.

Senz'altro è  l'egoismo che ci ha persi,
ed anche quando parliamo di bontà
i sentimenti in acqua abbiam sommersi.

In questa confusione generale
al mondo vincitore è  solo il male.

Compleanno 2013
Eccomi a te, un altr'anno è  passato,
ed anche un giorno,
in silenzio come tutti quelli andati,
già se n' è  scappato.
In questa settimana empito hai le mie ore,
gioie ed affanni più volte son tornati
a tormentarmi più del tuo silenzio,
la mente torturarmi
senza l'amore tuo spento d'ardore.
Ma io son sempre qui,
solo coi miei ricordi, sto a pensare
ai semplici regali che mi hai dato,
all'affetto che in me non muore mai
ma anche a tanta gioia mista ai guai.
Gli auguri t'ho fatto,
tu li hai accettati,
penso che forse son davvero matto
a perdere il mio tempo in questa stanza
rincorrendo dei sogni che ormai trasporta il vento
come le tue promesse, le tante inutili parole,
che restano senza domani e prive di speranza.

Apatia
Sbalordito osservo
gli orrori del mio tempo
e nulla faccio per ricominciare
anzi mi adeguo, sembra un'arte giusta,
per chi il mondo ormai non vuol cambiare.
Tutti seduti,
tutti apatici ad un destino che ci sta annegando,
tutti pensando al nuovo
al come e al quando
uscir fuori da questa indifferenza
che tutti quanti ci sta contagiando.
Eppur non vi è  bisogno di alchimie,
neppur d'un rigoroso Presidente,
ci basterebbe l'onestà interiore,
un poco di buon gusto,
la volontà per gli altri d'operare,
l'umiltà d'un ritrovato senso del rigore.

Una fetta di cocomero
Sto gustando una fetta d'anguria,
da solo, in piedi qui all'acquaio,
ed a te penso gaio.

Sogno di essere con te,
al buio in mezzo alla calura,
per quei sentieri antichi senza luna,
mentre a casa ti riaccompagno
con nel cuore un senso di paura.

La mano sulla spalla,
volutamente abbandonata sui tuoi seni
e tu che con le dita l'accompagni,
sui quei tuoi capezzoli induriti
complice e con malizia meni.

Ti rivedo giovane e ridente,
dopo aver gustato una fetta di cocomero,
le labbra ancora gocciolanti,
rosse come quel frutto succoso
che ogni arsura spezza,
che le tue guance colorò
dopo una timida carezza.

Ti vedo,
oh, anni miei trascorsi celermente!
Gli occhi neri vividi e splendenti
come quei semi
che ricamavano quel frutto saporito
che si sciogliea tra i denti.

E mi chiedo perché l'amor non t'ho donato,
perché ai baci tuoi ho rinunciato
scegliendo un altro amor che tal non era
che mi riporta oggi il tuo rimpianto,
il buio d'una smarrita primavera.

Nebbie salentine



Questo giorno di sole e di calura
ad albe chiare e rosee mi trascina
a rade nebbie che il piano accarezza
che gli ulivi e il tabacco ancor ristora.

E traguardo anche una casina rosa
in cima ad un sentier che m'addolora,
la guardo mentre sosto alla collina
che fu rifugio un dì di disperati.

Oggi di disperato ci son io
il mio pensiero vola a chi m'ignora
a chi più non invia i suoi messaggi

a chi più non ricorda le parole
sprecate come nebbie mattutine
che lasciano nel cuore solo arsura.

- sonetto in versi liberi

Il vaso di Pandora



Adesso finalmente il vaso è  aperto,
l'ha scoperchiato lei con gran fragore
v'eran solo bugie, or ne sono certo,
ormoni, tradimenti e niente amore.

Di queste cose ormai sono un esperto
certe donnette vivon di tremore
su Badoo inseriscono un inserto
e aspettano con ansia e batticuore.

Fanno pagar, però, dopo la mancia
come ragnetti a cui basta un sentore
per digerir la preda che s'aggancia.

Nei fatti anch'io ho pagato per le ore
in cui m'ha riempito sol di ciancia,
mettendo in mezzo anche il Creatore.

Briganti



Come si fa a scordar tanti soprusi,
le congreghe che fan le vigliaccate
gli sputi usciti dagli sporchi musi
per due monete che son state date.

Come si può dimenticar gli abusi
da leggi impopolari e scellerate
mortificando tradizioni ed usi
con nequizie per libertà scambiate.

Poi la beffa di intitolar le strade
agli assassini, ai ladri ed ai mandanti
di chi organizzò tante masnade

e non a chi si oppose a quei furfanti
che han dato fuoco a case ed a contrade.
Oggi per questo inneggio a quei briganti

e a Martire Lorenzo e a Padre Rota
in ciel darò due vie da buon patriota.

- Sonetto ritornellato

Un pugno di sale
Ci sono giorni in cui il rimpianto sale
e te ricordo terra dei miei padri
me ne rimango al buio in questa stanza
e cerco il sole che non vuol spuntare.

Traguardo il mar che batte la falesia
che scuote in petto tutti i miei pensieri,
gli errori fatti, le ipocrite mie scelte,
le cose perse e che più non trovo.

E ripenso anche a te, terra di madre,
dove ho vissuto tanti giorni amari
i primi amori e tante delusioni,

la fuga verso un mondo inospitale
dove ho raccolto sol messi scadenti
senza sostanza e povere di sale.

Kaos




Quando mi accorgerò d'essere diventato ridicolo,
forse allora invertirò la rotta,
il timone girerò verso terra
smetterò di navigare nell'assurdo,
di veleggiare su un mare che non è  infinito.
La prua punterò verso la scogliera,
il piede appoggerò sulla falesia spugnosa,
irta di rocce carsiche pungenti,
mi siederò a pensare su una cala scavata dall'onda
ed aspetterò la notte.
Il buio mi presenterà una fetta di universo
stelle ed astri risplenderanno nel silenzio,
qualche scia luminosa mi avvertirà della precarietà umana,
mi farà vedere quello che è  morto da millenni,
che solo adesso io vedo,
adesso che milioni di persone sono estinte,
che non hanno potuto vedere la fine di una stella.
Ed io affogherò in questo infinito di punti luminosi,
continuerò a vedere quello che è  già scomparso da tempo,
forse neppure mi accorgerò della fine del tutto
che segue quella stella cadente,
bruciata da millenni
che io solo questa sera ho potuto vedere
che mi anticipa la fine delle generazioni future.

Ipocrisia
Sono arrivato adesso al capezzale
dei miei pensieri e tutti li accarezzo,
li analizzo ma restano parole
che a ricordarle anche mi fan male.

Spesso la nostra lingua si confonde
i comandi non segue del cervello
la verità lei dice, non nasconde,
l'ipocrisia condanna e non l'accetta.

Ma stona col contesto che ci attornia
l'orecchio offende di chi l'ha affinato
la gente tante volte non ragiona

vuol vivere tranquilla e trasparente
come l'acqua che scorre alla fontana
che ognuno beve anche se è  fetente.

Vivere d'amore
Se in me l'amore ancora non s' è  spento
non m'incolpar per questo, o mia creatura,
fin quando splende il sole, soffia il vento,
fin quando batte il cuore, in me perdura

questo ricordo e abbonda il sentimento.
Lo so, per te è  stata una iattura
che il tempo trasformò dopo in tormento,
ma è  questo che l'amor spesso procura.

Ora gli affetti in te si sono spenti
a volte fingi di non ricordare
anche gli ormoni non son più bollenti,

solo il rancor galleggia, e sai attizzare,
i tuoi pensieri d'amor sono carenti
tutto cancelli e vuoi dimenticare.

Angeli solitari



Vorrei poter scordare e ognor ci provo
ma facile non è , angelo mio,
perché da quando anch'io solo mi trovo
sempre a te penso e non di certo dio.

Se dal pensiero tuo io son distante
a che mi serve di pensare ai santi?
Ma un tempo m'apparivi sfolgorante
e voce e viso sempre avevo avanti

in quella web che luccicava a notte,
che intermittente sussurrava frasi
a volte dolci e, spesso, galeotte.

Or tutto appar velato, senza occasi,
quelle voci da un po' sono interrotte
chissà in quali poggi sono evasi.

Ormai anche la mente langue quasi
 è  secca come un'erba dentro i vasi.

La passione del tempo
Se un giorno vi fu un uomo
che predicò l'amore
che si subliminò col dolore per quest'amore
accettando finanche il martirio,
ebbene,
allora,
l'amore seminato è  germinato in altri cuori,
altri cuori hanno accettato il martirio,
fustigati hanno reagito con la rassegnazione,
ingiuriati hanno reagito con il perdono,
hanno giustificato chi li fustigava,
hanno avuto compassione di chi li ingiuriava
hanno urlato dalla croce misericordia,
hanno scaricato l'ignoranza altrui
su chi l'ignoranza seminava
invece di spargere il seme dell'umanità,
della comprensione,
dell'accettazione del diverso,
verso chi urlava "il re è  nudo",
ravvedetevi, sappiate perdonare.
Ecco,
ora sulla via di Damasco
folgorato non è  il saggio,
ma il Gentile che ha vissuto con la mente oscurata,
che all'improvviso ha capito la funzione del sole
che non serve a dare luce alla natura,
alle piante, al mondo,
ma anche al cuore ed alla mente umana.
Ecco, ora io sono quasi pronto,
forse accetterò il martirio
affinch è  dalle mie inutili ceneri risorga l'amore
che il mondo ignora,
che il mondo ha cancellato dal proprio cuore.

La vita che sofferenza
Muoio dalla rabbia,
muoio dall'impotenza,
muoio sapendo di non poter fermare la morte,
ma l'aspetto questa amica segreta,
 è  lei che libera l'uomo dall'affanno,
la grande punitrice,
la grande liberatrice,
la grande livellatrice.
L'amo questa bestia infingarda,
l'aspetto questa maledetta bugiarda
ma non m'abbraccia mai.
E quando sento il suo alito,
quando avverto la sua presenza vicina
allora penso alle cose da fare,
al perdono che vorrei dare
a quello che non ricevo
per il male che inconsapevolmente ho fatto,
che faccio ogni giorno con la mia cattiveria,
con il mio egoismo stupido e infantile,
e la prego di aspettare
di darmi ancora del tempo per poter morire in pace,
con me stesso,
con chi mi ha amato ed oggi mi odia,
con chi mi ha reso felice ed oggi infelice,
con chi mi ha dato gioia ed oggi dolore.

Il sole declina,
stancamente declina anche oggi:
ogni cosa è  al tramonto
ed il tramonto fa rinascere solo l'alba,
come fosse una scusa,
sempre più triste,
sempre meno chiara e confusa.

Notte insonne
Stanotte non riuscivo a prender sonno
allora come a me succede a volte
mi sono alzato e ho navigato in rete
a cercare chi ormai dorme contenta.

E t'ho visto attraverso la finestra
il tuo cane abbaiava e mugolava,
forse di me sol lui si ricordava,
mentre nel sonno tuo t'accompagnavo.

Ti giravi nel letto un po' agitata
le labbra disegnate da una smorfia
il lenzuolo scopriva i tuoi gran seni

sempre più molli ed ora più cadenti,
i capelli arruffati il viso smorto
non eri più quell'angelo d'un tempo

mi sembravi una povera sbandata
sola ed anche da me abbandonata.

Quella parola
Quella parola, di più, che ho detto,
quella frase ricca di veleno
che si è  formata nel cuore,
che ha strisciato dentro il tuo petto,
per quella parola
mille volte il tuo dio ho maledetto
mi son mortificato,
tanto rancore ho acceso.

E pur non la pensavo!

Or ci ripenso e mi tormento,
come potevi credere a quel fiele,
a tanta cattiveria declamata
nascosta dietro tanto sentimento?
Tu lo sapevi, dio mio se lo sapevi,
che tanto affetto nel cuore custodivo,
soltanto te io amavo.

Si tanto amor ti davo!

Un amore che ancora mi stupisce
a cui tu davi forza, davi ognor vigore,
che alimentavi spesso col rancore
che tanta sofferenza procurava,
che nel cuore carbùra
nelle vene come un veleno dura,
un mar di cattiverie riproduce
anche a chi le costruisce,
che rinnova nel tempo,
che l'animo intristisce.

Ma al mondo tutto si usura,
anche una ricca sorgente inaridisce,
così anche l'amor più resistente
infine si squaglia come neve e poi finisce.

Quella bianca stradina



Quella bianca stradina
al consunto mio amore a giorni approda,
ripida nel pensiero
in alto sale, all'orizzonte sfuma,
nel vuoto dell'angoscia poi scompare.
Dietro s'apre un cielo azzurro e terso,
un sole che più non mi riscalda
un vento lieve che gli alberi carezza,
che dietro i miei pensieri a volte è  perso.

Quella stradina bianca
 è  la compagna mia fedele è  vera,
l'unica testimone che non mente,
la sola che m'ascolta e mi rinfranca,
che ogni tanto s'affaccia sullo schermo
a ricordarmi le sue tante bugie,
le falsità esposte impunemente,
le notti vissute allegramente,
le lacrime versate inutilmente.

Quella stradina bianca
adesso ha tutti i capelli inargentati:
il tempo passa,
gli anni sono un fardello assai pesante
che il cuore logora e consuma,
penosa diventa anche salirla col pensiero,
a ricordarla ancora più spossante.
Anche il ciel sembra imbiancarsi
come questa mia vita che ormai sfuma
tra le nebbie in pianura a fine estate
stanca di tanti affanni, del vano disperarsi
per le promesse poi non rispettate.

Pasti frugali
Per una poesia
scambio il mio pranzo,
mi sazio di parole,
versi ingollo in modo vergognosamente ingordo
indigeste mi restano nel buzzo,
mal digerisco il senso
trasformo il gusto in repulsione
il condimento in sciocco intingolo schifoso.

Per dei versi
scambio la notte in giorno,
sui cuscini semino parole
all'alba le raccolgo
le orno di arzigogoli sfumanti,
le insaporo con odor virtuali
raccolti nel campo della mente
nel pensier per te ognora ricorrente.

Per dar voce ai palpiti del cuore
colgo i fiori dei prati,
nei colori dell'ali di farfalle
intingo il pennello dei pensieri,
ricamo con toni e sfumature
questa mia eccitazione che trabocca in petto,
con chiaroscuri ricchi d'ombre e di luci
dipingo questa gioia che dal cuor s'espande
che saziare mi fa dei tanti doni
che la natura ci da come regali,
che il cuor mio trasporta ora festante
in un tripudio di suoni multiformi,
di armoniosi battiti di ali.

...rinunciando al mio pasto ed ascoltando "La Traviata" di Verdi!

Le verità brucianti
Di tanto amor complice fui
ma il mio amore fu,
il tuo non era.

M'assumo tutte le colpe mie
anche le tue,
assommo ai miei tormenti
i tuoi, se tali furo,
ogni ansia, ogni passione aggiungo,
tutte le gioie che annullano i dolori
i sorrisi che adesso sono assenti,
i piaceri che andavano incostanti
assecondando le fasi della luna,
le maree sul mar sempre fluttuanti,
i chiaroscuri sulle selvagge spiagge
creati dai nembi vagabondi
come i pensieri miei
ch'ora infiacchiti sono.

Ed al rimpianto per l'amore estinto,
alle giornate dall'affanno intenso,
alle nottate con nel cuore il pianto,
alle voci sommesse che si sono perse
nel buio delle notti senza luna,
v'aggiungo le verità celate,
le parole cattive seminate,
quello che ho detto e che non ho taciuto,
quello che dir dovevo e voce non ho dato
che ho trattenuto tacito nel petto,
le mie doppiezze che sempre t'ho nascosto
sulla fiducia che per tanto tempo
in te ho poco avuto e mal riposto.

Due penne consunte



Hanno asciugato i loro pensieri,
su un foglio bianco li hanno distesi al sole,
il vento li ha accarezzati,
il tempo difesi.
Adesso rimangono lì, in silenzio,
ogni tanto rallegrano il cuore di qualcuno,
ogni tanto rinnovano un pensiero,
una pena passata asciugano,
un rimpianto risvegliano.
Quelle penne consunte adesso ridono,
anche se logorate si rallegrano.
Hanno asciugato la loro linfa,
l'hanno trasformata in pensieri.
Ora se ne stanno in pensione,
passano il loro tempo a leggere
le ispirazioni di chi le ha utilizzate!

Lettera ad un rondone mai nato



Ho visto un uovo secco di rondone
davanti all'uscio della mia cantina
frutto era di interrotta incubazione
o di fallita azione di rapina.

Verso il tetto ho sollevato gli occhi,
il silenzio ha risposto ai miei pensieri
quel nido vuoto privo di marmocchi
mest'era senza piccoli ciarlieri.

Chiuso per lutto, forse c'era scritto
sotto quegli embricini vecchi e rotti,
certo un rondone con il cuore afflitto
guardava in giù e lacrimava a fiotti.

Pensava ai voli su pel cielo terso
per le campagne e sopra i cascinali,
riguardava quel guscio a terra perso
senza speranza né battito d'ali;

senza più in cielo insetti da inseguire
ma privo anche di ansie ed apprensioni,
di falsi amori dietro cui garrire,
di nefandezze e di insoddisfazioni.

Profezia



Vedrò,
ancora vedrò un raggio di sole
sopra i sassi distendersi indolente,
sulla spiaggia pietrosa di quella antica baia
dove la falesia ancora appare
qualcuna morta, inattiva,
come il tuo cuor che scade,
altra viva ed attiva,
battuta ancor dal mare,
dai pensieri,
come il mio cuor che ormai decade.
Vedrò,
lo so: il tempo questo mi regalerà,
questo è  giusto che sia
perché la mia memoria
forgiata è  ormai dall'empatia.
Vivrò dentro di te
anche se tu mi scacci via,
sarò la tua condanna
anche se ormai lo so
tu non sarai più mia.
Ma io vedrò,
lo so, vedrò
in un giorno baciato dal pensiero
realizzata questa profezia.
Vagabonda nell'anima e nel corpo
io ti vedrò vagare
alla ricerca di certezze
che mai tu riuscirai a trovare.
Instabile nel cuore,
vuota nei sentimenti
invano cercherai pace e ristoro,
non basteranno mille pentimenti,
solo vivranno i tuoi rincrescimenti
che saranno miseria e non tesoro.

Vecchia sgualdrina



Quella sgualdrina chiusa nel convento
ormai non batte l'ali
la gonna le solleva un forte vento
che spira a Torre Pali.

Sguaiatamente le sue gambe allarga
in quella foto vecchia
dove il tramonto il rosso par che sparga
e poi sul mar lo specchia.

Mercifica il suo corpo e poi si pente
nuovi amori racconta,
ma io lo so e lei lo sa che mente
le sue bugie già sconta.

E l'appetito sale, il corpo svende,
mostra la sua bassezza
s'eccita ed al vizio impuro tende
ogni decoro spezza.

Volgare lancia ancora i suoi segnali
come cagna in calore
attira i maschi sempre irrazionali
ricchi sol di squallore.

Si rallegra, ma il tempo corre in fretta,
un tocco s'ode ancora,
percorre con affanno la via stretta
mentre la pelle sfiora.

Strofe tetrastiche di endecasillabi e settenari alternati nello stile di Alcmane.

Haiku (Cavalli)



Zoccolo pesta
nei clivi maremmani
sereno a sera.

Impronte sfuggenti



Cosa hai nel tuo cuor,
dimmi, cos'hai?

Questo tuo farfuglio incostante
questo scappar,
questo andare indietro e avanti
questo inciampare insolito,
questo cader scomposto
questo compiangersi confuso,
ininterrotto,
questo tuo calpestio sconvolto.

E mi regali ancor cordoglio,
mi scacci e dopo mi richiami,
le tue pene ancor mi socializzi,
cerchi sfogo e dopo mi castighi
col tuo rimorso,
col tuo voler gli eventi cancellare,
tutto l'amore finger d'oscurare
della tua vita e mia cambiare il corso.

Perdo le notti ad inseguirti in rete,
a cercare una traccia,
una impronta del tuo piede scalzo
sopra l'arena buia di quella spiaggia
dove il tuo corpo nudo liberavi,
dove passione e sesso mi donavi.

Oh, la mia vita sterile che corre
senza speranza alcuna,
che s'avvia
sulla strada del Golgota e ricorda
quell'altra disperata e inutile agonia.

La foto è  tratta dal portale: http://www.qspiagge.it/puglia/salve/spiaggia-di-torre-pali/


Colori e ricordi

Mimosa dei miei sogni,
colore dei miei ricordi,
odori della mia terra.
In un attimo il passato che ritorna,
la nostalgia che mi conforta la mente,
le immagini che mi addolciscono l'animo.
Basta poco, a volte,
per ritornare ad accarezzare il tempo!

Gorgheggi d'usignuolo



Un usignuol nel bosco sta cantando
m'ammalia col suo dolce motteggiare
come un pastore pigro zufolando
l'animo di mestizia fa vibrare.

E tra le vette volano gli affanni
con le nuvole in cielo se ne vanno
non v' è  sentenza più che mi condanni
saranno in molti che s'indigneranno.

Verso chi sbaglia è  rapido il giudizio
la gente con ingiurie ti sommerge
t'accompagna sul Golgota al supplizio
e non c' è  pena che la colpa terge.

Ma non m'importa, solo non rimango,
lungo la strada troverò un amico
che il viso saprà tergermi dal fango
ed a cui dico grazie e benedico.

Fontana di Trevi
Non so cosa trovassi da vedere
eppur le volte che arrivavo a Roma
cercavo un posto al sole ove godere
quel Bernini che ogni altro artista doma.

In quella piazza stretta e popolare
dove Marcello e Anita han recitato
me ne restavo fisso ad ammirare,
sognando in quella fonte aver nuotato.

Sogni immaturi quando ancor la mente
mille progetti tenta di costruire,
se far l'artista noto a molta gente
o un avvocato che sa disquisire.

Mi tormentavo nel veder buttare
nella fontana tante monetine
convinti di poterci ritornare
ancora con le loro ragazzine.

Avevo allora pochi soldi in tasca
e vedere sciupar tanta ricchezza
mi tentava a calarmi in quella vasca
pur comprendendo fosse una sciocchezza.

Stanotte sto pensando a quei turisti
cercando di capir nesso e dialetto
ma oggi i miei pensieri son più tristi
perch è  più ormai non son quel ragazzetto

Amore, amore un corno
Amore, amore,
amore un corno,
tu me lo dai ed io te lo ritorno,
ma appena volgi un po' lo sguardo altrove
entra nel letto con un altro amante
e gli sussurra mille parole dolci,
parole appena bisbigliate,
che entrano intensamente dentro il cuore,
invadono testa e mente,
sembrano vere e invece san di niente.

Ritorna dopo dal suo "vero" amore,
almeno così ripete stancamente,
lo plagia con malizia,
con destrezza tutto lo rigira,
quattro storielle poi gli sta a contare
e lui si convince infantilmente,
 è  contento a farsi incorniciare
stretto con l'infedele lo vedi passeggiare.
Anche le mutandine gli regala
bagnate del suo umor per non scordare,
gli sussurra parole che non può dimenticare:
"Non ti scordar di questo amore bello
che sarà sempre per te fresco e novello".

E più che mai allora s'innamora,
le crede e resta nell'animo contento,
pensa d'essere il solo grande amore,
invece sta perdendo solo il tempo
perché lei già rincorre un nuovo ardore
che gli sussurra parole calde e uguali,
l'adula, l'abbraccia, la stringe con vigore,
le massaggia la schiena dolcemente,
le trasmette tutte le emozioni
quelle cercate che lei gradisce e vuole,
che ricambia perché sa ben la parte
che ormai da anni simula con arte.

Corsia d'ambulatorio
Me ne sto seduto ad aspettare il turno
per una visita da tempo prenotata.
Davanti si sfilaccia un corteo stanco
di gente assente con lo sguardo perso,
piena di dubbi e un po' preoccupata.
Osservo visi che sembrano sconvolti,
volti confusi, alcuni sofferenti,
con gli occhi persi a leggere referti,
impegnative e scritte sulle porte.
Passa un'anziana con la benda a un occhio
un signore, con a fianco il suo bambino,
perso tra due stampelle e un po' impacciato
con un piede che gli penzola ingessato.
Leggo sui loro volti tanto affanno,
il disagio di persone sprovvedute
a volte ci vedo la disperazione,
un certo scoramento, tanta agitazione.
Io mi destreggio, so già cosa fare,
col cellulare chiacchiero con un'amica cara,
ogni tanto mi scappa anche un sorriso,
indifferente rimango a tanto sbando
a tanta umanità in apprensione.
Lo sguardo affondo in mezzo a tanta folla
che scorre avanti e indietro in processione
quasi in attesa d'una grazia attesa
che dall'affanno al fine li sollevi
sgombri l'angoscia che sul petto pesa

La nevicata
Mentre la neve mi colpisce il volto
e copre con candor colle e marina
osservo i fiocchi volteggiar in aria
come cotone che dal ciel si sfalda.

E volteggiano con indifferenza
per i deserti vicoli del borgo,
tutto coprendo senza sosta alcuna
e pennellando di bianco la natura.

Il vecchio e il marcio tutto s' è  dissolto,
sembra il borgo tinteggiato a nuovo
ed il silenzio che v'aleggia intorno

traccia nell'animo un pensier di pace
che sgorga come fonte di montagna
che a volte forte sparla e a volte tace.

Tenerezza
Ci sono momenti che il cuor non ragiona
si accende e si esalta su piccole cose
alla vita sovente un cantico intona
s'inebria eccitato al candor delle rose.

L'udito distende apre a suoni e rumori
un volo di uccelli lo incanta alla vista
la mano accarezza sul prato gli umori
la brina allontana che il cuore rattrista.

Il vento solfeggia le note più strane,
par musica dolce finanche il motteggio
dell'acqua che cade, che bagna le tane
e al grillo cornuto fa versi e dileggio.

Il caldo tepore del sole invernale
regala alla pelle un dolce piacere
la nebbia dirada dai campi già sale
un canto dolcissimo di capinere.

La vista del poeta
Il poeta vede col cuore
per questo osserva male
scambia il surrogato
al posto del caviale.

Anche se poi l'assaggia,
foss'anche intenditore,
nel gusto si confonde
e sbaglia per amore.

Eutanasia
Chi sei tu,
bastardo,
che entri nella mia vita
e decidi per me
se devo vivere o morire?

Chi sei tu,
che ti arroghi il diritto
di farmi vivere per forza,
decretando per legge la mia vita,
bloccando il mio viaggio
se ho deciso di andarmene
da questo atomo ricco di escrementi?

Tu, piccolo verme,
coi tuoi prelati oranti,
decidi per te stesso.
A me non serve prece,
non desidero la benedizione
di cialtroni coi paramenti bianchi
che han taciuto le stragi ed i massacri
nel nome di un dio che l'uomo s' è  inventato.
Ma tu lo sai al fine cosa davvero vuoi?
Ma cosa pensi di rappresentare in terra?
Un dio pietoso?
Un dio misericordioso?

Lasciamo perdere, non mi va di parlare,
smettiamola coi discorsi osceni,
in altre contrade sorde già sostai,
smettiamola chi soffre d'ingannare,
di far sperare illogici prodigi
a chi solo sul dolore affida
l'infausta sua esistenza che ha incallito.
Ma chi sei tu per giudicare,
sulle mie crisi esistenziali,
e suggerirmi la strada giusta o meno da imboccare?

Medita, piccolo esemplare
d'una razza che non vuol svanire
ai tanti olocausti da dimenticare,
alle razze superiori ancor ieri esaltate,
alle guerre dove farsi massacrare,
oggi ancora anche invocate;
pensa a chiudere le porte del tuo regno
ai complici degli assassini benedetti
che nel nome di Dio universale
han fatto le crociate,
che ieri ed oggi sostengono i conflitti,
promuovono sul campo gli assassini,
regalano medaglie e attestazioni
per meriti di guerra,
sotto il falso mantello di uno stato
che crea con impudenza e poi abolisce
barriere e inammissibili confini.

Pensa e dopo puoi parlare,
anche pontificare
ma sempre lealmente tu lo devi fare.

Tra quei tuoi terrazzi
(Madrigale)



Tra quei tuoi terrazzi assolati
annegai col pianto nel cuore
erbe morte e fiori essiccati,

rari ulivi e pampini spenti.
Il vento tergeva il sudore
non cassava i nostri tormenti

Mentre l'ore andavano lente
le ciole guardavano attente

l'angoscia la mente schiacciava
nel petto la pena allagava.

Abbraccio il mio cuscino
Abbraccio il mio cuscino
mi illudo sia il tuo corpo
ma è  un morbido guanciale
che stringo nella notte
e che mi fa star male.
L'ore passano lente
muto sta il campanile
rigiro corpo e mente
con il pensiero volo
ma ormai più lei non sente
gioisce ch'io sia solo.
Da lei volo e m'attardo
intorno al suo lettone
aspetto lo squillare
del muto cellulare,
un segno che confermi
che non si scorda mai
che ancora esisto, vivo,
e in cuor resta l'affetto
non è  del tutto spento:
ma l'ho capito ormai
ch' è  morto il sentimento.


E' poesia tutto quello che dall'animo sgorga ed il pensiero allieta

Risus abundat in ore stultorum
(Da Giovanni)

Che risata banale,
sguaita,
di donna sciocca,
che simula d'essere innamorata
che invece stucca e secca,
e ancor non stacca,
che mi regala noia e fiacca.

La mia estasi ha sciupato,
la mia emozione di colpo cancellato,
davanti allo spettacolo d'un mare
che tutto come il pasto da gustare
qui da "Giovanni" a San Gregorio
il paese del celebre Liborio*.

Speravo nel silenzio,
nello sciacquio dell'onda
della risacca strisciante sulle rocce,
riposante,
per acquietare l'animo turbato
da tanti neri pensieri rattristato.

Così non fu, non è !

M'offende un riso sciocco,
un uggioso, snervante starnazzare,
proprio allo scoccar del tocco,
che copre la dolcezza di quest'ora,
soffoca ogni rintocco.
Ma nel mio desinar ora m'arrocco
davanti al mio piatto straripante
di linguine allo scoglio, stuzzicante,
che affogo con un fresco rosato un po' frizzante.

*Liborio Romano di Patù, discusso ministro borbonico e poi dei Savoia
al tempo dell'unità d'Italia che é considerato l'antesignano dell'opportunismo in politica
.

Se amor tu seminasti
(Madrigale)

Se amor tu seminasti pigramente
il mio fu vero e tale lo donai
tutto lo diedi a te gioiosamente.

Se adesso sei felice tu lo sai,
nel cuore mio ancora sei presente
a cancellarti invano ci provai.

Per sempre rimarrai nella mia mente
dalla tua oramai lo sono assente.

Sestina politica

Gratifica nel mondo assai il potere
chi lo detiene non lo vuol mollare
e lo difende con parole e inganni
mistificando storia e verità
tutto calpesta, dignità ed onore,
e spesso parla di ragion di stato.

Pochi intuiscon cosa sia lo stato
e lo si scambia spesso col potere
ci si scorda sovente dell'onore
ed è  una scusa poi per non mollare
certi vantaggi, sola verità,
per cui son regolari anche gli inganni.

Ma colui che gestisce senza inganni
maggior decoro avrebbe anche allo stato
ché non celando mai la verità
rafforzerebbe tanto il suo potere
senza paura di dover mollare
o rinunciare a competenze e onore.

Molti, si sa, che per un finto onore
sono portati ad impiegar gli inganni
perché la sedia non si vuol mollare
che assicura in eterno un certo stato
e garantisce dignità e potere
per cui convien celar la verità.

Tutti concordan che la verità
 è  garanzia per conservar l'onore
e ancor di più si evince che il potere
non si regge a lungo con gli inganni,
che usurano alla base il proprio stato,
e prima o poi lo si dovrà mollare.

Ma proprio nel momento di mollare
si cerca d'oscurar la verità
per non abbandonare il proprio stato
e allor si contrabbanda anche l'onore
ricorrendo a mille e cento inganni
per far durar nel tempo quel potere.

Quindi per non mollare ogni potere
la verità s'occulta e il nostro stato
d'onore resta ricco e anche d'inganni.

Lungo la Dora
(sonetto)



Assorto me ne vo' lungo la Dora
in questo giorno freddo ma assolato
con l'acqua chiacchierina che mi sfiora
tra l'olezzo del fieno già tagliato.

M'accompagna allarmato un volo d'ali
di merli, passerotti e cardellini
ma la mente insegue i dolci mali
che han segnato reciproci i destini.

Medito sul tuo amor tardi arrivato,
soffro per certe scelte poco sagge
che solo indifferenza han generato.

Mentre pensoso volo ad altre spiagge
da tanti turbamenti son scrollato
da un volo inquieto d'anatre selvagge..

Un uccellino confuso
Era come quell'uccellino
che ho raccolto stamani giù per strada
chiuso in se stesso con la morte in cuore.
In alto con vigore l'ho lanciato
speravo sul tetto ricadesse
ma invece sulla strada è  ripiombato
tutto stordito,
ormai quasi finito.
Pietoso le ho accorciato l'agonia
con gran dolore e l'anima avvilita,
ho spento la tenera sua vita.

Anche lei era come un passerotto,
stava spiccando il volo e l'ho bloccata
mi diede amore, e tanto anch'io l'ho amata.
Oggi mi pento per la mia follia
da lei avrei dovuto scappar via
non dovevo accettare quell'affetto
avrei dovuto lasciarla nel nido sotto il tetto.

Ma fu un amore dolce e inaspettato
lei si sforzò per farmelo accettare
me lo rappresentò con tenere parole
dell'amor mi parlò del Creatore
dell'età che non conta se matura
ed io folle cedetti
a tanto amor sincero, no, non resistetti.

Nel tempo andato col pensier volai,
anzi lei mi ci riportò con frenesia,
l'addolcì di passione, d'una dissoluta fantasia.
L'ebbrezza rinnovai del primo amore
puro e frizzante che non scordo mai,
che in cuor conservo ancor con sentimento,
ma lei ci aggiunse tanta dolcezza irrazionale
ricca di effervescente frenesia,
dell'età mia proprio mi scordai
in simile follia poi scivolai.

Ora ripasso a mente la lezione,
leggo i suoi scritti e qualche sua poesia,
leggo i suoi messaggi colmi di passione
di semplici parole e di promesse
sfoglio le foto che lieta m'ha lasciato
accarezzo le penne che m'ha regalato
riguardo i suoi filmati,
e leggo anche gli insulti per ultimi arrivati.

Notte a San Gregorio
(Canzone)



Questa notte,
questa notte non mi passa mai,
nuvole in cielo offuscano la mente
forse ho mentito a lei,
ma non la scordo.

E le sono vicino anche se lei l'ignora,
nel suo terreno navigo in silenzio
scendo i vecchi gradini di pietre millenarie
la vedo ancor seduta,
scompostamente ignuda,
con quel sorriso d'infante mai cresciuta
con quel sole che tutta la circonda
tutta le bacia la sua calda pelle
tutta l'abbaglia, tutta la confonde.

Questa notte,
questa notte è  piena dei miei guai
il nero dentro il cuore, il nero in mente,
forse ha mentito lei,
ed or mi ignora.

Ma le sono vicino, io non l'abbandono,
nel suo terreno gioco coi pensieri
guardo quel mare blu di San Gregorio
mi vedo seduto ancora da Mimì*
a bere un po' di vino del Salento
di quel Salento che mi strazia il cuore
senza più il sole che oggi mi schiva
senza i suoi raggi che argentano il suo mare
privo per sempre del suo dolce amore.

* Ristorante "da Mimì" a San Gregorio di Patù dove consumavo i miei pasti
  o giocavo a carte con il titolare ed i suoi amici.

Fabiana
(Sonetto)



Se per un grande bene anche s'uccide
comprendere vorrei dov' è  l'ardore
che anima chi giura eterno amore
se poi la vita altrui offende e irride?

Se chi è  disposto ad accettar le sfide
d'una vita di pena e di rigore
non credo che sia stato poi l'amore
c'abbia prodotto quelle gesta infide!

Penso che sia un giovane ammalato
un giovane represso e mal cresciuto
che una falsa cultura ha influenzato

e certe idee ha impresso e sostenuto,
d'un ambiente che l'ha condizionato
al quale non ha opposto il gran rifiuto.

Haiku (cappio)



Cappio pendente
un sol pensiero vola
tempo stringente

Maledetta primavera
(madrigale)



A un melo mézzo l'occhio pigro porgo
s'arrende all'acqua che impietosa scende
e che un ciliegio brutalmente offende.

Anche le rose per le vie del borgo
stentano a rifiorir pel troppo ammollo
fiacco lo stelo piegano sul collo.

Le vette bianche sopra i monti scorgo
coi canaloni ornati da ruscelli
spento è  finanche il trillo degli uccelli.

In questa primavera che non sorge
ancor la stufa il suo calore porge.

Dimmi dolcezza mia
(Madrigale)

Dimmi dolcezza mia, dimmi che fai?
Piange il mio cuore a tanta indifferenza
la stupida non far, ben troppo sai

quanto al mio cuore doni sofferenza.
Fosti tu a dir: "Non mi lasciare mai
della mia vita sei unica essenza,

nella mia mente sempre resterai"
ma poi m'hai regalato solo guai.

Il muro



Quando uscirò da questo corpo
che l'anima mi tiene imprigionata,
quando senza catene me ne andrò
oltre quel muro alfine anch'io vedrò.

Lo spirito dei morti apparirà
come nuvole stanche svolazzanti,
mi parleranno senza far rumore
senza più odio senza alcun rancore.

Già un mondo parallelo mi sognavo,
dove l'anima veder potesse i vivi
ma oltre i confini di quella realtà
nessuno potrà abolir la gravità.

Incontrerò così, tra paschi e monti,
lo spirito dei miei parenti e amici
paleserò soltanto col pensiero
ogni mio ragionar più veritiero.

A parlare sarà sol la ragione
e nella mente altrui avrò gabella,
il mio argomentare un giorno invalso
sarò sincero e non sarà mai falso.

Ed uscirà dal cuore alfin la pena
la morte sarà l'epilogo del nulla
ma il nulla si aprirà sulla ragione
che pone fine alla superstizione.

Ricordando Cabanera

Apatico e distratto m'aggiro
in questo bosco ricco di ombre e di sole,
di daini e cerbiatti scattanti
di cuculi tediosi e monocordi,
di merli ed usignoli armoniosi.
L'acqua scorre musicale e ciarliera,
armonizza il silenzio,
scivola nei fossi coi segni del tempo
disegnati da borracine ed alghe,
sprizza zampilli lucenti,
germogli di diamanti.
Con la mia compagna occasionale
parliamo della nostra vita,
accenniamo a qualche amore finito,
agli affetti ormai andati,
ai ricordi che sovraccaricano l'anima,
che ristagnano nella mente,
che sfidano il tempo.
Questo bosco mi illude
che tu sia ancora viva in me.
Non ho mai amato nessuna come te,
mai amore fu più eufonico e confuso,
più vivido e scomposto.
Ma fu solo nuvola stanca,
un rovescio effimero d'acqua scrosciante:
nel cielo ha lasciato solo una pallida nebbia,
solamente un accenno di primavera precoce
e l'estate non vuole ancora arrivare.

Le dieci P



Parole Poco Pensate Portano Pena Perciò Prima Pensare Poi Parlare

Parole a dire tante
Poco lontan s'arriva
Pensate dove allora
Portano le strullate:
Pena a chi ascolta danno!
Perciò sarebbe un bene
Prima di agir le corde
Pensare a quel che dire
Poi sempre ricordare:
Parlare si, ma prima ragionare.

(La targa è  posta all'ingresso dei sotterranei di Barbarano de Capo, Leuca Piccola, usati un tempo dai pellegrini per riposare.

Aspettando la notte
(Madrigale)



In questo occaso che mi spezza il cuore
si perde il mio pensiero e in mare affonda
ed ogni pena insieme al giorno muore.

Quando il buio la sera mi circonda
rincorro i giorni lieti con furore
ma poi mi quieta il mormorio dell'onda.

Mentre il pensiero vola a Torre Vado
all'amor tuo ripenso mio malgrado.

Haiku (Ignoranza)



Sono ignorante
ma più che vado avanti
il tempo stringe

Haiku (Creta)



Impasto creta
l'ingegno ancor prevale
lampo d'artista

Dedicata ad Agostino Branca maestro della ceramica salentino


Haiku (Malignità)



Serpente striscia
la lingua al vento tende
veleno a sera

Canzone dell'indifferenza



Tu m'hai incantato con le tue parole
un vuoto nella mente m'hai lasciato
adesso m'hai levato dai pensieri
forse stai anche bene, se non menti.

Ma come tante donne banderuole
per il tuo scopo prima m'hai adulato
quando infine hai colto i tuoi piaceri
hai ricercato nuovi referenti.

Or che hai finito con gli esperimenti
simuli oblio e di non ricordare
ed hai saputo anche minacciare.

Per vedermi non trovi più espedienti
usi parole grave ed offensive
dell'affetto d'un tempo ormai son prive.

......................................

Parole un tempo dolci ed affettuose
che or sostieni mai d'avere dette
anzi ritieni addirittura abiette
e affermi d'esser stata violentata.

Queste espressioni poco decorose
lo sai che non son vere e ti stan strette,
perché da me saranno contraddette
e, quindi, non sei tu quella abusata

quella, che in giro dici, raggirata.
Ora che i tradimenti son scoperti,
della tua falsità son tutti certi

quindi da sola tu ti sei fregata.
Per cui è  arduo ancora sostenere
che non è  stato per vizio e per piacere.

- Canzone in stile petrarchesco

Angel che vai



Angel che vai
soletto e non mi guardi mai
so già che tu lo sai
che pieno son di guai.

Provo a pensare,
tutti i pensieri in mar buttare
ma non posso scordare
faccio che ricordare.

Si, ora l'ammetto
provai ad essere perfetto
purtroppo dentro il letto
ci fu solo diletto.

Finsi nel cuore
giurai che fosse amore
era solo tremore,
sol sesso deteriore.

Cosa m'ha spinto?
Penso emozione, foga, istinto
oggi ne sono convinto
fui solo un uomo finto.

Mi somigliava
solo nel vizio m'eguagliava
ma nell'amore ignava
nella lascivia brava.

Fu odor di vento
mi resta un flebile lamento
ora l'amore è  spento
non fu mai sentimento.

I versi sono composti da rime 5-9-7-7

Visioni 2007
Sei anni dal quel giorno son passati
quando gustai la prima tua poesia
sei anni che io non ho dimenticati
che hanno empito questa vita mia.

Anni di affetti veri, regalati
un dì che tu hai incrociato la mia via,
ma tanto affetto dove ci ha portati
se oggi in cuor v' è  solo nostalgia?

Intorno a me v' è  il vuoto più assoluto
spesso ti penso, accanto a me ti vedo,
ricordo tutto il ben che m'hai voluto.

Che tu più non ricordi non ci credo
neppure che il tuo amore sia intessuto
da sì tanto rancor ch'io non possiedo.

AAA...Cercasi!
Cerchiamo ancora venditor di sogni
con questi spesso poi ci confondiamo
anzi a sognar con loro ci proviamo
e così non vi è  più chi si vergogni.

Si sa, ognuno pensa ai suoi bisogni
degli altri a volte ci dimentichiamo
ma appena nell'affanno ci troviamo
 è  facile che agli altri si rampogni

quello che a noi ci si dovrebbe fare,
difetti, ingratitudini e abbandoni
e mille torti sappiamo denunciare.

Il mondo è  ricco di cotanti suoni
ma i nostri son stonati da piazzare
eppur diciamo a tutti:"siamo buoni"!

Aspettando la morte
Aspetto pensoso, aspetto la morte
che zitta attraversa i vicoli muti,
lei scivola mesta e segna le porte
dei vecchi depressi, vinti, abbattuti.

L'aspetto smarrito e il cuor batte forte
per tutti gli affari rimasti incompiuti
in fretta cancello le cose contorte
le tracce di foto o gli scritti temuti.

Senza aspettare spalanca la porta
non dice prepara valigia o fardello
indugi o ritardi appena sopporta;

dei già designati compila il modello
il corpo lo lascia, null'altro trasporta,
sol l'anima coglie all'ultimo appello.

Campagne vecchie e nuove
Vo' solitario in questo borgo antico
attraverso la piazza silenziosa
muta se ne sta al centro la fontana
voci non sento, parole io non dico.

Penso: ricordi tornano alla mente,
pensieri antichi ad anni bui di guerra;
mia madre assorta, un lumicino acceso
una preghiera per chi mai non torna.

Ed oggi ascolto trombettieri nuovi
s'affannano in campagna elettorale
c' è  chi promette e sogni nuovi vende,

chi è  convinto di farla sempre franca
mentre un giudizio in tribunale pende
ma non s'accorge che la gente è  stanca.

Madrigale odoroso
Tra passeri ciarlieri
nel verde mio giardino
s'alza l'odor del timo.

Ozio tra i miei pensieri
mentre l'odor di menta
l'olfatto mi violenta.

Un ultima violetta
al sole pigra svetta.

Sul treno



Ti guardo lì davanti a me seduta
le mani tue affannarsi in un nonnulla,
s'intrecciano, spellicciano le dita
mentre un sorriso dalle labbra vola.

Rifletti ed io ti guardo: ad altro penso,
le estate andate (oh gioventù fuggente!),
un'occhiata mi lanci e poi distogli,
forse ora pensi e il mio pensiero incroci.

Sfugge il tuo sguardo mentre fisso miro,
ti penetro, ti spoglio e ti vezzeggio
i gemiti tuoi colgo e mi ubriaco

mentre i miei sensi spaziano lascivi
si perdono tra i tanti umori sparsi
poi lieve t'accarezzo ed apro gli occhi.

Sonetto in versi endecasillabi a schema libero

Passeri solitari
(Strambotto)



Cosa mai fate passeri sul tetto?
Ditemi voi qualcosa se potete!
Il vostro cinquettio angustia il petto

sulle tristezze mie muti assistete.
Ormai ho scordato i giorni del diletto
le mie emozioni sono pigre e chete.

Questo rancore umilia cuore e mente
ma ancor di più il suo restar silente.

La tagliola
(Strambotto)

Quando m'assale la malinconia
Il mio pensiero sul Salento vola
non so se ancora lei in Spagna sia

ma certamente non starà da sola
perché ricerca sempre compagnia
piazzando in modo giusto la tagliola

che scatta quando un fesso vi si inciampa
bloccandolo deciso per la..... zampa.

 

Cefali sciocchi
(Strambotto)

Di certo mi dirai che sono sciocco
perché ti giro intorno e non mi stacco
ma se d'amore in cuor ancor trabocco

colpa non è  di qualche strano acciacco.
Cefalo io sarò (o pescestocco?)
ma è  colpa mia se intorno a te bivacco?

Forse tanto ho creduto alle promesse
false, che dalla mente hai già dimesse.

Cuore e ragione
(Strambotto doppio)

Quando la mente disputa col cuore
sempre è  la prima che s'arrende vinta
il sentimento è  un grande inibitore

della ragione che giammai è  convinta
e come un navigato mestatore
sempre la rende vacillante e stinta.

Per questo spesso accade facilmente
che il cuore vinca ai punti sulla mente.

Anche se poi alcun senza pudore
gli altri dipinge e quota senza grinta
resta perdente con il sognatore

che la ragione dentro il cuore ha cinta.
Costui rimane infine il vincitore
rispetto a chi ogni emozione ha estinta

Pur se afflitto da delusion cocente
il cuore vince ancora sulla mente.

Sempre uguale
(Strambotto)

Ora che sei passata in altri letti,
scusa se te lo dico, ma fai schifo
sempre rinnovi i soliti balletti.

Di sdegno spesso tu colori il grifo
leziosa e vile poi tutti bacchetti
volendo che per te si faccia il tifo.

Ma resti in fondo quella che tu sei
viso poco pulito e molti i nei.

La donna mia
(Strambotto)

Oh donna mia (ma mia fosti tu mai?)
che d'amor mi colmasti un dì la mente,
ansia in cuor mi lasciasti e solo guai.

Or tra la folla passi indifferente
stretta ad un nuovo amore te ne stai
incurante del dire della gente.

Anche il nuovo è  un ripiego che tu incensi
e presto tradirai con chi già pensi.

Temporale



Non ti ho mai aperto il mio cuore
ho lasciato che la voce tacesse.
Non ho avuto mai il coraggio
di soffiare sul mantice delle mie corde vocali
ho lasciato inespressi i sentimenti
il mio amore non ho saputo svelarti
comunicarti.
Troppo egoista per essere evidente
troppo narcisista per essere poi deludente.
Le tue parole dette e non dette
le tue espressioni spesso volgari
violente
non mi hanno permesso di leggere il tuo animo
di capire le tue palpitazioni
di sciogliere i tuoi dubbi.
Incerto ed incerta sempre!
Abbiamo lasciato morire gli affetti
i sentimenti si sono inariditi
sono affogati nel nostro egoismo.
Ora mi rimane un pugno di sabbia
granelli di ricordi che scivolano tra le dita
che si disperdono in questa giornata di pioggia
con il tuono che li frastorna.

Di me ricorderai
(Strambotto)

Di me ricorderai pianti e sospiri
e qualche volta il mio rider sonoro
forse non ho risposto ai tuoi desiri

l'orgoglio t'ho colpito ed il decoro.
Ora che a nuove sponde l'amor viri
quel che resta di me in te l'ignoro.

In me resta di te pena e rimpianto
e il vuoto perché più non sei daccanto.

Campi deserti
Coltivavo il grano,
un tempo.
Sole e fatica la mia compagnia,
i campi pieni di gente
che buttavano sangue,
che falciavano e sudavano.
Poi la solitudine di giorni cocenti,
il trattore che brontolava,
l'aratro che la terra tracciava,
rivoltava instancabile,
spianava.
E poi i semi sparsi nel nulla,
da mani meccaniche,
senza canti di gente sudata,
senza trillo di passeri loquaci.
Ora resta un campo falciato,
coi sacchi di grano riempiti,
esseri vivi ma senz'anima,
con la paglia raccolta e legata,
spaventapasseri senza cappelli.
Il trattore spento,
io solitario all'ombra della sua sagoma
che consumo da solo il mio pasto frugale.

A te che l'ali spicchi
(Strambotto)

A te che l'ali spicchi e te ne vai
voglio donarti ancora un mio pensiero
io so quanto t'amai e tu lo sai

che l'amor mio per te era sincero.
Or che mi lasci in cuore solo guai
sappi che ancora t'amo e ognora spero.

La vita corre e passano i dolori
sboccian le rose e tornano gli odori.

Haiku - Cade la neve
Cade la neve
il bianco e il nero muore
ultimo sole.

Haiku - Ultima neve
Ultima neve
battito lieve d'ali
 è  primavera

Haiku - Falce
Taglia la falce
odor di fieni rasi
piange la sera

Cuore di vetro
Il mio cuore è  di vetro,
un vetro sottile,
come fine lastra di ghiaccio
su un laghetto gelato,
dal sole di marzo baciato.
Basta un sasso sottile
sfuggito di mano,
una conchiglia piena di sabbia di mare
per una crepa creare.
Perché ti diverti a giocare?
Possibile che tutto hai già cancellato,
che ogni dolce ricordo,
ogni carezza, per sempre scordato?
Ti vedo,
anche se tu sei distante ed assente,
di sento,
anche se tu appena sfarfalli un saluto
un monosillabo,
un giorno tanto atteso e gradito.
Ti prego,
perché sei sorda ai richiami del cuore?
Perché non ascolti
questo mio invito che muore,
che lento si sta consumando?
Non perdere tempo,
fai presto!
Domani potrebbe essere tardi.
Non so quanto tempo più resto!

L'amore in me perdura
L'amore è  come il vento
viene e va.
Il guaio che chi incomincia
non ha stabilità.
Come tutte le cose
spesso dura ben poco
perché con solo paglia
si spegne in fretta il fuoco.
Ma in me l'amor perdura
 è  vivido e vitale
nessuna delusione
potrà mai fargli male
perché d'amor io vivo
per me nel tempo dura.
Anche se tu ora fuggi,
anche se tu mi ignori
questo profondo amore
non v' è  chi lo divori
basa sul sentimento
la sua forza e l'ardore.

Sensi di colpa
Ricordo il primo incontro in quel di Monteroni
quando con gioia e foga l'amor tuo mi donavi
capricci e desideri e tante trasgressioni
allora i tuoi peccati ancor non ostentavi.

Poi giorni e mesi alterni, tante tue stravaganze,
ritorni e poi abbandoni molte notti a chattare
le tue telefonate ricche di devianze
le tue fughe notturne, i giorni a litigare.

Dopo quasi sei anni, dimmi tu che rimane:
il tuo rancore sordo tanta mia delusione
un gracidare stanco di goffe e gonfie rane
in stagni putrefatti sole a far confusione.

Delle tue stramberie che un dì m'hai regalato
rimani desolata coi tuoi sensi di colpa
io resto demolito ma in cuor t'ho conservato
però la buccia hai perso insieme con la polpa.

Poesia in versi alessandrini

Lungomare


La foto è  di Saverio Autelitano di Reggio Calabria

A volte a te ripenso
mentre il sonno m'avvolge in un mantello,
mi vedo coi calzoni corti
seduto sulla solita panchina
oggi più consumata ma ancor viva.
Mi vedo pensieroso
l'onde del mare che sfioran pigramente
la spiaggia piena di sassi scivolosi,
d'alghe viscide e verdastre,
di ricci a volte anche dolorosi.
Mi vedo mentre spunta il primo sole,
con la giornata ancora frizzantina,
con l'onda scintillante che ondeggiante
lenta da Reggio va fino a Messina.
E queste due città
stese sull'identico mare
sullo stesso stretto
sembra si stiano sempre ad abbracciare
dividendo nel tempo sia gioie e dolori.
Giorni passati a sognar d'andar lontano,
perdermi per paesi senza nome
da dove oggi sogno di partire,
da dove guardo quello che ormai muore.
E rivedo l'Etna imbiancata
il suo pennacchio a volte minaccioso,
il borbottio del suo ventre gassoso
lo scuotimento della sua prigione.
Paure che ritornano ogni tanto
a ricordar che tutto qui è  precario,
a rammentar che rendita o salario
son beni vani che durano un momento
come la nostra vita che vediamo
seduti disperati a una panchina
di questa scintillante via marina.

Alla sera
T'aspetto, oh sera, tacito t'aspetto
quando il tramonto tutto il cielo oscura
allora il vuoto, il nulla, invade il petto
sale, col buio, e inquieta la paura.

E lo sconforto scende giù dal tetto
mi sento intrappolato in quattro mura,
sudato mi rigiro dentro il letto
ed analizzo la mia vita impura.

A Lei vo' col pensiero dolcemente,
immagino che sia una cara amica
che mi venga a trovare sorridente

e con parole tenere mi dica
di sgombrare ogni ansia dalla mente,
che sorte e cielo più non maledica.

Poi tacito e sereno a lei m'affido
in un mondo di quiete alfin confido.

sonetto ritornellato

Domande
Non so perch è
quel tovagliolo rosso
ormai mi è  difficile levare.
Va bene, mi serve per mangiare,
ma santo cielo
perché, chiedo, non posso
levarmelo a piacer
qualche volta di dosso?
Anche il mio piccolino,
che mi chiede:
"Perch è  mamma lo devo io tenere
quando neppure mi stai ad imboccare?
Suvvia, ma per favore,
non vedi che m'arriva fino al piede?"
La mamma guarda:
ad altri rivolge la domanda:
al creator del mondo un "prego" manda
affinch è  quel mantello sia rifatto
in bianco intenso
e non in rosso matto!

Luna immortale
Sei sempre tu la luna dell'adolescenza,
quella limpida, risplendente,
quella immortale, pura,
ancor non deflorata
dal calpestio dei giovani astronauti.
Mi sei tornata identica e spaziale
sulle rocce dei poggi dei Messapi,
a San Gregorio tra quei prati spogli,
tra qualche mirto e scarni verdi ulivi,
sul Vereto guardando la campagna,
sulla spiaggia del mare,
quando pavoneggiando rischiaravi
l'onda limpida, dove tremolavi.
Sei sempre tu, luna mia giovanile
a cui affidavo tenero un pensiero,
una preghiera e tu mi intenerivi,
nel tuo fulgore tutto mi addolcivi.
Ora ti osservo dai poggi maremmani,
inseguo il tuo splendor lungo i tratturi
tra docili pendii di colli ricamati da castagni,
tra forti querce
che l'Appennino culla pigramente,
laggiù sul mare che tutta l'Elba imbianca.
Mi inebria il tuo chiarore
e dentro il cuore
m'agiti dolce tutt'ora un sentimento
che vivo perdura,
un affetto che oggi sembra spento
ma che ancora nel mio petto cova,
nella mente sempre teneramente dura.

Ma l'amor mio non muore....
Spesso l'amor finisce ma non muore
traccia di se conserva nella mente
sol chi non ama in fondo non lo sente,
chi dice "amore" invan senza pudore.

In me che sono e resto un sognatore
l'amore è  come un flusso di sorgente
che il fiume ingrossa in modo dirompente
e l'alimenta ognora con vigore.

Anche se il cuor poi tace e più non dice,
se di parole più non empie i fogli
lento lavora come estirpatrice

dal campo leva arbusti ed agrifogli
piano lo rende alla seminatrice
senza piante cattive e senza logli.

Momenti
(A Rosamaria)

Trascrivo ora in diretta
semplici mie parole
che l'animo mi detta
ma che non scioglie il sole.

Come una bianca neve
che copre strade e tetti
anche il pensiero lieve
rincorre certi affetti

che vivono nel cuore
nel tempo resteranno
rinnovano l'ardore
e mai si scorderanno.

Anche se indifferenza
dall'animo mio esalo
anche se sofferenza
a volte ti regalo

sopporta con pazienza
il mio pigro ondeggiare
questa mia insofferenza
nasconde un brancolare

a volte in incertezze
altre in indecisione
ma le tante amarezze
molti problemi pone.

Per questo tu pazienta
vedrai che infin la via
dritta ti si presenta
come tu vuoi che sia.

Ogni tanto
Mi sarebbe bastato dirti "amore"
e chiederti ogni tanto come stai
sapere dei tuoi studi e quel che fai
qualche gioia dividere o un dolore.

Avrei atteso a tarda notte l'ore
per confidarci tutti i nostri guai
ripeter le emozioni che mi dai
quando le foto sfoglio come un fiore.

Il tempo è  avaro e macina gli affetti
non sempre le parole son sincere
spesso celiamo sia vizi e difetti.

Ed anche le emozioni non son vere
se poi il rancore allaga i nostri petti
lasciando tracce invise, tristi e nere.

Così le belle cose che abbiamo fatto
oggi sono brutture, un gran misfatto,

che angoscia riproduce a ricordare
per questo è  meglio tutto cancellare.

Sonetto ritornellato

Mondi contorti
Nel mondo che viviamo, e non è  strano,
s'incontra gente d'ogni condizione
spesso fuor di cervello e non lontano,
qualcuna in cerca solo d'emozione.

Spesso ti imbatti in chi è  senza morale
o che ha perduto il ben dell'intelletto
altre che in testa han acqua e poco sale
e sono interessate a un posto a letto.

Sproloquiano di poesia, di sentimento,
a sentir loro son gli altri a trascurare
ma basta un soffio semplice di vento
e già son pronte a farsi deflorare.

E tradiscono perché sono votate
al sesso facile, alla trasgressione,
fan tutto per sentirsi sempre amate
e travolgono per vizio e per passione.

Ma il gioco poco dura, si esaurisce,
perch è  il giocattolo infine s' è  consunto
dicono allora che l'amor finisce
cambiano letto così di bianco in punto.

Hanno un ragazzo bravo, anche fedele,
ma vanno in cerca dell'osso da succhiare
e dopo aver esposto ben le mele
dicono che son gli altri a raggirare.

In casa sono esempio di virtù
fanno le veglie in chiesa ed il rosario
ma all'anzianotto che non serve più
resta l'amaro in bocca ed il calvario.

Pensan le mamme d'aver un pezzo raro
i padri fanno tanti sacrifici
decantan le virtù, vien poi l'amaro
quando le scopron zozze e meretrici.

Io ci sono passato e non da meno
vi dico che non era un'innocente,
nell'animo ha lasciato sol veleno
e la traccia d'un essere indecente.

Nino (Alzheimer)
Nino, Nino,
cosa t'hanno fatto?
Perché la natura tanto empiamente t'ha ferito?
Perché una vita grigia ti regala?
Perché t'ha voluto schiaffeggiare
col tuo vaneggiare,
coi tuoi discorsi di persona assente,
col tuo vuoto annaspare,
che un uomo morto t'ha fatto diventare?
Spento mi sento anch'io
perché più non mi conosci,
perché tu più non m'ascolti,
che il tuo sorriso più non mi regali.
Cadavere alterato, imputridito,
che viaggia nel mondo degli estinti
di quanti non sono più presenti,
abulici, storditi,
immagine inservibile,
controluce ripresa, tutta sfocata,
nel cestino buttare.
Questo viaggio nel tuo mondo apatico
pone domande, risposte non sa dare.
Ma questa nostra macchina perfetta,
ben costruita, con le sue difese naturali,
ordinata di mente, carne, scheletro, di sangue,
perfettamente oleata, carburata,
quando a volte smette di marciare
da un estroso specialista si fa spalleggiare,
la ragione inibisce,
le fasi negative cerca di sedare.
Ma a chi sopravvive,
a coloro che incerti rimangono a badare,
quante domande l'intelletto pone?
Quante risposte non si sanno dare?
Ora del mio amico virtuoso,
ciarliero, pien di vita,
del mio amico dinamico e vivace,
ora anche la mente tristemente tace.

Pensiero notturno
Il mio pensiero forse ha più fortuna
biglietto mai non paga e va lontano
intorno al letto tuo gira pian piano
e vede anche se in ciel manca la luna.

Ti vede e ti sussurra ancor qualcuna
delle parole che ho sprecato invano,
a te sembrava il mio un affetto strano
donato in un'età che tutto imbruna.

Si dice che l'amor giammai è  sprecato
se sgorga come fonte di sorgente
quello vero solo a qualcuna ho dato

ma nel mio cuor non è  rimasto niente
perché m' è  stato male ricambiato
ma il tuo resiste come un sol splendente.

Il bello che m'hai dato
Ricordo il primo incontro
giorno di primavera nel Salento
solo il frusciar delle auto in corsa,
il sole e poco vento.

E non dicesti: "no";
dal vivo m'hai donato
quello che il muto web
la notte ha regalato.
Primo incontro a Nardò,
prime fantasie concretizzate,
i tuoi seni abbondanti
in auto ostentati.
Le mie intemperanze mal celate
i primi tuoi sorrisi maliziosi,
i primi approcci,
le prime gioie,
i baci a me donati.

I primi affetti,
quel tuo sincero amore dichiarato
quei tuoi abbracci affettuosi
al seno tuo attaccato.

Ma cosa mai speravo
da quell'amor che ingenuo
nel petto già sbocciava?
Già il nero pregustavo,
la grande frustrazione
che il senno mi bruciava.

La corsa era già breve,
l'avevo già capito,
sapevo che il risveglio
m'avrebbe poi avvilito.

Ma anch'io t'amavo tanto,
amor mio tormentato
d'un uomo assai cosciente,
d'un uomo del passato
che non volea accettare
la realtà presente.

Di tanto amor tardivo
nei fatti cosa resta?
Premure e delusione
tanta afflizione in testa,
rancore e perdizione
dolci ricordi ambiti
come nel dì di festa
che in petto ho conservato.
Le cose tristi?
Quelle crude e cattive?
Da un pezzo le ho scordate
insieme alle invettive!

Donne sciocche
Nel mondo sta nascendo un seme nuovo
un seme che è  difficile attecchisca
perché incerto sarà che da una lisca
nasca la vita come avvien dall'uovo.

De Andr è  narrava in una sua canzone
che dai diamanti non nasce mai niente
ma dal letame sboccia lentamente
un fiore bianco per compensazione.

Che cosa avviene andando con le stolte?
Nell'animo lor forgiano il dolore
e delusioni lasciano insepolte;

tu dai l'affetto, loro un falso amore
e lo regalano a tanti disinvolte,
ma infine resta un solo vincitore

che al tempo giusto coglie quasi tutto
del ben piantato che ha poi dato frutto.

Lumaca nella vita
Nella penombra d'una stanza opaca
al tuo sorriso penso che mi manca,
ormai questa mia mente triste e stanca
scivola molle come una lumaca.

Si, la stessa di quel dì d'agosto
quando restammo immobili a guardare
seguendola sull'uscio scivolare,
ma dalla mente afflitta adesso scosto.

E il giorno dopo trasformasti in versi
il senso di quel suo lento vagare
che anche tu hai voluto assaporare
forse pensando ai nostri giorni avversi.

Ora tutto è  finito, anche gli ardori,
tutto s' è  sciolto come fa la brina
al sorgere del sole la mattina,
nulla rimane ormai nei nostri cuori.

La sbandata
Tu pensi di guidare sempre bene,
guardi il punteggio di chi t'assicura
pensi d'essere il meglio, ma non dura,
l'errore sta in agguato e infine viene.

Anche gli amori danno spesso pene
arriva a un tratto una giornata scura
quando s'incrocia una donnetta impura
che il sangue ti risucchia dalle vene.

"Che stupido son stato", dopo esclami,
"come un citrullo ho preso una sbandata"
ma è  tardi e ormai non servono gli esami.

Resta infine sol lei, sciocca e abusata,
coi tanti amplessi e inutili proclami,
ma anch'io e la mia grande puttanata.

Ma in fondo me la sono un po' spassata
penso é valsa la spesa e la giocata.

sonetto ritornellato

Ricatti
Sordida e irriverente,
lasciva e perfida nell'animo,
banale e venale
quanto solo una meretrice può essere.
Hai tentato il ricatto,
ma hai trovato l'uomo giusto,
quello che ha amato,
che ama ancora,
ma che sa anche odiare,
che medita la vendetta e la prepara.
Ho rubato la tua primavera,
ne ho fatto un corbello
vi ho appeso dentro la delusione,
i tuoi amplessi squallidi,
le tue bugie,
le tue falsità.
Pensavi di raggirare, ma hai subito il raggiro;
d'ingannare, ma sei stata ingannata;
di guadagnare qualcosa ed hai perso tutto.
Si proprio tutto:
anche la dignità si sta rotolando nel fango,
lo stesso fango dove beatamente hai guazzato,
dove guazzerai sempre.

Transumanze primaverili
Quando non mi affaccerò più sul Web,
ma la mia foto continuerà a sorridere agli amici che mi cercheranno,
non sarò di sicuro assente,
non resterò di certo in silenzio.
Fino a quando qualche portale raccoglierà le mie poesie,
fino a quando qualcuno le leggerà e le commenterà,
io continuerò ad essere vivo e presente,
la mia voce si alzerà sempre forte e possente.
E dirò di me,
racconterò ancora dei mie amori finiti,
delle mie delusioni,
delle mie emozioni,
dei miei tormenti,
delle mie gioie ed anche dei miei dolori.
E gli amici gioiranno con me,
si tormenteranno per me,
qualcuno mi regalerà anche una lacrima,
ma in tanti si ricorderanno di me,
forse qualcuno mi odierà anche,
ma io non sarò ancora morto.

Un canto d'usignolo
Non so se l'usignolo con trasporto
davanti casa tua che guarda il mare
cinguetta ancor sul mandorlo nell'orto,
se resti ancor quel canto ad ascoltare.

Io, qui, l'ascolto ed a te penso assorto
mentre dal petto sento tracimare
tutto l'affetto con l'inganno estorto,
con qualche amplesso infido e volgare.

Adesso, che mi sono risvegliato,
nell'umido mattino colgo il senso
del guazzo dove m'ero impantanato

e grazie a te, adesso che ci penso,
la giusta strada infine ho ritrovato
per liberare l'animo melenso.

Sisma
Quella finestra che s'affacciava sul giardino
 è  rimasta aperta nel vuoto.
Due cardini ed un muro demolito
ammutoliti guardano confusi la notte,
osservano i calcinacci che imbiancano l'erba.
Scrivevo dei versi
ma li ho persi nel buio
smarriti nella mia fuga confusa,
indecorosa,
col terrore nel petto.
Non c' è  preavviso alla calamità
la morte la segue istintiva,
essa incombe come maschera tragica
appoggiata tra le quinte
al servizio di chi calca le scene.
Ora per terra ha un ghigno un po' inquieto,
una smorfia di sofferenza
come quella bambola affogata tra le macerie
con le gambe scoperte,
con le vesti stracciate e polverose.
I miei versi sono rimasti inespressi,
monchi,
col terrore sulle ultime lettere incompiute,
rovinosamente persi e non salvati.
Rimane una traccia d'incertezza tra le rovine,
tra l'indifferenza degli spettatori
che raccolgono il mio canto di disperazione,
la mia impotenza
di fronte all'ultimo muro che si sfalda impietoso.

Vespa 1960
Dove tu corri oggi in motoretta
e non ricordi quello che hai lasciato
su quella terra che lo sai ho baciato
quando era la strada bianca e stretta?

Dove mai sei mio animo bambino
che viaggiavi sotto il sol cocente?
Adesso ormai mi sfugge dalla mente
il rumor balbettante del vespino.

Ed ansie e fantasie sono fuggiti
per quei sentieri ch'io sempre ricordo,
come sogni d'amor son custoditi

in questo cuore ch'oggi resta sordo
ai potenti motor che van spediti
mentre l'antica libertà non scordo.

Il pianto dei bambini
Il pianto dei bambini nella guerra
 è  come un moto nel cuore di paura
s'alza di colpo e la tua vita afferra
l'ansia e il dolor nell'animo matura.

Ma come tutte le altre cose in terra
ogni tormento l'animo cattura,
nella mente dei giusti si rinserra
intenso cova ed in eterno dura.

L'umanità, però, sovente scorda
la negatività spesso perdura
sulle cose normali non concorda.

Sembra che della pace non si ha cura
sol la violenza tutto il mondo assorda
mentre la guerra nell'animo carbura.

Un ultimo amore
C' è  sempre un primo amore nella vita
dopo ne arriva uno all'improvviso,
quando ogni speranza è  ormai finita,
che ti regala un ultimo sorriso.

Ma sembra acqua fluente tra le dita,
sfugge come sapone scivoloso
ma ormai la vita va lesta e spedita
il tempo gli anni in fretta t'ha corroso.

Quando ti svegli ci rimani male
quell'affetto l'avverti che ti manca
poni domande, chiedi a cosa vale
il rancore che la tua mente stanca.

E allor dal cuore lentamente affiora
quel bene che non puoi dimenticare
che come fiamma il petto t'accalora
e che lo sdegno non potrà offuscare.

Tramonto tra i castagni



Il cielo è  rosso fuoco e si scolora
all'arancione tende e dopo imbruna
Il vento col pennello lo trafora
poi cirri variopinti insieme aduna.

Il sole declinando l'Elba sfiora
perde l'azzurro il mare e poi s'abbruna
mentre un gabbiano volteggiando esplora
una danza di alici inopportuna.

L'odor del mare avvolge la collina
spogli castagni s'allargano sul cielo
dipinto da una nube cinerina.

Come un pittor la sera stende un telo
mischia i colori e l'orizzonte affina
forte resiste come un asfodelo.

Assaggio d'inverno
Or che la foglia tocca terra e prega
langue sul ramo un acino insecchito
alla tortora un pasto magro nega,
un tronco mostra spoglio e intorpidito.

Anche l'inverno bussa e il sole annega,
un nugolo i suoi raggi ha infreddolito
sui prati ormai di già la neve piega
le siepi ed un roseto rinsecchito.

Dalla finestra osservo, già s'appanna
il vetro e vi dipingo visi strani
mentre un villano spala e già s'affanna

a ripulir dai fiocchi i melograni:
guaisce un cane fuor dalla capanna
con ululati intensi e disumani

poi lesto a volo il pasto giù tracanna.

Omofonia
L'ultima patatina è  fredda nel piàtto
tagliato a fette anch'io mi sento piatto

perch è  mi manca un po' di quell'aff è tto
che nel mio cuore è  intero e non affétto

non m'importa se lei più non l'acc è tta
se un taglio netto ha dato con l'accétta

a me è  rimasta sempre viva in ménte
anche se m'ha mentito e ad altri m è nte

non è  per questo che conservo rabbia
ma con un morso le darei la ràbbia

infatti tanto rancor conservo in bótte
pur se vorrei donarle calci e bòtte

ma come il saggio mangio solo mìglio
anche se per trovarlo faccio un miglio

perché bisogna in testa aver del sàle
che quello aumenta con l'età che sale

anche se poi neppur nell'uomo cólto
questo bene non sempre può esser còlto

ed anche se apri porte e impòste
cogliere lo si può sol con le impóste

forse sol praticando in testa un fóro
a quanti troverai fermi nel fòro

alla fine le spalle a tutti vólgo
perché non mi confondo con il vòlgo

e visto che non mangio carne o cóppa
un vino buono verso in una còppa

dopo vo' a passeggiar lungo la costa
visto che ancor non soffro il mal di còsta.

Haiku (Speranza)

(La foto è  stata scattata da Fabia Binci)

Sguardo abbuiato
ma il domani spera
spunti il sereno.

Vago opaco a Boccheggiano
Bussa alla porta il vento sibilando
foglie trascina e plastiche volanti
un lampione balbetta, illuminando
le mie persiane a tratti cigolanti.

Ruggisce e va la nebbia tracimando,
semina brina imperla anche i passanti
mentre il camino sputa borbottando
sbruffi di fumo ch'affoga tutti quanti.

Ed io mi sperdo in questo incerto allago
più non capisco se sia giorno o notte
la luce per le strade è  un giallo vago,

un alone invisibile che inghiotte
ogni chiarore e inutilmente indago
in questo vuoto ch'ogni vista imbotte.

Madre   

I tuoi seni
accarezzano i miei pensieri.
Per un attimo ritorno bambino,
li sfioro,
li stringo tra le mie mani,
il nettare ne suggo!
Gocce di piacere
inumidiscono le mie labbra,
la lingua vi scorre delicata,
coglie l’essenza della vita.
Mi inebrio
in un attimo di oblio,
libido ed energia esplodono,
i sensi si ubriacano.
Ma poi ti vedo madre,
i pensieri turbinano
nell’ultimo abbraccio che non ho colto,
nell’ultimo saluto che non ho ricevuto.

Il dipinto in carboncino è  opera di Ivana Orlando


Natale d'altri tempi

I miei Natali sfumati tra le nebbie,
le nostre miserie di cui nessuno si accorgeva,
i dolci fatti in casa,
con miele, farina, zucchero ed amore,
odori d'olio fritto che non disgustava,
confettini colorati che danzavano ubriachi
su piatti bianchi mai dimenticati,
e qualcuno ancor con cura conservato.
Suoni lontani, uno scampanio stonato
d'una chiesa piena di persone indigenti, decorose,
tridui e novene, odori d'altri tempi,
gente d'un mondo antico ormai scordato.
Ma il Natale era vero,
era aspettato,
la festa nell'aria si avvertiva,
si leggeva nell'umore della gente,
nel canto di qualche sventurato col pianino,
nell'allegria dei bimbi sparsi per le strade,
nei giochi ingenui con le noccioline,
nei presepi costruiti coi giornali,
con fantasia e senza luminarie.
Oggi c' è  ancora la tranquillità del portafoglio,
il dolce si compra nei supermercati,
i liquori non sono più in casa preparati,
vino e spumante a tavola non manca.
Manca qualcosa dentro,
di certo gli affetti veri ormai sepolti,
la serena semplicità d'un tempo,
la protezione che ormai si pensa persa
nell'incertezza che ogni giorno sale,
per una crisi che le conquiste annienta.
Il Credo dall'anima è  fuggito,
manca quell'armonia per una Festa attesa
ch'oggi è  scomparsa nel brulicar di luci per le strade,
nel continuo scintillar delle vetrine,
nei linguaggi delle diversità nuove arrivate,
nel volto di qualche venditore di colore
che vive le identiche miserie d'altri tempi
ma ci regala quel limpido sorriso,
quel sorriso leggiadro del mio tempo
che s' è  smarrito,
che nessuno oramai più ci regala.

Giochi maldestri
Mi giro dentro il letto, sempre penso,
mi chiedo spesso: “Ma dove ho sbagliato”,
e non m'accorgo che anch'io ho giocato
le carte ho sparso in giro senza senso.

Spesso guardiamo con indifferenza
agli altri non pensiamo, giudichiamo,
ma se qualcuno poi ci prende all'amo
con stizza reagiamo e con veemenza.

I nostri torti spesso fan del danno
ma noi vediamo solo quelli altrui
sugli occhi a volte ci mettiamo un panno

non siamo noi a sbagliar forse è  colui
che con sincerità e senza inganno
da luce al vero che tu a volte abbui.

Ravvedimenti
Quel colle solitario che mi cinse
mi torna in mente nelle mie nottate
a un amore fallace mi costrinse
le pene il cuor non ha dimenticate.

Le sue parole ogni pudore vinse
le regole avea tutte cancellate
nella libido ogni emozione spinse
amore e foga s'erano abbracciate.

In quel rapporto strano ancora affogo
cancellar non riesco la passione
che d'amor m'infiammò come in un rogo.

Alla mia età è  forte l'illusione
ad accenderla basta proprio poco
a spegnerla ci vuol la delusione.

Che tu sia stata piccola e viziosa
l'hai dimostrato da mille e una cosa

anche se adesso scrivi frasi strane
sei stata peggio delle cortigiane

e per una che aveva la tua età
sei stata piena soltanto di viltà.

- Sonetto caudato

 

Nidi disfatti
In tutti noi esiste un posto amato
dove da bimbi abbiam cercato pace
era forse una semplice collina,
un terrapieno che sembrava un colle.
L'abbiamo perso e dopo ricercato
l'erba è  stata tagliata, il vento tace,
il sole più non sorge la mattina
son sorte case al posto delle zolle.

Quella serenità senza pensieri
tra prati verdi ed alberi da frutto
soli col cane, senza soldi in tasca,
ad apprezzar quel bene posseduto.
Ora confuso tra problemi seri,
tra discussioni prive di costrutto,
mi sento perso in mezzo alla burrasca
quella pace ricerco che ho perduto.

Più non la trovo e neppur ci provo,
la sogno però, l'ho sempre in cuore,
quando ne ho voglia pochi passi muovo

in gran silenzio senza far rumore,
il colle sempre verde ancor ritrovo,
la mano allungo e vi raccolgo un fiore.

Penso anche per te
Ed ora me ne sto a pensare,
a ricordare il rider tuo leggiadro,
la tua infantile esuberanza
che mi affogava, che mi resuscitava.
Sento ancora le tue labbra sul mio corpo,
passionali carezzano la pelle,
impudici infiammano i miei sensi,
gusto il sapore dei tuoi baci ardenti
che sapevano di fragola matura,
che ho rubato come fossi un ladro.
Ascolto i tuoi messaggi,
che oggi sono assenti,
archiviati nei miei telefonini,
leggo quelli salvati
nelle cartelle insieme coi filmati,
i primi euforici e roventi,
gli ultimi acidi e rabbiosi,
ormai morenti.
La tua voce s'alza priva d'armonia
su Youtube l'ascolto
incisa nelle prime audiopoesie.
Ripete parole oggi senza senso,
promesse mai mantenute,
bugie noiosamente ripetute,
patti di sangue,
anime scambiate,
disperazioni ormai tutte cancellate.
Resto sol'io, in queste ore mute,
coi cellulari pigramente assenti
a pensar ai voli dei gabbiani,
alla luna tristemente spenta
che non si sa se splenderà domani.
Resto sol'io col rancor sordo e incostante
a pensare agli affetti che hai donato
che oggi simuli d'aver dimenticato
per ripulirti la coscienza sporca
per rifarti una verginità perduta
ormai stupidamente deflorata,
che non sarà mai più recuperata.
Ascolto i tocchi d'una campana dal Vereto,
pensoso rimango solo ad ascoltarla
ma spine sol regala l'ultimo roseto.

Acrostico (Angela)
Anche quando io sarò morto
Non potrai scordar la mia presenza
Giacch è  io vivo in te
E tu vivrai in me
L'hai detto tu un giorno a Monteroni
Anche se adesso hai perso la memoria.

Il re è  nudo
La verità sta nelle esternazioni dei bimbi
(e degli ubriachi).

Ed al re da fastidio saper la verità
la gogna al suddito di certo infliggerà.

Ma a un bambino cosa si può dare
se il vero in piazza si mette a declamare?

Un ceffone per evitar l'arresto,
anche se il bimbo in fondo è  stato onesto?

Il popolo cretino guarda e passa
la clacca suona invece la grancassa.

purtroppo a questo mondo sempre avanza
il saccente che è  gonfio di ignoranza!

E l'ignoranza fortemente opprime
e allor mi sfogo con queste sciocche rime.

E chi vuole intendere, allora pure intenda
la verità non resta chiusa in tenda.

E con questo chiudo la contesa
getto la spugna e mollo pur la presa.

Tormento
Mi tormento nella mia stupidità
d'immaginar cosa sarà di me,
mi chiedo del per come e dei perché
son nato umano senza libertà.

Al mondo esiste tanta sordità,
un egoismo che si vede e c' è
mi chiedo se nessuno vede che
il tempo scorre con velocità.

Le gioie, i dolori, se ne vanno
poi che siam nati tutto in fretta và
della morte sale ognor l'affanno

ma sembra che nessuno mai lo sa.
Forse infine capirai l'inganno
ma è  tardi per cercar felicità.

Amnesia
Oggi di me conservi un gran rancore,
ma anche così vivrò nel tuo ricordo
a lungo non vivrai nell'astio sordo
perché è  germinato sull'amore.

Adesso scordi tutto con livore
mentre da solo tanta pena mordo
ma ormai dalla mia mente non ti scordo
perché hai bussato dolcemente al cuore.

E un dì rammenterai le tue parole,
anche le mie ritorneranno in mente
quando l'angoscia dentro il petto duole.

Allor rifioriranno dolcemente,
tutti i ricordi, come le viole,
ma ormai sarò per te stella morente.

Archeografia
La gente a questo mondo è  alquanto allocca
più voi la plaudite e incoraggiate
e questa ancor di più spara cazzate.
Lo sapevate che sovente è  sciocca?

Che ripete la stessa filastrocca?
Sarebbe l'ora che voi la ignoriate
che la penna sul tavolo lasciate
ché di scemate ormai tutto trabocca.

Mi sembra che sovente si confonda
la stoltezza vestita da poesia
e qualcuno finanche l'asseconda.

A me, però, è  venuta l'allergia
e la rima è  alquanto moribonda
perché m'han rotto già l'argenteria.

Sproloquiando
C' è  sempre un momento
in cui bisogna dire basta
ma è  cosa alquanto tosta
capir quale sia giusto.

C' è  molta gente in giro
che pensa d'esser gaia
ma a raccontar cazzate
alfine ci si sgonfia.

Come una bolla enorme
che gonfia la cannuccia
si sa ch' è  di sapone
e prima o poi erutta.

Anche la mia pazienza
ha già raggiunto l'orlo
possibil che non vedi
che hai già rotto il tuorlo?

Sofferenza
Soffrirà il fiore che muore
quando i suoi petali appassiscono,
quando la sua bellezza perde i colori
ed il capo reclina?

Proverà anche lui la sofferenza dell'agonia,
avvertirà l'angoscia degli umani,
che guardano allo specchio le rughe sul volto,
i segni del tempo sulla pelle,
la stanchezza dell'animo?

Quegli attimi in cui ci si attacca alla vita,
in cui ti chiedi con angoscia:
“Ma allora è  davvero finita”?

E t'aggrappi al lenzuolo
quasi a chiedere alla grande livellatrice
ancora un attimo,
ancora un po' di pazienza,
per scrivere ancora una poesia,
per completare un verso,
per seminare un'ultima emozione.

Piega lo stelo il fiore,
china il capo e muore.
E tu lo segui,
la testa reclini e gli occhi chiudi,
il quaderno ti sfugge sulle coperte,
la penna scivola per terra,
rimbalza emettendo un semplice suono,
l'ultimo che tu non avverti: tac!

 

Una coperta
Ero felice per quella coperta.
Un soldato dell'armata rossa mi aveva regalato la sua.
Oltre il filo spinato i miei occhi scintillavano di gioia,
lacrime miste a sangue coprivano il mio volto.
Sentivo lieve un tepore sulla pelle,
una pelle che non conosceva più carezze,
che copriva solo uno scheletro vagante nel nulla.
L'umanità si stava risvegliando in me.
Guardavo il soldato con una riconoscenza immensa:
lui mi ha regalato un sorriso,
un sorriso e qualche scatoletta.
Dio era tornato tra i poveri,
tra gli umiliati,
tra gli oppressi.
Si era ricordato finalmente di noi,
di noi che eravamo ormai solo un numero,
un'entità senza nome.

Tristemente la scritta
“Il lavoro rende liberi”
ondeggiava nel buio della sera.

Sempre ti amo
Dovrai convivere con questo amore
che mi porto dentro e mi martella il cuore
con i miei dubbi e le intemperanze
con questo mio ondeggiare tacito e incostante.
Dovrai sempre pensare
all’amor che t’ho dato,
a quello che un di m’hai tu prestato.
Dovrai vivere nel ricordo eterno
dei miei torti che son certo ho fatto,
della mia malattia che t’ha perseguitato,
che ancor mi rode in petto,
che nessun farmaco guarisce,
che nessun calmante spegne e smorza.
Dovrai soffrire
per i miei infantilismi senza senso,
a cui non pongo un freno,
a cui non dico basta!
Dovrò convivere con la tua rabbia sorda
per il male che stupidamente ho fatto
per il bene che ho perso
che mai più ritroverò fresco e sincero.
Dovrò soffrire
al pensiero delle tue lacrime versate
che un dì in una chat m’hai mostrate.
Dovrò bruciare il mio animo spezzato
da un dolore che non vuol passare,
dovrò in qualche modo anch’io pagare
per non aver colto il profumo della rosa
senza tagliar lo stelo,
di non aver le spine un dì scansate
che ora tutte dolenti
nel petto mio profonde son restate.

Estorsioni
Oh tu, occhi lucenti,
che di felicità hai esploso il canto
ridente m'hai abbracciato un giorno,
quando sedesti sul sedile e accanto
di fallaci parole tentatrice
hai invaso la mia mente e dopo il cuore,
tutto hai tritato con la falciatrice.

Forse eri già una meretrice,
invano ti giurai
che mai l'amor comprai.
Forse lo stavo contrattando allora,
non capivo le frasi tue abbozzate
che parlavano d'altro:
Forse pensavi che foss'io uno scaltro
che raccogliessi affetti a basso costo
senza pagar lo scotto
al riparo d'una piazzola
al Lido San Giovanni un po' discosto.

Oggi ti penso e leggo i tuoi messaggi,
nella vita distrutto,
anche cambiato in fondo nell'affetto.
Più non avverto nulla,
solo sconforto secco nel mio petto,
lo so, e tu lo sai, ho colto il frutto
d'un amore acerbo che pronto ricambiai
convinto di tornare ai passi antichi,
a ricalcar le ortiche che lasciai
nell'età mia novella
quando la mente vuota di pensieri
turbata era soltanto dagli affetti
ch'oggi non sono veri
che forse come ieri
erano pochi e stretti.

E leggo quel messaggio
farcito di violenza,
di velati ricatti, di estorsioni.
La mente ad altro pensa
alle facili e nuove ritorsioni,
mentre il veleno assaggio.

Un seme
Mi regalò un seme, un bel mattino,
un piccolo seme ovale di color marrone.
Ci risi sopra quasi sconcertato,
poi lo buttai lontano nel giardino,
sconsolato e quasi un po' annoiato.
Ed il tempo lentamente se n' è  andato.
Adesso quel seme è  un albero di caki,
coi frutti vivi del color d'arancia,
saporiti e succosi,
pieni di vivida speranza,
mentr'io son solo,
neppur la tenerezza più m'avanza.
A lei ora penso,
la desidero tanto,
ora mi manca;
nei miei pensier l'abbraccio
ora che vivo senza il suo calore,
ora che più non vivo,
ora che sol mi vedo
e che m'accorgo d'essere uno straccio.

Quando morto sarò
Quando morto sarò, chiedo un favore,
di tappare la bocca a tutti, e a quelli,
che lodi tesseranno con fervore
o scriveranno inutili libelli.

Non sono stato certo un uomo saggio
da additare ai più come modello
ma di sicuro in questo mio passaggio
son stato poco lupo e troppo agnello.

Non ho guardato mai alla mia famiglia
pensando quasi sempre al collettivo
ed ho viaggiato senza usar la briglia.

Pertanto a chi farà poi il consuntivo
lisciategli la schiena con la striglia
ché lodar mi dovea quando ero vivo.

Il porto del silenzio
Il tuo silenzio mare ora lo sento,
lo sciabordio dell'onda è  riposante
con la lampara vivida, oscillante,
che cigola al soffiar lento del vento.

Un rumore soffuso, quasi spento,
con movimento apatico e stancante
s'alza da qualche vela ed incostante
rimbalza con un suono stanco e lento.

Vola il pensier mio, corre sull'onde,
tanto silenzio a volte opprime il cuore
e le parole stanche e vagabonde

suonano in testa come un gran fragore
ché il bene perso ancor oggi confonde
chi culla sempre sentimento e amore.

Epitaffio leonideo
E' vero di paglia son fatto,
nell'eternità il falò che produrrà la mia cremazione
sarà breve ed intenso.
Al crepitar della fiamma seguirà il silenzio,
un lungo silenzio
più lungo del clamore che ho fatto nel mio breve vivere.
27335 giorni cosa sono di fronte al silenzio della morte?
Ed ho cominciato con il clamore di un pianto,
di certo con il pianto concluderò la mia vita.
Il dolore? Lo esorcizzo ma lo temo.
So che morirò con un dolore.
Meglio che nessuno lo sappia mai,
che nessuno me l'anticipi,
ma a qualcuno importerà com'io morirò?
Forse avverrà in solitudine,
neppure il mare potrò guardare,
nemmeno un prato fiorito,
la finestra della stanza dell'ospedale
guarderà nel cortile,
l'unico albero che vi sorge io non riuscirò a vederlo.
La mia quercia sospira solitaria,
non potrà cantarmi la ninnananna da me desiderata:
il cigolio dei suoi rami
ed il suono delle sue foglie smosse dal vento.

Leonida era un raffinato poeta minore greco, specializzato nella stesura di epigrammi a pagamento, nato a Taranto, a cavallo tra il periodo ellenistico e l'inizio dell'era cristiana. Non si conosce né l'età esatta della sua nascita (che viene postata intorno al 315 a.C.) e neppure quella della sua morte ( 260 a.C.?) e neppure ho trovato notizie di come sia morto ma sicuramente in miseria e pieno di tristezza e delusione lontano dalla sua patria in quanto nel 272 a.C., con la conquista di Taranto da parte dei Romani, andò volontariamente in esilio anche per evitare la schiavitù.

Melograni appassiti

Un dì sarai signora e forse mamma
con un bambino stretto per la mano
avrai dimenticato il nostro dramma
ed i miei versi in stile leopardiano.

Senza chitarra e senza pentagramma
privo di fiori e frutti il melograno
sarà nel tuo giardin spenta la fiamma
d'un vecchio antico amore maremmano.

Sempre ricorderò quei giorni lieti
insieme a quelli in cui t'ho fatto un torto
che resteranno nella mente cheti;

e non m'importa se sarò già morto
dentro il tuo cuore, come mi ripeti,
perché di certo un dì sarò risorto.

E allora penserai triste al passato
forse ti chiederai se hai guadagnato

a dare amore a chi già lo vedeva
che amara la tua vita ti rendeva.

Ma forse correrai poi sul Vereto
e un vecchio troverai nell'uliveto

che scrive quattro versi a una bambina
che ancor sorride gaia e sbarazzina.

Betulla
Ti amo, amica fedele e muta,
delle mie passeggiate solitarie,
che segni il territorio coi tuoi scarni colori,
dove il bianco col nero cantano vittoria
ma che l'azzurro del ciel empie ed istoria.
Riflessioni regali a pittori e poeti,
ad essi suggerisci visioni maestose,
dolci versi tu mesci,
abbondi le lor strofe di voci generose.
Accarezzo i tuoi rami e qualche foglia sfioro
nel mio vagabondar primaverile,
abbracciata ancor da fiocchi bianchi, gocciolanti,
ultime tracce d'un inverno lungo
che l'estate vezzeggia.
Nulla ti piega,
ai rigidi inverni valdostani tu resisti,
t'opponi ai parassiti e li allontani,
le prime foglie dopo ci regali,
al loro brusio lento mi abbandono,
dolci parole dettano ai miei versi.
Con testarda insistenza colori di piantine nuove
le radure bruciate dagli incendi,
una risposta dai ai vandali incivili,
un rifugio nuovo prepari a chi ha perduto il nido.
Senza avarizia doni a me le ricchezze
dei tuoi rimedi naturali,
dell'olio delle tue gemme stagionali,
degli infusi di cortecce e foglie,
della linfa che lacrimando mi regali
che qualcun altro come ladro coglie.
E mi pulisci arterie e reni,
dalla noiosa cellulite liberi le donne
a me porgi un bicchiere salutare
quando a te mi confondo e ai tuoi colori.
Nell'ondeggiar dei tronchi,
tra qualche cigolio nel gran silenzio,
mi regali una ventata di serena pace
ed il tormento in cuor zittisce e tace.

Orgoglio
Non dirò nulla di nuovo a me stesso,
ma lo specchio non riflette la mia cattiveria,
mi sono tinto di buio mente e coscienza
non riesco a vedermi per quello che ero,
per quello che sono diventato,
oggi,
che le nubi han disegnato il cielo di nero.
Quella luna lontana,
luccicante sopra quel poggio solitario,
illuminato a giorno,
col mare che accarezzava i nostri pensieri,
s' è  oscurata con le nubi di bufera.
Abbracciata a cupi pensieri,
rimbalza da poggio in poggio,
ma non cambia il mio animo iroso
che ha raccolto la tempesta,
che non s'accorge dei danni che provoca.

I consigli della nonna
Passa il mio tempo e appena guardo indietro
gli errori fatti sfilano in colonna
e più che m'avvicino al giorno tetro

più mi ricordo il detto di mia nonna
che sempre ripeteva: “statti attento,
quando l'affetto doni ad una donna”.

“Prova a donarlo senza stordimento,
con senso di misura, non strafare,
la donna segue un suo ragionamento

usa saggezza, mai non ti fidare.
Non ama mai, fa solo investimenti
dall'interesse si fa consigliare”.

Non l'ascoltai e spesso i sentimenti
hanno prevalso sempre nel mio cuore
seguiti a ruota sempre dai tormenti.

E con costanza e spesso con candore
ho ripetuto sempre i vecchi errori
e nell'affetto ci ho buttato ardore.

Ma al mondo ci son troppi imbonitori
ed a schivar gli ostacoli è  un problema
ma prima o poi finiscono i fulgori

ed anche il latte sbollettando screma.
Così a furia di fiaschi e di sbagliare
ricordi delle regole il teorema

e impari in modo arido a barare.

A Greta
In questo pomeriggio maremmano
dove aleggia il bigio e il temporale
tra tante foglie morte sul viale
m' è  giunta la tua voce da lontano.

In mezzo al brontolare disumano
ed allo scintillar di qualche strale
penso che l'amicizia tanto vale
se dall'Abruzzo arriva al Grossetano.

E mi regala un poco di calore,
che la vita allieta a questo mondo
dove prevale l'odio ed il rancore.

E mi ricorda che non vale in fondo
vivere sempre nel buio avvelenatore
ed io ci credo e con l'amore abbondo.

Lu tata (A mio nonno Salvatore)

Anche lui s'era tinto di una patina di nobiltà
quando ci raccontava storie d'altri tempi
di principi e di figli cavalieri
che con le lance difendevan fieri
l'onore di regali identità.
Forse voleva dire che portava un nome antico,
che fiorisce in più località del mio Paese,
un nome che oggigiorno
lo porta l'avvocato, un noto conduttor televisivo,
un sacco d'altra gente,
e con tanta dignità anche il forese.

E, si “lu Tata” era un gran lavoratore,
la nobiltà sul viso si stampava,
sapienza antica d'un agricoltore
che col sudore in fronte gli brillava.

Forse la sua era la vera nobiltà
non quella comprata in qualche botteghino
che titoli spacciava a basso costo,
ma quella che s'era guadagnata col sudore,
svegliandosi al canto del suo gallo
prima che il sol sfiorasse i campi ogni mattino.

E con la zappa in spalla,
altero come portasse una sciabola d'acciaio
d'uno di quei guerrier che descriveva,
il campo ancor pieno di guazza
al sorgere del sole percorreva.
Terra rossa che restava addosso,
che la mente ti incipria di profumo,
che rimane fissa nel ricordo
che l'animo ti spezza e ti consola
quando la vedi in qualche cartolina,
quando la sogni all'alba ogni mattina.

Terra che ancor conservo
chiusa in un barattolo in credenza,
chiusa in questo cuor senza speranza
che mi allieta e mi prostra
come i filari d'un canneto antico
che si piega e non si spezza mai;
che il cuor mi brucia di passione
come il lattice bianco di quel fico
che restava attaccato sulla pelle,
sul quale giocoso poi mi arrampicavo,
sotto quel noce altissimo e imponente
dove nella calura estiva m'adagiavo,
dove ogni tanto col pensier ci torno ancora
e aspetto...aspetto leggiadro l'ultima mia ora.

Negri
Negri non sono più le genti di colore,
quelle stipate nelle vecchie navi
guidate dagli squallidi schiavisti,
quelle private della libertà,
d'ogni decoro.
Negri sono anche le anime avvilite
ammucchiate sui fuoribordo dei scafisti,
quelle più disperate,
spesso ingannate
con la prospettiva sicura d'un lavoro,
e poi sfruttate, disumanizzate.
Negri sono le giovani albanesi,
le rumene, moldave, le polacche,
vendute come merce per le strade.
Negri sono i bambini sudamericani,
quelli affamati 
del continente misero africano,
quelli dell'arcipelago indiano.
Negri siamo anche noi,
forse negrieri
complici silenziosi dei misfatti
che pur vediamo e che giustifichiamo,
con i nostri silenzi, con il comportamento
d'un falso perbenismo che approviamo.
E mi vergogno spesso di me stesso,
alle cinque ancora attaccato al mio PC,
mentre si aprono le porte delle case dei vicini
ed una umanità senza speranza
si riversa nei boschi a spaccar legna
e m'assicura quel caldo immeritato
visto che come loro
di certo io quasi mai ho lavorato.

Sonetto impertinente
Sonetto che mi scorri lieto in mente
ed interrompi il pasto mio frugale
ma anche se mi venisse un accidente
a lei io penso facendomi del male.

E non ha nulla, in testa quasi niente,
nuda sinceramente poco vale
e nei discorsi, assai garbatamente,
ragiona come un piccolo animale.

E' saputa solo entrare nel mio cuore
ed oscurarmi tutta la coscienza
regalandomi un ultimo tremore.

e questo sentimento ancor non muore
ed anche se fingo, lei con persistenza
ancor mi dona un certo batticuore.

16 anni
(A mia nipote Seila)

Sedici anni li avrò avuti anch'io
anche se me ne son scordato sai
allora ci si aveva tanti guai
per festeggiare c'era poco brio.

Gioisci allor di questa età raggiunta
e non pensare alla tua vita avanti
cogli la rosa e non temer le punte
delle spine che ancor sono distanti.

Al futur non badar, sii sognatrice
vivi i tuoi dì con gioia e con speranza
sorridi ed anche allegramente danza,
solo oggi pensa ad essere felice.

4 Novembre 2012
E proprio un giorno da dimenticare
quello che mi saluta al mio risveglio
ulula il vento, nebbia vien dal mare,
solo distesi a letto si sta meglio.

Ad ascoltare questo vento opprime,
s'aggira per il borgo come un pazzo
anche quest'oggi fredde son le rime
dei bimbi non c' è  urla e ne schiamazzo.

Urla sol lui, con prepotenza il vento
ch'ogni sua repressione ha abbandonata
sui tetti a tratti par giunga il lamento
dell'estate che ai tropici è  volata.

E mi riporta il volo mattutino
di rondini che altrove son andate,
mentre adesso neppure un uccellino
allieta le opache mie giornate.

Allora me ne torno dentro il letto
lascio serrate sia finestre e porte
mi copro con la coltre e piano aspetto
il sonno che oggi sa solo di morte.

Senza amore (a Patry)
Almeno tu mi hai parlato chiaro
lo so, non credo mi darai dolore,
a te non scriverò frasi d'amore
così nel cuor non resterà l'amaro.

Fra un po' passeggeremo in riva al mare
il vento asciugherà i miei pensieri,
di lei ti parlerò mal volentieri
il suo ricordo fammi cancellare.

Nel letto tuo affogherò il passato
con le carezze tue ogni illusione
forse allora ricorderò chi ho amato

ma con rancore e tanta delusione
perché l'amor mi fu solo rubato
da chi ha giocato priva di passione.

Il giorno dei morti
"I morti coi morti
e i vivi coi biscotti",
così mia madre canticchiava
quando ancora bambina
di morte in casa a volte si parlava.

Allora di certo non pensava
che quel suo discorrere innocente
in petto lo serbava e poi lo trasmetteva
a un figlio ormai quasi imbiancato,
che in poesia l'avrebbe trasformato.

Forse il suo canto ingenuo e scanzonato
al vero rispondeva,
nessuno ci aveva mai pensato.

Ai morti di certo basta e avanza
un pietoso ricordo,
anche senza speranza.
Dei fiori e dei lumini?
Non avvertono l'odore e né il calore.
A loro più non interessa
saper se la lastra che la tomba copre,
che la luce del sole a lor suggella,
sia di marmo, di travertino o pietra,
se la maniglia della triste bara,
sia di rame o d'ottone,
se il lenzuol che li avvolge
sia di raso, di lino o di cotone,
se la corona sia d'alloro e con le rose
o con le scritte bianche o come l'oro.

Questi pesanti assilli
opprimono il cuor di chi rimane:
ché il congiunto ormai disteso giace,
e finalmente trova quella pace
che ai vivi dal destino è  ognor negata.
Perché le bombe e la guerra,
la fame e la miseria,
sono tristi realtà
a cui nessun più caso fa.
Ed anche se la TV non le nasconde,
anzi le mette in primo piano e le diffonde,
molti restano avvinti dallo sceneggiato
che stan guardando distesi sul divano
con la regia di Anton Giulio Maiano.


Quando m'assale la malinconia
a te, a te ripenso età mia andata,
perso mi trovo nell'infanzia mia
e cerco il ladro che me l'ha rubata.

Lo cerco spesso per colline erbose
dove sognavo con il volto al cielo,
lungo fiumare ripide e pietrose
dove tornar per sempre a volte anelo;

per i viali di estati morte, afose,
nei giardini di rose profumate,
per le strade sterrate e polverose
che pur cercate non ho più trovate.

Lo rincorro per poggi soleggiati
che ho dipinti ancora nel mio cuore,
e nei giorni di scuola marinati
che rivivo con ansia e con tremore.

Lo inseguo per campagne dove solo,
con la cartella sempre appesa al collo,
per quei limpidi cieli ancora volo
a rinfrescar ricordi che non mollo.

Ma è  sparito, eppur la gioia sale
frammista ad una intensa nostalgia
che ritrovo in un canto di cicale
che riapre l'uscio dell'infanzia mia.

Notturno a Boccheggiano



Vola per questo borgo solitario,
leggero come ali di farfalla,
un gran silenzio che i pensieri affranca
quiete regala alla mia mente stanca.
Passi felpati per non far rumore,
battenti di cotone alla mia porta,
batacchi claudicanti non ne sento,
né ansimar di vecchi o passi stanchi.
Lieve la notte il sonno m'offre lieto,
mi culla dolcemente, mi circuisce,
m'avvolge e mi carezza con affetto
i miei ricordi annebbia e diluisce.
Sull'ali della notte mi trasporta,
tutti i pensieri neri mi cancella
le pene andate e le future ancora
tutte mi offusca e pace mi regala.
Per tant'ore con la nera mia compagna
passeggio per i vicoli del borgo,
sopra i castagni volo e mi ristoro
come un gabbiano plano,
scivolo lieve tra le nebbie stanche
che affogano nel guazzo la campagna.
Dopo accarezzo ancora il sole
che da un pezzo scivola sui tetti,
che gli embricini, ancora d'acqua mézzi,
fa fumare festanti ed il calor regala.
Apatico nel letto mi rigiro,
al privilegio d'una pace cercata,
d'una serenità voluta,
ancor m'attacco
quasi a goderne i vantaggi fino in fondo,
come dal calice gustar gli ultimi sorsi d'un vino
lungamente invecchiato e ben fruttato.
Poi alle tiepide lenzuola infin rinuncio
ed al tedio d'un giorno uggioso mi abbandono.

Un filo di sole sulla grondaia
Tra la pioggia che dal cielo filtra lenta,
che dai tetti sgronda,
sfronda,
dal piazzale esonda,
scivola e un raggio debole raccoglie,
lo trasmette come carezza attesa
d'un sole pallido che a tratti appare,
però dopo scompare,
per torto non fare ad una pioggia
che sonnecchiando cade.
Quel pennello di luce
sulla concava gronda si disperde,
sotto il bigio cupo del tetto
allieta, scintilla appena,
pace alla vista dona
rende quasi serena
una giornata apatica piena di livore.
Appare e poi scompare,
sorride e si rattrista:
ad un dolor che ammorba
senso e ragione
fa da antagonista.
Come un pensiero corre
e si presenta da benefattore
ma insieme a un forte tuono
nel cupo che ritorna dopo muore.

Cesare Pavese

Anche tu, come me,
ci hai vissuto in eterna compagnia.
Ma non ti era vicina,
calpestava la tua ombra,
riempiva i tuoi pensieri.
Poi ad un tratto le hai preso la mano,
l’hai abbracciata:
come un amante appassionato
l'hai stretta al tuo petto;
ti sei confuso con lei in un amplesso lussurioso.
Ho ancora paura di emularti,
ma da tempo ti inseguo,
corteggio i tuoi pensieri.
La tua forza mi affascina!
Morire non è  un atto di viltà
ma di grande coraggio.
E’ più facile vivere,
molti lo fanno vegetando.
Ma che serve?

Bellum et pax

Quando l'amore spegne la lanterna
che nel cuore ha brillato per tant'anni
l'affetto non cancella ma l'iberna
anche se poi si sa produce danni.

Felicità e pianto al mondo alterna
alla gioia poi seguono gli affanni
neppure l'amicizia resta eterna
molte persone vivono d'inganni.

Ma cosa resta dopo tanto affetto
se si è  donata solo slealtà?
E' vero che nessuno è  mai perfetto

ma è  meglio donar quel che si ha
affinché non rimanga alcun sospetto
d'aver agito soltanto con viltà.

La vita in fondo è  solo un'illusione
non serve generare confusione

ché già son tanti i lutti ed i tormenti
crearne nuovi occorre stare attenti

d'altronde basta poi davvero poco
a non alimentare troppo il fuoco

perché quando poi il vento forte tira
di dio non si trattiene a fondo l'ira.

Quindi occorre pensar prima d'agire
perché anche noi si rischia d'arrostire.

Ippocastani
Di tonfi sordi si diffonde l'eco
lungo il viale che i miei passi coglie
e come il picchettio cupo d'un cieco
al suolo si confondon tra le foglie.

Ricordano estati già passate
con la Becca di Nona già imbiancata
e le mie solitarie passeggiate
lungo i sentieri della via ferrata.

Giorni trascorsi con i miei tremori
tra le passioni d'una vita incerta
coi miei fallaci e mai finiti amori
con la mia essenza timida e sofferta.

Quel ticchettio ancor risuona in mente,
e in tasca infilo due castagne matte
come diceva un vecchio anticamente
utili anche alle gambe tumefatte.

Non so se sono buoni quei rimedi
o solo frutto di superstizione
ma ai detti popolari ancor concedi
quel credo antico della tradizione.

Or quei due frutti mi hanno dato forza
come diceva il vecchio imbonitore,
la tristezza dal cuore un po' m'han smorza
e mi han donato un po' di buonumore.

Già l'autunno
Già l'autunno il bigio suo mantello
sui colli stende e di mestizia tinge,
fermenta il vino nuovo nel tinello,
sotto le foglie qualche fungo spinge.

Paziente le castagne nel cestello
la vecchietta con amor costringe,
svolazza accorto un ultimo fringuello
di rosso scuro i torti rovi tinge.

E nei campi già l'ulivo imbruna
le drupe il sole rende risplendenti
dai rami ognun raccoglie una ad una

han già ripieni sacchi e recipienti.
All'orizzonte or timida la luna
pallida sorge argenta le sementi,

mentre s'alza dal nero forno il fumo
sparge del pan gradevole il profumo.

Scodinzola un cane alla catena
pensa anche lui all'ora della cena,

non s'ode più il chiocciar delle galline
e né il nitrito delle cavalline.

Solo l'orecchio cadenzato coglie
dai platani un cader lento di foglie.

Sonetto classico caudato ABAB ABAB CDC DCD EE FF GG II

Dalmazia
Nella bruma, che la sera indora
tra raggi opachi che disperde il sole,
spersi vanno i pensieri con la bora
che tra Dalmazia e Italia fan le spole.

E un tempo ripropone di dolore
simile a quando Enea con i Troiani
a coste amiche indirizzò le prore
convinto di trovare dei germani.

Triste destino riservò la sorte
perché la patria ritenuta amica
invece che aprir chiuse le porte,
quella gente considerò nemica.

E s'aprirono altri accampamenti
quel popolo si sentì tradito
cominciarono pesanti patimenti
più d'uno capì d'essere sgradito.

Il tempo passa e chiude ogni ferita,
ma chi per caso oggi va in Dalmazia
scopre che l'affezion non è  sopita
che il dolore molti cuori strazia.

La patria che allora fu matrigna
ancora oltre quel ponto ha tanti figli
che l'italianità nei cuori alligna
mentre noi fummo solo dei conigli.

Una notte d'Agosto
L'aria era tersa, calda, cristallina,
il sentiero ancora bianco come sabbia,
i muretti mesti, mezzi diroccati
con le pietre di tufo male accatastati.
La luna piena il cielo illuminava,
gli ulivi, i fichi, i noci rischiarava.
Un concerto di grilli intermittente
la nostra passeggiata accompagnava
mentre la notte, forse un po' ruffiana,
tra le ombre e i chiaroscuri complice e serena,
gli affanni ci scioglieva ed ogni pena.
Altri tempi, amor pudici e rari,
nel buio la mano scivolò quasi per sbaglio
sui tuoi seni vogliosi di carezze.
La mano mi stringesti
sul tuo petto con trasporto la spingesti
con morbosa ingordigia
quel tuo piacer sottil tutto m'offristi.
Giorni dolcissimi poi m'hai regalato,
momenti che la mente m'han turbato,
in petto vividi sempre conservati,
in cuore, a fianco ad altre gioie
con passione infinita li ho cullati.
Oggi sei mamma,
ogni tanto ti incrocio nei miei sogni,
ti guardo e vedo in fondo agli occhi tuoi
vivere quei momenti, fiorire quei ricordi,
noto quel viso tuo sempre più dolce
aprirsi candido come una nuvola di maggio,
al sol furtiva togli qualche raggio
per regalarmi un po' del suo calore,
tenera una carezza ancor mi doni
con un pudore che nessuno vede,
con una gioia che mi da dolore.
E ti rivedo mentre in casa sali,
ti volti e ancor lucente il tuo sorriso
ti illumina e ti addolcisce il viso,
mentre il mio cuor si spezza,
assorbe e archivia un'ultima tristezza.

 

Il gallo nel pollaio: quanto è  bello il puttanaio
Oggi al mondo amar non serve niente
l'amore è  merce con un po' di sconto
un povero esercizio della mente
all'alba sorge ha fine col tramonto.

Coi vecchi amori non v' è  più confronto
la fedeltà è  ormai nota dolente
 è  meglio avere a fianco un mezzo tonto
da incorniciare poi cristianamente.

La donna oggi si sente emancipata
decoro non conosce, ma prurito,
un tempo era più fine e costumata

adesso non gli serve solo il dito
morale ormai rigetta, s' è  destata,
vergogna non ha più e fa l'invito

al primo che poi corre al suo richiamo
non dice più: “mio dio come ti amo”

ma come viaggi bene, spingi forte
non ti fermare rompimi le porte.

Li cerca senza limiti d'età,
ma fa le bizze se il vecchio poi non va

segue solo gli ormoni e, mamma mia,
chi non gli rende poi lo butta via.

Insomma oggi è  importante sol godere:
la prole? un calcio rifilato nel sedere,

infatti alla mammina oggi interessa
molti mezzi infilar nella rimessa,

perché non v' è  migliore medicina
di quella che fa all'alba la gallina

col gallo che s'arrapa nel pollaio
con la gallina dal grilletto gaio

perché tutto dal sesso ormai dipende
nessun rinuncia a un colpo e non s'arrende,

anche il vecchio ha appreso la lezione
e col viagra aiuta l'erezione.

In questo puttanaio chi può le piglia
ma dove va a finire la famiglia?

Sonetto classico ritornellato


Il mio Salento addormentato



Terra color mattone
tabacco, pomidori, lemoncelle,
un campo sterminato di meloni,
peperoncini rossi, zucchine, melanzane,
ulivi sempreverdi, noci, mandorle,
fave, fagiolini, piantine di piselli.
E poi la gente antica,
con i vestiti stinti dal lavoro,
con la dignità d'un tempo
col suo valore antico più dell'oro,
gente povera senza quasi niente,
con le mani indurite dal lavoro
ma con il volto ricco di decoro.
E l'affetto, donato, ricevuto,
una carezza al buio, regalata,
sull'aia dalla luna rischiarata,
un bacio timido rubato
un rapporto mai dimenticato.
Lenta la luna scivola indolente,
ed il cielo rende limpido, lucente,
sembra fermarsi e poi tramonta ancora,
ma bacia prima quei campi riarsi,
la vecchia casa bianca ricolora,
illumina gli ulivi,
le cicorie sul campo addormentate,
i fichidindia ai bordi del podere,
i fichi bianchi e neri sparsi tra i muretti,
abbracciati alle pietre bianche accatastate
come le gioie che mai la mente scorda
come le pene mie coi suoi tormenti
che questa chiara luna mi ricorda.

Felicità ritorna
Felicità ritorna e i giorni allieta
a soffrire non c' è  più paga alcuna
il cuore di certo non s'acquieta
se pensi d'aver contro la fortuna.

La fonte sempre scorre e ci disseta,
sol l'uomo saggio le sue forze aduna
c' è  la speranza ancora nel pianeta
se vuoi il cammello passa per la cruna.

Sempre di sogni non si vive al mondo,
a settantanni ancor poco mi resta
con lo squallore più non mi confondo

al sole devo volgere la testa,
riguardare con spirito fecondo
e tornerà col sole anche la festa.

Ragli

All'alba m'ha svegliato un grosso raglio
come impazzito è  corso in ogni slargo
assordante al pari di un battaglio.

Finanche le marmotte già in letargo
si son svegliate pel rumor del maglio
vorrebbero scappar, prendere il largo.

Purtroppo, tanta gente non s'accorge
che a muovere la bocca sono in tanti
ma poi l'intelligenza spesso insorge
di fronte ai professori balbettanti.

Il saccente difficilmente scorge
le sue contraddizioni allucinanti
molta ignoranza dal suo naso sporge
pensa che tutti sciocchi ha lui davanti.

Sonetto classico invertito.
 

Chi può non vuole



La trombetta dal cul gli era sortita
e s'arrabbiava mentre defecava
per una fitta dopo percepita.

Non capiva e forte brontolava
che tanta mercanzia fosse abolita
e con stizza la rabbia amplificava.

Dalla finestra opposta gli fu urlato
di deplorare meno e di piantarla
che era bene se avesse riguardato
a chi si sforza e non riesce a farla.

Vedere attraverso il muro
Dai falsi amori il cielo ognor ci guardi,
e dalle acque chete sotto i ponti,
vi sono al mondo troppi gattopardi
che ad azzannare sono sempre pronti.

A risvegliarsi non sarà mai tardi,
ormai nessuno al mondo fa più sconti,
ed a scoprir gli amori più bugiardi
sono capaci ormai finanche i tonti.

Che si guadagna dando un falso ardore?
Il cuor nell'altro poi diventa duro,
ti scopre dentro il vuoto e lo squallore

fa il distinguo del torbido dal puro,
riesce a capir se il sole sorge o muore
ed a veder infin traverso il muro.

Autunno a Boccheggiano
Ruba l'autunno l'ultimo tepore
nel Borgo senti un cigolio di mezzi
di carriole s'avverte un gran fragore.

La legna è  già tagliata in giusti pezzi
pronta a bruciare ed a donar calore
e non importa se son ceppi grezzi.

C' è  chi la taglia e c' è  chi la rivende,
c' è  chi la compra, nei fondi l'accatasta,
e poi c' è  anche qualcuno, e non gli guasta,
che quella già tagliata ad altri prende.

Ad una troia
Vorrei poter trovare l'espressione
per dire a tutti quanto onesta sei,
in fondo io non sono un bacchettone

che cerco sulla pelle quanti nei
sono rimasti dopo l'abrasione
e non somiglio manco ai farisei

che vestono di saio per pregare.
In fondo te sei stata assai sincera
a dirmi ch'eri mezza avventuriera.
Per questo non ti serve digiunare,

neppure il caff è  amaro assaporare,
anzi puoi utilizzar la zuccheriera
per addolcire a fondo la pastiera
che puoi a chi ti pare spadellare.

Sonetto classico retrogrado

Nebbia a Boccheggiano
Nebbia sottile, un muro alto, silente,
pesa sul borgo, ancor mézza s'aggira,
rattrista e il corpo cede fiaccamente.

Pesante per i vicoli traspira,
cupo rende il pensier, tetra la mente
che balbetta tristezza e già delira.

Come un fantasma apatico volteggia
le vecchie case abbraccia, cambia veste
con un rinzaffo nuovo le motteggia
le addobba già per le vicine feste.

Solo per la città
In mente mi sfarfuglia una canzone,
vecchia e di tanti anni fa,
solo mi sento e solo me ne vado
e tra la gente passo, e non lo sa.

Non sa di questo mio dolore
che mi attanaglia il petto e mi confonde
non sa quanto mi strugge forte il cuore
mi guarda e lesta passa e va.

Li guardo, a volte anche un sorriso gli regalo,
inganno e non lo sanno che lo faccio,
mi pensano un anziano spensierato
che senza problemi a spasso se ne va.

Ma i miei problemi son davvero tanti,
li celo bene, li nascondo in testa,
non leggono e non sanno che a momenti
vorrei buttarmi in mare e non tornare.

Vorrei restarmene abbracciato tra le onde
vedere il corpo mio lento sfogliare
con la sabbia del mar che si confonde
le ossa nel fondale riposare.

Fantasmi senza decoro
In silenzio inseguo i tuoi passi,
non t'accorgi, e neppure lo voglio,
or sul petto m'opprimono i sassi
e il mio cuore è  un arido scoglio.

Hai voluto che io sciocco abboccassi,
ma per te era solo un imbroglio,
hai poi spinto affinché m'attaccassi
ma è  rimasto ora un animo spoglio.

Or ti chiedo: - Che cosa hai raccolto? -
Se analizzi ti sei solo concessa,
non pensare ch'io fossi uno stolto,

col raggiro ti sei compromessa
e in quel letto il decoro hai sepolto
ingannando alla fine te stessa.

Anniversario 2012
(A mia madre)

Come son pesi questi anni passati
la tristezza mi preme e affoga il petto
ed i pensieri tutti ha rabbuiati.

Il nido ormai è  vuoto sotto il tetto,
le rondini ad altri lidi son volati,
si perde il tuo lamento nel campetto

dove, confusa a croci e lumi a sera,
vaga da sola, al buio vacillando,
questa vita che ancor ti sta cercando
e che non sa più dirti una preghiera.

Frittura di calamari e gamberi
Ti osservavo cenare in silenzio,
mi guardavi e un sorriso allargavi
sul tuo volto che gli anni han segnato
ma che un tratto di gioia serbavi

ad un tempo che oramai era andato
cancellando ogni traccia di mare
ogni scritta d'amore e speranza,
tratti smossi sembravan restare.

Sorridevi e fissavo i tuoi occhi,
d'un azzurro ancor vivido, altero,
d'un color che la sera offuscava
ma che al mar somigliava davvero.

Ma le antiche sembianze ogni tanto
disegnavano un viso piacente
ed al petto bussavano intense
mi colpivano il cuore e la mente.

Ti guardavo e correvo pensando
ad un mese d'agosto passato,
ad un pranzo frugale e veloce
con un viso felice e abbuiato.

Ad un pranzo con il mare di fronte,
e con l'onda che la roccia colpiva,
con il vento che il sudore asciugava,
con la mente che più non gioiva.

Ti guardavo, guardavi e ridevi
io pensavo al tempo finito
e sognavo ad un sogno bruciato
a dei baci che avevo sfiorito.

E la sera scorreva in silenzio,
tu speravi a una dolce parola
ad una sublime promessa,
che nel petto moriva da sola.

Poi la sera ha abbracciato ogni cosa,
m'hai donato una lieve carezza
hai provato a raccogliere un bacio
che ho negato con poca accortezza.

Hai capito e la mano m'hai preso
me l'hai stretta quasi per dire
ancor pensi ad un sogno lontano
che nel cuore non vuole morire.

Pensieri alessandrini
Dall'alto di quel colle // io riguardavo a tratti
in fondo alla pianura // vedevo i suoi misfatti

soffrivo anche se ormai // in lei più non credevo
seguivo i suoi mattini // e lacrime bevevo.

Erano inverecondi // quei baci che ha donati
io tutti li ho raccolti // nel cuore arrotolati.

Rimangono lì fermi // il tempo non li usura
saranno conservati // finché la vita dura.

Ma adesso che ci penso // mi chiedo a cosa serve
se in cuor manca l'amore // la vita è  senza verve.

Sparita l'allegria // sparito anche l'affetto
conservo i suoi ricordi // col nastro nel cassetto

con un ramo d'ulivo // ultimo mio ricordo,
conservo aria d'autunno // ed un rancore sordo.

Di lei nulla rimane // ormai tutto è  consunto
anche la mente è  vuota // l'amore ormai defunto.

Poesia in versi settenari alessandrini a rima baciata

Ottobre
Ottobre, mese che mi lascia indifferente,
castagne e vino, a ribollir nei tini,
ultimi frutti di stagione nuova
io ormai da solo, ma non son perdente,
vivo e mi gusto i resti della mensa
il suo liquore squallido e scadente.

L'ombra mi segue dei ricordi a sera,
l'ansie provate, la mente mia testarda,
le vane attese d'una sua chiamata,
e quante le occasion che mi son perse
per una fedeltà immeritata
ad una donna fedifraga e bugiarda.

S'agita, invano, le sue minacce irrido,
ora che libertà nuova saluto
vivo la vita, ne apprezzo il suo alitare,
sconvolgere mi lascio, scosso l'ali,
del vento ascolto l'urlo e ne assaporo
in fondo al cuore tutto il suo ansimare.

Volo da solo e degli spazi colgo
nuvole e sole che circonda il tutto
a volte plano mi lascio trasportare
dalle correnti lievi e ascensionali,
di questa libertà colgo l'essenza
di questo autunno l'ultimo suo frutto.

E pur se scrivo, pur se illudo ancora
che possa a verme simile pensare
analizzo la vita, certe sue incoerenze,
le analogie, gli incontri occasionali,
analizzo le composite incongruenze
ma infine in cielo ancora so volare.

Felicità ritorna
Felicità ritorna e i giorni allieta
a soffrire non c' è  più paga alcuna
il cuore di certo non s'acquieta
se pensi d'aver contro la fortuna.

La fonte sempre scorre e ci disseta,
sol l'uomo saggio le sue forze aduna
c' è  la speranza ancora nel pianeta
se vuoi il cammello passa per la cruna.

Sempre di sogni non si vive al mondo,
a settantanni ancor poco mi resta
con lo squallore più non mi confondo

al sole devo volgere la testa,
riguardare con spirito fecondo
e tornerà col sole anche la festa.

Ulivi solitari

Solitario in una piazzetta del paese,
cresciuto in un vaso,
unico e perso,
i suoi frutti custodisce geloso,
neppure un sorriso regala ad un vicino.
Quei due alberi, mi riporta in mente,
smarriti in una piazza a Castrignano,
unici e soli,
testimoni d'un tempo ancor presente,
d'una campagna inglobata nell'urbe
ancor vivida in mente.
Mi ricorda la mia solitudine,
il mio andar ramingo,
il mio annaspare per le rosse campagne del Salento,
perso dietro un sogno sfuggente,
dietro un amore inesistente,
vuoto,
indecente,
incubo senza più passioni,
fantasma senza più catene,
sogno senza immagini,
privo anche di suoni.
Lo guardo e ne accarezzo le foglie,
quasi a ricordare un momento,
d'un mattino passato,
fugace,
ormai dimenticato,
come l'illusion che lo colmava,
la desolazione che l'accompagnava.
E mi rimane un rametto insecchito,
in una busta impolverata
con una data segnata:
17 Novembre 2007...
… come una disgrazia annunciata.

La ballata del coraggio
S'io potessi, ballata, per un poco
tornare al tempo che fu più giocondo
risvegliare l'amore fino in fondo
ed attizzare nuovamente il fuoco.

Se il cuore mio avesse tanta forza
di scordar gli anni e non veder l'età
ringiovanire questa vecchia scorza
rinfrescar l'intelletto e la beltà.

Se la pazzia, che in altri lidi sta,
ci risvegliasse dentro il vecchio ardore
ritornare vorrei al grande amore
per dimostrare che non era un gioco.

Questo sentire, in lei ormai più fioco,
con vivida passione ognor diffondo,
ci credo ancora, neppure lo nascondo,
anche se so che ha un fiato corto e roco.

Nei fatti questo affetto si rafforza
dura e nel tempo mai si spegnerà,
neppur l'indifferenza più lo smorza
anzi col tempo si potenzierà.

Ma lei più non intende, ormai si sa,
non vede più l'inferno che ho nel cuore,
pensa che in me più non ci sia fervore,
che anche per me sia stato sesso e gioco.

Ballata di endecasillabi in rima ABBA CDCD DEEA ABBA CDCD DEEA

Pensiero mattutino
Oggi ho pensato a te. “Chi se ne frega”,
mi sembra che nel sonno abbia sentito,
ci sono rimasto male, un po' avvilito,
ma al mio soffrir non hai fatto una piega.

Ormai il tempo è  andato, non ci lega,
ogni affetto dall'animo hai bandito
dire, per te, “amor” sol era un rito,
anche il mio cuor ormai amor ti nega.

Ma stamane t'ho visto sorridente,
ma quei sorrisi ad altri erano dati.
Ora mi resta un chiodo fisso in mente

pei tanti baci che m'ha regalati,
mi chiedo se davvero francamente
fossero veri oppure interessati.

Non so a quant'altri li abbia regalati
ed anche per amor contrabbandati.

Diceva di non dire mai bugie
e poi scriveva versi e poesie.

A tutti prometteva sentimento
a tutti ripeteva “io mai non mento”.

Nei fatti solo lei sa chi ha ingannato
e qualcuno di sicuro incorniciato.

Sonetto classico ritornellato

Assoluzione



Dopo che hai saziato le tue voglie
ora puoi anche ignorarmi,
far finta che io non sia mai esistito,
mai germogliato nel tuo cuore.
Erano profonde le parole che scrivevi,
i messaggi che inviavi.
Profondi e convincenti.
Non avevo capito la tua sete,
non saziata alla fonte dei miei sentimenti
ma a quella della cràpula.
La tua era solo ingordigia:
hai tracannato acqua e vino,
senza capirne la differenza,
senza valutarne il gusto,
senza contenerne il volume.
A te non interessava l'annata,
hai colto solo il piacere dell'ubriacatura
ed ebbra eri la notte quando uscivi dalla mia stanza.
Poi l'indomani ti aspettava l'ostensorio:
sui marmi freddi del tempio deponevi i tuoi peccati,
pateticamente chiedevi perdono
ed il pastore ti assolveva.
Fino a tarda notte avevi svuotato l'animo da ogni peso.
Ma dopo la mezzanotte era già un nuovo giorno.

Raggi di solitudine
Che scriverò oggi che il sole sta per andar via,
che gli ho impedito di accarezzare la mia pelle,
che ho rifiutato i suoi raggi?
Sono stato al bar proteggendomi nell'ombra,
quasi fantasma solitario,
rifiutando d'incontrarlo.
Ma lui mi saluta lo stesso:
filtra i suoi raggi dalla finestra aperta,
illumina debolmente la mia tastiera,
che traluce tentennando riflessi,
rischiara la mia stanza.
Lo guardo appena e lo ignoro,
forse anch'io amo la notte,
amo il silenzio che la circonda,
spero nei sogni che mi regala.
Forse mi agiterò sotto le lenzuola,
urlerò di terrore alla marea che sale,
ad un torrente che esonda sul mio letto,
ai fantasmi che aggrediscono la mia serenità.
Ma lui è  paziente!
Aspetterà il nuovo giorno.
Mi regalerà ancora la sua luce,
la sua carezza sfiorerà la mia pelle,
illuminerà di nuovo con colori vividi i prati
bacerà le ultime rose d'estate,
le ortensie in un vaso su un balcone.
Forse, allora, sorriderò appagato
e per un poco accetterò la sua corte.

Una fotografia
Che scriverò con questo tempo scuro
con la pioggia e qualche tuono intenso?
La tua fotografia è  appesa al muro
per questo più ti vedo e più ti penso.

Dovrei levarla, ma son tanto duro,
ed anche capir che ormai non ha più senso
 è  più forte di me te l'assicuro
con tanto affetto il tuo rancor compenso.

Lo so! E' stata tutta una follia,
un agitare d'acque ch'eran chete,
un lampo che ha portato il temporale.

E, come vedi, tutto è  andato male:
resta solo una foto alla parete
insieme alla tua ultima bugia.

Sonetto in versi ABAB ABAB CDE EDC

Accentuazione
Chissà dov' è  e perché
dovermi scervellare
per il corretto accento
ch'io debba utilizzare.
Ho preso già il caff è
e l'ora d'andar via,
né vedo la ragione
se al bar debba restare
con gli altri a chiacchierare
d'un argomento futile
che fonde la ragione
anche se certo serve
in ogni discussione.
Io credo che convenga
pensare a volte a sé
piuttosto che all'accento
dove dover posare.
Eppur di qua e di là
restano indifferenti
se là porta il cappello
e qua ne resta assente.
Capisco che alle cinque
il t è  diventa un rito
chiunque ormai lo fa
lo gusta in cucinotto,
lo beve sul sofà.
E sì, anche per questo
si sa che il mondo va
e gira un po per qui
ma spesso va per qua.
E poi non centra se
il tre non è  accentato
mentre sul trentatré
va sempre evidenziato.
Come si nota dunque
l'accento esiste e come,
qualcuno l'ha inventato
forse abbastanza astuto
sulla parola in coda
va sempre poi posato
a volte quello grave
ma spesso quello acuto.

Email ricevute
Il cuore è  triste e vuoto questa sera
mentre scorro la posta ricevuta,
un nome cerco che più non mi circuisce,
un volto che più non mi sconvolge.
L'animo è  inquieto,
in cuore ho una gran pena,
una voglia di piangere m'assale,
qualche lacrima giù dal viso scende,
qualche singhiozzo già nel petto sbalza.
Come una vela spersa in mezzo al mare
col vento corro ma non so che fare,
il timone s' è  rotto,
l'ancora spezzata,
sbando a destra ed a manca e non m'importa.
Non m'importa se sbatto sugli scogli
se su una spiaggia deserta poi m'areno,
se in un porto insicuro alfin m'ormeggio.
Non m'importa se un vortice mi assale
se nelle spire sue impavido m'afferra
se dentro un mare in tempesta poi m'affonda.
Non m'importa più di questa vita,
avvezza ad archiviare delusioni,
accerchiato da gente arida e infedele,
di vermi che strisciano incostanti,
che vomitano escrementi
perché l'animo ormai hanno venduto,
perché ogni decoro hanno perduto.

Neve a marzo
Neve a marzo
nel mio cuore in cerca di germogli
per me,
per te che cogli
l'odor delle viole,
il color di bucanevi spenti,
di prime erbette,
di ghirlande agli alberi dei peschi,
di infiorescenze bianche tra gli ulivi,
di ginestre fiorite lungo i poggi,
tra le colline verdi maremmane
dove l'odor dei muschi
l'aria ancora frizzantina fende,
ti circuisce il sole la mattina
sulle miniere antiche splende.
Neve a marzo
che sa di primavera
che già annuncia il cambio di stagione
che invia segnali di novelli amori
di dolori
nuovi che arrivano a turbare ancor la mente.
Poi l'oblio che dolcemente
scende nel cuore e sol ricordi lascia,
freddi, taglienti
come un colpo d'ascia,
come la neve che ancora lenta scende
e l'animo tormenta,
a volte offende.

Mi vien da ridere

Ice Man (Uomo di ghiaccio) di Nele Azevego

Mi sento disperso ai bordi della savana,
mi chiedo il senso del non senso,
la parola e il non ascolto
il tedio e l'impegno,
l'evidenza e l'incoerenza.
Mi sento inutile e solo
un Don Chichotte solitario
che indica il mulino e le sue pale,
giganti di sapienza e di vuotezza.
A che serve la testimonianza?
Di fronte vi è  l'incoerenza,
che spesso confina con l'indifferenza.
Spesso, troppo spesso!
Ed allora resto solo ad indicare la stella.
Lei brilla solitaria,
la sua luce è  vivida e reale.
Invece è  una stella morta,
io lo so da molto tempo.
Per altre generazioni continuerà a brillare,
ma nessuno guarderà mai il proprio animo spento,
le troppe contraddizioni nelle proprie convinzioni,
contrastanti,
balbettanti,
insignificanti,
claudicanti.
Non uccidere ed ovunque si muore,
non rubare ed i ladri aumentano,
ama il prossimo tuo e si odia sempre,
onora il padre e la madre... ma lasciamo perdere.
Guardo e mi perdo nel deserto,
la sabbia mi sommerge;
vorrei piangere
ed invece mi viene da ridere!

L'amor donato
L'amor donato non è  mai sprecato,
 è  un regalo che un dì è  fiorito in cuore
che la tua vita per giorni ha colorato
non puoi dimenticarlo quando muore.

Non ti pentire mai quando un bel giorno
quell'affetto t'accorgi ch'é cambiato
non cercar delle scuse tutto intorno
altrimenti vivi per sempre disperato.

Conserva di quei giorni ansie ed affetti
del negativo tranne insegnamento
i fatti dolorosi in cuor tienili stretti
utili posson tornare ogni momento.

Il dolore ti insegna mille cose
ti aiuta a sopportare ben la vita,
le spine fanno compagnia alle rose
ma donarle sarà cosa gradita.

E quando un giorno l'amor ritornerà
prova a ricoltivarlo in quel giardino
fertile del tuo cuor che sboccerà
di nuovo più intenso e più genuino.

Megghiu chi mmi scordu
Ti penzu tanti voti e tu u sai
ca mmia tu mi facisti tantu mali
mi procurasti sulu peni e guai
ma ieu su' sempre ieu, tu pocu vali?

Ma tanti voti mi dicisti: "vai",
'nta vucca mi lassasti tantu sali
ti vulia bbeni e mai nu' ti lassai
pi ttia m'arrampicai pe' scali e scali.

Mi risvigghiai poi e su' cuntentu
picchì mi lu cantasti mille voti:
"l'amuri 'nta lu pettu ora s'é spentu".

Mancu a Maronna ora cchiù no' poti
stutari 'u suli o 'mprigionari 'u ventu,
bloccari 'u Mungibeddhu e i terremoti.

Traduzione:

Meglio scordarmi
Ti penso tante volte e tu lo sai
che a me hai regalato tanto male
m'hai procurato solo pene e guai
ma io son sempre io, lei poco vale.

Un sacco di volte mi dicesti:"vai"
in bocca m'hai deposto tanto sale
bene ti volli e mai io ti lasciai
ho salito per te cento e più scale.

Mi son svegliato infine e son contento
perché per mille volte hai ripetuto:
"l'amore dentro il petto ora s' è  spento".

E Maria non avrebbe più potuto
spegnere il sole, trattenere il vento,
frenare il Mongibello e darmi aiuto.

La pulsione
(La "vergine" di Gustav Klimt - particolare)



La pulsione è  un percepire,
che ti prende, che t'assale,
che ti ronza forte in testa,
non intende, non capisce,
la ragione altrove spinge
i pensieri a volte stinge.

Forse è  meglio se l'avverti
di serrar porte e finestre
di pensare a cose tristi,
di non farti trascinare
di lasciar la foga stare.

La pulsione è  un animale
chiuso a chiave in una gabbia
che si dondola e patisce
che le sbarre forte afferra
le vorrebbe demolire
per potere all'aria uscire
viaggiar per la foresta
senza freni e senza testa.

E' un istinto primordiale
che può fare ad altri male
se costretti e coinvolti
nei tuoi giochi travolgenti
nelle fantasie festanti
che poi duran pochi istanti.

Ritornando al razionale
non t'accorgi del pasticcio
della forte tua pulsione,
perché intanto a tua insaputa
hai confuso e violentato
quel qualcun che t'ha seguito
che ha creduto a quel che hai detto
perché in cuor gli hai acceso il fuoco
per poi dire ch'era un gioco.

Allucinato
Allucinato,
mi perdo in questa rete d'inganni
dove si appare e scompare
dove tutto è  virtuale,
 è  solo vana apparenza,
un sogno irreale.

Abbagliato,
rovino su antichi sentieri
che oggi sembrano nuovi,
che hanno perso il senso di ieri
che sono solo menzogna,
solo deliri non veri.

Accecato,
inseguo strade di certo sbagliate
confuse,
tra arterie infinite
tra ulivi che han perso la pace,
tra un mandorlo senza più fiori
che stanco ora tace.

Spaventato
nel vecchio cerco una traccia di nuovo,
assurdo,
che nulla ha di vero
soltanto un'orma rimasta
a narrare una storia passata
che la vita devasta.

Maschio
Veri uomini si nasce,
di quelli che sanno fingere
che passano allegramente da un letto all'altro,
che se ne approfittano quando ne hanno l'occasione,
che appendono cimeli alle pareti,
che sorridono sereni,
soddisfatti della selvaggina cacciata.
Non sarò mai un vero uomo,
mi rallegro davvero con me stesso:
continuo a lasciarmi travolgere dalle mie passioni,
dai miei sentimenti,
dal mio affetto sincero donato,
che donerò.
Oggi raccolgo i frutti maturi dell'autunno:
dalla buona uva fermenta un ottimo vino,
stagiona nei tini,
emana un odore acido, prima,
un profumo gradevole, poi.
Davanti al mio focolare stappo una bottiglia,
di quelle buone,
invecchiate al punto giusto,
che racchiudono l'affetto di un tempo,
l'amore che ci ho conservato.
Il dolce liquore riempie il calice,
scivola nella mia gola,
profuma di viola e fruttato,
mi ricorda i suoi baci
che ormai più non assaporo,
che mai più non gusterò.

5 Agosto 2010
Abbiamo festeggiato il compleanno
tre giorni avanti della giusta data
abbiamo poi brindato senza affanno
dopo avere la torta anche gustata.

Hai saputo velar, tra foga e inganno,
e come nel passato ti sei data
ma già avvertivo in cuore un certo affanno
che forse non t'avrei più carezzata.

La benda sopra gli occhi hai poi tirato,
ma questi modi tuoi erano usuali,
il mio sudore hai colto ed asciugato

con quei tuoi baci avidi e sensuali.
Poi in macchina il sangue m'hai gelato
afferrando quel tuo agitare d'ali

che m'han colpito il cuor con mille strali;
l'hai fatto non mostrando alcun affanno
celando nel tuo cuor bugia ed inganno

tanto quel gioco a te non dava danno,
per me quell'avventura assai è  costata,
tu al sole ti sei solo rosolata,

di piacere e di gioia satollata,
lasciando a me soltanto amaro in bocca.
In fondo non sei stata così sciocca,

anche se il tempo poi per tutti scocca,
lo stolto in fondo resto solo io
che dovrò conviver con l'oblio

e qualche malaugurio che ti invio.
Tu hai acceso solamente un fuoco
dicendo dopo un lustro ch'era un gioco,

(che come sempre è  breve e dura poco).
Per quattr'anni di sesso m'hai imbottito
e della tua passione riempito.

Ma dopo che hai saziato l'appetito
come una volpe sei tornata in tana
ma per tutti ormai resti una mondana

ed anche ogni difesa sarà vana
perché dopo le cose che tu hai detto
chi mai potrà portarti più rispetto?

- Sonetto classico caudato

Con l'amore non si gioca
Oggi davvero hai tu toccato il fondo
in chat m'hai infine confessato tutto
ma per questo con te non mi confondo
prima m'hai fatto male oggi distrutto.

Forse son come te, non lo nascondo,
ma non ho mai giocato in modo brutto,
non credo che ci sia in tutto il mondo
tanto squallore e sì maligno frutto.

Finalmente mi hai parlato franco
che era un gioco indegno m'hai svelato,
mentr'io te lo ripeto (e non mi stanco)

coi sentimenti non ho mai giocato.
Il tempo passerà e anche se imbianco
questo mio amore resterà immutato.

Questo sarà per te forse un po' strano
che leggere non sai nel cuore umano

per me questa rimane una lezione
che lascia in petto amaro ed afflizione

a te non lascerà nessun rimpianto
ma quanto vali tu, dimmelo: quanto?

Sonetto caudato

Haiku (Sirena sei)
Sirena sei
Eppure non lo sai
onda di mare.

Dedicato a Grazia Longo

Haiku (Rosso sui campi)
Rosso sui campi
a mezzogiorno spera
ultimo sole

Madrigale odoroso
Tra l'albeggiare e l'imbrunire scuro
va per i campi quell'odor di mosto
siamo in settembre già non più in agosto.

Pigia nei tini e dalla pressa scola
dolce licor che inebria cuore e mente
e al sonno il corpo invita dolcemente.

Volteggiano sui raspi abbandonati
moschini silenziosi ubriacati.

Madrigale classico in forma petrarchesca ABB CDD EE

Le cicale del torrente Maresca
Un suono dolcemente m'accompagna
monotono s'espande, m'addormenta,
riporta in mente triste una campagna
che pace non da più e mi tormenta.

E ritmico si sparge, non ristagna,
in mezzo alla calura forte aumenta
accarezza il bosco e la montagna,
quel brusio s'espande e non rallenta.

Stranamente quel canto oggi m'investe,
dopo tanti anni è  ritornato al monte
vibra tra rami e verdeggianti creste.

in ciel s'espande, sfugge sotto il ponte,
poi accarezza la campagna agreste,
si perde alfin col sole all'orizzonte.

I poeti del nulla
Siamo miseri e disperati vagabondi
che oziamo, senza sosta
la nostra mente naviga nel nulla,
dal nulla ritorna e trasporta emozioni,
semplici parole,
mattoni consunti che innalzano muri
di sentimento,
passioni di canne ondeggianti
al vento,
che carezzano l'aria,
che scodinzolano le loro infiorescenze al vento,
che disegnano il cielo,
le nubi allontanano,
riportano il sereno.
E noi ci perdiamo nel nulla,
inseguiamo giorni felici.
sorrisi che svolazzano su foto colorate,
nel buio di marine abbandonate,
di camere scarsamente illuminate,
di finestre serrate.
Poeti del nulla
che raccolgono la spuma del mare,
la custodiscono tra i cuscini
....per non dimenticare!

La forza dell'amore
Come marea che sale,
improvvisa,
violenta,
inarrestabile;
come fiume impetuoso,
che tracima dal suo corso,
che travolge ogni cosa,
che allaga la campagna,
annega la vita;
come montagna che frana,
valanga che si stacca dai fianchi dei monti,
che rovina a valle
che sradica piante,
animali,
ogni cosa;
così la forza dell'amore
scrolla l'animo umano,
sconvolge le sue passioni,
fermenta, infine, nuovi sentimenti.
...........................................
...........................................
...ma poi tutto si scioglie nel silenzio
d'una tempesta finita,
in un residuo alito di vento,
che lascia nell'aria solo un profumo lontano
di pioggia.

Le mani del lavoro
Le mani del lavoro
sono come orme stanche sulla sabbia
in parte cancellate dall'onda,
rassegnate a sera
con le dita incrociate e vinte,
con le unghie nere di grasso,
ancora ansanti di fatica.

Le mani del lavoro
non sanno come muoversi,
sembra chiedano scusa se son sporche,
si nascondono l'una avvolta sull'altra
quasi a trovar conforto,
quasi a carezzarsi e confortarsi.

Le mani del lavoro
sono testimoni del nostro impegno,
hanno bisogno d'esser capite e consolate
hanno bisogno di rispetto,
d'amore.

Per questo spesso tacciono,
immobili,
come cicale inattive sui tronchi,
stanche d'aver cantato tutto il giorno.

Indefinito
Se la vita è  questa preferisco
l'abbraccio della morte
con la sua sicurezza incrollabile,
la sua carezza fredda
che regala l'oblio
Dolce, cara compagna
che perseguiti i sofferenti,
che giochi con loro e li tormenti,
che regali luce e sole non graditi
e le tenebre allontani.
Vieni dolce illusione della vita,
accarezza i miei sogni,
sciogli i miei dolori.
Nel ricordo della vita
l'uomo ritrova se stesso,
il rispetto per gli altri,
il ricordo consapevole,
riscopre le sue miserie interiori,
la sua ipocrisia e falsità
riscopre i suoi limiti,
la sua nullità.

Un finale senza amore
Ho visto l'altro giorno le tue foto,
ho letto i tuoi messaggi e mi son chiesto
cosa celava quello sguardo vuoto
quell'amor tuo così falso e molesto.

Il tuo passaggio è  stato un terremoto,
eppure non sognavo ed ero desto,
amor donai con spirito devoto
lo ricambiasti tragico e funesto.

Di tanto affetto oggi cosa resta?
Cosa conserverai di me domani?
Solo rancore, che il mio cuore appesta,

un agitar lontano delle mani
per un distacco desolato e mesto
e quegli amplessi lerci e disumani.

Haiku
(Con passo lieve)

Con passo lieve
vitalità conservo
arrivo tardi

Lucciole a Boccheggiano



Scivolo nel buio di questa sera
tra i boschi di leccio e carpineto,
tra cerri, querce e un tratto di faggeto
nido sicuro della capinera.

Si sazia il cuore, ogni rancore azzera,
di lucciole risplende il castagneto
sogno la pace, tutta l'ansia acquieto
tra il lieve brusio della brughiera.

Di tanto scintillio degusto il frutto,
mi sazio lieto al lume di lucerne
che pulsano silenti dappertutto

tra le radure, dentro alle caverne
dove le mie passioni ormai ributto,
le spengo come inutili lanterne.

La voce del pane



Nel silenzio del borgo che m'affoga,
s'alza una voce come di preghiera,
flebile arriva e pur mi sembra vera
attraverso la porta della mia cantina.
Mi scuote,
tra i radi villeggianti
arrivati a stemperare l'afa urbana,
l'avverto,
tra questi anziani abbandonati
che ai muri appena poggiano le mani,
intolleranti ai rumori
e ai voli chiassosi dei gabbiani.
E' una voce che mi bussa al cuore,
come bussava nel mio tempo antico
quando ho vissuto tra il rumor di guerra,
tra il pianto della gente e tra l'orrore,
il dramma di un politico esaltato,
che ancora oggi aborro e maledico.
Quella vocina giunge dalla pattumiera
dal pane raffermo che vi ho buttato
e sembra che mi sgridi sottovoce:
"la fame, la miseria, i patimenti,
tutto quello che un giorno hai tu provato,
i bisogni da tanti collaudati,
la mancanza del pane quotidiano,
il lamento di tanti pargoli affamati,
mi sembra che per sempre li hai scordati".

Rondoni a mezzogiorno
Saettano sul muro
ombre di voli,
lo stridio di gola
forte s'increspa, e poi dilaga,
per i vicoli del borgo silenzioso.
Solo avverto, spedito,
il cadenzato picchiettar della tastiera,
che pensieri compone,
sollievo dona alle riflessioni ed ai tormenti,
sullo schermo quietamente distende
i miei ricordi che il tempo non cancella.
E mentre le ali disegnano il bel volo
di questi rondoni urlanti e vigorosi,
a te io penso,
bizzarra e turbolenta musa estrosa
che di versi, di invettive invereconde,
colorato hai i portali.
Ti penso mentre riguardo qualche foto
tua trasognata,
coi capelli disfatti e gli occhi persi
dietro un abbaglio che m'impensierisce
dietro un qualcosa che non si capisce,
come una folle che ha perso la ragione
perché offuscata da una libagione.
E traguardo le mie giornate andate,
perse nel silenzio di una stanza,
smarrito a riguardare una marina
solcata da barchette e da vascelli,
confuso tra una folla, assente
al nero del mio cuor, nascosto
tra un sorriso negato
ed un rimpianto che si è  cancellato.

Pathos (Patù)
Se il nome che t'han dato
 è  vero ed è  reale,
se ancora ai giorni nostri
quel nome antico vale,
quel sentimento impernia
le arterie del mio cuore,
mi pulsa nella mente
s'aggiunge al mio dolore.
Mi sforzo di scordare,
cancello ogni emozione,
l'affetto dal mio cuore
io provo ad affogare.
Non ci riesco sempre,
ma poi che male c'é?
In fondo quel che ho perso
 è  solo nostalgia,
ho regalato affetto
come un anziano tenero
a chi coglieva l'attimo,
a chi mania cercava
con sadica ironia,
Di lei cosa è  rimasto?
Sol nebbia nel mattino,
l'impronta del disgusto,
le notti desolate,
le mani un po' insabbiate.
Ora m'aggiro libero
per questo colle antico
cancello le mie pene
semino l'allegria,
poi tutto ridisegno
con una poesia.

I poeti di Patù
L'orme lasciò Enea, profugo d'Ilio,
e seminò la cenere d'Ettorre
sugli scogli aridi di Felloniche,
nelle insenature profonde d'un porto inabissato,
che i geni fecondò di tante genti
che al vate Omero nuovi versi donò.
E il tempo accarezzò le menti
dolci pensieri seminò sul colle
a cui Minerva protezione diede
e preservò da ogni futuro male tanta devota gente
che tra le braccia strinse.
Oggi quel seme sboccia dentro nuovi cuori,
pulsa armonie in animi di giovani promesse,
ansima e soffre in petti esausti
che sull'ermo colle
cercarono l'orme antiche da calcare
per respirare l'aria dei primitivi padri
ancor presenti nel pensier di tanti.
Su quella sospirata e vivida collina,
dove ho lasciato un bel pensiero a dio,
anch'io pellegrino or ultimo arrivato,
solitario m'aggiro e colgo le armonie,
assieme al resto di motivi stanchi
d'infeconde muse che ingannano se stesse,
che tracce ambigue disperdono nel tempio
in cui la dea le incorporee spoglie consacrò
d'Enea, esule d'Ilio, agitando le insegne
e le vestigie del suo decoro antico.

Una collina nel cuore



Cerco ognor di scordare, ma facile non è !
Cambio i tormenti miei, li muto in allegria
disperdo il malumore, lo semino per via
domande più non faccio, son stanco dei perché.

Nel cuore una collina distante ancora c' è ,
lassù un cuore veglia una villetta spia,
ogni dolor cancella e dalla mente oblia
quella frazion di bene che serba ancor per se.

Solo m'aggiro, mesto, tra trulli decadenti,
le Centopietre osservo, antico sepolcreto
che culla ancor del sole i raggi suoi morenti.

Profuma l'aria intorno all'ultimo uliveto
strillano quattro ciole ardite e irriverenti
mentre la notte bacia il colle del Vereto.

Le lucciole di Niccioleta



Quelle lucciole il buio han rischiarato
barbugliando nel cuore della notte
nuovi ricordi e duolo m'han portato
vecchie ferite ancora riprodotte.

E mentre vago solo e sconsolato
intorno a me balbettano interrotte
illuminano il piazzale abbandonato
d'un territorio pien di cave e grotte.

A gara sembra voglian ricordare
d'un eccidio di minatori a sera
e nell'aria ancor par d'ascoltare

delle donne angosciate la preghiera
d'un passato da non dimenticare
che sopravvive al tempo e non s'azzera.

Niccioleta è  una località situata a circa 6 km dal comune di Massa Marittima nel grossetano dove un tempo era in attività una miniera di pirite. Durante l'occupazione nazista è  stata oggetto di una feroce repressione ad opera dei nazi-fascisti al comando di Almirante ed il 13 giugno 1944 furono trucidati 83 minatori alcuni nel piazzale della miniera, altri vicino Castelnuovo Val di Cecina. Ogni anno viene commemorata tale data con una serie di manifestazioni pubbliche.

Sulle ali d'un sogno
Mi sveglio al mattino,
a volte il sole splende,
a volte qualche nuvola mi opprime.
La TV gracida sulle miserie umane,
gracida e poi tace.
Giornalisti impenitenti diffondono messaggi,
considerazioni solitarie rimbalzando da un guaio all'altro:
i più non capiscono.
Parole strane affogano i bisogni della gente
e tutti pagano in silenzio,
al massimo mugugnano e protestano nei bar:
non resta altro vista che l'ideologia è  morta.
Uno sfogo inutile che non elimina la bile,
affidata alla cura dei dirigenti sanitari
a cui ormai interessa il ticket ed il budget.
Poi il silenzio.
Finanzieri e banchieri
si contendono la gabella:
 è  lo spread che preoccupa le coscienze,
Le miserie e la fame nel mondo?
Affidata a missionari senza scrupoli,
che pensano di allargare il consenso,
che distribuiscono speranze e sogni ai poveri
che non saziano l'indigenza,
che non tolgono la sete,
Il progresso dell'umanità?
Delegato a mercenari al servizio dei potenti,
che esercitano la pulizia etnica
e sfoltiscono il surplus umano
con guerre senza senso,
che domano la protesta
affidandosi all'uso della repressione violenta
che uccide il pensiero nascente
affinché taccia e non produca danni.
Osservo impotente:
guardo il liquame che sale;
in silenzio medito sulla mia fortuna immeritata,
sul mio frigo pieno di prodotti che marciscono,
che alimentano infine la pattumiera
diventata oggi il pensiero dominante del nuovo business.

La fame degli altri
Cade in occidente
velo di ipocrisia.
Lo so
il mio piatto è  abbondante,
l'acqua vicina,
non ristagna,
il superfluo m'affoga.

Gandhi è  morto per nulla....

Nelson Mandela ancora parla....
la sua voce viaggia nel deserto,
sprofonda tra le dune che sommergono le coscienze.

Obama fa i conti con l'egoismo...
l'edonismo ha la maschera del conformismo bigotto!

Governare o mollare...

Contare o la nebbia....

Nessuno vuole vivere nell'ombra,
tutti guardano la miseria degli altri,
ma svoltano all'angola della strada.

La poker machine distribuisce sogni
ed annega i pensieri!

Lupus et agnus



Era una donna che valeva poco,
forse era anche un po' fusa di cervello,
ma nel petto m'aveva acceso il fuoco
tutto d'intorno a lei sembrava bello.

Con lei sarei volato in ogni loco,
e lei volava meglio di un uccello,
ero però per lei soltanto un gioco,
e come un lupo poi sbranò l'agnello.

Non m'uccise, son sempre agonizzante,
mi ferì nel cuore, orribilmente,
e mi lasciò per terra, sanguinante.

E senza sangue si vuotò la mente
ma ancora il cuor ripete balbettante
parole che oramai lei più non sente.


Scordami



Scordarti?
Fosse così facile l'avrei già fatto.
Ma t'ho amato,
pensavo che anche l'avessi ricambiato.
Tante promesse hai fatto
e t'ho creduto.
La catena ora si è  rotta,
ma un pezzo m' è  rimasto alla caviglia.
Provo fastidio a camminare, a riposare.
Per questo per me è  difficile scordare.

Cuori freddi
Cammino sul sentiero
dove splende la vita:
l'erba si scompone,
i fiori si agitano,
le piante rinverdiscono,
sembra sorridano al sole
che i suoi raggi irradia
e non ascolta chi parla di risparmio.

Eppure la gente sembra gretta,
arida,
distante.

Io soffro per loro,
patisco per il gelo delle loro anime,
che contagia,
come fosse peste senza vaccino:
mi inaridisce,
forma sul mio corpo bubboni di squallore.

Ho il cuore freddo
come i miei piedi
come le mie mani:
Ci vuole altro per scaldarmi
e il sole non mi basta.

Insonnia
Questo rancore che mi spezza il cuore,
che battere lo fa instabilmente,
questo rancore è  forse sempre amore
che frulla e che tormenta ancor la mente.

E nella notte stento a prender sonno
nel letto mi rigiro e mi lamento
con tante pecorelle mi incolonno
provo a contarle ma non mi addormento.

Riapro allora il PC, la cerco in rete,
la vedo nel silenzio navigare
sfoglio l'archivio delle foto liete
ascolto i versi suoi poi declamare.

E quella voce, che tanto m'ha turbato,
che mi svegliava nella notte fonda,
mi lascia allor più triste e disperato
in un mar di sconforto mi sprofonda.

A Eleonora Di Taurisano
Il sorriso è  medicina naturale
 è  come un buon sciroppo e non fa male

consiglio sempre d'assumerlo al mattino
e chi lo usa non passa da cretino.

Infatti, poi, per tutto il santo giorno
ha sempre della gente lieta intorno

e se ne prende un cucchiaino a sera
fa bene molto più di una preghiera.

A vederti sempre sorridente in rete
sinceramente mi fai salir la sete,

anch'io sorrido e poi ne assumo un poco
spengo così di ogni arsura il fuoco.

Infatti, è  meglio esser sorridenti
che presentarsi col volto dei perdenti

che sembran pronti per il cimitero
con nelle mani un giglio con il cero.

Per questo é sempre ben che il volto stia
tra un bel sorriso e un vezzo d'allegria.

Aritmia
Ad ogni ticchettio
sto a valutar gli impulsi,
ad ogni debole bradicardia
risponde il forte impulso della tachicardia.
Il cuore sembra fermo insieme al suo
ma è  solo una frazione di secondo
vince poi la ragione del referto:
 è  solo una leggera aritmia,
non è  dell'altro cuore, è  solo mia!

La rete
Ti cerco nella rete,
spero in una email che m'addolcisca il cuore
ti cerco e non riposo
non v'é sollievo a questa dura pena
che rende senza luce le giornate,
che sonno non dà alle mie nottate.
In ogni istante scavo tra i ricordi,
rimuovo le brutture,
lucido e metto a nuovo i miei pensieri,
il rancore abolisco,
cancello anche le sofferenze che t'ho dato.
Rivedo il tuo sorriso,
le tue carezze riprovo sulla pelle,
le tante parole ascolto
miste al silenzio e all'urlo dei rondoni.
Con loro volo nel cielo,
ti guardo dalle nuvole passare,
sento la tua motoretta borbottare,
ti vedo zig-zagare sulla via,
frenare,
indietro ritornare
ed una carezza in viso ancor segnare.
Ti sogno nuda sopra il letto,
piena di foga, ricca di eccitazione,
le tue parole ascolto
mentre copri di baci viso e corpo,
mentre la lingua scivola sul collo,
sul petto e stimoli la pelle.
Ti sento, ma la rete resta zitta,
muto e annoiato sonnecchia il cellulare.
Solo alle mie spalle ascolto,
ripetitivo e uggioso l'orologio
e lo scorrere dei secondi martellare.

 

Spezzati cuore
Spezzati cuore e resta indifferente
a questa notte che non vuol finire
non ci pensar non son più sofferente
per un amor che non mi sa capire.

Resta di lei un sogno un po' indecente
ma in petto pulsa amor, non sa zittire,
il sentimento vive ancora in mente
avvolto in dieci, cento, mille spire.

Chi ha sempre amato non lo può scordare,
non si cancella il bene dentro il cuore
se è  vero amor lo devi conservare.

Se hai smerciato sordido squallore
in bocca resterà sale di mare,
solo conserverai ombre e dolore.

C'eri anche tu
C'eri anche tu, il quel salone, assorta
te ne stavi in silenzio ad ascoltare,
ed io ogni tanto,
piano ti facevo respirare.
L'agenda aprivo,
volevo la ciocca dei tuoi capelli accarezzare,
tra le mie mani ancor poter palpare.
E dalla nera copertina
sembravi alzarti in volo e veleggiare,
accanto a me,
vicina a me ancora ti sentivo respirare.
Assorto guardavo le parole scorrere sullo schermo,
a musica sembrava un suono astratto
che neppure più stavo ad ascoltare.
Indifferente il mio pensiero
tra le ali del vento s'abbracciava,
a te pensavo, solo tra la gente,
in un gruppo che sembrava assente
alla mia pena,
che al mio dolore restava indifferente.
Ed eri li, vicino a me, insieme a noi,
ancor viva e presente.

Per favore
Per favore non ditemi cosa io debba fare.
Cosa pensate? Ch'io già non lo sappia?
Non ditemi: guarda che sarebbe meglio.
Cosa pensate ch'io non lo capisca?
Il mio cervello conosce già il sentiero
privo di sassi, ricco d'alberi e di fiori,
libero d'ansie e di dolori.
Cosa pensate ch'io sia così cieco?
Che non m'accorga dell'impervia sponda?
Dei tanti dissennati impedimenti?
Del vento immane che solleva l'onda?
Il mio intelletto sa già la soluzione,
non ha bisogno di alcuna indicazione.
Funziona ancora bene la mia testa!
E' il cuore mio che follemente resta
aggrappato a un sogno ormai finito
e s'ostina a restar sordo d'udito.

Senza illusioni
Senza illusioni, senza più passione
così è  finito questo amore, ed io
ho dimostrato d'essere un testone,
ma, adesso, è  l'ora che ti dica addio.

Ho subito, fingendo d'ignorare,
mandavo giù veleno insieme a fiele
mi sono anche ammalato per donare
ma tu hai colto solo il dolce miele.

Lo so, dopo anche tu hai sofferto,
con te ero tornato un po' bambino,
tutto il mio cuore tu m'avevi aperto.

Ma come un fresco vento levantino
m'hai regalato solo un lieve affetto
durato quanto l'alba d'un mattino.

A Mara
Quel tuo “ahiahi” sommesso,
celato da un sorriso
m'affascina,
quasi mi intenerisce.
Ho dato volto alla tua voce,
in una giornata di sole
di questo maggio strano e capriccioso,
…. e ormai quasi disperavo.
E quella tua confessione,
prima di lasciarci, m'ha stupito!
Anch'io mi sono sentito a casa mia,
quando m'hai accolto,
come t'avessi da sempre frequentata,
eterea e quasi ragazzina,
e subito m' è  parso
da sempre di conoscerti e apprezzarti.
Erato accarezzava i miei pensieri
mentre due versi ti leggevo:
dal piedistallo muta mi osservava
nella sua bronzea veste di musa solitaria.
E guardavo il tuo volto cereo,
ma stranamente luminoso e gaio
mentre il dolore soffocavi
ancora in un sorriso.
E ti lasciai con un “arrivederci”
ed una tenera carezza sul tuo viso.

Ultimo atto
Dietro la porta chiusa
questo mio cuore bussa:
un gran silenzio indugia nella stanza,
risponde all'euforia di quattro anni d'amore,
forse solo esibito, mai esistito o nato,
sperso lungo un sentiero tanto amato,
un tratturo ormai dal cuore cancellato.
Ombre cangianti affollano la mente,
il posto han preso della lucentezza,
d'una felicità sobria e ondeggiante,
d'una gaiezza falsa e inesistente.
Vado con il pensiero ai giorni andati,
alle fughe notturne,
alle promesse,
ai tanti giuramenti immaginati,
alle chat spesso squallide e immorali,
ai messaggi che non dicevan niente.
Ora sordo galleggia un gran rancore
di tanto affetto non rimane nulla
di tanto sole cosa resta in cuore?
Solo la notte su una strada brulla.

14 Maggio 1984: Festa della mamma
Questo giorno è  come una frusta:
mi strazia l'animo, ma non la pelle.
Penso a quell'abito nero
ed al tuo mesto pallore.
Quel corpo freddo
dopo una vita di sofferenze,
privo di gioie e di amore vero.
Neppure io ho saputo donartelo come avresti voluto.
Quelle carezze lontane,
tante volte desiderate
mille volte cercate.
Ed ora il silenzio d'una festa che m'opprime.
Per me non c' è  più sole splendente,
non c' è  neppure tepore.
C' è  questa agonia che sale lentamente
questo inesauribile dolore.

L'onda di Leuca
Quell'onda
che scavalca il pontile di Leuca
 è  ferma sempre nel lago del cuore.
La vedo ogni tanto,
col viso coperto di bolle
pe' i pinzi di insetti e zanzare.
Oggi mi sembra un po' strana,
mi sembra finanche lontana.
Mi pongo domande
com'io abbia potuto un giorno anche amare
chi non sapeva il suo affetto donare.
Risposte non trovo alle voglie insensate,
un giorno nel petto sbocciate
per tanto tempo anche sognate.
Quell'onda mi copre i pensieri,
mi spruzza gocce di mare negli occhi,
commuove la mente,
mi fa vedere un mondo diverso da quello che era,
ma io così lo leggevo,
così lo vedevo dall'alba e alla sera.
Ora son qui e fisso quell'onda
su una foto che non incute paura,
che schizza al cielo una schiuma biancastra,
rabbiosa,
la stizza che sfugge dal cuore
dove è  rimasto solo rimpianto, solo dolore.
Quell'onda ricorda il mio amore,
travolgente
mentre sommergeva il pontile,
rilassante
dopo aver superato gli scogli,
disciolto
dopo che s' è  distesa mansueta nel porto.

Si muore anche vestiti (Haiku)
Anche vestito
ondeggi solo al vento -
la foglia cade

L'indifferenza (Riflessione n. 18)
L'indifferenza
 è  come un pentolone di polenta,
gli schizzi imbrattano ogni cosa,
a volte ti fanno bestemmiare
se ti colpiscono sulle mani o sul volto.
Come la polenta s'attacca al mestolo di legno
e non c' è  verso a farla staccare.
E' una malattia letale
che addormenta i sensi,
abbuia la coscienza,
oscura il cuore.
Il barcone degli immigrati affonda?
Molti occupanti muoiono annegati?
I bambini piangono perché hanno sete?
Le mamme disperate
perché hanno le mammelle secche?
Non importa,
nessuno se ne accorge,
tanto non puoi farci nulla.
Osservi e continui a gustare la tua minestra,
l'accompagni con un buon bicchiere di vino,
e rutti soddisfatto e satollo.
Poi cambi canale perché c' è  la partita.

Onirico pensiero
Si confonde il sonno tra i cuscini,
vibrazioni trasmette sulla pelle il tuo pensiero,
sogni impudichi e lontani
riporta.
M'assilla il tuo distacco,
freddo al corpo trasmette,
l'anima raggela.
Le ali d'un gabbiano
sfiorano la mia pelle:
un segno di tristezza m'assale,
accarezza una notte senza tramonto,
un'alba ormai esiliata.

La prova del fuoco
Ora che l'amore si sta addormentando,
che i tuoi segnali notturni si sono spenti
solo riflessi condizionati vibrano
su questo mio cellulare ormai muto.

Ho liberato la zavorra che l'opprimeva
ora mi sembra più leggero, più pulito,
ed il suono anche più limpido.

Ho cambiato finanche la musichetta
per cancellare ogni collegamento freudiano.
Ho regalato il cellulare ad una donna sciocca
che sopravvive su bassi espedienti venali.

Se volessi una prostituta il mondo ne è  pieno,
pronta ad allargare le gambe per cento euro,
cento miserabili euro per vendere se stessa.

Questo schermo emana un forte odore di cloaca
e forse è  giunto il momento che io lo oscuri,
che riapra porte e finestre che avevo chiuso
perché la cataratta è  stata positivamente operata.

Ora rivedo chiaro e bene ed il sole risplende
ogni cosa ritorna lentamente al suo posto:
era solo un misero fumo privo d'arrosto.

Control Alt Canc


Amo una donna che non c' è  più,
che non è  mai esistita.
Era un'ombra di se stessa,
un'illusione fugace,
una finzione apparente,
una fantasia della mente,
una sublimazione dell'anima.

Ora lo spot ha scoperto il suo nesso,
ho riposto la merce sugli scaffali,
ho rimesso al suo posto ogni cosa,
anche la carta del cesso.

Sublimating



Nulla è  neutrale a questo mondo
tutto ha un fine, spesso a tua insaputa,
chi gestisce plasma le coscienze
chi ha il potere succhia il tuo cervello,
come dispone dopo lo risputa.

Pensi ad un informazione neutrale,
meno condizionante,
meno commerciale,
credi che una canzone sia innocente,
ed è  giusto il momento:
ti stan trattando come un deficiente.

Assimili gli odori,
gusti la musichetta,
ascolti un messaggio che par promozionale,
invece stan plagiando il tuo cervello
alla cassa poi arrivi con carico il carrello.


Sublimando, sublimando,
pur se pratica illegale
ogni giorno stai contando
più che men d'un animale.

Si, lo so, non sei una mucca
tu ritieni di pensare
conti meno di una zucca
sei un allocco da pelare,

solo un pupo da plagiare.

Nozze (Senryū)
Nozze fulgenti
il velo sembra nero -
solo acqua e fichi

Gallo (Senryū)
Gallo ruspante
gagliardo nel pollaio -
di sopra il cielo

Farina dalla paglia

Oggi protesta l'asino e non raglia,
ed ha ragione ad essere arrabbiato
ha saputo che presto dalla paglia
sarà prodotto un nuovo carboidrato.

Pare che anche dai resti di boscaglia
un nuovo vitto può essere creato
ed è  preoccupato, e non si sbaglia,
se dice che l'uomo l'ha fregato.

Ma protestano anche le galline
perché dai resti della molitura
 è  possibile ricavar nuove farine

ricche di proteine oltre misura,
d'amidi e di fibre sopraffine
che l'organismo salvan dall'usura.

Perciò l'asino dice: "non mi sbaglio,
per questo fo' lo sciopero del raglio".

Ed anche le galline, questa è  nuova,
bloccano la produzione delle uova.

In questo gran casino generale
se arriva un altro Monti qui va male.

Le mie emozioni
Le mie emozioni sono sempre vive,
con tormento m'accorgo che non son cambiate,
sempre uguali nella mente mia archiviate
simile sono a quelle di un adolescente,
sempre sognante,
sempre sperso al vento,
a volte vivo, altre agonizzante.
Come una spina pungono le mani,
pungono in petto dolorosamente,
stuzzicano l'animo e i pensieri,
con cattiveria inesorabilmente.
Fragili sono,
figlie del mio tempo,
s'agitano e mi riportano il passato,
cullato dalle onde del mio mare,
sperso su una collina rosseggiante
dove ho smarrito un pezzo del mio cuore,
dove ho seppellito ogni mia ambizione,
dove s' è  consumato l'ultimo mio amore.


 

Veleno
Veleno è  il tuo ricordo
che dà l'ultima scossa ai miei pensieri
or l'amanita scarto dai panieri
l'amaro adesso mordo.

Tutto è  stato follia
possibile che non l'ho capito?
Forse era troppo debole l'udito
per foga e gelosia.

Condivider l'amore
tra l'altro ed un io, pur possessivo,
più facile è  per te (un diversivo)
che vivi di squallore.

Cerca consensi in rete,
buttar fango su me è  il tuo mestiere,
ma due più due non è  da ragioniere,
e quindi serve il prete.

Ecco ora sei pronta
hai scaricato il pacco un po' ingombrante
a pulir la coscienza è  un solo istante,
il fango lava l'onta.

Pornografia
Peste che avvelena gli animi,
che sconvolge la mente,
che inietta nelle vene e nel cuore falsi valori,
mercificazione dei corpi,
edonismo squallido e volgare,
tomba dei sentimenti
sepolcro dell'amore!

Cuori freddi
Cammino sul sentiero
dove splende la vita:
l'erba si scompone,
i fiori si agitano,
le piante rinverdiscono,
sembra sorridano al sole
che i suoi raggi irradia
e non ascolta chi parla di risparmio.

Eppure la gente sembra gretta,
arida,
distante.

Io soffro per loro,
patisco per il gelo delle loro anime,
che contagia,
come fosse peste senza vaccino:
mi inaridisce,
forma sul mio corpo bubboni di squallore.

Ho il cuore freddo
come i miei piedi
come le mie mani:
Ci vuole altro per scaldarmi
e il sole non mi basta.

Legati ad un filo di naylon
Non stare ad ascoltar la voce pigra
di chi del sentimento s' è  scordato,
di chi non ha vissuto
la stessa tua passione e simpatia.
Non buttar mai il cuore sulla via,
non lasciarlo pulsar tra fango e marcio
curalo, medica le sue ferite,
sono uguali alle tue, forse lo sai.
Non affannarti,
non dimenticarti mai
ch' è  sempre un filo lega i sentimenti,
non ingannar te stessa,
non stare ad ascoltare
coloro che non hanno mai vissuto,
che hanno soltanto vegetato,
che l'amor vero non hanno mai trovato.
Noi l'abbiamo vissuto,
con amore e rancore l'abbiamo ricamato,
con stupide ripicche colorato,
ma resiste nel tempo.
Anche se un sottile fil di naylon lo tiene
non ascoltar chi dice di tagliarlo
 è  l'invidia che li spinge a straparlare:
loro non hanno mai saputo amare!

Questa notte cercherò di dormire
Questa notte cercherò di dormire,
coprirò il viso con le lenzuola
e proverò a non pensarti.
Dovrò cominciare a farlo
 è  necessario per me,
ma anche per te.
Mi svegli tutte le notti alle quattro,
sento il cellulare vibrare,
sento tua voce sussurrarmi nel buio.
Ti ascolto.
E tu mi parli di te,
di quello che fai,
ripeti le parole che dicevi quando non ti ascoltavo,
il sonno rubi alla notte,
fermi le ore e il tempo,
riporti indietro gli anni ed i giorni,
mi sussurri nel buio le tue parole,
quelle frasi che ho imparato a memoria,
che si sono attaccate al cervello
e non vogliono andar via.
La disperazione m'assale,
piango come un bambino,
addolorato per aver perso la madre,
fuggita via dietro un amore più importante
di lui.
Mi chiedo perché dio mi stia punendo,
quale grave peccato abbia commesso.
Come lui ho amato,
non una donna ma la gente.
Mi sono commosso per la gioia degli altri,
non mi sono disperato sulle mie sconfitte
ma ho gioito sulle vittorie degli altri.
La notte sbriciola fuliggine sul mio cuore,
sono felice che m'offuschi la mente,
spero che mi riempia i polmoni,
mi regali la pace del silenzio
perché questa notte vorrei proprio dormire.

T'amo per quello che m'hai dato
Rileggo le sue poesie
pondero le parole,
scavo tra i pensieri.
Parole che forse erano vere,
immature come una primavera che non arriva,
come una foglia che non spunta,
un fiore che non sboccia.

Ho buttato in mare
il suo affetto,
non ho colto le sue paure,
non le ho dato sicurezza,
non sono stato me stesso.
La sua non era fuga
ma ritirata.
Il suo amore ondeggiava ma era vero,
finanche puro nella sua foga innaturale.

Sentimenti opposti balbettavano,
si intrecciavano in quel letto di morte
dove ho seppellito il suo amore.

Maledette quelle notti di follia,
quei giorni di palpitazione ed ansia,
la mia stupida voglia di possesso
maledetta quella mia gelosia morbosa,
ingiustificata,
insensata.

Il fico mette le prime foglie,
i frutti immaturi scintillano al sole,
nel mio petto si spegne l'ultima scintilla
d'un amore che non finirà mai.

M'avvio verso il baratro della notte
ma io l'amerò sempre,
il suo amore sarà sempre vivo in me,
morirà con me!

Pace ai portatori di pace
Il sole nasce o muore
ma sempre di sangue si colora,
affoga l'umanità tra mille spine
ma il dolor del vicino più non sente
al suo lamento resta sorda,
indifferente.
Solitaria una colomba spicca il volo,
un segnale di pace vuol forse indicare
ai potenti del mondo
che la morte stan sempre a corteggiare.

Fantasmi
Forse un giorno, chissà?
forse alcune mie foto allineate,
sorridenti di certo,
accompagneranno il navigatore nelle sue ricerche.
Leggeranno la mia biografia,
enfatica,
prolissa,
egocentrica,
narcisista,
che non servirà più a nulla.
Coltivo le mie illusioni,
oggi,
ma domani queste marciranno nel liquame.
Eh, no, amici miei!
Nel liquame no!
Il fuoco accarezzerà prima il mio corpo,
purificherà il mio animo,
assaggerà l'inferno che l'aspetta.
E di quel silenzio mi sublimerò,
quando le mie ambizioni cesseranno,
quando saranno solo sogni infantili d'un represso.
Qualcuno leggerà i miei versi,
forse si emozionerà,
forse li criticherà.
Ma io resterò impassibile,
annegherò nel mio silenzio senza speranza,
senza più emozioni
e la mia tastiera resterà silenziosa,
muta,
senza il suo ticketio che ha accompagnato la mia vita.

Vieni poesia
Vieni poesia,
mia amante solitaria,
che mi regali i tuoi amplessi
che gioisci dei miei orgasmi solitari,
che condividi le mie trasgressioni estreme.
Tu non mi tradirai mai,
mi sei fedele nel tempo
mi suggerisci i versi giusti,
le parole più idonee,
lieviti le mie emozioni
ne fai pane vitale della mia mente,
flusso sanguigno dei miei sogni,
delle mie aspirazioni,
delle mie insoddisfazioni.
Sei la mia amante unica e rara,
la mia copia perfetta;
tu mi accompagni nei momenti del dolore,
dell'abbandono,
della disperazione,
della gioia.
All'interno dei tuoi versi mi perdo,
trovo rifugio,
liberazione.
Sei la trasfusione unica e rara dei miei sensi,
il mio unico gruppo sanguigno
che mi alimenta e tiene in vita.

Il canto dell'usignuolo
Quando la notte col suo nero stuolo
di fosche ombre la natura avvolge
vola nell'aria un canto d'usignuolo
che lentamente dal silenzio sorge.

Dolcissimo, dal buio s'alza quel canto
e nella notte ti sussurra al cuore
come assomiglia ad un leggero pianto
pervaso solo d'ansia e di dolore.

A volte s'alza tenero e brioso,
pieno di una languida poesia,
al cuor regala un attimo gioioso
ma anche un poco di malinconia.

Quante pene ti salgono dal cuore,
avverti un nodo stringerti alla gola,
tutte le membra avvolte dal languore,
Oh, come allor ti senti triste e sola!

Sembra che canti solo per chi crede
che questo mondo è  fatto per soffrire
e allora ti rifugi nella fede
e senti un desiderio di morire.

Vorresti andare, correre lontano
in un mondo ricco di illusioni,
chiudi gli occhi per ascoltare piano
quel canto fatto d'ansia e di passioni.

E te ne resti ad ascoltar quel canto
che parla nelle tenebre d'amore,
mentre la notte col suo nero manto
ti porta tanta pace e gioia al cuore.

Zingari
L'ultimo filo di fumo
s'alza ancora dalla radura ora deserta
senza più panni variopinti sulle siepi.
Anche per la biancheria stesa,
allargata al sole ad asciugare
arriva l'autunno e disperde i colori.
No, non è  il fumo d'un braciere,
nessuna rosticciana è  stata arrostita,
oggi!
L'ordinanza parlava chiaro:
solo un giorno di sosta.
A nessuno interessa se il vecchio Rom sta male,
se è  solo in ospedale,
nessuno capisce che la carovana lo aspetta.
La polizia deve eseguire gli ordini:
sgombero forzato.
Un bambino seminudo
piange sulla porta di una roulotte.
Lui non sa di essere diverso,
non capisce:
legge la paura sui visi dei genitori,
forse piange anche per loro.
Un cane abbaia alla catena:
scodinzola impotente.
Brucia la piccola baracca di frasche
costruita dai bambini.
La radura sul fiume
recupera la sua desolazione,
il suo silenzio.
il suono dei violini si è  spento
ed anche il canto dei vecchi si è  oscurato.

Haiku (Primavera)
E' primavera
verde sui prati regna
sveste l'estate

Con la punta della matita
Con la punta della matita
incido le mie emozioni su questo foglio bianco,
geroglifici che solo noi intendiamo
che i viaggiatori spaziali dovranno poi decifrare,
interpretare,
capire!
Il mio foglio uscirà dalle arenarie
con qualche segno nero usurato,
con i versi incompleti.
Impazziranno a comprendere,
si sforzeranno di interpretare,
forse dedurranno chissà quali astrusità,
quali astrazioni folli.
Ma quelle miei emozioni se ne staranno lì,
raccolte su quel foglio ingiallito,
che sarà preservato dall'usura
con un composto chimico nuovo,
sconosciuto,
ma per me fuori dal tempo,
fuori dal dolore!

Bisturi
Dalle mura d'una prigione della mente
s'alzano ancora le urla senza ascolto,
le voci senza conforto,
i sorrisi che affogano nell'indifferenza,
le carezze che sfumano su un quadro in bianco e nero:
smorfie orrende ornano il profilo
delle maschere senza volto,
che cercano briciole di cervello.
Il viale raccoglie gli ultimi petali
d'un amore che appassisce;
sulla pianta il primo frutto acerbo
muore dopo aver gustato l'alba.

Il tic-tac del polso
mi assorda più del battito del cuore
mentre poggia su una tastiera che tronca le parole,
che le seppellisce nel torpore e nel disprezzo,
che le cancella dagli archivi,
le semina al vento.

Sul letto evaporano le ultime gocce d'amore,
lieve tracce conservano le lenzuola,
il sudore bagna ancora i cuscini,
si confonde alle mie ultime lacrime
che ho esiliato.

Sul sentiero è  caduto un buio profondo,
la bufera sta cancellando gli affetti,
dal poggio il mare è  scomparso dietro la nebbia,
la luna è  emigrata dietro una eclissi,
ha deciso di non allietare più lo sguardo degli amanti.

Ho tagliato con un bisturi la luce,
ora l'ombra ha invaso il viale del mio cuore
e la notte ha riempito di buio i ricordi.

Con affanno cerco l'alba,
indifferente è  arrivato il tramonto.

Prigioniero
Invano
cerco di fuggire dalla gabbia del tuo cuore.
Certe inferriate sono solide,
difficilmente si evade.
Prigioniero felice,
di tanti sentimenti consunti,
di tanti affetti logorati,
scivolo ancora sulle tue guance
e ti lascio una carezza!

Quei papaveri rossi
Quei papaveri rossi oggi accarezzo
mi ricordano dei bei giorni andati
oggi che nel mio cuore c' è  disprezzo
rivivo degli istanti disperati.

Ed abbiamo pagato un alto prezzo:
essere stati sciocchi, innamorati,
quella felicità più non apprezzo
a volte meglio viver disperati.

Quei papaveri ondeggiano col vento,
oscillano anche al sole i miei pensieri
che serve avere il cuor oggi contento

se dopo diventiamo tristi e seri?
E' la felicità solo un momento
muore con le viole nei sentieri.

Tracce tra gli ulivi
Degli ulivi il fiore è  ormai seccato,
sul colle del Vereto al sole brilla
l'ultima scritta che per te ho tracciato
ma lì s' è  persa l'ultima scintilla

d'un amor che ormai s' è  logorato
che più l'affetto intenso non distilla
ed il disgusto adesso è  subentrato:
nel cuore punge più di grossa spilla.

Passeggio solitario, brilla il mare,
olezzan le ginestre sopra i poggi,
vola il pensier, non può più cancellare
l'affetto avuto e che mi manca oggi.

Batte le ore e vibra una campana
il suono espande, mi rimbomba in cuore,
un'ombra vedo che lenta s'allontana.

In mente tristemente se ne muore
una promessa, or diventata vana,
e la campana più non batte l'ore.

Dolce il rimembrare
Il mare,
dentro il porto una paranza
un dolce colle sfumato in lontananza
la tua immagine diafana,
il sole che lieve l'accarezza.
Ed io ti penso
mentre di vento tenero una brezza
la fronte mi deterge,
in cuor mi da dolcezza!

Giorni persi
Dietro di te ho perso giorni e notti
forse rincorsi una follia autunnale
certe carezze e baci ininterrotti
erano d'una femmina anormale.

I tuoi peluche a forma di orsacchiotti
quel tuo affetto quasi alluvionale
certi comportamenti galeotti
erano estremi e tu anche banale.

Salivi a volte come la marea,
altre sembravi un fiume straripante
come sul lungo Dora presso Ivrea.

A volte muta, altre logorrea,
eri come acqua fresca spumeggiante
altre un torrente secco d'Eritrea.

Muta l'angoscia mia
Muta l'angoscia mia nel cuore geme
gli occhi son stanchi ormai di lacrimare
sul petto un peso m'addolora e preme
quest'ansia non mi vuole abbandonare.

Eppure è  primavera e sboccia il seme,
la rondine non vuole ritornare,
sotto la neve il tarassaco freme
i gialli fiori ancor non può mostrare.

Ed io traguardo col pensiero il colle
dove persi degli anni disperato
di certo fu il destino che non volle

dare speranza al cuore tormentato
ma ancor nel petto sento che ribolle
quell'amor che ancor non s' è  chetato.

Succo di polpa di pesca
Ho letto la targhetta:
son felice.
Berrò il succo vero di una pesca
ne acquisto due bottiglie
ne pago una, davvero, conveniente,
e tutto vero e la pubblicità non mente,
frutta matura raccolta al tempo giusto,
per conservarne il sapore,
per preservarne il gusto.
Ma mi fermo dubbioso,
poi leggo l'etichetta:
"Nettare col 50% per cento di frutta fresca,
che regala il sapor della natura,
che conserva il profumo della pesca".
Mi sorge un dubbio: rileggo l'etichetta
avevo avuto prima tanta fretta:
Purea di pesca 50% minimo garantito,
acqua zucchero, acidificante,
acido citrico, acido ascorbico
antiossidante.
Il tutto compensato
da un valore nutrizionale assicurato:
Proteine 0,2 grammi
Carboidrati 14,2 grammi (di cui:)
zuccheri 13%
Grassi 0,1 grammi (di cui)
saturi 0 grammi
fibre alimentari 1,2 grammi
Sodio 0 grammi.

Purea di pesca,
ovvero succo di polpa dal sapor di pesca,
l'assaggio alla bottiglia
non mi sembra davvero di gustar la pesca.
A dire il vero non avverto in bocca il gusto,
anzi ho un certo prurito sulla lingua,
dal sapore alla frutta non somiglia.
Ma neppure la frutta vera oggi ha più sapore
difficile che la gente lo distingua
difficile evitar qualche bruciore.
Ma come ci si può sottrarre
al due per uno ed a quel culetto
che saltella in TV nella pubblicità?
Ci passo sopra e seguo le istruzioni.
agito bene e dopo empio il bicchiere,
bevo lentamente e con piacere
conservo in frigo sol per pochi giorni,
la plastica recupero,
in qualche pattumiera nei dintorni.


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