Poesie di Salvatore Armando Santoro


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Salvatore   Armando Santoro

Santoro Salvatore Armando è nato a Reggio Calabria il 16 Marzo 1938, da madre reggina e padre salentino (terra alla quale si sente particolarmente legato) ed è laureato in Scienze politico-sociali presso l'Università di Torino.
Dedicatosi giovanissimo all'impegno nel sindacato fu tra i primi dirigenti della Cisl di Reggio Calabria prima e, all'inizio degli anni '60, dopo aver frequentato la scuola sindacale della Cisl di Firenze, si trasferisce in Valle d'Aosta dove ha curato in prevalenza il settore della formazione e dell'informazione. In tale veste è stato per diversi anni anche corrispondente per la Valle d'Aosta di "Conquiste del Lavoro", organo nazionale della Cisl.
A Reggio fu uno dei primi promotori del Movimento Federalista Europeo, e tale ruolo ha continuato a svolgerlo anche in Valle d'Aosta, partecipando a tutte le attività organizzative di quegli anni che gli permisero di venire in contatto con i grandi ideatori del progetto europeo, Alterio Spinelli, Giuseppe Petrilli, Mauro Ferri, Angelo Lotti, ecc...
Nel suo ruolo di sindacalista, a lui si devono due importanti convegni organizzati all'inizio degli anni '80 in Valle d'Aosta: nel primo furono tracciate le linee per un potenziamento del settore termale, dove  è  stato prospettato il recupero delle Terme di Pre' St. Didier e lo sfruttamento industriale di alcune sorgenti per l'imbottigliamento di acqua minerale del Monte Bianco (idee che poi si sono realizzate) e, in un altro convengo, invece, sostenne il progetto del collegamento ferroviario tra Aosta e Martigny che è  in fase di discussione in sede politica.
Dal 1986 è stato Segretario Regionale e componente dell'Esecutivo Nazionale del Sindacato Elettrici della CISL, compiti che svolse anche in Abruzzo, tra il 1989 al 1992, dove era stato inviato in missione per motivi di lavoro.
Dal 1997 è in pensione ed impegna il suo tempo libero scrivendo poesie e racconti, una passione che sviluppò fin da adolescente e non più abbandonata, ed alternando la sua presenza tra la Valle d'Aosta ed alcune località della Toscana (Pistoia prima e Grosseto adesso).
Vasta la sua produzione poetica e numerosi i premi letterari ottenuti. Le sue poesie sono state pubblicate su diversi periodici locali (a Messina, Reggio Calabria, Pistoia, ma prevalentemente ad Aosta su giornali, quali Le Soleil Valdotaine, La Region e La Vallè e Notizie, un giornale molto diffuso in Valle d'Aosta). Recentemente una sua impegnativa poesia sociale "La Razza" è stata inserita anche nella rivista trimestrale di Cultura e Turismo "Calabria Sconosciuta".
Le sue poesie sono presenti in molte antologie letterarie, soprattutto della Keltia editrice di Aosta, e nel 2007, anche la Regione Toscana ha patrocinato una antologia letteraria, "Pater" (Morgana Edizioni-FI) dove, insieme alla sua lirica "Edera amara", sono inserite liriche di personaggi di spicco della cultura italiana ed internazionale, quali Maria Luisa Spaziani, Andrea Zanzotto, Franco Loy, Smitran Stevka, Hinostroza Rodolfo, ecc...
Gran parte dei suoi lavori (poesie e racconti), però, sono on-line sul sito  www.poetare.it/santoro/santoro.html,  ma anche su altri portali nazionali ed internazionali che lo ospitano.
Nel Novembre 2006 ha stampato il suo primo libro di poesie, "La sabbia negli occhi", edito dalla casa editrice Pubblidea di Massa Marittima, che ha poi presentato in un recital di poesie che gli è  stato organizzato a Reggio Calabria il 3 dicembre 2006. Sempre in questo mese è  stato ospite di una trasmissione della emittente grossetana Teletirreno, nel corso della quale ha presentato il suo volume di poesie ed ha declamato diverse sue liriche sulla miniera. Di questo volume è uscita una seconda edizione per i tipi della Casa Editrice Libellula - Minuto d'Arco - di Tricase (Lecce).
Nel 2007, infine, è stato coinvolto nel "Progetto Legalità" organizzato dall'Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri di Castrovillari (CS) in collaborazione con Amnesty International, ed ha partecipato alla conclusione del progetto stesso declamando agli studenti ed al corpo insegnante presente alcune sue poesie contro la violenza e la guerra.
Nel 2005 ha costituito a Boccheggiano (GR) il Circolo Culturale "Mario Luzi" ed è il Webmaster del portale
www.circoloculturaleluzi.net, sito specializzato in letteratura italiana e straniera. Contemporaneamente ha promosso il Premio Letterario Europeo di Poesia e Narrativa Città di Montieri che nel 2006-2008 e 2009 è stato patrocinato anche dal Presidente della Repubblica e nel 2009 dalla Rappresentanza in Italia della Comunità Europea
Nel 2008 è stato ospite a Casarano Lecce di una importante kermesse artistica inserita nel cartellone della festa dei Pugliesi nel Mondo ed ha declamato diverse sue poesie sul Salento, terra dei suoi avi alla quale è particolarmente legato.
Nell'agosto del 2010 ha pubblicato il suo secondo libro di poesie. Si tratta di 134 liriche inserite nel volume "Ad occhi chiusi - Poesie d'amore". Questo libro è stato presentato l'8 Agosto scorso, ad una manifestazione culturale organizzata dallo scrittore Pietro Zerella a San Leucio del Sannio (BN) nel corso della quale ha declamato alcune delle poesie contenute nella raccolta.

Nel 2013 ha collaborato con la Pro Loco di Patù (Lecce) per l'organizzazione del 1° Incontro dei Poeti Salentini, manifestazione che si ripeterà anche in futuro e con questa istituzione collabora per lo svolgimento del Bando Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa Veretum.
E' componente di Giuria in diversi bandi letterari ed è spesso ospite in incontri letterari e poetici.
(Email:
armandosal3000@gmail.com ) - Tel. 3713757415

Leggi le altre poesie: Santoro - Santoro3 - Santoro4 ||  Leggi i racconti
 

Dolce stella
Dolce stella splende in fondo al cuore
ma non so se più si chiami amore
t'ho rivista ancora ieri sera
ma non so se fosse una preghiera
batte forte il cuore sto piangendo
lentamente si, io sto morendo,
che mi serve vivere e sognare
se il tuo viso non potrò baciare,
cerco un angolo di pace
dove il cuore alfine tace.

Sulle corde delle onde suonerò
un concerto dedicato a te,
con il vento te lo porterò
la musica ascolterai con me
torna amore, torna se puoi,
dimentica il rancore che c'è stato
tutto si può fare se lo vuoi
anche il dolore può esser cancellato.

Sulle ali del tempo indietro tornerò,
rivedrò le tue mani sul mio viso
la tua pelle ancora liscerò
risentirò il tuo semplice sorriso
la tua felicità del primo incontro,
le fughe nella notte in mezzo alla bufera
e aspetterò di nuovo che la sera
nasconderà il mio pianto e la tristezza.

Dall'alto della solita collina
guarderò ancora una finestra illuminata
attenderò che l'ora sia vicina
per rivederti dolce e appassionata.

Non m'importa se ancor dovrò soffrire
non mi importa se si spacca il cuore
tanto si sa che io dovrò morire
ma non negarmi quel tuo dolce amore
anche se ancora produrrà nuovo dolore,
anche se ancora porterà del pianto
mi manca, amore, mi manca ancora tanto.

Cuore di vetro
Continui a giocare con le parole,
crudelmente incidi sulla pelle
pensieri e giudizi
che non capisco
indeterminati,
ambigui.
Giochi con le parole,
come sempre,
e non capisci che la mia vita,
oh la mia povera vita,
è arrivata alla fine del sentiero.
Al di là vi è il baratro,
il silenzio della notte,
la pace che disperatamente ho sempre cercato.
Avete giocato tutti con la mia vita,
avete sfruttato i miei sentimenti,
illuso i miei sogni,
usato parole dolci per ingannarmi,
per attrarmi con l'inganno
come i falsi richiami dei cacciatori
per attirare le allodole
e catturare la loro anima.
Ed io ci sono cascato
ho risposto al richiamo
ed i vostri fucili hanno spezzato il mio cuore.
Ferito ho riparato sugli alberi,
abbracciato dalle foglie che mi hanno nascosto,
ho sperato che il tempo si fermasse
che il sangue smettesse di scorrere.
Ma ormai è tardi:
le mie ferite sanguinano sempre più,
la vita se ne va ed un altr'anno è passato
senza neppure un tuo sorriso.
Io penso di essere forte,
supero da solo tutte le difficoltà,
sopravvivo anche senza una parola amica,
senza più la sua voce che mi sussurra:”T'amo”!
Ma il mio cuore è di vetro,
ormai,
basta un alito di vento
e si frantumerà a pezzetti.

Le nostre povere madri
Le nostre povere madri,
con le mani incrociate sul petto,
avvolte in un abito nero,
mute se ne stanno al buio,
al freddo,
dove i lumini non danno luce,
non scaldano.
Le nostre povere madri,
che hanno sofferto per noi,
che hanno sussultato ai nostri teneri pianti,
che si sono svegliate nella notte a darci il loro latte,
a cambiarci i pannolini e lavarci.
Queste madri vituperate,
insultate,
che ci opprimo con i loro consigli,
che vorrebbero darci il miele del mondo
mentre noi scalpitiamo,
queste povere madri
ci tolgono la libertà,
ci sottraggono l'aria,
ci impediscono di volare.
Queste madri assillanti,
che vedono il bene ed il male,
che guidano,
incitano,
parlano spesso a sproposito,
non capiscono che siamo diversi,
che vogliamo sbagliare,
che vogliamo provare,
che vogliamo crescere da soli.
E poi il silenzio,
un lumino che accompagna le nostre giornate,
ed il nostro urlo di dolore,
i nostri richiami inutili davanti ad una foto e dei fiori:
“Mamma, perché non mi aiuti?
Perché mi abbandoni”?
Le nostre lacrime non lavano ormai
le ansie del nostro cuore!

Una lattina di the alla pesca
Una lattina accartocciata,
con dentro una cannuccia ripiegata,
una data scritta sul bordo con pennarello nero:
“Gagliano 30.7.2010 – h. 2,10 ”,
qui, sulla mia scrivania,
un ricordo di te sempre vicino.
Ma chi può mai comprendere?
Cosa rappresenta per me questa lattina vuota?
“Sei un maniaco”,
mi hai urlato con cattiveria,
con disprezzo l'altra sera.
Non riesci ancora a capire dove comincia l'amore,
dove finisce,
non riesci a misurarne l'intensità!
Sei banale come sempre,
vuota dentro,
priva di sentimento e affetto.
Sei quel corpo nudo,
sensibile solo alle carezze ardite,
che gioisci dei giochini che attraversano il tuo corpo,
che ti infoi e urli di piacere,
che raggiungi l'orgasmo più volte
e anneghi nei tuoi umori,
soddisfatta,
stanca,
sfinita.
E poi dimentichi tutto,
anche che io esisto!
Mi abbandoni in quella stanza con vista mare,
solo con una lattina accartocciata,
con una cannuccia ripiegata,
attendi la nuova luna,
aspetti che la marea dei tuoi desideri monti,
per usarmi,
gingillarti con me come fossi un giocattolo,
e poi, aridamente,
freddamente,
come sempre buttarmi via!

Poesia
Quando la strada è stretta
e di sassi e macigni è pieno il cuore,
quando l'acqua tracima
e la sponda inonda e spazza il fiume,
quando il vento soffia
e sconvolge via finanche i tuoi pensieri,
quando l'animo piange
e tu distilli sangue e nostalgia,
ecco s'affaccia lei, tenera e dolce,
con quattro versi in croce
ed è poesia.
Il cuore ti lava,
la mente ti riempie di dolcezza,
il petto t'allaga d'angoscia e tenerezza,
finanche qualche lacrima poi sfugge,
scorre sul tuo volto sfiancato,
ti libera gli affanni
e poi risorgi franco e rinnovato!

Perché ti amo?
Non chiedermi perchè io t'ami,
una risposta pronta non mi viene,
solo che io sto bene
mentre ti penso e quando ti ricordo.
Lo so,
forse anche tu lo sai,
mi manchi quando la sera afferra la mantella
e di buio si copre,
oscura il cielo e più non spia le stelle.
Mi manchi
ed anche i grilli sparsi sui costoni del tuo sentiero,
affiancati sulle rocce carsiche sul mare,
smettono di fiatare,
in silenzio se ne stanno ad ascoltare
qualche singhiozzo che dal cuore sale.
Nel buio della notte
ora tace davvero il cellulare,
su skype lo schermo resta spento
senza il tuo corpo nudo da guardare.
La verità, amica mia infedele?
La verità la sai,
anch'io la so!
Tu la puoi raccontar come ti pare
ma non la puoi cambiare!

Usato e abbandonato
Quanto male m'hai fatto e tu lo sai,
ma dentro il cuor non so quello che hai!

Come un cane raccolto, allevato, coccolato
e poi per strada abbandonato.

Riguardo le auto in corsa,
scodinzolo a chi si ferma e spero,
corro, inseguo un'auto azzurra,
poi sfiancato mi fermo,
la lingua penzoloni
e arsura in petto.

Mi manca l'aria, annaspo, agonizzo.

Ho anche fame
ma la mia ciotola non trovo,
solo disperazione ed ansia mi fanno compagnia.

Scende la notte.
Ai bordi della strada dormo.
Passa una volpe e la rincorro
poi sprofondo nel sonno.

E mi illudo che sia un brutto sogno
e di svegliarmi al mattino
con la carezza amica d'un bambino.

Ogni cosa al suo posto
(Ad Anna)

Quando la sbornia sfuma
e la ragione
ritrova l'orma sana non smarrita,
ogni cosa al suo posto
poi ritorna,
ed anche tu, amore antico,
riprendi il posto tuo dentro il mio cuore.
Perché l'affetto e il sentimento
galleggiano nel tempo,
resistono all'usura.
Sol l'edonismo becero e volgare
di certe donnette vuote e dozzinali
si scioglie come neve al sole,
al tempo non resiste,
al confronto non regge,
e traccia alcuna nell'anima non lascia.
Ed anche tu ritorni
occupi il posto che nel mio cuor già avevi,
di nuovo con me serenamente parli,
mi consoli,
mi regali una carezza pura
non lo squallore laido e banale
di una pervertita,
senza decoro alcuno e ne morale.
Ecco ora ci sei,
mi parli col linguaggio d'altri tempi,
mi parli di futuro e di famiglia
mi parli col linguaggio del pudore,
del sentimento,
e non dello squallore.
Ad una sbornia fatta di sesso e trasgressioni
ora ritorna la normalità d'un affetto ritrovato,
rinnovato,
che mai dal cuore mio scomparirà,
mai sarà cancellato!

Grazie nonno
Grazie nonno,
chissà dove mai sei,
se ancor m'ascolti e mi passi mille lire,
o mi porgi il tabacco
dalla pianta raccolto e poi seccato,
in tasca scartocciato:
"Lento vai, infilaci il tabacco e dopo gira
lenta la cartina,
con la lingua bagna il suo bordo
scorri le dita e incolla"!
Semplici gesta un'esperienza antica,
un misto di lavoro e di sudore,
pella grinzosa nera
e il sole la cucina a suo piacere.
Ti guardo in quella foto
con me col grigio verde militare,
si nonno, anch'io un cavaliere come te,
anche se con grado diverso,
tu da caporale,
io da ufficiale,
un caso della della vita non voluto,
dal destino però a noi pur riservato.
Ed io riguardo quella foto,
tu con la testa appena piegata a destra,
un vezzo che ho notato in tante mie fotografie.
Dove sarai nonno mio adorato?
Penso alle tue giornate,
a quello che alla terra hai tu donato,
quello che la terra t'ha rubato.
Tanto a noi dato hai,
in cambio quasi nulla ricevuto.
Ed ora stranamente tu mi manchi,
poco io t'ho goduto, poco con te gioito,
ma dentro me ci sei,
t'amo più di mio padre,
il figlio tuo,
che non ha saputo darmi quello che tu m'hai dato.
Dovunque sei, ascoltami se puoi,
leggi queste righe se ancora ce la fai
e cerca di tiraci fuori
il tanto amore
che non t'ho potuto donare al tempo giusto
ma che è messo da parte solo per te
in questo povero mio cuore
che sta vivendo giornate di dolore.

A mio nonno Salvatore
 

Questa felicità
Questa felicità non costa nulla,
sui banchi del mercato non si vende,
non si trova,
prezzo alcuno non ha.
Sei tu che la conservi e la regali,
quando vuoi te,
a chi a te piace e scegli.
Senza pudore l'esponi,
senza vergogna accarezzi l'uomo dei tuoi sogni,
lo scegli a caso e poi l'avvinci
nella tua ragnatela l'avvolgi,
lentamente, poi, lo consumi.
Lo coinvolgi con i tuoi umori
che hanno profumo di mandorle tostate,
che sono miele e nettare divino
a cui è difficile sottrarsi.
Questa felicità, poi, dura poco,
tu felice non sei,
lo sei per poco.
E poi trascini all'inferno l'acquirente sprovveduto
che ha cercato sui banchi del mercato
una merce che nessuno vende.

Dov'è l'amore?
Mi aveva illuso di donarmi il suo amore,
mi aveva convinto fosse tale,
ma troppo sale
misto a fanghiglia
s'è sparso per la strada ghiacciata.
Erano rose:
“Eccole prendile”, mi aveva detto;
invece, erano pietre pesanti
che mi hanno schiacciato il cuore,
oscurato la ragione,
rovinato la vita.
Quelle rose erano sbocciate davvero
nel mio petto,
le avevo coltivate per lei:
come un guardiano vigilavo intensamente,
non volevo che alcuno le cogliesse,
erano sue.
Ma mi ha lasciato le pietre,
che pesano sul cuore e sulla coscienza,
ed ora il rosaio è insecchito,
non l'abbevero più con il mio affetto,
non l'innaffio più con il mio sentimento,
non lo concimo più con il mio amore.
Il treno viaggia nel buio di una galleria
e non vuole vedere il sole,
scappa dal giorno.
E nulla ormai è come prima,
tutto inesorabilmente è diventato arido,
arido come le sue passioni:
la notte è molto lunga da passare
ed ha rinunciato ad aspettare l'alba!

Poesia e sentimento
Le poesie sono spezzoni di sentimento,
il cuore le costruisce ed alleva,
le fa crescere nel silenzio della mente,
danno gioia e senso alla vita.
Quando t'accorgi che sono state scritte ad una persona sbagliata,
non ti affliggi,
le rileggi nel silenzio delle tue giornate,
ti riempiono il cuore di gioia,
di dolcezza,
di tenerezza,
ricordi i momenti in cui le hai composte,
le passioni che provavi,
chi le ha suscitate
ed alla fine ringrazi la tua squallida Musa
di avertele ispirate.

I muretti di Patù
Tra tanti muri a secco e diroccati,
pietre ammucchiate come i miei dolori,
pietre lasciate tristi all'acqua e al vento,

io m'aggiravo con il cuore spento.
E l'aria respiravo tra gli odori
di campi rosseggianti appena arati.

L'occhio spingevo oltre quei muretti,
viti sbocciate, primi germogli e foglie,
bianche cicorie e già gli ulivi in fiore,

poi le campane che battevan l'ore,
un forese che paperine coglie,
il volteggiar stancante dei falchetti.

Ed io eremita, sperduto sul Vereto,
ad ammirare dal Battista il mare
e sperar che la sorte si raddrizzi.

Eppure a ricordarti ancor m'allieto,
anche se più l'affetto non sai dare
ed ora più non ridi e ognor ti stizzi.

…..........................................

Ma aria nuova in cuore m'hai portato
e qualche volte m'hai risollevato
ma ormai dal cuore anch'io t'ho cancellato.

Certe donne
Alle volte mi incanto,
lo sguardo giro per le piazze
ricche di umanità e fragori.
Ogni tanto vedo un culetto ancheggiare,
sotto un jeans attillato,
non a caso comprato,
adattato a modellare le parti da esporre.
Le vedo lente ondeggiare,
con certi belletti violenti e sguaiati,
con i capelli arricciati,
a volte arruffati.
Guardano e non vedono,
parlano ma non sanno cosa dicono,
sembrano ascoltare ma sono invece sorde.
So che a molte di loro solo interessa
la trappola custodita tra le mutande
ed aspettano che il topo ci caschi.

La prima farfalla
Già le prime gemme
accarezzano alcuni rovi lungo il fiume,
il sole mi corteggia,
m'accompagna il trillo di allegri cardellini,
il rauco grido d'allerta dei merli tra i cespugli,
mentre una coppia di anatre selvagge
s'alza in volo allarmata starnazzando.
Una giornata strana,
che ricorda primavere andate,
e ne annuncia una nuova.
Un tepore nell'aria il ghiaccio ha sciolto già
dalle anse del fiume, dove l'acqua indugia;
pigra sbadiglia tra le rocce stanche
dove molleggiano ballerine bianche
in cerca di molluschi e rari insetti.
Dolce anche il vento:
oggi mi adulano vampate tiepide
come a primavera.
E già l'erba rafforza,
ciuffi nuovi s'affacciano alla vita,
a prova scrutano sul prato
dove volteggia una farfalla bianca,
veleggia come fiocco di neve vagabonda,
che quest'inverno si rifiuta di cadere,
e la nuova stagione già asseconda.

Incompiuto
(Madrigale)

Un figlio anche da me desiderato
tra gli ulivi volevi concepire
la ragione non stavi più a sentire

per te, di certo poi sarebbe nato.
Sciocco a far funzionare la ragione,
ho perso te ed anche l'occasione

di legarti per sempre alla mia vita,
che or più nulla vale ed è finita.

L'apparenza
(Ballata)

Mai bisogna ascoltare il sentimento
sempre tormenta il cuore,
fa anche tanto male e da dolore.

Un vero uomo non fui, mai lo sarò,
inutile tentare,
quando sarò rinato proverò,
se non sarò nel mare
come balena sopra l'onda andare
al largo navigando
sfidando il mare ma giammai affondando.

Se come tu volessi fossi stato,
un maschio duro e vero,
a far la parte non ci avrei provato
di quello che non ero,
ad apparire un altro sul tracciato:
un ladro che rubava
un po' d'affetto che non gli toccava.

Ultimo vento d'autunno
Ora la neve già le vette imbianca,
anche nel cuor gelidamente cade,
trema sui pioppi qualche foglia stanca
che ancor resiste tra le frasche rade.

Il vento soffia, tra le gole arranca,
sui prati spazza le insecchite biade
l'inverno ci regala e al gelo affianca
il tetro pianto che s'alza dall'Ade.

Anche nel cuore gelido s'aggira
l'ultimo mio pensiero, or son cosciente,
che non serve alcun rimpianto o l'ira:

in fondo non ci ho perso proprio niente,
solo indecenza, che squallori aggira,
e lei per sempre fuor dalla mia mente.

Ora la strada è sgombra e con prudenza
dovrò affrontare l'ultima pendenza.

Un anno di lotta
Il cuore mio non regge ma si spezza
è un vecchio film, di nuovo riprodotto
che della crisi fa veder l'asprezza
anche ad un ceto medio mal ridotto.

L'anno vecchio già andò con amarezza,
con l'esplosione ancor di qualche botto
che ha regalato un ultima allegrezza
ma poi la massa pagherà lo scotto

d'una crisi da lei non provocata
che ancor riporta i salariati in piazza,
merce da buttar via, sottopagata,

merce ch'ogni potente dopo spazza
con l'impiego della polizia schierata
che usa il manganello e la ramazza.

La fine delle cicale
A veder certe foto son schifato
e ti vedevo bella, ma che stronzo,
ma grazie a dio ora mi son svegliato
cercati se lo trovi un altro gonzo.

Amore mi dicevi, che bastarda,
e volevi anche un figlio concepire,
ma era foga squallida e infingarda
ed eri anche un'artista nel mentire.

Sei nata proprio in fondo allo stivale
hai illuso me e un povero imbecille
ma dimmi adesso, furba, a cosa vale

aver piantato in cuore tante spille?
Ora sei secca come le cicale
e più non canti e rotte hai le tonsille;

la tua canzone in fondo era stonata
perchè da sola tutti t'han lasciata

Puoi solo raggirar qualche vecchietto
mostrando l'abbondanza del tuo petto,

ma ti conviene di non più bleffare
e metti in chiaro che devon pagare

perchè a giocare con i sentimenti
si ottengono poi scarsi rendimenti.

Infatti le tue parole d'angioletto
con me sono finite sempre a letto.

Solo che alla fine neppure t'ho pagata
ed è per questo che tu sei scappata.

Fotografia
Lisciavo la tua pelle delicata,
nuda sul letto, stretta a me abbracciata,
in quella casa persa tra i rioni
di Via Sollazzo in quel di Monteroni.
Sentivo il sangue tuo pulsare
palpiti intensi, ritmici, incessanti
e il cuore martellare,
le tue parole
acqua di fonte le membra rinfrescare.
Nella mente tutto registravo:
i tuoi brividi,
l'intenso tuo calore,
il sapore di fragola selvaggia
di quei baci lascivi,
innamorati,
le tue carezze,
le tue lusinghe da sentimento camuffati,
le amabili parole,
le promesse eterne del tuo amore,
i patti, i progetti, la vita tua in futuro.
Ma era solo brina mattutina
e un sole pallido dopo l'ha sgelata,
poi dal terreno tremula s'é alzata
una leggiadra e flebile fumata.

Ultimo vento d'autunno
Ora la neve già le vette imbianca,
anche nel cuor gelidamente cade,
trema sui pioppi qualche foglia stanca
che ancor resiste tra le frasche rade.

Il vento soffia, tra le gole arranca,
sui prati spazza le insecchite biade
l'inverno ci regala e al gelo affianca
il tetro pianto che s'alza dall'Ade.

Anche nel cuore gelido s'aggira
l'ultimo mio pensiero, or son cosciente,
che non serve alcun rimpianto o l'ira:

in fondo non ci ho perso proprio niente,
solo indecenza, che squallori aggira,
e lei per sempre fuor dalla mia mente.

Ora la strada è sgombra e con prudenza
dovrò affrontare l'ultima pendenza.

Notti di Puglia
Il sole dentro il mare s'é tuffato
privo di spruzzi e senza mormorare
prima di rosso il cielo ha colorato
per non dovere al buio poi restare.
Depresso dal Vereto ho riguardato
una finestra che non vuol brillare,
ormai resto col cuore desolato
deluso perchè lei non sa più amare.
Soffice il bianco tra gli ulivi impera
un cane si lamenta alla catena
ed il chicchirichì d'un gallo a sera
nel cuore scava triste la mia pena.
L'ultimo canto sembra una preghiera
che scivola indolente sulla rena
d'una spiaggia pietrosa e desolata
che non accetta d'esser carezzata.
Sorride in cielo splendida la luna
non brilla per chi è privo di fortuna.
T'ho amata forse in modo scellerato
e un prezzo doloroso ho già pagato.
Ma in cuore ho conservato col dolore
un impulso che più non chiamo amore.
Penso fosse libidine e mania
ed il tramonto li ha portati via.
Di tanto affetto resta sol la traccia
d'un sole fiacco che si spegne in faccia.

I Pezzetti (*)
Giorno di festa e suono di campane
qualche anno in meno e meno rughe in fronte
quant'è pesante guadagnarsi il pane
e com'é fresca l'acqua della fonte.
Ma a te bastava un secchio alla cisterna,
che raccoglieva quel che il cielo dava,
quei solchi rossi al lume di lanterna,
la brina che le piante dissetava.
E poi gli amici al bar nel dì di festa
tra una bestemmia e tanto fumo e risa
con pochi soldi in tasca e nella testa
tanti pensieri ed una giacca lisa.
E poi quei due pezzetti e un po' di vino
con qualche pomodoro ed una frisa
tra gli urli degli astanti e di mio zio,
sempre saccente come fosse un dio.
Me lo ricordo con la sigaretta
a tutti una battuta e la spalletta
come per dire: io sono un signore,
ma avea le mani di un agricoltore.

* I "pezzetti" erano piccoli cubetti di bollito di carne d'asino o cavallo che accompagnavano la mescita del vino nelle vecchie taverne pugliesi d'un tempo.

Crepuscolo
Ricerco dentro l'anima, in me stesso,
pezzetti di coscienza colorati
han sete l'erba e i fiori sopra i prati
geme sul colle l'ultimo cipresso.
Affido al vento un mormorio sommesso
si spengono le idee e gli apparati,
gli estremi sono anch'essi scolorati,
arduo è capire il nuovo, lo confesso.
Anche il popolo nulla più capisce,
cerca una guida, che in salita arranca,
che un giorno dice si e poi smentisce.
In questa crisi ch'ogni coscienza stanca,
ch'ogni decoro e ideologia sbiadisce
pure l'uomo più forte cede e scianca.

L'erba ed i fiori dei prati sono una metafora e rappresentano il popolo, mentre il cipresso
solitario sopra il colle rappresenta la ragione, l'uomo saggio che ormai è in balia del vento e delle intemperie ed è destinato a piegarsi ed a soccombere. Questa idea, in fondo, percorre tutto il sonetto ed il concetto è ripreso in modo più chiaro e meno metaforico dalla seconda quartina in avanti per evidenziarsi in modo concreto nel finale dove la crisi della leadership diventa reale e passa dall'allegoria alla realtà.
Il dipinto (Arte ed ideologia) è di Guttuso.

I perbenisti
Di perbenisti clerico bigotti
è pieno il mondo e spesso lo si sa,
la bocca s'empion sempre di perdono
ma non sanno neppure dove sta.

Astio e veleno riempie il loro petto
penso che stiano per davvero male
s'impennano, s'increstano, balbettano
finiscono sovente all'ospedale.

Ho pena davvero e proprio tanta
per loro, poveri esseri mortali,
vivono le giornate tanto male,
non s'accorgono d'essere anormali.

Parlan da soli, s'innalzano nel cielo,
condannano, giudicano, sentenziano
colmi di tanta grande umanità
l'umanità sprezzano e dileggiano.

Loro sono perfetti, superdio,
negli altri vedono migliaia di difetti
ma ascoltandoli bene poi si scopre
che d'ira e cattiveria sono infetti.

Nonne moderne
La nonna d'altri tempi non ricordo
col grembiule e coi capelli bianchi
col volto e gli occhi dolci e stanchi,
con le tante carezze che non scordo.

Oggi tutto è cambiato ed è la nonna
che spiega alla nipote come fare
e tutti i trucchi per poi rimorchiare
e restar sempre giovane e più donna.

La vecchia torta dolce e profumata
è un vecchio sogno ormai, e non consola,
perchè la compra già confezionata.

E poi va in discoteca, e salta e vola
in mini e calzamaglia colorata
ed ha i capelli tinti di viola.

Pietre e sassi
Ho ingranato la retromarcia,
vado contro corrente,
viaggio contro vento,
affronto il tempo!
Troppi giorni a pensare,
molti a piangere,
troppi a disperare.
Ora vedo te,
stella mia lucente,
che hai saputo aspettare.
Ti vedo,
anche se il giorno muore,
anche se il buio accompagna i miei passi,
anche se vacillo perchè roccia non sono.
Instancabilmente vado
sui sentieri pietrosi della vita
perchè l'asfalto per l'anima
non è stato ancora inventato.

Scrivere
Dallo stesso amore accomunati
ogni giorno vi vengo a salutare
per ritrovar tra i versi presentati
quel collante che ci fa saldare.

E cerco per i campi soleggiati,
tra rime e tra concetti da indagare,
di capire perchè noi siam legati
da un ardore che ci fa accostare.

Esploro anche la traccia più recente
d'un amor che non ho mai dimenticato,
la sua presenza fragile e innocente

che mi riporta tacito un passato
che ho serrato nell'animo silente
e l'amor suo che mai ho dimenticato.

Urlare al vento
Urlai al vento tutta la mia rabbia
e l'onda attesi, ma non m'ha colpito
gli occhi si riempirono di sabbia
e si bloccò la voce e poi l'udito.

Sul tuo sentiero sempre ritornai,
a veder la tua casa illuminata
ed ogni dì, ignaro dei miei guai,
speravo che saresti ritornata.

Invece, crudelmente, mai lasciato
solo nella notte Cristo maledire
un ramo forte spesso ho ricercato

dove il corpo mio lasciar morire.
Ma lo sgomento sempre m'ha bloccato
e ho preferito vivere e soffrire.

Tracce opache
Cerco tra le righe
di poesie anonime e senz'anima
una traccia che mi conduca a te.
Scavo i pensieri,
rifletto sulle parole,
approfondisco i concetti.
Su effimere tracce indugio
cercando un pensiero che mi appartenga,
che mi illuda ancora d'un tuo amore possibile.
E tu giochi con le parole,
metafore svolazzanti per farmi soffrire,
per farmi sperare.
Ma ormai è tardi:
l'alba non colora di rosa le colline,
il sole nasce spento dal mare,
ed i monti lontani dell'Albania
sembrano fantasmi perduti
che non trovano pace.
Cerco nell'opacità di quest'alba
il tuo sorriso perduto,
le tue parole ormai spente.
Ombre scure e vaghe
inondano la mia mente!
Del mio amore infinito
rimangono solo tracce opache
e resta ormai poco tempo
per sostituire i fiori nell'urna mia dimenticata.

Voci dal silenzio
Quella tua voce lieve ed ovattata,
nel buio della notte,
tra i cuscini,
per non farti sentire, sussurrata,
chissà dov'é finita
dove è andata?
Mi manca!
Mi mancano quei sussurri lievi,
quelle frasi diafane,
assonnate,
quei sospiri,
e le parole che spesso non capivo,
a volte bisbigliate
che ti chiedevo di ripetere,
soffrivo per non poter capire.
E tu risussurravi
perchè forte parlare non potevi.
Ora non so che fai,
con chi sommessamente parli,
a chi sussurri
quelle frasi che a me per anni hai modulato.
Ora son solo un'ombra
e m'accompagna il buio,
non parla,
ma dal silenzio tante cose dice,
ed io ascolto paziente
tutte le tue parole ancor ricordo,
ascolto disperato e son felice!

Portale stanco
Comunico con te
nell'indifferenza del web.
Come ombra invisibile
m'aggiro per la rete,
viandante stanco,
pellegrino senza dimora,
ambasciatore senza messaggi.
Visito tutti i portali come chiese abbandonate,
osservo i dipinti scoloriti,
indugio sui tuoi scritti,
scavo tra le tue parole
cerco qualcosa che mi appartenga,
che mi convinca di essere ancora vivo
in te.
Non so a chi rivolgi le tue preghiere,
le illusioni sono morte in me,
mi sono svegliato dal letargo,
so che il mio è un amore impossibile.
Ormai il mio cuore batte in modo intermittente,
si regge con un paio di pastiglie al giorno.
Le sofferenze l'hanno distrutto.
Ora non posso più patire
e la razionalità mi ha ormai convinto:
devo mollare l'ormeggio
e guardare fuori dalla porta con diffidenza:
la morte mi sta già aspettando al varco,
ormai non può più attendere
ed io, ora, l'amo disperatamente.

Foglie bianche
Foglie bianche,
ornano il sentiero,
pallide come questi miei passi stanchi,
ricamano il mio passaggio,
quasi ad indicarmi la via.
Queste foglie di platani
che non hanno più la forza di svolazzare
sembrano esistenze vinte,
somigliano alla mia anima stanca,
avvilita,
sconfitta.
Tutta l'energia della primavera
è ormai lontana;
come la mia vita
rappresentano un passato energico,
vigoroso,
resistente.
Chi siamo adesso,
compagne occasionali di questa mia solitaria passeggiata?
Chi siamo più noi?
Neppure più la folata del vento ci accompagna,
il calore del sole sa di gelida carezza,
il frullo tra i rami è ormai voce morta,
il fischio dei merli melodia lontana,
il canto dei rosignoli
concerto ormai finito.
Ed io penso a te, voce mia spenta,
che non carezzi più neppure il mio cuore
con le tue parole lontane.

Smania
Ho voglia di te,
desiderio di sentire la tua voce,
smania di assaporare i tuoi umori,
avverto la necessità di toccarti,
sfiorare il tuo corpo con la mia bocca,
lisciare la tua pelle eccitata,
contemplare le tue nudità
che mi colpiscono i sensi
che mi riempiono la mente.
Ho bisogno di te,
sempre di te,
solo di te.
Tu sei il mio tormento,
sei colei che amo
colei che solo vorrei a fianco a me.
Tu mi porterai alla disperazione,
mi stai già condannando alla dannazione.

Una goccia d'amore
Quella goccia,
estenuante,
stancante,
snervante,
che cerco invan di bloccare
stringendo quel rubinetto del cuore
che debolmente
continua a pulsare
senza ascoltare ragione,
incurante di questa mia pena,
apatico a questo violento dolore,
quella goccia mi rode,
mi scava dentro
instancabile e lenta,
riapre sempre vecchie ferite,
ne schiude di nuove,
ricorda gioie e dolori,
affetti fluttuanti e bugiardi,
ricorda i pensieri,
donati, adulati,
poco sinceri.
Quella goccia
sta scavando il rancore
in questa mia mente,
sta intagliando una bara profonda
non nella terra morbida e rossa
ma nella pietra compatta,
in questo mio cuore
che sta diventando di roccia.

Agonia
Non so come sarà la mia morte:
me la immagino dolorosa e straziante
mi aggrapperò alle lenzuola,
alla spalliera di ferro del mio letto
per cercare di provare a me stesso
d'essere ancora vivo.
L'ho corteggiata da sempre,
questa amica adulata,
fin dai primi sogni di adolescente,
ma nel momento che lei sarà seduta sul mio letto,
e paziente mi guarderà negli occhi,
la pregherò di aspettare, di ripassare.
Penso a tutte le mie cose ancora incomplete,
traguardo dal mio letto d'agonia
tutti i miei amici sparsi per il mondo,
ripenso alla mia chat vuota,
a coloro che mi cercheranno e si chiederanno:
"Perché ritarda? Perché non si affaccia?".
Rivedo anche i miei parenti, i miei nipotini;
non potranno più chiedermi nulla,
capire i motivi della mia solitudine,
della mia fuga lontana
in un rifugio solitario tra i colli maremmani,
senza il loro affetto che ho sempre sognato.
Guardo fuori dalla finestra:
immagino di vedere ancora il borgo,
le vecchie ciancianti,
i tanti gatti randagi,
provo a spingere lo sguardo verso il mare:
mi appare Prata e Scarlino,
i boschi di faggi e castagni,
l'Elba luccicante sul mare,
ed in fondo le luci di Piombino.
Corro alle mie montagne,
al Bianco ed al Cervino,
alle mie passeggiate al Gran San Bernardo
con la neve che mi frizza sul viso.
Rivedo le spiagge della mia adolescenza,
il mio mare di Calabria,
le cose semplici che ho lasciato,
gli amici e gli amori mai sbocciati.
Risento il profumo del tabacco del mio Salento,
le mie campagne assolate,
le vecchie biciclette rumorose
che scivolavano sotto un sole cocente.
Rivedo qualche amore finito
che mi ha regalato delle tenerezze
dei piaceri proibiti,
che mi ha regalato la vita.
Ecco i miei tesori,
che nessuno potrà rubarmi,
che nessuno mai potrà portarmi via
perché sono sepolti nel mio cuore,
archiviati per sempre nella mia mente,
scolpite nella mia vita ormai senza ritorno
ormai senza futuro.

Pazzi
Se con tanta bellezza
ha un'anima nascosta,
io nell'anima beatamente guazzo.
Ma io son come Cecco*,
o meglio come Dino**,
io sono da sempre tutto pazzo!

* Cecco Angiolieri
** Dino Campana

Ma che freddo fa
Freddo pungente pesa sul Salento
io disperato sembro un animale
senza padrone, con il cuore spento,
che sosta ansioso fuor dall'ospedale.

Il cuore è cupo, l'animo scontento
si chiede la sua vita a cosa vale
mentre inclemente lo colpisce un vento
che gela anche le palme del piazzale.

Filtro la coda che paziente aspetta
cerco il suo volto, scavo tra i capelli,
poi la marea si sfoglia e si confonde,

sbatte sui sassi, sfiora le due sponde
di questo mar che ormai chiude i cancelli
all'amor che l'affetto ai porci getta.

Capperi salentini
Vorrei rinascere un dì,
o madre cara,
rinascere sulle rocce del Salento
col mar che m'accarezza
e un sole lento
che splende sul mio arbusto
e lo deterge.
Vorrei rinascere cappero selvaggio,
sulle rocce che l'onda
ognora asperge,
aggrapparmi con forza
e dar colore
all'arso che risplende
sotto il sole rovente,
a cui le foglie tende.
Vorrei vestirmi di fiori,
con i petali
candidi e armoniosi
come tulle d'abito di sposa,
coi pistilli
striati d'azzurro come il mare,
pitturati di turchino come il cielo.
Vorrei rinascere arboscello,
aggrappato alla roccia
e non tremare;
essere ramo,
che non teme l'onda,
che sfida il tuono e la bufera
e non affonda,
mai vacillare a sera;
essere foglia che non sfoglia,
forte e gentile
aspra e delicata,
verde e splendente,
eterna come il tempo,
dura a morire
senza più soffrire.

Aspettando l'autunno
Davvero questa è l'ora del tramonto
mi sto guardando fisso nello specchio
tutti gli errori d'un sol colpo sconto,
ora dal pozzo tiro fuori il secchio.

Cosa vi resta di quel grande affetto?
Una stupidità ricca di sale,
un uomo solo, senza più rispetto,
con nella carne l'odio che fa male.

E nella testa il vuoto ed il tormento
nel cuore l'ansia che dà sofferenza,
e il sentimento? Seme sparso al vento
che si disperde con indifferenza.

La dignità a un angolo è costretta,
dell'amor dato non rimane niente
mentre l'autunno porta la vendetta
che l'animo avvilisce crudelmente.

L'agonia dell'usignolo
Ieri ho risentito la sua voce,
note vibranti nella solitudine della mia corsa,
smisurata felicità che m'ha riempito l'animo,
disperata sensazione che mi ha prostrato il cuore.

Ma le sue brevi parole,
suoni un tempo desiderati ed assaporati,
sono sparite sulla scia infinita dell'asfalto,
si sono spente prima d'incrociare la frontiera.

Melodioso quel canto ha riacceso i sogni,
risvegliato la malinconia,
rivitalizzato la mia voglia di vivere,
anestetizzato ogni dolore.

La morte arriverà lo stesso,
forse sarà dolce o meno pesante,
non guarirà il mio cuore ammalato,

non risveglierà il suo amore logorato.
L'agonia sarà breve o angosciante?
Di nero dipingerà il mio volto di gesso.

Voglia d'autunno
Ho bisogno d'aria di mare,
ho bisogno di vento di vecchi sentieri,
ho bisogno d'aria d'autunno,
ho bisogno di odori di terra
di ultimi fichi di fine stagione
ho bisogno di vedere il tuo viso,
e forse sentire finanche un sorriso,
ho bisogno di te,
sentirmi ancora usare,
oltraggiare,
ho bisogno ancor di soffrire
e forse pagare:
la mia colpa è solo d'amare!

Borgo silente
Silente la persiana già si schiude
pei vicoli che oggi il sol carezza
eppur nel cuore aleggia la tristezza
questo silenzio in fondo mi delude.

Nulla mi dice, tace fruscio di vento,
la foglia stanca sosta sulle scale,
mentre un dolore sordo ancor m'assale
ma non risveglia più l'amor tuo spento

Ma basta che a te voli il pensiero
e il cuor mi si riempie di gaiezza,
m'appari nel buio del tuo sentiero

e subito scompare la tristezza.
Spero che il tuo domani sia foriero
per me di pene, per te sol d'allegrezza.

Brume d'affetto
Pioviggina la nebbia, mentre sale
dal cuore, che patisce, il tuo ricordo,
ti insulto, maledico, poi m'assale
l'affetto che cancella l'odio sordo.

Tanta dolcezza a volte mi pervade
quando ricordo le care tue parole,
neve tardiva che sul prato cade
e che non scalda più raggio di sole.

A volte rileggo qualche tuo messaggio,
parole scritte senza mai pensare
che di quel dire poi si resta ostaggio

che basta poco a farci disprezzare,
essere oggetti di rancore e oltraggio
e nell'indifferenza poi annegare.

E sembra un peso da non sopportare
scordar l'amore e fingere di odiare

quella persona che ami immensamente
che ti tortura ancora cuore e mente

che è stata per noi fonte di bene,
ed ora partorisce solo pene.

- Sonetto ritornellato

Rimorso
Dovrà pesarti nel tempo
questo mio amore ormai desolato,
non ricambiato,
dovrà pesarti nel petto
questo mio amore invecchiato,
che un tempo hai gustato.
Dovrai sentire i sensi di colpa
quando vedrai sulla tomba
il mio nome usurato
e la foto che insieme abbiamo scattato.
Un loculo vuoto ho già prenotato
vicino ad un tuo caro parente,
dovrai ricordare il mio nome,
vedere il mio volto,
ogni tanto,
Dovrai soffrire almeno in novembre
provare le identiche pene
che il cuore mi hanno usurato.
Dovrai ricordare il mio amore
davvero donato,
che tu hai oltraggiato,
che tu hai rattristato.
Dovrai sentire il rimorso
nell'animo forte pesarti,
nel tempo dovrai rattristarti
provare un senso d'angoscia,
un senso di morte
per avermi chiuso del cuore,
nel tempo migliore,
le porte.

Senza speranza
Senza speranza affondo nel pantano
i giorni lentamente se ne vanno
nel cuore sale ormai ansia ed affanno
vola il pensier com'ali di gabbiano.

Vola sul tuo sentiero pien di rovi
vola e ti cerca ancor nella tua stanza,
è lì che ho perso l'ultima speranza,
solo rancore ormai per me tu provi.

Ho provato anch'io odio e disprezzo
ma in fondo al petto c'era sempre amore
lo so, d'affanni per te son portatore
e pago ancora oggi un alto prezzo.

Lo pago con i miei sensi di colpa,
con i danni che il dolor m'ha regalato
sono certo di avere anche pagato
ma questo mio rimpianto non mi scolpa.

Non so se puoi capirlo ma t'ho amato
d'un amore che al mondo non c'è uguali
ma questi tuoi silenzi ora abissali
la vita mia per sempre han devastato.

In silenzio ripercorro il tuo sentiero
sempre t'aspetto nell'ombra della sera
io che non credo in dio, una preghiera
a te rivolgo e nel perdono spero.

Transumanze settembrine
Sono questi i momenti dell'affanno
che più bussano con violenza dentro
veloce sta passando anche quest'anno
e nel tuo cuore più non sono al centro.

Lo so, io vivo ormai sol di ricordi
tu invece forse vivi un nuovo ardore
di questo pazzo è meglio che ti scordi
in fondo t'ho donato ansia e dolore.

Vedo dalla finestra le montagne
fra un pò saran coperte di candore,
io ti rinnovo sempre le mie lagne,

tu vedi il sole, io solo squallore.
Dal riccio stan sgusciando le castagne
dal petto sfugge l'ultimo tepore.

Una foglia d'autunno
Risento la tua voce,
stamani,
vedo i tuoi occhi semichiusi
mentre declami un'ode di Cràciunescu
"A càzut o frunzà-n calea ta",
declami con dolce tenerezza,
la tua voce vola in quel borgo canavesano,
solitario,
silenzioso,
e risuona, oggi,
maledettamente intensa nel mio cuore,
perduto tra queste colline maremmane
mute e spopolate.
La tua voce smarrita,
forse delusa per un amore non corrisposto,
mi ferisce.
Ti sei accorta, lo so,
ti sei accorta che non ti amavo,
non provavo passione per te.
Ma cosa io cerco, infine?
Ditemi voi cosa io cerco?
Dimmelo tu dio taciturno
che stai tormentando il mio cuore!
Splende il sole stamattina,
il silenzio mi tortura l'animo
e vedo il mio corpo al vento
dondolare sereno
abbracciato da una quercia possente.

Al Gran San Bernardo

Mi abbracci:
i tuoi silenzi dicon mille cose,
sfreccia l'auto
sfiora un muro carico di rose
e tu sospiri
non parli e m'accarezzi dolcemente
forse ti chiedi:
"M'ama davvero o forse mente?"
E il mio pensiero vola ancor sul mare
mentre queste montagne
sembra mi pesino sul cuore,
questo sole mi sfiora
dà bruciore.
La tua mano lieve sfiora la mia pelle,
ogni tanto un bacio sulla guancia stampi,
il mio viso stanco accarezzi,
m'abbracci e poi ai tuoi pensieri m'apri:
"Non pensare al domani,
vivi quest'oggi.
Non rinnovare gioia immensa e poi dolore.
Vivi senza pensare già alla fine,
goditi queste ore".
Il sole brilla,
scivola sul freddo lago di quest'ermo colle,
l'Ospizio dei frati tetro sta a guardare
e anch'io mi chiedo se potrò più amare,
se questo nuovo affetto saprò mai ricambiare.

11 Settembre 2011
Cosa mi rimane, adesso,
ditemelo voi,
cosa mi rimane?
Perso te amore incostante,
te che m'hai restituito la giovinezza,
che poi mi hai sprofondato nell'inverno gelido,
tra le pozzanghere di neve sporca
ed i miasmi del letame fumante,
dimmi cosa mai mi rimane?
I nuovi amori vanno e vengono,
si dissolvono in un soffio,
non ci pongo neppure attenzione e cura,
non ci metto dedizione, non vi è affetto,
ho poca stima e quasi disgusto
di queste donnette facili a togliersi le mutande,
disponibili ad infilarsi nel mio letto,
con disinvoltura e naturalezza opprimente,
ho anche disgusto di me stesso a volte.
Vedo i loro corpi arrotolarsi sul mio,
le loro bocche protese ad un bacio che da nausea,
le loro vagine che vomitano umori che non mi eccitano,
e penso a lei,
incostante banderuola,
mestatrice di sentimenti,
fedifraga e volgare a volte,
ma che riesce sempre a tenermi in vita,
a trasmettermi emozioni e gioia
solo a pensarla.
Sento le campane suonare,
queste assordanti campane stancanti,
che spero sempre precipitino dai campanili
su quelle macchie nere di preti stanzianti davanti ai feretri,
osservo la loro solennità fatta di vuote orazioni
ed odio la loro rassegnazione,
la loro irrazionale ostentazione di certezze
sull'al di là.
Li detesto e li vorrei vedere bruciare nell'inferno
che loro proclamano per gli altri.
Ed odio anche me stesso:
in fondo una preghiera forse sarebbe liberatoria,
mi darebbe quella serenità terrena alla quale aspiro.
E quei pochi metri di corda che conservo in auto
farebbero il miracolo,
quello vero,
quello davvero desiderato
della mia liberazione dai conflitti,
dall'ipocrisia della vita.

La maschera del tempo
La maschera del tempo
Attraverso quella maschera
che oggi è il tuo viso
tu mi guardi,
ma io vedo ancora il tuo sorriso
d'un tempo,
e un vezzo antico ancora vi traspare.
Ti ascolto,
come allora,
con la tua erre moscia immutata,
con quelle soste e sospensioni
rimaste invariate dopo quasi cinquant'anni.
È buffa la vita!

Ritrovarti ancor dopo tanto tempo!

Ho colto i tuoi umori
e quella tua prima goccia di sangue,
che aveva ornato la tua verginità violata,
oggi mi addolora.

Ti osservo in silenzio!

Rivedo il passato ritornare
proprio attraverso quella maschera
che oggi è il tuo viso.

Una tenerezza immensa m'invade
e, forse, ti amo ancora!

 

A căzut o frunză-n calea ta

A căzut o frunză-n calea ta

Rătăcind pe-a vântului aripă.

Ai zărit-o şi-n aceeasi clipă

Ai strivit-o călcând peste ea.

N-avea grai să strige în urma ta,

Nici puteri să spună cât o doare

Şi-a rămas pierdută în cărare,

Ploi şi vânturi trecut-au peste ea.

Stătea lipită de pământ şi se întreba

Ce ar face dacă vântul ar lua-o

Şi-o clipă în palma ta ar aşeza-o

Dar a rămas acolo undeva.

 

A căzut o frunză-n calea ta

Şi cine ştie câte or să mai cadă

Dar n-ai să ştii nicicând

Şi nu-ţi va da prin gând

Că prima frunză ce-a căzut în drumul tău

Am fost eu.

 

(poesia de Ioana Crăciunescu)

 

Una foglia caduta sul sentiero

(Adattamento poetico di Salvatore Armando Santoro)

 

Ero una foglia caduta lungo il sentiero;

Mi agitavo come una banderuola.

Mi hai visto ma mi hai calpestata lo stesso,

Senza badarci.

Mi hai schiacciato,

Hai posato il tuo piede su di me.

Un urlo è uscito dalla mia bocca,

Era il lamento di una persona ferita.

Sono rimasta sul tuo sentiero,

Pioggia e vento  mi hanno maltrattata.

Son rimasta attaccata al terreno e mi chiedevo:

Cosa avresti fatto se il vento mi avesse sollevata

E per un momento mi avesse deposta sulla tua mano?

 

Sono ancora lì, in disparte,

Una foglia caduta lungo il sentiero.

 

Forse tante ne cadranno ancora

E rimarranno a lungo per terra.

Nessuno lo saprà mai.

 

Semine autunnali
Semina, poeta,
spargi i tuoi semi di pensieri
nell'arengo del web
ed aspetta che la rugiada li bagni,
che la brezza umida del mattino li ammolli,
che il sole tiepido del tramonto li faccia fermentare.
Di te non resterà traccia,
le tue ossa saranno bianche in una tomba
o polvere sparsa sul mare,
ma i tuoi sentimenti avranno germogliato idee,
riflessioni, ispirazioni,
e qualcuno si ricorderà di te,
qualche tuo verso bagnerà le ciglia di qualche innamorato,
farà riflettere qualche persona sensibile,
qualche ammalato disperato,
o coloro che vogliono vivere in pace!
Sarà il vento il tuo amico fedele:
lui sussurrerà tra i rami dei pioppi e delle querce
le parole che avresti voluto scrivere sulla roccia
e verrà il tempo in cui molti parleranno d'amore,
quell'amore che riposa svogliato nel petto dell'uomo
e che il poeta fa germogliare ogni tanto.

Tabacco e amore
Sol'io son qui a pensarti, ti ricordo,
e mi ritorni molto spesso in mente,
tante volte poi rivedo tristemente
un ragazzino in bici che non scordo.

Tu mi insegnasti a stare sulla sella,
tu mi donasti affetto a dismisura
or che riposi in una tomba oscura
in ciel scintilli più di viva stella.

Avevi le mani nere pel tabacco
che foglia a foglia con un ago univi
risento le cicale tra gli ulivi
a quei ricordi ancor oggi m'attacco.

E sono questi i giorni dell'estate
che più mi bussi in petto con ardore
lo so, oggi capisci il mio dolore,
ma ormai quelle felicità sono passate.

Oggi mi resta in mente il tuo sorriso
quell'affetto davvero prorompente
che mi donavi assai teneramente
stampandomi i tuoi baci sul mio viso.

Non tanti sono gli affetti che ricordo,
ma i tuoi sapevi davvero regalarli
neppure io ho potuto ricambiarli
al vero affetto son rimasto sordo.

Oggi che sento nell'anima una spada,
mentre corro in bici lungo il fiume,
mi resta in cuore un ultimo barlume
trovarti nella medesima contrada,

su quel sentiero bianco, abbandonato,
e tu che mi saluti con la mano,
che vedo ancora nera da lontano,
e quel sorriso che non t'ha lasciato.

A mia zia Vittoria con tutto l'affetto e l'amore che ho sempre dentro per lei.

Puglia
Veloce volerò da mare a mare
a veder l'astro nascere e morire
restar confuso e non poter capire
se sia un tramonto oppure l'albeggiare.

E' così stretta questa Puglia cara
con la sua terra rossa e soleggiata
da Otranto sarà una passeggiata
ma la percorrò con la bocca amara.

Amara per il male che m'hai fatto
per i ricordi che ho fissati in petto
da te ormai nulla io più m'aspetto
m'hai regalato un ultimo misfatto.

Di sale tutto m'hai riempito il cuore,
sei stata sempre molto accorta e scaltra
hai saputo apparir perfino un'altra,
hai raccolto ogni briciola d'amore.

Ora io non ho più nulla da donare
tutto l'affetto a te l'ho regalato
sempre nel cuore tuo é conservato
ad altri nulla ho più da regalare.

Poco m'importa: so d'averti amato
e l'ho fatto con gran sincerità
tu non m'hai ricambiato per viltà,
l'amor non lo conosci e non l'hai dato.

Sonno
Lascia i pensieri fuori dai cuscini,
gli occhi ora chiudi,
la luce fugge via,
un lampo sembra illumini la notte
mentre il silenzio scende,
nebbia e rimpianto stende,
negli occhi stanchi il sonno già compare
resta in tua compagnia,
sembra il volto ti voglia accarezzare,
spegne ogni timore,
l'ansia,
l'allegria.
Sono lontano
ma pur ti sto a guardare,
m'aggiro per la stanza
le coperte sul petto ti sistemo,
veglio silente per farti addormentare.
Tu sorridi,
forse avverti un angelo che vola
che s'aggira muto per la stanza tua
e non ti senti sola.
Lui asciuga le mie lacrime,
che ancor non sono spente,
che ancor non ho interrotte,
mentre il mio cuor sussurra dolcemente
"dormi serena, amore, buona notte"!

Il tempo che verrà
Il tempo che verrà
sa di nuvole bianche e grige in cielo,
sa di arcobaleni
e vento
ed onde di mare.
Sa di sole e sale
di freddo e caldo
di spiaggia e neve.
Il tempo che verrà sa di morte
che m'aspetta da un pezzo
ed ha pietà di me
ma è crudele assai,
e mi lascia arido soffrire,
rifiuta di farmi ora morire.

Ricordo mio padre
Di te ricordo quel giorno d'estate,
la pineta dei "Piani" ricamata da erbe insecchite,
deserta,
con rari voli di ciole lontane,
il sole splendente,
rovente,
accecante,
un frinire incessante di cicale.
E poi un colpo di fucile
e quel "ci, ci, ci" disperato,
quel cardellino che si avvitava nell'aria,
che agonizzava ai tuoi piedi.

Madre Terra
Perdonaci Madre che t'affanni,
che tra i miasmi ruoti e t'addolori,
tra gli escrementi ormai t'abbiamo avvolta,
tra spazzature putride e indecenti.
E tu resisti,
ti sforzi e ti rinnovi,
un sole nitido ancora ci regali,
spazzi col vento queste nebbie immonde
ti sforzi di scappare dai veleni
dalle scie che abbondanti disegnano il tuo cielo;
segnali forti ognora tu ci mandi,
ci anticipi le sciagur da noi costruite,
con le tempeste che flagellano i paesi,
con il cambio incostanti di stagioni.
E noi, arida gente con il cuore chiuso,
pensiamo ai nostri squallidi interessi,
schiaffi ti regaliamo e tu li incassi
e dopo i tuoi colori ci regali.
E ci avverti con segnali nuovi
delle sciagure che ci costruiamo,
umile pieghi gli alberi morenti,
a valle fai cadere le montagne,
d'acque irruente invadi i tuoi villaggi
i borghi affoghi e ancora ti tormenti.
L'ape da tempo il fiore non carezza,
il polline languisce sui pistilli
e tu ancora lacrime distilli,
la luna in cielo, ancor, per noi scintilli!

Via Rigno
In Via Rigno c'é un raggio di sole
v'é rimasto in una bella giornata
quando il cielo era ancora sereno
e le nuovole ancora nel cielo.

In Via Rigno c'erano occhi di mare
la speranza e la gioia brillava
quando il tempo era lungo a passare
io ci andavo una casa a guardare.

Nella casa c'era un cuore felice,
gioia e vita mi trasmetteva
io credevo che il ciel fosse tela
e la luna un'amica di sera.

Da un colle guardavo Via Rigno
era un poggio che un tempo accoglieva
le persone che cercavan riparo
dai pirati che venivan dal mare.

Sul quel colle mi sono confuso
la ragione e la vita ho lasciato
ora ci vedo soltanto un deserto
e la chiesa mi sembra distrutta.

Nella chiesa con lei sono stato
mi spiegava gli affreschi consunti
e le feste dove tutto il paese
ogni estate ci andavan a sognare.

Ed anch'io ora sogno Via Rigno
e mi sembra una strada perduta
e ci vedo una fitta foresta
e il mio cuore che non trova l'uscita.

In Via Rigno c'è un raggio di luna
ma le nuvole lo coprono tutto
nel mio cuore c'é un buio profondo
e mi perdo ma luce non trovo.

E non trovo neppure speranza,
io non trovo neppure fiducia,
là ci ho perso un amore profondo
là ho smarrito passione e futuro.

(Da modulare sulle note della canzone "Bocca di Rosa" di De André)

 

A Pablo Neruda
Non parole,
inutili foglie al vento,
non lontano consenso
pasteggiando a mensa
davanti alla TV,
non lacrime
che il sole asciuga,
ma azioni concrete,
voce di popolo incessante
a scuotere i potenti della terra
ed urlare il nostro desiderio di pace,
la nostra ripulsa verso ogni guerra!
Salvatore Armando Santoro

 
A Pablo Neruda
No palabras,
inútiles hojas al viento,
no lejano consenso
saboreando una comida
delante la televisión,
no lágrimas
que el sol seca,
pero acciones concretas,
voz de pueblo incesante
agitando a los poderosos de la tierra
y gritando nuestro deseo de paz,
nuestro rechazo a todas las guerras!
Traduzione di Giunone Giove
Vigliacchi
Voi non dimostrerete mai nulla,
i vostri soldi
non serviranno a coprire la vostra pochezza,
la vostra insufficienza.
Potrete essere in cima alla lista dei potenti,
il vostro reddito irriderà
le misere pensioni integrate al minimo,
con le vostre televisioni
potrete plagiare le coscienze,
trasformare gli animi,
ricercare un consenso estorto,
ma voi resterete degli impotenti,
dei vigliacchi
(e voi lo sapete di essere tali),
degli esseri inutili e destinati a sparire
dalla coscienza buona del mondo.

Tracce
M'hai chiesto tante volte: "Dimmi amore
se mi vuoi sempre bene come allora.
Dopo tant'anni scema anche il tremore
ma resta dentro il cuor l'affetto ancora".

"A settant'anni forse si scolora,
l'amore cambia, muta di vigore,
ma l'affetto sempre uguale affiora,
più originale e meno ingannatore,

si trasforma in qualcosa di speciale
che dentro il petto fa vibrare il cuore,
rendendo indifferente bene e male;

mischia l'affetto col sordo rancore
ma sempre in fondo all'anima prevale
quell'iniziale e lieve batticuore".

Anime smarrite
I nostri vecchi sono come anime smarrite
spesso si perdono come bambini,
non distinguono il bene dal male,
il reale dall'irreale,
il vero dal falso.
E basta un acciacco per intristirli,
un problema per deprimerli.
Andrebbero amati i nostri vecchi
ed invece spesso li abbandoniamo,
li raggiriamo,
li inganniamo.
I nostri vecchi
sono come foglie accartocciate
trasportate in una giornata di vento
per le strade del mondo.

Simulando fedeltà
La fedeltà è rara da trovare
nelle vetrine non si trova esposta
anche le donne l'hanno ormai riposta
solo con un amor non san restare.

Ne studiano tante e san chattare,
mettono tutto in vista a bella posta
lo fanno ormai con molta faccia tosta
nude e infoiate si fanno guardare.

Poi in chiesa fan le veglie a Pasqua
e fingono di batter pugni in petto,
affondan poi le dita dentro l'acqua

dell'aspersorio senza alcun rispetto,
la coscienza così ognun si sciacqua
e si appare probi e lindi nell'aspetto.

In fondo simulando bene in chiesa
e lasciando una candela accesa

si guadagna non sol l'assoluzione
ma anche la grazia e l'aspersione.

Ma della fedeltà tra le sottane
l'ho vista solo e tanta nel mio cane.

Il buio sui cuscini
Sta calando il buio nei nostri cuori,
mentre t'osservo sotto le lenzuola,
tu telefoni, e so che non sei sola,
un nuovo amore coglie i tuoi tremori.

Anche quest'altro or tieni sugli allori,
sommessa la voce sgorga dalla gola,
più non l'ascolto e ad altri lidi vola,
ad altri vanno adesso i tuoi favori.

Ma so che intrecci inganni solamente,
tu non conosci, bimba, l'onestà
non sei fedele e già cinicamente

prometti affetto, ma poi con gran viltà
te lo rigiri come un buon cliente
per soddisfare le tue morbosità.

Amore per foga
Di tanto amor che forse mi fu dato
solo raccolgo secca paglia a sera
e dalla chiesa sale una preghiera
d'una donna che non ho scordato.

A lei ho donato grano profumato
visse con me una passione vera
ora mi resta in cuor l'angoscia nera
solo squallore al vento ha seminato.

Ha rincorso da sempre finti amori,
ha tradito il suo ragazzo per mania
solo per appagar voglia e calori.

E ha diffuso in rete odio e pazzia
ricercando affannata nuovi ardori
come su un banco di chincaglieria.

L'amore non esiste
Ci innamoriamo spesso a questo mondo,
è tutta una rincorsa ai grandi amori
pensiamo sempre di donar del bene
invece, infine, raccattiamo pene.
L'amore vero credo non esista,
lo conoscono soltanto gli ammalati,
quelle persone forse un po' bizzarre
che sognano solo affetti spirituali.
Si pensa all'amore a prima vista
e si regala dedizione e affetto,
invece il tutto è spesso un'illusione
solo un abbaglio, solo confusione
dovuto a qualche sfaccendato ormone.
L'amore oggi si decanta a letto
in un miscuglio squallido di odori
siam pilotati dai nostri bassi istinti
che cercano soltanto eccitazioni
appagamento fisico e sessuale,
un rispecchiarsi tetro nel bestiale.
Il tutto poi finisce in un orgasmo
sempre più spinto, sempre più sottile
con la ricerca del particolare,
tutte le situazioni esasperare
per ricavarci un po' d'appagamento,
che gioia ci dia solo sul momento.

Ma dell'amore vero, poi, cosa rimane?

Solo il disgusto, solo trasgressioni,
smanie intensive a nuove violazioni...
...E poi la noia,
la fiacca fisica e mentale
la fine delle labili illusioni,
la morte dell'amor, d'ogni passione.
Il puro d'un tratto torbido diventa,
intorno a te solo pattume resta
miasmi appestati farciscono l'olfatto,
il ciel s'annebbia
e la natura opaca appare e tu la vedi
come in un vecchio quadro decadente
di Ensor o di Munch tinto di niente.
Di nobile rimane proprio nulla,
galleggia solo il becero edonismo,
figlio bastardo del sordido egoismo.

Ed io mi sento come un uomo perso
perchè con tanto amor che mi fu dato
io, quello vero, quello sublime e terso
forse davvero non l'ho mai provato.

Maledetto bastardo
Sono un maledetto bastardo,
ho buttato amore e cuore ai porci
sentimenti ed affetto al vento
parole e baci nel pozzo della morte.
Gelido un abbraccio mi risponde
il vento mi restituisce tempesta
dal trogolo s'alzano zaffate di miasma.
Chi vuole questo amore?
A chi lo regalo?
Chi l'apprezza?
Voglio te, amica silenziosa,
donna in bianco che avanzi nella notte,
che m'accarezzi i pensieri
che mi crei illusioni
che provi a darmi pace.
Vieni ti prego
accarezzami davvero,
perchè mi fai ancora soffrire?

Aspettando la fine
Mentre penso a te il sonno fugge,
filtra l'aurora dalla tapparella,
un altro giorno arriva e il vento rugge
di te io non mi scordo dolce stella.

Le rondini svolazzano garrendo
anch'io tra questi ulivi prendo il volo
nel cielo del Salento sto planando
e pigramente al vento mi crogiolo.

Ti sogno nel tuo letto addormentata,
t'osservo nel silenzio del mio dramma
che mi corrode l'anima ammalata
mentre si spegne lenta la tua fiamma.

Son perso, la morte già corteggio,
presto mi porterà la sua carezza,
ognun lo sta vedendo che barcheggio
ormai affogo nella mia incertezza.

Lo so che lei di già m'ha abbandonato
forse un nuovo amore ora rincorre
tutto l'affetto dal cuore ha cancellato
la vita mia verso un abisso corre.

Una vecchia foto
In quella vecchia foto insieme a me
tu m'abbracciavi tutta sorridente
oggi mi chiedo come mai e perché
tu sia cambiata e più non valgo niente.

In quel mattino limpido con te
ti stringevi a me felicemente
ora quel sorriso nitido non c'é
e sto soffrendo e l'animo é dolente.

Eran parole perse tra gli ulivi
col sole di novembre declinato.
Non ne son certo se già mi mentivi

ma tu lo sai che sono disperato.
Forse amore per me non ne nutrivi
e come cristo in croce m'hai inchiodato.

La vendetta
La vendetta è una brutta malattia
scompone il cuore quando avvampa l'ira
rode la mente e non si sa che sia
come un germe nell'animo s'aggira.

Il bene affoga nell'ipocrisia,
l'essere umano in nera bestia vira
l'animo invade d'ogni ritrosia,
contro di dio per ultimo cospira.

Senza volerlo l'uomo incattivisce
il bene dal suo cuore si cancella
l'amore dato se ne va, svanisce,

varca i confini e mai paga gabella.
L'odio tutto l'affetto imputridisce
e in petto scende come una trivella.

Vieni tristezza
Vieni tristezza, abbracciami se puoi,
una carezza donami stasera
ormai la vita mia è una chimera
la morte aspetto che ogni male ingoi.

Volano stille dagli annaffiatoi,
un canto sfuma da una siepe nera
e il verso stanco d'una capinera
accompagna il muggir stanco dei buoi.

Tace il mio cuore triste e rassegnato,
come una stella s'è spento lentamente
dietro un amore triste e disperato

sparso dal vento come una semente
che nell'aria ha per poco volteggiato
cascando poi nell'acqua del torrente.

Pantaloni per terra
Ricordo ancora quella prima volta
in quell'ostello fuori di Nardò
la tenerezza appena avevi colta
perchè non ho saputo dirti:"no"!

Era l'autunno del duemilasette
mi sfilasti camicia e pantaloni
il calore provai delle tue tette
e l'ansimare forte dei polmoni.

E mi dicesti: "Mai non ti scordare;
questo giorno tienilo nel petto".
Poi ti donasti a me senza pensare

promettendo eterno amore e affetto.
M'hai fatto invece sempre lacrimare
e utilizzato come un vecchio oggetto.

Ultima nebbia di aprile
Lieve la voce il cuore intenerisce,
urlo su queste acque il mio dolore
mentre si alza in volo e poi svanisce
l'ira funesta che m'opprime il cuore.

Vedo tra questa nebbia inamidata
lenta la Dora scorrere tra i ponti
mentre la voce mia s'é inabissata
nell'acqua che rispecchia cielo e monti.

Ancor la neve sfuma contro il cielo
e mi raggela il sangue nelle vene,
le sue parole sono ormai di gelo

m'hanno colmato ancor di nuove pene.
Gli ultimi petali sfrondano da un melo
ed anche sfoglia l'ultimo mio bene.

Il profumo delle ore passate
Il profumo delle ore ormai passate
sa di glicini e forse di lavanda
ricorda le nottate mie sudate
i suoni antichi d'una vecchia banda.

E voci e canti per viuzze spente
dove son morti tutti i miei pensieri
le pacche, le spinte e allegramente
i giochi che allietavano i pensieri.

E ci bastava poco per gioire,
a volte solo una partita a carte
su un muro rotto, altre a disquisire
d'un amico che resta o di chi parte.

E si farneticava nella notte,
mentre i grilli frinivano incessanti,
delle torme di donne mai sedotte
o d'avventure e amori appassionanti.

E penso all'oggi quanto mai reale
ai nuovi amori veri e deprimenti
e a tratti provo in cuore tanto male
per le passioni mie anche indecenti

che a volte mi intristiscono la mente
che gioia non mi danno ma afflizione
che sognare mi fanno assurdamente
quel tempo di bugie, di alterazione.

Lacrime vagabonde
Una lacrima scivola dagli occhi,
ed il pensiero insegue
del dolor che la genera e la culla.
Nella notte urlo questa passione oscura,
vicina a me ti vedo
anche se ormai da me tu sei lontana.
Mi chiedo cosa fai,
cosa mai pensi e provi.
Ti vedo sola andar nel tuo paese,
in silenzio t'osservo nei pensieri,
ti sogno come oggi sei,
mi son scordato ormai com'eri ieri.
Dal petto sale un senso d'abulia
m'avvolge struggente la pietà,
ed io t'inseguo mentre corri via,
con questa mia passione mi confondo,
m'accorgo di tutta la viltà
che in cuor galleggia con stupidità,
nello sgomento affondo.
Mi chiedo della mia impotenza,
cosa mai faccio,
come ricambio questo amore tuo.
Soffrire ti lascio nel silenzio,
questa disperazione in fondo a cosa serve?
Queste inutili lacrime che verso,
queste parole vergate su dei fogli,
questi rimpianti che fustigano la mente,
questi rimorsi che seccano ogni affetto,
il mio dolore amplificano,
la ragione m'offuscano,
e il cuor scandisce aritmie incostanti.
E tu, dio barbaro e crudele,
che volteggi nei cieli
e che le umani pene non lenisci,
perchè la vita mia così tormenti?
Perchè questo mio affetto ancor dileggi?
Perchè il sentimento mio ognor ferisci?
Il campanile suona ed io ti penso
in una stanza chiusa a ripassare
una lezione oziosa che t'opprime
e che l'amore mio ti fa ignorare,
mentre io vergo queste stanche rime.

Ti amo
Il mio amore per te non ha confini
tutto il giorno ti penso e mi dispero
vorrei averti per me ma non lo posso,
e nel mio petto sento un mare smosso.
Quando son triste e solo come un cane
per la città passeggio e son sgomento
e sembro un uomo triste e disperato
ma se a te penso torno rinfrancato.
Quando squilla in tasca il cellulare
guardo il quadrante e cerco il nome tuo
scorro l'elenco dei chiamanti a fondo
se non sei tu nel buio risprofondo.
Quando il tuo nome appare finalmente
e il nero sul rosso lo evidenzia
una felicità mi scuote il petto
e la tua voce d'ascoltare aspetto.
Ed io ti amo
anche se appari poi sfuggente a sera,
anche se poi ripiombi nel silenzio,
ti amo perchè m'hai fatto solo un cenno
e mi sollevi quando un po' tentenno.
E t'amo sempre
quando mi sgridi e dopo mi sorridi
quando prometti e poi non chiami mai
quando mi tratti come un animale
e t'amo anche se mi fai del male.

La fine delle emozioni
C'é sempre un inizio ed una fine
in tutte le cose a questo mondo,
prima un caldo intenso di fascine,
poi il freddo, più non lo nascondo.

La carne è trafitta dalle spine,
lo so che piano piano affondo
dell'amore vedo già la fine,
di notte tra il sudore sgrondo.

Si, siamo alle porte dell'inverno
il gelo mi sta coprendo il cuore
ormai finanche il padreterno

sa che resterà solo dolore;
tutto quello che sembrava eterno
stancamente deperisce, muore.

Per noi si schiuderà l'inferno:
tornerà l'amor dopo lo sverno?

Confessione
Lo so, mia donna,
che balbetti amore
e la sera i sogni m'accarezzi,
incessante ti chiedi e ti tormenti
quanto vero ci sia d'affetto in te,
quanta parte di sesso t'accompagni.
La scorgo questa tua affezione
ch'ogni giorno più si tinge di passione,
ho paura, sappilo, ho tanto terrore
di non poterti amar come vorrei,
di non poterti ricambiar con pari ardore.
Avverto questa tua apprensione folle,
tu la trasmetti e tanto m'addolora,
non sono leale e tu lo percepisci,
tu lo sai dove corre il mio pensiero,
lo fiuti e simulando vai,
ignori questo mio folle ondeggiare
perchè tu vedi, si, tu lo intuisci,
e fortemente so che tu lo sai
che darti tutto l'amor che vuoi
forse io non potrò dartelo mai.

Una domenica di marzo
Una domenica di marzo,
primavera è alle porte,
una data che conta
un appuntamento quasi al polo,
come il gelo di questa giornata fredda
con un vento che spacca orecchie e gambe.
A me sta anche spezzando il cuore,
che naviga lontano,
oltre il colle si perde,
oltre quel mare azzurro dietro la centrale.
L'odor di zolfo l'aria ammorba,
il boro i prati imbianca,
l'urlo della terra mi colpisce la mente
come questi soffioni
che danzano sulle biancane di Monterotondo.
Bolle il lago boracifero,
l'erebo si ribella,
zuffi infernali nell'aria tersa immette.
Ed io dentro sprofondo
in questi gorghi bollenti affondo,
e tu lo sai.
Tu lo sai che non l'amo,
lo sai che a te io sempre bramo.

Emozioni
Parole al vento
semino emozioni
scende la sera

Perdonami
Perdonami amica affettuosa,
che riempi il cuore di pene,
mi porgi cordiale una rosa
e a te, invece, che viene?

Sei semplice e tanto leale
regali serena il tuo affetto
ma dimmi in fondo che vale
se a me non gemma nel petto?

Son vinto, lo so, tu lo sai,
perchè la mia antica passione
mi mostra la strada dei guai
mi dà soltanto apprensione.

Percorro un sentiero sbagliato,
lo so che alla fine rovina,
è scritto nel libro del fato
la rosa nasconde la spina.

Invano io urlo in silenzio
ma lei ormai non ascolta
in cuore mi resta l'assenzio
e l'animo è tutto in rivolta.

M'angoscio, lo so, sono perso,
ma senza il suo amore non resto
nel buio io giaccio riverso
all'ultima tappa m'appresto.

Alterazione
Scorre questo maledetto fiume,
indietro non si volta
tra i gorghi suoi mi porta
mi rivolta.
Confuso mi sbando come foglia,
sui me stesso giro,
con la corrente filo,
m'agito,
viro.
I giorni volano
quelli passati sfoglio
li metto in ordine
li cerco,
li vorrei,
li voglio.
Io ti ho avvisata,
la verità t'ho detta
nulla t'ho più nascosto.
A questo amore non rinuncio,
gli anni passano,
i mesi volano
la pelle mia sgualcisce
la voglia di vivere decresce
l'alba diventa sera
la vita morte
l'ore si fan più corte
e già domenica è alle porte!

Carso
Scavando il proprio campo,
e non per caso,
una mandibola scorse tra la terra
con quattro denti,
una tibia , una rotula, tre costole consunte
un cranio con un buco nella fronte.
"Nel prato mio?"
sbottò indispettito.
Ed affondò la zappa nella terra
ed altre cose trovò:
una boraccia, una gavetta
delle posate consunte d'alluminio,
una fibbia, una baionetta
e un elmo forato e mezzo arrugginito.
"E' gente nostra - pensò -
che morta è in guerra".
Ma tra le zolle v'era una medaglia,
quasi consunta e sempre d'alluminio,
come quella dei cani per l'appunto,
con inciso un cognome non padano,
un nome d'un terrone: Antonio Catalano.

Il Piave mormorava
Scorre il Piave, a Nervesa pianeggiante,
ma il passato non potrà dimenticare
quando misto al sangue rosseggiante
impotente fluiva verso il mare.

E trasportava tanti cadaveri d'alpini,
insieme a migliaia di fanti massacrati
per difendere in guerra quei confini
che con la pace son stati cancellati.

Penosa ovunque è la vita delle genti,
di chi vuol vivere in pace col vicino
costretto a subir gli intrighi dei potenti
assetati del misero sangue contadino.

E' triste che la traccia d'un pennino
su una carta, mi divida da un amico
e, stabilisca, che quel mio vicino
per legge diventi un mio nemico;

e in nome e per conto del governo
esser costretti ad una folle guerra,
in trincea passar più d'un inverno
per difendere quella stessa terra

che insieme abbiamo sempre lavorato,
dove il grano abbiamo un dì raccolto
senza l'intralcio d'un filo spinato
che la libertà di transito ci ha tolto.

Oggi per legge di nuovo siamo amici:
io una gamba sul Piave ci ho lasciato
e il mio vicino ha perso, tra i nemici,
i fanti che le figlie avean sposato.

Ma la lezione non sembra mai servire!
I morti stan lì, schierati nei sacrari,
eppur qualcuno continua a costruire
nuovi steccati per chiuder gli avversari.

Ed in funzione di effimeri profitti
si alimenta nei cuor l'antagonismo
utile per fare esplodere i conflitti
e far crescere l'odio ed il razzismo.

O natura, o natura!
"O natura, o natura,
perchè di tanto inganni i figli tuoi?"
urla il poeta* dalle sue colline
e fino al mare l'urlo si distende
l'onda lo coglie
in vento lo trasforma
e poi tempesta s'agita e protende.
In un momento un mostro è la natura
della sua umanità cosa rimane?
L'ira irruenta,
la sua vendetta atroce
la sua protesta s'alza,
impreca la sua voce.

"O natura, o natura"
e ben ragione n'hai
sono gli stessi figli dissennati
causa di disastri e tanti guai.
Di te nessuno porta più rispetto,
sei oltraggiata,
di caligine riempita,
una cappa di fumo in ciel ristagna,
le tue colline tutte degradate,
i tuoi campi di tossici insozzati,
i tuoi fiumi da tempo già appestati,
i tuoi mari ormai contaminati.

"O natura, o natura"
ti chiedo io perdono,
io che ti rispetto e che ti curo,
io che ancora amor per te conservo,
io che resto impotente qui ad urlare
che a un mondo terso si potrà tornare.

* Giacomo Leopardi dalle colline di Recanati

Sapore d'acque chiare
Sapore d'acque chiare il tuo parlare,
sanno di sole e vento i tuoi silenzi
i tuoi sorrisi il cuor fanno cantare
è tutta lealtà quel che evidenzi.

Quando la sera squilla il cellulare
l'anima mia d'amor tutta potenzi
le tue parole fan rasserenare
con frasi dolci ognor ti differenzi.

Anche se ancora inseguo un sogno antico
l'affetto tuo ormai tutto l'oscura
quello che conta é quel che faccio e dico

so che tu spegnerai questa mia arsura
per questo ancora il cielo benedico
ormai per me sarai com'acqua pura.

Cavalli maremmani
Tra le paludi antiche,
ai bordi delle maligne crete,
dove la zanzara agita l'ali e ronza,
forte nei tuoi bicipiti e paziente
lento t'aggiri.
Compagno degli Etruschi e d'altre genti
le fatiche da sempre condividi
coi rudi allevatori maremmani.
Altero, ribelle, forte,
parco nel tuo nutrirti,
glauco l'occhio rigiri,
al bordo dei poderi corri,
il buttero assecondi,
le sue memorie autentiche decanti.
E nel tuo sangue
orme d'antichi geni ancor conservi,
ai posteri tramandi figli ostinati,
valenti e forti nell'ardua attività dei campi,
memorie archivi di remote genti,
pregi riproduci di virtù mai estinte.
Poi, mentre sogni
i padri tuoi guazzare nei pantani,
nel volo di falchi pescatori ritrovati
affondi il tuo passato trasformato,
e intorno a te anatidi e garzette
lieve sorvolano le ultime paludi
ai bordi del Parco d'Uccellina,
che di bianco colora già la brina.

La grande onda
La grande onda che aspetto,
adesso arriva,
forse domani si farà presente.
La grande onda,
ogni tanto nei miei sogni appare,
si materializza nella coscienza mia
e mi tormenta.
Quel cataclisma che gli uomini sconvolge,
che veste panni diversi,
indumenti colorati e bigi a volte indossa,
si rimpiatta dietro la porta chiusa
al piano terra,
attende e non ha fretta.
Ed io scrivo e non indugio,
sulla carta disegno pochi versi
prima che la grand'onda mi sommerga.
La penso impassibile, tremenda,
che spacca il mondo in due.
La montagna sprofonda in fondo al mare
e un lago sorge d'un tratto in mezzo ai boschi.
Vedo lo spumeggiar dell'onde,
il terrore nel viso della gente,
odo gli strilli immensi
delle agonie sommerse.
E poi il silenzio!
Un nuovo mondo sorge,
impassibile dal nulla, ridisegna
le carte geografiche
e un conducente lascia in bilico
su una strada interrotta,
sparita nel vortice improvviso
d'una natura senza preavviso.
Ecco, ora il dolore, non c'è più,
è svanito,
la calma dentro il corpo è ritornata
ed una dimensione nuova
nella natura umana
improvvisa, inattesa, si è creata.

 

Quel profumo di letto disfatto
L'orma del corpo tuo
accanto al mio scomposto,
i capelli arruffati
gli occhi socchiusi e spenti,
il sudore che scorre sulla pelle,
la luna che accarezza questa mente
ombre fugaci allunga
e le distende
nel silenzio strozzato della voce
che l'ultimo gemito da poco ha soffocato,
l'ultimo lungo orgasmo ha dissipato.
Ed io ti guardo,
il corpo nudo a fianco al mio,
fremente,
la bocca disegnata dal piacere
dopo tanti anni alfine riprovato.
E quel profumo del letto ora disfatto,
che accarezzo privo del tuo corpo
che rivedo nel buio della mia stanza,
mi riporta notti lontane, andate,
che sanno ancora d'ansia e di afflizione,
che sanno di rimpianto,
di inutile disperazione.
Urlo dentro il mio petto,
l'ansia reprimo,
il dolore cancello.
Questa mia vita regalata al vento,
che la mia quercia scuote e rassicura,
questo mio corpo privo d'anima ceduta
d'anima peregrina e disperata,
questa mia vita ormai cosa più vale
ora che l'amore suo s'è consumato
dietro parole vuote e sregolate?
Ora più non mi sente,
la voce mia più non ascolta,
i ricordi ha rimosso dalla mente,
mentr'io m'avvito su questo nuovo affetto
che nel cuore comincia a germogliare
ma il vecchio amor non vuole cancellare.
Salvatore Armando Santoro
Parfumul unei nopti de iubire
Urma corpului tàu
langà al meu pierdut,
pàrul in desordine
ochii intredeschisi si stinsi
picàturi de iubire
mi se prelinge pe piele,
luna mangaie ce a mai ràmas
din gandurile mele
alungand umbrele efemere
si distanza dintre noi,
ìn linistea tàcerii ucisà de voce
panà si ultimul oftat am sufocat,
si ultimul orgasm am si uitat.
Si eu te privesc,
corpul tàu gol, langa al meu
tremurand,
gura desenatà parca de plàcerea
pe care o regàsesc dupa multi ani.
Si parfumul patului, acum desfàcut
il mangai, pentru cà tu nu mai esti,
si in intunericul odàii mele
i-mi aduc aminte de noptile trecute,
cu o durere acutà, in van pensare.
Sufletul meu urlà, gàndul il opresc,
am ucis demult durerea.
Viata asta a mea o fac cadou vantului
sunt ca un stejar ce tremura,
corpul àsta al meu ramas fara suflet
sufletul àsta pelegrin si disperat,
cat valoreaza viata mea
acum ca iubirea s-a consumat
in spatele cuvintelor aruncate.
Acum nu mai ascult amintirile,
in inimina mea o noua iubire renaste
dar nu va sterge vechia mea iubire,
ramasà acum doar ca o dulce amintire.

Traduzione in rumeno
Liana Margescu
 

 

Salento antico
Perchè il mio pensiero oggi riaffiora,
terra dei padri miei ormai scomparsi?
Triste mi sperdo per quei campi arsi
di vecchie estati che il pensier colora.

E quel profumo di terra che tal'ora
s'alzava dai meloni a terra sparsi
o dai quei fieni profumati e scarsi
che l'olfatto colpiscono ancor ora.

Mentre il color dei pomidori rossi
s'allargava su gradevoli friselle
e l'odore del basilico dei fossi

si fondeva a fresche lemoncelle
sui campi stesi e solo allor rimossi
da bimbe spensierate e ridarelle,

a cui bastava veramente poco
per trasformare anche il lavoro in gioco.

Nota: Sonetto ritonellato.
ABBA ABBA CDC DCD EE

Valentina dai capelli rossi
Sciocco ero stato a non capire niente
per te stavo ignorando un nuovo affetto,
per te che ormai m'hai detto chiaramente
che all'amor mio non provi più diletto.

Anche se Vale l'amor mio non sente
insiste con il ben dell'intelletto
ed il suo amore ognora intensamente
m'offre con la dolcezza c'ha nel petto.

Coi suoi capelli rossi Valentina,
gli occhi colmi di lacrime sincere,
la mano m'accarezza, poverina,

spera donarmi ancora quel piacere
che m'hai donato tu quella mattina
che parole dicevi dolci e vere.

La carezza del tempo
Vieni, piccola mia,
torniamo indietro negli anni
tuffiamoci nei nostri giochi infantili
e urliamo alla luna.

Vieni, accarezzami le mani,
fai nuovamente vibrare il mio cuore,
sussurra alla mia anima i tuoi segreti.
Oh, la mia età,
la mia età non conta,
la mia pelle non si accorge del tempo,
le sensazioni sono sempre quelle di allora.

Fai scivolare la tua mano sul mio viso
cancella i segni dell'età,
rincorriamo la nostra nuova primavera,
raccogliamo primule e viole
che stanno germogliando nel cuore,
esultiamo per questa nuova passione,
fuggiamo dal mondo e abbracciamo la vita.

8 Marzo d'angoscia
A te dolce mia amica
che ascolti il mio parlare,
a te
che sai donarmi una parola stanca
quando il mio cuore è triste,
che l'accompagni nel suo peregrinare,
con lui discorri,
a lui tu forza dai.
A te che timida pazienti (e forse soffri),
che le mie pene ormai conosci
e dolcemente mitighi e lenisci,
a te, mia dolce amica,
in questo giorno il mio pensiero corre.
E ti ringrazio della tua presenza,
del vigor che mi dai
per affrontare la ripida salita
che affonda nel mio cuor l'indifferenza
verso un amor che ormai ristagna e muore,
verso un affetto che mai potrai scambiare,
che si consuma tra apatia e rancore.

Cade la neve
Cade la neve,
in silenzio accarezza porte e finestre,
scivola lenta e tace!
Dolcezza trasmette,
pace,
tenerezza nel cuore,
silenzi,
battiti d'ali di farfalle agonizzanti
che s'ammucchiano su prati bianchi
dove l'erba riposa
e il verde vela.

Padre non fui
Padre non fui,
non sono,
né figlio fui
che ebbe padre e amò,
nulla io fui.
Neppure nonno,
limpida voce udii
o singhiozzo di notte
o pianto antico.
Cosa mai fui
vorrei saperlo un dì,
ma non c'è voce tacita
che parla e dice e spiega.
Quello che sono oggi
non lo so.
Vorrei sentirmi padre,
o amarlo un poco,
vorrei sentirmi me
ma non lo sono,
forse nulla sarò
e chi io sia
forse mai lo saprò.

Rigurgito
Sono sceso dall'ara,
il sangue ancora gronda e lei lo vede,
ma incurante bagna i suoi piedi nudi,
lascia tracce incomposte sull'asfalto bianco
e nel mio cuore.
Una nuova carezza scivola sulla mia pelle,
ma io non l'avverto.
Da masochista inseguo il dolore,
respingo il piacere,
esilio i nuovi affetti,
dei nuovi baci non avverto il calore,
il sapore nuovo quasi disgusta i miei sensi,
assuefatti al sapore di fragole mature!
Mi convinco d'essere diverso,
forse anche speciale se all'amore rinuncio,
se non vedo gli occhi lucenti,
se indugio ad aprire il mio cuore
a nuovi affetti ed amplessi.
La marea sale e sommerge il passato,
la libertà agognata è arrivata,
la paura finita.
Avverto una strana calma interiore:
la luna accarezza una notte povera di stelle
e la finestra della tua casa si spegne
insieme all'ultima luce d'affetto.

Campo al Bizzi
La memoria s'offusca,
s'annacqua,
si vela.

Il sangue s'impregna
si espande
si cela.

Il tempo cancella
la fame
svanisce.

Ed anche il dolore
s'attenua
sminuisce.

Le lotte passate
le stragi
subite.

Conquiste fondate
sul sangue
patite.

Una casa nel bosco
distrutta,
apparisce.

La memoria riaffiora
germoglia
fiorisce.

LA LAPIDE SUL MURO DELLA CASA DI FRASSINE A MONTEROTONDO MARITTIMO
Il 16 febbraio 1944
gli scherani del fascismo
invasero questa casa
sopraffacendo
con la forza del numero
i combattenti della libertà
BENEDICI SILVANO - FIDANZI PIO
GATTOLI OTELLO - MEONI REMO
MANCUSO SALVADORE
qui caduti immolando
per la resurrezione d'Italia
le loro generose giovinezze

Argentario
D'improvviso
i tuoi occhi si sono illuminati.
Oltre la curva,
inaspettatamente,
hai visto le case affacciarsi sul Tirreno.
"E' un mare d'un colore intenso"
- mi hai sussurrato -.
"Verde come i tuoi occhi",
- t'ho risposto -.
Le case dei vecchi pescatori
non esistono più.
Oggi si abbracciano col viso rinnovato
specchiandosi nel mare dei miei sogni,
quel mare
che da bambino mi regalava tenerezze,
mi offriva miraggi e visioni stupende!
Ed anche tu, oggi,
hai voluto lasciarmi un ricordo,
hai voluto lenire la mia pena,
provare a cancellare le mie sofferenze,
e mi hai regalato una carezza.

San Valentino
Cuore,
amore,
languore,
palpito di affetto!

Il canto delle cicale
La musica m'avvince!
Nel meriggio antico, quando la calura avvampa
sulla spianata del vecchio Partenone,
il mio canto s'invola
e Atena incensa!

Clemenza lei non dispensa,
la sanzione all'ozio cercato non sconfessa,
il decorso del tempo accelera,
nella fine del canto spera
e la delazione sollecita:
poi la sua lista stende, la condanna impone
il giudizio alla condotta umana
solo la dea decreta.

A me, che tra gli ulivi indugio,
qualche attenuante
Urania e Calliope riservano:
il mio filosofare apprezzano suadenti
mentre l'ultimo canto spinge il vento
sull'ara vuota dove Erato langue:
i miei pensieri m'empie d'armonia
e versi impasto con animo e poesia.

Morale (Saffica)
Nell'ondeggiare fosco della mente
tra lo sconcerto che tra tutti sale
non si conosce più chi sia immorale
chi tace mente

Spesso si pensa senza approfondire
sgorgano le parole ma avventate
e fanno sempre danno se lasciate
sole a marciare

Ormai il marasma invade le coscienze
dov'é non si capisce il male e il bene
pensa oramai ognuno alle sue pene
la vita è breve.

Ma se a tacere sono le coscienze
e quanti d'onestà s'empion la bocca
ci prenderemo poi quel che ci tocca
nessun condanni.

Non so l'esempio che noi seminiamo
chiudere non possiamo sempre gli occhi
o finger d'esser diventati sciocchi
complici siamo.

Ma se a tacere son le istituzioni
e l'immoralità si fa costume
anche la chiesa tiene spento il lume
della ragione.

E la demagogia già tutto invade
gioca anche la politica al massacro
ognuno crede giusto il suo lavacro
ma tutt'è sporco.

Se allora tutto ormai è concesso
e chi governa porge tale esempio
se gente e chiesa tace a tanto scempio
tutt'é morale.

Petali appassiti
Si sfogliano i miei giorni
come petali appassiti se ne vanno
e il vento li sospinge in riva al mare
dove un alito d'amore ancor s'aggira
per le spiagge deserte
ove smarrito
il mio pensiero mestamente vola.

Lo stelo ormai barcolla
ed un pistillo vuoto ondeggia al vento
ha perso il suo splendore
nudo rimane a riscaldarsi al sole
muto e sospeso attende un tuo segnale
la tua voce che fruscia nella notte
e che risvegli i palpiti del cuore.

Paziente attende
e un nuovo giorno sorge,
maturano i semi dell'ardore
che la tempesta sparge
sui campi sterminati dell'affetto
che dalla sofferenza concimati
nuova energia affondano nel petto.

Alba e tramonto
Cuore, oh cuore stupido che vibri,
e ti commuovi quando l'alba sorge
il sole guardi limpido che sale
l'onda carezzi, gli occhi chiudi al male.

Cuore infantile che ancora attendi
che l'acqua fresca risalga la collina
che speri in un passato che ritorni,
negli affetti che ormai son seppelliti.

Cuore gentile che nei versi affoghi
e di illusioni vivi e ti imbottisci
che una lacrima versi alle miserie
che il mondo in abbondanza ci regala.

Cuore che sempre ti uniformi
all'infelicità di tanta onesta gente,
gioisci come un tenero bambino
alla letizia quando si presenta.

Mio vecchio cuore alle afflizioni avvezzo
che speri in un amore ormai finito
che credi che nel mondo il sol risorga
alla speranza a cui nessuno crede.

Stupido cuore ancora non t'accorgi
dell'edonismo squallido che impera
l'amore a cui aspiri è solo un sogno
che l'autunno sfronda ogni stagione.

Nel mondo, o cuore, regna la miseria,
nei sentimenti più nessuno crede
tutto si esaurisce in un orgasmo
che lascia il nulla e fa morir l'affetto.

Sciocco mio cuore che al tramonto vibri
e ti emozioni quando il sole muore
lo guardi tremulo nel mare declinare
e insieme a lui gli chiede di annegare.

Tenerezza
Non è facile vivere senza amore,
a chi riesce di certo è fortunato
ma io che alla passion sono votato
se fossi privo vivrei senza calore.

Oggi però ho fatto un grande errore
nella trappola di nuovo son cascato
perchè di te mi sono ancor fidato
m'hai intenerito con il vecchio ardore.

Ma ancora una volta poi sei vacillata
ormai è certo sei vuota di cervello
come sempre rigiri la frittata

ti penti e nuovamente sul più bello
mi spieghi forse d'esserti sbagliata
poi scuse cerchi quando mi ribello.

Una mascherina
Quanto pena mi fai, oh mascherina,
per un orgasmo hai simulato amore
nello specchio vedrai solo squallore
quando ti osserverai ogni mattina.

Hai sventolato come bandierina
eppure a te donavo vero amore
l'hai ricambiato solo con dolore,
fredda ti sei deposta come brina.

Te lo sei chiesto cosa sparso hai?
Se vento hai seminato intorno a te
solo tempesta poi raccoglierai.

Ma tanto non chiedi mai il perché,
ad ingannare non ti stanchi mai
solo garbuglio nel tuo cuore c'é.

Papaveri appassiti
Nel campo dei papaveri appassiti
il passo indugia stanco e si scolora
il vento soffia e stancamente ignora
che quei boccioli un dì eran fioriti.

Erano sangue al sole rosseggianti
svettavan forti, cambiavano colore,
ma sui barconi provarono l'orrore
per i loro bambini agonizzanti.

L'onda furiosa cancellò il colore
quei barconi il mare lì sommerse
l'ansia finì, sparì anche il dolore.

Ora quei corpi sono il disonore
di chi la propria umanità disperse
in questo mondo senza più valore.

Antinomia
Tu non lo sai ma devi ringraziare
chi di dolore m'ha riempito il petto
all'amor tuo ha scoperchiato il tetto
in questo affetto nuovo avviluppare.

Vorrei poterti un giorno dimostrare
che quello che mi dai tutto l'accetto
anche se regna in cuore dell'affetto
per chi m'ha fatto solo addolorare.

L'amore è strano spesso lo si dona
a chi in maniera misera lo impiega
e povero è colui che si affeziona

a chi aridamente i sensi annega
senza pietà solo dolor cagiona
affoga i sogni altrui, i suoi rinnega.

Santa che?
Ma che santa e santa dannazione
giovedì mi ha rotto i faraglioni

ha fatto imbestialir qualche caprese
che l'ha mandata poi a quel paese.

Strillava ad "Anno Zero" in libertà
come gallina che stanno per spennà!

A sentirla sembrava assai maldestra
eppure è casa e chiesa ed é di destra!

Certo ma chiaramente non sapeva
che il clero le distanze già prendeva

perchè alla fine anche il Vaticano
e i suoi prelati si son rotti...l'ano!

E grazie a lei così anche la Chiesa
con la "sinistra" in piazza se ne è scesa

schierandosi insieme ai miscredenti
che più morali son di quei credenti

che sono stati eletti in parlamento
per fedeltà e per ringraziamento.

Per questo devono solo dire "oui"
alle follie del loro gran commis

che può fare le corna nei congressi,
scrivere le frasi erotiche nei cessi,

dare dell'abbronzato al buon Obama
ed ostentare che i poveracci sfama,

che Rosy Bindi dice non è donna
verificando e alzandogli la gonna,

alla Merkel fare uno scherzetto
ed invitarla una nottata a letto,

con Putin far le feste e l'edonista
e in Italia strigliar chi è comunista,

da Gheddafi farsi dare l'imboccata
perchè l'Europa non sia poi occupata

dalle orde organizzate a bella posta
da chi ci vuole fare poi la crosta

chiedendo un bel pacchetto di milioni
per bloccare in partenza le invasioni.

E si propone a guida sola del paese
indicando al Papa e alle sue chiese

anche la nuova religione universale
per riformare al meglio la morale

fornendo al clero un buon consiglio
affinchè santo diventi pure Silvio.

Aspetta se puoi
Perdonami se puoi e aspetta ancora
colpa non me ne dare se vacillo
a volte penso anch'io d'essere brillo
se ancora il cuore mio non s'innamora.

M'accorgo che la febbre mi divora,
più medicine per guarire instillo
ma basta poi ch'io senta un solo squillo
che come muffa l'amor mio riaffiora.

Per questo cerca d'essere paziente
dammi ancora un po' di tempo e aspetta
cerca di capir non sono assente

ti prego solo non avere fretta
il cuore mio è ancor convalescente
a breve tornerà sulla via retta.

Evviva Garibaldi
Evviva Garibaldi il grande seduttore
del mezzogiorno un dì liberatore

con suoi soldati male equipaggiati
che Rubattino a Quarto ha foraggiati

Non penso fosse sponsor naturale
forse qualcuno s'é informato male.

Infatti, anche Vittorio Emanuele
già sapeva del furto delle vele,

visto che Farini già era informato
che Rubattino voleva esser pagato!

Insomma il via da Quarto genovese
era come il segreto del marchese

che aveva scritto anche sulla scala
che i Mille andavano a Marsala.

In gran silenzio insomma son partiti
mentre gli inglesi stampavano gli inviti:

"A giorni spettacolo dei pupi
prendere posto in spiaggia sui dirupi".

"Per vedere arrivare gli invasori
con Garibaldi e i suoi liberatori".

Arrivati laggiù, è facile intuire,
che i Borboni dovessero fuggire.

Invero come accade molte volte
è uno scherzo far riuscire le rivolte.

Difatti se i comandanti son pagati
e facile poi dire: "son scappati!".

A parte qualche finta scaramuccia
a Palermo si trovò soltanto "ciuccia" (*)

per la felicità dei giovani invasori,
accolti dalla mafia e dai signori

al suono della banda e dei tromboni
agitando le drappelle ed i blasoni.

Così poi si concluse l'invasione
finita in sesso e grande libagione.

Ma appena Garibaldi salpò via
riprese la manfrina e cosi sia.

L'arruolamento divenne obbligatorio
e il contadino messo in purgatorio

con quasi trenta tasse da pagare,
le industrie della seta da smontare

e coi soldati fedeli a "Franceschielle"
da farsi massacrare a Fenestrelle.

Davvero un bell'inzio siciliano
e a tanti scassò non solo l'ano.

Della strage del Bronte sorvoliamo
ma a investigare bene vi invitiamo

come sarebbe da guardare a fondo
la lotta dei braccianti al latifondo.

Insomma sa solo il vero il salvatore;
ma era eroe oppure un predatore?

(*) Ciuccia - chiedete agli Abruzzesi cosa sia. Lorenzo lo so già, ma penso che l'abbiate capito tutti. L'attore Antonio Albanese in siciliano direbbe: "U pilu".

Da grande voglio fare il Presidente
Da grande voglio fare il Presidente
possibilmente anche del Consiglio
potrò fare gli annunci con cipiglio
dalla Tivù, se poi farò il fetente.

Infatti, penso che si stia studiando
di riformar lo stato in libertario
votare anche un decreto voluttuario
e aver l'immunità anche ruzzando.

Se tromberemo nelle nostre ville
acquisiremo certo dei vantaggi,
il popolo ci vota e insieme agli agi
possiamo far stronzate più di mille.

In molti m'hanno sempre rinfacciato
di avere fatto in vita un po' il fetente
questo perchè non sono presidente,
chi ha solo amato viene condannato.

Ma se mi porto in casa minorenni
non devo aver vergogna ne tremare
l'età anagrafica stanno per variare
a quindicianni saremo maggiorenni.

Anzi possiamo suggerir l'appiglio
in commissione, per nuove libertà,
a chi imbroglia d'aver l'impunità,
essere pari ai capi del consiglio.

Da grande voglio fare il Presidente
posso esigere maggiori immunità
anche regnando con poca dignità
se depravato ancor sarò vincente.

Avanti popolo alla riscossa
Ora possiamo uscire allo scoperto
puoi dire che sono un settantenne
fra l'altro tu sei anche maggiorenne
perchè restar nascosti nel deserto?

Se peggio fa il capo di un governo
che si circonda di belle minorenni
s'accodano i cronisti ultra ottantenni
che redigono ormai solo per scherno.

Siamo caduti è chiaro molto in basso
anche i padri esclamano: "magari"
e speran che le figlie quindicenni
un gran statista se li porti a spasso.

Tanto oggi ormai tutto è normale
in silenzio pur se ne sta la Chiesa
che, come fa madama la marchesa,
predica bene e poi razzola male.

Avanti popolo ora alla riscossa
il sessantotto coi figli dei fiori
è ritornato, ormai senza pudori
son i traviati a urlar bandiera rossa.

Via i vestiti, nudi in parlamento
chi se ne frega delle opposizioni
possiamo far finanche i crapuloni
le leggi si fanno per aggiustamento.

Ci siamo lamentati di Pannella
che a deputato elesse Cicciolina
ma forse noi già abbiamo un'orsolina
che porge ai depravati la stampella.

Avanti giovanette disperate
è ora di uscire allo scoperto
bussate e vi sarà di certo aperto
se posti al mezzogiorno non trovate.

In fondo basta un semplice festino
un po' di basse voglie assecondare
un ministero potreste guadagnare
se al disgusto vi regge l'intestino.

Oggi è così: è questa la morale,
è gran prestigio fare i malfattori
e visto che si apprezzan gli squallori
non mi vergogno d'essere immorale.

Gli errori umani
Di sbagli al mondo ne facciamo tanti
perchè in fondo siamo poco scaltri
sono sempre le colpe alfin degli atri
spesso ci comportiamo come infanti.

Da tutti pretendiamo più lealtà
implacabile intanto il tempo passa
poi si finisce come i pesci in nassa
che fanno i conti con la realtà.

Si cercano le colpe, ci si pente,
la lista sfilacciamo degli errori
spesso anche a noi stessi ci si mente

perchè assaliti da inutili terrori
gli altri infanghiamo scioccamente
per riacquistare dignità e pudori.

Carrette del mare
Le mie speranze io l'affido al mare,
la stessa acqua unisce le due sponde
sembra a nuoto si possa attraversare
quando placide riposano le onde.

Ma le visioni che offre la natura,
si impattano con la nuda realtà
stipati al sole e al vento è cosa dura,
come saziar la fame non si sa.

La fiducia sempre ci accompagna
il sol tramonta e rolla la paranza
il tanfo sale, attorno a noi ristagna.

Ci aiutano le luci in lontananza
l'onda solleva l'acqua tutti bagna
s'avanza al buio, vince la speranza.

Ladra di sentimento
Hai simulato un falso sentimento
poi un muro di rancore hai sollevato
ti maledico perché un dì hai creato
un sogno che in te era già spento.

Vorrei poter disperdere nel vento
l'ansia e lo squallore che hai lasciato
il tuo passaggio in fondo cosa ha dato?
Solo a pensarci: nausea e sgomento.

Eppur ricordo ancora la tua voce
le tue pulsioni, la gioia, l'allegria,
dopo mi hai inchiodato sulla croce

ma prima hai colto orgasmi e frenesia.
Come un fiume alfin che arriva in foce
fredda m'hai usato e poi disperso via.

Guardando le vetrine
Guardando le vetrine illuminate
la gente che s'affanna di comprare
degli indumenti "forse" da indossare
io penso alle persone sfortunate.

Troppe sono le genti disperate
eppur non la smettiamo di sprecare
al mondo vorremmo tanto dare
dopo Natale sono idee scordate.

Avanza anche da noi la povertà
gente nuova s'affaccia all'indigenza
un bimbo muore in mezzo alla città

tra una folla che ostenta indifferenza,
che ha perso il senso dell'umanità,
priva d'ogni decoro e di coscienza.

Demetra
Grazie a te, mia dea della vita,
ora il risveglio è possibile e vicino.
A Eleusi ritorno anch'io,
l'Ade mi è stretto,
Persefone mi spinge al gran risveglio.
Gli dei stanchi ormai sono
di questo mio vagabondar confuso,
troppi problemi pongo,
troppe ansie trasmetto.
Torno or che la dea riposa
e l'inverno ci ha dato.
Colgo quei pochi frutti
che succosi ancora ci regala.
Le ombre abbandono
il poco sole cerco,
prego il signor che il mondo regge,
che sull'Olimpo felicità trasmette,
che regali anche a me un suo sorriso
e mi risplenda in viso
quella passione vivida che assale
l'uomo, che ragione e forza in cuor rinserra
che ancora frutti e beni coglie in terra.

Un uomo mediocre
Le tue note amico mi commuovono.
Tu vedi una bravura che non c'è,
io mi sento un uomo mediocre,
ho distrutto un amore
come un bambino viziato
che non voleva mollare il giocattolo.
Mi è rimasto in mano una ciocca di capelli,
una ciocca di capelli colorati,
bronzo rame, penso,
capelli arricciati,
omologati,
capelli come tanti ormai.
Li ho osservati, stanotte,
toccati,
ma si sono dissolti nel nulla.
Il sogno è finito
ed io mi sono svegliato.

(A Pietro Romano Colonna, un amico che commenta con devozione e sentimento i miei semplici versi)

Al ristorante "Garibaldi"
Due ganci
(orrenda visione)
han turbato il mio pranzo festivo.
Cosa mi porta la befana?
Due ganci in regalo
ed i muggiti lontani delle agonie,
i belati inutili che non hanno intenerito
l'animo del macellaio perso nel tempo.
Ed io a pranzare,
in un macello diventato osteria,
con due ganci che mi torturano la mente
che mi sfiorano l'omero insensibili.
Le vecchie pareti di marmo,
i pavimenti levigati con il sangue che scorre,
i vecchi scarichi ancora in funzione
che ricordano le pulizie dopo le stragi,
dopo le violenze, dopo le sofferenze.
Al ristorante "Garibaldi"
il cattivo gusto di non cancellare il dolore,
di offrire ai commensali la traccia dei supplizi
per decorare un locale,
lasciata a futura memoria della violenza dell'uomo.
Difficile dimenticare questa befana
che forse porterà sacchi di carbone
per oscurare la cattiva coscienza
di chi ruzza con i sentimenti umani.

Tramonto
Scorre il pennello
il ciel dipinge di cremisi e di fulvo
sul turchino del mare si rifrange
scie increspate sfumano fluttuanti
e la pupilla disegnano esultanti.

Il cuor si rasserena
l'alba si sogna tersa e risplendente
col sol che bacia il piano e la collina
con l'animo che le miserie atterra
e spera in un futuro senza guerra.

La Befana
Occhi lucenti e sogni a sera
frigna un lucignolo lontano
una caldana sparge appena
un tenue calore che mi gela;
mia madre sta sbucciandoci una mela
canticchia lentamente la novena
preghiere lette, recitate invano,
a ritrovar la pace che non c'era.

Tre ombre intorno al focolare
un padre perso forse in Albania
lampade spente, finestre incerottate
freddo nel cuore, i morsi della fame;
miseria tanta ed una guerra infame.
E il pane si cercava in ogni via,
verdura o arance nei campi raccattate
non c'era nulla davvero da sprecare.

E la befana vagava tra la neve
in quelle calze appese al caminetto
lei ci posava con movenza lieve
dei fichi secchi e un piccolo angioletto.

Una ciocca di capelli
T'accarezzo i capelli, m'intristisco
una ciocca rossastra ho conservato
in una busta che ogni dì pulisco
che quando eri felice m'hai donato.

L'osservo, a volte in cuore m'avvilisco
dalla mente ormai m'hai cancellato
tutto l'animo spengo e m'incupisco
l'affetto il vento l'ha disseminato.

Solo il cuore ancora non ci crede
continua ad inseguire un'illusione,
la realtà trascura e non si chiede

di tanta aridità senza ragione,
di questo rancore che non cede
e che prosciuga l'ultima passione.

Miscredente
Io non credo a nessuno e Lui lo sa,
neppure Lui ci crede e mi sbeffeggia
con me sogghigna e dice: "Sai verrà
il dì che tutti verranno alla mia reggia".

"Dapprima i papi e tutti i cardinali
per loro ci ho pensato proprio tanto
li scorterò con gruppi musicali
al purgatorio non si sa per quanto".

"Poi toccherà ai politici infingardi,
ai ciarlatani e a tutti i farabutti
all'inferno li metterò con i bugiardi
di destra e manca che han fregato tutti".

"Dopo seguono a frotte i finanzieri
che tanta gente hanno ingarbugliato,
con loro metterò anche i banchieri
rei del più grave e ipocrita peccato".

"Questi fornendo false informazioni
i risparmi di tanti dipendenti
hanno disperso in tante false azioni.
Questi li metterò tra quei fetenti

di camorristi che vendono la droga
che avvelenano giovani ed anziani
e li farò arrostire su una doga
rossa di fuoco spinta dai mandriani".

"Un posto speciale poi sarà per quelli
che stanno rovinando terra e monti
nascer li farò dentro i baccelli
e pagheranno il male senza sconti".

"Il resto si vedrà giorno per giorno.
sette ci sono voluti per il mondo
ora io me ne vado e appena torno
i restanti all'inferno tutti affondo".

"Infine sappi sistemerò anche te:
cazzo, mi hai davvero infastidito,
con tutti i tuoi percome ed i perchè
come Tommaso volevi metter dito".

"Te che hai dato a tutti il tuo sorriso
forse non lo speravi alfin nel terno
t'assegnerò un posto in paradiso.
perchè io non ti vedo giù in inferno".

"Che dici mai, Signore onnipotente
odio la brutta stagione dell'inverno
per questo spero non farai il fetente
un posticino m'assegnerai all'inferno".

"Magari per un paio di primavere
devi farmi passar da peccatore
perchè la faccia mi va poi di vedere
di tante donne false ed impostore".

"Quando diranno: "ci sei anche tu
in questo posto a farci compagnia",
allor t'affacci e dici: "vien quassù
lascia questo lerciume nella stia".

"Ed io dirò: hai visto mascherina,
non t'aspettavi questo dal tuo cristo
te lo dicevo vedrai che una mattina
nel caldo inferno io t'avrei rivisto".

"Ma come Dante poi riesco al sole
a godermi un soffio d'aria pura
mentre tu resterai col prendisole
a rosolarti nella gran calura".

2011: Nuova decina a Follonica
Son qui
su questa spiaggia pien di bruma
passeggiamo tra la musica e gli scoppi
acre s'alza l'odor della polvere da sparo:
indifferente liscia l'acqua il faro.

Si parla!
Confusamente volan le parole,
la musica ci giunge dalla piazza,
sale il vocio la mente mi confonde:
scivola il mio pensier tra sabbia ed onde.

Un altro anno
lento se n'è andato, la mente mi tortura;
di Dante si discute, io lo contesto,
un seme spargo: per me solo il Petrarca
è il letterato da far salire sull'arca.

Stanco ma polemizzo!
Volan le parole, purtroppo sono distante,
il mio pensiero a te vola avvilito
Leuca guardo tra il mormorio dell'onde
anche se queste son toscane sponde.

Volano le parole,
il chiacchierio la mente mi tormenta
a stento seguo questo conversare,
con loro volo, nel buio pigro mi perdo:
su questa spiaggia l'ultimo amor disperdo.

Casella di posta elettronica
E triste oggi questa casella silenziosa,
i miei messaggi giacciono dormienti
in questa mesta mia giornata oziosa
mi opprimono i tanti addobbamenti.

Come un rosario la mater dolorosa
osserva afflitta questi turbamenti
e m'addormenta la mia vita ansiosa
ed i suoi giorni che passano impotenti.

E corteggio la morte, la blandisco,
i miei errori sembrano sfrangiare
rotolando in giù come pietrisco

che a valle stanco vuole riposare;
e mentre in questo tedio inaridisco
a chi non ama più resto a pensare.

La verità
Ognuno racconta la sua verità,
la infarcisce come una torta,
confonde odore e sapori
mischia liquori,
i colori spruzza qua e là,
l'annaffia con fresco spumante
domanda se è buona,
si sforza di dire che unica e rara
poi cerca consensi,
assensi,
rimane in silenzio,
attende adesioni.

Suona sul colle una vecchia campana,
la voce arriva un po' stanca
lontana.
Il suono è un po strano
si perde per colli e per valli
si espande per le strade del borgo,
la gente commenta
qualcuno dissente,
assente.
Il vero nasconde ed effonde
ma è suono della stessa campana
che arriva da un'altra collina,
e sembra diversa
lontana e vicina.

Il vero è nascosto nel mezzo
ben pochi lo sanno,
io e te lo sappiamo:
la storia l'abbiamo vissuta noi due,
sofferta noi due.
Gioie e dolori divisi a metà.
Io e te lo sappiamo!

Chi altro lo sa?
Chi mai capir lo potrà?

Alla ricerca della pace
Pace vo' ricercando e non si trova
e' strano l'uomo, sempre chiude gli occhi
spesso guerra ci da e l'odio cova
pensa alle cose frivole, ai balocchi.

Nella miseria lascia tutto il mondo
spreca risorse non vede mai il vicino
s'arrotola nell'edonismo immondo
l'umanità sotterra da assassino.

Eppure basterebbe solo un gesto
aprire il cuor sulle miserie umane
capir chi soffre; basterebbe questo
per salvarci da una fine immane.

Ermeticamente
Senza volerlo mi spingi tra le braccia
d'un amore che non provo e non m'attira
quando l'affetto a nuove spiagge vira
di te lo sai non resterà più traccia.

La donna prima ti cerca poi ti scaccia,
mai si capisce a fondo a cosa mira
l'affetto muta e come il vento spira,
di foga s'empie e per amor la spaccia.

Come un gatto s'arrotola, circuisce
medita, indugia a tutti fa le fusa,
poi senza un buon motivo ti ferisce.

A volte simula d'essere confusa
ma poi senza ragione ti punisce
in modo oscuro e mai ti chiede scusa.

Siamo figli degli ormoni
A molti è capitato di sentire
che siamo tutti figli dell'amore
ci assale allora un forte batticuore
il dubbio si vuole approfondire.

Nella foga cerchiamo di zittire,
i vecchi che con senno e con fervore
provano a farci uscire dal languore,
e gli occhi a tutti tentano di aprire.

I giovani non stanno ad ascoltare,
gli innamorati sempre son sornioni,
quelli di mezza età san solo urlare.

In questa confusione ai più coglioni
l'amor col sesso è facile scambiare
lasciandosi ingannare dagli ormoni.

Etruschi
La Tracia mi confonde,
un po' mi avvince
alle radici antiche spesso guardo
orme ci trovo di inumate spoglie
simbologie indiscusse di nozioni
che affiorano da vecchie sepolture,
da statue e arnesi usuali di lavoro.
E poi quell'arte uguale dell'estrarre,
quell'energia che sprizza dalle tue Colline
che minerali antichi ancor conserva
che forza diede a civiltà natie
a popoli che fusero nei geni
l'unica traccia che dormiente giace
nell'indole sarcastica e spavalda
che accarezza culture ancora vive
che l'Appennino culla e custodisce.
Erodoto ancor parla, a noi favella,
di popoli migranti,
di culture che diedero ai Sumeri
segni ed indizi per la loro arte,
potenza e forza per consolidarsi,
ideogrammi per manifestarsi.
Ecco, tra i boschi di aceri e castagni,
va ricercata forse la natura oriunda
d'una gente, d'un popolo orgoglioso,
che civiltà poi diede a Roma antica.
Paziente attende che la nuova scienza
nell'invisibile affondi mente e ingegno,
sciolga dei grandi interpreti il mistero
e ci regali l'uomo dissolto, quello vero.

Il mio Parnaso
Ora il Parnaso m'aspetta,
Urano e Gaia s'accoppiano felici
ignorano il conflitto,
l'ansia che la mia mente opprime.
Ignari m'osservano mentre mi spingo
per i sentieri di quei monti antichi
dove pace e un sorriso con affanno cerco,
dove lontano si rifugia e sfugge
da un affetto sfacciato ed inverecondo,
da un amore che non è mai nato,
da un sentimento tenero e profondo
da un calore ch'è decaduto e spento.
A cosa serve questa stanca vita?
Cosa io cerco tra queste spiagge antiche?
Cosa mai trovo sulle rocce aguzze
d'una terra sterile e arrossata
che da esule Enea un dì calcò?
Solo tra i monti pietrosi d'Elicona
sfuma la mia poesia,
al ciel lieve s'invola,
tra le nubi bianche si confonde,
al vento dolcemente implora.
Oh, Muse, virtuose Muse
che l'ansia mia or misurate,
che spoglie parole in cuore ancor cercate
vuota è la vetta che il primo sol carezza,
arido il letto dove scorre il fiume,
pigra la spiaggia sui cui scivola l'onda,
dove la mente cerca le parole
d'un sentimento nuovo che non trova,
dietro i tormenti corre e li rimuove,
i passi vecchi scalza,
le orme tutte cancella
e già s'appresta al nuovo sole che sorge
che l'intelletto rigenera e ravviva,
la mente allaga e a nuovo affetto tende
e sul passato un nero vel distende.

Sirene
A questo mondo c'è poco da gioire
siamo inondati spesso dal lerciume
chiudiamo gli occhi per non percepire,
del vero cancelliamo ogni barlume.

E ce ne andiamo spesso sorridenti
credendo a tutto quello che ascoltiamo
da certe donne ipocrite e avvilenti
che a tutti quanti sanno dire “t'amo”.

Tra gli uomini ve ne son poi tanti
che si fanno incantare facilmente
da chi conta bugie versando pianti

e raggirando in modo deprimente
come sirene che stregano coi canti
chi poco vede o non capisce niente.

Bruma autunnale
Uggiosa nebbia al piano,
nella campagna guazzo e brina impera,
scuote la vetta il vento
il cinguettio d'un passero suggella
una giornata senza inizio e fine.
Bela giù al piano una pecora e dispera,
il suo richiamo si sperde lungo i fossi,
per i poggi velati di mistero
giunge dal nulla come nota strana
frammisto al maestrale che muggisce
e scorrazza in questo borgo antico
privo di suoni e povero di vita.
E la mia quercia scricchiola sperduta,
solitaria stride in mezzo al prato
tra la rugiada che i suoi rami imperla,
ombre fuggenti di desio diffonde
ultime pene sembra socializzi.
E m'abbraccia tra i suoi forti rami,
suggella un limite al suo amore,
mi scuote e mi risveglia nell'arguire,
mentre la sera già di nuovo scende
in questo cuore apatico che osserva
un tramonto offuscato che già affonda
nella fanghiglia d'un pantano marcio
che la vita allontana e la sospinge
in una immensità che non ha tempo.

Perla vera
Del tuo verseggiar godo, m'incanto
con esso mi sublimo quand'è sera
scivola in cuore, prodiga un rimpianto
soave e seducente, è perla vera.

L'accompagni con musica accorata,
le note vibrano tenere nel petto
svelano tanta emozione disperata
e al vento affidano il tuo affetto.

Un refolo lo coglie, lo trasporta
come un dono a chi io cerco invano,
a chi all'amore ha chiuso cuore e porta

e non avverte il mio patir lontano.
Persa ha la dritta via, segue la storta
di tanto amor sol'odio resta in mano.

Olocausto 2
Nel tetro d'una fossa
fremono le mie ossa
sentono ancor la scossa.

L'ultima macchia rossa
ancor non s'è rimossa
da quella terra smossa.

Sol l'anima s'è mossa:
che Dio coglier la possa!

Droga
Se c'è qualcuno al mondo da incolpare,
tra chi si droga e chi il veleno vende,
io non mi sento di dover vagliare
tra chi fa bene o chi sol male stende.

Pare forzata la scelta, ed abbastanza,
che la colpa sia solo di chi spaccia
forse si ignora in fondo la sostanza,
oggi si vuol salvar solo la faccia.

Sempre la colpa è dentro la famiglia
che ha svenduto autorità e valori:
la mamma copre il padre più non striglia,

s'è perso il ruolo negli educatori.
Il dare è morto e resta solo il piglia
e a far la tomba si lascia ai muratori.

Montagne russe
Vago con l'attenzione persa,
su vecchi luna park sgangherati
quintane su autoscontri scintillanti,
montagne russe ormai dimenticate.

Mi spingi sui quei rollanti calcinculo
ondeggi, mi fai perdere la testa,
pretendi poi ancor d'esser capita
confondi sempre, più non mi controllo.

Ti inseguo, dopo che ti scalcio in testa
mi fa morire quest'arido mio gesto
ti spingo anch'io su quella giostra spenta
sparo nel buio pallini senza verso.

E mi tormento in questo mio colpire
nel centro un cuore, vuoto come il niente,
ho smesso di inseguire inutilmente
il replicato snervante tuo ondeggiare,
la ruota gira e tutto fa sparire
la nebbia oscura le mie parole amare.

Lido San Giovanni
Fuori il vento rugge:
la nebbia sospinge
un oblio tra opaco e trasparente,
trascina sensazioni morte,
come foglie accartocciate,
sofferenti,
ripiegate su se stesse.
Nei vicoli di un borgo spento
voli di passeri non sento:
il loro cinguettio si è perso
sugli spartiti di note ormai soffocate.
L'amore più non canta
sul trillo d'un cellulare spento
che non risveglia più le mie passioni
che ha inumato le tue emozioni.
Suonerei ancora le campane
per ridestare sensazioni assopite:
anche i miei sensi stanchi
hanno rinunciato alla vita;
appena ascoltano le note tristi
di questo maestrale furente
che fa cigolare porte lontane,
e annunciano fantasmi bianchi senz'anima.
Inseguo le tue orme ondeggianti,
sul sentiero della tua casa,
al buio delle tue notti d'evasione,
nel silenzio del tuo cuore
senza più desiderio e vita,
tallonando un futuro annebbiato
ricco di falsi affetti,
di orgasmi simulati,
di ripieghi certi,
di tradimenti annunziati.
Il pettirosso mi nega la vista:
più non saltella curioso
davanti ad un cespuglio abbandonato
del Lido San Giovanni
che occulta ancora i tuoi baci.

I figli sono tutti uguali
Era indispensabile una legge
per sancire qualcosa di consueto?
Un figlio solo sull'affetto regge
non si diventa padri per decreto.

Difficile è capire certe cose
al mondo s'è perso ogni valore
sui rosai non sbocciano più rose
solo l'aridità regna nel cuore.

Ognuno guarda agli aridi interessi
il sentimento chi più lo capisce?
quelli che son convinti son dei fessi

la melma sale e l'animo avvilisce.
E' arduo al mondo essere se stessi
o ci si adatta oppure si perisce.

Messalina
Avrei dovuto capirlo già a Nardò
quando ci si incontrò quella mattina
io ormai più come prima non sarò
tu invece ormai per me sei Messalina.

Celati pure, puoi anche bluffare
per dimostrare quella che non sei
chi crede in te potrai pure ingannare
ma i tuoi segreti ormai son tutti miei.

A memoria futura li ho salvati
per demolire la faccia tua pulita
tu sai a chi vorrei fossero dati

perché vorrei che sia storia finita
cancellare dal cuore i tuoi tracciati
cassar per sempre te dalla mia vita.

Senza rispetto
Ascoltami, ritrova la tua strada
d'angoscia ne hai fin troppa sparsa
il cuore tuo è come un'erba rada
e non germoglia se la terra è scarsa.

Gli anni stanno passando celermente,
Ogni giorno l'aspetto tuo sfiorisce
sembra tu non t'accorga e lentamente
anche l'amore intorno a te finisce.

Al tuo dio non so cosa mai chiedi
quando da sola tu lo vai a cercare
chiedi perdono e poi ti batti il petto

ma sembra non gli porti un gran rispetto:
è assurdo far del male e poi pregare,
offendi tutti e Dio, ma non lo vedi.

Calze autoreggenti
Odor di mare punge alle narici
il vento lieve t'accarezza in fronte
quello che provi ormai più non lo dici
sol acqua sporca scorre sotto il ponte.

Leggo quei tuoi messaggi decadenti
ancor son vuoti, pieni di squallore,
mi scrivi delle calze autoreggenti
e provi a suscitar ancor fervore.

Nulla più provo, ancor non hai capito,
son io che adesso a topo e gatto gioco.
Quando l'affetto dall'anima è finito

più non riesci a riattizzare il fuoco,
ti provoco col mio linguaggio ardito
ma come un brutto scherzo dura poco.

Notte d'agosto
Notte d'agosto mi riporti in mente
l'ultima estate senza sentimento
ormai nel cuore non mi resta niente
solo quel poggio privo anche di vento

e qualche solitaria passeggiata
abbracciati nel buio della marina
soli su qualche spiaggia inanimata
la pelle inumidita dalla brina.

Ti scorgo sul bianco della sabbia
su quell'asciugamano azzurro-rosso
provo tanto rancore, molta rabbia,

tutto l'affetto dal mio cuore hai smosso.
Fuggito sono ormai dalla tua gabbia
in prigione tornare più non posso.

L'ultimo raggio di luna
Vorrei d'amor poter parlare ancora
ma la mia vita su un abisso vola
non trovo più neppure una parola
mentre la morte mi carezza ogn'ora.

Senza pietà ancora mi tormenti
non ti rassegni, ti rivolgi a Dio,
a lui chiedi vendetta come s'io
t'avessi fatto mille tradimenti.

Ho ignorato per te gli affetti cari
per tre anni nessuna più guardai
e tu m'hai regalato giorni amari.

Ho dato amor, non t'ho tradito mai,
m'hai ricambiato con affetti avari
non posso amarti più, è tardi ormai.

Finalmente
Son giunto al capolinea finalmente
ringrazio solo te che m'hai svegliato
sono stato davvero un disgraziato
ma or t'ho cancellata dalla mente.

E' stata molto dura ma alla fine
dopo tre anni t'ho tolta dalle balle,
ho rimosso un gran peso dalle spalle,
dal cuore tanti rovi e mille spine.

Questa sera il cellulare ho spento
sul “Tre” mi son guardato “Ballarò”
e son tornato con il cuor contento.

Libero senza affanni me ne andrò
l'anima a ritrovar nel mio Salento
che a nuovo amor di certo donerò.

Mi torni in mente
Mi torni in mente spesso all'imbrunire
quando gli spettri affollano il mio cuore
ed il tormento non mi fa dormire
la fronte imperla l'ansia ed il tremore.

Mi sono chiesto più di mille volte
a cosa serva questo mio tormento
lo so che faccio congiunture stolte
a vaneggiare dietro un sogno spento.

Ma se virtù dei santi è il tribolare
se premio spetta ad ogni pena intensa
ebbene non m'importa di penare

se il paradiso ho come ricompensa;
sarà il tributo che dovrò pagare
a chi nel mondo amor anche dispensa.

La ferita
Sul mio corpo porto una ferita
residuo d'una vecchia operazione
oggi fanno un taglietto di due dita
allora una estesissima incisione.

Ma cosa sono poi queste lesioni
quando la vita ti riserva il peggio?
Vi sono per la mente le passioni
che all'affanno sommano il dileggio.

Si può cassar l'amore dalla mente?
Si fa quando riesci a rassegnarti,
a valutar che forse aridamente

hanno voluto apposta raggirarti.
Però questa ferita amaramente
lo sfregio nel cuor resta a mostrarti.

Budelli
Ci sono delle donne, ve lo dico,
che pensano d'aver mille cervelli
per edonismo cercano un amico
nascondendo però d'esser budelli.

Chi non conosce il lessico si chiede
però questi “budelli” cosa fanno?
Solo chi in terra di Toscana siede
il termine conosce senza affanno.

Infatti, quando tu ne incontri una
dalla diritta via poi ti distoglie
a lei interessa solo il filo in cruna,

di cuore non ne ha, ha solo voglie
la foga alla passione l'accomuna,
copula e frenesia di molto coglie.

L'ultima luna piena
Ti vedo ancor tra i raggi della luna
mentre t'accendi a un tenero sorriso
s'illumina di luce il tuo bel viso
ma dopo ti ricopre l'ombra bruna.
.
M'incanta quella chiara luna piena
che cerca una presenza tra gli ulivi
ormai son morti i nostri dì giulivi
in mano resta solo un po' di rena

Tacita ancora l'onda la gestisce
la culla in mare, a riva la respinge,
l'animo ancor per poco intenerisce.

Il nostro poggio di chiaror dipinge;
poi nella mente il flutto diluisce
la pena, che il cuor lontano spinge.

A Uccio Aloisi
Sei partito al suon dei tamburelli
tra la tua gente che faceva festa,
sui rami anche cantavano gli uccelli
di questo giorno pianto non ne resta.

La tristezza aleggiava è anche vero
ma l'amaro si fondeva all'allegria
non era un funerale mesto e nero
ma un giorno di saluto in ogni via.

Sembrava tu cantassi uno stornello
dalle grancasse ancora accompagnato
la gente rispondeva al ritornello

letizia come vivo hai seminato.
A tutti del tuo cuor lasci un brandello
al suono d'una pizzica esultato.

Uccio Aloisi la notte del 2 Agosto 2008 dal palco della Festa dei Pugliesi nel Mondi di Casarano (LE) dove anch'io ho declamato le mie poesie sul Salento.

Uccio Aloisi è morto il 21 Ottobre 2010 nella sua casa di Cutrofiano (LE) circondato dall'affetto di tutti coloro che l'hanno conosciuto ed apprezzato.
E' il personaggio che ha rilanciato nel mondo la musica popolare della taranta salentina.

Una foto sgualcita
Una foto sgualcita
ho trovato.
Una frase appariva
un po' stinta.
Una frase d'amor
d'altri tempi.
Ho pensato a colui
che l'ha scritta.
Sulle dune
c'era un uomo seduto.
La divisa
aveva succinta.
Era un uomo
dal viso abbronzato.
Nel deserto
il sole bruciava.
Mi guardava
dalla foto sgualcita.
Io non ero, purtroppo,
ancor nato.
Quella frase
andava a mia madre.
Ed a scriverla
era stato mio padre.

Sestina profetica
Vorrei poter cassar gli avvenimenti
rifare tutto intero il mio cammino
riprovare a riscrivere la storia
cancellando gli errori appena fatti
per costruire attimi di gioia
e liberar la mente dagli affanni.

Sempre la vita è carica di affanni
arduo è anticipar gli avvenimenti
al dolor quasi mai segue la gioia
molti scogli intralciano il cammino
difficile è capire tutti i fatti,
questo insegna di solito la storia.

Chi tiene in mente allor bene la storia
riesce a scansar dolori e affanni
e se qualcuno non ricorda i fatti,
e ha cancellato certi avvenimenti
di certo poi avrà triste il cammino,
ricco di spine e misero di gioia.

Infatti, per conquistar la gioia
molte cose ti anticipa la storia
così diventa agevole il cammino,
può liberarti da tanti nuovi affanni,
ché a evitare tristi avvenimenti
dovrebbero servir gli errori fatti.

Generalmente sono sempre i fatti
che ben plasmati poi ti danno gioia
precorrono si sa gli avvenimenti
e scrivono e riscrivono la storia
spianando ognor la vita dagli affanni
rendendo sempre facile il cammino.

Ogni umano lo sa che il cammino
si costruisce solo con i fatti
che libera ogni cuore dagli affanni
gonfiando il petto di letizia e gioia,
precorrendo degli uomini la storia
impedendo funesti avvenimenti

Congedo:
Indagando cammino e avvenimenti
nei fatti si cancellano gli affanni
e gioia regala a chi scrive la storia.

Schema della sestina: ABCDEF FAEBDC CFDABE ECBFAD DEACFB BDFECA
E' un componimento del 1200, composto da sei stanze di sei versi endecasillabi. All'interno di ogni verso le parole non rimano mai tra loro, ma si ripetono in tutti i fine verso. Nel congedo finale i versi compaiono tre in mezzo ai versi e tre a fine verso.

Uomini
(Madrigale)

Di maschi non ce ne son più tanti
le parti ormai si sono ribaltate
le lotte di parità son superate.

I galli un tempo erano ruspanti,
oggi le chiocce non son sottomesse,
hanno la cresta, non son più le stesse.

Ancor non sanno far chicchirichì
ma il gallo sa sol fare la pipì.

Se devo cancellarti
Se devo cancellarti dal mio cuore
dimmelo adesso che ti penso tanto
ieri sognavo te nel mio torpore
lungo quell'Arno che dà solo pianto.

Io ti pensavo ed anche tu hai risposto
con quel messaggio sul telefonino,
m'ero messo da parte e di nascosto,
leggevo sorseggiando un po' di vino.

Ma dopo m'ha assalito tanta rabbia,
altra traccia tu non sai lasciare,
l'Armo scorreva e sai sulla sua sabbia

pensavo il corpo mio di liberare
da questa vita stretta ch'è una gabbia
o da quell'acqua farmi trasportare.

Epicureo
(Madrigale)

Cancellare vorrei gli errori fatti
la perfezione toccare con le mani
le devianze abbandonar domani,

anche gli affanni e i soliti misfatti,
ché la vita per sé dà tante pene
ed il dolore esonda il poco bene.

Per questo all'al di là io poco penso
e vivo questa vita in modo intenso.

Morire tra gli ulivi
Morirò tra gli ulivi a primavera
mentre le ciole lanciano richiami
sarà oscurato il sole dalla sera,
la luna sparirà mesta tra i rami.

E guarderò ancora da lontano
la tua finestra a notte illuminata
discosterò le nubi con la mano
per vederti serena addormentata.

T'osserverò nel letto rigirarti
avvolta da una coperta riscaldata,
l'affetto mio poi smetterò di darti

così mai più sarai triste e sdegnata;
avrai chi più di me saprà lodarti
e in emozioni nuove avviluppata.

Ed ora ti prego
Ed ora ti prego
sparisci per sempre,
non farmi più altre domande dementi
non parlarmi più di chi sian le colpe,
non parlarmi di niente.
in fondo che cosa tu cerchi?
Cosa vorresti da me?
Cosa t'aspetti dal mondo?
La strada nessuno ti intralcia,
non ti chiedo più nulla.
Ora voglio tornare a sognare,
sperare,
senza più a te solo pensare,
voglio ancora provare ad amare.
Ho sbagliato? Hai sbagliato?
Ma la vita è tutto uno sbaglio,
alle volte un abbaglio,
altre volte un semplice raglio!
Non c'è nulla da fare
non siamo perfetti, dobbiamo sbagliare
per poter dopo qualche cosa imparare.
E non serve poi starci a pensare
di chi siano davvero gli errori:
son sempre mal fatti,
per imperizia o pigrizia,
da dividere sempre in due parti
perchè a volte ti lasci fregare
dall'impulso, dal semplice affetto
che é come una mina vagante
pronta a scoppiar tra le mani,
pronta a distruggere tutto
a trasformare quel poco di bene donato
in qualche cosa di orrendo,
in qualche cosa di satanico e brutto!

Ad ogni amor che muore
Ad ogni amor che muore
un nuovo amor risponde
e già mi batte il cuore
come del mar le onde.
 
Spero che questo affetto
l'animo mio imbottisca
m'empia di nuovo il petto,
e il vecchio già marcisca.
 
A volte basta poco
soltanto una carezza
che attizza ancora il foco
 
e accenda in mar la brezza
che soffia come un gioco
e m'empi di freschezza.

Avetrana
Un nome, un paese:
in luglio ci sono passato,
per le vie del centro incastrato,
giravo sempre intorno alla piazza
stizzito, confuso, imbrogliato.
Chissà se quel giorno la strada,
si proprio lei, m'ha indicato.
Un mondo non penso più a parte,
fatto di streghe, di carte.
Dei visi gentili, appena accennati,
visi ancora da prendere il volo,
degli angeli bianchi
e sotto la pelle,
sotto la scorza,
forse un mondo di vizi
di ipocriti baci,
lascivi, indecenti,
di squallidi amplessi.
Fin quando la colpa è dei vecchi,
fin quando la colpa è di chi s'affaccia alla vita?
Forse bisogna passarci
forse bisogna a quel mondo affacciarci
per poter capire questo universo corrotto
dove niente è pulito,
dove tutto è apparenza,
dove solo sporcizia v'é sotto.
Una massa compatta, ipocrita,
impastata tutta con la solita argilla,
con i ceri accesi dietro i santi irretiti,
sfilanti per via,
forse esausti dei soliti riti,
avviliti
verso quei tanti che fanno le veglie notturne
che pregano un cristo piangente,
che dissente e acconsente,
che ormai più non vede questo globo opprimente
questo fogna zeppa di ipocrita gente,
che ormai più non vede, non parla, non sente.

Il mio tempo confuso
Ancora qualche alba struggente,
ancora qualcosa,
soltanto un poco di niente
a cui attaccarmi per vivere;
una qualche radice sfuggente
che sporge da un poggio,
che pende
da qualche ripa scoscesa,
che m'offra solo un labile appiglio
che mi consenta una presa.

Ed io alterato che cerco una fuga
da un mondo che ormai mi sta stretto,
mi tolga quel masso pesante
che preme sul petto
che schiaccia la mente,
faccia fuggire gli oscuri pensieri
che pesano oggi, m'opprimevano ieri.
Son certo, penso sia tardi,
dal sogno ormai ci siamo svegliati,
quello che ho avuto, che ho dato,
non conta più nulla,
non serve più a niente,
ogni cosa è solo un peccato.

Rimane quest'ansia,
questo mio ricercare le ore felici,
osando sognar quello che ormai più non oso
provando a far rigirare foto e filmati a ritroso
per lei ritrovare
quando le sere erano tacite e liete,
le parole più dolci e più quiete.
Illudermi ancor di parlare ad un cuore
e non ad un nero fantasma di panno,
vuoto di tutto, privo d'amore
che stanco ora svolazza,
mi regala solo tristezza ed affanno.

Psicoterapia
Son disteso su quel lettino maledetto,
sei lì che parli e chiedi
vuoti il mio cervello,
di fiato riempio il petto,
mi confesso,
ogni pensiero spello,
di sanar ti prometto!
Col tuo camice bianco
mi confondi!
Sillabi storie,
mi presenti affreschi,
disegni strani mi allunghi.
Io son già stanco!
Assente guardo,
interpreto,
commento.
Tu appunti ma non sai,
tu non leggi davvero nel mio cuore.
Ti sto ingannando,
la verità nascondo,
con te io sto giocando,
mi sottraggo alla presa:
io non voglio guarire.

A cosa servirebbe?

Questo amor nel mio petto mi convince,
anima e mente mia tutt'ora avvince.
Voglio restar per sempre un ammalato,
voglio restare un uomo innamorato!

Tre anni sprecati
Tre anni sprecati ad amare
l'onda incostante del mare.

Immobile ad assaporare
la sua carezza sul corpo,
sulle gambe mie stanche.
Assecondarne il suo moto perenne
e poi provare il disgusto,
il rimorso verso se stessi,
verso i moti dell'anima,
non più apprezzata,
abbandonata,
messa in disparte per il nulla.

Infatti, per cosa?
Per un attimo di felicità transitoria?
Per un piacere fuggevole e doloroso?
Per una carezza impudica e invereconda?

Il bello della vita
abbandonato tra lenzuola sudate,
e i miei libri, lì, a piangere il mio abbandono
senza una carezza tra le pagine impolverate,
che mi invitano a nuovi attimi di intimità.

Il mio pensiero torna ad accarezzare il sapere,
il desiderio di riscoprire me stesso,
il riaccendere la mia umanità assopita.

Arduo è scalare la vetta dell'inconscio,
impossibile interpretarne le spirali
che dall'epidermide vanno al sublime della mente.

Ma ancora solo il profumo del sesso
rimane a irrorare la mia ragione,
ad assecondare il mio essere
ormai stanco di ipocriti amplessi,
di lascive passioni!

Vita grama
M'ha schiaffeggiato questo tempo amaro,
fulmini, tuoni, grandine, tempesta
ieri pioveva ma sembrava festa
ché ti guardavo da quel colle caro.

Oggi il diluvio, pozze dappertutto,
schizzi tremendi dai mezzi pesanti,
mentre nel tuo paese s'era a lutto
era per me gravoso andare avanti.

Guidavo attento mentre a te pensavo
amareggiata con negli occhi il pianto,
uno strano dolore anch'io provavo

per quel ragazzo che m'aveva affranto.
Tra corone e fiori m'aggiravo
e tu pregavi mesta in camposanto.

Alla memoria del giovane militare Marco Pedone di Patù, caduto in Afganistan ilo 9 Ottobre 2010.

Cinico
Voglio sembrare duro fino in fondo
dimostrar che son forte quanto lei
le acque intorbido e confondo
come sul viso tanti orrendi nei.

Sull'ermo colle a tarda sera salgo
vedo la luce della sua tivvu
per lei ormai lo so più nulla valgo
dentro il suo cuore non ci sono più.

Ma il bene dato non si può scordare
per lei è stato facile, ha più forza,
tutti non ce la fanno a separare

dai rami degli alberi la scorza:
se la mente non cesserà d'amare
l'affetto dentro il petto non si smorza.

La notte è scesa
Ormai la notte è scesa,
l'ho scorta col vestito bianco
confusa nella nebbia della sera
sparir nella fuliggine che impera.

Difficile per me poter capire
quando l'amor inizia e poi finisce
le regole da altri sono scritte
il resto poi per te son arie fritte.

Ognuno si cucina nei suoi drammi
vede lontano l'ondeggiar del mare
si chiede cosa serva poi l'amore
se alla fine genera dolore.

Ma chi nel cuore ha solo sentimento
nota anche le lacrime degli altri,
pochi guardano fuori dalla stanza
per veder se nei cuori c'è speranza.
…..........................................
Molta gente spesso sta a guardare
coloro che sembra stian ridendo
li osservano sereni passeggiare
ma non sanno se quelli stan soffrendo.

Scrivo per lei
Vorrei scriver per te, ancor non posso,
il mio pensier si perde in fondo al mare
il tempo è nero e affoga tutto il rosso,
questo tramonto non mi fa allietare.

M'aggiro solo come un uomo perso
per questi lidi con il cuor sconvolto
con me piange la luna e l'universo
lacrime e pioggia scorrono sul volto.

Seduta ti rivedo sulla sabbia
l'asciugamano rosso ancor spiegato
solo entro nel bar mi sento in gabbia

da Martinucci un rustico ho mangiato,
con vino rosso affogo la mia rabbia
ma non mi pento, sai, d'averti amato

Nejat
Non mi piegherò,
ne chiederò perdono al mio assassino.
Un padre che soffre
secondo la tradizione
non è un uomo.
Nejat non parla:
guarda il cielo ma non spera.
La sua tomba è già pronta,
secondo la tradizione il padre scava,
ma lei tace, non parla.
Si distende sul fondo.
Le pietre le coprono già le gambe,
le pesano sul petto.
Immobile guarda il cielo e non spera.
E già altri sassi coprono il collo:
“bada ai miei figli padre,
bada ai miei figli”...
e poi scende la sera.

Bbonu crai (Buona vita)
“Bbonu crai,
salute a Signuria”.

Pacato, col suo passo antico
tra i campi di tabacco
la vanga ancor destreggia
cigola alla cisterna la puleggia.

Accarezza la terra
non vuole farle male,
la rivolta con cura e con amore,
una dolcezza colma di calore.

E lei ricambia il passo
ed accarezza il seme
lo copre e lo protegge,
nel suo seno lo regge.

Lo ripara dal vento,
dai passeri voraci,
così che la sua chioma dopo tende,
nel tempo lieve protende.

“Bbona sera,
salute a Signuria”.

Anche oggi fatica
e il giorno lentamente muore,
anche oggi sudore.

(Montieri 25.9.2010)

Declino
Per quei tratturi antichi,
abbracciati a muretti in pietra
diroccati
spingo lo sguardo,
vola il mio pensiero.
Quello che sono ero,
ora non son più io.
T'aspetto ai margini del fondo,
terra rossa mi copre
e il capo ormai reclino.
Lo sguardo tuo m'è assente
e pellegrino il mio
tra fichi e fichidindia ormai si perde.

Sincronia poetica
Prova ad aprir la bocca,
prova a chiudere la bocca
prova a ragionar sul meccanismo,
sul sincronismo,
che regola queste semplici movenze.
Prova a pensar
se il meccanismo si intoppasse
se la mandibola più non si muovesse
se la mascella più non si chiudesse.

Una fetta di pesca
Erano dolci quelle pesche amiche
sprigionavano un sapor di mandolino
lei le sceglieva, un poco le annusava
e dai suoi occhi il mare straripava.

"Senti anche tu", serena mi diceva,
ed il viso s'apriva ad un sorriso
e con un gesto delizioso e lento
metteva in borsa il sole del Salento.

Io la guardavo calma dietro il banco
ogni giorno sembrava m'aspettasse:
"Ieri non sei venuto e son sicura
che tu ti blocchi forse per paura".

"Adesso lo so che sei indeciso,
t'ho visto l'altro giorno, l'ho capito,
quella, se vuoi sentir, non fa per te
io la conosco e tutti san chi è".

"Tu non conosci in fondo questa terra,
amarla non è uguale a chi c'é nato,
guarda che quella in testa l'é bacata
quella è una persona disgraziata".

Non ascoltavo, le tare non guardavo,
per me parlava sempre e solo il cuore
ero convinto del suo grande affetto
i suoi difetti tenevo dentro il petto.

Un giorno in mare l'altro su in collina,
prima una falla dopo una magagna
la sua incostanza era un'altalena
poi tanti sassi e ancor candida rena.

Solo tardi ho capito ch'era matta
fuso aveva il cervello la fanciulla
assurda e folle nella sua incostanza
come nel mare mosso, una paranza.

Le tracce di follia già seminate
fuso restavo con la pesca in mano
la mente m'aveva ormai offuscato
capì alla fine che m'aveva usato.

"Chi ti da ben non devi trascurare
devi porre attenzione al nuovo affetto,
devi cessar or via da far da esca
prova a gustare questa nuova pesca!"

Passaggi
Mi nascondo nel buio d'un filmato,
lieve ti seguo e non mi puoi vedere
ti guardo col tuo cappotto verde,
alta e slanciata t'avvolge fino ai piedi.
Il tuo sorriso si perde tra i pastori
le tue parole risuonano nel vuoto
d'un pensiero che non vuol morire
che vaga nel silenzio di una notte
che mai finisce
e che non trova pace.

Nell'ombra mi confondo
lieve ti seguo
e tra la folla affondo.

Sogno il sorriso limpido d'un bimbo,
una carezza invano ricercata,
un desiderio
che come un sogno resta
una letizia che mi fu negata,
come una gioia che inutilmente inseguo
dietro il tramonto di un bel dì di festa
che spegne le tante luminarie rilucenti
che a giorno accendono i vicoli e la chiesa,
con l'ultimo rimbombo d'un fuoco d'artificio
che nel cielo s'infiamma e dopo esplode
come il mio cuor ch'ormai s'avvia alla fine
di questa lunga strada senza senso,
di questa lunga vita senza pace.

La rete del ragno
La neve scende sui capelli
scivola e si fonde,
sul collo mi disegna già ruscelli,
negli occhi balbettano fringuelli,
ali di bosco, voli di utopie.

E spesso osservo il sole nelle sere
quando il pennino sulla carta stinge,
quando nel cuor solo il dolore spinge
la mente verga languide parole.

E riporta i dì che son passati,
inseguendo follie, donne infingarde,
abbracci e baci spersi tra gli ulivi
vane parole, sterili promesse,
di giovinette viscide e bugiarde,

che sanno solo ingannare,
solo raccontar menzogne,
che riescono tutti a raggirare
specializzate nell'arte dell'inganno
e le parole come miele usare.

E sventolando un po' di sesso in rete
accalappiare qualche picchiapetto
illudere che quello sia l'amore
quando di sentimento non v'è nulla
quello che galleggia è solo l'emozione,
quel che rimane è solo lo squallore.

E simulare, recitar la parte,
della donna innamorata che promette
un sentimento eterno che non dura
che si sviluppa a notte tra le mura
della stanza avvolta dal silenzio,
sentir la voce piano che sussurra
parole costruite con bravura
e poi ingannare l'amor proprio
l'amante stagionato,
l'innamorato che ancor non ha compreso
che nella rete del ragno anche lui è preso.

Acropolis
Se questo amor
che in fondo al cuore langue,
potesse ancor parlar come una volta
tante parole ancor replicherebbe
tante felicità mi porterebbe.

Mi osserverebbe muto da lontano
seduto sulle rocce in riva al mare
mi prenderebbe, il vento, per la mano
al sol mi stenderebbe a ricordare.

E sul tratturo antico,
la chiesetta dal sol bagnata sogna
vestigia antiche ed orme di romani
che dei Messapi tolsero le impronte
all'acropoli che mai piegò la fronte.

Ancor d'amor mi parla e mi confonde
mi fa veder dall'alto i sogni antichi
e mi riporta un mormorio di fronde,
fa gustare il sapore dei suoi fichi.

Ancora ripercorro quella pista
sulla quale un dì lasciai un pensiero
che su un portale brilla sotto il sole
come un inno al Creator lanciato,
che qualcuno ha poi fotografato.

Forse l'ha fatto senza aver stimato
che più nessuno muore di passione,
forse pensando a chi s'è rimpinzato
di un amor poi finito in delusione.

Nota:
Il riferimento è alla località del Vereto (antico municipio romano) nel comune di Patù dove sorge la Chiesa sconsacrata della Madonna del Vereto di proprietà privata, che occupa la parte della spianata occupata nel v° secolo A.C. e secoli successivi dall'Acropoli dell'antica Veretum dei Messapi.

Poter vibrar
Vorrei poter vibrar
sentire dentro il cuor
quel che non so provar
la forza dell'amor.

Vorrei poter andar
per strade di pietà
e ancora ricordar
tutta la tua viltà.

Vuoi tutto cancellar?
L'anima tua pulir?
Ormai più non sai dar

l'ombra di quel sentir,
quel dolce tuo tremar
che un dì m'intenerì.

Povero cuore
Ora deve pensare al proprio cuore,
troppe persone l'hanno usato male
sempre ha creduto fosse vero amore
ha visto il sole dietro il temporale.

Dalle burrasche mai s'é riparato
d'illusioni e di sogni s'è riempito
tutto l'affetto sempre ha regalato
a chi solo di spine l'ha imbottito.

Ma l'animo suo era un castello
aperto a tutti quelli che han bussato
senza pensar non ha negato ostello

neppure a chi l'ha rozzamente usato,
che ha sprezzato l'unico gioiello
che solo vero amor le aveva dato.

Haiku (Pedalata)
Pedalo forte
salita tormentata
neve gelata

Trepidazione
Rondine vola
flutta onda di mare
sole morente

Haiku (flutto)
Carezza dolce
frange flutto la roccia
ansia d'estate

Alle foci del Merse
Alle foci del Merse,
tra il verde delle colline metallifere
sopra le vecchie miniere abbandonate
ai margini delle "maligne crete al piano",
me ne resto angosciato e il mar traguardo.
In silenzio spingo con languor lo sguardo,
striscia opaco tra vecchie scorie
al tempo abbandonate che tingono di rosso
rive e radici, tra i sassi attorcigliate,
arsenico e calore in se trascina
che i campi contagia
ed avvelena tutta la natura.

Inutilmente lo scempio vogliono fermare.

E la contesa sale,
la disputa non cambia il suo colore
e non si sfrutta neppure il suo calore.
Tutto si perde,
anche il velen s'annacqua
e forse parzialmente si disperde.
Qualche pesce galleggia gonfio,
morente,
testimone silente e disperato
di un mondo di degrado
di un ambiente distrutto dagli umani,
impotenti lo scempio di fermare.
Non servono altre leggi
a sproposito usate per ridurre,
alterate solo ad occultare,
manipolate per frodar le soglie antiche!
Avvilito, impotente,
al vecchio Ombrone fonde,
che a valle poi l'abbraccia
nel suo grembo confonde,
poi nasconde.
Le crete del senese indi accarezza
dopo che tristemente ha abbandonato
il verde dei castagni di Maremma
e del vento debole la brezza.
Alle foci del Merse resta solo un rimpianto,
d'una natura che langue e si dispera
mentre avvilito s'alza dolce il canto
d'un usignol che tristemente elèva
un cinguettio che sa solo di pianto.

Indifferenza
Mi chiedo come sia possibile
scordare le parole
annebbiare la mente
distruggere il bello che s'aveva in noi!
Com'é possibile che l'insolenza
prenda il posto della gentilezza
la cordialità quella del distacco
l'indifferenza subentri alla passione
l'odio prenda il posto dell'amore.
Come si possono dimenticare
le dolci parole elargite,
le promesse fatte,
scordare la foga
dimenticare la voglia del vedere
del toccare
del respirare la stessa aria
che io respiravo vicino a te.
Me lo chiedo nelle mie ore disperate
leggendo la passion dei tuoi messaggi
delle email che m'intasavano la posta,
delle note vocali che mi mandavi,
e quel cellulare che non vibra più
ormai abbandonato sopra il letto,
ormai inutile e muto,
inservibile perchè io non servo più.
E non m'importa
di andarti a trovare in rete
cercare di capire con chi parli,
a chi scrivi
a chi ora ti sussurra quelle parole
che tu dicevi a me,
che scrivevi a me,
che incidevi sulla mia pelle
e nel mio cervello.
Ora l'indifferenza è una virtù
che fa bruciare la mente
che incenerisce i ricordi
che inaridisce l'anima !

Impotenza
Penso che oggi lui starà con te
vorrei non più pensarci ma lo so
non muta d'una virgola perchè
cambiare la nostra vita non potrò.

Il mio pensiero vola, s'arrovella,
provo a fantasticare che sei mia
impotente mi sento, quasi in cella,
tra pene m'attorciglio e nostalgia.

Ed in silenzio volo sul tuo colle
dove più volte t'abbracciasti a me
l'odore sento delle smosse zolle

di quella terra rossa che, ohimè,
quel dio che regna regalar non volle
quel dio che preghi e che non so dov'é.

Luna
Luna, luna,
luna mia silente
che nella notte splendi e i miei pensieri incensi
prova a scaldarmi il cuore se riesci
che il sol sfuggo di giorno e mi nascondo.
Io vedo te e sogno tu sai cosa,
un poggio tra le pietre dei miei avi,
un mare che languidamente ondeggia
accarezzato da raggi tremolanti.
Ma il tuo splendore non acceca il cuore,
di fasci abbaglianti non mi opprime,
ma si distende mollemente in cuore
di dolcezze riempie la mia mente,
lascivamente il petto m'imbottisce.
Ed i ricordi scivolano impietosi
su quel tuo tremolio incostante
che tu disegni pigra tra le onde,
che tu trasmetti mite nel pensiero.
E se quel dio che spesso invoco,
che intensamente oltraggio
e con cui parlo nel silenzio delle mie nottate,
se quel dio a cui non credo e che mi sferza,
le pene infine mi sciogliesse in petto
forse la porta per sempre chiuderei
a questo sciocco ed incostante affetto
che ancora con dolor parla di lei.

Morano Calabro
Si perse il mio sguardo giovinetto
tra i tuoi monti,
quando l'albe addolcivano il mio cuore,
quando i ricordi
solo sinfonie di fonti
tracciavano lontane,
strade tortuose
ed ardui e stretti ponti.
Alla ricerca andai
per quei tratturi antichi
dell'orma dei miei piedi vacillanti,
i passi miei provai a ricontare,
uno sull'altro per rinfrescar la fronte
all'ombra d'una singhiozzante fonte.
Spesso a te io tornai con il pensiero,
sulle carte cercai strade assolate,
erte e tornanti
e l'odore dei tuoi forni ardenti di fascine.
Con rimpianto e piacere riassaggiai
quei gusti antichi ormai dimenticati,
quei pani casarecci, profumati,
il sapore forte dei tuoi salumi stuzzicanti,
che rividi fiorire nella mente
esposti nel cesto d'un bazar,
e che brillarono nel riso d'una donna
che una carezza e un bacio m'ha donato
sotto le coste dei tuoi verdi colli
tra le case arroccate alla montagna,
nelle viuzze a giorno illuminate.
Ed or mi resta in cuor solo il rimpianto
per un amor che poi non è sbocciato
per una carezza che se n'è tornata
nei boschi di betulle del Pollino,
che oggi ricordo al caldo d'una stufa
mentre degusto un calice di vino.

Sonetto burlone
Sonetto che mi stai nella bisaccia
ed ogni tanto sporgi un pò di mento
non mi garba che tu ridacchi in faccia
e mi canzoni sempre a tradimento.

L'altro ieri il gibbo m'hai sfiorato,
e poi ghignavi con cattivo gusto
d'esser scherniti tu non hai provato
ed io per stare dritto porto il busto.

Ora ti prego stattene sereno
affonda il culo dentro la saccoccia
e fingi di dormire perlomeno.

A motteggiar su la mi' gobba scoccia
perché di lazzi e detti son strapieno,
a te manca del sal nella capoccia.

L'attesa
Ecco era l'ora
ch'io vedessi quella rosa fiorire,
che m'accorgessi che l'alba
nasconde le coste arrossate dal sole
laggiù dove il mondo finisce
sbiadisce,
ma dopo i monti colora
le vette fa ancora apparire.
Dopo le mie notte agitate,
sudate,
guardando quel letto disfatto,
l'impronta che lei aveva lasciato,
il silenzio che ogni cosa opprimeva
l'ansia che in petto pesava,
rivedo le coste lontane
più chiare,
diafane,
rivedo la gioia lenta montare
il cuore di nuovo sperare.
Bramo un affetto diverso,
dove non conti più il sesso
ricco d'intese che allietan la mente
senza più umori sgorganti
dove le mani disegnan carezze
regalino amore sincero
riportino la pace sognata
la quiete che m'é sempre mancata.

Silenzio
Non pensavo che il silenzio
facesse tanto rumore
non credevo che la quiete
avesse il frastuono del tuono.

Odio questo silenzio,
non sopporto più questa quiete.

Parto!
Vado alla ricerca
di un temporale!

Neve al sole
Chi vuole quest'amor? A chi lo dono?
come sorgente sgorga dal mio petto
a valle scende con un dolce suono
che d'ascoltare manco un'ora smetto.

E' un amore che mi ubriaca, cinge
e che ho donato ad una giovinetta
ma col passar dell'or sempre più stinge
come neve al sol che scioglie in fretta.

Lei ha colto il suo fiorir costante
e sol m'ha regalato incomprensione,
un affetto donò sempre incostante,

ma dolcezze ha colto ed emozione.
Di tristezze ne ho falciate tante,
lei di orgasmi ha fatto collezione.

Guardo quelle foto
Guardo quelle foto della chat
e le lacrime sembrano sincere
ma davvero sembri proprio "mat"
perchè tu sai cambiar tutte le sere.

D'affetto mi riparli e non ricordi
che d'insulti in rete m'hai riempito
tu facilmente le insolenze scordi
e passare mi fai come svanito.

Ma quando mi ricordo che ti amo
il cuor mi si riempie di dolcezza
e non resisto mai al tuo richiamo,

a tanta tua passione e tenerezza.
Ma dopo poche ore lo sappiamo
di nuovo tu mi neghi una carezza.
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Brociolio
Scusatemi se sembro un brodaione
e a volte sbercio per farmi ascoltare
ed altre batto anche qualche chiocco

se sulle idee mie spesso m'arrocco.
I miei principi mai voglio variare
difficilmente cambio posizione,

mi direte che sono un pò testardo
mentre son sempre pronto abburrattare
ed a cambiar s'è giusto convinzione.

Quindi s'io fossi assai infingardo
sulle mie idee io dovrei restare
e mai mutare nella mia opinione.

Chiedo venia se ho usato dei termini un tantino difficili ai più. Sono espressioni in uso nell'alto pistoiese, dove brociolio, di derivazione longobarda, sta per parlare confuso mentre sbercio, urlare a squarciagola ed in modo sgraziato, è una parola usata anche in altre province della Toscana. Brodaione (parlare a vanvera) è un termine, sempre usato nell'alto pistoiese ed anch'esso di derivazione longobarda. Abburrattare significa separare la farina dalla crusca e qui starebbe per discernere il giusto dallo scorretto. Alcuni di questi termini sono presenti in alcune canzoni di Francesco Guccini.

Do re mi fa sol
Do re mi fa sol
è la musica del mio cuore
tu non l'avverti perchè sei addormentata
e le parole mie non stai a sentire.

Do re mi fa
è un verso, una canzone
che scrissi per te due lune or sono,
ma tu ti sei distratta e gli occhi hai chiuso
il ritornello non vuoi più riascoltar.

Mi fa sol la
ancor voglio fischiare
so che sull'ali del vento se ne va,
a te lo porterà che stai dormendo
a te che più non vedi e più non senti
ma nel mio cuore ancora i sentimenti
ci sono e non riescono a scordar!

Solo un oggetto
Tardi, lo so, ma poi si pensa spesso
agli errori che tutti combiniamo
dovrei svegliarmi, sovente ripetiamo,
ma gli sbagli li rifacciam lo stesso.

Nel nostro vagabondar confuso,
tra gli orrori che il mondo ti regala,
ti capita d'inciampare su una pala
che un colpo ti rifila contro il muso.

T'accorgi sol allor che t'hanno usato
che l'amore era solo un'apparenza,
dietro ci stava un povero ammalato,

un pescator con la sua brava lenza
che t'aveva pescato e cucinato
e consumato con indifferenza.

Alcune notti dopo
Alcune notti dopo ve lo giuro,
le stelle continuano a cadere,
e pur se la mia mente vede scuro
vivo tante emozioni e sono vere.

Dagli anfratti sopra San Gregorio
il mare e le scogliere ancor riguardo
anche se passo un giorno da martorio
da lontano ci butto ognor lo sguardo.

E mi rivedo pago, a lei abbracciato,
a rimirare da quel poggio il mare
insieme a chi m'ha sempre accoltellato.

A me ed al suo amore nulla sa donare,
il nostro affetto tutto ha saccheggiato
fredda continua entrambi a pugnalare.

La vendetta di Dio
A volte mi chiedo: ma esiste?
Io busso lui tace, sta muto,
ma sempre il mio animo insiste
per farsi ascoltare un minuto.

Perchè ti diverti a schernirmi
offrendomi prima il tuo affetto?
Poi fiele continui ad offrirmi
gravato da angoscia nel petto.

Ma quale delitto ho commesso?
Su, Cristo, vuoi dirlo al mio cuore?
perchè mi regali sì spesso

cotanta afflizione e dolore?
Appeso alla croce m'han messo,
ma anch'io ho donato l'amore.

Basta un pensiero
Voglio buttar di getto i miei pensieri
dimostrare a me stesso quel che valgo
scrivere quel che penso, e se son veri,
sull'altar dei poeti allor io salgo.

I miei pensieri son sempre gli stessi,
stracci volanti senza alcun valore
vestiti vecchi ormai lisi e dimessi
ma spesso si farciscono d'amore,

Basta solo che un tenero pensiero
a te voli e si rallegra col tuo nome
che l'umor si fa terso anche se nero.

E tutti i fiorellini sopra il prato
sbocciano, ed io non so mai come,
e l'animo si fa lieto e beato.

A me basta poco
Ancor non l'hai capito: basta poco
a te per sollevarmi su il morale
per ravvivare nel mio cuore il fuoco
donarmi gioia senza farmi male.

Penso ti basterà solo un secondo
per uno squillo del tuo cellulare,
non credo ti caschi addosso il mondo
se un messaggio provi ad inviare.

Attendo solo un semplice segnale,
basta una nota e già mi fai sognare
so che sei tu, sapessi quanto vale

quel breve scritto a farmi rallegrare;
poi la felicità nel cuore sale
mi basta poco per farti ricordare.

Al buio
Chi può vedere queste mie lacrime abbondanti
in questa stanza vuota,
solo col mare
che da lontano m'osserva e m'accarezza?
Chi può capire queste mie stille amare,
che solitarie rimbalzano sui muri
di questa stanza bianca,
silenziosa,
che il dolore m'allievano e l'angoscia?
Ed io ti invoco, amore mio,
amore mio che forse adesso
te ne stai abbracciata col tuo amore,
abbandonata languida ed assente,
tra le braccia di chi ancor non crede
che tutto l'affetto che tu doni è suo,
affetto assente a lui,
affetto assente a questo dolor che mi trafigge.
E vedo il tuo sguardo perdersi sul mare,
lo inseguo e mi inabisso in queste tue marine,
lo sogno questo mare antico,
sogno le sue carezze sul mio corpo,
sogno la sua potenza che m'attira,
sogno la sua ferocia che m'attende!

Amala
Amala, ti prego,
lei ha bisogno di te,
non farle mancare amore e affetto,
stringila forte al petto.
Trasmetti sol le tue emozioni,
falle sentir calore
dagli letizia e gioia con ardore,
I sentimenti tuoi
come dei panni stendi,
coccole e tenerezze in abbondanza spendi.
L'amor tuo lei non lo vede,
per questo cerca me,
come un cieco nel buio tu l'abbandoni,
perché per te lo tieni e non lo doni?
Se tu lo fai sgorgare,
come un'acqua fresca di fontana
la sete sazierà,
non si rifuggerà nella mia tana!
Tu la esponi,
stupidamente la induci al tradimento,
l'inganno come sempre coglierà
di chi la usa, di chi di certo lei non amerà.
Amala, senti me,
e sono certo che coglierai affezione,
lei ti darà del bene, devozione.
Ma se i suoi occhi
dovessero ancora lacrimare
per la sterile tua stupidità
io ancor ritornerò,
io, che davvero l'ho saputa amare,
perchè l'amore non conosce età.

I miei amori
I miei amori sono stati tanti
alcuni lieti, altri tormentati,
a volte mi si mostrano davanti
amor finiti, sempre ricordati.

Le ore scandiscono i miei anni,
svogliata si consuma questa vita
le gioie si alternano agli affanni
la mia felicità quasi é finita.

Consunta come questa spiaggia sorda
che mi scava nostalgie nel cuore
e le carezze sue ancor ricorda

che ogni dì rinnovano il tremore
per una felicità che non si scorda,
per un futuro ormai privo d'amore.

Fili d'erba della memoria
Emozionarsi per dei fili d'erba
di cui conservi un'orma nella mente
gioia provar nell'anima superba
al loro dondolare mollemente.

E ritrovarsi ancor nella frescura
d'estati di cui ancor conservi traccia
mentre percorri questa calle dura
di travagli che scavan solchi in faccia.

Vederti ancora sul tratturo antico
con le fascine d'erba strette in mano
raccogliere dai rami qualche fico

pensando ai tanti amici ormai lontano.
E mentre il mio destino maledico
l'orme mie lascio sulle crete al piano.

(Attraversando il 28.2.2010 la piana cretosa del maretano)

Cerreto Sannita
(A Luisa)

Mi stai tornando in mente amica mia,
mentre attraverso il tuo sentiero antico,
io a te non scrissi mai una poesia
mentre tu mi trattasti come amico.

Ora sto rimirando le montagne
che ricordavi in qualche cartolina
che mi scrivevi con le tue compagne
dal borgo che lasciasti da bambina.

Forse or sei una nonna, o forse sola
passeggi per quei vicoli dispersi,
il tempo come vedi passa e vola

dolce compagna dei miei anni persi
ed io or ti ricordo e mi commuovo
e finalmente ti dedico dei versi.

Ebbrezza
Mortifico il mio corpo
i pugni di bacco
colpiscono la mente,
tormentano il mio ventre
inutilmente,
vanamente,
infantilmente.

La testa
è persa dietro una fosca nebbia,
spero che si diradi
che renda il cuore in pace,
mentre la luna tace,
le stelle non mi stanno più a guardare
son stanche d'ascoltare
il vaneggiare inquieto
di questa musa estrosa,
stravagante,
dubbiosa ed incostante.

In queste stanze mute,
i rantoli del cuore
balzano di vano in vano,
sui muri bianchi
riflettono pian piano
i giochi della mente
persa nel rosso effluvio
dell'ultimo bicchiere,
intermediario stanco
d'un sentimento affranto.

Tenerezze
Acqua di bosco
a rinfrescar la mente
voli radenti

Sonetto tra gli ulivi
Cerco tra gli ulivi un pò di pace
in questo casolare silenzioso,
anche il vento ammutolito tace
quasi per rispettare il mio riposo.

Il sole m'acceca senno e viso
le cicale friniscono assordanti
han spento anche l'ultimo sorriso
dal volto tuo che più non ho davanti.

Mi impolvero di questa terra rossa
pensando alle parole quasi spente
che m'hanno spezzato anche le ossa.

E mentre sul pc scorrono lente
le foto che al cuor danno una scossa
il vento ti cancella dalla mente.

Ozio meridiano
In quest'angolo remoto di campagna
con fronte mare e odore di salino
pasteggio sul balcone e m'accompagna
un bottiglia, ormai vuota, di vino.

L'odore annuso nel bicchiere a mezzo,
con gli sbuffi dell'onda si confonde,
una fetta d'anguria pigro spezzo
mentre rincorro il gioco delle onde

all'orizzonte, il vento mi rinfresca
lieve il sudor, che imperla fronte e viso,
e mentre affetto nel vin anche una pesca,
serena la mente s'apre ad un sorriso.

Ed io rincorro te, amore assente,
che forse te ne stai sui libri attenta,
o cinta all'amor tuo, più facilmente,
dimentica di questa stella spenta

che pensoso resta ad ascoltare
l'assordante frinir delle cicale
tra i rami di quest'orto vista mare
chiedendosi la vita a cosa vale.

E mentre il vino affoga cuore e mente,
mentre il mio corpo vola sul Salento
consumo questo giorno mio silente
lieto pensando a te e m'addormento.

Abbandonato
Abbandonato dalle ore
ad ascoltare il vento,
farsi carezzare la mente
dal suo fruscio
che cambia ad ogni folata
si modifica ad ogni soffio.
Osservarlo
mentre piega l'erba insecchita,
che lo schernisce,
ondeggia ma non si spezza,
gioca con lui,
lo confonde.
Fiutare
gli odori che trasporta,
la salsedine del mare,
quelli della macchia marina.
Ed io qui,
solitario,
perso nel buio della sera
a guardare le tue spiagge,
gli anfratti sulle rocce carsiche,
dove giaci con lui,
ti sublimi,
gioisci,
ignara dei miei tormenti,
della mia sofferenza.
Ed io maledico la vita
che mi ha negato un ultimo amore,
e ha spaccato il mio animo,
in bilico sull'abisso.

Sogni poetici
Il poeta sogna,
instancabilmente sogna,
crea,
fantastica,
costruisce,
la realta' trasforma
al suo desio la forma.

Quadri dipinge,
col sentimento li colora,
di dolor li tinge.

E sembran veri
invece son solo sogni
che chi legge non sa
veri li crede.

E spesso i suoi pastelli,
l'effetto del suo fantasticare,
del suo sognare,
come un frullato di frutta
di gusto amaro-dolce lui presenta:
a suo piacer l'inventa:
chi sorseggia e assapora
pensa sia pera e pesca
invece e' solo il frutto,
dell'abile sua tresca.

Soli nel web
Siamo soli,
noi e la nostra arte,
ad oziare nel web
fissando le nostre pagine mute
che si schiudono dal nulla
e poi nel nulla si dissolvono.
Ci illudiamo
di avere intorno a noi il mondo,
invece,
solo il ritmo cadenzato d'una tastiera
ed uno schermo colorato
ci accompagna
in questo nostro peregrinare scomposto,
in questa allucinante assenza
che ci fa apparire come esseri vivi
mentre, invece, siamo già morti.

Questa donna
Questa donna
che russa nel letto,
di la',
non sa che tardo a dormire
per farla dormire!
Dal divano ascolto il suo sonno,
pesante,
il respiro suo ansante
che accompagna la notte,
la mortifica e affligge.
Ed io inseguo un pensiero lontano,
uno zombi che dorme,
che ormai piu' non mi pensa,
piu' non mi cerca,
piu' non mi ama.
E m'ostino a inviarle messaggi,
a dichiararle il mio stupido amore
ormai sempre piu' stanco,
ormai sempre piu' solo,
un amor che balbetta
parole inutili e vuote
a cui il cuore neppure piu' crede,
parole ormai prive di fede,
parole che lei piu' non sente,
parole che io scrivo nel buio
che lei ormai piu' non legge,
ormai piu' non vede.

L'ultima confessione
Mi confesserò,
ai piedi di dio deporrò il mio rancore
aprirò la porta dei miei segreti,
farò fuggire l'ombra dal mio cuore
un'anima dalla dannazione salverò.

Lui adesso ama un demone,
non sa la perversione del suo cuore
la devastazione dei suoi sensi
la malattia del suo animo.

Crede nel suo amore,
la crede pura, insidiata,
al di sopra d'ogni sospetto.
Ma io sono già stato nel suo letto
le sue foto tappezzano la mia camera
i suoi nudi brillano nel buio
e la sua voce fugge dai suoi filmati,
scaldano il mio corpo
accarezzano le mie spalle nude.

La sua bocca sconvolge la mia pelle,
la sua lingua scorre dolcemente
e trasmette piacere,
vogliosa bacia ogni parte del mio corpo
si sazia dei miei umori,
ed io assaporo i suoi.

Felice gioisce del suo tradimento:
toccherà anche a me poi il calice amaro,
l'offesa della croce.
Il mio costato sarà spaccato da una lancia,
fiele e sangue sgorgheranno lungo il mio corpo
ed il dolore sconvolgerà la mia mente,
l'odio ed il rancore salirà a dio
e lo maledirà d'avermi creato,
d'avermi fatto crescere all'ombra del peccato.
Poi la notte ci sprofonderà all'inferno.
Lei urlerà sconvolta, con gli occhi pieni di notte
e di dolore.
Ed io tacerò dannato,
impotente di non poterla salvare.

Esco di rado
Illusione,
voce che si perde nella stanza vicina,
lei non lo sa:
quel disco me l'ha regalato un'altra.
Ricordo il giorno, l'ora, il minuto,
ricordo lo sguardo, il sorriso,
la spensieratezza.
Ora lei canticchia di la',
io sto piangendo di qua.
Bagno la tastiera con qualche lacrima
che il calore evapora,
ed i singhiozzi si perdono
insieme alla Dora che scorre vicino,
e che sa!

 

Franciscae meae laudes
Novis te cantabo chordis,
o novelletum quod ludis
in solitudine cordis.

Esto sertis implicata,
o femina delicata
per quam solvuntur peccata!

Sicut beneficum Lethe,
hauriam oscula de te,
quae imbuta es magnete.

Quum vitiorum tempestas
turbabat omnes semitas,
apparuisti, Deitas,

velut stella salutaris
in naufragiis amaris...
Suspendam cor tuis aris!

Piscina plena virtutis,
fons aeternae juventutis,
labris vocem redde mutis!

Quod erat spurcum, cremasti;
quod rudius, exaequasti;
quod debile, confirmasti.

In fame mea taberna,
in nocte mea lucerna,
recte semper me guberna.

Adde nunc vires viribus,
dulce balneum suavibus
unguentatum odoribus!

Meos circa lumbos mica,
o castitatis lorica,
aqua tincta seraphica;

patera gemmis corusca,
panis salsus, mollis esca,
divinum vinum, Francisca!
Charles Baudelaire

 

Le mie Lodi a Francesca
Con vivo affetto di te parlero',
vivaio che fiorisci
nella solitudine del mio cuore!

Una ghirlanda ti ornera',
delicata fanciulla
che assolvi dal peccato.

Come benefico Lete,
cogliero' i tuoi baci,
che attirano come un magnete.

Quando la tempesta del vizio
m'annebbiava il cammino,
apparisti tu, o mia Dea.

Come stella benefica
ai naviganti disperati
sulla tua ara immolero' il mio cuore!

Vivaio traboccante di virtu',
sorgente di giovinezza eterna,
restituisci voce alle labbra mute!

Tu hai deterso l'immondo,
levigato l'imperfetto,
hai rafforzato il debole.

Sii rifugio per le mie necessita',
luce al buio della mia notte,
guida per un cammino sicuro.

Aggiungi vigore al mio corpo
delicato lavacro profumato
ricco di balsami odorosi!

Risplendi al mio fianco,
corazza di castita',
intrisa d'acqua celestiale;

coppa di gemme splendenti
pane saporito, delicata vivanda,
vino degli dei, o Francesca!
Salvatore Armando Santoro

Cotechino e lenticchie
Mi perdo per questi sentieri di fluoro,
virtuali,
ormai quasi spenti.
Scandaglio i tuoi versi,
estraggo pensieri,
deduco emozioni,
sensazioni,
per capire se ancora parli di me
o di un morto vivente!
Povero uomo al confine,
che consumi un pasto frugale,
un avanzo di ieri,
io avanzo da sempre.
Cotechino e lenticchie,
un pezzo di grana,
un bicchiere di rosso,
un'arancia che incido e poi sbuccio,
mentre scrivo dei versi
e tra uno spicchio ed un altro ti penso.
Scopro la polpa, in parte stopposa,
gusto solo quella succosa
la rapporto al mio amore,
esteriormente insecchito,
ma dentro ancora vivido e vero.
E mi chiedo del senso
di questo mio correre invano,
inseguendo un sogno, pazzo, lontano,
un sogno che sa di stella ormai morta
che ha pure la voce del tempo ormai corta.

Al termine
Ecco nel buio ora arranco
ti tendo la mano
mi spiano, gia' sbando,
a te rivolgo lo sguardo mio stanco!
E che serve parlare,
con chi pensi di andare,
se sei sorda e non senti
o sei cieca e non vedi?
Prima imprechi e straparli,
poi ripensi,
ti penti!
A chi serve il tuo pianto
non intendo i lamenti
sono larva, gia' striscio
cerco l'alba ed il sole
mentre affogo nel fango
son sommerso dal piscio
ed invano io piango
non c'e' orecchio che intenda
non ce voce che finga
non c'e' mano che stringa
la mia mano ormai morta.
Non c'e' voce che intoni
un bel canto d'amore
c'e' soltanto il terrore
questa strana paura
della notte che avanza
del mattino che tarda
di quel buio che affligge
che ogni cosa sommerge,
di quell'onda ignorata,
tante volte temuta,
che m'affoghi nel limo
che distrugga ogni cosa
che poi tolga alla rosa
ogni tenuo colore
che disciolga l'odore
e mi lasci le spine
dentro il cuore a irritare,
mi lasci il dolore
che non puo' piu' lenire,
che non puo' piu' cessare.

Tendente a....
La morte e' qui,
a fianco a me s'aggira,
sento il respiro suo sulla mia schiena,
avvolge queste membra vecchie e stanche
mi vezzeggia e spaventa,
m'accarezza.
L'ombra sua scivola su queste mura bianche,
si siede calma al mio camino spento
lo sguardo gira
con l'occhio pigro e lento.
........
La vedo, mi circuisce,
stancamente sorride e non mi guarda,
la prego di accarezzare la mia pelle
di togliere pian piano il suo calore
di darmi lieve tutto il suo torpore
ch'io m'addormenti pigro con nel cuore
l'immagine sbiadita d'un amore
che nel mio petto vive anche se stinto
che la mia mente allieta
anche se estinto.

Epilogo
Quando il mio viso
non passerà più davanti alla tua porta,
quando il tuo cellulare
non riceverà più un mio saluto,
quando la mia anima
viaggerà libera nei sentieri,
nei prati,
negli spazi sul mare,
nelle stanze che ci videro insieme,
tu,
ricorderai questo vegliardo
che ti ha donato la sua vita.
Quando qualcuno
leggerà una poesia a te dedicata,
Quando un commento,
un'emozione,
una lacrima,
bagnerà cuore e viso altrui
tu ricorderai le mie carezze,
ricorderai il mio amore.

Se vuoi davvero bene
Se vuoi davvero bene,
non far soffrir chi ami,
gli occhi suoi
non far mai lacrimare,
detergi la passione dal suo cuore,
ansie non darle,
neppure alcun dolore.
Vile è colui che la sua donna
empie inutilmente di tormenti,
di inutili e puerili patimenti.
Quegli occhi,
che sorrisi sanno dare
mai fai a lei lacrimare.
Soffri in silenzio te,
ma a lei dai solo il sole
durante tutto il giorno,
e bianchi raggi lunari
nelle tue notti insonni.
A lei dai solo amore
tieni per te il dolore
tieni per te il tormento
disperdilo col vento
ed un sorriso dalle
se tu puoi
e non scordare mai
i baci suoi.

Ti avevo avvisato
Io ti avevo avvisato,
ma tu non l'hai capito,
o l'hai inteso
volutamente disatteso,
sei debole d'udito.

Ora al sole te ne stai disteso
più non hai la mia paterna protezione,
da solo vuoi imparare la lezione,
non serve quella altrui,
pare non serva più,
così va il mondo,
io nel mio dramma affondo.

Adesso te ne stai a testa in giù,
l'inguine le accarezzi
affoghi nelle sue mammelle
credi alle sue parole
cogli le sue carezze.

Io t'osserverò da lungi
e indifferente
lascio scorrere qualche lacrima
per un amor ch'è morto,
al letto tuo risorto.

Ma io lo so come poi andrà a finire
anche per te, amico mio,
arriverà il dì del fiato corto,
arriverà il giorno del soffrire!

Primavera 2010
La campana suona ancora:
suono assordante,
lo scampanio s'espande
oltre i colli e le valli, al mare giunge.
Frammisto alla risacca si confonde
palpiti d'onda ancor diffonde e affonda,
dentro il mio cuore
ansia e rimorso affoga.
E già di nuove primule le cunette ricama
ed anche i poggi,
lieve il verde dipinge rami e tronchi,
i caprioli nasconde,
primo battito d'ali e canto lieve
vola e ovunque risuona dolcemente
dell'usignuolo il canto, allegramente.
Il pennello su nel ciel s'allarga
i colori rimesta, gira, confonde:
i doni d'una natura rinnovata ancor regala
e nel mio petto si risveglia quel calore
ch'era soltanto un languido tepore.

9 Aprile 2010
Dalla finestra chiusa
un sibilo mi sveglia!
Ecco sul cielo terso
nuovi rondoni saettano incostanti,
ali fluttuanti,
picchiate travolgenti,
al di sopra dei tetti,
per l'erta salita svolazzanti.

Primavera è arrivata!

Puntuali mi invitano
a spalancare tutte le finestre
a fare entrare un tocco d'aria pura
a dare sfogo a questo cuore assente
per un amore che rincorro invano,
per un pensiero andato
ormai lontano.

Nota:
I primi rondoni svolazzano sul borgo. Nei prossimi giorni arriveranno gli altri. Questi sono i più forti, primi arrivati. La salita è la mia: Via Costa Ripida a Boccheggiano!

Sonetto disperato
Quando incrocio il tuo nome nella rete
m'assale sempre un forte batticuore
va bene, forse sale un po' il rancore,
ma donato m'hai tu giornate liete.

Non so s'abbiam sbagliato tutte e due
perchè noi regalando il nostro amore
forse abbiam generato del dolore
e ognuno si terrà le colpe sue.

Ma questa vita mia dimmi che vale
senza l'amore tuo ormai svuotato?
L'ansia nel petto ogni giornata sale

e in casa me ne sto da carcerato;
ad altre l'affetto mio non so donare
senza l'amore tuo son disperato.

Vecchio insegnante
Oggi che fai mio professor d'allora?
Dov'è la tua bacchetta così dura?
A volte l'assaggiai e sembra or ora
anche se ogni dì l'età matura.

Dove tu sei maestro autoritario
che solo con lo sguardo ci atterrivi?
Ma poi aprivi calmo il sillabario
e le nostre paure ci addolcivi.

Ancor'oggi ti cerco mio insegnante:
ti vedo come un tempo a controllarmi
piccolo come noi, massa cianciante,
ricordo quando stavi a riguardarmi

dalla finestra che dava sul campo
nei giorni che la scuola marinavo
e mi sentivo preso senza scampo
quando tu mi chiamavi e t'ignoravo.

Sei ancora vivo e carico d'acciacchi,
oggi tu m'hai parlato dei tuoi guai
e certo anch'io ne sono pieno a sacchi
anche se a te io non li ho detti mai.

Vecchio maestro più non mi ricordi,
ma in quella foto sembri come allora
ti chiamo, non voglio che ti scordi
che io mi sento scolaretto ancora.

E indietro vorrei tornar negli anni
vederti serio ancora alla finestra
tornare forse, si, tra tanti affanni
senza neppure un piatto di minestra.

Ma ora immensamente sto penando,
affogo tra le pene ed i tormenti
nessuno sa quanto mi stian mancando
gli affetti ricevuti in quei momenti.

Ed anche le carezze tutte ho perso,
la gioia per quel poco sopra il desco,
le lacrime che più nessuno ha terso
sfiorite sotto un albero di pesco.

(Dedicata al mio primo insegnante di scuola elementare Mileto Vincenzo di Polistena-RC 86enne
ed ancora vivente, che il 27.3.010 ho salutato
)

La maschera
Sempre un sorriso, pronto alla battuta,
sembra l'uomo più felice della terra,
quello che in cuore invece lui rinserra
è la tristezza che nel cuor sta muta.

Chi l'incontra per strada pensa già
che la sua vita è senza alcun problema
invece quando è solo sempre trema
perchè gli manca la felicità.

E d'affanni e di tristezza è pieno
allo specchio si guarda e si dispera,
e il cuore ha colmo solo di veleno

che affoga l'amor che prima c'era,
e la felicità sta tutta cancellando
dall'anima ch'ormai è buia e nera.

I sentieri del sole
Ti porterò via dal baratro,
dalla strada piena di sassi e spine
dove ti sei impigliata ed uscir non puoi.
Ti porterò sui sentieri del sole
dove la sofferenza e l'ansia
sono ai confini dell'universo.
Tu non soffrirai più per me!
Ti lascio alle carezze
di un amore vagabondo
che spero non ti ingannerà
e ti regalerà quei sorrisi
che io ti ho rubato!

Perduto
Anche stamattina
non ho resistito dal cercarti.
Ho scrutato tra le rime,
tra le parole seminate nel web
ho cercato una carezza,
un brandello di sogno svanito.
Ho visto solo la tua ombra
confusa alle scie luminose sul mare
ed il sole mi ha accecato i pensieri,
mi ha turbato l'anima,
mi ha rubato una lacrima
che la luna morente
ha poi asciugato!

Tanka N. 3 ( Raggi)
Sotto quei raggi
sole splendente scalda
luce riflessa
ogni collina indora
verde riluce ognora

Brandelli di cuore
Senza più te,
che più me ne faccio
di questo brandello di cuore
che sa ancora vibrare
e qualche sussulto d'affetto
sa ancora donare?
Che me ne faccio
di questo mio sentimento
se dolci parole lontane,
ormai più non sento?
Ancora cerco sul web
qualche sbiadito sorriso
una parola gioiosa
un lieve rossore di viso.
Cerco una voce lontana,
veloce percorrere i monti
viaggiare sull'ali del vento,
arrivare poi stanca, diafana,
con un filo di voce soffiata
che culli nel petto passioni
che susciti ancora emozioni.
Aspetto nel buio di queste nottate
d'udir quelle voci
che ormai si sono acquietate,
che ormai sono spente
tacite, inutili, stinte,
come queste inutili ore
che passano lente,
e poi s'arrendono, vinte.

Una puttana
Fai il mestier che dall'antichità
nessuno è riuscito a debellare,
fallo, ragazza mia, senza tremare
se limpida lo fai con onestà.

Disonestà è rubare a piene mani
ma se quel che fai lo stendi al sole
senza girare intorno alle parole
non devi vergognarti del domani.

M'hai gabbato, non lo so perchè,
potevi dirlo ch'eri una puttana
n'ero certo un poco alla lontana,
potevi dirlo almeno solo a me

che t'ho amato come cosa rara
che t'ho dato solo vero affetto
il cuore m'hai spaccato in petto
ed or mi lasci con la bocca amara.

Amor t'ho dato con passione insana
l'ho ripetuto quasi all'ossessione
che amor t'avrei donato e la passione
anche se fossi stata una puttana.

Non so perchè tu m'hai ingannato
dell'amor mio ti resta l'allegria,
stupidamente l'hai buttato via
del tuo passaggio cosa m'hai lasciato?

Tanka N. 1
Giorno che sorge
sole splendente scalda
il mare rugge .
L'onda s'alza sprezzante
la scogliera infrange.

Tanka N. 2
(La Luna)

Pallida splende
cuore nuovo avvince
lieve tepore.
Il sentimento sale
nuovo sole dipinge.

La razza
La razza è lì,
abbandonata sui barconi,
in balia dell'onda immane,
soli col mare
con la sua desolazione.
Il nostro seme
s'é sparso in ogni dove,
seme di civiltà che colonizza,
che porta civiltà col gas iprite,
col suono tenebroso dei cannoni.
Il nostro gineceo sparso pel mondo,
gambe allargate,
virtù sempre violate,
quei geni in ogni dove seminati.
Ma come rondini tarde, a primavera,
son lì su quei barconi
nella promiscuità ammucchiati,
alla ricerca di radici antiche,
l'istinto li comanda e li sospinge,
figli di una progenie squallida e crudele
che gli occhi chiude e non li riconosce,
che oggi ancora in mare li respinge!

Traversata
Vedo te, donna mia,
nel silenzio di questa notte
in mezzo alla bufera,
al vento che rabbioso rugge,
che tutto con furore porta via.

Ti vedo coi capelli sciolti,
i seni illuminati dalla luna
che colora la stanza
che ricama farfalle sul tuo corpo
che i segni dell'età t'ha tolti.

E noi voliamo
come due uccelli implumi
fuori dal nido senza più pensare
in cerca di emozioni ed in silenzio
col vento rovistando ce ne andiamo.

Non conosco l'arrivo
zitti attraversiamo le contrade,
gli anni stanno fuggendo
l'amore con lo sgelo s'é squagliato,
più non t'importa se son morto o vivo.

Sogno un amore ancora
Io sogno,
si, è proprio vero,
sogno un amore ancora.
Questo pensiero
il cuore mi divora,
di lievi note
la vita ricolora,
la mente affranca
e di felicità ristora
l'anima ch'era stanca
che ormai più non sperava
che una colomba bianca
all'orizzonte
l'ali frullasse al vento
e sul verone
luce donasse
al cuore ch'era spento
lievemente planasse,
in un momento
e il suo richiamo
ancora ripetesse un verso antico,
mi dicesse di nuovo:
"Si, non disperar
perché anch'io ti amo"!

Ama te stesso
Devi aver sempre rispetto di te stesso
dei sentimenti che in animo rinserri
non devi mai scordarli anche se spesso
nello sconforto e nel dolor t'atterri.

Semina nei campi immensi della rete
le tue parole che parlano d'amore
donale per smorzar tutta la sete
e cancellar dall'animo il dolore.

Di te prova ad avere sempre stima
dei sentimenti mai non ti spogliare
semina le parole, in versi o in rima,
e lasciale nella rete a germogliare.

Giorno verrà che chi le andrà a cercare
con qualche nuovo motore rinnovato
vedrà tra le parole galleggiare
le tracce che di noi abbiam lasciato.

Solo allora di certo capiranno
l'amore che abbiamo seminato
molti di loro allor rimpiangeranno
lo zio o il nonno ch'hanno beffeggiato.

Una lacrima forse spunterà negli occhi
nel cuore salirà forte il rimpianto
e capiranno d'esser stati sciocchi
a non averci saputo amare tanto.

Ad una Musa romana
Tu non sai, invece, a te già penso
il nome tuo di notte già lo chiamo
forse ancora non è amore intenso
forse è presto per dirti che io t'amo.

Ma il tuo alito molto m'é vicino
e già m'ispira qualche nuovo verso
sono rimasto un tenero bambino,
senza amore mi sento un uomo perso.

Ho bisogno d'una voce d'ascoltare,
scivolar con la mano sopra un viso
dagli occhi qualche lacrima levare
per disegnarci un tenero sorriso.

Una frase di affetto poter dire,
anche se questa età mi pesa assai
"anima mia" ancor vorrei sentire
perchè l'amore mio non muore mai.

Ed il mio cuore è come una fontana,
pieno é di fiele ma ha tanto sentimento
anche se ancor da me sembri lontana
che sei vicina già tanto ti sento.

Non so cosa voglio
Non so cosa sto cercando o voglio,
so che di tristezza il cuor m'affonda
come un gabbiano perso su uno scoglio
solo subisco l'offesa gelida dell'onda.

Ormai subisco, non ho più la forza
di ribellarmi a questo mio destino
son forte fuori ma sotto questa scorza
sono sempre io: un tenero bambino.

Rimango anche un vecchio sognatore
sconfitto da un mondo da cambiare,
un disilluso che donai il mio amore
a chi non l'ha saputo ricambiare,

a chi di affetto finto mi ha inondato
trasmettendomi dolcissime passioni
ma la vita, infine, m'ha prostrato
quando ho capito ch'erano emozioni.

Emozioni che non durano nel tempo,
destinate ad estinguersi e morire
se davvero manca il sentimento
che le alimenta e non le fa finire.

Lavagna amara
Scrivo su questa lavagna
parole
trasparenti,
parole
che nessuno leggerà
mai!

L'amore
è lacrima
che lava
il dolore dall'anima
e la mano
è carezza
che la deterge!

Veretum
Dall'ermo colle
ove solingo
giornate passo a rimirare il mare,
la tua casa riguardo
e tracce cerco della tua presenza.

E mentre penso,
sotto i miei piedi
orme lontane inseguo,
tratturi dell'antica via traiana
che la storia sovrastano,
al tempo perdurano
e la memoria antica,
tracce di porti e navi,
nei fondali del mare
archiviano incostanti.

L'urlo dei cavalieri ancor resiste:
nella vallata l'orda musulmana
cozza contro il Vereto
e la respinge.
E se la croce è un simbolo che dura
se quella mezza luna ancor resiste,
se nei geni della razza vinta ancor persiste
la traccia dell'antica violenza allor subita,
anche il bianco vessillo dei crociati
al sole splende tra le mura antiche
d'una rocca che protezione diede,
e riparo e conforto,
a quella gente che l'onta subì impotente
delle incursioni
degli infedeli predoni saraceni.

E questa terra,
figlia della stirpe dei cretesi, dei messapi,
dell'orgoglioso e forte popolo japigio,
le tracce ancor conserva
d'una cultura che non è finita.

Dormente giace
sotto le zolle, tra le pietre di questo suolo ingrato,
e nel tempo teschi ed ossa ridona
all'ignaro bracciante
che al sole le zolle rivolta
e sassi ammucchia ai bordi dei poderi.

Le vestigia antiche ancora custodisce
d'una storia tutta da stilare
che sempre a un popolo appartiene,
d'una storia che il tempo non cancella
e che attende, paziente,
che al sole riemerga e che sia letta.

Riflessione
Senza parlare
muto,
in silenzio,
gli occhi buttati nell'angolo buio
d'un focolare già spento.
Non dico,
non penso.
Solo l'assillo che vola,
l'animo che s'agita,
zitto,
senza fare rumore.
Non scrivo parole,
ma senza fiatare
dico milioni di cose,
senza la carta vergare
scrivo quasi un romanzo,
una storia davvero accaduta,
finita,
perduta.
E trovo finanche un momento
per rinnovare un rimpianto,
una pena che dentro mi rode,
e una lacrima stanca
asciugare.

Amore vagabondo
L'amor mio
è come un vagabondo,
vola sui prati come una farfalla,
sfiora le nubi,
in cielo lo vedi volteggiare
tra le rondini stanche
che volgono la sera verso il mare.
Ai tramonti resiste,
le tempeste sconfigge,
in mezzo alla bufera non dispera,
i tuoni ignora,
le folgori trascura,
dell'acqua sferzante non si cura.
Anche se imprigionato
dalla tua aridità,
dal tuo silenzio,
lui non soffre perchè l'han segregato
lui si dispera solo
perchè dall'amor tuo,
dal tuo ricordo,
nell'oblio, nel silenzio,
è stato crudelmente abbandonato!

Ballata d'amore
Ballata, che vibri nel petto,
la donna mia che ogni dì mi sente,
tutto di se m'ha dato ardentemente.

Lei m'ha dimostrato solo amore,
nulla in cambio donai,
e come un uomo privo d'intelletto
dietro un sogno fallace me n'andai.
Colsi pene e dolore,
lei invece mi donava solo affetto,
mentr'io stramaledetto
rincorrevo un sogno inesistente,
d'un amore che non valeva niente.

Madrigale amoroso
Tace la voce sua in fondo al mare
quasi un lamento giunge dalle grotte
che spezza il cuor nel buio della notte.

Dura l'attesa, più non so aspettare
la vita ormai da me s'é allontanata
e non saprò se mai sarà tornata.

Mi cercherà per non dover patire
ma la mia voce non potrà sentire.

Trasmigrazione
Ho trovato per caso
un corpo:
dentro sono entrato.
Non avverto nulla di nuovo,
nessuna sensazione di fastidio,
nessun turbamento.

Volo,
nella mia normalità mi confondo,
banchetto con insetti
e dritto vado all'approdo:
un ramo sbattuto dal vento,
che dondola nella notte
mentre aspetto l'alba.

Presenza
Ci sono anch'io in quella stanza!
Colgo ancor le parole vaganti nel silenzio,
i sospiri,
che volteggiano nel vuoto,
le carezze,
aggrappate alle pareti,
i piaceri,
che impregnano quel letto
tutto disfatto e privo di calore.
Assorbo avidamente,
le sensazioni di gioia,
di dolcezza,
li degusto gradualmente,
amabilmente.
Oziano ancora libere,
non riescono a trovar pace,
allagano sentimento e vita
di chi varcherà per errore quella porta
alla ricerca del perduto amore.
Una briciola di cuore scoveranno,
solitaria, per terra abbandonata,
che ancor riesce a battere e vibrare
anche se dal corpo ormai s'é distaccata.

Non ti sporcare
Ti prego,
se puoi,
se vuoi,
se sai
ti prego ascolta!

Non ti sporcare,
non sporcare il tuo cuor
la tua coscienza,
non sporcare il tuo corpo,
lascia seccare il tuo rancore,
corri sul tuo terrazzo,
guarda laggiù il tuo mare.

Non affogar nell'ira
non usar la vendetta
su te stessa,
non fare a te del male,
non sporcar neppur
la tua coscienza.

Troverai, si, lo so,
troverai un amor
che un falso amore ti darà,
affogherà nel piacere
il tuo fallace senso di rivalsa
e colpirai te stessa.
Lui godrà,
pago poi appoggerà la testa
sui tuoi seni,
ascolterai schifata il suo respiro
ed odierai te stessa,
odierai la tua vita.

Non lordare il tuo corpo,
lo so
so che per te neppure un soldo vale.
Anche se l'anima tua resta pulita,
anche se del tuo corpo non t'importa,
stammi a sentir se puoi
non ti sporcare.

Ti prego,
se puoi,
se vuoi,
se sai
ti prego ascolta!

Lacrime e sorrisi
Se il mio amore non t'ho saputo dare,
perdonami, ti prego,
lo so che sai aspettare.
Paziente m'hai chiamato a tarda sera,
ti sei accorta ch'ero giù di corda,
ho pianto senza averne una ragione:
tu mi parlavi col tuo grande cuore
cercavi di addolcire il mio dolore.
Quel calice di più
di ebbrezza empito m'aveva la ragione;
a me non da euforia
il vino novello di stagione,
m'intristisce, m'empie di nostalgia,
se sono in casa e solo, soprattutto,
sprofondo nell'affanno, son distrutto.
Tu m'hai parlato d'altro, della scuola,
dei bambini che t'hanno dato noia,
del cinese bravo, e di quel marocchino
che fermo non sta mai,
esasperante e tanto birichino.
Ma dopo tu hai sorriso,
hai cercato di tirarmi su,
di farmi sparire le lacrime dal viso.
E forse hai anche capito che il mio cuore
rincorre ancora un sogno svigorito
d'un amore mai nato, o mal fiorito,
che m'ha donato affetto e tenerezza
ma anche tanta angoscia ed amarezza.

Nuovi amori
Ecco, adesso ho visto il suo bel viso,
stretto le mani sue,
le gote con un bacio delicato
lieve ho sfiorato,
ho guardato una lacrima negli occhi,
lenta spuntare,
come raggio di luna
nella sera sembrava luccicare.

Ed hai parlato come fiume in piena,
t'ascoltavo ammaliato
confuso,
quasi frastornato.
Il mio pensiero l'appennino traguardava,
correva veloce verso il mare,
e insieme al sole lento sprofondava
in un mare lontano che capiva,
capiva,
ma aiuto alcuno non mi dava.

Pesante la notte mi ha abbracciato,
i vecchi tetti e gli embricini rossi,
il rumor della gente,
il chiacchierio confuso dei passanti,
un suono d'un campanile antico
il cuore mi schiacciava.

Il calor d'una casa ritrovato,
la Tv che irretiva,
il cigolio dell'ascensore,
d'una porta vicina che sbatteva,
vita nuova sembrava.

E nella notte,
rotta da una sirena che suonava,
dal riverbero d'un lampeggiatore che fluttuava,
hai schiuso lieve la porta,
forse volevi dirmi: "buonanotte",
forse abbracciarmi forte.
Ma io ho taciuto:
in cuore avevo il freddo della morte.

Basile uomo
Ultime gocce d'un ricordo ormai sfumato,
che dan freschezza al viso mio rasato
e riportano un amor che s'è smarrito
tra i monti ancora verdi del Pollino
che solo tristezza in cuore m'ha lasciato,
tristezza e qualche amplesso che d'amore
nulla conserva se non l'onde chiare
d'una felicità che non è nata
d'una vita d'unione cancellata.
Eppure questa bottiglietta vuota
io la conservo, la metto bene in vista,
è un regalo che un giorno m'ha donato
col suo gran cuore, che non ho scordato.

Allodola stanca
Ora ascolto sereno quel canto
dalle rocce a picco sul mare
ed il sole sorride quel tanto
sufficiente a farmi sognare.

E ripenso alle tante parole
procurate da vuote emozioni
eran calde, ma inutili e sole,
generate da foga ed ormoni.

Emozioni che reggono poco
che hanno una breve durata,
emozioni che pigliano fuoco

come l'erba al sole asciugata,
che sviluppa solo una fiamma
che si spegne così com'é nata.

Ad Alda Merini
Oltre le brume del Naviglio
il fumo d'una sigaretta
fende l'aria e la intorba.
La mano scorre su un foglio
bianco:
disegna pensieri osceni
come piccoli cerchi
che sfumano dalla bocca
dopo aver aspirato
il cancerogeno miasma
d'una bionda.

La rimatrice assorbe
gli odori dell'acqua stagnante,
le impasta al tabacco,
cementifica i polmoni
e crea melodie
che impregnano
fogli e libri che alla rinfusa
ammiccano dagli scaffali
impolverati.

E dalla genialità
nasce il pensiero
che scopre la carne
che se ne sta negletta
a mostrare i capezzoli sfioriti.

Il latte dell'immensità succhio,
quasi a provare a me stesso
il gusto delle messi andate
ed il sapore del meglio che riposa,
che il sangue rimescola e riscalda
e i sensi avvince.

Ruffiani
Il mondo ormai sprofonda nel liquame
non c'é salvezza proprio per nessuno
a gustar merda più non è sol uno
golosi tutti la spalmano sul pane.

Oggi è l'era buona per leccare,
chi sa ben farlo in paradiso sale,
non importa più quel che si vale
conta chi sa la lingua manovrare.

Anche i portali esondano ruffiani
di tutti i tipi e d'ogni qualità
basta saper leccar oggi e domani

e si accaparra l'odor di santità.
Ma alla fine solo e sempre stronzi
restano nel liquame a galleggià.

La ballata di San Gregorio
Quel mare mi scosse le emozioni,
ed avviò nel cuore
quello che poi per me divenne amore.

La sua voce destò quel sentimento
che allontanò la morte.
La mente martoriata dal tormento
al brio aprì le porte.
L'ore notturne divennero più corte,
l'ombra calò, s'estinse,
la notte scura lei di luce tinse.

Ma nel cuore poi smorzò le attese
la passione oscurò,
a un filo la mia vita appese
i sensi mi occultò,
e il disgusto l'amore soppiantò:
vita prima sembrava
sol'emozione arida restava.

Ti cerco
Ti cerco ma tu non lo sai,
nella notte silente mi appari
mi avvilisci e poi te ne vai,
sul sentiero schiarito dai fari.

Al tuo odio oppongo l'amore,
all'oblio i nostri giorni felici,
a che serve il sordo rancore,
la vendetta come i nemici?

I miei sogni son lì ripiegati,
a volte li spiego pian piano,
non dan luce quei cieli stellati

che in agosto ardevano invano
consolando il mio inutile pianto
che sognava un affetto lontano.

Disperato d'amore
Anche quando il mio odio ti soffocherà,
quando il rancore sembrerà offuscare
la tua immagine lontana,
ti porterò nel mio cuore.
Tu non lo saprai mai
quando ti penserò,
non potrai mai avvertire i singhiozzi
che faranno sussultare il mio cuore
chiuso in una cassa toracica,
che vorrebbe essere campana assordante
per urlarti il mio bene,
per ricordarti le mie parole
per farti risentire le mie carezze.
Tu non saprai mai nulla dei miei tormenti,
dei miei ricordi,
che ti inseguiranno sempre,
della disperazione,
che empirà il mio animo,
della malinconia,
che distruggerà la mia coscienza.
Non udrai la mia voce
sussurrarti parole affettuose,
chiamarti nel silenzio della notte
per ricordarti che esisto e ti penso.
Non sentirai il mio richiamo disperato,
fuso al libeccio che spira,
legato al grecale che soffia,
abbracciato alla tramontana che gela,
che ti giungerà da un poggio desolato
dove il mio animo sosta confuso,
dove il mio spirito cerca ristoro,
dove la mia voce ancor non si è spenta,
dove l'eco del mio ultimo urlo d'amore
rimbalza e vaga, sperduto e vinto,
tra i trulli in rovina
ed i muretti di pietra diroccati.

La pelle sua rimiro
La pelle sua rimiro in un filmato,
tutta nuda distesa sopra il letto
quel corpo tante volte carezzato
dolcezze riporta e tanto affetto.

Ma ora in petto sol cova rancore,
anche il sol tra le nubi s'è celato
con mille spine ho riempito il cuore
e il profondo dolore m'ha piegato.

Cerco a ragione di dimenticare,
ogni traccia cassar dalla mia vita,
sereno il mio futuro disegnare

così che la mia strada sia spedita,
vuota d'amori miseri, d'affanni,
far fronte certo all'ultima salita.

Distrazione
Lo sguardo distratto volgo,
tra i castagni lo sperdo,
tra le querce stanche
il corpo mio abbandono.
La brina gli occhi imbianca,
il volto mio scolora
le orecchie arrossa,
le guance mi congela.
Dopo la sbornia,
che l'animo ha turbato e la morale,
riscopro le cose semplici
di cui avevo perso il senso e la memoria.
Una pace m'avvolge:
un corvo volteggia muto in cielo
e il grillo di trillare ha smesso.
Fumano contorcendosi i camini,
un odor di silenzio
ovatta il borgo,
l'ombra s'allunga pigra
e già accarezza
i tetti ricchi di embricini rossi,
i vicoli,
le ripide coste dai gradini smossi.
Ogni voce maligna
ormai ristagna,
ogni pensiero amaro
ora nel cuore è spento.
Anche il telefono
dorme annoiato, giace,
poltrisce, bighellona,
pigro sonnecchia, tace.

Una notte di luna
Tre anni di lacrime amare
pensando,
guardando da un poggio roccioso
un angolo quieto di mare,
una baia antica,
un vecchio porto romano
sommerso dal mare,
abbracciati nel buio silente
con le dita incollate alla mano.
E tutte le volte il tormento,
ricordare i suoi baci,
al tenue chiarore lunare
carezzati da un piacevole vento grecale,
ascoltare le solite frasi
infarcite d'amore, condite d'addio,
ed immobili il mare guardare,
sperare
di trovar un pretesto all'obblio,
per fare sortire dal cuore le spine
che tanto dolore m'han dato,
che tanta passione han portato.
Ed ora son solo a pensare,
a ricordare una notte serena di luna,
da poco passata,
a leggere adesso solo odio e rancore
ascoltando parole stracolme di fango e veleno
che rendono insonni le notti,
quelle notti passate a chattare,
amori proibiti e sognare,
scrivendo parole indecenti,
che ora sono lontane, sono scordate,
sono assenti
da questo schermo abbuiato
che anche il mio nome
per sempre ha oramai cancellato.

Divorzio di stato
Quante storie, quante balle,
quante inutili parole
e che sterili discorsi:
se il divorzio è di stato
certamente è regolare,
la Città del Vaticano,
che protesta urla sovente,
non ha nulla da obbiettare,
non s'indigna, non dissente.

All'alba degli anni '50
partivano treni dal Sud
pieni di tanti braccianti
di manovali e giovani
con chitarra e mandolino,
con le valige inspaghettate,
piene di soppresate e pecorino.

Andavano a "Melano",
o in tanti altri centri industriali:
cercavano lavoro, del pane per i figli.
Partivano per la Germania occidentale,
salpavano per il pianeta americano,
o per il continente australiano,
qualcuno forse andava più lontano.
Nessun Papa da sotto il baldacchino
reagiva alla disgregazione familiare.
I parroci anzi erano contenti
ed anche i sagrestani, compiacenti
suonavano a lungo le campane.
Le rimesse erano oro brillante
riscattavano la classe degli oppressi,
ma gonfiavano anche le casse delle banche
(del Nord soprattutto e più di tutto),
sostentavano le curie e le congreghe.

"Terroni", "maccaroni", "mandolino";
ma l'emigrante ci rideva sopra,
fingeva a volte di non aver capito
e le famiglie intanto "divorziavano"
nei fatti, per legge si sfaldavano.

E spesso al Sud più non ritornavano
perché avevan messo su nuove famiglie
con nuove mogli e tanti figli e figlie
o erano rimasti in fondo a un miniera
o volati giù da un grattacielo
o stritolati dalle pressse industriali.

E nuovi pargoli allietavano le case!
Amore solo per corrispondenza?
Ma il seme allora non si congelava
e la sera, nei rioni popolari,
il clero, anticipando i tempi,
in abiti civili al fresco si sedeva
in mezzo ad una schiera di bambini
felici tra tanti zii e tanti cugini,
tra tante spose a forza divorziate.
.
"Figli del prete" si sussurava in giro,
"miscredenti" urlavan le vecchiette
e si segnavano turbate, sgranocchiando
un Pater, un'Ave, qualche Gloria,
invocando la grazia per quei peccatori.

Infine il divorzio si ratificò per legge:
la Chiesa, i preti con in testa il Papa,
i bigotti, la DC, il clero e le congreghe
urlarono alla scomposizione familiare.

Com'eran buffi a predicar dai pulpiti
ad urlare dietro ai santi in processione
col popolo che non stava più a sentirli,
che "NO" votò compatto al Referendum
indetto dai comitati dei bigotti,
dai servi sciocchi e reazionari del regime
che volevano abrogar la legge sul divorzio.

Quand'era lo stato a incoraggiar l'emigrazione
con la piaga cruda della disoccupazione,
con la legge agraria sempre rinviata,
con i baroni ed i latifondisti assenti
che lasciavano la campagna abbandonata,
che non spartivano le terre ai contadini,
che l'avrebbero curata e migliorata
per dare decoro e pane a mogli e figli;
quand'era lo stato con la sua incoerenza
a favorir la divisione tra moglie e marito
mai nessun comitato clerico-fascista,
nessuna congrega di preti e di bigotti,
nessun curia o soglio vaticano
avevano sollevato voce e mano,
non avevano mai stretto la briglia
per difendere l'unità della famiglia.

Epilogo
La mia vita è appesa a un filo,
un esile filo bianco lontano,
sperso tra il verde delle querce maremmane,
che disegnano poggi e piani
di questo mondo a me caro,
dove il silenzio accarezza i miei pensieri,
sublima il mio animo,
inonda di riflessioni il mio essere,
ormai fuori dal mondo,
ormai proteso ad una pace sempre odiata
ma che adesso amo.

La ragazza di Armando
La ragazza di Armando
è apparsa all'improvviso,
dietro i vetri appannati del mio cuore
con una mano ha fatto un cerchio chiaro,
m'ha guardato svogliata
con un sorriso triste, un poco amaro!

M'ha guardato vedendomi confuso,
ha provata a capir cosa mai avessi,
lei intender non poteva il mio dolore,
non conosceva il dramma ch'io vivevo
pensava fosse solo noia
non sapeva che ancora m'illudevo.

Mi illudevo di risentir la sua voce
chiamarmi per capir come vivevo
in questa casa vuota e senza amore
dove solo il silenzio m'accompagna
come lo sciabordio d'un'onda
che sulla rena scivola e ristagna

Ora dorme tranquilla, io sono fuori,
bandito dal suo cuor, dai suoi pensieri,
turbato resto per il gran dolore
perché da lei ormai distante, assente
dai suoi pensieri, e forse sta pensando
a un nuovo amor, che allieta la sua mente.

Aridi
Aridi
i pensieri che ascoltai,
allattai alle mammelle di uomini senza credo,
di religiosi senza fede,
di masse senza amore.
L'odio
sprizzava scintille sull'incudine
arrossata dal furore del cambiamento,
le martellanti dottrine delle ideologie
ubriacarono il cervello
ed il sangue scorreva nelle vene
come acqua di torrente impazzito.
Il pugno era proteso nell'aria,
le rosse bandiere sventolavano al vento,
l'urlo della piazza scuoteva il cervello,
l'adrenalina ci devastava,
ed il tremor della pelle
invadeva anche la ragione.
Di quell'ebbrezza
rimase il rimpianto della mia impotenza,
qualche foto ingiallita in un album polveroso,
il volto soddisfatto di alcuni reduci
seduti in parlamento,
sprofondati nelle poltrone
del Comitato Nazionale dell'Economia e del Lavoro.

Mi soffermo
Mi collego ogni giorno
ad una pagina vuota,
solitario.
Gli occhi cercano un nome:
per un poco la sento vicina,
torno indietro nel tempo,
poi il buio ritorna a farmi compagnia,
a tormentarmi.

Eroi
Mentre volavo giù da un grattacielo,
il mondo tutto intorno mi girava,
pensavo alla mia vita appesa a un pelo,
pensavo a chi lucrava e mi sfruttava.

Metà salario in chiaro, metà in nero,
costretto a risparmiar elmo e stivali
forse risparmieranno anche sul cero
che accenderanno il dì dei funerali.

"Suvvia qui hai un lavoro, cosa chiedi?
Al tuo paese neppure avevi questo,
qui vuoi robuste calzature ai piedi,
la sicurezza, la casa e tutto il resto".

E intanto per la strada sta sfilando
un corteo d'altri morti, in tricolore,
a questo eroe nessuno sta pensando:
mandato a morte da uno sfruttatore.

Nel letto mi rivolto
Nel letto mi rivolto
nascondo occhi e volto,
affosso i miei pensieri
che sono tanti e seri.

Sotto i cuscini bianchi
insabbio testa e viso
pensando al suo sorriso,
ai suoi amplessi stanchi.

Le sue parole vuote
angosciano il mio cuore,
la mente forte scuote

la rabbia ed il rancore,
ma l'odio non prevale
comanda ancor l'amore.

Sole calante a Gagliano
Ho letto la paura nei tuoi occhi,
ma anche il tuo disgusto nei tuoi baci.
La testa hai girato verso il mare
le tue labbra sfuggivano le mie.
Mi hai ferito a morte con il tuo distacco,
d'improvviso hai scoperto
la vuotezza del tuo animo,
l'instabilità dei tuoi sentimenti.
Hai bussato alla mia porta,
più volte in questi giorni.
Ti sei prostituita
concedendoti a me senza amarmi.
Ancora una volta hai ingannato te stessa,
hai ingannato la persona che spergiuravi d'amare,
ma non sei riuscita ad ingannare più me.
Ti ho pagata,
e non era la prima volta,
ma tu non hai capito i miei regali;
volevo che restasse nel mio cuore
tutto il mio disgusto per te,
e ci sono riuscito.
Ho ricambiato la grettezza del tuo animo,
ho mercificato i tuoi rapporti,
anche quelli ai quali avevo creduto.
Ho cancellato anche le frasi d'amore più belle,
quelle che avevo disseminato nelle tue contrade,
ho bestemmiato dio per avermi prima illuso
e poi mortificato.
Avevo scritto della sua grandezza,
l'avevo ringraziato per il suo regalo inatteso,
ero arrivato a credere nella sua esistenza.
Ma dopo è arrivata la notte
con le sue ombre e con il suo non essere.
Ed ho gioito dentro di me:
finalmente avevo capito che non esiste davvero,
che è solo illusione agli occhi degli uomini.

Ad una maladonna
Sei riuscita ad aprire la porta del mio cuore,
i miei anni hai saputo cancellare
con le tue parole farcite d'amore e d'inganno,
hai saziato le tue passioni
alla fonte delle mie illusioni
e ti sei riempita di foga,
imbottita di piaceri.
Un animale selvaggio tu eri:
sapevi bestemmiare nel mio animo
ornando i miei sentimenti di attimi fuggevoli.
E tu bevevi alla coppa di Saffo,
mai soddisfatta nelle tue emozioni,
raccontandomi dei tuoi incontri selvaggi,
delle tue voluttà nelle chat
con i tuoi involontari amanti
che mettevi alla berlina e schernivi.
Neppure il tuo amore hai risparmiato:
lo hai deriso con me,
ci hai deriso con tutti,
hai deriso tutti.
Il tuo è stato un amore coinvolgente:
mi hai trascinato in un vortice di voluttà,
di trasgressioni,
ma credevo alle tue promesse,
alle tue parole d'amore.
Mai perfidia fu sì profonda e convinta,
mai cattiveria così ben costruita,
così ben camuffata.
Eppure eri solo all'inizio dell'erta salita,
io ti guardavo dall'alto della mia immaturità,
ti credevo,
sei riuscita a plagiarmi nelle tue deviazioni,
volevi restare imbattuta, stupirmi.
Ma tu eri già matura,
troppo matura per la tua età,
quasi sicuramente marcia.

Maledetta tu sia
Maledetta tu sia,
maledetto quel giorno che il tuo viso
la mente mi colpì,
i sensi avvinse.
Maledetto il tuo sorriso,
maledette le tue parole,
maledetto il corpo tuo tremante
che dalla web s'affacciò sfacciato.
Maledette le tue frasi ardite,
le tue parole oscene,
maledetto quel tuo seno ondeggiante,
quel tuo pube che dalla web s'affacciò invitante.
Maledetto che io sia
per aver accettato il gioco,
per aver sollecitato l'immoralità dei sensi,
per aver confuso il sentimento
con la passione erotica esibita.
Ormai io ti conosco:
solo a questo tu pensavi e pensi.
Maledetta la terra
che forte richiamò la mia passione,
terra di sogni, d'altri tempi, d'emozione.
Maledette siano le tue promesse,
le tue oziose parole di rimorso,
maledette le tue bugie,
il tuo ingannare due cuori innamorati
inseguendo subito dopo nuovi amanti,
nuovi dolori poi stillare in petto.
Maledetti siano tutti i giorni,
che nuda tu entrasti nel mio letto,
maledetti quegli amplessi impudici e violenti,
quegli incontri volgari e innaturali,
maledetti i tuoi baci, maledette le tue carezze,
maledette le tue inutili parole.
E infine che sia anch'io in eterno maledetto
poichè m'ostino, e a darti l'amor mio non smetto !

Inseparabili
Ti inseguo,
ti cerco,
non riesco a vivere senza di te.
Ti sogno
in ogni attimo della notte,
del giorno,
ti rinfresco nei ricordi,
nelle piccole cose che ho di te.
Tu sei il mio amore,
la donna che mi fa vivere,
che mi affligge,
che mi distrugge.
Sei uguale a me,
perversamente uguale!
Ti voglio così,
non m'importa quel che fai,
con chi vai,
chi ami.
A me basta il tuo pensiero,
sapere che vivo in te,
sapere che non potrai cancellarmi.
E morirò con un desiderio insoddisfatto,
con una maledetta pena in cuore:
non poterti avere con me,
non poterti vedere nel mio letto
dormire,
riposare,
agitarti,
russare,
ridere nel sonno;
non poterti toccare quando ne ho voglia,
non poterti sentire parlare,
urlare,
imprecare,
oltraggiare.
Tu sei la mia dannazione,
il mio demone inseparabile
che mi porterà alla perdizione.

Egoismo
A te,
non interessa più nulla di me;
al tuo amore sorridi ed il pensier corre
all'onda che sfiora la tua pelle,
che si infila come una carezza
tra i capelli,
che il volto bagna
e lacrimar fa gli occhi,
al sole che t'abbaglia
e ti scolora sogni e ricordi
ormai disciolti e spenti.
Ma le mie ciglia ognor
sono bagnate
non dall'onda salata del tuo mare,
non dal vento
che un granello di sabbia nell'occhio m'ha deposto,
non dal sole che un giorno m'ha accecato,
ma dal ricordo,
amore mio dissolto,
dal ricordo del mio letto vuoto,
della tua casa che carezza il mare,
delle tue fughe nella notte scura,
tra tuoni e lampi
e in mezzo al temporale.
A te, non interessa più nulla di me,
al tuo amore sorridi e più non pensi
a quello che tu lasci e sai perché?
Tu ha dissetato solo e sempre i sensi
bene hai raccolto e solo seminato male,
la vita altrui, per te, dimmi che vale?

Queste pietre
Queste pietre
stipate nel mio cuore,
sui sentieri della mia adolescenza,
queste pietre mi opprimono,
i miei sentimenti schiacciano,
la mia coscienza stritolano,
la mia mente confondono.
Pietre della terra mia,
del lavoro duro dei miei padri,
pietre bianche di tufo,
polverose, erose, eterne.
Pietre leggere,
del colore delle foglie di tabacco,
stese ai cavalletti al sole
appese nei capannoni,
pieni di profumi antichi di terra
e di cielo insieme.
Pietre della terra mia,
che danno il senso d'una cultura antica,
d'una storia persa tra due mari,
confusa a civiltà diverse,
quella dei greci antichi, eterna,
dei nativi, e dei romani prepotenti.
Pietre degli amori miei:
verso la campagna,
nei confronti d'una giovane compagna,
pietre di disperazione,
pietre del mio morire!

Quando il tuo corpo
Quando il tuo corpo
perderà la leggiadria delle tue forme attuali,
quando i tuoi seni
non saranno più turgidi e compatti,
quando la pelle tua non sarà più liscia e vellutata,
quando il tuo sguardo sarà sfiorito e assente,
ricordalo amore mio,
ricordalo,
io ti amerò in modo equivalente,
io ti amerò per sempre,
eternamente.
Ti chiederai: "Perché?",
domande ti porrai su questo bene,
tardi arrivato ad allietar le mie piatte giornate,
di questo amore impossibile ed assurdo;
ma forse sulla terra io non sarò presente
a tormentare ancora la tua vita,
con questa gelosia inutile e opprimente,
col mio parlare a volte inconcludente,
con i miei messaggi insipidi e banali,
col mio rancore e affetto altalenante,
col mio assillarti a volte soffocante.
Ricorderai moltissimo i miei versi,
il mio ragionar sovente incoerente,
le mie mani sempre in movimento,
che come uno scanner lisciavan la tua pelle,
i miei baci a volte fastidiosi,
le mie affettuosità spesso scadenti.
Ma del mio amore non ti scorderai!
Ricorderai l'eterno mio sognare,
il pianto, il mio infecondo disperare,
tutta la mia dolcezza e la passione,
e la nostra smisurata trasgressione.

Il ruolo
Ora è arrivata l'alba,
anche per me,
l'alba al tramonto.
Quando il sole scompare dietro i monti
un raggio morente
ha disegnato alfine la mia mente.
Ora ho capito il mio ruolo,
grazie amore mio non corrisposto,
grazie a te ho compreso.
Non le dolci melodie del cuore
ma l'esercizio del mio potere,
l'incuria ai tuoi richiami,
il distacco.
Non le reali emozioni,
che si allargano ai sentimenti,
ai veri affetti,
ma le pulsioni indistinte,
emotive,
contingenti,
effimere.
Non le tenerezze durevoli,
che ci accompagnano fino alla morte,
ma le vaghe emozioni
che disegnano pulluzioni notturne
e poi il silenzio,
il silenzio d'una notte fuggevole
e che sotterra l'amore.

Nuovi amori
Per un nuovo sentiero m'incammino,
un sentiero di cocci tappezzato,
con nel pensiero un solo grande amore
che forse solo nel mio cuor c'è stato.
Ora un altro viso s'affaccia alla finestra
parole fresche con voce nuova suona,
parole che sono alfin sempre le stesse
con un tono che non riesco a definire,
che mi rifiuto ancor di percepire.
Ed io, confuso, con il vecchio nome,
che ancora dentro questo cuore ho inciso,
stupidamente più volte l'ho chiamata:
lei, indifferente, verso me ha guardato
ed ha annuito aprendosi a un sorriso.

Or che dovrei curare il nuovo affetto,
scordando l'orma del ben che se n'é andato,
dal cuore non riesco a cancellare
quel nome non ancora tramontato,
che continua a stordirmi mente e sensi
schiacciando l'ultimo battito che insiste
come un vecchio pendolo a cucù
che a tratti ancora l'orecchio mi colpisce.
E un sonno lungo e vero mi regala
che non cancella, però, quel falso amore
d'una briosa musa a cui la fantasia
regalava la gioia, la frenesia,
il vivere smodato alla giornata
ch'io non avevo mai considerato,
ma ho condiviso ed ho buttato via.

"Io dono l'amore, a volte mi diceva,
solo così io lo so donare,
solo così lo posso regalare".

Forse non ho capito mai quale che fosse;
solo che lei però certo sapeva
che d'un amore zoppo mi parlava,
d'un amore di certo inesistente,
camuffato sotto la cappa del piacere
fine a se stesso, poco resistente.

Di un amore apparente mormorava,
di un amore che non sapeva dare,
che andava preso così senza pagare,
che senza tanto pensare regalava.

Era solo ricerca di emozione?
era puro edonismo, solo sesso?
Era follia? Semplice passione?
o ricercava solo un compromesso?

Ora sto riprendendo il mio cammino,
tornato è il cielo cristallino e terso,
l'amore e il suo sorriso ho perso,
a lei non penso e gusto del buon vino.

L'attesa
Mi hai saputo circuire,
ingannare:
è vero mi ha trasmesso emozioni vere,
anche lussuria ed eros!
Mi hai fatto uscire dal piattume,
dalla noia profonda,
mi hai restituito l'euforia della giovinezza,
la trasgressione del bambino,
l'adrenalina dell'avventuriero.
Ma il tuo amore galleggiava sul liquame.
Ora ripeterai ad altri i tuoi giochi
riderai anche di me,
ma il tuo sarà un riso senza spettatori,
sarai applaudita dall'unico cliente
che osserva il tuo squallore,
e riderà per compiacerti.
Ma quando il tempo busserà alla tua porta,
quando il tuo corpo
sarà un fagotto informe di carne flaccida,
pingue, non più appetibile,
tu, viva, sarai morta,
io, morto, continuerò a vivere.

Assenza
Non ci sei più,
ombra mia giuliva,
estrosa mia compagna
dei miei giochi notturni.
La voce tua
più non ascolto
a battezzar la frase giusta per il mio gioire.
Nella notte
solo m'accompagna il fragore dei tuoni,
lo sfolgorio dei lampi,
l'abbaiar del tuo cane,
ed un sorriso spento
che m'opprime.

Esperienza
Volevo darti il mio amore
ma come acqua infangata
sulle rocce del tuo cuore indurito
tu l'hai sparpagliata.
Tardi ho capito,
tardi ho capito!

L'età, l'esperienza, la vita
poco ci insegna.
La lezione ha un costo,
il prezzo è salato,
i soldi non bastano mai per pagarla;
i soldi non bastano mai,
no, non bastano mai!

Tardi t'accorgi del bene che sfugge,
del bene che lasci,
delle gioie che semini al sole,
che asciughi,
che disperdi per cupa ingordigia,
che sprechi,
che al vento sparpagli.

E quando maturi la vita,
quando ripensi a quello che tu hai dissipato,
t'accorgi del bene perduto,
del bene perduto,
del bene perduto!

28 Maggio 2009
(Alla Palombara)

Un tempo d'inferno ci accompagna,
il cielo lampeggia di colori,
figure oscene disegna nella notte
e il tuono musica diventa,
ci rallegra.
Scorre il piacere nelle vene,
l'adrenalina sale,
la voluttà tutta ti pervade
pregusti già l'orgasmo:
le tue forti emozioni mi trasmetti
carezze e baci già da me t'aspetti.

Incontro ti vengo nel buio della notte,
come musa leggiadra dalle tenebre m'appari,
la tua figura si staglia sul sentiero,
tra il bagliore dei fulmini compari
e poi scompari come nel pensiero.
E correndomi incontro lieta tu sorridi,
sulla mia auto sali e ti abbandoni,
felice tu assapori, con passione,
il frutto intenso della trasgressione.

Ora resta l'assenzio
il vuoto dentro il cuore!
Abbaia il tuo cane legato alla catena,
ulula al tuono,
il cielo disegna presagi luminosi,
la pioggia intensa cade, tristemente,
e grava con sconforto nella mente.

Per sempre sei scomparsa nella bruma
solo la corsa tua ricordo sul sentiero,
quel voltarti giuliva a salutarmi
agitando con fervore la tua mano
e poi il buio della tua campagna.
Questo mi resta d'una notte amara
nel mio rifugio della Palombara.

Presenza
Anche a leggere il suo nome
provo tenerezza,
provo tristezza,
provo dolore,
provo rancore.

Il suo nome
nella pagina delle mie poesie,
due volte in un giorno
a leggere e forse rimpiangere
ed io che mi chiedo: "Perché"?
Perché, quando tutto ormai era finito,
quando gli insulti
avevano accarezzato i suoi sms
e ferito il mio cuore.

Le sue bugie,
oh le sue maliziose bugie,
la sua voglia di trasgredire
e poi cancellare ogni cosa,
dimenticare gli affetti dati,
i baci posati sulla mia pelle,
le carezze appassionate,
il suo cavalcare il mio corpo
per spargere una crema sulle spalle,
e le sue mani che modellano,
che scivolano,
che frizionano.

Quando il tempo non ci sarà piu',
per me,
forse il suo ricordo
mi riporterà in vita.

Amore senza parole
Solo,
sono io che parlo,
ora,
nel buio,
solo coi miei pensieri,
mesto coi miei ricordi.
La notte,
in silenzio,
mi sta ad ascoltare
e non sa piu' cosa dire,
quali sussurri inviarmi,
quale conforto donarmi.
Cadenzato l'orologio batte le ore,
il cellulare resta opaco,
lo schermo rabbuiato,
luce piu' non emana,
suoni di voce piu' non produce,
frasi d'amore piu' non bisbiglia.
Le sue parole volano ad altro amore,
ora,
ne sono certo!
Ad un amore che ascolta,
che non sa cosa l'aspetti,
a quali rimorsi sarà indotto,
in quali dolori sarà coinvolto.
Ascolta,
ora,
s'inebria,
si sublima,
si eccita,
si,
si eccita a pensare le sue mani
che scivolano nella notte
a ricercare piaceri solitari.

Pensieri Spezzati
Volteggi di rondini nel cielo
battito d'ali,
strilli tra i vicoli silenti,
voli radenti.

Pensieri che rincorrono marine
frinire di cicale
leggere litanie tra noci e pini
suoni vicini.

Ventate di calura dentro il tuo giardino
fonema di chitarra
la mente di gioia mi imbottisce
ma l'animo patisce.

Se tu
Se tu
non m'avessi regalato tanta delusione,
se tu
non m'avessi lacerato mente e cuore
se tu
non m'avessi affogato nel rancore,
se tu
non m'avessi tolto affetto e amore,
forse
non avrei compreso quello che ho perduto,
forse
non avresti capito quanto io t'ho amato.

Davanti casa tua
Davanti casa tua,
quel tuo rosaio,
quei fiori rossi fissati nella mente,
la mia camicia chiara che campeggia
sul rosa intenso della tua parete.

Era di maggio,
un fine maggio andato,
sempre nel cuore mio tu sei presente
forse a fare l'amore t'ho forzato:
ricordo la tua smorfia di rancore,
quel tuo attimo lieve di avversione,
dopo quel tuo momento di languore.

Perché non l'ho capito?
Perché non ho compreso che il tuo cuore
stava già rincorrendo un nuovo amore?

No, tu non sei tornata al focolare
del primo amor che un tempo t'ha travolto,
tu hai dentro di te, in mente, in volto,
una fiamma nuova che ti fa volare.

Le tue parole sono acqua passata,
che tu rinnovi come le stagioni,
muti colore, cambi sintonia,
cambi anche ascoltando un motivetto.

E ti emozioni,
lanci i tuoi messaggi piano, piano,
solo con una semplice canzone
incisa su un CD di Celentano.

Era di maggio:
ed io non l'ho capito,
che il tuo amore per me
ormai non c'era più,
ormai era finito.

Fragilità
E' bastato un lieve frullar d'ali,
è bastato un alito di vento,
è bastata una notte senza luna,
è bastato un piccolo peccato,
e come una foglia fragile di vetro
l'amore tuo d'un colpo s'è spezzato.

Per amore
Per amore
ho prostituito il mio animo,
sono stato al gioco,
ho oscurato i miei veri sentimenti.
Avevo creduto alle sue parole,
alle sue assillanti telefonate
alla sua necessità d'amarmi.
Notte e giorno
mi aveva inondato di affetto,
mi aveva circuito,
convinto che l'immoralità non esistesse,
che fosse una convenzione degli uomini.
Mi aveva spinto al proibito.
Io, settantenne confuso,
alla ricerca assillante di amore
avevo creduto,
mi ero aperto e accettato i suoi giochi,
perversi, animaleschi.
L'adrenalina scorreva nelle sue vene,
nelle mie è arrivata in ritardo,
non avevo mai provato la foga,
la passione smodata…
La trasgressione l'avevo sempre sognata,
con lei praticata, realizzata.
Ha lasciato il segno nelle mie vene:
il sangue ora non scorre più,
è pigro, lento, addormentato
ed anche la mia coscienza
fa fatica a ritrovare se stessa
ed io faccio fatica
a ritrovare il mio cammino di sempre.

Scorre limpida sulle grondaie
Scorre limpida sulle grondaie
la pioggia,
sul tetto batte,
implora,
sulle persiane leggermente bussa,
ritmica, ricorrente,
empie ragione e mente.
Un caminetto acceso
riscalda i nostri corpi,
i nostri animi ignudi
s'agitano nella notte,
si affannano, si accavallano
pensieri e frasi dolci
volano nella stanza,
baci frementi
scaldano come scintille,
scivolano sulla pelle,
il viso e il corpo empiono,
tornano ricorrenti.
Le mani si cercano,
s'uniscono, s'intrecciano,
carezze regalano incessanti,
felicità precarie annunciano
e l'affanno
cresce nei nostri petti.
Insicurezze ed ansie,
rimorsi ed incoscienze
allagano la mente.
Nuove felicità son giunte,
nuovi amplessi, carezze rinnovate
scordar fanno le cose dette,
le frasi d'amore,
promesse e giuramenti.
Patti di sangue, adesso inesistenti,
scambio d'anime, ormai dimenticate,
promesse d'aiuto, al lastrico lasciate.
Il nulla, il vuoto, il niente
resta a schiarir la mente.

Quella bambola
Lo sguardo
di quella bambola sul tuo letto,
mi ha scavato l'anima,
i suoi occhi fissi mi hanno penetrato;
come te mi ha desiderato,
per farsi coccolare,
accarezzare,
lisciare i suoi capelli crespi.
Quella bambola
ha catturato il mio sguardo ormai vinto,
rassegnato,
convinto che il tuo amore è finito,
esaurito,
fuso.
Come un cubetto di ghiaccio,
sfuggito di mano
ed avidamente assorbito
dalle rade erbe insecchite
del tuo cuore ormai privo d'amore,
sprofondo in un angolo remoto del tuo giardino
e attendo che il tuo amore rinasca.

Non parlarmi d'amore
Per favore, ti prego,
ora che ti sei affacciata alla finestra
e dentro al cuore mio tu stai guardando,
ti prego,
parole affettuose ora non dirmi,
come un amore appena andato,
e poi tradirmi.

Parlami di tutto quello che tu vuoi,
anche di sesso,
parlami di emozioni se tu puoi,
di trasgressioni se voglia ancor ne hai,
di fughe notturne se lo fai.
Ma,
ti prego,
non mi parlar d'affetto e di passioni,
non giocare con il sentimento,
non ingannare un cuore sconcertato,
per anni coinvolto in un amore
ch'era tutt'altro, ma che amor mai è stato.

Non giocar neppure con un altro,
scambiando affetto con semplice emozione.

Il tuo cuore diventa arido sai
quando l'amor decresce;
quand'è la frenesia che ti comanda
tu doni solo sesso,
lo doni per vendetta
per uno sgarbo misero patito,
ma il corpo tuo avvilisci,
per così poco ti prostituisci.
Poi alfin giunge il rimpianto:
ma non pensi all'animo di colui c'hai usato,
per fugace passione utilizzato?
Non pensi all'inferno che tu hai generato
dentro la mente
di colui che in verità t'ha amato?

Tu giochi,
segui solo un tuo impulso irrazionale
e poi d'un colpo prendi coscienza,
dal tuo torpor ti svegli.

Ma intanto tormenti veri hai seminato,
nell'animo solo male hai tu stipato
del tuo amor sfoggiato non rimane traccia
solo un cumulo di vecchia carta straccia.

Cerco la solitudine
Cerco la solitudine,
prati deserti, desolate marine:
cerco il silenzio,
la carezza del vento,
il ruggir del mare,
il rumore sordo dei marosi sulla scogliera.
Fuggo la gente,
voglio ritrovare me stesso,
ho bisogno di urlare
da solo,
di invocare invano il suo nome,
di far sgorgare tutte le lacrime dai miei occhi.
Voglio che nessuno veda il mio dolore,
assista al mio martirio,
al mio vano desiderio di risuscitare un amore
che era nato già morto.
Ho scavato la mia agonia con le mie mani,
ho incoraggiato un rapporto impossibile,
ho raccolto a piene mani
l'acqua fresca dei suoi vent'anni:
mi sono inebriato del suo amor nascente,
mi sono ubriacato come un bimbo
che assaggia il vino ed avido tracanna,
mi son dimenticato del mio tempo,
lei me l'aveva nei fatti cancellato,
annullato, fatto dimenticare.
Ma poi è arrivata la sera:
l'alba è ormai un evento lontano,
il risveglio un incubo.

Stella Spenta
Tu pensi d'essere già una stella spenta,
un astro che chiaror più non trasmette,
ma ancor ti vedo nel cielo luccicare,
t'ammiro, stregato, e ancora spero
che il tuo splendore non finisca mai.
Anche se non lo vedi e non lo sai
sempre pulsi per me nel buio della notte,
sola e sperduta su nel firmamento,
oltre le cime delle mie montagne,
simuli indifferenza,
balbetti solitaria,
parole
a cui non sono certo se ancor credi.
Come quei corpi morti,
che di brillare più non hanno idea,
ti vedo nella notte luccicare,
nello spazio infinto sempre tremolare.
E pur se spenta questa amata stella
la mente allaga di luce vivida e colora
l'animo mio e queste verdi vette,
ardore intenso al cuore mi trasmette,
speme di nuovo amor mi dona ancora.

Guardammo la luna insieme
E quella notte,
per la prima volta,
insieme ci trovò e ci baciò la luna.
Era un maggio odoroso,
un fine maggio da non più scordare,
dal buio abbracciati
con la smania d'amare.
Io e lei,
per la prima volta
uniti, accesi, emozionati,
dalla luna a farci coccolare.

Insieme,
in armonia,
complici,
d'accordo,
stretti nel buio silente della notte,
vicini, innamorati,
con il cuore in gola,
felici,
ma stranamente anche addolorati.

La guardammo più volte su nel cielo,
in passato, lontani,
abbracciati solo al cellulare.
Un dieci agosto la voce sua volò:
"stasera, amore, vicino al mare andrò
le stelle cadenti a riguardare,
un pensiero a te farò volare.
Guarda la luna,
regalami un pensiero,
io ti ricambierò con amor vero".

M'accarezzò la luna;
io la pregai incessante
di baciarla per me
pur se così distante.

Era di maggio,
un fine maggio andato
l'ultima volta ch'io le dissi: "t'amo"
l'ultima volta che da lei fui amato!

Proiezioni
Sul soffitto
si esibiscono osceni disegni.
Il sole vi proietta i pensieri occulti
che opprimono il mio animo
stanco di inseguire
sintesi di situazioni
indecorosamente fluttuanti,
eternamente ondeggianti
tra erotismo e affetto.

Pettirosso
Oh, solitario pettirosso,
che dalla siepe indifferente osservi e taci,
che complice sei stato d'un amore
ormai finito,
d'un amore che nelle vene mie
vive e perdura,
riportami il calore dell'affetto
che nei tuoi occhi un giorno hai registrato,
che ancora nell'iride perdura,
riportami la gioia di quei momenti intensi,
la folle rincorsa alle emozioni,
alle sue trasgressioni smisurate,
che senza pudore anch'io ho incoraggiate.
Un attimo,
un sol attimo d'amore,
di quell'amore infantil che un dì m'ha invaso,
di quella vivacità che follemente
anima e corpo tutto m'ha pervaso.
Non vedi, pettirosso, il mio soffrire?
Non senti l'animo mio come s'affligge?
Non avverti anche tu il mio morire
lento,
l'angoscia,
che non da tregua a questo vecchio stanco?
Stanco d'inseguire amori assurdi,
di non vedere le pieghe del suo corpo
che l'età spietatamente traccia,
di non vedere i suoi capelli bianchi
e gli occhi suoi,
ormai sfiniti e stanchi?
Un attimo,
ancora una frazione di secondo,
ancora una piccola gioia da gustare,
da condividere,
di nuovo assaporare
e poi … morire.
Il buio far discendere sulla mia coscienza
che pesare mi fa tutti gli errori
d'una vita dove il sentimento,
dove la passione effimera e smodata,
il posto ha preso del discernimento.

Confessione
Ardono i ceri in chiesa,
odor d'incensi, di polvere sospesa,
odore di coscienza male spesa.

Vibra la mente e l'animo dispera,
la coscienza afflitta nel domani spera
d'esser salvi con l'umile preghiera.

E sale con dolcezza dentro il cuore
una pace infinita ed il dolore
si scioglie e la tristezza muore.

Muore il conflitto, soffoca il rimorso,
di fede e di speranza ancora un sorso
assapora la vita; al nuovo corso

lo spirito s'affida e la speranza sale,
dal petto si cancella l'odio e il male,
perché solo l'amore al mondo vale.

Verrà alfine la morte
Verrà la morte alfine,
sfiorerà con la sua mano il mio volto,
raccoglierà l'ultimo calore
che lascia il posto al freddo,
al silenzio dei sentimenti
e del verseggiare.
Verrà, questa morte adorata,
si chinerà ad auscultare il mio petto,
a cercare di percepire l'ultimo atto del cuore,
ad archiviare gli ultimi istanti di gioia
che mi hai donato e non ho saputo cogliere.
La tua mano scorrerà sulle mie palpebre,
le abbasserà per oscurarmi il mondo,
ma io percepirò la tua presenza vicino al mio corpo,
avvertirò il tuo alito scaldare la mia pelle
ed i tuoi baci scivolare sulle mie labbra,
stamparsi sul mio volto ormai spoglio di sensazioni.
O dolce morte, tu parli il linguaggio del silenzio,
togli il fruscio ai torrenti,
la voce al vento,
lo scrosciare all'acqua,
il rombo ai tuoni.
Ed anche il calore al sole
diventa inutile complemento
ad una pelle che già pregusta
la fine delle sensazioni e del dolore.

Affanno
Le mie emozioni non servono più,
i miei sentimenti sono ormai stracci consunti,
brandelli di plastica ondeggianti al vento
che si logorano e consumano,
svolazzano e sfuggono
da un animo in pena
che non apprezza più il roseo dell'aurora,
ne il fuoco intenso dei tramonti.

Emozioni
Vivo di ricordi dolcissimi,
una foto,
un filmato insieme a lei
e la sua voce che vibra,
il suo corpo nudo che accarezzo,
un rametto di ulivo,
finanche un fazzolettino da lei buttato
mi riporta istanti di felicità sfioriti.
E ripenso con dolore ai miei errori,
del perché di una morbosità assurda
di una gelosia insensata,
non giustificata,
inutile,
quando avrei dovuto cogliere l'attimo
e godere i momenti di gioia che dio mi regalava
non pensando al domani
vivendo l'effimero con intensità,
con passione.
Oh, le emozioni!
Queste maledette sensazioni che i poeti vivono,
che ti danno energia e capacità di scrivere,
le emozioni sono il carburante della vita,
ma come ogni bene precario
sono destinate a spegnersi
negli animi aridi.

Vecchi ulivi
I miei pensieri
sono come questi alberi di ulivi
piegati e torti.
Sfiorano la terra,
si sorreggono spingendo le radici,
adagiandosi sul tronco
e forza fanno
come vecchie creature
che vogliono guardare verso il cielo
ed odiano l'odore della terra.

Al tempo resistono
e le afflizioni, i rimpianti, i ricordi
sembrano propormi
con dilaniante ansia
e con dolore.
Ma poi sopra i tuoi tronchi
ci sediamo felici ed ansimiamo,
e tu festeggi con noi.
Le carezze delle tue foglie riproponi
ed io un rametto stacco
e lo conservo come reliquia sacra
annusando il profumo
degli ulivi che ora sono in fiore,
che nell'autunno mi daranno forse
una carezza e rinnovato amore.

Le ginestre
Nel mio angolo ermo di campagna,
dove silente il sole m'accompagna

l'ombra lontana d'un cavalcavia
imponente troneggia, par mi spia

mentre l'eco giunge d'un motore
unito al ferragliare d'un trattore.

Eppure in questo posto desolato
il cuore non è tanto rattristato.

Le ginestre sorridono pungenti
abbracciate, confuse, ma splendenti

sul ripido costone se ne stanno
ai sassi lucentezza e tono danno.

Nel silenzio la mia mente scura
si sazia delle bontà della natura,

al corpo, la mente l'energia fornisce
per rinnovare un amore che finisce.

Ricordando "L'angolo delle Ginestre" di Morano Calabro

Nel giardino del cielo
Ruberei le tue lacrime al vento
e con quelle empirei il mio petto,
ruberei quelle ombre avvilite
che deturpano il dolce tuo viso,
ruberei un limone immaturo
per levarti l'amaro del fiele,
ruberei dal tuo petto le pene
nel mio petto stiparle e tenerle,
ruberei dal tuo cuore le spine
per infiggerle forti nel mio,
ruberei ogni ansia e tormento
dal tuo cuore angosciato e crucciato
per vederti una volta felice
sorridente e senza amarezza.

Ruberei un bel fior dal tuo campo
da infilarti tra i capelli arruffati,
ruberei i raggi del sole
per far splender di luce i tuoi occhi,
ruberei i colori del cielo
per dipinger di rosa il tuo volto,
la tua fronte d'azzurro empirei.
Ruberei il calore del sole
per scaldare la tua giovane vita
cancellare per sempre dal petto
quelle ombre di freddo rancore
che ti fanno penare, soffrire,
che ti oscurano vita ed amore.

Canna al vento
Come una canna al vento
con furore ondeggio.
Mi fletto, non mi piego.
Scrollo le ali a destra e a manca,
mormoro, bisbiglio, balbetto.

Balbetto.

Balbetto parole che lei più non ascolta,
non percepisce neppure più il mio pianto,
il mio dolore ormai non la commuove,
al mio soffrire ognor rimane sorda.
Il viso mi colpisco con le mani
quasi a svegliarmi da un sogno che m'opprime,
da un incubo che m'afferra per le spalle
e mi trascina nel nero d'un anfratto,
in un dirupo senza fondo e fine.

Urlo nella caligine sospeso,
zitta la voce strozza,
si smorza il fiato,
ristagna nella gola lo strillo che libera l'angoscia
e il corpo opprime
nel dormiveglia senza speranza d'un risveglio
che liberi dall'ansia,
che mi sottragga a quella morsa immane
della paura che m'assedia e invade.

E mentre attendo la luce d'un sorriso,
di chi m'allunghi con forza la sua mano,
mi affanno nell'orribile sgomento
del cuore mio che affonda in un pantano.

La differenza
Il tuo silenzio
m'opprime come un gran macigno
che sul petto mi pesa e mi confonde,
lo sai io me ne accorgo,
non pensare ch'io non lo capisca
ch'io non ti legga in cuore fino in fondo.
Ancor mi chiedo perché regali i tuoi sorrisi
a questo cielo che non vuol capire,
perché m'inganni,
perché alfin chiaro non dici
quello che nel tuo animo ribolle.
Da cuore a cuore
il gran segnale del ben forte viaggia,
non puoi celare al mio le sensazioni
della freddezza che nel tuo ristagna.
E basterebbe poco, tu lo sai,
un poco di coraggio, di franchezza,
aprire l'animo tuo e chiaro dire
la verità che cerchi di coprire.
Le tue attenzioni non sono più le stesse,
del primo bene ormai non vedo traccia,
solo dolce brillar vedo il sorriso
nelle tue foto che t'allieta il viso
ma se guardo i tuoi occhi il vuoto leggo
tu non trasmetti più quei sentimenti
che un tempo la mente mi inondava,
i tuoi lunghi silenzi sono un chiaro segno,
la sensazione di una indifferenza
che nel cuore ormai da tempo covi,
il vuoto d'emozioni che non provi,
e solo in questo sta la differenza.

Abbandono
Leggo le tue poesie,
impazzisco a cercare una frase che mi appartenga,
una parola che mi addolcisca la malinconia.
Questo pomeriggio solitario
mi fa perdere ogni speranza.
Ti rincorro nei portali,
ti cerco,
ti imploro.
La mia solitudine affoga
davanti a questo schermo muto
che non regala neppure una carezza.
L'amore è neve
che il sole scioglie
e la terra assorbe.
La mia vita
una vecchia nave all'ancora,
pronta al disarmo.

Epitalamio infernale
Già ti vedo col velo nuziale,
forse un abito da usare altre volte,
i capelli disciolti, sulle spalle tue nude,
arricciati, colorati di biondo e castagno.
Ti vedo, forse in grembo un abbozzo,
un tenero embrione germoglia,
e tu felice, lo sguardo distratto,
a tratti offuscato per un torto appena subito,
forse guardi lontano a un amore a cui pensi,
a un amore che tace, non sa, ma in silenzio riflette,
accarezza con la sua mano cadente
un fresca pelle vibrante, tremante, fremente.
una pelle di cui più non sa niente
che a tratti sogna baciata da un sole rovente
da un sole distante, che scalda un ermo giardino,
dove la voce ancora ristagna,
dove un suono di dolce chitarra ancor vola
e il tono s'espande, ancora s'invola,
si perde nel vicolo cieco d'un cuore
che soffre in silenzio
che nulla può fare, più niente donare,
neppure il conforto d'una breve parola,
nemmeno un messaggio, nemmeno un augurio
per un anno nuovo arrivato,
per una stagione che passa,
che accumula croce alle croci
che arreca tormento alle mani,
ai piedi, che grondano sangue vermiglio;
un cuor che s'illude,
spera in un vagheggiato silenzio
che arrivi d'un colpo
mentre gli occhi son ricchi di dolci ricordi,
mentre in petto fremono intense emozioni,
vibrano sempre gioie e passioni;
un silenzio che regali sereno alla mente,
quella quiete con forza cercata,
quella pace invano sognata.

Esondazione
Sono come l'assordante rumore d'un aereo da guerra
che sfiora i colli maremmani.
Il mio amore esonda i boschi di lecci e di castagni,
traccia squarci sanguinanti nel cielo
e si scioglie nell'indifferenza
degli sguardi ammaliati d'una giovinetta
che non ha più tempo d'amare.

Briciole
Raccoglierò le briciole del tuo amore
che tu lasci cader distrattamente.
Come un passero smarrito
saltellerò nel tuo giardino;
aspetterò su un ramo,
pazientemente,
che tu t'accorga di me
che nuove miche mi getti,
nuovi frammenti del tuo cuor
tu scopra,
e solo per me
nuove felicità diffonda.

Per sempre
Nel dormiveglia
come una nuvola m'è apparsa,
i miei pensieri ha avvolto,
mi ha confuso.
Il vento la disperde,
ma nel cuore resta
un'immagine cara che mi segue;
sulla pelle sento la sua mano,
il viso m'accarezza.
Dinanzi la ravviso:
parole dolci a tratti mi sussurra;
ma poi mi oltraggia,
senza pietà mi crocifigge.
La scaccio dalla mente,
rispondo con rancore al suo tormento,
ma, dopo lei ritorna nel mio cuore
m'abbraccia nella notte dolcemente
e come un bimbo pago m'addormento.

Email
Perché mi fai star male?
Perché tu mi tormenti?
Sono lontano, ma le tue parole
mi pugnalano al cuore,
feriscono la mente.
Piaghe profonde scavano,
provocano dolore
e, tu lo sai.
Sta per finire maggio,
il tempo confusamente corre,
sul filo d'un rasoio ormai viaggio.

Avversione
Acqua fresca di fonte
pensieri serpeggianti tra gli anfratti,
profonde lacerazioni nella roccia
sentimenti in conflitto,
opprimenti sensi di colpa.
Spruzzi ondeggianti tra gli scogli,
carezze vane sulle guance,
gocce di rugiada negli occhi,
che scivolano su un viso appassito
ormai senza più un sorriso.

Via Solazzo
Siamo io e te,
nel vano interrato
e guardiamo fuori.
I nostri corpi nudi
ricevono le carezze delle nostre mani
sudate
che scivolano sulla nostra pelle madida
ancora eccitata,
ancora ansante di pulsioni,
di emozioni.

Sono solo io,
adesso,
che guardo fuori.
Gli occhi si perdono nel vuoto,
ad inseguire
gli ultimi insulti
che hanno preso il posto
delle parole affettuose,
di un amore profondo,
frettolosamente donato,
maturando una vendetta,
coinvolgendomi in un amore che sembrava vero,
sincero, profondo,
affogando un affetto mai provato,
un ripiego, come dicevi,
annientando un corpo mai amato,
che mai amerai,
che sempre tradirai.

E guardo le tue spiagge,
il mare in lontananza dal tuo terrazzo,
la tua chitarra senza una corda,
il tuo giardino solitario e tranquillo
col cinguettio dei passeri,
coi richiami delle gazze ladre.

Sento sulle labbra gli ultimi baci
dopo che hai bloccato la mia fuga,
mi par d'avvertire le tue ultime carezze,
le ultime tue parole.

E poi i ricordi,
i ricordi zeppi di rimpianti,
che mi torturano l'anima,
che mi spezzano il cuore!

Lussuria
Ho raccontato ad altri uomini
la mia storia,
l'ho descritta nei particolari,
ho guardato i loro occhi
lucidi di piacere
sognando il tuo corpo lontano.
Altri ti cercheranno,
ora,
e tu sarai felice!
Avrei i veri uomini che cercavi,
quelli che penseranno solo a soddisfare i tuoi sensi,
a donarti quel piacere che non hai ancora assaporato.
Ed io piangerò
pensando al tuo corpo accarezzato da altre mani,
impudiche,
lascive.
Non le mie carezze delicate,
piene di dolcezza,
di calore,
celestialmente pudiche,
ma le mani ed il respiro ansante sul tuo corpo
d'un maschio che ama solo far sesso;
e tu griderai,
davvero questa volta,
non fingerai più.
Ma dopo ti vergognerai di te stessa
e penserai ad un amore vero
che non poteva darti quello che tu cercavi
ma che sapeva darti l'amore,
quello che nessuno potrà darti,
e piangerai in silenzio.

Letargo
E' penoso vivere
dipendendo da uno squillo di cellulare!
Si, è davvero difficile sopravvivere!

Quel maledetto aggeggio,
dove confluisce meccanica e tecnologia,
freddo e complesso,
che pulsa grazie ad un segnale
che dall'etere arriva,
se ne sta in silenzio
e più non scampanella,
più non trilla:
pigro dorme come una marmotta
che avverte il freddo in arrivo
e si rintana.

Ed anche il mio cuore
da un pezzo ormai
il letargo assapora
e le emozioni ha smarrite.
Se ne sta in silenzio,
con l'orecchio teso
e spera che di felicità
ricolmi almeno un animo che sonnecchia
su un cuscino,
un tempo abbracciato e vivo.

Contraddizioni
Acqua fresca di fonte
pensieri serpeggianti tra gli anfratti,
profonde lacerazioni nella roccia
sentimenti in conflitto
ed opprimenti sensi di colpa.
Spruzzi ondeggianti tra le rocce,
riflessioni sfuggite dalla mente,
sparse nel buio della notte
condivise e negate il giorno dopo.
Laghi e bacini,
verbosità gioiose,
piene incontenute e dirompenti,
quasi contraddizioni del mio essere
in conflitto con l'etica d'un cuore
che pace non trova
e ristoro mai assapora.

Passerà la tempesta
Una stella brilla nel cielo
stanotte!
Alle 16, grandine e tempesta
fulmini e tuoni,
il mondo ai miei piedi,
la disperazione nel cuore.
Ma poi ritorna il sereno:
come sempre
l'amore affogherà l'odio,
una carezza scivolerà sulla guancia
di chi sa seppellire il rancore.
Ed il tuo sguardo lontano
sorriderà in silenzio,
mi osserverà confuso sul palco,
pensando alla mia pena.
Sentirò la tua voce
sussurrarmi di non pensare a te
di non piangere per te,
per una ragazzina
che non sa più amare,
ma che spruzza gocce d'acqua pura
su un viso ormai avvizzito
che non riesce più a ricambiare
il tuo sorriso lontano.

Io e te
Io e te,
ancorati al nostro passato
legati al nostro presente
da questo sordo rancore
che cova nella mente.

Io e te!

Siamo come nuvole bianche
sospinte in cielo da un vento selvaggio:
ci sbandiamo,
ci confondiamo,
ma il sereno sempre ritorna
ed il loro candore,
infine,
accarezza il cielo,
addolcisce l'anima.

Io e te!

Nel silenzio di queste notti
che non passano mai,
nell'attesa d'una voce
che più non chiama,
che più non accusa,
che più non sussurra parole d'amore.

Io e te!

Legati per sempre,
anche se ci respingiamo,
anche se ora,
finanche,
ci odiamo!

Amo
Amo
ancora di più
questo silenzio,
questo tuo sordo rancor
che mi stordisce.

Amo
il tuo odio
che mi tiene legato
ancor più dell'amor,
che non sfiorisce.

10 Maggio 2009
103 anni,
103 feste mancate,
103 desideri infranti
103 gioie svanite
103 carezze finite
103 baci negati
103 lacrime sciupate
103 dolori ritornati.
103, 103 e 103
disperate invocazione
alla ricerca d'un amore
che solo tu potevi regalarmi,
che nessuno mai potrà donarmi.

Conservo tutto di te
Conservo tutto di te:
oltre al rancore
galleggiano ancor dolci pensieri
i ricordi s'ammasssano,
si sforzano ad offossare un astio
che non posso dalle vene eliminare.
Son qui tutti presenti:
le tue finzioni rinnovano dolenti,
le tue dolci parole riportano,
che tanto amare sono diventate,
le tue carezze appassionate
che tante ferite in corpo hanno prodotto.

Son qui tutti presenti!

E non riesco ancora a cancellarle,
non riesco a darmi spiegazioni,
come si possa da mattina sera
tutto dimenticare,
tutto in fondo al mare sprofondare.
Parole, solo parole che fanno tanto male,
meglio una pugnalata in mezzo al cuore
e fermare questo muscolo indolente
che razionalità rifugge,
continua a balbettare,
non vuole ancora darsi una ragione
di come si possa donare tanto amore
e poi improvvisamente
tutto dimenticare,
tutto dall'animo cassare,
dall'odio e dal rancore
all'improvviso farsi soffocare.

E non serve il fare o il dire.

Quello che ognuno prova in cuore
difficilmente chi ti sta d'intorno
mai lo potrà capire.

Tormento
Di lacrime tante ne ho versate
e giammai saranno ripagate.
In Chiesa potrai andarci mille sere
per il perdono non servono preghiere!
Se hai fatto bene quello sempre resta
e rimarrà eterno in cuore e in testa.
Ma se male nel mondo hai seminato
male con male ti sarà donato!

Implorazione
Dimmi dove tu sei
oh dio,
dove tu nascosto te ne stai
quand'io ti chiamo
e non m'ascolti mai?
Ceri io non t'accendo,
sommesse preghiere non declamo
in un sudario gelido di chiesa,
dove le ostentazioni,
le vane implorazioni,
salgono verso un cielo che non vedo,
dove nessun portiere sta a vegliare
dove nessun custode sta ad aprire.
Tu ascolti solo,
indifferente se il pianto dei tuoi figli
sia frutto d'odio o di bruciante amore,
rimani lì impassibile a guardare:
solo fede tu chiedi
e devozione cieca, stretta obbedienza,
e non ti curi di togliere il dolore,
di levare l'affanno,
a quanti per figli tuoi si danno.
Ma io ti prego,
se tu m'ascolti e puoi,
di me non ti curare,
l'occhio protendi a chi vaga nel buio,
dai luce a chi la cerca e non la trova,
togli dai lor pensieri ogni viltà
fai si che il vero illumini la mente
e riscoprano la via della bontà.

Rosa
Se il mio amore
deve restar legato a un nome
io preferisco quello di una rosa.
Profumato,
ironico,
pungente.
T'ho trovata, birbante,
e giochi a rimpiattino,
lo stesso nome, purtroppo mi proponi,
che già ragione e mente
empito mi han di spine.
Ma se i petali s'aprissero all'amore,
se la brina d'un sentimento antico
in seno ti colasse,
se l'età per un attimo ignorasse,
forse anch'io t'amerei,
e affogheresti quell'antica pena
che nella mente ancor noiosa dura,
che come brace dentro il cuore cova,
e non vuole ancor serrare l'ali
non vuole allontanarsi dal mio petto
fa resistenza e blocca ogn'altro affetto.

Ti porterò con me
Ti porterò con me,
nel mio cuore la tua anima ho serrato,
le tue carezze son qui sulla mia pelle
le tue parole segnate nella mente,
d'amore mi parlano
parole d'altri tempi,
di giorni lieti, differenti,
con un linguaggio strano, incoerente,
per chi non lo capisce,
a chi non lo comprende.
I tuoi capelli,
il taglio d'una ciocca
che in primavera anno mi donasti,
avvolta in una busta trasparente
li porto con me nel mio borsello
quasi a sentirti vicina, qui presente.
Da una foto sorridono silenti
a chi vorrebbe capire di chi sono
a chi si sforza di non vedere niente
perché la verità male fa sempre al cuore
quando cocente vi naviga l'amore.
Il tuo sangue ancora é misto al mio,
la tua ferita sulla mia si è intrisa
e il patto è sempre vivo, dura eterno.
Scorre la vita
e l'occhio stanco muore
ombre intravede.
immagini ormai stinte,
visi infantili urlano ed il vocio
per quel giardino,
che ho sempre in cuore verde,
s'espande insieme a quattro lievi note
d'una chitarra che per me non suona,
che le tue dite ormai più non carezza
che la gioia del tuo amor più non mi dona.

Deliquio
Uno straccio di cuore
che viaggia per conto suo
e non vuole vedere
lo squallore che l'accompagna
per le vie di questo mondo
non più avvezzo
ad ascoltare i richiami dell'anima
ma ormai proteso ad inseguire il nulla,
orme d'edonismo squallido
che s'impantanano
nella palude del nichilismo
che restituisce acri effluvi
d'acqua putrida
dove la ragione affoga.

Carpe Diem
A volte
non vorrei essere un uomo
ma solo una farfalla.
Avere pochi istanti da gustare:
un fiore su cui posarmi,
un liquore da sorbire,
la vita da trasmettere.
Carpe Diem, amici,
Carpe Diem!

Rimorso
Incomposto s'intreccia,
fruscia,
contorce mente e senno
tra difformi pensieri scorre,
liscia,
scava, piega, mortifica,
avvilisce.
Ed a colei che la mente sua gestisce,
dal buio che lo circonda,
alfine si ribella e la circuisce.
A suo dio in croce urla,
invano una sentenza aspetta,
un giudizio, che l'assolva
ed un nuovo paradiso mostri
dopo le pene d'una bolgia infame
che senza motivo alcuno
per lungo tempo nel tetro l'ha serrato.
La sua coscienza inetta giace,
non ombra di ravvedimento
accompagna il passo stanco
del corpo ormai senza speranza.
Ride l'ingorda,
ride della nuova vittima che soffoca
sui suoi errori e invano si contorce.
Una ragione la sua mente cerca,
attenuanti sul tavolo distende,
nel passato rilegge la condotta sbagliata,
i tanti errori,
che quella orrenda pena ha causato.
Ma dal profondo inferno
la vetta in alto tutta splendente s'erge;
a quella luce il cuore allora si protende,
nuova linfa, un nuovo amore forse si presenta,
alle rocce s'aggrappa, scala gli ultimi tratti,
e spera che dopo la tempesta
anche per lui, alla fine,
giunga sereno il giorno della festa.

Ma cosa sai
Ma cosa sai,
cosa tu sai di me,
tu vedi la corteccia
e non il tronco nudo
con la linfa che esonda
e tracce lascia di sangue sulla pelle.

Ma cosa sai,
cosa tu vedi mai
se non arterie vecchie e consumate,
se non ricami stanchi sulle mani,
se non macchie sul viso
ed occhi spenti.

Ma quello che avvampa in cuore
quello che invan ribolle nella mente,
la tristezza che l'animo travolge,
la disperata ricerca del tuo bene,
l'impotenza per queste membra stanche,
questo tu non lo vedi,
tu non avverti più il mio lamento,
non senti più il mio pianto,
il mio urlo affannato non intendi
la mia disperazione non comprendi
non vedi il corpo mio smosso dal vento?

Babele
L'occhio mio sfugge,
la scritta insegue inutilmente,
tutto s'offusca
mentre il pensiero scorre
e la pupilla si dilata invano,
già la palpebra scende
e il sonno accorre.

Sogno,
stretto tra lo schienale ed il volante,
scorre la penna sopra il bianco foglio,
i pensieri imprigiona
e li colora d'un azzurro velato
che scolora.

Scolora,
come questo cuore oppresso,
questo mio cuore che regala affetto
a chi non lo raccoglie,
non l'apprezza,
a chi,
come una spazzatura lo disprezza.
A chi invano urla frasi vuote,
a chi non ha più orecchie per sentire,
a chi ha solo bocca per parlare
ma che l'affetto mio non sa capire.

Amarezza
Mi sono sporcato d'inchiostro
le dita,
il pennino ho bagnato
nell'impasto d'acqua e di more.
Altri tempi, altre date,
passate,
altro frignar di lucignoli spenti,
altre parole lucenti,
frasi che dicevano tanto,
dicevano tutto, dicevano niente.
Frasi correnti:
la guerra,
la fame,
il padre lontano,
la vedova,
la mamma vestita di nero,
le case spoglie di malta,
coi fori pieni di uccelli,
le tegole rotte,
i vicoli al buio
una voglia di vivere in fretta,
vedere scorre gli anni.

E poi il silenzio,
solo ombre lontane,
immagini che sanno di flash,
di fatti vissuti, passati,
di eventi che vorresti seguissero a ruota,
voltarti,
leggere dentro per riuscire a capire
dove il passato è finito,
dove il presente è iniziato.
Questa gran voglia di povere cose,
di pentole nere di rame,
lo scoppiettio del carbone,
il brontolare dell'acqua
con misero cibo a lessare:
castagne, le dolci patate,
cicorie ed erbe di prato,
raccolte tra i sassi,
in mezzo a incolti terreni.

Eppure si era felici,
eppure si era contenti,
il sorriso spesso volava,
il viso allietava.
Ora si ha tutto
e tutti peniamo,
siamo sempre scontenti.
nessuno ha gli occhi ridenti.

Primavera
(Anno 2009)


Verde carezza
sul bigio tronco vola
ali d'uccello.

La grande onda
La grande onda che aspetto,
adesso arriva,
forse domani si farà presente.
La grande onda,
ogni tanto nei miei sogni appare,
si materializza nella coscienza mia
e mi tormenta.
Quel cataclisma che gli uomini sconvolge,
che veste panni diversi,
indumenti colorati e bigi a volte indossa,
si rimpiatta dietro la porta chiusa
al piano terra,
attende e non ha fretta.
Ed io scrivo e non indugio,
sulla carta disegno pochi versi
prima che la grand'onda mi sommerga.
La penso impassibile, tremenda,
che spacca il mondo in due.
La montagna sprofonda in fondo al mare
e un lago sorge d'un tratto in mezzo ai boschi.
Vedo lo spumeggiar dell'onde,
il terrore nel viso della gente,
odo gli strilli immensi
delle agonie sommerse.
E poi il silenzio!
Un nuovo mondo sorge,
impassibile dal nulla, ridisegna
le carte geografiche
e un conducente lascia in bilico
su una strada interrotta,
sparita nel vortice improvviso
d'una natura senza preavviso.
Ecco, ora il dolore, non c'è più,
è svanito,
la calma dentro il corpo è ritornata
ed una dimensione nuova
nella natura umana
improvvisa, inattesa, si è creata.

Primavera 2009
(4 Aprile)

Ecco,
il primo swit swit
alle sette mi ha risvegliato.
Anche quest'anno
la primavera in ritardo è arrivata.
E si,
avevo un gran sonno
ma dal letto svelto son sceso
e il cielo lindo ho guardato.
Il primo rondone è arrivato
e dietro ne seguono tanti.
Di nuovo, pian piano,
i vecchi nidi aggiustano,
pazienti per giorni,
"mattone" dietro "mattone"
lo stesso nido rifanno.
Le pozze d'acqua ricercano,
scarseggiano ogni anno,
il fango raccolgono in volo.
Quattordici giorni e il nido è rifatto!
Le uova deposte,
poi segue paziente la cova.
Ancora altri voli,
daccapo nuove covate,
sibili acuti riempiono il cielo,
volteggiano, saettano, planano,
sfiorano i tetti.
Pazienti dall'alba al tramonto
raccolgono insetti,
e noi grazie neppure diciamo,
anzi col nostro cemento,
col nostro asfalto invadente,
la vita più dura a loro rendiamo.

Sui portali
Sui portali della rete
viaggiano i pensieri,
voci lontane s'intrecciano
mani si toccano,
corpi si scoprono,
carezze virtuali volano nel web,
gioia e sorrisi,
piacere ed abbandono,
squallore ed amarezza,
rancori ed afflizioni,
il cuore empiono e la mente.
Del mondo antico
non rimane traccia,
il peccato è solo un'apparenza,
una finzione vuota, di facciata,
il cuore umano ormai s'è inaridito,
imbarbarito.
Resta solo il piacere,
da gustare ogni giorno senza freno,
del domani nessuno più si cura,
non interessa ch'esista una famiglia,
del figli da crescere,
da educare,
un'etica antica da imitare,
una vita lineare da seguire.
Solo gli eccessi,
la smoderatezza,
la trasgressione,
il piacere caduco e fluttuante,
l'edonismo becero, il mostrarsi,
solo l'apparire effimero e incostante.
Giovani e vecchi, insieme,
in una bolgia infernale,
senza decoro alcuno,
senza più valori,
vuota d'ogni morale.

Finalmente l'alba
Finalmente l'alba è già arrivata,
dalla finestra socchiusa
un pizzico di luce filtra e colora
i telefoni spenti sopra il letto.
Ora il silenzio è vero,
la fantasia in un angolo ripara,
al buio,
e il desiderio cala
come una lenta pioggia a primavera.
Diminuisce anche l'affetto,
l'amore nell'ombra si rintana.
Che senso ha donare tenerezza
a chi non la ricambia?
Solo una sceneggiata
m'accompagna,
con una scenografia priva di luci,
un vagar sopra un palco,
indifferente al brusio della gente,
al fischio di qualche insofferente spettatore
che non fiuta la farsa che finisce
recitata a soggetto dagli astanti
ognuno con un finale predisposto,
a proprio uso e consumo,
a proprio intendimento,
a proprio godimento.

Un grido dal buio
Un pensiero la mente mi divora:
che fa? Dov'è?
Perché più non mi cerca?
Un dubbio mi consuma:
chi sta sfiorando adesso la sua pelle?
Chi bacia le sue labbra?
Chi sopra i seni scorre le sue dita?
Chi le sussurra frasi appassionate?
Chi le promette amore e, invece, mente?
Chi le trasmette vibrazioni intense?
Per me più lei non freme,
più non si intenerisce,
la mia voce più non la emoziona,
al patir del mio cuore resta indifferente.
E pur lo sa, quanto le voglio bene,
lo sa che sono come un vagabondo,
solitario, che vo per la città,
disperato e perduto, sopra una panca sosto
sperando che lei arrivi
a dare nuova linfa alla mia vita
a riportarmi un soffio d'aria pura
col suo sorriso tenero d'infante.
Avverto un freddo intenso che m'assale,
sento tutto il fardello dei miei anni
pesarmi come un macigno sullo sterno,
vorrei sentir lo scricchiolio dell'ossa
e un intenso dolor colpirmi il petto
che m'arrestasse i palpiti del cuore,
resettasse tutta l'angoscia che m'opprime
e desse nuova linfa alla mia mente.

Maledetto cellulare
Quel maledetto cellulare
se sta in silenzio,
non parla più,
non manda alcun segnale,
un messaggio non svela,
una carezza non regala,
un bacio virtuale non mi dona.
Inerte poltrisce sul piumone,
nel buio balbetta
il verde mare del suo schermo, muto
più non mi diletta.

Un bicchiere di vino m'accompagna,
il pesante disagio non lenisce,
tristezza e tenerezza
si abbracciano nel buio
e il sonno si allontana.

Sul muro l'ora si scompone,
i minuti passano incostanti,
il tedio mi distrugge
e aspetto invano
che una voce si scopra,
che uno squillo mi faccia sussultare,
che un sussurro
l'udito m'accarezzi,
che una parola dolce mi soccorra,
mi faccia ancor sperare!

Inerzia
Non devi perder tempo,
dai corri, corri,
ma che fai?
Perché ondeggi?
Perché tu pensi?
Perché tu fermo stai?
Produci,
su scrivi qualcosa,
non fermarti a pensare,
vuota quello che nel cervello giace,
sveglia la tua ragione,
annota, abbozza, sgrossa,
avvia una discussione.

Il tempo è avaro,
gli anni ti scorrono alle spalle,
ogni ora che passa,
ogni minuto
non li puoi fermare.
Se il pensiero riposa,
se sui guanciali giace,
se sotto le lenzuola
se ne sta inattivo ed ozia,
la tua vita sparisce
nessuna traccia lasci,
nulla di te rimane.

Non devi perder tempo
dai corri, corri,
ma che fai?

Ciao Serena
Ciao Serena,
notte serena
sereno riposo.
Io parlo e non oso
il cuore è gia in pena
Mi manca una voce
la voce del cuore
che spezzi la notte
che porti l'amore.
Ho spento ogni cosa
nel buio vacillo
nel nero sprofondo,
non sento uno squillo.
Ne suono, ne grido
mi va d'ascoltare,
messaggi e parole
non voglio guardare.
Ho chiuso i cancelli,
mi basta il silenzio,
sprofondo nell'ozio;
un solo pensiero
mi domina e vince:
punire me stesso,
schiacciare il mio cuore,
scordare ogni cosa,
acuire le pene
affinare solo il dolore.

La chat
Veronica,
dimmi tu come stai?
Stanco io sono,
stanco ed un po avvilito!
Penso d'essere sveglio,
ma invece ognor sbadiglio
parlo e non batto ciglio
voce dal cuor non esce,
anche tu scrivi e taci.
Duro è parlare in chat
solo lo scritto vola
l'unica voce vera
è sempre la tastiera.

Zibaldone
Sto esaurendo la mia storia,
i miei passi stanchi
vacillano sotto il peso dei miei anni,
tra l'indifferenza di una folla che m'opprime!
Linguaggi ed espressioni vuoti,
dove l'intreccio di parole
crea voragini di apatia e noia,
di stanchezza fisica e mentale.
A cosa serve scrivere,
costruire armonie destinate a dissolversi,
inviare messaggi ad un popolo assente
che osserva la morte
scorrere nei fiumi
con la scritta "partigiano"
e dimenticarne il martirio.
A cosa serve un conflitto
che ha distrutto un ospedale,
demolito un ospizio,
squarciato una scuola,
creato il deserto là dov'era la vita?
A chi giova il ricordo
delle morti violente alle Fosse Ardeatine,
dei massacrati nei campi di sterminio,
dei profughi senza meta e speranza,
se la memoria cancella la traccia
d'ogni ragione?
Ed io testimone al tramonto,
con il mio animo in pena,
che annoto,
osservo,
sottolineo,
evidenzio,
mentre la lenta pioggia del cinismo
cancella ogni cosa?
L'urlo della piazza sembra un'eco lontana,
che non risveglia le coscienze addormentate,
che non da forza agli entusiasmi finiti,
che annulla le solidarietà sfiorite.
Rimane solo l'accattivante suono dello zufolo
di un incantatore di serpenti in doppiopetto
che ha completato il progetto,
che sta riscrivendo la storia
imponendo una libertà apparente
dove le regole servono solo al vincente!

Amore, amore
Amore, amore
che l'animo ecciti e poi avvilisci,
che il sangue pompi e dolcemente
le arterie d'entusiasmo inondi
e poi distruggi
cuore e ragione e colmi
di fresche e chiare acque
questo contenitore vecchio
che si usura!
Nel tempo solo una traccia stanca
lasci ed un tormento, lento a morire,
ma che nel cuore dura,
ti tortura.
O natura, natura umana,
alle sofferenze avvezza ed ai dolori,
a cosa serve un dolce sentimento
se l'animo deprime e poi tormenta?
A cosa serve mai tanta dolcezza
amara e sconfinata
se un solco d'affanno, di dolore
al suo passare semina e abbandona?

Si, solo una traccia d'afflizione
resta del tuo passaggio.
Rimane solo l'angoscia lenta a scomparire,
dura il rimpianto,
la delusione per l'età che avanza
per un amor che vagheggi,
che d'entusiasmo tutto t'ha riempito
mente e ragione,
perchè averlo da presso più non puoi,
per via d'una passion tardi avvampata,
nata già spenta,
per un dolore che provi e non si smorza,
che solo cenere lascia,
solo cenere, e qualche tizzo appena acceso
che a volte forse ti riscalda il cuore,
a volte e spesso, invece, lo tormenta.

Autunno
Nevicata di foglie
il cuore assilla
ed i pensieri pressa,
vacilla i passi tuoi
e li confonde
persi per un viale
che di pianto s'inonda
e di colori.

La bellezza
Spesso guardiamo il bello
che la natura ci regala,
un fiore meraviglioso,
profumato,
colorato.
Ma alla radice che l'ha generato,
che lavora al buio,
dove nessuno vede,
dove nessuno crede,
chi ci ha mai pensato?

Mai fidarsi
Mai fidarsi di un amore infingardo.
Il mondo è pieno di ciurma,
di gente vuota, priva di cuore.
Ma noi insisteremo a dare l'amore
perchè il nostro animo è terso,
limpido come un cielo d'aprile
in una giornata di sole
con le rondini che aleggiano sciolte,
con i merli che volano bassi,
con le foglie che inverdiscono i rami.
Di fronte a tanto equilibrio
gli animi aridi non fanno parvenza,
saranno sol ombra e pigra esistenza.
E quando il tempo
di bianco le loro coscienze empirà
allora le lacrime saranno inutile rito,
la quiete più non daranno
non leniranno la loro pietà,
non tergeranno la loro viltà.

Ti odio
Non ti odio perchè mi hai tradito,
perché hai scelto come compagno
un nuovo amante.
Non ti odio perché mi hai deluso
e non hai capito il mio affetto.
Non ti odio perche hai ignorato
i sentimenti
che fermentavano nel mio animo.
Non ti odio perché hai rinunciato
alla vita
ed hai preferito la morte.
Ti odio soltanto perché sei riuscita
a cancellare l'amore
dal mio cuore
ed hai seminato la morte.

Ad Anna
Anna mio primo amore
Anna delirio andato
Anna del batticuore
Anna quant'ho penato

Anna del bigliettino
Anna veglie e tremore
Anna mio fiorellino
Anna febbre e dolore

Anna sul lungomare
Anna tra la ginestra
Anna sempre sognare
Anna alla finestra

Anna acqua di mare
Anna spruzzi lucenti
Anna sole e nuotare
Anna occhi splendenti

Anna d'un dì passato
Anna dove mai sei?
Anna mio sogno andato
Anna degli anni miei

Anna della mia vita
Anna senza speranza
Anna tappa finita
Anna senza esultanza

Anna del mio bambino
Anna del mio finire
Anna del mio declino
Anna del mio morire

SMS
Nuove tecnologie,
nuove emozioni
d'aprir del cuor le vie.
Brevi messaggi,
frasi appena fatte,
inusuali,
tronche,
prive delle vocali
per recuperar gli spazi,
per dir con poco molto,
in un linguaggio spiccio,
appena percettibile,
di certo poco colto.
E poi sempre
le frasi più diffuse:
"Ti A. S.",
"Ti V.T.B.",
"Xké nn mi rspnd?"
"Snz di te nn vv"!

E invece assai si vive,
mentre chi tanto crede
appena sopravvive,
e non si muore mai,
sempre la stessa storia,
l'identica memoria.

E mi si spezza il cuore
a leggere e pensare
a quelle frasi fatte
a quel miscuglio amorfo,
quella zuppa infernale
di passi senza senso,
perché dietro la scia
c'è solo bava informe,
solo parole vuote
prive di senso alcuno,
vuote di sentimento,
che il cuore inaridiscono,
che svuotano la mente,
che valgono più niente!

L'onda
Oltre i flutti in tempesta,
il buio,
ed io solo con le mie paure,
ombre ancestrali
che s'agitano nell'inconscio della mia ragione
e mi proiettano
nell'infinito della mia fragilità,
nella devastante perplessità
di non sapere chi sono e dove vado.

Gli ultimi burattini
I burattini sgambettano ancora,
i fili s'agitano invano,
scomposti, sconnessi.
Rosaura ha visto Pinocchio,
anche lei urla sommessa,
lei sa che quel vecchio ciliegio,
stagionato da un pezzo,
brucerà scoppiettando,
e non sa se il capretto
alla fine sarà cotto a dovere.
Mangiafuoco
urla e dimena, alla fine starnuta,
ed una lacrima scende,
il racconto è salvato,
l'autore può scrivere il resto.
Si camuffano così sulla scena,
ognuno la parte a soggetto ripete,
qualcuno scopre l'istinto bestiale
dopo aver a lungo ingannato.
Il messale riposto
è di nuovo sfogliato,
il proprio operato salvato,
il rione gabbato,
di nuovo il rosario sgranato,
il perdono invocato,
il cristo pregato,
il cristo ingannato.
Ma appena il sole sorge al mattino
si guarda a oriente
si lanciano strani messaggi
al sole nascente.
L'ipocrita scena di nuovo calcata,
il credo, le finte preghiere.
le scelte appena negate
riaffiorano come una muffa infernale,
il vecchio difetto riappare,
la vecchia indole stronza risorge
e quello che dentro mai c'era stato
ritorna al suo posto, nel nulla,
si torna d'accapo la scena a calcare,
l'identica scena appena negata.
C'è un nuovo fantoccio
che sul palco saltella,
ma forse è la solita pupa,
una pupa di stoffa, senza cervello,
una pupa tirata dai fili,
senza testa e ne cuore,
una pupa che semina solo dolore.

I miei fichidindia
Urlami vento
e tienimi lontano
dalle folate delle spine antiche
dei fichidindia sorridenti
sulle pale pungenti dei miei anni.

Gioia al palato
e qualche prurito sulla pelle
accompagnava quel concerto antico
di urla del campagnolo che al mattino
sotto i balconi ci invitava al rito
con i piatti in mano e dieci lire
per quella colazione che da sempre
nella calura dell'agosto ardente
dissetava la gola e il ventre empiva.

Gioia e burla di bimbi spensierati,
le mani tese a scegliere i sanguigni
dal gusto dolce e tenero al palato,
il pane fresco a fette,
dalla crosta croccante e profumata,
e in mezzo
un fico d'india come marmellata.

Occhi lucenti dove siete andati,
quale angolo della mente illuminate?
Risa giulive, prive di pensieri,
con qualche lacrima a tratti per inezie,
perché, pur se tardive, non tornate
a rinfrescare questa mente stanca,
a riportar la pace, quella serenità lontana
ormai perduta,
ch'oggi vorrei trovare e che mi manca?

Tradimento
Ho sulla pelle
incise le piaghe di un affetto
che non merita che io l'ami ancora.
So dei suoi tradimenti,
dei suoi inganni,
delle sue debolezze.
Ma di altre è la colpa:
di quante, infingarde e immonde,
giocano con i sentimenti umani
ed ingannano se stesse e gli altri,
e tradiscono anche l'amore
con il quale giacciono e giurano fedeltà.

Ma io lo conosco, altre no!
So che tornerà da me:
solo io l'ho amato,
solo io ho conosciuto il suo cuore,
solo io so quanto vale
e ascolto la sua voce confusa al telefono.
Senza di me lui è perso
ed io l'amo sempre.
Io so aspettare.

Il mio corpo non regala più
una pelle morbida e vellutata,
non regala un affetto irrazionale,
non regala gli orgasmi intensi di una giovinetta
ne la sua passione,
destinata a spegnersi nel nulla
come brace non alimentata.

Io regalo l'amore:
e questo, nessuna amante occasionale
riuscirà mai a donarlo!

Riflessioni
Cosa importa
che stiano spuntando le viole
se io non potrò coglierle?

Me ne sto rintanato nel mio "io"
a riesumare le mie felicità esaurite
a ricordare un amore impossibile,
che ha sacrificato se stessa,
che finge di amare chi non ama,
che si prostituisce
in amplessi senza orgasmo,
simulati,
mentre intorno a me splende il sole
e la terra colora.

Ma io inseguo solo il buio
nella tana dei grilli,
che si rifiutano di cantare
per non disturbare il mio dolore.

Rantoli
Attaccati
alla nostra bottiglia di plastica
tracanniamo la storia della terra.
Nella nostra gola scivola
il liquido dei pozzi
che ormai tutti definiscono minerale.

Le ultime tracce di civiltà
si stanno esaurendo nelle savane,
nelle steppe,
nelle foreste tropicali,
dove l'ultima umanità
s'aggira ancora con l'arco e la freccia.

E noi pensiamo di essere potenti
perché abbiamo conquistato la luna,
perché abbiamo scoperto la struttura del nostro DNA
e stiamo manipolando noi stessi
mentre il mondo si spegne,
si spegne come questa bottiglia
che sembra
non possa servire
più
a nulla.

Della nostra agonia
rimane solo il crepitio
della plastica arrotolata
nel sacco della raccolta differenziata.

Ferru vecchiu
Quando
potrà guarire questo cuore infermo?
Quando
i miei desideri soddisfatti?
Quando
i sogni miei tutti avverati?
Quando
ritroverò la pace persa,
quella pace ambita e che non trovo?

Spezzoni di una vita
smarriti oziando per prati ormai dissolti,
per strade bianche sommerse dal catrame,
per vicoli sassosi vestiti di cemento,
ricercando mille voci spente,
voci lontane
scosse ancor oggi dalla tramontana,
assopite dallo scirocco soffocante,
cullati dalla frescura del grecale.

Quelle voci risento nel silenzio,
dei miei meriggi torridi e sofferti,
nella penombra d'una vecchia casa
che lo stretto mirava dai veroni
e si cullava quasi in mezzo al mare.
Sembrano voci antiche, ancora note,
voci sfuggite da un sordido mantello
che avvolge la signora tristemente,
voci confuse con quell'urlo antico,
quel richiamo che solo io conosco,
solo per me possiede forma e senso,
solo io ascolto, solo io comprendo:
"Ferru vecchiu,
rami vecchiu,
alluminio vecchiu,
m'accaaaattu"! (*)

(*) (Era l'urlo degli acquirenti di materiali ferrosi del dopoguerra: "Ferro vecchio, rame vecchio, alluminio vecchio, compro").

Babilonia
Vi immortalo nei miei versi,
vi stronco le gambe,
descrivo tutte le vostre repressioni,
le vostre inibizioni. Illustro,
come in una copertina disegnata da Molina,
i vostri tradimenti.
Vi tratteggio con l'amante che spara
con una beretta calibro 9
e con la vostra figura che traballa
e rimane a mezz'aria.
Scopro la volgarità dei vostri amplessi,
pubblicizzo la falsità del vostro rapporto,
trascrivo finanche i sussulti della vostra pelle
e le esclamazioni di piacere
che sgorgavano senza inibizioni,
che sfuggivano dalla vostra bocca socchiusa
che vi ubriacava nel culmine dell'eccitazione.

Per evitarvi l'inferno
non basteranno tutte le preghiere dei vostri preti,
le assoluzioni dei vostri frati francescani,
i vostri mea culpa recitando centinaia di atti di dolore
inginocchiate sulla nuda pietra delle vostre cattedrali,
le migliaia di ostie consacrate negli ostensori,
che vi impasteranno la bocca
e vi occluderanno l'anima.

Lo proverete, voi, infingarde e perverse,
il fuoco della geenna,
avvertirete il calore che vi avvamperà
e vi brucerà anzitempo cuore e sentimenti.

Urlerete di dolore
mentre io ascolterò il canto degli usignuoli,
ricorderò le mie dita bagnate dei vostri umori
e le mie labbra grondanti del vostro piacere,
vi vedrò abbandonate sui letti
appagate nella vostra estasi
esclamare e dirmi:"Adesso basta, ci vediamo domani".

E domani, io vivrò l'apoteosi della mia felicità
per aver stroncato la vostra ipocrisia,
per avervi fatto ritrovare voi stesse, per un'ora,
per un attimo della vostra vita
strappata alla vostra mediocrità,
ai vostri inganni.

Come una farfalla
(A Daniela)

Come una farfalla a primavera
leggiadra volteggi e cerchi un fiore,
una primula nascosta tra la neve,
una corolla piena di candore,
una mammola gentil dal vento smossa,
una viola che solitaria occhieggia
e brilla con malizia in mezzo ai rovi.
Plani sui primi rami in fiore
dei biancospini ch'ornano le siepi,
il nettare ne estrai ed assapori
il gustoso elisir che ti ristora.
Batti lieve le ali e poi gioisci,
il sole ti riscalda, t'addolcisce,
e un uomo dolce sol per te vagheggi.
Ma solo un amante riconosci,
e non sai quale ben potrebbe darti,
stai cercando qualcosa di sublime,
non un affetto effimero ed incerto
non un calor che il vento indebolisce.
A te non basta un tentennante ardore,
tu cerchi devozione, il grande amore!

Giochi artificiali
Nella notte
lo schermo della mia TV
si riempie di stelle.
Tutti pensiamo a una festa
in onore d'un santo patrono,
che immobile rimane
e che non vede.
"Giochi d'artificio", esclamiamo!
Ma in Palestina
nessuno mostra allegria,
gli adulti non esultano,
i bambini non gioiscono,
i vecchi non festeggiano.
Tutti avvertono le esplosioni dei razzi,
vivono il dramma delle bombe,
quelle vere,
che devastano la loro terra,
che distruggono le loro case,
che annientano le loro famiglie.
I loro occhi non luccicano di gioia
ma di disperazione e terrore.

Sonetto N. 1 (La sfida 1)
Devo provare
ad avventurarmi sul lago ghiacciato
scivolando con incoscienza
fino al limite del cartello
"Non oltrepassare".

Avvertire il cric-crac
ed osservare con audacia
l'incrinatura che avanza.

Giocare a rimpiattino
con la nera signora,
correrle incontro senza paura,
leggiadro come una farfalla,
con la mente sgombra
e lo spirito pieno di me stesso
felice nell'ultima sfida,
convinto che il gioco ne è valsa la candela,
che, comunque, ho vissuto
e non conservare il rimpianto
di non aver provato.

Sonetto N. 2 (La sfida 2)
Quando la morte avrà deciso
di non più indugiare
e la tastiera se ne starà in silenzio,
qualcuno riunirà i miei fogli sparpagliati
leggerà i miei appunti, e poi dirà:
" che cazzate scriveva"!
E butterà tutto in un sacco nero
che chiuderà con uno spago.
Ed io me ne sto qui a vegliare,
alle quattro e qualcosa del mattino,
con il quaderno su un'anca,
a scrivere pensieri che nessuno mai più leggerà,
a parlare di morte con la morte.
E lei che mi trascura, indugia,
ed io scrivo ancora una frase
con lei che osserva indifferente,
divertita per averla sfidata.

Sonetto N. 3 (Ansia)
Cosa mi toccherà, non so!
Me ne sto qui pensando al mio futuro,
ho terrore per quello che intravedo.
Sono solo,
impotente,
chiuso su me stesso,
la cosa ancora è astratta, non ho idea
di quanto dura potrebbe essermi la vita,
vedo confusamente la sorte che m'attende.
Dipendere dagli altri,
restarmene per ore tra la merda,
sperando che qualcuno non imprechi
perché ancora una volta non mi sono trattenuto.
Avvertire il bagnato freddo del mio piscio
sulla pancia, nell'inguine, sulle chiappe nude
ed attendere che la solita infermiera
scherzando mi motteggi
o mi deprima con parole dure.
E la ruota gira pigramente,
e impaziente tu speri che si arresti,
ma lei continua a girare indifferente
con inesorabile ed inflessibile lentezza.

Sonetto N. 4 (Autoconvinzione)
Ho avuto la forza
di provare a me stesso che era possibile.
Non vi è nulla che la riflessione
non riesca a a razionalizzare,
non riesca a spiegare.
Ma chi misura la mia forza interiore?
Qual'è il metro che distingue
il bene dal male
il fare dal non fare
il dire dal tacere?
Non una formula che tutto comprenda,
ne una regola calata dall'alto,
assorbita passivamente come buona
perché il politico di turno o il prete del paese
l'ha coniata come tale
ed il gregge scomposto l'ha accettata,
fatta propria con passiva condiscendenza,
ma la consapevole convinzione che fermenta nel mio io,
la capacità di distinguere da solo
il bene dal male
il fare dal non fare
il dire dal tacere.

Sonetto N. 5 (Il sogno)
Ora basta!
Svegliati stronzo e smettila,
piantala di irretirti e di irretirmi.
Ma non t'accorgi
di quanto buffa sia la vita?
Dai il massimo per produrre il minimo.
Dai tutto te stesso
e cosa poi raccogli?
L'infedele
continua a giocar la sua partita
su due campi di calcio contrapposti.
Il vecchio e il giovane
si contendono la preda,
e la preda li irride,
motteggia ambedue
e nuovi brividi rincorre,
mai sazia e sempre nuove emozioni vuol provare.
Un nuovo trofeo alla sua lista aggiunge,
nuove lacrime scorrono,
nuova ansia cagiona, nuovo agonismo sale.
Per cosa poi?
Il bottino sembra poco adeguato
al sacrificio di energie investite.
Intanto il tempo passa,
la mia carne, e la sua, sfiorisce lentamente,
l'eccitazione vien meno, piano piano decresce,
alla fine t'accorgi d'aver corso per nulla
d'aver sofferto solo per un sogno
che basa ogni sua essenza sul ricordo.

Sonetto n. 6 (Riflusso)
Forse avevo bleffato,
in fondo il tuo corpo non mi diceva nulla,
anzi dopo un amplesso
provavo un senso di nausea,
di sconforto.
Trovavo mille scuse per allontanarti da me,
spulciavo nella tua coscienza per farti star male.
Involontariamente forse t'ho umiliata.
Mi dava fastidio quel tuo godere
e non ricambiare l'affetto.
Anche la giovane che aveva preso il tuo posto
forse valeva meno di te.
Tu fingevi da una parte
e lei simulava dall'altra.
Non ho capito il perché.
Ambedue avete cercato un affetto
utilizzando un pupazzo
con le fibre di pelouche esaurite.

Sonetto N. 7 (Repressione)
Avevo rivoltato la tua pelle,
avevo letto il tuo animo
e giocavo come il gatto col topo.
Sapevo che ero lontano dai tuoi pensieri
e cercavo di capire cosa ti spingesse
a giacere nuda, con le gambe allargate
e la vulva aperta,
a farti toccare da chi non amavi.
Sentivo i tuoi umori sgorgare abbondanti;
come un'adolescente ti lamentavi
e riempivi di lividi le mie braccia.
I tuoi baci diventarono irriverenti,
le tue carezze più audaci,
la tua bocca aveva imparato
ad accarezzare le parti giuste
dapprima con un finto disgusto
poi con foga ed eccitazione.
"Ora mi sento più donna, dicesti,
forse questa lezione potrebbe servirmi,
ora mi sento diversa".
Ma non lo eri. Eri prima repressa,
lo rimani tutt'ora.
Le angosce non si cancellano in una notte.
E donna non lo sarai mai!

Sonetto N. 8 ( Il viaggio)
Ho provato a scalare la vetta,
i miei scarponi erano inadeguati,
il bastone che mi sosteneva fragile.
Ho puntato tutto sulle mie gambe,
pensando che avrebbero sostenuto
il peso del corpo e dello zaino.
La strada non era delle più facili,
il sentiero impervio,
le difficoltà infinite.
Mi fermavo ogni tanto
misurando il percorso compiuto,
contando i passi mancanti al traguardo.
Lo sconforto ha prevalso:
l'ultimo arrivato era già in cima,
qualcun altro mi aveva già sorpassato
e s'apprestava alla vetta.
Dovevo capirlo all'inizio,
valutare le mie forze e forse rinunciare.
Ma ognuno vuole provare, provare, provare.
Alla fine la delusione ti uccide
o l'entusiasmo ti fa esultare e vivere.

Sonetto N. 9 (Il gioco)
Mai come in questi momenti
corteggio la morte.
La guardo fisso negli occhi,
ci squadriamo quasi a sfidarci:
io che l'aspetto e lei che indugia.
E non vi è in me tremore.
Penso che dovrei sistemare alcune cose,
ma poi mi chiedo a chi serve.
Ci penseranno gli altri.
Come formiche porteranno via le mie carte,
un viaggio dietro l'altro,
con pacchi e faldoni tra le mani
a deporre in auto nei sedili reclinati.
Tutti i miei libri impacchettati,
legati, stipati,
prenderanno la via d'un contenitore:
"SOLO CARTA PER FAVORE".

Sonetto N. 10 (L'amore 1)
Quando la morte
si sarà stancata di giocare a rimpiattino con me
e staccherà finalmente la spina
qualcuno cercherà di mettere ordine
tra le mie carte ammucchiate alla rinfusa
e leggerà i miei quaderni
con dei versi appuntati.
Forse sorriderà,
forse mi compiangerà
per aver sprecato il mio tempo
inseguendo amori sbagliati.
L'insegnante con la brama d'amore,
che non aveva mai provato davvero
e mai avrebbe potuto dare,
la giovinetta insoddisfatta
che rincorreva trasgressioni
e sogni proibiti
inseguendo un amore maturo,
la commessa permalosa
che l'aveva stancato già al primo incontro
e che non l'avrebbe mai capito
tanto era diversa e lontana.
Forse dai suoi versi salterà fuori l'amore vero:
quello ultimo avuto, che al telefono
gli ripeteva ancora "ti voglio bene",
o quello antico,
che riempiva ancora i suoi sogni
e che l'illudeva di vederlo bambino.

Sonetto N. 11 (Usata)
A tua insaputa ti ho usata.
Sentivo la tua voce
filtrare dalla cornetta
e accarezzarmi il corpo.
La mano, nuda, correva sulla pelle,
lieve accompagnava l'erezione.
Che estasi provavo
mentre gli occhi chiudevo
ed inseguivo il tuo parlare lontano.

Neppure immaginavi!

Il mio ricordo indugiava sulla tua pelle
e ti chiedevo in quale stanza fossi,
come stessi seduta e cosa tu facessi,
il vestito che indossavi,
il colore delle calze e delle tue mutande.

Ti stavo spogliando a tua insaputa.

Sonetto N. 12 (Qando si è soli)
Quando si è soli
si parla con noi stessi,
ci si legge nell'animo.
Ci si svuota come una bottiglia
piena di vino buono,
che lenta finisce in un bicchiere,
alle labbra poi sale
e deglutisce in un corpo riottoso
che di fermenti nuovi si nutrisce
e poi risorge,
lieve rifiorisce
e la morte dall'animo allontana.

Quando si è soli
lo specchio ci regala
le antitesi,
i conflitti nostri più profondi,
il nostro orgoglio scopre,
la nostra natura arida e crudele
poi dipinge.
Dall'analisi vinto ne esci
oppure vincitore.
Ma appena l'icona sfugge dallo specchio
la vecchia impronta apatica riemerge
piena di orgoglio
con la stessa natura arida e crudele.

Sonetto N. 13 (Autoanalisi)
Io non sono più nulla,
come un vecchio tronco
contorto
cavo nel suo interno
ondeggio su un terreno spoglio
e il vento mi sferza,
cerca di piegarmi,
spezzarmi.
Cigola la mia vita,
un calvario lontano
con un peso ormai insopportabile
trascinato senza più volontà.
Lei mi osserva dal Golgota
e aspetta.
Od ogni folata di vento
lo scricchiolio aumenta,
per le forre di questi colli maremmani
si perde.
Come un lamento d'un condannato
s'agita l'anima mia,
ma alla spinta resiste.
Affondo le mie radici
e guardo al passato che ritorna.
Nel mucchio dei miei ricordi,
foglie svolazzanti per la campagna,
cerco la ragione della mia esistenza,
la indago,
la seziono,
la tormento.
I miei errori! Ah, i miei errori
si sono ripetuti stancamente.
Impassibile ho esclamato mille volte:
"fiat voluntas tua".
Ma a nulla è servito.
Ed adesso mi autoanalizzo,
mi irrido e mi irretisco,
ma quella maledetta signora
continua a passeggiare:
ed aspetta che la croce crolli da sola.

Sonetto N. 14 (Solidarietà)
La croce,
e si, sempre la solita croce,
si prova sempre ad inventare una scusa,
qualcuno a cui addossare le colpe.
Si cerca infantilmente un'attenuante per dire:
"No, non volevo fare questo,
non volevo dire quest'altro".
Stancamente inseguo il mio pensiero
che analizza tutte le mie incoerenze.
Ognuno suggerisce un percorso nuovo,
indica una strada,
fornisce un consiglio,
suggerisce un espediente.
Nessuno ha finora capito
che i consigli mi soffocano,
che ho voglia di mandare affanculo
chi insiste a dirmi quale sia la soluzione migliore
solo perchè vuole levarsi l'ingombro dai piedi
perché gli intralcia la strada.
Spremuto il limone
si resta con la buccia in mano
indecisi se bruciarla nella stufa
o buttarla nel sacco dell'immondizia.
Adoro la solitudine ed il silenzio,
e questo borgo me ne regala tanto.
Ma non sono solo:
i miei pensieri mi proiettano
in una piazza animata dove i protagonisti
recitano confusamente mille parti a soggetto.
Ognuno ha ragione, ognuno dice qualcosa,
parla, ride, piange, balbetta, impreca.
Ed io taccio, penso, indugio
e vorrei che Caronte
mi desse un passaggio ad attraversare lo Stige
dove galleggiano i cadaveri delle mie contraddizioni
e che impediscono alla barca di avanzare.

Sonetto N. 15 (Il passaggio)
Già,
lo Stige o forse meglio il Cocito,
è questo gelido fiume a turbarmi i pensieri
e farmi capire che ancora son vivo
ma che la barca già tende all'attracco,
già sfiora la sponda.
Queste anime in pena, vaganti,
che mi tormentano coi loro lamenti
non hanno ancora capito
che io ho pagato il pedaggio.
Era l'ultimo soldo,
con cura tenuto da parte
per assolvere quest'ultimo impegno,
perché qui non vi sono apparecchi
che accettano carte bancarie.
"Solo contanti, signori"
è scritto lungo il pontile,
ed io non voglio
attraversare un fiume ghiacciato
a piedi e da solo.
Almeno una volta
un viaggio apprestato da un'agenzia che funziona.
E una volta goduto il servizio
nessuna lagnanza può essere fatta.
Solo Persefone controlla e ammonisce,
e a lei nulla potrò raccontare,
nessun esposto avanzare.
Ma il fiume è ghiacciato
e la traversata lunga e stancante,
la sponda sembra vicina,
ma pur sempre lontano l'approdo.
E già il freddo accarezza i ginocchi,
la cicuta comincia ad agire,
ma il cervello confuso, depresso,
è libero ancora di fare e di dire.
E mi manca un allievo fedele
che trascriva le mie ultime idee,
le mie riformate astrazioni.

Sonetto N. 16 (Le idee)
E si, le mie idee!
Quali idee?
La troppa esperienza a volte ti ubriaca
e le delusioni ti mortificano.
Gli ideali cambiano e ti razionalizzano.
E poi come spiegare certe cose?
Una vita non si compendia in una discussione
dove gli attori
osservano il mondo da due ottiche diverse.
Se poi c'è una disparità d'età
il confronto diventa difficile.
L'entusiasmo è un collante
che alimenta il fuoco ideale dei giovani.
Battere l'entusiasmo non è cosa agevole.
Se ci si infila la filosofia o la religione,
ed uno dei due conversanti è agnostico,
il confronto si esaurisce per noia.
Quando l'esaltazione decresce
l'esperienza prende il timone.
Allora guardi il tutto da un'angolazione diversa,
cerchi di ottimizzare la delusione,
ti fai una ragione se le cose non hanno funzionato.
All'interlocutore inebriato
gli fornisci un carburante annacquato,
cerchi di spiegare i "se" ed i "ma",
lo incoraggi a battersi per una bandiera
alla quale tu più non credi;
e rischi d'apparire opportunista.
E poi che te ne freghi del cambiamento!
A settant'anni?
Ormai non ci speri mai più.
Ma ti proietti nell'altro:
lo incoraggi e scoraggi, lo confondi!
E non credi nemmeno ai progetti
troppo lontani nel tempo.
Sai che la morte ti sta aspettando dietro l'angolo
e ci fai un lieve sorriso di sofferta indifferenza.

Stille morenti
(A Lorenzo)

Dove andrò
amico mio,
con chi parlerò
quando solo davverò resterò?
Non mi lasciare!
Le mie stille di rugiada
chi le raccoglierebbe?
Chi avrebbe la pazienza di curarle?
Chi di conservarle
aspergendole per mantenerle in vita?
Se solo resterò davvero
anche il mio poetare
si consumerà come i barboni
negli androni delle stazioni
avvolti nei soliti cartoni.

Teide
Tu sei una donna immonda,
sappi
che il mio rancore e il mio disprezzo
ti faranno a lungo compagnia
negli impervi sentieri della vita.
Tu vuoi far pensar di non sapere,
Ma tu fingi sempre
orgasmo e amore simuli e non dai.
Sei falsa per natura
e lordi ogni cosa,
tutto quello che tocchi e che avvicini.
Come una blatta schifosa,
da schiacciare,
offuschi le cose splendenti della vita,
affetti e amore vuoi sperimentare
solo per il piacer di trasgredire,
solo con il pensier di far soffrire.
Quello che sei, lo sai!
Tu credi d'esser pura,
d'essere innocente,
ma immonda resti e sei.
Te stessa inganni!
Ma ormai ti conosciamo,
una Teide sei, ma d'occasione,
col chiodo fisso della trasgressione,
amore non conosci
e non lo dai,
affetto tu non provi
e non avrai.

Lettera 22
Tic tac,
tic tac.
Pensieri
parole
opere.
(a capo

Tic tac,
tic, tac.
Ricordi
storia
cultura.
(a capo)
Tic tac,
tic tac.

Il viaggio
Ognuno di noi porta qualcosa,
siamo unici
e complementari.
Come formiche
con un seme in bocca andiamo
al nostro formicaio.
Idee, progetti, esperienze
nel buio depositiamo.
Pensiamo d'esser soli,
viviamo nell'angustia delle nostre stanze,
il ticchettio dei nostri tasti ci accompagna
i pensieri forgiamo,
ma soli non siamo;
il web è il nostro regno
e da sovrani tutti rispondiamo,
siamo unici
ma non siamo soli.

Ignorato
Nessuno mi ha cercato
stanotte,
nessuno ha bussato
alla porta del mio cuore.
Solo un battito d'ali
di colombi solitari
m'ha svegliato,
all'alba.

Infedele
Dite di me quel che vi pare,
ma non ch'io sia infedele.
E' peccato l'amore?
Si condanna chi lo dona?
Dov'è la colpa?
Dove la trasgressione?
Offrir con sofferenza gioia,
invitare al nostro godimento
dei commensali ingordi
è cupidigia?
E' solo frenesia di copula?
Di piacere immondo?
Il pittore
che colore darà alla sua tela
non dipingerà l'apoteosi di un martirio
ma l'ascensione al sublime,
riprodurrà la mia capacità
di regalar l'amore.

Un bicchiere di cicuta
Penso spesso alla morte,
un evento sempre che esorcizzo,
ma presente
come una tassa da dover pagare,
la cui scadenza se ne sta in attesa,
e che senso non ha per far slittare.

Ma le cose da fare sono tante;
trovare la giusta priorità
è questo il dilemma che m'opprime,
mi tormenta.

Mi affanno allora a rassettare,
non lasciare il casino in mano agli altri,
sistemare le cose al posto giusto,
distruggere ogni traccia degli affetti
ed anche delle cose più scabrose
che ho accumulato nel mio lungo andare:
una foto insieme ad una donna sorridente,
un filmato in cui gioisco allegramente,
le tracce d'un amore imbarazzante,
che anche nella tomba
la tu immagine di merda
potrebbe ledere e in parte deformare.

Si cerca di rendere alquanto decoroso
questo trapasso,
sempre con questa maledetta voglia d'apparire,
(si questo è il termine appropriato)
d'apparire diverso da quello che tu sei.
E ti camuffi,
fingi d'essere un altro,
ricco di quelle doti e del rispetto
che hai sempre triturato
e che, sinceramente, non so se s'abbia posseduto mai.

Ma per una volta sola,
in tutta la mia vita,
vorrei raccogliere tutto quel coraggio
che simulo d'avere e non conosco:
scegliere il posto giusto,
la data, il giorno, l'ora ed il minuto,
per burlare la morte ed irretirla,
per certi versi abbindolarla, fregarla
anticiparla,
dimostrando a me stesso e a tutto il mondo
quel coraggio di cui son ricchi i grandi eroi,
gli uomini eccelsi del passato,
che un dì si son seduti sopra un prato
con la loro coppa colma di cicuta,
gustando, sereni, l'ultima bevuta.

Finibus terris
Chi amor lascia,
e per affetto nuovo
piange ed esulta,
pena non provi
né rimpianto alcuno.

Non fu Elena ambigua nel suo amor?
Non lasciò il talamo nuziale,
e figli e affetti
per seguire il suo Paride ad Ilio
e tanti lutti portò
alla sua gente, e violenze
ed oltraggi ai corpi in guerra?

Ecco, ora il mio sguardo
ai lidi rocciosi, sui quali il piede stanco
Enea posò,
sfuggente e con tremor s'invola,
ed un battito di ciglia
terge il pianto dagli occhi
e sulle gote scorre qualche lacrima amara
che ristora.

Mentre il gusto del sale
lieve la lingua assorbe
si spegne quell'ansia pesante che m'opprime,
ed il torpore che le membra avvolge
mi ridona un amore che rifiorisce,
i tormenti tutti mi cancella
e d'affetto il cuore m'imbottisce.

Agrume
Dolce succoso
zagare odorose,
sete scompare

Veliero
Cigola, rolla,
scia lascia sul mare,
lanterna splende.

Fotografia
Bianco e nero
batte l'ali al vento,
roccia m'appare.

Caro amico poeta
Poeta,
mio caro amico prezioso,
che riesci a scavarmi nel cuore
e semi tu affondi
e attendi paziente il germoglio.
La mente,
già luccica all'alba,
non serve concime,
non serve annaffiare.
Parole,
parole disperse
su un foglio di carta sgualcito,
tratturi anneriti,
sentieri sbiaditi;
emozioni,
emozioni che sfumano
come nebbia dai prati
quando il primo sole al mattino
un apatico lieve tepore
sull'erba diffonde.
E dall'animo sale
quel tenue diffuso piacere
che il cuore pervade,
la mente confonde,
lo spirito tutto rallegra.
E nulla tu vedi,
misuri tutto con quello che provi
e pensi che il mondo sia uguale,
a quello che sogni,
a quello che aspiri,
a quello che nessuno può darti.
E mentre alla noia
ancora una volta t'abbracci,
anche i tuoi versi
di sordo rancore imbottisci,
più nulla di insolito doni,
più nulla di nuovo costruisci!

Suicidio
Solo
con i miei pensieri
attraverso i campi
e sopra un ponte sosto.
L'acqua che scorre
lugubre intona un pianto.
L'accompagna la sinfonia del vento,
il canto lieve d'un usignuolo stanco,
il gracidar dell'anatre lontane,
il cinguettio dei passeri loquaci.
E nulla può più il cielo,
la mano stanca
la ringhiera afferra
e la vita mia sfugge,
s'inabissa tra i flutti
d'un fiume indifferente,
incurante del grido mio,
del mio morire.

Rimpianti d'amore
Che triste serata,
la mia.
Un nome che scorre,
che in silenzio leggendo accarezzo:
m'inzuppo
nelle sue care parole.
E lei nulla sa,
lei nulla pensa,
non vede, non sente,
più non avverte il dolore,
più non consola
il mio sordo lamento,
l'urlo affannato
ormai più non ascolta.
Invano,
mi scorrono innanzi
le immagini a me sempre care,
le foto, immobili e mute,
i filmati
con baci e carezze,
con le sue dolci parole
che empivano i giorni,
turbavano le mie notti lontane.
Ormai sono solo silenzi
che opprimono il cuore.
Ormai il passato è solo dolore
il presente è oscurare la mente
il futuro è scordare l'amore.

Soli nel web
Siamo soli,
noi e la nostra arte,
ad oziare nel web
fissando le nostre pagine mute
che si schiudono dal nulla
e poi nel nulla si dissolvono.
Ci illudiamo
di avere intorno a noi il mondo,
invece,
solo il ritmo cadenzato d'una tastiera
ed uno schermo colorato
ci accompagna
in questo nostro peregrinare scomposto,
in questa allucinante assenza
che ci fa apparire come esseri vivi
mentre, invece, siamo già morti.

La siringa nel braccio
Lo trovarono così,
inerte e freddo,
all'alba d'una gelida mattina,
lungo i Murazzi del Po, che scorre lento.
Le pupille sbarrate e dilatate,
lo sguardo un poco sbalordito
come se avesse visto prima il firmamento
e subito dopo il nero dell'inferno.
Occhi pesanti ingombrano la scena,
qualche parola vola di pietà,
quel ragazzino dallo sguardo assente,
dai capelli lunghi e spettinati,
dall'aspetto semplice e dimesso,
ci accusa per la nostra crudeltà,
ci mostra tutto il nostro fallimento.
Sconforto per un mondo ormai scaduto,
spoglio d'ogni valore,
senza traguardi da dover tagliare,
privo di regole
da imporsi e rispettare,
senza pietà per l'altro,
senza più ragione.
E sopra tutto l'edonismo puro,
fine a se stesso e tanto per provare,
l'arricchimento facile e immediato,
il disprezzo per la vita umana,
la rincorsa ai beni effimeri e precari,
la frenesia del tutto possedere
costi quello che costi,
perché le luci scintillanti intorno
sono tante e tutte seducenti
e al buio nessuno vuole più restare.
La gente guarda:
molti sono distratti
indifferenti al mondo che degrada,
ad una società senza valori
che affonda nel torpore,
che si squaglia in mezzo all'apatia
ed alla negligenza generale.

Assente anche lo spacciatore,
con una sigaretta accesa tra le labbra
come se il dramma non gli interessasse,
le mani nel giubotto
e cinque dosi in tasca da piazzare.

La poesia
La poesia è come una rosa
sboccia nel cuore di un poeta,
si nutre dei suoi sentimenti,
si inebria del sole che l'accarezza,
diffonde i suoi profumi
e poi sfiorisce.
Ma anche rinsecchita
orna la scrivania del suo autore
o sorride da un vaso di cristallo.

Frustrazione
Silenzio,
intorno a me.
Una quiete astrale
invade i miei pensieri,
e il tuo sorriso, ch'oggi è soltanto un ghigno,
di nebbie tenebrose li colora.
Le tue parole,
lame taglienti affondano nel cuore,
squarci profondi spaccano i tessuti
e il sangue a fiotti dalla ferita sgorga,
il cervello m'allaga
e una ragione cerca a tanto fiele.
La logica la trovo,
nella mia dabbenaggine senile,
nella mia indole a volte sprovveduta,
a misurare ogni esperienza nuova
non con la lucidità che il tempo m'ha donato
ma con l'irrazionale vibrar delle emozioni,
con la passione che nel cuore abbonda
e che cancella ogni possibile difesa.
Ed il risveglio è duro:
dai sogni ognor mi desto
con quell'amaro sapore tra le labbra
che il gusto dell'assenzio mi regala
e che in bocca mi lascia quel disgusto
e quella diffidenza
che all'amor vero alfin chiude la porta
e cancella ogni speranza e il sentimento.

Insane passioni
Mi diletto a sognar,
penso al tuo corpo nudo,
ricordo quei seni di vita traboccanti
coi capezzoli tumidi e vogliosi,
rivedo la mia mano che lieve li accarezza,
che dolcemente stimola e blandisce.
Ti muovi, su un fianco ti rivolti,
la testa poi abbandoni sul cuscino,
la tua gamba si stende sulle mie
mentre tenera la schiena mi irretisce.
Mi baci,
gli occhi socchiudi a tratti,
sogni le trasgressioni,
mi inviti a un gioco lubrico e vizioso,
speri che il tempo non trascorra mai.
La mia mano liscia la tua pelle,
il senso ti trasmette
dei desideri che sogni e che tu ambisci
mentre pian piano ricambi la carezza,
alla lusinga la mente tua risponde
e a me ti stringi.
I glutei dolcemente mi comprimi
sulla mia schiena nuda t'accavalli
e il corpo lieve sfiori col tuo sesso;
caldo ed umido lo sento,
le pulsioni m'accende e mi risveglia,
con insana passione, le voglie mai represse.
Sul monte di venere
con voluttà scivolano le dita,
giocano sensuali,
ti stuzzicano e indecenti
ridestano la tua morbosità assopita.
S'intrigano con la peluria del tuo pube,
sfiorano il sesso che di piacer trasuda
umido del liquor che inebria i sensi,
la mente libera da ogni dolore e dai tormenti.
Ancora t'accarezzo,
il dito muovo a tratti, l'inabisso,
mentre di voluttà vibra il tuo corpo,
ti sento mugolar, quasi m'implori,
m'inviti
e le mie labbra, ebbre ed ingorde,
nel dolce umore affondano la lingua,
scivolano tra le cosce
impudicamente sul letto spalancate,
ed urli, le braccia mi strizzi e mi tormenti,
di lividi la mia schiena inondi,
la sferzi, la succhi e poi t'acqueti.
Mentre il sonno già inonda la tua mente
la lingua scorri sulle labbra secche,
le umetti di saliva, ancor gioisci,
e t'addormenti stretta a me teneramente.

Calvario
Io grido al vento
le parole che ormai sono assordanti
imploro dio
che non ci sta a sentire
che tra le nubi tacito ci ascolta
e a carte gioca con gli angeli e coi santi
come se in terra mai ci fosse stato.
Imploro dio
che alfin faccia finire
i conflitti nel mondo, lo sterminio,
che il problema risolva della fame,
della miseria che attanaglia il mondo.
Sono tutti convinti
che la croce solo sulle spalle ha sopportato,
ma questa croce in terra l'ha lasciata
ed ogni giorno viene trasportata
e pesa enormemente sulle schiene
degli innocenti ovunque massacrati,
in India, in Medio Oriente, in Palestina,
di coloro che vengono d'un tratto dilaniati
dalle bombe cadute nelle scuole,
nelle chiese, nelle piazze e nei mercati,
pesano sul corpo e nella mente
dei bambini denutriti e violentati,
delle donne nelle savane abbandonate,
degli uomini che vogliono la pace,
che non capiscono quest'incubo perenne
della guerra,
della violenza senza una ragione.
E poi arriva il giorno che si muore,
tutti allora ci guardiamo indietro,
tutti dobbiamo poi pagare il conto
ad una entità che non ascolta
le suppliche, le grida e le preghiere,
che non gli importa del sangue
che inzuppa la terra e arrossa il mare.
Ma nessun riesce mai a capire
nel tempo giusto
il ruolo che la vita ci ha assegnato
di aiutare il fratello,
nero, giallo, bianco, non importa,
di non vedere sempre in tutti l'avversario
di pensare alla pace e no' al calvario.

Amore ed odio
Ho cercato di cancellare il nome tuo
dalla lavagna rossa del mio cuore,
ho lavato con la salsedine marina
tutti gli affetti che un dì m'avevi dato,
nella roccia ho inciso il mio dolore
con le unghie avvelenate dal rancore.

Ho disperso al vento le parole
dolci e gli affetti a me più cari,
tutte le tue carezze ho poi annegato
nei crepacci profondi dei ghiacciai
e dio ho insultato perché non pone cura
ai figli suoi e la coscienza oscura.

E annebbia le cose più belle del creato,
la luce del sole, i fiori, la natura,
di pennellate d'inferno l'animo riempie,
di disprezzo t'inonda mente e cuore,
ti fa dimenticare tutti i doni
che infiniti racchiude la sua essenza,
t'offusca ogni giudizio e la coscienza.

Trasforma tutta la tenerezza c'hai donata
in odio profondo, in ritorsione, sdegno;
le dolci parole in stupide insolenze,
scopre la parte peggiore di te stesso
e l'offesa regali senza più pensare
all'affetto ch'hai avuto, al sentimento
un giorno ricambiato ed oggi spento.

Scarpe spaiate
Ho calzato
due scarpe spaiate:
una era chiara
l'altra d'un bruno sbiadito.
Mi guardavo
seduto al caffè,
e mi osservano in tanti;
di certo molti pensavano
che m'avesse dato di volta la testa.
Ma io le scarpe spaiate
le ho davvero calzate.
Per circa due anni
le mie scarpette
un po' scompagnate
m'hanno animato la vita.
La prima era una scarpa recente,
di fattura briosa, comoda,
di certo assai rilassante.
La seconda seriosa,
un po' stretta,
coi lacci che si slegavano spesso,
che dovevo sovente annodare.
La prima mi ha regalato più di un sorriso,
mi ha fatto ad altro pensare,
mi ha riportato una gioia finita,
rinfrescata e di nuovo vissuta.
La seconda mi ha causato disagi:
col suo colore serioso, frustrato,
mai un sorriso,
mai una parola che allietasse il rapporto,
mai un trasporto.
Le mie scarpette spaiate
oggi si son consumate.
Ogni tanto le spolvero, invano,
ma l'amore si è perso, lontano.

Io sono un matto
Io sono un matto
che ancora riesce ad amare
in questo mondo pieno di sterco.
Riesco ad amare giovani e donne antiquate
ed il mio amore, io, lo regalo in gran quantità,
ancora ci credo,
nonostante l'età.
E' difficile dare l'amore,
oggi,
solo in pochi ne sono convinti
che esista davvero.
Le giovani lo prendono a volo,
ne apprezzano il dolce sapore,
lo gustano tutto;
ma sanno fin dall'inizio
che il volo avrà una breve durata.
Le donne attempate,
invece,
diffidano e pensano subito al sesso,
ad un aggancio voluto e pensato
solo in funzione d'un rapporto carnale,
emotivo, un po' passionale.
Indugiano, suppongono, indagano,
ed alla fine l'amore sfiorisce,
si strema, finisce.
Ma io continuo ad insistere,
mi ostino a sperare
che un raggio di luce possa ancora brillare
nei cuori
e un fiore di nuovo fare sbocciare.
E, forse, per questo,
di fatto,
nessuno mi crede,
mi scambiano tutti per matto.

Non voglio essere un uomo
Non ha importanza:
credi pure a quel che pensi,
butta al macero il cervello
e costruisci il castello di sabbia che vuoi.
Ma quale diritto hai
di umiliare il mio animo?
Come puoi inventarti le favole?
Il tuo corpo è lì, nudo,
e il mio al tuo si accompagna,
e tu mi parli di amore,
mi dici: "non dimenticarti questo giorno",
ed io credo al tuo affetto,
mi lascio trasportare in un gioco perverso,
mi lascio convincere che non sia solo voglia di sesso.
Sesso, sesso!
Questo maledetto istinto
che la natura ha creato per la riproduzione,
che le bestie praticano a cicli regolari,
solo per procreare,
dove il desiderio è legato ad ormoni,
a manifestazioni spontanee del nostro organismo
che l'uomo ha manipolato
creando le inibizioni, le repressioni,
che la religione ha stravolto
creando il peccato,
questo maledetto istinto
vive anche in me e mi tortura.
Ma in me vive anche l'amore,
la certezza che un rapporto uomo-donna
non possa essere solo bestiale,
ma che l'amore vero debba avere la priorità
per creare il rapporto.
Per questo piango sulle mie debolezze,
piango sulla mia impotenza a poter comunicare,
piango sulla mia impossibilità a modificare il tuo credo.
E non m'importa del tuo giudizio,
non m'importa d'apparire un debole,
non m'importa se tu mi ricordi di essere "uomo".
A me tutto questo non interessa:
io non voglio essere un uomo!

La vedova nera
Scrivi, scrivi
ancora sul quaderno i tuoi pensieri.
Verrà giorno che incontrerai
un nuovo amore
ed anche a lui spedirai i tuoi pensieri.
Lo coinvolgerai nelle tue insoddisfazioni,
nei tuoi finti dolori
e racconterai d'un amore che non ti comprende.
Fingerai d'amarlo
e ti concederai con passione
e foga.
Ma dopo l'avvolgerai nella tua tela,
inietterai il tuo veleno
e scioglierai il suo corpo,
assaporando l'ultimo umore
d'una passione divampata dal nulla
ed esaurita in un niente.

Canaglie
La carta si fa scrivere,
non si ribella.
Soffre
per il graffio della punta della penna
e vorrebbe dire qualcosa,
rifiutare l'incisione,
ma soffre,
tace,
subisce.
E così le critiche galleggiano.
Tu spieghi le tue verità,
pensi di non aver torto
e ti convinci d'aver ragione.
Ma chi vive le storie,
chi le ha dovute soffrire,
chi ne porta le tracce
con piaghe profonde
scavate dentro il cuore e la carne,
si deprime di fronte alla grettezza umana.
Alle cinque del mattino mi svegli e mi dici: "Amore",
ed alle 13 mi invii un freddo messaggio,
con dei giudizi immotivati e falsi,
dove scrivi: "ti odio".
E questo per lavarti la coscienza
dai tuoi peccati,
per simulare amore ad un ragazzo che non ami
e che hai tradito più volte,
e caricare le tue responsabilità
sulle spalle di un amante ignaro,
infantilmente usato per sfogare le tue passioni,
circuito e poi esiliato,
sproloquiando sulla prepotenza subita,
simulando d'essere stata usata,
raggirata,
violentata nella propria volontà
per giustificare, a chi ti sta vicino,
il tradimento lucidamente consumato,
scaricando la colpa dei tuoi vizi repressi
su chi è stato circuito,
ingannato,
ostentando un amore ch'era solo edonismo
e deprimendo corpo ed anima dell'unica persona
che ingenuamente aveva davvero amato.
Ma l'amore dovrebbe morire per questo?
Sento nel mio animo la gioia dei sentimenti!
Essi sopravviveranno all'aridità umana.

Non rincorrere fantasmi
Non rincorrere fantasmi,
ferma l'ansia del tuo cuore
e ritorna alla fonte.
Acqua fresca e dolci speranze!
Spazza via l'ansia del sogno cattivo,
scaccia i pensieri pesanti che ti opprimono!
Svegliati ed osserva la campagna d'autunno
con i crisantemi che la colorano,
con gli ultimi fiori che regalano raggi di luce
ed un po' di felicità al tuo cuore.
Ignora l'acqua stagnante nel padule
e bagnati le gote con quella dei ruscelli sotterranei
che sgorgano dalle rocce sul mare della tua linda Castro.
Ecco,
ora il sole carezza l'onda,
la sera scende tranquilla,
il trillo incessante dei grilli t'addormenta.
E tu chiudi gli occhi
e speri nel domani.

Puttane
Puttane,
prezzolate,
spazzolate,
appena nate:
puttane.

Puttane
che giocano con i sentimenti
altrui,
che sguazzano felici
nel dolore altrui,
che si divertono a bleffare,
giocare
con la disperazione altrui.

Puttane
evanescenti,
trasparenti,
lineari,
stravaganti,
con la potta al vento,
vogliosa,
bagnata,
lubrificata,
pronta al rapporto facile
e al coito facile.

Puttane
senza cuore,
che fanno le veglie pasquali,
facili al confessionale,
con i ceci sotto le ginocchia,
che si battono il petto,
che dileggiano il prete,
offendono il loro dio
torturato,
inchiodato
e schiodato più volte.

E poi….
le puttane al naturale,
quelle sfruttate,
mortificate,
mercificate,
che pregano davvero dio,
che implorano,
che chiedono misericordia,
che scappano,
che vengono bastonate,
torturate nei bordelli,
uccise e buttate nei fossi
come oggetti inservibili.

Puttane
che sorridono,
in minigonna in mezzo alla neve,
che fingono piacere,
che danno piacere,
che ringraziano e sperano.

Puttane,
povere puttane da esportare,
con un cuore grande come il mare
che hanno pietà d'un disgraziato
e che darebbero l'anima
per salvare un'anima.

Ma le finte puttane
chi le ha viste?
Forse io le ho viste,
solo io.
E inutilmente grido
alle persone perbene:
occhio ragazzo,
sveglia ragazzo!
Ma quel ragazzo ama
e le puttane finte
continuano a giocare con i sentimenti
di chi crede all'amore e si danna,
e continuano a gioire
gioire e godere!
Edonismo becero
e senza domani!

Come Pinocchio
Cosa ho dentro il mio cuore?
Il vuoto?
Scandisce l'arteria
il flutto di sangue che spinge il torrente
della vita.
Io dono a piene mani un affetto
che nessuno ricambia.
Come un dio onnipossente
costruisco l'amore e lo regalo al vento.
Rotola per le vie del mondo
questo inutile corpo
e questa mente
che i desideri contiene
ed anche la ragione,
che scioglie il sogno
e la cruda realtà dipinge.
Osservati allo specchio,
guarda il tuo viso
e le prime macchie che l'accarezzano,
liscia le rughe con un movimento lento
delle dita e destati.
Svegliati dall'assurdo delirio che insegui!
Possibile che non t'accorgi dell'età che avanza?
Possibile non percepisci l'aridità che ti circonda?
Possibile che non capisci dell'inutilità del tuo dare?
Scuoti il tuo intelletto
ed abbandona ai piedi del letto il tuo pinocchio
che vuole restare sempre fanciullo.

Frammenti
Poter strappare
un frammento di vita da una foto
e restituire il sorriso che s'è perso
dopo lo scatto dell'otturatore,
che ha cancellato il sole
ed ha oscurato il cuore.

Enotria
Candido nastro biancheggiante
che accarezza la spiaggia
in una foto di tant'anni fa.
Spumosa carezza che dall'onda sfugge
e sulla spiaggia pietrosa
briosa si distende.
Gorgoglio dei marosi,
frizzante sfrigolio della risacca verso il mare,
vortice pauroso d'una massa immane
d'acqua salmastra che la pelle sferza
e la zattera di Ulisse impaurisce.
Suoni armoniosi,
che sfumate tra cielo e mare
e accompagnate il volo dei gabbiani
e ai garruli richiami v'accordate.
Cielo e sole d'altre festose età,
occhi incantati
che forse su altri orizzonti vi perdete.
Odori d'alghe e di aguglie fresche,
ancora agonizzanti nelle ceste
dei pescatori, che arrancano coi remi
su vecchie barche che approdano alla riva.
Ecco il mio mondo antico,
il mio mondo perduto
che ritorna sotto i miei passi
e s'inabissa tra la sabbia lucente
di questo mare che ancora m'accarezza
e che ostinato corre tra le sponde
di questo stretto che le braccia tende
agli Enotri, nostra progenie antica,
ai Calabri ed ai Bruzii, al continente,
e ai Siculi, cullati in mezzo al mare,
che la cultura antica hanno scordato
ma che di questa canta ancor nei versi
quel Dolce Stil Nuovo rinnovato,
defraudato alla cultura antica dei Normanni
ma che l'italica gente ha poi accorpato.

Triste tramonto
Spero che sia la volta buona,
che finalmente da sola t'incammini
e all'ombra del tuo amore ti ripari
e, insieme a lui, sotto un ombroso fico,
i dolci frutti cogli e li assapori.
Troppi guai in giro hai combinato
ed altri di sicuro ne prepari
se il tratturo antico tu abbandoni
e vie contorte segui e ti disperdi
sui sentieri sbagliati
d'un amore di certo inopportuno,
e inadeguato per la tua stagione.
Cosa mai cerchi?
Te lo sei mai chiesto?
Dove arrivare vuoi?
Quello che hai già raccolto
tra le dite ormai s'è rinsecchito,
quello che ancor rimane
di certo non l'afferri
perché ormai ti sfugge dalle mani.
La via dell'autunno brumoso non si addice
a chi la primavera appena ha colto.
Ascolta il mio consiglio
non sostare sulla roccia scoscesa dell'abisso.
Imbocca la strada bianca del tuo cuore,
segui il sole che sorge
e del tramonto più non ti curare.
Lascia ad altri il tacito osservare
del rosso sole
che piangendo muore
e s'inabissa triste in fondo al mare.

Ora siamo tutti contenti
Ora siamo tutti contenti,
abbiamo seminato i nostri inganni
nei giardini dell'amore,
abbiamo simulato affetto e raggirato un cuore.
Ora un'anima vaga nel limbo
in cerca della ragione perduta.
Illusa spera di ritrovare la via della saggezza
persa per aver distribuito i suoi doni
a chi li ha regalati ai porci.
E mentre veglia nella notte
e ricorda le ore piene di sussurri,
di voci,
di richiami,
di inutili parole
disperse tra i cuscini
ascoltando il pianto e il finto dolore,
l'infingarda dorme serena,
convinta di aver raccolto il meglio della vita
e non pensando di aver ingannato se stessa.
Dorme mentre un cuore lontano
insegue nel buio di una stanza
i fantasmi delle carezze date,
degli abbracci ricevuti,
degli orgasmi finti a cui ha partecipato.
Ecco:
l'edonismo ha guadagnato la sua giornata
e l'inganno ha ancora una volta
disseminato l'aia di granaglie improduttive.

Maledetta primavera
Odio l'inverno
con le sue giornate nere,
con le sue giornate bianche.
Odio la vita mia
che volge all'autunno
e mi ha regalato
i colori smaglianti della primavera.
Maledetta stagione
creata da dio
per punire un figlio trasgressivo,
un figlio che ha saputo amare davvero
e che ha immolato la sua vita
per la felicità di un anima.
Maledetta primavera,
che mi hai regalato i tuoi teneri fiori
che non ho potuto apprezzare fino in fondo
che hai sublimato i miei sentimenti
fino a farli sfiorire.

La tua voce
La tua voce
mi giunge nel buio della notte
con il cuore in tempesta.
La tua voce,
flebile,
ovattata,
lontana,
è per me come una stella su in cielo
che continua a luccicare
anche se è spenta da millenni.
E nel buio della sera,
in questo giardino incolto,
tra i fruscii della notte
ed i richiami della volpe e degli uccelli notturni,
la tua voce mi rinfranca,
mi sussurra con violenza
quel "coraggio" che mi manca
e che mi sta facendo corteggiare
la morte.

La notte opaca
Spenta la luce
l'ombra s'aggira lieve,
avvolge ogni angolo e l'occhio s'improvvisa
a vedere fantasmi e sogna invano.
Silente il cellulare:
i tuoi messaggi
più non riempiono di gioia il mio riposo,
la voce tua scomparsa,
più non rallegra le mie notti opache.
Cosa mai spinge
l'affetto d'una donna
a donare un amore inaspettato?
Quale l'impulso
che ad un tratto nell'addome ti preme
e domande ti pone:
forse è l'amore questo?
E poi l'oblio!
Il silenzio che s'aggira per la stanza
e notti insonni ti regala,
di lacrime amare inonda il tuo riposo
che non arriva,
che il petto ti tormenta.
E mentre tu dormi serena sui cuscini,
mentre il tuo cuore nell'oblio ristagna,
un cuore soffre
e pensa ad un amore tardi arrivato,
ad un affetto che ormai s'è logorato,
alle parole inutili e abusate
alle carezze che ormai sono sprecate.

Eolico
Giran le pale
energia che vale
regala vento

Cosa resterà
Cosa resterà di questo nostro amore
impossibile?
Quale traccia nel cuore conserverai
di me?
Le tue parole lontane,
sommerse dagli anni che passano,
dalla differenza di età che ci separa!
Cosa resterà
di questo immenso dolore
che mi inonda il cervello,
mi strazia il petto,
mi devasta i pensieri?
Forse la follia,
forse l'odio verso un dio che mi ignora,
che distribuisce i suoi doni
solo per fare dispetto ai suoi figli,
che dice di amare,
per i quali si è immolato,
e che lascia soffrire in silenzio,
che lascia morire.
E tu quale ricordo avrai di me
quando gli anni imbiancheranno i tuoi capelli?
Cosa racconterai ai tuoi figli
dei tuoi amori segreti,
delle tue passioni represse?
La libertà,
questa maledetta vendetta dell'uomo
fatta sognare ai popoli
e poi negata nei sentimenti,
la nostra libertà negata
sarà il castigo alla nostra rinuncia
a non averla vissuta interamente
quando il tempo ce l'aveva regalata.

Volo nella tua stanza
Volo nella tua stanza,
come una zanzara ronzo
e mi poso sulla tua pelle del sapor di mare.
Un bacio vi depongo
e tu sorridi,
tu sorridi a un amore che non vedi,
a un amor che senti a te vicino
e t'accarezza la carne e non ti punge.
E ronzo,
bisbiglio come fosse una preghiera,
strepito l'ali
ed il brusio t'assale,
di me ti parla,
dolci parole ancora ti sussurra
mentre l'amor tuo nel vuoto s'inabissa,
e l'amor mio nel nulla si scolora.
Volteggia una falena,
intorno alla tua lampada
e ti parla,
e tu la guardi,
l'osservi mentre gioca con la morte
e lei l'ali si brucia,
l'ali attorciglia al fuoco
ed ai tuoi piedi giace,
l'ultimo rantolo e come un borbottio di mare
che sulla spiaggia muore
felice di guardarti
mentre incurante della mia agonia
tu indolente mi osservi e t'addormenti.

Nuovi amori
Un nuovo amor s'affaccia,
e il cuor m'invade,
di tenerezze fresche mi delizia
e offusca tutto il mal
che gli altri amori m'hanno regalato.
Io mercenario dell'amore vero,
che il cuore nutro coi dolci sentimenti,
e mi delizio,
che le mie pene nel cuor depongo a strati
e nuove gioie edifico incostante
sui dolori che appena ho seppellito
e poi ancora altri tormenti innalzo,
quando l'erta salita avrà una fine?
Quando questa struggente eccitazione,
questo affanno che lento mi consuma,
la pace in questo cuor mi porterà?
Quando la vita sazierà le brame,
(e queste intense emozioni che rinnovo)
di ogni voce ansiosa che m'accosta?
Quando quel dio, che ogni dì m'inonda
di languide pulsioni e mi tormenta,
quel dio, che m'empie il cuore
di sensazioni tenere e affezioni,
la quiete eterna alfine mi darà?
Questo io mi domando!
E non comprendo del perché di tutti questi doni
che a piene mani l'onnipotente mi regala,
non capisco quali siano i meriti acquisiti,
quali e quanti beni e a chi li ho elargiti,
non capisco del perché di tanti premi
fatti di amori teneri e gentili,
delle tante dolcissime passioni
di cui la vita ogni mattina m'empie.
Forse è un castigo alle mie trasgressioni?
La vendetta per me che l'ho oscurato?
E mentre l'assillo mi tormenta il cuore
affogo con i miei errori nel dolore.

Il melograno
L'acqua caduta anzitempo,
lo stelo e le foglie ha bagnato,
e qualche giovane frutto
ha prima del tempo spaccato.

S'affaccia, tra i rami fronzuti,
coi chicchi splendenti, arrossati,
sembra che rida contento
ma i frutti ormai son sciupati.

Ormai, non vedranno vassoi,
le gazze già sono in agguato
col rostro rapinano i chicchi
una buccia cadente han lasciato.

Una buccia spoglia di tutto,
che penzola mesta dal ramo
una buccia che non sa di nulla
che sta muta, senza richiamo.

Bolla di sapone
Da un vermicello
gli ha staccato un pezzo,
sotto un lavello
un verro ha colmo a mezzo

di detersivo
ed acqua di fontana.
Vuol farsi un diversivo
pel fine settimana.

Di gioia tronfia,
in trasparenza esulta,
la gota gonfia
la bolla erutta.

Ondeggia lieve,
in trasparenza guazza
l'iride s'accapiglia,
alfine strazia.

10 Agosto 2008
Stella cadente mia,
stella morente,
che di languore ed ansia empito hai il cuore,
come tutte le stelle prossime alla fine
un lieve tremore al petto ancora dai,
un languore che si sta spegnendo
man mano che il sol distende i rai.
E t'ho sognato,
stella lucente a sera,
nei miei pensieri a lungo t'ho tenuta
rivoltandomi ansioso tra i cuscini,
mentre un urlo al sordo cielo alzavo
che tra lacrime ed ansie soffocavo.
E tu splendevi, stella affettuosa mia,
t'affacciavi con voce soffocata
ed il dolore dal mio cuor scioglievi.
Ma questa notte, stella, ti sei spenta,
come le cose care che van via
nessuna scia nel cielo hai tu tracciato,
nessun bagliore la notte ha illuminato.
Ed or, rimango, davanti a questo schermo
ad inviarti le ultime emozioni
d'un amor che si spegne,
d'un amore a lungo coltivato
che nel mio cuor, però,
solo dolore,
dolore e depressione ha generato.

Affinità
Ho letto nei tuoi occhi
il bisogno d'amore
e tu il mio soffrire hai colto.
Un raggio di luna
ho rubato dall'onda
e t'ho fasciato il cuore
e tu la spuma hai colto
sulla cresta dell'onda
e la mia pena hai sciolto.

Come una candela
Come una candela
mi consumo.
Lo stoppino frigna
e la tenue fiammella
ondeggia come la mia vita.
Le ore passano
sento l'orologio battere i minuti.
Prima il frastuono
riempiva le mie ore,
ora il suono del silenzio
tristemente m'accompagna.

Arida e posticcia
Picchia un cuore a vuoto:
aritmici messaggi volano nel silenzio della notte
e attendono un segnale che ormai tarda.
Invano speri che un altro cuore intenda
il grande silenzio che ti inonda.
Arida e posticcia
e l'anima che t'accompagna
nel tuo peregrinare solitario
in questa notte lunga da morire.
Ma l'alba non s'accompagna al suono di campane
festose
ma lugubri rintocchi della morte
opprimono la mente
e liberatoria e lenta un'agonia si mostra.
Ma lei t'irride.
Lei meretrice che ogni cuore inganna
e m'illude d'una libertà mal guadagnata.
Ed un'altra anima origlia alla porta d'un portale.
Legge le mie parole
e mille domande si pone ed inquisisce.
Si chiede se la vita sua
davvero dalla mia alfine si separi,
se questo martirio che ormai da tanto tempo dura
gli restituirà fiducia e quell'amor che dona
e che in pari misura non riceve.
Ma un cuore ormai si è rassegnato
e l'altro è dilaniato
nella vana rincorsa d'un amor che non si vede,
d'un amore posticcio ed infingardo
che scambia l'edonismo per affetto,
che camuffa l'amore dietro il sesso
e che smorza la speranza dentro il petto.

Rose morenti
Il rosso cede
la morte l'accompagna
per la campagna.

Mareggiata
L'onda s'increspa
verso il cielo sale
odor di mare

Anatre
Per l'aria greve
starnazzando implora
patè deplora.

Tramonto sul deserto
Guizzi di luce
il rosso tutto tinge,
anche la sfinge.

Sofferenza
Il cuore batte
piange cuore e mente,
stella cadente.

Amor fallace
Amor fallace
spegne lenta la brace,
il cuore tace.

T'amo pio bove
Odor di sangue
nella stalla impera
vana preghiera.

Ad un padre negato
Vai amico mio,
ora che il tuo è un non sorriso,
e la nebbia lo offusca,
non guardare più il mandorlo coi suoi frutti
vicino al muretto a secco del tuo podere.
Non raccogliere più le mandorle
e non raccattare un sasso per romperne il guscio
e gustare il bianco frutto che lo contiene.
Lascia ondeggiare i rami dei noci,
non pensare al raccolto d'agosto.
Fai ancora un giro per i tuoi campi,
osserva i cocomeri ed i meloni
con i fiori ancora attaccati allo stelo.
Ammira compiaciuto le rosse pesche
e sorridendo assapora il frutto del tuo lavoro.
L'acqua zampilla dal pozzo,
il getto bagna le tenere piantine dei peperoni,
ristora le melanzane ed i pomodori
e rinfresca il prezzemolo ed il profumato basilico.
Il dolce odore investe l'aria e le tue narici
e tu tornerai al tratturo antico e l'erba secca
si frantumerà sotto le tue scarpe
e solleverà un dolce profumo di campagna.
Ed io ti seguirò, con lo sguardo stanco,
seguirò i tuoi movimenti
e ti osserverò mentre ti chini sui prati
a raccogliere
qualche ceppo di cicoria e di "paparine".
Guarderò la tua schiena curva
e maledirò il mio destino
che mi ha esiliato lontano
e che mi ha reso arido nei sentimenti
ed indifferente al tuo amore
che non hai mai saputo manifestarmi.

Le parole sepolte
Noi,
abbiamo le mani sporche di terra,
la polvere è calcificata tra le rughe
e gli occhi ormai opachi
come i parabrezza di auto
abbandonate nei prati.

Noi,
abbiamo la bocca secca,
l'acqua è rara da trovare al sud,
o troppo profonda da raggiungere.
Noi viviamo da sempre
nella siccità
e riusciamo appena a sorridere.

Noi,
subiamo da un'eternità.
Le nostre parole sono inutili
come l'acqua che cade sull'asfalto.
Lava appena la polvere
e lascia sepolta l'erba
che stenta a germogliare.

Noi,
ascoltiamo impotenti
la voce di chi ci governa,
subiamo quella dei prepotenti
che ci succhiano il sangue
rubando i nostri raccolti
e trasformandoli in tesori
sui banchi dei supermercati.

Noi,
non siamo capaci di imporci,
non riusciamo a difenderci,
stentiamo a farci ascoltare.
Ma se una sola nostra parola
trova solo un ascolto,
noi abbiamo sconfitto l'omertà,
abbiamo vinto la paura.

Solitudine
Solitudine,
amica mia carnale,
pazza amante che mi sollazzi
e ad amplessi inverecondi inviti,
stravagante signora
che vestita di nero
nel silenzio delle tue giornate
m'avvolgi e mi divori.
Solitudine,
discreta compagna
delle mie giornate agonizzanti,
quando il sudore la fronte imperla
e effluvi il corpo emana,
quando mi rigiro sotto le coperte
e di buio mi copro e la coscienza tumulo
nell'ipocrita analisi interiore dei miei errori
nell'autocritica indecente delle mie bestialità
elevate a ragione da una logica
che camuffa sentimento a passione
che per amore svende.
Solitudine,
fedele alleata delle mie trasgressioni
che nascondi complice
e che celi
nel silenzio opprimente della non ragione,
nell'indifferenza
d'un raggio di sole che alla porta bussa
e che tu neghi.

Alla ricerca dell'io
Vagabondo,
per le vie deserte della mia ragione,
e contro i muri d'un encefalo pigro
m'impatto!
Oltre quel muro c'è l'indifferenza
od il tormento
o la fede.
Io nulla vedo,
nulla io mi domando,
spiegazioni non cerco.
Come uno scampanio
che da lontano giunge,
affianco il batacchio
alla fusa campana di bronzo
che nell'aria vibra.
E null'altro mi pongo,
ad altro non aspiro.
Oltre quel muro
vedo solo me stesso
e l'impotenza della mia entità,
del mio io, inorgoglito
nell'immenso suo potere
di ponderare il bene ed il male
libero dai pregiudizi,
dai condizionamenti innaturali
di una etica
che basa sulla superstizione e sull'irrazionale
ogni giudizio sulla esistenza umana.

Pulsante elettronico
Sprofondo sullo scranno,
Cesare mi guarda crucciato
ed io annoiato gli rispondo
con lo sguardo un po' assente.
Scintilla il tabellone:
tracce luminose si inseguono
sopra i seggi della Presidenza.
Ed io, attaccato al filo,
col mio pulsante in mano,
mi sento come un degente in ospedale,
con la flebo infilata dentro un braccio,
e aspetto che l'ultima goccia sia filtrata
per mandare uno squillo
a un infermiere di turno,
là, in attesa.
Io, con i miei sogni,
a Roma ero arrivato,
lusingato e felice
di potere servire la mia gente,
di potere cambiar mondo e costume.
Invece, miseramente, mi sono io usurato,
e in cuore mi è rimasta una gran pena:
nonostante abbia operato con gran lena
nulla alla fin ho fatto e m'hanno solo usato.

Un grande amore
Cerchiamo il bene
altrove,
ove giammai è facile trovarlo,
nel sorriso d'una fresca adolescente,
nell'abbraccio d'una donna
che ti sussurra amore e ad altro pensa.
E l'amor vero,
quello che ti sta vicino e non lo senti,
quello che gira intorno a te ogni giorno
e non lo vedi,
a quell'amore giammai tu ci fai caso.
Solo quando il tempo se n'è andato,
quando la terra copre mesta il corpo,
quando le delusioni t'han colpito
e il cuore e la mente
t'hanno devastato,
allora ti ricordi di un calore unico al mondo
d'un grande risplendere di fiamma,
ti ricordi, ma e troppo tardi ormai,
perché quel vero amore
te lo donava mamma.

Rocce carsiche
Rocce carsiche
sono le vie del cuore,
col sangue che colora ogni remoto anfratto,
come l'acqua marina
che si immette,
e sbatte, ruzzola, s'affanna,
sotto le rocce di questo dolce mare
del mio Salento che ho fisso nel cuore.
Oh, patrie mie,
oh, flutti che correte dallo Jonio
al Tirreno, e ritornate,
tratturi antichi che vi somigliate,
pur se su contorte vie vi sviluppate.
Italica progenie,
che spinta fuori dalla terra tua
in punta allo stivale ti fermaste,
gente della tribù d'Omero
che sulla nuova terra vi insediaste,
io nel sangue avverto i geni antichi,
e la cultura vostra plasma il mio dna
con la sua poesia e mi stupisce.
E mi cullo nella fantasia
degli esuli di ambo le contrade,
nel loro spirito di forza di lottare
per nuove progenie attive sviluppare.
E rimpiango insieme a loro i lidi antichi,
dei Calabri, dei Brutii e dei Messapi,
e degli ostinati popoli Japigi.
E nell'impegno di lotta
contro le avversità di terre ingrate
anch'io mi perdo,
e nel cullarmi tra versi e melodie
la mente mia disperdo
come i primi cultori
che le tracce antiche ai posteri lasciarono
lungo le spiagge di un ingrato mare
che sempre sospinse ad altri lidi
i propri figli e li lasciò penare.

Leggo una poesia
Leggo una poesia
che non è mia.
E' lei che l'ha scritta a me,
a me, un padre avanti con l'età,
che vuole vivere i giorni passati
che si tuffa nel mare della sua giovinezza
e ritrova emozioni.
Si guarda allo specchio e soffre,
vuole fermare il tempo,
vuole fermare le rughe,
vuole fermare i capelli bianchi,
vuole fermare le macchie sul suo corpo.
E si aggrappa ad un amore appena fiorito,
lo vuole per se,
lo trattiene,
lo strattona.
Ha provato i suoi baci teneri,
dolci,
giovani.
La sua pelle è sul suo corpo,
la sente,
la vuole,
non ne può fare a meno.
La mortifica,
la vuole fare andar via,
nauseare,
disgustare.
Ma sbaglia tutto,
lei se ne accorge.
Ma è orgogliosa,
puntigliosa,
ha capito i suoi errori.
Ed ora lui soffre solo,
davanti al pc.
Scrive,
batte con forza i tasti,
li rompe,
si fa male alle dita.
Ma lei non sente,
lei non sa,
e lui soffre,
soffre in silenzio,
ed urla,
urla al vento il suo dolore.
Ma nessuno gli risponde
e lui pensa ad un ponte poco lontano.
Quel maledetto ponte lo martella,
lo assilla,
lo invita.
Ma lui si aggrappa alla vita,
si aggrappa ad un amore giovane
che ora dorme insensibile
e non vuole più svegliarsi.

Amore per sbaglio
Ho amato la persona sbagliata,
ora solo mi accorgo,
solo ora mi accorgo!
Ho versato lacrime amare,
amare lacrime,
perché ho creduto in un amore
che vero sembrava,
sembrava vero.
Era invece un plagio dell'amore,
uno schiaffo alla mia dolcezza,
un pugno alla mia tenerezza,
un insulto all'affetto che regalavo.
Ma chi potrà mai leggere
davvero
nell'animo umano?
Chi potrà mai comprendere
dove alligna il bene ed il male?
Il male!
Il male questo mostro che ci insidia,
che spinge la ragione fuori dal cuore
e lascia solo aridità e sconforto,
lascia squallore!
Amare, amare!
Banale espressione
intruglio di sesso e affetto!
Il bacio che delizia le labbra
ed illusioni trasmette lungo il corpo
e si ferma nei punti giusti per eccitarli,
per dilettarli.
E poi l'abitudine all'indifferenza,
alla noncuranza,
alla noia.
Il bacio che nasce come amore,
che si trasforma in affetto
che diventa tran tran,
inutile gesto
che non rassomiglia più
nemmeno ad un saluto.

Donna
Donna,
albero della vita,
demiurgo dell'infinito,
convulsione dell'anima
e dei sensi,
ubriacatura della mente,
delirio di una notte.
Impotenza
nel trasmettere sensazioni
ormai assopite.

Stella del mare
Stella del mare,
stella del cuore mio,
ma ormai stella cadente sei,
senza splendore,
stella senza calore.

Il mare non t'accoglie rilucente,
sull'onde non lasci alcuna traccia,
solo squallore ormai.

Invano, accendi la tua luce,
arida sei,
l'amore dentro te ormai si è spento,
un simulacro di morte
rappresenti
al cuore mio.

Al gran salto m'inviti.

L'animo tuo ormai
più non esiste:
un fallimento sei
come fallita ormai è la mia vita.

Folle rincorse,
la giovinezza che sulle tue marine
ora agonizza;
lentamente sprofonda nell'abisso
d'un mare che anch'esso m'appartiene.

Le mie radici sparse:
congiunzione di terre e di splendori.
Una terra che verso il mare aperto
si protende
e l'altra sui monti Peloritani
il volto stende.

E nella mente mia le due passioni,
passioni greche e italiche congiunte
con una sintesi di doppie trasgressioni:
quelle dei miti antichi
e quella sanguigna della tradizione.

E in fondo,
resta quest'animo che raccogliendo va in par misura
aridità e freddezza
d'una passione solo da un turbamento nata,
da un impulso insano
che camuffa con un amor confuso
un affetto a piene mani dato,
che ormai, però, si sta spegnendo
e di tristezza copre quello che era affetto,
quello che a me sembrava un vero amore.

Due anni dopo
Due anni sono passati,
24 mesi dall'ultima volta che ti ho vista,
e dentro di me l'indifferenza.
Possibile che l'amore si spenga così?
Possibile che la passione,
l'affetto, i lunghi anni passati insieme
si riducano come un fagotto di stracci
inservibili e da buttare?
Le promesse, le parole, le carezze,
acqua di mare che si perde sulla scogliera?
Quel legame indissolubile,
sancito, santificato,
spazzato?
E i sentimenti in quale contrada sono fuggiti,
dove si sono riparati?
Gocce di pioggia colpiscono l'auto in corsa,
ma il tergicristalli spazza,
spazza l'opaca brina che la vista occulta.
Anche nel petto brina pesante,
densa nebbia copre e occulta ogni affetto!
I richiami del cuore
non parlano più lo stesso linguaggio.
Come dei personaggi muti
gesticoliamo solo attraverso gli occhi:
qualche lacrima repressa
lo sconforto disegnato sul viso,
l'orgoglio nel cuore murato.
E i giorni scorro,
come una pellicola muta anni '30!
Passano le giornate di gioia,
di spensierata letizia,
e pesano quelle nere,
con le parole usate a sproposito,
lanciate come dardi
con l'intenzione di produrre danni e morte.
Si squarcia il cuore,
ma il viso muto rimane, inespresso.
E le mani restano ferme in tasca,
le carezze scordate ,
archiviate in uno spazio di tempo sconosciuto,
come se fossero morte,
come se non fossero mai state date,
come se non fossero mai nate!

Ad un figlio sfuggente
Lo sguardo corre
alla culla antica e si dispera.
Quella culla adorata,
desiderata,
dov'è mai s'è rifugiata?
Dove riposa
quel cuscino tenero avvizzito,
quel lenzuolo celeste spiegazzato,
quella coperta azzurra un po' invecchiata?
Lo guardo,
nel buio della mente,
quel corpicino tenero che freme,
quel volto dove un bacio
con colpevole ritardo un dì posai,
e qualche lacrima scorre
e non asciugo,
mentre un pianto a gola piena sfugge
e il cuore mi ferisce.
Quegli urli non uditi
nel tempo giusto,
non capiti.
E quel sorriso tenero
in quale lontano cielo
s'è disperso?
Ed io, negletto, invano lo ricerco,
affannosamente rovisto dentro il tempo
e cerco tutto l'affetto
che per strada ho perso.
E mi appendo a una croce:
chiodi alle mani,
ai piedi con tutto il furor configgo,
e il sangue schizza
ed il dolore ogni angolo pervade
di questo animo che non trova pace,
di questo cuor che inutilmente cerca
un pianto antico
che nel cielo d'una stanza senza luna
s'è diffuso lieve ed è finito,
finito insieme a un rosso sole
che sfugge chetamente dietro i colli
dove solo lo sfarfallio del tempo,
ed i rintocchi stanchi
d'un campanile che non segna l'ore,
mi riportano al tempo dolce
d'un rapporto che oggi è senza amore.

Ladri di mele
Ricordo ancora lo spavento,
che il cuor mi martellava
dentro il petto
come una palla che impazzita
colpisce più volte le sponde
d'un bigliardo.
E avverto ancora
le imprecazioni
e il respiro affannoso
del contadino che ci rincorreva
urlante e minaccioso.

        E noi, piccoli furfanti,
con le camicie
        legate con lo spago
        colme di mele mezze acerbe,
        che si correva ansimanti.

Poi quando il pericolo
s'era allontanato
sostavamo sornioni,
con la fronte imperlata di sudore
e rossi in viso,
sui muretti delle fiumare a secco,
a gustare golosi
i frutti proibiti dell'altrui raccolto.
Frutti lontani e dolci,
frutti desiderati,
frutti ancor saporiti,
frutti svaniti
insieme a tante voci sconosciute
di bimbi senza nome e senza volto
che impertinenti sorridono affannati
da un archivio di memoria stanca,
che ormai poco ricorda
che ogni dì sempre più sfianca.

Vino
Tralci fiorenti,
al sol su miti colli
tutti i raggi raccolgono
pazienti.
Grappoli d'or
regalano silenti
al torchio antico
che il fruttato dona
e il dorato liquor
la mente sprona.

Un bicchiere di vino
Rosso liquore,
di profumo intenso
dal gusto tenero e inebriante,
soporifero tonificante delle vie del cuore,
sferzante bevanda
che le inibizioni sciogli
e le macchie del represso cancelli.
Vermiglia chiazza
che ogni cosa occulti,
le sensazioni del dolor comprimi,
ed il sorriso dalla mente sciogli
e colori le labbra
e il viso infiammi.
Scendi ed avvampa il petto,
irrita le contorte vie del ventre
sicché lo sguardo
d'un represso languor tutto dipingi,
gli occhi socchiudi
e il mondo celi.
Ma dell'inferno che ti rode
in seno
ogni fuoco si spegne
e solo il buio profondo
ti fa compagnia e ti rinfranca.

Trasformismo
Al sole mi rivolto,
dalle viscere informi
tutto il rancor rigetto,
ed affogo ogni affetto;
di me resta il disgusto
per avere ingannato
per un dì soltanto
anche e solo me stesso;
e a ciò non basta il pianto!

Risveglio
Un raggio di sole,
improvviso,
il buio d'un colpo ha spazzato,
un tenero amore
lontano
ha mostrato
la nebbia dal cuor diradato
l'affetto profondo
è di nuovo tornato.

Primavera 2008
La prima lucertola
pigra il capo tende,
e l'occhio vigile sonnecchia ancora
al primo tepore che l'inonda.
E già qualche ragnetto
dal muro screpolato invischia
la saettante lingua
che già pregusta insetti
e l'abbondanza
della stagione verde
che lentamente avanza.

Odio
Polpettone informe
di carni putrefatte
che effondono
odori nauseanti
e affogano il profumo
delle rose donate,
cancellano dalla ragione
ogni traccia d'affetto,
l'ultimo vigore per un bene
prezioso che ancora cova in petto
di un amore che un dì ti fu donato
e, poi, all'improvviso cancellato
senza fornirti spiegazione alcuna,
lasciando in cuore il buio
d'una nottata oscura e senza luna.

Montereggio
Il mio pensiero ondeggia,
placido lo sguardo si distende
dopo l'ultimo calice gustato
ed assaporo l'agro dolce-amaro
dell'asprigno elisir
che nella gola ancor lieto ristagna
e dentro il petto voluttuoso sfuma.
Dolci declivi, colli maremmani
colorati dal verde dei vigneti,
la mente insegue
ed al grappolo turgido m'aggrappo.
Stringe la mano
e il dolce liquore dalla stretta sprizza
come sangue vivido che scorre,
sul palmo saettando scivola
e l'avambraccio di rosso intenso tinge.
Goloso lecco le solitarie gocce,
dolciastre, d'un profumo intenso,
che pigre adesso attendono l'autunno
per fermentare di nuovo nelle botti
e l'aspro odor per la campagna vola
di borgo in borgo, soave si diffonde
e le palpebre scendono spossate,
al sonno lieve abbandonano gli sguardi,
mentre la mente libera e serena
ogni pensier malvagio già abbandona
e dall'animo lentamente sfuma
tutta l'angoscia nera
che l'opprime.

Fior di latte
Al piacer della mensa
la gola s'abbandona
e ognora gusta
il fior del formaggio
che lento nella fascina spurga
e soda;
e come bianca carne
s'offre
immolando la sua giovane età
alla fame che giammai si sazia
nel giovane rustico
che le spalle rosse
al vento scopre
ed il sudore schiva
la mano
nera di terra
e di lavoro.

Eremitaggio
Com'è stanca la mia vita,
e com'è strana;
una voce tenera,
con forza ed irruenza
a volte mi richiama;
mi risucchia nell'utero,
alle origini del mondo
mi riporta,
quando un seme un ovulo assassina.
Alle origine dei suoni,
dei rumori,
nel silenzio tra ceppi di ginestre
abbarbicate lungo vie sterrate,
distese sopra i poggi e accarezzate
da un sole che i raggi semina
infuocati.
E svegliarsi col chiocciar delle galline,
con il gallo che canta a squarciagola,
con l'asino che raglia
e con l'agnello
che accorato il suo belato invola.
Ed ascoltare il canto degli uccelli,
il gracidare delle gazze ladre,
e l'abbair dei cani,
il fischio dei pastori
e il sole del sud
che scotta sulla pelle
e che risveglia
tepori mai sopiti
che dall'archivio della memoria sterra.
E restarsene con lo sguardo perso
ad inseguire tra i sassi la montagna
e fissare incantato un cane nero
che al tuo fianco giace addormentato
lungo disteso, vicino alla mia sdraio,
e forse sogna
un amore che tarda ad arrivare.
E non pensa ai dolori, ai tradimenti,
non si dispera per la delusione
d'un affetto elargito e poi negato,
di qualche abbraccio
prima dato e poi ritratto,
d'un bacio tenero
che alla fine gli è mancato.

Da un terrazzo salentino
Fili stesi
che arrivano dal nulla
e verso l'infinito se ne vanno.
Attorno un profumo delicato di campagna
colorata dal verde degli ulivi,
pennellata da rossi papaveri
ondeggianti.
Alcune mollette
oscillano col vento
ed appesi vi sono i miei pensieri,
pieni d'angoscia
e di tormenti veri.

Ambivalenza
Dell'ambivalenza
resta solo la lenza
utile a catturare
chi di sentimento è ricco,
e che si fa agganciare
da chi
di sentimento è a secco.
Ma alla fine, sola tu rimani
senza neppure un vero amore
che ti sei lasciata sfuggir
dalle tue mani!

Amor che a nulla amato…
Non ti dico d'amarmi,
ti prego solo di donarmi un po' di bene,
l'amore oggi è disperata sofferenza,
lasciala solo a me,
non ci pensare.
Per te sol tanta gioia
voglio che regni in cuor,
che tu serenità conquisti.
Lascia che sia il mio cuor
solo a spezzarsi,
che il fiele tutta l'anima
m'affoghi.
Lascia tutte le pene solo a me,
piccola mia,
a me che il bigio autunno
al varco già m'aspetta,
che l'inverno gelido mi sfiora
e le mie membra avvolge
tristemente.
Tu sei la primavera:
il cuor riempi di fiori
e di speranza
e il verde cogli
e godi la tua tenera stagione,
d'ogni felicità empi i corbelli,
d'ogni verzura colora la tua vita,
ed ammaliata ascolta
il canto spensierato degli uccelli.

L'attesa
L'attesa della donna
di cui brami l'arrivo
è come il morso della fame;
la sazi
dopo aver mangiato un bel panino
imbottito d'amore.

Papaveri e cemento
Tu avanzi,
io non arretro,
anzi la mia potenza ti sommerge
e più tu avanzi,
più il tuo grigiore s'erge,
ancor di più una dolce visione ti regalo.
Un vasto terreno colorato in rosso,
tanti schizzi di bianco,
margherite allegre che sorridono ai bordi
di un prato vivido di verde.
Una bella bandiera
e ci ricorda questa nazione che lenta deperisce,
che non regala più le sue armonie,
che lenta offusca tutti i suoi colori
ed appiattisce, dietro il fumoso tetro
di immensi monotoni edifici,
il quadro colorato d'una campagna
che tristemente sta agonizzano e muore
senza più i gorgheggi degli uccelli,
senza più i voli radenti dei rondoni,
senza più canti suadenti d'usignoli.

I nuovi amori
Quanta aridità,
quanta insensibilità!
Un mondo di merda abbiamo davanti,
un mondo che vive di istanti,
parentesi di inutilità,
goffe rappresentazione di emozioni
che si camuffano nell'anima
e sfumano come nebbie
appena il sole s'alza.
Un'epoca che poggia sul nulla,
che non sa più gestire i sentimenti
che fa diventare moda l'amore,
parola di cui si usa e si abusa senza più passione.
Ed i cornuti abbondano.
Le corna sono anch'essi una moda, si collezionano.
Guai a non essere cornuti!
"Amore se mi ami fammi le corna,
dimmi poi com'è bravo il tuo nuovo partner,
suggeriscimi le posizioni migliori
ch'io possa essere gradito alla futura sposa,
che possa dilettarsi a letto
e confondere amore con edonismo sfrenato".
E si piange, ci si dispera
di perdere una donna siffatta
che si rotola in giacigli improvvisati,
che passa da albergo in albergo,
da B&B in B&B,
che ti trasporta ad ammirare un suo podere sul mare
e poi si rotola nuda,
con la vulva al vento,
a farsi accarezzare da un amante improvvisato
e gli parla d'amore
come se contrattasse dei carciofi al mercato:
dieci carciofi 5 euro.
Ed in questo squallore s'agitano
le nuove generazioni, che sproloquiano sull'amore,
che si disperano per amore,
che si impiccano per amore
e che non sanno più cosa sia davvero
l'amore.

Quando l'ira
Quando l'ira
fustiga la mente
le parole
sono taglienti come lame
l'amor donato
sparisce tristemente
e l'affetto diviene solo strame.
Sordo rancore
ribolle nella mente
sfuma dal petto
tutto il ben donato,
dei baci ardenti
non rimane traccia
del grande amore
tanto decantato
rimane un senso di stanchezza
e tanta noia,
qualcosa che al più presto
va scordato.

L'ultima illusione
Raschiare
gli attimi di piacere
rappresi in fondo al piatto
e gustare la gioia
di un sentimento
come l'ultima cucchiaiata
di una buona minestra
consumata con gusto.

Meretrici
Tenebrosa,
con quel rossetto sgargiante sulle labbra,
e una sigaretta accesa all'estremità della bocca
che emana un esile fil di fumo,
come un sogno sfuggito dalla mente,
mentre dimena la borsetta
e ancheggia tra un'ombra e l'altra
del viale dei platani appassiti,
con le bacche esplose e la lanugine
che gioca a rimpiattino ai bordi delle aiuole.
Una macchina si ferma:
un sorriso dolcissimo illumina il suo viso
e la mano s'allarga a dichiarare il prezzo.
"Vaffanculo", urla arrabbiata
mentre il sorriso scompare; ed al suo posto
un'orrenda smorfia la sfigura
come un dolore improvviso
che pervade il corpo
mentre l'auto riparte lentamente.
Eppure la sua anima è incontaminata,
conserva lo stesso candore del politico corrotto,
del cliente depravato,
del macellaio che ancora puzza di sangue
e di carne putrida e disfatta.
Tra la folla che ondeggia,
sbanda e rumoreggia,
dov'è la differenza tra l'infedele
che tradisce il suo amore
e la meretrice che ubriaca il corpo vende?
Ed anch'io ubriaco fradicio
m'aggiro in questo infido viale
dove ogni affetto soffoca e agonizza
e compro amore,
compro l'amore mio che m'ha lasciato,
e l'animo sprofonda
in questa fogna lurida ch'è il mondo
che i sentimenti affoga e all'edonismo
il corpo laido abbandona e svende
e all'anima rinuncia,
quell'anima, che ad un amore impossibile
donato aveva come frammento sacro,
ormai non ha più alcun valore
e mestamente si disperde e stinge.

Desktop
Avevo messo
come sfondo del mio desktop
l'immagine d'una giovinetta
che mi aveva dichiarato il suo amore.

Ma l'amore
è come l'onda del mare:
viene e va
e lascia solo una traccia di bagnato
sulla sabbia
che il sole asciuga il giorno dopo.

Ho rimesso, allora, come sfondo
di nuovo la foto della mia cagnolina.
Lei mi avrebbe sempre amato,
se fosse ancora in vita,
ed il suo amore
sarebbe stato profondo e reale
e non lo potrà eguagliare
nessuno.

Ormoni selvaggi
Ormoni selvaggi,
pulsioni indistinte,
puledre bizzarre,
indomite e spinte.

Un ardore che avvampa
che brucia nel petto,
un amore che assale
violento, letale.
Un amore profondo
che scava e avvilisce,
che infiamma e produce
solo una voglia sensuale
che invade e realizza,
esalta ed avvince,
accende la mente
ma il cuore svilisce.

Soltanto semplici ormoni,
ormoni selvaggi,
ormoni istintivi,
ormoni cutanei,
ormoni oscillanti
ormoni distratti,
che ignorano ogni pudore,
morale o ragione;
che scordano tutto,
le promesse, i baci donati,
la pelle che scotta,
le parole lascive
usate e abusate
che t'hanno eccitato,
gli amplessi cercati,
l'orgasmo prodotto.

Parole a sproposito usate,
condite di frasi costruite,
che durano poco,
solo poche misere ore,
che lasciano in chi ama davvero
un senso di vuoto, d'angoscia,
parole che distruggono tutto,
maciullano tutto,
che accoppano i sensi,
frantumano tutta la mente,
massacrano ogni forma d'amore,
regalano schifo e spavento
e lasciano in cuore soltanto sgomento.

Un mondo a parte
Siamo in tutto cinque figli
oltre ai nostri genitori,
le risorse inesistenti
messe insieme non si giunge
manco al quindici del mese.
Ho deciso d'emigrare,
per cambiar la sorte mia,
di mio padre e di mia madre
e dei miei congiunti tutti.
Per tentare d'arrivare
alla fine d'ogni mese
la mia terra lascerò,
andrò via dai miei parenti.
Poi, lo so, m'integrerò,
diverrò settentrionale
parlerò una lingua nuova
il mio gergo scorderò.
Scorderò usi e costumi,
canterò in piemontese,
forse veneto o lombardo,
del dialetto calabrese
poco o nulla serberò.
Ma dal cuore la mia terra
non potrò mai cancellare,
col passar degli anni, so,
che i ricordi saliranno,
strozzeranno cuore e mente
e gli affetti torneranno,
i rimpianti per gli amici
per le cose del passato
sempre a galla saliranno.
E guardando questo mondo,
senza gioia, ne valori,
senza più quell'amicizia,
quegli affetti ormai finiti,
con i padri abbandonati
e le madri negli ospizi,
mi faranno ricordare
la miseria un dì lasciata,
la miseria ritrovata
dentro il cuore inaridito
senza più speranza alcuna
di tornare alle radici
ormai povere d'amore
di cui sol resta il rimpianto
d'aver perso tutto e quanto.

Il treno
Ieri,
alle 11,50
una vita cosa vale?
Ieri,
vento gelido m'assale
mi rimbalza nella mente
mentre il treno
passa e corre
si disperde follemente,
ed investe anche la gente
che mi guarda,
che mi sente,
che già annusa
quel sapor freddo di morte
che serpeggia
in un momento
dentro il cuore, nella mente.
E par dica:"
Cosa aspetti?
Solo un salto,
solo il salto d'un gradino".
Poi la morte
passa e corre
alle 11,50
non mi vede, ne s'accorge
che non è arrivata l'ora
un saluto ancor mi porge
…. devi tormentarti ancora.

S'è spento il sole
I miei sogni
non finiscono mai.
Io vivrò
finché la parola amore resisterà,
io non affogherò
finché l'affetto albergherà nel mio cuore
e fino a quando ricorderò le parole
che hanno allietato i miei giorni
e le mie nottate.
Nessuno le potrà cancellare a comando.
Non dimenticherò i sorrisi
che attraverso il web
hanno accarezzato le mie serate malinconiche
e che mi avevano ridato la vita
e restituito un amore
che si era arenato su una spiaggia
"sepolta da ricordi incredibili
di felicità mai più conosciuta".
Ora il sole s'è spento
e la nebbia ha ripreso il suo posto,
tutte le cose sono tornate come prima,
i sorrisi sono tornati a risplendere stancamente
ammiccando ad un amore soffocante
che è falsamente ricambiato,
le frasi affettuose sgorgano dalla bocca
ed illudono chi le riceve
ma sono malinconicamente false
e menzognere.
Solo io continuo ad amare
veramente,
sinceramente,
immensamente,
perdutamente.
E nessuno
mi può impedire di farlo.

Amore
Amore,
spazzatura,
ammucchiata,
raccolta,
dispersa.
Inutili frasi,
spazzate,
raccolte,
sprecate,
gettate
in un putrido cesto
che emana fetore,
disgusto,
che va allontanato,
nascosto,
bruciato,
che non lasci più segno,
non lasci ricordo
dell'affetto
più volte giurato,
che ora d'un tratto
diventa disgusto,
che va vomitato.

Rosa selvaggia
Selvaggia sei,
ed arida!
Arida come i poggi di Civita,
selvaggia come le pendici del Pollino,
ricche di rocce ed alberi.
Sai donare un sorriso
che illumina la notte,
ma il tuo cuore è misero di parole.
Somiglia alle fiumare calabresi:
in piena solo d'inverno
ma deserte e sterili d'estate,
con qualche raro fiore
che insecchisce tristemente al sole.

Sogno accortocciato nei pensieri
Sogno,
accartocciato nei pensieri,
il cuscino rigiro e sistemo,
la sveglia sposto di stanza,
il cellulare spengo.
E aspetto,
aspetto nel buio
e guardo le ore riflesse sul muro
ed i minuti che passano.
Aspetto.
L'inutile attesa
scalpella il cuore
e gli schizzi di sangue
imbrattano il viso e le mani.
Grondano
le tempie un sudore gelido di morte.
Grondano gli occhi
lacrime incessanti
che non sciolgono le pene
che si ammucchiano come foglie d'autunno
nelle cune e tra i rovi.
E il ponte m'invita,
quel maledetto ponte che mi circuisce ogni giorno,
sul quale mi fermo e medito.
E poi corro via,
da vigliacco corro via
quando potrebbe regalarmi la pace.
E una cara amica,
alla quale avevo donato una parte dei miei affetti,
mi chiede: che fai?
Mi parla, mi prega, mi scuote.
Ma io resto accartocciato nei pensieri
e le parole non mi bastano più!

A Eliana
Come i frutti del carrubo,
carnosi e sodi,
è il tuo affetto per me:
gradevole da accettare,
difficilissimo da gustare.
Ma le tue carezze
regalano il sapore dell'improponibile,
trasmettono la dolcezza
che pervade il tuo animo.
E sai essere tenera
pur nella violenta rappresentazione
del tuo amore impossibile.

Poeti
Personaggi squilibrati,
inutili cercatori di gloria e di consensi,
cacciatori di pensieri,
catalogatori di sensazioni,
di perdizioni,
di ansie,
di sgomenti.
Inseguitori instancabili
d'una pace vanamente cercata,
pugnalatori della violenza
e della guerra.
Falsi profeti di una umanità
imperfetta,
confusa e ammucchiata
in luride cantine
dove l'odor acre del fumo
si confonde con il lezzo dei locali
e con l'urlo sguaiato delle locandiere.
Frequentatori squallidi di bordelli,
collezionatori di blenarrogie e di lue,
seminatori di inutili parole,
affamati senza speranza,
illusi senza futuro.
Barboni arrotolati nei cartoni,
con i manoscritti per cuscini,
che nessun contemporaneo mai leggerà,
che nessun critico mai commenterà,
che nessun editore pubblicherà.
Morti assiderati nella notte,
nel disgusto collettivo,
nell'oblio più profondo.
E poi cent'anni dopo
l'inutile enfasi dei vostri scritti,
osannati,
interpretati,
riscoperti,
che producono ricchezza
agli eredi di chi vi ha ignorato,
ai critici che non vi hanno commentato,
agli editori che vi hanno snobbato,
ai librai che vi hanno deriso
e regalato solo miseria e disprezzo.

Utopie
Pensava
pensava mia madre,
ai viaggi mai fatti,
agli studi interrotti,
pensava.
Pensava ai suoi figli,
arricchiti,
e parlava, parlava
con le vicine
del benessere futuro
e di una vecchiaia serena
vicina ai figli,
assistita, servita.
Sognava mia madre,
sognava una vita diversa
e sperava, mia madre,
sperava
in un domani migliore.
Ma ognuno rimane con i propri sogni,
irrealizzati,
ognuno rimane con pochi spiccioli
in mano,
e un rosario, a sperare
in un benessere futuro
e ad una vecchiaia serena
vicina ai propri figli.

Valentina
Estenuante attesa in un sala d'ospedale,
un viso stanco, emaciato,
che conserva i tratti d'una bellezza scolorita
ma ancora vivida e presente.
Due occhi stanchi,
profondi, dolcissimi.
Quelle lacrime balbettanti che scintillano senza sgorgare:
perle preziose
pronte ad essere raccolte da un rivenditore di luce.
Cos'altro puoi regalare a chi ti osserva?
Il vuoto del tuo cuore?
Il pensiero della tua famiglia lontana?
La carenza d'un affetto?
Una carezza che ti manca?
Forse la tua voce,
toccante,
cadenzata dall'influsso straniero,
che sprofonda nel mio animo
e mi trasmette le prime emozioni,
e m'intenerisce.
E nulla puoi darmi,
se non un affetto transitorio
che s'aggrappa alle briglia
di un conducente di cavalli scalpitanti
che non riesce a domare
e che cerca di isolare in un recinto opaco
dove il sole a tratti brilla
e dove la notte a volte sprofonda.

Spazzatura
Spazzatura,
solo spazzatura è il tuo amore.
Cosa mi offri nel piatto?
L'occhio tuo proteso all'infinito,
alla ricerca d'un amore che non esiste,
che non vedi,
perché la tua corsa è corta,
il tuo saltellare zoppo.
Gioca con i sentimenti,
gioca pure con le sensazioni altrui
e plagiati inutilmente,
chiedi alla fobia
come dovresti essere,
come dovresti apparire
per piacere.
Invano coltiverai nel tuo giardino
rose rosse.
Non riuscirai mai a godere del loro profumo
ed il colore che osserverai
sarà solo quello di pallide rose.

Sepolcri
Mi porto sulle spalle
un lastrone di tufo
e schiaffeggio l'ipocrisia dei Farisei
che hanno incitato la folla
e piegato la viltà di Roma.
Quale Angelo
hai visto nel sepolcro?
Quale traccia di dolore
ha lasciato la mano sanguinante
che ha oltraggiato la morte?
La vita eterna,
in cambio d'un calvario,
la croce
come referto d'un delitto
che non poteva essere commesso
contro l'Onnipotente.
Una enorme montatura storica,
un inganno ripetuto per l'eternità
fin quando i templi di Gerusalemme
non saranno definitivamente spianati
ed i sacerdoti cremati
dall'ira oscillante d'un popolo sordo
che ondeggia osannando sempre il nuovo potere.

Mattatoi
Sordidi angoli
dove il sangue infiamma il cuore,
dove l'angoscia del terrore
incontra lo straziante sguardo d'un agnello
che osserva la madre sgozzata appesa a un gancio.
A nulla serve il suo belato disperato:
la Pasqua richiede le sue vittime sacrificali.
Angusti spazi, dove le file si assottigliano
e l'urlo delle agonie
serpeggia come un fiume
che si alimenta delle sue stesse vittime.
Treni infiniti
che trasportano il dolore,
prima,
e l'odor cupo delle carcasse
e dell'adrenalina disperse al vento,
poi.
E noi allegri, buongustai tenebrosi,
a tagliar bistecche nel piatto,
ad annaffiare con vino rosso o rosato
il prelibato sapore dei cadaveri in putrefazione
cosparsi di rosmarino ed erbe aromatizzanti.
Noi generatori di morte,
noi riproduttori di morte,
noi stessi, morte.

Monumento ai Caduti
Quelle liste di nomi,
tutti uguali,
allineati,
distesi,
protesi,
col dito pungente
che guardano in basso,
che urlan dolore,
paura,
che sommessi chiamano "mamma";
quelle liste anagrafiche,
morte,
sepolte nel cuor della gente
che insegue la morte da sempre,
a cui la lezione non serve;
quelle liste di figli, nipoti, parenti,
di semplici amici
che più non giocano a carte,
la sera,
nel bar di Morena,
nel bar della "Tana",
ci dicono forte:
- a terra buttate
questi inutili ceppi
che ancor'oggi inneggiano,
ricordano,
invano,
l'enorme stoltezza
del genere umano -.

Pasquetta
Lo so, tu oggi veleggi
per lidi lontani,
invano attendo un filo di voce,
un richiamo,
un saluto,
invano cerco la mano
che dolci carezze donava
al corpo mio afflitto, che pigro si spegne
ma che riesce ancora ad amare,
a regalare emozioni
che solo pochi san dare.
Tu ridi,
magari un trullo riguardi,
forse vaghi beata per un borgo lontano,
o stai mollemente seduta
sull'irta scogliera
e aspetti che il sole sparisca,
che arrivi la sera
e intanto stringi la mano
all'amore che fingi d'amare
perché lui è arido,
non sa ancor regalare l'affetto,
sincero,
spontaneo,
affettuoso,
che solo io so ancora donare.
Anch'io aspetto impaziente
che il crepuscolo lieve discenda,
che la notte di stelle il cielo ricami,
ed una risplenda più forte
scintilli nel cuore
ormai spento, che ormai più non spera
a sentire quel dolce richiamo,
sommesso,
che schiariva il mio povero cuore
nel buio delle notti trascorse,
ormai senza ricordi,
ormai morte.

Vita e morte
Quell'occhio
che lieve rigira
e guarda la mamma sua in volo;
quell'occhio che aspetta
ed apre pronto il beccuccio
ad ogni nuova imbeccata:
quell'occhio che sogna voli radenti,
sogna voli plananti
sull'Alta Maremma,
tra prati e castagni;
quell'occhio
all'ombra riposa,
opaco,
non più risplendente;
quelle pupille
rinsecchite dal sole
ormai sono spente.

La Passione, la Resurrezione
Angoli di buio nel cuore,
attesa del suono d'una campana
che l'animo sollevi
e il cuore liberi dall'angoscia
di un rito costruito sul sangue d'un innocente.
La Passione
per un ribelle verso una chiesa assassina,
verso un impero che si lava le mani
e libera un malfattore.
Fu vera storia?
Oppure l'oppresso si è vendicato?
La Resurrezione,
quella si,
nella coscienza dei giusti,
per cancellare riti e inganni
d'una congrega al potere
che spinse un popolo ignorante
ad urlare "crucifigi, crucifigi!
omo che se fa rege
seconda nostra legge
contradice al senato".
E' questa la vera Resurrezione:
quella delle coscienze
risvegliate dalle stesse campane
che ricordano un omicidio!

La noia
Un punto all'orizzonte
irrazionalmente
degradato
da un pensiero
che vaga
nell'inconscio di una giornata
che non conosce fine.

Momenti
Tutto è un momento,
la gioia intorno al tuo lettino,
rosa o celeste
che importanza ha?
E' un momento
la prima volta che felice
giochi con il tuo primo giocattolo
e poi lo abbandoni in un angolo.
E' un momento
una delle tante feste di compleanno.
E' un momento
il primo bacio,
il primo amore,
la prima delusione,
le prime lacrime.
E' un momento
il tuo diploma,
la tua laurea in mano,
i primi complimenti degli amici,
dei parenti.
E' un momento
il giorno che ti siedi dietro una scrivania
o varchi i cancelli d'una fabbrica
vestito da operaio.
E' un momento il matrimonio,
il primo figlio
(o il secondo o il terzo).
E' un momento la tua prima vacanza,
l'auto acquistata a rate,
la prima casa
con il mutuo che durerà una vita (forse).
E' un momento una malattia,
una gioia,
un dolore,
una speranza,
l'allegria.
Tutto è un momento e scappa via.
E' un momento una delusione,
che non si scorderà mai,
che resterà scolpita in cuore,
per sempre.
E' un momento
perdere un grande amore,
a lungo cercato, poco durato.
Anche la morte è un momento,
anzi
è un frammento di un momento,
ma che scelta difficile!

Il pettirosso
Uno sguardo insistente,
oltre la rete sbircia
poi, un istante,
davanti alla macchina saltella,
qualche insetto raccoglie sull'asfalto,
tra le rade foglie di questo lido
che ormai per sempre ho impresso nel mio cuore.
Ci guarda,
con gli occhietti svegli e buoni,
lucenti di pianto
per il nostro amore?
Vede i tuoi baci
e forse si commuove
ed una traccia ci lascia dentro il cuore.
Una traccia della sua presenza,
un ricordo
che il tempo non usura,
un'allegrezza dolce che ci assale,
una gioia in petto ch'è sincera.
Sullo schermo allora l'ho fissato,
quando al mattino accendo il mio PC
egli mi fissa dalla rete,
mi guarda tranquillo
e sembra qui.

Un poeta
               A Dino Campana

Quel vagabondo,
che vedi pensoso,
vestito di stracci,
con paio di scarpe consunte,
che al sole se ne sta stravaccato
su un vecchia panchina,
che guarda incantato ogni cosa
e legge un libretto
con la copertina tutta sgualcita,
che scrive sornione
qualcosa,
su un vecchio quaderno sdrucito,
quel vagabondo
che insegue incantato una lieve farfalla
volare,
che osserva su in cielo
e scuote la testa
guardando una scia biancastra
lasciata da un reattore che passa,
quel vagabondo,
schifoso,
indolente,
pezzente,
quel matto
che è senza una fissa dimora,
che vaga senza meta,
quel vagabondo
può darsi che sia finanche un poeta!

Forse son pazzo
Si, forse io son pazzo,
son pazzo e tanti lo sanno.
Stan muti,
sorridono al bar,
ma quel sorriso sornione,
risuona dentro la mente
a tratti,
e martella.
Mi chiedo se mai quel che penso,
questi poveri scritti,
inutili e soli,
cartelle volanti,
di quadri viventi che schizzano
in mente,
non siano spettri di sogni fallaci,
di inganni,
di affanni che crucciano
e opprimono il cuore,
oppure non siano orme
di opere vere
che sfiorano ancora i pensieri
di tante persone coscienti,
che l'intelletto non hanno svenduto,
che ad ogni domanda
non danno puntuali
l'esatta risposta voluta da tutti,
accettata:
la media del gusto o buon gusto.
E spesso, mi chiedo:
ma questi nostri poveri versi,
a cui molti credono ma tengono in cella,
non sono forse accordi reali
impregnati tuttora di sani valori
che covano in cuor come brace,
che ancora non sono dal senno dispersi?

Dialogo d'amore

A:
Il nostro amore
è come questa rosa
che mi si sta appassendo tra le mani,
i petali abbandona ad uno ad uno
e al vento li disperde tristemente,
reclina il capo
ed ha un colore livido di morte.

S:
Ma il mio respiro
lieve la riscalda,
la linfa le fornisce,
solleva il capo
e lentamente, amore,
la forza acquista
e dopo rifiorisce.

A:
Si sta sfogliando ancora,
non lo vedi?
Abbandona i petali
e rinsecca,
come la vita mia
ormai nulla più vale.

S:
Ma con la morte,
mio piccolo amore,
la vita di certo non perisce,
rinsecca, è vero,
ma acquista di nuovo, poi, vigore
e nuovamente in maggio rifiorisce.

Il tempo dell'amore
Quando tempo sarà,
il fiore
che oggi è baciato da un'ape
il frutto suo darà.

Così, il mio amore,
oggi
baciato dal sentimento
domani sboccerà in passione
e poi in affetto
se quel fior si schiude.

Ogni cosa al suo tempo,
ogni dolcezza nell'istante giusto.
Ma oggi qualcosa ancora è assente:
l'ape non trova il polline
nella tua corolla.

Santa Caterina
L'onda s'infrange ancora alla scogliera
e spuma bianca inonda la memoria
d'aria un po' profumata, di marina,
di gabbiani in corsa
a rubar quasi il cielo al creatore,
a spazzar le nuvole che appannano
tutti i pensieri
che il tempo ha accumulato
e che inutilmente tu rincorri,
con moto inverso,
quasi a ritrovar le stesse tue radici
in quella prima gente un dì approdata
su questi scogli,
su queste rocce brulle e desolate
ferme nel tempo, ferme nei ricordi.
E mentre l'odore intenso
dei pini marini infiamma le narici,
mentre i tuoi baci il tempo dell'amore mi riporta
(il tempo ingrato ch'è ormai se n'è fuggito,
il tempo che giammai più non ritorna
e che a fermare inutilmente io tento)
questo tuo amor m'apre ogni dì
del cuor le porte,
rinascere mi fa e mi tormenta,
mi manifesta la mia inadeguatezza,
questa mia inutile rincorsa
a mutare il moto delle onde,
a riportare gli anni alla stagione della letizia,
delle mie gioie misere d'affetti,
al primo amore che nel nulla s'è disperso
per le strade d'un mondo,
ritrovato nella incosciente felicità d'un cuore,
uscito fuori da quello stesso mare
che Venere bagnò di salsa spuma.
Ed oggi si riallaga nei pensieri
e ingeneroso gioca
con la mia vita che si consuma lenta
insieme a questo cuor che spera ancora,
che si rimpizza d'emozioni ognora
e che d'amore ogni giorno si alimenta.

La mia cagnolina
Sonnecchia la mia cagnolina,
sonnecchia,
sotto la rete:
vicino v'è una pianta di fiori,
che fiori?
Una pianta appena infossata:
già il fico d'india ha messo due foglie
una verde, spinosa;
e sotto la rete
lei dorme, riposa,
la mia cagnolina adorata.
Ogni tanto risento
un urlo, un roco abbaiare alla porta,
è risorta?
E poi per le scale,
un fruscio,
una zampa che sale.
E s'accosta al mio letto,
mi fissa nel buio della notte
con gli occhi suoi neri,
gli occhietti lucenti
ormai senza pensieri.

Monte Ventoso
Dimmelo tu Francesco,
dillo a me che t'ascolto.
Anch'io nella bisaccia di buon camminatore
portavo sempre un tuo libro di versi,
che all'intelletto parlava
nelle soste del faticoso sentiero
su cui m'arrampicavo.
Arrivato alla vetta, anch'io,
mossi lo sguardo; ed altre cime ineguali
m'accarezzarono la mente:
io, inadeguato al mondo,
dal mio cantuccio appena conquistato,
vidi l'immensità,
la sproporzione tra l'esiguo della mia entità
e la grandezza d'un pianeta
che m'abbracciava e che mi possedeva.
Ed il tuo libro, appena aperto e chiuso,
la dimensione della mia ignoranza
tutta mi rese.
Il nulla della conoscenza racchiuso in quel volume,
e la montagna immensa
che rideva di me, del mio sapere,
della mia convinzione d'esser potente e bravo
per aver conquistata una sol vetta,
e invece mi scoprivo
fragile ed impotente,
mi scoprivo un'entità sproporzionata
a un mondo che mi sommergeva
a un mondo che col suo silenzio,
senza mai nulla dire, mi stordiva.

Arida la mia scrivania
Arida e avara è la mia scrivania,
i miei pensieri assorbe
e li disperde sui vecchi libri
negli angoli ammucchiati.
La polvere ci gioca a rimpiattino,
io con un dito ci disegno un'asta,
e mi ritrovo indietro, nel tempo,
da bambino,
su un banco a disegnare visi e monti,
case inclinate e soli che ridono a nessuno.
E li rileggo anche quei primi versi,
quelle parole dettate da un sorriso,
lieve d'una compagna
di cui più non ricordo ne il color degli occhi,
nemmeno quello sbiancato dei capelli.
Ma lo ricordo, ora, nel silenzio
quel viso dolce d'una compagna nuova
(nuova negli anni, nuova nella sua fantasia)
che mi sussurra quelle stesse frasi
che avevo buttato un giorno sopra un foglio
lasciato in mezzo a un libro rovinato,
solitario nel mucchio, tra vecchi testi e carte,
in una traballante e impolverata libreria
che il cuore mi rallegra
e m'empie anche di malinconia.
E mi fustiga il correttore delle bozze,
quel signore che nella mia coscienza corre
e che invano mi indica la via,
ch'io non riconosco, che io ignoro,
ch'io non percorro per trasgressione mia,
per questa folle passione che m'assale,
per questo tormento che mi rode il cuore,
per questo nuovo impulso che m'avvince
e che m'ha fatto scoprir la frase antica,
quell'espressione che anche ai nostri giorni
qualche giovane ancora chiama amore.

Aria fresca
Aria fresca
adesso, ora al mattino,
aria di tramontana, frizzantina,
aria pulita,
occhi lucenti a sera
che non disegnan più le mie serate,
aria di mare,
aria della mia terra,
aria d'alberi tersi,
d'ulivi antichi,
dai tronchi attorcigliati,
contorti,
aria di primavera,
coi mandorli fioriti,
con le corolle al vento svolazzanti;
aria del Tavoliere,
delle Murge,
che mi colpisce i sensi
e mi circuisce.
Aria d'acque sorgive,
polle nel sottosuolo,
fiumi che scorrono dritti alla marina.
Aria dei miei paesi,
dal dialetto antico,
del greco dei poeti d'altri tempi,
dei lirici appena addormentati,
di Soleto, Martano, Sternatia,
aria ch'è tutta mia,
che m'inebria, un poco m'addormenta,
e m'innamoro di tutta la mia gente,
degli amici più cari, dei parenti,
soffro per loro;
e poi li cerco
nel dolce sorriso d'una ragazzina,
che dona amore a chi non la comprende,
che il cuore ha aperto
a chi non può mai averla;
e si contenta di saperla lieta,
di sognarla felice
laggiù in fondo allo stivale,
all'estremo confine d'una patria
dove lo sguardo si disperde
tra la collina verde del Vereto
e l'acqua azzurra d'un mare cristallino;
e vede la nave d'un Ulisse stanco
con la faretra piena di saette
che infilza una persona senza cuore
che l'animo deprime ad una ragazzina
dal viso pulito, dall'aria frizzantina.

Tribolazione
Amore,
io soffro assai del tuo silenzio,
penso che forse in cuore tu hai una pena,
sento sopra la pelle i tuoi martiri,
avverto che la vita tua poco risplende.
Perché tu taci ed il mio cuore spezzi?
Perché la voce tua s'è persa,
forse,
per uno sbaglio,
penso quasi un abbaglio
che il cuor t'ha chiuso
e più non vede questa mia afflizione,
a cui basta un sorriso,
una parola sola che mi dica:
"Amor sto bene, tutto ora fila liscio,
la mia vita è serena,
senza affanni o malanni,
più senza crucci".
Lo sai poco mi basta:
un ricordo ogni tanto,
una carezza carica d'affetto,
che viaggi sull'ali del pensiero,
che nulla ha di impudico e immorale.
Questa distanza che m'opprime il petto,
questa età maledetta che separa
le due sponde d'un fiume sempre in piena,
la primavera e l'autunno
fusi insieme
a generare una stagione nuova
che spezzi le convenzioni
e le migliori,
che infonda una morale rinnovata,
senza più inibizioni,
che il bene riporti là
dove si pensa al male,
che rinascere faccia nei cuori la speranza,
la dolcezza perché l'amor
solo piacere dona;
che nulla vi può essere d'immorale
quando in mente la purezza regna;
chè un amicizia tra due vite differenti
è sentimento che l'esistenza innova,
rende il cuore e l'animo sereno,
la vita allunga, e spesso la rallegra,
la renda comunque meno amara,
e un ponte crea che le due sponde unisca
di quel fiume maledetto che separa.

Risveglio
Ho smarrito
la mia giovinezza,
per strada,
nel mio peregrinare.
Ho perso
le prime parole d'amore
che ho confuso a sesso e passione,
per strada,
nel mio peregrinare.
Ho ritrovato
il mio amore,
d'un colpo,
per strada,
nel mio peregrinare;
me l'hai restituito
quando l'affetto
era solo un ricordo lontano
e sono tornato
di nuovo ragazzo!

Siccità
Fontane morte,
raro stantuffo d'acqua
estremo pianto.

Rifiuti
Stracci vaganti,
prati agonizzanti
verde piangente.

Olocausto
Sul binario morto
hanno rubato la mia anima,
hanno depredato la mia coscienza,
hanno annullato la mia personalità.
Ma io sono sopravvissuto lo stesso:
le bombe mi hanno risparmiato
e hanno ucciso i miei carnefici;
l'inedia mi ha rinforzato il corpo
e senza denti ho ripreso a nutrirmi.
Pensavano di avermi cancellato anche il sorriso,
ma ho saputo sorridere
quando l'olocausto è finito,
ho saputo perdonare
quando un mio torturatore mi ha chiesto pietà.
Non ho alzato la mia mano per colpire
ma per fare una carezza ai suoi figli,
figli d'un mastino rimasto senza denti,
che non riusciva più neppure ad abbaiare.

Temporale
Uno scroscio improvviso,
l'acqua vien giù,
dal cielo, dai rami,
dalle grondaie dei tetti,
bagna ogni viso,
mezza vestiti e mani.
Vien giù,
e il cielo,
che prima azzurro e terso si mostrava,
con qualche nuvola appena abbozzata all'orizzonte,
d'un tratto s'abbuia,
il bel color disperde
e posto regala ad un nero opprimente
che appesta,
c'ogni orizzonte annulla
ed appiattisce.
E gli schizzi sulle tettoie
un tetro rumore di passi lesti e stanchi
diffondono pe' l borgo,
si sperdono per la campagna circostante,
pesante, plumbea,
velata di condensa e bruma
che sale e sbanda,
par che dal vuoto affiori
e al cielo lieve salga,
e, poi, inebetita si disperda.
L'erba s'umilia;
come bimbi ripresi da un genitore austero,
offesi per una punizione immeritata,
gli steli piegano la testa
e mesti a terra poggiano la fronte.
Il bel colore,
quel verde carico e intenso che li ricamava,
pare abbrunirsi,
si confonde con le zolle appena arate,
e tutte s'imbrattano di schizzi grigiastri,
di sabbiolina sparsa,
ch'ogni tinta vivace annera e stinge.
Il rumore dell'acqua del torrente,
che prima gorgogliava dolcemente,
un fragore assordante adesso spande
e, sotto i ponti,
tronchi ed arbusti confusi all'acqua torba
s'agitano, s'ingarbugliano, s'intrecciano
in una danza impazzita,
come in un'orgia impura.
Tutto sembra sfiorito,
tutto appassito,
e la tristezza dentro il cuore sale,
un'ansia pesante il petto spinge e opprime,
la luce lieve dagli occhi stinge, poi sparisce.
Ma, dopo, il sereno rispunta nuovamente,
come il bene ed il male si compone;
lontano, all'orizzonte il chiaro appare,
l'ombra si mescola ancora, lentamente,
con la sagoma oscura della sera,
che lieve si riappropria d'ogni cosa.
E mentre nel cielo scintilla qualche stella,
mentre la luna ricolora il prato
e all'erba restituisce il suo decoro,
sale chiara e distinta da una pozza
il gracidare d'una raganella.

Versi
La mia poesia
non ha mercato.
Mi scavalchi,
t'affanni,
le mani stendi
e m'affoghi.
Tu emergi.
Imponi i tuoi versi
e parli, parli,
delle tue frequentazioni,
delle tue amicizie,
dei tuoi critici
che ti adulano ed inseguono.
Io nulla sono:
rassegnato depongo i miei versi,
chiudo le mie cartelle.
Al buio le parole svolazzano:
si raccontano e si incoraggiano,
si rallegrano per i sentimenti
che racchiudono
e sono felici,
felici di svelare a se stesse
i segreti del cuore
che non hanno mercato,
che non hanno editori,
che non hanno compratori,
ma che hanno bagnato,
con una lacrima,
la guancia di chi le ha scritte.

Peccati
Cosa resterà
di te,
di me,
di noi due
quando il tempo
arriverà impetuoso
a bussare alla mia porta?

Cosa dirò al tuo Dio,
quando mi chiederà
di te,
di me,
di noi,
del nostro passato,
dei nostri peccati?

Mi vergognerò
e cercherò di nascondergli la verità.
Ma lui sorriderà,
capirà del mio amore per te,
e mi passerà la sua mano sul viso,
pieno di rughe,
di pensieri,
e mi dirà: entra nella mia casa,
mai nessuno come te ha amato tanto,
mai amore fu così tenero e profondo.
Non avere vergogna:
tu sei l'amore,
io sono l'amore.

Solo una traccia
Sei certo di scrivere per te stesso?
Illusione, piccolo uomo destinato a perire,
illusione!
Le tue tracce
saranno destinate a resistere al tempo,
lasciate in rete
si riprodurranno in eterno.
Le tue opere non saranno più tue,
saranno come un gioiello
che un artista costruisce per gli altri.
Li accarezzerà tra le sue mani,
li vedrà crescere e abbellire
ma non li possederà mai
e li potrà ammirare
solo al collo d'una donna,
al dito di un personaggio
intoccabile.
E soffrirà per i propri figli
giudicati,
invidiati,
criticati dagli altri,
umiliati e derisi
da un volgo rozzo e insensibile.

Maestro
Schiuse dal cuore
ogni sigillo antico
e incise frasi, motti,
ed espressioni.
La parola volò,
si circoncise,
dolore lasciò dentro la mente,
le mani stese
umiliò,
e mai il dolore
punizione sembrò.
Chè il tempo regalò
la dimensione giusta,
dentro la mente incise
tutto il sapere,
lo riprodusse, lo amplificò,
il dubbio suscitò,
anche il sospetto sorse
d'una riproduzion poco appropriata,
forse coerente al gran manovratore,
adeguata a rafforzar la convinzione
che tutto cambia
mentre invece nulla mai si rinnova,
tutto stantio rimane.
E mentre la mente scalpita,
e gli zoccoli pesta sul selciato,
il raziocinio smorza
e si amplifica la convinzione
dell'impotenza umana,
dell'oppressione che schiavo ti stringe
in una prigione
in cui dimeni il corpo,
in cui anneghi lo spirito cosciente,
in cui schiavizzi
ognora
cuore e mente.

Fiori di pesco
Fiori di pesco,
fiori dell'amor mio
che gentilmente ricamate un tronco
come un mordente che colora un legno
che dona intensità a un ramo spoglio,
e lo inghirlanda con un bocciolo rosato
che come ambasciatore giunge sull'uscio
e forte scuote il battente
e lo percuote,
e ti ricorda che il tempo
inesorabilmente vola,
che la tua vita ognora si rinnova,
che le stagioni s'ammucchiano
ai tuoi anni,
che una ruga nuova il viso segna,
che un capello si sbianca e si scolora,
che la tua pelle invecchia e si dipinge
di segni, di macchie, d'un difetto nuovo
che ti scuote la vita
e t'addolora.
E mentre pensi alla sua pelle bianca,
mentre ricordi lieve la carezza
che sui seni scorreva, e deliziava
il tatto,
ed alla mente, ancora lucida e sveglia,
trasmetteva i suoi segnali forti
del sentimento,
che giammai sfiorisce,
passano i giorni, muoiono le stagioni,
il ciclo si rinnova e ancora deperisce,
come morendo va questa mia mente,
come si esaurisce la passione
e lascerà un'ombra nel pensiero
che strozzerà l'amore e la ragione.

L'evoluzione
Quel verme,
invertebrato,
sganasciato,
che dalla terra sbuca
e annusa l'aria
agitando un moncherino tronco,
un occhio?
un dito?
Quel verme, te lo dico,
diventerà un gigante,
un elefante,
o forse resterà per sempre un verme,
inerme,
che un merlo nero
strapperà dal terreno
e tenterà di ingoiare
mentre lui si dimena,
s'agita inutilmente,
al becco suo s'aggrappa,
s'attorciglia,
anche s'appende,
e poi, alfin, stanco s'arrende.

Resurrezione
La rondine
è tornata a volare.
Ora,
potrà nuovamente
ricostruire il suo nido
sotto il displuvio del tetto.

Il Natale passato
La mia finestra ho chiuso,
l'anno già se n'è andato.
Il natale è passato,
anche quest'anno vuoto
alle spalle ho lasciato.

Neppure gli spari ho avvertito:
Ho solo brindato al suono d'una banda
con un cantante spennacchiato
che a tempo cadenzava
una noiosa sequenza musicale
che lasciava i minuti morire.

Il meno uno
s'accompagnò col tappo
d'una bottiglia di moscato che volava
e un augurio affrettato
di quattro sconosciuti commensali
mi sfiorò la mano
più che la ragione.

E poi lo squillo del mio cellulare,
una voce lontana,
una voce già nota,
e la noia d'una bambina disattenta
d'aver dovuto lasciare abbandonata
una cartella coi numeri in sospeso
per salutare un vecchio nonno
che forse ormai più non conosce.

Ed a questo s'accompagna ancora
l'accorato dolore d'un amore antico
che lento si consuma insieme all'anno,
che nuovamente scorre
nell'indifferenza d'un saluto
che sole più non riscopre
e la speranza pigramente affoga.

Tramonto
Raggio di sol
che ormai reclina i rai
e luci all'orizzonte invano tende,
perde vigore il cuore
e invano attende
che l'alba nuova la sua voce accordi
al soffrire dell'animo,
al lento consumo della mente.
Ma come l'eco,
ormai lontan si sperde
quella voce che a me addolciva il cuore,
nulla chiedevo a Dio,
nulla speravo,
solo saper che l'esile sua vita
non avesse a patir sventura alcuna
e che lieto corresse il suo futuro,
che la fortuna
di ricchi doni ognora la colmasse.

Impotenza
Occhio
allo specchio:
rami molli
che ostentano prestanza,
resistenza.
Poi l'ombra di te stesso,
camuffato da giovinetto,
ondeggiante
tra i tuoi capelli bianchi
e l'illusione,
sì,
l'illusione,
di non dover sfiorire.

A Martina
Un raggio di luce,
biondo,
a scolpire una sala bigia
dove l'urlo di un cantante
si confonde tra il fragore di una batteria
ed il delicato suono d'una chitarra
allietato da un flauto melodioso.

La statua
Piedistallo incallito,
dove l'effigie umana
naufraga
nel mare dell'indifferenza
della folla
che si confonde
ai miasma delle vetture
che soffocano la storia.

Tedio
Le braccia
stese al sole ad asciugare
mentre la mente
affoga
e l'occhio sperde l'iride,
impazzita
dietro un fuoco
lontano
che annulla
ogni baglior di prospettiva.

Orizzonte
Limpido,
sull'azzurro
d'un marino terso,
falce scintilla
e già l'occaso tinge,
scorre sui flutti
e sulla spiaggia
lente le ombre sparge
ad asciugar nel buio
di tamerici spogli
che sanno di salino
e pioggia
aspergono sottile
sul pescatore stanco.

Il cellulare
Orecchio,
bocca,
tasca.
Ascolto,
parole,
silenzio.
La mano l'accarezza,
a volte parole dolci gli sussurra,
qualche accenno un po' spinto
ad una storia intrigante,
ad un vissuto ancor recente
che nel cuor ristagna.
E poi la rilettura,
in silenzio,
dei messaggi scritti,
di quelli ricevuti,
con una sofferta tenerezza
che ti invade il cuore,
con una lacrima
che furtiva il viso riga
e riporta un amor
che col passar del tempo
si scioglie e si consuma.
E poi l'oblio,
l'abbandono in un cassetto al buio,
dove il silenzio regna
dove l'amor ristagna,
dove l'affetto
spira lentamente,
dove l'esaltazione
si spegne crudelmente.

Pulcinella
Mascherina,
inganna te stessa,
gioca indecorosamente con i sentimenti,
affoga i segreti dell'anima,
avvilisci l'amore.
Salta,
salta sul palco delle passioni,
simula di apparire diversa,
spregiudicata.
Ti sforzi di rassomigliarmi,
di sembrare trasgressiva
per farmi piacere.
La tua è una posticcia immagine,
l'illusoria rappresentazione
di quello che vorresti apparire,
ma non sei.
Resterà alla fine
solo l'amaro in bocca
della tua infelicità.
Corri,
corri dietro i tuoi preti,
inginocchiati ai loro confessionali,
sulle panche nude d'una chiesa deserta,
e chiedi l'assoluzione per i tuoi peccati.
Fatti aspergere con l'acqua santa
per guarire dalle tue passioni,
per convincerti di ritornare
nell'anonimato di una normalità
che ti priva della tua libertà,
che ti impedisce
di essere quella che interiormente sei.
Povera mascherina!
Ingannerai te stessa e gli altri,
ma non la tua coscienza,
non il tuo dio!

Un treno
Un treno
è il mio cuore:
un treno che corre nella notte,
che taglia le gallerie
senza notarle,
notte nella notte,
notte tra la notte.
Un treno che sbanda
sui binari a scartamento ridotto,
e stride, sferraglia,
frena, rallenta e poi riparte,
sbanda e corre dritto
per poi sferragliare
e stridere ancora nel buio.
Ma alla fine della galleria
è attratto ancora
da una stella che brilla nel cielo,
sola nella notte.

L'albero di Natale
(L'Abete)

Io,
io sono stato condannato anzitempo,
ancora alberello,
meglio alberello.
Le mie radici
non avranno il tempo di sorbire
gli umori della terra,
il sole non carezzerà
i miei rami ancora teneri e scarni,
che olezzano già di bosco e di resina,
e gli uccelli non voleranno tra i tronchi
ruvidi e vischiosi.
Solo i colori
di un ornamento pacchiano
ed una catena luminosa,
intermittente,
accompagnerà la mia agonia.

Diserzione
Padre, perché tu ci hai un dì lasciati?
Perché ci hai da bimbi abbandonati?

Perché non hai lottato pei tuoi figli
e in guerra sei andato tra i perigli?

Perché hai vagato in Africa Orientale
che, poi, ci hai detto che non stavi male?

Noi s'era piccoli, s'aveva tanta fame,
tu in Grecia preso da una guerra infame.

E poi ancora tra i monti d'Albania
e in Montenegro in lieta compagnia.

E noi a bruciar ceri e lumini ai Santi
mentre di stenti ne abbiam fatti tanti.

Poi il ritorno, cambiato nel corpo, nella testa,
e non furono per noi giorni di festa.

Ora che te ne stai tranquillo tra i lumini
ti dico: "Perché non hai pensato ai tuoi bambini?"

"Perché non hai saputo pei figli tuoi lottare
e con tutti gli altri soldati disertare?"

Solfato di calcio
Su una lavagna nera
aveva scribacchiato:
"Amore".
Ma l'avevo scritto,
con difficoltà,
con un gessetto bianco,
un poco consumato.

Pertanto,
è stato facile per me
cancellarlo all'istante,
immantinente,
senza fatica alcuna,
con uno straccio sbiadito
e logorato
che m'ha solo la mano
impolverato.

La sofferenza
Me ne stavo ieri l'altro alla finestra,
e un amico mi chiese come stavo.
Avevo qualche acciacco, é proprio vero,
qualche dolore in basso alle caviglie,
e tanta pena in cuor per dei tormenti
per una sofferenza inaspettata,
per una angoscia improvvisa,
non cercata,
che la vita m'aveva disturbata.
E volevo, alfin, farla finita:
pensavo a un vecchio ponte non lontano,
un bel volo davvero, disperato,
e poi la pace del silenzio,
un bisogno a lungo ricercato.

Ma la finestra mia
sul mondo dava,
l'occhio spaziava attento, dappertutto,
solcava i mari in tempesta,
le montagne innevate valicava.

E vidi tante miserie ed oppressioni,
le sofferenze dentro gli ospedali,
gli orrori delle guerre, le esplosioni,
la fame, la sete, la disperazione,
il pianto dei bambini e della gente,
la paura negli occhi degli anziani,
la fuga disperata sui gommoni.

Il frigo avevo pieno di alimenti,
l'acqua scorreva, pur se intermittente,
lenta dal rubinetto, rinfrescante,
la luce illuminava le mie notti,
la legna scoppiettava nel camino,
in giro potevo andarmene tranquillo,
senza paura, senza timore alcuno
pacifico per le strade del paese,
sereno potevo salutare i tanti amici
che incrociavo a tratti sorridenti.

Ci pensai mentre guardavo il mondo,
ed all'amico mio che ritornava,
gli urlai contento, col sorriso pieno:
"sto molto bene, sai,
m'ero sbagliato,
penso d'essere un uomo fortunato".

Il telefonino
Mi stordisce il tuo silenzio,
un deserto asfaltato di sabbia,
spazzato solo dal vento
che acceca i sentimenti
e fa lacrimare gli occhi.
Mi tormenta quest'oblio dello squillo,
l'assenza di ogni vibrazione,
la morte del segnale,
la fine dei tanti attesi messaggi.
Mi manca quel "ti amo"
soffocato tra i cuscini,
sussurrato sotto le lenzuola.
Soffro per non poter più ascoltare
le tue parole,
bisbigliate nel cuore della notte,
quasi incomprensibili,
mentre le palpebre calavano
sfibrate dal sonno.
Mi manca tutto di te,
mi manca la tua voce,
il tuo ridere sommesso
nell'oscurità della tua stanza,
mi mancano le tue parole,
infarcite di poesia.
E rimango immobile
a fissare quel telefonino inerte,
che non vibra più,
che non trema più,
che non parla più,
che non sorride più,
che se ne resta abulico ed assente
e dorme,
pesantemente dorme,
e non vuole più svegliarsi.

Illusioni
Pensavo d'averti rubato l'anima,
ero convinto che la prigione del mio petto
te l'avrebbe restituita candida
il giorno successivo al grande silenzio,
in quel mondo di pace
che agli umani è sconosciuto,
dove le strade sono tutte diritte
e gli ostacoli sconosciuti.

La tua anima
conservata in una prigione d'amore,
al riparo dall'usura,
sempre ricercata dopo quel primo addio,
spesso ritrovata,
per accorgermi,
dopo,
che era solo una fugace illusione.

E poi quei monti e quelle gole,
quel colore delle colline a me noto,
immutate nella loro aridità
e nel profumo e nel colore della ginestra
che li coprivano,
nell'impassibilità dei fichidindia,
guardiani instancabili del tempo,
e mostri insensibili con i pungiglioni
pronti a colpire.

E l'hanno colpito il mio cuore,
sì che l'hanno colpito,
ed hanno seminato nuova aridità
e la convinzione che l'animo umano
racchiude solo menzogna
e l'ostentazione di falsi sentimenti
che strozzano l'affetto
e seppelliscono l'amore.

Una voce lontana
Una voce, dio mio,
una voce che mi giunge da un satellite,
vagante nella nostra atmosfera,
che gira con il mondo
e che messaggi di gioia e di dolore
invia.
Una voce che mi appassiona
e che mi scuote l'anima,
la coscienza.
Cosa devo capire?
Cosa?
Mi sento stordito dalla potenza
dell'intelligenza umana.
Ma di fronte a tanta grandezza
cosa mai io rappresento?
Perché sono, qui, ora?
Perché esisto?
Quali ambiguità
riempiono il mio cuore
ed affogano la mia coscienza?
Quali sentimenti trasmetto?
Quali dolori ho seminato?
Quali gioie ho distribuito?
Quali testimonianze lascio?
Solo una cometa lontana
riesce ad inviarmi segnali chiari
e luminosi,
ma non è quella dei Re Magi
(a cui non credo)
ma è la mia esistenza che si consuma,
che si confonde con questo universo
e mi fa comprendere la mia inadeguatezza
in questo cosmo tecnologico
che ormai ha ucciso l'anima.

La felicità
Metti da parte la tua ingordigia:
non è vincendo all'Enalotto
che conquisterai la felicità.
Spesso basta poco,
molto poco,
un nonnulla,
svegliandosi al mattino,
per riempirsi di felicità.
Aprire la finestra
e trovare una bella giornata piena di sole;
non avere il solito dolorino alla schiena;
gustare un buon caffè;
leggere una email di un amico
che non ti aveva più scritto;
trovare una traccia sul tuo cellulare
della chiamata di una persona cara.
Ecco,
basta poco,
davvero poco,
e si può essere infinitamente
felici,
immensamente ricchi!

Radici
Le parole
sono come un aratro:
scavano nel cuore
solchi profondi
dove i sentimenti vengono seminati
e germogliano come teneri virgulti
che a volte inaridiscono e seccano
ma spesso si attaccano al terreno
e affondano le loro radici in profondità
alla ricerca di nutrimento e vigore.

E, poi,
inaspettatamente vorreste estirparle,
distruggerle;
ma ormai hanno generato nuove radici,
hanno invaso le arterie,
e non è più possibile sradicarle.

Parole
Mi dicevi: "ti amo"!

Ma le tue parole
erano scarabocchi scritte sulla sabbia
che le onde del mare
hanno cancellato e spianato.

Ma nel mio cuore
sono rimaste scolpite
come scritte profonde sulla roccia
che il mare in tempesta
non riuscirà a cancellare
…………………………
mai!

Questo mio volto
Questo mio volto allegro e sorridente
nasconde con ritegno un'afflizione,
un dolor che mi punge
e che mi preme
forte nel petto
e oscura la ragione.
Ma io sorrido
ed una felicità forse regalo
a chi m'osserva,
a chi poi mi risponde,
ed una parola allegra mi regala
che mi solleva il cuore
e che mi scioglie, lieve, nel petto
il mio cupo dolore.

Carta moschicida
(Donna: essere evanescente)

Mi invischiai
nel pantano del tuo affetto,
buttato lì
come concime inutilizzato
e poi sparso nel mio cuore
per risvegliarne il silenzio
e sconfiggere la mia solitudine.
Ma se il fertilizzante
tu lo spargi in abbondanza
ed in modo irrazionale
brucia i sentimenti
e lascia il deserto.

Bugiarda
Bugiarda,
mestatrice di sentimenti
che triti in fondo all'anima
e li rimpasti
per costruire sconcerto,
per confondere il cuore
di chi ha creduto in te.
Impasta pure la tua creta:
tra le mani resteranno solo le croste
della tua ambiguità.

Piaceri spezzati
Nella mia mente
circolano dolci pensieri
e languida carne freme ancora
in un letto disfatto.
Guardo lo specchio
e mi chiedo a chi giova
quest'affanno che mi pervade,
questa vana corsa
verso piaceri desiderati
e che non riesco più
a cogliere.

Per le vie del mondo
Per le vie del mondo
incontrare un sorriso a lungo cercato,
una mano che ti accarezzi i pensieri
e ti regali quell'affetto
che pensavi finito.
E poi guardare lo specchio
ed accorgerti che quel sorriso
è arrivato troppo tardi
e ti viene offerto da un amore impossibile.
Stupirsi per tanta passione,
inaspettata,
spontanea,
sincera,
e dire a te stesso:
"Pazzo!"
E non accorgersi
che questa follia
non avresti dovuto alimentarla;
avresti dovuto scoraggiarla sul nascere.
Ma tu l'hai cercata,
provocata,.
Tu hai riscritto le regole,
anzi le hai sregolate,
e le hai disperse
per le vie del mondo
dove vagheranno in eterno,
dove troveranno il deserto,
dove troveranno verdi pascoli,
dove troveranno anche la rassegnazione
e la pace.

Cuore mercenario
Di nuovo questo cuore mercenario
ha inciampato
sui gradini sconnessi dell'affetto,
ancora una volta
s'è fatto coinvolgere
in una assurda storia d'amore.

Infantile fu il richiamo
e puerile la risposta.
Ma ai richiami del cuore
chi non intende?
Dov'è il confine tra decoro e affetto?
V'è un limite alla decenza
ed all'indecenza dei sentimenti?
Ma la risposta ai quesiti
sta nell'aridità del cuore umano,
nella leggerezza con la quale si scambia
passione per amore.

E tu stupido amante,
avvezzo ai covili,
ai giacigli improvvisati
che ti stuzzicano le trasgressioni,
tu stupido concubino
che non hai ancora letto a fondo
l'animo umano,
quando ascolterai la campana del borgo?
Quando all'ovile
farai rientrare tutto l'armento?

E' inutile inseguire la pecorella smarrita:
altri sono i sentieri della perdizione,
altre le sferzate da infliggere al tuo corpo ignudo.

Solo i segni dell'età che avanza
dovrebbero ricordarti che la campana del borgo
potrà suonare anche per te!

Vita agreste
Brusio di pioppi udivo per la strada,
l'eco empiva la mente mia innocente
lontano, tra le canne e l'erba rada,
lieve giungeva il frullo del torrente.

Rumor di croste, di biada dolciastra
giungeva dalle poste nella stalla
il mulo l'unghia batteva sulla lastra
la mucca il fieno sfilava dalla balla.

Dai fossi, l'odor acre dei pozzi
per la campagna greve s'aggirava
la fune girava sopra i mozzi
e l'acqua fresca la gola dissetava

al contadin, che già sognava il desco
ed il sorriso e l'urla dei bambini,
una minestra con del pane fresco
ed un breve riposo sui cuscini.

Ombre furtive il sole ricamava,
che tra le nubi penetrava a tratti,
e già il baco spumava la sua bava
e la pupa di seta arrotolava a scatti

tra i rami secchi, brucando le foglie
fresche dei gelsi appena sparpagliate
dall'accorta esperienza della moglie
a queste vecchie mansioni dedicate.

Ecco un mondo antico ritrovato
e le giornate che non sapeano feste,
ecco il pane duramente guadagnato
con la fatica della vita agreste.

Corso Garibaldi
Solo,
a scrutare volti antichi
che scorrono come fiumara in piena
ed io al centro,
scoglio senza speranza,
che scavo tra le rughe
per ricostruire visi puliti,
scomparsi nell'affanno degli anni,
confusi tra folle e forme sconosciute,
volti di giovani
che mi tormentano,
che appartengono al nulla.
Quella continuità ritrovata:
il figlio del mio amore
che mi passa vicino e che non conosco,
che scruto profondamente
per ritrovarvi un vezzo o un sorriso
che mi riporti il passato;
le sembianze di un amico, forse scomparso,
che conserva un tratto,
una lontana fisionomia di giovinezza
che io mi affanno a ricostruire.
E mi dispero,
solo,
tra la folla che mi annienta,
nella sofferente ricerca delle mie radici,
estirpate per sempre,
inaridite dal tempo,
e che inutilmente cerco di ricostruire.

All'angolo delle ginestre
Pennellate di luce
invadono le vie del cuore
e dal silenzio in cui affogo
qualche raro richiamo
a volte giunge
del cardellino impaurito
dagli spari aridi
di qualche cacciatore solitario.
Chè la natura è pace
e l'Angolo delle Ginestre
dolcemente tace
mentre pigra l'acqua viene giù
da un cielo annoiato
ed i prati rinfresca e l'ulivo ristora.
La neve occhieggia in alto,
sulle vette brulle dei monti,
e il Dolcedorme imbianca.
E nel mio petto
s'agitano passioni
e lo sconcerto nella mente striscia
e la ragione opprime
per un amor che sboccia,
e si domanda della sua vita futura
e risposte mi chiede,
risposte, domande, dubbi,
a cui non so più cosa dire
per paura di cagionar del male,
per timore di poter fare soffrire.

Onda di mare
Onda di mare che t'agiti angosciosa
e sulla spiaggia di distendi fiacca,
che i miei ricordi lavi e ripresenti
come immagini vecchie ripulite
dalla patina antica dell'oblio,
che mi rinnovi in petto i miei dolori,
i rancori,
le delusioni mai dimenticate
per scelte inopportune
che un'altra vita
ha intimamente devastato.

Onda di mare che mi sbatti in petto
e la mia giovinezza usata mi riporti,
che le felicità finite mi rinnovi
e le illusioni antiche mi regali
abbraccia nei tuoi flutti i miei tormenti,
cullami nell'affannosa ricerca d'una pace
da anni ricercata e che mi sfugge
e che nel grembo tuo aspetta e tace.

Notte ad Instanbul
Mi perdo per le tue strade
dove filtra lieve la differenza
tra occidente ed oriente!
Roma è alle porte
e Napoli è sorella.
Usi e costumi antichi
incrociano gli sguardi
nelle vetrine invitanti
di mercanzie che il musulmano disdegna.
Io volteggio
nei vicoli del centro storico
di questa metropoli
che la storia ha segnato.
M'aggiro in cerca d'un signore
che l'animo ha rubato
ad una insegnante
che m'adula
e menzognera mi parla d'affetto.
Un amore che non conosce
perché non ricambiato e impossibile.
Ora la notte scende
e oscura le vetrine
che hanno spento i lumi
e cela le ingannevoli
offerte di sentimenti
che non sono stati colti
e giacciono invenduti.

Dal ponte di Prata
L'occhio insegue sinuoso,
a tratti, i mulinelli
che la torbida acqua del silente Bruna
a valle spinge,
e sparge ombre di lecci e di castagni
e il verde schizza tra le pozze stanche
e tra i limosi sassi
dove l'acque stagnanti
effluvi effondono opprimenti.

Marci anche i pensieri:
s'abbandona la mente al turpiloquio
e impreca sommessamente
sulla stanca riva,
dove il serpe sguscia
e l'anatra muta, pigra
il capo tra il piumaggio affonda
e l'ale sbatte e sguazza
e schizzi al vento disperde pigramente.

Sonnecchiano le scelte,
alla deriva come stanche foglie
scorrono e s'inabissano tra i gorghi,
e segni stanchi sembrano siglare
i garbugli del cuore.
E nello scomposto affanno,
che la mente opprime
e la traccia del destino insegue,
l'ombra dei turbamenti
limpido rende l'epilogo finale
che nuvole leggere in cielo traccia
e riposanti pascoli disegna.

Stancamente
Dolce nella mia mente
l'ombra stanca
dell'immagine tua mi si presenta
coi suoi pensieri spiegati sui cuscini,
gli occhi sepolti nel buio della tua stanza.
Sui muri rigiri lo sguardo e ti domandi
se il destino alfin le cose aggiusti,
se lieve sul viso ti sfiori e ti accarezzi
quel raggio di sol che invano cerchi
e che dalle tue dita s'allontana.
Invano t'aspetti da me una promessa,
invano scruti nell'incertezza delle mie risposte,
e la tua voce velata mi tortura
perché la mia indolenza
a drizzare il timone m'impedisce
per veleggiar la prora a nuovi lidi,
a spezzar le logore gomene,
che la mia barca prigioniera tiene
in un lago di cuor che ormai m'opprime.
E mentre sogno di regalarti
tutto l'amor che nel mio cuore cova,
mentre cerco nel buio la traccia d'un sorriso,
che s'attarda e sfuma lieve sui guanciali,
il tempo passa e affossa i sogni tuoi,
annega le mie promesse,
le inutili parole condite di fronzoli e d'inganni,
ed ombre opache ti disegna in cuore:
lo spettro dell'impotenza mia,
e lo sconforto per il tuo dolore.

Tic, tac
Le lucciole nel buio
tic, tac.
Una foglia che vibra
tic, tac.
Il silenzio della notte
tic, tac.
Un volo distratto
tic, tac.
Un pensiero ricorrente
tic, tac.
Un chiedersi incessante
tic, tac.
Una lucciola cadente
tic, tac,
tic, tac,
tic, tac.

Quel trillo opprimente
Simulo con me stesso, indifferenza,
il suono non arriva questa sera,
quel suono che io aspetto
e una preghiera sembra il cuore investire
e m'addolora.
Il suono non arriva.
E la cornetta muta rimane;
mi guarda, mi sussurra breve un pensiero,
e il cervello mi tormenta.
E poi arriva quel trillo,
inaspettato,
ad addolcire la mia triste sera
e le parole volano, la mente inondano
l'animo stordiscono,
aprono il cuore ad un pensiero nuovo
che subito s'appanna,
s'imbrunisce,
ed il buio riporta
e a brancolare mi costringe
in cerca d'una speranza nuova
che s'attarda,
d'una felicità che non fiorisce.

Il bar del porto
Il fumo del tabacco inonda la sala chiassosa.
Una nube soffocante grava
l'avventore infagottato nel pastrano color carbone
con la sciarpa verde avvolta attorno al collo.
Bestemmie volano dai tavoli dei giocatori
per una carta giocata malamente.
L'odor del vino trabocca dai boccali
e scivola sulle gole aride dei portuali.
Sbatte l'uscio al forte vento di tramontana
e l'urlo dei vapori e dei rimorchi
si perde nella baia
rischiarata dalle rade luci dei moli.
Al banco una barista avvenente,
dal riso acuto e volgare,
mesce boccali di birra a due clienti
che le rivolgono pesanti apprezzamenti
sul suo seno oscenamente ostentato.
Lento un suono sgorga dai diffusori sparsi alla parete
e soffoca il cicaleccio confuso
che dai tavoli s'alza e che stordisce.
Il canto d'un marinaio sbronzo
s'allontana nelle brume della notte che agonizza
e all'abbaiar d'un cane s'accompagnano
le rozze imprecazioni che si perdono tra le gru
e tra i container ammassati lungo i pontili.
Irrespirabile scende la brina
e appesantisce la vita
e il passo instabile rende
mentre un lampione ondeggia
e un'ombra vacillante protende e alterna
alla scarna luce che i pensieri opprime.

Disperato
Ho perso le tracce di me stesso;
dietro l'angolo d'una casa in rovina
ho scoperto i rovi che m'hanno punto il cuore.
Le mani ho insanguinate,
invano estirpo la mala pianta
che, però, mi porge more succose
a metà dell'estate.
Frutti invitanti, impossibili a cogliere
per uno dell'età mia matura.
Frutti dolcissimi
che regalano al palato delizia
e l'arsura spengono
nella gola rinsecchita
per la disperazione d'un amore impossibile,
conosciuto e poi perso
per le strade d'un mondo
che ai suoi conformismi macina
sentimenti e passioni.
Ma per un attimo ho volato con ardore,
ho ritrovato le radici antiche
d'una libertà negata,
ho spaziato nella mia fantasia
e le gioie infinite d'una lussuria impura
ho assaporato
senza i legacci d'una morale che m'opprime
e che schiavo mi rende
d'una forma d'amor mercanteggiata
dove gli esseri uguali
sono schiacciati da regole bigotte
e convenzioni ipocrite
che il respiro ti tolgono
e la vita.

Emozioni in libertà
Ho cercato
dentro il tuo cuore
le emozioni.
Io le ho sbarbate
come erbacce incolte
e le ho portate alla luce.
Ho liberato il tuo cervello
dai complessi dell'oscurantismo
che, riscattato, ha veleggiato
sulle onde dei piaceri
non più repressi
ma liberi di esprimere
tutte le emozioni
che la morale immonda reprime.
Abbiamo sognato il proibito
e l'abbiamo sciolto
dalle sue catene
che opprimevano la mente
e la ragione.
Abbiamo sognato le novità
ed abbiamo affrancato l'anima
dai falsi preconcetti
del perbenismo bigotto.
Abbiamo oltraggiato le credenze,
le infatuazioni, le regole correnti
ed audaci abbiamo volato
nei cieli della fantasia
là dove nessun freno è posto dalle convenzioni,
là dove i confini sconfinano con l'indecenza
e con la morte del pudore.
Le nostre menti si sono confuse e fuse,
l'età non ha avuto più regole,
la pelle s'è amalgamata alla pelle,
le carezze sono state sognate
ed hanno varcato lo spazio ed il tempo,
l'hanno corroso e vinto.
Noi ci siamo ritrovati uccelli bradi
ed abbiamo sconfitto i mari dei divieti,
abbiamo abbattuto le barriere del conformismo,
ci siamo intrecciati nei nostri sogni perversi,
abbiamo liberato le nostri menti,
sgombrato il nostro cervello
dai fronzoli delle parvenze moralistiche
che opprimono ed affogano la ragione.
Noi abbiamo beffeggiato le regole,
abbiamo riscritto i nostri comandamenti:
amare, gioire, godere,
una triade di passioni che ci ha avviluppato,
ci ha stordito,
ci ha inebriato.
E poi la dura realtà!
Il ritorno nella nostra prigione
a scontare la pena per una trasgressione
inflitta a chi vuol essere libero.

Beati voi
Beati voi,
che dormite tranquilli,
sprofondati nei vostri cuscini ricamati,
che albe rosee sognate
e verdi distese di tabacco profumato
inalate,
mentre l'aroma dell'erba appassita
allaga le vostre narici,
vi stordisce!
Beati voi,
che l'orme antiche
dei miei padri seguite,
a voi che il fresco vento grecale,
che spira dalla vicina costa Egea,
asciuga il sudor delle fronti
e vi rinfranca.
Beati voi,
che liberi volate
nel cielo dell'infinito di una terra
che vede solo il mare
e le Colonne d'Ercole
lontane.

Ritrovare una traccia
Sui sassi
del vecchio muretto
c'è ancora una traccia di mano,
di un dito,
pressato un giorno lontano
su uno strato di fresco cemento
spruzzato per fermare l'usura
d'un sasso
che s'era scalzato.
Ho visto la traccia
di quella infantile pensata
tanti, moltissimi anni più tardi,
in una tranquilla serata
invernale,
gestita per caso dal fato,
creata da un gioco di versi
d'un frate ostinato
a fare varcare la soglia
d'una chiesetta scordata,
a un uomo maturo
che l'ha ritrovata rifatta,
vestita con nuovi colori,
con l'aspetto pulito,
lavato,
senza più quell'odore sgradito
di muffe, d'incensi, di ceri abbruniti,
bruciati.
E quella vecchia chiesetta,
quel muro,
sempre coi sassi oscillanti,
insicuri,
del cuore hanno schiuso le grate,
un canto osannante
e una vecchia canzone,
l'ingresso ha varcato,
una fresca boccata di vecchi ricordi
ha portato,
un piacere di gioie perdute
ha di nuovo donato.

8 Agosto 2002
(Ad Anfra)

Dalle brume del mattino,
un rintocco di campane,
lieve, dolce, serafino
all'udito giunge alfine.
Un lontano pianto s'ode,
un vagito ancor s'ascolta
d'una bimba assai speciale
che una mamma ha intenerito.
E attraverso gli anni giunge
una ninna nanna dolce
e una bimba ghiotta sugge
dalla puppa il latte antico.
S'addormenta alfin felice
nella culla dondolante,
e a suoi anni non ci pensa,
non si cura degli affanni
che la vita già riserva,
delle gioie che ognor regala,
dei dolori che ti porta.
Dorme, dorme quietamente,
con i suoi capelli neri
tra i cuscini profumati,
tra i sorrisi dei parenti.

Il migliore
Io sono il migliore.
Tutto attorno a me è limo,
fanghiglia
che il fiume trasporta verso il mare
e ammucchia ai bordi
di una scia cretosa,
una lingua confusa
che sfuma in mezzo al mare
e distingue il bene mio
dal male.
Io sono ai bordi,
ed il confuso ondeggiar della coscienza
m’accarezza i pensieri,
mi spinge al grande passo,
al leggiadro salto
che lo spirito libera nell’aria
e il corpo annulla
nell’incomposto miscuglio
d’ossa, di carne e d’anima
che poi s’invola
e spazia libera nel cielo
senza più il pressante dolore
del corpo infame e putrido,
dell’incostanza di questa maledetta ragione
che s’aggrappa agli scogli d’una vita inutile
che inizia con un pianto
e si esaurisce con un gran dolore.

The Freedom
Giochiamo con le parole:
equivoci di vocali e consonanti
che rimbalzano come palline di ping pong
sui tasti nascosti tra le pieghe del cervello,
che assommano sensazioni
e riproducono emozioni,
fugaci momenti di libertà interiore,
violente pulsioni incontrollate
che balbettano e poi sprigionano
eruzioni incomposte
di espressioni
che ci liberano dalla nostra schiavitù
incatenata nell'inconscio
dell'io represso.

Angoscia
Alle sette ogni dì,
quei rintocchi assillanti
che risveglian la gente,
che assordiscono quanti
han la notte passata,
sudata,
tra i cuscini a pensare
il rumore del mare
su una spiaggia lontana.

Quella riva pietrosa,
si riflette alla mente,
picchia in testa,
un languore regala
stancante.

E rivedi quel viso,
su un gradino seduto
che si chiede turbato,
del futuro,
oscurato.

E t'affoga d'angoscia
come un'onda immensa
di mare
che improvvisa sommerge
il pensiero
che travolge i ricordi,
scava dentro
in silenzio
t'avvolge
ti regala un sorriso,
un rimpianto,
un dolce languore che sale
che si scioglie, finisce
in un pianto.

Biancheggiando
Dormi, bambina dormi!
Non curarti dei miei affanni,
non soffrire
per le mie notti insonni
ad inseguire albi sfuggenti
e lividi mattini
affossato nel letto,
sui cuscini
che colgono i tormenti
e s'arrovellano
mentre il campanile suona l'ore
e sul muro si proiettano le cifre
d'un orologio che non trova pace.
Lo vedo,
lo vedo quel tuo velato amore,
l'avverto nel cuore della notte
quando il tuo viso mi compare
a tratti,
m'assalta all'improvviso
e sveglia in cuore
un sentimento che il tempo
non cancella,
che il tempo già conosce,
e che arrovella
la mia coscienza
d'un falso perbenismo
a cui il pudore
nulla regala più
se non solo il piacere
che a tratti saltella dallo schermo,
che dalle cuffie sfugge,
e gli occhi chiude
e l'illusione regala d'un abbraccio
solo virtuale,
ma la distanza colma,
e ci regala
le nuove sensazioni
d'un sogno proibito
e non celato
che sembra d'un tratto
vero,
realizzato.

Non ricordo
Non ricordo 'stasera
i baci impuri,
non ricordo carezze sul tuo corpo
scivolar con la mano bagnata
dell'angoscia,
non ricordo il tuo sorriso smorzato,
spento dal piacere
troppo tardi arrivato
a svegliare i tuoi sensi intorpiditi,
le tue voglie represse.
Non ricordo,
i tuoi sospiri interrotti,
l'ansare del petto
sul tuo ventre coi muscoli stirati,
il gorgoglio degli umori
umidi
e l'inarcarsi del tuo corpo
ad inseguire la mia spinta selvaggia.
Non ricordo 'stasera
le tue parole
appena sfuggenti dalle labbra,
quel tuo "basta, basta",
accorato che mi svegliava i sensi.
Ricordo solo il tuo inseguire
le fallaci illusioni
persa dietro un sogno impudìco
rimasto insoddisfatto
ed estinto.

L'astro fuggente
L'astro fuggente a sera,
mi abbaglia e mi colpisce,
l'iride mia ferisca
coi raggi suoi vermigli
filtrando in mezzo ai pini
d'un litorale stanco.

Tra gli ombrelloni arranco
m'insegue, mi circuisce,
sull'onda ancor beccheggia,
s'adagia e poi spumeggia.

L'astro fuggente a sera,
declina dietro i colli,
nel mare s'inabissa,
dietro le nubi scorre.

Poi schizza tra le sponde,
tinge i paesi a sera,
timida va sull'onde
il suon d'una preghiera.

Caos
Vuoto, vuoto,
i miei pensieri evacuati.
Stelle che si spengono
lune che non esistono.
Astri che girano nello spazio
fino a quando non si scontreranno
e non ci travolgeranno tutti.
Lo facciano in fretta,
le coordinate falliscano
la matematica s'ingarbugli,
le regole saltino.
Caos
é il grido ricorrente.
Si spalanchi il mondo,
si spezzi in due,
l'acqua del mare invada le montagne,
sommerga le coscienze,
affoghi l'infingardia del genere umano.
Quando ci sentiremo sommersi dal nostro liquame,
quando il puzzo ci spezzerà il passo
forse,
comprenderemo la nostra nullità
di esseri di un creato
che non merita di esistere.

Il critico
Non venirmi a dare lezioni di vita.
Chi sei tu
che giudichi i miei versi?
Ma cosa vuoi?
Che speri?
Che la storia ti cataloghi?
Vai, vai, corri,
chi ti ha eletto?
Ti sei seduto in cattedra
e sparli a proposito!
Ma chi ti ascolta?
Le tue parole non le capisco,
non mi interessano.
Il mio è un messaggio semplice,
univoco,
comprensibile ai più.
Verismo,
cubismo,
ermetismo,
simbolismo.
Ma che cazzo!
Lasciamo perdere gli "ismo".
Io scrivo per me,
mi diletto a pavoneggiarmi
con le mie frasi fatte.
Egocentrismo?
Ben venga se il fine
é sfogarmi da questo mondo
figlio del perbenismo borghese
e dell'apparire diversi di quello che si é.
Io sono io,
così come mi vedi!
Parlo a me stesso,
e mi capisco.
Cospargo il mondo delle mie verità,
le sole che io intenda
e che sono semplicemente vere.
Fingi tu se lo puoi
e dimmi se questo mondo
che gira come un folle
ha un suo traguardo preciso.

La danza dei cigni
L'ala dibatte
l'incertezza che avvolge
le giornate chiuse nell'otre:
l'eco s'espande, un cupo
sordido brontolio s'eléva
e un suono lento di campana
si sprigiona e poi si spegne,
com'eco di tuono
che lento all'orizzonte s'allontana.
Fermenta il passo,
ondeggia il pensiero,
barcolla e l'ali scrolla,
il collo tende
e strozzato uno schiamazzo
dalla gola sfugge
e l'incertezza ferma.
Nulla, il nulla
Nella mente cova,
frigge il cervello
ed il pensiero fugge,
invano cerca quel ristoro antico,
il canto lieve d'una ninna nanna,
una carezza scomparsa una mattina
sui pascoli remoti del Pollino.
Una parola dolce,
una certezza attorno a un desco
profumato di pane e di speranze,
uno sguardo e un richiamo da lontano
d'un colpo perduto in un abisso,
sui sentieri scoscesi dei tormenti,
delle responsabilità tutte arrivate
d'un colpo solo
a maciullare la vita e la ragione.
E nel confuso ondeggiare,
nella rincorsa verso il verde poggio
l'ala si spezza
e il passo si frantuma
nell'incertezza che i pensieri affanna
e la ragione tenebrosa rende.

Trepidazione
Cuore, oh cuore mio,
stupido cuore che ancora ti commuovi
ed albe chiari ridisegni
dall'angosciante paesaggio confuso
che ti preme in petto,
e siepi e rovi ammucchi,
contorte piante di lupini
il passo ti impedisce e ti confonde,
passi d'equilibrista
sulla fune proteso, ondeggi
e sbandi,
e l'asta inutilmente tendi
dal precipizio dove affondi
e schianti.
Cuore, oh mio infelice cuore,
avvezzo a misurare i sentimenti,
a turbarti per una vita sventurata
che s'accovaccia
e disperata si tormenta per un domani
privo d'ogni certezza,
e un'illusione insegue,
un sogno accarezzato
sui gradini di un borgo
assediato da lucciole remote,
disperse tra i ricordi, accatastati
tra tenerezze disciolte
per i vicoli erti e lontani
d'un paese ormai fuori dal cuore,
come l'affetto
c'ha spiccato il volo.
E nell'ansia,
che brulica di lontane carezze,
di tenerezze ricercate invano,
affoga la disperata rincorsa
ma spera, ancora,
che il sentiero, ripido e sassoso,
alfine,
dritto diventi e piano
e agevole al percorso.

Prigioniero
Prigioniero della luna,
la luna di tanti anni fa,
senza passeggiate
di uomini con scafandro,
senza mezzi semoventi
che ne sconvolgono il territorio,
senza bandierine piantate sulle rocce,
la nostra luna d'un tempo,
ammiccante ai nostri sorrisi,
che illuminava le nostre trasgressioni,
complice dei nostri baci,
che occultava nascondendosi
dietro una nuvola passeggera.
Quella luna sogno ogni tanto,
nelle mie serate solitarie
e mi dispero in silenzio.

Il tempo
Un passo insicuro,
la vista annebbiata,
il bastone appena sorregge
un corpo,
una mente malata.
A te chiede supporto,
tu sei giovane e bella,
a te tende la mano,
tu gli porgi un aiuto.

E' la vita che torna:
si rispecchia
su una pelle bianca e tirata,
lucente,
che sa anche di mare.

La strada attraversi,
lenta,
con passi smorzati.

Sorridi!

Sorridi e non pensi
La ruota che gira.
Io ti vedo silente,
con la pelle cadente,
con un sorriso smorzato,
con il tuo sguardo
che ormai più non vede,
non sa ormai più di niente.

Affanno
Ricerca affannosa,
formiche,
ombre fuggenti,
sconnesse,
annaspanti.
Sentieri nascosti,
scoscesi,
nel buio.
Granelli di sabbia,
all'esterno ammucchiati,
posati.
Pensieri,
inutili sogni
lasciati ai bordi di verde radure.
Attendere invano
che il giorno si spenga,
che l'alba, domani,
ritardi,
non venga.

Assuefazione
Come tutti gli amori,
l'amore viene e poi va.
Si sveglia un mattino
con un forte odor di caffè,
una voglia insistente
di te.
Lo sai che è sempre eccitante,
più di un caldo caffè,
ne prendi anzi tre,
così rimani ben sveglio,
la notte,
a pensare e sognare,
a costruire e tracciare
progetti di lunga portata,
progetti di giorni felici
che tali alla fine non sono,
anzi sono infelici
perché presto t'accorgi che il nuovo
è peggiore del vecchio
e ti stanchi,
ti sfianchi.
Le prime giornate,
il telefono squilla,
risquilla,
più volte in un giorno.
Poi quel dolce suono insistente
ad un tratto
diventa opprimente.
E tu stacchi la presa
per non stare a sentire
sempre le solite cose
che un tempo
t'empivano il cuore di gioia.
Ora quel suono assillante
ti stanca, ti sfianca,
anzi proprio t'annoia,
diventa infine stancante.

L'antimaestro
Cosa insegnar tu vuoi?
Nulla!
Guardati intorno:
é la natura muta che t'insegna.
Un volo di rondini mattutino,
che si conclude a sera:
la vita
che dura si costruisce
e si trasmette
dentro l'acqua che scivola
e disegna le sponde
e le copre di verdi umori
e d'alberi immensi le ricama.
Il sole che s'accende
e si spegne
e la vita scolora e ricolora,
sempre,
ed immutabilmente.
Fin che l'alba risplende
e si rinnova
la tua vita s'assottiglia
e strozza.

Biblioteca della Camera
Il pensiero
dormiente.
Il risveglio
impossibile.

Scarpate marine
Il pennellare
delle canne al vento,
sperse tra le rocce
di questa scarpata
che ripida al litorale scema,
i sensi mi inebria,
mi stordisce.
Pungono ancora la mia pelle
le rare infiorescenze
delle siepi di fichidindia al sole:
sensazioni risvegliano e pruriti
sopiti tra le gole
e le pendici del Dolcedorme
che dall'alto veglia
su una pianura che il Crati ridisegna
distendendo i colori
tra le piante verdi d'arancie
e di ginestre del color dell'oro
e l'ansia mia sommerge in questo mare
e quest'anima affoga
stanca ormai di vivere e penare.

Gabbiani
Planare silenti,
solcare lo spazio azzurrino,
lanciare un urlo incompreso,
neppure le ali frullare.
Il cielo con gli occhi abbracciare,
disegnare i più strani messaggi
e cercar di capire anche il senso
di questo infinito planare,
di questo illeggibile andare
in cerca di ciò che non torna,
in cerca di ciò che non trovi,
d'un porto
che stenta ad aprirti un'aurora,
a fornirti una luce lontana
che ti possa indicare la rotta
di questo folle cercare
approdi e lidi lontani
che mai tu non trovi,
che mai riposo ti danno,
che un senso d'angoscia
ti lasciano in cuore,
ormai privo d'amore.

Arcobaleno
Arcobaleno
che di fantasia colori sogni e ragione,
che le tue braccia tendi
e cielo e terra abbracci
e ti distendi,
che monti e mare
avvolgi e in cielo splendi
tra la fuliggine d'un dì
che mesto si scolora di neri nubi
e nel brumaio s'appanna
e la procella atterri.
Immobile t'osservo
e l'occhio tendo
gioioso al tuo brillare inquieto
mentre stendi nell'aria
il tuo iridato mantello
e la mia vita avvinci
e mi trasporti
sull'ali d'un pensiero che ritorna
negli occhi ingenui
d'un bimbo che s'incanta
e si commuove
della tua agonia.

Apprensione
Qui ho lasciato
un pezzo del mio cuore,
tra questo mare
che mormora e gorgoglia,
tra questi sassi
stanche d'aspettare
albe lucenti
che stentano a spuntare.
Lo strepito mi giunge
giù dalla marina,
ed un'angoscia m'assale,
mi distrugge,
pensando ad un amore già finito,
ad una pena che l'animo ha ferito.
L'ultimo raggio
disegna l'orizzonte,
la notte si distende oziosa in mare,
nel nulla si protende,
nel vuoto infinito della sera
mentre lenta la vita già si spegne,
pigra si sfalda, stanca si dispera.

A Ketty
Laggiù,
dove il crepuscolo
con le rare piante dei fichi si confonde,
laggiù,
dove i raggi del sole
tutto il dì l'esanime spoglia
ha carezzato, sotto le zolle
dove lei riposa,
laggiù,
volgo lo sguardo
oh, cara mia fedele amica,
che per quasi tre lustri m'hai seguito
e i passi miei hai contato,
ed ai miei piedi
tacita e cheta hai pigra riposato,
laggiù,
vola il pensiero
e mi dispero.
Laggiù,
dove le fitte erbacce
nascondono silenti il tuo riposo,
dove la biscia striscia
e l'occhio tende,
e la forcuta lingua nell'aria vibra
e sull'ignaro insetto si proietta,
l'affetto mio ti segue
e il cuore di emozioni freme,
ma la mia mente di dolore geme.

Vecchio albero
Il piede affondo
inavvertitamente
nel tronco tuo flaccido e vuoto.
Un brulicare di formiche rosse
la gamba m'assaltano
e scivolano impazzite
e le ganasce piantano impietose
sui lacci delle scarpe
e sulla pelle.
Ed io ripenso alla tua folta chioma,
agli uccelli festosi,
alle ghiandaie mariule
coi nidi pieni di cucchiai lucenti,
penso ai miei anni andati
ed ai tormenti,
ed alla vita mia che si consuma,
che indolente s'adagia e che ricerca
un'ombra antica
di cui rimane traccia
tra i contorti solchi del tuo ventre,
patria indiscussa di formiche rosse
e di silenzi.

Sulla spiaggia di Trebisacce
Ascolterò
ancora una volta con te
l'acqua che fruscia sui sassi
della spiaggia di Trebisacce.
Mi osserverai,
fermo su uno scoglio,
mentre assorbo gli odori del mare
e archivio in mente
il suono dell'onda
e l'urlo dei gabbiani.
E tu,
penserai al mio amore,
spererai nel domani.
E delle mie carezze conserverai
la dolcezza delle mani
che lisciano le tue,
scivolerai sulla mia epidermide morbida
e mi dirai di volermi bene
sussurrando:" Com'è liscia
la tua pelle"!
E chiuderai gli occhi
convinta che il tempo
alfine si è fermato.

Sobrietà
Alza il gomito ed ubriacati,
urla scomposto e sfogati:
l'alba diventa nera,
la notte già s'imbianca.
La bottiglia del vino è quasi vuota
il sorriso si dipinge sulle labbra,
vola la mente,
rincorre serenità perdute
l'oblio cerca
tra gli orridi del Dolcedorme,
tra le gole deserte del Pollino.
Ecco ora il sonno,
dolce accarezza i pensieri,
la testa s'abbandona sul cuscino
il vuoto s'impossessa del tuo cuore
e sogni,
sogni felice approdi mai raggiunti,
tranquillità rincorse e mai godute.

S'io fossi pazzo
Se davvero foss'io pazzo,
se il tuo sguardo
leggesse
fino in fondo al mio petto
le ambiguità del mio percorso.
Intuiresti la tempesta
che l'animo mia flagella.
che turbina con fragore nella mente,
che m'attira impietoso nei suoi gorghi,
che mi trascina nelle sue spirali,
che si disperdono insensibili nel nulla
e sfumano incostanti tra le nubi
confondendosi inquiete
tra le vette dei cipressi solitari
che s'agitano scomposti
nel silenzio d'una notte morta.
S'io fossi pazzo
capirei che il tuo amore
forse non esiste
e non è mai sbocciato.

Raccoglitori di fiori
Ti ruberanno l'anima
perché tu non conosci i ladri
e pensi siano
raccoglitori di fiori
che si svegliano presto al mattino
per recidere gelsomini.
E annuserai le loro mani
profumate,
ascolterai le loro voci
smaliziate,
e penserai che i loro cuori
siano puri.
Loro tesseranno
solo inganni
che tu scambierai
per amore.

Piaceri
Freme la bocca tua,
restituisce sensazioni gioiose
alle mie carezze,
ed io colgo
il lieve vibrar del corpo tuo,
osservo le tue labbra appena socchiuse,
secche di piacere,
che disegnano l'appagamento interiore
che ti pervade,
che si distendono e soffrono,
che si dilatano delicatamente
mentre ti restituisco un bacio impudico
e sensuale,
che si disperde nel silenzio
d'una notte senza luna.
E tu immagini una vita diversa,
mi inondi di domande,
mi sommergi di "perché",
mi solleciti risposte
su un futuro diverso a cui aspiri
e che non riesco a prometterti,
mentre nella tua mente
matura la convinzione
di un sogno che si spezza,
di una fine che si avvicina,
e l'inizio di un percorso nuovo
che non conosci.

Nei dintorni di Civita
Sono certo
che la mia vita
finirà qui,
tra queste brulle montagne
che ornano
il borgo di Civita.
Gusteranno prima
l'odore della ginestra nuova
e delle prime viole
che ornano i poggi,
ed il brullo paesaggio,
dove fichi e fichidindia
troneggiano,
mi assorbirà i sensi
e mi ruberà l'anima.

La riscoperta di Dio
Quando questo globo
si spaccherà all'improvviso
e tutte le nostre certezze
diventeranno paure,
instabile equilibrio interiore,
fuga, incertezza,
crolleranno le nostre sicurezze,
le nostre arroganze,
e tutti saremo uguali
di fronte alla nostra angoscia,
alla nostra impotenza.
Forse Dio riemergerà
dal ripostiglio dove l'abbiamo chiuso,
il Dio che è in noi,
non quello che vola
come foglie impazzite
sulla bocca dei preti, dei pope, dei rabini
o di altri imbonitori
incappucciati in paramenti ridicoli,
ma quello autentico
che ci fa riscoprire l'altro,
il prossimo,
questa entità astratta più volte usata a sproposito
nei nostri soliloqui inconcludenti.
Riscopriremo l'altro,
specchiato in noi stessi,
nella nostra impotenza
davanti alle forze della natura,
e le nostre ricchezze,
la nostra potenza,
la nostra tracotanza,
la nostra pochezza,
si scioglierà nella consapevolezza
di essere nulla!

Cosa resterà
Cosa resterà di questo amore?
Solo spuma sulla sabbia
che frizza e defluisce
e si confonde con l'ambiguo
scorrere dei giorni,
con la ricerca vana
d'obliare un amore che ritorna
quando i contorti contesti
della fuga da un mondo che t'opprime
ti ripresentano analogie
e sconnesse condizioni d'esistere
e di vita.
Cosa resterà di questa speranza,
tenacemente costruita con passione,
soppiantando un affetto non corrisposto
ma ancora vivo?
Cosa resterà di questi giorni
chiassosi,
collerici,
gioiosi,
euforici?
Solo il tempo,
trascorso in solitudine e sconforto,
allieterà i rimpianti,
addolcirà le lunghe serate
consumate davanti ad uno schermo
a leggere i ricordi,
fogli volanti di poesie,
ad osservare foto briose,
sorrisi immutabili,
colori sempre vivi
di marine e di brulle colline,
ed il pianto del cuore
che ti assalirà
e ti farà sognare la morte,
che continuerà ad ignorarti
e ti farà pesare la vita.

All'alba
All'alba
il mio pensier
vola e s'invola,
scivola tra i cuscini
e si dispera,
sonno non trova
ne riposo alcuno,
approdi sogna
a cui il mio cuore tende,
sussurra frasi
ed armonie costruisce
nel buio d'una stanza inospitale
dove la scarsa luce
appena filtra
e le pupille dilata
e appesantisce.

Dov'è il tuo amore
Dov'è il tuo amore,
pellegrina nell'anima
e nei sensi?
A chi tu contrabbandi
quel languore
che la sera t'assale
e ti riporta i sogni d'un affetto
che invano ricerchi
in terre sconosciute
quando abbondante tra le mani serri?
Infingardo mio amore,
oh, mia infedele schiava
della tua libertà mai posseduta,
oh, mio languido delirio,
che invano ricerchi
sensazioni e calori
sbalzando da sogno in sogno,
da illusioni
ad abbaglio della mente confusa,
a turbamenti.
Ritrova, sui percorsi antichi,
il passo lieve dei tuoi freschi anni,
leggi nei tracciati del cuore
l'anelito che nell'età innocente
avvampava di speranze il lento andare
delle nuove stagioni,
che gustavi
tra i fiori dei peschi già sbocciati
ed i sentieri del tuo germogliare.
Torna alla fonte antica,
rinverdisci il tuo cuore di emozioni,
ritrova le illusioni,
ricoltiva e concima,
con l'ardore di chi te li regala,
questo tuo cuore arido e insecchito
che insegue la brama del proibito,
che vuol spezzare certe inibizioni
con la vendetta che ti cova in petto,
che affoga i sogni tuoi,
che tutto annulla,
che annienta anche l'ultima possibilità
d'un vacillante affetto.

Libertà,
Libertà,
quanto mi costi e pesi,
m'angusti nel ristretto del mio cuore,
m'opprimi
e sensazioni mi regali
di voli astrali
sui mari dell'incoscio
dove le repressioni son reali,
dove le sensazioni
nascono e si confondono
coi sogni
che al mattino si disperdono
col le rade nebbie
che invadono le valli
della coscienza e delle inibizioni.
Libertà,
che sempre mi regali
sogni ed immagini reali
di poter correre sui viali del vietato,
di poter cogliere fiori selvaggi
e vite innocenti recidere
e archiviare
nella memoria stanca
che m'opprime.
Libertà,
angusta espressione
che il cuore mi pervade,
che di sogni farcisci la coscienza,
che la pelle frusciando m'accarezzi
e mi regali i sogni del proibito,
di poter correre scalzo sopra i vetri,
di poter saziare la mia sete
con l'acqua pura della trasgressione,
con il furore dell'adrenalina
che il sangue invade
e libera lo spirito dai conformismi,
dai falsi pudori
che la coscienza frena
e l'intelletto eternamente opprime.

Primavera 2007
Dal ramo stroncato
gocce di linfa nuova
hanno irrorato
il prato.

Quel diavolo
Quel diavolo che m'infuoca dentro
e perversioni e inganni
intreccia in petto,
sensazioni malvagie e repressioni
libera dall'inconscio
e le catene spezza
e polverizza tutto.
L'animo vola libero
e insegue ardenti passioni
e inibizioni disperde al vento,
sicchè, sgombro il pensiero
dalle pesanti oppressioni
dei conformismi infami,
la libido scatena
e i dolci sensi infiamma
d'un amor ritrovato,
inaspettatamente,
per le strade d'un mondo
vagheggiato al ritorno
di primordiali lussurie
mai scomposte
che si ritrovano avvinte
ad un'anima in pena
che agonizza
e che l'amore dentro il petto
strozza.

Compleanno
Il fragore del tappo
del Martini
rimbalza
sulle sponde dei miei anni
che si accumulano
come vecchi stracci
non utilizzati
perché stretti,
perché larghi,
perché vecchi,
perché fuori moda.

Solo una voce dal Salento
mi accompagna e mi diletta
in questa vuota giornata,
e m'infonde vita e coraggio:
una voce fresca negli anni,
sbucata magicamente
come una primavera tardiva
dal mare del web,
a riempire la solitudine
d'una giornata particolare
desolatamente vuota
senza il suo augurio,
improvvisamente briosa
e spumeggiante d'affetto
grazie alla sua voce.
Ad Angela (Anfra)

Solitudine
Io e la mia ombra,
abbracciati
in un amplesso lussurioso,
sprizziamo piaceri
di disperazione
che si disperdono
sui ricami delle piastrelle
della camera,
decorati di calici vuoti
e di fiori solitari.

Età
Non so questa mia carne,
ancora soda e liscia
quanto resisterà al tempo.
Non voglio immaginare
la pelle flaccida e cadente,
le rughe sul volto
e gli occhi lacrimosi e spenti.
E ancora m'aggrappo agli scogli
della mia giovinezza passata
e resisto alla spinta del tempo,
all'abbraccio dell'età che avanza
che vorrebbe trascinarmi
nel vortice dei senza tempo
e dei senza desideri.

Perbenismo
Scheletri negli armadi
che s'affacciano
a beffeggiare
le tue sicurezze ostentate,
confuse immagini
di pulizia interiore
che rimbalzano come palle
sulle sponde d'un vecchio biliardo,
con il panno usurato
e liso in più parti.

Un pizzico di cuore
Se non puoi darmi
il tuo amore,
dammi un pizzico del tuo cuore
avvolto in una carta trasparente
affinché io lo veda
battere e palpitare
tutte le volte
che la tristezza m'assale.

Ti chiamavo piccola
Ti chiamavo, piccola mia,
e sentivo il tuo sorriso di compiacimento
schizzare fuori dalla cornetta del telefono.
Piccola mia,
sussurravo, mentre la voce s'addolciva
e mi faceva scordare i miei anni.
L'amore, oh! l'amore
quando gli anni pesano
e ti ricordano che non sei più bambino!
Ma c'è un'età per l'amore?
Vi può essere una statistica per l'affetto
ed indicare qual'è il periodo giusto della vita
per poter sussurrare. "Amore"?
I miei capelli che neri non sono più,
ma ancora neppure bianchi,
mi ricordano che il tempo é passato.
Ma io non mi sono accorto d'essere cresciuto,
non mi sono accorto d'aver amato altre volte,
mi accorgo che ancora oggi
riesco nuovamente ad amare.

Via Aurelio Saffi
                         (Grosseto)
Una panchina,
pigra distende al sole
le sue braccia stanche
e il verde scolorito,
di un paio d'aiuole artificiali,
l'adornano silenti
tra il trambusto pesante
che la soffoca
e la fascia incessante,
a ogni istante.

Qualche passante frettoloso
uno sguardo mi butta
indifferente
e un'auto in corsa
sferragliando mi sfiora
e si inabissa
per le strette viuzze
del quartiere
e par m'ignori.

Sol'io rimango estraneo,
insensibile a tutto,
alieno a ogni cosa,
apatico finanche al boccio
d'una rosa che già s'affaccia
al mondo
e par sorrida dalla rada
fila degli arbusti
della scarnita siepe
che m'abbraccia.

Mentre la penna mia
schizza la carta,
ricama sopra un foglio
i miei pensieri,
la mia mente
impassibile si stende,
in questa quiete innaturale,
tra la gente chiassosa
ed il rombo intenso dei motori,
e nel silenzio volteggia indifferente.

Nebbia mattutina
Le basse nebbie
offuscano la cima;
sugli irti poggi
biancheggia anche la brina,
densa una lacrima
gocciola da un pino,
e il sole un carezza dona
al cervo che sui grotti
la scarsa erbetta
con prudenza bruca.
Fuma sui prati
lo sterco accumulato
e un aspro odore
inonda la campagna
mentre lontana
un lieve suono sparge,
dalla torre del borgo
una campana.

San Valentino
Incrociare
per un attimo
le vie contorte del destino
e soccombere
su un sorriso appassito
che nasconde voglie e desideri repressi,
che vorrebbe regalare amplessi
e ritrovarsi donna,
di nuovo,
dopo anni d'attesa
struggendosi per un amore logorato
e che d'un tratto s'affaccia,
con i capelli un po' radi e brizzolati,
a regalarti un sorriso
e a rinnovarti un amore
che più non speravi.

Quegli occhi persi nel buio,
abbandonati su un cuscino
a sognare una carezza maliziosa
che scivola su un pube
che ricorda amplessi ed eccitazioni
che si risvegliano
nel buio di una stanza
su un letto a due piazze
abbandonato all'immobilità di un corpo
rassegnato al silenzio.

Ritrovare all'improvviso se stessa,
la propria sessualità,
repressa da una preghiera sommessa
e dall'ombra del peccato,
e riscoprire le vibrazioni del corpo
che s'agitano dietro una carezza impudica
e morbosa
che scivola sui seni
e si ferma sui capezzoli turgidi di passione
e di libido.

Ecco la propria vita ritrovata
e l'amore che ritorna
a rinnovare i sorrisi perduti
e ricordare che la passione e l'eros
non conoscono età,
non possono essere logorati dal tempo
e neppure dal peso degli anni.

All'amica maltrattata
Una persiana ti separa dal mondo,
lacrime di pioggia sugli amorini rotti
e nei tuoi occhi.
Oltre il silenzio della sera
rancori mai cancellati.
Mi dicesti: "neppure il perdono".
Un vecchia bottiglia
giace ancora nascosta in un armadio:
"un goccio prima d'affrontare il mostro
dà coraggio" - mi raccontavi.
Mi parli di te,
del tuo passato che non puoi scordare
e che t'opprime.
Sogni un rapporto felice
per ripartire dai tuoi sedicianni bruciati
da un amore mai conosciuto,
che attendi ancora a cinquantanni suonati.
Le tue parole scorrono
come un fiume tranquillo
nonostante le piene passate
che t'hanno corroso l'animo.
Eppure regali ancora un tenero sorriso,
una parola senza alterarti, senza abbuiarti.
Nella stasi della sera che arriva
la tua voce s'accompagna al silenzio
e fa addolcire l'anima.

Mimose
Un mare di mimosa
m'accarezza!
Tra il verde intenso
che allaga la campagna
il vento dolcemente
la sua brezza
i capelli scompone
e mi delizia.

San Vincenzo
Oggi
l'onda ha accarezzato
la sabbia
nella darsena in costruzione.
L'urlo dei gabbiani
inseguiva
il rumore dei cingoli
e degli escavatori.
Due bimbe
scherzavano col tepore
d'un sole impazzito
che non conosce stagione.

Bolgheri
I "giganti giovinetti"
m'hanno porto un saluto
mentre i rosignoli
fischiettavano tra le folte chiome
che qualche rara ruggine
deturpava.

Alti e sommessi
indicavano il silenzio
mentre i rami coprivano
il vate che riposava
appoggiato su un tronco.

Nonna Lucia,
ripeteva le frasi d'un tempo
sulla soglia d'un forno affumicato.

E rideva delle strane fobie
d'un nipote che scriveva i suoi versi
sull'incarto del pane.

Anche il vecchio cimitero taceva:
Da tempo le putride fiamme
non spaventavano più il passeggero
e le rare croci
non contrassegnavano i morti
già dissolti.

Solo il vecchio custode
continuava con la sua litania
a declamare un salmo
che nessuno intendeva.

Salento
Terra rossa,
borotalco d'amore
d'una infanzia
che non aveva nulla.
Acqua stagnante
in cisterne antiche
dove gli occhi dondolavano
fantasticando
insieme alla luna.
Tratturi e sentieri nel tufo
costruiti dalle ruote dei birocci,
dove mi perdevo
su biciclette antiche
nella calura estiva.
Odor di tabacco
nei capannoni ad asciugare
e sapore di lattughe
e meloncelli appena raccolti.
Nostalgie per il chiocciar d'una gallina
e per l'abbaiar d'un cane
lontano
che ripete il suo lamento
prigioniero in un sogno.

Una storia d'amore
Una storia d'amore,
una tra tante,
forse più dolce,
forse più intensa,
tardi vissuta,
non ricambiata,
senza traguardi.

Una storia d'amore,
neve caduta,
neve ammucchiata,
neve disciolta,
neve svanita.

Una storia d'amore,
solo vissuta,
solo creduta,
nata finita.

Incertezze
Ti rubo due parole,
la sera,
e l'orologio guardo:
il tempo scorre.
Scorre,
e fermarlo vorrei
ma non lo posso.
Parole,
ascolto parole
che scorrono veloci:
risposte cerco
all'agitare inconsulto delle note
che dentro vibrano incessanti.
Risposto voglio,
ma nessun segnale
giunge
a dar risposte ai dubbi,
alle incertezze,
che come canne al vento
s'agitano,
s'intrecciano,
intensamente si confondono
e s'abbracciano.
E nel confuso rincorrersi
delle speranze spente
si sgomenta quel bimbo incerto
che nell'animo vacilla.

Sordità
Solo il ronzio del motore
e la rabbia in cuore
mi arrovellano i pensieri
mentre macino chilometri sotto la pioggia.
Tardi il sole appare
ed illumina appena gli Alburni,
(dove spesi alcuni giorni
della mia primavera remota
e dove seminai un bacio
disperso dal tempo),
ma il mio cuore
frigna rancore e amarezza
e lascia il tuo urlo accorato
rinchiuso in un contenitore
ovattato.
E tu mi chiami e mi invochi!
Ed io sordo,
con la presunzione
della mia cieca ragione,
ti lascio scuotere le sbarre
e mortifico il tuo richiamo angosciato
che rimbalza sulle pareti di un cuore arido
che parla d'amore e semina rancore.

Rom
Noi siamo come gli uccelli
e voliamo su tutti i cieli,
come i camosci saltiamo,
liberi,
scorrazzando sulle Alpi,
noi non conosciamo confini.
La nostra patria è il mondo,
il filo spinato non ci ferma,
neppure il mare ci spaventa.
Le Colonne d'Ercole
noi le abbiamo superate
prima che gli altri popoli
le scoprissero.
Hanno cercato di fermarci,
nei campi di sterminio chiusi,
nei forni crematori ci hanno polverizzati,
ma noi esistiamo ancora,
oggi.
Noi continuiamo a volare
come gli uccelli nel cielo,
continuiamo a scorrere
instancabili sulle Alpi
e nessuno potrà bloccare,
mai,
la nostra fame di libertà.

L'uomo dalla barba incolta
Giudeo fu il nome,
nulla di divino lui pensava
solo una testimonianza difficile,
impossibile portava:
l'amore.

Divise gli stracci
e setacciò nell'infinito del cuore
le parole che la liturgia
avrebbe ingolfato di fronzoli
e paramenti burleschi.

Occhi di fuoco
lampeggiavano nel buio delle coscienze.
Lui portò la luce del perdono.
Seminò parole
che dopo due millenni
non hanno ancora dato frutto.

Parole difficili
in un mondo oltraggiato dalla guerra:
fratello chiamò il negro e il giallo,
prossimo chi viaggiava
a piedi scalzi sulle dune dei deserti.

- Prossimo? -, si chiese il ricco
e rise di gusto.
- Prossimo? - si chiese il povero
ma non aveva nulla da donare o regalare.

E il miscredente partì lasciando i suoi pochi beni
si mischiò in mezzo alle folle dei diseredati
e lo trovò il prossimo.
Ma che scelta difficile.
E fu il solo.

Quest'amore che m'avvampa
Quest'amore che m'avvampa in cuore
a te io lo regalo, amore mio,
coglilo tutto
non farlo insecchire,
non sprecare questa gioia
che t'appartiene,
alle ortiche, amore, non buttare
queste emozioni che solo tu sai dare.
Di certo tu ti chiedi,
già altre volte
hai ripetuto ad altre
questi accenti.
Ma oggi, amor mio,
sei tu a crearli,
sei tu che mi combatti dentro il petto.
Cullali nel tuo cuor,
falli sbocciare,
dai quella linfa che li fan fiorire,
che li fanno crescere e gioire.
Dissetati di questo amore stanco
che ti regalo com'acqua di fonte,
fresca e genuina,
che dal petto sgorga
che ti inonda la mente
e ti rinfresca,
indietro ti riporta nei tuoi anni
quando le gioie
ti sbocciavan gaie,
quando le notti non passavan mai,
quando i giorni ti scorrevan lieti.
Vicino a te io sono
e ti riporto felicità appassite,
tutte le notti buie
io ti cancello,
albe serene voglio regalarti.
Voglio che tu rimuovi
dalla mente,
le tristezze e l'ansie del passato,
alla tua giovinezza ritrovata
voglio donare
tutto quel che hai perso,
quello che tu hai rincorso
sterilmente
io voglio donarlo a te
fruttuosamente.
Questa felicità che mi devasta,
che in petto mille timori mi costruisce,
falla durare,
non farla morire per un dubbio,
per un verbo male interpretato.
Un altro giorno passa,
in cuore sboccia
quest'amore che tutto t'appartiene
ridammelo così, fresco e pulito,
e la tua mano nella mia deponi,
vola nel tempo
sui pascoli dorati
dei tuoi vent'anni,
oggi, ritrovati.

Quel livido
Quel livido, se mi scompare,
via porta l'odore del mare,
cancella un affetto donato
distrugge un bacio rubato.

Quel livido ancora accarezzo
è un dono dolce che apprezzo
un segno d'affetto profondo
d'un bene perduto, giocondo.

Quel livido ricorda un rapporto
donato, durante un trasporto,
che lascia un sapore di amore
nel corpo, di dolce languore,

che resta profondo nel seno,
che bussa, che mai viene meno;
che scivola dolce nel sangue,
che vibra, ondeggia, non langue.

Quel livido resiste in eterno,
sobbalza dentro lo sterno,
lo scuote le manda un segnale
d'amore, che dura, che vale.

Un livido
M'è rimasto sulla pelle
un livido del suo amore.
L'ho guardato stamani
ed accarezzato
e per un attimo ho provato
un dolce dolore
che mi ha intenerito
l'anima.

Questa umanità
Questa umanità
che mi guarda dagli schermi TV,
alienata, estraniata, vinta,
ma che trova la forza di sorridere
mentre ha dentro la disperazione.
Questa umanità
mi fa comprendere
quanto la mia vita sia inutile,
vissuta solo per guardare e commiserare
sotto utilizzata per aiutare gli altri.
Il mio prossimo soffre,
ha bisogno di me,
ed io cosa faccio?
Niente, non faccio niente,
mi caco addosso
con le mie elucubrazioni lamentose,
con i miei piagnistei inutili
invece di muovermi, agire,
invece di riempire la mia casa
di questo mio prossimo sofferente,
che vive al freddo sotto i ponti,
nelle vecchie macchine abbandonate,
sui treni fermi nelle stazioni;
che non ha nulla da mangiare,
che non sa come lavarsi, come vestirsi.
Me ne sto qui, al caldo della mia stufa,
ad ingozzarmi di noccioline,
a smorzare con del buon vino la mia sete
mentre gli altri patiscono la fame,
soffrono la solitudine
ed hanno anche la forza di sorridere.
Ecco, ora so qual è la mia strada:
saprò imboccarla?

Paludi
Stamani il sole brilla,
fuori,
ma non dentro di me.
Nel mio cuore
scivolano i bassi nembi
della nebbia
che inondano le paludi
nelle giornate d'autunno.
Guazzo
nel silenzio delle mie incertezze
e mi confondo tra i canneti
di questo fiume d'amore
che nessuno vede
e che si sparge
per i rigagnoli
di un delta senza orizzonti.

Morte, morte
Oh morte, morte infingarda,
che i pensieri accarezzi
e mi regali tranquillità
e ristoro,
che mi trasporti su vette solitarie
dove solo gli sterpi ed i macigni
al sole se ne stanno
a intorpidire,
per un attimo cogli la mia voce
e l'afflusso del sangue
blocca al cuore
sì che l'ultimo raggio mi accarezzi
e dia riposo alla pesante pena
che il petto opprime
e l'anima addolora.
Vieni dolce ristoro
che azzeri tutto il mal che regna al mondo,
vieni droga indolore
che offuschi la coscienza
ed al pensiero doni
quella pace negata
in questo regno di pene e di conflitti
dove l'indifferenza per chi soffre
regna sovrana
e scava dolorosi rancori
ed ansie
che nessuno riesce mai a smorzare.
Vieni cara compagna
che da sempre mi guidi
e che mi sfuggi,
vieni serena e abbraccia
questa mente
e spegni i suoi dolori,
tronca i suoi tristi versi.

Limbo
Perché la vita
mi presenta sempre gli aspetti più neri,
perché le dolci sensazioni
si trasformano in pena e dolore?
Quasi un Creso moderno,
non oro genero,
ma piombo.
Piombo che appesantisce il petto,
piombo che affonda il cervello,
piombo che annulla me stesso.
Ed il peso del mio dolore
mi sprofonda
in un limbo che m'avvolge
e mi tormenta.

Le parole del cuore
E' il tuo cuore che mi parla,
che mi invia segnali nuovi
e tenerezze dolcissime,
che genera passioni che rifioriscono
e che danno un senso nuovo
alla mia vita.

E' il tuo animo che mi confonde,
che m'inebria di sensazioni nuove,
già un tempo provate,
che erano confuse all'odore del sesso
e della pelle eccitata.

E solo l'intensità del pensiero
che mi lega a te,
che mi fa sbocciare la tenerezza che provo.

Non m'interessa il tuo corpo,
pur piacevole nelle sue vibrazioni,
nelle sue emanazioni di delicato piacere;
mi interessa il desiderio d'affetto
che traspare dalle tue parole,
che sgorga dai tuoi occhi,
che comunichi e regali
con il tuo dolore,
con la tua confusa condizione
di donna vinta,
di donna a cui è stato negato
l'amore vero
che io ho dentro,
che potrei donarti,
che tu non vedi,
e che sta diventando spazzatura
che si sparge per le strade del mondo.

Incertezza
Nell'opprimente silenzio della sera,
mentre da lungi giungono i rintocchi
d'un vespro che più non m'appartiene,
inquieto indugio sui tasti
e scruto intensamente
le lettere che a tratti
sullo schermo dispongo
e in fila allineo.
Parole, costruite
senza un senso preciso,
alla rinfusa,
che ricerco per ingannar l'attesa
d'una voce lontana
che mi allieti
e cancelli d'un colpo
la tristezza
che nel silenzio del petto
ormai ristagna.
Ma lo squillo ritarda
ed impaziente,
egoista prototipo di umano,
non penso ai turbamenti
che un altr'animo affliggono
a momenti.
E me ne resto, con gli occhi socchiusi,
ad ondeggiar sulla poltrona
e lo sguardo faccio correre lontano
per quelle strade
dove s'aggira sola
con nel cuore la pena e l'incertezza,
con il pianto che già gli occhi le annebbia
che le toglie il vigore e la speranza,
che le spezza del poi ogni certezza.

Ebbrezza
Non provo vergogna,
neppure rancor con me stesso,
lo sguardo nell'anima getto,
vi trovo dei pascoli verdi,
e fiori di campo, ginestre,
e il sole che illumina e splende.
E vedo un bambino incantato
che ancora crede all'amore,
che vive di sogni
che spera in una dolce carezza
che età non conosce,
che ancora s'illude
si possa donar tenerezza
anche quando le rughe
invadono il corpo,
anche quando gli anni
sembran pesare,
picchiare la mente.
Non provo stanchezza,
ma forse sfiducia,
un certo sconforto
verso chi mostra un animo spoglio,
invecchiato anzitempo,
che sta rinnegando la vita,
che ha messo a tacere l'affetto,
che il sentimento ha inumato,
che più non coglie i segnali del cuore
che ha rinunciato all'amore.

Delirio
Non provo vergogna,
neppure rancor con me stesso,
lo sguardo nell'anima getto,
vi trovo dei pascoli verdi,
e fiori di campo, ginestre,
e il sole che illumina e splende.
E vedo un bambino incantato
che ancora crede all'amore,
che vive di sogni
che spera in una dolce carezza
che età non conosce,
che ancora s'illude
si possa donar tenerezza
anche quando le rughe
invadono il corpo,
anche quando gli anni
sembran pesare,
picchiare la mente.
Non provo stanchezza,
ma forse sfiducia,
un certo sconforto
verso chi mostra un animo spoglio,
invecchiato anzitempo,
che sta rinnegando la vita,
che ha messo a tacere l'affetto,
che il sentimento ha inumato,
che più non coglie i segnali del cuore
che ha rinunciato all'amore.

Sussidiarietà
Se la cicoria
è l'unico elemento
di compensazione,
la sola,
possibile,
unica sostanza
che alimenta
i desideri insoddisfatti,
vai,
ricerca,
osserva,
cataloga,
archivia,
affinché il desiderio
rimanga un mantice
che soffi sul fuoco
emozioni,
gioie,
e restituisca
nella danza delle ore
quello che s'è perso
o che non si è
mai
posseduto.

Odo al centro
Odo al centro
l'indefinibile attrito
che segnali invia alla mente
che coglie, elabora, trasforma.

Filamenti invisibili,
inseguo:
le immagini trasformano
il bello,
il dolce,
l'impossibile,
in sensi unici,
indecifrabili.

Solo uno è il tracciato,
uno
è l'impietoso messaggio
che si sviluppa,
che non ha corrispondenze
e ritorna impassibile
a restituire emozioni
discrepanti
e solitarie.

Dal dolore, la poesia
Se dal dolore
sgorgano dolci versi,
e l'animo si colma di passione
e i sentimenti schizzano ruggenti,
vieni dolore intenso,
vieni
e l'animo mio pervadi,
la mente annega
in una coltre pesante di languore,
sì che la mano
scorra
e sopra un foglio
le sue emozioni incida
e scopra al mondo.
Colpisci la mia coscienza,
ignoto portator di patimenti,
frusta l'animo mio
ed il contorto rovistar
fra le intenzioni
che deformano i pensieri
e una spirale immonda
partorisce,
sì che l'intelletto
segua orme ingannevoli
e confuse.
Ma dall'ambiguo pensar
sgorga la rima giusta
che il dolore annienta dalle membra
e soavi emozioni ci regala
che addolciscono la spirale del male
e affogano l'inquietitudine del cuore.

D'un tratto
D'un tratto lo specchio
m'appare,
mi guarda un'immagine stanca,
l'aspetto abbastanza scorato,
abbuiato,
gli occhi persi nel vuoto.
Rincorrono un viso lontano,
un lieve sorriso
che sfuma,
un saluto felice,
una stretta di mano
di cui non ricordo
nemmeno il calore,
un amore
svanito nel nulla,
smarrito per strada
ma fresco nel cuore.
Oh, giorni miei andati,
invano cercati,
momenti di gioia sognati
durante un rapporto di sesso
che spesso
pensavi
d'avere con chi
ti riempiva la mente;
rapporto ingannato,
amore rubato
col cuore gettato lontano
su un lembo di mare
dove ancora galleggia
un lieve promessa,
un dì dichiarata
ma dopo scordata.

Carpe diem
Raccogli,
ora,
questo fiore,
anima mia,
ora che il suo profumo
è intenso
ed i colori smaglianti.

Non fare appassire
le foglie,
mia dolcezza,
sì che rimangano solo le spine
ad ostentare le sembianze sgradite
della sua decadente bellezza.

Cogli i migliori attimi
della sua vitalità,
del suo vigore,
non gettare al vento
le fuggevoli dolcezze che regala.

La vita è breve
e l'ombra nera
raccoglie i sospiri inespressi
e copre col suo spettrale mantello
il bene che non è stato colto
quando il destino
l'aveva concesso.

Caligine
Mi rotolo tra le coperte
in cerca d'un abbraccio
che riesca a sciogliere
questa tristezza
che m'avvolge,
questo vuoto
che mi tormenta.
Il sudore schiuma sulla pelle
per un pensiero che m'arrovella
e non riesco a dare risposte
ai dubbi che mi tormentano.
Incomposto
scopro il petto
in cerca d'una aria pulita
e frizzante,
che non trovo.
Le mie incertezze
si confondono con le ansie lontane
che tormentano un cuore
prigioniero di angosce subite
e che ignora la mia passione
e la mia capacità
di far dimenticare.

Apprensione
Potrebbe essere più facile
s'è fosse solo un'avventura.
Avere la forza di fingere,
d'illudere un cuore
per un amplesso rubato,
per una carezza carpita,
per una nuova delusione creata.
Ma la coscienza
mi si rivolterebbe disgustata,
lo specchio mi insulterebbe,
ed anche la mia ombra
si staccherebbe dal mio corpo
e mi lascerebbe solo.
Amo questi momenti
che mi stanno riempiendo di gioia,
sembro una canna al vento,
sbattuta e flessa,
m'agito inconsulto
e soffro se la voce
non giunge puntuale
a sussurrarmi qualche parola
che mi sollevi.
Ti interrogo,
ti chiedo i segreti dell'anima,
ti turbo con le mie domande,
con la mia necessità
di sentirmi sussurrare parole scontate,
(forse simulate?)
nell'affannosa ansia di legarti a me
sempre di più,
di comunicarti queste mie necessità
che m'assillano,
che forse t'assillano,
ma che per me sono ossigeno puro
che mi danno la forza di esistere.

Apatia
Scivolo sempre più giù,
olio e sapone
sotto i miei passi.
Ondeggio
come una canna;
sbuffo come
un vecchio in salita.
Sensazioni spiacevoli
di noia serpeggiano;
stanco m'appoggio
su un decadente muretto
che mi frana,
che il sostegno mi nega,
ogni certezza mi cancella.
Nell'astrattezza d'una giornata
pigra e bigia
m'abbandona la ragione
e i sensi mi disperde
in una selva
dove le scarse orme
si perdono col confuso del fogliame
e con il buio profondo
che m'avvolge.

Acqua pura
Dai fianchi d'una montagna
che ti guarda e ti protegge
sgorga,
lenta e frizzante,
l'acqua del mio tormento.
Se quest'amore
che fa germogliare
questa dolcezza nuova
nel cuore,
produce solo tristezza
e malessere cupo,
meglio confondersi
con la neve che a breve
imbiancherà le sue cime
e coprirà i suoi desolati pascoli.
Il cicaleccio leggero
dei suoi ruscelli
sono acqua pura
che non deliziano
ne il mio animo
e neppure la mia gola.

Abulia
Occhio
Per la stanza giro,
melliflui ozi
agogno
e il riposo dell'anima
e dei sensi inseguo,
avvinto
ad una ipocrita
giornata
che non mi appartiene.

Il mare
Mi hai insegnato
a leggere tra le pieghe dell'onda
il crepuscolo della luna
che ancheggia, civettuola,
che invitanti richiami
lancia al cuore sognante
che traguarda orizzonti sconosciuti,
e sogna viaggi impossibili,
approdi di pace
dove i cortei più non innalzano
cartelli inneggianti all'odio,
alla vendetta, alla morte.
La vita, la vita,
tu mi hai regalato, hai regalato,
a noi, increduli,
ed hai cullato nel tuo abbraccio,
profondo, immenso, tenebroso,
i tesori del bene e del male,
che gli umani cercano,
invano,
rincorrendo le mostruosità dell'apparire,
la magnificenza del possedere,
la riottosità del non ascoltare,
la presunzione del tutto sapere.
E nulla, nulla,
io, noi, sappiamo.
anche riempissimo la testa
di tutte le nozioni del creato
uno sciamano,
un viandante del deserto,
leggerebbe tra le dune
che s'affacciano sul tuo specchio
tutto quello che noi non conosciamo
e che mai potremo imparare.

Torero
L'occhio abbuiato
urla
il suo delirio al vento,
banderillas rosse
veleggianti,
sangue abbrunito,
un cristo
già condannato
anzitempo al martirio.

E l'arena che gira
tra le grida esultanti
ed i cavalli in corsa;
i toreri
baldanzosi voltano le spalle
al furore istintivo,
ed il brusio delle tribune
empie l'orecchio
d'una gioia folle
che ha un sapore di morte.

Uno schizzo improvviso,
la rabbia esplosa furente
e le corna che strisciano
sull'arena arrossata
un corpo ormai senza vita.

Dal circo uno strillo sbigottito
si leva al cielo,
disperato il pianto dei parenti,
e il toro ormai appagato,
unico vincitore
dopo l'ultima stupida sfida.

Salam-Shalom
Quali doni daremo
al nostro animo
per saziare il travaglio
della sua impotenza
ad arginare la mostruosità
delle vendette,
delle quintane di astio e disprezzo
che ogni giorno
come una tempesta di sabbia
accecano occhi e coscienza
dagli schermi TV?

Ombre infelici
agitano al cielo braccia impotenti
e il sangue non sazia l'angoscia
ma alimenta la fonte del rancore
e del terrore.

Urla silenziose
e immagini strazianti
di un tormento
che trasmette turbamenti al cuore
e sentimenti di rabbia
e d'odio insieme.

Braccia sperse nel silenzio,
incuranti delle lacrime
che bagnano volti senza più sguardo,
occhi senza più sole,
pelle senza più emozioni
e che non percepisce carezze.

Solo un sogno lontano,
e la visione d'un popolo
che crede
in una patria nel deserto,
dove le rade palme
spazzano un cielo
che sembra non capire ragioni.

Ingordigia
Povero piccolo essere,
che pensi
d'elevarti sugli altri d'una spanna!
Fronda tu sei,
instabile,
insicura,
che tentenni dal ramo
pronto a mollar la presa
e al vento andare.
Dentro al tuo petto
s'agitano fantasmi,
rincorri ombre
d'amori
che s'intrecciano
come i tralci
alle tettoie rade
sparse nei prati.
Parole vane
al vento,
soffiano i tuoi sensi
privi ormai d'amore
e di passione.
Simuli un sentimento
che l'animo tuo spoglio
ormai non trova,
perso com'é
ad inseguire un mondo
che mai t'apparterrà.
Solo i tuoi seni al vento
sazieranno di latte
le ingorde bocche
di laidi vegliardi
a cui le rare erezioni
regalano
sensazioni di gioia
che impoveriscono
la tua bellezza autunnale.

Danza di una foglia ingiallita
Al vento frenetica sbatacchia,
come una girandola ronza e balbetta,
non vuol lasciar la presa,
avvinta resta
come una bimba che la madre
per la mano tiene salda e stringe
e con forza e volontà protegge.

L'ultima foglia,
d'un ramo ch'é già spoglio
dell'antico pudore,
ostinata s'aggrappa
resiste all'acqua
e al vento,
non riposa.

Poi il ramo la presa stanca
molla,
e lei s'invola
con l'occhio rivolto alla matrice antica
e plana,
e scivola nell'aria
e per un po' disegna
curve ondeggianti
e par che i rami scarni
voglia afferrare,
che tremano incostanti.

S'alza e s'inabissa,
sfiora la terra nuda
e il ciel ritrova,
nel tentativo di un appiglio forte
che invan ricerca,
invano attende
ancora.

Poi l'orgoglio piegato,
ed il rancore
di baciare una terra inospitale,
tra foglie moribonde e deflorate
ch'anno perso la verginità
d'un tempo
ed il fulgore di una gioventù
che s'è smarrita,
e che soletta giace derelitta
su un prato anch'esso nudo e spoglio,
privo finanche d'una margherita.

Madonna
Madonna,
che mi stai sempre dinanzi
ed il cervello mi svuoti dai pensieri,
ché la bellezza tua
sia notte e giorno
mi danza in mente
e mi rallegra il cuore.

L'età non conta,
sia fresca come primavera
o diaccia come l'inverno crudo,
che tutte l'ossa punge,
il suo vigore
si rinnova come le stagioni,
che l'erba verde stendono nei prati
o intiepidiscono i colli e le marine.

Tu mi infondi nel cuor
la tenerezza,
risvegli le sopite fantasie amorose
e suggerisci le parole adatte
che abbozzo martellante
sullo schermo,
che si colora di emozioni nuove
che il tempo non distrugge
ma rinfresca.

Crocefisso
Cercate tra la polvere
che offusca le giornate del passato
le orme dei pellegrini
che invano bussarono ai conventi,
dove frati pigri ed oziosi
meditarono in preghiera
scandendo litanie
che addormentarono gli ingressi.

Chiusi nella contemplazione
di vuoti tabernacoli
senz'ostie,
di crocefissi immobili
e imploranti,
di pie donne adombrate
e addolorate,
smarrirono del tempo spazio e cognizione
e dispersero incuranti
la voce agonizzante
sui cancelli.

I grani si sciolsero
e sui consunti legni di preghiera
scivolarono come semi di fagioli
e si sparsero nell'ombra della sera.

Il frate maledisse, nel profondo cuore,
la profezia che infin s'era avverata.
D'un Dio che ignaro
s'era fatto uomo
e che l'uomo l'aveva fustigato.

Ora dal monte lui si guarda attorno
e non capisce il senso che alimenta
si tanta crudeltà dell'intelletto,
in mangiatoia a nascere costretto
e poi ucciso, come figliolo prediletto.

Che strana storia è questa,
e poi non si capisce,
tutta l'operazione messa in scena.
Forse se il sipario cala in fretta,
e oscura il palco,
finisce l'ansia che ha turbato un uomo
e cessa infine nel mondo anche la pena.

Fedifrago poeta
Fedifrago poeta,
che all'altrui talamo
t'accosti
e i veli
del represso pudor
tutto sollevi,
e l'ansie riscopri,
e con parole accorte
i sensi svegli,
quale furor
dentro le tempie
ascondi?
Qual è l'istinto
che ti pressa ognora
a violar
le caste spose
o le tenere fanciulle
che la tua rete tesa,
accoglie?
Dentro il tuo petto
s'agitano i furori
dei sensi insoddisfatti,
ritrovati nei voli leggiadri
di muse solitarie
che all'amor sono votate
e alla passione.

La via dei crisantemi
Novembre nulla mi offre,
se non l'orme andate,
di passi stanchi
trascinando un vaso
giallo di crisantemi
da deporre
sopra una zolla
che nasconde un'urna.

E tutt'attorno
a centinaia m'invade
un paesaggio ancora colorato
di crisantemi gialli
o rosseggianti
che sfilan mesti
tra file di cipressi verdeggianti.

E l'orme andate
pare ancor sentire,
sopra la ghiaia
che sembra sfrigolare,
e che riporta i passi ormai sepolti
dei nostri affetti
che stanno ad ascoltare.

E quei viali,
che accolgono le salme,
tanti rimpianti
e un mondo di dolore,
sol per un giorno
presentano un colore nuovo
di vita,
una passione antica che ritorna,
un voler bene
che nel cuore vibra.

E si riaffacciano
affetti ormai finiti,
rimpianti per una parola detta male,
per una carezza che non si è donata,
e sembra che dall'urna
giunga al cuore
un voce smorzata che ti dica:
"Sempre son mamma tua,
che Dio ti benedica".

Il mio Arno d'argento
Le melodie d'una vecchia canzone
volano ancora dalla finestra aperta
sullo Stretto
dove il firmamento si specchia
ancora,
sull'onda che lo scirocco spiana
e tiepido la sfiora.

E quello specchio
ritrovai negli anni,
da Ponte Vecchio,
a fianco ai pescatori
in attesa paziente sui muretti
e ai venditori di quadri e di preziosi.

Quadri sognati,
forse pensati, seduto sulla riva
a sciacquare in mare i piedi scalzi
quando l'età ancor non disegnava
fughe dalla normalità,
dai cari affetti.

E lo rivedo oggi, stancamente,
quel fiume,
che la mia vita cambiò radicalmente,
scorrere sotto i ponti verso un mare,
che tanto amai e tanto gli assomiglia,
trascinare nei suoi gorghi i miei pensieri
e questa vita
che sì tanto preziosa gli appartiene.

L'ombra maligna
L'ombra maligna
che nel cuor s'annida,
che dilata pulsioni e sensazioni,
che mi lusinga
e il can per l'aia sospinge
disegnando un mondo irrazionale
di vane felicità,
rincorse follemente in lungo e in largo
per le strade d'un mondo inospitale,
m'accarezza i pensieri e mi vezzeggia.

M'adula e m'adesca
e mi sventaglia, oh! meretrice,
le sue grazie nascoste
e amplessi inverecondi
promette
e gioie mai provate
ostenta
e illude l'intelletto
e i sensi ammalia.

Ma nella vana ricerca
d'una serenità negata
a quel sentier protendo,
e l'unghie affondo nella roccia
e all'erta salita
il passo accelero giocondo.

Bagaglio
Ci trasportiamo nell'intimo
questo confuso ammucchiarsi
di ricordi e rimpianti,
di dolcezze e afflizioni.

Vagheggiamo con nostalgia
un recupero impossibile
di alcune gioie poco apprezzate,
trascurate, ignorate,
vissute,
dei nostri giorni sfioriti
e frughiamo con ansia,
terrore,
in quelli che verranno.

Dopo aver assaporato la vita,
il primo respiro doloroso
in un mondo diverso
da quello rilassante e sereno
ammollati tra liquidi amniotici
e vaghe sensazioni di sicurezza
perduta,
questa folle corsa
continua e rinnovata,
replicando sensazioni
nuove o stranamente vissute
di piacere o d'angoscia,
di irritazione e di rifiuto,
questa folle corsa
ci sfianca.

E non troviamo una risposta
alla domanda,
sempre formulata,
sempre presente,
sempre riproposta:
Perché?

Fai presto amore
Fai presto amore,
non far seccar la fonte
e la pianta
ch'essa bagna.
Fai presto,
che i rami già si piegano
e ingialliti
spargono foglie al vento
e vuoto al cuore.

Questa mia carne,
che già s'avvia al silenzio,
questa mia mente,
afflitta dai pensieri,
bussa incessante
e sparge i suoi richiami
in un deserto
che l'eco suo disperde
sulla sabbia che rotola incessante
e ammucchia affanni
ai bordi delle dune.

Fai presto amor,
non far seccar la mente,
non regalare ad altri
questo amore
che nel cuore germoglia
e si confonde,
e balbetta parole,
piccole frasi mozze
che costruire non può,
forse non vuole,
per timore di rompere l'incanto
d'un sogno
che lo culla dolcemente,
che vivere lo fa nella speranza
che il messaggio lanciato
ella l'intenda
e possa essere un giorno
ricambiato.

Genitori e poeti
Le mamme o i padri
tanto uguali sono
e s'assomigliano
sempre tutti e in tutto.
Anche fossero poeti o narratori
i loro figli ritengono immaturi
anche se nell'età più non lo sono.
Questo rafforza
il vecchio detto antico:
che anche i poeti son gente com'altri.

Diversi di certo son per le emozioni
e per quei sentimenti
che dal petto talor fanno sgorgare,
diversi sono per gli attimi di felicità inattesa
che come acqua limpida di fonte
al mondo riescono a donare,
diversi sono perché disegnano il creato
come fanciulli un po' disincanti
che dal gioco si staccano svogliati.

E se ne stanno poi immobili a mirare
una farfalla che sul fior svolazza
o una formica che con gran fatica
un seme trascina o una pagliuzza
al proprio nido, al perso
o tra la guazza,
nel cuore bigio e ignoto
d'una buca scavata nel terreno,
e invano inseguono nel buio qualche traccia
od un sentiero
e si chiedono più volte la ragione
del senso di quelle vite in gran fermento
che sono senza sosta in movimento

Le Pisanelle

La carezza del silenzio,
un frullar d'ali discreto,
un vibrare sommesso di cespugli
e chiome d'alberi ondeggianti al vento.
La pupilla che si sazia d'erbe
e poggi che ricamano i dintorni
e la pace che ti inonda
mente e cuore.

Ottobre in Maremma
Davanti a me gli spazi
decorati da campi,
tappezzati da colline di faggi e castagni,
ornati da floridi ulivi,
da viti ormai spoglie.

Sopra di me
un cielo incerto d'ottobre,
col le sue nebbie
sospinte da un gelido maestrale
che avvolgono il borgo
di bruma e di silenzi.

Sotto di me,
frammenti d'un popolo anonimo
che ha lasciato le sue orme stanche
in tombe ignude e desolate
o ricche di splendore.

L'anima tua
Potessi,
l'anima tua
ti ruberei
ed a cuscino
del mio cuor
l'adatterei.
Ci dormirei
sognando
verdi campi,
poggi fioriti,
onde lucenti
e calme.
L'anima tua
mi turba in fondo al cuore
ma questo è sentimento
o forse amore?

Questo mare
Questo mare
che m'allaga il cuore,
che non ha prezzo per poter toccare,
bello e pauroso alla memoria antica
con l'onda lieve
che la sponda sfiora,
con l'onda immane
che gli uomini travolge
e case e strade affonda
nel terrore.

Questo mare,
che mi suona in mente,
che la pupilla ridisegna a volte
e strozza gola e cuore,
m'addormenta.

Questo mare
ancora m'appartiene,
mi sciacqua dentro l'anima
ed all'olfatto invia
profumi antichi e odori mai scordati,
mi spezza il passo,
che ondeggia tra i sassi della riva,
che scivola impietoso sopra l'alghe.

Questo mare
m'abbraccia,
mi culla dolcemente nel ricordo
degli affetti mai dimenticati,
delle gioie che tornano spietate
a schiaffeggiare le scelte un po' affrettate
a cui non posso più porre riparo.

Questo mare
m'aspetta e si domanda
fino a qual punto l'amore suo mi manca.
Mi parla nel silenzio delle notti,
quando la luna gli accarezza l'onde,
messaggi d'affetto e di rancore invia
per non lasciarlo in pace riposare.

Questo mare
mi circola nel sangue,
impetuoso spacca i sentimenti
e la salsedine m'attacca sopra il viso,
gli occhi mi brucia
e sulle labbra lascia
un sapore di sale
sempre uguale.

Pensieri
Ti tolgo il vestito
con gli occhi,
ti tocchi.

Mi guardi, sorridi
mi levi i vestiti,
mi inviti.

Io vedo il tuo corpo
che freme, già brilli,
distilli.

Sull'umida rena
m'avvolgi fremente,
la mente.

Ora stelle cadenti
io vedo sciamare,
sul mare.

Quel pallido sole
Quel pallido sole
che a tratti accarezza la via
riflette giornate
ormai andate,
volate,
che lasciano ombre di vecchi peccati
di mezze bugie
di cose dette e non dette.

Quel pallido sole
ricorda i giorni corti d'autunno
le vecchie giornate d'inverno
quando il sorriso
splendeva negli occhi,
ed empiva un volto pulito
senza una languida pena,
senza ancora una ruga sul viso.

E quelle gioie lontane
riflettono tenui bagliori
che sbalzano sull'acqua che scorre
del vecchio rigagnolo scarno
che più non allieta le gote
arrossate pel tanto giocare,
per i tanti schiamazzi strozzati
che fuggivano forti dal petto,
lasciati svanire nei vicoli stretti
baciati da un sole accecante,
baciati da un caldo opprimente.

Or resta il rimpianto
per gli anni che si sono ammucchiati
come stracci bagnati
che più non servono alcuno.
Or resta il ricordo
di giorni felici
che lasciano in cuore la pena
pel tempo svanito,
che più non ritorna,
e t'opprime la mente
e ti fa soffrire e patire,
ti fa morir lentamente.

Le more
Il sol rifrange i raggi
e li sospinge;
nella pupilla
l'iride si tinge
di rosso intenso
e di violetto scuro,
chicchi succosi
alla man tesa dona.
Già le papille
vibrano pel gusto
ed il paniere coglie
quella grazia
che la natura dona
a piene mani
e che prezzo non ha
né opra alcuna

Esegesi
S'io provassi una volta
Ad immaginare l'amore tuo
Mentre ad un fornello t'arrovelli
O ti scotti le dita
A tirar via dal forno
Una focaccia mezza abbrustolita.
S'io pensassi un momento
Mentre una vivanda assaggi
Ed aggiungi del sale
O ti dispiace se il sapore non torna
O sa di sapido o di niente.
Ecco questo è l'amore che vorrei darti
E che trattengo in cuore
Perché penso che a te non interessi
Il mio commento di compiacimento
Mentre forse è questo che t'aspetti
Ed io non so donarti.

A piedi e sacco a pelo
La macchina sfreccia dal ponte:
appena intravedo il colore d'un tetto,
un'ombra di monte,
il verde d'un prato.
A piedi m'affaccio dal ponte
e guardo il burrone di sotto,
del tetto io vedo anche le porte
e i bimbi che corrono lesti.
Il sentiero che sale alla vetta,
i cani che latrano in corsa
a mucche o capretti impazziti.
E ascolto le voci
(o macchina tetra
col suon d'un motore che gira!)
di gente contenta o adirata.
Mi giungono i ragli d'un asino stanco,
d'un bue che mugghia scontento,
di agnelli che belano al piano.
E il vento carezza la fronte,
e l'albero piega le fronde,
il ruscello rinfresca i miei piedi
o ristora la gola assetata.
E i borghi appaion distinti:
le vecchie stalle in rovina
i muri cadenti d'un vecchio porcile,
i panni aggrappati sui rovi,
ondeggianti su rami insecchiti.
Ecco la vita ripresa,
il vero turista d'un tempo
che gente conosce,
che alfin socializza
col borgo appena incontrato,
col vecchio che t'offre del vino
o un tozzo di pane con cacio.
E capire,
capire la gente che trovi di fronte,
senza la guida che parla e che corre
col treno di gente affannata a guardare
ora in alto ora in basso,
a non perdere il passo
e vedere le cose precotte
sul piatto servite,
sempre uguali, sempre le stesse,
senza nulla capire del mondo che vedi
del mondo che invano t'abbraccia,
del mondo che lascia sempre la solita traccia.

La Notte di San Lorenzo
La notte di San Lorenzo
illude
le giovani che leggono in cielo
il destino futuro.
Non "pianto di stelle",
ne sangue che scorre
nel "concavo cielo"
ma solo segnali
che brillan costanti
o lanciano onde
frenetiche e instabili
da immoti satelliti
che ingombrano il cielo
che i vati confondono
leggendo le stelle
che tali non sono.
Li vedo i destini,
li leggo la sera:
la guerra, la fame,
i bimbi ammoscati
col riso costante
come se il pane
ci fosse abbondante.
Oh mondo infingardo,
potere bugiardo,
perché inganni senza vergogna
chi ancora s'affida al destino,
chi un mondo diverso ora sogna?

Alba romagnola
All'alba,
quando il mar schiude i cancelli,
e l'onde abbraccia
striate di rosino,
scivola lenta in mare una paranza
sospinta da un debole garbino.

Voci distanti
lambiscono la rena,
un "issa"
urlato giunge da lontano,
un "tira" s'accompagna
e il verso strano
dei puffini
dal ciel ridonda al piano.

Sguazzi attorno al timone,
e la carrucola che gira,
la prua che solca il mare
e lo scolora,
l'ombra che si distende sopra l'onda
che s'allunga, si frange
e poi s'affonda.

L'occhio proteso
a misurar la rete,
le prede che sguazzano,
ormai invano,
l'odor del pesce fresco
e della morte
che impassibile
arriva piano piano.

E il sole, alfin,
che già raddrizza i rai
e la spiaggia che s'affolla
di bagnanti,
di bimbi gioiosi
che guazzano tra l'alghe
mentre un odor di piade
si diffonde
e corre appetitoso sopra l'onde.

Ormeggio
Forse il mio amore
è rimasto all'ancora
in un porto sognato
al riparo dalle tempeste.

I marosi
e le folate improvvise di vento
non l'hanno scalfito,
la sua purezza è ancora
inviolata
come un candido fiore
tra le erbacce.

Forse nel mio cuore
le novità
non hanno prodotto lievito
ma si sono adagiate
frigide
in una cassapanca infarinata.

I nuovi amori
erano rifugio all'insicurezza,
forse edonistici espedienti
per simulare affetti inesistenti.

Il vuoto del cuore
accarezza un'immagine
che è rimasta
come il volto di una statua marmorea
che il tempo corrode
ma non distrugge.

Ipotesi
S'io
incontrassi un dì
il mio amore smarrito,
non guarderei la pelle appassita
e gli occhi spenti.

Cercherei nella mente
le sembianze ritratte
ed i sorrisi antichi
impressi nel cuore.

E nei messaggi
che le carezze trasmettono
nel tempo
ritroverei le parole perse
che hanno accompagnato
i giorni dell'abbandono.

S'io
ritrovassi una sera,
all'interno di vecchi panni
consunti,
gli occhi lucidi di pianto
dell'ultimo incontro
l'estremo sonno
sarebbe più sereno
e più appagante.

Prostrazione
L'estate fugge
e nel fagotto include
oltre al vento e le foglie
anche la vita.

Aridi piani
al limaccioso
brumir della nebbia
fecondano immature verzure
si che il soffio vitale
nuova ebbrezza diffonde
come un buon vino
che nelle vene spinge.

Palpiti primitivi
s'agitano sotto la scorza
che la quercia muta,
e lo scricciolo insiste
nel suo richiamo
che nel tramonto tiepido si perde
sotto il giallo c'avanza.

L'occhio scruta le basse nubi
e l'attraversa
alla ricerca d'un sole tardo e pigro
mentre la fronda del castagno
già la terra carezza
e par che dia un congedo
alla vita
che tra i ricci e le erbacce
s'accartoccia.

Ad una mucca
Della mia bava in bocca
che vi frega?
Voi mi guardate in foto
imbambolati,
di chi mi sta d'intorno
vi curate
ed al dolore mio
non ci pensate!

Mucca io sono,
di questo son convinta,
ma il corpo mio
avverte ansia e dolor
come gli umani,
la sete che m'avvampa
la so io,
ma voi state a guardar
la processione
e il Cristo che troneggia
sopra il carro,
quel Cristo che adorate
e palpeggiate
e del travaglio mio
resta incurante.

Introversione
Quando l'affanno
al cuor gorgoglia,
ed ispidi pensier la mente
affoga
nelle innervate curve,
che celano
la tranquilla immagine
che finge,
sogni e fantasmi inneggiano
alla morte
che bussa al cuore
con insistenza antica.

Nemici sono le ombre,
e il sol che tiepido le allunga
strali pungenti,
e il petto logorano e la mente.

Oh, dura vita,
che le virtù guerriere irridi,
e simuli baldanza
al derelitto,
quale speranza tiepida
carezzi,
quando le vaghe assonanze
delle certezze dentro il petto affoghi?

Tu m'accarezzi i sensi,
e forza presti
al razionale che apatico rallenta
ma vigore e forza agguanta
dai riflussi che il cuore
ai bordi spinge.

E nel crepuscolo,
che la natura imbruna
e il giorno spegne,
luce improvvisa doni
ed energie risvegli
e la ragione riporti nell'arengo
sì che a morir si nega.

L'odore del sangue
Ho sentito l'odore del sangue
frullarmi nel cervello.
Quel calore indistinto che s'avverte
quando il sangue defluisce all'improvviso
da una ferita o dal naso
e t'annebbia la mente.
Sangue di giovani
che s'immolano ad una divinità inesistente,
sangue di ragazze che credono nell'eternità
convinti d'arrivarci in giovane età
passando per un indistinto Eden
disegnato da falsi sacerdoti
senza dignità e decoro.
Ed attorno alla loro innocente
vocazione alla morte
giardini di rose
e felicità incompiute
a cui hanno rinunciato anzitempo.

Brusio di mare
Quel chiacchiericcio garrulo da lunge
a volte nell'orecchio ancora fende
mentre l'odor del mare intenso punge
quando il sole d'estate ancor non splende.

Le mareggiate del mio amato mare
frusciano ancor nel cuore allegramente,
la scia dei pescherecci sto a guardare,
voci lontane mi allietano la mente.

L'urlo dei pescator giunge distinto,
rivedo le fronti di sudor grondanti,
le reti colme con il pesce strinto
che sbatacchia nei cesti traboccanti.

L'alghe abbondanti ricamano l'intreccio,
vengono scosse dall'ordito a forza,
"issa" risento urlar, mentre il Libeccio
soffia incessante e la fatica smorza.

Scivola la barca sul pendio sassoso,
al volo le corde acciuffano da terra,
incita il capo un apprendista ozioso
che pigramente il canapone afferra.

Ed ecco, alfine, si inizia a contrattare
il pesce esposto nei cesti sulla spiaggia,
è odioso il duro lavoro negoziare
ma già un forte calore il sole irraggia.

Sapore di fame
Chi ha conosciuto
la fame
sa il sapore che ha;
chi aspettava una fetta
di pane
conosce il buon gusto
che ha.
Chi ha bussato a una porta
a chiedere qualcosa
per se,
capisce chi bussa e chi chiede
e che vergogna non ha.
Chi ha conosciuto la fame
non butta i tozzi di pane.
Chi ha conosciuto la fame,
apre la porta
e porge una fetta di pane.

Vento
Nel torpore della sera,
quando l'occaso scema
e l'onda infuria,
i capelli confonde e sbatte,
ingarbuglia,
intreccia, acceca.

Uno sventolio di bandiere,
sulla fronte oppressa
semina e disperde,
e l'ante smosse
battiti alle tempie
irraggia.

Ombre riflette
di piaceri cessati
e di sorrisi scomposti,
che sfarfallano
com'acqua di mare
che si stempera sulle rocce
e lascia al sole orme lucenti
e in bocca
il secco
e la voglia d'acqua pura.

Buonasera
Mi parlò delle sue angosce represse,
in volo le librò come colombe,
mi coinvolse nella sua voglia di amare,
di essere amata,
desideri rinchiusi
fra le costole avvilite,
indolenzite
dalle violenze subite
da un marito brutale.

La cornetta del telefono
era quasi incollata all'orecchio,
anche volessi staccarla
non avrei potuto.

Le sue parole vibravano amore,
un amore cercato, desiderato,
invano,
per una vita normale.

Ora rimane
la sua voce lontana,
quel "buonasera"
diventato ormai un'abitudine
che se mi manca
mi sento morire.

Vittorie
Tutte le volte
che noi vinciamo
qualcuno è sconfitto.

Ma al dolor
di chi soccombe
abbiamo mai pensato?

Mio piccolo amore
Mio piccolo amore
finito
in un giorno d'autunno
lontano,
col pianto disperso
al fischio d'un treno
che andava.

Mio piccolo amore
pensato,
che in mente i ricordi
hai svegliato,
che ansia e sconforto
hai assommato,
chissà dove sei
confinato.

Mi torni
ogni tanto vicino
e una parola sussurri,
una parola soltanto,
che al cuore da gioia,
ma spesso
anche il pianto.

Mio piccolo amore
sognato,
che ogni dolore
ti ho sempre svelato,
che invano
la voce vicina
ho sognato,
una parola gentile
e cordiale
sperato.

La morte già bussa alla porta,
e coglie le mie ultime pene,
i miei insoddisfatti sospiri,
le inutile voci disperse,
i miei poveri scritti
sparsi nel nulla,
che invano urlano
e gridano
parole che tu neppure conosci,
parole
che scorrono tristi
con un filo sottile
di voce.

Calvario
E' un tormento
leggere
i sentimenti dei nostri simili.

Quale delitto ho commesso
per le frustate
che ricevo?

La giostra gira,
rinnova le solite posizioni,
scricchiolii dell'animo,
emozioni che sfumano
sfogliando le pagine sanguinanti
che opprimono
la mente.

Abissi
Vi sono momenti
in cui ti accorgi
del peso della vita.

Allo specchio
ti osservi invecchiato,
gli occhi spersi nel nulla,
che rincorrono giorni di felicità
che forse sono stati frammenti
di luna,
scintillio di sole,
spersi in spazi opacizzati
e sbiaditi.

Guardi il cammino da percorrere
e pensi di non farcela più
a superare gli ostacoli.
Ogni giorno diventa più pesante
e l'animo s'abbuia.

Nei tuoi pensieri
scorrono abissi
ed il nero dei fiumi
che vi scorrono in fondo.

Ogni mattino ti ci butti dentro
per accorgerti, la sera,
d'essere ancora vivo.

Il tempo che passa
Buon giorno…
Buona notte…
E un'altra giornata è passata,
tritata,
calcata in un vecchio mastello
di roba che attende
di esser lavata.

L'odore del tempo che passa
lascia una scia pungente
che si riflette sul viso,
dapprima splendente
e poi l'abbruttisce
e avvilisce.

Il tempo che passa
e come una vecchia corriera
che ogni giorno che scorre
invecchia
diventa sempre più nera.

Il tempo che passa
ti lascia un'ansia nel petto,
un lieve tremore
e aspetti il giorno che arriva
come se fosse diverso
come se fosse migliore.

I propri amori
I propri amori
ognun
per l'aie disperde,
si riscoprono
assopiti nei granai,
per le strade
rincorron primavere,
ch'esili foglie
han partorito pigre.

Spesso,
con innocenza pura,
incontrano poi l'anima gemella,
così per caso,
al terminal d'una cornetta
ch'esili voci espande
ed i segreti del cuore
consegnati
al tenero conforto
di un animo lontano e sconosciuto
che del soffrire altrui
pena e subisce.

E si vorrebbe,
in quei momenti rari,
serrare al petto
quella sconosciuta,
qualche goccia d'amor
poterle dare,
che dentro al petto
se ne sta negletta.

E coniugar l'amor
che si disperde,
regalato a chi non lo capisce,
mentre colui che forse lo gradisce,
s'accorge sol del bene che si perde
e raccogliere può solo i sospiri
e tutto quanto di quell'animo il soffrire.

Gocce di rugiada
I propri amori
ognun
per l'aie disperde,
si riscoprono
assopiti nei granai,
per le strade
rincorron primavere,
che'esili foglie
han partorito pigre.

Spesso,
con innocenza pura,
incontrano poi l'anima gemella,
così per caso,
al terminal d'una cornetta
ch'esili voci espande
ed i segreti del cuore
consegnati
al tenero conforto
di un animo lontano e sconosciuto
che del soffrire altrui
pena e subisce.

E si vorrebbe,
in quei momenti rari,
serrare al petto
quella sconosciuta,
quella goccia d'amor
poterle dare,
che dentro al petto
se ne sta negletta.

E coniugar l'amor
che si disperde,
regalato a chi non lo capisce,
mentre colui che forse lo gradisce,
s'accorge sol del bene che si perde
e raccogliere non può che i sospiri
e solamente di quell'animo il soffrire.

Le pene del poeta
Dalle pene del poeta
onde di mare
e scintillio di sole,
bicchieri d'acqua pura
che rinfrescano il cuore
e sciolgono l'arsura.

Via Antica Zecca
(Aosta)

In mente mi ritorni
a tratti, a lampi,
tra le folate gelide di vento,
tra il volteggiare lieve della neve,
tra il frullare tenero dei pioppi.

Mi bussi con dolcezza alla finestra,
mentre mi avvolgi con il tuo splendore,
di sole inondi la mia stanza buia,
m'abbagli con le luci dei ghiacciai,
di colori dipingi le pareti
col verde della tua Conca di Pila.

Della mia giovinezza mi ricordi,
del mio amore sofferto e tormentato,
d'un bimbo amato
che non ha compreso
il vero amore che gli ho regalato.

M'affligge questa strada ciottolata,
coi rari passanti frettolosi,
con le sue case vecchie rinnovate,
coi suoi tetti di lose ricamati.

E mi riporta serenità avvizzite,
sorrisi che dietro un muro se ne stanno
impotenti a saltellare,
inutilmente,
ché riafferrare la felicità perduta,
col tempo che macìna i sentimenti,
arte assai ardua è per gli umani ormai,
presi dai loro affanni e dai contrasti
e dal distacco per l'angoscia altrui.

Rimani solo tu, vecchia stradina,
a riscaldare un cuore che barbuglia
parole
a cui nessuno più presta la mente,
rimani solo tu, fida montagna,
col tuo verde di neve stuzzicato,
e i tuoi sentieri antichi, e la tua pace,
che il passo mio ormai hanno scordato.

Amore negato
Mi è stato negato l'amore,
l'amore d'un bimbo gioioso,
m'è stato negato
uno stridulo pianto,
le lacrime mai non ho colto,
asciugato.

Mi è stato negato l'amore,
un sorriso appena accennato,
un dito afferrato,
in bocca portato.

M'è stato negato l'amore,
un urlo di gioia,
una lieve carezza sul viso,
la prima parola smorzata,
il primo sussurro di maggio.

E quell'amore negato,
in giovani vite ho cercato,
abbracciato,
ma anche quel semplice amore
mi è stato negato.

Le cicale
Le cicale se ne stanno rumorose
abbracciati a tutti i tronchi
più assolati
e friniscono assordanti
sotto il sole
che il terreno fa spaccare
ad ogni istante.
Come un vecchio taglia barba
che zoppetta,
un ronzio verso il ciel
s'alza stridente,
incessante vola ognor per la calura
nella piana intenso scorre,
eterno dura.
Ma ogni tanto
sopra un tronco puoi notare
un vestito con gli occhiali,
trasparente,
sol la pelle resta al sole ad asciugare
la cicala
s'è schiattata dal frignare.

Solitudine
Lacrime di pioggia,
su questo cuore arido,
che le zolle inzuppa
e lenisce
arsura e affanno.

Seme che affonda
e flaccide radici
sparge
in attesa d'un verde
inaspettato
che ristagna.

La fine del fiore sul tetto
Tra le tegole
soletto se ne stava
ondeggiando al vento birichino,
i coppi rotti e il vecchio tetto
di colore e di grazia ricamava.
Da lontano parlava e salutava,
si chinava attento al mio operare
sembrava a me chiedesse
l'acqua pura
che il maestro del ciel
non gli mandava.

Poi l'acqua arrivò forte e scrosciante,
le tegole inondò di fitte stille,
bagnò anche i rondoni bisbiglianti,
gocciolò dal tetto sui passanti.

Troppo tardi!

Ormai l'arsura
lo stelo aveva ripiegato,
i calici curvati
e il cuore diseccato!

Parole
Le parole
se ne stanno silenziose
nei libri,
ma se sfogli alcune pagine
si risvegliano d'un colpo
come bimbi irrequieti
e fanno tanto frastuono.

Metastasi
La mia metastasi
s'espande;
ogni giorno infetta
un organo nuovo:
la testa,
i polmoni,
il cuore.
Mi domina,
m'inebria,
mi distrugge.
La mia metastasi
si chiama Poesia.

Un fiore tra le tegole
(Di sera)

Riposarmi vorrei ma più non posso,
un fanale m'illumina
e mi sfianca,
lavorare mi tocca anche di buio
perché la notte è diventata bianca.

Una falena mi rigira attorno
e mi danza ondeggiando sopra il tetto
la testa mi fa girare e mi sgomento
rischio di volar giù dal parapetto.

Vorrei poter dormir
come i rondoni,
che sento russar di tanto in tanto,
sotto i coppi almeno sono all'ombra,
mentre la mia funzione s'è bloccata
e l'anidride chi l'ha mai più vista.
Solo produco a iosa clorofilla
e ve la rendo piena a tutte l'ore
se non chiudete quell'interruttore!

Come a una fontana
Quando mi scrivi tu,
il cuor mi vibra,
trovo parole
come a una fontana
che m'accarezza
e m'empie d'acqua pura.

Quando la voce tua
alla cornetta
l'orecchio m'accarezza dolcemente
io rinasco daccapo,
anima mia,
vuoto i pensieri oscuri,
l'animo sbroglio
e libero la mente.

Un fiore tra le tegole
Tra gl'imbricini rotti,
al sole esposto,
dalle folate del vento maltrattato,
mi saluta ondeggiante da lontano
coi suoi calici gialli
un po' insecchiti.

E solitario
sembra raccontare
delle rondini in volo
che vicine
cullano i loro nidi
sotto i coppi
coperti di muschi e di pagliuzze
morte.

Mi spia ogni tanto:
piega i rami fragili
da lungi;
forse sussurra
storie già vissute,
d'un abbandono d'un seme
dal becco sfuggito d'un rondone,
dal vento spinto
chissà come e quando.

E par che dica:
un goccio d'acqua aspetto
che m'asciughi l'arsura
che m'opprime
d'essere solo e triste
sopra un tetto.

Affanno
Nell'assillo
i pensieri ispidi vanno,
scarni travagli scavano
nel cuore,
memorie antiche rivangano
e l'oblio
pongono in stasi.
E nella mente confondono
i tracciati,
linee, rette, cerchi, quadrati,
turbinano
nel vacuo
d'un cervello stanco di cercare
poggi solari
e clivi illuminati
che sollievo regalino
e conforto.

Come morire
Aspetto la morte
seduto davanti al pc.
Morfeo m'avvolge indolente…
affondo nella poltrona….
Le parole di una poesia
zoppicano
mentre le lettere scorrono pian piano
come una lucertola al sole.
La testa mi crolla a tratti
sul petto..
sussulto…
non voglio morire.
Poi penso ad un bacio appassito,
a una vecchia parola.
Un cinguettio d'un usignolo,
che bisbiglia nella notte
armonie e singhiozzi,
addolcisce i miei pensieri
e come in un nulla
mi abbandono al silenzio.

Rimpianto
Perché non t'incontrai
quando il bel dire ornava,
e le parole forgiavo
col pensiero?
Perché non t'incontrai
quando i sorrisi
appagati fuggivano dal cuore
e regalar potevo
affetti pieni
e gioie a colmi panieri
che non potean finire?

Or che la strada
intralcia i passi miei,
ed i detriti il fiume
non trasporta
e sabbie pigre ingorgano le sponde
mentre l'onda accigliata
picchia in cuore,
ombre io ti regalo,
o mia passione,
che le tasche del cuor
m'empi di gioia.

Perché non t'incontrai
quando il tempo tiranno
ancor non era
mentre adesso solo miseria
posso offrire
a quanto un dì
non diedi e dar potevo?

Ora avanzano sfolgorii di tempo,
che tiranno l'amor dolce sottrasse
alla mia verde età, che male colsi
e che negai a colei
che sveller lo poteva fino in fondo
insieme al mio sospir
ch'empiva il mondo.

Rondini pellegrine
Irrora l'alba:
di schiamazzi in volo
empie vicoli e tetti,
segna tracce silenti
e ripide impennate,
frullar d'ali
e picchiate.

E mi vergogno
del mio poltrir silente,
e lo schiamazzo
già percuote in petto
le colpe mie,
che ignorano ragione.

Tra le lenzuola avvolto
il cuore vola
ed accompagna
questa forza immane
della vita
che si rinnova
e che a produr t'invita.  

Cesenatico
Torno al viatico
dei miei giorni usati,
ed ombre allungo
sul pensier giocondo
che il tempo regalò,
prima d'andare,
tra teli stesi e bandiere
in riva al mare.

E qualche ruga in meno,
ed un sorriso privo d'apprensione
per anni accompagnò
quel lento errare
con le ciabatte ai piedi
fino al mare.

E il sole accarezzò
l'albe crescenti,
di rosso tinse
quei pedalò dormienti
senza grida di bimbi,
stanchi ormai di squassare
spruzzi di mare.

Ed or mi resta
la gioia di rimpinzarmi
con le felicità che sono andate
a carezzar le sere dei viali,
a pedalar nel buio della marina
con i tricicli lenti, a regalare
serenità perdute
e odor di salso mare.  

Ad un prete
Beato tu,
prete,
che ti sei creato le certezze
dal nulla.
Le tue speranze sono alimentate
dallo spirale dello scirocco
che ti addormenta,
dalle sferzate della tramontana
che ti risveglia,
dai colori lontani del mare
che ti inebriano.
Io pellegrino dubbioso
percorro i sentieri deserti dell'ignoto
senza speranza.
Le mie albe non hanno aurore
ma solo il tenebroso colore
della notte,
i miei tramonti non m'inebriano
e trasmettono un'immagine di morte.
Ma io non riesco a credere,
le mie illusioni s'infrangono sulla razionalità
di un essere stanco
che non può sperare nei miracoli
e nelle resurrezioni.  

Poveri morti miei
Io non amo la guerra,
tutt'altro;
non m'incantano bombe
o cannoni.
Detesto gli aerei volare
con quel cupo rumor d'incursori.
Penso ai popoli
che vivon di stenti,
ai tanti bambini affamati,
alle mamme che son disperate
perché cibo ed acqua non hanno.
Ho avversato la guerra di Bush
e l'assenso del nostro governo,
che ignorando il ripudio alla guerra
che la Carta solenne sancisce,
ha mandato le truppe a morire
su una terra pervasa dall'odio,
solo ricca d'antichi rancori,
che non sentono alcuna ragione,
che si fanno saltare per aria,
sostenendo, nel nome di un dio.
Su nel Carso a migliaia a morire
han mandato sempre i figli del Sud,
che un patria hanno dato alle genti
che vivevano oppressi e ignorati.
Poi le guerre si sono evolute,
e gli eserciti han cambiato struttura,
volontari qualcun li ha chiamati,
ma in fondo sta sempre nei soldi
il motore che muove le menti
e che spinge quei quattro ragazzi,
figli miei e d'una terra matrigna,
a rischiare la pelle ogni giorno
e imbrattare di sangue le dune.
Ed io ho pianto, con sordo rancore,
perché in fondo conosco la storia
e gli stenti che affliggono tanti,
la nel Sud dove manca il lavoro,
la nel Sud dove regna la mafia
che ti stringe un cappio alla gola
e t'impone le sue regole dure.
E tu pensi di cercar nel deserto
quel riscatto che mai non arriva,
la riscossa ch'altri han prima agognato
nella Libia o in altre regioni.
E tanti altri non son ritornati,
son sepolti in mezzo alle lande,
si son persi in mondi lontani,
più di uno per aria è saltato
e il riscatto non hanno trovato.  

93 anni fa: 5 maggio 1913
(A mio padre)

Ed oggi non sono poi tanti!
Si campa ancor forse di più,
ma tanti ne avresti contati
se già da qualche anno
tu non ci avessi lasciati.

Ma oggi io vedo quel giorno
e sento i tuoi primi vagiti,
e noto quel tuo dimenarti affannato
in mezzo al verde dei campi
col tabacco da poco piantato,
che già lascia una scia di profumo,
in mezzo al cantare dei galli
ed al "croccare" di tante galline.

Chissà cosa pensavi in quei giorni,
quali bizzarre figure vedevi
mentre la cuna ondeggiava
fissata ad un ramo di fico
o appesa ad un tronco di noce.

E già qualche rara cicala
forse cantava una nenia
e tu dolcemente dormivi
o forse ciucciavi le prime poppate
alle bianche e sode mammelle
della tua giovane madre.

Di sicuro mai potevi pensare
alle marce tra l'afa africana,
alla fame futura a Durazzo,
agli affanni tra i monti di Grecia,
alle lotte a fianco di Tito,
agli stenti dei figli lontani,
alle preci d'una sposa devota,
al futuro di lotta e fatica.
Candidamente facevi la nanna,
ignaro al destino che incalza,
sotto a un noce o a un fico frondoso.

E di certo neppure pensavi
ad un uomo avanti negli anni
che oggi scrive dei versi a suo padre
e una culla lontana sospinge
affinché un bimbo, che vede in un sogno,
possa sereno ed in pace dormire.  

Inquietudine
La lucida carezza
della morte
mi corteggia, la notte.
Il buio
mi abbraccia
e illumina i pensieri.
Come una finestra
che s'apre a sera
su un mare ravvivato dalla luna
mi addita le mete
che non ho mai raggiunto
e mi mortifica dei miei fallimenti.
I miei pensieri corrono,
nel buio,
come pipistrelli impazziti
e cercano di scansare ogni ostacolo
ed arrivare al nido
con il gozzo pieno d'insetti.
Ma il sudore m'affoga
e le lucciole che non ho raccolto
lampeggiano nel buio
ingarbugliandomi la rotta.  

13 Aprile 2006
 
Il sibilo dei rondoni
 m'ha svegliato stamani
 alle sette e cinquantacinque.
 Da giorni osservavo
 il cielo sereno
 sperando in un volo.
 Oggi l'azzurro colora ogni cosa
 e sono tornati all'antica dimora,
 o a quella dei loro antenati,
 e mi annunciano che la primavera
 forse è arrivata!

La resa dei conti
(Elezioni 2006)

Il giorno fu pieno di ansie,
di affanni,
di inutili corse,
di mille espedienti
per uscir dal tormento,
trovare una strada
ai pensier della mente.
Che giorno infernale!
Sudore,
che imperla freddo la fronte,
che scivola grasso sul collo
e mezza le maglie.
Oh, dio, che triste giornata
a odiare la gente
e pensare di vederla annegare.
A che serve sognare un mondo diverso,
e sperare in un popolo
tutto cervello
e non bocche fluttuanti,
parole perdenti,
che scorrono meste
com'acqua inquinata
che lasciano in cuore soltanto sgomento,
e un riso beffardo
sui visi vaganti, assenti,
che sanno di niente.
Li guardo e soffro per loro,
immobili pietre
sulle quali rimbalza
un canto di versi,
che sembrano inutili,
che paiono persi.  

Sulla carriola
Sulla carriola
il mondo scorre
e l'albero si piega
ed accarezza
il riso infantile
che di diletto e gioia
empie le gote
e gli occhi.
Ondeggia,
e ai fianchi tende
esili braccia
avvinte ai bordi,
nervi e tendini fremono
quando un sasso
scossoni e salti rende
e l'equilibrio
in discussione pone.
E l'esultanza
ammalia gli anni
ormai sfioriti
che nel riposto cuore
esili tracce ancor conserva
e qualche nostalgia
per un tempo svanito
tra le piante d'acacia
e i biancospini,
che in questi giorni
colorano le siepi
di infiorescenze nuove
e di emozioni.  

Fonteverde
(Di Boccheggiano)

Nella notte,
spoglia di segmenti e curve,
quando la luna
zampe e viso
nella pozza lucente sguazza,
annusa l'aria e l'orecchio tende
il capriolo selvaggio
e il muso affonda
si che il riflesso lume
ancheggia e sfibra.
Occhi lucenti
sulla fresca pozza sfiora,
e annusa il labbro
l'intenso odor di mucillagini verdastre
che fondo e fianchi
della fonte imperla.
Lieve, palato e gola sfiora
limpida l'acqua, scivola
e accarezza la molle lingua
e il senso dell'arsura smorza.
Un'ombra nera
l'ali abbrunite sbatte
e si disperde l'urlo della civetta
nel fitto bosco
che amorevolmente allaccia
piante e animali
e dopo si addormenta.  

Assonanze
Se la vita
è solo un boato,
uno schianto che non sa più di nulla,
se non degli schizzi di sangue
che dipingono pareti e soffitti.
Se l'odio circuisce le menti
e se Dio invano s'affanna
a parlare d'amore alle genti,
a diffondere dai tempi imbiancati
il suo vano messaggio di pace,
quale senso ha questa esistenza
che matura tra fili spinati?
Se la voce
che strozza la gola
non s'alzasse ad urlare alla vita,
se la mano restasse serrata
impugnando una bomba
o il fucile,
se nel cuore la morte spegnesse
quel barlume d'intesa eventuale,
se nel senno infin non sbocciasse
quel perdono che ognuno diffonde,
quale senso ha questa esistenza
se imprigiona ragione e coscienza?  

Milano Tre
Sulle impalcature il profumo della calce
ed il lezzo dei solventi
m'opprime.
Il cielo è scomparso dietro la nuvola
dei colori nebulizzati
ed anche il sudore
non riesce a sciogliere
gli schizzi del cemento
che impregnano il mio corpo.
Solo l'odore del sangue
a volte risveglia
la nostra percezione
d'essere ancora vivi.  

Sempre mi torna in mente il mio paese
"Sempre mi torna in mente il mio paese"
col mare che lambisce ognor la sponda
con i barconi e con le reti tese
con le baracche del lido e la rotonda.

Me lo ricordo quando da bambino,
e pei vicoli ancor non asfaltati,
narrava del brigante Musolino
il cantastorie, coi quadri figurati.

Storie comuni a tante altre città,
coi personaggi su per giù gli stessi,
che s'opponevano ad ogni iniquità
curando della gente gl'interessi.

"Sempre mi torna in mente il mio paese"
con il lavoro raro da trovare,
con i questuanti con le mani tese,
ma con la gente che sapeva amare.

Un mondo, che chissà dov'è le andato,
annegato e sepolto dal progresso,
che più non si ricorda del passato
perché ciascuno ormai pensa a se stesso.

"Sempre mi torna in mente il mio paese"
con le burrasche frullanti sullo stretto,
col salario che non vestiva il mese,
con l'ansia che ti premeva in petto.

Eppure in questo mondo disastrato
in fondo la gente poi non disperava
s'aveva pena per un disgraziato
e in un mondo migliore si sperava;

e poi non si chiedeva più di tanto:
ci bastava una radio e un tavolino
alcune sedie e tanti amici accanto
castagne cotte e un calice di vino.  

Ama te stesso
Devi aver stima di te stesso
e dei sentimenti che esprimi.
Semina, semina sui campi della rete
le tue parole e le tue aspirazioni.
Quando i nostri eredi
andranno a cercare
su qualche motore di ricerca
il nostro nominativo
lo troveranno, eccome!
E molti, leggendo le nostre emozioni
e le tracce che abbiamo lasciato,
e l'amore che abbiamo seminato,
diranno: questo era mio padre,
questo era mio nonno,
questo era mio zio,
questo era mio fratello,
E forse proveranno un po' di rimpianto
per non averci amato di più.  

Migrante
Invidio
i muscoli del tuo viso
che non hanno
un sorriso di malinconia.

La tua città
è stata sempre tua,
tua con le strade deserte ed i viali
con gli alberi appena piantati;
tua con il rumore dei motori
che non ricordi più
quando è iniziato,
tua con gli alberi ombrosi
di cui appena serbi la memoria
di quando erano scarni
e minuti.

La mia città
si confonde con le strade
che portano spesso uno stesso nome
ma hanno colori diversi
e storie differenti.

Uomini e donne
incontrate e salutate
con un dialetto che soffoca
un altro.

Ponti e fiumi
che non conoscono
l'irruenza delle fiumare
e che scorrono lisci verso il mare.

Invidio
i muscoli del tuo viso
che non hanno provato le emozioni
della diversità
e che hanno sorriso sempre al solito amore.

Il mio è un sogno lontano
che mi spezza l'anima
e rimbalza sui visi di amori sorridenti
che si confondono con le parole disciolte
all'ombra di panchine andate in pensione
ma che mi fanno rivivere il rimpianto
di metropoli che mi abbracciano
e mi porgono un saluto
perché le ho scolpite nel cuore.  

Italia
Madre mia
che muta e assorta stai
e guardi il navigante
che al tuo approdo
mai non raggiunge
costa
e scuote e blocca impietoso
il timone
l'onda che sferza
e a spiagge sconosciute lo conduce.

Randagio vaga
e nel profondo cuore
sogni sommerge
e nuove speme innalza
oltre il pennone
che il vento piega impetuoso
ma giammai l'abbatte.

E la speranza,
che sorregge i sogni
e dentro il cuor ripiega
ogni dolore,
il pensier del ritorno
già accarezza il tempo
e l'ore accorcia
nella mente,
che ha già scordato gli anni.  

Pasolini
Sulla spiaggia
è rimasta una traccia,
una traccia è rimasta
di sangue.
Una scheggia di legno
ha cambiato colore,
ha cambiato finanche l'odore.

Sulla spiaggia è rimasto un poeta,
con la testa che non sa più di nulla,
che non scrive più versi sui fogli,
che non parla più a poveri e servi.

Un poeta ch'è morto d'un colpo
per aver amato la gente,
che nutriva un amore un po' strano,
che cercava un amore diverso.

Ora il mar rumoreggia la sera
ed un'onda pulisce la rena
da quel sangue che tutto ha imbrattato,
da quel sangue che ormai più non scorre
nelle vene di un uomo un po' strano,
che veniva da un mondo lontano
e che più non distende la mano
e che più non lancia sorrisi
all'amante che un dì l'ha tradito,
per un gruzzolo poco pulito
che qualcuno gli ha un giorno donato
per chetare un cervello parlante,
per zittire un cervello sapiente
che non da più fastidio ad alcuno,
che non scuote più alcuna coscienza,
che non lascia più orma o semenza.  

Le lucciole sotto il bicchiere
Le ho viste,
un tempo,
balbettare segnali luminosi
sulle siepi,
le ho viste, nelle notti senza luna,
volteggiare luccicando
nelle zone buie
ai margini delle radure
e riempiendo di mistero
lo sguardo gioioso dei bimbi.
Segnali incomprensibili
che si leggevano
come doni della natura
e che allietavano le nostre menti
dopo le paure dei bombardamenti.
E nelle case senza luce,
con le finestre incerottate
per nascondere le rare candele accese
agli incursori tedeschi prima, e americani dopo,
si muovevano confuse sotto un bicchiere capovolto
con lo scintillio inutile dei loro ventri
e privati della libertà del volo.
E quel tremolio di luci
mi addolcisce la mente, oggi,
che la guerra accarezza molti popoli
e che tanti altri bimbi
rincorrono sui prati
le lucciole lampeggianti
per imprigionarle sotto un bicchiere di vetro
trasparente
in attesa che la pace ritorni.  

Nei labirinti del Web
Nei labirinti del Web
le mie parole si sperdono,
imprigionate qua e là
nelle viscose maglie della rete.
Corrono, rotolano, si spezzano,
Google spedito le ricerca,
le taglia, le incolla, le disperde
e poi le ricongiunge con pazienza.
Amore, morte,
guerra, pace,
gioia, dolore
e poi di nuovo mestizia
ed allegria.
Nei labirinti del Web
le mie speranze si rinnovano,
s'abbracciano con le illusioni
che veloci percorrono la maglia
dei portali che s'aprono
ed accolgono i miei link
che danno fiato e voce
alle smanie forti d'apparire.
Ecco ora un nuovo nome s'è aggiunto
alla lista infinita dei personaggi e dei temi
ed anche Altavista metodico l'archivia
e lo rende accessibile
col suo motore di ricerca
nei labirinti del Web.  

Il pennato
Quanti rami ha tagliato
il pennato,
trasportato in un cesto,
ha spezzato
i rametti più secchi,
nella stufa
ha infine bruciato,
il pennato.

Quante stecche sottili
ha spaccato,
il pennato,
sempre lui,
defilato,
con il collo fasciato
e col gancio portato assai bene,
non dimostra l'età
c'ha limato,
il pennato.

Si scompone ogni tanto,
fa sprizzare scintille
mai poi torna curato,
sempre in gamba
affilato,
il pennato.

Mi commuove:
anche i pezzi più grossi
con un colpo azzeccato
lui, sì, taglia le cose
le rifila assai bene
e non teme nessuno,
non appare neppure seccato,
il pennato.

Poi rimane sospeso nel buio,
ed aspetta la brutta stagione,
e riposa, oleato,
il pennato.  

L'arrosto
Sul piatto tagliata,
d'aromi infarcita,
il sangue abbrunito
all'olio mischiato
che docile scivola
e accarezza la pelle,
croccante.

Osservo
le fette invitanti,
ma sento un belato lontano
e vedo un coltello che affonda
e il sangue che gronda
dal collo innocente
che invano si scuote,
impotente.

Le posate lascio cadere
a fianco al piatto
allettante.

Quel triste belare
in testa mi frulla
…quella povera carne
tagliata, affettata,
non posso proprio gustare!   

Caterina era la mente
Caterina era la mente,
e l'anima rispondeva
con amplessi tra le gorgoglianti gore
che la bianca Dea dell'amore
sublimava a Mileto
nella candida costa della Caria.

Inutilmente il canto
si levava tra le gole scoscese
e negli anfratti.
Lugubri le prèfiche
pianti e singhiozzi al Nume
con mestizia e rimpianto
al cielo infinito intonavano.

Neri corvi roteavano
tra le bianche nubi:
indizi inquieti
tratteggiavano nei catini
gli oli purificati
che il veggente divino
aspergeva e disseminava per l'Ade
e i destini degli uomini ignari prediva
ed il loro futuro segnava.

Caterina era la mente,
e l'orme stanche disegnava
sulla sabbia lucente
e proiettava sul fiume
infìdo d'Acheronte
i sogni e la speranza del mondo;
perché nei sogni del cuore
trova ristoro e pace
quell'amor che agli umani
è proibito palesar
se difforme dal costume antico
ed alle convenzioni degli avi.

Caterina era la mente,
e il giogo ruppe.
La gioia del cuore
abrogò le usanze,
giacché l'amor che cova
nell'esausto spirito d'un vegliardo
fresche acque asperge
e gioiosi effluvi effonde,
perché al calore dei sensi
solo puri interessi ostenta
e lo spirito libero offre
al piacer della vita
ed alla lucidità della ragione.  

Rosa purpurea
Ho pensato
ad una rosa
per te.

Una rossa rosa purpurea
del colore del sangue
che nelle vene scorre
quando i miei pensieri
volano nel silenzio della notte
a ricordare gli anni passati.

Ma l'amore non ha età:
si confonde col tempo
e vive per l'eternità.   

Nella vecchia miniera
Cigola un vecchio carrello
su un binario morto,
perfettamente orizzontale.
Il vento
che impetuoso soffia
tra i cunicoli della miniera abbandonata,
ogni tanto lo spinge
avanti e indietro.
Ed il cigolio
risveglia i caduti
che si erano addormentati
nel buio
ed i loro spiriti
impugnano gli attrezzi
ed i picconi piantano
nella roccia ossidata.
Frigna l'acetilene
ed il sudore fa risplendere
le fronti annerite
dei vecchi minatori
senza più storia
e fuori dal tempo.
Giunge il lamento d'un mulo,
dal respiro affannoso
e con la pancia gonfia per lo sforzo compiuto,
gli occhi annebbiati
e la testa persa nell'abisso.
S'abbracciano uomini e bestie
uniti dalla stessa fatica
e dallo stesso dolore.    

Nonno
All'improvviso
ti accorgi d'esser nonno,
quando un lieve carezza
sfiora il tuo viso,
quando negli occhi
brilla un sorriso
e sul tavolo
vola un disegno
coi fiori di campo
rossi e turchini,
con le farfalle
che sbattono l'ali,
e con i cuori
che parlan d'amore.

Al mercato dei fiori
Al mercato dei fiori
mi sono affacciato,
sfacciato!
Un mazzetto di rose ho comprato,
rubato!
La fioraia non m'ha neppure guardato,
bugiardo!
Ma a casa i soldi avevo lasciato!
Io penso che l'abbia capito.
Per amore
é permesso rubare
...solo un fiore!

Ateo
Più forte
della forza
dell'integralismo che annebbia;
più possente
della speranza
che il tuo credo manifesta;
più razionale
dell'irrazionalità del nulla,
m'accompagna
la stessa forza
del tuo credo oscuro.  

Tenerezza
Vorrei saziarmi
del tuo corpo,
lisciare la tua pelle,
inebriarmi del tuo spirito,
confondermi nei tuoi pensieri.

Il mio è un amplesso
completo,
monopolizzante,
non peccaminoso,
puro!

Anche se la libido
mi sconvolge e mi eccita
il mio bisogno di tenerezza
si esaurisce in un abbraccio
che fa spillare
soltanto l'anima.

Delirio
A volte vorrei
che la morte arrivasse d'un colpo
quando l'anima è triste
o ricca di ricordi.

Vorrei
che stroncasse il mio povero cuore
mentre si sazia di felicità lontane
e di affetti
che d'un tratto mi confondono
e mi inteneriscono.

Vorrei…
ma il dolore o la felicità
non smorzano la vita,
ma la beffeggiano
e la umiliano.

Ti svegli dall'incoscienza
con un peso allo sterno
come spinto da un carico immane
che non si vede
e che non riesci a scansare.

Poi la gioia ritrovata
in un pensiero lontano,
in uno sfogo interiore
che ti libera dall'oppressione
e dalla morte
che all'improvviso detesti
perché ti toglierebbe la speranza.

Ceneri mute
L'urna reclama il corpo
e decompone
le ossa ed il sorriso,
inesorabilmente.
Liquame e odori
putridi di morte
appestano la gioia
del corpo immoto
e quella bocca,
che ricami forgiava
e armoniosi pensieri
intensi costruiva
sotto forma di versi
o di memorie,
or giace offesa e muta.
Gorgoglia il pianto
fuori dall'arca,
ed il dolore aleggia
mestamente
cullato dai cipressi
che accarezzano il cielo.
Ma se il corpo
arse sulla brace di faggio
e profumò il sandalo la carne,
che decompose l'ossa anzitempo,
qual gioia al pensiero
riconduce
saper che l'oltraggio
del liquame
non appesta quel corpo
che musicali versi
intonò
cantando la natura
ed arricchendo la mente
di poetici versi
e di dolcezze.

Il sapore delle mandorle amare
Muta, solitaria giornata
a scavare tra le passioni del cuore:
un albero addobbato
e luci colorate
che abbagliano la vista
e la ragione.

E i ricordi lontani
d'un bimbo traballante
che afferra delle palle colorate
con le sue piccole mani,
delicate,
che osserva e scartabella alla rinfusa
tra i fili argentati
e le catene di luminarie
ancora da montare.

Ecco il Natale lontano
che filtra tra i letti dell'ospizio,
inospitali.

Chè il peso degli anziani
ormai è opprimente,
ed i saluti sono un po' affrettati,
con la moglie che attende
e già borbotta
che le cose da fare sono tante.

E la festa,
la festa un tempo tanto attesa,
con i bimbi gioiosi e rumorosi,
con i baci e le coccole scordate,
con i doni, se pur davvero pochi,
con i dolci in casa preparati,
appaiono dei sogni ormai spezzati,
delle speranze senza più ritorno.

Rimane dentro il cuore un desiderio
d'una carezza vera come un tempo,
una dolcezza ormai dimenticata
che lascia in bocca quel sapore strano
d'una mandorla amara
che per caso dentro un pezzo di torta
s'é trovata.

Natale ieri
Oh, Natale, Natale!
Suoni d'acciarini lontani
e melodie sperse per borghi abbandonati,
per strade di ciottoli e di fango.

E frotte di bimbi cenciosi,
di bimbe spettinate e unte,
salti e versi, risa e strepitio di porte,
latrar di cani ed imprecazioni di vecchi
stanchi ed assonnati.

Odor d'incenso,
ostentazioni e canti in una vecchia Chiesa,
dove l'odor di muffa si confondea col puzzo
degli stracci dei vagabondi
a mendicare all'uscio.

Giorni miei andati di preghiere,
di speranze per una vita migliore,
per un giorno diverso, poi arrivato.

E, infine, il razionale, il ripudio d'una santità
sospesa tra immagini indefinite e malinconiche,
allineate in alcove di cui s'è perso il senso
e la memoria.

Ed il rimpianto arriva
a scuoter l'uscio delle certezze,
a risperare un mondo
che, sui canti serali e sulle nenie,
mi riporti gli affetti ormai finiti
e quel Natale, di cui l'orma di santità,
in me, ormai è dispersa.

Ricordi d'amore
Scrissero sulle foglie
Il loro amore:
il vento le cullò nel tempo,
al sole le scaldò,
negli azzurri spazi del cielo
li custodì geloso.

Si sparsero pel mondo:
la distanza li separò per sempre,
i loro visi scordarono,
le dolci carezze dimenticarono.

Solo i sogni rimasero
a vagabondare per le vie d'una città
che conserva il ricordo
dolce d'un amore
che dura ancor oggi
nei loro cuori
rimasti fanciulli.

E la vita che va
Giorni e giorni
a coltivare emozioni,
a seminare nei cuori
la melodia dei sentimenti
che si consuma
come un suono di campane
per i borghi.

Il ticchettio dell'acqua d'una fonte,
il lieve frullare delle foglie
di un platano che si spoglia,
il cinguettio di una capinera
che saluta il giorno che muore.

E poi il rosso del cielo
che tinge la piana maremmana
e fa da sfondo al nero dei monti dell'Elba
che si specchiano in un Tirreno votato al silenzio.

Ecco i miei ultimi giorni
che traballano nel rimpianto della vita che scorre,
che inseguono inutilmente albe smarrite
che ormai più non ritornano
ma che restano scolpite in cuore
come doni ricevuti, graditi,
e che lasciano dentro il segno
d'una gioia che più non si rinnova.  

Funghi
Gli uomini
sono come i funghi:
nascono dalla terra
ed in essa ritornano.
La guerra
è come i cercatori di funghi
distruggono senza ragione
tutto quello che somiglia
ad un fungo.

Poeta per caso
Le mie povere parole,
macchie d'inchiostro sulla carta,
nessuno le nota,
nessuno le commenta.

Eppure i miei versi
cos'hanno di minore,
cosa esprimono di diverso
dai grandi poeti
c'hanno attraversato il tempo?

Le stesse storie rinnovano,
e i concetti rimarcano
che al cuore
impulsi danno
e tenerezze tante.

Ma il mio nome
è "Nessuno",
e sole l'ombre lunghe
copriranno il vuoto
del mio cuore
per le emozioni
che sperse se ne andranno
e finiranno
in una vecchia soffitta
o in un camino.

Arsura
Ritrovare per caso,
nella affannosa corsa
verso un androne,
le gocce d'acqua
che bagnarono i tuoi sogni
d'un tempo.
Acqua caduta su prati aridi
che rinverdirono,
su foglie avvizzite
che si distesero
e bevvero avide
per troncare l'arsura
che li divorava.

E come il tempo che tornava,
anche quelle gocce
riportarono la frescura di giorni
che erano appassiti,
di desideri
che si erano dispersi nel nulla,
di rimpianti
che erano stati divorati
dall'irrazionalità del presente.

Poche gocce
che rappresentarono il tutto
e mi proiettarono in una dimensione
dimenticata
e che per un attimo
mi fece ritornare
fanciullo.

Il poeta
Il poeta
è come i gatti,
vede nel buio
e illumina la notte.

Fantasie marine
Assaporare l'onda
che frusciando sale
ed accarezza lievemente
i glutei
e sensazioni trasmette sulla pelle
come leggero tocco
d'una mano
di meretrice esperta
e navigata.
E fa sognare
amplessi impudichi
e carnali sulla rena,
che frulla sulla pelle,
che rode sulle spalle
e s'accartoccia,
e ti sussurra lieve
frasi insinuanti
che t'eccitano la mente
e che risvegliano
fuochi sopiti
che scaldano all'istante.
Ecco ora l'onda tace,
che vezzosa
t'ha quetato il cuore,
e i mancati piaceri
ormai trasmette
ai gabbiani assonnati
che dubbiosi
guardano il mare
pronti
a frollar l'ali
e a prender quota
sopra l'onda inquieta
che mai rimane immota,
e si dimena sempre vigorosa.

Dormiente
Un bottone staccato,
dal suo pigiama rosa,
mostrava la corona
d’un capezzolo svogliato.
Antico fulgore
di desiderio e amore
che solletica
i sensi ormai assopiti
e t’addolcisce il cuore.

Ritornerà a volare?
Si sarà accorta,
la mosca,
di essere stata schiacciata?
Avrà percepito
la sensazione di dolore
quando il suo corpo esplodeva
e si scioglieva nel nulla?

Forse è ancora qui,
nella mia stanza,
e continua a sognare
di dormire
e pensa, domani,
di ritornare
a volare.

Palestinesi
Lasciate
che le nostre carni
frollino al sole.
Non vi curate
se il sangue
dei nostri figli
schizza lacrime ardenti
e disegna il selciato
e i muri.
Per noi
sono stelle cadenti
che disegnano in cielo
la nostra volontà
di esistere.

La sofferenza
Ti rode e ti corrode,
ti scava dentro,
ti distrugge.
Giri e rigiri
frasi e parole in testa:
corrono,
saltellano,
disegnano
negli oscuri meandri del cervello,
prati assolati
e sognano silenzi,
brezze,
folate nuove,
per affrancar gli affanni.
Ti piega,
ti sfianca,
t’inabissa,
nell’inafferrabile sollievo
che rincorri,
nella vana ricerca
d’una pace eterna
che non trovi.

Anniversario 2005
Quella casa alle volte ripenso,
vuota,
senza più voci alterate,
senza canzoni,
senza rimbrotti,
senza più meste orazioni.
Il brusio dei nuovi padroni
mi giunge,
lontano,
e copre le voci a me care,
le voci che vagano meste
in cerca di pace e ristoro.
Son io che li chiamo qui in vita,
son io che li faccio soffrire,
che non li lascio in pace dormire
con questo ricordo assillante
che a nulla, a nessuno più giova.
E vago, rincorro,
nel buio di queste lunghe serate,
le orme che ormai sono andate,
rivedo dei panni ondeggianti
ad un filo,
un segno di vita che voglio reale,
un vecchio scrittoio stracolmo di carte,
di libri, messali.
E finanche quel vecchio zerbino,
che lei sbatteva nel muro,
consunto, ch'ormai più non serve,
il cuore mi trafigge, m'affligge,
pensando alle mani, lontane,
ferme e incrociate sul petto,
che sento vicine,
che sogno ancor tenere e vive.

Premiazione
Non so se riuscirò
a dar fiato alle corde
per socializzare
parole,
pensieri,
emozioni.
Non so se la confusione
di un teatro gremito,
illuminato a giorno,
darà voce al mio animo
per regalare a te,
platea,
i doni del sentimento
rinchiusi in tanti pacchetti solitari
che mi stanno inondando.

L'autunno
La foglia gialla
l'albero abbandona
e il ramo ignudo
la saluta mesto,
al cielo tende
un moncherino spoglio
che la rugiada avvolge
e al sole risplende.
Danzan leggiadre,
disegnando l'aria,
ultimi voli radenti
di farfalle,
e il merlo già scarteggia
tra le foglie
in cerca di lombrichi
e filugelli.
S'odono appena
gli ultimi singhiozzi
d'una rondine
che ancor s'attarda in volo
mentre la neve
già una cima imbianca
e il larice
di ruggine si veste.

Il baco da seta
La bianca farfalla svolazza serena,
un volo affannato
tra il fogliame dei gelsi
tagliato, raccolto sull'aia.
Le piccole larve deposte sui rami
dei gelsi frondosi
su morbide foglie cambiate ogni giorno.
Poi pupe che avvolgono il filo,
crisalidi bianche avvinte sui rami
e iniziano un sonno
che resta incompiuto.
Per molte una fine incruenta:
bollite,
girate come polenta,
coi fili dei bozzoli spenti,
raccolti con molta pazienza
da vecchie operai del mestiere.
E dai bachi forati,
non più inutilizzati,
escono poi le bianche farfalle,
che danzano lieve sull'aia
in cerca di foglie di gelso gustoso.
La danza riprende:
le bianche farfalle svolazzano quiete,
i bimbi ci giocano senza pensare,
alcune periscono, altre posson volare
ripetono stanche la solita storia
e nuovi raccolti
allietan le sere:
le vecchie raccolgono il filo dorato:
ancora una volta il baco da seta
il duro lavoro ha già ripagato.

La parola
La parola,
stanca e ingorda,
mi s'avvolge
nella gola.
Sgorga,
intensa,
tutto intasa,
nulla ascolta
mi sbilancia.
Corre libera
ed opprime,
tutto copre
nel suo spazio.
Solo voce
senza orecchie,
le ragioni
sue propone,
le diffonde
e non capisce
altra voce, che zittisce.
La parola stanca
e ingorda,
solo canta una canzone,
le sue rime sol ripete,
le sue note sol declama,
altri versi non intende.

Onda di mare
Onda di mare
che sulla rena spumi
e sinfonie ripeti all’infinito
il cuore m’accarezzi
ed i pensieri
all’orizzonte dolcemente sfumi.
Morte allontani
e le dolenti note
degli affanni,
ch’empiono la mente,
sulla battigia batti e ripercuoti
e li avviluppi tra i flutti
e li confondi,
scuotendo il petto
e liberando il cuore.
Scivoli dentro il corpo
e ripulisci
con la potenza del tuo moto immane
le tristezze e il rancore
e sembra, infine, udire
una voce che scorre sui marosi
che ti rincuora
e ti sussurra: “pace”.

Reno Palata
Reno Palata,
ecco, alfin l'ho pagata:
scadeva il 31 di Marzo,
la cartella appena arrivata:
Bada, la devi saldare
se non vuoi la penale pagare.
Ma in fondo che razza di tassa
é stata inventata?
Reno Palata!
Ma chi l'ha inquinata?
Suvvia non fare lo sciocco
e paga la tassa
per l'acqua che s'é depurata.
Ma depurata da cosa?
Se la mia fogna
nasce e muore qua in casa?
E poi chi ancora l'ha visto
l'impianto che é ancora in progetto?
Tu paga, imbecille,
La tassa é stata intanto prevista.
Ti sembra un po' sciocca la cosa?
Suvvia tutti lo sanno
che occorre sempre pagare a qualcuno
o versare ad altri qualcosa.
Non c'é via di scampo!
E poi non t'hanno ridotto le tasse?
E allora paga, coglione.
Il prossimo anno andrà forse meglio
le imposte le vogliono ancora tagliare.
Un bel guadagno davvero.
Ma cosa dovrò dopo versare?

Dove sei?
Dove sei
viva acqua di fonte,
che giuliva saltelli nella mente,
dove corri
pensiero mio innocente
che insegui un sogno
che ormai non sa di niente?
Svegliati cuore,
non sognare ancora,
passano i giorni,
non vedi che van via?
Ma tu cammini lesto
nella valle
dei tuoi vent’anni
pieno d’allegria.
E ai tuoi capelli bianchi
e ai tuoi dolori,
e allo specchio
che sembra farsi gioco
delle illusioni che ti porti dietro,
tu non vuoi far caso.
Tu guardi solo negli angoli del cuore
e ti ritrovi coi calzoni corti
e alle rughe del corpo
tu sorridi,
e insegui sopra i prati
un bimbo in corsa
che i suoi anni sbeffeggia
e allegramente
la morte irride
che non vuole niente.

Fichidindia
Spinosi,
prunosi,
fastidiosi.
Un filettino
appena visibile
che a stento scorge
sulla pelle.
Che punge,
prude,
infastidisce.
Ma la dolcezza dei tuoi frutti
non vale forse
una spina sulla pelle?

Risveglio
Il coriandolo sussulta
per l’ungola pesante
che scrolla frotte e sassi
ed un grugnito sordo
s’alza e s’ammolla
tra i folti rami
della quercia che i suoi semi
sparge
e più nessuno coglie.

L’equinozio
già s’affaccia
e traccia il giorno nuovo,
ché prima il sole sorge
e il di s’allunga.

Cupo s’effonde in cielo
il richiamo del cervo
che alle antiche frotte
la compagna già cerca,
e il primo sole
gli amori solletica
e l’incontro,
e l’odore intenso
della cerbiatta,
che il primo calore
già fermenta,
risveglia i sensi
e già le corna arrota
al tronco delle querce
e il territorio segna
con baldanza e minaccia.

L’aria annusa,
intrigante,
e il bolo biascica
lentamente,
quasi annoiato
per l’urlo che sferzante
lancia il corvo
dall’alto d’un cipresso
alla compagna.

La perdita del potere
Che il balzo del tempo
mi sconvolga
impulsi e idee;
mi inondi
un’iperbole lontana
che con le dune del deserto
poi mi confonda
e plani
come avvoltoio
che saltellando attende
che il corpo immobile
lentamente frolli
sì che il rostro facilmente affondi
e cavi occhi e cervello
e squarci il ventre
sicché l’anima
(o il pensiero)
al ciel tosto s’involi.
Nell’ancestrale silenzio
del vuoto della ragione
ogni ben ci sfugge
e l’illusione del potere,
del perenne conflitto
che ogni animo piega
e invigorisce,
lo spirito distende
e poi t’umilia
nella ricerca vana
d’un misticismo antico
che ridoni
forza e ragione
al limbo che ti attende.

Il conte Ugolino
Tu, Pisa,
che del meschino
hai ascoso il capo
ed i congiunti seco
hai seppellito,
la tua torre sussulta
ed ora il vento
percuote
le inferriate
che la luna
ha carezzato pigra
quando l’anima stanca
ha abbandonato l’ultimo sospiro
e l’urlo ha schiaffeggiato
ogni coscienza.

Tatti
Sotto gli archi,
che i mattoni e il travertino
ricama,
corrono le vecchie strade
dissestate.
Borghi silenti
che celano nel cuore
odio e rancori
antichi ad osteggiare.
Vecchi manieri,
finestre semichiuse
prigioniere di grate
e di cancelli
dove il sole randagio
e pigro appare.
Vecchi gradini
litigiosi e lisi
che raccolgono
ancora le invettive
di vecchi claudicanti
e decadenti.
E i mancati richiami,
adesso spenti,
si sono dispersi
sui tetti ricamati di embricini,
rotti e cadenti,
dove il sole brilla
e lo sguardo si distende
sorridente.

Favole
Attorno alla caldana,
gli occhi stanchi,
ad inseguire principi e guerrieri,
vecchi castelli e ponti levatoi.
E navigar lontano
e immoti costruire un’avventura
e ritornare ricchi e vittoriosi
su un bel cavallo bianco scalpitante.

E la sera è lunga da passare
mentre la fiamma guizza nel camino,
sui muri si riflette
e si contorce,
disegna streghe orrende
e fate buone.

E poi il silenzio,
mano nelle mani,
ché la paura regna nel cervello
e il sonno che ti prende
e che ti scaccia
l’ansia che opprime e grava
dentro il petto.

Come un gabbiano
Come un gabbiano stanco,
ho lasciato le mie orme
sulla spiaggia
sotto forma di versi.
Altre impronte
si sono accostate,
si sono toccate,
abbracciate,
intenerite.
E l’onda ha dissipato
la tristezza dal cuore
ed in regalo ha dato
emozioni ed amore.

Vecchia quercia
Cara vecchia, forte, quercia
che all’ombra dei tuoi rami
dai riparo al corpo mio
e alla mente,
che m’avvolgi e proteggi
e mi ristori
dammi la pace
che il mio cuore anela
e che mi sfugge.
Adagiato sul tronco tuo potente
mi conforti e m’assisti.
Il canto degli uccelli
delizia il cuore mio
e lieto infonde al petto
un sentimento di gioia
e di conforto.
E sento il vento
scuotere le fronde
e soffiar soave tra i contorti
tronchi che tu stendi al cielo.
E nel silenzio che circonda
il pomeriggio ozioso
sfuggono i pensieri atroci
che opprimono e confondono
i miei giorni turbati dagli affanni.
E scordar fai ogni dolore
e m’accarezzi la fronte
madida di sudore
e di tormenti.

Quella vecchia cabina
Quella vecchia cabina,
ricordo,
galleggiante sull’acqua salmastra,
palafitte riflesse e contorte,
acque chiare
ed odore di mare.
Albe andate
e soffuso piacere
per la brezza
ch’asciugava la fronte;
specchi d’acqua
tra ripe sconnesse
danze allegre di tonni e sardine
che tracciavano solchi sull’acqua
coi gabbiani in picchiata tra l’onde.
Mare terso e richiami imperiosi:
pescatori anneriti dal sole,
reti stese e marine odorose
barche in secca
e garzoni festanti.
Ed il sole
che scaldava la rena
e addolciva le estati lontane,
con gli sciacqui dell’onda,
spruzzate a più mani,
ed i tuffi sbagliati,
di corsa effettuati,
dalla vecchia panchina dimessa
annerita da cozze e catrame.
Ora resta un sogno lontano
che con forza opprime la mente,
un languore che il petto confonde
e che lieve sparisce tra l’onde.

Natura
Le cattedrali,
le imponenti costruzioni della storia,
testimonianze del tempo,
della pazienza,
della potenza degli uomini
a costruire ed elevare agli dei,
a lasciare una traccia del loro passaggio.
Millenni di storia nel deserto,
nelle isole sperdute,
nelle grandi metropoli urbane.

E poi un nulla.

Un vortice immenso
che sfiora più continenti,
che frulla nell'aria,
paurosamente,
e viene proiettato sugli schermi
dall'occhio vigile dei satelliti
che vagabondano nello spazio infinito.

Un attimo,
pochi tragici scossoni della natura
e di quella storia,
delle immense opere umane
resta solo la polvere
e il silenzio.

Il pianto d'un suddito medioevale
Il mio mondo lo vedo,
e rido e sogghigno
mentre il Messere
pensa ch'io non capisca.
Ma il dolore
(oh, paura ancestrale)
e i ceppi
e l'offesa d'una cella
lurida,
ancor più miserabile
della stalla in cui vivo,
mi terrorizza il pensiero.
Almeno respiro l'aria del bosco,
e la terra che zappo,
e la polvere lavo
con l'acqua del fiume
o della fonte.
E la brezza del vento,
quella sì,
nessun me la leva
e ne la carezza del sole
o della donna che giace al mio fianco
con l'ossa rotte
di fatica e di pianto.
E la rivolta,
quella non tace silente.
E serpeggia nell'animo,
la mente avvolge
e di brividi intensi
l'attraversa.
Ma l'impotenza m'azzoppa
ed il riso ipocrita dei vicini
m'addormenta.

Reclusi
Dall'indefinibile
d'una cella,
opaca,
dove la vita vegeta
e ristagna,
le vostre voci
l'udito m'han colpito
all'improvviso.
Bisbigli di speranza
hanno spazzato
i lunghi corridoi
dove il brusio
neppure è tollerato,
ed han suonato
a un cuore addormentato.
Ed il miraggio d'una vita diversa
sulle note va di quattro versi
che lievi si librano nel tempo
e dalle sbarre s'involano,
senza cercar permesso,
disincastrando i ceppi
e già tracciano il solco
del nuovo segnale che risuona
oltre un muro di cinta
che vita da vita vi separa.

Fontana muta
Un rubinetto
a secco,
solo per pochi istanti
ci da la proporzione
d'un bene trascurato,
d'un bene sperperato.

Una fontana muta,
solo per poche ore,
offre il concetto vero
d'un bene assai apprezzato,
chiara astrazione espone
d'un bene sostanziale
che non va mai sprecato.

1° Marzo 2005
(In memoria di Mario Luzi)

"Sento che la vita
sta per lasciarmi"!

L'ultimo canto
è un'espressione
di rimpianto,
un saluto agli amici,
un addio al mondo.

1° Marzo 2005:
il giorno si sveglia
senza un poeta.

Il mondo
andrà avanti lo stesso,
ma le sue parole
non avranno tramonto,
risuoneranno in eterno
nella coscienza degli uomini
giusti.

Ricorderanno alle genti
che "la poesia
salverà questo mondo
sconvolto dalla guerra"
e oppresso dalle ingiustizie.
(A Maria Grazia Maramotti che mi ha fornito lo strumento per l'ispirazione di questi semplici versi.)

Africa
Africa,
madre mia,
madre delle genti,
genitrice dei miei padri,
piangi,
piangi in silenzio
i tuoi figli
che ti hanno dimenticata.
Tu li ricordi,
nei tuoi silenzi
che durano da un'eternità,
e sopporti con paziente amore
l'umiliazione dell'oblio.
Invano attendi
che l'egoismo affoghi
nei tuoi deserti.
Invano speri che i tuoi figli
si ritrovino nelle savane
dove le paure e le miserie
stentano a morire.
Invano tendi le braccia,
e speri in un sorriso
che allievi la tua disperazione
ed alimenti la tua speranza.

Abbandono
Non riesco a pensare
la mia vita
senza di te.
Non riesco ad immaginare
il tuo sguardo incredulo,
scavato dalle prime rughe
che mortificano il tuo corpo,
e la tua paura
dell’abbandono.
Gli occhi spersi nel nulla
e l’incertezza del domani.
Le tue sicurezze
scricchiolanti
m’accecano la coscienza.
Ed anche questo è amore:
un amore inespresso,
che strozzo nel cuore,
che non ha bisogno di sesso
per riprodursi,
non ha bisogno di baci
per manifestarsi,
ma che in me esiste!

Stragi di stato
Le bare
dei figli del popolo
non hanno nome.
Solo una misera targa
le distingue
ed i fiori
si assomigliano,
tutti,
tutti dello stesso colore.
Anche il sangue
è uguale
e defluisce,
in rivoli lenti,
nello scarico delle fognature.
Per loro non monumenti,
non intestazione di strade,
non ricordo nella memoria collettiva.
Solo le arringhe dei tribunali
e lo sciacallaggio delle deviazioni
pilotate da servitori di uno stato
che vive e si riproduce
per gestire gli interessi di pochi.
E le sentenze, tanto attese,
per punire un esercito di stragisti invisibili,
per dare pace agli innocenti
saltati per aria,
invece di rinfrancare la pena dei parenti,
si traducono in beffa
dovendo sopportare anche le spese
dei processi finiti senza colpevoli.
Ed anche le commemorazioni,
nelle cerimonie ufficiali,
sono affidate ai piduisti
in doppio petto
che si sono impadroniti
dell’arengo e del tempio.

Stadio
Una grande pentola
vuota
che non bolle
se il tonfo sordo del pallone
non empie la gola di gioia
e di disperazione.

Vorrei che il potere
Vorrei che il potere
si ricordasse ch'io esisto.
Che non mi illudesse
con le solite manfrine
pre-elettorali
e si ricordasse di me
per la capacità
da me posseduta
di maneggiare penna
e scheda elettorale.
Vorrei che il potere
si guardasse allo specchio
ed avesse decoro
di quello che dice e poi fa.
Vorrei per una volta
non essere solo suddito
ubbidiente ed ordinato
ma tritacarne potente
per macellare un mondo d'ipocriti
a cui solo interessa il potere
…e i quattrini.

Sospetti
Non mi sporcherò le mani
e neppure la coscienza
a rispondere al brusio ibrido
dello sciame informe
che si attorciglia ai rami.
Attriti i pensieri,
confuse le parole
e lo schiamazzo
degli inetti per strada
sciacallaggio costante.
Solo l'occhio spazia il sereno
e l'intelletto rigetta,
e non accetta,
il maligno turbinare
del malaffare
che camuffa gli animi nobili
e confonde
e stride
e s'indugia nel rancore,
nelle pesanti illazioni
che il mondo regge
e prospera solo su loschi
interessi
e la corruzione diventa merce comune
da mercanteggiare
ed offrire
anche là dove l'orizzonte
è sereno.

Un granello di sabbia
La sabbia
mi s'attacca sulla pelle,
sbriciola sulle mani
e si rapprende,
scivola
e poi si stacca
al nulla tende.
La sabbia
mi tormenta
sulle spalle,
nelle pieghe dell'omero
s'annida,
tra i capelli
poi scorre
e par che grida.
La sabbia,
liscia e ruvida
serpeggia
dal vento spinta
dentro gli occhi pigia,
m'angustia pigramente
e infastidisce,
mi tedia
ma a volte mi stordisce.
La sabbia
il cuore m'accarezza
e mi tormenta
e mi ricorda
d'un amore andato:
una lacrima
traccia sul mio viso,
ma è solo sabbia
che mi ha molestato
cuore e pupilla…
e lei non l'ha notato.

Ginestra
Esplode la ginestra
e al sol risplende
adagiata sui grotti
sorridente.
Dalle scarpate occhieggia
al nuovo giorno
ed i prati dipinge
e ricolora.
Ecco: la nuova stagione
già s’affaccia;
inverno e primavera
si son fusi
e il nuovo tepore
ormai introduce
l’estate
che l’autunno
poi scolora.
Ché le stagioni ormai
son sregolate
e al caldo balbetta già l’inverno
ed al tepore della primavera
sovente s’accompagna
neve e gelo.
Ma quel giallo
che già colora la campagna,
che ai poggi dispersi
s’accompagna,
al cuore mi regala
la novella
del nuovo corso
che la frasca sveglia
e che saluta l’inverno che va via
senza rimpianto, senza nostalgia.

I sogni nel cestino
Lacero i miei pensieri,
le parole contorte
scarabocchio,
li rendo illeggibili,
li macello.
E loro mi scrutano,
addolorati e mesti,
dal fondo del cestino
e si occultano
tra le frasi tranciate e mozze
che balbettano parole
ormai più senza senso,
senza speranza alcuna.  

Affanno
I miei pensieri
sfarfallano
come vecchi giornali
in una giornata
di vento.

Va via tristezza
Va via tristezza,
per te qui non c’è posto,
non mi crucciare
con i tuoi bisogni
di intristire comunque
il mio cervello.
Non sostare sull’uscio,
il cuore lascia sgombro
delle pene
che sempre vuoi donare,
la strada e corta ormai
e del domani
perché assommare
pesantezza e guai?
Abbraccia il giorno nuovo
che già arriva
chiudi la porta all’anno che va via
che una parte di guai con se trasporta
non permettere oggi che l’affanno
s’affacci a rovinarmi la giornata
lascia che l’alma mia sia rilassata,
almeno il giorno del mio compleanno.

Ilio
Le mura imponenti d’Ilio
fumano ancora
e il vento fischia
tra l’architrave sconnesso
che sbriciola
ciottoli e calcinacci.
Fermo il bastone,
pei sentieri ormai in rovina,
pianta e sorregge
il peso di Crise
che sui campi lo sguardo spinge
e spiana.
Cerca ancora la figlia,
derelitta,
che Achille
schiava al campo un dì condusse
incurante del pianto
del vecchio genitore
e dell’ira d’Apollo,
che la vendetta
pianificò agghiacciante.
Sibila il vento
sulle sponde dei Dardanelli
e l’ombre antiche allunga,
e regala ancor oggi leggende
e le vestigia antiche
d’una città ingannata
che le prefiche
lugubremente piangono
amplificando l’urlo
e il dolor che in campo
Ulisse inflisse
con accorto inganno.

Sibila il vento:
e dalle rovine immote
e dal silenzio che circonda
il pianto delle madri
e l’urlo degli eroi
s’alza l’inno immortale
della progenie
che il Tevere solcò
e lustro diede a Roma
e d’Ilio l’onta lavò.

Il pendolare
Nell’occaso opaco
d’un fine d’autunno,
quando le corse
invano aspetti e speri,
e l’ombra scende
e appesantisce l’occhio
e la palpebra piega,
del fragor delle ferraglie
sui binari
scuoti il silenzio
che t’opprime dentro
e t’amareggia.
Volge l’ora al ritorno
e il guardo spieghi
ed i gradini in fretta sali
e il corpo tendi
e poi abbandoni stanco
confuso all’acre odor di fatica,
che ora t’avvolge ed ora ti confonde,
mentre un lieve sorriso
già protendi
all’uscio che già vedi appena aprirsi
ed al sorriso che poi l’accompagna.  

Agave ferito
L’ira mia infida
le spine t’ha levato:
m’hai punto un dì
che a te vicino stavo,
e t’ho punito
mozzando le tue cime
con una roncola
tagliente ed affilata.
La linfa ratta sfuggì dalla ferita,
i rami mi mostrasti indebolita,
quasi pietà cercasti e non compresi
quanto impietoso fosse il mio rancore.
Ma ora che ti vedo tutta afflitta,
con quei tuoi moncherini
volti al cielo
m’hai aperto dentro il cuore
una ferita.
E lieve t’ho sfiorato con le dita
quasi a scusarmi,
quasi a por riparo
al mal che ho fatto,
quasi a cercar con forza
di farti capire il mio dolore
e di farmi da te poi perdonare.

La verità celata
(Il caso Sgrena)

Vorrei capire
cosa mai nasconde il cuore
dei folli che disegnano la guerra.
Odio seminano e spargono terrore,
strumentano le loro strane sinfonie
che l’arpa non conosce
e il piano ignora.
Solo fuoco,
che acceca le coscienze,
e sordi rumori di battaglia
e il sangue che si sperde per la via,
le dune sporca
e l’animo rattrista.
Il senso, mi chiedo ancora,
solo il senso
qualcuno spieghi
del suon della mitraglia.
Qualcuno sa,
son certo non lo ignora,
di quel fuoco incrociato
su un amico,
su un vero servitore dello stato.
Chi il potere detiene allor chiarisca
a chi è servito il gioco poco accorto
delle tre carte in fretta destreggiate?
Dov’è la verità,
si vuol spiegare?
Cosa mai cela l’abile commedia
di un Presidente astuto
che sul mondo pretende di vegliare,
ch’usa parole accorte
e frasi fatte
che il vero nasconde
e dietro i fatti con destrezza impasta
manovre ghibelline ed interessi
che il sospetto lasciano nel petto
d’una sovranità sotto le ali
d’un potente che scaltro i fili tende
e fa scalciar dei pupi sorridenti
che vogliono sembrare conduttori
e sono, invece, piccoli cialtroni
a cui un puparo nelle mani infila
oggi un tamburo vecchio e sgangherato
e domani un bel trombone un po’ stonato.

Solitudine
Nel silenzio m’avvolgo
e mi ristoro,
rimbomba il rumor degli zoccoli
a ogni passo
e l’eco mi stordisce e m’addormenta.

Luci ed ombre fiancheggiano le case,
mute finestre
serrate da persiane
occhi indiscreti filtrano.

Sguardi silenti sembrano scrutarmi
accompagnati da colombi in volo
che frullano per l’aria
all’improvviso:
ché la vita spesso t’accompagna,
e ti sussurra fortemente al cuore
anche se l’ombra bruna si distende
e il sol sembra guardarti pigramente.

E tu, ignaro, razzoli nel vuoto
ch’empie gli spazi
e che tra i colli corre
a colmare lo sguardo di splendore
ed a traboccare l’animo di gioia.

E a sera un ultimo raggio t’accompagna,
ché le greggi son chiusi negli ovili
e gli armenti deserto fanno il piano,
mentre furtiva s’aggira e va la volpe
che la sua preda ignara già corteggia.   

Vecchie poesie
Sei alle mie spalle
e risistemi la casa pazientemente
mentre io sfoglio delle vecchie poesie
che leggo con intensità e tristezza.
Vecchie poesie
scritte per un amore ormai finito
che hanno lasciato una traccia indelebile
negli angoli nascosti del cuore.
Frasi e pensieri d’amore
per una fanciulla
di cui non so più nulla,
ma che occupa ancora un posto
nella mia mente
e che riesce ancora ad intenerirmi
ed a trasmettermi emozioni.
Mi chiedo quanto sia sciocca
questa mia trasgressione,
quanto inutile e penoso
sia ricordare qualcosa
che ormai non restituisce
affetti ed amori passati.
Ma io vivo per questi ricordi,
il mio animo ringiovanisce
e ritorna fanciullo
e riprova anche i tremori
e le emozioni
che sono ferme su una spiaggia
baciata dal sole
e bagnata da un mare viola
che sembra voglia sommergermi
dallo schermo del mio desktop
in cui l’ho imprigionato.

Se il tempo tornasse
Se il tempo tornasse
d’un colpo,
imperioso;
se l’alba apparisse
radiosa,
con frotte di bimbi
in corsa gioiosa
per vecchie strade sterrate
prive di macchine in corsa;
se ancora provassi
il brucior sulle braccia e le spalle
che le foglie del fico m’han dato
e il lattice antico dei frutti
restasse di nuovo attaccato alla pelle,
e il dolce liquore dei fichi
leccassi goloso
assestato su un ramo frondoso;
se la vita all’indietro corresse
e quella tua voce tornasse
a ripetermi ansiosa
i richiami affettuosi d’un tempo;
se l’urlo antico m’avesse fermato,
o madre, madre pietosa,
per sempre con me saresti rimasta
a vivere in pace
e contenta affrontare
le gioie e le ansie del tempo,
con me avresti con gioia aspettato
che lieve spirasse
la brezza del vento grecale,
con me avresti provato altre volte
la dolce carezza dell’erba,
con me avresti osservato
l’intenso colore dell’alba,
l’azzurro del mare
il dolce calore del sole,
ed anche la morte
sarebbe arrivata più dolce
e meno struggente e pesante.

Scarpate odorose
Mi sono affacciato
alla finestra di una vecchia fotografia
adagiata su una scarpata
olezzante di origano
e fiori di prato.
Sullo sfondo un mare turchino
ed un cielo sereno
che si specchiava
come un pavone innamorato
di se stesso.
E la brezza marina
m’ha riempito i polmoni
di profumi d’infanzia
e per un attimo
mi ha fatto dimenticare
ansie ed affanni.


Sassi
Pesanti fardelli
rimasti imprigionati
in un angolo di muro
mezzo demolito.
Vecchi scheletri
di giochi che svolazzano
nell’aria
come pipistrelli
vaganti nel buio.
Porte di calcio,
inutili fortini,
sentieri tra la menta
che ridacchiano
alle mie fantasie
e che luccicano
nella desolazione delle mie giornate
ormai prive di amore.

Nevicata a Boccheggiano
Bianca la vetta
brilla in mezzo al piano,
ch’oggi imbiancata è pure la marina,
d’un candore innocente è tutto il borgo:
le brutture nasconde dalla vista
e tutto copre d’un silenzio strano.

Solo s’ode, per i vicoli ostruiti,
il solito ciacciar della vicina
ch’ombreggia la magnifica visione
che la natura quest’oggi mi regala.

Vola la voce:
impreca per la nevicata
(brontolare necesse per qualcosa)
mentre lontano il suon d’una campana
il timpano colpisce
e già addolora
il fine udito d’un cane alla catena
che guaisce al sole appena apparso
che i vecchi muri cadenti ricolora.

Stille lucenti accecano la vista,
sui mucchi bianchi scintillano incostanti,
iridati colori s’infrangono sui vetri
e l’occhio feriscono all’istante.

Batte la palpebra,
il nero e il bianco appare,
vita e morte s’alternano gioiose,
squallore e sfolgorio
par si proietti
sullo schermo del cuore e della mente.

Timido il sole ora si scolora
e il grigio si riprende il suo potere;
qualche nuvola allarga il suo mantello,
i rami imbiancati par strozzare
e la tristezza prepotentemente
l’antica posizione riconquista;
ché la felicità nel mondo dura poco
e non v’è lira che basta per comprarla
se il cuore è ingordo e più non s’accontenta
di quello che il destino gli regala.

Nel mio covo
Nel mio covo tranquillo,
tra i castagni che inghirlandano
quest’angolo lontano di Maremma,
guardo la vita scorrermi d’intorno
e per un po’ ritrovo
la pace che s’è persa nel frastuono.
Anche se un vicino cantiere
smuove sassi e selciato,
anche se il rumor d’un trattore
scuote a volte l’orecchio,
anche se la voce stridula
d’una vicina cianciante
sgradevolmente suona,
anche se il miagolio d’un gatto
urla incessante alla porta della mia dimora,
io ricarico le pile della mente
ed il pensier s’invola allegramente
per valli e poggi
e giunge fino al mare.
L’Elba sorride pigramente,
adagiata su un mare scintillante
e da lontan saluta il Giglio
e l’Argentario corteggia.
Punta Ala sonnecchia pigramente:
ché il frastuono estivo
s’è perso con la gente.
Scivola lenta l’onda sulla riva
e Cala Violina musicalmente vibra
all’onda che la sfiora
e melodie compone con la rena.
Ecco il mio mondo ritrovato
anche se la guerra è in agguato
e il pensiero a volte m’avvilisce.

 

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