Poesie di Angela Mori


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Bellezza del lago
Dalla tua massa provocante
Lento velours cade spogliandola;
Seta sotto l’incanto è ora svelata.
Enigma tra il paesaggio, che natura crea
Dove hai i colori della terra scura?
Nella tua chioma si rivive il sentiero
E l’ascesa è solo il cielo azzurro,
Che ricade come frammento di stella
Nei tuoi occhi lucenti.
Bianco della neve sulle tue spalle,
Onde s’incurvano sul tuo seno,
Mentre danzi tra esse.
Bellezza nuda che non bramo ma venero,
Quel rubino vermiglio che amanti baciano
E’ la tua bocca!
Mani più leggiadre delle ali di colomba
E tutta risplende,
Sotto l’ombra delle fronde,
Dove alte cime hanno protetto
Tutto l’incanto del lago.

Sola al tramonto
Sto sola ad ammirare il cielo
Ascoltando il fragore del mare
A farmi abbracciare dal tramonto;
Solo contorno è il resto del mondo
E sto rinascendo mentre muore il giorno.
Sovrana nel rosso del crepuscolo,
Solo un albero al mio cospetto
Ha udito le mie note
Di ansimi pianti e promesse;
Ha assistito al prestigio della mia rinascita,
Suddito amico silente!
Nella striscia dell'ultimo bacio
Che il sole agonizzante ci dona,
La notte che scende si mostra
Con le sue melodie ammalianti
E il mare diventa tutt'uno al cielo.
Albero solo come me,
L'amore è un mistero e tu misterioso mi affianchi,
Commemora l'anima mia in meditazione
In un Paesaggio oltre mondo.
La favola della vita domani riavrà inizio,
Ma stanotte intanto
Sola con te, voglio dormire.

"Scusiamoci e beviamo buon vino!" Aride le bocche cingevano il cristallo e la lingua si abbeverava dì scarlatta delizia come arbusti essiccati dal sole e beate dalla prima pioggia d'autunno. "Non pensiamoci" - e si serravano occhi; via pensieri che maligni erano e quasi nobili divenivano! Non bruciava quasi più quello schiaffo su viso né tanto meno quello morale; a ogni goccia andava via un frammento di memoria da poco avvenuta. "Suvvia, baciamoci!" E il sapore del nettare divino inebriava i concetti. "È notte si dorme". E dopo l'amore che durava scarsi attimi per debolezza fisica e poco sfizio, si tornava a riposare. Con il vino l'assoluzione aveva un altro gusto; al mattino il suo favorire darà ancora un altro disperato giorno.

Le stagioni dell'amore
Due contadini,
Un uomo e una donna,
Tra la natura;
Spalle curve e testa china,
Sui campi delle stagioni.
Primavera, estate, autunno e inverno,
Riposano dopo pranzo,
Sotto la stessa quercia,
Dove baci del primo amore,
Ardevano sulle labbra,
Rosate come boccioli ,
Appena fioriti in primavera,
Dove promessa mantenuta fu data,
Dove età avvizziva lenta,
I volti, ora gracili e rugosi,
Bruciati dal sole
Che come in estate incendia campi.
I capelli,
Un tempo oro come grano,
Folti come fronde rigogliose,
Ora, bianchi come neve d'inverno,
Esigui come i giorni restanti,
Dove nel grigio d'autunno
Gemono come foglie al vento,
I ricordi ,
Due persone,
Donna e uomo,
Sempre sulla stessa via.
all'orizzonte il riposo,
Nella stessa cascina dal tetto cremisi,
La sera cinta,
Del cinerino fumo di un camino.
Quattro stagioni,
Due persone,
Un solo eterno amore,
Per la vita intera.

A te che amo tacendo
Amo te perché sai piangere,
Dentro e fuori di te,
Perché sei un sogno
Che non muore all'alba
E un pensiero che non si scalda
Solo a meridione.
Sei un inquieto sospiro
Al rosso del crepuscolo,
E una frenesia audace nell'oscurità,
Prima che giunga il sonno.
Ti amo perché sai sorridere,
Eclissato nel silenzio
Dei tuoi giorni.
Tu sei potente e sei tenue,
Solitario nell'eremo
Che attorno a te hai costruito
E la mia presenza verso te,
È silente e assidua
Come un'ombra che non chiede e ama.
Me ne sto ad adorarti,
Mentre la notte si consuma
Sul tuo volto,
Che non vedo ma sfioro,
Con un bacio e una preghiera.

Hai bisogno solo di me
Lascia che i tuoi miraggi si avverino,
Lascia ce le mie mani ti sfiorino.
Non hai ricordi di quel che è stato
Perché navighi in acque scure
E se ce li hai, li scompigli ancora
Perché vuoi sempre vagare.
Lascia che la tua vela si allarghi
Ed io enfatizzi su di essa il mio respiro,
Abbandonati al volere dell’amore
E che sia lungo,
Poiché non siamo più bambini.
E ti so tra quelle acque stanotte,
Ti so in un altro mare
Come devo stare? Io sto male!
Tu dici di non temere
Io pavento tu possa affondare.
Se la tua cupida bocca
Bevesse altra acqua,
Se il tuo corpo accaldato
Si saziasse d’altra linfa?
Smettila di viaggiare,
Stai con me, cedi solo a me
Il tuo cuore sfregiato
E la tua virilità ormai navigata,
Che la notte non mi farà paura.
Illuminerò io le tue serate,
Sarò io l’oceano che hai sempre voluto,
Il faro più splendente,
La stella maestra,
l’ancora più sicura,
La sabbia più calda.
Fermati e rimani,
Rammenterai appena le tue viaggiate.
Non hai capito ancora
Che hai bisogno della terra
Ed io qui ferma ti aspetto ancora!

Faccia a faccia (specchio)
Faccia a faccia,
Davanti ad uno specchio,
Intrinseco di mancanze,
Ti vedo;
Come opera del periodo assai antico,
Statico, inerme e raccolto,
Mi scruti…
Sibillino angelo senza tempo,
Sei avvenente da fare paura.
Carico di difetti,
Rubi la mia forza,
Ponendo a nudo la mia anima,
Quante donne sulla tua strada,
Dalla puttana alla più pura;
in ogni luogo,
In ogni spazio,
Non c’è uomo che non ti odia.
Scaltro, corruttore, artico,
Dalla fessura dei tuoi occhi
Non una lacrima è mai uscita.
Il sogghigno sul tuo viso,
Infido, forte e suggestivo,
Non si smorza al mio strido;
Tu sei ciò che io non sono,
Io sono donna, tu sei uomo!
Ti rivedo ogni giorno in ogni specchio,
E non t’invidio|!

Perla del mare.
Bruni i tuoi capelli,
Su cui rosette e gelsomini
Si poggiano docili;
Fluente incandescente magma,
Non fu mai più vermiglio,
Delle tue labbra carnose.
Il tuo vestito di Cantu'
Del blu del mare, ti avvolge.
Arance rosse le tue gote,
Effluvio capriccioso,
Di zagare in fiore,
E gioielli dorati come limoni.
In mano stringi strenne per forestieri,
Pistacchi e canditi di mandarini,
Nero della pietra nei tuoi occhi,
Donna carica d'onore
Distrutta e rinata,
Come fenice che in te, veniva a morire.
Donna orgogliosa e fiera
Violentata da Greci Spagnoli e Arabi,
Di cui Normanni lottarono per averti.
Donna Madre Mediterranea
Gravida di figli peccatori,
Che il tuo nome hanno sporcato
Fin oltre oceano.
Sposa pura, nell'avvenenza della notte,
Voce di vespro,
Effigie di Triscele,
Ricca di antichi tesori,
Come tempio della Concordia,
Per i fenici.
Ambrosia degli Dei,
Furono Moscato e Marsala,
Colta gitana d'amore,
Donna cantata da Omero,
Tu, La Sonnambula di Bellini,
prima Donna di Pirandello,
Bellezza somma,
Tra Nebrodi e Madonie,
Tu ninfa d'Alcantara,
Santa di Monreale,
Assestata da Vaccarini,
Contemplata da Goethe,
E da Dante lodata,
Danzatrice Fenicia
Di Tamburello esperta.
A te donna Sicilia,
Perla del Mediterraneo,
Vanno queste elogianti
E sincere parole.

A te che amo tacendo
Amo te perché sai piangere,
Dentro e fuori di te,
Perché sei un sogno
Che non muore all'alba
E un pensiero che non si scalda
Solo a meridione.
Sei un inquieto sospiro
Al rosso del crepuscolo,
E una frenesia audace nell'oscurità,
Prima che giunga il sonno.
Ti amo perché sai sorridere,
Eclissato nel silenzio
Dei tuoi giorni.
Tu sei potente e sei tenue,
Solitario nell'eremo
Che attorno a te hai costruito
E la mia presenza verso te,
È silente e assidua
Come un'ombra che non chiede e ama.
Me ne sto ad adorarti,
Mentre la notte si consuma
Sul tuo volto,
Che non vedo ma sfioro,
Con un bacio e una preghiera.

R…
Fermati tempo in quel sorriso,
di quei baci a seguire
non voglio sentir sapore,
bloccati, un attimo prima dell' amore,
un solo eterno battito del cuore,
é ciò che voglio udire…
Frenati tempo,
In quelle foglie alzate dal vento,
In quel rosso, freddo tramonto
Non farmi morir di lui,
l' interprete dei miei pensieri
blocca la sua voce in quel ultimo "ti amo"
e poi spazza via da me,
ogni suo singolo ricordo.

Senza

Senza ragioni e senza tempo,
senza che niente fermi nessuno,
senza spazi ne luce,
senza suono ne pace
abbandonati in una notte senza stelle,
dammi il tuo corpo senza amore,
fammi morir di vita,
dissetami del tuo sapore.
Basterebbe che tutto fosse inverso
per poter esser perfetto,
per poter esser tua…
ciò che non vuoi io sia,
non sarò mai,
quel che voglio io,
lo sai tu che non sei mio!

Il giardino

L' oleandro velenoso intrecciato alle tue dita,
la regina dei fiori, cagiona la mia invidia
petali bianchi di margherita
si scompigliano anelando la tua cura;
torso bronzeo tra quel verde
che concilia ai tuoi occhi,
tra l' avvenenza ed il mistero
come nera pantera ti destri
non ti accorgi che dall' alto,
freme la mia brama.
Spine scure le tue ciglia,
la tua fronte celata da dorate foglie
arbusti vivaci non temi
affonda il tuo piede nella terra annaffiata
la mano si unge di sudore e pantano
e quell' arma innocente diventa tutt' una ad essa.
Svestito al sole che risplende
sulla tua rovente pelle
stille di sudore non tengono pudore
e tra gli incavi delle tue grazie,
scorrono maliziose
mentre dai vita a ciò che non c 'era,
vigore a ciò che è,
speranza a ciò che sarà…
Il balcone della brama
cela il paonazzo del mio volto,
la sgomento, la malizia e la vergogna..
solo il mio sogno resterà incolto!

Il bambino.

Da solo giocava,
il bambino dal mondo dentro,
da solo parlava,
a chi non sa ascoltare,
solo lui rideva,
di risate non capite
era solo lui,
con la sua ignota pena…
Il suo gioco durerà la sua vita intera,
non tramonterà, ne sciuperà
la sua innocente anima,
ma muterà, solo il suo corpo.
Che importa a quel bambino infinito
se la gente di lui ha compassione?
Lui gioisce, parla e gioca da solo,
tra gli altri che fioriranno,
effimeri fanciulli che
diventeranno uomini;
in lui invece si mostra il dono dell' infanzia…
Per sempre…

Capriccio d'estate

Chiudete la porta,
Lasciate dentro il fragore,
Del russare di corpi stanchi.
Dalla mente se riuscite,
Cancellate ogni reminiscenza,
Alla luce del mattino, uscite,
Stanca e guastata,
Dalla notte che passaste.
Adesso resta solo dormire.
Giocondità visse poche ore,
Ma vivrà immortali giorni,
Non si scorda in pochi attimi,
Ciò che non si rinverrà mai più.
Tracannavano le bocche avide,
Come cuccioli dal petto di madre,
Mangiavano come fiere,
Ogni virtù che offriste,
E cantavano con voi liberate,
Nello strepito dell'eccitazione.
Posata la chitarra,
La musica è finita,
L'ultimo sorso stillato,
La fatica ora giunge.
Indossate i vestiti vostri,
Ora ignuda non stiate,
Mentre la testa ancora rotea,
Ravveduta, che pensate?
Nubile e pulita acceduta,
Ma signora sporca uscita,
L'alcol che leva ogni virtù,
Mi scortò nell'inferno del piacere,
L'acqua la vergogna non abolirà,
E la sfrenatezza di stanotte,
Per l'anima mia rimarrà reato.
Il rammarico non darà pace,
Froderò l'innamorato prossimo,
E altri conquistati a venire,
Le compagne e le sorelle,
La madre e i vicini,
Per avere in notte d'estate,
Trasgredito con desiderio,
Alle ferree ma rette norme
Dell'onesto lecito vivere.

La passione di cappuccetto rosso.

L'ho voluto io quest'incubo,
cercandoti tra i fitti tralci di un bosco,
intrecciati e umidi di bruma
nel tetro della notte.
Li ho voluti io quei graffi sulla pelle,
con spine di cupe rose
e foglie putride e ingiallite,
sotto la vecchia faccia della signora in cielo,
che spiava gelosa ogni respiro.
Ho corso a lungo,
seguendo il tuo ululato,
Forte da graffiar l'udito…
Ho voluto togliermi di dosso
la seta di un rosso mantello,
sporcar di rossetto la tua bocca,
lambire cosi l' inferno,
farmi posseder dal vento
che bruciava dentro te.
Ho cercato e voluto
i tuoi palmi forti su di me,
Il tuo sapore d' odio e rabbia,
ho voluto sdraiarmi su pozze di fango,
contaminare il mio corpo con il tuo
ho voluto amarti in nemesi di gioia,
in quella notte di smania e trasgressione,
tra le creature che popolano gli incubi,
con te che corrodi il mio cuore
e ti nutri del mio dolore.



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