Poesie di Cristina Bove


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Cristina Bove

Sono nata a Napoli il 16 settembre 1942, vivo a Roma dal '63, anno in cui mi sono sposata. Da sempre dipingo, scolpisco, scrivo, leggo, tempo e famiglia permettendo. Da qualche anno non godo di buona salute, sono stata più volte sul punto di andarmene...ma eccomi qui, davanti a questo mezzo meraviglioso che mi offre la possibilità di conoscere e farmi conoscere. Sono grata a tutta quella fascia di umanità che non si arrende e continua a battersi per un futuro illuminato in cui tutti gli uomini possano esprimere sé stessi senza subire ingiustizie e discriminazioni.. accolti come doni insostituibili in un mondo di pace e solidarietà.

Blog: http://cristinabove.splinder.com/

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Ci sono giorni
o c'erano
che le inferriate alle finestre
facevano passare i cacciatori
li sentivi arrivare
sarebbero riusciti a farsi piatti
tanto da scivolare sotto i muri
e venire a svernare nel recinto
della tua vita breve

c'erano i succhiatori accreditati
apprendisti filosofi
aspiranti ladroni
freschi di doccia e profumati
            dove ci sistemiamo
            qui nella stanza dei colori o dove
            si mimetizzano gli affanni
            con le livree dei servitori?

C'erano cavità da raccontare
inadeguate ai vivi e per i morti
traversate strategiche
in diafanoscopie dense di cielo

Concessione
su questa superficie in comodato d'uso
un attimo d'azzurro al terminale
brucia di pena accesa insieme eppure soli
eroi di storie mai vissute case
fatte di niente
si paga il paradiso di scartoffie
anche l'inferno
pur d'acquistare l'immortalità di questa cosa
che riteniamo d'essere.

Notizie dai giornali
spariscono bambini un tanto al giorno
alle donne si cuce sesso e bocca
si fanno guerre per rapinare ed impinguare banche
favorire gli appalti per le ricostruzioni
di regge chiese ville grattacieli
ma in tutte le favelas del pianeta
sanguina il mondo.


Se però
fatti di sola luce siamo
quale sconvolgimento cerebrale
frammenta le molecole
decreta le scissioni subatomiche?
Appartiene alle forme, ai corpi densi, il dolore
in questo spazio d'apparenze e suoni
intrappolati in questa dimensione amata tanto
dimenticando che
"nessuno mai, uscirà vivo da qui"
nemmeno un corpo giungerà alle stelle

siamo già tutti addormentati
e non un bacio sulla bocca
ci sveglierà da questo sonno planetario

forse la morte.

Circa (forse circo)
Ora di punte infisse
ballano topi zingari nel muro
in ore antelucane arricciano le frange
e certo non è facile resistere
allo squittire ossianico
monotonia che affabula e sconcerta
__perché le cose sfumano e si stingono__

gli spiccioli raccolti per la strada
in mani sconosciute nel soqquadro
gemme di quarzo additano
a un'ospite affacciata - ormai lontana -
il tè fiorito d'ambra
consigli d'amnesie
__ma le cose taciute non si estinguono__

E c'è chi rischia il fiato
andando a meta
sotto uno chapiteau di scorza nera.

Cinque di mistero
Bussò con le noie di una sera
da labirinti kafkiani
reso immune alla morte
tentava di staccarsi dalle muffe
che le scarpe distratte imbarcavano ai piedi
e il senso del suo corpo ancora vivo
per quanto come frange
immaginarie mani
declinassero verbi più che gesti
intorno al suo mestiere d'essere presente
l'uomo
trovò una culla per i sassi che
segnavano il confine
tra l'anima e i suoi sensi
l'assist d'una presenza intangibile
intorno al dire clonico
di sé di un mondo inadeguato di
barche uscite dalle tempie al faro mai
raggiunto____________ e se nel mio
cedevole riparo dell'ascolto
trova una pace innocua anche la resa
lo circonda di ciò che non pronuncio.
Mi guarda e vedo il viso nella scia
farsi calma risacca
mentre esisto.

Tempi supplementari
finivano giornate
diagnosticate al minimo
ché fu determinante per osare
un corso accelerato di misure
ipotetiche vesti da gitana avemmo poi
diritto anche alla nuda
foglia.

tallonati da presso/a
se potessimo ridere a contratto
un tanto a mostra chiostra
d'avorio nelle bocche
prima che si calcassero le scene
e i fari si piangessero di scogli
e se le dita della nostra audacia
un'impennata
dalle cosce alla nuca ci sorprende
in un mare di niente
sui pennoni
s'afflosciano bandiere bianche

i cappi della nostra solitudine

 

Come se l’avessi messo, il titolo

1
Astrolabi da camera
Ho visto il sale scendere sui polsi
sabbia da impianto scenico
come nel vetro sciolto
hanno perso i capelli anche le onde.

Un turbinare avvince
le gambe delle sedie sottovento
già le vele di troppo
scontano pleniluni sulle case

senti l'assuefazione delle storie?
è il tavolo da pranzo
un'isola irrisolta se non calcoli
almeno approssimate
latitudini.

Ora lo vedo piovere su chiglie
il pianto dell'oceano
ma so che infiora l'aria di vermiglio
il sole

un colpo di timone alla spalliera
e prendo il largo.

2
Disamina sulle sponde
I luoghi infestati dagli anni
se non trascinano mani e piedi
come incatramati
sulle rive quando le petroliere
affondano e l'untume
condanna a morte il mare
sorreggono fantasmi che parevano vivi
esseri umani forti
che nessun vento li poteva abbattere

ahi! mi piange un miscuglio che non voglio
più decifrare
(catastrofi lontane che ne sussulta il mondo)
e qui d'un metatarso altra condanna
vietato camminare

la vita è il mio carnefice
travestita da messa o ballo in maschera
quando prende suadente nei miei solchi
prima della mia resa
gli offro i fianchi
non ho niente da perdere che lei
non abbia già .

Tutti noi sopraffati dal medesimo nero
ce lo troviamo addosso
avviticchiato come arcobaleno
- lo credevamo -
a tutte le stagioni, le bocche spalancate
ruggiti o pigolii
che ci rimane?

Voi pure lo sapete
quindi posso tacere

3
*Nel sogno mi toglievo gli occhi (nello stesso sogno mi svegliavo cercandoli a tentoni nel cassetto, mi parevano asciutti. Avevo dimenticato di immergerli nel contenitore delle lacrime).
E mi chiedevo: com'è che ancora vedo?*


Magari stamattina parto
da questa casa di conferme
un corpo al proprio posto
il resto ancora tiene
- per quanto non si può sapere -
c'è sulla via ferrata uno sbuffare
dai finestrini al circostante
riempie di viaggi l'aria

il convoglio si adegua agli spartiti
decreta note di triangolo
un colpo secco
chiedersi
se nell'orchestrazione abbia importanza
la nota sopra il rigo

ecco
mi sento quel tinnito

*è tutto titolo

4
Tanto per dire
C'era una sottrazione di candore
per leggere la fronte sottintesa
un arco di trionfo il sopracciglio
sovrastava lo sguardo

chi se ne andò per non lasciarmi sola
sapeva come perdere la strada
perché nel non ritorno
solo nel non ritorno sconfiggeva
disordini del tempo

due cuori gli battevano nel petto
uno per dire t'amo
l'altro per dire vattene lontano
e l'uno e l'altro a chiudere le braccia

udivo le parole
erano bianche di sapore e lievi
sapevano di zucchero e misteri
proferivano frasi di cannella
che a trattenerle in bocca si poteva
assaporare il sole

perché scrivere versi mi domando
perché tanto pensiero
se basterà morire
per rendersi immortali

5
Né d'ambrosia né…
Salgono sui carghi
fiduciosi di arrivare vivi
uomini di pelle disperata
donne dalle mammelle riarse
il bambino giace morto nella stiva
buttiamolo a mare
oh no
dice la madre ho ancora latte
ha gli occhi di dolore asciutto
mentre si capovolge il mondo
in mezzo ai flutti
chi li reclamerà relitti e corpi?

Sono grassi gli squali
ultimamente
banchettano a cadaveri

gli dei sono distratti
hanno da barattare armi e petrolio
rimpinguare le borse
ai tiranni protetti
suggerire le bombe nelle piazze
hanno le mani lorde questi dei
unte di offerte e ceri sugli altari
sulla coscienza tutti
ignari derelitti e malfattori

grida vendetta l'ultimo bambino
violato
l'ultima donna uccisa
l'ultimo condannato alla follia
da quest'olimpo infetto.

6
De_generazioni
Sul lettino di ferro sta distesa
la donna ch'è tutte le donne
ha della vita il centro da cui nascono ondate
a dirle forme è dare forma al vento
un simultaneo piangere di ossa
straripa dalla bocca
ma chi l'ode ne tace e si distoglie
ha da sbrigarsi a vivere.
Assistono dai lati
prigionieri di sbarre mnemoniche
i nati e mai invecchiati.
mentre la madre ch'è tutte le madri
annega nel suo sangue

I figli della carne
che condiscono il pane col dolore
nella precarietà dei giorni
soggiacciono a triangoli e misure
ai falsi padri che squadra e compasso
grembiule e qualche gerla di mattoni
costruiscono templi
dimenticando la sacralità dell'essere

le genitrici restano in disparte
hanno voci che a tingerle di rosso
brucerebbero il mondo
invece preferiscono gli stretti
i vortici nei mari
e nell'azzurro incognito sperare
che da una croce germini una rosa.

7
Perimetrale
Spostano mobili in galleria
intendo proprio nella testa
piccionaia di pensieri
da scambiare di posto
mi si concedono attenuanti
generiche
patrocinio gratuito

adatta a un certo pubblico
la scena si ripete nell'inchiesta

giudice di me stessa
in contumacia
m'irrogo stravaganti pene
come attingere fuochi da vulcani
e conservarli in petto
mimetizzati da bracieri spenti

o stare tra due fiumi
con l'anima a forcella
in sospensione

8
Ticchettii
Nel cassetto tarlato
minuscoli coni di giallo
la polvere scuote
pupazzi di legno appassito
riversi sul fondo

mi sento appannata
sgualcita
ma solo apparenza, suppongo.

Nel centro rinasco felice
ogni giorno

9
Ho imparato da sola le gocce

Lascio le giare semipiene
o semivuote
dipenderà da chi le guarda
da quanta voglia avrà
di ridere o di piangere

qualcuno già si affaccia per scrutare
piccoli mari, movimenti ondosi
nel recinto dei cocci

ho rivelato quel segreto vivo
il puntino di bianco nel contorno
per renderne il risalto

continuerò a dipingerne a migliaia
risplenderanno su terraglie
e foglie
non si potrà incavarle con un dito
né basterà
per la cancellazione
distogliere lo sguardo.

Proferire
Diciamo
che la corona
è come biscia d'acqua sulla fronte
pietra lisciata a nuvola di passo
palpebre azzurre d'ermellino
in divisa d'inverno

la panca ha quattro assi
a sorreggere il corpo di bambù
- viene la libecciata, il tuono allarma
si spingono le gambe oltre il pendio del sonno
i punti cardinali sconquassati
dalla tosse degli alberi -

lasciamoci affondare oltre le spanne
trabiccoli da quattro giri a vuoto
attese scarne
diciamo
mentre la voce torna a riaffiorare
e ci disegna un suono sulle labbra.


Telomerasi
Vagabondi fuori dalle gimcane
o dentro_____ fate voi
ché tanto nulla cambia
moltiplicarsi infine era un dettaglio
divino o un diktat
anche su questo fate voi

l'arca non ci stupiva più di tanto
eravamo zavorra da padroni
dentro c'erano tutti gli animali
noi restavamo appesi alle fiancate

razza di marinai da terraferma
vivipari da sbarco_____o da sballo
cellule in soprannumero si possono
definire tumori
infondati
o

per questo ad ogni replica
ci accorceranno i mitocondri
un braccio che si abbrevia e si fa morte
emmenomale
vivere da immortali
tra eterni inquisitori
orrore orrore
benedetta sia quindi la cesura
e buonanotte al secchio
e ai clonatori.

Intanto che
domandi come stai
cosa fai dove vai
il letto sta virando al blu cobalto
piccolo cielo a domicilio
taccio
perché parolenuvole potrebbero
addensare risposte necessarie
se fossero a difesa
della mia età che inesorabilmente avanza

la promessa di fuga, rimandata
è diventata uno spergiuro
nel dirottare ai sensi
l'appartenenza all'anima
e nessuna ragione potrebbe mai convincerti
che adesso
è soltanto paura d'esistermi per gioco

anche questo rispondere improprio
dai balconi di un foglio
nulla rivelerà di me

La donna a due dimensioni
Sanguinare discreto ha la metà
che ama non riamata e amar perdona
fiori disidratati nei cassetti
colpevoli di giallo e zone d'ocra

squilla dell'altra sua metà
risatina infantile in mezzo ai seni quasi
fuori ordinanza, la induce una rivalsa
anni perduti sotto le sue gonne

quella che poi decide è sempre sola
s'incorona di spilli ma non basta.
A chi la indora sempre oltre i passaggi
lei vorrebbe gridare un paio di sillabe
ma tace, resettando alfabeti in uno specchio

d'esibizioni trangugiate come sciroppi amari
sul retro d'emisferi ___________vuote mani
e qui, nell'ombra fattasi muraglia
perfino una vestaglia è un paravento.

L'intero fogliodonna è ripiegato
come una macchia di Rorschach
la leggeranno in pochi da farfalla a Pechino
se a interpretarla di spavalderia
ride il nagual, dell'ultima figura conquistata
solo a metà.

Sfera di sera s'era
la biscia d'acqua morde alle caviglie
non avvelena ma scompone il passo
e di narcolessia
in una bolla di felicità ci ottunde

effimera così l'iridescenza
che c'imprigiona nella superficie
in perenne tensione di molecole

ci confortano minimi interludi
effrazioni di sibili tangenti
inavvertibili
che non ci accorgeremo dello sballo
_________ quando sarà il momento
d'estendere in sequenze orizzontali
il manto sferico.

Strada
Salivo scendevo salivo scendevo
nei dislivelli semi d'incostanza
liscia la percorrenza mai
si leggeva Kerouac, di recente McCarthy
i ricordi
sfilano in assonanze e turbolenze
mnemoniche.
Repetita iuvant, si dice
io mi ripeto in infinite cose senza genialità.
Ricordo viaggi in macchina
sull'asfalto sbiancato in autostrada
le code interminabili
la mia famiglia in scatola
un poco si moriva tutti già.
La vita poi
incastrata nei giorni della merla
quando s'avventa il gelo
ritorna e sposta il punto
da un rimessaggio a una rimescolanza
d'insalata nell'area di ristoro

Cominciato per dire, finito in Géricault
Voglio scrivere anch'io lunghi paragrafi
con citazioni di latino e greco, frasi dotte
- tanti autori hanno dato forfait nella mia testa -
io per studiare ho avuto giorni avari
e per avere almeno un'infarinatura
in sere e notti, quando i figli dormivano, leggevo
pensa un po'che follia, la storia tutta
i tomi ponderosi grigioazzurri
della letteratura di garzanti
poi quella del pensiero filosofico e scientifico

se vi dicessi d'aver capito tutto
sarei ridicol_mente menzognera
vabbe', volevo tracannare il mondo
incamerarne pagine su pagine
facevo indigestione di nozioni
che mi colonizzavano scomposte.

Qui metterei degli asterischi
*
se me ne ricordassi
ma tutto s'ingarbuglia, una matassa di cognomi
inglesi, americani, il primo novecento
grandi poeti letti in pochi versi
senza approfondimento, quello manca.
Spaziare tra le discipline fu caotico
memorizzare ancora più difficile
ma si sedimentarono vivendo, in regioni mentali
d'un pensiero ribelle.

**
Scrivevo di emozioni, nel frattempo
senza che fosse chiaro anche a me stessa
affioravano lemmi, sprazzi didascalici
versi, storia, botanica, la fisica dei quanti
un pot pourri come svuotarsi tasche
o affidare vestiti al servomuto
speculazioni filosofiche da casalinghità

***
A scrivere di getto mi sorprendo
scaturiscono frasi dal mio dentro, un bel mistero
a scompigliarmi il giorno, anche la notte
è un continuo parlarmi da quei luoghi
in cui sostavo da novella Alice
e nemmeno mi persi quando un volo
mi condusse ai confini dell'eterno, anzi fu il salto
a rivelarmi il doppio e il triplo
e il multiforme respirare in zone estreme

****
Attendo fuori tempo ancora l'alba del cercatore
porgo l'orecchio al disinteressato proseguire
c'è chi vorrebbe ammutolirmi ad arte
definirmi da baci perugina, e non permetto
perché ho imparato che si svela il cuore
e l'intelletto solo passando tra le fiamme e solo
quando ai confini del dolore, alle zattere spinte
dopo ogni affondamento di Medusa
ci viene dato il dono del pennello.

Cosa copriva
Nel togliersi il cappotto
si vide bene ogni particolare
segni d'irriconoscimento li potremmo dire
non servono bottoni mormorò la donna

prima sfilò le maniche
era in piedi e guardava davanti
un moto si risolse nello specchio

ci si sforzava di distinguere
gigli in penombra
le passamanerie delle pareti

i movimenti cauti
si poteva cadere per un sibilo
o vorticare un attimo
dipendeva dal gesto volontario e dalle storie
che un ninnolo cinese riusciva a raccontare
forse un foulard turchese poteva ricoprire
non è detto
un altare per cerimonie mimiche

fu così che perdette il corpo
sotto non c'era niente, non domandate come
era rimasto solo un che d'argento, sembravano capelli
non fu mai confermato.

qualcuno espresse un desiderio
credendoli perseidi cadute dallo sciame

Vita_filando
Vi vedo
a sforbiciare tessiture
sontuose o pochi scampoli
dilazionati lungo corridoi
come lampade a muro
_________ si aprivano le stanze
in cui regnare adatti alle misure
se stringevate a voi di figli
gli spessori
l'odore
il timbro
la struttura portante
e li ghermiva quello stesso tempo
che ci sembrava damascato
___________ eterno
era nemmeno un amen

stiamo al telaio giorno per giorno
a tele smorte
a vele dispiegate nelle trame
confusi dagli orditi
___________e c'è chi annoda
le prossime distanze dall'inverno
di navette gelate

pure vi vedo
e non vorrei che fosse l'ora dura
tentare il filo dei sovvertimenti
____________tra licci, subbi e spole
a pettini battenti sul portale.

Prima discordanza
una scaglia di luce infissa in petto
miracoli da strada
pagare concessioni all'esistenza
con eloquenza minima
mussitazioni sottopelle
i precetti del tempo e le dimore
sui bordi della vita

siedo a ridosso delle conseguenze
impigliata nel quantum temporale
quasi una sconosciuta
trovata addormentata nel salotto
l'indomani del giorno della festa

Fitto da poterlo tagliare
Per la strada passava un silenzio
che pareva persona
quasi l'avessi davanti muta
costante come un'ombra
proiettata soltanto un po' distante
che poteva avere braccia ovviamente taciturne
ma danzanti nel procedere
________ sulle commessure di selci
e avanzi d'aria

lo fermai con le mani a croce
interrogai le parti sagomate di scuro
parallele al cuore
non scuoteva nemmeno la polvere
se avessi
fatto attenzione
avrei dovuto apprendere il suo dire
________ disegno sillabato in nerofumo
contenitore di mestizia

a saperlo, il silenzio
poteva essere tenuto buono
serbato per i giorni di schiamazzo
legato sui gradini di casa
perché stesse di guardia
alla parola

Hayflick Limit
Singolarità elementale
penso che sto pensando
saperlo quasi mi frastorna
gli occhi
non si videro mai coi propri occhi
la mano non può prendersi per mano
un bel casino
parola poco adatta alla poesia
ma qui
che non m'intendo di certezze
ogni piccolo spiffero di scienza
è un segno che si vive
forse

le cellule si moltiplicano
numero limitato_______se volete
potete calcolarvelo da soli
in settant'anni o più di vita

da cui si evince che
se ci decuplichiamo non ci basta
e nemmeno se ci milluplichiamo
e allora?

Allora.

Chissà se poi davvero…
che sembrerai più giovane
in quel preciso essere lieve
quasi fossi un soffione
un pensiero parziale

emergeranno dalle antiche forme
i ragazzi del vento
correvano_________ricordi?
anzi volavano

ripeteranno il nostro nome
per non farci morire
in questo tempo dove
si perdono le ore e la memoria

e saremo felici
quando conosceremo che la vita
è solo un incidente di percorso

Sul cancello
Scrivo le mie pagine sorde
incidendomi ai margini
ma con attenzione a non scavare troppo
(di mano e lama si perisce
per etimologie represse)
                            e tra una sbarra e l'altra
basta modificare termini
se dico
conservo inadempienze sotto il letto
mi farete domande
e non decritterete quel cartello

accidentale scrivere di getto
tra sedimenti di memoria e stralci
incautamente o necessariamente
anche poesia.

Tentativi di ancoraggi
Gli occhi dei naviganti hanno visto deserti e fari
curve da baci e sepolture
adesso che vorrebbero approdare
vedono solo altri occhi e nessun molo

tremano di dolore
e trema il mare

c'è sulla terraferma, solo, un uomo
è spoglio
pure una volta aveva tra le mani
prodigi da messia
la darsena del mondo ripristinava tutte le sue navi
era l'uomo dell'ultimo ritorno.

Le bandiere corsare
le regine dai nomi altisonanti
che nel nome di dio fecero incetta
i prelati ingrassati dai regnanti
tutti i deliri dell'onnipotenza
affolleranno stive di carrette
condannati ad esistere
senza alcuna speranza d'approdare

l'uomo
di sabbia e mare
va costruendo un porto di miraggi.

Gli occhi assuefatti ardiscono preghiere
e mentre si avvicinano alla costa
dalle fiancate cadono nell'acqua spezzoni di catene

e nessuno s'accorge di morire

Dilazione
sono casa di giunco
risulta da losanghe degli infissi
ch'è tutta in diagonale questa stanza
tanto che mette l'ans(i)a
presuppone
in procedure curvilinee
una denuncia al fisco
come entrata indiretta
infatti
se mai giungesse a compimento
avrebbe
soltanto una versione
in_corpo_rata.

Costarica (29-11-1992)
A Jaco Beach
c'erano fiori dall'odore amaro
come di morte sfatta
le strida dei pavoni e nudi
occhi di fluorescenze

la pioggia
si rovesciava in perle liquefatte
sulla piscina disertata
- eran fuggiti tutti alle tettoie -

sospesa tra gli spruzzi
nuotavo immersa nella madreperla
acqua sull'acqua
il mio corpo affiorava senza peso
tra minuscoli tocchi sulla pelle
e in una bolla di dimenticanza
fui battezzata a luce

Come se l'avessi messo, il titolo
Quando
nei paraggi di una città scortata
da miserie e alberi malati
i figli
verranno incontro a chiedermi
madre, che traboccavi d'ansia
che tacevi e perfino sorridevi
per non darti per vinta

e quante ne pensasti, nel dicembre
dell'anno che chiudeva
sonni di mani sulla faccia
i libri aperti con cautela
ne uscivano profumi d'altre menti
e tintinnava una moneta solitaria
nel muto farsi acconto
il tempo.

Si alleggeriva il segno altrove
in guarigioni sorprendenti
rimbellettava guance
accarezzava fianchi
lisciava di parole oltre i corsivi
mossi dalla sorpresa
qui dentro una franchigia di riquadri
correlate due immagini distanti
fanno la vita
e sembra

Linee d'orizzonte
Messinscena d'azzurro
la ribalta
una platea di sabbia
tondeggianti minuzzoli di pomice
___________ cospargono la rena
tentavo di convincermi
nell'essere distesa
da secoli in attesa d'una voce
dicevano di noi
lacrime disuguali
ma presto avrei saputo che le vele
non diventano ali
tu capitano d'una nave spersa
senza timone né destinazione
____________io diventai sirena
e fu impossibile
tornare a camminare

Schrödingeriana
Per troppo tempo silenziosa
ora che s'è svegliata la mia voce
grido
ora che le finestre spalancate
della mia vita al termine
s'incolorano al sud
riempio di me le pagine di un sogno
chiamato rete

benedetto megafono
che fa tuonare finalmente il battito
miracolosamente ancora quieto

sono gli ascoltatori
a dichiararmi viva
e quest'amore ch'è solo presenza
che tracima talvolta
m'assicura di più alla solitudine

sono un pessimo giudice
esiterei nel dubbio
per me il gatto
sarebbe sempre una domanda: vivo o morto?
E se fossi sicura del mio esistere
cosa di cui non sono proprio certa
coltiverei sospetti su me stessa

perciò, alla fine esplodo di coriandoli
raccoglietemi ovunque
in ogni mio frammento
c'è qualcosa di voi
 

Notte di davanzali e rose
Nei giardini si parla un'altra lingua
in alfabeto verde e fonemi di fiamma
mi fu insegnata una lontana notte sul finire d'agosto
la pronuncia dei petali, la grammatica d'ogni sfumatura
le spirali di sangue sillabate nella caduta libera
regole di sintassi riscrissero la vita.
Amarle tanto, d'ogni ragione amarle
se nell'asincronia sbocciano gemme
me le disegna ancora vive intorno
il dio delle misure
tra
un

un
no
un
so
un
se
un
do
un
oh!
 

Le vite tutte in un falò
Mi appello alle nozioni udite
chiedo
lo scocco di scintilla
al refrattario materiale apiro
ed è l'incognita
____________il nonsenso
d'ogni azione o scommessa
oppure un'agnizione
tra le quinte.
Il cervello non riesce a decifrare
____________esiti di visioni
affabula d'eclittiche e solstizi
ha pleniluni scansionati ad arte
tra piani interconnessi.
In parte è necessario almanaccare
darsi ragioni all'infimo
per risalire strato dopo strato
_____________al massimo.
Senza ch'io me ne accorga
il mio pensiero
transfuga di pianeti in estinzione
in pietra terra
ammassa geni e memi
come fuochi di faglia.

Linee d'orizzonte
Messinscena d'azzurro
la ribalta
una platea di sabbia
tondeggianti minuzzoli di pomice
___________ cospargono la rena
tentavo di convincermi
nell'essere distesa
da secoli in attesa d'una voce
___________ dicevano di noi
lacrime disuguali
ma presto avrei saputo che le vele
non diventano ali
tu capitano d'una nave spersa
senza timone né destinazione
____________io diventai sirena
e fu impossibile
tornare a camminare

Non posso essere la timida viola
e nemmeno lo voglio

Perché la vita è un grido
e non va________proprio non va
starsene come mosche su vetri
ad aspettare che finisca il giorno.
Mi prorompe dal petto, necessario
per non sentirmi solo un tubo vuoto
dalla bocca a…
____________Non mi accontento
di mormorii distratti
::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::io urlo
se una forza malvagia mi violenta
se mi lacero mentre partorisco
se mio figlio ha una storia disperata
se piango per un lutto
se vedo sporco
se un bambino venduto
se la mia amica ha un tumore maligno
se un guitto ci deruba e ci deride
se non bastò saltare da un balcone
se mi affaccio alle pietre
se la terra è spartita fra tiranni.
_____________Non morirò tacendo
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::urlo
verso quel cielo indifferente
da spaccargli le nuvole
sarò l'accusa perentoria affranta
a tutte le divine strafottenze.

Voglio una voce d'uragano

Rotoli
Un dio qualunque
potrebbe srotolarci
__________sulla strada
diventeremmo strisce colorate
ideogrammi di giorni vissuti
e sfumature di respiri

un altro dio qualunque
riavvolgerà ciascuno con il fiocco
il nostro Qumran sarà la giara
portaombrelli
forse
oppure il ricettacolo dei tarli

già m'intravedo
scritta a geroglifici
mille parti mancanti
_________certo non importanti
solo modi di dire.
E ci pareva d'essere poeti.

Stereopoesia
Osserva bene il nesso  e l'altra forma
impegna gli occhi apprendi
un disegno si cela qui si svela
nel colore del vivere il confine.
Interconnesse in coro stemperate
cromatiche aggiuntive nella vista
in apparenza una sono tante
nella follia divina imbarazzanti
domande indecifrate, le risposte
           unica poi la fine

Sui generis
Il mio maestro
è tutti i dèmoni del mondo
a loro devo il margine
da cui precipitare nell'eterno
l'oscurità, la logica dei passi
si fa notte sovente
_____________ e vedo insegne
al neon::::::::::::::: nulla è composto
di numerale o cardinale nulla
si spiega in ordini sistemici.
Il mio maestro
ha denti, ali di drago
dimora nella torre del mio ego
m'insegna le passioni
a svolgermi di massa temporale
:::::::::::::::::::::::: il cantico dei vivi
il silenzio dei morti.
Ora che sembra di rassegnazione
le sfere non conteggiano minuti
secoli è solo una parola
mai compiuta.
_____________Il mio maestro
ha svolto il suo lavoro:
devo centrarmi n me
nella mia essenza
per ritornare ad essere immortale.

Tesi antitesi sintesi
È stato un attimo
ma in quell'attimo ho sospettato
di non esistere
_____________siamo sicuri?
dice
che per essere
basta sentirsi vivi?
Quella che dice ha occhi
anche mani
e altro
dico
ma sono sicura
che esista?
_____________Mon dieu
ton dieu
son dieu
leur dieu
eccetera
_____________ sub/li//mi/na/li
ah!
Eh sì!
Volta la faccia amore
vedi la stonatura
degli epitaffi? Erano lini e fasce.
E a dirla tutta
_____________ tra le righe
si potrebbe in itinere morire
e non esistere
repeat repeat repeat
ab aeterno
ad aeternum
(l'altra mica sa di latino)
______________ e questo scherzo
siamo sicuri che
sia veramente scritto?

Non di solo acciaio
I miei errori
sono lucertole agli ultimi soli
quando le preghiere non vengono esaudite
e le speranze sono di troppo
logorroici a volte
si divincolano da mani strette a cappio
fuggono dagli sfregi che rigarono il sonno

cercano di persuadermi
fuori da logiche e contesti
eppure so
che non sono siffatti da condannarmi a notte

quale virgolartiglio mi sospende
io che appartengo a fiori e stelle
(abbonatemi il senso e le parole trite)
quale necessità di balsamo
nasconde
morbidezze di cielo in lastre di silenzio?

Proferire
Diciamo
che la corona
è come biscia d'acqua sulla fronte
pietra lisciata a nuvola di passo
palpebre azzurre d'ermellino
in divisa d'inverno

la panca ha quattro assi
a sorreggere il corpo di bambù
- viene la libecciata, il tuono allarma
si spingono le gambe oltre il pendio del sonno
i punti cardinali sconquassati
dalla tosse degli alberi -

lasciamoci affondare oltre le spanne
trabiccoli da quattro giri a vuoto
attese scarne
diciamo
mentre la voce torna a riaffiorare
e ci disegna un suono sulle labbra.

Che cos'è in fondo la vita? Un racconto.
Ci sembrano un ritorno
gli ammanchi
le questue di parole
       frappongono granelli di cous cous
       un sapore di curry
       rimescola nel tempo
       nelle voci del souk
       ci si tenne per mano
       mentre nasceva un figlio
       si conobbero piccole allegrie
       da mondi periferici  
   
intorno un mare di fotografie
a dirci che il presente era già scritto
nell'improvviso cedere degli occhi
nei segmenti d'ombra dei profili.

ti abbraccerei di vite intonse ancora
amica mia
che porti in viso un disarmato dire
e devo accomiatarmi dai tuoi gesti
ridendo un bacio
sull'uscio dei ricordi.

Un incontro ci unisce e ci separa
più della lontananza vera.

Language
La voce racconta di silenzi ostinati
sembrerebbe contrasto di parole
un bel tacere che non fu mai scritto (chissà chi lo pensò)
mi esorta
a una raccolta sferica da stampa
se rimanesse ignota non importa
è altrove un giornoluce una costanza
d'armoniche stellari
devo averlo già scritto (anche questo devo averlo già scritto)
infine
a chi sarebbe pervenuta mai l'assenza
o l'aggiudicazione?

Con tutto ciò che mi riserva
il sogno appare vita
solo appare
io che non so chi sono (uffa questo ripetersi di versi)
posso starmene a battere sui tasti
a credermi soggetto
di un'approssimazione.

Vous ne voulez pas dancer?
Moi non plus.

Pensieri in una notte insonne
Batte a sinistra più in fretta
è solo un fremito
nient'altro

devo farmi lo sciampo
spero di avere il tempo
di rendermi carina e presentabile
in fondo è un'occasione
irripetibile
per una prova che non avrà repliche.

Aspetto qualche ora
poi mi lavo mi vesto mi profumo
il rosa sulle guance e un bel rossetto
vivo
dovrei farlo ogni sera
andare a letto truccata per la scena
ma sono troppo pigra
e mi abbandonerò nature
all'evenienza.

Avanzi di davanzali
In cerca di cautela dai balconi
spiccare sempre una risata al termine
atterrate nel folto dei tappeti
le pantofole
tracciano esortazioni a vivere

mi viene in mente che si può sloggiare
d'improvviso da sé
forse mentre si ascolta una canzone
o si taglia una fetta di speranza
sparpagliandone briciole

sul pavimento dei ricordi
mettere una transenna e un salvavita

sembra che il giorno posti una sentenza
all'aprirsi degli occhi
che un fremito dichiari più del tuono
all'amica del tempo che rimane
di quanto sia imperfetto anche il silenzio

forse il canto del gallo fuori orario
sia la risposta a inutili misteri
e un uovo di gallina abbia più senso
di qualunque poesia.

Di ritorno
Nel vento delle nebulose
si fa festa
a me, figlia d'aggiunte e sottrazioni
una bracciata di dimenticanze
un nome che non so

venni da questo ginepraio di mondo
da circostanze approssimate
sparpagliati pensieri e mezze idee
avevo un nome
dissero
accostai la mia bocca a una tempesta
l'orecchio al crepitare delle pire
vidi gli uccelli della pece
digerire l'eterno

sedetti nella moltitudine
fui scorrere di fonte e fui l'invaso
entravo e uscivo dalle mie certezze
mi riempivo di niente.

Ora la porta è un aliseo solare
reca le mie vittorie
e sono un raggio
d'immensa rifrazione

Sentiero d'alghe
Ho preparato la mia barca
in questa vita d'àncora
cullata dalle laminarie.
La vela s'è adagiata sopra il trasto
procellarie sui remi
mi fanno compagnia.

C'era una meta e l'ho dimenticata
a Camelot
ma forse era una darsena d'addii
oggi che il porto sembra quasi giunto
e il sonno mi sorprende abbandonata
all'amnesia

lo so che invece mi dirigo al largo
i capelli a ventaglio sulle onde
e che la donna va perdendo vesti
parole
gesti
fantasie
io che la guardo e sono
ancora me
moltiplicata in vite di universi
sull'orlo di un'eclisse
già avvenuta.

Nota barocca
Volevo scrivere qualcosa di felice
che non avesse il timbro
di giorni opachi
il verso arrotondato
divino Bach concertatore d'aria
mi sbalordisce in fuga

sotto il piumino d'oca
un po'mi sento ladra d'altri voli
nel cavo delle cose inadeguate
fuori dal mio pensiero vigile

e come si può giungere alla sera
nella smemoria in atto
dove la vita è tolta agli innocenti
per riscaldarci impropri?
Ci vestiamo di morte
la mangiamo
ce ne copriamo a suon di musica

non può valere molto la poesia
o il fregiare di metope
o il danzare
o qualunque altra forma che c'innalzi
se non sappiamo amare altro respiro
se non sappiamo smettere
d'essere predatori.

Concatenazione
Al tempo delle fioriture
trasalimenti verdi sulle strade
incontravano spigoli d'arresto
figuranti di giorni solitari
angiporti dell'anima i ricordi

era la vita a scaturire
le parole difficili di G
i riccioli di platino di W
le battute umoristiche di D
lo sguardo consapevole di G
non so perché questi particolari
visto che sono immensi
ciascuno irripetibile universo
loro cui fu trasmesso il mondo
proprio da me
e nonostante ciò fui perdonata.

Poi vennero altre voci
da galassie remote
corpi di solitudini confesse
cercare lo spiraglio delle sfere
nella parete oscura che l'impiglia

brancolare di mani
e ti ho trovato e ti ho trovata e vi ho
per quante eternità cercate
voi simili alla mia similitudine
incamminate verso l'ultrafiamma
anime figlie tutte
dell'Ein Sof 

Resterà senza titolo
I giardini della memoria
hanno camminamenti di sassi e croci
rifioriscono in coro
o muoiono in silenzio
assisto
da panchine deserte
all'inversione non concessa
solo postfazioni di minuti
all'inquieto vivere

e guardo
tracce d'arancio e oro
mi pettino di mille capogiri
a braccia alzate
trattini in successione
ridisegno una voce sulle labbra

hanno palpebre fisse le finestre
cortili ciechi
eppure
un soffio di malinconia da flauto
mi accarezza la fronte.
 

Ri-composizione
scomposto in mille frange
segno
da rivelarsi e battezzare
con spruzzate di sale da una parte
niente sistemi difensivi
rocche disabitate
soltanto un carro di peccati da passare col rosso

quando lasciammo case amate
angoli ritagliati a smerlo di vecchie fototessera
per non dimenticare
scansionavamo il vivere e il morire
___________________________ infiniti ritorni
ci sembrava
di valicare vette scalando marciapiedi
e d'ogni amore trafugato
un dire
rimasto in alfabeti ignoti

adesso gareggiamo
a chi sa meglio credere a se stesso
senza nemmeno un angelo al confine
che ci sollevi il passo.

Invidia
L'arte del camuffare
ha mezzeluci
dice e non dice
scopre rovista adduce
e a chi credeva
d'avere un primo battito di stella
si vorrebbe
nascondere quel lume

solo poche parole a fare scudo
contro le stesse rivoltate ad arte
e mi domando
chi prenderebbe il carico degli anni
le fatiche piegate sulle spalle
chi vorrebbe il sostare lungo i bordi
dell'esistenza
in cambio di?…

Memorie dal futuro
fingerò che sia un quadro
privato dei contorni e delle linee
di fuga
terrò soltanto qualche punto di
riferimento
giusto per dire che sia un po' dipinto

scriverò forse le mie cifre
in braille
così che nottetempo
fossero luci da sfiorare piano

e resterò in ascolto
del mormorio di fondo passeggero
padrona dei miei sensi
e dei miei anni
a guardare pulviscoli incolori
credersi arcobaleni.

Figlie della solitudine
la bambina girava cocche di mistero
nel tessuto d'agosto
cinquanta grani di rosario in tasca
ferita nel grembiule
e smerli neri
sporgenti dalle scapole

i santi tutti
videro le panchine e le candele
smaltire i fumi dell'incenso
un gesucristo e la sua croce d'ebano
farsi amico e riparo
occhi di salvia splendens nel giardino
alle piccole api di preghiere
calici di una stilla di liquore

mondi celesti a consolare
trascendenti lusinghe
mordevano le favole già morte
lasciate sotto i sandali d'inverno
come impronte dei fatti.

sono passate tutte
le bambine del mondo
e adesso sono qui dentro di me
ad imparare l'arte d'invecchiare
senza troppo rumore
ma stanno ancora col sorriso in pugno
e la voglia d'amore inappagata
compressa tra le dita

Supplenze
in questi territori di commiato
viviamo vite obbligatorie
nemmeno le intenzioni sono
facoltative
prigioniere di lemmi nei paragrafi

come appuntati al cielo
giorni di turni e di malinconie
passano a frotte
sporgono di quel tanto
dai balconi
saluti e baci dentro un fazzoletto

il pensiero è una gronda
così stretta
che a posteriori un lembo
sempre manca

ci si distende allora nei ripari
nel fruscio di una voce improvvisata
s'inventano ideogrammi
dove la mano non racchiude gesti.

e e e e e
essere caldi e vivi
assaporare
abbarbicati al mondo
amati amare
essere madri e padri
amanti disperati
orfani di figli e genitori
avere scavi in petto
trafitture negli occhi
mani serrate sulle dita
corpi afflitti
pagare istanti di piacere
millenni di dolore
e
e
e
e
morire sempre
non morire mai

la vera sorpresa è il tempo
passi tra lattine e fili
nei percorsi interrotti
a dire che d'eternità si tratta
ci crede l'argentata icona
e nei meandri della voce
annega.

chiude la porta all'alba
chi sul finire della notte veglia
pizzicandosi il petto
se forse per abbaglio
si presentasse un sogno.

i giorni della merla sono andati
restano scritte lungo marciapiedi
alcuni stop
l'alta tensione uccide
ma
meglio morire fulminati
che vivere di_sfatte
tali da non sapersi più trovare

di teatri e silenzi
in tutto questo immenso trattenere

Lì andranno comunque
E si trattiene inutilmente il fiato
sui panfili esibiti
se tutto ciò che sfoggia e spreca un uomo
sfamerebbe un paese

Dove arrivano firme d'atelier
sopra le grinze adagiano diamanti.
Ma non basta un diadema
né un blasone
ad ingannare il tempo -gentiluomo-
che non concede scampo
sotto le sete e i morbidi tessuti
alle maschere gonfie a botulino
negli abiti griffati
sullo chassis d'ossa consunte.

Si sono incamminati
e non lo sanno
con l'erre moscia
e serici chatouches
per il vicino cimitero d'ombra
dove vanno a morire gli eleganti.

Galline discroniche
covavano ri_piani ovo_regolatori
di giornata
spiegazzavano aurore sullo strame
con la certezza che
mattina e sera
i galli
cantassero per loro
e di chicchiriché o di chicchiricà
tremavano i bargigli ai visigoti

nastro di scorrimento
a coda alzata
uova su uova sfornano indefesse
a memoria futura quelle sode
la frittata è banale
almeno cuciniamole flambées

Fluitare
Sono di terra
e mi faccio ferita
così mi curerai con le tue mani di fiume
con i verbi del corpo declinati al
singolare apparente
scorrere tra rapide e muschi

m'incepperò sui tuoi traslati
berrò dagli interstizi dei tuoi occhi
colori dei ricordi

e poi vedrai
farsi declivio il seguitare
di calce viva e il rosso
del mio accendino infisso nel midollo
smuovere gli anni grigi del cemento
rinascere dal grumo di titanio
la morbidezza di un respiro
ancora

Un momento di
Cosa vogliono stasera le parole
che m'inseguono in
direzioni che vorrei negare
e si insinuano maligne camuffate
hanno il miele che bacia le dita
movimenti di rime e richieste
un piccola cosa da
dire oltre il dire

non le voglio ascoltare
mi portano false notizie da ogni dove
mi scalpellano tendini già tesi
guardano me con enfasi e
altrove lasciano segni

vorrei averne metà da piluccare
in silenzio
lontana dai giochi di respiro
o dalle ore diagrammate
e_ rose amare. Mi
accontenterei di

Parodia coro Adelchi (Manzoni mi perdoni)
Dagli anni focosi, dai toni ruggenti
Dai circoli dotti a quelli scadenti
Dai seggi occupati da vile clamor
L'italica stirpe vieppiù si calpesta
Hai voglia di dire: -S'è persa la testa-
Nessuno l'intende, nessuno ha tremor.
Dai comodi scranni s'impipano molti
Si tratti di leggi, si tratti di morti.
Traspare evidente, se c'è una virtù
Non è proprio quella accorata e sofferta
La dote civile che il probo concerta,
Ma quella di culi e di tette all'insù
S’aduna alle urne il volgo anelante
Oscure misure di lega imperante
Fa molta paura eppure ristà
E forte di cosca potente e diffusa
Dilaga la legge piegata ed ottusa
Che fugge dai giusti, che luce non ha.
Allocchi gasparri, musei delle cere
I glutei carfagni, le sante criniere
Canotti labiali di sant’ancheffar
E quivi gli sgarbi dall’ostica faccia
Le urla sbracate di pessima taccia
I poveri cristi da far azzittar.
Ed ora perdenti, si torcon sperando
Qual pezzi di merda ch'ancora fumando
Da tutte le parti vorranno aggredir.
Il popolo infine, il suo malcontento
Col voto l’esprime, se pure l’evento
È ancor difficile da stabilir
Udite! Le trombe minacciano il campo
E ai vili tiranni non lasciano scampo.
Che sono arcistufi d’antichi sentier
Sospendon le feste, ormai son furiosi
Sospendono gli ozi, son pronti e grintosi
Son giovani e vecchi novelli guerrier.
Non l'asserisco soltanto di mio
Lasciate la sala, vi diamo l’addio
Furfanti e cialtroni che il vile pompò
Con armi di massa, con tristi piaceri
Di consumismo gli artificieri
È giunta l’ora, per voi sonò.
Sarete affossati, col culo per terra
È tempo d’agire, faremo la guerra
A suon di pace, la legge in cor
Per valli e monti, per giorni e notti
Saremo desti, fuori i corrotti
Vogliamo leggi d’ogni decor.
Gli oscuri ceffi, le dame irose
I pecoroni, le indecorose
È tempo ormai di rincasar;
Pregiudicati dai sordidi aspetti
Sarete vinti dai vostri difetti
Udrete frecce fischiare e volar
E sorgeranno tutti quei morti
Che per nutrire i vostri conforti
Furono oggetto d’ogni dolor
Tornate pure alle vostre manfrine
Alle lordure delle latrine
Ai lordi comodi del disonor
Fede soltanto sarà l’amico
Sciolinatore di slappo antico.
Col nuovo ardore ormai ci sta
Coscienza d’uomini intelligenti
Stanchi di porci e di delinquenti
Desiderosi di libertà.

Imperseguibile
La voce si smorzava nel granito
ma non articolava suono
e c'era un grido
che tralasciava il vento
una domanda infissa nel silenzio

vidi parole
farsi ancora gesto
la mano pronta a proferire il senso
-non dire nulla e tutto-
così che ad ogni superficie ambita
giungesse la carezza

ad ogni pelle
il suono adesca il cielo e le colline
i mari
i muri
i ferri dei cancelli
le piastrelle sbrecciate dei cortili
-l'ode chi vuole-
i mantici hanno spifferi d'acciaio
rocambolesco il fiato
farsi bacio
ovunque fosse un labbro
un viso
un sogno.

Volere il tutto
Perdersi nel niente

Ciondolo salvavita (o del salvare inutile)
Porto le mani al petto per fermarlo
indugiano le dita alle clavicole
impalcature di un assetto solido
di spalle non mi sono conosciuta
ho provato una volta sulle scale
una graziosa mossa da funambola
scarpe di gomma rossa
l'asta che mi faceva poca ombra
al rullo dei tamburi
                                                    una parabola
 dieci lunule accese di cinabro
sorprendono le dita
una per una
inanellano il tempo e le mie ciocche
un girocollo e un laccio
il pendolo è una teca trasparente
ci sono le istruzioni sul davanti
da leggere nel caso d'infortunio
riportano le cure da evitare.
D'inverso
il disegno policromo sul recto
li distrarrà dal vetro
e sarà morte.
                                          Nella nuca mi batte
                                     la cortesia del sangue

Un pugno d'acqua
Scrittura senza ormeggio
nella sostituzione di parole
l'approdo a fine pagina
un complicato districare funi

dove la terra copre firma e autore
la memoria s'annida
il corpo muore assolto da macerie
e su giorni di sabbia
s'abbattono le onde senza fine

il temporale
ha sempre le radici nel sereno
e, chiuso tra le dita
il mare

Una riva o una selva
Quel dolore striato
compagno di tigri
- Vuoi - dice
arrenderti sdraiata sottopelle
un metro e mezzo d'isola
sommersa
niente che si profili in altitudine?

Aspro di mari e vortici
in terraferma asiatica s'arena
espone zanne
ai motivi d'esistere.

Maestro delle mie ferite
ti scongiuro
non negarti anche tu!
Fammi un'anestesia veloce
prima che mi deflagri l'universo
dentro 

Poi esco
Dovrò alzarmi e subire le abitudini
inforcare gli occhiali
nascere di spigoli di metri e cubature
dovrò
esibire un volto di clessidra
essere un parafiamma
regolare gli scarti tra le tempie
a Tunisi ero incinta e dipingevo
la Fabbrica di Nono
usavo anche coperchi di barattoli
il nero mi mancava
ma riparai con lucido da scarpe.
Di quarant'anni il mare s'è invecchiato
e Sidi Bou Said
è soltanto il tappeto circolare
della casa del tè


mi chiamano le fette biscottate
devo smorzare il gas sotto la pentola
le magliette infeltrite da salvare
les croissants
facevano più france che a paris
intanto che
la luna dei profili delle dune
era germoglio d'altra latitudine.

Dati
da pressappoco esistere
dovrò rifarmi i riccioli
altrimenti
sembro maga magò

non conosco l'inglese né il latino
traduco gesti dal quotidiano
in effimere elastiche eclettiche ellittiche
eccheneso del resto…
poi ne scrivo

il tragitto dal letto alle pantofole
potrà mai dare un senso
all'essere così sedimentata
morenica
da sbriciolo?

Vado a farmi un caffè
berrò di fretta
andrò a sedermi in mezzo al temporale
ascolterò le panche dei giardini
 

Tempo verrà
Quando sarò parola
che senza peso avrà
per sciabordio
solo il ricordo
ti taglierai il vestito
a cominciare dal dorso
per uscirne vivo
angelo della strada a primavera
quella che aveva rosa
la mattina

quando sarò soltanto una parola
una misericordia supplicata
sgretolerà
il granito dei secoli
per scatenarti addosso il paradiso
e condannarti
immoto
all'avverarsi del mio sogno incluso

Oltre me
Un mezzo pensiero
sillabato
di quelli che non osano varcare
le mal d'esprit
ma se ne stanno rannicchiati
proprio dietro gli occhi
e che quando li lasci andare
ti sorprendono
scarabocchiati a mano libera

un pensiero dicevo
che vuole farsi pellegrino
e andare

lasciandomi alla mia caducità

Di quanto i luoghi possano tacere
il posto
quello in vista dei pascoli
andando giù che poi si svolta
in bilico sul ciglio del burrone
a metà cielo
in meno di un minuto
il tempo d'una fragola colta

di un verso
riscritto sui tornanti
a volte dita tra i capelli
a volte un angolino di memoria
all'occorrenza un tuono
per quei laghi che mai raggiungeranno il mare.

Se mi resta annegato nella notte
o prigioniero di cavalli di frisia
un pensiero randagio
lo confesso
non è per debolezza
ma per amore di giustizia
ché non sia mai convalidato
il male

Maternale
Certo che il giorno delle ninnenanne
appartiene alle madri ed anche al mare
si cullano le anime dei tanti
resinose le zattere
 
racconta nella sera che fu ieri
la favola dei porti mai raggiunti
né le braccia accoglienti e il seno e il latte
potevano tradirsi e farsi vele
 
c'è un viavai di pietrisco
non ancora del tutto massicciata
andare di fuggitive assenze
calzando i propri piedi
 
le nenie dei notturni incantamenti
quando non hanno sottofondi
quando
la stonatura in gola arresta il pianto
madremia madremia
chi si sofferma a pronunciarmi ancora?
avere un nome
che non sia in disuso
un nomignolo forse
                            me lo diedi da sola.
Ma cos'è questa voglia di sentirmi
piccola?
mi strania, mi sovverte
è un affronto alla vita che ho vissuto
e che mi ha fatto
questa.

Qui
dove si smorzano le luci
dove l'aria si veste di casa
un gesto amico scuote gli andamenti
della mia storia fioca
mi appunta un fiordaliso sulla fronte
nel lucernario dei riflessi
il gesto
restituisce ancora forme amabili
al tempo mio perduto

e voglio incorniciarlo di follia
se delicato avanza
col passo e la cadenza della vita

la speranza di qualche nuova gemma

AlternativaMENTE
Scriveva "noi"
chiedendo ali di vento
e dichiarava amore al falco
intercalando versi alle sue poesie
lupo di notte

Ora percorre altri orizzonti
e la sanguigna
impronta d'un fantasma
si vorrebbe non fosse lì a sporcare
il nuovo prato.

A seminare pianto ci vuol poco
e a dichiararsi folli
basta sperare nell'amnesia
o che la morte faccia il suo lavoro

Intanto c'è chi annota:
non si gioca con l'anima.

(7)
Qui, nel luogo dei vestiti stretti
guaine
delle nostre filastrocche esistenziali
vanno a coppie i pensieri
sul pianeta riciclo dell'azoto

appare azzurro il piano
che ci sottrae sapienza secolare
assoggettati ai sensi
in un continuo perdersi e trovarsi
ci accontentiamo di piaceri minimi
immemori dell'estasi
e trasmutiamo nei sistemi solidi
i corpi
il tempo
i numeri
effimere di tavole periodiche
pulviscoli di soli

ed ogni volta sembra di morire.

Siamo fatti di vuoto
da colmare

Ripiego
Giorni di taffetas
riposti negli armadi
con le tarme di tutti i miei peccati
oggi
vesti in disarmo
mangio frittelle che mi fanno male
come di festa stretta

A sforbiciare un'isola sul letto
da raggiungere a vuoto
senza più domandarsi di traghetti
può bastare un pensiero arricciolato
in forma d'innocenza

l'amico salvagente
sorride nel riquadro
non inganna
si fa respiro lieve che si aggira
nei paraggi d'inverno
e sembra amore

Codice binario
la mente appollaiata nel cervello
si ritrova smistata in parallele
tra blocchi di convogli
e l'ipomea fiorita di turchino
abbarbicata ai pali.
I trasformisti di parole
han tratto pietre e corvi dalle mani
scrivono falsi giochi
per le giurie di parte
donne dai cappellini di ciniglia
acclamano chi mente.
Le pagine innevate sono chiuse
ora i supporti hanno colori oscuri.

Ma c'è un riparo dietro le tempeste
parole assicurate
testimonianze certe.
Non ci sarà pietà per chi dispone
carte falsificate nella storia.

S_guardo
Non c'è gran differenza
tra una sedia girevole
e una panchina lungo il marciapiede
la casa s'è ammalata
dorme coperta di cartoni
giorni di limatura e tubi al gelo
ci si perdeva i pezzi
l'alternatore invece è proprio morto

son tutti aperti gli occhi
dell'essermi persona
vedono il bene e il male
indivisibili
nell'impasto di tenebra e di sole
avere morbidezze di velluto
e cardini di pietra

vorrei sapere il senso
del fiore e del coltello

Il burqa occidentale
È quando la commessa
ti dice a mezza bocca:
abbiamo solo taglie piccole.
e ti soppesa dalle spalle in giù.

O quando in ospedale
passa il primario con il suo codazzo
sei il numero del letto
discutono i tuoi mali in termini scientifici
che non capisci un ka…
ma se capisci
è meglio che stai zitta.

Se in coda allo sportello
ti passano davanti fino a quando
non t'incazzi di brutto
e allora sai che c'è?
Dovrei stilare pagine per secoli
enumerando visi e noncuranza
è zona nostra
questa sepolta nell'indifferenza
e forse la calunnia
a conti fatti
permette almeno di vedere gli occhi

Vi(n)coli
Mi avvolge
un'aria da mezzanotte e un quarto
da mordersi con parsimonia
il contratto all'origine firmato sulla mela
tutte le cose sparse - pergamene
                                      fiammiferi
                                           bambù
tracciarono le strade
di chiose contromano
furono i pazzi a comandare i savi
da sagrati e palazzi
unitamente lì per salmodiare
la nascita dei morti
già si profila il rogo
stanno allestendo croci
i camerlenghi attizzano le braci
il gregge tra le luci apre gli applausi

e me ne vado rasentando i muri
dove si apposti al buio
un dio sincero.

Per
Per quel che dura
brilla
brilla
brilla
anima mia
per quel che dura
vivi

Fosse l'ultimo bacio della luce
a bagnarti le labbra
fosse l'ultimo soffio sulla pelle
a farti donna
vivi
respira la lentezza
abbraccia il poco che ti arrende
il dove
il quando

stringi le mani a vincolare il tempo
configura lo spazio d'armonia
fosse l'ultima nota
a farti voce
non importa che fai minime cose
se non ti arrendi al come
è ancora vita

Dissemplice
Tieni
reggimi il sogno
ora che s'è inselvatichito
mi grava nel cervello
ma ti avverto
non ha nemmeno un guizzo rosa
una ninfea di pennellate
e Monet è morto

cosa ti porgo allora?
Un rimasuglio asmatico di fiato
buono per farci un no
un sì ne chiederebbe troppo

hai mai saputo il tenero dei palmi
farsi madre e tempesta
o solo mani
per fingere che l'anima è carezza
mentre la vita è altrove.

Spes ultima dea
Mimetizzata per non dare nell'occhio  
  frange di seta  
  un alfabeto bacio  
                 la donna dai percorsi  inconsueti  
                 suoni vermigli al tocco  
                 andante  
                 largo  
                 adagio  
                 allegretto con brio  
  in semioscurità si proiettava  
  mentre precipitava l'altra voce  
  come un'inondazione al campobase.  
 
  E non smetteva di desiderare  
  qualcosa d'importante che irrompesse  
  da quella forma amata: un breve dire.  
  Lei farselo bastare.

Come si può dire "al mattino" senza dire "mattino"?
Le voci che assordano e cui cedo
l'anima per non sentirmi assolta
che vorrei fossero vive
e non racchiuse in una scatola
che portarsele al petto è anche ridicolo
benché sia confortevole.

Se mi appoggiassi alle cornici
dei miei quadri svenduti
avrei mille puntelli
invece ho trame lise e le mie tele
si ostinano a mostrare falsipiani

e non si può che vivere d'aspetto
negli androni di fine settimana
in fondo
chi vive già di mille nostalgie
e si sveglia al mattino con la nausea
incinta di pensieri
vorrebbe solo andarsene con garbo
un soffio sulle dita.

Come in un portaombrelli
Sono fuori
come un ombrello chiuso quando piove
uno di quelli soli
che nel negozio non entra mai nessuno
forse dimenticato
e allora è meglio
vuol dire che la pioggia è già passata
mentre scorrono i titoli di coda
d'un madonnaro sopra il marciapiede
si sciolgono anche i visi
l'anamorfosi così ben curata
è sulla strada un pianto di colori

gli amici sono andati a fare festa
io sono qui
che aspetto un altro giorno
seduta sulla soglia ad osservare
chi spranga le serrande

Il matto del serraglio
A contenerlo in stringhe
o maniche annodate
annegherebbe sempre in uno sguardo
lo tradirebbe un fiato
un mezzo gesto.

Noi lo sappiamo questo intarsio d'ore
il nostro dire di corsie allagate
dove s'era di troppo, ci fa male
ogni abbandono
anche quello di terra e di parole.
Siamo storie insolute
anime di consegne
permettiamo
braccia non più conserte
al banco dei caduti e dei cadenti
il non perdono per l'altrui successo
e lo mandiamo assolto

Spesso chi svuota case inospitali
apre rifugi di malevolenza
per meglio camuffare
la propria discordanza.

Non l'ho cercata eppure…
contorsioni di gatta cenerentola
in cerca della fata smemorina
e qui l'allarme
credevate che i versi di moine
conducessero a fiabe
(chi sarà mai costei
che li ammannisce?)

zac
tagliatela sul nascere
la lingua che s'innesta sui giardini
di faeria, maldestramente agli occhi
il topo
 di jadorowski
avrà la maggioranza dei consensi
il mio compreso
ma
rimane il dubbio
                          fatto d'assenzio o di rosolio
                          deciderà la bocca
                          il retrogusto
vuoi che si sappia in giro
che la bella
faceva solo finta di dormire
in attesa che il principe arrivasse?
Aveva ben nascosti
nel sorriso serafico
i canini.

H2O
L'acqua ha imparato forme
di percorso
concavità convessità
che noi ci piange addosso
di tutta la durata d'un torrente
anche
se a mezzanotte
il brindisi dei giochi nel bicchiere
stilla di labbra il termine del tempo

resistimi stremato eppure vivo
mio rivolo di mente
poca saggezza ad arginare
e nessuna certezza
ti sono come una dimenticanza
approssimata a dicerie
credenze che a supporle
offendono la storia e la ragione

e chi si aggrappa al dito dell'eterno
ai suoi capelli assottigliati
mescola fango e grandine
ponti di sabbia erige per guadare
fiumi di sangue
noi
che ci sporgiamo oltre le spalle
per agguantare il cielo.

Parola mia
Sulla cima del foglio
non vuole farsi scrivere
mi sfugge e si divincola
sberleffa lungo il margine

quasi quasi le tendo un'imboscata
la fisso tra parentesi
le abbuono il senso ed il significato

così rinchiusa sola nell'inciso
inizio (…………….) fine
intorno cartabianca paradiso
può attendere anche un'altra
incartazione



Io, strada e viandante
Di congiunzioni astrali
forse poco m'importa
anche di precessione equinoziale
penso di me
che sono capovolta
scrivo di cose ma non so che cosa
se tutto quel che vivo è bene o male
a dirla franca
non so niente di niente
e resto spersa
in questo spaesaggio di varianti
- forse potrei sedermi
a piluccare verità da tavola
invece d'affannarmi il capo a vanvera
in equazioni algebriche
sfiorando l'astrofisica -

e mi percorro in ogni senso e lato
in punta di ciabatte
la mia mente
nemmeno un crocevia senza semaforo.

Entrate e uscite
Si vive intorno all'attimo
e le giornate sembrano rifugi
per non morire già nelle parole
ciascuno il suo minuscolo segreto
eternità compressa in poche sillabe
perché sempre
è comunque un'esistenza breve

pure quei segni sopraffanno a volte
divaricano braccia in modo tale
che sembra a noi di contenere il mondo

si sopravanza e si cancella
una remota identità
gesti che ci predissero il mattino
tazze di caffelatte
sbrigatevi ch'è tardi per la scuola
i ragazzi curiosi d'imparare
a vivere di niente.

Dove vanno le forme delle cose
i corpi uscenti?
Resta di loro un filo di pensiero?

A dire che sarà ciò ch'è già stato
congiungersi nel punto
dell'alito che nasce mentre muore.

Di passo
Scendono i piedi da soli
portano ignari la donna infranta
rabberciata alla meglio
sassolini non solo nelle scarpe
un po' dovunque.
E perché, si chiede quella donna
perché non so fermare il giorno
né prendere il mattino per il collo
e strattonarlo fino a fargli male
a me le sciarpe in apparenza morbide
poi solo dio lo sa
quanto mi soffocano.

Sono mani di bambola
i rebbi delle dita
ad affondare di spietato acciaio.
I miei coltelli sono tutti finti
lame di carta e manici di pane
son da mangiare più che da tranciare
curano l'anemia dei ferroprivi
- sideropenici, è certo più scientifico. -

Scendono i piedi
in calighe palmate
l'anseriforme credula giuliva
osserva il cigno scrivere sull'acqua
ghirigori di voce disarmonica.
Il lago ha qualche segno sulle rive
schiamazzi di bambini
che corrono perduti a fare i grandi.

Oltre la fuliggine
Oggi ringrazio le figure in nero
quelle dagli usi spicci e degli androni
devo loro il mio chiaro intendimento
non voglio lingua amara
o mare che non sia sale di rena
anche gli uomini attenti alle giunture
più che alle voci d'anime d'altura
hanno lo stesso merito
essi mi danno modo di sapere
quanto distacco c'è tra me e l'inferno
non certo quello delle illustrazioni
di Gustavo Doré
né quello della cantica di Dante
me ne distoglie il suono d'altre musiche
lontano da rumori di ferraglie

ora che so
di possedere i mezzi di contatto
e che potrei perciò scendere a patti
senza difficoltà con l'intelletto
che conosco i confini del dolore
profanazione, vomito e paura
- basta farsi un giretto in ospedale -
chi non l'ha mai fatta quella sosta
e pensa che non dirne sia melassa
non ha sepolto i nati dal suo ventre
non sa la nostalgia del non ritorno

ora che so
forse rinuncerò a sostare
nel tepore mellifluo dei cuscini
non avrò gambe a perdonare assenze
né braccia a riabbracciare
ma sarò pronta al salto quantico
trasmuterò le cellule e i fotoni
in altra essenza espansa
ora che so ch'è volontaria scelta
sull'orlo dell'abisso scelgo il sole.

 


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