Poesie di Paolo Santangelo


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All’alba dei trentanni
Pronto? Paolo?
Sì, pronto, chi parla?
Prova a indovinare chi sono.
Mah, non saprei, la voce sembra bella..
Son Flora..
Flora? Ma pensa.. Come stai?
Sto bene, son sposata.
Io ancora no..Ti ho pensato tanto..
Sì, ho sposato un operaio della Fiat.
Bene. Sono contento, ti vuol bene, sei felice?
Abbiamo un figlio, e l’ho chiamato Paolo.
Ma come? Come me? Perché.
Forse ti volevo ancora bene, ma eri troppo geloso..
Non dir sciocchezze, tu eri troppo allegra.
Ora sto bene, Carlo mi vuol bene.
Allora auguri di felicità, bacia per me il bambino.
Mi suonano alla porta, devo andare..
Aspetta, senti, ascolta. Ancora un poco...
...
Pronto, pronto.. è caduta la linea.
--

Rosetta, piccola rosa.
.

Il nostro breve sentiero è finito.
Che lunga Via senza stelle,
che notte profonda
una croce, tende nell’immenso qui,
le disperate sue braccia.

Questo è il bivio. E’ giunta l’ora,
-addio. La mia strada va.
La tua strada va. Tutte le bellezze
della terra, tutti gli splendori
delle stelle, tutte le voci del mare
del cielo, sono morte per me.

Perché mai questo mio affanno?
Gli Universi degli Universi
vivono risplendono dicono:
eccoci – eccoci a te. A che mi vale.

Questo è il bivio: due strade che vanno,
e non s’incontreranno. Due vite
che divergono, anime che si perdono,
forse, se non si troveranno più.
O forse sì, s’entrambe riassorbono
in Te, col benerettitudine e con pace
per vincere quel male del maligno.

Lungo è l’andare per ritrovare il sonno
mio fondo sotto la terra. Ditemi che
non spegne ogni speranza: così la giovinezza?

Come non vedere, non sentire squallida
la solitudine. Ma che mortale, che mortale
stanchezza, per questa strada, strada che fugge
sempre. Mio lungo cammino, nel silenzio terribile.
--  

L’ultimo Presepe
.
L’unica cosa che funziona a casa
mia è il Presepe da Te allestito
allora: nel duemilaeotto, da me
e Tuo figlio lasciato tutto l’anno,
fino al presente il duemiladieci,
due Gennaio. Ma Tu fosti chiamata
in Casa dell’Eterno: quattordici
Gennaio zeronove all’ore due.
Viandante malinconica, giungesti
alla mia magiónetta solitaria
tra campi di grano. Muto tremavo
su quella soglia, immerso di splendore
del tuo sguardo. Tutta gloria del sole
e tutto l’oro della messe bionda,
irradiava la tua pallida fronte.
«lo son quello che cerchi» bisbigliai,
ma non hanno i miei occhi serenità
azzurre del linguaggio, obliato
da quel cielo sopra il tuo capo. Questa
offerta cadde ai tuoi piedi, inutile,
come canto che nessun cuore ascolta.

Incontrare l’Amor tra giochi e risa,
in una gioia spumeggiante come
zampillo: non conosci che amore
la più divina e tremenda delle
nostre tristezze, ché la felicità
più completa sgorga da un apogèo
di sofferenza. Lenta nel cammino,
Tu andasti oltre .. e di Te non vidi
più che ombra, crescere a dismisura
sopra un suolo deserto. Fintanto che
l’ultimo il sole a te spariva, mentre
partivi per sempre. Donato ho tutte,
tutte le spighe del mio campo, tutte
le più care ricchezze. Ora al lume
delle stelle, spigolo il poco resto
che hai dimenticato di raccogliere
nel mio povero sito, o che hai lasciato
cadere dietro Te.
--
 

Parlo da solo
.
Perchè parlo da solo e dico questi
tristi pensieri? Avrai dimenticato
il mio linguaggio: tra innumerevoli
voci della vita non potrai riconoscere
il suono della mia. Così le mie parole
si perdono, nel mare, lievi pallide
sabbie, eppure, un tempo non lontano,
prima che luce fosse, amore mio
nel cuore stornellava gioia d’un dono.

La tua anima ardeva del mio stesso
desiderio di fiamma ma, in adesso,
non riconosco più ciò che m’appartiene,
mendicando chiedendo ai sognatori,
con supplichevoli versi ov’è il mio bene.

Ignorato per sempre, langue e sospira
forse al mio fianco. Tu sei illusione
eterna, che illumina ed indora gli occhi
melanconici d’un pietoso mondo,
Dio non vana speranza ma certezza,
sorridimi per sempre, sin’a mia morte,
facendo ‘sì ch’io muoia in te inebriato.
--
 

Il frónzolo
.
Il tramonto spargeva riflessi
di soli morti su tronchi di neri
cipressi, fra i rami dell’ìlici
nere; nel fondo era disteso
un frónzolo di porpora logora
in terra e un silenzio di foglie
appassite. Ad un soffio di vento
si rianimarono, come scosse
dallo sgomento della morte, e il volo
tentarono lungo il viale, ansiose
di ricomporsi in nuova forma vitale.

Parevano un nuvolo d’ali le povere
foglie cadute, ma stanche ricaddero
al suolo immobili, mute. Attorno era
una lontananza di tempi, di luoghi,
d’amore. Era disciolta la danza lieve
delle ore, le cose eran tra loro ritrose.

Tutto disgiunto, tutto lontano,
nel vano d’un’ampiezza infinita
continuavo a cercar la mia vita.
--  

Viaggiatore
.
Nel mio viaggio sul mondo,
lungo e periglióso, sempre
pace ho cercato, miei fratelli,
di terre in terre, ma dovunque
neglètto e sconsolato, solo
feroce odio vi ho trovato,
accanite guerre, infinito lutto,
dappertutto Cristo è, più
e più volte, riconfitto in croce.

Ed ecco il mondo che si spezza
in due: il vostro mondo e il mio.
Si spezzano orizzonti, albe,
tramonti, ingombrano aria vuota,
simili a raggi di ruota fracassata.
O come specchio rottospezzato
di cui i frammenti son volti
a contrario lato, per non rifletter
tale immane scempio.
--
 

Raganelle
.
Campagna solatìa come
vorrei tornare a perdermi
con te nelle tue chiare notti,
piange nel cuore la nostalgia:
oziar nell’aie, quando brilla
il sole, ascoltare il chiocciàr
delle galline, le cantilene
delle contadine, le nenie
tristi delle mondine;
conversare piano col lume
della luna, insonnolito,
mentre stormiscon flebili
le foglie, scandisce il cuore
un ritmo di canzoni
scritte mai, e, su, nell’infinito,
brillano fisse le costellazioni.
Com’era bello andare su
per le carraie al chiarore
di notte delle stelle, alto
cantando con le raganelle.
--  

IOEDIO
.
Ho ripreso la mia strada inutile, da solo,
pensoso, con un peso immane sulle spalle.
Anima, perché piangi? Perchè abbandoni
il tuo dolore a umana ipocrisia: ché ti consoli?
Ma se han cuori di marmo, hanno povere
menti ottenebrate, eppure additano beffando
nel consolarti con sussurro pietoso: a tutti accade.

Anima sciocca, taci. Parola che percuoteinsulta
ben conosci oramai. Quando un canto d’amore
in un singhiozzo tremulo si spegne, sul tuo dolore
il ghigno cinico del mondo risuona. Quando
nel terso azzurro un inno elevi che palpita di fede,
che trema di speranze giammai espresse,
repentinogelido tutto travolge un soffio di bufera.

E resti sola, anima, e chiudi gli occhi per non più
vedere. A fiordilabbra beffardo mormora il mondo:
Credi, non inganni con false lacrime affanni.
Perchè sul volto hai questo steril pianto?
Il brutto è che la vita è bella: gli umani,
che sanno amarla, hanno la fronte limpida
serena, l’amara piega ignoran del tuo labbro.

No, anima mia, non piangere, butta
in un mare abissale il tuo tormento.
Pensa solo al profumo d’eterne primavere
mentre sei ancora imprigionata nel cadùco
corpaccio di vecchio. Su questa terra breve
è il tuo cammino. Alza la testa: in fondo
ad occhi superbi, ai cinici meschini
che ti deridono senza parlare, immobile
fissa il tuo sguardo: li vedrai tremare.
--

 

Il traditore
.
Arriva all’improvviso
quasi per caso
con fresche piogge
sopra fiori assetati,
mentre stanche
nel pomeriggio sognano,
le ombre leggere
delle fronde.

Ma ipocrita
scuote dall’ali il fulmine,
svegliandorovinando
tutte le piante e i frutti
lanciando il suo flagello:
grandine… Ora è imbiancato
tutto il verde abbasso,
divertitoridendo il traditore,
tuonando passa.

--  

Ansia nella notte
.
Ascolta: un frullo d’ali, un trillo d’oro
guarda nel gran silenzio lo splendore.
Silenzio. Vaporose distanze.
Non respira più il vento.
Scintillano fili d’erba a mille
in acceso fulgore di rugiade.

Pastori, armenti - risuona a tratti lento
tinnire di campani - guidano giù
dai monti, a pascoli piani,
poi tutto tace. Sul ciglio
della strada il gregge dorme.

L’ansia dei pastori s’attenua
in questa pace di stanchezza
lungo la via senza stelle. Notte
profonda. L’ombra di questa
croce cresciuta è a dismisura
nel cammino. Nel silenzio
assordante tendo le braccia
e non ti giungo, ti cerco nella luce,
candide vie tra i fiori, e non m’appari.

 

La pianista
.
L’eburnee piccole mani
fuggivano lievi, correndo,  
fremendo sui lucidi tasti
volavano. Sfiorata. Dalle agili,  
magiche dita destata dal sonno
la bianca tastiera vibrava
di garrule note in tripudio
nell’aria commossa con mille
faville qual vivida fiamma
salivano, ardenti tremavano
un attimo breve,  poi lieve
di suoni una pioggia fatata
dorata pareva  discendere,
dall’alto e al cuore fluire,
fasciarlo radiosa in morbido
e tenue calore.
                      .Il mio sguardo
immobile era fisso nel dolce
carissimo viso. Vedevo
la pallida fronte, gli intenti,
sereni occhi suoi, le gote,
le labbra rosate, i bruni capelli
fulgenti in un’ala di luce …
Armoniosa arcana dolcezza
mai conosciuta sentivo salire
nell’anima muta., vaporosa,
sfumare nell’eco di tremuli
suoni: nel vuoto, nel nulla
d’intorno svanivano tutte
le cose. Poi sùbito, tacque
improvviso il soave concènto
e leggère fuggendo sull’ali
del vento le ultime note,
volse su me le sue grandi
pupille e in quell’attimo,
incanto d’un’ora divina,
mi parve rivivere tutto.
--  

Sognano i fiori fresca acqua piovana
.
Api fiori libellule
farfalle foglie falene
cetonie: sfolgora tutto
un vivo colore nell’aria
d’oro tremolando
si spegne, laggiù,
incerto e soave.
E tutto è d’oro,
palpitanteacceso:
il sole i campi,
quella casa bianca ..
la mia anima
sonnolenza dell’ora meridiana
in caldo d’oro di festosità..
I fiori languidiscon
sull’altàna: campanule
garofani, peonie, bianche
orchidee che vengon
dall’oriente…ronzare
ininterrotto di cetonie.
Le rane s’addormentan
in brughièra, sul rododendro
sgocciola una secchia.
Assopimento dell’ora
meridiana. Sognano
i fiori fresca acqua piovana.
--

Argentee canne
.
Poter racchiudere,
corpo sedàto dal “buon”
oncòlogo, in un sol fremito…
ma l’anima s’invola,
in un sol palpito,
si stempra con la viola,
nei versi splendidi
di nuvola odorosa
d’incenso inafferrabile
che sale sale a perdersi
in un sol grido lirico
sinfonico indicìbile
indefinito, sale sale
a perdersi in immenso.
Poter commettere
da venti indocili voglia
dell’impossibile: poter
diffondere in rosea aurora
la grande ansia dell’ineffàbile.
Si fonde con la musica
ch’esce da argentee canne
dell’organo suonando
un cantico magnifico
di gioia: .. Sono felice, Dio.
--

Fors’echi d’echi
.
Nel letto di palùde,
da tempo asciutta,
ora angusta viuzza
solitaria di paese,
povere pietre, trite,
secolari, affaticate,
erose, sgretolate,
in questa sera
priva di chiarore
ascolto il vostro
canto di dolore,
nota d’un canto
grande e universale.

Stasera non c’è mànco
un filo d’aria
che di voi parli
agli astri solitari:
antichi impatti,
comete dolci amanti
che sanno il vostro male.
Io solo, triste, muto,
intento, curvo su voi,
povere pietre secolari.

Mormorìi strani,
labili, lontani, fiottan
nell’aria da questo
silenzio soave,
coi miei morenti sogni…
musiche arcane, flebili
affiochite, fors’echi d’echi
spenti da…centenni.
Echi d’accordi dolci
di chitarre intonanti
i canti dell’amore,
schiamazzare di lieti
conviviali, di marce nuziali.

Echi di tempi persi
nella brulla pietràia
deserta, muta,
vastità del nulla.
--

Dolcezza solitaria
.
Battiti di ali diafane,
nel cuore, azzurre
d’oro cerule, che tentano
d’uscire salire su coi venti
nei cieli iridescenti.

I miei pensieri:
come luci che sfolgorano
fantastiche, di sùbito
si spengono in nubi:
a fiocchi, arabeschi
variopinti, abbozzi
di paesaggi immaginari,
castelli in fiamme,
forti diroccati, onde
azzurrine cerulo-crinite,
montagne nere aureolate
d’oro, chiome bionde
d’angeliche figure,
mostrichimere, bianche
mareggiate, pallide
iridescenze del tramonto.

I miei pensieri:
come tremule verdi
gemme che non daranno fiore.
Come crisalidi iridate
che non avranno mai
metamorfosi. Così...
Sono effimeri sogni
come quel1e nubi,
s’affollano nell’anima,
cullandosi sull’ali d’un’estatica
dolcezza solitaria.
--
 

Straccione sognatore.
.
Non mi sento giullare
che tragga, invitato alle feste
baccanali accordi per canti
di campagne elettorali;

nè men colui che nella notte
ricerca le stranezze cerebrali,
ridanciano ai carmi conviviali;

né quei che, torvo misàntropo,
impreca a tutto il mondo, per
il governo ladro e farmacisti.

Mi sento nibbio che tempra
l’ale al volo a una catena
che lo tien stretto al suolo.

Sono un povero povero
straccione sognatore,
che anela il cielo azzurro,
ma s’inebria del ben triste
sussurro della pioggia
…come a una canzone.
--  

Non esiste poeta
senza ispirazione.
.
Quante volte me ne andai,
lontano dagli umani covi,
per cercare ispirazione
in sovrumani silenzi.

Ad esempio nei chiostri,
nell’ora malinconica strana
soave in cui scende trionfale
e avvolge imagìnifìca:
incanto vesperale. Dall’ombra
lenta fluiva, quasi ascendeva
angelica, sinfonia di armonie
romaniche, sgorganti da vividi
bagliori di bianche snelle
aeree colonnine di trifore.

Quante volte estatico
mi parve che l’ispirazione
venisse immemore dal viso
mistico d’una vergine, cinto
da un’aureola di putti bianchi
e rosei, a mólcere il mio affanno.

Ma spariva, d’un tratto,
la visione in quell’ombra,
svanendo, mentre in me
l’ispirazione a scrivere
avvenìva, nel crepuscolo.
Il Redentore su la nube
d’oro angelico echeggiava
dagli archivolti d’un grandioso coro.
--

Luci di pensieri
.
Sorgeva l’alba ed attraverso
il ciel di madreperla, lenta
una nuvola saliva. Nella serenità
di quel mattino splendeva il cielo
ed ogni fiore auliva e come bianca perla
sopra petali e foglie ancor tremava
in ogni stilla la rugiada. Dolce mese
dei fior, tiepido Maggio, con i tuoi olezzi
erranti, i. tuoi profondi tripudi di colori
nelle aiuole … e forse solo azzurri
in altri mondi. Ecco: squarciando
il velo estremo, un raggio scende
dritto sopra fiori, al sole esultando
le viole. Sorridono i gigli al consueto
dolce amico loro, sotto la pioggia
d’oro, alzando lenti mormorii e bisbigli.

Sognavo. Vedevo un’agile persona
andare per i fulgidi sentieri. Incognita
signora, tutta cinta di Luci di Pensieri,
come una fata sospiratabuona.
Che Ella sia l’Aurora onde il mondo
s’indora, rivestita di rose, scesa
dal cielo sull’ala pia d’un raggio
a ghirlandare il Maggio di splendori
e profonder d’amor tutte le cose?

Era un sogno di luce, già sognato,
un pensiero scendeva dentro il cuore,
un pensiero dolcissimo soave
dalle mie labbra appena mormorato.
Ella intese completo il mio tremore
quando caduto prono ai suoi ginocchi
le chiesi: M’ami anch’ora che sei morta?
Intorno a noi tremavan tutti i rami
quand’Ella mi rispose: «Sì», con gli occhi…

Erano glauchi i mistici giacinti,
i geràni vermigli. Parean tra lor
più fortemente avvinti edere tristi
ad esili ciclami, le gardenie ed i gigli
avevano bisbigli; assieme alle verbene
vaniglie e gelsomino alzavan nel mattino
cantilene d’amor dolci e serene …
--

Il turbine
.
Il mandorlo cresceva, tra l’annosa compagnia
di faggi, solo, ma contento del suo fragile stato.
Lieve, quasi tinto di rosa, al sole riluceva,
nel verde smeraldino d’un bel prato.
Quando improvviso il sibilar del vento
squassa nelle radici la foresta, l’acque del rio
tracimano le sponde… il mandorlo, divelto
dal turbine violento, piega la testa e muore
spargendo i suoi bei fiori in tutto il prato…

Scendevan le sue foglie quasi con volo stanco.
Quasi provasser nel cadere orrore,
come se un lieve ed ultimo pudore
le trattenesse a perdersi nel suolo.
Pensavan alle rosate già sepolte aurore,
al profumo dei fiori, allo splendore del cielo.
E sognavano trilli di usignuolo, lente
cadendo nell’immota pace, fremiti d’ali
in armonie di voli … mentre la terra, sotto,
dall’uomo incolta, umida e nera,
le accoglieva nel suo sen ferace,
per poi mutarle in vìole a primavera…
--

L’amante
.
Nébbia, morbida sei, che quasi
parmi di carezzarti con la mano.
A me ti stringi, m’avviluppi
quasi impalpabile amante, lieve,
col respiro breve, sento tremare
quel bacio freddo strano. Con acre
voluttà, guardo nel grigio opàle
del tuo bel corpo andando oltre
al tuo opacotorbido bagliore,
per questa ipocrisìa losca e sinistra.
Tormentato da sùbdoli pensieri,
ambigui e foschi, vorrei vederti
vaporar lontano. Vinta, distrutta, doma.

Rapido giunge all’improvviso il vento,
quasi ciclone turbine. Una brillanza
improvvida: un tetto sporge e disegna
una sagoma nera nel cielo. Un cane dorme.
Silenzio. Un guizzo rossastro e un tuono
squarcia la notte orrenda. Nel plumbeo
deserto animato dal rotto ansimar
della pioggia furente, il cane guaisce.
Un attimo: il cielo s’infiamma,
improvviso, l’intenso bagliore. Uno schianto.
La terra, la pavida terra che trema.
Più il lampo non sfreccia, non rompe
la tenebra immane. Nel cupo scrosciare
c’è il cane, barbaglio terrore negli occhi,
che fugge. Ululando.
--
 

v iene  il  Bambino  in  braccio  alla  Sua  Mamma,

 i   n  braccio  alla  Madonna  con  il  velo

 

v elo  d’amore  della  vera  fiamma

 

a lla  luce  che  brilla  in  tutto  il  Cielo.

 

 

L a  luce  calda,   che  ogni  cuore  infiamma

e  rimane  nei  figli  per  la  vita.

 

 

 

m amma  con  me  Tu  sei  per  sempre  insieme,

 

 

a ccanto  ai  miei  ricordi  più  lontani

 

 

m  i sembra  di  vederTi  sempre  accanto

 

 

m entre  mi  coccolavi  tutto  il  giorno

  

e   consolavi  il  bimbo . . . al  primo  pianto.

 

--

 

Ecco quando.
.
Questa fiaccola inerte,
dolorosa, chiamata civiltà
è scossa, è scossa illusa,
in tenebre più fitte,
mentre stiamo ancora
calpestando l’orme dei bruti.
Ma forse già nel cielo
i primi raggi incerti,
evanescenti annunziano
lontano il tremular del Giorno.
E forse già son pronti
martireroi, di vera
Altra e Superba Vita
fuori dagli Universi,
cantando vittoriosi.
E vedremo la Luce.
Nel vivere per sempre.
Gli uomini risorti
s’aiuteranno,
nella pace regina,
col lavoro di tutti,
mai più lotte insane
per sempre. Né guerre,
né ingiustizie…
La nuova età, la Splendida,
s’inizierà nel nuovo
mondo: fissi nel lampo
magico del vero,
altri occhi vedranno
il NomeVerbo: Amore.
--

Ecco come.
.
La mia piccola
la vidi andare,
andare con lo sguardo
immoto, stanco
senza sapere
tremare di brividi,
strani palpiti
ignoti nell’ombra.
Poi, d’improvviso,
il balenio lontano
luce immensa
e slanciarsi anelando,
e correre, correre,
occhi abbagliati,
braccia protese,
non sentir se la fronte
avvampa,
se il respiro è breve
nell’ugola riarsa,
soffocando il dolore.
Poi stramazzare,
di schianto.
Sprofondare nel nulla,
nel vuoto sorridendo
nella Luce: Io Sono.
Negli occhi una stilla di pianto.
--

L’Angelo della Morte
.
La cinica beffa al dolore
propala coi pianti ed i prieghi
uguaglianza per tutti gli umani,
dal chiuso silenzio dei chiostri
di templi, pagode, di stupa:
il Libero Arbitrio.

Amore, pietà, sacrificio,
nell’ombra furtiva dei templi
le nude pareti coperte
di oro e d’ argento
e gli idoli muti di bronzo,
le croci di pietra e di legno,
le immobili statue forgiate
a imagine d’uomo.
E ogni giorno col polso
vibrante d’ignoto tremore
a ipocrita mano protesa
di questa genìa parassita
di tutte le fedi
riversano 1’obolo ingenuo
di loro viltà.

Ma piazze tonànti, … Martellano i passi
nel freddo chiaror cristallino
indomito sguardo protendi.

Qualcuno al Coraggio e al Valore
di Uomini Buoni (qualcuno c’è ancora)
Tu lasci. Agli uomini buoni - gli Eroi -
supplènti stavolta a mancanza
del nostro potere di libera scelta …

Ma Tu devi operare!

Occhio immobiIe, vitreo,
nell’urlo che incalza fremente,
e tuona in delirio agghiacciante,
vittorioso tu passi Credente:
negli occhi la vivida Luce
nel mento serrato nei muscoli tesi
1’Immensa Potenza tu porti
Morte, Innocenti all’ eterno Splendore
d’ umanità che più non cammina.

La mèta, la mèta è vicina
travolto, domato, tagliato
dall’impeto è il filo di seta
sottile che vita sorregge
d’ogniuomo: straziato.

Ma ridi anelante, febbrile,
del riso, amante del bene
chiaro e forte, la terra scossa
- che vibra nell’aria-
distruzione e rovina
percossa dai démoni è rotta:
non abbocchi a bestemmieresie
di alcuni scampati, li perdóni,
ma impavido fai strada alla morte.
--
 

Non sempre e per tutti è il Libero Arbitrio
.
Che fanno queste turbe ploranti
di uomini ciechi piegati feriti
davanti a un icona ... a un altare,
ad un simbolo? Sono Formiche
e loro sono state calpestate,
questa volta, dal terremoto:
da un piede ignoto, il destino
ha spinto da sotto il formicaio
e questo è caduto uccidendone
il corpo di giovani, vecchie,
bambine… Stavolta il libero
arbitrio è in prigione del piede
per disegno che non sanno
le formiche. Con pavide antenne
tremanti un’arcana potenza
esse invocano, Dio - che è anche
loro - domina e vince, attende
al di là della vita, mostrando eterna
giustizia infinita col fascio di umani -
anch’essi senza libero arbitrio -
e altri esseri ... bisbigliano preci
sommesse elevano canti di gloria.
Gli umani son come formiche.
Non osano alzare la fronte,
ricever la luce del vero: lente
falangi passano, chino il capo.
Visi sparuti, occhi atoni. Non sanno.
Spenti, le vesti a brandelli cadenti
sui poveri scheletri ossuti: fanciulli
già morti o scampati all’estremo,
coperti di sangue feriti affamati
assetati d’amore, vegliardi
che invano protendon la tremula
mano ad eroi sconosciuti, fratelli
disperati che tentano, li salvano
da fisica morte: strappandoli
dalle maceriedisastro del sisma:
suppliscono al libero arbitrio.
-
Nota .
Ogni morte e' il misterioso preludio di una risurrezione, il mistero che sigilla la vita, che non e' tolta ma solo mutata. (ROL)
--

Commenti del pesce d’aprile
.
Un commento oggettivo
e soggettivo, ancora
è un’interpretazione,
è una spiegazione
sommando nel volere
giudicare gli stracci
o i magnifici versi
apparato di note
di poesie e di racconti,
che pervengono al Sito,
chiose, glosse, postille
giudizi ed opinioni,
discussioni o protesta
critiche od esegèsi.

L’effetto è come fare.
Vi cito alcuni esempi,
in settenari sciolti:
dicono “è molto bella”,
“quest’altra mi è piaciuta”,
solo con tre parole
ti sfornano il commento
e se il concetto è vasto:
“sei stato molto bravo”
“È un delirio di note”,
“sono molto contento”
“sei un perfetto sitano”
un obbligo si fanno
alcuni veterani
se non viene citata
tutta la nostra armata
o almeno buona parte
di sitani impegnati.
Solo il “Titolo” a volte
citan di Poesia -
a Loro più gradita -
per mancanza di tempo,
con le scuse profuse,
le più varie, d’intento:
“oggi non mi è piaciuta…”
“Bravo Pinco Pallino”,
“fai capir molte cose”,
“ma non sono d’accordo…”:
l’opinione rispetto.
Poi ci sono i perfetti
ed a loro m’inchino:
riescono a capire
son portati a intuire
quel che gli altri poeti
critici non captano
salvando situazioni
concetti approfondendo
con la psicologia, -
e le loro Credenze -
pieni di cicatrici
dalla vita vissuta,
aiutano poeti
a diffondere il bene
con i loro Commenti.
Non ve n’abbiate a male,
In buona fede, Paolo.
--

Disumanità
.
Carestie, cataclismi, le guerre:
Poter chiudere gli occhi e non vedere
per un attimo pallidi volti consunti,
fragili some straziate da mille tormenti,
non udire grida, lamenti, bestemmie
pianti e singulti…Poter obliare
le urla dell’odio bestiale
i gemiti, i mozzi sospiri dei vinti,
le voci che implorano un pane,
che chiedono amore ai fratelli …
e senza l'amore è un deserto
l'umanità. Una natura d’amore
”.*)

Le madri con gesto monotono vano
la stanca mammella denudano
all’avide bocche malate …
No, tu non vedi, umanità.

E poter soffocare lo strazio
del dolore di piaghe cruente
della tua barbarie disumanità.

Smembrata da barriere immani,
insozzata di atavico sangue,
trascini ancora ansimando
il cadavere inerte dei tempi.

L’amore che possiamo donare
è la sola ricchezza per l’eternità.

Nota*) Massimo Reggiani
--  

 Diario di bordo
.
Una pagina del diario
crocièra Genova-Palermo
fra le mani, immota come farfalla stanca dopo il volo d’amore:
mi sorprende lontano,
con le ciglia socchiuse
a pensar su quel foglio la mano che passò con il garbo d’un fiore.
Fiorire niveo di spuma
Riflesso di cieli lontani
Il tuo profumo! È sottile, impalpabile, come carezza del mare:
oblìo di tutto il dolore
d’inconsapevole ebrezza
di sogno gioioso al ricordo che palpita e muta, profondo.
Candido riso di vita
rimbalzi leggerovibranti,
sovra la terra brunita: nel ritmo anelante inesausto, si snodano
imagini brevi di plastica
forza di mute energie,
fluttuanti di attimo in attimo in rinnovate armonie. Silenzio di marmo.
--  

L’ubriaco
.
Batte alle imposte - lenta,
importuna la pioggia; cadono
gialle dagli alberi le foglie
scivolano dove le insozza
il fango e le raduna.

Grigie le nubi - mosse
dal vento per il cielo -
volano come cavalle
indomite, anelanti la meta.

Giornata triste e lunga:
coprono e invadono ansie lo spirito
incubi tristi d’anima malata.
Le nubi corrono, la pioggia cade.

Di un ubriaco bacchici canti
dalla via salgono e angosciano,
tediano sì che una nuova mestizia
invade il cuore: forse mentr’egli
rutta le villane canzoni, tendono
pallide faccie figli che chiedono
alla madre un po’ di pane.

E forse - mentre l’ebbro s’avvia
malcerto, e l’ebeti pupille infoscano
e 1’accerchiano monelli sulla via -
moglie e figliola - nudato il petto,
i baci vendono, per fame, - in lubrici
amplessi, fremendo di vergogna
e d’amor sull’altrui letto ...

Mentre questi brutti pensieri
soggiogano lo spirito e la mente,
passano stormi di rondini
col volo d’un fulmine, stridendo:
non ubriache, il cibo affrettano
ai dolci figli, al piccoletto nido.

Batte ancora la pioggia; lente
le foglie cadono mentre scendono
le tenebre più avidamente attese.
--

Poeta
.

Betulle dai rami alti e sottili,
dalla corteccia bianca che par seta,
frassini, abeti. Ed olmi rilucenti, e querce immense
dalla chioma cupa, alla vostra ombra
il poeta tacito ascolterà vostri sussurri,
ascolterà: non vi badate, il poeta è un umano buono
- non generalizziamo -
un animale umile del bosco,
vive la vostra vita di mistero
e sogna un nido fra le frondi ascose.

Ma in una notte, quando tutto tace,
foreste cupe come un triste sogno,
errò il poeta scagliando il verso al vento,
come una sfida contro il mondo intero:
sharī’a di fiqh scorretti –
olocausti -
genocidi commessi -
- son crollate le Torri.

E quella notte il buon poeta umano
più non dormì. L’ore sonavan lente
come una tortura da lontano.
Guardò verso il cielo. Oh notte immensa
Era una notte silente senza stelle, buia.
Dopo i fratricidi e le vendette
da uomo a umano e a tutte le creature
viventi in casa loro.

Sharī’a mondo immerso nel silenzio
Di nebbia ricopriva montagne.
Pur al poeta parve d’udire in lontananza,
come fruscio fievole e soave,
un suono dolce che frangea le nubi.
Come un raggio improvviso nella notte.
Ma poi si fece più solenne e grave:
Mano multicolorevariopinta,
quale dolor ti muove
’ l cor dolente, perché tanto lo schianto?
No Pace, No Bontà, No Perdono?

Anche su non colpevoli. Odio, Vendetta?
Musica che muore: ora al poeta Vita
è più deserta, nera.
Senza, od in via di estinzione, l’Amore.
--

Marte mimose e Vulcano
.
Ancora sento pianger la campana,
ma quel trillo di rondini non muore
mentre negli occhi non si asciuga il pianto.

Così mi accingo a una novella vita:
mio rimasuglio in terra.
Non molli nelle foglie di mimose
ma i versi miei inciderò nel ferro
non tra fiorite aiuole e lieti squilli
ma tra fragore innumeriscintille
qual novello Vulcano
con spada tersa al fuoco
e non rugiada.

Intanto i venti tra gli alberi
d’argento infurian meno:
sono più lenti, ora pare un lamento,
non dolce, ma blando,
“le cose passate non tornano più”,
ma sento vicinolontano
d’ intorno alla stanza
una dolce acutissima fragranza
e l’alato pensier, la mia poesia, riprende il “volo”
guardando il ricamato pizzo d’oro
del ricco fazzoletto
intorno al collo.
È il profumo di Lei, il suo, una bianca orchidea.

Tramonti e aurore al bacio ora del Sole
sanno di mimose e di viole,
ma, dippiù, d’ orchidee, oggi,
Otto Marzo.
--

Agli umani
.
Il non credente
d'Iddio:
"dai pulpiti
scende
la cinica
beffa al dolore:
uguaglianza
di tutti
degli uomini amore,
pietà, sacrificio"
confonde utopia
con realtà,
non sapendo
che l'arma
è l'amore
per sempre
vincente sull'odio.
--
 

Alcune foto
marin  (di mare)

.

Mi sono circondato
di alcune foto tue
chè  non ritorni .
 
In quest'ansia ritmata
dei miei giorni
in arcana d'eterea dolcezza,
respiro la tua nuova
Vita,
                            sotto
la glabra fronte intenta
le mie stanche pupille
osservano le tue, chiuse,
da le palpebre immote,
che immagino raggianti
di una glauca purezza.
 
Solchi  spazi infiniti,
baci il limpido riso
dell'alba,  il languido
sorriso del tramonto:
mille riflessi d'incanto
nella sublime anima
tua in estasi. Marin.
 
D'innumeri misteri d'altri mondi
un'arcana fragranza mi porti,
ma la nera tristezza persiste
nel dolente gelo del mio cuore.
  
Ritorna la vita.
Profumo di eterne primavere
nel caduco tuo involucro ..
Bella è la vita.: gli uomini
che sanno amarla hanno la fronte
limpida serena, ignorando;
mentre la piega che a te
sul labbro muto si effigia
m'induce all'amore, alla speranza
d'un mio lesto avvenire con Te.
--

Brutta la morte umana,
etereo l'eterno

.
Che cosa è la "privacy"? Il caso
personale, i casi della vita
d'un qualunque, e qualsiasi,
mortale. Accomunati tutti.

La mia umana prematura
tragedia è pubblica:
è proprio un grande sofferto
messaggio d'amore
ma non ci si può rinchiudere
(come le conchiglie) ognuno
in proprio conto. Sono
storie di tutti, di tutti noi
per come le viviamo
le sopportiamo le trasformiamo
le pensiamo, le ricordiamo
le rifacciamo, le sùbiamo. Ecco
che non son casi personali.

Non lo sono mai stati, siamo
tutti uguali. Spero eguali
non in delinquenza
di male e cattiveria come
con pagliuzze e le travi
parabolò il Signore, quasi
a contare favole ai bambini.

Quindi sono cose di tutti
quanti noi, miseri umani
compresi quelli ricchi -
ricchi poveri e poveri ricchi -
non solo di sesterzi, ma
di tutto ciò che hanno,
che vediamo che vorremmo
avere anche noi, gli altri.

Non bisogna volere, solo
tentare di capire e briciole
di scienze divulgare studiando,
poi scopriamo per caso
verità nascoste e ci crediamo
nel nostro corpo imperfetto
avuto in dotazione/prestato
con il libero arbitrio, lo spirito
pensante, con l'anima - ma questa
è nostra e Tuo stesso frammento -
la parte più nascosta e più evidente
che fa di tutto un tutto

DioLuce: mai spento
ché mai Ti spegnerai
aumenta la mia fede
e a capire per sempre.

Dacci etereo eterno
InConPerTe la Forza
delle Forze per liberare
ciò che hai creato

senza principio e fine.
.
31.01.2009
Per Massimo
--  



La magiónetta bianca
.
Sinfonia di musica
Fiume con 1a ragione
negli atomi dell'acqua
con aria calda e fredda
ferma la vita
in una eternità dorata:
dolore e gioia; né il mistero
di fulminisaette
in cumulinembi:
gonfiano tanto sprone
di pioggia delicato come
l'uragano pianto
della mia pazzia

Tutto da te veniva
illuminato…La nostra piccola
magiónetta bianca,
la piccola pianta
di rose alla finestra,
la mia anima stanca,
il mio cuore duramente
oppresso.

Ed ora tu mi dici
che vai nel paradisoluce
Recuperare una vita
Di contrasto e d'attesa
sciolta in un singhiozzo.
--
La vera esiste
.
La nuvola nel vento
corre, corre veloce
e insieme fa pensare
d'altri mondi. Altre
realtà. Nella stessa casa
nostra: la Terra.
Infinitamente sempre in guerra.
Il perché non si sa. Non si vuole
sapere. Non si può
sapere. Pochi,
ma la filosofia
corrente ci fa onnipotenti:
siamo e non siamo.

Voce.

Di Religioni tutte,
ognuna per suo conto.
Uniche.

La vera esiste? Sì.

Uomo divide e...
non fa più conquiste.
Assennata realtà,
se si segue, nel perdersi,
cercando.
--

Fine terrena
.
La progènie umana
luce e la speranza,
sono la stanza d' aspettativa
in cui vedo il bocciolo di rosa
che iormai più non coglierò.
Il vero non lo temo;
né l' ho mai temuto.
Come indica il tempo
col suo passare lento, senza fine:
apparente d'eterno
ma inesorabile
di viva luce notte.
Inutile scongiuro
è sbeffeggiare
l' òbito del "fato"
mi dispiace soltanto.
Or ti ho scoperto
so che hai combinato:
cuore va' più lento
in questo intrìco
oscuro, misterioso
di questa valle piccola,
insidiosa, fatta così...
--

Viene chiamata "Terra"
.
Sempre ritengo
splendida assurda incredibile
l'eterogeneità di vita del pianeta azzurro,
dal corso d'una bòlla iridescente,
di "acqua saponata" astrale.

Viene chiamata Terra.

In misure diverse,
tribolazioni e gioie
con noi sono in connùbio:
l'uomo libero, giammai:
chi lo ha chiamato qui, il caso,
mai ha reputato la sua presenza
al mondo necessaria, forse
irrisoria, complementare,
ma certo è micidiàle.

Antropocentrico vive,
come se non dovesse mai morire.

Anche invenendo musica, poesia,
tutte le altre Arti;
tecnologie
avanzate, computer's ,
che rendano vieppiù leggero il viaggio,
flora e la fauna son meglio
degli umani.
--

Non è arcano miraggio
.
Dal nulla senza nulla
siam venuti e, ricordando niente,
ci si appresta, senza equivoco alcuno,
alla Gran Festa.
Finale d'altri tempi di altri luoghi,
anticipo di sogni
mai vissuti, strani ricordi che non passan mai,
né intelligenza rendon manifesti
ricordano la vita ad altri cuori.
E giunge - giorno dopo giorno –
l'esperienza del sempre,
sempre in cadenza simile, indelebile,
che scivola nel vento ad ogni vita.

Grama nei più.
Per tutti l'esperienza in quel tratto di penna
di . . . chi non vuol morire. Paradossale:
perché non siamo nati mai, e mai morremo, eterni,
in ogni forma di tempo.
Non certi di certezza, né di vaghe blandizie,
ci avviciniamo in relativo lento,
decadimento umano come lieve carezza.
Lesta, e vicina, Festa Grande è la nostra, terminale,
vibra lasciando fuori dell'Essere, di tutti noi,
con l'Essere la cenere.
--

Amare amaro amor
.
Amare amaro amor:
questo il destino
della mia esistenza,
quaggiù sperduta,
breve e passeggera,
come il trillo della cinciallegra,
tra i verdi rami
d'un ciliegio in fiore.

Ed è stupenda questa
improvvisa fiamma,
proprio perché si spegne
in un batter di ciglia,
proprio perché incede
come il pensiero,
contraddittorio dell'uomo,
nel suo volo fremente.
--

L'arcano miraggio
.
Un canto lontano si sente,
lontano, echeggia
di notte con l'animo umano
lontano, vicino, lontano
canto notturno: sinapsi del cuore, una voce?
                       Cosa è che si sente nel buio?
                       un nome? Un amico? Quel vano
                       canto è uscito da un sonno lontano.
                       E' vicino, è presente, è una luce?
                       E' una vita che, forse, fuggente
                       cerca sempre
                       un embrione ridente?
                       . . . . . . Come stolto
                       demente cerchi il rosso
                       color de' suoi sogni? E' mistero?
                       Spirto umano?
                       Che può fare il Saccènte
                       del canto che sente lontano:
                       quel richiamo di mente a una mente
                       è un pensiero? O è arcàno
                       miraggio d' orecchio d' un folle
                       che, stanco del viaggio notturno,
                       lo ascolta per sbaglio tremendo.
 
Ma, un grido, non senti?
                       Non senti, ora è canto.
                       Non importa che senta quest' urlo.
O forse è la nostra coscienza
che sente quell' urlo spaziare;
o, forse, sia il mare
che, azzurro-cilestro, ricordi
passato, primordi
al presente, riveli futuro
a chi ignora . . . Ma l' uomo non sente
e non sa: si nasconde
di fronte alle cose più grandi!
--  

Tempo umano
.
Il segnatempo muove
lancetta dei minuti.

Quella dell'ore
lenta più è ancora.

Veloce, con quella de' secondi,
rotola la vita:
manducare, stercàre,
dormir, fare
all'amore. Quest'ultima
funzion, facoltativa . . .

Dolce rintocco,
ha già segnato l'alba,
di campana l'ora,
e già il tramonto si trasforma
in notte . . .

Verso vivida luce
morte ci rivolta,
ricominciando altrove,
indomito ciascun
sia ad ogni male.
--

Il piccolo punto dorato
.
Si confonde
il velo dell'animo: il mio
sole tramonta
dietro il monte lontano
orizzonte rosato,
scenario consueto del mondo.


Di questo.

Si diffonde voluto
il percorso nel nuovo:
sensazioni
di unione profonda
sempre più:
programma che informa
evoluzione continua
totale, sempre puntuale,
più tesa
scopre potente il legame
dell'uomo ai "computer 's".

Nel piccolo punto dorato,
in cifra infinita di stelle
--

Una rosa
.
La luce del sole
è come un richiamo,
il buio nel vento un lamento
che, ad ogni mattina,
ci portano in vita:

la rosa che olezza,
la gioia gradita,
sventura subìta,
la fresca carezza
del dolce mattino,
è come un inizio,
è come la fine del certo destino,
è come la fede di un baldo novizio...

Poi, solite cose:
l' eterno tormento dell' ora che fugge,
lo stesso momento
incosciènte del sonno,
l' eguale sbadiglio
al risveglio, la solita noia.

Il solito alterno eternarsi
dei vivi, chi astuti, giulivi,
lieti ignoranti;
chi tristi: cosciènti
di ciò che gli eventi
casuali inducano incerto il futuro...

LA VITA:
il fatto smarrito
nel nulla; ed è questo l' uomo:
bambino piangente, una culla,
l' òbito inizia....

Chi ha fortuna gode , pena
chi langue ed in mestizia soffre
(a volte) odiando, perché senza scampo
oppresso è dal più forte:
atàviche ingiustizie, del creato
a séguito progènie tramandato.

E solo un giusto – buononesto
timorato d'Iddio - retto, probo:
benedetto; se quel giusto esiste,
nel morir può godere della vita –
non solo quella eterna – anche mortale:
scoppio d' azzurro e strepito di mare.

Ma questo prima d'autodistruzione,
ingorda per qualcuno che s'accresce
in rapporto d'egoismo inquinante,
umana creazione delinquente
e, peggiore realtà, che sempre mente.
--

Un'oca
e un karkadè


Metti una sera a cena
un'oca e un karkadè,
mescola a Primavera
un uovo e un buon paté.

Ricorda tutto il giorno
l'effluvio del bollito
che cuoce nel suo brodo
con gli aromi condito.

Infine male di pancia
che sopraggiunge lesto
dopo aver tracannato
due litri e mezzo a testa.

Auguri a tutto il mondo:
al bello e a quello brutto:
l'uomo ha toccato il fondo
del suo egoismo: un rutto?

La Fine s'intravvede
in fondo a questo Tutto:
senza capirne il Fine
del Progetto. Distrutto?

Non siamo stati degni,
per distruzioni e guerre,
in Sogni ed Illusioni,
di chi ha creato il Qui.
--

Le piccole cose
.
Fatta è la vita di piccole cose,
parte e tutto di noi: consolazione
al pretesto del passaggio terreno,
al miraggio del viaggio.

Accontentarsi dell' ìnfimo
così, carpe diem, e dir grazie pensando
a chi... non può aver neanche quello:
enormità per chi ha fame, ingiustizie, e guerre.
Dipoi tutto verrebbe in seconda battuta,
in secondo piano, non più importante,
più nulla.

Solo minime cose ordinarie,
scorporandole dal senso del giorno
per giorno. In pazienza, per ciò
che si ha, per ciò che si soffre . . .

Fino al buio della nera notte
di Luce.
-- 

Tutte belle tutte utili
.
Negro continuo sussurro
fuori nelle tempeste,
dalle caverne del bene.
Vendere quel sole rosso
violento corallo con la forza
pulita dei tuoi verdi occhi
esasperando l'immenso
del grande grigio segreto.
Gioco del vento, brividi
astratti nei mari di Dio:
sul podio della luna
il coro dei delfini canta
i1 principio che non esiste
oltre la magica eternità
perché non esiste la fine.
Raccogliere silenzio e stelle
tutte belle tutte utili
……………………
Integrazione del reale
consumo della libertà
come il respiro dei morti
ma la poetica umana -
musicalmatematica -
è sempre troppo bella:
misterioso riflesso d'uomo
interrotto da vivida luce.
...

Gente del mondo
Un roteare d'umanità
nell'immensità del limite
si accendono i giorni
Come tutte le Arti
esprimiamo la mente,
divulgando i pensieri.
 --

Sentieri di pini
.
La morte
non aspetta se bramate, siete degni,
se otteniate, conquistate,
se conseguiate tenebre o luce eterna,
per sempre. La morte!
Sentieri di pini al di là
del muschio giovane
percorso di luce e di suoni e di colori.
 --  

Antimonio
.
Un tramonto
do1ciastro, unico,
sentirlo dall'oscurità
del cosmo: rimane
il pensiero d'un grido
mio senza sapere
dove trasporterai la tua
fiorita vita.

Antimonio pesante
nel mio cranio
sempre in guisa
rosso rubino cupo
di strazi ai confini
di tormento nudi
pesante lucentezza
adamantina.

Torna 1'essere
con rumore continuo
simile a un fischio, a un ronzio,
a un sibilo, che irrompe
nel cervello
e non se ne va più
Brutto fischio il mondo,
ché alla steppa di alghe
strepito di mare
dentro una conca verde
ti strozza il ventre
fisica la bocca
piena di sangue
come fiamma viva
mossa dal vento
crepitando avvampa.
--

C'è
.
Vedo dolore grave
e se ancora m'avvanza fiato e lena
a portar della vita dei viventi
il duro pondo mi sia manifesto.
Le stelle che si gonfiano
I corvi, con occhi di bontà,
e gli avvoltoi
pazienti aspettano umili
con fede mentre l'àere si ferma
nerocrudele
nella tacita notte
--

Gelo
.
Gli uomini son grappoli viventi
attaccati all'albero della vita
come colonne nelle cattedrali
in una vicenda alterna ed infinita.
Acuta pena mondomateria infesto:
tuo male e mio dolore il Tuo sorriso
pare che, nel perderlo, si estingua…

Dolce meriggio decembrino
l'aere e il ciel sono tepidi ancora
e il sole foglie ridipinge e indora,
improvviso in giardino ultime rose
ridono, flessuose in pupille lucenti
di laghi dipinti colorati dal cielo
coronati da estrose praterie sonanti,
di conche, fronde, affascinanti
di serre incantate, di viole del pensiero,
camelie amaranto e nivee stelle,
genzianelle cilestri; felice manto
dipinto e immaginato dal Pittore
dei pittor…ma è tardi: tutto gela.
--

Autunno che fugge
.
Venne, e mi porse
un garofano
d'autunno che fugge,
dal profumo soave,
nell'ora tenebrina scosso
d'amore con dolcezza sì profonda
da morirne. Vedo
fra lagrime
dolci e strazianti caro
il mio debol sorriso
andare...nel grave specchio.
Dopo il rosso, rosso violento
Scialba la luce greve
sul bel viso in questo
andar per l'infinito
lumi negli occhi tuoi pieni d'incanti
sogni febbrili fatti di lampi
viola, grigio d'orizzonte tramonto
fanno nel cuore tremare
il pensiero
sgomento.
--

Dentro scogli di ghiaccio
.
Tra un sorriso
e una lacrima il mondo
è trascinato:
voglia di vita tra dolor di morte,
venti e elementi
del pianeta Terra soffiano
ruggendo tra bufere
dentro scogli di ghiaccio

Frammenti
di vitasogno, come
lucenti stelle di giglio adorne
candida giovane
la luce spirituale,
bella e leggera d'etere
di rosa profumata.
--

Acqua
.
C'era una volta un fiume
Adesso è soltanto un torrente:
Cascate e cascatelle sui massi
Spruzzano ai lati millegemme
Iridescenti su piante, su fiori,
Che quasi di nascosto
suggono le dolci acque
sempre più rare
che ignare corrono ancora,
ma sempre più piano
ma sempre cantando di meno
ancora per conche più ampie
di pascoli verdi, per fresche
pinete, abetaie fino a valle
croscianti in muggiti
d'armenti, tra greggi belanti
fra presepi viventi
di baite, margàri
di villiche case, di genti lontane,
assenti.
--

Fininizio
.
Improvvisa folata d'inverno
in turbine foglie ramate
d'oro, morte, d'argento, secche
rammentano i brividi eterni
di Dio con iridio di musica
azzurra, rosaviola amaranto,
sospiro tra un folle di vento,
ed è lì che ti senti immortale.
Ma dolce e crudele è la vita,
ché ora inonda di gioia
in altro brucia in tormento
e quando più buia è la notte
quell'alba d'argento è vicina.
--

Tutto si crea, nulla si distrugge:
si trasforma.
.
Universo,
finito od infinito,
il nostro
mondo, finito male,
è questo:
tutto è assurdo,
ed è tutto il nostro reale.

Reale vero,
per noi, ché vero
il tutto sembra,
il mondo stretto
nero tutto, sfocato in nebbia,
perpetua, universale,
per sempre.

La ragione,
inespressa, ai conviventi
nostri, del globo
terracqueo,
è l'inconscio
dell'uomo,
infima parte
micron
del concesso.

C'è convinzione,
che tutto l'esistente
sulla Terra
abbia l'anima:
tutto il creato,
e nulla si distrugge.

Eterna sinergia
del fatto
potrebbe agir il fato.

Essere eterno.
In Noi, con Noi, per Noi.
Con gli Altri.
--

Curva la schiena
.
Il mio infinito sussurra caverne saluta la morte
curva la schiena,
sguardo svagato e tenue respiro affannato
che si apre il passaggio
su mille abéti cullati dal vento.

Felicità e nostalgie lontane di galassie radianti
il tuo bel viso
in un tardo meriggio novembrino
unionefiamma in cosmi e cromosomi.

Ora la vita mia muore di gioia: l'amore Tuo
mi offriva l'importanza
di pregare… ma vai senza sapere
dove portar la tua fiorente vita,
ch'era il mio canto: una canzon d'amore.

Torri splendenti speculomunite, dai lumi tuoi
dolci d'incanti pieni:
mi esprimo con la mente anchilosata
d'Eterno maliardo, oltre i princìpi astrali
e ben più oltre del tempo d'universi
nell'ultima pupilla anima quieta
una lacrima.
--

Mentre l'Eterno avvolge
.
Religione negli atomi dell'acqua
di vita in una eternità dorata,
sulla montagna di albiche cascate,
calli di pini giovani di muschio
Il vortice nella città. È passato:
giorno, ansante, acre, irrespirabile.
Tutte le tinte, sensazioni strane,
le prospettive, scorci più impensati
son passati nel minuto affannoso...
Un rumor di ferraglie, notte nera,
Treno lontano che divora il piano:
biscia fosforescente, strìa di luce.

Suoni dal fiume. Il mistero del fuoco
è delicato come l'uragano
della mia pazzia. Non una sosta,
nella vita mia, si calcian ciottoli,
al buio, nella fonda notte senza
volere, sperando, mentre L'Eterno
avvolge gli altri Mondi vagabondi
in simbolitragedia dell'inferno
o dolce paradiso. Monte pieno
di passi , sassi che non vuoi calciare:
rumori vuoti di anime sporche
fanno la eco in miliardi di stelle.
--  

 L'urlo
.
Come sento tra i sassi il mormorare
d'un cristallino ruscello montano,
limite di mistero e di leggenda,
ululo la mia vita nei tramonti
sabbiosi e dolci d'armonie d'arcano.

Quando sento tra gli alberi alitare
la paura che nascondevo dentro
tutto era buono; ma i mali, dal cielo,
tra gli angeli, noi stessi ed il Tuo regno,
mi han ricordato il prezzo della morte.

Flebilmente, così, e sento ancora
lampi nel cuor: vorrei poter lenire
questa terra prestata, dura, e pregna
di mali e incontenibile violenza
ed urlo la mia vita del tramonto.
--

Siam fermi all'anno Mille.
.
Costellazione degli universi,
universo vuoto, il sempre infinito
finito, giace nell'essenza.
Essere immenso! Vita fantastica
per noi Terrestri: gloria,
del verme senza futuro si profila,
il niente. Forse per Loro con noi,
L'Essere, qualcosa: il tanto.

Domani, secoli di milioni
di secoli d'intelligenza ininterrotta,
forse, paleseranno in macro
microscopico del micromacrocosmo
nodo senza spazio e tempo, somma
di glorie, plasma di quark e gluoni
in avventura. La sfèragrànulo
del nostro reale è fine a se stessa.

Altre la seguiranno da implosione
reagente dell'Essere: Colonia,
invitta senza tempo senza luogo
senza spazio, libera pascola schiava
del vivere in materia circa un minuto
cosmico: etereo un sussurro.

Con la fisica morte là torniamo,
donde arrivammo (senza volerlo)
attimo prima di venire al nostro
Mondo. E puranco a seconda le "alte
evoluzioni di Scienze" (se prima
non pervenga la reiterata consueta
autodistruzione che ci prespenga)
si subisce il destino del nostro
corpo alieno, che lasciamo a...Terra.

Come fonte miliardi di miliardi
germi terreni vivi per poco, molto
o per l'eternità: segno che non ci è dato
di sapere perché, e da Chi. Oltre
ai compagni di viaggio, piante (flora)
bestianimali (fauna), minerali
e tutto ciò fisicamente vivo, l'uomo
si getta in riflessioni sul solito
normale-occulto imposto: guerre,
sofferenza, agonismo, festa, tentar
la conoscenza senza riuscire mai
a alzar la testa dalla natura sua
mèta di quiete, indotto a riprodursi
fino a quando e dove altro esseri
come noi e non...? Incoscienza
futuro tranne il certo trapasso
di macchina carbonio-acqua
che cristallizza in puro. Silicio:
siam fermi all'anno Mille.

Non sappiamo/vogliamo -come gli struzzi-
la ricerca del vero, pauroso di fisico
domani termine di essere; reduci
da anchilosi-cervello privo del meglio
per carenza d' uso. Perciò paesi...rischio:
sulla pallagrànulo che chiamiamo Terra
dove si ammazza, si ruba, si gode
e... si crepa (caduta di stile) ineluttabilmente.

Le menti, poche, nell'umanità: quasi tutte
trascurano se n'infischiano, ignorando. Isolate
da sentimenti, o dall'incomprensione degli
altri - legati a un completo egoismo solenne -,
terminando tranquille il viaggio breve del tempo
lor'umano concesso. Potere unire le menti
di Uomo, Flòra e Fàuna in un'unica Forza,
per sperare ad antichi splendori? O arrendersi
a ciò definito superiore allo scibile umano:
a larvombre ridotti, adattati, a niente e nessuno.

Noi possiamo esser buoni d'innàto
giudizio, d'odiopieni per scellerato
egoismo: ci scanniamo tra di noi, in
atàvica legge di società, non scritta,
che ci governa. Sono migliori le belve,
gli echinodèrmi, le cetònie, le formiche
animali organizzati gli insetti cioè.

Energie d'entità che noi non conosciamo
completamente, nella loro pienezza, bene:
come le asteroidee (non originarie di questo
pianeta) stelle di mare. Noi siamo un mezzo
per ottenere un fine. IL FINE sconosciuto,
della nostra incoscienza dapprima non voluto,
non cercato da noi; adesso Experimenta Summa
ricerca per il bene nostro, Dio e la Santa Alleanza.

OIKRON del pianeta ZAURAK in EURIDANUS
ovvero: Morte di coppia, per"overdose", sul pianeta TERRA

.
Piccola OIKRON, dove sei Tu?
D'altre specie, d'altri tempi, d'altri mondi,
Ti vendi per il DRAGO CHE POSSIEDE:
dragòdroga – e pensa per Te.

Piccola OIKRON, dallo sguardo mite,
dell'anima di bimba sana e assente
ma . . . il corpo Tuo?: incubo
di una malata scivolata umana
mente dall'orrore ebefrènica. Oh tornare
in éticamorale come prima, ancora . . .
Utòpica.

Piccola OIKRON, chi Ti compra,
(raro) non se la sente di sentire
lo stimolo del sesso: non
. . . violenza, necessaria,
sempre (almeno quel tanto di pensiero)
che spinge al passo dell' Uomo
acché fu fatto per esso.

Rimbambito e impotente guarda Te,
che lo guardi con dolcezza, mentre pensi
(trovi strano) ché non faccia l' umano.

Piccola OIKRON nel Mio-Tuo mondo
di folli - e le sue spire - l' indotto di capire
è negare se stessi.

Un altro mondo mòndo, un' altra
dimensione, un altro tempo.
Un' altra volta.

Ritorna, sogno proibito, nel passato
dal passato senza svegliarti più !

Corpo che muore e lascia
inanimato l'uomo, non assecondato
dai sensi con la forza-pensiero,
dall'istinto di bestia inappagato.

Poi,
puro
essere.

Piccola OIKRON, torna tra le stelle.
Torno anch' io, con Loro mi unisco a Te,
col Tempo, relativo, con la Luce
che corre d'andar per l' infinito
in materia pesante, come prima,
nel vorace buco.

Poi,
si torna
daccapo.
--

Matriarcato
.
Il metodo ha trovato,
nonna Teresa, proprio il giorno
che compie novantanni,
per tentar di guarire
l' ipocondriaco giovane nipote.
Metodo empirico, popolare,
taumaturgico, speciale,
che gioie sempre dà
e toglie affanni.
Tra tutti, quel nipote,
tutt' attorno, gratifica i parenti:
buone parole: l' utile ritorno
del matriarcato saggio: la condensa
che sugge il mal dal collo,
con il bicchiere di bambagia pieno
d' alcole pregna, sfruttando
del suo corpo, l' energia.
Sèrva, allora, ad Enrico
la Nonna ancora: evviva sempre
più dei centanni, in placida allegria!
--

L'ultima cena
La cena del 12.12.1999
.
Effimero
convito: l'allegria
finta, il vino vero
a fiumi: colleghi
di lavoro: ottimale pretesto
dell'attimo fuggente.

Si stona:
"Oi vita, oi vita mia,
"Oi vita di questo core ...
"Sei stato o primmo ammore
"E o prim' e l'ultimo sarrai pe'mme".

Dopo, il pantagruelico
epilogo, sermone
ipocrito benevolo
dei più alti in grado
(ma più imbecilli),
mentre succulenti
grosse parti di cibo
snodano in luculliano
scivolo
nei ventri decadenti.

Poi, movimenti lenti
scomposti:
il "ballo" (di persone "mature?")
Oh se vi poteste specchiare!
Credete sempre di vedervi
nel ricordo miglior
di gioventù.
Romanticopietoso
romanticismo,
che non esiste più!
--  

Lo sbaglio
.
Non sono mai stato bravo, mai:
neppiù mi sento
di criticare, in alcun modo, tutto.

Tutto, e perché:
occhi umani non ci saranno,
nel prossimo futuro, più
e, al nostro logaritmo, per sempre.

Men mai potranno far potenze astrali
sopravvivere la biosfera
ai disastrI antropici:
suicidio di uno: genocidio di massa,
globale.

Globale e di presenza, vita fugace,
mai pace mi darò, vivida essenza.

Rimango sempre d'opinione
dell'esser di passaggio,
vivaio esperimenta:

summa ab aeternum.
--

Il ribelle
.
Il Cervino ribelle s'aderge
fiero, ancor per ora,
bianco di ghiacci: sue catene avvinto,
cinto di nubi e stagliato d'azzurro.

Il suo candido manto d'ermellino
discende in cento rivoli
sempre di più cantando,
con un tinnante murmure e argentino;
ma è un canto triste
che perde le sue sengie in rocce nere:
freme ogni tanto in quella forza
fiera, sovrana
sull'uomo, che semina di croci e di preghiere,
la paura
d'ignoto
e degli agghiacci.
--

Foglie
.

dove gialle sciamano
le foglie
secche,
dei pensieri,
càduche,
coi ricordi
làbili,
cadono
trastullate
nel vento . . . lievi,
le foglie,
senza méta,
eteree,
senza speranza
di tornare
ancora
verdi:
e questo è il Sonno,
che le ammanta
e tace.
--

Su questo granello:
la Terra, da questo Uffizio - come del tempo d'uso -
esco con un bicchiere, entrai con un bicchiere
a offrir da bere a tutti:
che cosa ormai farò della mia rabbia,
di tutta quella roba ammonticchiata
in tutti questi anni di "bancario", per me, entusiasti:
più per i clienti, che ne han beneficiato e non mi avranno.
Uno per uno osservo gli invitati casuali:
branco di conventicola, da tempo a comandarci avvicendati,
i miei Capi. E . . . bravi, da carriera obnubilati.
Solidarismo tra di loro folle: su e per il "loro lavoro",
lasciano il segno: esprimono, in segreto, doppio giudizio
sui dipendenti (i fessi): il primo, comminando "l'ottimo"
comunicato ai "sindacati"; il secondo, su gli stessi, segnando
"un pessimo" ai propri Superiori, con garbo, nel massimo riserbo.
Questa la sorte assegnata ai "fuori giuoco"
dipendenti, leali, capaci, non adulatori: loro, i"furbi",
arbitri retti, già hanno segnato quanti
di "fessi" esperti - paggi devoti - di successione degni
per far a lor mestiere che non sanno: ché loro il tempo già
ce l'hanno pieno per congegnar chi salga sulla cima, per ottenere il massimo stipendio per poi (tangente a vita) maxi-pensione , senza capir capezzolo di Banca.
* * *
Alfine tutto passa e ritorna. Eppoi non basta più.
L'errore è a monte: unione di multinazionali, accordi finti d'esistere in Europa: dall'inizio, nel giro di trentanni, senza restar spiazzati.
Non ci riguarda più: scordiamo questa Terra, ché non saremo
in materiale eterno
. Impossibile altro. In - spazi infiniti o finiti - da"Dio" da Altri: sappiamo di tornare
dove prima eravamo. Prima di nati: e in noi, del prima,
non resta più memoria!

***
1°Agosto 1999 ai colleghi l'ultimo giorno, per me, lavorativo
--

Il fantasma della "Tesoriera"
.
Irene, vergin fanciulla,
soave sedicenne,
in rito del demonio, murata viva,
fosti immolata sul perverso altare.

Trova alfine
la pace,
fior di stella,
ché incessante vendetta ancor Ti move.

La potente entità,
che si rivela ancora
ai Tuoi pievani,
l'azione cessi. Nel nome
di quel Dio
che non volle
evitar l'orrenda fine!
--

Non fumate. non fumate...
.
Fumando
a letto, di notte
il sempre uguale
Silenzio... suona!
Ed è opprimente,
quand'uno
è solo.
Il rumor di silenzio,
in continua attesa,
ora scéma.
Ora
aumenta di tono
Forse aspetta
la sempiterna
che ci porti
In Giudizio per la nostra
Morale vissuta.
Intanto la sera si sparge
s'adombra la notte
si stende l'Autunno
Nel vento s'attenua
d'Eterno il Sorriso...
--
 

L'incidente
"mi contraffarò a guisa d'uno attratto" (Boccaccio)
.
Pazienza
se quest' ossa
fossero nei morti
e al lume si vedessero
bianche, lucenti, storte;
ma sono ossa di vivi
che ancor non sono morti.

Bellezza
delle cose
perdute, di sogni
non vissuti, di voglie
smorzate; di fanciulle
dissuase da quei segni,
di morte: mai più amate...

Eppure
negli eventi
provati in sofferenza
ciò che rimane senza
dolore, non è morte:
rimane, sì, nei vivi,
il gusto amarodolce:

Speranza...
ma sempre
c' è la stanza d'aspettativa... e,
a volte, nonostante la morte
tardi ancora a venire,
amare con passione,
vivere con soffrire,
aiuta quella gente
che in animo si sente
rimpianto, male in cuor.
--  

Sembra
.
Ancora la mente
ripassa
in rassegna i ricordi
e sente i primordi iniziali.

Riversa
l'effetto sull'ottimo affetto
del figlio . . . Ricorda.
Tutto.
Rammenta.
Niente.

Mi sembra la camera ardente
d'un corpo caduto
che s'alza. E che danza
spargendo
semente continua di vita finita.

Lontana infinita la stella,
più bella e smarrita,
dall' "Hubble" scoperta,
disposta,
dimostra il continuum di vita
perversa, di nuovo, latente,
animale senz'anima e con.


Ma chi è l'anima.
Sembra.
--

Inequivocabilità
.
Quando
ogni giorno passa
e non ti capisce
il prossimo:
rivolto è tutto,
verso
il nulla.

Quando,
a ogni ora che passa,
più non comprende
il vicino:
tutto è distrutto,
e ... la natura,
canta
per suo conto.

Quando
gli affetti
familiari,
defilati
in amori propri,
a ghetti,
sono
circoscritti
in famiglie
diverse,
l' egoismo
uccide,
ciò che è umano!

Allora fine
è tutto,
causato da egoismo
ed ignoranza;
da innocenza e vergogna,
poi chi capisce
dà il suo sfogo
al pianto.

Altrui
capire e non capire
anime umane.
Chiuse come voi
stesse, con voi.

Lucide
egoiste,
siete perfette,
anime di chiesa,
e la coscienza vostra,
nello scopo
vi approva.

Anime mie, sorelle
solinghe
se imago de la Morte
incombe
su noi tutti:
non abbiate paura
siate tranquille,
ciò che desta
s'affaccia, manifesta
si evidenzia
e appare;
siate resolute:
ché insicuro
è il domani.

La morte?!
Non fisiologica,
ma eterna
se non c'è Dio.

Misericordia
umana non esiste
perchè fatta da noi
mondo mortale.

Quella di Dio

è perfetta!

La vendetta (e l'accìdia)
fine a se stessa,
è nostra:
l' inequivocàbilità
del Male.
--

Colore di sogni passati
.
Com'è rosso il riflesso nel cielo
Del sole che tramonta all'orizzonte.

Rosso come il colore dei miei sogni
Passati, come rombo di cannone.

Improvviso, ma che svanisce, piano,
Nel nulla del Silenzio.
--

Incubo
.
Durante
questa notte, un'altra
insonne,
ripeto mille volte
"ho ucciso mamma,
ho ucciso mamma
e mio fratello
di dodicianni.

Che non diventerà più
uomo,
e la mia mamma,
che non sarà mai
nonna!"

Ed ogni notte
ricomincio da capo.
--

Canzone popolare 2
.
Nostalgie
di Comete: il Natale
del Gesù Bambino,
con l'asinello e il bove
i Magi ed i pastori
- di San Francesco,
architetto di stalla -
con Giuseppe e Maria
l'immacolata vergine
del Trio, fanno felici
tantissimi bambini.

Bontà
del Mappamondo,
in mezzo agli astri,
Vangelo e Tradizione,
che aiuta l'Uomo
alla traduzione del Sempre
non certo immaginabile,
del Caos: implosione
continua di "Universi"
altri negli altri.

Strùggere
con il Bene il Male
senza condizione,
sarà mio unico credo,
fin'anche a sacrifici
estremi, in ogni Dove,
in ogni Spazio e Tempo.
--

"La cosa piu' importante per noi: l'anima."
.
Mi faccia passare, mi faccia
passare, La prego:
è pieno di guardie . . .
Silenzio! Le ciglia
silene dell'essere strano
dicono piano:
passi; le guardie
son fuori e possono
udire dovunque.
Mi tocchi l'occhio
ferito, l'orecchio,
accarezzi la testa
che porgo nera
di un liscio di seta:
anch'io sono vecchio,
mi duole la zampa
anteriore sinistra. . .
Ritorno alla cuccia
in attesa.
--

Più e più è uguale meno
Meno e più è uguale più
Più e meno è uguale meno
Meno e meno è uguale più.

.
In cima
alle alture,
abbarbicato, già vivevo
nelle altissime gùglie del castello;
dove, a tradimento, mi hanno ucciso
e sulla nuca ancor ne sento il segno.

Ora devo
ammirare,
senza paure, il vero
potènte, incontinente
degli spazi infiniti e finiti,
reso opaco dagli esseri, inquilini
del granello di polvere la Terra.

Attònito,
mi fermo
per pensare all'attimo d'evento,
precario, in cui tutto si tace, e tacerà,
sino alla fine dello spazio e tempo.


Insieme al nostro turno,
altrove cominciando da capo.
-- 

Lilium
.
Senz'altro il due Gennaio,
un ordinario giorno come tanti
altri. O l'undici Settembre.
Perché.
Non ci è dato
di sapere
oltre.

Peccato del non credere.
Defilato
meraviglioso passare:
non siamo e siamo.

E dalle auguste vette
della vita
fugace
siamo e non siamo.

Fino a che restiamo
soli
con colui,
che dell'oltre
ha fondato
il tutto
e il fine:

noi,
lo chiamiamo Dio.
--

Shock
.
Umanoidi, noi, senza Krishna (1)
senza Pushpaki (2) senza più sesso.
Quando stilammo
il nesso d'essere viaggiatori
del creato,
spesso di chi-non-so,
affiora il senso del nessuno
mi perseguita il nulla . . . Adesso
è la fine del saggio: esperimento
riuscito, o non continua il viaggio.

Quando l'età ci preme, dopo
il programma di coartata
riprocreazione,
da noi chiesta giammai . . .
Noi, lentamente, noi ci disgreghiamo
del carbonio umancorpo:
preghiamo sempre per essere immortali,
senza ricordo che già noi lo siamo.

Noi non siamo mai nati!
E' questo un viaggio senza confini
e paradossi australi, ora qui siamo,
e labile il passaggio a ritornare
laddove s'era prima. E mai morremo.

Non tutti: parte d'umani merita
la sua Storia: abbiamo amato tanto!
----
Note:
1) Divinità indù, conduttore delle anime verso Dio.
2) Macchine volanti, astronavi.
--

Traguardo
.
Fatta
è la vita
di piccole cose, parte
e tutto di noi: consolazione
al pretesto del passaggio terreno, al miraggio del viaggio.

Accontentarsi di ìnfime cose, carpe diem,
e dir grazie pensando a chi non può avere neanche quelle:
enormità per chi ha fame, ingiustizie, le guerre.

Di poi tutto verrebbe in seconda battuta,
in secondo piano, non più importante, più nulla,
soltanto minime cose ordinarie, separandole dal senso
del giorno per giorno.

In pazienza, per ciò che si ha, per ciò che si soffre . . .

Fino al buio della
nera notte di
Luce.
--

Il grande nulla
(La ragione inespressa)
.
Intanto che si guarda a l'universo,
finito od infinito, il nostro
mondo, finito male, è questo:
tutto è assurdo, ed è tutto
nostro il reale.

Reale vero, per noi, ché vero
il tutto sembra, il mondo stretto
nero tutto, sfocato
in nebbia, perpetua universale,
forse, sempre.

La ragione inespressa
ai conviventi nostri, del globo
terracqueo, è l'inconscio
dell'uomo, infima parte microbica
del concesso sito.

E abbiamo suffragata convinzione,
che tutto l'esistente sulla Terra
abbia anima: tutto creato dal nulla,
nulla si distrugge.

Eterna sinergia del fatto
potrebbe il fato. Essere eterno.
Con Noi, in Noi, per Noi.
Con gli Altri.
--

Senza pace
.
Spirito
umano,
tra le gabbie,
cieco,
sognando
il mondo
vede
l' irreale
fuggevole
momento.
E mentre
il tempo
passa,
e si nasconde,
la morte
incombe
e tace:
facciamo parte
dell' eterno
nessuno
e, relativo,
nulla!
Senza pace.
--

La trappola
.
E' bello reclamar
gia' dalla culla,
dolce fanciulla,
un posto per godere
e per amare.

E' tutto vanto:
anfratto sull' abisso
nascosto, fronde
di vento e strepito,
trappola sensuale
dei meno accorti
che cadono in. . . inganno
della morte:
riproduzione.
Ma per chi o per come:
non abiurano al vento,
ché son certi
di non sentirlo
come una missione.
Elisabetta (1) mia,
ventre caduco -
e caldo - d' ogni tempo
sei la clessidra
ed ora e sempre
sei riconosciuta
meglio dell'idra. (2)
Sempre, perfetta
meglio di sirena,
voglia si toglie.

Dalla sua grisàglia (3)
di turbinìo di foglie
secche intorno
passa la sera.
-

Note:
1) Nome di fantasia = fattrice, generatrice.
2) Idra = esiziale (che provoca danno irreparabile) motivo di degenerazione morale;
3) grisaglia = puntinato di neri e bianchi in tonalità grigio.

 --

Sonno del robot
.
Se
prima
non termina il viaggio,
la nòia,
sènso precipuo di trepidi di oggi,
non c'è, ma è stanchezza
o viltà. Sono vile, non mi annoio,
né mi stanco,
a guardare bellezza
di Sogno. Irreale
vita di sempre,
forse è male tristezza,
ma bisogna guardarsi d'intorno.

L'illusione,
creata dal sogno,
giovinezza di onirico verbo
se dormo . . .

Al
risveglio, la pelle,
pendènte al mio collo, rupìta
da' solchi rugosi, profondi, marcàti,
che segnano fronte spaziosa,
e improntano gli occhi
di zampe.

E
il capo,
con radi capelli,
di grigio canuto, tremante,
amètrope, mentre
il ventre, cascante e adiposo,
partécipa al folle
disfatto finale e totale biorìtmo.
Conchiuso del viaggio.

Un
viaggio
di nome partènza
tornata: ed in esso ritrovo
la fonte, la lama di luce dall'ombre.

Nella Vita, sgregato mi fondo,
come avevo sperato. Per sempre.
 --

                                Ai miei genitori (2-1-80 2-1-92)


Quattro sassi
.
Accanto alle mie tènere matrici
terrene, quattro piccoli di marmo
di basalto sassi messi son sotto
dentro a zavorra dei vasi cromati,
bassi, di fiori rossi, raccattati
acché vento non strappi ipocrisia
dell' umano ricordo. Due in ogni
vaso quei sassi, e son le più vicine
cose comuni a tutt' e due le tombe.

Entrambi i corpi sono terminati
il due Gennaio di un qualunque Anno
di questo stato umano e entrambi stanno,
ora, divisi da cinquantanove
colleghi dentro loculi di marmo:
muro di salme.

I sassi da anni sono e sono stati
a loro più vicini degli amici
più cari, permeati d' ombre e pregni
d' essenza che, non vista, aleggia ovunque
inconscia nel non senso, non amato,
angòscia del perduto suo passato.

Aleggia nel futuro di quei sogni
dall' Inventore agli uomini inibiti;
aleggia in cuori nel fango marciti,
smarriti in nulla, come una farfalla
o falèna: musica-pianto dolce
la morte, spettro reclamante il conto:
ultima spiaggia gloriosa, riposa
per poco o per sempre, dopo il cammino,
con la pace sposa.

Come forza del tempo e d' altro dove,
nascosto ho i quattro sassi di quel marmo.
 --

Dolce speranza di chi nasce mai
.
Va' a letto, è notte
d' altri tempi
d' altri tramonti
e, forse, di altri
mondi. Va' a letto.

Non puoi dormire:
non vorresti che passi
il giorno, che trascorra questo
tempo di giornata
destinata a buttarsi
nella notte. Va' a letto.

Vivere ancora?
Vuoi, ancora un poco?
Domani un altro giorno
in altro loco
vivrai ancora meglio,
al fuoco
del destino. Va' a letto.

Il tuo vicino dentro
ti ascolta e ti conosce
già da sempre edòtto
del vivere e soffrire:
dolce sapor di nebbia,
speranze di un futuro,
passato perso. Di tua
cosciènza
a causa mia è la colpa.
Va' a letto, e dormi.

Con il sénno del dopo,
scéma riconoscènza
pòrmi vorrai. Tuo
sogno è amore
eterno: un' utopìa:
dolce speranza di chi nasce
lieto, dolce speranza
di chi nasce mai.

Va' a letto, paolo,
forse, dormirai.
 --

Quando si esiste nella materia
.
Quando si esiste,
Mentre dura il "viaggio",
Eterno, fino al prossimo domani,
Si ammira ciò ch'è Buono . . .
Forse poco, di questo triste Mondo
Orrido sperso;

Folle suicida, per adesso,
In Universo
Degli Universi: è ora di pensare
All'etere perenne della Vita:
Siamo immortali infatti:

Materia non perisce sempre invano
Rientrando nel Continuum del Tuttuno.


Tuttuno con i nostri di ogni parte
Compagni d'universi
Di Mondi di biomasse
Con vegeto-animali
Con stelle, con galassie, buchi neri
Infinito di "Stringhe"

Dureranno!
Anche senza strutture
Linea eterea perenne
D'insieme d'Energie: Noi
Con Voi e di Voi Esseri
di Vite Creatori.
 --

Schema
-
L' arroganza del potere / ha la presunzione di sapere.
L' amore
                    il normale
                                       con la gradualità
di sentimenti
                                       dei vermi
umani lontani.
                                       Mille atrocità
                                                                 per luogo sacro
                                                                                                 dimensioni.
Istinto - - - - - - - violenza
      \                     /             vissuto
        \                /                /
amore - - - - - passione
                                       \
                                          \
visione - - - - - - - - - - - - - - passatopresente\
                                                                  \
                                                                 futuro - - - - - - - - - - fine
                                                                                                |
                                                                                            istinto
                                                                                               /
                                                                                             /
                                                                                          /
                                                                       violenza - - - - - - amore
                                                                                                    |
                                                                                                    |
                                                                                                    |
                                                                                               scopo.
Ritrovare Dio / ritrovare se stessi / arrendersi - - - - - - - - - - - - il deserto.
Certo è che in quegli animi senza civiltà apparivano
lampi di bontà naturale nell'atrocità delle barbarie
 --

Questo tempo: 02 Luglio 2006
-
E’la scomùnica
NON risolvibile
la Libertà !
 --

Odio normale
.
Altèra e bella,
incedeva
In una veste lunga,
qua e là strappata,
come se questa fosse
un rosso manto regale,
da martirio.
 
.                                      Dopo
.                                      il pianto,
.                                      il fantolino
.                                      al seno poppava adesso . . .
.                                      Per mano aveva
.                                      una bimbetta
.                                      dallo sguardo assorto.
 
Suo padre
è morto.
L' odio sociale,
vilipèndio unito
di etnìe,
serbe turche croate,
diverse insieme,
l' ha ucciso.
Un normale odio,
evolùto e nato
con esse.
 
.                                        Risponderanno a Dio
.                                        quei che han sparato.
 --

Riflesso di sole che abbruna l' animo
.
Sul cielo della patria,
quando il sole romìto
abbarbaglia sopìto,
nel battere dell' aria
l' aereoplano vola
perdutamente, forse,
tra quelle strette morse
del nemico, che immola
bombi, per attentare
al pilota la vita:
la patria . . .
. Alla mota
che vede avvicinare,
il cuore batte forte,
col rimpianto angoscioso
di chi lascia, già roso
dal dono della morte.

Finisce nell' oblìo
la storia dell' eroe
che ora, solo, muore
dicendo al Mondo: "Addio"
 --  

Tête d'homme
.
Io ho una testa, la fonte della vita,
e solo quella . . . vetta che fora
nell'azzurro.

E la mia vita, tra i picchi
superbi di basalto della mia mente,
è appesa a un filo.

Piccoli movimenti con il capo. Immobile
corpo sotto, senza sensazioni, rupe
e prato fiorito di smeraldo, nella sua parèsi,
giova come custode della mente:

solo il cervello, come ghiaccio, nevi immacolate,
nient'altro, in scleròsi combatto, coi computers,
per accostarmi vagamente agli altri.

E, in parte, ci riesco: agile salto del camoscio,
volo dell'aquila regina maestoso, vigile fischio
di marmotta, rauco grido del corvo, smagliante
volo del fagiano d'oro.

Effimera illusione della vita che passa,
per tutti.

Che cosa vuoi da me, mio creatore:
tua copia e tuo modello son fors'io?
 --

Apre e chiude le ali
.
Una farfalla splendida,
ali turchesi-arancio,
mentre scrivo la scorgo,
penso: il giardino antropico,
dal clima spaventoso,
séguito di alluvioni,
è entrata in casa mia
per rimanere illesa?

Stenta ad uscir dal vetro
chiuso della finestra,
che in immediato apro:


Apre e chiude le ali.

Piano, con la pazienza
e con delicatezza,
dopo cotanto sogno,
e l'aiuto, insperato,
di un piego di giornale,
temendo di guastarla:


s'alza e congiunge l'ali.

Con la pazienza e cura
di un frate Certosino,
riesco, senza ferirla,
a farla uscire.

Torna a vivere ancora,
anche per poco, in questo
terminabile giardino,
finendo in nuovo ciclo
portato dalla nuova
natura e nuovo clima
che l'Uomo ormai sappiamo
ha violentato!
 --

A tutti, uomini e donne, impossessati
(che non lo sanno o non lo vogliono sapere)

Solo contenitore corpumano:
miliardi di miliardi di battèri

.
.
Due fichi secchi e un dàttero gigante
. già maturo, pendente alla minzione,
. bisogna titillarlo un po', messère :
. pensando un poco al sesso e alla natura
. con femmina in crauròsi vaginale.

. Contenitore umano del protèrvo :
. contèndi il BENE quando tu sei il MALE,
. gérmetto sùccube , all'ossèsso abbietto,
. che il perdóno rifiuti, noi ridenti
. non ti aggrediamo, perdòniamo sempre.

-
Misura di tempo astrale (terreno ore 4,20 del 28 Gennaio 2008)
- pianeta Terra - galassia della via lattea gruppo locale ammasso
- verso una costellazione chiamata Vergine.
 --  

Astrofisica attrazione finale
.
Non immobile,
e non è stato vero,
quello che abbiamo visto
della vita nostra:

la fluttuante illusione,
nel passaggio.


La luna rossa
è più rossa
di sempre,
più di miliardi d'anni.

Ed il Sole, esaurito,
adesso è diventato grande grande
e . . . nero, nero!


Freddo,
con i pianeti del "sistema",
verso costellazione ignara:

la Vergine,
per finir col destino il loro tempo!
--

Rumore di silenzio
-
Bianco, cosa è il colore,
bianco grigiopprimente. Stanco.
Musica, suono, iperfònica tròfica classica
di tamburo ritmico, diàpason
mille violini senza pianoforte.
 
.                                         Romòre del silenzio,
.                                         in assoluto, viene da urlare
.                                         quando e quanto è forte quel rumore
.                                         di silenzio
.                                         abissale, acuto. Classiche onde
 
sull'ali di velluto oniriche di tempo
e sul nonnulla . . . tutto. Bravi.
L'umano ha, a tutto campo,
l'accesso limitato e lì è eccelso.
Bravo per l'essersi addentrato
a leggi fisicali e musicali, ottenuto
astromatematiche fisicongetturali
dall'essere animale non più di là
del frutto permesso, si è attenuto:
non oltre il tutto, nel proprio guazza-
bùglio di prosciutto.

.                                         La cosa più importante
.                                         ora è, per noi, da sempre,
.                                         riempire il tempo extra, del passaggio
.                                         verso il prima, del viaggio consentito.  
 
Vita di vita amiamo punto fermo
inutile di Vita: noi sembriamo
i finti eterni e, come Tali, stiamo,
per Chi vuole da Noi l' Eterno Rito.
--

Materia antimateria
*
Svanire.
Dovrà passare questo
tempo terrestre
di distruzioni e guerre maledetto
dagli egoisti umani generate.

Poi ricongiungermi
ancora a Lui con Loro . . .

Tornare.
Laddove non Spazio,
non Tempo, non Luogo, non Dove
sono esistiti mai.

Restare.
Al nostro vero posto,
spalto di posizione, nostra
naturale trincea nel TUTTUNO.

Non mi sento
disertore di parte:
né ricordo, da umano,
esserlo stato!

Adempiuta
inconsulta Esperienza Materialuce,
per colpe, forse, non nostre
(o nostre)
prego, spero, combatto
ché termini la Prova dei Valori
con vittoria sul Male
del Bene.
La Forza delle Forze sia con noi,
nella piena Luce
dell'Eterna Alleanza.
--

Oltre la vita
.
"Graavì . . . Graavìì . . . Graavììì . . ."
Un canto lontano si sente,
lontano, che pare echeggiare
presente . . .
"Graavì . . . Graavìì . . ." La notte
ignora se l' animo umano
c'è, esiste . . . non c'è . . . forse appare . . .
di notte, in silenzio, lontano,
vicino, lontano . . .
.                                              "Graavì . . . Graavìì . . . Graavììì . . ."
.                                               Cosa è questo canto notturno.
.                                                E' il cuore, una voce, è l' animo umano?
.                                               "Graavì . . .Graavìì . . ."
.                                                Cosa è che si sente nel buio?
.                                                Chi chiama quel nome? Un amico? Quel vano
.                                                canto è uscito da un sonno lontano.
.                                                E' vicino, è presente?
.                                                E' una vita che, forse, fuggente
.                                                cerca invano
.                                                un embrione dal viso ridente?
.                                                 . . . . . . . . . . . . . . . . . . Come stolto
.                                                 demente cerchi il rosso         
.                                                 color de' suoi sogni? E' mistero?
.                                                 Spirto umano?
.                                                  E' uno zero?
.                                                  Che può dire il Saccènte
.                                                  del canto che sente lontano:
.                                                  quel richiamo di mente a una mente
.                                                  è un pensiero? O è arcàno
.                                                  miraggio d' orecchio d'un folle
.                                                  che, stanco d' un viaggio notturno,
.                                                  ascolta per sbaglio tremendo:
.                                                 "Graavì . . . Graavìì . . . Graavììì . . ."
O forse è la nostra coscienza
che sente quell' urlo spaziare;
o, forse, sia il mare
che, azzurro-cilestro, ricordi
passato, primordi
al presente, riveli futuro
a chi ignora . . . Ma l' uomo non sente
e non sa: si nasconde
di fronte alle cose più grandi!
                                                  
.                                                Ma, un grido, non senti?
.                                                Non senti, ora è canto.
.                                                Non importa che senta quest' urlo.
.                                               "Graavì . . . Graavìì . . . Graavììì . . ."
Che, forse, giustizia divina
tramandi, a quel suono lontano,
merto eterno, tant' anni
di danni, condanne . . . di nuovo
da "noi"? Sulla Terra? Lo mandi?
 
O forse si sperda, confonda,
nella Luce o nel Fumo o nel Foco,
quel canto che vola
più fioco, più fioco, più fioco . . . :
 
"Graavì . . . Graavìì . . . Graavììì . . ."
-- 

Passeggiata lungomare
.
Momenti catturati dalla vita,
stralci di tempi d'oggi come allora
senza alcuna importanza: le statuine
di Capodimonte dalla vetrina
s'offrono come da uno specchio rotto
all'interesse di chi passa ignaro.

Di lato il parco d'edificio vecchio,
incessante si frange a fronte il mare.

Eppure quelle cose viste allora,
senza molta importanza, ora a distanza
di tempo acquistano valore, il segno
del ricordo l'anima ha già improntato,
tornando alla realtà che non si ferma.

Una banale passeggiata a mare,
guardare oggetti esposti nei negozi:
oggi al pensiero viene un groppo in gola
perché in quel giorno più non si ritorna.
--

A mio figlio Enrico

Fine umana
imagini, certezze, il ricordo
.
Distruggo, in vecchia
nostalgia,
tutti i ricordi:
mobili vecchi in casa,
già di mia madre
defunta,
adesso mia.

Distruggo mobilia,
che nessun più
manco vuole in regalo,
d' epoca vanto
che non fiuta affare:
li faccio a pezzi.

Sacrifici
post-bellici. Speranze
cominciate,
d'altri tempi,
ormai finite male.
Bottoni, tanti.
Bottoni della Singer,
la bachelite,
del maxi di progresso,
di allora; il dopoguerra
del povero, di ricco
sangue onesto.

CERTEZZE

E porto a casa
a chi non ha vissuto
quel tempo (il mio giovane figlio)
bottoni, viti, gessetti
da sartina, cartoni
colmi di libri vecchi
giornali "Selezioni" di raccolte perse,
vecchie fotografie in bianco e nero,
le mie prime poesie:
inutili illusioni
d'inutili canzoni.

IL RICORDO

sale. Nell'aria
e aleggia:
non bastano non servono
vagoni;
solo una cosa serve:
la memoria;
e, quando questa cessa,
cessa la Storia.
--

Profumo di miele
.
Profumo
variegato
d'ogni tipo
di pollini
da iridescenti fiori,
verso l'aperto azzurro
mare immenso,
discende a valle
in murmuri
ruscelli.

Api, a milioni,
hanno succhiato
e trasformato in miele
l'oro biondo.

Ora.
Profumo
di miele è quell'effluvio
intenso, che si sente,
e quale nuovo Re Mida,
per decorso alveare sacrificio:
tutto ciò che imbibisce
oro diventa.

Ma anche
quel profumo
forte,
fragrante,
appassionato,
intenso,
lentamente
si evapora,
sparisce.

Entra nel Nulla,
per l'incessante correre
del Tempo.
--

In attesa
.
Cercherò di morire
ubriaco
quando tutto ci sembra
più bello.

Putride le carcasse
in tutt'uno di questo pianeta,
e la mia - da me involuta -
cenere ancorerà
nell'eterno
il mio spirito;
nell'attesa di cose
più grandi.
--  

Eclisse di vita
.
Si rifugiano, soli,
i vecchi
nella loro casa
chiudono, alla sera,
porta e finestra
e - le coppie più fortunate -
non chiedono nulla a nessuno.
Soli. Speranza di affetto (in vita)
e, se non l' hanno,
dimenticati; mentre
Il Mondo continua
e intorno a Loro brilla
con quella sua armonia
fittizia di normale,
vitavventura vera
e senza Sole.

Il vecchio solo
peggio sta della coppia.
Ed abulico aspetta - come questa -
(ma come tutti) l'avvenire
del futuro certo.

O quando non si sta,
con spalle al muro,
nell' Istituto ormai
per la vecchiaia,
inebetiti.
--

L' albero della vita
.
L' ultimo
zampillo d'acqua là
ci porta dove la Tramontana
finisce con l'odiar la Primavera.

Silenzio. Il cielo piange
sugli esseri,
"nonnulla d' Infinito":

Subìscono. Grigio
il meriggio,
l' alba è lontana.

L' umano
soffre, l'animale
veglia, entrambi sopportando
aspettano:

l' essere
spera che l'anima
si fonda con l' Albero
della Vita di Chi Vive.

Impara, aspetta
e tace.

Om.De.In., 12 Giugno 1969
-- 

Canzone popolare
-
Un fiore
germogliò su questo mondo,
la Terra,
da un infinito amor negli universi:
.
il segno del Signore,
tra mistici tripudi
veli luci di grazie, pieno
benedetto.
.

Il nome,
Maryam, l’ancella
della figlia il faraone,
insieme ad essa trova
il fanciullino,
nel cesto alla deriva
su quel Nilo,
Mosé, e... lo salva,
proprio come tutti
noi,
sul fiume della vita.
.
Il nome, egizio, mrjt,
vuol dire amato, caro;
Maryam: pace.
.
Contro tutte le guerre,
in tutti i mondi.
.
E Iddio risceglierà,
proprio in Maria,
figlia di Gioacchino ed Anna,
il fiore.
.
Il suo seme
è cosparso sopra il bene
che ancora,
un poco,
c’è sul nostro mondo.
.
Le sue grazie
su miliardi
di miliardi di santuari, in tutti
gli universi ancòra;
per noi, indegni,
fioriranno e fioriscono,
come il suo nome, in miliardi
di rosari.
.
L’ànfora
di Colui,
che in Lei si pose,
con le dodici stelle
simbolo degli astri,
fece il suo manto e ai piedi
fece sbocciare
rose
di questo mondo. Degli altri,
a noi del tutto sconosciuti,
altri fiori.
--

I l C a s o è  i l C a o s ?
: immateriale materia.

-
Vivere alla giornata
diminuisce
il peso
della vita
e del futuro
terreno, immaginato
oggi nel tutto.
.
Ma è differente compiere
imposizioni, doveri
impegni e vincoli
obblighi
gradualmente,
nel domani
insieme a tutti
gli oneri di oggi
immaginando
questa successione
nel momento
soltanto, anche del dopo,
che precoce
produce la vecchiaia.
.
Ora qual'è la libertà
dell' uomo?
.
Sei libero di sceglier
tua esistenza,
il tuo futuro: vivere o morire.
Lasciarti morir subito,
o aumentare
differendo agonia
fino alla fine.
.
Sei succube del sonno
e del mangiare,
del bere per carenza
inadeguata
del corpo, condizioni
di attributi
inscindibili ad esso
e dipendente.
.
L' ànima spesso dipende
dal corpo.
-
L' ànimo altero,
superiore, a volte
libero, s' estrinseca
nel bene tramite un cervello
( "porgo cibo ad un corpo allo stremo
dalla fame: ché se questi non lo ha,
va incontro a fine" )
di un corpo tetraplegico
e combatte contro un "male umano",
materiale, la fame, invano:
durante fugace viaggio
al nostro tempo, languido
nel casuale involucro
di corpo paralitico,
libero di volere fare il bene (o il male),
di crearlo o di programmarlo,
senza compirlo, l' ànimo.
.
Animo spirito immortale,
transitorio testimone
delle miserie umane,
lotta
nella Tua essenza
l'altra esistenza: il Male,
ovunque esso sia!
.
Corpo, non libero: " in casolare,
sento una prima scossa
tellurica, penso perché devo finire ?
Sono libero di ... morire?
Cercare scampo. Fuggo?
Intanto, muoio".
Non dubbi, non incerti.
In cerebrali meandri
(da uomo a uomo diversi)
velocissima ipotetica
successione, il pensiero si compie:
e se si puo' fuggire ci si salva,
e chi ci salva è il caso.
.
A prescindere dal volere,
dal potere,
dal non potere,
senza libero arbitrio,
dell' anima.
Predestinata,
a meno che non sia slegata
dal corpo.
Parte di trama
del niente o del tutto.
Ordine del Caos.
--

Loro
-
Avevamo
una giacca
tutta d' oro,
gialla . . . e
ci sentivamo
qualcuno, a vent' anni.

E tutto,
intorno a noi,
era allegria.

E il Sole
brillava,
non si pensava
al domani,
non
ci si sentiva
soli :
non si pensava
a nulla, a vent' anni.
Il ritorno
di sera, a casa,
dagli unici parenti
partecipi alla loro
vita e . . . alla nostra.

Dopo vent' anni,
siam soli.
Ora,
con la nostra
famiglia, strano,
noi ci sentiamo, ormai
solo nessuno !
Come loro.
--

Alimenti di tempi perduti - Il fuochista
.
Il treno corre, sferraglia,
ulula, lontano vapore
dal fumaiolo sperde
la caldaia.

Le alberate in filàri
dal treno fuggono
veloci. Alba.

Il fuochista,
insiste col carbone
sempre di più
pesante piombo,
sudato pensa,
tra il verde passa:

a gioventù in paese
suo, a bellezza di giorni
passati sereni,
alla compagna amata,
lontana . . .

La macchina rombante sbuffa,
mai sazia.

Ansima il "vestale",
in silenzio, per quel lavoro,
quasi un trastullo dolce-violento
ormai per lui assuefatto
a tale vita piena
di barbàgli fantastici;
fiamme, faville
in mondo di fuoco,
scintille in sinùose lingue
ardenti,
che pare tìrin di schérma
tra loro.

NON LE ALIMENTA PIU'

Il treno
geme, stride,
ultimo sbuffo e ferma
alla stazione, punto di partenza
e di arrivo....
..................... Stanco,
per l'abituale prova,
scende
il fuochista,
pronto
a ricominciare.
Dopo il turno.
--

Infinita tristezza
-
Buio,
nella strada buia
tremola una fiammella
lungo un muro
illumina un istante
il dolce viso della vecchia Andrea.
Ella va in chiesa a dire
la preghiera,
al buio.

Buio:
tante cose, al buio,
ricorda nella cella
il prigioniero: "Giuro
di essere pentito di tante
colpe: quella notte c'era
l' ubriaco, che volli colpire
per rapinarlo,
al buio . . ."

Buio!
Triste abbaìno buio,
vicino a quella stella . . .
Dal viso puro,
amare cadono, tante
lacrime del bimbo: mamma Vera
ora riposa sola, e sta a dormire
nel Cimitero,
al buio.

Om.De.In., 1968

POST SCRIPTUM :
Se stai pensando di piangere, / non farlo, / perché qualcuno vive / per il tuo sorriso.
( 1997 ) 

Survival
.
Sotto l'òntano del giardino
del principe, si librano
fermi a mezz'aria
e afferrano, d'istante,
il moscerino.

Elicotteri biologici
pensanti ad una cosa
sola: sopravvivere.

Fino all'aerea picchiata
del passero.
--

Le gabbie d'oro
.
Solo per noi,
 
la gabbia dorata:
 
al tramonto il cielo
la sa lunga, mentre incombe
la prova per cui
siamo.

          Impotente la nostra
intelligenza assiste, cinica
nel suo incanto, scorrere
lento il tempo del pianeta
azzurro:
incredibile insieme
meravigliose specie diversissime
non si sa quanto e quante,
obbligate compagne di viaggio,
tutte innocenti, tranne una:
 
l'uomo
peggior nemico
di tutte, compresa la propria, opprime
oltre le altre
(comunicanti tra loro)
con guerre ed egoismi,
proprii simili umani così diversi,
così uguali . . .
"Autodistruzione atomica"
se non ci accomuniamo incalza.
 
Già abbondano i disastri
dall'infocato màgma nucleo interno,
dal clima e dall'estremo cosmo
catastrofici impatti, epidemie . . .
 
Decadentismo d'uomo vecchio,
senza chimera più di sesso,
incentivo solenne che ti toglie la vita.
Senza pene non si vive,
non supportati dalla fede
dell'infinito.
 
Sarà forse il "peccato
originale", la parentesi chiusa:
sulle nostre tombe
ormai scomparse.
Torniamo a proseguire il nostro
viaggio, contìnuo
. . .
nelle gabbie d'oro.
--

Il nostro tempo

I

Il nostro tempo
passa,
perché l'istante
non si può fermare,
e il corpo, non nostro,
volando oltre le tombe
lugubri,
rimane ma . . .
l'anima, cantando,
vola.

(O, bestemmiando, resta.)


II

Vola al di là
degli attimi fuggenti
della vita terrena
e della "prova",
come schiuma di mare,
per ritornare là,
dov'era prima.
--

L'anatema
.
A conoscenza pur, che questi versi
completamente inutili saranno,
per la fine del materiale "tutto",
il mio anatèma:

Sole, carogna che hai causato la vita,
pure tu sei un oggetto come i nostri
corpi. Pensi di essere eterno?

Tra gli altri astri, solo sei una stella
nana, infinitesimo punto d'universo.

E finirai anche tu, come noi umani
e con noi gli altri: organismi terrestri.
Però, a pensarci bene, senza colpa.

Passaggio che si colma è il nostro viaggio,
nel nostro incerto unico infinito, d'eredità d'affetti.
Ma . . . dei sentimenti, per tutte le galassie
del conosciuto, forse, non si tengono in conto.

L'eredità di affetti, oltre che i nostri simili, comprende
altri compagni di viaggio d'anima dotati: è morto
Rex, il Cane, il mio ultimo amico.

Ora, libero dal corpo, corre nel Cielo
dell'altro Dove e di quell'altro Quando
senza più il Tempo, corre sfrenato e libero,
per sempre.

Come quando nero, cucciolo ancora
aveva grosse grosse le "zampine"
color fuoco sopìto e, senza mai conoscere la morte,
con me giocava, sul grànulo di mondo.
-- 

L'Essere Supremo - ch'é in/con/per Noi - salvìfica.
-
Nostra mente fulgore
e nostra forza,
fa' che tutti gli uomini
possano essere eguali
con i loro
peccati.
Non ci siano
come ci sono
ingiustizie,
guerre, tragedie, fame,
eterno contrappasso
della morte.

Utopìa:
sappiamo della sorte
che hai promesso
a noi tutti,
di fisiologico attiri
e sempre aspetti,
da dove noi venimmo,
ad ogni vita.
Della Santa Alleanza,
per la prova,
si deve pur passare,
per continuare
a combattere
delle tenebre il Male,
ovunque esso sia,
dalla Luce
che allora Tu ci desti,
nella spirale dei cicli
Universo degli Universi.
Della Tua
ekklesía, non santa,
né infallibile;
dei Capi dei Governi
del pianeta Terra,
assassini,
ladri infingardi:
perdona gli uomini
che li conducono.
Ascolta
questa preghiera
di "nessuno".
Se non l'accetti,
conducici
serenamente
ineluttabilmente
ad Apocalisse
annunciata,
considerando
l'Esperimento fallito, nonostante l'innocenza
di Alcuni
dei nostri Condòmini
e flora-fauna-altri elementi,
per la malignità
del genere umano.
--

Gli alieni
.
Stare raccolto
con i pensieri -
senza avere voglia
di fare niente
osservando stanco,
con la fissità
di uno sguardo
longìnquo,
ciò ch'è d'intorno
e - senza limiti -
spaziare,
non rendendosi conto
del corpo,
altrove
oltre gli insediamenti,
oltre il bosco,
oltre il mare,
oltre la vita,
sapendo
che non saranno.

E con accanto
Rex,
il cane,
altro pensiero puntùale
d' intelletto,
vitale compagno,
che segue
attento odori
rumori
non sentiti,
comprende
altri problemi,
altre esigenze
diverse,
ma le stesse in fondo.

Stranieri
noi siamo,
e, spettatori
indissolubili,
alla finestrina
sull' ignoto,
aspettiamo.
Alièni.
--

Aquileia
.
Tocchi
il repèrto
acèfalo
tronco
di marmo
ròso
da successione,
certo,
del tempo.

Familiare
rugoso,
ti sembra
ed accarezzi,
commosso,
il ruvido
resto.

Al tatto
indugi,
rivedi
rivìgere
il plàcito
in onirica
ebbrezza
di millenni
passati.

Rapido
ti identifichi
al mozzo,
residuo
amaro
della mano
ignota,
esempio
del finire.

Sterile
traccia
nel continuum
di spazio
tempo
scempio
del caso.

E pare
pure
di ricominciare
tutto
daccapo,
ricordando
tutto
il dimenticato
pria d'Attila
distrutto . . .
Poi dal sisma.

Ripensi
al buco
nero,
asimmetrico
tetto,
caos
d' illusione
d'eterno
e... ridi !
--

Zombie
.
Zombie, rimbecilliti da droghe
da pseudo religioni
beneficio di "capi",
senza più l'anima,
in mala fede: cari
i loro morti! Vendetta:
convincenti
pragmi da plagio instillazioni
uccisi
con tremenda guerriglia d'avanguardia.

Kamikaze.
Coprono,
dittatori feroci,
liberi per se stessi
di arricchirsi -
in vita questa -
azzerando le voci
dissenzienti: genocidi
torture spregio
d'invasione:
diritti umani. Loro
ch'umani più
non sono.

Mali, spregiudicati, esseri
pronti a tutto - soprattutto a convincere,
e a mandare, sempre vittime nuove
seminanti la morte - senza Fede
né Legge, senza Dio,
camaleonti egoistici ciarlieri,
senza speranza d'Eterno.
L'unico scopo
adesso
è distruggere il Mondo,
sùbito, di Tutti:
il pianeta azzurro.
--

Alter- ego
.
E giorno
dopo giorno
mio
conflittuale
male
di vivere,
per essere
nell' Essere
migliore,
io passo.
Vita vera così
non è:
turbata
essenza, molto
dippiù:
ipocrita
esistenza
d'un alter- ego strano,
vero,
reale,
vano senza tempo,
senza luogo,
senza spazio.
Nulla: caos
del punto,
nell' onirico
sogno
di speranza
immortale,
mi ripeto
nel sempre.
--

L'ultimo infermiere
.
Ricordo
a tratti
ciò che l' uomo
disse,
quasi
a vantarsi:
" . . . tutto,
le mettiamo
tutto ... sinanche
la biancheria
intima,
maglietta,
calze, scarpe,
mutandina
di seta. "
E' rimasta
così come
l' han posta...
distesa,
mutante
(tra i mutanti),
con una
gamba
lievemente
tesa
verso destra.
A distanza
di un anno
il vento.
Un vento
forte
a un tratto,
battendomi
il cappello,
caduto,
ha sibilato:
" il piede
mosso
s' è ancora,
verso destra:
un téndine
ha ceduto."
--

Tivvù
.
Amore
dell'effimero
(ed inutile)
circostanziata
rèproba
di civiltà!
Tivvù.
Nòva censura
astutamente
pilotata,
canale
di chi può -
rimpianto
di passato,
affare di Stato
del futuro -
cervelli, in buona fede e non,
di Serie A: tivvù.
Ingenuità
di uomini,
di soli, d' emarginati
e folla;
Formula Uno
di dittatura-audience
tangente
di partitocratico
Stato,
moderno manganello
per il popolo bue.
Svago ?
Mass media:
grève tristezza
in fame
di rivolta.
--

Il trofeo
.
E' in bicicletta
il vecchio,
che incontro per la strada,
al semaforo rosso
e, mentre passa,
porta una coppa,
piccolo trofeo,
in contempo al manubrio
della bici,
in mano;
così, semplicemente,
non in una borsa,
non incartata,
ché la vedano tutti,
anche se piccola . . .
Il trofeo
è di quelli
che si danno
per qualcosa di vinto
in gara ad essere
migliori
di altri, nell' agòne.
E aiuta
a continuare,
in quiescenza,
ad essere superiori
del nulla, che ora fugge.
Magari di là.
--

Finestre
.
Occhi di case,
aperti a questa vita,
allegri, vispi o, immensamente, tristi
meditan sulla grande dipartita
Tua, che li apristi.

L' Inferno, il "Fiore",
la Storia, la Natura
che in Italian Volgare descrivesti
dal Latino, dicono: "a te conviene
d' essere morto".

"D' essere morto
allor, prima che queste
menti allegre, moderne, spensierate
facessero fuggire Inverno a Estate
contro natura . . ."

Innaturale
è il mondo ch' é rimasto
a Tua memoria, vano, ormai per noi,
o Dante eterno, senza assomigliarTi,
noi del . . . domani.
- 

Genesis
.
Forse è meglio
che
nasci solo,
Uomo,
infinitèsimo
àtomo del nulla,
e muori
nel tempo,
nello spazio
sempre,
quando,
esasperatamente
acerbo
nel cervello
alièno
si adombra
il pensiero ...
vuoto
di nuovo.

Meglio
fingere
sénno,
ignorando
il Furore
che... penetra disperato
il vivo,
d' essenza eterno,
ché subendo
il patire
soffri
aspettando,
effetto Génesis,
Ciò che adempia
l' Esperimento.

Fiordisperanza
.
Vita,
Nessuno
e Tu,
in ballo
senza fine
d' eterna danza
sempre
meraviglioso
è il fiore
di speranza . . .

Angosciosa
distanza
dalla umana
Forza
sconosciuta
d' esistenza,
sempre
Ti vedo,
come Stella
polare.
-
Marsiglia, 4 Ottobre 1989

Tiritera in litanico elenco

1

Oh, quanto
tempo umano
sono vissuto,
e quanto ne
vivrò!


AMO.


La verde
erba,
il sasso, l'acqua
e il foco
e tutti
gli altri
elementi
con il genere
umano....


Le umane,
tradizioni:
le feste,
fiere di paese,
Natale,
con il suo
presepe,
alternarsi
assoggetto
di stagioni,
l' utopìa di....
contraddizìoni.

2

La bontà,
l' affetto,
la speranza,
l' essere
generato,
la vita
l' illusione
ed il sogno,
le passioni
e...l' amore
per l' amore.


LE ROSE.


I libri
scritti
da altri,
il tramvai
con chi guida,
il viver
nòvo
con vettura
catalitica,
il supersonico,
l' acceleratore
di particelle
atomiche:
il progresso
non....
autodistruggente.

3

La medicina
nuova:
il trapianto
del cuore
e d' altro
d' anatomìa,
per vicinarsi
a quello
che non muore.


LA LUCE.
.
ODIO
e combatto
il Male.


Le guerre,
e, contro il male,
i soprusi.
Di tutti
i tempi,
in ogniovunque:
con tutta l'energia,
la Forza....
prima della Fine.
--

Mysterion
.
Venti di rovo australi
gli elementi
del pianeta Terra,
soffiano,
ruggiono, foschi
gonfiano
sulla biosfera.

Compare,
sotto la pioggia, a un lampo,
un intrìco di boschi...
Tant'apparendo,
al mondo nuovo,
un intrìco di mari.
Mondo vivo e fosco
è come fischio
scosso
da un monte,
nell'ora tenebrina,
di un amore
angelico-diabolico.
Sembra a tutto
e a nessuno
sembra andare...

Il grave specchio,
greve, tenebroso
trémola in questo sempre
andar per l'infinito:
sta a spiare
il rosso, rosso violento,
viola grigio
d'orizzonte tramonto
del pensiero,
poi... buio.
Ammasso
di alghe verdi,
strepiti di mare,
di venti, sui viventi.

- Fisica - la morte aspetta
la morte,
che non fa sposi
dolore e gioia;
pianto e appagato
momento, unico, nel goder,
felice manto.
-

Dolce, mia dolce bicòcca
-
Strumenti di lavoro abbandonati,
verde tripudio folto tutt' intorno,
ruscello che serpeggia ininterrotto
non lontano alla sequèla di case.

Case vecchie, bicòcche sgangherate.
Dolce rifugio nella notte nera.
Dolce rifugio della notte vuota,
dolce rifugio per chi invano spera.

E il mondo scorre, come ci palésa
fosco il paesaggio di chi invano pensa,
gaio il ricordo di chi ottenne troppo,
bello il presente di chi ottiene tutto:
vano rigetto di chi, con somma forza,
non vòl morire . . .
-

Scoppio d'azzurro e strepito di mare
.
La luce del sole, il buio nel vento
è come richiamo, è come lamento
che, ad ogni mattina, ci porta la vita:
la rosa che olezza, la gioia gradita,
sventura subìta, la fresca carezza
del dolce mattino, è come un inizio,
è come la fine del certo destino,
è come la fede di un baldo novizio . . .
Poi, solite cose: l' eterno tormento
dell' ora che fugge, lo stesso momento
incosciente del sonno, l' eguale
sbadiglio al risveglio, la solita noia.
Il solito alterno eternarsi dei vivi,
chi astuti, chi giulivi, lieti ignoranti;
chi tristi: cosciènti di ciò che gli eventi
casuali inducano incerto il futuro . . .
Questa la vita: il fatto smarrito
nel nulla; ed è questo l' uomo: bambino
piangente, una culla, l' òbito inizia . . .
Gode chi ha fortuna, pena chi langue
ed in mestizia odia sofferente
ché senza scampo è oppresso dal più forte:
atàvica ingiustizia del creato,
seguente della mia progènie amplesso.
E solo un giusto, se quel giusto esiste,
nel morir sa godere della vita:
scoppio d' azzurro e strepito di mare.
Ma questo prima d' autodistruzione,
ingorda per qualcuno che s' accresce
nel rapporto d' egoismo inquinante,
umana creazione delinquente
e, peggiore realtà, che sempre mente
--

Attesa
.
Immobile
il mio corpo sul giaciglio,
stendo la mente.

Forse potrei capire solo,
l'etereo vivaio,
mondo, in attesa.

Comincia tornando
dal fondo
dell' animo al fondo.

Sfuma
lontano
quel vento d' Autunno. 

La differenza
Quando si arriva
a un'età, che differenza
fa morire adesso
o fra altri anni:
avere "più esperienza",
avere danni
e, con gli acciàcchi,
tribolare vieppiù,
vedere i figli "vecchi":
dei nipotini
assister lo sviluppo
affezionarsi...

Godere ancora:
lasciare, con rimpianto,
più grande, la dimora
di terra
all'ultima stazione.

Magari far più danno,
in questo
mondo
con la propria
presenza, tonta
noiosa, non autosufficiente,
rimbambita, senescente, continua-
mente
nel procurar fastidio
a tutti
gli altri
nei cataclismi
di paura folli.

--

Son fors’io,

che ha tanto
ma tanto bisogno
degli altri?
E di altro,
altro ancora,
in durata terrena.
E ho fame
e ho sete
e ho sonno
e mi drogo
e mi lodo
e mi ammiro
e m’imbrodo
ed uccido.

Come uno zombie

cammino,
senza paura,
perché so.
Perché devo
sapere
ma ho sonno.

Programmato . . .

Un atavico sonno
dal passato:
ma non è vero sonno:
è un perpetrar nei secoli
gli affanni
dell’amara progenie,
grazie a quell’ Io,
che gli atei
dichiarano l’Iddio.
Ora speriamo
di poterci ancora,
organizzare
a non far premorire
il nostro mondo: la Terra.

Con cuore grande

col sentimento
con i nostri peccati,
e irraziocinio:
grazie o Dio!

Fin dall’inizio

della fine,
bestialitas mundi ?,

dell’eterna alleanza.
--

Lobby
.
Ai miei colleghi.
"I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi."
da "Codice della vita italiana" di Giuseppe Prezzolini (1921), Edizione originale: Firenze, "La Voce".
(...) Prima edizione nella collana "I vascelli": aprile 1993.

Egoisti, perversi concorrenti,
introversi e scorretti tra di loro,
falsi i "più bravi": appaiono "gentili"
alla "forza-lavoro" competente.

Son loro, Capi, e per lo più inetti,
comandano, guidati, gli sgobboni.
Alcune e alcuni (mefistofelica
astuzia) per carriera, il peggio fanno,
e di tutto: settàri, politici,
massoni. Ipòcriti, reprèssi tutti
non possono, non vogliono, non fanno
certo del bene a tutti gli altri: ai fessi.
Son furbi e astuti, solo per lor stessi,
non buoni e intelligenti, come pare.

Semper victoria
versus scripti optima!

Oggi
Non credo
nei viaggi
nel tempo.

Non credo
in realtà
di presente.

Non credo
di vita
fuggente.

Non credo
nell'uomo
che passa.

Non credo
in bontà
diligente.

Non credo
di umani
fraterni.

Non credo
la Vita
Terrena.

Ma in Altra,
domani
sicura!

Non credo
il Creato
che fugge.

Non credo
passato
che torna.

Non credo
Incentivo
che tenga

ostaggi
di Esseri
Clonici.

Ma credo
nel Bene
di Luce.

E credo
nel plasma
del Dio.

Essenza
presente
dovunque!

La Mente.
--

Non avrei creduto mai
Domani, un altro giorno
un altro ancora...
Stessa fede stesso impegno stesso
giorno, festa che invita
l'anima mia ad arrivare
dove non s'arriva, mentre
stiamo come schiavi in attesa...
Ed ecco: non avrei creduto
mai di trovarmi a combattere
nella gialla palude verde.
Pullulare d'insetti, rombo
lontano di cannone, sibilo
di proiettili d'intorno.
Infine, il lampo, acceca:
si spegne a un tratto
improvviso il sole e il tempo.
--

R E X – "tumorati di Dio"

.
Avere un cane nero, piccolo,
cisposi gli occhietti,
nato
in un appartamento di città.
Due mesi,
nel millenovecentottantaquattro,
discendente di voglie d'un belga ed una setter.
Guarito dalla congiuntivite,
con amore,
ed esser da Lui preso in simpatia.

E poi diventa grande, capobranco,
castrato per il cancro, superato,
longevo, quindicianni,
oggi, crede che il giardino
pubblico
sia suo: difende il territorio, non suo,
mettendo in imbarazzo l'uomo,
per Lui "capobranco" di famiglia.

Adesso il cane nero,
cardiopatico, con tosse secca e forte,
si cura come un uomo:
morto il 16 Ottobre del '99
è stato incenerito in un canile.

Della Terra condòmino
il cane nostro, amico,
ha un'anima sua.
Noi, che lo abbiamo
adottato, siam stati
la sua famiglia: Rosetta e Paolo
anche noi "tumorati di Dio":
resistiamo ancora.

Noi fàuna, flora,
minerali, i più diversi, del pianeta;
siamo in tutt'uno parte,
del tutto universale, indirizzato
al presumibile "bing crunch".
Non siamo soli,
negli universi degli universi.
Non lo sappiamo . . . per ora.
-- 

Vello di nuvole
.

I
.

Dall'aereo scorgo

vello di nuvole:
opprime, schiaccia,
s'inoltra, incombe
più in basso di noi,
sulla Terra.


Il clima cambia
a causa d'uomo egoista
che crede essere eterno

al di sopra di mali e di guerra!


E il tempo piange,
sempre più
dal passato,

sul presente:
c'immerge, ci coinvolge

sconvolgendo il pianeta

da tsunami impazziti,
già allagato da fiumi
dall'alveo tracimati,

dalle frane e dai sismi.


Intanto!
Chi sembra
porvi rimedio?


Non è opera mia
giudicar gli impuniti
ma di TUTTI:


per il mercimonio e/o altro
di Capi di Stato potenti -

di Teocrati in nome di Dio (del Loro) -

tutte


le attuali "civiltà"
avranno fine.


Migliori gli animali,
ché l'anima ce l'hanno.


Alcuni
Capi del Mondo (e Teocrati),
ch'è (sarebbe?) anche nostro,
stuprano pure il futuro,
ché il presente non basta!


Ma a tutto pagheranno
i loro figli,

purtroppo,
con i nostri.
.

II
.
Oggi Terzo Millennio

Chi s'interessa e di chi?
Di chi rimarrà questo
Mondo distrutto?


A macerati reduci scampati?

Sopratutto a quei, d'uomo
conviventi, maggioranza i battéri,
nemici e amici
che son fuori, e d'intorno
sopra e dentro di noi:

nemici infettivi;

amici,
complemento di vita
nostra, ci dominano
trasmessi nel cordone ombelicale
di nostra madre:
da allora ne portiamo un chilo dentro,
o forse più, per tutto il nostro
"viaggio".


Impossessati?

Perché fauna e flora battérica
son d'obbligo alla nostra
sussistenza?


Così l'uomo è imperfetto.
E nel così crearci,
ci ha aiutato, senza il suo clone,
Iddio?


Speriamo di salvarci
con le nostre
sinapsi cerebrali:
la mente,
studiando/ricercando
sempre la Vita.
--

A Dorino Ouvrier, mio caro amico, uno dei maggiori scultori viventi.
-
Da un antico scultore discendente
Opere d’arte inventa di continuo
Riuscendo ad incantare tutti quanti.
Identità di un Culto Valdostano
Naturale di eventi forgiatore:
Operatore di anime inespresse.

Ovunque ormai dilaga la Sua fama,
Unica oltr’Alpe tra Tedeschi e Inglesi
Va verso il Suo ineffabile Destino.
Ritorna , con la mente agli antenati,
Impreziosendo, ancor di più, sculture:
Estrapolando démoni dal Tradzo,
Rimarranno, dai tronchi per l’eterno.
.
Cogne (AO), 4 Settembre 1998 

Transeùnte nel tempo senza tempo
.
Noi siamo,
e stiamo,
come Chi volle ed ha potuto,
forse adempiendo ad un voluto sbaglio,
dell' affidata creazione al Caos,
in conduzione umana
peggiorando.

E mano mano
è successa - esasperando,
per l' egoismo della perfezione
non riuscita,
propria dell' uomo
a simiglianza di chi
(o di altre razze,
o d'animali,
o d'altre spècie
non di questa Terra) -
la presunzione di essere
unico, forte e solo.

Ora la "serra"
è tossica. La guerra,
ìnsita in noi,
germe diffuso
ad arte, non da noi tutti
ma da troppi in Terra,
schiavi ci rende
e succubi di parte
in ripetuto, stanco,
logorìo terminale
di organismo.

Da parte estrema
della conoscenza
e della psiche
nostra, voluta od involuta,
per sistema,
restiamo di continuo in deficienza.

Téssere
è il segno
del destino.
Fisico il declino;
in altro Dove è il piano certo,
pregno futuro immateriale:
essere per essere
sempre,
transeùnte nel tempo
senza tempo.
--

Lorossogninluce
.
Cavie, cavie come criceti o . . . come insetti.
Da sempre.

Rosso riflesso un sole tramonta all'orizzonte.

Giocano all'esame, sperimentando
l'anime di ciascuno.
Tantinoi - i più - non se ne accorgono nemmeno . . .

E' un gioco,
è un sogno
è un vizio
è una virtù
è una moda
è un rito
è paranoia
è storia
è una leggenda
è tradizione
è studio

è amore:
indispensabile
con
la Loro esistenza!

Rosso come colore di sogni passati.

E se . . . al tutto un nesso?
Menti (e corpi) scrutate sezionate condizionate
controllate sin nel profondo.
E se . . . di sorte nostra non importasse molto,
ché risaputa già,
scontata , sottintesa in Loro: "Entità eteree studiose di Valori" ?

Chiaro, sempre tutto chiaro:
chi ci studia son loro!
Da fuori e dentro. Con fattori varianti e sconosciuti;
noi tentiamo in affanno a rimediare a mo' d'esempio
su ciò che scrisse quell'illustre umano:
"Fatti non foste a viver come bruti . . . "
Giusto. Han pensato.
Ma, per Loro, siamo vìrus o battèri
con o senza anima.

Rosso rombo cannone lontano, improvviso,
svanisce piano in nulla di silenzio.

Rosso - in accecante Luce - sogni
non ancora rubati:
ma la nostra terrena
vita,
predisposta,
è troppo breve per vincere le sfide!
--

Lunga è la strada del ritorno
(ovvero: ciò ch'è fatto è reso!)
.
Dopo il voluto viaggio,
affannato, stanco, sudato,
mi siedo
- giunto in paese -
sul gradone del "Vescovado",
lo scalone grande:
mio padre,
non più in grado di reggersi,
scaricato da spalla,
s'appoggia al muro.

Non più a casa il mio babbo,
più non posso,
ora che ha il "vizio"
di sporcarsi addosso,
di far cadere sempre il piatto in terra,
mosso da quel tremore del Suo polso...

L'ospizio
ha detto sì:
vuòto
s'è fatto un letto.

Socchiusi gli occhi, con le spalle al muro,
papà piano si lagna d'un ricordo lontano:
anch'Egli riposò,
trent'anni prima, nel portare mio nonno
in quell'Ospizio...

Fioco sento il pensiero
gorgogliare lento,
dalla sua bocca, roco.

Sveglio di colpo, e attento,
mi riscuòto,
riprendo Tata accollo,
alla veloce.
Maledetta la fretta che m'ha colto!

Mi sento dire,
pensando ad alta voce,
"Andiamo, presto, lunga è la strada del ritorno".
.
Psicosomatico

.
"Che cosa leggi?"
"Niente: ché è uno solo
che legge, e milioni di milioni
che scrivono, hanno scritto
e continuano a scrivere sempre,
del e nel nostro
sempre relativo.
E non faccio
in tempo a leggere
(ché il tempo
biovitale sempre più scéma)
ciò che i milioni
di altri hanno già scritto:
sublimità o sciocchezze,
o nozioni dòtte
ad allungar sopravvivenza àtte:
io passo
e la mia essènza ride. "
Veggenza della fine
rende, alla fine, l' uomo
più saggio.
E del normale il consenso
attira, invano, l' urlo
di chi parte.
Lo sente appena
quel restante umano
psicosomàtico.
. 

Bad boy
.
I
Solo!
Solo e nessuno. Provi la vita,
ma nessuno
ti capisce,
ti ammira,
ti ammonisce.
Perché mai sei un granello,
infìdo, ìnfimo
e bello
di sabbia ?
E, allora, alcuno non prenda
sul serio
tue parole
"il tuo verbo"
e ammiri in te la spensieratezza,
freschezza,
bellezza
dei tuoi verdi anni;
imberbi, fallaci, fugaci come l' erba,
che ora è verde,
nel prato.

II
"Non rendo,
è quello che tutti mi dicono:
mio padre,
mia madre . . .
Non sento
l' impulso del cuore che invita,
non sento
l' amore.
Il mondo
per me non sa vivere, e inoltre
dolore
è alle porte
dell' ànimo
inquieto del vecchio che muore,
del bimbo
che nasce . . ."
-

La regal fanciulla
.
Scivolando tranquillo
lungo il Nilo, nella calma serena
d'acque alla deriva,

m'accorgo, all'improvviso,
che arriva una regina: è bella
risplendente, nelle sue verdi squame,
occhi di un grigio rame, segni
di molte smanie . . . Si svegliano le voglie
represse, fino allora: prima che l'incontrassi.

Sfrenato faccio un balzo,
almeno più d'un metro: per mostrare l'aitante
palestrato mio corpo alla femmina ardente
d'ingordigie e di mosse.

Ma è lì che me ne accorgo, inorridito,
del coccodrillo enorme: più del doppio
di tutti i coccodrilli, conosciuti.

Era lui che scortava, era lui il "piaciuto"
da quella bella vulva di fanciulla reale . . .

Fu allora che, per sempre, m'affondai,
quatto, quatto, come coniglio distratto,
nella melma del Nilo, col coraggio del vile . . .

L'amore intanto c'entra? Forse
per gioco, forse per caso. In girotondo.
In fondo, "ogni lasciata è persa".

L' emergenza di Rol : la nostra
.
In
senescènza
l' uomo dippiù tènde
a dare maggior pòndo ai figli
suoi, quasi che tenti d'esorcizzare òbito e Natura.

Tante
imprese si fanno,
e alla progènie umana
tira la sorte ad affidare storti
i più destini, per adesso o per sempre.

Ingenui
meravigliosi
impavidi imbecilli puri
da tante fosse e in tanti
draghi, come vento fuggente, in altri siti
spinti.
Stupefacente,
paventàta la morte: alleanza di Dio.

Io
sono già Oltre.

Oltre
il Tutto:
vita psìche, avvenire,
fantasmagòrica scienza. Nulla di tanto
arcàno, o Rol
Gustavo Adolfo, accade
accadde, In Nomine Domini Semper,
nulla
di tanto stràno,
Ti accadde... tranne
in quei Tuoi studi su Fisica,
la Musica e sull'Ottica,
quando scopristi il lor collegamento
e inorridito e sbigottitocosternato
sgomentato giurasti
di non approfondir quell'argomento
(il color verde – la quinta nota musicale
e il calore) maipiù!

Cultoreamànte di Arte (séme d' artista) creàta
da creatùre dal creàto:
oggètti effimeri,
come stelle
per Te.
Quelle più belle.

E la Tua
fisica morte,
pittoremusicìsta,
è stata l' ùmile, ultima
materiale coàtta
emergènza, unica offerta,
a superare l' assegnato viàggio,
per i più Alti Scìbile ed Essènza.-

Il giuoco
.
E' un gioco
sottile d'imbrogli
di astuzie, pensieri
malìe.
Bugie
del tempo
nostro
famiglia,
di allora
con la democrazia
di ora,
ancora unita,
con psicologia
da folli
lucidi,
tenére
svegli
più compromessi,
ricatti
mai nati,
tradizioni
mai spente...
Subdoli inganni
per l'unione
di figli
adulti
(machiavelliche
idee)
con noi,
sfruttando
i valori
di sempre,
con l'egoismo
dei vecchi.

... intanto
il convito
continua,
fino a quando
quel filo
si spezza,
sino a quando
si perde,
nell'invenzione dell'uomo,
il tempo,
senza tempo.
-

Orologio
.
Impercettibilmente,
il segnatempo muove
lancetta dei minuti.
Quella dell'ore
lenta più è ancora.
Veloce, con quella de' secondi,
rotola la vita:
manducare, stercàre,
dormir, fare
all'amore. Quest'ultima
funzion, facoltativa . . .
.                            Dolce rintocco,
ha già segnato l'alba,
di campana l'ora,
e già il tramonto si trasforma
in notte . . .
.                           Verso vivida luce
morte ci rivolta,
ricominciando altrove:
indomito ciascun
sia ad ogni male.
-

Si può morir d'amore
.
Passavo
per la strada,
in pullman.
Dal finestrino,
a un tratto,
vedo in terra un morto.

Era messo
in disparte, all' angolo
del marciapièdi:
espressione disperata...

Più in là,
discosto, c' era Lei,
ferita, con tutte
le piume rabbuffate,
che a Lui si trascinava...
Due colombi.

Tra le macchine in corsa.
Si può morir d' amore.
-

Lo scìbile segreto
.
Verde
Quinta musicale
Calore:
questi i componenti
della Legge
tremenda,
da noi avulsa:
immensa,
infinita,
orripilante
tanto, che umane menti
atterra.
Potenza e Forza
estreme
solo
in Dio.

Troppo son pochi
gli anni,
anche se mille,
del nostro esser materia
in questo Mondo
od Altri,
per potere
capire
l'Omniscientia.
L'Alta,
la Vera
che accompagna,
sempre,
con-per-nell'Essere,
l'anima nostra
spirito pensante.
.

 Anestetico
.
Nel vagheggiar di sogno una carezza
e di speranza antica sempre attuale
ravviso in altrui vita quella mia;
anestetizzante è la musica
come le religioni: l' umano
che oggi c'è, domani muore.

Spero che quando morirò, da solo,
di lasciare appena caro ricordo
in chi mi vide e mi conobbe vivo.
Spero che, mentre il mio cuore giacerà
tra le zolle di terra, un bimbo vorrà
porre un fiore sulla lastra di pietra.

Ma, all' uòpo, sacrifico tutte queste
egolatriche tipiche speranze
affinché un pianto estràneo di chissàchi
si trasformi in sorriso, a che un dolore
deriso si trasformi in un gioioso
momento: nuda pretendo e esigo
l' eventuale pietra a memoria di me
persona completamente svanita,
corrotta, incenerita, l' uomo, obliàto,
anche, se necessario, anche da dio,
dal dio di turno.

E soltanto la musica, scandita
matematica sempre più sbiadita,
è come latrèutica religione:
anestetico, per l' uomo che oggi c'è,
nasce soffrendo e gradualmente muore.

E dopo risarà, in altro Quando,
in materia vivrà in altro Dove.
Tuttuno in Dio.
.

Vecchi odori di muschio
.
Lo hanno fatto.
Hanno castrato Rex: soggètto
simil'uomo anche nel càncro.
Ora non alza la zampa
posteriore più di tanto.
Meno aggressivo, il cane,
abulico bulimico esso aspetta,
da nostra stessa
tétta, che il tempo passi.

Non più cagne in calore,
non più odori bavosi,
non più maschi ossequiosi,
nel passaggio
di Rex. Il Vecchio.

Vecchi odori muschiosi,
fil di fumi umettosi, dalle fratte . . .

Hanno procrastinàto -
guardo e penso -
anche a te la scadènza.

Ma ormai già han fatto,
sulla verzùra tutta,
crimine planetario . . .

Come dal nulla,
frulla
la cometa bizzarra,
poco tempo prima,
dall'impatto, aiuta:
finir l'Uomo ed il Cane
in Poesia. D'Autunno.
. 

L'uomo che parla al cane
.
Ma non ho chiesto io di venire qui in questo corpo
non mio e neanche tu Rex, telepatico essere, d' altra specie
canide,
neanche tu . . . Intrappolati, noi in noi,
e noi
ne siam coscienti !
E' una prova, un'esperienza
atroce . . . Oltre che per gli endogeni
fattori, per l' esterno: il circondario bit - cifra binaria (il male e il bene) -
di habitat presente.
Il Male odio circonda
de' nostri i più consorti:
frutto di causa, la miseria a volte,
l'egoismo di pochi,
guerre, carestia, le malattie,
la peste di ogni secolo:
dragòdroghe,
che indùcono a soffrire
sempre,
di corpo e d'intelletto ipocrito,
al delitto.
E noi non siamo forti
nella prova, ché, in contro,
lo avremmo già sconfitto,
il Male.
Noi ci dibattiamo
e battiamo, Rex,
che fondi il tuo pensiero
al mio, senza risoluzioni, per ora.
Abbiamo chiesto a nessuno di essere qui
(non ci sovvien ricordo)
a subìre la prova: amare, gioire, cantar felicità a piccole e grandi cose,
godere il meglio,
vivere al meno peggio l' ingiustizia dei più,
insieme alla nostra,
nel proprio habitat,
neanche dato da noi ad esser scelto.
E - all' ultimo - il trapasso,
decomposizione del perfetto
robot di fauna o flora,
schiavo del suo tempo;
se non distrutto prima, da incidenti,
dopo
avere subìto la vecchiaia,
visto morire i simili più cari,
lasciando a progènie superstite,
ove esista,
eredità
anche di vivo affetto, ma evanescente,
per sbiadito ricordo.


Non ci risulta proprio nostra
scelta ardita
a venire in questo od altro mondo.
Ma almeno uniamo entità d' energia
- l'anima in noi che è eterna -
e con Forza di Luce
combattiamo
le Tenebre ed il Male,
dovunque siano essi,
e ovunque si nascondano,
in qualsiasi Spazio e Dimensione.

Perché se pace e giustizia non possono
essere di questo mondo,
che cosa ci stiamo a fare ? :
TENTARE.

Ma è anche un tentativo
l' esperimento, per positivo spacciato
evento, defilato, finalizzato ad altro scopo,
forse di più grande
e a tutti ignoto.

Vivere anima e materia
Essenziale e importante per Altri,
ad altro vitale Disegno,
potrebbe esser certo rivolto
al progredire d'un'altra Specie
e/o, forse, alla sua stessa sopravvivenza.
E' un'ipotesi seria:
materialmente siamo Colonia
noi, normali o abnormi.
E senza di noi - mio caro fantomatico X :
Mente in apparente Caos, che ci hai programmato, concepito, inventato,
Essere, Entità, Energia, che comunque ci studi -
rimarresti, a una nostra estinzione, solo:
privo di noi in materia;
ma l'anima nostra che in tuttuno fa parte di Te e/o con gli Altri,
con il Bene e contro il Male
Ti accompagni per sempre.
Altri Noi
in altra forma, se superiamo
la prova,
siamo Te.
-

Il ciclone
.
Il cielo
non più terso
di nubi
è nero
come tempesta
incombe il vento
di sibilisussurri
e saetta – ciclone
a rombotuono
inaudita violenza
sulle case, persone,
alberi e quant'altro,
strappati all'àlvo
da attonitopugno
rotante d'incontrollato
stupido Tsunami
coniugando a sponsali
il niente e il tutto.

L'uomo,
meschino,
invoca Iddio
suo e dei suoi padri –
- urla, si dispera:
per causa propria,
- e per colpa d'altri...

...
Ma è troppo tardi
piangere e pregare.
-

Specchi

.
Brillanti notturni
al chiaro di luna
riflessi:

Specchi
d'inaudita beltà:

si frangono
in miriadi colori
di stelle dai diversi
splendori.

Come i nostri
cromòsomi
vaganti.
..

Noi siamo
.
Casa su sfondo
verde, filo
che penzola dal muro
di una torre;
e verde, verde,
verde col lontano
azzurro
del cielo.


Nuvolaglia, futuro
di piogge,
d' intemperie, grigia,
nera,
che passa
come il passare
del fulmine
a ciel sereno:

agile nave
del nostro destino
noi siamo.
-

Mai siamo nati e mai morremo
.
Il Mondo,
su un vassoio d'argento
rovente, l'uomo ti offre,
o Dio.

Odorosa gardenia,
biosistema
calante, evento di fuggente
esistenza, è il mio.

Del tutto, e . . . il niente,
e con tutti gli altri,
fulgente, vivido
sogno
hai impresso senza
farci assimilare
essenza.

Sappiamo del finire con te,
sogno materiale,
mai nato,
d'eterna luce,
mai vissuto,
e . . . vivere per sempre.

Miscellaneo miscibile
in miscredenza
miserabile
incompetenza umana.

Senza fine del tempo:
eterno sempitèrno
perduto.
-

Il grano
.
Casupole di fango rosse e nere,
strade bianche di gesso, mulattiere,
che ci provocano un certo sgomento
quasi un tormento,

ora ruderi spogli, nel pensiero,
ricordo: insediamento lusinghiero
d' esistenza, da illudere l' umano
d' essere eterno.

Sfoggiava: " Guarda l' opera! Rimane "
" da me costrutta, dal mio genio immane "
" di tutti gli animali superiore,"
" dominatore ! "

Nel campo mezzo grigio e mezzo d' oro,
dove il grano nasce, parco è il ristoro
del contadino, eppur pare una mensa
ricca: ciò pensa

il saggio che conosce nel terrestre
dominatore l' umile e il pedestre
che arando, sparge, moltiplica il biondo
oro. Nel Mondo.
-

Umanidi
.
Birilli,
all' occhio della mente,
tutti diversi,
tendenzialmente
uguali,
figli del caso,
il genere umano
.

Irregolari
nei particolari
della forma
non della sostanza.

Imperfetti
in laboratorio
perfetto,
autoregolamentante
nell' interno
viziato.

Limitati nel tutto del cervello
ne' propri sensi

(menomato nel cerebro e nel corpo ma sicuro ugualmente al mio destino, vivendo proiettato nel passato, tendendo a esorcizzare il mio futuro . . .)

anchilosato in parte
non si trovano
due uguali
neppure tra gemelli.

E' solo istinto,
il denominatore
comune tra le genti,
di sopravvivenza
e, come il caso,
siamo in atrofìa
dall'originario,
senza la clonazione
di perfetti
che raggiungano il top
degli antichi splendori.

Se non ci distruggiamo
da soli prima
del limite del ciclo,
che ritorna
in Big Crunch,
ricominciando (daccapo?)
in altro Dove.
-

Dragòdroga
.
Piccola OIKRON
dove
sei Tu?
D' altre specie
d' altri tempi,
d' altri mondi,
Ti vendi
per il DRAGO
CHE POSSIEDE
e pensa
per Te.

Piccola OIKRON
dallo sguardo
mite,
dell' anima
di bimba
sana e assente
ma . . . il corpo
Tuo? :
incubo
di una malata
scivolata
umana
mente
dall' orrore
ebefrènica,
tornare in ètica
morale, come prima,
ancora . . . Utòpica.

Piccola OIKRON,
chi
Ti compra,
(raro)
non se la sente
di sentire
lo stimolo
del sesso:
non
. . . violenza,
necessaria,
sempre
(almeno
quel tanto
di pensiero)
che spinge
al passo
dell' Uomo
acché fu fatto
per esso.

Rimbambito
e impotente
guarda Te
che lo guardi
con dolcezza,
che chiedi
(trovi strano)
ché non faccia
l' umano.

Piccola OIKRON
nel Mio-Tuo
mondo
di folli -
e le sue spire -
l' indotto
di capire
è negare
se stessi.

Un altro mondo
mòndo,
un' altra
dimensione,
un altro
tempo.
Un' altra
volta.

Ritorna,
sogno
proibito,
nel passato
dal passato
senza
svegliarti
più !

Corpo che muore
e lascia
inanimato
l' uomo, non
assecondato
dai sensi con
la forza-pensiero,
dell' istinto bestia
inappagato.

Poi,
puro
essere.

Piccola OIKRON
torna
tra le stelle.
Torno
anch' io,
con Loro
mi unisco a Te,
col Tempo,
relativo,
con la Luce
che corre
d' andar
per l' infinito
in materia
pesante,
come
prima,
nel vorace
buco.

Poi,
si torna
daccapo.
. 

Amare amaro amor
*
Amare amaro amor:
questo il destino
della mia esistenza,
quaggiù sperduta,
breve e passeggera,
come il trillo della cinciallegra,
tra i verdi rami
d’un ciliegio in fiore.

Ed è stupenda questa
improvvisa fiamma,
proprio perché si spegne
in un batter di ciglia,
proprio perché incede
come il pensiero,
contraddittorio dell’uomo,
nel suo volo fremente.
.

Moscerino
.
Il moscerino, ancora davanti.
Ancora mi passa: svolazza dinanzi
allo schermo del computer, connesso
al portale mediale e mondiale.
La terza volta passa . . . Anche la quarta . . .
La quarta!
Rimango, pacato e tranquillo: per la “non violenza”.
Forse sia alito fetido, dalla mia bocca, il richiamo?
O forse sia altro? Introduco, sereno, il dischetto;
m’accingo, con relax, alla mèta.
In “internet”, all’improvviso, navigando sul meglio,
il moscerino ritorna, sullo schermo,
sul mio naso, mi salta sugli occhi . . .
Basta!
Una mossa del dito e, ormai, del moscerino,
rimane soltanto un ricordo: dovrò ora
dal dito pulirne le scorie e, da quelle, lo schermo.
La coscienza mi duole: son stato un indegno socio del WWF . . .
O dovevo, da inerme, subìre gli assalti senz’ombra di cenno?

Ora guardo, finalmente, tranquillo
le immagini su internet: hard, troppo crude, guerre, ingiustizie
troppo feroci per la“ Società”, di questo tempo,
incomparabili con l’Ellenismo antico,
allora considerato “civiltà”, adesso antesignana o non.


Il moscerino, del nostro mondo attuale,
sarà stato, per caso, un . . . Angelo ? Da me ucciso?
.

Insetti
.
A me, per ora, basta
la formica,
la coccinella è sempre
soffiata via dalla finestra
da un foglio di giornale,
sul quale è stata “fatta” salire,
“spintaneamente”, mentre
cammina, magari in verticale
sul vetro.
Per le zanzare, pidocchi
mosche ed altri parassiti
dannosi all’uomo, no: sono caino.
Gli scarafaggi non godono
della mia simpatia, senza contare i vermi . . .
a noi utili e non.
La natura ci affianca altre creature inconcepibili,
anche dentro di noi:

sapete che l’uomo "ospita" dentro di sé
altre vite per la propria
stessa sopravvivenza?

La ventura o il caso, vivere questa vita, nella città,
a contatto di questo rimasuglio di natura, inquinata da effetto
di radiazioni nostre e non,
senza molte specie mutanti
d’ un giardino
comunale:
al terzo piano, d’un condominio
grosso, mi diverto dalla stanza
a fare il naturista ignorante,
entologo, parassitologo e biologo.
E mi studio . . . aspettando.
.

La regina
.
Scivola il coccodrillo, a spasso
lungo il Nilo, nella calma tranquilla
dell’ acque alla deriva.

S’accorge, all’improvviso,
che arriva una regina: è bella
e risplendente, nelle sue verdi squame,
occhi di un giallo ardente, segni
di molte smanie . . . Si svegliano le voglie
represse, fino allora: prima che l’incontrasse.

Smanioso, il coccodrillo, fa un balzo,
più d’un metro: vorrebbe conquistare
quella femmina ardente e pien di brame.

Ma è lì che lui lo vide, inorridito:
enorme, più del doppio di tutti
i coccodrilli, che aveva conosciuto.

Era lui che scortava, era lui il “piaciuto”,
da quella bella vulva di coccodrillo regale.

E’ allora che, per sempre, s’immerse,
quatto, quatto, come coniglio distratto,
del Nilo al fondo, col coraggio del vile . . .

L’amore intanto c’entra? Forse
per gioco, forse per caso. In girotondo.
In fondo, era uno scherno
inventato dal Mondo.
.

Il divorzio
.
Scimmia curiosa, quando l’uomo ha voglia,
a volte, di cambiar la propria moglie.
Ma è già a riposo, in abito disfatto
dal declino incipiente che esorcizza
solo con i bordelli e gli stravizi.

Se "un migliore", per lui, ha sovvertito,
le regole del gioco, il consentito
nella "sua società", ora anche Lui
attirato vuole cambiar vestito.

Condanna? Infatti spunta come un fungo
all'improvviso, dopo un acquazzone,
l'alibi: quel ricercar l’identità
smarrita . . . contrastata . . . una conquista
di un’altra donna da sposar di nuovo . . .
possibilmente con vent'anni in meno,
molto più giovane (una sfida col sé):
FREUD si rivolterebbe nella tomba
di pietra e riderebbe, sganasciando.

Ora la propria donna è lisa, troppo
cotta, carezze e tenerezze troppo
ha dato: ai figli ora adulti insieme
a "lui" han superato ore tristi,
ore allegre, le solite amarezze.
Ora non "serve" più, cambiando vita.

E vola, vola e va per altri lidi,
godendo ciò che può e fino a quando
si accorgerà d’esser rimasto solo.
Se nasce un altro figlio fa da nonno,
mentre i giovani, squali, stanno attorno
alla neo moglie-bimba e, se va bene,
aspettano che muoia.
.

Falene
.
Ogni uomo è nato
e sembra, questo nascere,
un sussurro
di cielo.

Forse è peccato
rivivere nel mondo
trastullo
antico ?

"Forse, Falene,
siam come Voi:
viviamo nella notte,
il giorno
ci trovate
capovolte.
Per noi lampada
è il Fato:
la luce,
che vita sempre dà,
vita ci toglie.
Tale è per Voi:
chi voglie,
di sapere, vuol soddisfare,
Essere Arcano,
muore bruciato."

Il sole
brilla.
E il Mondo ?

"Il Mondo è ciò che trema
tra le ciglia
di Vostra lunga schiera,
aspra famiglia ! "
.

Rex, il cane
.
Mio caro amico Paolo, mi hai adottato, e perciò ti obbedisco con fedeltà.
Dammi il tuo sguardo, la tua parola, il tuo affetto.
Se non ti comprendo, ripetimi il comando senza ira, senza battermi.
Acqua pura e cibo modesto, in ciotole pulite, sono la mia salute.
Vi sia un angolo al riparo dai venti e dalla pioggia e che conosca il sole,
Siamo entrambi creati dallo stesso Dio. Ciò mi basta.
Concedimi qualche volta libertà fra l’erba, ché è la mia medicina.
Affidami solo alle persone che conosci e che stimi.
Non scacciarmi quando diventerò vecchio e malato, e non potrò più esserti d’aiuto.
So che mi vuoi bene, come io te ne ho sempre voluto.
Se non puoi più curarmi, fa in modo che mi addormenti
per sempre . . . dopo l’ultima carezza.
.
Rex Santangelo

Commento
La mia forse sarà pura pazzia
normale, anormale saggezza
o forse no.
Ma pure adesso, che il bio-tempo
è passato, ancor mi dolgo
della tua scomparsa.

E’ molto strano.

Ripenso a quando c’eri e quanto
a me importava, umano amico,
la tua presenza.

Perchè pazzia.
Io non oso dirlo, ma la tua mancanza
mi ha lasciato il vuoto materiale
più di un essere umano,
come un parente stretto
e mi sconcerto nel chiedermi
il perché.

Forse perché eri Rex,
o forse perché cane, animale,
di sicuro più buono di un umano
ed è, da lui, indifeso
come tutti gli altri, non umani condòmini,
del mondo.

Solo chi ha avuto un incondizionato
affetto e . . . senza fini, può capire.
E qualcuno dirà: “Ma è solo un cane!”.

Spero,
oramai con altri occhi,
di rivederti ancora, Rex.
.
Corpaccio di vecchio

.
Quel Vecchio
riguarda
se stesso allo specchio.
Chi è?
Che strano, son’io
quel riflesso. Adesso
io sono
lo stesso di altro
che fui che sarò
espulso da stati
di stadi più bui.

Mi vedo e non sono:
la “mia”
mente è una rima,
nel vuoto, brillante
del Sempre,
in tutt’Altro tutt’Uno.

Non sente se stessa,
la mente,
clonata al casuale
consueto
corpaccio in declino
di vecchio
demente, pria
adolescente,
creato bambino.

Da vincoli scevra,
vuole essere pura
la mente,
non virtuale,
né incarnata:
un continuo fiorente
in eterno gioire
di Luce.
. 

Il brutto è che la vita è bella
.
Il brutto è che ...
la vita è bella:
a modo suo.

Dolcezza di colori,
estasi di profumi
fuoco in cuore di amanti,
altre specie,
concorrono nel bello fiori e piante,
comuni e non, d'un esotismo raro:
numeroso coacervo d'esistenze.

Infocati tramonti per il sole,
stelle come miriadi d'altri mondi,
albe meravigliose sopra il colle.

Ma non devi pensare.

Fame, guerre, genocidi, ribelle
la natura poliglotta,
causa dell'uomo,
ora
matrigna, si trasforma,
in dilaniati inferni
si spera non per sempre.

Ma non devi vedere...

Egoismo di pochi,
fossamento
degli altri.
Cielo che guardi quando muori,
se puoi, uguale anche stavolta
per tutti, come in una stanza
comune, ci fa passare di là,
sempre più curvi.

Ma non devi sapere...

Quando poi sai e poi vedi
e pensi al sacrificio dell'Uomo,
ancora vano,
(Viva l'Essere Sempre),
è duro constatar la vita brutta.
.

Il denaro può
comprare una casa,
però non una famiglia,

il denaro può
comprare un orologio,
però non il tempo.

Il denaro può
comprare un letto,
però non il sonno.

Il denaro può
comprare un libro,
però non la conoscenza.

Il denaro può pagare
un medico,
però non la salute.

Il denaro può comprare
una posizione,
però non il rispetto.

Il denaro può
comprare il sangue,
però non la vita.

Il denaro può
comprare sesso,
però non l’amore.

Bit, bit
.
Sinuose danzano
Strutture nello spazio
Nero del mio computer
Tripudio di colori
Diversi si susseguono
In euritmìa geomètrica

Si allargano, con grazia
Si insinuano triangoli
In quadrati, gli uni lenti
Negli altri: farfalle
In un perenno moto senza fine.

Policromìa di forme:
In verde, in viola, in bianco,
In giallo, in rosso, in blu:
Lìnee polièdriche,
Irregolari e non,
Guidate nel caos
Dal caso matemàtico
D’Iddio.

Bit, bit,
Si confonde di morte
Il velo dell’animo: il mio
Sole tramonta
Nel monte lontano
Orizzonte rosato,
Scenario consueto del mondo.
Abbuiato terrore
Di questo sovrano mai stato.

Bit, bit, virtuale
Si diffonde voluto
Il percorso nel nuovo
Computer. Sensazioni
Di unione profonda
Sempre più:
Programma che informa
Evoluzione continua
Totale, sempre puntuale,
Più tesa
Scopre potente il legame
Dell’uomo al computer . . .
Globale
Nel piccolo punto dorato,
In cifra infinita di stelle.
.
 

Pòrt e d nebie
Ferm a l’e el me còrp,
an sla berlecia,
mi i stendo, la ment
an sle verde prairìe sensa confin,
firmament immens
e a ti it penso, mare,
a ti, pare,
dal temp che m’i l’eve precedù
ant la fin del temp.

Aora, che òmni i seve pì nen,
mi iv anmagino tornà dlà
ansem a j’àutri,
àutri che a mi, teren-a an vita,
a smijo molest,
ma forsi adess con voi, lor a fan un tut‘un,
con vòstra identità sensa fin,
sensa capì el vost pòrt
d’le nebie.

Forsi mi a podrìa mach capì, ancheuj,
l’etéreo vivié:
e l mond, che a speta e a spera.

 
Porto di nebbie
Immobile il mio corpo
sul giaciglio,
stendo , la mente
in verdi sconfinate praterie,
immensi cieli
e penso a te, madre,
a te, padre,
dal tempo che mi avete preceduto
nella fine del tempo.

Ora, che uomini non siete,
vi immagino tornati
insieme ad altri,
altri che a me, terrena in vita,
sembrano importuni,
ma forse ora con voi, fanno un tutt’uno,
con vostra identita’ perenne
senza capire il vostro porto
di nebbie.

Forse potrei capire solo,
l’etereo vivaio,
mondo, in attesa.
Vivere per sempre
.

Voglio
In alto librarmi
Verso il cielo
E varcare lo spazio
Remoto, nero
E sconosciuto
 .                                                          Perdermi assorbito
 .                                                          Entro l' interno estremo:
 .                                                          Riuscito fine
Sentire oltre lo schermo
Esterno del pianeta
Madre di Terra:
Piccolo grànulo
Rùvido di quark
Espanso . . . all'infinito.
.

Sconfinati orizzonti in luce infinita
*
......................................................................................................
"Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo;"
"se tu potessi vedere e sentire ciò che io vedo e sento"
"in questi orizzonti senza fine,"
"e in quella luce che tutto investe e penetra,"
"non piangeresti."
" . . . "
"Sono ormai assorbito dall'incanto di Dio,"
"dalla sua sconfinata bellezza. (…)"
S. Agostino

....................................................................................................
*
Vedo, sento
sconfinati orizzonti
in Luce infinita:
investe penetra,
se tu sapessi dove vivo ora
se Tu conoscessi . . .
non piangeresti se mi ami.

Riflesso di bellezza
della Mente di Dio
delizia assorbe.
Come son piccole le cose
della Terra, il Tempo.

Felice, penso l'unione
nostra anche se allora
limitato era tutto
rapido e fugace.

Amore
gioia pura, senza
tramonto, a te mi stringe
intensamente ora.
Vivo in serena
ed esaltante attesa
del tuo arrivo
nell'Essere con me:
tu pensami così!
Nella Tua solitudine,
tra battaglie
e sconforto, pensa
a questa meravigliosa
casa dove la morte
non c'è, dove
nel trasporto più ardente,
ci dissetiamo insieme
all'inesauribile fonte
dell'amore,
della felicità.
Nei tempi senza tempo,
vivere per sempre.
*
 

L’intruso
.
Due, quattro, otto occhi
si girano all’unìsono, o a turno,
e scrutano, miopémente sperando
guardano fiso,
se sei tu - quanto di ciò
più bello del passato in Terra
tu sia stato per loro -
e nel presente . . . ancora.

Nonostante curati,
trattenuti, in buon ospizio,
privilegio di pochi, non per tutti.

Inconsapevoli della "grande
fortuna" loro toccata,
rimangono delusi;
abbassano lo sguardo
dal mio, lo sconosciuto intruso,
non figlio, non parente, nessuno.

Aspettano,
in continuo, il risultato,
tra fato e fede, della loro culla.
 
L’ intrus
.
Doi, quat, eut euj
as giro a l’unìsson, o a torn,
e a scruto, ant sò miopìa a spero
an vardand fiss,
se ed vòlte it ses ti - quant ed sossì
ed pì bel del passà ‘d cost mond
ti it sie stàit per lor -
e ancheuj . . . ancora.

Contut che a son curà
e anternu ant un ospissi discret,
privilegi ‘d pòchi, nen per tuti.

Sensa savéj ed la "grand
fortun-a" tocaje a lor,
a resto delus;
a basso le sguard
dal mè, el sconossù intrus,
nen fieul, nen novod.

Lor a speto,
d’un continuo,
el risultat, an tra sòrt e fede,
ant l’ospissi.
 

 La vita è come un fiume
.
La Vita,
un fiume
di sangue incessante
che entra in materia
di goccia,
spruzzata per caso
sul bordo dai gorghi;
e, poi, lenta si essicca
cominciando a finire,
prima rossa,
in polvere nera.

Cosa è umano
il calendario:
lunga sequela
di cifre
del passato prossimo
ricordo,
del domani venturo
paura d' ignoto
o speranza . . .

Settembre,
Autunno
della goccia
di sangue che coagula
e rapprende
e esplode,
in mille granuli, nel cielo
dal buio nella luce
o, viceversa,
in altre forze
dove . . .
non c' è più il vento.

Violenza . . .
.
L' Idea vera,
del bello della vita
è d' oro e d' argento,
è cosa smarrita nel nulla
come lamento
d' onirico punto
notturno
acceso lontano
che illumina a tratti
un viso che soffre:
violento
furore assassino,
tormento
genocidio ripetuto
da sempre e per sempre
detestato: un odio,
strano, causato dal Male
destato da cosa o da chi,
dall' imo profondo
dell' essere umano,
incubo vero e reale,
non sogno, mortale
più vecchio del mondo.
E dopo l' Assurdo,
il Risveglio - riflesso
dall' Unica Luce -
il viso ora calmo,
sereno, non più
deformato, disteso,
dal non mai dovuto
dolore, esulta di pace:
non è abbandonato,
è sposo col Sole,
suo ultimo amico dorato.
.

Bufera
.
Alito freddo
Di vento intenso
Di tempo denso
Di nubi nere,
Molli ed aére
Gonfie di pioggia
Che infiltran l’ùggia,
Quasi una nebbia,
A’ pie’ del monte.
E la montagna
Gòlgota lagna
Col Crocifisso
Su quel Paese
Dei due Ladroni.
Dassù, col fischio
Stesso del vento
Che, or forte or smésso,
Gioca con l’alto
Del fortilizio.
A un certo punto,
Rotta, col soffio,
Alto sul Mondo
L’estrema guglia
Del campanàrio,
Distrutto il Tempio
Dei Farisei,
Si ferma il sisma,
S’attenua il rombo,
Si calma il vento . . .
Dopo, un mendìco,
Tre giorni dopo,
Alzando il capo
Verso lo smorto
Spazio trapunto,
Grida a chi sente,
Gaio, ed esulta:
Guarda, è compiuto,
Cristo è risorto!
. 

Kénosi
.

Alzò la testa
dalla faccia altera,
bella, pacata,
verso il cielo azzurro;
biondi i capelli,
incoronati da spine lunghe
e taglienti, del sangue
umano suo,
si stavano tingendo
d’un rosso
sempre più scuro-cupo
e, andando
verso il basso,
sul torturato corpo
crivellato di chiodi
pretoriani,
senza resistenza
all’umano strazio.

Poi forte chiamò: Elì,
Elì, io muoio
in una delle tante terre
che Tu hai creato;
ed è per Te ch’è stato necessario,
koinòsis per amore,
che io venissi ucciso da quest’odio,
soffrendo come ora soffro io.

Adesso, Padre mio,
sarai placato!
Ed Io sono, con Te per Te ed in Te,
primitiva sembianza.
Dopo avere compiuto
Missione contro il Male,
nel segno della Fede e della Santa
Alleanza . . .
ma d’odio e male n’è rimasto ancora
.

O l t r e
.
Vilipeso e pendente
ridotto in carcassa per il suo
troppo amore per tutti.

. . . . il rullio dei tamburi
si fondea col fragore
del tuono e del sisma.
- - -
Ecce homo, ecce inri.
Ubi homo non erat . . . In ri-
torno col trino tutt'uno,

nel padre, oltre il tempo
oltre gli universi. Dove
non sono luoghi, non limbi.

Dopo, con calma, ripresero
il corpo. Ad umani lasciando
l'ignoranza, la fede, la morte.
.

TORINO VIA PRIOCCA NUMERO 8 ORE 12 SABATO
ovvero
P O R T A P I L A

.

Nel rispecchio
di un vetro
lo spigolo
del tetto
e due colombi,
sopra.
E frotte d' essi,
che passano
volando . . .
Dietro,
cielo
di sfondo
grigiopprimente
vacuo ma,
all' improvviso,
il sole !
.

 

Un sole
Tu nasce addo’ accummencia n’ata vita
e fai ‘e cchiu belle cose ca ce stanne
Si parle Tu, se ferme pur’o viente
e chi sta attuorne a Te’ sta zzitte e siente.

Sublìme
apoteosi
di ogni specchio
nuovo,
ogni volta che guardo
dentro ad esso nasci
là, dove altra vita comincia
con le cose più belle . . .

Se Tu parli, anche il vento
si ferma e chi Ti è intorno
tace ed ascolta
attonito. Sorriso,
anima vera,
volto ed essenza,
paradiso
nel tempo senza tempo
che s' invola
e rappresenta il meglio
della vita.
Brilla lontano
un sole che si annienta,
mamma, ed implode.
 
Un sol
Ti it nasse andoa ancomensa n’àutra vita
e it fas le pì bele còse ch’a i son ant el mond
Se Ti it parle, as ferma ‘dcò ‘l vent
e chi stà d’antorn a Ti , a stà ciuto e a sent.

Esagerà
trionf
d’ògni specc
neuv:
tute le volte
che mi i vardo ‘nt el veuid, Ti nasse
là, andoa la vita ancomensa
torna, con le cose pì bele . . .

Se Ti it parle
edco ‘l vent as ferma,
a sta ciuto e a sent, frapà.
Soris, ànima vera,
facia ed essensa ‘d paradis,
ant’l temp sensa temp,
se anvola
e a rapresent ‘l mej
d’la vita . . .
A berlus lontan
un sol che se anienta,
o mama, peui implòd .
Paolo Santangelo

Fugacità
.
Un attimo, una vita
scorre, occhi di velluto verde,
labbro scarlatto . . .
voglio scendere:
di Johanna, al tatto,
l' interno delle còsce
liscio è più di una rosa,
infinitesima peluria
bionda lo indora
e, al centro,
il bocciuolo, appena schiuso,
indifferentemente stretto
come un pugno,
mercenario.
"Sei pessimista molto
Marco, molto . . ."
La greca è troppo
bella. Non
capisce che Marco
è altrove con
gli occhi della mente.
"Non pensare . . . Sù!
Dài . . . non pensare
più a niente . . . vieni . . ."
Marco non sente
pensa, senza passione:
l' uomo stanco comprende
di non essere più
violento, comprende
di non essere più capìto,
ché non può fare più
la bestia, per istìnto
e a comàndo, col dorato
proibìto
di Johanna.
.
O.D.I

Ogni parola - per materia inutile - da me scritta -
e' gravitudine, troppo pesante, per l' umanità
(lacrima di ciglio) tutta, fino a che possa leggere,
almeno nella maniera tradizionale.
Ed è il Nulla - come il Tutto che ci circonda -
ai Buchi Neri del Buco Nero, degli universi -
a cui noi si appartiene - dal sempre relativo.

Ciò che si spera, al Grosso Botto (uno dei tanti),
è che rimanga - come ogni metamorfica
energia - esistente e efficace,
la Forza contro il Male, in ogni Dimensione:
ché ad ogni fagocitata Implosione
risegue un altro Botto in altro Dove,
nei tempi senza tempo, senza spazio, del Caos.

E, come rivoltolata clessidra, daccapo ricomincia,
Omnia Desinendo Incipiunt.

Il pianeta azzurro
.
Mille croci
d’argento irradiano
dal mare, in risacca
sugli scogli: raggi
del sole, come dardi
luccicanti di pioggia,
trafiggono,
in continua caduta,
il pianeta azzurro.
-

Plagio in kamikaze


Insolita alba,
la notte scompare,
improvvisa,
la morte trionfa:
quell’uomo
senz’anima
si scagiona:
lui è
"integralista"
"indiscutibile"
"assoluto"
"categorico"
"assiomatico"
"dogmatico"
"per le guerre"
"e ingiustizie"
"d’arricchimento"
"personali"
"mondiali"
"materiali"
"di Capi di Stato"
(che hanno il nostro
più grande disprezzo)
e altro ancora:
il Capo Blasfèmo
confonde
Spirito e Materia
plagiando,
plagiato
dal démone
gustante
la sua anima
nel corpo demente.

Induce i suicida . . .
a sparare nel mazzo
innocente,
-Kamikaze!-
non probo,
con mentali riserve,
soltanto malvagio.
Che uccide
e fa uccidere
anche per il gusto
di uccidere
in nome di Maometto.
Addirittura
nel nome di Hallah:
del Dio
il Dio pietoso
il Caritatevole
Colui che perdona
sempre!

-Kamikaze-
(magari anche "down")
E ti volgi
mentre l'ombra che fugge
non la vedi
e ti spia.

Non ricordi più niente,
solo odio ti resta,
non ricordi chi fosti,
un Amore da testa
fuggente. . . in quell'attimo ardente
trascinando –
IL TUO DRAMMA -
-Kamikaze-
innocenti con te.

ORAMAI SI
SUSSEGUE OGNI GIORNO.

Non sento non vedo
non parlo:
orrore spavento
supplizio:
umano volere Maligno;
mentre sempre Jahvé
schiaccia il Male.
Bene, Male
éssi stanno.
Sia per poco
o per tanto:
sino a quando
l'Eterno, ora stanco,
riporrà tutto il nero nel vento.

E La Luce Continua*
Vera Vita Reale,
fuori
un Mondo (Terrestre):
vede i nostri passaggi
veri effimeri sogni.
Sembra mèta lontana
lungo i segni del viaggio:
mentre fine formale
riperdura rasènte.

Quel che resta,
se deve,
in TUTTUNO*
con LORO
a combattere il Male.
Fin che esista.
.

Forze e magie mai conosciute sovrastano dell'uomo il raziocinio
.
Se si pensa che il nostro piccolo
mondo . . . finirà; inutile è Poesia,
anzi, tutto. Tutte le nostre "scienze" inadeguate.

Noi siamo condannati a vita:
l’evasione è possibile, ma assai dura.


Sostanze e circostanze,
sconosciute, mutano di continuo
tipologia, carattere, gli amori
le voglie dell’umano:
l’umore della vita, in fretta passa!

Il nostro è, per i più, già vero inferno in terra:
la vera vita è un’altra, forestiera.
Aiutata dagli Angeli.

Libertà.

Come siamo piccoli:
nessuno è più di noi.

Rosetta, il mio Angelo, un fiore,
illusione fuori dal tempo
dei tempi: onìrico ideale sogno
tra gli uomini e le donne: l’amore . . .

Ah, l’amore!
il più profondo e subdolo,
drammatico, dei nostri istinti e . . .
in altre razze, tra flore e faune,
inconscio, arcàno, universale . . .
che nulla ha che veder con la ragione;
nasce, non si sa come,
ci abbandona, non si sa perché.


I mezzi limitati concessi, al nostro ingegno,
possono creare strumenti,
non fini,
dentro e fuori di noi;
mentre forze e magie mai conosciute
sovrastano dell’uomo il raziocinio.

Sempre ritengo
splendida assurda incredibile
l’eterogeneità di vita del pianeta azzurro,
dal corso d’una bòlla iridescente,
di "acqua saponata" astrale.


Certo il mio amico Rex,
cànide Angelo mio, custode,
senza colpe, sarà forse felice.

Chissà: separati
dal Tutto, tra i nostri
sentimenti, voglie, astrazioni,
distratti dall’obiettivo vero,
senza luogo, senza tempo, senza spazio,
aiutàti dagli Angeli.
nel nostro passare . . .
.

LETTERA
Al primo anniversario della morte biologica della FIAMMA GIALLA D' ITALIA

ANTONINO SANTANGELO
24 Febbraio 1908 - 2 Gennaio 1980
Egr. Sig.
Antonino Santangelo
Torino, li 2 Gennaio 1981.
e p.c. Egr. Sig.
Gesù di Nazareth
Loro Sedi
 

                Caro papà,
il sentimento
in noi rimasto,
dopo che hai lasciato,
è forte !
            Uomo giusto.
            Destino, forse
incompiuto,
ha ennesimo delitto.
             Senza confini
è il mondo.
 
              Dove sei Tu,
soggiorno permanente
inverno e estivo,
sempre presente
è in noi.
 
              E noi
siamo vicino:
come speranza
di vita umana;
dolce speranza
di altrui rara
bontà,
come la Tua!
 
                  Tu ci hai
lasciato eredi
                  del massimo
tesoro di vita Tua:
bontà in saggezza
ed in lavoro;
umiltà sempre verso
i Tuoi compagni
il Tuo essere   eguale
ad altro uomo!
 
                   Sei grande.  Mai
                    Ti imiterò:
non sono in grado;
sei forte
e mai Ti uguaglierò:
io sono solo.
                   Sei vivo
ché mai Ti scordero,
nel mio finire.
 
                                                                                   In fede,
                                                                                    Paolo.
 
(oggi Torino, 24 Febbraio 2008. Centenario dalla nascita.)

Lapalissiano infrangersi (della materia)

.
Sul chiuso quaderno
la stilla salata, è caduta . . .
Sarà, sarai, sarò
e vedo un bocciolo di rosa
che iormai più non coglierò.

Sì morirò. Come dice il tempo
col suo passare lento, senza fine,
apparente eterno
ma inesorabile di viva luce notte.

E poi morrò. Cuore va' più lento
in questo intrìco oscuro,
misterioso di questa valle piccola,
insidiosa, fatta così...

E anch' io morrò. Mani siete belle,
un po' dispiace pensarvi disseccate,
mummificate insieme a me,
spolpate, anzi cremate.
Eppur sarà.

Certo morrò! Inutile scongiuro
è sbeffeggiare l' òbito del "fato":
or ti ho scoperto so che hai combinato:
anch' io morrò.

La progènie umana,
la luce e la speranza,
sono la stanza d'aspettativa
e il vero non lo temo;
né l' ho mai temuto.

E me ne rido del verdétto
che ha detto: morte sarà!  

Anomalie
.
Ogni tanto uno strappo, un urto, un tònfo:
altro figlio di "un dio minore" è nato,
un non so che avariato è andato storto:
è causa il "Fato"?

Meccanismo congegno del "Progetto",
bieco sbaglio o il proposito di un altro
e nuovo evento di prova continua,
occulto subdolo per noi, per Loro
frutto vitale ed utile pensato?

Resta lo storpio di mente o di corpo,
d’entrambi; anomalie: verifica
emozioni per l’errore voluto.
Anche se a volte l’Uomo, con tenacia,
riesce a cambiare la cattiva azione.

Pàrti di questa sono il risultato
d’umano sbaglio di autolesionismo,
come bimbo che gioca con l’ignoto
veleno imparando a proprie spese
dànno di nucleare radiazione.

Ma le altre no! E questo si riscontra
in ogni forma di vita conosciuta.

Ce ne foss’uno,
non capisco il "Disegno" e . . . me ne dolgo.
.

Vorrei vivere il progetto come voglio
.
Brutto cielo adesso
presàgo di sventure, gonfio,
triste e grigio: vorrei vivere
il progetto come voglio. Non posso:
nascere, vita e ospizio;
eppoi rientrare
dal dove io son venuto,
casualmente. . .

. . . Del Dòge
bucintòro con occhi rifatti
come oblò
di nave spenta, prima
di partire per le volte
del mondo. La nave è alla stazza,
di difetti piena nel tondo
universo di spine: come serpe
si mangia la coda.

Quando tu c’eri, sembrava
più semplice tutto.
Passava il turpe del mondo
al punto secondo, nelle mie,
d’importanza, opinioni di sogni.
Quando c’eri, anche il reàle
più inutile pareva più bello
del mondo, normale, ora, solo
rimasto vitale, mi tiene utilmente
a evitare il tracollo.

Tracollo del fondo toccato,
del pessimo ambiguo, del monte
ferale di noja di mondo e d’amore.
D’attonito intorno sensuale, vorrei
di platonico eterno:
speranza di Essere
in eterno riciclo.
.

Olimpia a Torino
.
.
Nell’aquila, che implicita
spaziando vola,
Ti vedo.

Ti creasti da sola,
in quel che Ti piacea:
ora "il tuo mondo" è certo.

Quella fanciulla ch’eri,
timida attenta, ma d’acciaio, indisposta
ad essere da altri superata,

Ora Tu
sola
crisalide in farfalla,
voli.

Voli e per sempre.

Tu sei una VERA atleta,
- puro agonismo puro,
verissimo genuino,
grintoso perfetto più del "meglio"
giocatore di calcio delle squadre - :
discesista perfetta
senza uso di gambe:
super- campionessa
che batte sempre tutti.

T’ammiro, ché, di certe voglie
di bene, impermeabile al male,
noti l’assurdo,
del vissuto vivendo,
sperando nel futuro infinito
in altro dove, in altro tempo, in altro quando,
finché potranno
forse esistere gli angeli.
.
Torino, 14 Gennaio 2006
.

 Zitella
.
Nel sempre uguale
ufficio, dove ora
lavoro, una nota sensata
e spiritosa c'è sempre:
dalla bocca sua
c'è sempre, o quasi,
il riso o . . . il malumore,
forse, dato dal tempo . . .

A noi, che tocca
di sentirla, piace
d' udire dei suoi casi:
di tanta gente sciocca,
delle vacanze,
delle poche (anche per lei)
persone sagge,
di ordinaria vita.

L' ìndole mia curiosa
m' invita ad ascoltarla
di luoghi e cose,
che dipinge belli,
di luoghi e fatti,
che dipinge cari,
ma che non hanno,
in realtà, la eco
di cinguettìo, che intende propalare:
fantasia, della quale è dotata,
come manto sòvr'ella,
più d'ogni altro mortale.

E' bello rifugiarsi
in sogni, in desideri
inappagati e a volte
- esigue volte - ripagati
ampiamente,
ma ricordàti di meno
anche se uguali: gioie,
di questo strano mondo,
tondo e pieno.
-
Om.De.In., 24 Febbraio 1964
-

Per loro gli insetti, cioè... [ Giuoco de i sentimenti di un corpo dell’essere]*

*(lettura non consigliata a tutti (perdita di tempo): contenuti filosofici astrusi e/o, generalmente, incomprensibili.)
-

Costellazione degli universi,
universo
vuoto.

Il sempre infinito
finito, giace
nell'essenza
Essere immenso!
Vita
fantastica
per noi!
Ai Terrestri: gloria
del verme senza
futuro
si profila,
il niente.
O forse per Loro,
L'Essere, qualcosa:
il tanto.

Domani secoli
di milioni,
secoli d' intelligenza
ininterrotta,
forse,
paleseranno
in macro
o microscopico
del micro
o macrocosmo
n
o
d
o
senza spazio
e tempo, somme
le glorie.

La sfèragrànulo
del nostro
reale
è fine
a se stessa.
Altre
la seguiranno
da implosione
reagente
dell’Essere:
Colonia,
fin che è in vita,
invitta
senza tempo
senza luogo
senza spazio,
libera
pascola schiava
del vivere in materia
circa un minuto
cosmico: etereo
un sussurro.

Con la fisica
morte
là torniamo,
donde arrivammo
(senza volerlo)
attimo prima
di venire al nostro
Mondo.
E puranco
a seconda le "alte"
evoluzioni
delle Scienze
(se prima non pervenga
la reiterata consueta
autodistruzione
che ci prespenga)
si subisce
il destino del nostro
corpo alieno,
che lasciamo.
Come fonte miliardi
di miliardi
di germi
terreni vivi
per poco
o per l’eternità
finita: segno
che non ci è dato
di sapere perché,
e da Chi.

Oltre
ai compagni
di viaggio bestianimali,
e piante e tutto ciò
fisicamente vivo,
l’uomo si getta
in riflessioni sul solito
normale-occulto
imposto:
guerre, sofferenza,
agonismo, festa,
tentar la conoscenza
senza riuscire mai
a alzar la testa
della natura sua
mèta di quiete
indotto a riprodursi ...
Per Chi?
E fino a quando
e dove altro
esseri come noi
e non ...?

Incoscienza
al futuro
tranne il certo
trapasso della macchina
acqua-carbonio
che cristallizza
in puro. Silicio:
siam fermi
all' anno Mille.

Non sappiamo/vogliamo
- come gli struzzi -
la ricerca
del vero, pauroso
domani di fisico
termine di essere;
reduci
di anchilosi-cervello
privo del meglio
per carenza d' uso.

Perciò
paesi . . . rischio:
sulla pallagrànulo
che chiamiamo Terra
dove si ammazza,
si ruba,
si gode e . . . si crepa
ineluttabilmente.

Le menti, poche,
nell' umanità:
se n' infischiano
tutte, o quasi,
terminando tranquille
il viaggio, isolate
o dai sentimenti,
o dall' ego,
dall’incomprensione
nel breve tempo umano.

Bisognerebbe
poter unir le menti
dell' Uomo, Flòra e Fàuna
in un' unica Forza,
per sperare
ad antichi splendori.

O arrenderci a ciò
definito superiore
allo scibile umano:
ridotti a niente e nessuno.

Noi possiamo
esser buoni
per innàto
giudizio
o pieni d’odio
scellerato
egoismo
ci scanniamo
tra noi,
in atàvica legge
di società,
non scritta,
che ci governa.
Son migliori le belve,
le efemeridi,
cetònie, le formiche
animali organizzati
GLI INSETTI
CIOE’.

Energie d’entità
che noi non conosciamo
ancora bene:
noi siamo un mezzo
per ottenere un fine,
IL FINE
non voluto,
non cercato,
sconosciuto da noi.

PER LORO
Experimenta
summa.
-
Om.De.In. 19 Agosto 1975
-

Tribuna per i miei pensieri

-
Dall'alto, dalla cima della vetta
più alta, scorgo solcate dai trasporti
d'uomini e cose, piccole le vie,
piccola la piazza dai sei fari
a valle. Annidono casine su minori
alti colli a me intorno: contemplano
in orgogliosa ripida vertigine
l'orrido del burrone aspro nel basso.

Làbile, l'umano è in festa grande
laggiù, oggi timido, mutevole nel tempo,
mentre fervido ammanta le stradine,
per il sacro corteo, di fiori e fede.

Filo d'argento fine, questa cima
è come una tribuna per i miei
pensieri più eccelsi: terre là, al Sud
piene di sete e di silenzio tenue,
di grigioperla e di brumàle freddo,
di questa valle senza tempo immersa
nei suoi mille ricordi, ampia e sinuosa.
Valle che accumula leggende, mentre
al tramonto cantando scende il vento
stanco di trascinarsi sulle cime.

Ed in fondo ... il mare, mare di schiuma
che alacre, umano il brulichìo accarezza
spumeggia e copre, fin quasi a volere
velare la bellezza della vita,
la "felice esistenza" tante volte
anelata dall'uomo e mai avuta
al suo supporre, pieno di tristezza:

si spezza e passa precària dalla notte
la vita. Diventa adesso eterna nella luce.
- 

Ad Assisi
(Qui vedo e sento ténebra e luce fulgida essenza)
*
QUI,
solo,
penso
al futuro,
penso al niente che siamo
e - mentre penso -
ascolto la tristezza
del silenzio.
VEDO,
tra le foglie intorno
del verde del paese
d' Assisi,
come un sogno
il passato: il tempo
si è fermato.
E SENTO
l'amaro del sentire,
ché un bimbo e un vecchio
stanchi,
a quella porta
di quella chiesa,
tendono - a un-non-so-chi -
la mano.
TENEBRA E LUCE
pérmeano di noi
tutto in un tutto,
e, noi,
subiamo
quelle dita di fuoco
fredde,
Essere
dello spazio
senza tempo.
FULGIDA ESSENZA,
da aliène
conoscenze edòtta,
onirica,
saetta
la natura sul punto,
che vita
brilla
intorno!
-

L' entità al suo ritorno
*
Giovando
a se stesso,
chi si ritiene
il più furbo
è infelice,
il più ricco
è povero.

Colui
che si crede
mentalmente
superiore
agli altri
ha ciò
che gli spetta:
uomo,
che ancora pensa
di esistere
immortale,
finché sia in vita.

Poi, puro essere.


Fino a quando
Iddio non deciderà
di rimanere
solo!
*

Big Crunch Apocalypse
*
I

Mente
fulgida, viva,
sempre pensa
a quella stanza
d' aspettativa,
senza dolore,
senza
sentimenti, lucida,
fredda.

E vive,
in atàvico
del passato
il ricordo,
della fine
il futuro.

Termini umani
per la descrizione
mai ci saranno:
solo . . . pensieri.
Dell' apocalittico
ritorno:


II


Rosso
e tanto
più fugace, quanto
più atroce.
Rimbombo
fino a squarcio
di udito.
Disintegrato
umano
in solo istante.

Macro risucchio
nella notte,
il Caos:

Spasimo
fuggente che ritorna
nel nero opaco
d' eterno d' infinito
finito.


Implosione
orrenda, continua
e ciò che era
Universo
si restringe, si imprime
e con il tutto
atrocemente
assembla
uomini e cose,
case, mare e montagne
coi cieli e con le stelle
e tutte
le galassie
lontane insieme
in unico, infinitesimo
pesante,
tra quàsar e pùlsar,
senza
distinzione
tra la materia
e la luce . . . :


III


Invisibile,
greve,
pesante,
si riaffaccia
in altra
Dimensione
ed ecco . . .

l' inimmaginabile
Esplosione . . .


Nel Nuovo,
di Nuovo,
col Nuovo,
Cosmo ancòra,
galassie
stelle ed altri
mondi:
nuova,
divisa da Materia,
vivida Luce . . .


IV

Nel Silenzio
spande -
d' un colpo annichilando
la particella in sé
e trasformando massa
in energia -


ecco,
la Mente,
fulgido evento
di pensiero
puro

in ricomposta ripetuta
stanza d' aspettativa,
senza dolore,
senza sentimenti d' uomo,
lucida,
fredda
senza
speranza -

E PLURIBUS
UNUM
ed al Tutto
Niente -


di cambiare,
magàri in meglio,
degli Esseri
la Vita.
*

Una piccola pianta grassa

*
Pianta vestita
di rugiada,
fascino arcàno
d'esotismo raro,
i piuolini di spine
che indossi
t'accostano
a questa Terra
nostra.


Ti amo
piantina,
con ombre di Sole,
riflesse
sulle tue foglie
gialle
verdi grasse,
d'oro.


Intravedo ricordi,
tra le foglie,
pensieri di vita
e di morte:
sensazione
che capisca
e che soffra,
avverti tristezza,
anche Tu,
della pena dell' Uomo,
col vibrare
spinoso
di foglia
nella brezza di mare.
*

Amore perduto
*
Io t' ho voluto bene
sai . . .
Ricorda e pensa
al paradiso perduto,
che avremmo potuto
possedere, forse,
in qualche mentre
di fugace
gioia.

Scrivo sui vetri
in trasparenza,
ai lumi della strada
di sera,
dalla mia casa.

E' buio,
e ciò m' invita
a meditare,
solo.

L' Universo splende
di nera notte
trapuntata
di stelle,
e il frullo
del mio cuore
si dilegua,
come battito di ali,
in un sussurro spento.
* 

Quella
*
Quella
tristezza
che già tutto
esclude:
amori
di parole
e di illusioni,
tristezza
del fatale
e del consueto
del sesso
gesto di noia:
viso -
da madonna ventenne
bionda -
bellissimo.
Frutto
del tempo
delle droghe
istinto.

Rosso,
il cielo
dalle prime stelle,
evoca
la preghiera
di speranza.

La bionda
prostituta piange.
*

Non tutto è invano
*
Il nano
guarda e ride,
salta e si balocca
davanti a tutta
quella folla sciocca,
che ancor più ride.

La folla
cieca uccide
l'anima del nano
con l'egoismo
della gente sciocca
che solo ride.

Il nano
scherza, ride,
corre veloce, si balocca
facendo tanti
versacci con la bocca
piccola, e ride.

Quando
egli è solo,
a casa sua, ripensa
alla natura
crudele, verso lui solo
e, amaro, ride . . .

Ma all' improvviso,
un bimbo biondo
anch'egli ride
con gli occhi e con la mano;
lacrima dolce, ora scende
al nano . . .

NON TUTTO E' INVANO!
*

Speranza
*
Luci che, nella notte buia e nera,
sballottolate e tremolanti, al pianto
della bufera, indicate: spera!
Cammina! Ancòra! Ancòra! Spera, tanto . . .

Tacete e riprendete il vostro canto,
mentre, tra la bufera, a tratti, senti
giocare, con quel ritmo, gli elementi;
e, quando tace, è neve, col suo manto.

E l' Uomo spera; mentre infuria schianto
del vento turbinoso, greve e fosco:
senza speranza tutto quanto è nulla,

morte, dolor . . . Già brutta dalla culla
la vita ci parrebbe: pigro vanto
di questo Mondo baro, orrido bosco.
*

All'alba dei vent'anni
*
Ricordo che con l'aria da bambina
I ricci tuoi ribelli avvoltolavi,
Col nastro rosso della festa grande,
Al tondo specchio.

*
Ricordo quella sera che svanisti
Via dal mio cuore, ormai invaghito
Perso, all'alba dei vent'anni.
Pallido il sole.

*
E ancora quando d'allegria più gaia
Baciasti quella foglia di ginestra,
Mentre, tremulo, un trillo di cicala
Echi destava.

*
E tua volesti far viola vermiglia,
A un libro di poesie dentro serbasti
Quel caro fiore: futuro di ricordi,
Ch'ora son mesti

*
Per me. Ora sogno, pien di tenerezza,
Gli atti infantili e splendido il sorriso
Ancora vedo, penso: "col tuo viso
Ciao, Giovinezza".
*

Il pescatore
*
Strade tortuose e strette
con tante porte aperte
e tanta fame; stanno, lassù
que' panni, ad asciugare. . .
*
Il turista, tedesco o americano,
vuole toccar
con mano questa miseria
onesta e pittoresca
e ... click ... "eterna",
nella scatola buia,
fotografia.
*
Ligure paese!
Risultato di tempi d' assalti
saraceni, con vie strette così . . .
Fermo restato, nonostante il turismo
porti un po' di agiatezza,
ai pochi pescatori,
con giàcchio e rezza.
*
Ma al pescatore non importa
niente degli ospiti stranieri,
dall' obbiettivo crudo e incuriosito,
dipoi mostrato a dito
dall'allegro turista
tra sua gente . . .
*
Al pescatore importa il suo
lavoro vero, duro,
notturno alle lampare.
Pochi i pesci, due reti,
le bocche da sfamare:
egli continua a vivere così;
prega, alla sera,
e poi . . . s'affida al mare.
*  

Capodanno 2008
*
Divertitevi con i mortaretti,
con tutto ciò che fa dimenticare,
con spese folli: tanto non è ora
di pensare al futuro, questa notte.
*
Ubriacatevi con gli ultimi pensieri
di ultime note tristi del passato,
fate follie, ballate a perdifiato
del fine scaramantico perduto.
*
Domani un altro giorno è già passato
da questo Vecchio Anno ripetuto
con fatti ricorrenti sempre uguali.
*
Amori e sogni...
*
Uccisioni tra uomini infinite,
fame nel mondo è sempre meno sazia,
continua ad esser certa l'ingiustizia,
l'egoismo di pochi annienta gli altri,
si spera come a ogni Anno nuova vita.
*
In un mondo suicida...
*

Capodanno a Venezia
*

Anche quest’anno al "nostro" sempre
siam giunti al giorno del Trentun Dicembre,
ma questo è il più speciale forse
ché anziché nelle morse del gelo,
vediamo l’alba mite
dell’ultima Venezia del 2000 . . .

Il mare, il vento e il cielo
si fondono in tutt’uno
col palafittico ambiente millenario
denso di Storia. Penso
che ’sì piccola cosa
è questo evento umano,
che ad altro Millennio salta
questa notte . . .

Ammiriamo nell’ultimo dell’anno
la piazza dell’evangelista Marco;
rintoccan le campane dei due Mori:
come ogni giorno, sino a quando
il tempo veglierà sull’uomo
nel suo onirico stato. Finché il tempo
lo sveglierà, brillandolo d’Eterno!

Lontano suoni tenui
giungono a noi dalla "Giudecca";
mentre ride d’immenso
tutto il delta del Po sotto
il dorato ultimo del Sole:
riempie d’ombre e di luci,
ancora umane, quest’ultimo Dicembre
del 2000.-

*
Venezia, 31.XII.2000

" Sai che è nato un bel Bambino..." ovvero
Il Presepio del passero e del ciuffetto d’erba

*
Quel ciuffetto, sulla via,
d'erba fredda, circondato
da mercanti e da bambini,
si fa piccolo, piccino
il ciuffetto su quel bordo
della via, che è casa sua,
per non esser calpestato
dalla neve, da pastori,
da cammelli ed asinelli.
*
"Che succede, che succede" -
chiede il passero al ciuffetto -
"Non lo so, non mi son mosso
dalla zolla che è il mio tetto,
guarda tu, che puoi volare."
*
Ed il passero s'inalza
sempre più verso il tramonto:
dietro il monte sta calando,
stanco ed affannato, il Sole.
**
E poi vede, da lontano,
una stella con la coda...
Forse è un'aquila reale?
Scorge male? No vicino
sta arrivando: sta guidando
Magi, uomini e animali.
E' una stella molto strana
e la chiamano "cometa."
*
Gira ancora il passerotto
dalle piume infreddolite,
presto deve ritornare
dal ciuffetto ch'è suo amico
raccontar ciò che ha veduto
raccontar ciò che ha sentito.
*
Vede un uomo con le ali,
come lui, ma luminoso:
non uguale ad altri umani,
che ha già visto con le spose,
non uguale ai zampognari,
né ai re Magi, né ai soldati,
né ai cattivi cacciatori,
che son tutti senza ali...
*
"Sono un angelo" gli dice,
"sono un Angelo di Dio,
"per cantare la Sua gloria
"ed a tutti i cieli interi.
"Sai che è nato un bel Bambino,
"proprio adesso. Guarda, ammira,
"passero, che con me voli,
"guarda verso quella stalla."
*
Ed il passero obbediente
vola presto più vicino
e chi vede? Un uom piccino,
biondo, roseo, ricciolino,
coccolato dalla Mamma.
Ma che freddo, ma che freddo!
Non c'è fiamma a riscaldarlo
solo il Babbo, nella stalla
con un bue ed un asinello.
*
Il Bambino è il Re dei Re
e la stalla è la sua reggia,
perché uomini e animali
gli si inchinano davanti,
tutti quanti anche i re Magi
che gli portano gli omaggi.
***
Il visino è sorridente,
ride piano la Madonna
per la gioia, col marito
San Giuseppe, che l’aiuta
appoggiandosi al bastone
che fiorisce con un giglio.
"Questi è il Figlio, già voluto"
"dalla Mente del Signore"
"ed a Lui da Lui affidato,"
"ora è nato, per salvare"
"ogni uomo dal peccato..."
*
"Ciciricìp!" il passero
nel sentire ciò è felice
di non essere un umano:
lui e gli altri del suo mondo,
pur con legge della giungla,
il "peccato originale"
non lo fecero: §son salvi§.
*
E il ciuffetto d'erba in prato,
non ancora calpestato
da carretti o da calzari,
vede il passero calare
in picchiata sulla zolla
circondata dalla neve:
" è successo ch'Egli è nato,
il Signore dei Profeti
di quel Tutto immaginato
da Colui che sempre E’
che ha creato Tutto il Più,
in attesa del riscatto
dalla morte e dal dolore,
ecco al mondo Salvatore:
il Divin Bambin Gesù! "
* 

Panem et circenses
(A Nerone)
*
Pioggia
stillicidio di idee di nubi
grigio per tutti, il mondo,
io
studio i démoni comprando ciondoli,
denari e spiccioli
recanti immagini del dittatore
di turno pluri-assassino:
milioni in croce di prigionieri
ridotti in schiavi
e combattenti nel Circo Grande
rosse le arene del loro sangue;
"il vulgo langue di povertà:
panem et circenses".
Grigio
per tutti il mondo
lordo di capi immondi,
nero di più
diventa un bòlide
pioggia.

*
Torino, 04 Novembre 2007

Vento d' autunno

*

Sogno.
Comincia tornando
dal fondo
dell' animo al fondo.

*

Sogno:
ebbrezza ebbra di sogni
e di avvenire, e di passato
e di gioia, e di morte
e di vita. Speranza
folle
di possanza. Chi
non muore ammira
dell' uomo la parvènza
che scompare invitta
dallo sfregio
del mondo. Pazzia.
Come nube portata
via da folata
di vento,
ricomincia
la notte.
Insonne,
come donne
di malaffare,
nero pare lo spazio;
perché sono e non sono.

*

Sogno,
smarrita nel Nulla,
la culla di ieri
e di oggi, e di sempre,
per sempre? Coraggio,
è la Vita:
adventura reale, finita,
taciuta domani, passato
che muore ed è nato
nel ciclo. Novìzio
iterato al creato
immane ed immenso:
che è il Tutto
di ciò che rimane
di noi. Miraggio.

*

Sogno!
Cipresso
su amato dormire,
obbrobio consueto
in terra pietosa, di guerra
tra l'uomo ed il feto;
passato, futuro, domani.
Rimani, Bambino mai nato,
sei nato!

*

Sfuma
lontano
quel vento d'Autunno.

- 

Grigio
Grigio chiaro e cupo
l’umore delle foglie
calanti
da alberi stranìti
e stanchi
come l’umore
della gente che passa.

Grigio è il ricordo di chi
tornato senza arto dalle guerre.
Grigio è il volto disfatto
nel morire
- e ridato in quattr’assi alla sua Patria - vittima di fuoco "amico"
e non . . . :
senza gioia dolore di Sua moglie in parto.

Nell’unico Mondo e modo, che per essere un bene, raziocini
col manipolo che vuole vendette:
autorizza kamikaze uccidendo, nel nome del proprio Dio,
a suo uso e misura, ma senza valore.

Unica verde
speranza,
gioia che ravviva il cuore:
nascere!

Mi hanno appuntato un bel nastrino al collo
*
Dal buio, al rosso, improvviso,
bagliore del sole negli occhi:
finalmente libero!
Corro a più non posso nel grande spiazzo.
*
Ma è uno spiazzo strano, non un filo di erba,
ma solo terra gialla, ocra. Non quell’erba
di ieri della prateria grande,
non alberi in distanza,
non più giochi a rimpiattino
con i muchachos che gridavan tutti:
"aha toro", piroettandomi intorno.
*
Mi hanno appuntato al collo
un bel nastrino, della fattoria dove son nato,
che, a dir la verità, mi brucia un poco.
*
In questo strano spiazzo oggi scappano tutti,
sembrano matti,
al mio arrivo di corsa: la prima picconata,
dall’alto di un cavallo, a tradimento,
mi esangue, è il mio tormento, all’improvviso
mi scemano le forze sui ginocchi e cado.
*
Annebbiato, vedo tutto sfocato adesso
tutto sembra ballarmi intorno
e quando mi difendo attaccando,
batto solo con "tablas" e "burlanderos".
*
Immediato ripenso alle femmine lasciate,
consacrate all’amore
dal mio fallo, a procreare, per conto degli umani,
altri come me ed a tre anni,
usarli ancora per questa vecchia usanza,
nella mia dolce terra di Spagna,
Andalusia.
*
Credo di aver colpito un mio aguzzino,
tra i tanti,
scagliandolo lontano, verso il cielo,
nel contempo crollo, di banderillas pieno,
perdo tutto il mio sangue,
mi punto a terra
appoggiando la testa in ginocchio, davanti,
tra le zampe
per non cadere, resistendo.
*
Ma perché ce l’han tutti con me . . .
*
Sento entrare dal collo un’asta lunga,
puntuta che mi penetra il cuore.
L’ultima cosa che vedo,
tra il mio sangue, sugli occhi,
un cartellone bianco:
Plaza DE Toros
Puerto Banus
Domingo, 25 Abril 1999
Extraordinaria novillada con picadores
sombra tendido general
Precio: 6.000 ptas I.V.A. incluido.

L’ultima cometa
*
Quel fiume, tra i rami nostalgico,
è pieno di amori lontani.

Passato unico per noi che sminuiamo
la prova: distruzione
incombente,
mentre d’incanto nascono nuovi amori,
quando più veloce, il cuore
di passione batte: nell’istinto incentivo.

Ma cos’è "l’incentivo"
se non ulteriore piacere-malattia di vivere,
senza richiesta dell’interessato, forse senza
neanche avere già subìto prove
(non mi sovvien ricordo).

"Il pomo del Peccato" è parentesi chiusa.
Non esiste problema col sistema Dio,
che mi fa amare la noja della mia "privacy".

L’altro, intanto, l’Amore terreno, scompare . . .
all’improvviso . . . come è arrivato!

E dalle nostre tombe, ormai polvere,
torniamo a continuare il nostro viaggio,
in attesa di nuovi asteroidi.

Luna
*
Dell’Otto Aprile, come appari grande
a noi, che ti osserviamo dalla Terra!
Eppure, simbolica minuscola,
tanto influisci sui destini umani!

Sei Luna.
Quella degli Innammorati.

Sei Luna piena
di natura istinto dei lupi,
che reclamano il domani
ti pregano e comunicano
con te ululando urlando
le represse ansietà dei loro amori
e
le nostre paure.
*
Nitida, grande appari questa notte,
unigenita figlia della Terra
di mìcrobi, battéri e qualche umano:
etnìa di minoranza parassita,
anche se questi crede
di essere il grande perno della vita.

Ed è nessuno.

Come sono niente
intiere nebulose di universi,
che un giorno finiranno,
rivenendo Energia,
in un gioco di scatole cinesi.

Verso la fine del mondo
Ardore,
non alito di vento
non fruscìo, né sussurro:
quel che rimane di foresta tace
sparuta, senza voli d’uccelli,
né d’insetti, né quasi più presenza d’umani,
d’altre specie.
-
Non Tutto
è a Caso: forse adesso
sento il Nulla: un tenue filo
rosso inondarmi la mente e ricomporla
unendola al Creato in un logico nesso
e senso, sempre stato in eterno
splendore, eterea Luce di Altri
tipi di mondi.
-
Ultimo e fine, in questo:
mare di onde grigiobiancastre fredde, invadenti;
su quel che resta: tremuli bagliori lontani
vaganti, incendi più brillanti,
quando viene la sera,
freddo intenso
di notte.

Tuttuno

*
-

Universo
degli
Universi
vieni.

Tu che Tutto
sai
che Tutto
taci . . .
dammi
la Forza delle Forze
e, con il bene,
vinci !

Pensante Immortale
fa sperare
la materia-energia –
che a Te torni –
dal probante viaggio –
in Te, parte integrale,
nell’essere di vita.

-
Post scriptum

La vita:
un sogno
muore
nel vento,
torna luce
cantando
l’essenza.

Siamo
un unico
essere,
con il bene
nessuno
può rubarci
il paradiso.

*
-

Nascita
Il pensiero si fonde
alla mente,
laggiù. Lontano, lontano,
a infiniti anni
luce, riconosce il soave profumo.

Spazia fremente libero
su sconfinata landa: percepisce
l’unico fiore dai colori
accesi diversi.

Candidi
voli erranti osserva
verso Soli mai visti.

Azzurre notti,
con le Lune splendenti,
preludono l’incantevole mattino.

Dove stupendi Amori Attraenti
si formano,
risplendono ammalianti
abbagliano incantevoli creando
la Vita.

Nasce
quell’Essere con l’Anima.


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