Figure retoriche 3


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Le figure retoriche dei grandi poeti

 

Le figure retoriche sono accorgimenti stilistici e linguistici utilizzati dai poeti per rendere più viva ed efficace una descrizione, un’immagine, una sensazione, una emozione, ecc.
Vi sono varie specie di figure retoriche: figure di contenuto o traslati, figure di parola e di pensiero, figure di sentimento.

Figure di sentimento

Figure di sentimento
Il poeta, modificando un suono o trasformando la struttura del verso, pone in rilievo, in modo più marcato, l’intensità del suo stato d’animo. Le principali sono:
apostrofe, epifonema, esclamazione, interrogazione, ipotiposi

 

Esclamazione
 

Consiste nell’esprimere con enfasi uno stato d’animo in forma esclamativa.
 

Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio bianco per antico pelo,
gridando: - Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo!..
-
(Dante, Inferno, Canto III, vv 82-85) 


Ahi quanto egli era nell’aspetto fiero!
E quanto mi parea nell’atto acerbo,
con l’ali aperte e sopra i piè leggiero!
(Dante, Inferno, Canto XXI, vv 31-33)


Allor fui preso, e non mi spiacque poi,
sì dolce lume uscia dagli occhi suoi!
(F. Petrarca, Nova angeletta sovra l’ale accorta, vv 7-8)


Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
allora al petto della madre mesta.
(U. Foscolo, In morte del fratello Giovanni, v 12-14)


Tornami a mente il dì che la battaglia
d’amor sentii la prima volta, e dissi:
Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia!
(G. Leopardi, Il primo amore, vv 1-3)

 

Interrogazione
 

Consiste in una domanda in cui è insita la risposta: interrogazione fatta non per rivolgere una vera domanda, ma per esprimere ironia, meraviglia, sarcasmo, rimprovero o altri sentimenti.

Lo savio mio inver lui gridò: - Forse
tu credi che qui sia il duca d’Atene,
che su nel mondo la morte ti porse?..
-
(Dante, Inferno, Canto XII, vv 16-18)


- O Giacomo -, dicea, - da Sant’Andrea,
che t’è giovato di me fare schermo?
Che colpa ho io della tua vita rea?
-
(Dante, Inferno, Canto XIII, vv 133-135)


Chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion porta?

(Dante, Inferno, Canto XX, vv 29-30)


Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
(Dante, Purgatorio, Canto XVI, v 97)


Qual ninfa in fonti, in selve mai qual dea
chiome d’oro sì fino a l’aura sciolse?

quando un cor tante in sé vertuti accolse?
(F. Petrarca, In qual parte del ciel, in quale idea, vv 5-7)


Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusion che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente dei suoi?...

(U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 23-29)


O Nerina! e di te forse non odo
questi luoghi parlar? caduta forse
dal mio pensier sei tu?
Dove sei gita,
che qui sola di te la ricordanza
trovo, dolcezza mia?...
(G. Leopardi, Le ricordanze, vv 136-140)


O piccola Maria,
di versi a te che importa?

Esce la poesia,
o piccola Maria,
quando malinconia
batte del cor la porta.
O piccola Maria,
di versi a te che importa?

(G. Carducci, Alla signorina Maria A.)  

 

Apostrofe
 

Consiste nel rivolgersi improvvisamente e con enfasi a persona o cosa personificata, anche lontana e immaginata come presente.

Ahi, Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
d’incenerarti, sì che più non duri,
poi che in mal fare il seme tuo avanzi?
(Dante, Inferno, Canto XXV, vv 10-12)


Ahi, dura terra, perché non t’apristi?
(Dante, Inferno, Canto XXXIII, v 66)


Ahi Pisa, vituperio delle genti
del bel paese là dove il sì suona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
movasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce
sì ch’egli annieghi in te ogni persona!
(Dante, Inferno, Canto XXXIII, vv 79-84)


Ahi, serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
(Dante, Purgatorio, Canto VI, vv 76-78)


O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
(G. Leopardi, A Silvia, vv 36-39)


O Niobe, l’antico
tuo grido odo alzarsi repente
al conspetto del Mare,
e il tuo disperato dolore
chiamar le figlie e i figli
per l’inesorabile chiostra,
e stridere odo l’arco
forte e sibilare lo strale.
(G. D’Annunzio, Il Gombo, vv 41-48, Alcyone)

 

Ipotiposi
 

Consiste nel rappresentare vivamente una persona, un animale, una cosa, un avvenimento.


Ed ei mi disse: - Volgiti; che fai?
Vedi là Farinata, che s'è dritto:
dalla cintola in su tutto il vedrai -
I' aveva già 'l mio viso nel suo fitto;
ed ei s'ergea col petto e con la fronte,
com'avesse l'Inferno in gran dispitto:
(Dante, Inferno, C. X, vv 31-36)


Infiamma d'ira il Principe le gote,
e ne gli occhi di foco arde e sfavilla,
e fuor de la visiera escono ardenti
gli sguardi e insieme lo stridor de' denti.
(T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. VII, vv 333-336)


Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l'upupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerea campagna,
(U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 78-83)


I cipressi che a Bolgheri alti e schietti
van da San Guido in duplice filar,
quasi in corsa giganti giovinetti
mi balzarono incontro e mi guardar.
(G. Carducci, Davanti San Guido, vv 1-4)


Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
(A. Palazzeschi, Rio Bo, vv 1-5)


Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
(U. Saba, Goal, vv 1-6)

 

Epifonema
 

Consiste nell'esprimere un motto sentenzioso che, solitamente, chiude con enfasi un discorso.


Noi andavam con li dieci demoni.
Ahi fiera compagnia! Ma nella chiesa
coi Santi, e in taverna co' ghiottoni
.
(Dante, Inferno, XXII, 13-15)


[...]
i dì miei fur sì chiari, or son sì foschi,
come Morte che 'l fa: così nel mondo
sua ventura à ciascun dal dì che nasce!

(Francesco Petrarca, Canzoniere, CCCIII, 12-14)


E pur la segue ancor il desir vano,
e nel seguirla se stesso alosinga,
dicendo: Il tempo alfine il tutto acquista.
(Matteo Maria Boiardo, Amorum liber tertius, CXLI, 12-14)


Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
(Lorenzo il Magnifico, Canzona di Bacco, 1-4)


Oh sommo Dio, come i giudici umani
spesso offuscati son da un nembo oscuro!

i modi di Bireno empii e profani,
pietosi e santi riputati furo.
(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, X, XV)


Vede Tancredi in maggior copia il sangue
del suo nemico e sé non tanto offeso;
ne gode e insuperbisce. Oh nostra folle
mente, ch'ogn'aura di fortuna estolle!

(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XII, 461-464)


Oh figlia! ... Or, taci:
non far, ch'io pianga. Vinto re non piange.
Abner, salvala, va: ma, se pur mai
ella cadesse infra nemiche mani,
deh! non dir, no, che di Saulle è figlia;
(Vittorio Alfieri, Saul, Scena IV, 204-208)


Deh come mai da me sì vario fui,
e tanto amor mi tolse un altro amore?
Deh quanto, in verità, vani siam nui!
(Giacomo Leopardi, Il primo amore, 79-81)


Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo
.
(Vincenzo Cardarelli, Passato, 20-21)


Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
(Eugenio Montale, Non chiederci la parola..., 9-12)

Autore dei testi: Lorenzo De Ninis

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