Traduzioni di Nino Muzzi
Home page Lettura Poeti del sito Narratori del sito Antologia Autori Biografie Guida Metrica Figure retoriche |
Le paysage dans le cadre des portières Court furieusement, et des plaines entières Avec de l'eau, des blés, des arbres et du ciel Vont s'engouffrant parmi le tourbillon cruel Où tombent les poteaux minces du télégraphe Dont les fils ont l'allure étrange d'un paraphe. Une odeur de charbon qui brûle et d'eau qui bout, Tout le bruit que feraient mille chaînes au bout Desquelles hurleraient mille géants qu'on fouette ; Et tout à coup des cris prolongés de chouette. - Que me fait tout cela, puisque j'ai dans les yeux La blanche vision qui fait mon coeur joyeux, Puisque la douce voix pour moi murmure encore, Puisque le Nom si beau, si noble et si sonore Se mêle, pur pivot de tout ce tournoiement, Au rythme du wagon brutal, suavement. (Verlaine, La bonne chanson, VII)
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
Quid dedicatum poscit Apollinem Sic te diva potens Cypri,
Mein blaues Klavier | Il paesaggio nel riquadro del finestrino scorre furiosamente ed intere pianure con stagni d'acqua, alberi, cielo e grano sono inghiottite nel turbine crudele, punteggiato da esili pali del telegrafo con fili in strana forma di paragrafo. Un odore di carbone che arde, acqua che bolle, tutto il frastuono che farebbero mille catene con mille giganti che urlano, frustati; e a un tratto lunghi gridi di civetta reiterati. - Che m'importa di ciò, se nei miei occhi dimora la candida visione che fa il mio cuore lieto, poiché la dolce voce per me sussurra ancora, poiché il Nome, sì bello, sonoro e altolocato si mischia, puro perno del chiasso sferragliante, al ritmo brutale del vagone, soavemente. (Traduzione: Nino Muzzi)
Ahimè fugaci, mio caro Postumo, Non chiederti, saperlo è sacrilegio,
[Alla nave su cui viaggia Virgilio]
|
Il risveglio di Faust Il Secondo Faust si apre con il risveglio dell'eroe all'alba di una nuova vita. La vita precedente lo ha visto vittima di passioni e di tentazioni, guidato quasi sempre da Mephisto, incapace di decisione, romanticamente confuso. Di fronte allo Spirito della Terra si era sentito un verme, non potendone sopportare la vista. Adesso guarda il sole nascente e la luce lo abbaglia. Lui stesso riconosce che evocare forze sovraumane non conviene, si rischia di esserne travolti e per questo volta le spalle alla luce per poter vedere il mondo, le cui immagini appaiono come riflesso della luce stessa. Qui sta tutta la differenza fra il Primo e il Secondo Faust. Nel Secondo Faust il protagonista accetta il mondo e diventa il borghese imprenditore, figura ancora eroica all'epoca di Goethe, il quale ammirava molto il lavoro dell'Umanità teso a trasformare il mondo e renderlo più abitabile per l'Uomo. Da qui la grande ammirazione per gli olandesi che col lavoro avevano strappato la terra al mare. Ma questa accettazione del mondo non manca di poesia, non è il volgare utilizzo economico della natura che conosciamo oggi. (N. Muzzi) |
Faust
Trödelhexe. Ammiriamo la modernità di Goethe che nella Notte di Valpurga mette in bocca ad una strega una "tirata" che può essere letta come una vera e propria poesia a parte.
Der Träumende
| Faust Il polso della vita batte vivace per salutare l'alba eterea dolce, Terra, stanotte rimasta immutata, qui respiri ai miei piedi rinfrancata, già inizi a circuirmi di desideri, m'inciti e attizzi in me una voglia intensa di tender sempre a una più alta essenza. In luce d'alba il mondo è già comparso, nel bosco echeggia di mille voci il canto, a valle è un velo di nebbia qua e là sparso, il cielo terso scende fra gole intanto, fronde e rami, rinverditi, si ridestano da odorose forre, dal sonno a testa china; anche i colori dal fondo si stagliano, e fiori e foglie stillan perle di brina, da un paradiso mi sento circondato. Guarda in alto! Vette di monti giganti preannunciano il momento consacrato, d'eterno lume in anticipo esultanti, il quale poi quaggiù è riverberato. Ora sull'alpe di prati verdeggianti si versa un nuovo nitido splendore che scende in basso a passi digradanti, e l'alpe appare! Ahimè dal dolore volgo via gli occhi da luce trafitto. Quindi è così, allorché fiduciosa una speranza giunge al fine eletto e al compimento la porta è dischiusa, ecco divampa per quella causa avita un incendio eccessivo che ci colpisce; volevamo accendere la fiamma della vita e un mare di fuoco, e che fuoco! ci lambisce. È l'amore? È l'odio? che ardente ci serra, e oscilla terribile fra i piaceri e gli affanni, sicché di nuovo guardiamo alla terra per nasconderci nei più giovanili panni. Che resti il sole alle mie spalle pertanto! La cascata che scroscia fra le rocce, quella io osservo con crescente incanto. Di salto in salto in mille e mille rogge ora rotola giù diramandosi e in alto spume su spume volteggian nel sereno. Ma splendido, sale da questo tumulto e s'inarca in alterna durata l'arcobaleno, immagine or distinta, ora in aria svanita, diffonde tenui fremiti di freschezza. D'umana tensione è un'icona compita. Pensaci bene e capirai con più chiarezza: dal riflesso dei colori cogliamo la vita. (Traduzione: Nino Muzzi www.ninomuzzi.it)
Strega rigattiera
|
A Victor Hugo I Andromaque, je pense à vous ! Ce petit fleuve, Pauvre et triste miroir où jadis resplendit L'immense majesté de vos douleurs de veuve, Ce Simoïs menteur qui par vos pleurs grandit, A fécondé soudain ma mémoire fertile, Comme je traversais le nouveau Carrousel. Le vieux Paris n'est plus (la forme d'une ville Change plus vite, hélas ! que le coeur d'un mortel) ; Je ne vois qu'en esprit tout ce camp de baraques, Ces tas de chapiteaux ébauchés et de fûts, Les herbes, les gros blocs verdis par l'eau des flaques, Et, brillant aux carreaux, le bric-à-brac confus. Là s'étalait jadis une ménagerie ; Là je vis, un matin, à l'heure où sous les cieux Froids et clairs le Travail s'éveille, où la voirie Pousse un sombre ouragan dans l'air silencieux, Un cygne qui s'était évadé de sa cage, Et, de ses pieds palmés frottant le pavé sec, Sur le sol raboteux traînait son blanc plumage. Près d'un ruisseau sans eau la bête ouvrant le bec Baignait nerveusement ses ailes dans la poudre, Et disait, le coeur plein de son beau lac natal : " Eau, quand donc pleuvras-tu? quand tonneras-tu, foudre? " Je vois ce malheureux, mythe étrange et fatal, Vers le ciel quelquefois, comme l'homme d'Ovide, Vers le ciel ironique et cruellement bleu, Sur son cou convulsif tendant sa tête avide Comme s'il adressait des reproches à Dieu ! II Paris change ! mais rien dans ma mélancolie N'a bougé ! palais neufs, échafaudages, blocs, Vieux faubourgs, tout pour moi devient allégorie Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs. Aussi devant ce Louvre une image m'opprime : Je pense à mon grand cygne, avec ses gestes fous, Comme les exilés, ridicule et sublime Et rongé d'un désir sans trêve ! et puis à vous, Andromaque, des bras d'un grand époux tombée, Vil bétail, sous la main du superbe Pyrrhus, Auprès d'un tombeau vide en extase courbée Veuve d'Hector, hélas ! et femme d'Hélénus ! Je pense à la négresse, amaigrie et phtisique Piétinant dans la boue, et cherchant, l'oeil hagard, Les cocotiers absents de la superbe Afrique Derrière la muraille immense du brouillard ; A quiconque a perdu ce qui ne se retrouve Jamais, jamais ! à ceux qui s'abreuvent de pleurs Et tètent la Douleur comme une bonne louve ! Aux maigres orphelins séchant comme des fleurs ! Ainsi dans la forêt où mon esprit s'exile Un vieux Souvenir sonne à plein souffle du cor ! Je pense aux matelots oubliés dans une île, Aux captifs, aux vaincus !… à bien d'autres encor ! Charles Baudelaire, Les Fleurs du Mal
| A Victor Hugo I Andromaca, penso a voi! Quel ruscello sottile, povero e triste specchio, ove rifulse un tempo la gran maestà del vostro dolore vedovile, quel falso Simoenta, gonfio del vostro pianto, ha fecondato a un tratto la mia memoria fine, appena ho attraversato il nuovo Carrousel. Muore il vecchio Parigi (le immagini cittadine cambian più svelte, ahimè! Del cuore di un mortale); solo in ricordo vedo quel campo di baracche, mucchi di capitelli sbozzati e colonnine, gran blocchi, verdi dalle pozzanghere, erbacce e confuse anticaglie luccicanti in vetrine. Era là che un tempo si stendeva un serraglio; è là che vidi, un giorno, sotto un cielo diafano e gelido, nell'ora in cui il Lavoro è al risveglio e la nettezza alza nell'aria un cupo uragano, un cigno che, scappato dalla sua voliera, raspando con i piedi palmati sul selciato, trascinava piume bianche sulla scabra terra. La bestia a becco aperto in un rivo seccato bagnava nervosamente le ali nella polvere, dicendo in cuor suo, colmo del bel lago natale: "Acqua, quando cadrai? Quando tuonerai, folgore?" Vedo quell'infelice, mito strano e fatale, come l'uomo d'Ovidio, talvolta verso il cielo, verso il cielo sarcastico, cielo di azzurro odio, tendere l'avida testa sopra il contorto collo come se rivolgesse dei rimproveri a Dio. II Parigi cambia! Ma nella mia malinconia niente muta! Ponteggi, blocchi, nuovi edifici, vecchi sobborghi, tutto diventa allegoria e i miei cari ricordi più duri delle selci. Così dinanzi al Louvre un'immagine m'opprime: penso al mio grande cigno, e ai folli gesti suoi, come ad un esiliato, ridicolo e sublime e roso senza tregua da un desiderio! E a voi, Andromaca, dal braccio di un grande marito caduta, vile bestiame, al fiero Pirro in mano, curvata in estasi sopra ad un sepolcro vuoto, vedova d'Ettore, ahimè! E maritata a Eleno! Sto pensando alla negra, dimagrita e tisica, che pesticcia nel fango e, l'occhio teso, spia le palme assenti dell'Africa magnifica al di là di un' immensa muraglia di foschia; a chiunque ha perduto quello che non ritorna mai! Giammai! A coloro, che dissetano i pianti e che il Dolore allatta come una lupa buona! Agli orfanelli magri e, come fiori, stenti! Così nella foresta ove la mente si esula il corno a pieno soffio suona una vecchia Memoria! E penso ai marinai scordati sopra un'isola, ai prigionieri, ai vinti! … e ad altri, ad altri ancora! Traduzione: Nino Muzzi
|
Comme je descendais des Fleuves impassibles, Je ne me sentis plus guidé par les haleurs: Des Peaux-Rouges criards les avaient pris pour cibles, Les ayant cloués nus aux poteaux de couleurs. J'étais insoucieux de tous les équipages, Porteur de blés flamands ou de cotons anglais. Quand avec mes haleurs ont fini ces tapages, Les Fleuves m'ont laissé descendre où je voulais. Dans les clapotements furieux des marées, Moi, l'autre hiver, plus sourd que les cerveaux d'enfants, Je courus! Et les Péninsules démarrées N'ont pas subi tohu-bohus plus triomphants. La tempête a béni mes éveils maritimes. Plus léger qu'un bouchon j'ai dansé sur les flots Qu'on appelle rouleurs éternels de victimes, Dix nuits, sans regretter l'oeil niais des falots! Plus douce qu'aux enfants la chair des pommes sures, L'eau verte pénétra ma coque de sapin Et des taches de vins bleus et des vomissures Me lava, dispersant gouvernail et grappin. Et dès lors, je me suis baigné dans le Poème De la Mer, infusé d'astres, et lactescent, Dévorant les azurs verts; où, flottaison blême Et ravie, un noyé pensif parfois descend; Où, teignant tout à coup les bleuités, délires Et rythmes lents sous les rutilements du jour, Plus fortes que l'alcool, plus vastes que nos lyres, Fermentent les rousseurs amères de l'amour! Je sais les cieux crevant en éclairs, et les trombes Et les ressacs et les courants: je sais le soir, L'Aube exaltée ainsi qu'un peuple de colombes, Et j'ai vu quelquefois ce que l'homme a cru voir! J'ai vu le soleil bas, taché d'horreurs mystiques, Illuminant de longs figements violets, Pareils à des acteurs de drames très antiques Les flots roulant au loin leurs frissons de volets! J'ai rêvé la nuit verte aux neiges éblouies, Baiser montant aux yeux des mers avec lenteurs, La circulation des sèves inouïes, Et l'éveil jaune et bleu des phosphores chanteurs! J'ai suivi, des mois pleins, pareille aux vacheries Hystériques, la houle à l'assaut des récifs, Sans songer que les pieds lumineux des Maries Pussent forcer le mufle aux Océans poussifs! J'ai heurté, savez-vous, d'incroyables Florides Mêlant aux fleurs des yeux de panthères à peaux D'hommes! Des arcs-en-ciel tendus comme des brides Sous l'horizon des mers, à de glauques troupeaux! J'ai vu fermenter les marais énormes, nasses Où pourrit dans les joncs tout un Léviathan! Des écroulements d'eaux au milieu des bonaces, Et les lointains vers les gouffres cataractant! Glaciers, soleils d'argent, flots nacreux, cieux de braises! Echouages hideux au fond des golfes bruns Où les serpents géants dévorés des punaises Choient, des arbres tordus, avec de noirs parfums! J'aurais voulu montrer aux enfants ces dorades Du flot bleu, ces poissons d'or, ces poissons chantants. - Des écumes de fleurs ont bercé mes déérades Et d'ineffables vents m'ont ailé par instants. Parfois, martyr lassé des pôles et des zones, La mer dont le sanglot faisait mon roulis doux Montait vers moi ses fleurs d'ombre aux ventouses jaunes Et je restais, ainsi qu'une femme à genoux... Presque île, ballottant sur mes bords les querelles Et les fientes d'oiseaux clabaudeurs aux yeux blonds. Et je voguais, lorsqu'à travers mes liens frêles Des noyés descendaient dormir, à reculons! Or moi, bateau perdu sous les cheveux des anses, Jeté par l'ouragan dans l'éther sans oiseau, Moi dont les Monitors et les voiliers des Hanses N'auraient pas repêché la carcasse ivre d'eau; Libre, fumant, monté de brumes violettes, Moi qui trouais le ciel rougeoyant comme un mur Qui porte, confiture exquise aux bons poètes, Des lichens de soleil et des morves d'azur; Qui courais, taché de lunules électriques, Planche folle, escorté des hippocampes noirs, Quand les juillets faisaient crouler à coups de triques Les cieux ultramarins aux ardents entonnoirs; Moi qui tremblais, sentant geindre à cinquante lieues Le rut des Béhémots et les Maelstroms épais, Fileur éternel des immobilités bleues, Je regrette l'Europe aux anciens parapets! J'ai vu des archipels sidéraux! et des îles Dont les cieux délirants sont ouverts au vogueur: - Est-ce en ces nuits sans fonds que tu dors et t'exiles, Million d'oiseaux d'or, ô future Vigueur? Mais, vrai, j'ai trop pleuré! Les Aubes sont navrantes. Toute lune est atroce et tout soleil amer: L'âcre amour m'a gonflé de torpeurs enivrantes. O que ma quille éclate! O que j'aille à la mer! Si je désire une eau d'Europe, c'est la flache Noire et froide où vers le crépuscule embaumé Un enfant accroupi plein de tristesse, lâche Un bateau frêle comme un papillon de mai. Je ne puis plus, baigné de vos langueurs, ô lames, Enlever leur sillage aux porteurs de cotons, Ni traverser l'orgueil des drapeaux et des flammes, Ni nager sous les yeux horribles des pontons septembre 1871
| Mentre discendevo per Fiumi indifferenti non mi sentii più guidato dagli alatori, presi a bersaglio da pellirosse urlanti e infilzati nudi ai pali multicolori. Ero insofferente di tutti gli equipaggi, portavo grani di Fiandra o cotoni inglesi. Finiti gli alatori assieme agli schiamazzi, i Fiumi m'han fatto scendere ove volessi. Dentro i furiosi spruzzi delle mareggiate io, l'ultimo inverno, più sordo degl'infanti cervelli, ho corso! E Penisole disancorate non hanno mai subìto urla più trionfanti. La tempesta ha benedetto le albe marittime. Più leggero di un tappo ho danzato sul flutto che chiamano eterno avvolgitore di vittime, dieci notti, senza cercar fari dall'occhio fatuo! Più dolce che ai ragazzi polpa di mele agre, l'acqua verde penetrò nello scafo di faggio e le macchie di vino e di vomito violacee mi lavò via, spazzando timone e ancoraggio. E da allora mi son bagnato dentro il Cantico del Mare, infuso d'astri, lattescente, vorace di azzurri verdi; ove talvolta, natante estatico e livido, un annegato pensoso scende a foce; dove, tingendo a un tratto le bluità, deliri e ritmi lenti sotto i rutilamenti del giorno, più forti dell'alcool, più vasti delle lire, gli amari rossori dell'amore fermentano! Io so i cieli crettati di lampi e le trombe e le risacche e le correnti; io so la sera, l'Alba esaltata come un popolo di colombe e vidi a volte ciò che l'uomo ha creduto vedere! Ho visto il sole basso, sporco d'orrore mistico, irraggiante una lunga violacea filigrana, pari a degli attori di un dramma molto antico, dilatando i flutti i loro brividi da persiana! Ho sognato la notte verde dalle nevi abbagliate, bacio che sale agli occhi con lentezza dai mari, la circolazione delle linfe inaudite, e il risveglio blu e giallo dei fosfori canori! Ho seguito, a mesi pieni, pari a vaccherie isteriche, l'onda sulle scogliere all'assalto, senza pensar che i luminosi piedi delle Marie possano premere il muso di Oceani in sussulto! Ho urtato, sapete, contro Floride incredibili mischianti i fiori ad occhi di pantere a pelle d'uomo! Degli Arcobaleni tesi come redini, sotto l'orizzonte dei mari, su mandrie cerule. Ho visto fermentare paludi enormi, nasse ove marcisce nei giunchi tutt'un Leviatano! Scrosci d'acqua crollati in mezzo alle bonacce, e le lontananze che verso abissi degradano! Ghiacci, soli d'argento, flutti perlati, braci di cieli! Immondi cascami nei golfi marroni, dove serpenti giganti mangiati dalle cimici cadono dagli alberi ritorti con neri aromi! Avrei voluto mostrare ai fanciulli le orate del flutto blu, pesci d'oro, pesci cantanti. - Schiume di fiori han cullato le mie salpate e d'ineffabili venti mi hanno alato gl'istanti. Talvolta, martire stanco di poli e di zone, il mare il cui singhiozzo addolciva la beccheggiata alzava a me fiori d'ombra a ventose gialle e io restavo, simile a una donna inginocchiata … Quasi un'isola, sui miei bordi ballottavano liti e sterco d'uccelli a occhi biondi e canto iroso, e, mentre degli annegati a dormire scendevano fra i miei fragili orditi, io vogavo a ritroso! Ora io, battello sperso sotto il crine dell'anse, gettato dall'uragano nell'etere senza uccelli, io che nessun Molitor né veliero dell'Ansa avrebbe ripescato, carcassa ubriaca d'acqua; libero, fumante, gravido di bruma violetta, che il cielo rossastro foravo come un muro, che porto, confettura squisita al buon poeta, licheni di sole e mucillagine di azzurro; che correvo, screziato di elettriche lunelle, tavola folle, scortata da neri ippocampi, quando luglio scrollava a colpi di randello i cieli oltremarini dai cappucci roventi; che tremavo al gemito da cinquanta leghe di Behemot in calore e Maelstrom compatti, eterno filatore su immobilità glauche, rimpiango l'Europa dagli antichi parapetti! Ho visto arcipelaghi siderali! Ed isole con cieli deliranti aperti al vogatore: -E' in notti senza fondo che dormi e ti esuli, milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore? E' vero, ho pianto troppo! Le Albe son desolanti. Ogni luna è atroce ed ogni sole è amaro: l'acre amore m'ha gonfiato di torpori inebrianti. Oh che la chiglia schianti! Oh ch'io finisca in mare! Se desidero un'acqua d'Europa, è una pozza nera e fredda, ove verso il crepuscolo odoroso un fanciullo accovacciato pieno di tristezza vari un battello fragile come farfalla di maggio. Molle di vostri languori, non posso più, o lame, sottrarre i loro percorsi ai mercanti di cotoni, né traversare l'orgoglio di bandiere e di fiamme, né navigare sotto l'occhio atroce dei pontoni. settembre 1871 Traduzione: Nino Muzzi
|
La chair est triste, hélas ! et j'ai lu tous les livres. Fuir ! là-bas fuir ! Je sens que des oiseaux sont ivres D'être parmi l'écume inconnue et les cieux ! Rien, ni les vieux jardins reflétés par les yeux Ne retiendra ce coeur qui dans la mer se trempe O nuits ! ni la clarté déserte de ma lampe Sur le vide papier que la blancheur défend, Et ni la jeune femme allaitant son enfant. Je partirai ! Steamer balançant ta mâture Lève l'ancre pour une exotique nature ! Un Ennui, désolé par les cruels espoirs, Croit encore à l'adieu suprême des mouchoirs ! Et, peut-être, les mâts, invitant les orages Sont-ils de ceux qu'un vent penche sur les naufrages Perdus, sans mâts, sans mâts, ni fertiles îlots... Mais, ô mon coeur, entends le chant des matelots ! Stéphane Mallarmé III L'après-midi d'un faune Le Faune Ces nymphes, je les veux perpétuer. Inerte, tout brûle dans l'heure fauve « Mon oeil, trouant le joncs, dardait chaque encolure Je t'adore, courroux des vierges, ô délice « Mon crime, c'est d'avoir, gai de vaincre ces peurs | La carne è triste, ahimè! e ho letto ogni libro. Fuggir! fuggire là! sento ogni uccello ebbro di trovarsi nel mezzo fra schiuma ignota e cieli! Né i vecchi giardini riflessi dagli occhi fedeli, niente tratterrà, o notti! questo fluttuante cuore nel mare. Né della lampada il deserto chiarore su carta vuota il cui candore per difesa lotta, né la giovane madre che il fanciullo allatta. Partirò! Vapore che dondoli l'alberatura leva l'ancora verso un'esotica natura! Una Noia, stremata dagli auspici maledetti, crede ancora all'addio supremo dei fazzoletti! E, forse, i pennoni, che invitano gli uragani, son quelli che un vento piega su spersi rottami, senz'albero, senz'albero, né isole d'incanto… Ma, cuore mio, ascolta dei marinai il canto! Traduzione: Nino Muzzi
|
Erste Elegie
Ja, die Frühlinge brauchten dich wohl. Es muteten manche
Stimmen, Stimmen. Höre, mein Herz, wie sonst nur
Die zehnte Elegie . . . . Oh aber gleich darüber hinaus,
Nur die jungen Toten, im ersten Zustand
Und sie leitet ihn leicht durch die weite Landschaft der Klagen,
Nicht erfaßt es sein Blick, im Frühtod
Und höher, die Sterne. Neue. Die Sterne des Leidlands.
Doch der Tote muß fort, und schweigend bringt ihn die ältere
Stehn am Fuß des Gebirgs.
Einsam steigt er dahin, in die Berge des Ur-Leids.
Aber erweckten sie uns, die unendlich Toten, ein Gleichnis,
Und wir, die an steigendes Glück
Sonett 1
Sonett 2
Sonett 3
Kindheit | Prima duinese Sì, le primavere chiedevano te nel bisogno. Osavano Voci, voci. Odi, mio cuore, come soltanto Certo è strano non abitar più la terra,
Sonetto 1
Sonetto 2
Sonetto 3 |
Über das Frühjahr Lange bevor Wir uns stürzten auf Erdöl, Eisen und Ammoniak Gab es in jedem Jahr Die Zeit der unaufhaltsam und heftig grünenden Bäume Wir alle erinnern uns Verlängerter Tage Helleren Himmels Änderungen der Luft Des gewiß kommenden Frühjahrs. Noch lesen wir in Büchern Von dieser gefeierten Jahreszeit Und noch sind schon lange Nicht mehr gesichtet worden über unseren Städten Die berühmten Schwärme der Vögel. Am ehesten noch sitzend in Eisenbahnen Fällt dem Volk das Frühjahr auf. Die Ebenen zeigen es In aller Deutlichkeit. In großer Höhe freilich Scheinen Stürme zu gehen: Sie berühren nur mehr Unsere Antennen. Bertolt Brecht O Falladah, die du hangest |
Sulla primavera Molto prima che ci lanciassimo su petrolio, acciaio e ammoniaca tornava ogni anno il tempo degli alberi che fiorivano inarrestabili e vigorosi noi tutti ricordiamo l'allungarsi dei giorni il cielo più luminoso i cambiamenti dell'aria la primavera che stava senza dubbio arrivando. Nei libri si legge ancora di quel tempo celebrato e da tanto ormai non si sono più visti sulle nostre città i famosi stormi di uccelli. E' soprattutto seduta nei treni che la gente nota la primavera. Le pianure la mostrano in tutta chiarezza. Certo a più grandi altezze sembra che si muovano delle tempeste: toccano ormai appena le nostre antenne. Traduzione:
O Falladah, lassù appeso |
Dunkel im Weidengrund Dunkel im Weidengrund Orgelt der Wind Und weil die Mutter ruft Macht sie's geschwind... Wolken am Himmel und Orgelnder Wind: Weil es schon dunkel ist Tut sie es blind. Weil es im Gras naß und Kalt ist darin: An einem Weidenstrunk Gibt sie sich hin. Wenn rot der Neumond hängt Im Weidenwind: Schwimmt sie im Fluß schon ab: Jungfrau und Kind. Bertolt Brecht Kohlen für Mike
Kinderkreuzzug (1942) | Buio nel saliceto Nel saliceto risuona l'organo cupo del vento, siccome la madre chiama tu lo fai in un momento … Nubi nel cielo e organo del vento risuonante: siccome è buio pieno tu lo fai ciecamente. Siccome l'erba è bagnata e sopra si sta gelidi: a un salice appoggiata tu a lui ti concedi. Di luna il nuovo lume nel vento dei salici pende: tu scivoli già sul fiume, fanciulla col tuo infante. Traduzione: Carbone per Mike
|
Die Individualität ist nichts Elementares, sondern ein Organismus, Elementare Dinge unterschiedlicher Art wohnen da unteilbar zusammen. Wenn man teilen wollte, stürben die Teile ab. Mein Ich ist beispielsweise ein ganzes dramatisches Ensemble, da tritt ein prophetischer Urvater auf, da brüllt ein brutaler Held. Da räsoniert ein alkoholischer Bonvivant mit einem gelehrten Professor. Da himmelt eine chronisch verliebte Lyrica. Da tritt der Papa pedantisch entgegen. Da vermittelt der nachsichtige Onkel. Da tratscht die Tante Schwätz. Da kichert die Zofe Schlüpfrig. Und ich schaue zu mit erstaunten Augen, die gespitzte Feder in der Linken. Eine schwangere Mutter will auftreten. Bscht! rufe ich, du gehörst nicht hierher. Du bist teilbar. Und sie verblasst. 1905 Paul Klee Ich kenne wohl In der Nacht vom 30. Juni auf den 1. Juli 1925 Reduktion! | L'individualità non è una cosa elementare, bensì un organismo, le cose elementari di vario genere vi abitano insieme inseparabilmente. Se si volessero separare le parti svanirebbero. Il mio Io è per esempio tutto un insieme drammatico, vi avanza un antenato profetico, vi urla un eroe brutale. Vi conversa un bonvivant alcolizzato con un elegante professore. Vi sale al cielo una lirica inguaribilmente innamorata. Vi si avanza contro il papà con pedanteria. Vi presta la sua mediazione lo zio accondiscendente. Vi spettegola la zia Chiacchiera. Vi sguscia la cameriera Scivola. E io guardo con occhi attoniti La penna appuntita nella sinistra. Una madre incinta si vuol presentare. Psch! Le grido, tu non ne fai parte. Tu sei divisibile. E lei sbianca 1905 Traduzione: Nino Muzzi So ben far suonare Nella notte fra il 30 giugno e il primo luglio 1925 Riduzione! |
Der schiffskoch,ein gefangener, singt Weh, geschieden von den Meinigen, Lieg ich hier seit vielen Wochen; Ach und denen, die mich peinigen, Muß ich Mahl- um Mahlzeit kochen. Schöne purpurflossige Fische, Die sie mir lebendig brachten, Schauen aus gebrochenen Augen, Sanfte Tiere muß ich schlachten. Stille Tiere muß ich schlachten, Schöne Früchte muß ich schälen Und für sie, die mich verachten, Feurige Gewürze wählen. Und wie ich gebeugt beim Licht in Süß- und scharfen Düften wühle, Steigen auf ins Herz der Freiheit Ungeheuere Gefühle! Weh, geschieden von den Meinigen, Lieg ich hier seit wieviel Wochen! Ach und denen, die mich peinigen, Muß ich Mahl- um Mahlzeit kochen Hugo von Hofmannsthal Ballade des äußeren Lebens | Il cuoco prigioniero su una nave canta Ahimè, lontano dai miei qui giaccio da piu` settimane; costretto da chi mi tormenta, a cucinar pranzi e cene. Bei pesci con pinne purpuree, portatimi vivi, che state con occhi sgranati a guardare, miti bestie, vi devo squartare, mute bestie, vi devo squartare, frutti splendidi devo sbucciare e sceglier per chi mi disprezza pimenti colore di fuoco. E mentre alla luce piegato rimesto fra odori agro-dolci, nel cuore della liberta` insorge un istinto spietato! Ahimè, lontano dai miei qui giaccio da piu` settimane; costretto da chi mi tormenta, a cucinar pranzi e cene. Traduzione: Nino Muzzi Ballata della vita esteriore |
Le Cimetière marin 1920 Ce toit tranquille, où marchent des colombes, Entre les pins palpite, entre les tombes ; Midi le juste y compose de feux La mer, la mer, toujours recommencée Ô récompense après une pensée Qu'un long regard sur le calme des dieux ! Quel pur travail de fins éclairs consume Maint diamant d'imperceptible écume, Et quelle paix semble se concevoir! Quand sur l'abîme un soleil se repose, Ouvrages purs d'une éternelle cause, Le Temps scintille et le Songe est savoir. Stable trésor, temple simple à Minerve, Masse de calme, et visible réserve, Eau sourcilleuse, Oeil qui gardes en toi Tant de sommeil sous un voile de flamme, Ô mon silence !… Édifice dans l'âme, Mais comble d'or aux mille tuiles, Toit ! Temple du Temps, qu'un seul soupir résume, À ce point pur je monte et m'accoutume, Tout entouré de mon regard marin ; Et comme aux dieux mon offrande suprême, La scintillation sereine sème Sur l'altitude un dédain souverain. Comme le fruit se fond en jouissance, Comme en délice il change son absence Dans une bouche où sa forme se meurt, Je hume ici ma future fumée, Et le ciel chante à l'âme consumée Le changement des rives en rumeur. Beau ciel, vrai ciel, regarde-moi qui change ! Après tant d'orgueil, après tant d'étrange Oisiveté, mais pleine de pouvoir, Je m'abandonne à ce brillant espace, Sur les maisons des morts mon ombre passe Qui m'apprivoise à son frêle mouvoir. L'âme exposée aux torches du solstice, Je te soutiens, admirable justice De la lumière aux armes sans pitié ! Je te tends pure à ta place première, Regarde-toi !… Mais rendre la lumière Suppose d'ombre une morne moitié. Ô pour moi seul, à moi seul, en moi-même, Auprès d'un coeur, aux sources du poème, Entre le vide et l'événement pur, J'attends l'écho de ma grandeur interne, Amère, sombre, et sonore citerne, Sonnant dans l'âme un creux toujours futur ! Sais-tu, fausse captive des feuillages, Golfe mangeur de ces maigres grillages, Sur mes yeux clos, secrets éblouissants, Quel corps me traîne à sa fin paresseuse, Quel front l'attire à cette terre osseuse ? Une étincelle y pense à mes absents. Fermé, sacré, plein d'un feu sans matière, Fragment terrestre offert à la lumière, Ce lieu me plaît, dominé de flambeaux, Composé d'or, de pierre et d'arbres sombres, Où tant de marbre est tremblant sur tant d'ombres ; La mer fidèle y dort sur mes tombeaux ! Chienne splendide, écarte l'idolâtre ! Quand solitaire au sourire de pâtre, Je pais longtemps, moutons mystérieux, Le blanc troupeau de mes tranquilles tombes, Éloignes-en les prudentes colombes, Les songes vains, les anges curieux ! Ici venu, l'avenir est paresse. L'insecte net gratte la sécheresse ; Tout est brûlé, défait, reçu dans l'air À je ne sais quelle sévère essence… La vie est vaste, étant ivre d'absence, Et l'amertume est douce, et l'esprit clair. Les morts cachés sont bien dans cette terre Qui les réchauffe et sèche leur mystère. Midi là-haut, Midi sans mouvement En soi se pense et convient à soi-même… Tête complète et parfait diadème, Je suis en toi le secret changement. Tu n'as que moi pour contenir tes craintes ! Mes repentirs, mes doutes, mes contraintes Sont le défaut de ton grand diamant… Mais dans leur nuit toute lourde de marbres, Un peuple vague aux racines des arbres A pris déjà ton parti lentement. Ils ont fondu dans une absence épaisse, L'argile rouge a bu la blanche espèce, Le don de vivre a passé dans les fleurs ! Où sont des morts les phrases familières, L'art personnel, les âmes singulières ? La larve file où se formaient les pleurs. Les cris aigus des filles chatouillées, Les yeux, les dents, les paupières mouillées, Le sein charmant qui joue avec le feu, Le sang qui brille aux lèvres qui se rendent, Les derniers dons, les doigts qui les défendent, Tout va sous terre et rentre dans le jeu ! Et vous, grande âme, espérez-vous un songe Qui n'aura plus ces couleurs de mensonge Qu'aux yeux de chair l'onde et l'or font ici ? Chanterez-vous quand serez vaporeuse ? Allez ! Tout fuit ! Ma présence est poreuse, La sainte impatience meurt aussi ! Maigre immortalité noire et dorée, Consolatrice affreusement laurée, Qui de la mort fais un sein maternel, Le beau mensonge et la pieuse ruse ! Qui ne connaît, et qui ne les refuse, Ce crâne vide et ce rire éternel ! Pères profonds, têtes inhabitées, Qui sous le poids de tant de pelletées, Êtes la terre et confondez nos pas, Le vrai rongeur, le ver irréfutable N'est point pour vous qui dormez sous la table, Il vit de vie, il ne me quitte pas ! Amour, peut-être, ou de moi-même haine ? Sa dent secrète est de moi si prochaine Que tous les noms lui peuvent convenir ! Qu'importe! Il voit, il veut, il songe, il touche ! Ma chair lui plaît, et jusque sur ma couche, À ce vivant je vis d'appartenir ! Zénon ! Cruel Zénon ! Zénon d'Êlée ! M'as-tu percé de cette flèche ailée Qui vibre, vole, et qui ne vole pas ! Le son m'enfante et la flèche me tue ! Ah ! le soleil… Quelle ombre de tortue Pour l'âme, Achille immobile à grands pas ! Non, non !… Debout ! Dans l'ère successive ! Brisez, mon corps, cette forme pensive ! Buvez, mon sein, la naissance du vent ! Une fraîcheur, de la mer exhalée, Me rend mon âme… Ô puissance salée ! Courons à l'onde en rejaillir vivant. Oui ! Grande mer de délires douée, Peau de panthère et chlamyde trouée, De mille et mille idoles du soleil, Hydre absolue, ivre de ta chair bleue, Qui te remords l'étincelante queue Dans un tumulte au silence pareil, Le vent se lève !… Il faut tenter de vivre ! L'air immense ouvre et referme mon livre, La vague en poudre ose jaillir des rocs ! Envolez-vous, pages tout éblouies ! Rompez, vagues ! Rompez d'eaux réjouies Ce toit tranquille où picoraient des focs ! Paul Valéry, Le Cimetière marin
| Il cimitero marino 1920 Tetto tranquillo sparso di colombe Palpita in mezzo ai pini e fra le tombe; Giusto meriggio di fuochi vi plasma Il mare, il mare, ognora risorgente Oh premio ad un pensiero conseguente Un lungo sguardo sulla divina calma! Puro lavoro in fini guizzi consuma Tanti diamanti d'invisibile schiuma, E quale pace concepirsi pare! Se sull'abisso il sole si riposa, Opera pura di un'eterna causa, Scintilla il Tempo ed il Sogno è sapere. Tesoro fermo, sobrio tempio a Minerva, Massa di calma e visibil riserva, Acqua sorgiva, Occhio che tien protetto in sé tal sonno sotto un velo di fiamma, O mio silenzio!... Edificio nell'alma, Ma colmo d'oro a mille scaglie, Tetto! Tempio del Tempo, in un soffio riassunto, Salgo e mi adeguo in un sì puro punto, Tutt'involto nel mio sguardo marino; E come mia suprema offerta al Dio, Sull'altura il sereno scintillio Va seminando un disdegno sovrano. Come il frutto si fonde in ebbrezza, Com'esso cambia l'assenza in dolcezza In una bocca in cui la forma smuore, Sento d'incenso la futura fumata, E canta il cielo all'anima stremata Il trasformarsi delle rive in rumore. Bel cielo, vero cielo, guardami mutare! Dopo tanto orgoglio, tanta singolare Pigrizia, però piena di potere, Mi dono a questo spazio abbacinante, Su case di morti l'ombra mia vagante passa e mi piega al suo fragil volere. L'anima esposta ai fuochi del solstizio, Io ti sostengo, ammirabil giustizia Della luce dalle armi senza pietà! Ti tendo pura al tuo stato in nuce, Osservati!... Ma rendere la luce Suppone d'ombra una triste metà. Oh per me solo, a me solo, in me stesso, Del poema alla fonte, a un cuore appresso, Stretto fra il vuoto e il puro accadimento, Attendo l'eco della grandezza interna, Amara, oscura, e sonora cisterna, Nell'anima vuoto futuro lamento! Lo sai, falsa prigioniera di verzure, Golfo divoratore di magre arsure, Sugli occhi chiusi, segreti abbaglianti, Che corpo mi trascina a una fine attardata, Che fronte l'attira a questa terra ossificata? Qui una scintilla pensa ai miei assenti. Concluso, sacro, d'incorporea brace Terrestre frammento offerto alla luce, Mi piace questo luogo, ove la face incombe, Composto d'oro, pietra e oscure fronde, Ove trema tanto marmo su tante ombre; Fedele il mar vi dorme sulle tombe! Splendida cagna, caccia via il pagano! Se solo, col sorriso di guardiano, Pascolo, a lungo, montoni misteriosi, Il bianco gregge delle placide tombe, Allontana le timide colombe, I sogni vani, gli angeli curiosi! Qui giunto, ormai, l'avvenire è pigrizia. L'insetto scabro gratta la secchezza; Tutto è riarso, sfatto, accolto in aria In non so quale mai severa essenza… La vita è vasta, ebbra com'è di assenza, E l'amarezza è dolce, e lo spirito chiaro. I morti nascosti godono in questa terra Che li riscalda e secca il lor mistero. Meriggio in alto, senza movimento In sé si pensa e a se stesso consente… Testa completa e diadema eccellente, Io seguo in te il segreto mutamento. Non hai che me a frenare i timori! I pentimenti, i dubbi miei, i doveri Sono il difetto del tuo gran diamante… Ma nella notte gravata di marmi Un popol vago alle radici degli alberi Per te si sta schierando lentamente. Si sono fusi in massiccia assenza, La creta rossa succhia bianca essenza, Il dono di vivere è passato in fiore! Dove sono dei morti le frasi familiari, L'arte personale, le anime singolari? La larva fila dove nasce il dolore. Acute grida di ragazze vellicate, Occhi, denti, pupille bagnate, Seno attraente che scherza col fuoco, Sangue che brilla sulla bocca arresa Gli ultimi doni, le dita a difesa Tutto è inumato e rientra nel gioco! E voi, grande anima, sperate in un sogno Che non ha più i colori della menzogna Che qui a occhi di carne fa l'onda e l'oro? Canterete quando sarete vaporosa? Via! Tutto fugge! La mia presenza è porosa, Anche la santa impazienza muore! Magra immortalità nera e dorata Consolatrice orridamente laureata, Che della Morte fa seno materno, Bella menzogna e astuzia pietosa! Chi non conosce, e rifiutar non osa, Quel cranio vuoto e quel riso eterno! Profondi padri, teste inabitate, Che sotto il peso di tante palate, Siete la terra e i miei passi ingannate, Il roditore vero, il verme ineluttabile Non è là per chi dorme sotto le tavole, Vive di vita, non mi ha mai lasciato! L'amore forse o l'odio di me stesso? Il suo dente segreto mi è sì presso Che ogni nome comunque gli conviene! Che importa! Beve, vede, pensa, dà di piglio! La mia carne gli piace e fin sul giaciglio Con tal vivente dovrò vivere assieme! Zenon! Crudo Zenon! Zenon eleata! M'hai trapassato con la freccia alata Che vibra, vola, e non riesce a staccarsi! Suono mi crei e freccia mi trafigga! Ah! Il sole…Quale ombra di tartuca Per l'alma, Achille immoto a gran passi! No, no!... Suvvia! Nell'epoca seguente! Sgretola, o corpo, questa forma pensante! Bevi, mio seno, la nascita del vento! Una freschezza, dal mare esalata, Mi rende l'anima…Oh potenza salata! Corriamo all'onda che risorge vivente. Sì! Gran marina di deliri inondata, Pelle di pantera e clamide forata, Di mille e mille idoli solari, Idra assoluta, ebbra di carne blu, Che la tua scintillante coda tu Mordi in tumulto al silenzio pari, Muove il vento!... Tentiamo di vivere! Apre e chiude il mio libro immenso l'aere, Pulvisco di onda osa sprizzar dai blocchi! Volate, voi, pagine tutte abbagliate! Onde, rompete! Rompete di acque liete Il tetto quieto ove beccavano i fiocchi! Traduzione: Nino Muzzi
|
Morfin Wir warten auf ein letztes Abenteuer Was kümmert uns der Sonnenschein? Hochaufgetürmte Tage stürzen ein Unruhige Nächte - Gebet im Fegefeuer. Wir lesen auch nicht mehr die Tagespost Nur manchmal lächeln wir still in die Kissen, Weil wir alles wissen, und gerissen Fliegen wir hin und her im Fieberfrost. Mögen Menschen eilen und streben Heut fällt der Regen noch trüber Wir treiben haltlos durchs Leben Und schlafen, verwirrt, hinüber... Emmy Hennings Nach dem Cabaret Tänzerin | Morfina In attesa di un'ultima avventura Che c'interessa la luce del sole? Giorni su giorni accumulati in torri Rovinano e le notti senza tregua Sono preghiere in fondo al Purgatorio. Non leggiamo neppure più la posta Solo ogni tanto ridiamo nei cuscini Silenziosi perché tutto sappiamo, Volando al vento febbrile come stracci. Che corran pure anelando gli uomini Oggi la pioggia cade ancor più smorta Senza sosta avanziamo nella vita Attraversandola in sonno, turbati… Traduzione: Nino Muzzi Dopo il cabaret
|
Morphine Groß ist die Ähnlichkeit der beiden schönen Jünglingsgestalten, ob der eine gleich Viel blässer als der andre, auch viel strenger, Fast möcht ich sagen viel vornehmer aussieht Als jener andre, welcher mich vertraulich In seine Arme schloß - Wie lieblich sanft War dann sein Lächeln und sein Blick wie selig! Dann mocht es wohl geschehn, daß seines Hauptes Mohnblumenkranz auch meine Stirn berührte Und seltsam duftend allen Schmerz verscheuchte Aus meiner Seel - Doch solche Linderung, Sie dauert kurze Zeit; genesen gänzlich Kann ich nur dann, wenn seine Fackel senkt Der andre Bruder, der so ernst und bleich. - Gut ist der Schlaf, der Tod ist besser - freilich Das beste wäre, nie geboren sein. Heinrich Heine
Zu Aachen, im alten Dome,
| Morfina Grande è la somiglianza fra le due immagini di giovinetto, anche se una molto più pallida dell'altra appare e più altera, direi quasi più nobile dell'altra, quella che più confidente mi strinse fra le braccia - Amabilmente dolce era il sorriso e beato lo sguardo! Poi poteva acceder che la corona di papavero intorno alla sua testa toccasse pure la mia stessa fronte e con intenso profumo scacciasse ogni dolore dall'anima mia -Ma tal sollievo non durava a lungo; guarir del tutto potrò solo quando rovescerà la sua torcia il fratello, quello serio e pallido. - Buono è il sonno, migliore è la morte - certo sarebbe ancor meglio non essere mai nati. Traduzione: Nino Muzzi Segreto In Aquisgrana, dentro il duomo avito,
|
La fin Allons! c'est leur métier ; ils sont morts dans leurs bottes! Un grain... est-ce la mort ça ? la basse voilure - Sombrer - Sondez ce mot. Votre mort est bien pâle Noyés ? - Eh allons donc ! Les noyés sont d'eau douce. - Pas de fond de six pieds, ni rats de cimetière : - Voyez à l'horizon se soulever la houle ; - Ecoutez, écoutez la tourmente qui meugle !… .. Qu’ils roulent infinis dans les espaces vierges !…
| La fine Eh sì, questa gente di mare - marinai, capitani, dal loro grande Oceano per sempre inghiottiti... Partiti spensierati per percorsi lontani son morti - tutti interi com'erano partiti. Suvvia! È il lor mestiere, morti nei loro stivali! La borraccia a tracolla, nella cerata ancor vitali... - Morti... Grazie: la Comare non ha il piede marino; che dorma con voi: è l'esperta di rimedi alla mano... - Loro, suvvia dunque: Tutt'interi! Sollevati dall'onda o perduti in un uragano ... Un uragano... è forse la morte? La bassa velatura sbattuta fra le onde! - che si dice appesantita... Un'onda di mare a piombo, poi l'alta alberatura che sferza raso l'onda - che si dice affondata. - Affondare- sondate questa parola. La pallida morte vostra è niente a bordo, nella sferza dell'onda... Niente al confronto delle grandi risa amare del marinaio che lotta. - Suvvia, dunque, posto! - Vecchio fantasma agitato, la Morte cambia volto:il Mare!... Annegati? - Ma via! son d'acqua dolce gli annegati. -Colati a picco, corpi e beni! Fino al piccolo mozzo, la sfida negli occhi, fra i denti la bestemmiaccia! Sputando nella schiuma una cicca rantolata, bevendo senza conati la gran tazza salata... - Come hanno bevuto dalla propria borraccia. - - Macché fossa di sei piedi o topi di cimitero: loro vanno agli squali! L'anima marinara, invece di trasudare nelle vostre patate il suo siero, ad ogni ondata respira. - Vedete all'orizzonte una lama d'onda levata; la diresti il ventre innamorato di una prostituta in calore, un po' sbronzata... Loro sono là! - L'onda ha un vuoto - - Ascoltate, ascoltate la tormenta muggente!... - È il loro anniversario. - Ricorre assai sovente! O poeta, conserva per te il tuo cieco canto; - A loro il De profundis soffiato dal corno del vento, ...che rotolano infiniti negli spazi puri!... che rotolano verdi e denudati, senza chiodi, né bara, né coperchio, né ceri. - Lasciateli rotolare, voi, stirpe di arrivati! Traduzione: Nino Muzzi |
Ausgang Du hast in die Hände geklatscht. Neig' nicht deinen Kopf zu deiner Freude. Nimmer, nimmer. Und da schneidet er wieder mit dem Messer. Wieder schneidet er mit dem Messer durch. Und da rollt der Donner am Himmel. Wer führte dich tiefer ein? Im dunklen tiefen ruhigen Wasser sind die Bäume mit den Spitzen nach unten. Immer. Immer. Und da seufzt er. Ein schwerer Seufzer. Wieder seufzte er. Seufzte er. Und da schlägt der Stock auf etwas trockenes. Wer zeigt da die Tür, den Ausgang? Kandinskj, Klaenge Hymnus Lenz | Uscita Hai battuto le mani. Non piegare la testa alla tua gioia. Mai, giammai. Ed ecco che lui taglia di nuovo col coltello. Di nuovo taglia in due col coltello. Ed ecco il tuono che rotola nel cielo. Chi t'introdusse più a fondo? Nell'acqua scura, fonda e tranquilla, gli alberi stanno rovesciati con le cime in basso. Sempre, sempre. Ed ecco che lui singhiozza. Un singhiozzo profondo. Di nuovo ha singhiozzato. Ha singhiozzato. Ed ecco che il bastone batte su qualcosa di arido. Chi è qui che indica la porta, l'uscita? Kandinskj, Suoni Traduzione: Nino Muzzi Inno Primavera |
Die Launischen Hör ich ferne nur her, wenn ich für mich geklagt, Saitenspiel und Gesang, schweigt mir das Herz doch gleich; Bald auch bin ich verwandelt, Blinkst du, purpurner Wein! mich an Unter Schatten des Walds, wo die gewaltige Mittagssonne mir sanft über dem Laube glänzt; Ruhig sitz ich daselbst, wenn Zürnend schwerer Beleidigung Ich im Felde geirrt - zürnen zu gerne doch Deine Dichter, Natur! trauern und weinen leicht, Die Beglückten; wie Kinder, Die zu zärtlich die Mutter hält, Sind sie mürrisch und voll herrischen Eigensinns; Wandeln still sie des Wegs, irret Geringes doch Bald sie wieder; sie reißen Aus dem Gleise sich sträubend dir. Doch du rührest sie kaum, Liebende! freundlich an, Sind sie friedlich und fromm; fröhlich gehorchen sie; Du lenkst, Meisterin! sie mit Weichem Zügel, wohin du willst. Hölderlin, Gedichte
| I capricciosi Sento da lungi, quando mi dolgo di me, suono di cetra e canto, e tosto il cuor si tace; in breve sono pure trasformato, tu m'illumini, o purpureo vino! sotto l'ombra del bosco, ove il violento sole meridiano mi brilla dolce sopra il fogliame; là siedo tranquillo anche quando infastidito da un'offesa grave vago per i campi - s'irritano però con troppa gioia i tuoi poeti, o Natura! facili al lutto e al pianto, quei vezzeggiati: come bambini che la madre tratta con troppa tenerezza, sono scontrosi e pieni d'egoismo; deviano zitti dal sentiero, li confonde tosto un nonnulla; escono di carreggiata, resistendo a te. Eppure se tu, Amante! li tocchi appena, benigna, loro diventano calmi e pii e ti obbediscono lieti; tu li dirigi, Maestra! con lieve briglia ovunque ti aggrada. Hölderlin, Poesie Traduzione: Nino Muzzi
|
Was kommt ihr, weiße Falter ... Was kommt ihr, weiße Falter, so oft zu mir? Ihr toten Seelen, was flattert ihr also oft Auf meine Hand, von euerm Flügel Haftet dann oft ein wenig Asche. Die ihr bei Urnen wohnt, dort wo die Träume ruhn In ewigen Schatten gebückt, in dem dämmrigen Raum Wie in den Grüften Fledermäuse Die nachts entschwirren mit Gelärme. Ich höre oft im Schlaf der Vampire Gebell Aus trüben Mondes Waben wie Gelächter, Und sehe tief in leere Höhlen Der heimatlosen Schatten Lichter. Was ist das Leben? Eine kurze Fackel Umgrinst von Fratzen aus dem schwarzen Dunkel Und manche kommen schon und strecken Die magren Hände nach der Flamme. Was ist das Leben? Kleines Schiff in Schluchten Vergeßner Meere. Starrer Himmel Grauen. Oder wie nachts auf kahlen Feldern Verlornes Mondlicht wandert und verschwindet. Weh dem, der jemals einen sterben sah, Da unsichtbar in Herbstes kühler Stille Der Tod trat an des Kranken feuchtes Bette Und einen scheiden ließ, da seine Gurgel Wie einer rostigen Orgel Frost und Pfeifen Die letzte Luft mit Rasseln stieß von dannen. Weh dem, der sterben sah. Er trägt für immer Die weiße Blume bleiernen Entsetzens. Wer schließt uns auf die Länder nach dem Tode, Und wer das Tor der ungeheuren Rune. Was sehn die Sterbenden, daß sie so schrecklich Verkehren ihrer Augen blinde Weiße. Georg Heym, Gedichte
| Perché venite, bianche falene… Perché venite, bianche falene, a me sovente? Voi, anime morte, perché fremete sì sovente sulla mia mano e poi come una traccia della vostra ala mi resta un po' di cenere. Voi che abitate dove i sogni riposano ripiegati in eterne ombre, nel tramonto, come nelle cripte i pipistrelli che nella notte svolazzano stridendo. Odo nel sonno sovente gli urli dei vampiri, simili a sghignazzi dai foschi crateri lunari, e vedo in fondo agli alveoli cavi del buio senza patria alcune luci. Cos'è la vita? Una esigua torcia circondata di ceffi ghignanti dal buio fondo che talvolta già avanzano tendendo le mani ossute verso la fiamma. Cos'è la vita? Piccolo vascello nei gorghi di mari dimenticati. Orrore di cieli induriti. Oppure come di notte sopra i campi deserti perso chiaro di luna che vaga e scompare. Male a colui che vide uno morire un giorno quando non vista d'autunno nel fresco silenzio la Morte si accostò all'umido letto del malato dando il commiato ad uno la cui gola come il sibilo e il fremito di un organo sfiatato lasciò esalare l'ultimo respiro rantolando. Male a colui che vide morire. Porterà sempre il pallido fiore dello spavento, greve come piombo. Chi ci schiude le terre dopo la morte e chi la porta dell'inquietante runa. Cosa vedono i morenti per rovesciare inorriditi il bianco cieco dei loro occhi. Georg Heym, Poesie Traduzione: Nino Muzzi
|
Écrits sur la porte XVI Ceux qui sont vieux dans le pays le plus tôt sont levés à pousser le volet et regarder le ciel, la mer qui change de couleur et les îles, disant : la journée sera belle si l'on en juge par cette aube. Aussitôt c'est le jour ! et la tôle des toits s'allume dans la transe, et la rade est livrée au malaise, et le ciel à la verve, et le Conteur s'élance dans la veille ! La mer, entre les îles, est rose de luxure; son plaisir est matière à débattre, on l'a eu pour un lot de bracelets de cuivre ! Des enfants courent aux rivages ! des chevaux courent aux rivages !... un million d'enfants portant leurs cils comme des ombelles... et le nageur a une jambe en eau tiède mais l'autre pèse dans un courant frais ; et les gomphrènes, les ramies, l'acalyphe à fleurs vertes et ces piléas cespiteuses qui sont la barbe des vieux murs s'affolent sur les toits, au rebord des gouttières, car un vent, le plus frais de l'année, se lève, aux bassins d'îles qui bleuissent, et déferlant jusqu'à ces cayes plates, nos maisons, coule au sein du vieillard par le havre de toile jusqu'au lieu plein de crin entre les deux mamelles. Et la journée est entamée, le monde n'est pas si vieux que soudain il n'ait ri... * C'est alors que l'odeur du café remonte l'escalier. Saint-John Perse
| Scritti sulla porta
|
Der Schritt der Pferde, sacht, gemessen. Laternenlicht - nicht viel. Mich fahren Fremde. Die wohl wissen, wohin, zu welchem Ziel. Ich bin umsorgt, ich bin es gerne, ich suche Schlaf, mich friert. Dem Strahl entgegen gehts, dem Sterne, sie wenden - wie es klirrt! Der Kopf, gewiegt, ich fühl ihn brennen. Die fremde Hand, ihr sanftes Eis. Der dunkle Umriß dort, die Tannen, von denen ich nichts weiß. Paul Celan
Todesfuge | Il passo dei cavalli, calmo, accorto. Luce di lanterne - non molta. Mi portan degli estranei. Che certo sanno fin dove, a quale meta. Son coccolato, e di buona voglia, cerco il sonno, sto per gelare. Andiamo incontro al raggio, alla stella, fanno una curva - che stridore! La testa, cullata, la sento bruciare. La mano estranea, il suo freddo clemente. Là un cupo profilo di abeti appare dei quali io non so niente. Paul Celan Traduzione: Nino Muzzi
Fuga di morte |
Notre-Dame de Paris NOTRE-DAME est bien vieille : on la verra peut-être Enterrer cependant Paris qu'elle a vu naître ; Mais, dans quelque mille ans, le Temps fera broncher Comme un loup fait un bœuf, cette carcasse lourde, Tordra ses nerfs de fer, et puis d'une dent sourde Rongera tristement ses vieux os de rocher ! Bien des hommes, de tous les pays de la terre Viendront, pour contempler cette ruine austère, Rêveurs, et relisant le livre de Victor : - Alors, ils croiront voir la vieille basilique, Toute ainsi qu'elle était, puissante et magnifique, Se lever devant eux comme l'ombre d'un mort ! Gérard de Nerval
| Notre-Dame de Paris Notre-Dame è stravecchia: potremo credere tuttavia che sotterri Parigi che vide nascere; ma fra migliaia d'anni il Tempo farà fremere, come fa un lupo un bue, questa carcassa greve, torcerà i suoi nervi di ferro e poi con dente lieve roderà tristemente le sue ossa di rudere! Tanta gente da tutti i Paesi della Terra verrà per contemplar questa rovina austera, sognando, e rileggendo il romanzo di Victor: - Crederanno allora veder la vecchia basilica, com'era un tempo, possente e magnifica, levarsi a lor dinanzi come l'ombra di un morto! Gérard de Nerval Traduzione: Nino Muzzi
|
Ratloser abend Wie kann ich dich auf den Arm nehmen und über den Strom tragen als sei ich der heilige Christopher und es wichen die Wasser vor mir? Ich, die ich die Schwere des Abends nicht heben kann wenn die Liebe auf meinen Brüsten glänzt indiskret wie ein Schrei aus Jasmin der die Leute auf der Straße verstört. Hilde Domin
Vaterländer | Serata perplessa Come ti posso prendere in braccio e trasportare oltre la corrente quasi io fossi San Cristoforo e le acque mi si aprissero davanti? Io, io che non posso sostenere la pesantezza della sera quando l'amore sui miei seni brilla indiscreto come un grido di gelsomino che frastorna la gente per la strada. Hilde Domin Traduzione: Nino Muzzi
|
There came a Wind like a Bugle - It quivered through the Grass And a Green Chill upon the Heat So ominous did pass We barred the Windows and the Doors As from an Emerald Ghost - The Doom's electric Moccasin That very instant passed - On a strange Mob of panting Trees And Fences fled away And Rivers where the Houses ran Those looked that lived - that Day - The Bell within the steeple wild The flying tidings told - How much can come And much can go, And yet abide the World! Emily Dickinson
| Giunse là un vento come suon di tromba - tremò fra l'erba e sopra la calura un verde gelo strisciò così funesto che sbarrammo le finestre e le porte come dinanzi a uno spettro di smeraldo - L'elettrico crotalo del Giudizio che via guizzava velocissimo - sopra un pauroso groviglio di alberi affannati e steccati divelti e fiumi che trascinavano le case corse l'occhio di chi visse - quel giorno- La campana di dentro al campanile pazza annunciava un turbinio di notizie - quanto può giungere e quanto può passare, e il mondo sempre resiste! Emily Dickinson Traduzione di Nino Muzzi
|
Les passantes Je veux dédier ce poème A toutes les femmes qu'on aime, Pendant quelques instants secrets. A celle qu'on connait à peine Qu'un destin différent entraîne Et qu'on ne retrouve jamais. A celle qu'on voit apparaître Une seconde à sa fenêtre Et qui, preste, s'évanouit, Mais dont la svelte silhouette Est si gracieuse et fluette Qu'on en demeure épanoui. A la compagne de voyage Dont les yeux, charmant paysage Font paraître court le chemin Qu'on est seul, peut-être, à comprendre Et qu'on laisse pourtant descendre Sans avoir effleuré sa main. A la fine et souple valseuse Qui vous sembla triste et nerveuse Par une nuit de carnaval Qui voulu rester inconnue Et qui n'est jamais revenue Tournoyer dans un autre bal A celles qui sont déjà prises Et qui, vivant des heures grises Près d'un être trop différent Vous ont, inutile folie, Laissé voir la mélancolie D'un avenir désespérant. Chères images aperçues Espérances d'un jour déçues Vous serez dans l'oubli demain Pour peu que le bonheur survienne Il est rare qu'on se souvienne Des épisodes du chemin. Mais si l'on a manqué sa vie On songe avec un peu d'envie A tous ces bonheurs entrevus Aux baisers qu'on n'osa pas prendre Aux cœurs qui doivent vous attendre Aux yeux qu'on n'a jamais revus. Alors, aux soirs de lassitude Tout en peuplant sa solitude Des fantômes du souvenir On pleure les lèvres absentes De toutes ces belles passantes Que l'on n'a pas su retenir Georges Brassens
| Le passanti Io dedico questa poesia a ogni donna, quale che sia, amata in certi segreti istanti. A quella conosciuta appena che un altro destino trascina con sé e mai più non incontri. A quella che alla finestra un attimo compare e, lesta, scompare poi in un istante, ma la cui snella figurina è così graziosa e carina che ne rimani raggiante. Alla compagna di viaggio i cui occhi, intrigante paesaggio, ti rendon più breve il cammino, che sei forse il solo a capire e nondimeno la lasci partire e neppure le sfiori la mano. All'agile e fine danzatrice di valzer, inquieta e infelice, che a carnevale una sera ha voluto restare nascosta e che non hai più rivista a volteggiare una volta ancora. A quelle che sono già prese e vivon delle ore noiose con un uomo troppo differente ti hanno fatto, vana follia, intravedere la malinconia di un avvenire disperante. Voi, care immagini scorte, speranze di un giorno e poi morte, vi dovremo dimenticare. Per la poca gioia che consente è raro che ci ritorni a mente un episodio del nostro passare. Ma se la vita è un fallimento si pensa con certo rimpianto a quelle intraviste felicità, ai baci che non si osò dare ai cuori pronti ad aspettare agli occhi che mai si rivedrà. Allora nelle sere di sgomento, che popolano il tuo isolamento dei fantasmi da rievocare, rimpiangi le labbra assenti di tutte le belle passanti che tu non sapesti fermare. Georges Brassens Traduzione di Nino Muzzi
|
Mientras por competir con tu cabello, oro bruñido el Sol relumbra en vano, mientras con menosprecio en medio el llano mira tu blanca frente al lilio bello; mientras a cada labio, por cogello, siguen más ojos que al clavel temprano, y mientras triunfa con desdén lozano de el lucente cristal tu gentil cuello; goza cuello, cabello, labio y frente, antes que lo que fué en tu edad dorada oro, lilio, clavel, cristal luciente no sólo en plata o víola troncada se vuelva, mas tú y ello juntamente en tierra, en humo, en polvo, en sombra, en nada. Luis de Góngora, 1582 | Mentre il sole sfidando il tuo capello, oro brunito, sta brillando invano, mentre con certo sprezzo in mezzo al piano la bianca fronte ammira il giglio bello; mentre occhi seguono, per afferrarlo, ogni tuo labbro più del primo garofano, e mentre trionfa con forte disdegno del lucente cristallo il fine collo; goda collo, capello, labbro e fronte, prima che quel che fu in età dorata oro, giglio, garofano, cristallo lucente non solo in argento o viola spezzata ma in terra e fango, e tu unitamente, in polvere, ombra, nulla sia mutata. Luis de Góngora, 1582 Traduzione di Nino Muzzi |
|
|
Volverán las oscuras golondrinas en tu balcón sus nidos a colgar, y otra vez con el ala a sus cristales jugando llamarán. Pero aquellas que el vuelo refrenaban tu hermosura y mi dicha a contemplar, aquellas que aprendieron nuestros nombres... ésas... ¡no volverán! Volverán las tupidas madreselvas de tu jardín las tapias a escalar, y otra vez a la tarde aún más hermosas sus flores se abrirán. Pero aquellas cuajadas de rocío cuyas gotas mirábamos temblar y caer como lágrimas del día... ésas... ¡no volverán! Volverán del amor en tus oídos las palabras ardientes a sonar; tu corazón de su profundo sueño tal vez despertará. Pero mudo y absorto y de rodillas, como se adora a Dios ante su altar, como yo te he querido..., desengáñate, nadie así te amará. Gustavo Adolfo Bécquer | Torneranno le rondini scure ad appendere il nido al tuo balcone e battendo di nuovo l'ala ai vetri giocose chiameranno. Ma quelle che frenando il volo a mirar la tua bellezza e la mia felicità, quelle che hanno appreso il nostro nome … quelle…non torneranno! Torneranno i gremiti caprifogli a scalar le pareti al tuo giardino, e di nuovo la sera ancor più belli i loro fiori si apriranno. Ma quelle distese di rugiada le cui gocce guardavamo tremare e cader come lacrime del giorno… quelle … non torneranno! Torneranno a risuonare al tuo udito dell'amore le ardenti parole; il cuore dal suo sonno profondo talvolta ti si risveglierà. Ma muto e assorto e le ginocchia a terra, come si adora Dio sotto l'altare, come ti ho amato io …, non t'ingannare, nessuno così ti amerà. Gustavo Adolfo Bécquer Traduzione Nino Muzzi |
The Presumptuous They noticed that virginity was needed To trap the unicorn in every case, But not that, of those virgins who succeeded, A high percentage had an ugly face. The hero was as daring as they thought him, But his pecular boyhood missed them all; The angel of a broken leg had taught him The right precautions to avoid a fall. So in presumption they set forth alone On what, for them, was not compulsory, And stuck half-way to settle in some cave With desert lions to domesticity, Or turned aside to be absurdly brave, And met the ogre and were turned to stone. Wystan Hugh Auden | Il presuntuoso Hanno notato, per catturare l'unicorno, che ci volevano vergini in ogni caso, ma non, delle vergini che ce la fanno, che molte hanno un volto spaventoso. L'eroe era audace come l'avevano pensato, ma a tutti mancava la sua gioventù singolare; l'angelo dalla gamba rotta gli aveva insegnato le necessarie cautele per evitar di cadere. In tal presunzione da soli vollero avviarsi su quella via per cui non erano obbligati e si bloccarono a metà strada per stabilirsi in una grotta con leoni del deserto domati, o volsero, per essere assurdamente coraggiosi, lo sguardo verso l'orco, e ne furon pietrificati Wystan Hugh Auden Traduzione di Nino Muzzi |
Demain, dès l'aube Demain, dès l'aube, à l'heure où blanchit la campagne, Je partirai. Vois-tu, je sais que tu m'attends. J'irai par la forêt, j'irai par la montagne. Je ne puis demeurer loin de toi plus longtemps. Je marcherai les yeux fixés sur mes pensées, Sans rien voir au dehors, sans entendre aucun bruit, Seul, inconnu, le dos courbé, les mains croisées, Triste, et le jour pour moi sera comme la nuit. Je ne regarderai ni l'or du soir qui tombe, Ni les voiles au loin descendant vers Harfleur, Et, quand j'arriverai, je mettrai sur ta tombe Un bouquet de houx vert et de bruyère en fleur. Victor Hugo
Saison des semailles. Le soir
Oiseaux et enfants | Domani, all'alba Domani, all'ora che imbianca la campagna, all'alba, partirò. Tu mi attendi, vedi, lo so. Andrò per il bosco, andrò per la montagna. Restare via da te più a lungo non posso. Camminerò con gli occhi ai miei pensieri affisso, senza veder altro di fuori, né sentire alcun suono, solo, ignorato, a mani incrociate, curvo di dosso, triste, e per me sarà giorno e notte tutt'uno. Non guarderò né l'oro dell' incombente sera, né le vele lontane che scivolano ad Harfleur, e quando arrivo, poso sulla sepoltura un mazzo di agrifoglio e di brughiera in fiore. Victor Hugo Traduzione di Nino Muzzi
La povera gente
|
À Lydie Horace. Du temps où tu m'aimais, Lydie, De ses bras nul autre que moi N'entourait ta gorge arrondie ; J'ai vécu plus heureux qu'un roi. Lydie. Du temps où j'étais ta maîtresse, Tu me préférais à Chloé ; Je m'endormais à ton côté Plus heureuse qu'une déesse Horace. Chloé me gouverne à présent, Savante au luth, habile au chant ; La douceur de sa voix m'enivre. Je suis prêt à cesser de vivre S'il fallait lui donner mon sang. Lydie. Je me consume maintenant Pour Calaïs, mon jeune amant, Qui dans mon cœur a pris ta place, Je mourrais deux fois, cher Horace, S'il fallait lui donner mon sang. Horace. Eh quoi ! si dans notre pensée L'ancien amour se ranimait Si ma blonde était délaissée ? Si demain Vénus offensée A ta porte me ramenait ? Lydie. Calaïs est jeune et fidèle, Et toi, poète, ton désir Est plus léger que l'hirondelle, Plus inconstant que le zéphyr ; Pourtant, s'il t'en prenait envie, Avec toi j'aimerais la vie ; Avec toi je voudrais mourir. Alfred de Musset | A Lidia Orazio Al tempo in cui tu, Lidia, amavi me, con le braccia non c'era nessuno che recingesse il tuo rotondo seno; ho vissuto più felice di un re. Lidia Al tempo in cui io ero il tuo amore, tu mi preferivi a Chloe; al tuo fianco mi mettevo a dormire più felice di ognuna delle dee. Orazio Chloe adesso mi sa dominare, brava col liuto, abile a cantare; m'inebria la sua voce squisita. Sarei pronto a lasciare la mia vita se il mio sangue le dovessi donare. Lidia Io adesso mi struggo nel cuore per Calis il mio giovane amore che nel mio cuore ha preso il tuo spazio, io morirei due volte, caro Orazio, se il mio sangue gli dovessi donare. Orazio Orbene! Se dentro alla nostra testa l'antico amore si rianimasse se la mia bionda fosse trascurata? Se domani Venere oltraggiata alla tua porta ancora mi spingesse? Lidia Calis è giovane e fedele, e tu, poeta, sei nel desiderio più leggero di una rondinella, più incostante dello zeffiro; eppur se te ne prendesse voglia, assieme a te la vita amerei; assieme a te morire vorrei. Alfred de Musset Traduzione di Nino Muzzi |
К добру ты или к худу, решает время пусть. Но лишь с тобой побуду, я хуже становлюсь. Ты мне звонишь нередко, но всякий раз в ответ, как я просил, соседка твердит, что дома нет. А ты меня тревожишь письмом любого дня. Ты пишешь, что не можешь ни часу без меня, что я какой-то странный, что нету больше сил, что Витька Силин пьяный твоей руки просил. Я полон весь то болью, то счастьем, то борьбой... Что делать мне с тобою? Что делать мне с собой?! Смотреть стараюсь трезво на все твои мечты. И как придумать средство, чтоб разлюбила ты? В костюме новом синем, что по заказу сшит, наверно, Витька Силин сейчас к тебе спешит. Он ревностен и стоек. В душе - любовный пыл. Он аспирант-историк и что-то там открыл. Среди весенних лужиц идет он через дождь, а ты его не любишь, а ты его не ждешь, а ты у Эрмитажа" стоишь, ко мне звоня, и знаешь - снова скажут, что дома нет меня. E. Evtuscenko | Lasciate che il tempo decida del bene e del male. Ma se con te resto solo, io divento peggiore. Tu mi telefoni spesso, ma ogni volta in risposta, come le dissi, la vicina di casa ripete: non è in casa! E tu mi tormenti con una lettera al giorno. Tu scrivi che non puoi stare un’ora senza di me, che io ho qualcosa di strano, che ti mancano le forze, che Vitka Silin ubriaco ha chiesto la tua mano. Sono pieno di tutto quel dolore, di quella felicità, di quella lotta... Ma cosa devo fare con te? Ma cosa devo fare con te?! Cerco di guardare sobrio a tutti i sogni tuoi. E come trovare un rimedio che ti possa piacere? In abito blu, nuovo, che ha ordinato dal sarto, Vitka Silin è probabile che corra ora da te. Lui è zelante e tosto. Nell'anima – polvere d’amore. È un laureando in Storia e qualcosa ha scoperto. Tra le pozzanghere di primavera lui attraversa la pioggia, e tu non lo ami, e tu non lo aspetti, e tu stai in piedi all’Ermitage e mi telefoni, e sai – che di nuovo diranno che io non sono in casa. E. Evtuscenko Traduzione Nino Muzzi |
La noche abre caminos nunca usados cuando respira a través de las estrellas o cuando distorsiona las distancias o cuando los colores ocultos en la bóveda obtusa de su no color mantienen su pasión sólo en la mente todo es más relativo más cautivo más sordo la noche se abre paso con su filo de sueños por las viejas malezas nada es real en ella todo en su fondo es distorsión sublime irisada burbuja tan sólo algún aullido lejano y cadencioso la devuelve a la vida que levanta fronteras nos empuja hacia el sitio que nos tiene acodado es la noche de extensas plumas negras la que vuela por el espacio insomne donde surcan ideas peregrinas pulsos de fantasías vivencias imposibles que ayuntan nuestra alma a alguna estrella que inflaman paraísos no vividos y los ponen muy cerca de los dedos en la noche es la mar tan sólo el ruido de su lento llegar hasta la arena oscura inmensidad que se desliza hasta la puerta abierta de la nada esa mar eres tú desconocida y cierta ¿irás a navegar en esta noche en que la mar se ofrece? ¿irás a navegar desde este escollo hasta que nazca el alba? su corazón ignoto espera la respuesta no dudes más el viento está esperando y la marea avanza ¿qué quieres encontrar detrás de sus espesas puertas de agua? caparazón flotante que adormece sus fondos Juan Carlos Gómez Rodríguez | La notte apre sentieri mai battuti quando respira attraverso le stelle o quando distorce le distanze o quando i colori nascosti nello scrigno chiuso del suo non colore conservano la loro passione solo nella mente. tutto è più relativo più costretto più sordo la notte si apre varchi col suo filo di sogni attraverso vecchi cespugli niente è reale in essa tutto nel suo fondo è distorsione sublime bolla iridescente solo qualche lontano abbaio cadenzato la fa tornare alla vita che innalza frontiere ci spinge fino al luogo che ci tiene piantati è la notte di larghe penne nere quella che vola per lo spazio insonne solcato da idee peregrine pulsar di fantasie impossibili esperienze che accoppian la nostra anima a qualche stella che accendon paradisi non vissuti e li pongono molto vicino alle dita il mare è nella notte solo il fruscio del suo lento arrivar fino alla sabbia oscura immensità che si trascina fino alla porta aperta del nulla questo mare sei tu incognito e certezza andrai a navigar in questa notte in cui il mare si offre? andrai a navigar da questo scoglio fino a che nasce l'alba? il suo cuore ignoto aspetta la risposta non dubitare il vento sta aspettando e la marea avanza che vuoi trovare oltre le sue massicce porte d'acqua? carcassa galleggiante che addormenta i suoi fondali Juan Carlos Gómez Rodríguez Traduzione Nino Muzzi |
La maison Je rêve que je suis sur un matelas pneumatique orange Qui coute en plein océan Une autre fois je rêve que je suis mort allongé au beau milieu d'un champ J'ai la tête de travers et mes yeux fouillent les environs proches avec terreur Des gosses donnent l'alerte et j'observe les gars du coin m'installer à l'arrière de leur camionnette démarrer tourner au carrefour et durant un long moment j'ai le bruit des essieux de leur véhicule dans les oreilles Une autre fois encore je rêve que je suis dans une maison et que je décroche un téléphone à travers les rosaces du rideau de la fenetre de la cuisine je regarde passer une locomotive en faisant passer le combine d'une oreille à l'autre Au bout du fil une voix de femme demande si quelqu'un est là Si quelqu'un est là et merde va enfin lui répondre. Jean-Marc Flahaut | La casa Sogno di essere sopra un materasso pneumatico arancione che sprofonda in pieno oceano un'altra volta sogno di essere morto allungato nel bel mezzo di un campo ho la testa di traverso e i miei occhi indagano i vicini paraggi con terrore dei ragazzi danno l'allerta e io osservo i ragazzi del posto mentre mi pongono sul retro del loro furgone partono svoltano all'incrocio e per un lungo momento mi resta nell'orecchio il rumore degli assali del loro veicolo Un'altra volta sogno ancora di essere in una casa e di alzare il telefono attraverso i rosoni delle tenda della finestra di cucina guardo passare una locomotiva spostando la cornetta da un orecchio all'altro all'altro capo del telefono una voce di donna domanda se c'è qualcuno se c'è qualcuno e allora merda rispondile ! Jean-Marc Flahaut Traduzione Nino Muzzi |
Je vais te dire ce qui a changé En route nous avons trouvé un chat abandonné et à force de le caresser et de l'appeler par un sobriquet de ton invention il a fini par nous suivre. Tu as haussé les épaules comme pour dire que ça n'était pas de ta faute et j'ai fait semblant de te croire. C'était il y a longtemps. Aujourd'hui tu n'es plus une petite fille et c'est toi qui suit les autres maintenant. En ronronnant pour qu'ils s'occupent de toi. Jean-Marc Flahaut | Ti dirò quello che è cambiato Per strada noi avevamo trovato un gatto abbandonato e a forza di carezzarlo e dargli dei nomignoli di tua invenzione ha finito per seguirci. Tu hai alzato le spalle come per dire che non era tua la colpa e io ho fatto finta di crederti. Fu tanto tempo fa. Oggi non sei più una bambina e sei tu a seguire gli altri adesso. Facendo le fusa perché si occupino di te. Jean-Marc Flahaut Traduzione Nino Muzzi |
Abendlied Am Abend, wenn wir auf dunklen Pfaden gehn, Erscheinen unsere bleichen Gestalten vor uns. Wenn uns dürstet, Trinken wir die weißen Wasser des Teichs, Die Süße unserer traurigen Kindheit. Erstorbene ruhen wir unterm Holundergebüsch, Schaun den grauen Möwen zu. Frühlingsgewölke steigen über die finstere Stadt, Die der Mönche edlere Zeiten schweigt. Da ich deine schmalen Hände nahm Schlugst du leise die runden Augen auf, Dieses ist lange her. Doch wenn dunkler Wohllaut die Seele heimsucht, Erscheinst du Weiße in des Freundes herbstlicher Landschaft. Georg Trakl
| Canto della sera Di sera se andiamo per oscuri sentieri, ci appaion pallide dinanzi le nostre forme. Quando ci viene sete, beviamo le bianche acque dello stagno, la dolcezza della nostra triste infanzia. Morti si giace sotto fronde di sambuco guardando verso i grigi gabbiani. Nubi di primavera si levano sulla cupa città, che tace dei tempi più puri dei monaci. Appena presi le tue esili mani tu apristi piano gli occhi rotondi, questo avvenne molto tempo fa. Però quando dolci oscuri suoni frugano l'anima, bianca tu appari nel paesaggio autunnale del tuo amico. Georg Trakl Traduzione Nino Muzzi
|
Das Spiel ist aus Mein lieber Bruder, wann bauen wir uns ein Floß und fahren den Himmel hinunter? Mein lieber Bruder, bald ist die Fracht zu groß und wir gehen unter. Mein lieber Bruder, wir zeichnen aufs Papier viele Länder und Schienen. Gib acht, vor den schwarzen Linien hier fliegst du hoch mit den Minen. Mein lieber Bruder, dann will ich an den Pfahl gebunden sein und schreien. Doch du reitest schon aus dem Totental und wir fliehen zu zweien. Wach im Zigeunerlager und wach im Wüstenzelt, es rinnt uns der Sand aus den Haaren, dein und mein Alter und das Alter der Welt mißt man nicht mit den Jahren. Laß dich von listigen Raben, von klebriger Spinnenhand und der Feder im Strauch nicht betrügen, iß und trink auch nicht im Schlaraffenland, es schäumt Schein in den Pfannen und Krügen. Nur wer an der goldenen Brücke für die Karfunkelfee das Wort noch weiß, hat gewonnen. Ich muß dir sagen, es ist mit dem letzten Schnee im Garten zerronnen. Von vielen, vielen Steinen sind unsre Füße so wund. Einer heilt. Mit dem wollen wir springen, bis der Kinderkönig, mit dem Schlüssel zu seinem Reich im Mund uns holt, und wir werden singen: Es ist eine schöne Zeit, wenn der Dattelkern keimt! Jeder, der fällt, hat Flügel. Roter Fingerhut ist's, der den Armen das Leichentuch säumt, und dein Herzblatt sinkt auf mein Siegel. Wir müssen schlafen gehn, Liebster, das Spiel ist aus. Auf Zehenspitzen. Die weißen Hemden bauschen. Vater und Mutter sagen, es geistert im Haus, wenn wir den Atem tauschen. Ingeborg Bachmann
| Il gioco è finito Caro fratello, costruiamo un natante e discendiamo giù dall'altro mondo? Caro fratello, sarà troppo pesante il carico e noi coleremo a fondo. Caro fratello, disegniamo sulla carta molti Paesi con linea ferroviaria. Dinanzi alle linee nere sta' in allerta: ci son le mine e tu salti in aria. Caro fratello, vorrò essere legata al palo e inizierò a gridare. Però dei morti fuor dalla vallata cavalcherai e in due possiam scappare. Nel campo zingaro e nella tenda del deserto, al risveglio, la sabbia dai capelli defluisce, l'età nostra e l'età del mondo, certo, in termini di anni non si definisce. Da corvi astuti non farti ingannare, da mano di ragno collosa e da penna nel cespuglio, nel Paese di cuccagna guardati dal mangiare e dal bere l'apparenza esalante da brocche e padelle. Solo chi ancora sa la parola fatata al ponte dorato per la maga carbonchiolare ha vinto. Dopo l'ultima nevicata ti dirò che nel giardino si è dovuta liquefare. Per le tante e tante pietre i piedi sanguinano. Uno guarisce e con lui salteremo, finché il re dei bimbi con la chiave del regno in bocca ci accoglierà e noi canteremo: è un tempo bello quello in cui germoglia il nocciolo del dattero! Chi cade è alato. È un rosso ditale, quello che ai poveri orla il sudario, e il tuo amore sul mio sigillo è calato. Caro, dobbiamo andare a dormire, è finito il gioco. Le bianche camicie si gonfiano. Babbo e mamma dicono che gira uno spirito in casa, quando i fiati s'incontrano. Ingeborg Bachmann traduzione Nino Muzzi Ogni giorno |
Der Tod Der Tod, der in dem blassen Mädchen weinet, Der aufgerollt liegt in der Alten Haar, Der, was er bös oft trennet, besser einet, Der jauchzet ungestüm durch manche Bar, Der gell erschallt im Volkstumult furchtbar, Als Feuerschrift an schwarzer Wand erscheinet, Als Strolch mit Hund und Messer nächtlich streunet, Da werden ihn wohl viele bleich gewahr… Welch schönes Kleid hat er sich ausgesucht, Da tat er ab den Flaus aus Kot und Schimmel! Es bauschet sich in unerhörter Wucht Sein Mantel, jener zarte Lilahimmel, Der Herbstzeitlose Kelch, endlose Bucht, Aufsaugend uns und irdisches Gewimmel. Johannes Becher
| La morte La morte che piange nella pallida ragazza, che nella chioma della vecchia è intrecciata, che meglio unisce, quel che dura spezza, che per i bar va esultando sfrenata, che nel tumulto popolare strepita forte, spunta in scritte di fuoco su muri anneriti, con cane e coltello va girando di notte da birba, e la vedranno in molti impauriti… Che bel vestito è quello che si è scelta, le ha tolto ogni patina di fango e di rancido! Si gonfia con potenza inaudita il suo mantello, quel cielo viola-timido, quel calice senza autunni, baia infinita, che ci risucchia col turbinio del mondo. Johannes Becher Traduzione Nino Muzzi
|
Entbietung Schmück dir das Haar mit wildem Mohn, die Nacht ist da all ihre Sterne glühen schon. All ihre Sterne glühn heut Dir! du weißt es ja: all ihre Sterne glühn in mir! Dein Haar ist schwarz, dein Haar ist wild und knistert unter meiner Glut; und wenn die schwillt, jagt sie mit Macht die roten Blüten und dein Blut hoch in die höchste Mitternacht. In deinen Augen glimmt ein Licht, so grau in grün,wie dort die Nacht den Stern umflicht. Wann kommst du?! - Meine Fackeln loh'n! laß glühn, laß glühn! schmück mir dein Haar mit wildem Mohn! Richard Dehmel | Invito Coi rosolacci la tua chioma abbella, la notte è presente già brilla ogni sua stella. Ogni sua stella arde oggi per te! E tu ne sei cosciente: ogni sua stella arde dentro a me! Hai la chioma nera, la chioma ispida che crepita sotto il mio ardore; e quando diventa turgida, scaglia su forte il tuo sangue con rosse fioriture nel culmine della mezzanotte. Nei tuoi occhi un barlume arde, grigio in verde, come la stella che la notte circonfonde. Quando vieni?! -Le mie fiamme son deste! Attizza la fiammella, la fiammella! Orna per me la chioma di papavero agreste! Richard Dehmel Traduzione di Nino Muzzi |
"La primavera ha venido. Nadie sabe cómo ha sido. La primavera ha venido. ¡Aleluyas blancas de los zarzales floridos!" "Nubes, sol, prado verde y caserío en la loma, revueltos. Primavera puso en el aire de este campo frío la gracia de sus chopos de ribera. Los caminos del valle van al río y allí, junto al agua, amor espera" "Tejidos sois de primavera, amantes, de tierra y agua y viento y sol tejidos. La sierra en vuestros ojos los campos florecidos, pasead vuestra mutua primavera, y aún bebed sin temor la dulce leche que os brida hoy la lúbrica pantera, antes que, torva, en el camino aceche." "Tú y yo, silenciosamente, trabajamos , compañera, en esta noche de marzo, hilo a hilo, letra a letra ¡con cuánto amor! mientras duerme el campo de primavera" "La primavera besaba suavemente la arboleda, y el verde nuevo brotaba como una verde humareda. Las nubes iban pasando sobre el campo juvenil..." J. Machado | "La primavera ha fatto il suo ingresso, nessuno sa come sia successo. La primavera ha fatto il suo ingresso. Alleluja di bianco colore da tutti i cespugli in fiore!" "Nubi, sole, prato verde e fattoria in collina, sconvolti. Primavera in questo campo freddo ha unito all'aria la grazia dei suoi pioppi di riviera. Scende al fiume nella valle ogni carraia e accanto all'acqua amore aspetta ancora." "Siete tessuti di primavera, amanti, di terra e acqua e vento e sol tessuti. Nei vostri occhi il monte, i campi in fiore, passate la vostra mutua primavera, e beva ognuno il dolce latte senza timore che oggi ci porge la viscida pantera, che poi, torva, il cammino ripercorre." "Tu e io, silenziosamente, lavoriamo, compagnera, in questa notte di marzo, filo a filo, lettera e lettera con quanto amore! Mentre dorme il campo di primavera" "La primavera baciava soavemente l'albereta, e il verde tenero spuntava come una verde fumata. Le nubi trascorrevano sulla campagna ringiovanita" J. Machado Traduzione di Nino Muzzi |
ich hab heut mittag mein denken gesehen, es war eine abgeweidete wiese mit buckeln. wobei, es könnten auch ausläufer bemooster bergketten sein, jener grünfilzige teppich, den rentiere fressen. nein, einfach eine rege sich wölbende landschaft jenseits der baumgrenze, und sie war definitiv geschoren. die gedanken gingen leicht schwindelnd darüber wie sichtbar gemachte luftströme, nein, eigentlich vielmehr wie eine flotte immaterieller hoovercrafts. sie nutzten die buckel als schanze. Monika Rinck
| oggi pomeriggio ho visto il mio pensiero, era un prato pascolato con rilievi. in certo senso, potrebbe anche trattarsi di muscosi contrafforti di catene montuose, quel tappeto di verde infeltrito brucato dalle renne. no, semplicemente un mosso paesaggio ondulato al di là del confine alberato, ed era completamente rasato. i pensieri vi vagavano sopra in leggera vertigine come correnti d'aria rese visibili, no, veramente molto di più come una flotta d'immateriali aeroscafi. usando i rilievi come trampolino. Monika Rinck Traduzione di Nino Muzzi
|
Stadt im Gesicht du lagst im Gras. du lagst im Gras der Straßen. in einem Gras also, das weich schien, weil es rau war. in einem Gras, dessen Halme das Grün des Grases unglaublich gut berührten. du lagst in dem Gras, das ein Countdown war, der bei eins verharrte. du sahst die Touristen landen, Sachverständige für Gras. sie wischten sich Gras von den Sachen, eingeschlepptes Gras. du lagst gelassen im Gras derer, die einander berührten wie Tänzer. in einem Gras, auf dem Polizisten den Wind regulierten. in einem warmen Gras, an dessen Rand Kinder um eine warme Mahlzeit anstanden, obwohl es nicht kalt war. du presstest ein Ohr ans Gras, es übertrug Gras. abwechslungsreich monotones Gras. du lagst im Gras, weil du dich fragtest, ob man es notfalls mit Beton heilen kann. du lagst im Gras, so wie man eben im Gras liegt. in jedem Halm verhallte der Boden. an jedem Halm verhallte die Stadt, verhallte das Geräusch von Rollsplitt, den die Stadtreiniger wie Konfetti über dem nächstmöglichen Gras verteilten. das Geräusch, das beim Liegen entsteht und in Gras übergeht. das Geräusch eines ganz leisen Geräuschs. du lagst im Gras wie ein Insektenscout. wie munter vor Müdigkeit. wie immer. du lagst im Gras - einer Art Gras - zwischen Abrissrispen und frisch renovierten Halmen. aus den Augenwinkeln sahst du die Büschel des neuen Jahrtausends. im Gras, dem siebten Hinterhof der dreizehnten Stadt. du lagst im Gras der Wölfe und Bienen. du lagst im Gras, nachdem das Gras zuvor in dir gewesen war. du lagst im Gras. ich lag neben dir im Gras. Ron Winckler | Città in faccia giacevi nell'erba. giacevi nell'erba delle vie. dunque in un'erba che pareva molle perché era ruvida. in un'erba i cui steli raggiungevano incredibilmente bene il verde dell'erba. giacevi nell'erba, era un conto alla rovescia, che si fermava a uno. vedevi atterrare i turisti, intenditori d'erba. si toglievano erba dagl'indumenti, erba trascinata con sé. giacevi tranquillamente nell'erba di coloro che si toccavano l'un l'altro come ballerini. in un'erba sulla quale dei poliziotti dirigevano il vento. in un'erba calda ai cui bordi bambini stavano in coda per la mensa calda, sebbene non fosse freddo. appoggiasti un orecchio sull'erba, trasmetteva erba. erba monotona in mille variazioni. giacevi nell'erba perché ti chiedevi se non si potesse al bisogno guarire col cemento. giacevi nell'erba così come appunto si sta sdraiati nell'erba. in ogni stelo echeggiava il suolo. ad ogni stelo echeggiava la città, echeggiava il fruscio del pietrisco, sparso dagli spazzini sulla più vicina erba possibile come si fa con i coriandoli. quel fruscio che vien fuori quando ci si sdraia e trascorre nell'erba. fruscio di un leggerissimo fruscio. giacevi nell'erba come un cercatore d'insetti. quasi eccitato dalla stanchezza. come sempre. giacevi nell'erba -una specie di erba- fra steli spighiti e steli rinati. con la coda dell'occhio vedevi i cespugli del nuovo millennio. nell'erba, nel settimo cortile della tredicesima città. giacevi nell'erba dei lupi e delle api. giacevi nell'erba, che prima era stata in te. giacevi nell'erba. io giacevo nell'erba accanto a te. Ron Winckler Traduzione di Nino Muzzi |
L'Été Il brille, le sauvage Été, La poitrine pleine de roses. Il brûle tout, hommes et choses, Dans sa placide cruauté. Il met le désir effronté Sur les jeunes lèvres décloses ; Il brille, le sauvage Été, La poitrine pleine de roses. Roi superbe, il plane irrité Dans des splendeurs d'apothéoses Sur les horizons grandioses ; Fauve dans la blanche clarté, Il brille, le sauvage Été. Théodore de Banville
| L'estate Brilla, l'estate selvaggia, dal seno pieno di rose. Con la sua calma malvagia brucia tutto, uomini e cose. Sulle giovani labbra dischiuse una voglia impudica sfoggia; col seno pieno di rose, brilla, l'estate selvaggia. Plana irata, regina altera, fra splendori di apoteosi sopra orizzonti grandiosi; nel bianco calore, fiera brilla, l'estate selvaggia. Théodore de Banville Traduzione di Nino Muzzi
|
Alda Merini Poète et icône italienne " Je suis née au printemps, mais je ne savais pas que j'étais née folle " C'était durant l'enfance, presque à chaque nuit, tu pénétrais dans l'enfer de Dante et l'apprenais par coeur: labyrinthes, cercles concentriques; le bestiaire a fini par avaler ton âme tout entière; ta main seule, monstre exilé, créa à partir des déchets et des meubles de l'asile, terre sainte, à l'abri des guerres, des demi-dieux et de leurs promesses; ta rage d'amour te fait poser nue : le corps d'une vieille dame, sa peau fanée à l'ombre d'un crucifix. Carole David
Sainte Lucie
Maria Goretti | Alda Merini
|
Le roman de la pelouse En hommage à Richard Brautigan Depuis l'enfance, la psychologie des arbres, les tiges sur son cœur rongées par les insectes. Elle aime le sang vert de la pelouse fraîchement coupée, ses monstres chimiques liquéfiés. La noyade interdite, les pissenlits mangés par leurs racines, des paroles de condamnés lui montent à la tête. Elle boit l'eau à même le tuyau d'arrosage. Une queue de tigre, un serpent sans écaille s'enfonce dans sa gorge. Le printemps éveille tous les sens. Dans le deuxième chapitre, sa mère, corps lacéré dans son maillot de bain Jantzen, s'allonge avec ses yeux de chat. Encore le gazon, un lit d'épines, celui d'une sainte qui avorte sous le balcon sans reconnaître son enfant. La pelouse est un mal nécessaire. L'homme s'appuie sur la tondeuse, le ventre lourd sur le sac d'immondices, il respire l'essence brûlée et rêve aux jeunes filles asiatiques laissées en plan sur l'écran de veille. La tondeuse n'a pas de sexe. Elle va et vient dans le cerveau de son propriétaire. Un homme anonyme qui se croit immortel. Ses poils sont drus, ses doigts malhabiles. Si la mécanique lui échappe, il en veut au ciel et à l'éternité. Sa queue à vif dans les corolles des pâquerettes annonce l'arrivée de l'été. Le dénouement n'étonne en rien. La jeune fille fait de la pelouse un sujet étonnant. Penchée sur ses livres, elle imagine la cour avec ses cocktails servis pendant les anniversaires, tourbillons, amours naissants d'adolescents sur le mobilier de jonc; dérives nocturnes sous les arbres, herbes folles et défendues. Les dames de la pelouse la visitent en rêve. Déesses chevauchant des flamands roses sur le parterre; lièvres, mouffettes et marmottes, animaux de banlieue devenus complices de cette jeune fille en fleurs. L'harmonie règne. La conclusion émeut, la fin d'une époque. Son père met la tondeuse au rancart et fait recouvrir le sol d'un tapis vert synthétique, simulacre parfait de ce que sera la vie familiale à l'avenir. Carole David Il romanzo del prato In omaggio a Richard Brautigan Fin dall'infanzia, la psicologia degli alberi, gli steli del suo cuore rosicchiati dagli insetti. Lei ama il sangue verde del prato falciato di fresco, i suoi mostri chimici liquefatti. L'annegamento proibito, i piscialletto mangiati dalle radici, parole di condannati le montano alla testa. Beve l'acqua dal tubo per annaffiare. Una coda di tigre, un serpente senza squame affonda nella sua gola. La primavera risveglia tutti i sensi. Nel secondo capitolo, sua madre, corpo lacerato nel suo costume da bagno Jantzen, si sdraia con i suoi occhi di gatto. Ancora l'erbetta, un letto di spine, quello di una santa che abortisce sotto il balcone senza riconoscere il proprio bambino. Il prato è un male necessario. L'uomo si appoggia al tosaerba, lo stomaco pesante sul sacco della spazzatura, lui respira benzina bruciata e pensa alle giovani ragazze asiatiche lasciate sullo screen saver. Il tosaerba non ha sesso. Va e viene nel cervello del suo proprietario. Un uomo anonimo che si crede immortale. I suoi peli sono ispidi, le sue dita maldestre. Se la meccanica gli sfugge, inveisce contro il cielo e l'eternità. La sua coda a contatto delle corolle di margherite annuncia l'arrivo dell'estate. Il finale non sorprende per niente. La ragazza fa del prato un soggetto fantastico. China sui suoi libri, lei immagina il cortile con i suoi cocktail serviti durante i compleanni, gli sconvolgimenti, gli amori adolescenziali nascenti sui mobili di giunco; derive notturne sotto gli alberi, erbe folli e proibite. Le signore del prato la visitano in sogno. Dee a cavallo di fenicotteri rosa sul parterre; lepri, puzzole e marmotte, animali di banlieue diventati complici di questa giovane ragazza in fiore. L'armonia regna. La conclusione è commovente, la fine di un'epoca. Suo padre ripone il tosaerba e fa coprire il terreno con un tappeto verde sintetico, simulacro perfetto di come sarà la vita familiare in futuro. Carole David traduzione di Nino Muzzi |
Amourette Or que l'hiver roidit la glace épaisse, Réchauffons-nous, ma gentille maîtresse, Non accroupis près le foyer cendreux, Mais aux plaisirs des combats amoureux. Assisons-nous sur cette molle couche. Sus ! baisez-moi, tendez-moi votre bouche, Pressez mon col de vos bras dépliés, Et maintenant votre mère oubliez. Que de la dent votre tétin je morde, Que vos cheveux fil à fil je détorde. Il ne faut point, en si folâtres jeux, Comme au dimanche arranger ses cheveux. Approchez donc, tournez-moi votre joue. Vous rougissez ? il faut que je me joue. Vous souriez : avez-vous point ouï Quelque doux mot qui vous ait réjoui ? Je vous disais que la main j'allais mettre Sur votre sein : le voulez-vous permettre ? Ne fuyez pas sans parler : je vois bien A vos regards que vous le voulez bien. Je vous connais en voyant votre mine. Je jure Amour que vous êtes si fine, Que pour mourir, de bouche ne diriez Qu'on vous baisât, bien que le désiriez; Car toute fille, encor' qu'elle ait envie Du jeu d'aimer, désire être ravie. Témoin en est Hélène, qui suivit D'un franc vouloir Pâris, qui la ravit. Je veux user d'une douce main-forte. Hà ! vous tombez, vous faites jà la morte. Hà ! quel plaisir dans le coeur je reçois! Sans vous baiser, vous moqueriez de moi En votre lit, quand vous seriez seulette. Or sus ! c'est fait, ma gentille brunette. Recommençons afin que nos beaux ans Soient réchauffés de combats si plaisants. Quand vous serez bien vieille, au soir, à la chandelle Quand vous serez bien vieille, au soir, à la chandelle, Assise aupres du feu, devidant et filant, Direz, chantant mes vers, en vous esmerveillant: Ronsard me celebroit du temps que j'estois belle. Lors, vous n'aurez servante oyant telle nouvelle, Desja sous le labeur à demy sommeillant, Qui au bruit de mon nom ne s'aille resveillant, Benissant vostre nom de louange immortelle. Je seray sous la terre et fantaume sans os: Par les ombres myrteux je prendray mon repos: Vous serez au fouyer une vieille accroupie, Regrettant mon amour et vostre fier desdain. Vivez, si m'en croyez, n'attendez à demain: Cueillez dés aujourd'huy les roses de la vie. Pierre de Ronsard (1524-1585)
À la forêt de Gastine | Avventura d'amore Or che inverno indurisce i ghiacci spessi, noi, mia gentile amante, per scaldarsi non cerchiamo il camino ceneroso, ma i piaceri del duello amoroso. Sediamo su quel morbido giaciglio. Suvvia! Baciatemi, gettatemi al collo, a bocca tesa, le braccia abbandonate e vostra madre ora dimenticate. Che col dente io vi morda il capezzolo, che filo a filo vi torca ogni capello. Non si deve, in tal giochi pazzerelli, acconciarsi per le feste i capelli. Accostatevi dunque, la guancia porgete. Arrossite? Al gioco mi spingete. Sorridete: non avete mai udito motto gentile che vi fosse gradito? Vi dicevo che avrei messo la mia mano, se permettete, là sul vostro seno. Non mi sfuggite così senza parole: ben lo vedo, il vostro sguardo lo vuole. Ben lo leggo nella vostra espressione. Lo giuro sull'Amor che siete fine al punto da morir prima di chiederlo, d'esser baciata, pur volendo esserlo; ché ogni ragazza, sebbene invaghita del gioco d'amore, vuol esser rapita. Ne fu la prova Elena, che seguì di buon grado Paride, che la rapì. Voglio usare una dolce man forte. Ah! Voi cadete, fingete già la morte. Ah! Che gioia mi penetra il cuore! Se non vi bacio, vi potreste burlare di me, quando sarete sola a letto. Suvvia! Dolce brunetta, ecco fatto. Ricominciamo, e i nostri anni belli si scaldino al fuoco di sì dolci duelli. Quando sarete vecchia, la sera, alla candela, Quando sarete vecchia, la sera, alla candela, seduta accanto al fuoco, dipanando e filando, cantando i miei versi, direte, trasecolando: Ronsard mi celebrò al tempo in cui fui bella. Allora, senza la serva a udir notizia tale, per il lavoro ormai già mezz'addormentata, che dal suon del mio nome non venga risvegliata, che copre il vostro nome di una lode immortale. Io sarò sotto terra, un fantasma senz'ossa: che fra ombre coronate di mirto riposa: voi sarete al camino una vecchia rattrappita, che rimpiange il mio amore e gli sdegni sovrani. Vivete, credetemi, senz'attendere il domani: cogliete fin da ora le rose della vita. Pierre de Ronsard (1524-1585) Traduzione di Nino Muzzi
|
Heureux qui, comme Ulysse, a fait un beau voyage Heureux qui, comme Ulysse, a fait un beau voyage, Ou comme cestuy-là qui conquit la toison, Et puis est retourné, plein d'usage et raison, Vivre entre ses parents le reste de son âge ! Quand reverrai-je, hélas, de mon petit village Fumer la cheminée, et en quelle saison Reverrai-je le clos de ma pauvre maison, Qui m'est une province, et beaucoup davantage ? Plus me plaît le séjour qu'ont bâti mes aïeux, Que des palais Romains le front audacieux, Plus que le marbre dur me plaît l'ardoise fine: Plus mon Loire gaulois, que le Tibre latin, Plus mon petit Liré, que le mont Palatin, Et plus que l'air marin la doulceur angevine. Joachim Du Bellay (1522-1560)
Je ne veux point fouiller au sein de la nature
Je ne veux point fouiller au sein de la nature | Felice chi come Ulisse fece un bel viaggio Felice chi come Ulisse fece un bel viaggio, o come colui che conquistò il vello d'oro, e tornò fra i parenti, pien d'esperienza e saggio, per vivere il resto dei suoi anni con loro! Quando rivedrò, ahimè, la piccola dimora col camino che fuma, e in quale stagione rivedrò l'uscio della mia povera magione, che per me è una regione, e molto più ancora? Amo più la dimora dai miei avi costruita dei palazzi romani dall'altera facciata, e più del duro marmo, amo l'ardesia fina: più la Loira francese del Tevere latino, più il piccolo Liré, del monte Palatino, più dell'aria marina la dolcezza angioina. Joachim Du Bellay (1522-1560) Traduzione di Nino Muzzi
Je ne veux point fouiller au sein de la nature |
Ballade de s'amie bien belle Amour, me voyant sans tristesse Et de le servir dégoûté, M'a dit que fisse une maîtresse, Et qu'il serait de mon côté. Après l'avoir bien écouté, J'en ai fait une à ma plaisance Et ne me suis point mécompté: C'est bien la plus belle de France. Elle a un oeil riant, qui blesse Mon coeur tout plein de loyauté, Et parmi sa haute noblesse Mêle une douce privauté. Grand mal serait si cruauté Faisait en elle demeurance; Car, quant à parler de beauté, C'est bien la plus belle de France. De fuir son amour qui m'oppresse Je n'ai pouvoir ni volonté, Arrêté suis en cette presse Comme l'arbre en terre planté. S'ébahit-on si j'ai plenté* De peine, tourment et souffrance ? Pour moins on est bien tourmenté C'est bien la plus belle de France. ENVOI Prince d'amours, par ta bonté Si d'elle j'avais jouissance, Onc homme ne fut mieux monté C'est bien la plus belle de France. (*) quantité Clément Marot (1497-1544) | Ballata della sua bellissima amica Amor, vedendomi senza amarezza e di servirlo disgustato, m'ha detto di trovarmi una ragazza, e lui poi mi avrebbe aiutato. Dopo averlo ben bene ascoltato, me ne son fatta a mio gusto una e non mi sono affatto sbagliato: più bella in Francia non c'è nessuna. Lei ha un occhio ridente, che ferisce il cuore mio pieno di lealtà, e una dolce privatezza che unisce assieme ad un'altera nobiltà. Gran mal sarebbe se la crudeltà nel suo cuore facesse la sua tana, perché quando si parla di beltà, più bella in Francia non c'è nessuna. Di fuggire il suo amor che mi tiene non ho potere né volontà, son trattenuto in questa prigione com'albero piantato in terra sta. Ci si stupisce se sono pieno di tormento, sofferenza e pena? Si è tormentati per molto meno, più bella in Francia non c'è nessuna. Invio Re degli amori, se per tua bontà di goderne io avessi la fortuna, nessuno avrebbe più felicità, più bella in Francia non c'è nessuna. Clément Marot Traduzione di Nino Muzzi |
Manuel Flores va a morir. Manuel Flores va a morir Eso es moneda corriente; questa è moneta corrente; Morir es una costumbre è un costume la morte Que sabe tener la gente. che sa indossare la gente. Mañana vendrá la bala Domani verrà la pallottola Y con la bala el olvido;. e sarà dall'oblio seguita; Lo dijo el sabio Merlin: lo disse il saggio Merlino Morir es haber nacido.. morire è rinascere vita. Y sin embargo me duele E senza dubbio mi duole Decirle adiós a la vida, l'addio alla vita vissuta, Esa cosa tan de siempre, questa cosa di sempre Tan dulce y tan conocida. tanto dolce e conosciuta. Miro en el alba mis manos, Guardo nell'alba la mano Miro en las manos las venas; e nella mano le vene; Con extrañeza las miro. le guardo come estraniato, Como si fueran ajenas. come se fossero aliene. ¡Cuánta cosa en su camino Quante cose nel loro cammino Estos ojos habrán visto! questi occhi avranno visto! Quién sabe lo que verán Chi sa quello che vedranno Después que me juzgue Cristo. dopo il giudizio di Cristo. Manuel Flores va a morir. Manuel Flores va a morir Eso es moneda corriente; questa è moneta corrente; Morir es una costumbre è un costume la morte Que sabe tener la gente. che sa indossare la gente. J. L. Borges J. L. Borges Traduzione di Nino Muzzi |
Al idioma alemán Mi destino es la lengua castellana, El bronce de Francisco de Quevedo, Pero en la lenta noche caminada, Me exaltan otras músicas más íntimas. Alguna me fue dada por la sangre- Oh voz de Shakespeare y de la Escritura-, Otras por el azar, que es dadivoso, Pero a ti, dulce lengua de Alemania, Te he elegido y buscado, solitario. A través de vigilias y gramáticas, De la jungla de las declinaciones, Del diccionario, que no acierta nunca Con el matiz preciso, fui acercándome. Mis noches están llenas de Virgilio, Dije una vez; también pude haber dicho de Hölderlin y de Angelus Silesius. Heine me dio sus altos ruiseñores; Goethe, la suerte de un amor tardío, A la vez indulgente y mercenario; Keller, la rosa que una mano deja En la mano de un muerto que la amaba Y que nunca sabrá si es blanca o roja. Tú, lengua de Alemania, eres tu obra Capital: el amor entrelazado de las voces compuestas, las vocales Abiertas, los sonidos que permiten El estudioso hexámetro del griego Y tu rumor de selvas y de noches. Te tuve alguna vez. Hoy, en la linde De los años cansados, te diviso Lejana como el álgebra y la luna. J. L. Borges en El oro de los tigres, 1972.
| Alla lingua tedesca Il mio destino è la lingua castigliana, il bronzo di Francisco de Quevedo, ma nella lenta notte attraversata, mi parlano altre musiche, più intime. Una mi fu trasmessa dal sangue - Oh voce di Shakespeare e della Bibbia -, altre dalla sorte che è generosa, però te, dolce lingua di Germania, io ti ho scelta e cercata, solitario. A traverso le veglie e le grammatiche, la giungla delle declinazioni, il dizionario, che non ti dà mai la sfumatura esatta, mi ci accostai. Le mie notti son piene di Virgilio, dissi una volta, ma potrei anche dire di Hölderlin e di Angelus Silesius. Heine mi dette il suoi alti usignoli; Goethe la sorte di un amor tardivo, indulgente e al contempo mercenario; Keller la rosa che una mano lascia nella mano di un morto che l'amava e che non saprà mai se è bianca o rossa. Sei tu, lingua tedesca, la tua opera capitale: l'intreccio amoroso delle parole composte, le vocali aperte, i suoni che consentono il laborioso esametro del greco e il tuo rumore di selve e di notti. Talvolta ti ho tenuta. Oggi, alla fine degli anni affaticati, t'intravvedo lontana come l'algebra e la luna. J. L. Borges Traduzione di Nino Muzzi
|
Wer allein ist Wer allein ist, ist auch im Geheimnis, immer steht er in der Bilder Flut, ihrer Zeugung, ihrer Keimnis, selbst die Schatten tragen ihre Glut. Trächtig ist er jeder Schichtung denkerisch erfüllt und aufgespart, mächtig ist er der Vernichtung allem Menschlichen, das nährt und paart. Ohne Rührung sieht er, wie die Erde eine andere ward, als ihm begann, nicht mehr Stirb und nicht mehr Werde: formstill sieht ihn die Vollendung an. Gottfried Benn
| Chi è solo Chi è solo, è anche nel nascondiglio, sta sempre nelle immagini fluttuanti, nel loro parto, nel loro germoglio, le stesse ombre ne sono ardenti. È gravido di ogni stratificazione di pensiero compiuto e conservato, lui è capace della distruzione di tutto l'umano, nutrito e accoppiato. Vede la Terra, e non si sgomenta, diversa da quella per lui iniziata, non più muori e non più diventa: la perfezione lo guarda, bloccata. Gottfried Benn Traduzione di Nino Muzzi
|
Conte d'hiver en vers sur un miracle parisien Par une âpre et froide grisaille de fin décembre parisien tu vas flânant vaille que vaille en la Cité… Sur ton chemin sans plus savoir où vont tes pas à la traîne de quelques foules tu supposes des cinémas où te déposerait la houle. Fieffé flâneur suis cette file histoire de voir fuir le temps un tu seras entre les mille sans doute en marche vers l'écran… Mais d'écran point ! Au lieu de salle obscure un trésor lumineux t'attendait, beauté triomphale dont s'ouvrait l'écrin fabuleux! Bel hasard en Sainte-Chapelle ce jour d'hiver t'avait mené et c'était chant de tourterelle qui du fond des siècles venait. Saint-Louis, Blanche de Castille rêvaient encor en rouge et or, les vitraux tressaient leur charmille où l'ange sait vaincre la mort. Une éternité printanière aux couleurs de ciel et de feu te redonnait la joie première des saisons d'enfance et de jeu. Tel fut au sein de la grisaille en cette fin d'an parisien où tu flânais vaille que vaille l'humble miracle en ton chemin. Georges-Emmanuel Clancier
| Fiaba d'inverno in versi su un miracolo parigino In un'aspra e fredda grisaglia di fine dicembre parigino vai passeggiando senza voglia nel centro… Sul tuo cammino non sai più dove va il tuo passo al seguito di qualche folla vedi dei cinema dove il flusso ti può depositare in qualche sala. Girovago inveterato seguo la fila tanto per ammazzare il tempo come uno che con altri diecimila sarai in marcia verso lo schermo … Ma niente schermo! Niente sale scure, bensì un tesoro luminoso ti aspettava, bellezza trionfale, di cui s'aprì lo scrigno favoloso! Felice caso alla Sainte-Chapelle quel giorno d'inverno ti portava ed era un canto di tortorelle che dal fondo dei secoli arrivava. Luigi il Santo, Bianca di Castiglia immagini in rosso e oro assorte, tessono le vetrate una ramaglia dove l'angelo vince sulla morte. Una primaverile eternità dai colori di cielo e di fuoco ti ridonava la prima felicità di stagioni d'infanzia e di gioco. Avvenne in mezzo a tale grisaglia in questo fine d'anno parigino dove tu vagavi senza voglia l'umile miracolo del tuo cammino. Georges-Emmanuel Clancier Traduzione di Nino Muzzi
|
Villes réellement villes effleurées d'où tu regardes les petits bras d'Isabelle Huppert quand elle récite les mots de Sarah Kane villes effleurées où quelqu'un demande parfois si ça soulage un incendie ou peut-être aussi un tatouage villes dans l'eau jusqu'à la ceinture jusqu'à la destruction lente et molle du matin ton sourire qui remonte à si loin puis émerger sera un verbe utile et strident villes suspendues au-dessus des heures avec leurs paupières de renaissance leurs ficelles pour guérir repoussant le chien le singe dans les musées frôlant paumes et poings pour camoufler l'odeur de peur, l'instinct quotidien villes du très grand Nord où j'apprends à toucher la matière grise des bêtes leur peau sur les comptoirs à essuyer le sang sur mes mains pour saluer qui vient de l'horizon turquoise des glaciers avec une soif et un appétit qui font un lien entre la tendresse et le froid. Nicole Brossard
| Città realmente città sfiorate da cui tu guardi le braccia esili d'Isabelle Huppert quando recita le parole di Sarah Kane città sfiorate dove qualcuno chiede talvolta se un incendio è un sollievo o forse anche un tatuaggio città nell'acqua fino alla cintura fino alla distruzione lenta e molle del mattino il tuo sorriso che risale molto addietro poi emergere sarà un verbo utile e stridente città sospese al di sopra delle ore con le loro palpebre di rinascenza le loro astuzie per guarire respingendo il cane la scimmia dentro ai musei sfiorando palme e pugni per camuffare l'odore di paura, l'istinto quotidiano città dell'estremo Nord dove imparo a toccare la materia grigia delle bestie la loro pelle sui banconi ad asciugarmi il sangue sulle mani per salutare chi arriva dall'orizzonte turchese dei ghiacciai con una sete e un appetito che legano la tenerezza e il freddo. Nicole Brossard Traduzione di Nino Muzzi
|
Im Park Ein ganz kleines Reh stand am ganz kleinen Baum still und verklärt wie im Traum. Das war des Nachts elf Uhr zwei. Und dann kam ich um vier morgens wieder vorbei. Und da träumte noch immer das Tier. Nun schlich im mich leise - ich atmete kaum - gegen den Wind an den Baum und gab dem Reh einen ganz kleinen Stips. Und da war es aus Gips. Joachim Ringelnatz
Der Briefmark
| Nel parco Accanto a un alberello stava in piedi, minuscolo, un cerbiatto, silenzioso, estasiato come in sogno. Eran le due di notte. Il mattino alle quattro rientrai. E là sognava, ancora, la bestiola. Allora striscio lento -respirando appena- all'albero mi accosto controvento e do al cerbiatto un piccolo colpetto. Era di gesso. Joachim Ringelnatz Traduzione di Nino Muzzi
|
Heilige Nacht Geboren ward zu Bethlehem ein Kindlein aus dem Stamme Sem. Und ist es auch schon lange her, seit's in der Krippe lag, so freun sich doch die Menschen sehr bis auf den heutigen Tag. Minister und Agrarier, Bourgeois und Proletarier es feiert jeder Arier zu gleicher Zeit und überall die Christgeburt im Rindviehstall. (Das Volk allein, dem es geschah, das feiert lieber Chanukah.) Erich Mühsam
| Notte santa Fu partorito in una stalla a Bethlem un bambinello di stirpe Sem. E di anni già ne son passati tanti da quando nella culla lui giaceva, però gli uomini ne son contenti fino ad oggi nell'era a noi coeva. Ministri e agrari, borghesi e proletari, ariani dei più vari, celebrano insieme e in ogni posto quella nascita nella stalla di Cristo. (Solo il popolo presso cui accadde celebra la festa delle lampade.) Erich Mühsam Traduzione di Nino Muzzi
|
Stances à Marquise Marquise, si mon visage A quelques traits un peu vieux, Souvenez-vous qu'à mon âge Vous ne vaudrez guère mieux. Le temps aux plus belles choses Se plaît à faire un affront: Et saura faner vos roses Comme il a ridé mon front. Le même cours des planètes Règle nos jours et nos nuits: On m'a vu ce que vous êtes; Vous serez ce que je suis. Cependant j'ai quelques charmes Qui sont assez éclatants Pour n'avoir pas trop d'alarmes De ces ravages du temps. Vous en avez qu'on adore; Mais ceux que vous méprisez Pourraient bien durer encore Quand ceux-là seront usés. Ils pourront sauver la gloire Des yeux qui me semblent doux, Et dans mille ans faire croire Ce qui me plaira de vous. Chez cette race nouvelle, Où j'aurai quelque crédit, Vous ne passerez pour belle Qu'autant que je l'aurai dit. Pensez-y, belle Marquise: Quoi qu'un grison fasse effroi, Il vaut bien qu'on le courtise Quand il est fait comme moi. Pierre Corneille Brassens: https://www.youtube.com/watch?v=CDG9lW8M72k | Stanze per la Marchesa Se il mio volto, Marchesa, ha un qualche vecchio tratto, alla mia età più offesa sarete nell'aspetto. Il tempo si diverte a sciupar belle cose: mi ha solcato la fronte, Vi appassirà le rose. Il corso dei pianeti regola notte e giorno; mi vide come siete; sarete come io sono. Una qualche attrazione comunque ancor mi resta da non temer l'allarme del tempo che devasta. Le Vostre le si adora: ma quelle disprezzate sopravvivranno ancora a quelle ormai sfumate. Salveremo la gloria di occhi dall'aria dolce e fra mille anni ancora sol quel che di Voi mi piace. Dalla stirpe novella, avrò qualche rispetto, passerete per bella per quanto io l'avrò detto. Bella Marchesa, pensate: benché un grigione spaventi è meglio che lo corteggiate se assume i miei sembianti. Pierre Corneille Traduzione di Nino Muzzi |
Erklär mir, Liebe Dein Hut lüftet sich leis, grüßt, schwebt im Wind, dein unbedeckter Kopf hat's Wolken angetan, dein Herz hat anderswo zu tun, dein Mund verleibt sich neue Sprachen ein, das Zittergras im Land nimmt überhand, Sternblumen bläst der Sommer an und aus, von Flocken blind erhebst du dein Gesicht, du lachst und weinst und gehst an dir zugrund, was soll dir noch geschehen - Erklär mir, Liebe! Der Pfau, in feierlichem Staunen, schlägt sein Rad, die Taube schlägt den Federkragen hoch, vom Gurren überfüllt, dehnt sich die Luft, der Entrich schreit, vom wilden Honig nimmt das ganze Land, auch im gesetzten Park hat jedes Beet ein goldner Staub umsäumt. Der Fisch errötet, überholt den Schwarm und stürzt durch Grotten ins Korallenbett. Zur Silbersandmusik tanzt scheu der Skorpion. Der Käfer riecht die Herrlichste von weit; hätt ich nur seinen Sinn, ich fühlte auch, daß Flügel unter ihrem Panzer schimmern, und nähm den Weg zum fernen Erdbeerstrauch! Erklär mir, Liebe! Wasser weiß zu reden, die Welle nimmt die Welle an der Hand, im Weinberg schwillt die Traube, springt und fällt. So arglos tritt die Schnecke aus dem Haus! Ein Stein weiß einen andern zu erweichen! Erklär mir, Liebe, was ich nicht erklären kann: sollt ich die kurze schauerliche Zeit nur mit Gedanken Umgang haben und allein nichts Liebes kennen und nichts Liebes tun? Muß einer denken? Wird er nicht vermißt? Du sagst: es zählt ein andrer Geist auf ihn ... Erklär mir nichts. Ich seh den Salamander durch jedes Feuer gehen. Kein Schauer jagt ihn, und es schmerzt ihn nichts. I. Bachmann | Spiegami, Amore Si alza leggero il tuo cappello, saluta, si libra nel vento, il tuo capo scoperto ha affascinato le nubi, il tuo cuore ha il suo daffare altrove, la tua bocca assimila nuove lingue, l'erba tremolina sul terreno prende il sopravvento, il soffio dell'estate fa volare gli aster qua e là, sollevi il volto accecato dai fiocchi, ridi e piangi e dentro te rovini, cos'altro ti può accadere - Spiegami, Amore! Il pavone, in attonita cerimonia, fa la sua ruota, la colomba solleva il suo collare, si dilata l'aria, invasa dal suo tubare, l'anatrone grida, sa di miele selvatico l'intero campo, anche nel quieto parco un pulviscolo d'oro orla ogni aiuola. Il pesce arrossa, supera la schiera e per grotte finisce nel letto dei coralli. Alla musica della sabbia d'argento danza timido lo scorpione. Il maggiolino sente da lontano la più eccellente; se solo avessi la sua sensibilità, sentirei anche che le ali sotto la sua corazza brillano, e prenderei il sentiero del lontano cespuglio di fragole! Spiegami, Amore! L'acqua sa come parlare, l'onda prende per mano l'onda, nella vigna si fa turgida l'uva, salta e cade. Così ingenua esce la lumaca dal guscio! Una pietra sa come ammorbidirne un'altra! Spiegami, Amore, quel che non so spiegare: in questo breve tempo agghiacciante devo esser sola con i miei pensieri né conoscere amore né far qualcosa di amorevole? Uno deve pensare? Non manca a nessuno? Tu dici che pesa su di lui un altro spirito… Non mi spiegare niente. Vedo la salamandra che attraversa ogni fuoco. Nessun rovescio la scaccia, nessun dolore la prende. I. Bachmann Traduzione di Nino Muzzi |
Animal que despierta Soy la gata que camina dentro de mí conmigo las leves zarpas afelpadas He bajado por el río conservando el gusto por la caza los ambiguos maullidos Cuando cierro los ojos atravieso los siglos Las arenas le dieron el color a esta piel suave que esconde una flor mojada entre las fauces el oro egipcio se ve reflejado en la pupila de esta gata que demasiadas veces recuerda su verdadera condición de fiera La Reina de Saba habría dado la mitad de sus tierras por tener estas garras Ana María Rodas
[De acuerdo …] | Animale che si sveglia Sono la gatta che cammina in me con me su lievi zampe felpate Sono scesa lungo il fiume conservando il gusto per la caccia gli ambigui miagolii Quando chiudo gli occhi attraverso i secoli Le sabbie hanno dato il colore a questa pelle morbida che si nasconde un fiore molle tra le fauci l'oro egizio si vede riflesso nella pupilla di questa gatta che troppe volte ricorda la sua vera condizione di fiera La regina di Saba avrebbe dato la metà delle sue terre per avere questi artigli Ana María Rodas Traduzione di Nino Muzzi
[Un demone simile …]
|
besuch das gedächtnis, wenn es eine nach der anderen erinnerung aufgibt, erblindet an seinen worten. in leeren räumen tastest du dich an der wand, die deine hände ergreift, über türen, die du nicht öffnest, ans fenster. blicke, die dunkel die hell sind, weichen den augen. an geräuschen formt sich die stimme, die nicht über das schweigen hinaus kommt. noch einmal gehst du mit bodenlosen schritten durchs haus. licht hat schatten herausgeschnitten, für die es hier keinen grund gibt. du kratzt an den rändern die finger auf. jemand folgt dir verschränkt mit den armen, dem blick. du bittest, noch länger zu bleiben. vor dem tor wartet das auto. der motor springt an. Andreas Altmann
selten genug | visita la memoria, quando uno dopo l'altro abbandona i ricordi, si ottenebra delle sue parole. fra vuote stanze cerchi a tentoni la parete, che cattura le tue mani, attraverso porte, che non apri, cerchi la finestra. viste, che scure, che chiare sono, cedono agli occhi. dai suoni si forma la voce, che non va oltre il silenzio. ancora una volta ti aggiri con aerei passi per la casa. la luce ha ritagliato ombre per le quali non c'è qui nessuno sfondo. ti stai escoriando le dita ai bordi. qualcuno ti segue a braccia conserte, segue il tuo sguardo. tu implori di restare più a lungo. dinanzi alla porta aspetta la macchina. si accende il motore. Andreas Altmann Traduzione di Nino Muzzi
abbastanza di rado |
Ende August Mit weißen Bäuchen hängen die toten Fische zwischen Entengrütze und Schilf. Die Krähen haben Flügel, dem Tod zu entrinnen. Manchmal weiß ich, daß Gott am meisten sich sorgt um das Dasein der Schnecke. Er baut ihr ein Haus. Uns aber liebt er nicht. Eine weiße Staubfahne zieht am Abend der Omnibus, wenn er die Fußballmannschaft heimfährt. Der Mond glänzt im Weidengestrüpp, vereint mit dem Abendstern. Wie nahe bist du, Unsterblichkeit, im Fledermausflügel, im Scheinwerfer-Augenpaar, das den Hügel herab sich naht. G. Eich
D-Zug München-Frankfurt
|
Fine agosto Galleggiano i pesci morti dal ventre bianco fra lenticchie d'acqua e falasco. Le cornacchie hanno ali per scampare alla morte. Talvolta sono certo che Dio si preoccupi soprattutto dell'esistenza della chiocciola. Le costruisce una casa. Noi però non ci ama. Porta una bandiera bianca di polvere l'autobus di sera, quando riconduce a casa la squadra di calcio. La luna brilla fra le fitte chiome dei salici, assieme alla stella della sera. Come sei vicina, immortalità, nel volo del pipistrello, nella coppia di occhi-fanali, che scende dalla collina avvicinandosi. G. Eich Traduzione di Nino Muzzi
|
Pluie sans fin Pluie sans fin Sur les feuilles roussies Ou jaunes qui tombent Sur la terre brûlée Ou restent prises aux branches des sapins Sur les roses fougères Le paysage se défait Tout s'emmêle et se confond La montagne rougie disparaît dans le brouillard Très haut sur la cime du grand pin nu et sec Se tient le rapace qui toujours plane Ailes noires et tête minuscule Fais-lui peur Agite ta clochette Qu'il éprouve à l'instant Le même émoi Un seul être, un seul souffle De ce côté du mur de brume Louise Bouchard
Si puissante la douceur de la brise
| Pioggia senza fine Pioggia senza fine sulle foglie rossastre o gialle che cadono sulla terra bruciata o restano prese ai rami degli abeti sulle felci rosate si disfa il paesaggio tutto si mischia e si confonde la montagna arrossata sparisce nella nebbia molto in alto sulla cima di un gran pino nudo e secco il rapace si trattiene, lui che sempre plana, ali nere e testa minuscola spaventalo agitando la campanella che lui senta all'istante la stessa emozione un unico essere, unico alito da questo lato del muro di foschia Louise Bouchard Traduzione di Nino Muzzi
Tutto il giorno al pozzo-solitudine |
A short treatise on a squid Overhead, yes, the shark hangs like a Renaissance saint, in whose eyes time falls like a sediment, and no doubt the machinations of a moray eel's jaws are more dangerous than teeth in a glass and it is not grief that makes the upward, filling mass of little bells - the jellyfish - drop again as a heart does into sorrow, but it's in the basement's deep and damp Atlantic, among the transparent skins of fish and the skeletons worn with a monstrous clarity, that the greatest exaggeration is made as Vampyroteuthis infernalis heaves into view. That name. It reminds me of Prudentius who said the corruption of language is at the root of sin. Once Satan's tongue was split, object and name slid off one another like function and form in a tumour or lovers making and remaking their union, but still remaining alone. What crosses the divide is not itself, but what has found itself in another: an ecstasy of mind where like is like is like... Dear metaphor - read 'lover' - we invented heaven, imagining sky as a fish might the land: alien, beautiful on our tongue. Jemma Borg | Breve trattato su un calamaro È sulla testa che lo squalo impende, sì, come un santo del Rinascimento, nei cui occhi si posa un sedimento, il tempo, e senza dubbio le astuzie di una mascella di murena son più malfide di denti invetriati e non c'è pena che porti giù di nuovo la massa galleggiante di campanule - la medusa -, ma è nello scantinato fondo e umido dell'Atlantico, fra trasparenti epidermidi di pesce e scheletri indossati con mostruosa chiarezza, che si compie la più grande abnormità riempiendo la vista in forma di Vampyroteuthis infernalis. È questo il nome. Mi ricorda Prudenzio che disse che il linguaggio corrotto è alla radice del peccato. Un tempo la lingua di Satana era divisa, oggetto e nome sgusciavan via l'un all'altro simili a forma e funzione in un tumore o ad amanti che si accoppiano e si accoppiano, ma restan sempre soli. Quel che supera la disunione non è lo stesso, ma quel che ha trovato lo stesso in un altro: un'estasi di pensiero dove è come è come, come… Cara metafora -leggi "amante" - noi inventammo il paradiso, immaginando il cielo come farebbe un pesce con la terra: estraneo, affascinante sulla nostra lingua. Jemma Borg Traduzione di Nino Muzzi |
Herbst im Breisgau I Drei Schritte von meinem Vaterhaus Bin ich über meinen Schatten gesprungen. Da hingen die Dächer firstab im Blau Die Linden wurzelten im Wolkenbett Die Toten flogen vom Weinberg auf Seltene Vögel. Gekleidet in die graue Wolle der Waldrebe Steigt der Herbst von der Höhe. Sitzt bei den Kindern am Wiesenfeuer. Die braten die Frösche Die knacken die Schenkel Die schlagen wenn der Abend graut Aus dem wilden schwarzen Kartoffelkraut Funken wie Sterne. Der Sog der Schwalben ist stärker als alles andre Er zieht aus der glitzernden Wiese die Zeitlose auf Und die Nebel die kommen und fliehen. Weil die Stare so hoch im Himmel schrieen Verlassen die Bienen den Efeu Und die Nebel die kommen und fliehen. Die Blätter der Linde lassen sich fallen Und die Blätter der Rosen. Ein Zug dorfaus Die riesigen Sonnenblumen voraus Die wilden schwarzen Medusen. Dem Fels im Walde steigt der Nebel zu. Begräbt am Hang die Buchen und den Wein. Wo sonst die rauhen Wurzeln sich verschlingen Hängt graues Tauwerk aus den Eisenringen. Versteinte Muscheln färben sich opal Meerüber kommen die verlornen Segelschiffe Und die Kinder gehen schlafen in der Grotte. Feine Skelette legen sich zur Ruh. Im Hohlweg zieht die kleine Prozession Jesus aus Holz geschnitzt Auf dem Esel aus Holz geschnitzt. Jesus mit rosenroten Wangen Die kleinen Räder knarren und singen Eine Krone für mich eine Krone für Dich Aus der roten Berberitze. In den Springbrunnen fällt die Nacht Wie ein Stein vom Himmel. Schlägt dem Putto ins breite Gesicht, Reißt ihm die Locken herunter. Auf der Rose dem schwankenden Lächeln Treiben die Fische tot. Im grünen Osten steht der Fürst der Welt Die Blüte in der Hand. Im roten Westen steigt mit Lilienhänden Das Fleisch gen Himmel. Mein Bett das leichte Holz Treibt auf dem versandenden Strome. Die Uhren schlagen. Keine Stunde gilt. II Ausgestreckt Das Gesicht in die Mulde gepreßt, Die Hände rechts und links Im Wald verkrallt, Den Mund voll Ackerkrume, Quellwasser im Haar, Den Atem angehalten Nußlaubatem: Alles soll bleiben, Keiner gehe fort. Denn dies ist ein Ort, Wo der Vogel im hohen Tambour, Der wundgeschlagenen, Seinen Ausweg findet. Und dies ist ein Ort, Wo der Hund mit dem goldbraunen Fell, Der im Walde lärmt, Heimkehrt am Abend. Wo die Liebe wandert Auf Schären des Untergangs Im Herzen der roten Sonne. Aber nichts bleibt, Nur die Glieder Der Kette, die glatten, runden Milchweißen, fuchsfellbraunen Spielen mit meinen Fingern. Glühender Kiesel Kühle Kastanie Ein Sommer Ein Winter Ein Sommer. Meine Inseln blühen mir auf Im grauen Verputz der Mauer. Meine Briefe schreibe ich Mit der leichten Forellengräte Über den Hügelkamm. Abends sitz ich am Feuer, Bau in die Flasche Ein Haus, einen Brunnen, acht Linden, Ein Spruchband aus Schilfgras, Kein Wort darauf. Denn die Schrift der Sterne wird klarer, Wenn die Sterne verschwinden, Der Leib, von den Schlangen erstickt, Vergißt die Schlangen, Die den Tod übergangen, Die Knöchlein Im Mörser tanzen und singen. Marie Luise Kaschnitz
| Autunno nel Breisgau I Tre passi dalla mia casa paterna Son saltata al di là della mia ombra. Là i tetti eran sospesi nell'azzurro I tigli affondavano radici nelle nubi I morti salivano volando dal vigneto Volatili strani. Vestito in grigia lana di clematidi Scende dall'alto l'autunno. Si siede al fuoco coi bimbi sul prato. Loro arrostiscono le rane Sgranocchiano le coscette Fanno uscire nel grigio della sera Da nere secche piante di patata Scintille come stelle. Il turbine delle rondini è più forte di ogni cosa Tira su dal prato luccicante la senza-tempo E le nebbie che vengono e vanno. Poiché gli storni gridano alti in cielo Le api abbandonano l'edera E le nebbie che vengono e vanno. Le foglie del tiglio si lascian cadere E anche i petali delle rose. Un treno esce dal villaggio Dinanzi gli enormi girasoli Le nere selvagge meduse. Sale la nebbia verso il dirupo nel bosco. Seppellisce faggi e vigne sul pendio. Dove si avvinghiano ruvidi tralci Ora pende grigio cordame da ferrei anelli. Conchiglie fossili si fanno opalescenti Dall' oltremare giungono spersi velieri E i bimbi vanno a dormire nella grotta. Sottili scheletri si mettono a riposo. Sulla via cava sfila la piccola processione Gesù intagliato nel legno Sull'asina intagliata nel legno. Gesù dalle rosee guance Le piccole ruote stridono e cantano Una corona per me una per te Fatta di rosso crespino. Nella fontana a zampillo cade la notte Come una pietra dal cielo. Colpisce il putto sul largo volto, gli tira giù i suoi riccioli. Sul sorriso oscillante della rosa Galleggiano cadaveri di pesci. Nel verde oriente sta il principe del mondo Col fiore in mano. Nel rosso occidente cresce la carne Con mani di giglio fino al cielo. Il mio letto legno leggero Galleggia sulla corrente sabbiosa. Battono le ore. Nessun'ora vale. II Sdraiata bocconi La faccia premuta nell'incavo, Le mani a destra e sinistra Affondate nel bosco come artigli, La bocca piena di terra di campo, Acqua di fonte nei capelli, Il fiato trattenuto Fiato di foglie di noce: Tutto deve restare, Nessuno se ne vada. Ché questo è un luogo, Dove l'uccello nell'alto tamburo, Sbrecciato, Trova la sua via di fuga. E questo è un luogo, Dove il cane col pelo marrone-dorato, Che latra nel bosco, Torna a casa la sera. Dove l'amore vaga Su schiere del tramonto Nel cuore del sole rosso. Ma niente resta, Solo le maglie Della catena, piatte, tonde, Bianche come latte, brune come pelle di volpe Giocano con le mie dita. Ghiaia rovente Castagna fresca Un'estate Un inverno. Un'estate. Le mie isole affiorano Sul grigio intonaco del muro. Le mie lettere le scrivo Con la leggera lisca di trota Sulla cresta delle colline. La sera siedo al focolare, Costruisco dentro la bottiglia Una casa, un pozzo, otto tigli, Un'insegna di falasco, Senza una parola sopra. Ché la scritta delle stelle si fa più chiara, Quando le stelle dileguano, Il corpo soffocato dai serpenti Dimentica i serpenti, Che hanno tralasciato la morte, Gli ossicini Nel pestello danzano e cantano. Marie Luise Kaschnitz Traduzione di Nino Muzzi
|
Dreißig Jahre danach Pans Stunde in Berlin, die Bewohner vor der Mittsagshitze in die Wälder, an die Seen geflohn, endlich wieder Stille in der abgedunkelten Wohnung. Durch einen Spalt im Vorhang flimmert Durch die Jahre, die lauten, nach der Kindheit Ein anderer Sommer, der tiefer Die Baumschatten schwärzt. Und drüben an der Wand, wo kein Geräusch Durch das Bildglas kommt, steht ein alter Himmel Über dem Feldweg, der Wiese, die nie aufhört zu grünen, als wäre auf die Vergangenheit in jenem Januar kein Schnee gefallen, kein Schnee auf alle früheren Sommer, und die Stille nicht gebrochen von Geschützdonner. Traum hat keine Zeit. Jeder Baum im Stadtpark Ist aus dem Paradies verpflanzt, wo Jemand spielt, der vielleicht schon tot ist, ein Kind mit Greisenfalten, dessen Photo vergilbt. Richard Anders
| Trent'anni dopo L'ora di Pan a Berlino, tutti gli abitanti per il caldo meriggio, nei boschi o fuggiti sui laghi, finalmente di nuovo silenzio nella casa in penombra. Da uno spiraglio della tenda brilla a traverso gli anni, chiassosi, dopo l'infanzia un'altra estate che più profondamente iscurisce le ombre degli alberi. E di fronte alla parete, dove nessun suono affiora dal vetro del quadro, un cielo antico sovrasta il viottolo, il prato, che mai cessa di verdeggiare, come se sul passato in quel gennaio non fosse caduta la neve, nessuna neve su tutte le precedenti estati e non fosse rotto il silenzio dal rimbombo degli spari. Il sogno non ha tempo. Ogni albero nel parco cittadino è trapiantato dal paradiso, dove sta giocando qualcuno che forse è già morto, un bimbo con le rughe, la cui foto ingiallisce. Richard Anders Traduzione di Nino Muzzi
|
Flaneur Schon wenn du um die nächste Ecke biegst, bist du ein anderer, eine Art Deserteur aus einem Gleichgewicht, das es noch zuvor gab. Der Himmel ist anders eingegrenzt, die Demonstranten wirken entschlossener, obwohl das Ziel genau so vag ist wie in der Straße, aus der du gerade abgebogen bist. Die Madonna spricht spanisch, und eine Dohle setzt sich auf einen verlorenen Damenschuh, als wollte sie ein Stück Einsamkeit abwenden. Die Musen sind mit Bombenanschlägen beschäftigt. Das Haarstudio heißt Salon für Haararchitektur. Begnadete Reporter fragen, ob jemand eine Reise in die Welt Wassili Kandinskys gewinnen möchte, außer einem Schwulen will das niemand. Die Erhabenheit wedelt sich Genialität zu, mit chinesischem Fächer, ein Sinnbild des freien Marktes. Nach jeder Ecke sind es stets andere Leben, in die du eintrittst und die nicht dir gehören, sondern den Gegenständen, Ereignissen, Vorgängen, deren Anblick dich verwandelt. Franz Hodjak | Passeggiatore Già quando svolti al prossimo angolo tu sei un altro, una sorta di disertore da un equilibrio che prima ancora c'era. Il cielo è altrimenti circoscritto, i dimostranti più decisi, sebbene l'obiettivo sia vago come la strada da cui ora hai curvato. La Madonna parla spagnolo e un corvo si posa su una scarpa di donna persa, come volesse distrarre un po' di solitudine. Le Muse sono tutte impegnate in attentati dinamitardi. Il parrucchiere si chiama architetto della chioma. Dotati reporter chiedono chi vuol vincere un viaggio nel mondo di Vassili Kandinsky, a parte un finocchio nessuno lo chiede. La superiorità si sventola di genialità col ventaglio cinese, un simbolo del libero mercato. Dietro ogni angolo c'è sempre un'altra vita in cui tu entri e che non ti appartiene, invece appartiene agli oggetti, agli eventi, ai processi la cui vista ti trasforma. Franz Hodjak Traduzione di Nino Muzzi |
Carnac J'avais douze ans je me trouvais en vacances chez des amis la guerre cognait à la porte suintaient menaces de partout C'était la Trinité-sur-mer et l'on nous menait visiter les grands sites des environs mégalithes criques églises Il n'y avait pas de barrière pas de ticket pas de gardien cela commençait doucement auprès des dernières maisons Ajoncs et genêts quelques vaches venaient se frotter aux menhirs bourdonnant d'odeurs et légendes entre lesquels je m'égarais Terrain de jeux incomparable nous cachant et nous poursuivant dans la brume et le miel des siècles chevaliers corsaires sorciers En restant à portée de voix des adultes qui nous laissaient muser parmi la paix des pierres puis répondaient à nos questions Confusément en nous parlant des peuples antérieurs aux Celtes sur lesquels nous ne connaissons guère plus qu'à ce moment-là Je n'y suis jamais retourné je ne l'ai jamais oublié me transformant moi-même en pierre dans mes alignements d'enfance Michel Butor
| Carnac Avevo dodici anni mi trovavo in vacanza presso amici la guerra batteva alla porta trasudavano minacce da ogni dove Si era a Trinité-sur-mer e ci portavano a visitare i grandi siti dei dintorni megaliti insenature chiese Non c'erano sbarramenti né biglietti né guardiani tutto iniziava poco a poco vicino alle ultime case Ulici e ginestre qualche vacca che viene a strusciarsi ai menhir nel ronzio di odori e leggende in mezzo a cui mi perdevo Terreno di giochi incomparabile ci nascondevamo e inseguivamo nella bruma e nel miele dei secoli noi cavalieri corsari stregoni Restando a portata di voce degli adulti che ci lasciavano vagare fra la pace dei macigni poi rispondevano alle domande Confusamente parlandoci dei popoli prima dei Celti di cui non sappiamo niente di più rispetto a quei tempi Non ci sono mai ritornato non l'ho mai dimenticato mi trasformavo io stesso in pietra nei miei schieramenti da bambino Michel Butor Traduzione di Nino Muzzi
|
Bajo la lluvia ajena, fragmento XVIII El viento que entra en la cocina sacude el cartelón con el rostro de alguna actriz del cine mudo, Mary Pickford tal vez. Es bella, sus ojos brillan suavemente y con la boca construyen una semisonrisa tiernísima, callada. También nosotros, aquí, somos actores mudos. Tenemos brillos suaves, ternuras sucias de sangre seca como niños, mucho silencio alrededor. La platea prefiere el film sonoro. ¿Quién hizo esta película? De este lado de la pantalla, el nuestro, se oyen muertos soltando vida de a poquito como un crujir de sueños, los torturados gritan, crepita gente en la prisión, bajo el estruendo de las botas militares la injusticia es un rugido infernal. Del otro lado, parece que ven pasar fantasmas pálidos y ningún piano los anuncia. Te amo, Mary Pickford, sé que ahora me amas. Entra el viento y sacude nuestros amores de papel. Juan Gelman
| Sotto la pioggia estranea XVIII Il vento che entra in cucina fa fremere il poster con il volto di una qualche attrice del muto, forse Mary Pickford. È bella, brillan soavemente i suoi occhi e con la bocca formano un mezzo sorriso tenerissimo, tranquillo. Anche noi siamo attori del muto. Abbiamo splendori soavi, tenerezze sporche di sangue aggrumato come bimbi, molto silenzio intorno. La platea preferisce il film sonoro. Chi ha girato questa pellicola? Da questa parte dello schermo, la nostra, si sente come i morti perdendo la vita poco a poco, come un frusciar di sogni, i torturati gridano, strepita la gente nel carcere, sotto il fracasso degli stivali dei soldati l'ingiustizia è un ruggito infernale. Dall'altro lato sembra che vedano passare fantasmi pallidi e non c'è pianoforte che li annunci. Io ti amo, Mary Pickford, so che ora mi ami. Entra il vento e scuote i nostri amori di carta. Juan Gelman Traduzione di Nino Muzzi
|
Brüder, Kafé Ein Jammer, dass man sich entwickelt und verändert, nur um mit Vierzig in Fallgruben zu stürzen, ausgehoben in einer Lebensphase, die man längst hinter sich gelassen hat. Da sitzen wir, vom Alter gefaltet, und rühren im Kaffee, die Haare ergrauend oder gelichtet, erwachsen und trotzdem noch Kinder, die um die Gunst der Mutter buhlen - unglaublich! Gegenüber reißt man das Geschäft ab, in dem wir früher unsere Spielzeugsoldaten gekauft haben, aber auch solche Erinnerungen helfen uns nicht weiter. Stattdessen reden wir über Unverfängliches, wissend, dass die Explosivstoffe in unserem Inneren nicht mit zündenden Worten in Berührung kommen dürfen. Ausgerechnet die gemeinsame Vergangenheit ist es, die uns einander entfremdet und den Rückweg in die Gegenwart mit so vielen Minen gespickt hat, dass wir uns lieber im Bunker von Stolz und Starrsinn verkriechen. Henning Ahrens
Wald, Vogel
| Fratelli, caffè Che pena svilupparsi e trasformarsi solo per cadere a 40 anni nella trappola, scavata in una fase della vita, lasciataci alle spalle da tempo. Là stiamo, con le rughe di vecchiaia, e giriamo il caffè, coi capelli ingrigiti o diradati, cresciuti eppure ancor bambini che si contendono la preferenza materna - incredibile! Là di fronte si smantella il negozio dove un tempo compravamo i soldatini di piombo, però anche i nostri ricordi non ci aiutano. Al loro posto parliamo di banalità, sapendo che la materia esplosiva al nostro interno non deve entrare in contatto con parole che infiammano. Proprio il comune passato è ciò che ci allontana l'uno dall'altro disseminando il ritorno al presente di così tante mine che preferiamo rannicchiarci nel bunker dell'orgoglio e dell'ostinazione. Henning Ahrens Traduzione di Nino Muzzi
|
abendnachrichten massaker um eine handvoll reis, höre ich, für jeden an jedem tag eine handvoll reis: trommelfeuer auf dünnen hütten, undeutlich höre ich es, beim abendessen. auf den glasierten ziegeln höre ich reiskörner tanzen, eine handvoll, beim abendessen, reiskörner auf meinem dach: den ersten märzregen, deutlich. Hans Magnus Enzensberger
| notiziario della sera massacri per un pugno di riso, ascolto, ogni giorno per ognuno un pugno di riso: scariche di fuoco su esili capanne, confusamente le sento, la sera a cena. sui tegoli smaltati sento la danza dei chicchi di riso, un pugno di riso, la sera a cena, chicchi di riso sul mio tetto: la prima pioggia di marzo, chiaramente. Hans Magnus Enzensberger Traduzione di Nino Muzzi
|
Der letzte Ball Mit dem Fuß, so weit, so weit: dort am Abend fliegt der harte Ball, dort wo es schreit und schneit, steigt er auf und schwebt, der zarte aufgepumpte angestarrte Ball rasch in die Einsamkeit. Weit am Tor vorbei, vorbei, hoch, als ob Papier es wäre, fliegt er leicht und sorgenfrei aufwärts in die wolkenschwere atemlose menschenleere Luft, hinaus aus dem Geschrei. Durch den Wind davon, davon, hoch, so hoch sieht man den weichen Ball ganz sanft und ohne Ton, angestrahlt, den mondscheinbleichen Ball fort in die Ferne streichen: Weit entfernt von allem schon. Ror Wolf
Im Zustand vergrößerter Ruhe | L'ultima palla Col piede, lontano, lontano: di sera là vola la dura palla, ove nevica e gridano, sale su e vola, la tenera gonfia palla e la vedono che in solitudine atterra. Passa di sopra alla porta vola leggera e serena su in alto, come di carta, su nell'aria di nubi piena, asfittica e disabitata, fuori dai gridi, lontana. Via nel vento a volare, su, in alto la palla tenera, morbida e senza rumore, illuminata, lunare e chiara, si vede, lontana volare: già lontana da tutto qui a terra. Ror Wolf Traduzione di Nino Muzzi
|
Das ist das Land Das ist das Land von dem man sagt daß alles hier aufhört und alles anfängt das sind die Dörfer die im Schlaf über mich kriechen mit schweren Sockeln der Kirchen und bellenden Hunden das sind die Dörfer in deren Leere ich morgens stehe wenn ich erwache das ist der Tau zu dem ich den Durst noch am Abend verspürt habe. Das ist das Land der kalten Dörfer das sind die bellenden Dörfer die sagen: wie lebst du bequem während wir dreimal aufhören und einmal den Anfang nicht finden das bin ich unter der Decke der wimmernde Hund geht nachts durch die Dörfer seine Füße laufen im Schlaf auf der kalten Straße getrieben vom Gekläff der Meute das ist das leere Land das mich morgens bekniet und abends verbellt das ist im Schlaf ein Dorn und da habe ich auch die Zeit gesehen als die Dörfer sich über mich schleppten sie sah nach nichts aus aber der Zug von Nachsicht um ihre Mundwinkel zeichnete sie aus vor allen Gestalten des Traums: du bist nicht gekommen ich habe gesagt Herbst und Mahd ich habe dir einen Kirmesburschen geschickt aber du wolltest umkehren Daniela Danz
Ikon
Hier
Hab ich die Worte Wir leben. Wir sind für alles. Kaskade des Glücks | Questa è la terra Questa è la terra di cui si dice che qui tutto comincia e tutto cessa ecco i villaggi che mentre sto dormendo s'arrampicano su me coi grevi zoccoli delle chiese e dei cani abbaianti ecco i villaggi dentro al cui vuoto sto in piedi al mattino appena sveglia ecco la brina di cui ho sentito la sete perfino verso la sera. Questa è la terra dei freddi villaggi sono i villaggi che abbaiano e dicono: che vita comoda fai mentre noi tre volte cessiamo e una volta non troviamo l'inizio eccomi sotto la coperta il cane uggiolante va di notte per i villaggi i suoi piedi corrono nel sonno sulla fredda strada spinto dai latrati del branco questa è la terra vuota che al mattino s'inchina a me e la sera mi abbaia ecco nel sonno una spina e là ho visto anche il tempo in cui i villaggi mi si trascinavano addosso non somigliava a nulla ma il tratto d'indulgenza agli angoli della sua bocca li distingueva da ogni altra immagine del sogno: non sei venuto io ho detto autunno e pascolo ti ho mandato un ragazzo della fiera ma tu hai voluto tornare indietro. Daniela Danz Traduzione di Nino Muzzi
|
[aussi sournoise qu'une abstraction...] aussi sournoise qu'une abstraction la vie ne renonce pas facilement à ouvrir les arbres jusqu'aux veines ni tes yeux aux torsions du ciel enfant, tu transcrivais tes devoirs sans les comprendre et tu restes une femme de peu de tête inapte à résoudre les équations les plus simples à quoi bon mentir puisque ton silence garde cette chasteté qui convient le soir sous les fenêtres Louise Dupré
| [subdola come un'astrazione...] subdola come un'astrazione la vita non rinuncia facilmente ad aprire gli alberi fino alle vene né i tuoi occhi alle torsioni del cielo bambina, trascrivevi i tuoi compiti senza capirli e resti una donna di poca testa inadatta a risolvere le equazioni più semplici a che serve mentire poiché il tuo silenzio serba questa castità che conviene di sera sotto le finestre Louise Dupré Traduzione di Nino Muzzi
|
Chateau d'Angers 1 vaste masse noire qui veille sur un pays d'ardoise et de tuffeau sans fioritures empilement patient de blocs comme les vieux murs des jardins ici lignes très simples et savantes entre l'à-plat sévère des murs et la rondeur des tours comme de loin sous la main des courbes justes et le regard qui monte jusqu'au ciel bleu froid sec en ce matin de presque printemps en bas la Maine haute sous le vieux pont la ville animée calme autour son bruit loin dans le soleil on est bien Antoine Emaz
| Castello di Angers 1 vasta massa nera che veglia sopra un paese di ardesia e di tufo senza fioriture paziente impilamento di blocchi come i vecchi muri degli orti qui linee semplicissime e sapienti fra la severa piattezza dei muri e la rotondità dei torrioni come da lontano sotto la mano delle curve giuste e lo sguardo che sale fino al cielo blu freddo secco in questo mattino di quasi primavera in basso la Maine alta sotto il vecchio ponte la città animata calma tutt'attorno il suo rumore lontano nel sole si sta bene Antoine Emaz Traduzione di Nino Muzzi
|
Kosmopolit Von meiner weitesten Reise zurück, anderntags Wird mir klar, ich verstehe vom Reisen nichts. Im Flugzeug eingesperrt, stundenlang unbeweglich, Unter mir Wolken, die aussehn wie Wüsten, Wüsten, die aussehn wie Meere, und Meere, Den Schneewehen gleich, durch die man streift Beim Erwachen aus der Narkose, sehe ich ein, Was es heißt, über die Längengrade zu irren. Dem Körper ist Zeit gestohlen, den Augen Ruhe. Das genaue Wort verliert seinen Ort. Der Schwindel Fliegt auf mit dem Tausch von Jenseits und Hier In verschiedenen Religionen, mehreren Sprachen. Überall sind die Rollfelder gleich grau und gleich Hell die Krankenzimmer. Dort im Transitraum, Wo Leerzeit umsonst bei Bewußtsein hält, Wird ein Sprichwort wahr aus den Bars von Atlantis. Reisen ist ein Vorgeschmack auf die Hölle. Durs Grünbein
In der Provinz 5
In der Provinz 4 | Cosmopolita Di ritorno dal mio più ampio viaggio, l'indomani mi si fa chiaro: di viaggi non capisco niente. Rinchiuso nell'aereo, immobile per ore, sotto di me le nuvole, sembrano come deserti, deserti che sembrano mari, e mari simili ai turbini di neve che uno attraversa al risveglio da una narcosi, ora capisco che significa errare oltre la longitudine. Al corpo vien sottratto il tempo, agli occhi la quiete. La parola esatta perde l'ubicazione. La vertigine si spalanca con lo scambio di qui con là in diverse religioni, in diverse lingue. Dappertutto son grigi i campi d'atterraggio e son tutte bianche le camere d'ospedale. Là in area di transito, dove tempo vuoto inutilmente resta vigile, diventa vero un proverbio dai bar di Atlantide. Viaggiare è pregustare l'inferno. Durs Grünbein Traduzione di Nino Muzzi
|
Besuch in Leiden Aus Strohhalm Balken geworden, schreibt Mahler nach der Heimkehr, wohin immer (weit ist es nicht mehr bis New York) doch Freud bleibt ratlos wie nach einem unlauteren Tausch zurück als läge nun dieser Balken im Sprechzimmer und spräche von der Architektur, der er entrissen wurde. Es geht nicht um Leiden, niemand hier kann dort gewesen sein, nur die Vorstellung nehme man ein, die bändigende Haltung vor dem Graben der sich schon einstimmt. Es ist nicht weit bald ist Neujahr, bald April auf dem Atlantik tanzt der Teufel, der Teufel tanzt es mit mir, steht da am Rand von Entwürfen gelöschter Entwürfe. Leiden ist da nicht mehr von Belang, auch die Überfahrt vergebens, längst fiel das Herz der Entzündung anheim, die Vorstellung der rückkehrenden Zugvögel und wie im Krängen des Schiffs das Fieber unter die Spanten sinkt, aber glückt. Sylvia Geist | Visita a Leida Da pagliuzza diventata trave, scrive Mahler dopo il rientro, dovunque sia stato (non è più lontano neppure New York) però Freud interdetto come dopo uno scambio sleale resta indietro come se questa trave giacesse in consultorio e parlasse dell'architettura a cui venne strappata. Non si tratta di Leida, qui nessuno può esser stato là, solo l'immagine assumiamo, l'intenerimento dinanzi al golfo mistico che già si sta accordando. Non è lontano presto è capodanno, presto aprile sull'Atlantico balla il diavolo, il diavolo balla con me, sta là sul margine di abbozzi abbozzi cancellati. Qui Leida non è più rilevante, anche il traghetto inutile, da tempo il cuore cadde vittima d'incendio, il pensiero del ritorno di uccelli di passo e di come nello sbando della nave cala la febbre sotto le travi, ma porta il successo. Sylvia Geist Traduzione di Nino Muzzi |
"...sagen die Luftwurzeln" I Vielleicht ist es das Erzittern, mit dem wir beginnen und enden, während die Augen am Himmel saugen im Rhythmus einer Sprache ohne persönliche Besitzanzeige: Kupfer, Zimt, ein türkisfarbenes Fliegengewicht, sagen die Luftwurzeln, und wir zerstäuben im Lichtfächer des Kolibris, im Nonstoppflug, Jetlag: drei Gramm Flugtöne und -rausch, Variationen in Kalliopes Stimme. So bleiben wir stehen in der Luft, in einer Schleife ohne toten Umkehrpunkt, während unter uns die Landschaft weiterzieht. II Ein Fragebogen ist deine Braue, in deinen Augen das Gespräch der Leuchtkäfer: Sag, wächst uns eine andere Haut, wenn du mich so ansiehst und wir beginnen uns zu steigern, zu verdoppeln: motmot, die Schwingen des Paradieses, rotrot, die Blüten des Flammenbaums, und die Leuchtkäfer fragen: Ist der Kolibri eine Metapher für einen Schwarm um sich selbst kreisender Fische, schillernd im bunten Schlaf, ein Aufglühen der Farben unter den Lidern, wenn wir im Sprechen rotieren: Kommkomm, jeder bleibt für sich in seinem Aufwachraum halbiert. III Die Hitze, eine große Hand, gebacken aus Licht. Wir trinken Kokoswasser, hören den Durst, der gelöscht wird längs der Schweißnähte der Körper: Der eigene Name trennt sich auf unter den Luftwurzeln, ist nur ein geteiltes Wort wie Kupfer oder Zimt ohne persönliche Besitzanzeige und ein Vibrieren auf dem Zungengrund in der Rotation der Flügel. Klangschalen sind deine Lippen, an deren Enden das sichtbare Licht verschwindet, wenn nur noch die Zeit mit uns unterwegs ist. IV Der Regen bindet seine Schnüre zu einer klopfenden Wand: ein grauer Dauerton liegt über uns, dem Grün, den Dingen: eine Haut, unter der wir uns verlaufen. Betäubt, als hätte das gewaltige Alleinsein seine Schleusen geöffnet, faltet unser Atem das Restlicht wie eine Tischdecke zusammen: wir beginnen uns aus der Erinnerung zu begleiten, während wir reden vom Nonstoppflug, eine erklärbare Reihenfolge suchen, einen Handlauf ins Dunkle und niemand mit bloßem Auge die Liebe erkennt. V Terracottafliese, der Abdruck deines nassen Fußes. Die Gegenwart ist ein Verdunsten in diesem Gebäude aus Hitze und Regen: Feine Luftwege führen ins türkisfarbene Fliegengewicht, durch die Kammern der Knochen, wenn das Erzittern uns füttert jenseits der Lichtschranken. Reden wir also vom Kolibri, der tausendmal schon gesagt worden ist, vom Tisch, der tausendmal schon gesagt worden ist, von tausendmal: Nie haben wir genug Hände uns zu begreifen. VI Der Abend versammelt sich im Regenbaum. Gelb lockt zwischen Blattpaaren die Königin der Nacht wie eine verlassene Empfindung, die uns entdeckt, wenn der Schlaf uns spricht: Das Laken haben wir gespannt und uns in der Umdrehung. Kontaktschlaf, so gehen wir auf Federfühlung, gefiedert mit dem Radius der Entfernung, bis wir bei Tageslicht ermüden unter der Last der getrennten Körper. VII Ein Schwirrflug ist das Stakkato der Fristen: Tausendmal saugen die Augen am Himmel, werfen wir Luftwurzeln aus, suchen Tiefenwärme mit einem Refrain aus Gesagtem und Stille am Ende der Skala des sichtbaren Lichts. Tausendmal wischen Wolken über alles hinweg, sieht das Sterben uns zu im Spiegel, und jedes Mal noch wölbt sich dein Atem über dieses Bild hinaus, spannt deine Brust Bogen, Braue und Bucht: Kommkomm, sagt das Erzittern, lass uns balancieren auf dieser Frequenz wo wir enden. VIII Vielleicht wird uns einmal gefallen die Art, wie Ameisen aus unserem Schatten treten. Einmal, wenn deine Haut nicht mehr durchblutet ist, wird sie weiß sein wie das Papier, auf dem ich schreibe, auf dem du liest, weiß und still: Ein abgelegtes Hochzeitskleid wird sie sein, immer schon mit dir beschrieben, und wenn der Umkehrpunkt gestorben ist, das Laken in letzter Umdrehung verharrt unter einer Landschaft aus Träumen, die über uns hinwegzieht, dann frag ich dich: wieviel Belichtungszeit braucht das Glück, bevor die Augen uns schließen. Jürgen Nendza | "...dicono le radici dell'aria" I Forse è il tremore con cui si comincia e si finisce, mentre gli occhi succhiano dal cielo nel ritmo di un linguaggio senza personale indicazione di possesso: rame, cannella, un peso mosca color turchese, dicono le radici dell'aria, e noi ci nebulizziamo nel ventaglio di luce del Kolibri, nel volo senza sosta, Jet-lag: tre grammi di rumori e fruscio di volo, variazioni in voce di Calliope. Così restiamo fermi nell'aria, in una virata senza punto d'inversione, mentre sotto di noi il paesaggio scorre e scorre. II È tutt'una domanda il tuo sopracciglio, nei tuoi occhi il dialogo dei lampiridi: dimmi, ci cresce un'altra pelle, quando mi guardi così e cominciamo a crescere, a raddoppiare: momottidi, ali del paradiso, rossorosso, il fiore di Nuytsia floribunda, e i lampiridi chiedono: è il colibrì una metafora per un branco di pesci che nuotano in cerchio, scintillando nel sonno variopinto, un divampare di colori sotto le palpebre, quando parlando noi ruotiamo: vieni vieni, ciascun per sé in questa camera di risveglio condivisa. III La calura, una gran mano, cotta di luce. Noi beviamo acqua di cocco, ascoltiamo la sete che viene spenta lungo le giunture dei corpi: il proprio nome si divide sotto le radici dell'aria, è solo una parola divisa come rame o cannella senza personale indicazione di possesso e un vibrare alla base della lingua nella rotazione delle ali. Campane tibetane son le tue labbra, ai cui lati la visibile luce svanisce, quando ancora il tempo è in viaggio con noi. IV La pioggia lega le sue funi ad una parete battente; un tono grigio ripetuto ci sta sopra, al verde, alle cose: una pelle sotto cui no ci perdiamo. Storditi, come se avesse aperto le sue cateratte la possente solitudine, il nostro respiro increspa la luce restante come una tovaglia: noi cominciamo ad accompagnarci fuori dalla memoria, mentre parliamo del volo non-stop, cerchiamo una chiara filiera, una ringhiera nel buio e nessuno riconosce l'amore a colpo d'occhio. V Piastrella di terracotta, l'impronta del tuo piede bagnato. Il presente è un bagno turco in questo edificio di calura e pioggia: fini sentieri di luce conducono nel peso mosca color turchese, per le cavità delle ossa, quando il tremore ci fodera oltre le barriere della luce. Dunque parliamo del colibrì, che mille volte già è stato detto, del tavolo, che mille volte già è stato detto di mille volte: mai abbiamo abbastanza mani per afferrarci. VI La sera si raccoglie nell'albero di pioggia. Gialla spia fra le coppie di foglie la regina della notte come una abbandonata sensazione, che ci scopre, quando il sonno ci parla: abbiamo steso il lenzuolo e noi stessi in una mossa. Sonno a contatto, così ci accostiamo, piumati con il raggio della distanza, finché con la luce del giorno ci stanchiamo sotto il peso dei corpi separati. VII Un volo ronzante è lo staccato delle scadenze: mille volte succhiano gli occhi dal cielo, noi ci radichiamo nell'aria, cerchiamo calore nel profondo con un ritornello di cose dette e silenzio alla fine della scala della luce visibile. Mille volte strisciano le nubi su ogni cosa e svaniscono, la morte ci guarda nello specchio e ogni volta ancora s'inarca il tuo respiro sopra questa immagine, si tende il tuo petto arco, sopracciglio e seno: vieni vieni, dice il tremore, facciamoci cullare su questa frequenza dove terminiamo. VIII Forse un giorno ci piacerà il modo in cui le formiche escono dalla nostra ombra. Un giorno, quando la tua pelle non sarà più irrorata di sangue, sarà bianca come la carta su cui scrivo, su cui tu leggi, bianca e silente: un abito da sposa dismesso sarà, comunque descritto con te, e quando il punto di svolta sarà morto, il lenzuolo nell'ultima mossa irrigidito sotto un paesaggio fatto di sogni, che scorre sopra di noi, allora ti chiederò: di che tempo di esposizione abbisogna la felicità, prima che ci si chiudano gli occhi. Jürgen Nendza Traduzione di Nino Muzzi |
Nymphe Zeit der Zikaden, weiße Zeit, als der Junge am Wasser saß, die runde Stirn auf die Arme senkte. Wohin ist er gegangen? Wege sind durch den Wald, verborgne. Da hol ich ein blutendes Kraut. Auf die Steine leg ichs, ruf hinterm Rain den jagenden Häherschrei, hell. Und ergrünenden Blicks taucht sie im stäubenden, weichen Erlenschatten herauf. Syrinx, dein Ach, ein Geklirr, fährt durch die Büsche. J. Bobrowski
| Ninfa Tempo di cicale, tempo bianco, allorquando sedeva il fanciullo in riva all'acqua, appoggiando la fronte tonda sulle braccia. Dove sarà sparito? Ci son sentieri che traversano il bosco, nascosti. Là colgo un'erba sanguinante. Sulle pietre la pongo, richiamo dietro al ciglio il verso della ghiandaia, acuto. E lei affiora con sguardo verdeggiante nella morbida, polverosa ombra degli ontani. Siringa, il tuo gridare ahimè, un trillo, si propaga attraverso i cespugli. J. Bobrowski Traduzione di Nino Muzzi Infanzia Memoria per un pescatore di fiume |
November Tröste mich. Dir hab ich mich anvertraut. Dir hab ich meine Frauen geopfert. Und meine Kinder die kennen mich nicht. Du hast meine Gesundheit. Du hast meine Kraft. Du hast meine Freunde. Du hast vom Besten von mir alles. Tröste mich denn ich hasse dich. Literatur. Franz Xaver Kroetz | Novembre Consolami. A te mi sono Affidato. A te ho sacrificato le mie donne. E i miei figli non mi conoscono. Tu hai la mia salute. Tu hai la mia forza: Tu hai i miei amici. Tu hai tutto il meglio di me. Consolami ché io ti odio. Letteratura. Franz Xaver Kroetz Traduzione di Nino Muzzi |
Zufall Wenn statt mir jemand anderer auf die Welt gekommen wär'. Vielleicht meine Schwester oder mein Bruder oder irgendein fremdes blödes Luder - wie wär' die Welt dann, ohne mich? Und wo wäre denn dann ich? Und würd' mich irgendwer vermissen? Es tät ja keiner von mir wissen. Statt mir wäre hier ein ganz anderes Kind, würde bei meinen Eltern leben und hätte mein ganzes Spielzeug im Spind. Ja, sie hätten ihm sogar meinen Namen gegeben! Martin Auer | Il caso Se un altro al mio posto fosse venuto al mondo. Forse una mia sorella oppure un mio fratello o anche un qualche altro stupido disgraziatello - come sarebbe allora il mondo senza me? E qualcuno sentirebbe poi la mia mancanza? Qui al mio posto ci sarebbe un altro bimbo, vivrebbe dai miei genitori e avrebbe nell'armadietto tutti i miei giocattoli. Sì, gli avrebbero dato il mio nome addirittura! Martin Auer Traduzione di Nino Muzzi |
Le mauve Le crépuscule monte lentement en moi. Il prend place en chacun des membres, chacune des veines. Il occupe tout l'espace dévoué à la respiration, au battement du cœur. Il monte sans relâche, s'agrippe aux cordes vocales, fait gonfler la gorge et redresse le cou. Il atteindra bientôt les yeux qui ruisselleront en silence. Le mauve est aussi tragique qu'un abandon. Marc André Brouillette | Color malva Sale il crepuscolo in me lentamente. Occupa un posto in ciascun membro, in ciascuna vena. Occupa tutto lo spazio concesso alla respirazione, al battito del cuore, s'aggrappa alle corde vocali, fa gonfiare la gola e irrigidire il collo. Ben presto raggiungerà gli occhi che gronderanno di lacrime in silenzio. Il color malva è tragico come un abbandono. Marc André Brouillette Traduzione di Nino Muzzi |
Blick in den Hof Während es anfängt zu schneien schaukelt das Mädchen im Hof schaukelt sich tief ins wachsende weiße Dunkel Glück ist ein Sekundenschlaf Ich schaue auf, die leere Schaukel schwingt noch ein wenig nach Harald Hartung
| Sguardo nel cortile Mentre comincia a nevicare la bimba fa l'altalena nel cortine oscillando profondamente nel buio che cresce bianco felicità è dormire un secondo rialzo lo sguardo, l'altalena vuota continua ad oscillare ancora un po'. Harald Hartung Traduzione di Nino Muzzi
|
Alter schulweg Verschwunden vom Dorfplan bleibt er ein Herz- und Hirnweg an Bäumen vorbei, die längst verheizt sind, Menschen, die keiner mehr kennt, nur ein Alter noch nennt. Mitten im Feld verschwand er im Bohnenwald. In muldiger Matte verschenkte Libussas Baum seine Bronzebirnen, ein Körper der Stamm, gekleidet in wehrhafte Borke, blühendes Moos, das grünte nach dem Gewitter. Föhnwind im Haar talab im Schotter verschwemmter Kurven rannte ich, quollen am Erdrand Gebirge von Wolken empor, im Schulsack hüpfte die Fibel, erzählte allwissend von Brunnen und Sonne, Waldkind und Wolf. Heimweg hinauf im Gegenlicht, wenn in der Dole am Postrain das Wasser lispelte, lockte - mein Schatten hinter mir war, im Dorf das Läuten einbrach - bestürzend und unentrinnbar. Immer wurde gestorben, schlug die Stunde, erinnerten Schläge, Erz-Stimmen, an die kurze, die lange Zeit. Zeitloses Glück, als ich erstmals den doldigen Milchstern erblickte. Ein Edelweiss! Mutter, gefunden am Hummelnestbord bei der Grube, wo die Weide ins Sumpfloch schaut. Erika Burkart
| Il vecchio sentiero della scuola Scomparso dalla planimetria del villaggio, resta come sentiero del cuore e della mente che passa accanto ad alberi, ormai da tempo legna da ardere, ad uomini, che nessuno più conosce, e solo un vecchio li rammenta. Spariva in mezzo al campo nella selva dei baccelli. In morbida stuoia donava l'albero di Libussa le sue pere di bronzo, un corpo il tronco, coperto da una corazza di corteccia e di muschio fiorito che verdeggiava dopo l'acquazzone. Col vento caldo nei capelli correvo giù sulla ghiaia delle curve, traboccavano montagne di nubi sul bordo della terra, nello zaino ballettava il sussidiario, narrava, onnisciente, di fontane e di sole, del bimbo nel bosco e del lupo. La via di casa in salita, controluce, quando nella Dole sul lungofiume l'acqua sussurrava, attraente - l'ombra mi stava alle spalle, nel villaggio scrosciava lo scampanio - sconvolgente e ineluttabile. Si moriva continuamente, l'ora suonava, i colpi di campana, voci di metallo, ricordavano la brevità, la lunghezza del tempo. Felicità senza tempo, quando scorsi la prima volta la lattea stella a ombrella. Una stella alpina! Madre, trovata al bordo del nido di bombi presso la fossa dove il salice guarda nella pozzanghera. Erika Burkart Traduzione di Nino Muzzi
|
En el último invierno de mi vida he visto el sol, sus casas blancas, sus calles de luz: vidrios de mica y sal en el absorto mediodía de lo ya vivido. He visto el baile mío hecho de anillos y a Lucía llorando con sus ojos belgas suavemente estrábicos que no saben amar, desbordados por mi amor excesivo. Y he visto las acequias en el aire, los pétalos, los caballos orinando y llorando. He visto mi alma en la capilla de la Virgen que amé. En las calles del sol, llenas de cruces. Y yo estaba desnudo en la lluvia pidiendo limosna, olvidando las palabras, adivinando esta cruz en el pecho que me ahoga. Soy el ciego en el sol, en su luz que ilumina y enciende las calles de Masnou, la casa oscura, las flores amarillas, la alacena y la carbonera. Y al morir sólo quedan los recuerdos como un sol encendido o las puertas abiertas de una casa vacía. Juan Antonio Masolivier Ródenas | Nel mio ultimo inverno della vita ho visto il sole, le sue case bianche, le sue strade di luce: vetri di mica e sale nell'assorto mezzodì del già vissuto. Ho visto il ballo mio fatto di anelli e Lucia che piangeva coi suoi occhi belgi soavemente strabici che non riescono ad amare, inondati dal mio eccessivo amore. E ho visto le gore nell'aria, i petali, i cavalli orinanti e piangenti. Ho visto l'anima mia nella cappella della Vergine che amai. Nelle strade del sole, piene di croci. E io stavo nudo nella pioggia chiedendo la carità, dimentico delle parole, sentendo questa croce nel petto che mi soffoca. Sono il cieco nel sole, nella sua luce che illumina e incendia le strade di Masnou, la casa oscura, i fiori gialli, la dispensa e la carbonaia. E mentre muoio solo mi restano i ricordi come un sole fulgente o come le porte aperte di una casa vuota. Juan Antonio Masolivier Ródenas traduzione di Nino Muzzi |
schmale Schatten ich werde vom Flirren der Bäume im Licht nichts sagen, auch nicht von den Bäumen an sich. kein Wort von der Buche im Hinterhof der Ärztin deren Tochter im Schlafzimmer stirbt, kein Wort vom Blauglockenbaum im eigenen Hof, unter dem ich und du bis spät in der Nacht sitzen und so tun als sei die Tochter der Ärztin nur in den Gedichten die ich aufschreibe, echt. ich werde vom Flirren der Bäume im Licht nur die Kronen preisgeben die Kronen der Bäume im kreiselnden Wind und die Nadeln, die immer grün sind, daran. ich werde so tun, als sei nur das hitzige, flimmernde Licht eingestickt in die Kronen der Fichten, ganz echt. aber nicht ihre eng stehenden Stämme darunter, nie schmale Schatten, der Wald, die Bäume an sich. Ulrike Almut Sandig | Esili ombre Non dirò niente del fremito degli alberi nella luce, e neppure degli alberi in sé. Non una parola del faggio nella corte interna della dottoressa la cui figlia agonizza nella camera da letto, né una parola della paulownia nella nostra corte, sotto la quale tu ed io sediamo di notte fino a tardi fingendo che la figlia della dottoressa sia reale solo nelle poesie che scrivo. Del fremito degli alberi nella luce offrirò solo le chiome le chiome degli alberi nel vento che le avvolge e gli aghi, che sono sempre verdi, che le rivestono. Fingerò che solo la luce infuocata, fremente ricamata nelle chiome dei pini, sia quella autentica. Ma non i loro sottostanti tronchi fitti l'uno accosto all'altro, mai le esili ombre, il bosco, gli alberi in sé. Ulrike Almut Sandig traduzione di Nino Muzzi |
wolkiger himmel. am bildrand liegen äste aus gestreckt über dem wasser, die langen finger greifen weit hinaus und halten das meer in der bucht. beim genauen hinsehen ist der horizont nicht glatt, sondern fein geriffelt, das licht kommt immer ein wenig zu früh oder zu spät aus den wellen zurück, je nachdem wie schnell sich die augen scharf stellen sie laufen dem glanz hinterher, den ästen reicht diese zeit völlig aus, sie bleiben weich und fest in der haut, an den händen schaukelt das wasser sich auf und der dunst verwischt bald die konturen, die kleinen rillen am rand des bildes, der fingerkuppen. Nico Bleutge | cielo nuvoloso. sul bordo della immagine si stendono ramaglie sopra l'acqua, le lunghe dita si protendono a ghermire lontano e trattengono il mare nel golfo. guardando attentamente non è piatto l'orizzonte, bensì lievemente scannellato, la luce ritorna sempre un po' troppo presto o troppo tardi dalle onde, secondo come gli occhi focalizzano essi corrono dietro alla luce, ai rami basta questo tempo in assoluto, restano molli e duri nella pelle, nelle mani l'acqua ondeggia più forte e la nebbia vaporosa confonde presto i contorni, le piccole scanalature a margine dell'immagine, dei polpastrelli. Nico Bleutge Traduzione di Nino Muzzi |
80GB Les lumières de la ville s'éloignent, peu à peu, tu ne vois plus que du noir au dehors, du noir au dedans, tu cherches encore quelque clarté, une passerelle qui relierait les visages de ton passé à ceux de ce présent dont tu touches toute l'intensité à bord de cet avion qui te mène d'un bout à l'autre de toi-même, laissant couler le flot de ta conscience - comme un fleuve dénoue les glaces qui enserrent ses rivages. Tu écoutes le silence qui flotte au-dessus de ton siège, à mesure que le grondement des moteurs apaise ton âme. L'avion se redresse, tout ralentit, tu revois les images qui composent ta vie, - tu sais au retour ton cœur, au retour tu auras changé, ton regard aura dévié. Mais à l'instant, tu voudrais trouver un stylo, noter dans les pages lignées de ton cahier noir le fil de mots que déroule ta conscience, noter - la moindre particule échappée des choses - et ces nuages qui traversent ton hublot, indifférents au monde dans lequel tu vis, à cette carlingue qui le déforme, avec à son bord des centaines d'individus rivés à de petits écrans qui offrent la mort en direct de leurs héros, doucement les bercent, - bordent leurs silences, bordent leurs rêves, et jusqu'à leurs pensées. À l'instant, tu voudrais enfoncer des mots dans le silence des pages, laisser résonner ton poème parmi le fracas du monde, attendre, attendre que les oiseaux recommencent à voler - alors que le bulletin se referme sur des images touristiques de sites enchanteurs, le flot de ta conscience déroule le fil banalisé des événements : un jeune homme explose avec la charge dissimulée sous le pli d'un vêtement, la bombe, l'obus, la terre minée, les armes des kamikazes, brigades, soldats prêts à tout sacrifier, tandis que l'on recueille les corps, les âmes, le peu de vie qui reste, les noms cassés s'élancent du haut des tours, s'effondrent devant la colère des chars d'assaut qui fauchent le sol, pressent une Terre déjà chancelante. Cent fois pareilles images, cent fois les mêmes mots, mais tu ne peux pour autant les éluder, faire comme si, et t'habituer peu à peu au mensonge, peu à peu à l'illusion, - faire comme si l'indifférence, peu à peu, comme si au milieu des villes, les places abandonnées n'étaient plus que souillées par les oiseaux de passage, faire comme si tu ne pouvais mettre les doigts dans les roues de l'Histoire, faire tenir la douleur sur ce fil que déroule ton poème. Pour peu, on oublierait qu'il existe d'autres mondes, par exemple celui où t'emmènent ton stylo et ton cahier, - cet étrange duo d'encre et de papier au temps du portable et du jetable, du performant et de l'éblouissant -, pour peu, il ne resterait qu'une nuée d'objets dont on apprend le fonctionnement, des lettres assemblées - cd dvd - ledpc - ogm omc - que l'on récite pour désigner notre réelle réalité. Hélène Dorion
| 80GB Le luci della città si allontanano, poco a poco, non vedi altro che buio di fuori, buio di dentro, cerchi ancora qualche chiarore, una passerella che riunisca i volti del tuo passato a quelli di questo presente di cui tu tocchi tutta l'intensità a bordo di quest'aereo che ti porta da un capo all'altro di te stessa, lasciando scorrere il flusso di coscienza - come un fiume scioglie i ghiacci che imprigionavano le sue rive. Tu ascolti il silenzio che alita sopra il tuo sedile, al ritmo in cui il brontolio dei motori rappacifica la tua anima. Si raddrizza l'aereo, tutto rallenta, tu rivedi le immagini che compongono la tua vita, - tu sai al ritorno il tuo cuore, al ritorno tu sarai cambiata, il tuo sguardo sarà deviato. Però al momento, vorresti trovare una penna, annotare sulle pagine vergate del tuo quaderno nero il filo di parole che dipana la tua coscienza, annotare - la minima particella sfuggita dalle cose - e quelle nubi che trascorrono sul tuo oblò, indifferenti al mondo in cui tu vivi, a questa carlinga che lo deforma, con a bordo centinaia d'individui incollati a piccoli schermi che offrono la morte in diretta dei loro eroi, li cullano dolcemente, -bordano il loro silenzio, bordano i loro sogni, e perfino i loro pensieri. In quest'istante tu vorresti infilare parole nel silenzio di queste pagine, far risuonare la tua poesia in mezzo al fracasso della gente, aspettare, aspettare che gli uccelli riprendano a volare -quando il notiziario si chiude sulle immagini turistiche di siti d'incanto, il flusso della tua coscienza svolge il filo banalizzato degli avvenimenti: un giovanotto esplode con la carica esplosiva nascosta sotto una piega del vestito, la bomba, l'obice, la terra minata, le armi dei kamikaze, brigate, soldati pronti ad ogni sacrificio, mentre si raccolgono i corpi, le anime, il poco di vita che resta, i nomi spezzati si lanciano dall'alto delle torri, si frantumano dinanzi alla collera dei carri d'assalto che falciano il suolo, opprimono una Terra già traballante. Cento volte simili immagini, cento volte le stesse parole, ma tu non puoi per questo eluderli, fare come se, e abituarti poco a poco alla menzogna, poco a poco all'illusione, -fare come se l'indifferenza, poco a poco, come se al centro delle città, le piazze abbandonate non fossero più sporcate che dagli uccelli di passo, fare come se tu non potessi mettere le dita negl'ingranaggi della Storia, tenere il dolore sul filo che dipana la tua poesia. Per poco, si dimenticherebbe che esistono altri mondi, per esempio quello in cui ti conduce la tua penna e il tuo quaderno, -questo strano duo d'inchiostro e di carta nell'epoca del portatile e dell'usa e getta, del performante e dell'abbagliante-, per poco, non resterebbe che una nuvolaglia di oggetti di cui s'impara il funzionamento, delle lettere assemblate -cd dvd-ledpc-ogm omc- che si recitano per designare la nostra realtà vera. Hélène Dorion traduzione di Nino Muzzi
|
Dick vermummtes Winterbild Ich spüre nichts und gehe durch stille Autokolonnen. Die Welt ist eingepackt in Goldpapier. Die Beleuchter stöhnen. Das Gehirn labt sich am gelben Neon-Geflügel der Wienerwaldstätten; eine Rolle Drops erstrahlt in feierlichem Glanz. Hier auf der U-Bahntreppe verliere ich haltlos die Tränen und wieder vergeht auch bei uns zu Hause ein Winter ohne jede Zuchtperle. Die Hauptperson liegt in ihrem kleinen Bett mein Kind, ich sehe es an, es ist Jesus. Es riecht so gut durch die Windeln - Babycreme gemischte Gerüche und Gefühle, Wollsocken eine Herberge, ein Licht dem man sich nähern kann. Ich nehm die Hände aus den Taschen. Ich bin verrückt nach diesem Babygeruch. Das grüne Badewasser läuft ab und unter der Erde schäumt ungesehen ein Wunder auf. Ich und du - wir schlagen uns heute morgen mit unendlich humanem Ausdruck ans Kreuz. Das war wieder mal das Frühstück. Meiner Frau bleibt die Milch weg von der Schufterei, ich sehe das ein. Draußen wird noch geschossen. Man packt uns an den kleinen Beinen und wirft uns in die Luft. Wir werden geschlagen und erschossen, das aber erst später. Jesus greift nach meiner Brille, aber vielleicht will er mich nur segnen. Ich will keine alten Geschichten und keine neuen Geschichten. Und ich will keine renovierten Geschichten. Ich will die Verwandlung menschlicher Energie in warme Zimmer und dampfende Abendessen. Ich hack dir dein Holz damit du es von Weihnachten bis Ostern warm hast. Vergleiche sind mir verhaßt aber einmal hat man uns in Wiesloch kein Zimmer vermietet weil wir irgendwie aussahen. Dir zuliebe besauf ich mich Weihnachten nicht. Schon seh ich dich in der Sonne auf einem Strohhalm kauen. Im Radio singt ein Quartett Engel die Seele eines Hahns fliegt auf vom Klotz und der Briefträger fliegt vorbei und gibt mir vierhundert Mark und die Reisenden fliegen in den Himmel der stumpf ist von Schnee. Ich rauche schon wieder. Die Könige müssen in der Nähe sein - es klingelt. Erleuchtete Fenster in dunklen Wolken. Du bist Jesus aber andere sind es auch. In der Brieftasche trag ich das Funkbild einer Rehfütterung im Harz durch deine Kindheit geht die russische Schlittenfahrt. Diese Engel quietschen ganz schlüpfrig. Sie haben ihr Geheimnis verloren und trudeln wie Flugzeugteile. Es riecht nach Braten, das ist so bei uns. Nie werde ich erfahren wie alt du einmal wirst Jesus von mir zu meinem Ebenbild gemacht damit kommst du nicht weit. Nicolas Born
| Volto d'inverno sotto maschera pesante Insensibile vo fra taciturne colonne d'auto. Il mondo è foderato di stagnola dorata. I candelabri gemono. La mente si ristora all'insegna al neon del pollo del Wienerwald; un rotolo di gommosette emana un luccichio festivo. Qui sui gradini del metrò mi sciolgo in lacrime ininterrottamente e di nuovo trascorre anche da noi un inverno senza nemmeno una perla coltivata. La persona più importante giace in un lettuccio il mio bambino, lo guardo, è Gesù. Odora di buono attraverso le fasce - crema per baby odori misti a sentimenti, calze di lana un alloggio, una luce a cui ti puoi accostare. Mi tolgo le mani di tasca. Mi fa impazzire quest'odore di bimbo. L'acqua verde del bagno disgorga e sotto terra spumeggia invisibile un miracolo. Io e te - ci battiamo stamani con gesto umanissimo sul dorso. Eccoci di nuovo a colazione. Mi moglie resta senza latte a forza di lavorare, me ne rendo conto. Fuori si spara ancora. Ci afferrano alle gambette e ci lanciano in aria. Veniamo battuti e fucilati, ma questo solo più tardi. Gesù mi acchiappa gli occhiali, ma forse mi vuol solo benedire. Non voglio né storie vecchie, né storie nuove. E neppure storie riadattate ai tempi. Chiedo la trasformazione dell'umana energia in stanze calde e cene fumanti. Ti spacco la legna affinché da Natale a Pasqua tu stia al caldo. I paragoni sono odiosi, però una volta a Wiesloch non ci hanno affittato una camera per il nostro aspetto particolare. Per amor tuo a Natale non mi sbronzo. Già ti vedo nel sole con in bocca un filo di paglia. Alla radio un quartetto canta Angeli l'anima di un galletto se ne vola dal ceppo e il postino passa al volo e mi allunga quattrocento marchi e i viaggiatori volano in cielo che è opaco di neve. Ho ricominciato a fumare. I magi devono essere nelle vicinanze - suonano alla porta. Finestre illuminate nelle nuvole nere. Tu sei Gesù, ma anche altri lo sono. Nel portafogli porto la foto di un foraggiamento di caprioli nello Harz il viaggio in slitta russo passa attraverso la tua infanzia. Quegli angeli cinguettano tutti lascivi. Hanno perduto il loro mistero e franano giù a vortice come frammenti di aeroplano. Si sente l'odore di arrosto, da noi è così. Io non saprò mai quanto diventerai vecchio o Gesù non sarai tento distante da me, fatto come sei a mia immagine e somiglianza. Nicolas Born traduzione di Nino Muzzi
|
Ach! Ach, noch in der letzten Stunde werde ich verbindlich sein. Klopft der Tod an meine Türe, rufe ich geschwind: Herein! Woran soll es gehn? Ans Sterben? Hab ich zwar noch nie gemacht, doch wir werd'n das Kind schon schaukeln - na, das wäre ja gelacht! Interessant so eine Sanduhr! Ja, die halt ich gern mal fest. Ach - und das ist Ihre Sense? Und die gibt mir dann den Rest? Wohin soll ich mich jetzt wenden? Links? Von Ihnen aus gesehn? Ach, von mir aus! Bis zur Grube? Und wie soll es weitergehn? Ja, die Uhr ist abgelaufen. Wollen Sie die jetzt zurück? Gibts die irgendwo zu kaufen? Ein so ausgefall'nes Stück Findet man nicht alle Tage, womit ich nur sagen will - ach! Ich soll hier nichts mehr sagen? Geht in Ordnung! Bin schon Robert Gernhardt | Ah! Ah, fino all'ultima ora saremo compiacenti. Se la Morte bussa alla porta, diremo subito: avanti! Si tratta di che? Di morire? Veramente non l'ho mai fatto, comunque ci posso provare - ci sarebbe da ridere a un tratto! Interessante questa clessidra! Sì, la stringo compiaciuto. Ah - e questa sarebbe la falce? È lei che mi dà il benservito? Dove mi devo volgere adesso? A sinistra? Visto da Lei? Ah, da me! Fino alla fossa? E come andrà avanti, poi? Sì, la clessidra è svuotata. L'oggetto va restituito? Non ce ne son più da comprare? È un pezzo un po' desueto non è che si trovi ogni giorno, con ciò voglio dire soltanto -ah! Non devo qui dire più nulla? Va bene, va bene! Son pronto Robert Gernhardt traduzione di Nino Muzzi |
herbstvillanelle den tagen geht das licht aus und eine stunde dauert zehn minuten. die bäume spielten ihre letzten farben. am himmel wechselt man die bühnenbilder zu rasch für das kleine drama in jedem von uns: den tagen geht das licht aus. dein grauer mantel trennt dich von der luft, ein passepartout für einen satz wie diesen: die bäume spielten ihre letzten farben. eisblaue fenster - auf den wetterkarten der fernsehgeräte die daumenabdrücke der tiefs. den tagen geht das licht aus, dem leeren park, dem teich: die enten werden an unsichtbaren fäden aufgerollt. die bäume spielten ihre letzten farben. und einer, der sich mit drei sonnenblumen ins dunkel tastet, drei schwarzen punkten auf gelb: den tagen geht das licht aus. die bäume spielten ihre letzten farben. Jan Wagner
| villanella d'autunno ai giorni va spegnendosi la luce e un'ora dura dieci minuti. gli alberi hanno inscenato i loro ultimi colori. nel cielo mutano troppo rapide le quinte per il piccolo dramma in ognuno di noi: ai giorni va spegnendosi la luce. il tuo cappotto grigio ti separa dall'aria, un passepartout per una frase come questa: gli alberi hanno inscenato i loro ultimi colori. finestre blu-ghiaccio - sulle carte meteo dei televisori le impronte delle minime. ai giorni va spegnendosi la luce, al parco desolato, allo stagno: le anatre si arrotolano a fili invisibili. gli alberi hanno inscenato i loro ultimi colori. e uno, che con tre girasoli avanza a tentoni nel buio, tre punti neri sul giallo: ai giorni va spegnendosi la luce. gli alberi hanno inscenato i loro ultimi colori. Jan Wagner Traduzione di Nino Muzzi
|
[De certains rêves] De certains rêves, nous possédions la langue. Du vide, comme d'un amour, nous épuisions l'élan extrême, puis sa désespérance. Nous avions vu la beauté (un orient au cœur des lettres exécutées), mais n'avions pu trouver de réponse au mal qui battait en nous et ce qui était resté dans nos yeux, avec le vent, montait l'éclair. Martine Audet
| [Di certi sogni] Di certi sogni possedevamo la lingua. Del vuoto, come di un amore, esaurivamo lo slancio estremo, poi la sua disperanza. Avevamo visto la bellezza (un oriente nel cuore delle lettere eseguite), ma non avevamo potuto trovare risposta al male che pulsava in noi e quel che era rimasto nei nostri occhi, con il vento, cavalcava il lampo. Martine Audet Traduzione di Nino Muzzi
|
De ser posible Luego de cuatro meses de volver a casa los pájaros de la mañana siguen sonando a fresco, a plantas, a cerros de tierra fértil entre hojarasca y armadura. Diríase que los barcos siempre pasaron por aquí en días inciertos de bruma y querosene, pero nada de eso, salitre es lo que extraño con sus curaciones respiratorias y exfoliantes de la piel porque entre tanta venda y achicoria entre cortes, tajos y rebanaditas, las jeringas prominentes y las gasas vaporosas, ya mis trazos, dibujitos, no me dicen ni me hablan ni me consienten. Aguanieve sobre la ciudad, incendios provocados en los cerros mis vecinos, pulcritud y una extraña cosa nueva que aún no identifico porque aprendí a pensar que luego de cierto tiempo y en otro lugar todo lo raro vuelve y se presenta en su mejor traje de fiesta. Limpio y sin costuras. Todavía se siente la alegría de caminar el patio de la recámara hacia la cocina; el frío del comedor se cuela entre las sílabas, las letras y palabras porque es la manera de decir que es tiempo de volver como hace cuatro meses, habitar un lugar y cargar con esas dos maletas que ojalá no guarden ni miedo ni pesadillas. Espanto comprobar las cargas de cada quién, los vacíos de cada cual; la hora de la mañana parla puntual desde un reloj y pinta de oro macizo los recovecos del habla. Muchos fueron los lugares donde nunca bebí un café y pocos más fueron los sitios donde evité llegar porque me di cuenta que empecé a ser más feliz caminando y hablando sola, de ser posible en voz alta. Amaranta Caballero Prado | Possibilmente Dopo quattro mesi dal ritorno a casa gli uccelli del mattino continuano a cinguettare di frescura, di piante, di poggi di terra fertile fra fogliame e ramaglia. Si direbbe che le barche siano passate sempre per di qua in giorni torbi di bruma e kerosene, e invece niente di tutto ciò, salnitro è quello che mi manca con le sue benefiche inalazioni e con effetti esfolianti sulla pelle perché fra tante bende e cicoria, fra tagli, ferite e incisioni, le siringhe puntute e le garze vaporose, già i miei schizzi, i miei disegnetti non mi dicono, né mi parlano né mi consolano. Nevischio sopra la città, incendi dolosi nei poggi qui vicini, ordine e una strana cosa nuova che non posso ancora identificare, perché imparai a pensare che dopo un certo tempo e in altro luogo ogni cosa rara ritorna e si presenta nel suo migliore abito da festa. Pulito e inconsutile. Tuttavia si sente l'allegria di attraversare il cortile dal ripostiglio fino alla cucina; il freddo della sala da pranzo s'insinua fra le sillabe, lettere e parole perché è questo il modo di dire che è tempo di tornare come quattro mesi fa ad abitare un luogo e a partire con queste due valigie che spero non contengano né paura né incubi. Mi spavento a controllare i pesi di ciascuna, i vuoti di ciascuna; l'ora del mattino parla puntuale da un orologio e riempie di oro massiccio i meandri del linguaggio. Tanti furono i posti dove non presi mai un caffé e pochi più furono i siti dove evitai di arrivare perché mi era chiaro che cominciavo ad essere più felice camminando e parlando da sola, possibilmente a voce alta. Amaranta Caballero Prado Traduzione di Nino Muzzi |
Schnee Meinst du am Ende die Möwen, die Stiefel nachts auf der Mole, nachts in den Schnee? Triest oder Turku, Turku, Triest - wo sind die Flocken, wo die Figuren, unsere Sohlen, was treten sie fest? Meinst du den Lichtschein am Rand, die Tiefe, meinst du den Blick, die offene See? Kein Schnee, Schnee, Kot, Kaugummi, Eis, und kein Schnee - Schneefall ist alles, was ich noch weiß, blau sind die Hände, blau ist der Rest. Marcel Beyer
Schilf | Neve Pensi alla fine ai gabbiani, agli stivali di notte sul molo, di notte nella neve? Trieste oppure Turku, Turku oppure Trieste dove sono i fiocchi, dove sono le figure, cos'è che calpestano le nostre suole? Pensi al chiarore sulla riva, alla profondità, pensi allo sguardo, al mare aperto? Niente neve, neve, mota, chewing gum, il ghiaccio e niente neve - nevicata è tutto quel che ancora so, sono violacee le mani, violaceo è tutto il resto. Marcel Beyer Traduzione di Nino Muzzi
|
die messbare tiefe der organisation die messbare tiefe der organisation, die uns animierte. den urmeter prüfen. die häuser bestehen aus kuchen. montagne sainte-victoire´s twenty four expiring versions per time unit. beachte das frischedatum der umgebenden dinge. die natur produziert fertiggerichte. durch öffentliche ämter mithin geht das geerntete, geht das körpergewicht bekleidet hindurch. wir lagen übereinander, in der generationszeit. auf mir befand sich ein präsident und die endlose reihe seiner lebendigsten darsteller. sagt eine erbse zur andren. die nachschublinien sind über und über mit wohngebieten bedeckt. rasen von bürgerbüros. wenn strukturen auf die straße gehen, was ist dann die straße. und das obst, am strauch sekundenlang optimal konserviert. ich zahlte in der lebensmittelabteilung und bekam das geld am automaten zurück, das an den bäumen wächst. Daniel Falb | la commensurabile profondità dell'organizzazione la commensurabile profondità dell'organizzazione che ci animava. controllo del metro originale. le case sono fatte di torta. montagne sainte-victoire´s twenty four expiring versions per time unit. osserva la data di scadenza degli oggetti circostanti. la natura produce cibi precotti. attraverso i pubblici uffici scorre il raccolto, scorre il peso corporeo lordo. si giaceva l'uno sull'altro nel tempo della generazione. sopra di me si trovava un presidente e tutta la interminabile fila dei suoi rappresentanti viventi. dice un pisello all'altro. le linee di rifornimento sono sempre più coperte da zone residenziali. prati di uffici civili. quando le strutture vanno giù per strada, cos'è allora la strada. e la frutta, al meglio conservata per qualche secondo appesa al cespuglio. io pagavo nel reparto alimentari e ricevevo il resto al distributore automatico che cresce accanto agli alberi. Daniel Falb Traduzione di Nino Muzzi |
Es ist ein Schnitter, der heißt Tod, | Si chiama Morte ed è un mietitore, |
Zwischenzeit Es ist soweit; ich gleite von dem Farnblatt Zwischen Wahn, Gedankenwedeln und Wachen aus der Urzeit stehen bereit. Es ist das Alte Halsband Angst, nicht Mensch, nicht Tier zu sein. Es ist das Privileg des braungefassten Blicks, das mich vor allen in die Demut schickt Es ist die Frage, die mir keiner stellt und doch Die Antwort fordert, mich erhält. Nun sag: Wie Erträgst du deine Einsamkeit? Es Ist die eine Wache, Hund, ist Lunge ganz, und Wind, die ein bunt bedrucktes Lachen Aus meinem Kinde bricht Und wie das Gras so silbern wie der Fuchs Zu bellen nun beginnt, stimmt: Es ist Der Umstand, dass dies das Gemüt erhellt und Freundlich sich die Welt zu uns verhält. Es Ist soweit, wir buddeln in Gemeinsamkeit, kaum Deutlicher als dies das Glück Es ist das Zeichen, sich im Gras zu drehen, die Wünsche auf dem Bauche liegend mit Achtung Zu versehen. Es ist Unsinn, den Knoten prinzipiell Und besonders einem jungen Hund… Geschickt Erklären Hände nur; und die andere Wache Trauer, halte ich Mara-Daria Cojocaru | Frattempo È giunto il momento; scivolo dalla foglia di felce Fra la follia, lo scodinzolio dei pensieri e Il risveglio da tempi remoti son là pronti. È Il vecchio collare della paura di non essere Uomo, ma bestia. È il privilegio dello sguardo Cerchiato di scuro che mi relega prima di tutti Nell'umiltà. È la domanda, che nessuno mi pone Eppur aspetta la risposta, che mi trattiene. Or dimmi: Come sopporti la tua solitudine? È Quella guardia, cane, tutto polmone, e Vento, che spezza un colorito riso stampato Sorto dal mio bambino E come l'erba argentea al pari della volpe comincia quindi ad abbaiare, è vero: È Dovuto al caso che ciò sollevi l'umore e Il mondo si comporti gentilmente con noi. È Giunto il momento, scaviamo nella solitudine, appena più chiara di questo la felicità è il segno per rotolarsi nell'erba e mostrare attenzione ai desideri sdraiati sulla pancia. È insensato ... in linea di principio il nodo E specialmente ad un cucciolo di cane. Solo le mani sono adatte a spiegare; E l'altra guardia, il dolore, io la trattengo. Mara-Daria Cojocaru Traduzione di Nino Muzzi |
Die Stunde stirbt wie in dem Wind die Frucht Es rollen die Äpfel Dir vor die Füße am Weg, Augustwind bläst mit vollen, warmen Backen, Die Ähren stehen struppig, gelb und träg, Und Wolken wandern, wie Berge mit gläsernen Zacken. Mein Haus liegt dort unter den gläsernen Bergen Und atmet Menschen ein und atmet Menschen aus. Tage wie Riesen, Tage gleich den Zwergen Trafen sich oft um Mitternacht am Haus. Des Windes Fahne rauscht am Dach vorüber, Die Sommerstund enteilt auf blauem Kahne, Die Gläserberge werden matt und trüber, Und keine Stunde, ob ich sie auch mahne, Stillt ganz der Sehnsucht ewige Lebenswunde. Die Stunde stirbt, wie in dem Wind die Frucht, Und wenn nicht Liebe sie vertraut umwirbt, Die Stunde, wie der Apfel an dem Weg, verdirbt. Max Dauthendey
| Come nel vento il frutto, l'ora perisce Ti rotolano ai piedi sul viottolo le mele, vento d'agosto sbuffa a gote gonfie di calura, le spighe stanno in piedi ispide, pigre e gialle, e vagan nubi, come monti di vitrea dentellatura. Casa mia sta lassù sotto i vitrei monti inspira uomini e uomini espira. Giorni come nani, giorni come giganti a casa s'incontrarono spesso a tarda ora. Sfiora il tetto frusciando la bandiera del vento, l'ora estiva vola via su barca azzurra, i vitrei monti si fanno opachi e smorti intanto, e, anche se l'ammonisco, non c'è ora che plachi l'eterna ferita del rimpianto. Come nel vento il frutto, l'ora perisce, e se amor confidente non le sta accanto, l'ora, come la mela sul viottolo, marcisce. Max Dauthendey Traduzione di Nino Muzzi
|
Nächtliche Fahrt Jüngst im Traum ward ich getragen Über fremdes Heideland; Vor den halbverschloßnen Wagen Schien ein Trauerzug gespannt. Dann durch mondbeglänzte Wälder Ging die sonderbare Fahrt, Bis der Anblick offner Felder Endlich mir bekannter ward. Wie im lustigen Gewimmel Tanzt nun Busch und Baum vorbei! Und ein Dorf nun - guter Himmel! O mir ahnet, was es sei. Sah ich doch vor Zeiten gerne Diese Häuser oft und viel, Die am Wagen die Laterne Streift im stummen Schattenspiel. Ja, dort unterm Giebeldache Schlummerst du, vergesslich Herz! Und dass dein Getreuer wache, Sagt dir kein geheimer Schmerz. - Ferne waren schon die Hütten; Sieh, da flatterts durch den Wind! Eine Gabe zu erbitten Schien ein armes, holdes Kind. Wie vom bösen Geist getrieben, Werf ich rasch der Bettlerin Ein Geschenk von meiner Lieben, Jene goldne Kette, hin. Eduard MÖRIKE | Viaggio notturno Ultimamente un sogno mi ha portato attraverso sconosciute brughiere; procedeva quel carro scoperchiato come al seguito di un corteo funebre. Procedeva nel viaggio stravagante per boschi sotto il chiarore lunare, finché di campi aperti finalmente la vista non si aprì più familiare. Come in un esilarante brulichio albero e siepe in danza volan via! Ed ora ecco un villaggio - buon Dio! Ma io posso intuir che cosa sia. Tempo addietro ammirai con piacere di quelle case, molte e sovente, che la lanterna appesa alle vetture sfiora in un gioco d'ombre silente. Sì, sotto quel tetto appuntito stai sonnecchiando, smemorato cuore! E che rimanga sveglio il tuo devoto non te lo dice un segreto dolore. -Ero già dalle casupole distante; ecco, nel vento un fremere di volo! Una soave bambina indigente sembrava come mplorare un regalo. Quasi spinto da spirito malsano, rapido getto a quella mendicante la mia catena d'oro come dono, era un regalo della mia amante. Eduard MÖRIKE Traduzione di Nino Muzzi |
[Die Felsen in ihren Flechten] Die Felsen in ihren Flechten atmen ruhig in gemeinsamem Zug wie das für vielfältig gefältelte Felsen nicht zu erwarten ist sie haben ihren Atem an den der Sonne angeglichen ebenso Birken und Kiefern des Walds auch unser Haus ein Waldzögling Abendanbruch auf dem Hügel vor uns treibt das Getreidetal in ein wiegendes Gelb drum ist auch in uns dieses Gelb gezogen Wir haben unser Bett in der von Licht durchfächelten Veranda aufgestellt sitzen noch lange vor dem Haus und hören und schauen sind allen Reiselüsten abgestorben So nah ist D denk ich und seine Sprechsprach wie die Mutter ist sie war bei uns ist heimgefahren in mir bleibt ein verwaister Raum zurück ich halt ihn leer damit er Hallraum sein kann Über das Korntal her dann als das Licht in einer Muldendämmerung unterkriecht kommen den Donner dicht bei sich die Blitze blank grad wie von anderer Welt umstellen das Haus Dorothea Grünzweig | [Gli scogli nei loro intrecci] Gli scogli nei loro intrecci respirano tranquilli in egual ritmo come non ci si aspetta da scogli variamente raggrinziti hanno adeguato il loro respiro a quello del sole come alle betulle e ai pini del bosco anche la nostra casa è un discepolo del bosco Inizio serale sulla collina apre dinanzi a noi la valle del grano in un giallo ondeggiante per cui anche in noi si estende questo giallo Noi abbiamo sistemato il letto nella veranda striata di luce stiamo seduti ancora a lungo dinanzi a casa e ascoltiamo e guardiamo ogni smania di viaggio si è attutita È così vicina G penso e la sua parlata è come la madre ci era vicina ed è ritornata a casa sua in me resta uno spazio di orfana lo lascio vuoto perché possa riecheggiare Oltre la valle del grano poi quando la luce scivola in un incavato tramonto arrivano i lampi con appresso il tuono rischiarano a giorno la casa proprio come fosse un altro mondo Dorothea Grünzweig Traduzione di Nino Muzzi |
Bierstube Magie allemande Bierstube Magie allemande Et douces comme un lait d'amandes Mina Linda lèvres gourmandes Qui tant souhaitent d'être crues A fredonner tout bas s'obstinent L'air Ach du lieber Augustin Qu'un passant siffle dans la rue Sofienstrasse Ma mémoire Retrouve la chambre et l'armoire L'eau qui chante dans la bouilloire Les phrases des coussins brodés L'abat-jour de fausse opaline Le Toteninsel de Boecklin Et le peignoir de mousseline Qui s'ouvre en donnant des idées Au plaisir prise et toujours prête Ô Gaense-Liesel des défaites Tout à coup tu tournais la tête Et tu m'offrais comme cela La tentation de ta nuque Demoiselle de Sarrebrück Qui descendais faire le truc Pour un morceau de chocolat Et moi pour la juger que suis-je Pauvres bonheurs pauvres vertiges Il s'est tant perdu de prodiges Que je ne m'y reconnais plus Rencontres Partances hâtives Est-ce ainsi que les hommes vivent Et leurs baisers au loin les suivent Comme des soleils révolus Tout est affaire de décors Changer de lit changer de corps À quoi bon puisque c'est encore Moi qui moi-même me trahis Moi qui me traîne et m'éparpille Et mon ombre se déshabille Dans les bras semblables des filles Où j'ai cru trouver un pays Coeur léger coeur changeant coeur lourd Le temps de rêver est bien court Que faut-il faire de mes jours Que faut-il faire de mes nuits Je n'avais amour ni demeure Nulle part où je vive ou meure Je passais comme la rumeur Je m'endormais comme le bruit C'était un temps déraisonnable On avait mis les morts à table On faisait des châteaux de sable On prenait les loups pour des chiens Tout changeait de pôle et d'épaule La pièce était-elle ou non drôle Moi si j'y tenait mal mon rôle C'était de n'y comprendre rien Dans le quartier Hohenzollern Entre la Sarre et les casernes Comme les fleurs de la luzerne Fleurissaient les seins de Lola Elle avait un coeur d'hirondelle Sur le canapé du bordel Je venais m'allonger près d'elle Dans les hoquets du pianola Elle était brune et pourtant blanche Ses cheveux tombaient sur ses hanches Et la semaine et le dimanche Elle ouvrait à tous ses bras nus Elle avait des yeux de faïence Et travaillait avec vaillance Pour un artilleur de Mayence Qui n'en est jamais revenu Il est d'autres soldats en ville Et la nuit montent les civils Remets du rimmel à tes cils Lola qui t'en iras bientôt Encore un verre de liqueur Ce fut en avril à cinq heures Au petit jour que dans ton coeur Un dragon plongea son couteau Le ciel était gris de nuages Il y volait des oies sauvages Qui criaient la mort au passage Au-dessus des maisons des quais Je les voyais par la fenêtre Leur chant triste entrait dans mon être Et je croyais y reconnaître Du Rainer Maria Rilke. Louis Aragon
| Bierstube Magia tedesca Bierstube Tedeschi sortilegi E come latte di mandorle dolci Mina Linda labbra voraci Che speran tanto in orecchie attente E mugolano ostinate pian pianin L'arietta Ach du lieber Augustin Fischiettata per via da un passante. Sofienstrasse La mia memoria Ritrova l'armadio e la camera L'acqua nel bollitore che mormora Le frasi su ricamati origlieri L'abat-jour di falsa opalina La Toteninsel di Boecklin E la vestaglia di mussolina Che si apre e dà certi pensieri Presa al piacere e sempre compita O Gaense-Liesel della sconfitta Tutt'ad un tratto voltavi la testa E mi offrivi così spigliata La tentazione della tua nuca Signorina di Saarbruecken Scendevi giù a far quella cosa Per un pezzetto di cioccolata E io per giudicarla cosa sono Povere gioie povero abbandono E tanti prodigi che si perdono Sicché non riconosco più chi sono Incontri partenze tutt'affrettati È così che gli uomini vivono E i lor baci da lungi li seguono Simili a tanti soli tramontati È solo un fatto di sceneggiatura Cambiar di letto cambiar di corpo A che serve se poi sono ancora Io che uso con me il sotterfugio Io che mi trascino e dissemino E la mia ombra che si dispoglia In ogni uguale abbraccio femmineo Dove credevo trovare rifugio Cuor leggero mutevole pesante È tanto breve il tempo sognante Cosa ne devo fare dei miei giorni Cosa ne devo fare delle notti Non avevo né amori né dimore In nessun luogo ove si vive o muore Trascorrevo come passa il rumore Mi assopivo come fa il baccano Era un tempo del tutto stravolto Ci si metteva a tavola col morto Si costruivan castelli di sabbia Si prendevano i lupi per cani Tutto cambiava di spalla e di polo Era sì o no la commedia bislacca Se non ci giocavo bene il mio ruolo Era perché non ci capivo un'acca Nel quartiere Hohenzollern Fra la Saar e le caserme Come d'erba medica il fiorame Fiorivano i capezzoli di Lola Aveva un cuore di rondinella Sopra il divano del bordello Seduto con lei spalla a spalla Fra i singhiozzi della pianola Lei era bruna ma bianca di pelle I capelli cadevan dalle spalle Ai fianchi e apriva braccia spoglie Il dì festivo e il feriale ad ognuno Aveva gli occhi di porcellana E lavorava con grande lena Per un artigliere di Magonza Che non ha fatto mai più ritorno C'è in città un'altra soldataglia E la notte i civili fanno veglia Rimettiti del rimmel sulle ciglia Lola che presto ci devi lasciare Ancora un bicchierino di liquore Era un mattino d'aprile alle ore Cinque che dentro al tuo cuore Un dragone affondò il suo pugnale Il cielo era tutto nubi grigie Vi volavan le oche selvagge Che gridavan la morte al passaggio Al di sopra di case e di quais Io le vedevo dalla finestra Quel canto triste mi entrava in testa Nella memoria in cui si ridesta Un che di Rainer Maria Rilke. Louis Aragon traduzione di Nino Muzzi
|
Projektion 1975 | Proiezione 1975 Dov'è il domani che ieri scorgevamo Il primo uccello canta tutta la notte Avvolto in un manto rosso va il mattino Attraverso la brina che sembra sangue al suo passo Leggo quello che scrissi tre, cinque, venti Anni fa come fosse il testo di un autore defunto, di un'epoca in cui la morte poteva ancora entrare nel verso. Gli assassini hanno smesso di scandire il nome delle loro vittime. Ricordo ancora il primo tentativo di scrivere un pezzo di teatro. Nel guazzabuglio del dopoguerra il testo andò perduto. Cominciava con il giovane eroe che si mette Allo specchio e tenta di indovinare per quali Percorsi i vermi faranno breccia nella sua carne. Finiva con lui in cantina che fa a pezzi suo padre. Nel secolo di Oreste e di Elettra che sta spuntando L'Edipo ormai non sarà che una commedia. Heiner Müller Traduzione di Nino Muzzi |
Une légère fièvre Perdre ce qui aurait pu être a laissé une trace, un mot vacant du côté du feuillage où le temps s'égoutte. L'inerte contient une vitesse que je n'atteindrai jamais. C'est notre chambre sur la rue. Je voudrais regarder ton visage à l'instant où le monde prend feu. Mais tout ce qui est souffre d'être traduit. Qui pourrait séparer les ombres pour qu'à nouveau elles connaissent l'attente? Le poème s'apprend à plat ventre dans les orties. Je sais que je dois étouffer ma voix. Jean-Baptiste Para
| Una febbre leggera Perdere ciò che avrebbe potuto essere ha lasciato una traccia una parola vacante dal lato del fogliame dove sgocciola il tempo. L'inerte possiede una sveltezza che io non raggiungerò mai. È la nostra camera sulla strada. Vorrei guardare il tuo viso nell'istante in cui il mondo s'incendia. Ma tutto quello che è soffre nell'essere tradotto. Chi potrebbe separare le ombre perché di nuovo conoscano l'attesa? La poesia s'impara a pancia in terra sulle ortiche. Lo so che devo soffocare la mia voce. Jean-Baptiste Para Traduzione di Nino Muzzi
|
ici, une femme ici, une femme rit ou crie au secours puis elle danse avec l'homme qui la battait tout à l'heure et recommence, les pires injures sont des noms de code qui disent qu'on est frères et le verbe traiter est un intransitif, ici une mère hurle avance ou je te tue à l'enfant qui ne se hâte pas mais elle se tourne et couvre le petit corps avec un soin précis (...) car il fait un peu froid Florence Pazzottu | qui, una donna qui, una donna ride o grida aiuto poi balla con l'uomo che la batteva poco prima e ricomincia, le peggiori ingiurie son nomi in codice che dicono che siamo fratelli e il verbo trattare è un intransitivo, qui una madre urla muoviti o t'ammazzo al bimbo che non si sbriga ma poi si volta e copre il piccolo corpo con una cura precisa (...) perché fa un po' freddo Florence Pazzottu Traduzione di Nino Muzzi |
Baise m'encor, rebaise-moi et baise; Donne m'en un de tes plus savoureux, Donne m'en un de tes plus amoureux: Je t'en rendrai quatre plus chauds que braise. Las! te plains-tu? Çà, que ce mal j'apaise, En t'en donnant dix autres doucereux. Ainsi, mêlant nos baisers tant heureux, Jouissons-nous l'un de l'autre à notre aise. Lors double vie à chacun en suivra. Chacun en soi et son ami vivra. Permets m'Amour penser quelque folie: Toujours suis mal, vivant discrètement, Et ne me puis donner contentement Si hors de moi ne fais quelque saillie. Louise Labé | Baciami ancora, baciami e ribacia; Dammene uno dei tuoi più saporosi, Dammene uno dei tuoi più amorosi: Te ne rendo quattro più caldi della brace. Ah! Ti lamenti? Calmerò il tuo scontento, Dandotene altri dieci dolci dolci. Così, mischiando sì gioiosi baci, Godiamo l'un dell'altra a piacimento. Allora a ognuno doppia vita verrà. Ciascun per sé e per l'amico vivrà. Amor concedimi qualche idea inaudita: Sempre soffro, vivendo appartata, Né posso dire di essere appagata Se fuor di me non tento qualche uscita. Louise Labé Traduzione di Nino Muzzi |
Beaucoup de ces dieux ont péri | Di quegli dèi ne sono morti tanti |
Wolken Claude Debussy: Erste Sonate für Cello und Klavier Der Körper deiner Stimme ist schwer wie die aufgetürmten Wolken über den Alpen. Gipfel, fikiv und veränderlich, erniedrigen das Gebirge, bis es flach daliegt als Landkarte seiner selbst. Die starken Saiten, heruntergespannt und festgemacht an den Wipfeln der Fichten, lassen sich nur zupfen, nicht streichen, und das nur in genauen Momenten. Was indessen der Bogen fasst, ist flüchtig wie ein Steinschlag oder die Erinnerung daran, wie sich die zugewandte Hälfte meines Körpers neben dir erwärmte, als wären wir ein früher Morgen im Sommer. Helwig Brunner | Nuvole Claude Debussy: Prima sonata per piano e violoncello Il corpo della tua voce è greve come le nubi ammassate sulle Alpi. Guglie, finte e variabili, abbassano le montagne, fino ad appiattirle a carta geografica di se stesse. Le forti corde, allentate e fissate alle vette degli abeti, si possono solo pizzicare, non sfregare, e questo solo in precisi momenti. Quel che invece produce l'archetto è volatile come il tuffo di un sasso o come il ricordo di quando la parte del mio corpo rivolta a te si riscaldava accanto al tuo, come fossimo stati in un primo mattino d'estate. Helwig Brunner traduzione di Nino Muzzi |
Auf dem Ätna
|
Sull'Etna Stavamo seduti nel bus climatizzato. Ai tornanti brillava la ginestra. Il cicerone narrava la storia di Odisseo come se fosse lui l'uomo pieno di astuzie. Il bus si torse a un tratto verso l'alto. Già si sentiva chiaro l'urlo di Polifemo. Pecore dai ventri pesanti trotterellarono fuori. Chissà come un eroe poteva star lì sotto. L'accecato, si dice, rimase a bocca asciutta. L'astuto disse che il suo nome era Nessuno. Nessuno mi ha straziato, gridava il Ciclope. Il flusso di lava era spanto sul parcheggio. Alla stazione della funivia c'era un gran pigia pigia. Lassù c'erano shuttle bus e scorie annerite che venivano ammucchiate da escavatori a cingoli. I vapori di zolfo c'invadevano le narici. Le suole delle nostre scarpe lasciavano impronte nel tappeto di cenere morbido come velluto. Torrette di scorie di lava fiancheggiavano la pista. Gli dei erano sordi ai lamenti del gigante. In marcia militare seguivamo l'uomo atletico. Lui portava gli occhiali da sole di Armani. Dagli avvallamenti saliva su fumo. Si poteva metterci la mano senza disseccarla. Una farfalla volava sull'orlo del cratere. Secondo Google è un Papilio alexanor - A strisce nere e gialle con due punti rossi alle falde della marsina, o come si chiamano. Io pensavo a Odisseo, a tutte le sue astuzie che devono essere piaciute agli Dei mattacchioni. Prima del rientro bevemmo latte macchiato. Era caldo come venisse dalle viscere della terra. Ci furono benevoli anche gli Dei inaccostabili. Ai piedi del vulcano ci attendeva l'apicoltore. Così assaggiammo anche noi della manna celeste. Il Papilio alexanor, si dice, si nutra solo di rugiada. Thomas Böhme traduzione di Nino Muzzi
|
Das Grab des Odysseus Niemand wird finden das Grab des Odysseus, kein Spatenstich den krustigen Helm im Dunst versteinerter Knochen. Such nicht die Höhle, wo unter die Erde hinab ein wehender Ruß, ein Schatten nur, vom Pech der Fackel versehrt, zu seinen toten Gefährten ging, die Hände hebend waffenlos, bespritzt mit dem Blut geschlachteter Schafe, Mein ist alles, sagte der Staub, das Grab der Sonne hinter der Wüste, die Riffe voller Wassergetöse, der endlose Mittag, der immer noch warnt der Seeräubersohn aus Ithaka, das Steuerruder, schartig vom Salz, die Karten und Schiffskataloge des alten Homer. Peter Huchel
| La tomba di Ulisse Nessuno troverà la tomba di Ulisse, né una palata l'elmo incrostato fra la polvere di ossa calcinate. Non cercare la caverna, dove giù sotto terra fuliggine alitante, solo un'ombra, andò dai suoi morti compagni di viaggio, alzando le mani vuote di armi, schizzate del sangue di pecore sgozzate. Tutto è mio, diceva la polvere, il sepolcro del sole dietro il deserto, gli scogli pieni di strepito di mare, il mezzodì senza fine, che continua a minacciare il figlio del pirata di Itaca, il timone, incrostato di sale, le carte e l'elenco delle navi del vecchio Omero. Peter Huchel traduzione di Nino Muzzi
|
Eins, ursprung hellblau, sphärisch konkav wasser allenthalben, dasselbe wandlose fließen im raum den nichts umschreibt überall nur das einzige unteilbare wasser das den himmel enthält die sonne die wolken über den blühenden kirschen den tau und das monotone rauschen aus dem zentrum lautbare stille, drehung Elfriede Czurda | Uno, origine blu-chiaro, sfericamente concavo acqua dappertutto, lo stesso incontenibile scorrere nello spazio che non definisce niente dovunque soltanto l'unica indivisibile acqua che in sé contiene il cielo il sole le nubi sopra i ciliegi in fiore la rugiada e il monotono frusciare dal centro ben noto silenzio, svolta Elfriede Czurda traduzione di Nino Muzzi |
Clowns pour clowns Acrobates, jongleurs, trapézistes, cracheurs de feu, dompteurs, cavaliers, magiciens, danseurs de corde sont au cirque les glorieuses métaphores d’un monde qui troque chaque jour un peu plus le goût du risque et la vie à la roulotte contre le premier principe de précaution venu et la peur sédentaire. Où s’exercent encore, loin des chapiteaux, une telle volonté, une telle bravoure, une telle superbie ? Où se livrent encore de tels corps à corps qui transfigurent l’effort, qui incarnent les rêves ? Et quand déferlent les pitreries, c’est le même ordre qui se défait sur la piste au milieu des éclats de rires. On se dit qu’avec ou sans pantalon bouffant, avec ou sans chaussures immenses, les princes, les excellences, les éminences, les présidents de tout et de n’importe quoi n’accompliront jamais rien de plus que quelques tours dans la sciure ponctués par douze coups de cymbales... Il n’a d’ailleurs pas manqués d’empereurs pour usurper le nom d’Auguste sans avoir le tact ou le scrupule de se mettre un nez rouge. André Velter | Pagliacci per pagliacci Acrobati, giocolieri, trapezisti, sputa-fuoco, domatori, cavalieri, maghi, funamboli sono al circo le gloriose metafore di un mondo che baratta ogni giorno di più il gusto del rischio e la vita in roulotte contro il primo qualsivoglia principio di cautela unito alla paura sedentaria. Dove si esercita ancora, lontano dai tendoni, tal volontà, tal coraggio, tale orgoglio? Dove si vedono ancora di siffatti corpo a corpo che trasfigurano lo sforzo, che incarnano i sogni? E quando si scatenano le pagliacciate, è l'ordine stesso che si disfa sulla pista nel bel mezzo degli scoppi di risa. Ci si dice che con o senza pantaloni gonfi, con o senza calzature immense, i prìncipi, le eccellenze, le eminenze, i presidenti di tutto e checchessia non realizzeranno niente di più che qualche giro nella segatura punteggiato da dodici colpi di piatti... Non è che sian mancati imperatori ad usurpare il nome di Augusto ma non ebbero il tatto o lo scrupolo di mettersi un naso rosso. André Velter traduzione di Nino Muzzi |
als mir die sprache abhanden kam | quando smarrii la lingua forse stavo bevendo caffè o aprivo un giornale. forse tiravo le tendine o guardavo giù in strada, quando mi abbandonò. pensai anche ma che rantolo viene dal profondo della parete, che tintinnio in questa stanza. nessun vetro della finestra si era rotto, nessuna seggiola si era rovesciata in cucina. sulle insegne delle strade si sono spenti i nomi in lettere incenerite. sopra le case fuggiva via il serbatoio di parole, massiccio, silenzioso. la mia lingua palpitava come una balena spiaggiata dentro la bocca arida. Fuggii dalla città, mi ritirai al di là della frontiera. non giunse lettera e le risposte non ci furono. dove io ero, si è aperto un vuoto. dove io sono, vaga la mia ombra nell'erba. Maja Haderlap traduzione di Nino Muzzi |
Emigrés Ils déménagent tout le ciel bleu, en chiffons dans leurs malles d’osier Les allers-retours de leurs rêves Et le gros édredon de laine, bourré comme un nuage qui va pleuvoir. Le ventre rond de la femme bouge. La terre tourne un peu dans ses yeux. Ils ne disent rien, ne vont nulle part. Ils s’asseyent ou restent debout au coin de la rue, serrés les uns contre les autres. Jean-Michel Maulpoix | Emigranti Sgomberano tutto il cielo azzurro, in stracci nei loro bauli di vimini il va e vieni dei loro pensieri e il grande coltrone di lana, zeppo come una nube che sta per piovere. Il ventre gonfio della donna si muove, la terra gira leggermente nei suoi occhi. Non dicono niente, non vanno da nessuna parte. Stanno seduti o in piedi all'angolo della via, stretti gli uni contro gli altri. Jean-Michel Maulpoix traduzione di Nino Muzzi |
Voyages Le voyage commence avant, bien avant les voyages, dans une maison grande comme une boîte d’allu-mettes, avec des odeurs de sel, d’immortelles, le carrelage brisé devant la cheminée. Rumeur au creux des coquillages. Armurier de marine, mon grand-père habitait à côté. J’entends le bruit d’un pas la nuit: le mien. Je me lève attiré par la tiédeur du terrain sableux où je creuse un tunnel pour ressortir à l’autre bout du monde. Là nous irons la tête en bas ! La nuit est pleine d’étoiles. La mer monte. La lune éclaire mes travaux. Ainsi, pendant des jours, je fouillai un sable de plus en plus humide et de plus en plus pur jusqu’à tomber sur une nappe d’eau, saumâtre, grise. Il me fallut chercher plus tard une autre voie. Plusieurs pistes s’offraient en étoile : pirate ou pèlerin ? Pirate des livres dont les pages reçoivent le vent comme des voiles ? Ou pèlerin d’encore, du plus lointain et du plus bleu ? Pierre Lartigue | Viaggi Il viaggio comincia prima, molto prima dei viaggi, in una casa grande come una scatola di fiammiferi, con odori di sale, d'immortelle, con le piastrelle sbrecciate davanti al camino. Rumori nel cavo delle conchiglie. Era armatore di marina mio nonno che abitava accanto. Odo il rumore di un passo la notte: il mio. Mi alzo attratto dal tepore di un terreno sabbioso dove scavo un tunnel per sbucare dall'altra parte del mondo. Là cammineremo a testa in giù! La notte è piena di stelle. Cresce la marea. La luna rischiara i lavori. Così, per giorni e giorni, scavai in una sabbia sempre più umida e sempre più pura fino a cadere in una pozza d'acqua salmastra, grigia. Dovetti cercare in seguito un altro percorso. Diverse piste mi si offrivano in forma di stella: pirata o pellegrino? Pirata dei libri con le pagine gonfie di vento come vele? O anche pellegrino, di lontananze più grandi e più azzurre? Pierre Lartigue traduzione di Nino Muzzi |
A Photograph of Two Brothers How old were we? Eight, ten or so? I seem the fearful one – you glow, All bounce and boyisch confidence, Which looking back now makes no sense. I haven’t changed that much – and yes, I hurt too easily I guess, Though mostly now the tears I shed Are proxy tears, for you, long dead. Dick Davis | Una foto di due fratelli Quanti anni avevamo? Otto, dieci o giù di lì? Sembravo io quello timido – tu irradiavi saltellante fiducia giovanile, che vista con gli occhi di oggi non ha senso. Io non sono cambiato molto -ma sì, faccio ancora del male a molti suppongo, anche se la maggior parte delle lacrime che verso son più o meno lacrime per te, morto da tanto. Dick Davis traduzione di Nino Muzzi |
Everyone gets lighter | Ognuno diventa più leggero La vita è un sacco di doni e ogni singolo giorno ricevi un gran mucchio di regali sotto un abete luccicante con appese infinite palle e luci colorate; pile di regali in elegante confezione, la scatola rossa con il nastro verde e quella blu col nastro argento e quella bianca col nastro oro. Non è tanto quello che avviene, quanto il modo con cui ti ci accosti. Tu sei in una bolla d'acqua, il corpo umano, in un jet privato che pare un mondo da Dio, un boccale di champagne ed una speciale luminosità e vuotezza, pelle di aria, in basso un mare silente di nuvole bianche e in alto la vasta cupola del cielo azzurro e la tua mente è un chiodo di metallo fra i due. Non è tanto quello che avviene, quanto il modo con cui ti ci accosti. Rialzati gatto morto, afferra il coltello che cade, dopo infiniti pugni nell'ombra del tuo sonno, combatti nei tuoi sogni e stendi te stesso k.o. Vedi come tutto è vuoto e appare come magico display, in natura tutti sono un gioco fra vuoto e chiarezza. Ognuno diventa più leggero ognuno diventa più leggero ognuno diventa più leggero ognuno diventa più leggero, ognuno è luce. 2002 John Giorno traduzione di Nino Muzzi |
Der Handschuh Der Spaziergang. | Il guanto Di fronte al serraglio del leone, in attesa della tenzone, stava seduto Franz, il sovrano, e intorno a lui i grandi del trono e intorno sul balcone in alto di dame uno splendido serto. E come fa cenno col dito, si apre la grata ad invito, e dentro con circospezione muove il suo passo un leone e volge intorno intorno lo sguardo taciturno con un lungo sbadiglio e scuote la criniera e le membra si stira e trova per terra il giaciglio. E di nuovo fa un cenno il re, ed ecco all'istante che si apre un'altra porta, e fuori ne corre con slancio selvaggio una tigre. Come scorge il leone, forte ruggendo, traccia con la coda un cerchio tremendo, mostra la lingua e gira guardinga intorno al leone, con volto spietato, poi brontolando si allunga per terra di lato. E il re ha di nuovo accennato, ora la gabbia dalla doppia porta sputa due leopardi in una volta, che con un balzo di lotta bramosi si avventano alla tigre, coraggiosi; essa li afferra fra zampe feroci, mentre il leone con un ruggito si solleva, e tutto torna quieto; ma tutt'attorno distesi a uccidere pronti e tesi si dispongono i felini atroci. Ecco che cade dal bordo dell'altana un guanto da una bella manina e fra la tigre e il leone in mezzo si depone. E al cavalier Delorges, beffardamente, si volge la nobil Kunigunde: "Cavaliere, se il Vostro amore è ardente, come da Voi a ogni ora si pretende, raccoglietemi allora quel guanto!" E il cavaliere con rapido salto, scende giù nel terribile serraglio con passo baldanzoso, e dal centro spaventoso prende il guanto con ardito piglio. E fra paure e stupori lo guardano dame e cavalieri, e lui tranquillo riporta il guanto. Qui la lode da ogni bocca si diffonde, ma con tenero sguardo d'amore - promessa di un imminente favore - lo riceve la nobil Kunigunde. E lui le getta in faccia quel suo pegno: "I suoi favori, o Dama, non li agogno!" E l'abbandona allo stesso istante. Friedrich Schiller (1797) traduzione di Nino Muzzi
|
Mein Vater | Mio padre Chi è costui? chiedono gli amici e indicano la foto dell'uomo sulla mia scrivania fra Salvador Allende e Angela Davis. Io rispondo: Mio padre. Morto. E nessuno chiede di più. Chi è costui? chiedo io all'uomo che non sorride neppure sulla foto del passaporto, che mi schiva con lo sguardo come quando si salutano persone indesiderate. Figlio di contadini, uno dei dodici, e a undici anni via dalla scuola; aveva imparato a guardare in alto con la testa bassa. È diventato curvo come operaio alla macchina e come soldato traviato contro i rossi. E poi ancora: credere e non capire. Però continuare. Da operaio alla macchina da padre di famiglia e la domenica in chiesa per via della moglie e della gente del villaggio. Io l'ho odiato. La sera, quando rientrava a casa dalla fabbrica, gli gridavo in faccia vocaboli, dal latino, dall'inglese. A tavola con professori, quando il the dalla mano tremante mi gocciolava sulle ginocchia, ho messo insieme battute su manone che odoravano di olio da macchine. Ho smesso di credere con fatica. Ho imparato a capire e ho capito: Lo voglio amare fino alla morte di chi è colpevole della sua vita e del mio odio. Talvolta quando già una coperta gli copriva le ginocchia in sedia a rotelle, lui mi prendeva la mano, la misurava con le dita e lo sguardo e mi chiedeva cosa ci volevo fare, un nuovo mondo. Con te, gli rispondevo e serravo il mio pugno nel suo. Allora facemmo del tempo il nostro tempo, quando gli elencavo sul tavolo un quinto del mondo rosso e lui pezzo pezzo e prudente lo prendeva per oro colato e per sé. Chi è costui? chiedono gli amici e io dico: Uno di noi. Solo che il fotografo ha dimenticato che lui mi guarda e ride. Ulla Hahn traduzione di Nino Muzzi |
Ende der Welt Die Eisberge sind in Alaskas Himmel | Fine del mondo A questo punto il mondo è giunto effettivamente sui pali del telegrafo siedon le vacche e giocano a scacchi così malinconico canta il Kakadu sotto le gonne della ballerina spagnola come un trombettiere da stato maggiore e i cannoni gemono tutto il giorno questo è il paesaggio in viola di cui il signor Mayer parlava quando perse l'occhio solo con i pompieri si può scacciare l'incubo notturno dal salotto però tutte le pompe sono scoppiate sì sì Sonia qui Lei può vedere la bambola di celluloide come pelle di ricambio e gridare: God save the king tutta la lega dei Monisti si trova riunita sul battello “Meyerbeer” ma solo il timoniere ha una vaga idea dell'alto C tiro fuori l'atlante anatomico dal dito del piede inizia uno studio serio avete visto i pesci in frac in piedi di fronte all'Opera già da due notti e due giorni? Ahi ahi voi gran diavoli – ahi ahi voi apicoltori e comandanti della piazza volontà bau bau bau volontà dove dove dove chi non sa oggi cosa nostro padre Omero ha cantato io considero la guerra e la pace nella mia toga però mi decido per il Cherry-Brandy flip nessuno sa se lui domani è stato con il coperchio della bara ci si batte il ritmo se solo però qualcuno avesse il coraggio di strappare le penne della coda al tramway è un gran tempo i professori di zoologia si raccolgono sul prato scacciano l'arcobaleno col palmo della mano il gran prestigiatore si pone i pomodori sulla fronte riempi ancora cespuglio e castello fischia il cervo saltella il cavallo (chi è qui che non dovrebbe diventar scemo) Richard Huelsenbeck traduzione di Nino Muzzi
|
déjà-vu | déjà-vu non togliermi la mano dai capelli e continua a carezzare il tremulo cuoio capelluto fallo piano. tranquilla. continua. non smettere. come mi rende inquieto il motivo del pavimento. racconta qualcosa. soprattutto parla con me. qui c'è un grappolo di panici momenti quello che prima era immagine ora è imploso e torna indietro come sciolto infinitamente nel tempo qui c'è il disco che salta continuamente lo conosci e non lo conosci quel maledetto pezzo non puoi uscire dalla pelle, dallo spazio mentale e ogni batter di ciglia fa spavento e ogni frase che uno dice è uno shock e un colpo e ogni parola ha la forza di gravità e il peso e mi porta giù, immagine non mi abbattere non togliermi la mano dai capelli e continua a carezzare il tremulo cuoio capelluto fallo piano. tranquilla. continua. non smettere. Norbert Hummelt traduzione di Nino Muzzi |
Einschlüsse. Vier Gespräche von selbst 1 Es nimmt zu. Von Tag zu Tag. Die Kälte. Das Gewölk. Der Schwerverkehr. Erst gestern war das Gras noch grün. Und heute? Gib es nur zu, du, mit deinem grauen und dem schwarzen Auge! - Von Schnee keine Ahnung und schon gar nicht vom Schneien. - Nimm die Finger aus den Rabatten, leg endlich die Pilze auf den Tisch und gesteh unsere Niederlage ein: Wir mit unseren Totentrompeten können nicht schneien! 2 Schwere Mäuler. Überbiss. Die Brustwarzen der Dame weisen Richtung südsüdwest: Mutter und Sohn, einander aus dem Gesicht geschnitten. Wüste Gesichter, aber ein Benehmen wie Könige, Schlossabfüllung. Sie legen ihre Grundbücher auf den Wirtshaustisch. Und gemeinden dich ein. 3 Seit Tagen liegt das Knacken der Radiatoren mir als Warnung im Ohr. Und die Tauben im Quartier sind mit Botschaften letzter Dringlichkeit unterwegs für mich. - Doch, wage ich mich einmal vor bis zum Fenster, frisst mir die Welt aus der Hand! 4 Schnee. Schnee bis in die österreichischen Herrgottswinkel unserer armen Seelen hinein: Nassschnee! Klaus Merz | Inclusioni. Quattro dialoghi nati da soli 1 Giorno dopo giorno. Aumenta. Il freddo. L'annuvolamento. Il traffico pesante. Solo ieri l'erba era ancora verde. E oggi? Ammettilo,tu, con un occhio grigio e uno nero! -Di neve neppure un'idea e figuriamoci poi del nevicare.- Via le dita dai ribassi, metti in tavola i funghi finalmente e ammetti la nostra sconfitta: noi con le nostre trombette dei morti non possiamo nevicare! 2 Bocche pesanti. Denti di sopra. I capezzoli della signora indicano verso sudsudovest: madre e figlio, l'un l'altra tagliati da un volto. Volti desertificati, ma con un portamento da re, riempimento dei castelli. Appoggiano i loro libri catastali sul tavolo della trattoria. E ti rendono cittadino. 3 Da giorni mi sta nell'orecchio i crepitio dei radiatori come un avvertimento. E i piccioni viaggiatori del quartiere sono in viaggio con dei messaggi di estrema urgenza per me. - Ma se oso affacciarmi una volta alla finestra, il mondo mi mangia dal cavo della mano! 4 Neve. Neve fino all'ultimo austriaco angolo delle nostre povere anime: neve bagnata! Klaus Merz Traduzione di Nino Muzzi |
Herr von Ribbeck auf Ribbeck im Havelland, Ein Birnbaum in seinem Garten stand, Und kam die goldene Herbsteszeit Und die Birnen leuchteten weit und breit, Da stopfte, wenn's Mittag vom Turme scholl, Der von Ribbeck sich beide Taschen voll, Und kam in Pantinen ein Junge daher, So rief er: "Junge, wiste 'ne Beer?" Und kam ein Mädel, so rief er: "Lütt Dirn, Kumm man röwer, ick hebb 'ne Birn." So ging es viel Jahre, bis lobesam Der von Ribbeck auf Ribbeck zu sterben kam. Er fühlte sein Ende. 's war Herbsteszeit, Wieder lachten die Birnen weit und breit; Da sagte von Ribbeck: "Ich scheide nun ab. Legt mir eine Birne mit ins Grab." Und drei Tage drauf, aus dem Doppeldachhaus, Trugen von Ribbeck sie hinaus, Alle Bauern und Büdner mit Feiergesicht Sangen "Jesus meine Zuversicht", Und die Kinder klagten, das Herze schwer: "He is dod nu. Wer giwt uns nu 'ne Beer?" So klagten die Kinder. Das war nicht recht, Ach, sie kannten den alten Ribbeck schlecht; Der neue freilich, der knausert und spart, Hält Park und Birnbaum strenge verwahrt. Aber der alte, vorahnend schon Und voll Milßtraun gegen den eigenen Sohn, Der wußte genau, was damals er tat, Als um eine Birn' ins Grab er bat, Und im dritten Jahr aus dem stillen Haus Ein Birnbaumsprößling sprößt heraus. Und die Jahre gingen wohl auf und ab, Längst wölbt sich ein Birnbaum über dem Grab, Und in der goldenen Herbsteszeit Leuchtet's wieder weit und breit. Und kommt ein Jung' übern Kirchhof her, So flüstert's im Baume: "Wiste 'ne Beer?" Und kommt ein Mädel, so flüstert's: "Lütt Dirn, Kumm man röwer, ick gew' di 'ne Birn." So spendet Segen noch immer die Hand Des von Ribbeck auf Ribbeck im Havelland. Theodor Fontane | A Ribbeck in Havelland di Ribbeck il signore teneva in giardino un albero di pere, e quando era il tempo dell'autunno dorato, e le pere brillavano gialle da ogni lato, mentre a mezzodì la torre batteva le ore, se ne empiva le tasche di Ribbeck il signore, passava un giovinetto in zoccoli com'era, lui gli gridava: "Giovane, la vuoi una pera?" passava una ragazza, lui diceva: "Bambina, vieni un po' qua da me che ti do una perina." Così andò per tanti anni fino a che lodato il signore di Ribbeck fu a morte destinato. Sentiva la sua fine. Era tempo d'autunno ridevano di nuovo le pere tutt'intorno; allor disse von Ribbeck: "E' giunta la mia ora. Mettete accanto a me nella fossa una pera." E tre giorni passarono, poi dall'alto maniero von Ribbeck venne portato al cimitero e tutti i contadini e massari per l'usanza cantavano "Gesù, sei la mia speranza", e i bambini tristi con un peso nel cuore dicevano: "E' morto. Chi ci darà le pere?" Piangevan così i bimbi. Però non era giusto, in quanto il vecchio Ribbeck tutto aveva disposto; certo il giovane Ribbeck, avaro e risparmino, teneva sotto chiave sia il pero che il giardino. Ma il vecchio, che era stato da tempo preveggente non fidandosi affatto del proprio discendente, lo sapeva benissimo cosa faceva allora quando chiese una pera con sé dentro la bara, e dopo tre anni dalla quieta dimora ecco che getta un piccolo germoglio la pera. E gli anni passarono e passarono ancora, e ormai si spande un pero sulla sepoltura e quando viene il tempo dell'autunno dorato brillano tante pere gialle da ogni lato. E se passa un ragazzo presso la sepoltura l'albero gli sussurra: "La vuoi una pera?" e se passa una ragazza le sussurra: "Bambina, vieni un po' qua da me che ti do una perina." Così ancora e sempre grazie va regalando la mano del signore di Ribbeck in Havelland. Theodor Fontane traduzione di Nino Muzzi |
Das Rauchgespenst Im Schornstein wohnt das Rauchgespenst seit hundertzwanzig Jahren, und immer, wenn der Ofen brennt, will es zum Himmel fahren. Das Rauchgespenst heißt Adalbert. So hieß sein Vater schon. In der Familie Rauchgespenst heißt so der erste Sohn. Adalbert ist ein Wintergeist, wird groß bei Schnee und Frost. Am größten ist er immer dann, wenn draußen Ostwind tost. Er möchte eine Wolke sein, will in die Ferne schweben. Doch was auch immer er versucht, er bleibt am Schornstein kleben. Ein festes Band, das fesselt ihn an Ofen, Schornstein, Haus. Und alles, was er kennt und weiß, denkt er sich heimlich aus. Er denkt bei Tag, er träumt bei Nacht. Er möchte alles wissen. Am allerliebsten würde er die Regenwolken küssen. Jutta Richter | Il fantasma di fumo Nel comignolo abita il fantasma di fumo da vent'anni e un secolo, e se nella stufa divampa la fiamma, lui vuole ascendere al cielo. Alberto si chiama il fantasma di fumo. E così anche il suo genitore. In questa famiglia di fantasmi il primo nato sempre così si deve chiamare. Alberto è uno spirito invernale, con la neve e col gelo ingigantisce. Prende una dimensione senza eguale quando il vento dell'est incrudelisce. Amerebbe essere una nuvola, vorrebbe aleggiare lontano. Ma per quanto lui tenti non vola, resta appiccicato al camino. Un forte legame lo asservisce alla stufa, al comignolo, alla casa. E tutto quel che pensa e conosce lo medita in maniera silenziosa. Pensa di giorno, di notte è sognante. Ogni cosa vorrebbe sapere. Però amerebbe preferibilmente baciar le nuvole del temporale. Jutta Richter traduzione di Nino Muzzi |
Kraków im Nebel in der Straße der Tauben regnete es aus den Fenstern ein Mann verkaufte seinem Hund die Freiheit ich ging hinunter ans Meer da war keins wie eins ich spürte den Wind, das Unerreichbare auf den Wellen lagen wenige Gramm der Welt während eine Frau dunkler als Trakls Schwester neben mir im Traum entschwand Tom Schulz
| Cracovia nella nebbia Nella via dei piccioni pioveva dalle finestre un uomo vendeva al suo cane la libertà andavo giù al mare non ce n'era e ce n'era uno sentivo il vento, la cosa irraggiungibile sulle onde giacevano pochi grammi di mondo mentre una donna più scura della sorella di Trakl accanto a me in sogno scompariva Tom Schulz traduzione di Nino Muzzi
|
Niederrheinische Ebene Schön ist der Fluß unter der Pappelschnur Und die leuchtenden Wiesen und von den Ängsten Blieb nichts und den Stürmen die kamen über Tag In der Nacht und die Nächte zerbrachen und es Brannten die Bäume über Tag in der Nacht Und kein Webstuhl blieb hell über Tag In der Nacht Ebene vom Strom geborgen in Licht Unter dem Meerwind die heitere Sonne Und beim Distelholz der lohende Mohn und Die Schatten die Schatten an den Nachmittagen Und schon bald kommt die Nacht Geschändet die Erde geschändet der Tag Geplagt das Holz unter den hohen Firsten Wenn der Sturm kommt der Sturm in die Städte Und die Furcht kommt die Furcht und die Kähne Beladen mit Furcht und die Kähne beladen Mit Sturm und beladen mit Furcht Und schön ist der Fluß und die Pappelschnur Und der Meerwind die heitere Sonne Der lohende Mohn beim Distelholz Und die langen Schatten und die Schatten Die Schatten an den langen Nachmittagen Rolf Haufs
Bei Johannes Bobrowski
Widmung | Pianura del basso Reno Bello è il fiume sotto il filare dei pioppi e i prati lucenti e delle paure non restò niente e delle tempeste che venivano di giorno di notte e squarciavano le notti e gli alberi bruciavano di giorno di notte e nessun telaio restò chiaro di giorno di notte pianura del torrente salvata in luce al vento di mare il sole radioso e fra il legno di cardo il papavero ardente e le ombre le ombre dei pomeriggi e subito viene la notte violata la terra violato il giorno tormentato il legno sotto le alte cime quando vien la tempesta la tempesta nelle città e lo spavento arriva lo spavento e i barconi carichi di spavento e i barconi carichi di tempesta e carichi di spavento e bello è il fiume e il filare dei pioppi e il vento di mare il sole radioso il papavero ardente fra i cardi legnosi e le lunghe ombre e le ombre le ombre nei lunghi pomeriggi Rolf Haufs traduzione di Nino Muzzi
A casa di Johannes Bobrowski
|
Der Vogel Schmerz Nun bin ich dreißig jahre alt und kenne Deutschland nicht: Die grenzaxt fällt in Deutschlands wald O land, das auseinanderbricht im menschen Und alle brücken treiben pfeilerlos Gedicht, steig auf, flieg himmelwärts! Steig auf, gedicht, und sei der vogel Schmerz Reiner Kunze
| L'uccello del dolore Ora ho trent'anni di età e la Germania non la conosco: la scure del confine taglia a metà il bosco tedesco. O terra che nell'uomo ti sgretoli. E i ponti son sospesi senza poggiare. Sali, poesia, vola verso i cieli! Sali, poesia, e sii l'uccello del dolore. Reiner Kunze traduzione di Nino Muzzi
Ricordo d'infanzia
|
Quand je te dis Quand je te dis que je te possède, je dis que ton existence possède son espace à l'intérieur de moi. Je te dis que ton existence à l'extérieur de moi m'est parvenue et que te voilà double. Ton double ne partira pas en mer jeudi. Si tu ne reviens pas de la mer, toi, c'est ton double qui va se charger de ton existence, et pour longtemps. Suzanne Jacob | Quando ti dico |
Conozco al pájaro verdugo Conozco al pájaro verdugo. Canta y las aves acuden a sus blancas uñas. Luego, las crucifica en los espinos. Desgarra y canta a causa del amor y se alimenta de lo que crucifica. Sueña con pétalos sangrientos. No se sabe si es pájaro que llora. En otro tiempo, yo vi el alma del caballo, su dentadura en el rocío. Hay un caballo dentro de mis ojos y es el padre de los que después aprendieron a llorar. Ahora alguien pisa sobre mis sueños. Recuerdo que las serpientes pasaban suavemente sobre mi corazón. Escuchar sangre. ¿Dónde? ¿En la fístula azul o en las arterias ciegas? Allí el hierro silba, o arde, quizá: no somos más que miserable hemoglobina. Allí los huesos lloran y su música se interpone entre los cuerpos. Finalmente, purificados por el frío, somos reales en la desaparición. Mierda y amor bajo la luz terrestre. Yo abandono mis venas a la fecundidad de las semillas negras y mi corazón a los insectos. Mi corazón, esta caverna húmeda que sin fin ni causa finge la monotonía de la sístole. Antonio Gamoneda
| Conosco l'averla Conosco l'averla. Canta e gli uccelli accorrono sotto i suoi bianchi artigli. Quindi li crocifigge nelle spine dei rovi. Li sbrana e canta d'amore e si alimenta di quel che ha crocifisso. Sogna di petali insanguinati. Non si sa se sia un uccello che piange. In altri tempi, io vidi l'anima del cavallo, la sua dentatura nella brina. C'è un cavallo dentro ai miei occhi ed è il padre di quelli che poi impararono a piangere. Adesso qualcuno calpesta i miei sogni. Ricordo che i serpenti strisciavano soavemente sul mio cuore. Ascoltare il sangue. Dove? In una fistola azzurra o nelle arterie cieche? Lì sibila il ferro, o arde, chissà: non siamo che miserevole emoglobina. Lì piangono le ossa e la loro musica s'interpone fra i corpi. Finalmente, purificati dal freddo, siamo reali nella sparizione. Merda e amore sotto la luce terrestre. Io lascio le mie vene alla fecondità dei neri sementi e il mio cuore agl'insetti. Il mio cuore, quest'umida caverna, finge la monotonia delle sistole. Antonio Gamoneda traduzione di Nino Muzzi
|
history poem in the beginning as you may have guessed the lonesome clouds casting birthmarks on the earth before long eggs crack and out struggle baby pterodactyls over the mountains mountains the water shines a clean silver water and the wet quiet sand the new world stilt-legged horse the forest horse the true horse more clouds fewer clouds bronze given time even birds grow cucumbers become musty the half-frozen field will thaw the invention of doors until suddenly an alpine goat nibbling a bad man's head both surprised the bad man returns to the city he is not even bad the goat looks at grass we spend our lives in the city together like unsettling grapes all of us peanut butter comes and goes the tides of people are endless looking fantastic on their chosen city bus a ladybird darkens on the bad man's cistern when he looks spiders dying of old age everywhere in his city city pigeons still tortured in dreams daily now sometimes even found with an emerald instead of a head in his city home while the girl is there she smells of oranges when she is awake the bad man is sick of the world revolving around him before long it is dark in a language that we don't understand our solar panels freeze and thaw grasshoppers swarm every 17 years the end of phobos the proper motion of stars waves turn white as they hit the beach Crispin Best | poema della storia agli esordi come potrai aver intuito le nubi solitarie lanciano macchie sulla terra prima che le oblunghe uova si rompano e fuori ne escano battagliando piccoli pterodactili sopra le montagne montagne l'acqua luccica un'acqua pulita d'argento e la sabbia bagnata e quieta il cavallo sui trampoli del nuovo mondo il cavallo della foresta l'autentico cavallo più nubi meno nubi bronzo col tempo anche gli uccelli crescono i cetrioli ammuffiscono il campo semigelato si scongela l'invenzione delle porte finché ad un tratto una capra alpina brucando la testa di un uomo cattivo ambedue sorpresi l'uomo cattivo ritorna in città egli non è neppure cattivo la capra cerca l'erba noi trascorriamo la vita insieme in città come grappoli inquietanti tutti noi burro d'arachidi va e viene le maree di folla sono infinite sembrano fantastiche nei loro scelti autobus urbani una coccinella si oscura sulla cisterna dell'uomo cattivo quando lui guarda ragni muoiono in tarda età dovunque nella sua città piccioni di città sempre torturati in sogno quotidianamente adesso trovati talvolta anche con uno smeraldo al posto della testa nella sua città natale mentre la ragazza è lì lei odora di arance quando è sveglia l'uomo cattivo è malato del mondo che gli gira intorno fra poco cala il buio su una lingua che non comprendiamo i nostri pannelli solari raggelano e disgelano le cavallette sciamano ogni 17 anni la fine di fobos il moto proprio delle stelle le onde diventano bianche quando colpiscono la spiaggia Crispin Best traduzione di Nino Muzzi |
Augustine's vision Many years later, while contemplating beauty as order, he would think of them: gamecocks sharpening their claws for a scrap, and how he simply had to watch them while on his way to be baptized and confess, accept the glory of God in all things, himself a creature of sin. As he stood watching, he knew he courted error, the beauty of a thing in and of itself not always the same as God's invisible plan, the gamecocks and their darting, skilful parries, the exultant crowing, bodies taut with power, soon whipping the crowd into a drunken frenzy. "For what horizon do eyes of love not scan, hoping for a hint of reason's beautiful scheme," he later wrote, thinking of colorful birds pitched in battle, pure animal action without mind - limp wings and carriage, a croak gone awry, all of it fitting nature's set way. Though this was years before he lay on his deathbed, Hippo surrounded, the Vandal hordes approaching, as Augustine lamented his sins, thinking of gamecocks, their beaks and talons bloodied, no doubt convinced a higher mind worked through them, ordering all things, as the saint continued weeping inside his narrow cell. Peter Filkins | La visione di Agostino Molti anni più tardi, meditando sulla bellezza come ordine, avrebbe pensato a loro, ai galli da combattimento che arrotavano le unghie per la baruffa e come lui li vide durante il suo cammino per ricevere il battesimo e accettare la gloria di Dio in ogni cosa, riconoscendo se stesso come una creatura del peccato. Mentre guardava si accorse che stava inseguendo l'errore, la bellezza di una cosa in sé e per sé stessa non sempre corrisponde al piano imperscrutabile di Dio, quei galli da combattimento con la loro rapidità, le parate di destrezza, gli esaltati chicchirichì, i corpi tesi di potenza, subito eccitati dalla folla verso una frenesia ubriaca. "Fino a quale orizzonte non arrivano gli occhi dell'amore, sperando in un accenno di schema razionale della bellezza" come scrisse più tardi, col pensiero a quei volatili colorati lanciati nella battaglia, pura azione animalesca senza mente - flaccide ali e trasporto, uno sbieco gracidio, e tutto questo inserito nel corso naturale delle cose. Malgrado fossero gli anni prima che giacesse sul letto di morte, con Ippona assediata e le orde dei Vandali vicine, quando Agostino si accusava dei propri peccati, pensava ai galli con li becco e gli artigli sanguinanti, convinto senza dubbio che una mente superiore vi lavorasse dentro, ordinando tutto, e il Santo continuava a piangere dentro la sua celletta. Peter Filkins traduzione di Nino Muzzi |
El amor
| L'amore Le parole son barche e si perdono così, di bocca in bocca, come di nebbia in nebbia. Portan le loro merci tramite dialoghi senza trovare un porto, la notte che le trattenga come un'ancora. Devono abituarsi a invecchiare e viver con la pazienza della materia consumata dalle onde, andar logorandosi, danneggiarsi lentamente, finché nella stiva ordinaria penetri il mare e l'affondi. Perché la vita entra nelle parole come il mar nella barca, copre di tempo il nome delle cose e porta alla radice di un aggettivo il cielo di una data, il balcone di una casa, la luce di una città riflessa in un fiume. Per questo, nebbia a nebbia, quando l'amore invade le parole, bussa alle pareti, v'incide i segni di una storia personale e lascia nel passato dei dizionari sensazioni di freddo e di calore, notti che son la notte, mari che sono il mare, passeggi solitari lunghi come una frase e treni bloccati e canzoni. Se l'amor, come tutto,è questione di parole, accostarmi al tuo corpo fu creare un idioma. Luis Garcia Montero traduzione di Nino Muzzi
|
Ohne Überschrift ...
| Senza titolo… Vieni, chiuditi alle spalle la porta. Fu pesante il giorno. Non farlo entrare. Lascia la pioggia giù scendere assorta, siamo in due. Cosa ci può capitare? Che altri bramino la luce stellare. Già di un lume di lampada son lieta. - Credi dunque non possa rispettare, nessuna distanza la parola data? Ti fece male? L'autunno ci ha cambiato? Stanno sfiorendo col tempo i nostri sogni e ci appaghiamo della realtà di fatto, se onestamente avanziamo negli anni. …Che silenzio! La sveglia ticchetta soltanto se tacciamo. Alla finestra mormora piano un sol albero. E nel cortile, ascolti attento, l'eco di chi esegue Chopin sul violino. No, che sciocchezze! Mi è venuta così. (Non c'è ricaduta nel romantico, già ti sento!) È senz'altro quell'orchestra da strapazzo lì nel Grandhotel Atlantic che si trova accanto. Ah, andavi solo da parete a parete a passi nervosi. E io lì abbandonata. Se i due in me non riattaccassero una lite, ora tacerei e mi sarei riavvicinata. Così la sera ci passa ancora accanto. Un bimbo può dire:"Non voglio più farlo!" Di questa poca vita sono stanca tanto e il riposo non so come trovarlo… Mascha Kaléko traduzione di Nino Muzzi
|
Histoire
Hommage | Storia Parole perdute mi attraversavano la camera. Prendevo per anima la svolta di una stagione. (Talvolta i ruscelli bruciano in fondo al sonno e tutta la vita è una foresta senza foglie). Ci furono storie, laggiù. Calloni alzati fra due mondi. Autunni di ceri, primavere di velluto. Si cantarono gl'inni sotto i lecci in riva a fiumi antichi dai nomi fuori moda. Certi fanciulli credettero che già cambiasse il secolo. Le litanie da cani, e i vicini folli. Una razza in ogni strada, ogni casa, con le loro lingue morenti che sbandieravano. O musica! Avremmo potuto impararle tendendo l'orecchio e il cuore, al di là delle vetrate e del vento divenuto nostro fratello nell'emozione, nell'esercizio di sfiorarci per vivere meglio. Pierre Nepveu Traduzione di Nino Muzzi
Omaggio |
Sachliche Romanze Als sie einander acht Jahre kannten (und man darf sagen: sie kannten sich gut), kam ihre Liebe plötzlich abhanden. Wie andern Leuten ein Stock oder Hut. Sie waren traurig, betrugen sich heiter, versuchten Küsse, als ob nichts sei, und sahen sich an und wußten nicht weiter. Da weinte sie schließlich. Und er stand dabei. Vom Fenster aus konnte man Schiffen winken. Er sagte, es wäre schon Viertel nach Vier und Zeit, irgendwo Kaffee zu trinken. Nebenan übte ein Mensch Klavier. Sie gingen ins kleinste Cafe am Ort und rührten in ihren Tassen. Am Abend saßen sie immer noch dort. Sie saßen allein, und sie sprachen kein Wort und konnten es einfach nicht fassen. Erich Kästner
| Romanza realistica Otto anni insieme avevano vissuto (e diciamo che si conoscevan bene), il loro amore l'avevano perduto. Come altri perdono cappello o bastone. Erano tristi, e si mostravan contenti, azzardavano baci, così come niente, e si guardavan senza sapere andare avanti. Lei pianse alla fine, con lui lì presente. Dalla finestra si potevan salutare le barche. Lui disse son le quattro intanto, il tempo di andare in un locale a bere. Un pianoforte suonava lì accanto. Andarono al caffè più piccolo che c'era a girare il cucchiaino nelle tazze. Stettero ancora là seduti fino a sera. Seduti soli, senza sapere cosa dire, semplicemente non riuscivano a capire. Erich Kästner Traduzione di Nino Muzzi
|