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Le figure retoriche dei grandi poeti
Le figure retoriche sono accorgimenti stilistici e linguistici utilizzati dai poeti per rendere più viva ed efficace una descrizione, un’immagine, una sensazione, una emozione, ecc. Vi sono varie specie di figure retoriche: figure di contenuto o traslati, figure di parola e di pensiero, figure di sentimento. |
Il poeta ottiene speciali effetti o disponendo con una tecnica particolare le parole nel verso (Figure di parola) o arricchendo di sfumature personali le proprie idee (Figure di pensiero). | |
Figure di parola | allitterazione, anadiplosi, anafora, anastrofe, asindeto, chiasmo, climax, enallage, endiadi, epanadiplosi, figura etimologica, ipallage, iperbato, onomatopea, paronomasia, poliptoto, polisindeto, raddoppiamento, ripetizione, zeugma |
Figure di pensiero | antitesi, eufemismo, ironia, ossimoro |
Consiste nel ripetere le stesse lettere (vocale, consonante o sillaba) all’inizio, ma anche all’interno di due o più parole successive legate dal senso. e caddi come corpo morto cade. Ma ben veggio or sì come al popol tutto |
Consiste nell’accostare due parole che presentano suoni simili con un significato diverso, ma che a volte hanno anche un legame etimologico. Ed egli a me: - La tua città ch’è piena d’invidia sì che già trabocca il sacco, seco mi tenne in la vita serena - (Dante, Inferno, Canto VI, vv 49-51) I’ fui per ritornar più volte volto. (Dante, Inferno, Canto I, v 36) Quivi stando, il destrier ch'avea lasciato tra le più dense frasche alla fresca ombra,... (L. Ariosto, Orlando furioso, VI, 201-202) Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi,… (G. Leopardi, L’infinito, vv 5-6) Tu, placido e pallido ulivo, non dare a noi nulla;… (G. Pascoli, La canzone dell’ulivo, vv 60-61) Scrisse musiche inedite, inaudite, oggi sepolte in un baule o andate al macero… (E. Montale, Xenia I, 13, vv4-6) Me ne vado per le strade strette oscure e misteriose. (D. Campana, La petite promenade du poète, vv1-2) Trema un ricordo nel ricolmo secchio, nel puro cerchio un’immagine ride. (E. Montale, Cigola la carrucola del pozzo, vv3-4) S’è rifatta la calma nell’aria: tra gli scogli parlotta la maretta. (E. Montale, Maestrale, vv1-2) |
Consiste nella
ripetizione di una parola all’inizio di
due o più versi. S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo; s’i’ fosse vento, lo tempestarei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil en profondo; s’i’ fosse papa, serei allor giocondo, ché tutti ’ cristiani embrigarei; s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei? a tutti mozzarei lo capo a tondo. S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: similemente faria da mi’ madre. S’i’ fosse Cecco com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: le vecchie e laide lasserei altrui. (Cecco Angiolieri, S’i’ fosse foco…) I bimbi di Estremadura vanno scalzi. Chi gli ha rubato le scarpe? Li ferisce il caldo e il freddo. Chi gli ha strappato i vestiti? La pioggia gli bagna il letto e il sonno. Chi demolì la casa? Non sanno i nomi delle stelle. Chi gli chiuse la scuola? I bimbi di Estremadura sono serii. Chi fu il ladro dei loro giochi? (Rafael Alberti, I bimbi di Estremadura; traduzione di V. Bodini) Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione. (G. D’Annunzio, La pioggia nel pineto, vv8-32) Le voci che parlano all’una di notte alla segreteria telefonica, quella un po’ alcolica dell’amico che chiama da una festa, quella dall’accento tedesco che evoca campi, quella di tanti che non conosci,… (R. Mussapi, Le voci che parlano all’una di notte, vv1-5) |
Consiste nell’imitare
un suono, un rumore, la voce degli animali, un’azione. E le galline cantavano, Un cocco! ecco ecco un cocco un cocco per te! (G. Pascoli, Valentino, vv 15-16) A tutte l’ore gettate all’aria, chi di tra i solchi, chi di sui rami, la vostra voce stridula e varia, chi, che ripeta, chi, che richiami. (G. Pascoli, Primo canto, vv10-13) … squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento… (G. Pascoli, L’assiuolo, vv 19-20) Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta,… (G. D’Annunzio, Alcyone, L’onda, vv 63-65) …ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. (E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, vv 3-4) Le vele le vele le vele che schioccano e frustano al vento (D. Campana, Barche amorrate, vv 1-2) |
Consiste nel ripetere nello stesso verso due o più parole che hanno la stessa base etimologica. Amor, che a nullo amato amar perdona... (Dante, Inferno, c. V, v. 103) Morte m' ha morto, e sola po far Morte ch' i' torni a riveder quel viso lieto. (F. Petrarca, Mia benigna fortuna è 'l viver lieto, vv. 43-44) Misera Armida, allor dovevi, e degno ben era, in quel crudele incrudelire, che tu prigion l'avesti;... (T. Tasso, Gerusalemme liberata, c. XVI, vv. 513-515) Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi, in tutt'altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato. (G. Giusti, Sant'Ambrogio, vv. 24-26) Tra i popoli dei nidi, io vi sentii la voce mia di fanciullo... E vidi nel crocevia, la croce. (G. Pascoli, Mia madre, vv. 13-16) Ed ecco una nave, ecco le vele etrusche partitesi dal lito di Luni lunato e niveo di marmi. (G. D'Annunzio, Le madri, vv. 65-69) Il suo amore, impassibile farebbe numerare le innumere sue spine spargendosi nelle ore, nei minuti. (G. Ungaretti, Cori descrittivi di stati d'animo di Didone, XIII, vv. 3-5) |
Consiste nel ripetere un vocabolo in forme o funzioni grammaticali diverse. Qual è colui che suo dannaggio sogna, che sognando desidera sognare... (Dante, Inferno, C. XXX, vv 136-137) ... tanto più che, per quel ch'apparea fuori, io credea e credo, e creder credo il vero, ch'amassi et ami me con cor sincero. (L. Ariosto, Orlando furioso, C. IX, vv 182-184) ... e quivi, deposta l'usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, i figli pensosi pensose guatar. (A. Manzoni, Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti, vv 22-24) ... e gli occhi fermi, l'iridi sincere azzurre d'un azzurro di stoviglia... (G. Gozzano, La signorina Felicita, III, vv 11-12) I miei morti che prego perché preghino per me, per i miei vivi com'io invece... (E. Montale, Proda di Versilia, vv 1-2) Un sogno di bellezza un dì mi prese. Ero fra calda gente in un caldo paese. (S. Penna, Un sogno di bellezza un dì mi prese) |
Consiste nell'invertire l'ordine naturale delle parole all'interno di un verso. La donna il palafreno a dietro volta, e per la selva a tutta briglia il caccia; (L. Ariosto, Orlando furioso, C. I, vv 97-98) Ali ha ciascuno al core ed ali al piede, né del suo ratto andar però s'accorge; (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. III, vv 17-18) A egregie cose il forte animo accendono l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella... (U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 151-152) Ed era letto agli egri corpi il gelo. (G. Leopardi, Sopra il monumento di Dante, v 145) Corron tra 'l Celio fosche e l'Aventino le nubi: il vento dal pian tristo move... (G. Carducci, Dinanzi alle Terme di Caracalla, vv 1-2) Mi scosse, e mi corse le vene il ribrezzo. Passata m'è forse rasente, col rezzo dell'ombra sua nera, la morte... (G. Pascoli, Il brivido, vv 1-6) Odono i monti e le valli e le selve e i fonti e i fiumi e l'isole del mare. (G. D'Annunzio, L'oleandro, vv 374-375) Cercavano il miglio gli uccelli ed erano subito di neve; (S. Quasimodo, Antico inverno, vv 5-6) |
Consiste nel separare due parole che dovrebbero stare insieme, interponendovi altri elementi. ... io parlo de' begli occhi e del bel volto, che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto. (L. Ariosto, Orlando furioso, C. VIII, vv 639-640) ... i ritrosi pareri e le non pronte e in mezzo a l'eseguire opere impedite. (T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. I, vv 235-236) ... il divino del pian silenzio verde. (G. Carducci, Il bove, v 14) O, tinta d'un lieve rossore, casina che sorridi al sole! (G. Pascoli, In viaggio, vv 31-32) Quelle sere, Maria non, come suole, pregava al mio guanciale, co' suoi lenti bisbigli, con le sue dolci parole: (G. Pascoli, La mia malattia, 11-13) Gloria del disteso mezzogiorno |
Consiste nel disporre in modo incrociato, secondo la forma della lettera greca c (chi), due termini o due frasi. Quell'uno e due e tre che sempre vive e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, (Dante, Paradiso, C. XIV, vv 28-29) ... |
Consiste nell'ordinare i concetti in modo che dall'uno si passi all'altro come per gradi. Può essere ascendente o discendente. O mia stella, o fortuna, o fato, o morte, o per me sempre dolce giorno e crudo,... (F. Petrarca, Canzoniere, CCXCVIII, 12-13) Ecco sono agli oltraggi, al grido, all'ire, al trar de' brandi, al crudel suon de' ferri; (L. Ariosto, Orlando furioso, c. XXIV, 785-786) Non cala il ferro mai, ch'a pien non colga, né coglie a pien, che piaga anco non faccia, né piaga fa, che l'alma altrui non tolga; (T. Tasso, Gerusalemme liberata, c. IX, 177-179) Quando Orion dal cielo declinando imperversa; e pioggia e nevi e gelo sopra la terra ottenebrata versa, [...] (G. Parini, La caduta, 1-4) Vecchierel bianco, infermo, mezzo vestito e scalzo, con gravissimo fascio in su le spalle, per montagna e per valle, per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, al vento, alla tempesta, e quando avvampa l'ora, e quando poi gela, corre via, corre, anela, varca torrenti e stagni, cade, risorge, e più e più s'affretta, senza posa o ristoro, lacero, sanguinoso, [...] (G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, 21-32) Un corriero è salito in arcioni; prende un foglio, il ripone, s'avvia, sferza, sprona, divora la via; ogni villa si desta al rumor. (A. Manzoni, Il Conte di Carmagnola, Atto II, Scena VI, Coro, 77-80) Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei occhi sbarra;... (G. Carducci, Alla stazione in una mattina d'autunno, 29-31) La terra ansante, livida, in sussulto; il cielo ingombro, tragico, disfatto: (G. Pascoli, Il lampo, 2-3) Palpita, sale, si gonfia, s'incurva, s'alluma, propende. (G. D'Annunzio, L'onda, 30-32) |
Consiste nel ripetere, ad intervalli, due o più volte una o più parole. Sennuccio, i' vo' che sappi in qual manera trattato sono e qual vita è la mia: ardomi e struggo ancor com'io solia, l'aura mi volve, e son pur quel ch'i' m'era. Qui tutta umile e qui la vidi altera, or aspra or piana, or dispietata or pia; or vestirsi onestate or leggiadria, or mansueta or disdegnosa e fera. Qui cantò dolcemente, e qui s'assise, qui si rivolse, e qui rattenne il passo, qui co' begli occhi mi trafisse il core; qui disse una parola, e qui sorrise, qui cangiò il viso. In questi pensier, lasso, notte e dì tiemmi il signor nostro Amore. (F. Petrarca, Canzoniere, CXII) Sia destin ciò ch'io voglio: altri disperso sen vada errando, altri rimanga ucciso, altri, in cure d'amor lascive immerso, idol si faccia un dolce sguardo e un riso; (T. Tasso, Gerusalemme liberata, IV, 129-132) e corri, corri, corri! con la scure corri e co' dardi, con la clava e l'asta; corri! minaccia gl'itali penati Annibal diro. (G. Carducci, Alle fonti del Clitumno, 65-68) Non vogliamo ricordare vino e grano, monte e piano, la capanna, il focolare, mamma, bimbi... Fate piano! piano! piano! piano! piano! (G. Pascoli, L'or di notte, 21-25) Nulla tu offri al mio cuore che lo consoli un momento, sì ch'esso quasi sgomento non vede in te che un colore: il colore della noia e dei fiori di bugia, il colore della mia giovinezza senza gioia; il colore del passato che ritorna ben vestito, il color dell'infinito e di ciò che non è stato; il color della mia vita, della mia scioperataggine, il color della piombaggine, il color della matita; il colore di queste ore così lente a calar giù dai lor numeri, il colore che non è colore più. (M. Moretti, Ramo d'ulivo, 11-20) ... a metà è la mia vita a metà il giorno a metà ormai la mia solitudine. (A. Bertolucci, Il frate, 13-14) |
Forma di ripetizione che consiste nel raddoppiare una o più parole, due o più volte, senza l'intervallo d'altre parole, all'inizio, alla fine o all'interno di un verso. Dunque che è? Perché, perché ristai? (Dante, Inferno, II, 121) [...] coll'altre schiere travagliate e 'nferme, gridan: O Signor nostro, aita, aita; (F. Petrarca, Spirto gentil che quelle membra reggi, 61-62) Cangia, cangia consiglio, pazzarella che sei. (T. Tasso, Aminta, Atto I, Scena I, 165-166) Amore, amore, assai lungi volasti dal petto mio, che fu sì caldo un giorno... (G. Leopardi, La vita solitaria, 39-40) [...] io voglio io voglio adagiarmi in un tedio che duri infinito. (G. Carducci, Alla stazione in una mattina d'autunno, 59-60) Ma non per me, non per me piango; io piango per questa madre che, tra l'acqua spera, per questo padre che desìa, nel fango; (G. Pascoli, Il giorno dei Morti, 160-162) Qual donna s'abbandona (se non tu, se non tu) sì dolcemente con questa placata correntìa? (G. D'Annunzio, Bocca d'Arno, 6-8) Ha qualcosa di me, di me lontano nel tempo... (U. Saba, Il fanciullo appassionato, 3-4) M'abbandono, m'abbandono; ululo di primavera, è una foresta nata nei miei occhi di terra. (S. Quasimodo, La mia giornata paziente, 5-8) [...] il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento, il vento che tarda, la morte, la morte che vive! (E. Montale, Notizie dall'Amiata, 45-46) |
Forma di ripetizione che consiste nel ripetere una o più parole di un verso all'inizio del successivo. Ma passavam la selva tuttavia. La selva, dico, di spiriti spessi. (Dante, Inferno, IV, 65-66) Più volte Amor m'avea già detto: Scrivi, scrivi quel che vedesti in lettre d'oro, [...] (F. Petrarca, Canzoniere, XCIII, 1-2) La tua fronte non è più cielo, da quel mio cielo sole non cade, da quel sole luce non prende e colore il mio giorno. (Libero De Libero, Romanzo, V, 2-5) Muore il ragazzo un poco ogni giorno per giuoco. Per giuoco morde invano il cavo della mano. (L. Sinisgalli, Vidi le Muse, VII, 1-4) Ho risposto nel sonno: - È il vento, il vento che fa musiche bizzarre - (V. Sereni, Diario d'Algeria, II, 8-9) E se ne va. Tutto quello ch'essa sa dirmi lo dice a questo suo ramoscello che adornerà una cornice. Adornerà la cornice dorata a capo del letto l'ulivo ch'è benedetto, l'ulivo che benedice. (M. Moretti, Ramo d'ulivo, 3-6) C'è un fanciullo che incontro nelle mie passeggiate, un fanciullo un poco strano. (U. Saba, Il fanciullo appassionato, 1-2) Oh il gocciolio che scende a rilento dalle casipole buie, il tempo fatto acqua, il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento, il vento che tarda, la morte, la morte che vive! (E. Montale, Notizie dell'Amiata, 43-46) Le porte del mondo non sanno che fuori la pioggia le cerca. Le cerca. Le cerca. Paziente si perde, ritorna. La luce non sa della pioggia. La pioggia non sa della luce. Le porte, le porte del mondo son chiuse: serrate alla pioggia, serrate alla luce. (S. Penna, Le porte del mondo non sanno) Un'anima in me, che non era solo mia, una piccola anima in quel mondo sconfinato, cresceva, nutrita dall'allegria di chi, amava, anche se non riamato; (P. P. Pasolini, Il pianto della scavatrice, II, 25-28) |
Forma di ripetizione che consiste nell'iniziare e terminare un verso con la stessa parola o gruppo di parole. Prendi partito accortamente, prendi (F. Petrarca, I' vo pensando, e nel penser m'assale, 23) È giunto il fin de' lunghi dubbi, è giunto, nobiluomini, il dì che statuito fu a risolver da voi. [...] (A. Manzoni, Il Conte di Carmagnola, Atto I, Scena I, 1-3) Presso il rudere un pezzente cena tra le due fontane: pane alterna egli col pane, volti gli occhi all'occidente. (G. Pascoli, Il mendico, 1-4) Rimanete, vi prego, rimanete qui. Non vi alzate! Avete voi bisogno di luce? [...] (G. D'Annunzio, La Sera, 1-3) Salisci, mia Diana, salisci, salisci codesto scalino. (A. Palazzeschi, Le mie ore, Diana, 1-2) C'era - una volta - qualche cosa. C'era la nostalgia d'una labile terra, [...] (M. Moretti, Quel che c'era una volta, 1-2) Non sente la montagna chi non sente questa farfalla, simbolo dell'Alpi [...] (G. Gozzano, Parnassus Apollo, 1-2) Certo, si piacciono, certo l'uno dell'altra ha gioia a giudicare dal cigolio del letto che si fa ritmo d'un brutto sogno oppure sussulto in dormiveglia, quasi vero. (V. Sereni, Un incubo, 1-5) |
Consiste nell'usare una parte del discorso con la funzione di un'altra (aggettivo per avverbio, aggettivo per nome, tempo presente per il futuro, ecc.) ... perch'io sia giunto forse alquanto tardo, ► invece di tardi non t'incresca restare a parlar meco... (Dante, Inferno, XXVII, 22-23) Scorre più sotto il re canuto a piede da l'una a l'altra porta e 'n su le mura ciò che prima ordinò cauto rivede ► invece di cautamente e i difensor conforta e rassecura: (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XI, 225-228) ... Al tardo onore ► invece di giunto tardivamente non sorser gli occhi tuoi; mercé, non danno, l'ora estrema ti fu... (G. Leopardi, Ad Angelo Mai, 132-134) Languido il tuon de l'ultimo cannone ► invece di languidamente dietro la fuga austriaca moria: (G. Carducci, Piemonte, 73-74) e stridere odo l'arco forte e sibilare lo strale ► invece di fortemente (G. D'Annunzio, Il Gombo, 47-48) ... l'attacchino sposta dolce la scala lungo i muri ► invece di dolcemente in un fruscio di carta. (A. Gatto, Un'alba, 7-9) |
Consiste nell'attribuire ad un termine l'aggettivo che si riferisce ad un altro all'interno di uno o due versi. ... tal mi fec'io di mia virtute stanca ► è il poeta abbattuto, non il suo coraggio (Dante, Inferno, II, 130) ... e spesso all'ore tarde, assiso sul conscio letto, dolorosamente ► è il poeta conscio, non il letto (G. Leopardi, Le ricordanze, 113-114) O desiata verde solitudine ► è la campagna verde, non la solitudine lungi al rumor de gli uomini! (G. Carducci, Ruit hora, 1-2) Qual è questa via senza fine che all'alba è sì tremula d'ali? ► sono le ali tremule, non la via (G. Pascoli, Le rane, 9-10) O forse lungo l'Affrico che riga la pallida contrada ► sono gli ulivi pallidi, non la contrada ove i campi il cipresso han per confine? (G. D'Annunzio, Il fanciullo, 8-10) E ora, in queste mattine così stanche ► è il poeta stanco, non le mattine che ho smesso di chiedere e di sperare,... (V. Cardarelli, Estiva, 23-25) Il fanciullo preme sulla terra la sua mano vittoriosa ► è il fanciullo vittorioso, non la mano (L. Sinisgalli, Vidi le Muse, II, 12-13) Deola passa il mattino seduta al caffè e nessuno la guarda. A quest'ora in città corron tutti sotto il sole ancor fresco dell'alba... ► è l'alba fresca, non il sole (C. Pavese, Pensieri di Deola, 1-3) ... Intorno, ogni tristezza al braccio dei soldati era un odore povero di donna ► è la donna povera, non l'odore coi garofani scuri sopra il petto. (A. Gatto, Alla voce perduta, 3-6) |
Consiste nell'accostare proposizioni o loro membri senza l'uso delle congiunzioni. Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle. (Dante, Inferno, III, 25-27) Vegghio, penso, ardo, piango, e chi mi sface [...] (Francesco Petrarca, Canzoniere, CLXIV, v 5) Spesso in conviti, e sempre stanno in feste, in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza: or presso ai fonti, all'ombre de' poggietti, leggon d'antiqui gli amorosi detti. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, VII, st. 31) Ma che non puote il tempo? e che non puote, servendo, meritando, supplicando, fare un fedele ed importuno amante? (Torquato Tasso, Aminta, Atto I, Scena I, 65-67) Dagli atri muscosi, dai Fori cadenti, dai boschi, dall'arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta; (Alessandro Manzoni, Dagli atrii muscosi..., Adelchi,Atto III, Coro, 1-4) Già la corte, il ministero, il soldato, il birro, il clero, manda il morto al diavolo. (Giuseppe Giusti, Il dies irae, 16-18) Esili foglie, magri rami, cavo tronco, distorte barbe, piccol frutto, ecco, e un nume ineffabile risplende nel suo pallore! (Gabriele D'Annunzio, L'ulivo, 9-12) ella dolce ella grave ella pia, corregge conforta consiglia. (Giovanni Pascoli, Sorella, 3-4) Dicevi: morte silenzio solitudine; (Salvatore Quasimodo, Colore di pioggia e di ferro, 1) |
Consiste nel collegare varie proposizioni o loro membri con numerose e ripetute congiunzioni. Non altrimenti fan, di state, i cani or col petto, or col pi è, quando son morsi o da pulci o da mosche o da tafani. (Dante, Inferno, XVII, 49-51) [...] è l'aura mia vital da me partita e viva e bella e nuda al ciel salita: (Francesco Petrarca, Canzoniere, CCLXXVIII, 4-5) Avea in ogni sua parte un laccio teso, o parli o rida o canti o passo muova: né maraviglia è se Ruggier n'è preso, poi che tanto benigna se la truova. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, VII, st. 16) Vinta da l'ira è la ragione e l'arte e le forze il furor ministra e cresce. Sempre che scende il ferro o fora o parte o piastra o maglia, e colpo in van non esce. (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, VI, st. 47) Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve tutte cose l'obblio nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. (Ugo Foscolo, Dei Sepolcri, 16-22) E ripensò le mobili tende, e i percossi valli, e il lampo de' manipoli, e l'onda dei cavalli, e il concitato imperio e il celere ubbidir. (Alessandro Manzoni, Il Cinque Maggio, 79-84) [...] e l'anno è morto, ed anche il giorno muore, e il tuono muglia, e il vento urla più forte, e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura, e quello ch'era non sarà mai più. (Giovanni Pascoli, In ritardo, 45-48) E non ho più nome. E l'Alpi e l'isole e i golfi e i capi e i fari e i boschi e le foci ch'io nomai non han più l'usato nome che suona in labbra umane. (Gabriele D'Annunzio, Meriggio, 99-104) |
Consiste nell’esprimere un concetto unico servendosi di due parole. O delli altri poeti onore e lume (Dante, Inferno, I, 82) Giaufrè Rudel, ch’usò la vela e il remo a cercar la sua morte... (Francesco Petrarca, Trionfo d’Amore, IV, 52-53) e credo da le fasce e da la culla al mio imperfetto, a la fortuna avversa, questo rimedio provedesse il cielo. (Francesco Petrarca, Gentil mia donna, i’ veggio..., 52-54) Chi è fermato di menar sua vita su per l’onde fallaci e per li scogli, (Francesco Petrarca, Canzoniere, LXXX, 1-2) Deh! fate un corpo sol de’ membri amici; fate un capo che gli altri indrizzi e frene; date ad un sol lo scettro e la possanza, e sostenga di re vece e sembianza. (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, I, st. 31) ... e il grande impero di quella Roma, e l’armi, e il fragorio... (Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa, 35-36) Candida, vereconda, austera luna che vapori e tepor per l’alta notte saliano a te dagli erborati colli; (Giosuè Carducci, Notte di Maggio, 7-9) [...] quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco, le paranzelle in una riga lunga dondolano sul mar liscio di lacca. (Giovanni Pascoli, I puffini dell’Adriatico, 12-14) Nell’oro e nella porpora aperte palpitano le ali, le ali apollinee. (Gabriele D’Annunzio, Alcione, Ditirambo I, 452-454) |
Consiste nell'usare una parola (di solito un verbo) riferita a due termini, mentre si adatta ad uno solo dei due. Ma se a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, farò come colui che piange e dice. (Dante, Inferno, V, 124-126) Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, parlare e lagrimar vedrai insieme. (Dante, Inferno, XXXIII, 7-9) Poi ch'ella in sé tornò, deserto e muto, quanto mirar poté, d'intorno scorse: (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XVI, 63, 1-2) e, chino il capo e le ginocchia, al petto giunge la destra. Il re così gli dice: (T. Tasso, Gerusalemme liberata, XVII, 37, 1-2) d'in su i veroni del paterno ostello porgea gli orecchi al suon della tua voce ed alla man veloce che percorrea la faticosa tela. (G. Leopardi, A Silvia, 19-22) Leva in roseo fulgor la cattedrale le mille guglie bianche e i santi d'oro, osannando irraggiata: intorno, il coro bruno dei falchi agita i gridi e l'ale. (G. Carducci, Sole e amore, 5-8) Maggio, idillio di Dante e Beatrice, Che di tentazïoni Le vie, d'acacie infiori la pendice, Le case di mosconi: (G. Carducci, Idillio di maggio, 1-4) |
Consiste nell'accostare due termini che hanno significato opposto. Le pie lucerne brillano intorno, |
Consiste nell'attenuare un'espressione troppo cruda o realistica o inopportuna. | |
Quando rispuosi, cominciai: - Oh lasso, |
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Consiste nell'accostare due parole o concetti di senso opposto.
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Consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa. Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! (Dante, Inferno, XXVI, 1-3) Oh me dolente! Come mi riscossi quando mi prese dicendomi: - Forse tu non pensavi ch'io loico fossi! - (Dante, Inferno, XXVI, 121-123) Vieni a veder la gente quanto s'ama! E se nulla di noi pietà ti move, a vergognarti vien della tua fama. (Dante, Purgatorio, VI, 115-117) [...] talmente che le misere donzelle ch'abbino o aver si credono beltade (come affatto costui tutte le invole) non escon fuor sì che le veggia il sole. (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, IV, 45-48) - Vienne in disparte pur tu, che omicida sei de' giganti solo e de gli eroi; l'uccisor de le femmine ti sfida - (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XIX, st. 5) Ardirò ancor tra i desinari illustri sul meriggio innoltrarmi umil cantore, poiché troppa di te cura mi punge, signor, ch'io spero un dì veder maestro e dittator di graziosi modi all'alma gioventù che Italia onora. (Giuseppe Parini, Il giorno, Il Mezzogiorno, 1-6) Pene tu spargi a larga mano; il duolo spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto che per mostro e miracolo talvolta nasce d'affanno è gran guadagno. Umana prole cara agli eterni! [...] (Giacomo Leopardi, La quiete dopo la tempesta, 47-51) Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi, in tutt'altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato. (Giuseppe Giusti, Sant'Ambrogio, 24-26) E mangia altro che bacche di cipresso; né io sono per anche un manzoniano che tiri quattro paghe per il lesso. (Giosuè Carducci, Davanti San Guido, 69-71) |
Autore dei testi: Lorenzo De Ninis
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