| Tramonto sul lago Candidi,ancora fieri e
 altezzosi,scivolano in fila
 serrata sul lago cigni migratori;
 non alla ricerca di cibo
 e di canneti,ma di quiete,
 agognata per l'ultima tappa.
 Non si alzeranno
 in volo,proseguendo
 nel cammino.
 Cespugli nascosti
 accoglieranno i loro corpi
 esanimi,mentre i bagliori
 del sole calante,coloreranno
 la vita che se ne va .
 
      
                      
      AnniversarioNuvole d'organza,
 dal sole di giugno
 irradiate,s'insinuano,
 leggere,nella memoria,
 offuscata e intrisa di
 di mesti rimpianti.
 Sposa ieri,colomba
 bianca dalle ali
 tarpate oggi,
 che lascia cadere dal
 becco il ramoscello
 d'ulivo benedetto.
 Note di un organo
 lontano rapiscono,
 struggenti,l'animo
 che varca il tempo e
 lo spazio,accogliendo
 con placido ardore
 il nuovo anniversario.
 
      
                      
      Il perdonoPerdonami,fratello,
 se nel tuo volto
 non ho scorto il suo;
 se nei tuoi occhi,
 accecati dall'odio,
 non ho visto balenare
 sprazzi di luce riflessa;
 se nel cavo delle tue mani
 non ho scorto i fori
 della sofferenza;
 se non ho sentito palpitare
 d'amore il tuo cuore di pietra,
 trafitto dalla lancia
 dell'indifferenza.
 Perdonami,
 perché tu sei mio fratello e
 fratello del nostro Dio.
 
   
                      
      Il teatro dei burattiniMaschere meste
 sfilano sul palco.
 Volti di cartapesta,
 senza alito di vita,
 corpi di burattini,
 sagacemente
 manovrati.
 Dietro le quinte,
 copioni ammonticchiati,
 suggeritori attenti.
 Attonito e compenetrato,
 il pubblico in sala.
 Ha inizio lo spettacolo!
 Applausi scroscianti
 per il monologo del
 triste Pierrot.
 Sorrisi e frizzi
 all'apparir dello
 scaltro Arlecchino.
 Sospiri languidi
 per la bella Colombina.
 Tra smorfie e piroette
 s'inchina Pulcinella,
 servitor cortese.
 Coriandoli piovono
 sulla scena.
 Cala il sipario,ma
 domani sarà ancora
 Carnevale.
 
Il volo degli angeliNella mente,
 imperituri: corpi ignari
 e inerti, travolti
 dal mare tempestoso
 che, ferocemente urlando,
 si chiudeva su di loro,
 come una bara.
 
 Ingenui infanti, fiduciosi,
 spazzati via da onde
 gigantesche, che con occhi attoniti,
 protendevano le braccia
 verso un cielo, troppo lontano.
 
 Vecchi,che con flebil voce,
 imploravano aiuto, nello sforzo
 di aggrapparsi ad un tronco
 divelto, recitando l’ultima prece.
 
 Attimi di terrificante
 apocalisse,
 nel veder galleggiare,
 senza distinzione,
 esseri e cose,
 stroncati, l’indomani
 del Natale.
 
 Ultimi respiri ansanti,
 dolore struggente
 di sopravvissuti,
 pianto di madri,
 solitudine di orfani,
 ossequioso silenzio di vivi.
 Solo una candela…Solo una candela,
 in questa notte
 di silenzio e
 di speranza.
 
 Solo una candela,
 per rischiarare
 i volti
 ed infiammare
 i cuori
 degli abitanti
 della Terra.
 
 Solo una candela,
 per salutare
 il nuovo anno
 e migliaia
 di angeli,
 che sono volati via.
 Fiumicino: ore 08,30Dondolano i battelli
 ancorati al molo,
 sfiorati da una
 pioggerella leggera,
 che annuncia la fine
 dell’estate.
 
 Attendono un caffè
 fumante i pescatori,
 seduti ai tavolini dei
 bar di Via Torre
 Clementina, e intanto
 osannano alla squadra
 del cuore.
 
 Raggiungono le loro
 postazioni randagi
 d’ogni sorta, sicuri di
 accattare un tozzo
 di pane e una carezza.
 In testa é Dado,
 baldanzoso e schietto.
 
 Un’atmosfera rarefatta
 imprigiona i passanti,che
 sbirciano i nuovi arrivi
 nelle vetrine, e poi
 affrettano il passo
 sui marciapiedi bagnati.
 
 Alle fermate, mesti turisti,
 in partenza, sono in attesa
 di un mezzo, che li riporterà
 alla quotidiana routine
 
 Fiumicino: ore 08,30.
 Come “Jonathan Livingston”(Dedicata a Luca)
 
 Seduti sul bordo della scogliera,
 immersi in sovrumani silenzi,
 interrotti solo dallo sciabordio
 delle onde sulla spiaggia;
 ammaliati, seguivamo i tuoi voli.
 Tu, impavido gabbiano,
 planavi lento sul mare;
 poi chiudevi gli occhi,
 prendevi velocità
 e, a qualche metro dalla spiaggia,
 aprivi le forti ali e risalivi verso il blu del cielo.
 Ti innalzavi con le tue penne remiganti
 nel vento, trascinandoci in una esilarante
 avventura di volo, di aria pura, di libertà.
 Ti sollevavi dalle tenebre dell’ignoranza,
 dalla rabbia, dalla paura, dalla noia.
 Eri libero.
 Attendevamo per ore
 il tuo ritorno al nostro stormo.
 Eri il nostro “Jonathan Livingston”;
 eri per noi un simbolo, una guida.
 Ma, come il “Grande Gabbiano”,
 un giorno spiccasti il tuo ultimo volo.
 Salisti ancora più in alto,
 nell’alto dei cieli,
 dove tutto è verità, armonia e amore infinito…
 Noi, miseri gabbiani, ancora
 cautamente, sfioriamo la superficie del mare,
 per acciuffare il cibo;
 ma con il cuore traboccante d’amore:
 l’amore che tu ci hai trasmesso
 PER SEMPRE…
 Pagine di vitaAd una ad una sfoglio
 queste pagine scompigliate
 dal vento.
 La mia penna le ha scritte
 nelle ricorrenti stagioni.
 L’inchiostro muta colore:
 il blu rievoca
 i caldi giorni d’estate;
 il nero fissa nel tempo
 le caduche foglie;
 il rosso immortala
 il tepore del focolare;
 colori brillanti rimandano
 alla bella stagione.
 Sono pagine ingiallite
 che parlano di sogni e
 tristezze ormai lontani;
 di ricordi ancora vivi e
 palpiti recenti.
 E’ rivestito d’azzurro
 questo libro
 che un giorno chiuderò,
 sospirando…
 Quanto freddo stasera!Rintocchi di campane
 echeggianti nella città
 assopita
 sotto una coltre di neve.
 Aria di festa
 nelle calde dimore
 scintillanti
 nell’attesa del magico evento.
 Grida argentine
 di bimbi stupiti
 ai piedi di un abete
 che si staglia al centro di una piazza.
 Ma…quanto freddo stasera!
 Si attende
 il Salvatore del mondo,
 che ancora una volta
 porrà la sua dimora in mezzo a noi.
 Nascerà per te
 che
 dalla vita hai avuto tutto;
 per te
 che
 sei ancorato
 all’ultima speranza;
 per te
 che
 esali l’ultimo respiro
 in un campo nomade
 o sui gelidi cartoni.
 Quanto freddo…stasera!
 L’angelo azzurro Tendimi ancora la mano
 nelle
 gelide
 notti d’inverno,
 mamma.
 Irradiami con il tuo sorriso
 quando
 la speranza
 s’infrange
 come un’onda contro la scogliera.
 Apri le tue ali,
 angelo
 azzurro,
 e
 fammi respirare il profumo dell’eterno.
 Tracciami
 ancora
 un
 cammino
 ed io ti seguirò.
 La tua immagine
 aleggia
 nei
 meandri
 del mio cuore,da quando non ci sei più.
 Viale d’autunnoAncora insieme.
 Corpi stanchi e distanti;
 sguardi spenti ed
 eloquenti silenzi;
 mani che non si
 intrecciano più;
 passi lenti e schivi,
 in questo viale
 d’autunno.
 Calpestio di foglie
 accartocciate,che
 crepitano sotto
 i nostri piedi:
 memorie frantumate
 di un stagione
 ormai finita.
 Panchine vuote,
 baciate dal riverbero
 del sole.
 Ancora insieme:
 io e te.
 Vite parallele
 ad un incrocio,
 per raggiungere
 la meta finale.
 RandagioCorri, randagio,
 verso mete ignote,
 seguendo le orme
 di chi ti ha abbandonato.
 Prati verdi e sconfinati
 si aprono al tuo passaggio;
 lidi deserti ti accolgono
 durante il tragitto;
 profili di case si susseguono,
 mentre ti allontani
 per sempre dalla tua dimora.
 Volti sconosciuti
 non ti degnano di uno sguardo,
 né mani pietose di una carezza.
 Corri, randagio.
 Presto, anche tu,
 verserai il sangue sui tuoi passi,
 travolto da un’auto in corsa.
 E’ questo l’uomo!
 Il mio mareFlussi e riflussi
 di un mare
 incontaminato,
 solcato da barche
 solinghe, che
 svaniscono
 all’orizzonte.
 Lameggio
 di onde,
 che abbaglia
 lo sguardo
 del fuggiasco,
 che ritorna al suo porto,
 o dell’emigrante,
 che lascia cadere
 qualche lacrima amara
 nelle azzurre acque.
 Vite incrociate,
 destini distinti.
 Mare Nostrum,
 mare mio.
 Messina muoreRisorgerai ancora
 dalle tue ceneri,
 splendida Fenice?
 Le tue acque sono
 limpide, il cielo è
 terso ed il sole
 splende ancora;
 ma le strade
 aggrovigliate;
 i viali spogli,
 solcati dai binari
 del tram;
 le insegne spente
 di antichi ritrovi,
 offuscano il tuo volto.
 Tu, tenera madre,
 ti spegni
 lentamente,
 tra l’indifferenza
 dei tuoi figli e
 lo stupore dei turisti
 che, incantati,
 ammirano ancora
 la tua bellezza.
 Una mano, laggiù,
 ti benedice: è quella
 della Madre Celeste
 che ancora una volta,
 dopo due millenni,
 rinnova la sua promessa
 “Vos et ipsam civitatem
 benedicimus”.
 Sogno d’estateImmergersi
 nelle tiepide acque,
 con gli occhi socchiusi,
 e fermare il tempo.
 Lasciarsi cullare
 dalle onde
 che si infrangono
 contro gli scogli.
 Farsi rapire dall’oblio
 e navigare
 verso porti sicuri.
 Fingersi ninfa
 degli antri marini,
 per divenire immortale.
 Inseguire i sogni
 di una vita, naufragati.
 Magica estateStoffe arabescate,
 svolazzanti,
 come vele issate,
 su corpi assolati
 e sfiorati
 dalla brezza marina.
 Chincaglie,
 allegramente sfoggiate.
 Un’altra estate.
 Stessi brividi,
 stesse emozioni,
 tra le struggenti
 note di una bachata.
 Incedere lieve,
 a passi di danza,
 sulla sabbia,infuocata
 dalla canicola.
 Rinascere ogni giorno,
 al levar del sole,
 e sognare,sulla battigia,
 cullati dalle onde,
 al suo calare.
 Magica estate!
 Solo tu riesci
 a sottrarmi
 alla prosaica esistenza
 delle altre stagioni.
 Sulla via del CalvarioQuando impervi sentieri
 mi impediscono
 il cammino,
 e mi fanno indietreggiare.
 Quando gli strali pungenti
 dell’incomprensione umana
 trapassano
 il mio cuore.
 Quando il peso della croce
 si fa insostenibile,
 e cado,
 soltanto allora
 sono sicura di seguirti,
 mio Signore.
 L’ingannoTessi le tue trame,
 impavido ragno
 delle notti oscure.
 Fili sottili
 si intrecciano
 e attendono
 l’incauta preda.
 Io non cadrò
 nel tuo tranello;
 attenderai invano,
 mistificatore solitario.
 Il mondo che sogniamoMi sveglio un mattino
 con la pace nel cuore,
 la luce negli occhi
 e la certezza di un futuro migliore.
 
 Ho visto bandiere
 ondeggianti nel sole,
 di un solo colore:
 quello rosso dell’amore.
 
 Un intrecciarsi di mani
 in un giorno senza tempo,
 un incrociarsi di sguardi
 verso comuni traguardi.
 
 Mi accorgo che il sogno
 non é solo mio,
 perché siamo tutti nel mondo
 figli di Dio.
 
 E’il mondo che sogniamo,
 senza frontiere, odio e povertà.
 Un mondo più giusto in cui
 lo spettro della fame si dissolverà.
 
 Accendiamo i nostri cuori,
 rinsaldiamo la volontà,
 uniamo le nostre forze
 ed il sogno diverrà realtà.
 La magia del NataleSi riaccendono
 fantasmagoriche
 luci,
 che guizzano
 da un ramo all’altro
 dell’abete,
 in uno sfarfallio
 di colori.
 Si rinnova
 la magia
 di un evento,
 che
 è sempre unico: il Natale.
 Nati liberiVi rivedo,
 ad un ad uno,
 amici di ieri,
 acciambellati
 su morbidi sofà,
 spiando, sornioni,
 ogni mossa,
 ogni sospiro.
 Chicco, Benny, Giulia…
 e poi… tanti…
 troppi… per una
 civile abitazione.
 Sottratti alla strada,
 all’indifferenza,
 alla grettezza umana.
 Palle di pelo,
 aggrovigliate,
 in un’unica matassa.
 Soffici peluches,
 dagli occhi lampeggianti
 e dai corpi,
 ripetutamente arcuati,
 alla ricerca di una carezza.
 Amici mici,
 bramosi di evadere e
 scorazzare pei campi,
 oppure distendersi
 al sole di primavera.
 La libertà
 vi ho concesso,
 affidandovi a mani sicure,
 e preferendo
 alla vostra infelicità,
 la mia solitudine…
 - Dedicata a Stefano Cona -
 La voce del mondoArresta
 la tua corsa
 frenetica,
 uomo
 del terzo millennio,
 e ascolta
 la voce del mondo.
 Dai quattro punti
 della terra,
 idiomi si mescolano,
 divenendo
 un’unica lingua.
 Implora pace,
 giustizia,
 uguaglianza,
 solidarietà,
 condivisione.
 Ascolta
 il lamento
 dell’Africa,
 che languisce
 per la fame e la sete.
 Ascolta
 gli urli disperati
 delle madri
 dell’India,
 allo spegnersi
 di nuove vite.
 Ascolta
 il pianto silenzioso
 dei soldati,
 in missione di pace,
 in Iraq.
 Ascolta
 i sospiri
 dei clandestini,
 che avvistano
 nuove terre.
 Ascolta
 la voce stanca
 di questo vecchio mondo,
 che,ormai,
 non spera più.
 Il filo della vitaUn filo sottile,
 che guida
 nei labirinti,
 è la vita.
 Un filo,
 che si spezza,
 allorché
 si trova,
 finalmente,
 la via d’uscita.
 Il giganteBatte un cuore di bambino
 nel tuo corpo di gigante.
 Tu:miracolo vivente,
 scampato per ben tre volte
 alla morte, per volontà del Padre.
 Caparbio, come un macigno,
 irruente, come un fiume in piena,
 vitale, come le gemme di primavera,
 tenero, come un cucciolo sperduto.
 Tu:figlio, tanto desiderato e,
 tra lacrime e tormenti, tirato su a stenti.
 Procedi sicuro sulle strade della vita,
 come se niente fosse mai accaduto.
 Il tuo passo è veloce, la mente agile;
 le mani protese verso gli altri;
 l’animo sensibile ad ogni nuovo incanto;
 l’orecchio teso, pronto a cogliere
 l’armonia del canto, il cinguettio
 degli uccelli, la voce di Dio.
 Sorreggerai tu un giorno, gigante,
 questa piccola madre,
 allorquando le membra, spossate,
 cercheranno riposo,
 e la voce stanca ti parlerà
 di quando eri bambino.
 RisveglioL’inebriante profumo di zagara
 si espande da un cortile all’altro,
 annunciando l’arrivo festoso
 della novella stagione.
 Gerani, dagli smaglianti colori,
 fanno capolino dai balconi,
 ostentando la loro sfolgorante bellezza.
 E’ primavera!
 Tripudio di luci, di suoni, di colori;
 susseguirsi di voci argentine, inneggianti
 al risveglio miracoloso della natura,
 che si rinnova dopo il sopore invernale,
 e si veste a festa, come una giovane sposa.
 La maschera e il voltoUn’immagine, riflessa
 nello specchio,
 rivendica
 la propria identità.
 Scivola lentamente
 la maschera giù
 dal volto,
 scoprendolo alfine.
 Piccole rughe
 lo solcano,
 riportando alla luce
 antichi dissidi,
 rancori mai spenti,
 solitudini cercate.
 Labbra, serrate
 da interminabili silenzi,
 incapaci ormai
 di sussurrare o
 bisbigliare parole soavi.
 Occhi di ghiaccio,
 lucidamente assenti,
 come due strali pungenti,
 pronti a colpire
 il bersaglio.
 L’identità è svelata,
 ma la maschera,
 repentinamente,
 ricopre il volto,
 inducendo
 a ricalcare le scene.
 Ai piedi di un altareInginocchiata,
 ai piedi di un altare,
 una madre prega,
 fissando gli occhi
 dell’Addolorata.
 Anch’ella, pochi minuti
 prima, ha stretto
 tra le braccia il figlio,
 che ora giace,
 ignaro e assopito,
 in una sala operatoria.
 Forse sogna gli angeli,
 forse un’altra vita.
 Un corpicino esile,
 avvinto da un male
 incurabile.
 “Alza la tua mano e
 opera Tu, Signore!”
 urla dentro di sé
 la donna,
 nel silenzio della
 cappella.
 Ore interminabili,
 dolore immenso,
 solitudine profonda.
 La madre spera.
 Le note di un organo,
 che non c’è,
 si diffondono nell’aria
 all’improvviso.
 La grazia è fatta.
 Qualcuno giunge e
 annuncia che è
 tutto finito.
 La madre terge le lacrime
 e sorride, poi
 chiede al cappellano
 la comunione.
 Per madre e figlio
 sarà l’inizio
 di una nuova vita.
 La voce del silenzioE’ suadente, soave,
 mellifera, la voce
 del silenzio.
 Penetra nell’animo,
 segretamente,
 rispolverando
 vetuste sembianze;
 disseppellendo
 remoti ricordi;
 facendo vibrare l’aria
 di arcane melodie
 di un’età,
 fatta di fiabe e
 ninnenanne,
 nelle notti stellate.
 Ferisce dolcemente
 il cuore;
 incanta sempre, e
 ovunque conducano
 i passi della vita.
 Culla amorevolmente
 i figli dei sogni,
 padre silenzio,
 rapendoli
 con repentino slancio
 ed ineffabile ardore.
 Mago dell’oblio,
 lenisce le pene, e
 fa assopire
 tra le sue
 amorose braccia.
 Vorrei…Vorrei
 costruire ali
 per chi non sa volare,
 dipingere
 i muri della città
 per chi non sa sognare,
 erigere castelli
 per principi barboni,
 divenire clown
 per strappare un sorriso
 all’infelice,
 invocare la manna
 per chi patisce la fame,
 trasformarmi in pioggia
 per dissetare,
 spargere semi magici
 in tutti i campi
 per far germogliare l’amore.
 Vorrei…
 Profumi d’estateEsotiche fragranze,
 esalanti da corpi,
 dal solleone
 arroventati,
 che si immergono
 nelle acque cristalline
 di un mare incontaminato.
 Profumi d’estate.
 Volti paonazzi,
 di creme
 odorose e inebrianti
 cosparsi,
 che si ostinano
 a lasciarsi baciare
 ancora dal sole.
 Essenze di cocco,
 che trascinano lontano,
 al passaggio di
 venditori di sogni e di
 illusioni,che
 ostentano mercanzie
 d’altri tempi e
 d’altri luoghi.
 Vecchio diario Ti ritrovo,
 vecchio diario,
 tra classici latini e
 greci,sepolto,
 inseparabile compagno
 di scuola e di vita.
 Testimone esemplare
 di scampate interrogazioni,
 di sussulti e lacrime
 d’amore.
 Sfoglio pagine ingiallite,
 annuso petali di rose,
 avvizziti,
 cercando di riscoprire e
 rivivere antiche emozioni,
 e avvertire il profumo
 del tempo.
 IncomunicabilitàMonadi siamo,
 sparse
 nell’universo
 dell’indifferenza
 e dell’ipocrisia.
 
 Isole,
 che giganteggiano
 nel mare
 dell’oblio.
 
 Granelli di sabbia,
 roventi,
 che si ammassano
 nel deserto
 dell’incomunicabilità.
 
      
                      
      Mamma SorrisoRiluceva come una stella
 sulle labbra il tuo sorriso,
 allorché i nostri volti
 scorgevi sulla soglia.
 Dal trono della sofferenza,
 immobile regina,
 effondevi copiosamente amore.
 Un profumo di viole
 si espandeva
 nella stanza e rapiva noi,tuoi figli:
 presenze impalpabili, inebriate e
 dimentiche, per pochi istanti,
 del tuo martirio.
 Mamma Sorriso,
 quel trono adesso è vuoto,
 ma riecheggia ancora
 nella regale dimora la tua voce,
 pacata e soave, per poi svanire
 e raggiungere il Cielo.
 
      
                      
    
    
                      
      In fondo all’animaI miei drammi
 vivo
 nel silenzio dell’anima.
 
 Reconditi aneliti
 di pace,
 soffi leggeri
 di vita,
 per una nuova alba.
 
 La luce,
 contemplo,estasiante
 e vaga.
 
 Respira,
 anima mia,
 e inebriati d’Eterno.
 Il silenzio di DioDov'eri, Dio, quando
 il mare tempestoso,
 ferocemente urlando,
 travolgeva
 corpi ignari e inerti,
 chiudendosi su di loro,
 come una bara?
 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
 Dov'eri, Dio, mentre
 ingenui infanti, fiduciosi,
 venivano spazzati via dalle onde
 gigantesche e, con occhi attoniti,
 protendevano le braccia
 verso un cielo, troppo lontano;
 o vecchi, con flebil voce,
 imploravano aiuto, tentando
 di aggrapparsi ad un tronco
 divelto, recitando l'ultima prece?
 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
 Dov'eri, Dio mio,
 negli attimi di terrificante
 apocalisse, vedendo galleggiare,
 dall'alto dei cieli, senza distinzione,
 esseri e cose, stroncati, l'indomani
 del tuo Natale?
 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
 ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
 Eri nell'ultimo respiro ansante,
 nel dolore dei sopravvissuti,
 nel pianto delle madri,
 nella solitudine degli orfani,
 nel silenzio dei vivi,
 nei luoghi di culto, risparmiati,
 e non per caso,
 ad indicare ancora una volta
 la diritta via
 Lo Spirito del NataleE’ dentro l’anima
 il fervore,
 che
 misteriosamente
 t’assale
 e
 delicatamente
 t’invade,
 sprigionando
 inusitate sensazioni
 di antiche certezze.
 Ogni anno ritorni
 bambino:
 con occhi innocenti
 e stupiti,
 ti smarrisci,
 accodandoti ai pastori,
 che vanno alla grotta.
 Tenero viandante,
 segui la cometa
 e dalla sua luce
 ti lasci abbagliare.
 Vai a ritroso nel tempo,
 divenendo partecipe
 dell’evento
 straordinario della storia.
 Ora sei lì,dinanzi al
 Bambinello!
 Il cuore esulta di gioia
 nella Notte Santa.
 Anche tu rinasci
 e rivivi il miracolo,
 che annualmente
 si rinnova.
 Al di là della vitaMi rivedrete nei tenui bagliori
 di un languido tramonto;
 nelle gocce di rugiada;
 in un raggio di sole
 che filtra dalle persiane;
 nel volto di ogni donna
 che accoglie con un sorriso
 anche lo sgarbo,l’insulto,
 l’indifferenza di chi
 ha messo al mondo.
 Udirete la mia voce
 nel silenzio di una chiesa;
 nel vento di marzo;
 nello sciabordio delle onde.
 Avvertirete il mio profumo,
 quando la zagara fiorirà
 ancora nel cortile di casa.
 Stringerete le mie mani,
 incontrando persone sole,
 incomprese e prigioniere
 di un destino.
 Assaporerete le delizie
 della vita ogni qualvolta
 berrete un sorso d’ acqua
 fresca nella calura estiva
 o mangerete pane caldo
 nelle gelide sere d’inverno.
 Scorgerete in quell’acqua
 la mia immagine tremolante
 e nel calore, che emana
 dal pane, l’amore di una madre
 che va oltre la vita, figli miei.
 La danza dei ricordiNella nebbia dei ricordi
 immagini evanescenti,
 sagome impalpabili,
 effimere presenze,
 danzano in cerchio, .
 come satiri e ninfe
 in una selva lussureggiante.
 Poi si dissolvono,
 dileguandosi nel nulla. .
 Percepisco il profumo del tempo,
 scandito dal susseguirsi
 delle stagioni;
 una brezza leggera .
 che s’insinua nell’anima
 e rapisce le presenti emozioni,
 catapultandole nella
 sfera dei ricordi.
 InvisibiliLi chiamano invisibili,
 ma sono angeli che volano
 in basso,
 per stendere le loro ali
 sui nostri destini.
 Li puoi vedere
 girando l’angolo,
 in un vicolo cieco.
 Il loro respiro
 si confonde con quello
 di chi li vede e sarà
 fedele per sempre.
 Sì,c’è sempre un cane
 al loro fianco
 che con loro divide il pasto.
 Li puoi incontrare
 sulla panchina di una stazione,
 con gli occhi sconfinanti nel nulla
 e la mano protesa nel vuoto.
 Attendono un sorriso;
 coi loro sguardi raccontano una storia.
 Quando li vedrai,
 chiedi riparo alle loro ali
 e…
 conoscerai il Paradiso.
 FrammentiAttimi fugaci
 di un giorno
 senza tempo.
 Immagini sbiadite
 di un passato
 mai trascorso.
 Frammenti
 di memoria,
 che varcano
 lo spazio,
 e si annullano
 nell’eterno.
 MariannaUna figura
 scivola
 tra l’indifferenza
 e
 lo scherno
 dei passanti.
 Occhi trincerati
 dietro
 spesse lenti
 ed un vecchio
 bastone:
 fragile baluardo.
 Un capo canuto,
 coperto
 da uno sbiadito foulard,
 ed un corpo minuto
 chiuso in un lacero paltò.
 Marianna.
 Bussa alle porte
 annunciando:
 “Sono la signora”.
 Qualche centesimo
 cade
 nelle mani tremanti
 e poi via
 verso casa,
 ad affrontare
 il nuovo giorno.
 Marianna.
 Al di qua della cattedra“Ciao, professoressa!”
 Una voce infrange
 il silenzio in aula
 all’inizio del nuovo anno.
 E’ quella di Tharsan.
 Il suo volto bruno
 spicca
 sullo sfondo
 di recente imbiancato.
 Altri visi luminosi
 si incrociano e
 attendono un sorriso.
 Distolgo il mio sguardo
 dal registro di classe,
 su cui ho apposto
 la mia prima firma.
 Scambio di saluti,
 teneri abbracci,
 segni di affetto imperituro.
 Di nuovo insieme.
 Io, al di qua della cattedra,
 col mio bagaglio
 di esperienze vissute;
 loro, al di là di essa,
 con i loro sogni,
 le loro speranze,
 i loro ideali.
 Aquiloni variopinti
 che si innalzano
 verso il blu del cielo,
 ondeggiando dolcemente,
 certi di essere retti
 da mano sicura.
 I silenzi del cuorePadre, ho tanto appreso dai
 tuoi silenzi…
 L’ardire pacato
 nelle
 tempeste
 della vita.
 L’attesa
 di un giorno
 nuovo
 al tramonto di un ideale.
 La luce
 che
 si accendeva
 sul tuo volto
 di fronte alle nostre paure.
 La dedizione
 ad una donna
 che
 amerai per sempre.
 La fede
 in Chi
 ha racchiuso
 nel tuo cuore i suoi silenzi.
 Musetto rosaAmmaliato,
 segui con lo sguardo
 le volute di
 fumo
 che s’innalzano
 al soffitto,
 mentre l’aroma
 del caffè
 si diffonde
 nella stanza
 in una
 gelida
 mattina
 di febbraio.
 Poi
 ti acciambelli
 morbidamente
 nella cesta
 e fai le fusa,
 anelando
 a una carezza.
 Riempi
 le mie giornate
 musetto rosa,
 senza
 pretendere nulla.
 Ai bambini mai natiA voi
 che giacete
 sepolti
 nel grembo materno.
 A voi
 che non vedrete
 mai il sole.
 A voi
 che non
 avete
 il diritto di esistere.
 A voi,
 piccoli angeli,
 giunga
 il mio grido di dolore
 e la mia preghiera.
 La mia poesiaVersi, liberi
 di decollare,
 verso cieli infiniti,
 e poi,
 improvvisamente
 atterrare,
 per catturare
 immagini,
 trasfigurate
 da metafore,
 
 Dipinti ad acquerello,
 che nascono
 dall’acqua,
 dai colori della terra,
 dalla luce e
 dalla mano
 di chi li crea.
 Struggenti melodie zigane,
 al chiaro di luna.
 Segreti dell’anima,
 estratti
 da uno scrigno d’oro,
 da magiche emozioni,
 o da ineffabili impressioni,
 e immortalati
 su una pagina bianca.
 
 La mia poesia :
 una colomba,
 messaggera di pace
 e d’Amore,
 quell’Amore,
 di cui, talora,
 riesce ad essere
 pallido riflesso.
 Un battito d’aliDura solo pochi istanti
 la felicità raggiunta:
 il tempo di riaprire
 gli occhi e sussultare.
 Un battito d’ali
 di farfalla
 che si posa
 su un candido fiore.
 Dark angeDanza,
 regina della notte,
 sospesa tra cielo
 e terra.
 Volteggia,
 leggera,
 nell’aere
 tenebroso,
 come fiocco di neve.
 Stendi
 un velo d’amore
 sui corpi assopiti,
 sulle menti sognanti.
 Libera
 da sguardi indiscreti,
 scevra
 da falsi giudizi e
 ipocrisie,
 canti
 la tua canzone.
 Musiche arcane
 accompagnano
 i tuoi passi lievi,
 nell’oscurità profonda.
 Echi lontani,
 le voci note
 del giorno trascorso.
 Socchiudi i cerulei occhi
 e sogna.
 Sei padrona della notte,
 mentre le ombre,
 che calano più fitte,
 ti avvolgono
 come un manto.
 Tutto è silenzio,
 mistero,pace infinita,
 verità.
 Danza,
 regina della notte,
 e non fermarti
 mai…
 In punta di piediMi affacciai alla vita,
 sorretta da forti braccia
 e illuminata da ineffabili sorrisi.
 Titubante, mi incamminai
 verso sentieri baciati dal sole
 ed incontrai l’amore.
 Bevvi a fresche fonti e
 sciolsi i capelli al dolce vento.
 Soave incantesimo che presto svanì.
 In punta di piedi, allora,
 varcai la soglia dell’esistenza
 e il dolore mi avvolse col suo manto.
 Lacrime, angosce, sospiri,
 visioni di volti sofferenti,
 mi condussero a Lui.
 In punta di piedi me ne andrò,
 sussurrando:”Padre, grazie!”
 MartinoTi ho portato in grembo
 solo per qualche mese,
 poi…
 la tua vita si è spezzata.
 Di te non so nulla.
 Non conosco il tuo volto,
 i tuoi occhi,
 il tuo sorriso.
 Io ti ho chiamato “Martino”,
 tu non mi chiamerai mai
 “mamma”.
 I colori dell’arcobalenoI colori
 dell’iride
 ornano,a festa,
 le due sorelle
 dirimpettaie,
 nel Lunedì
 dell’angelo.
 L’arco
 dell’alleanza,
 unisce
 le due sponde
 dello Stretto,
 squarciando
 la foschia.
 La nebbiolina
 si dirada,
 lieve,
 per lasciare spazio
 ai riflessi
 cangianti
 del ponte variopinto.
 Gitanti festosi,
 che profumano
 di arsa legna,
 di ginestra.
 o di salsedine,
 fanno ritorno
 alle amate dimore,
 canticchiando
 un vecchio ritornello.
 Progenie di cantori
 e di inconsolabili poeti,
 che perpetua
 costumanze antiche,
 rendendo omaggio
 agli avi e
 rincuorando
 le madri affrante,
 vittime
 di un destino inesorabile.
 - Dedicata a Salvatore Armando Santoro -
 Anni ‘60Cravatte fiorate
 su camicie rigate e
 distintivi,
 inneggianti
 alla libertà.
 Allegre corse
 su una vespa,
 elettrizzati
 dalle frizzanti note
 di un motivetto,
 primo nella hit parade,
 da un mangiadischi
 stonatamene urlato.
 Feste,allestite
 su terrazze,
 sotto gli occhi vigili
 di mamma e papà.
 Libertà condizionata,
 di cui si andava,
 assurdamente,fieri.
 Mitici anni ’60!
 Passeggiate chilometriche,
 sul lungomare,
 tra risa smodate
 e incontenibile allegria.
 Sospiri innocenti,
 alla vista di un “lui”
 o di una “lei”,
 che,
 passando accanto,
 lanciava,
 con lo sguardo schivo,
 messaggi misteriosi.
 Albori
 di una giovinezza,
 trascorsi
 tra sogno e realtà.
 Favolosi anni ’60!
 Fiumi di parole,
 sussurrate al vento
 ed echeggianti,
 nelle notti insonni,
 per un amore disperato.
 Così la storia
 continuava il suo corso,
 così sfrecciavano
 gli anni più belli
 della nostra vita.
 Noi,giovani di ieri,
 capaci ancora di sognare,
 in un’epoca,
 che ai sogni
 tarpa le ali.
 Con gli occhi di un bambinoVorrei guardare il mondo
 con gli occhi di un bambino.
 Smarrirmi nel verde di un prato,
 inseguendo con lo sguardo
 un aquilone che s’innalza,
 sinuosamente ondeggiando.
 Correre a perdifiato,
 cadendo, poi, pesantemente
 sull’erba umida di rugiada.
 Stupirmi dinanzi ai miracoli
 della natura: un fiore che sboccia;
 un cucciolo che nasce;
 un fiocco di neve, che sfiora
 il viso, e poi si posa dolcemente
 sulla candida coltre;
 la voce del mare, che giunge
 dalla cavità di una conchiglia.
 Bearmi di un sorriso
 che rassicura,
 di una stretta di mano,
 del tepore del focolare domestico.
 Costruire castelli di sabbia,
 in riva al mare,
 illudendomi che rimarranno
 lì, per sempre…
 A MariaFragile e mirabile creatura,
 rapita alla vita, in un tiepido
 meriggio di primavera.
 Donna di eccelse virtù,
 capace d’ infondere
 allo sguardo e all’udito
 calma, dolcezza, serenità.
 Figura evanescente,
 scivolata via, mentre
 la natura rinasce.
 La bandiera della paceLacera, sventola,
 al mio balcone,
 la bandiera della pace,
 dalle intemperie
 oltraggiata,
 dal tempo
 logorata.
 Si alternano
 le stagioni,
 si avvicendano
 le ore,
 sbiadiscono
 i colori,
 ma essa ondeggia
 e sfida
 l’inarrestabile corso
 della storia.
 Pagine di sangue,
 orrori e stragi,
 si affastellano e
 si aggiungono
 a quelle già scritte,
 in tempi remoti
 o recenti,
 per dimostrare
 all’umana gente
 che la storia
 é maestra di niente.
 Brandelli colorati
 si agiteranno ancora
 al sole e al vento,
 perpetuando
 l’effimera parola “pace”.
 18 maggio 1920Tu,
 candida rosa,
 all’imbrunire
 di un fatidico giorno
 del maggio odoroso,
 sbocciavi,
 per inebriare
 con il tuo profumo
 il mondo.
 Litanie cadenzate
 di una chiesetta vicina,
 miste a teneri vagiti,
 diffondevano nell’aria
 una mistica armonia.
 Il primo nome
 che udisti fu quello
 di Maria
 La Madre ti prese
 per mano e ti tracciò un cammino:
 per quei sentieri ti aggiri ancora,
 Papa pellegrino.
 Curvo sotto la croce,
 ma forte nello spirito,
 abbracci il vessillo di pace
 e infuochi i nostri animi
 d’Amore.
 Tu,
 padre di tutti noi,
 instancabile viandante,
 ci indichi la via,
 così come fece con te
 Madre Maria.
 Rondini senza nidoSpiccammo un giorno
 il volo,
 insieme, festosamente,
 alla ricerca
 di un nido.
 Dopo qualche volteggio,
 andammo a posarci
 sulla cima
 di una quercia.
 Con un mirabile
 gioco d’ali,
 arrestammo
 il nostro volo,
 in quel solstizio
 d’estate.
 Dall’alto, volgemmo
 lo sguardo
 all’intorno, tranquilli
 e sicuri.
 I nostri rondinini
 allietarono, poi,
 con i loro garriti,
 il nido d’amore.
 Sfidammo arditamente
 le intemperie,
 anno dopo anno,
 finché un dì,
 una tempesta
 fece piegare la cima
 e si fece tutto
 buio attorno.
 Dispiegammo le ali
 nel vuoto,
 remigando nel vento.
 La prole
 spiccò allora
 il suo primo, difficile volo.
 Non potemmo seguirli.
 Ancor oggi,
 dubbiosi e incerti,
 siamo alla ricerca
 di un nido sicuro.
 La casa del soleFiltrano appena i raggi
 dalle persiane semichiuse,
 nella casa del sole,
 un tempo infuocata
 da impetuose passioni
 e rischiarata
 da irrefrenabili emozioni.
 Ritratti, sfumati
 dalla luce fioca,
 che, di sbieco,
 ferisce volti e sagome
 del tempo che fu.
 Gingilli, dalle tinte indecise,
 che si ergono a testimoniare
 che la felicità,
 un giorno,
 albergò nella casa del sole.
 La casa di BarbiLeggiadra, danzava,
 la tua Barbie,
 vestita di tulle rosa,
 con la bionda chioma
 fluente, adorna di
 luccicanti stelline,
 nella sua casa in miniatura.
 In punta di piedi,
 vi penetravamo:
 tu, con la grazia di una
 bambola di porcellana,
 dagli occhi azzurri,
 io, con la leggerezza
 di una fata, pronta
 per un nuovo incantesimo.
 Immerse,
 in quella fiabesca atmosfera,
 stavamo per ore.
 T’imboccavo,
 come un passero,
 spezzando,
 di volta in volta,
 dolcemente,
 la tua voce argentina,
 che echeggiava
 tra le pareti colorate
 di quella minuscola dimora.
 Ore d’incanto e
 d’allegria,
 che sono fuggite
 col tempo,
 bambola mia.
 Cuore gitanoUbriaco di stelle,
 palpiti,
 cuore gitano,
 dinanzi a un falò,
 mentre il cielo
 versa le sue lacrime.
 Danzano
 intorno al fuoco
 corpi,
 senza volto
 e
 senza età,
 al suono di chitarre
 e marranzani
 Ancestrali tarantelle
 che si perpetuano
 nell'anima,
 in questa terra
 di nessuno.
 Un solo istante
 fermati,
 cuore stanco,
 e perditi,
 annullandoti,
 nella polvere di stelle,
 di questa splendida
 notte d'agosto.
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