Poesie di Caterina Siclari


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Sono nata il 02/08/1952 a Messina,dove risiedo tuttora. Sono laureata in Lettere Classiche e insegno nella Scuola Media. Sono sposata, ho due figli (Alessandra, 24 anni e Biagio,19). Amo la natura, gli animali, la letteratura, la musica. Ho iniziato a scrivere romanzi e poesie all'età di 14 anni. La mia attività letteraria si è protratta fino ai 28 anni, finché non sono diventata mamma. Da quel momento in poi, mi sono dedicata ai figli, anima e corpo. Per loro ho anche rinunciato all'insegnamento per una decina di anni. Poi è iniziata la mia carriera, che ho abbracciato con entusiasmo e dedizione.
Ho ripreso a scrivere poesie soltanto quattro mesi fa, essendo costretta a stare a riposo per motivi di salute. E' nata così la raccolta "Pagine di vita", che comprende 36 componimenti, alcuni dei quali saranno pubblicati prossimamente in alcune antologie.
Nei mesi di riposo forzato, ho rivisto tutta la mia vita, come in un film, e ho passato in rassegna i momenti più belli, o più tristi e difficili, immortalandoli nei versi.

Tramonto sul lago
Candidi,ancora fieri e
altezzosi,scivolano in fila
serrata sul lago cigni migratori;
non alla ricerca di cibo
e di canneti,ma di quiete,
agognata per l'ultima tappa.
Non si alzeranno
in volo,proseguendo
nel cammino.
Cespugli nascosti
accoglieranno i loro corpi
esanimi,mentre i bagliori
del sole calante,coloreranno
la vita che se ne va .

Anniversario
Nuvole d'organza,
dal sole di giugno
irradiate,s'insinuano,
leggere,nella memoria,
offuscata e intrisa di
di mesti rimpianti.
Sposa ieri,colomba
bianca dalle ali
tarpate oggi,
che lascia cadere dal
becco il ramoscello
d'ulivo benedetto.
Note di un organo
lontano rapiscono,
struggenti,l'animo
che varca il tempo e
lo spazio,accogliendo
con placido ardore
il nuovo anniversario.

Il perdono
Perdonami,fratello,
se nel tuo volto
non ho scorto il suo;
se nei tuoi occhi,
accecati dall'odio,
non ho visto balenare
sprazzi di luce riflessa;
se nel cavo delle tue mani
non ho scorto i fori
della sofferenza;
se non ho sentito palpitare
d'amore il tuo cuore di pietra,
trafitto dalla lancia
dell'indifferenza.
Perdonami,
perché tu sei mio fratello e
fratello del nostro Dio.

Il teatro dei burattini
Maschere meste
sfilano sul palco.
Volti di cartapesta,
senza alito di vita,
corpi di burattini,
sagacemente
manovrati.
Dietro le quinte,
copioni ammonticchiati,
suggeritori attenti.
Attonito e compenetrato,
il pubblico in sala.
Ha inizio lo spettacolo!
Applausi scroscianti
per il monologo del
triste Pierrot.
Sorrisi e frizzi
all'apparir dello
scaltro Arlecchino.
Sospiri languidi
per la bella Colombina.
Tra smorfie e piroette
s'inchina Pulcinella,
servitor cortese.
Coriandoli piovono
sulla scena.
Cala il sipario,ma
domani sarà ancora
Carnevale.

Il volo degli angeli
Nella mente,
imperituri: corpi ignari
e inerti, travolti
dal mare tempestoso
che, ferocemente urlando,
si chiudeva su di loro,
come una bara.

Ingenui infanti, fiduciosi,
spazzati via da onde
gigantesche, che con occhi attoniti,
protendevano le braccia
verso un cielo, troppo lontano.

Vecchi,che con flebil voce,
imploravano aiuto, nello sforzo
di aggrapparsi ad un tronco
divelto, recitando l’ultima prece.

Attimi di terrificante
apocalisse,
nel veder galleggiare,
senza distinzione,
esseri e cose,
stroncati, l’indomani
del Natale.

Ultimi respiri ansanti,
dolore struggente
di sopravvissuti,
pianto di madri,
solitudine di orfani,
ossequioso silenzio di vivi.

Solo una candela…
Solo una candela,
in questa notte
di silenzio e
di speranza.

Solo una candela,
per rischiarare
i volti
ed infiammare
i cuori
degli abitanti
della Terra.

Solo una candela,
per salutare
il nuovo anno
e migliaia
di angeli,
che sono volati via.

Fiumicino: ore 08,30
Dondolano i battelli
ancorati al molo,
sfiorati da una
pioggerella leggera,
che annuncia la fine
dell’estate.

Attendono un caffè
fumante i pescatori,
seduti ai tavolini dei
bar di Via Torre
Clementina, e intanto
osannano alla squadra
del cuore.

Raggiungono le loro
postazioni randagi
d’ogni sorta, sicuri di
accattare un tozzo
di pane e una carezza.
In testa é Dado,
baldanzoso e schietto.

Un’atmosfera rarefatta
imprigiona i passanti,che
sbirciano i nuovi arrivi
nelle vetrine, e poi
affrettano il passo
sui marciapiedi bagnati.

Alle fermate, mesti turisti,
in partenza, sono in attesa
di un mezzo, che li riporterà
alla quotidiana routine

Fiumicino: ore 08,30.

Come “Jonathan Livingston”
      (Dedicata a Luca)

Seduti sul bordo della scogliera,
immersi in sovrumani silenzi,
interrotti solo dallo sciabordio
delle onde sulla spiaggia;
ammaliati, seguivamo i tuoi voli.
Tu, impavido gabbiano,
planavi lento sul mare;
poi chiudevi gli occhi,
prendevi velocità
e, a qualche metro dalla spiaggia,
aprivi le forti ali e risalivi verso il blu del cielo.
Ti innalzavi con le tue penne remiganti
nel vento, trascinandoci in una esilarante
avventura di volo, di aria pura, di libertà.
Ti sollevavi dalle tenebre dell’ignoranza,
dalla rabbia, dalla paura, dalla noia.
Eri libero.
Attendevamo per ore
il tuo ritorno al nostro stormo.
Eri il nostro “Jonathan Livingston”;
eri per noi un simbolo, una guida.
Ma, come il “Grande Gabbiano”,
un giorno spiccasti il tuo ultimo volo.
Salisti ancora più in alto,
nell’alto dei cieli,
dove tutto è verità, armonia e amore infinito…
Noi, miseri gabbiani, ancora
cautamente, sfioriamo la superficie del mare,
per acciuffare il cibo;
ma con il cuore traboccante d’amore:
l’amore che tu ci hai trasmesso
PER SEMPRE

Pagine di vita
Ad una ad una sfoglio
queste pagine scompigliate
dal vento.
La mia penna le ha scritte
nelle ricorrenti stagioni.
L’inchiostro muta colore:
il blu rievoca
i caldi giorni d’estate;
il nero fissa nel tempo
le caduche foglie;
il rosso immortala
il tepore del focolare;
colori brillanti rimandano
alla bella stagione.
Sono pagine ingiallite
che parlano di sogni e
tristezze ormai lontani;
di ricordi ancora vivi e
palpiti recenti.
E’ rivestito d’azzurro
questo libro
che un giorno chiuderò,
sospirando…

Quanto freddo stasera!
Rintocchi di campane
echeggianti nella città
assopita
sotto una coltre di neve.
Aria di festa
nelle calde dimore
scintillanti
nell’attesa del magico evento.
Grida argentine
di bimbi stupiti
ai piedi di un abete
che si staglia al centro di una piazza.
Ma…quanto freddo stasera!
Si attende
il Salvatore del mondo,
che ancora una volta
porrà la sua dimora in mezzo a noi.
Nascerà per te
che
dalla vita hai avuto tutto;
per te
che
sei ancorato
all’ultima speranza;
per te
che
esali l’ultimo respiro
in un campo nomade
o sui gelidi cartoni.
Quanto freddo…stasera!

L’angelo azzurro
Tendimi ancora la mano
nelle
gelide
notti d’inverno,
mamma.
Irradiami con il tuo sorriso
quando
la speranza
s’infrange
come un’onda contro la scogliera.
Apri le tue ali,
angelo
azzurro,
e
fammi respirare il profumo dell’eterno.
Tracciami
ancora
un
cammino
ed io ti seguirò.
La tua immagine
aleggia
nei
meandri
del mio cuore,da quando non ci sei più.

Viale d’autunno
Ancora insieme.
Corpi stanchi e distanti;
sguardi spenti ed
eloquenti silenzi;
mani che non si
intrecciano più;
passi lenti e schivi,
in questo viale
d’autunno.
Calpestio di foglie
accartocciate,che
crepitano sotto
i nostri piedi:
memorie frantumate
di un stagione
ormai finita.
Panchine vuote,
baciate dal riverbero
del sole.
Ancora insieme:
io e te.
Vite parallele
ad un incrocio,
per raggiungere
la meta finale.

Randagio
Corri, randagio,
verso mete ignote,
seguendo le orme
di chi ti ha abbandonato.
Prati verdi e sconfinati
si aprono al tuo passaggio;
lidi deserti ti accolgono
durante il tragitto;
profili di case si susseguono,
mentre ti allontani
per sempre dalla tua dimora.
Volti sconosciuti
non ti degnano di uno sguardo,
né mani pietose di una carezza.
Corri, randagio.
Presto, anche tu,
verserai il sangue sui tuoi passi,
travolto da un’auto in corsa.
E’ questo l’uomo!

Il mio mare
Flussi e riflussi
di un mare
incontaminato,
solcato da barche
solinghe, che
svaniscono
all’orizzonte.
Lameggio
di onde,
che abbaglia
lo sguardo
del fuggiasco,
che ritorna al suo porto,
o dell’emigrante,
che lascia cadere
qualche lacrima amara
nelle azzurre acque.
Vite incrociate,
destini distinti.
Mare Nostrum,
mare mio.

Messina muore
Risorgerai ancora
dalle tue ceneri,
splendida Fenice?
Le tue acque sono
limpide, il cielo è
terso ed il sole
splende ancora;
ma le strade
aggrovigliate;
i viali spogli,
solcati dai binari
del tram;
le insegne spente
di antichi ritrovi,
offuscano il tuo volto.
Tu, tenera madre,
ti spegni
lentamente,
tra l’indifferenza
dei tuoi figli e
lo stupore dei turisti
che, incantati,
ammirano ancora
la tua bellezza.
Una mano, laggiù,
ti benedice: è quella
della Madre Celeste
che ancora una volta,
dopo due millenni,
rinnova la sua promessa
“Vos et ipsam civitatem
benedicimus”.

Sogno d’estate
Immergersi
nelle tiepide acque,
con gli occhi socchiusi,
e fermare il tempo.
Lasciarsi cullare
dalle onde
che si infrangono
contro gli scogli.
Farsi rapire dall’oblio
e navigare
verso porti sicuri.
Fingersi ninfa
degli antri marini,
per divenire immortale.
Inseguire i sogni
di una vita, naufragati.

Magica estate
Stoffe arabescate,
svolazzanti,
come vele issate,
su corpi assolati
e sfiorati
dalla brezza marina.
Chincaglie,
allegramente sfoggiate.
Un’altra estate.
Stessi brividi,
stesse emozioni,
tra le struggenti
note di una bachata.
Incedere lieve,
a passi di danza,
sulla sabbia,infuocata
dalla canicola.
Rinascere ogni giorno,
al levar del sole,
e sognare,sulla battigia,
cullati dalle onde,
al suo calare.
Magica estate!
Solo tu riesci
a sottrarmi
alla prosaica esistenza
delle altre stagioni.

Sulla via del Calvario
Quando impervi sentieri
mi impediscono
il cammino,
e mi fanno indietreggiare.
Quando gli strali pungenti
dell’incomprensione umana
trapassano
il mio cuore.
Quando il peso della croce
si fa insostenibile,
e cado,
soltanto allora
sono sicura di seguirti,
mio Signore.

L’inganno
Tessi le tue trame,
impavido ragno
delle notti oscure.
Fili sottili
si intrecciano
e attendono
l’incauta preda.
Io non cadrò
nel tuo tranello;
attenderai invano,
mistificatore solitario.

Il mondo che sogniamo
Mi sveglio un mattino
con la pace nel cuore,
la luce negli occhi
e la certezza di un futuro migliore.

Ho visto bandiere
ondeggianti nel sole,
di un solo colore:
quello rosso dell’amore.

Un intrecciarsi di mani
in un giorno senza tempo,
un incrociarsi di sguardi
verso comuni traguardi.

Mi accorgo che il sogno
non é solo mio,
perché siamo tutti nel mondo
figli di Dio.

E’il mondo che sogniamo,
senza frontiere, odio e povertà.
Un mondo più giusto in cui
lo spettro della fame si dissolverà.

Accendiamo i nostri cuori,
rinsaldiamo la volontà,
uniamo le nostre forze
ed il sogno diverrà realtà.

La magia del Natale
Si riaccendono
fantasmagoriche
luci,
che guizzano
da un ramo all’altro
dell’abete,
in uno sfarfallio
di colori.
Si rinnova
la magia
di un evento,
che
è sempre unico: il Natale.

Nati liberi
Vi rivedo,
ad un ad uno,
amici di ieri,
acciambellati
su morbidi sofà,
spiando, sornioni,
ogni mossa,
ogni sospiro.
Chicco, Benny, Giulia…
e poi… tanti…
troppi… per una
civile abitazione.
Sottratti alla strada,
all’indifferenza,
alla grettezza umana.
Palle di pelo,
aggrovigliate,
in un’unica matassa.
Soffici peluches,
dagli occhi lampeggianti
e dai corpi,
ripetutamente arcuati,
alla ricerca di una carezza.
Amici mici,
bramosi di evadere e
scorazzare pei campi,
oppure distendersi
al sole di primavera.
La libertà
vi ho concesso,
affidandovi a mani sicure,
e preferendo
alla vostra infelicità,
la mia solitudine…
- Dedicata a Stefano Cona -

La voce del mondo
Arresta
la tua corsa
frenetica,
uomo
del terzo millennio,
e ascolta
la voce del mondo.
Dai quattro punti
della terra,
idiomi si mescolano,
divenendo
un’unica lingua.
Implora pace,
giustizia,
uguaglianza,
solidarietà,
condivisione.
Ascolta
il lamento
dell’Africa,
che languisce
per la fame e la sete.
Ascolta
gli urli disperati
delle madri
dell’India,
allo spegnersi
di nuove vite.
Ascolta
il pianto silenzioso
dei soldati,
in missione di pace,
in Iraq.
Ascolta
i sospiri
dei clandestini,
che avvistano
nuove terre.
Ascolta
la voce stanca
di questo vecchio mondo,
che,ormai,
non spera più.

Il filo della vita
Un filo sottile,
che guida
nei labirinti,
è la vita.
Un filo,
che si spezza,
allorché
si trova,
finalmente,
la via d’uscita.

Il gigante
Batte un cuore di bambino
nel tuo corpo di gigante.
Tu:miracolo vivente,
scampato per ben tre volte
alla morte, per volontà del Padre.
Caparbio, come un macigno,
irruente, come un fiume in piena,
vitale, come le gemme di primavera,
tenero, come un cucciolo sperduto.
Tu:figlio, tanto desiderato e,
tra lacrime e tormenti, tirato su a stenti.
Procedi sicuro sulle strade della vita,
come se niente fosse mai accaduto.
Il tuo passo è veloce, la mente agile;
le mani protese verso gli altri;
l’animo sensibile ad ogni nuovo incanto;
l’orecchio teso, pronto a cogliere
l’armonia del canto, il cinguettio
degli uccelli, la voce di Dio.
Sorreggerai tu un giorno, gigante,
questa piccola madre,
allorquando le membra, spossate,
cercheranno riposo,
e la voce stanca ti parlerà
di quando eri bambino.

Risveglio
L’inebriante profumo di zagara
si espande da un cortile all’altro,
annunciando l’arrivo festoso
della novella stagione.
Gerani, dagli smaglianti colori,
fanno capolino dai balconi,
ostentando la loro sfolgorante bellezza.
E’ primavera!
Tripudio di luci, di suoni, di colori;
susseguirsi di voci argentine, inneggianti
al risveglio miracoloso della natura,
che si rinnova dopo il sopore invernale,
e si veste a festa, come una giovane sposa.

La maschera e il volto
Un’immagine, riflessa
nello specchio,
rivendica
la propria identità.
Scivola lentamente
la maschera giù
dal volto,
scoprendolo alfine.
Piccole rughe
lo solcano,
riportando alla luce
antichi dissidi,
rancori mai spenti,
solitudini cercate.
Labbra, serrate
da interminabili silenzi,
incapaci ormai
di sussurrare o
bisbigliare parole soavi.
Occhi di ghiaccio,
lucidamente assenti,
come due strali pungenti,
pronti a colpire
il bersaglio.
L’identità è svelata,
ma la maschera,
repentinamente,
ricopre il volto,
inducendo
a ricalcare le scene.

Ai piedi di un altare
Inginocchiata,
ai piedi di un altare,
una madre prega,
fissando gli occhi
dell’Addolorata.
Anch’ella, pochi minuti
prima, ha stretto
tra le braccia il figlio,
che ora giace,
ignaro e assopito,
in una sala operatoria.
Forse sogna gli angeli,
forse un’altra vita.
Un corpicino esile,
avvinto da un male
incurabile.
“Alza la tua mano e
opera Tu, Signore!”
urla dentro di sé
la donna,
nel silenzio della
cappella.
Ore interminabili,
dolore immenso,
solitudine profonda.
La madre spera.
Le note di un organo,
che non c’è,
si diffondono nell’aria
all’improvviso.
La grazia è fatta.
Qualcuno giunge e
annuncia che è
tutto finito.
La madre terge le lacrime
e sorride, poi
chiede al cappellano
la comunione.
Per madre e figlio
sarà l’inizio
di una nuova vita.

La voce del silenzio
E’ suadente, soave,
mellifera, la voce
del silenzio.
Penetra nell’animo,
segretamente,
rispolverando
vetuste sembianze;
disseppellendo
remoti ricordi;
facendo vibrare l’aria
di arcane melodie
di un’età,
fatta di fiabe e
ninnenanne,
nelle notti stellate.
Ferisce dolcemente
il cuore;
incanta sempre, e
ovunque conducano
i passi della vita.
Culla amorevolmente
i figli dei sogni,
padre silenzio,
rapendoli
con repentino slancio
ed ineffabile ardore.
Mago dell’oblio,
lenisce le pene, e
fa assopire
tra le sue
amorose braccia.

Vorrei…
Vorrei
costruire ali
per chi non sa volare,
dipingere
i muri della città
per chi non sa sognare,
erigere castelli
per principi barboni,
divenire clown
per strappare un sorriso
all’infelice,
invocare la manna
per chi patisce la fame,
trasformarmi in pioggia
per dissetare,
spargere semi magici
in tutti i campi
per far germogliare l’amore.
Vorrei…

Profumi d’estate
Esotiche fragranze,
esalanti da corpi,
dal solleone
arroventati,
che si immergono
nelle acque cristalline
di un mare incontaminato.
Profumi d’estate.
Volti paonazzi,
di creme
odorose e inebrianti
cosparsi,
che si ostinano
a lasciarsi baciare
ancora dal sole.
Essenze di cocco,
che trascinano lontano,
al passaggio di
venditori di sogni e di
illusioni,che
ostentano mercanzie
d’altri tempi e
d’altri luoghi.

Vecchio diario
Ti ritrovo,
vecchio diario,
tra classici latini e
greci,sepolto,
inseparabile compagno
di scuola e di vita.
Testimone esemplare
di scampate interrogazioni,
di sussulti e lacrime
d’amore.
Sfoglio pagine ingiallite,
annuso petali di rose,
avvizziti,
cercando di riscoprire e
rivivere antiche emozioni,
e avvertire il profumo
del tempo.

Incomunicabilità
Monadi siamo,
sparse
nell’universo
dell’indifferenza
e dell’ipocrisia.

Isole,
che giganteggiano
nel mare
dell’oblio.

Granelli di sabbia,
roventi,
che si ammassano
nel deserto
dell’incomunicabilità.

Mamma Sorriso
Riluceva come una stella
sulle labbra il tuo sorriso,
allorché i nostri volti
scorgevi sulla soglia.
Dal trono della sofferenza,
immobile regina,
effondevi copiosamente amore.
Un profumo di viole
si espandeva
nella stanza e rapiva noi,tuoi figli:
presenze impalpabili, inebriate e
dimentiche, per pochi istanti,
del tuo martirio.
Mamma Sorriso,
quel trono adesso è vuoto,
ma riecheggia ancora
nella regale dimora la tua voce,
pacata e soave, per poi svanire
e raggiungere il Cielo.

In fondo all’anima
I miei drammi
vivo
nel silenzio dell’anima.

Reconditi aneliti
di pace,
soffi leggeri
di vita,
per una nuova alba.

La luce,
contemplo,estasiante
e vaga.

Respira,
anima mia,
e inebriati d’Eterno.  

Il silenzio di Dio
Dov'eri, Dio, quando
il mare tempestoso,
ferocemente urlando,
travolgeva
corpi ignari e inerti,
chiudendosi su di loro,
come una bara?
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Dov'eri, Dio, mentre
ingenui infanti, fiduciosi,
venivano spazzati via dalle onde
gigantesche e, con occhi attoniti,
protendevano le braccia
verso un cielo, troppo lontano;
o vecchi, con flebil voce,
imploravano aiuto, tentando
di aggrapparsi ad un tronco
divelto, recitando l'ultima prece?
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Dov'eri, Dio mio,
negli attimi di terrificante
apocalisse, vedendo galleggiare,
dall'alto dei cieli, senza distinzione,
esseri e cose, stroncati, l'indomani
del tuo Natale?
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Eri nell'ultimo respiro ansante,
nel dolore dei sopravvissuti,
nel pianto delle madri,
nella solitudine degli orfani,
nel silenzio dei vivi,
nei luoghi di culto, risparmiati,
e non per caso,
ad indicare ancora una volta
la diritta via   

Lo Spirito del Natale
E’ dentro l’anima
il fervore,
che
misteriosamente
t’assale
e
delicatamente
t’invade,
sprigionando
inusitate sensazioni
di antiche certezze.
Ogni anno ritorni
bambino:
con occhi innocenti
e stupiti,
ti smarrisci,
accodandoti ai pastori,
che vanno alla grotta.
Tenero viandante,
segui la cometa
e dalla sua luce
ti lasci abbagliare.
Vai a ritroso nel tempo,
divenendo partecipe
dell’evento
straordinario della storia.
Ora sei lì,dinanzi al
Bambinello!
Il cuore esulta di gioia
nella Notte Santa.
Anche tu rinasci
e rivivi il miracolo,
che annualmente
si rinnova.   

Al di là della vita
Mi rivedrete nei tenui bagliori
di un languido tramonto;
nelle gocce di rugiada;
in un raggio di sole
che filtra dalle persiane;
nel volto di ogni donna
che accoglie con un sorriso
anche lo sgarbo,l’insulto,
l’indifferenza di chi
ha messo al mondo.
Udirete la mia voce
nel silenzio di una chiesa;
nel vento di marzo;
nello sciabordio delle onde.
Avvertirete il mio profumo,
quando la zagara fiorirà
ancora nel cortile di casa.
Stringerete le mie mani,
incontrando persone sole,
incomprese e prigioniere
di un destino.
Assaporerete le delizie
della vita ogni qualvolta
berrete un sorso d’ acqua
fresca nella calura estiva
o mangerete pane caldo
nelle gelide sere d’inverno.
Scorgerete in quell’acqua
la mia immagine tremolante
e nel calore, che emana
dal pane, l’amore di una madre
che va oltre la vita, figli miei.

La danza dei ricordi
Nella nebbia dei ricordi
immagini evanescenti,
sagome impalpabili,
effimere presenze,
danzano in cerchio, .
come satiri e ninfe
in una selva lussureggiante.
Poi si dissolvono,
dileguandosi nel nulla. .
Percepisco il profumo del tempo,
scandito dal susseguirsi
delle stagioni;
una brezza leggera .
che s’insinua nell’anima
e rapisce le presenti emozioni,
catapultandole nella
sfera dei ricordi.

Invisibili
Li chiamano invisibili,
ma sono angeli che volano
in basso,
per stendere le loro ali
sui nostri destini.
Li puoi vedere
girando l’angolo,
in un vicolo cieco.
Il loro respiro
si confonde con quello
di chi li vede e sarà
fedele per sempre.
Sì,c’è sempre un cane
al loro fianco
che con loro divide il pasto.
Li puoi incontrare
sulla panchina di una stazione,
con gli occhi sconfinanti nel nulla
e la mano protesa nel vuoto.
Attendono un sorriso;
coi loro sguardi raccontano una storia.
Quando li vedrai,
chiedi riparo alle loro ali
e…
conoscerai il Paradiso.

Frammenti
Attimi fugaci
di un giorno
senza tempo.
Immagini sbiadite
di un passato
mai trascorso.
Frammenti
di memoria,
che varcano
lo spazio,
e si annullano
nell’eterno.

Marianna
Una figura
scivola
tra l’indifferenza
e
lo scherno
dei passanti.
Occhi trincerati
dietro
spesse lenti
ed un vecchio
bastone:
fragile baluardo.
Un capo canuto,
coperto
da uno sbiadito foulard,
ed un corpo minuto
chiuso in un lacero paltò.
Marianna.
Bussa alle porte
annunciando:
“Sono la signora”.
Qualche centesimo
cade
nelle mani tremanti
e poi via
verso casa,
ad affrontare
il nuovo giorno.
Marianna.

Al di qua della cattedra
“Ciao, professoressa!”
Una voce infrange
il silenzio in aula
all’inizio del nuovo anno.
E’ quella di Tharsan.
Il suo volto bruno
spicca
sullo sfondo
di recente imbiancato.
Altri visi luminosi
si incrociano e
attendono un sorriso.
Distolgo il mio sguardo
dal registro di classe,
su cui ho apposto
la mia prima firma.
Scambio di saluti,
teneri abbracci,
segni di affetto imperituro.
Di nuovo insieme.
Io, al di qua della cattedra,
col mio bagaglio
di esperienze vissute;
loro, al di là di essa,
con i loro sogni,
le loro speranze,
i loro ideali.
Aquiloni variopinti
che si innalzano
verso il blu del cielo,
ondeggiando dolcemente,
certi di essere retti
da mano sicura.

I silenzi del cuore
Padre, ho tanto appreso dai
tuoi silenzi…
L’ardire pacato
nelle
tempeste
della vita.
L’attesa
di un giorno
nuovo
al tramonto di un ideale.
La luce
che
si accendeva
sul tuo volto
di fronte alle nostre paure.
La dedizione
ad una donna
che
amerai per sempre.
La fede
in Chi
ha racchiuso
nel tuo cuore i suoi silenzi.

Musetto rosa
Ammaliato,
segui con lo sguardo
le volute di
fumo
che s’innalzano
al soffitto,
mentre l’aroma
del caffè
si diffonde
nella stanza
in una
gelida
mattina
di febbraio.
Poi
ti acciambelli
morbidamente
nella cesta
e fai le fusa,
anelando
a una carezza.
Riempi
le mie giornate
musetto rosa,
senza
pretendere nulla.

Ai bambini mai nati
A voi
che giacete
sepolti
nel grembo materno.
A voi
che non vedrete
mai il sole.
A voi
che non
avete
il diritto di esistere.
A voi,
piccoli angeli,
giunga
il mio grido di dolore
e la mia preghiera.

La mia poesia
Versi, liberi
di decollare,
verso cieli infiniti,
e poi,
improvvisamente
atterrare,
per catturare
immagini,
trasfigurate
da metafore,

Dipinti ad acquerello,
che nascono
dall’acqua,
dai colori della terra,
dalla luce e
dalla mano
di chi li crea.
Struggenti melodie zigane,
al chiaro di luna.
Segreti dell’anima,
estratti
da uno scrigno d’oro,
da magiche emozioni,
o da ineffabili impressioni,
e immortalati
su una pagina bianca.

La mia poesia :
una colomba,
messaggera di pace
e d’Amore,
quell’Amore,
di cui, talora,
riesce ad essere
pallido riflesso.

Un battito d’ali
Dura solo pochi istanti
la felicità raggiunta:
il tempo di riaprire
gli occhi e sussultare.
Un battito d’ali
di farfalla
che si posa
su un candido fiore.

Dark ange
Danza,
regina della notte,
sospesa tra cielo
e terra.
Volteggia,
leggera,
nell’aere
tenebroso,
come fiocco di neve.
Stendi
un velo d’amore
sui corpi assopiti,
sulle menti sognanti.
Libera
da sguardi indiscreti,
scevra
da falsi giudizi e
ipocrisie,
canti
la tua canzone.
Musiche arcane
accompagnano
i tuoi passi lievi,
nell’oscurità profonda.
Echi lontani,
le voci note
del giorno trascorso.
Socchiudi i cerulei occhi
e sogna.
Sei padrona della notte,
mentre le ombre,
che calano più fitte,
ti avvolgono
come un manto.
Tutto è silenzio,
mistero,pace infinita,
verità.
Danza,
regina della notte,
e non fermarti
mai…

In punta di piedi
Mi affacciai alla vita,
sorretta da forti braccia
e illuminata da ineffabili sorrisi.
Titubante, mi incamminai
verso sentieri baciati dal sole
ed incontrai l’amore.
Bevvi a fresche fonti e
sciolsi i capelli al dolce vento.
Soave incantesimo che presto svanì.
In punta di piedi, allora,
varcai la soglia dell’esistenza
e il dolore mi avvolse col suo manto.
Lacrime, angosce, sospiri,
visioni di volti sofferenti,
mi condussero a Lui.
In punta di piedi me ne andrò,
sussurrando:”Padre, grazie!”

Martino
Ti ho portato in grembo
solo per qualche mese,
poi…
la tua vita si è spezzata.
Di te non so nulla.
Non conosco il tuo volto,
i tuoi occhi,
il tuo sorriso.
Io ti ho chiamato “Martino”,
tu non mi chiamerai mai
“mamma”.

I colori dell’arcobaleno
I colori
dell’iride
ornano,a festa,
le due sorelle
dirimpettaie,
nel Lunedì
dell’angelo.
L’arco
dell’alleanza,
unisce
le due sponde
dello Stretto,
squarciando
la foschia.
La nebbiolina
si dirada,
lieve,
per lasciare spazio
ai riflessi
cangianti
del ponte variopinto.
Gitanti festosi,
che profumano
di arsa legna,
di ginestra.
o di salsedine,
fanno ritorno
alle amate dimore,
canticchiando
un vecchio ritornello.
Progenie di cantori
e di inconsolabili poeti,
che perpetua
costumanze antiche,
rendendo omaggio
agli avi e
rincuorando
le madri affrante,
vittime
di un destino inesorabile.
- Dedicata a Salvatore Armando Santoro -

Anni ‘60
Cravatte fiorate
su camicie rigate e
distintivi,
inneggianti
alla libertà.
Allegre corse
su una vespa,
elettrizzati
dalle frizzanti note
di un motivetto,
primo nella hit parade,
da un mangiadischi
stonatamene urlato.
Feste,allestite
su terrazze,
sotto gli occhi vigili
di mamma e papà.
Libertà condizionata,
di cui si andava,
assurdamente,fieri.
Mitici anni ’60!
Passeggiate chilometriche,
sul lungomare,
tra risa smodate
e incontenibile allegria.
Sospiri innocenti,
alla vista di un “lui”
o di una “lei”,
che,
passando accanto,
lanciava,
con lo sguardo schivo,
messaggi misteriosi.
Albori
di una giovinezza,
trascorsi
tra sogno e realtà.
Favolosi anni ’60!
Fiumi di parole,
sussurrate al vento
ed echeggianti,
nelle notti insonni,
per un amore disperato.
Così la storia
continuava il suo corso,
così sfrecciavano
gli anni più belli
della nostra vita.
Noi,giovani di ieri,
capaci ancora di sognare,
in un’epoca,
che ai sogni
tarpa le ali.

Con gli occhi di un bambino
Vorrei guardare il mondo
con gli occhi di un bambino.
Smarrirmi nel verde di un prato,
inseguendo con lo sguardo
un aquilone che s’innalza,
sinuosamente ondeggiando.
Correre a perdifiato,
cadendo, poi, pesantemente
sull’erba umida di rugiada.
Stupirmi dinanzi ai miracoli
della natura: un fiore che sboccia;
un cucciolo che nasce;
un fiocco di neve, che sfiora
il viso, e poi si posa dolcemente
sulla candida coltre;
la voce del mare, che giunge
dalla cavità di una conchiglia.
Bearmi di un sorriso
che rassicura,
di una stretta di mano,
del tepore del focolare domestico.
Costruire castelli di sabbia,
in riva al mare,
illudendomi che rimarranno
lì, per sempre…

A Maria
Fragile e mirabile creatura,
rapita alla vita, in un tiepido
meriggio di primavera.
Donna di eccelse virtù,
capace d’ infondere
allo sguardo e all’udito
calma, dolcezza, serenità.
Figura evanescente,
scivolata via, mentre
la natura rinasce.

La bandiera della pace
Lacera, sventola,
al mio balcone,
la bandiera della pace,
dalle intemperie
oltraggiata,
dal tempo
logorata.
Si alternano
le stagioni,
si avvicendano
le ore,
sbiadiscono
i colori,
ma essa ondeggia
e sfida
l’inarrestabile corso
della storia.
Pagine di sangue,
orrori e stragi,
si affastellano e
si aggiungono
a quelle già scritte,
in tempi remoti
o recenti,
per dimostrare
all’umana gente
che la storia
é maestra di niente.
Brandelli colorati
si agiteranno ancora
al sole e al vento,
perpetuando
l’effimera parola “pace”.

18 maggio 1920
Tu,
candida rosa,
all’imbrunire
di un fatidico giorno
del maggio odoroso,
sbocciavi,
per inebriare
con il tuo profumo
il mondo.
Litanie cadenzate
di una chiesetta vicina,
miste a teneri vagiti,
diffondevano nell’aria
una mistica armonia.
Il primo nome
che udisti fu quello
di Maria
La Madre ti prese
per mano e ti tracciò un cammino:
per quei sentieri ti aggiri ancora,
Papa pellegrino.
Curvo sotto la croce,
ma forte nello spirito,
abbracci il vessillo di pace
e infuochi i nostri animi
d’Amore.
Tu,
padre di tutti noi,
instancabile viandante,
ci indichi la via,
così come fece con te
Madre Maria.

Rondini senza nido
Spiccammo un giorno
il volo,
insieme, festosamente,
alla ricerca
di un nido.
Dopo qualche volteggio,
andammo a posarci
sulla cima
di una quercia.
Con un mirabile
gioco d’ali,
arrestammo
il nostro volo,
in quel solstizio
d’estate.
Dall’alto, volgemmo
lo sguardo
all’intorno, tranquilli
e sicuri.
I nostri rondinini
allietarono, poi,
con i loro garriti,
il nido d’amore.
Sfidammo arditamente
le intemperie,
anno dopo anno,
finché un dì,
una tempesta
fece piegare la cima
e si fece tutto
buio attorno.
Dispiegammo le ali
nel vuoto,
remigando nel vento.
La prole
spiccò allora
il suo primo, difficile volo.
Non potemmo seguirli.
Ancor oggi,
dubbiosi e incerti,
siamo alla ricerca
di un nido sicuro.

La casa del sole
Filtrano appena i raggi
dalle persiane semichiuse,
nella casa del sole,
un tempo infuocata
da impetuose passioni
e rischiarata
da irrefrenabili emozioni.
Ritratti, sfumati
dalla luce fioca,
che, di sbieco,
ferisce volti e sagome
del tempo che fu.
Gingilli, dalle tinte indecise,
che si ergono a testimoniare
che la felicità,
un giorno,
albergò nella casa del sole.

La casa di Barbi
Leggiadra, danzava,
la tua Barbie,
vestita di tulle rosa,
con la bionda chioma
fluente, adorna di
luccicanti stelline,
nella sua casa in miniatura.
In punta di piedi,
vi penetravamo:
tu, con la grazia di una
bambola di porcellana,
dagli occhi azzurri,
io, con la leggerezza
di una fata, pronta
per un nuovo incantesimo.
Immerse,
in quella fiabesca atmosfera,
stavamo per ore.
T’imboccavo,
come un passero,
spezzando,
di volta in volta,
dolcemente,
la tua voce argentina,
che echeggiava
tra le pareti colorate
di quella minuscola dimora.
Ore d’incanto e
d’allegria,
che sono fuggite
col tempo,
bambola mia.

Cuore gitano
Ubriaco di stelle,
palpiti,
cuore gitano,
dinanzi a un falò,
mentre il cielo
versa le sue lacrime.
Danzano
intorno al fuoco
corpi,
senza volto
e
senza età,
al suono di chitarre
e marranzani
Ancestrali tarantelle
che si perpetuano
nell'anima,
in questa terra
di nessuno.
Un solo istante
fermati,
cuore stanco,
e perditi,
annullandoti,
nella polvere di stelle,
di questa splendida
notte d'agosto.


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