Racconti di Fabio Sangiorgio


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Zitkala
C'era un tempo di cui si è perso il ricordo, ed un paese di cui ho dimenticato il nome.
Laggiù, ai margini di un bosco, in una grande voliera, vivevano tanti piccoli uccelli di tutte le razze, dai nomi più esotici e dai colori più sgargianti. Il loro canto era melodioso, ed era uno spettacolo vederli saltare e rincorrersi, e giocare felici tra loro. Quando gli uccellini crescevano e veniva il tempo di migrare, quelli che erano pronti salutavano con un cinguettìo, e si alzavano in volo orgogliosi con ampi giri, per poi lasciare la voliera e spiccare un balzo oltre il bosco, verso la loro meta.
Poco alla volta tutti gli uccellini se ne andarono via. Ne era rimasto uno solo, il più bello: aveva una voce ammaliante e delle piume stupende dai colori mai visti. Ma ora non cantava: se ne stava lì, in un angolo, rinchiuso tra le sue ali, e sembrava che non avesse alcuna voglia di prendere il volo. Sembrava triste: i suoi occhi avevano smesso di seguire il volo dei compagni e ora guardavano in direzione del bosco. Il suo era uno sguardo pieno di malinconia, e forse anche di paura.
Passava da quelle parti un viandante appoggiandosi ad un bastone. Era un vecchio dall'aspetto saggio e rassicurante, con una lunga barba bianca: si sarebbe detto sicuramente un sapiente, o un mago. Quando vide l'uccellino si fermò ammirato dalla sua bellezza straordinaria, ma anche incuriosito dal suo strano atteggiamento.
Ora dovete sapere che a quel tempo gli uomini conoscevano il linguaggio degli animali, e questi sapevano parlare la lingua degli uomini. Il saggio viandante, che era anche un esperto di tutte le creature della natura, entrò nella voliera e si rivolse subito al piccolo uccellino:
- Perché sei così triste e non sei volato insieme agli altri compagni? Non è tempo anche per te di migrare come loro? -
- Tu sei un saggio e conosci tutti i segreti - rispose l'uccellino - allora saprai che nel bosco vive un drago spaventoso che uccide tutte le piccole creature come me, perché odia il canto e la bellezza, e invidia il volo spensierato degli uccelli. Nessuno si può salvare dalla sua furia. Non mi permetterà mai di andare via, mi inseguirà finchè non mi avrà raggiunto, e mi ingoierà nelle sue fauci prima che io possa volare ad occidente, oltre il mare. -
Il vecchio rimase assorto in ascolto e poi disse: - Ma tu sai che il drago è un abitante della notte, il suo regno è l'oscurità, lui esce solo nelle tenebre: se tu voli di giorno non hai nulla da temere, perché hai paura di lui? -
- Il mio è un lungo viaggio - disse ancora l'uccellino con voce triste e sconsolata - non ce la farò mai in un giorno a superare il bosco, e poi la pianura, e le alte montagne che mi separano dal mare. Prima o poi mi stancherò, e allora arriverà la notte e lui mi raggiungerà. Non riuscirò mai a sfuggirgli.-
Il vecchio, che forse era un mago, o un saggio Uomo della Medicina che conosceva tutti i segreti della natura, rimase pensieroso per un attimo, come se stesse cercando qualcosa nel profondo della sua mente, poi disse all'uccellino:
- Io credo di poterti aiutare, mio piccolo amico: conosco un incantesimo che ti farà arrivare salvo alla tua meta. Devi volare alto, respirando profondamente, e dirigerti sempre verso ovest, seguendo il sole fino alla linea dell'orizzonte. Là il sole tramonta e manda i suoi ultimi raggi a illuminare la Terra prima che le tenebre coprano tutto il creato. Tu devi arrivare volando a raggiungere l'ultimo raggio, proprio l'ultimo che il sole manda prima di scomparire. Dovrai posarti leggero e senza paura su quel raggio: lui ti scalderà e ti sorreggerà. Così non ti stancherai, e potrai continuare il tuo volo. Supererai il bosco, e la pianura, e le montagne, sempre cullato da quel raggio di sole. Volerai sempre nella luce, e la notte non arriverà mai. Nessun drago ti potrà mai raggiungere. -
L'uccellino guardò il vecchio con stupore, e sembrò rincuorarsi. Si alzò scrollando le ali e saltellando timidamente volò sulla sua spalla. Si guardò intorno furtivamente, fissò in lontananza il bosco e poi parve rintanarsi tra le piume, ma solo per un attimo, come a cercare il coraggio. Poi sembrò sussurrare qualcosa avvicinandosi all'orecchio del vecchio: - Grazie - disse, e la sua voce era già un canto. Spiccò un piccolo balzo, si allontanò volando lentamente in alto ed uscì dalla voliera, poi fece un giro ampio prima di allontanarsi verso il bosco, e sempre con maggiore sicurezza si diresse decisamente ad ovest, in direzione del sole.
Il vecchio seguì il suo volo con un sorriso: come era bello quell'uccellino nella luce del tramonto, aveva dei riflessi meravigliosi, dei colori così vivi che non si erano mai visti. E aveva ricominciato a cantare, senza paura, con la sua voce dolce e melodiosa che lo avrebbe accompagnato nel suo lungo volo verso ovest, al di là dell'oceano, dove aveva sempre sognato di andare.
Ancora oggi ripenso a questa storia e ovunque io sia guardo verso l'orizzonte, la sera, nella direzione del tramonto del sole. Cerco di distinguere quel raggio, proprio quell'ultimo raggio di sole prima che scenda il buio della notte. E allora mi pare quasi di vederlo, laggiù, quel volo di timide ali, e di sentire un canto felice: è Zitkala*, l'uccellino, che è partito per il suo viaggio, ed ha sconfitto il suo drago.
*Little bird=uccellino nella lingua della nazione Sioux Lakota

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