Poesie di Alessio Romanini


Home page  Lettura   Poeti del sito   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche


 


                Alessio Romanini

Alessio Romanini nasce a Piano di Mommio (Lu) e vive a Viareggio (Lu). La passione per la scrittura arriva in tenera età, influenzata da poeti come Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli e i poeti crepuscolari ed ermetici italiani. Negli anni, partecipa a diversi concorsi di poesia per tutto lo Stivale, risultando in alcuni anche finalista. Pubblica la prima silloge "Rime Spente" con Giovane Holden Edizioni. L'anno 2020 porta alle stampe la seconda silloge, dal titolo "Scaffali Tarmati", mentre nel 2021 esce la terza silloge "Smarrita la Mente".
L'anno 2022, edito dalla Vj Edizioni esce la quarta silloge "Il Silenzio Riecheggia".
 


Leggi i racconti di Alessio

 

Apatia
Sento l'apatia soffocare il ciglio;
guardo fuori dal vetro un mondo occulto.
Pavido, rimango nel nascondiglio
del petto; celato dentro il singulto
discosto dall'empireo, il vermiglio
crepuscolare e il viride virgulto.
Forse sono cinto da riluttanza.
Forse sono pervaso da incostanza.
Forse ho perduto la mia speranza.
Nelle fibre, non ho più un sussulto.
 

Al Destino
Forse il Destino non fu crudele…
Forse il suo sinuoso disegno
era all'animo mortale fedele.
Pensando in cuor non disdegno

ciò che egli per me ha deciso.
Non sempre ho seguito il volere
non ho colto il fuggente accadere,
porto i segni del dolore sul viso.

Forse il Destino è stato clemente!
Lui, in ogni dove è presente.
Dal mio quotidiano la sorte
ha allontanato, come la morte.

Come un gentile padre:
ha asciugato leggiadre
lacrime e mi ha sgridato.
In difficoltà mi ha aiutato.

A volte l'ho imprecato!
A volte non l'ho interpretato.
Ma lui, si lui, mi ha aiutato.
 

Odo
Odo gridar gabbiani alle finestre
e sento il freddo gelo della morte;
forse perché sento il suo pulsare
nelle vene. Odo lene sussurrare...
Perché tutto ha una fine.
 

Alla Notte
O Notte, vieni con il firmamento
e la luce d'argento della luna;
il nero tuo manto ci accomuna.

In petto tu non porti smarrimento.
Del dì, tu nascondi inutili affanni
e oblii delle chimere gli inganni.

Odo la tua voce nel barbagianni,
e nella grande silente quiete:
tutto assopisci e rendi sere liete.
 

Falce d'argento
O falce d'argento, squarcia la notte
con la tua luce riflessa; illumina
il cammino di colui che ha perso
il proprio sentiero. Il bagliore, o Luna,
vanisce questa oscurità. Sei luce
di vita nelle tenebre di chi in cuor
porta odio e rancore. Il tuo riflesso
questa notte è ancora più forte!
Perché l'umana gente smisurata
di falsità, verso te non rivolge
lo sguardo? Sei l'astro che l'universo
ha donato per non smarrir selciato;
e proseguir per il breve viaggio
sopra questa zolla che ci ha ospitato.
O falce d'argento, strappa quel nero
drappo! Poiché tutte le notti porti
del sole barbaglio, perché tenebre
e oblio non ci vuoi far temere.
O falce d'argento, la vanità
del tutto non ti appartiene e tu fredda
non sei. Sono solite malelingue.
E la luce impropria che tu rifletti
sulla terra, è per portare speme
nei cuori assopiti che hanno cessato
di sperare. Dissipi oscurità.
 

Catarsi dell'anima
Come il greto del fiume la tua psiche.

Hai percorso a ritroso con ignudi
piedi la brulla strada dell'animo.
Dolori dell'età puerile, rudi
come tremuli incubi: in cuor malanimo.
Nell'etade canuta sei magnanimo
con te stesso. Hai trovato gioie antiche.
 

Echi distanti
Come spartiti muti non abbiamo
le melodie da echeggiare nel vento.
Nebule mute le quali ondeggiano
silenti nell'indaco, lieve afflato.
Lo stormire di parole si perde
nell'infinitesimo eco del tempo.
 

Guardo il cielo
"Adesso cosa faccio? Guardo il cielo."

Il mio guardo all'azzurro rivolgo
che non ha confini; a nugoli bianchi
a tutti gli uccelli liberi volgo
il guardo nei dì grevi, giorni stanchi
giorni i quali gravano sopra fianchi.
Guardo l'etere e libertà anelo.
 

Il sale del mare
Solo adesso ho capito
perché le diafane acque
tue, son così ricche
di sale. Immenso mare,
tu, lacrime raccogli.
Sono lacrime amare
del ciglio del dolore
di chi nel proprio spirto
duole. Dal penar, fluisce
il sale nelle scure
profondità. Conservi
nello scrigno segreto
tacito di ciascuno,
cordoglio che ha nel cuore.
 

Naufragium
(Naufragio)

Ti lascio andar come questa conchiglia
dentro le onde che ritornano al mare.
Lascio spezzare del cuore la chiglia.

Ti lascerò per sempre allontanare
dalla spiaggia del petto mio solingo
e non mi vedrai verso te remare.

Me ne andrò eternamente ramingo
nella solitudine come vento,
mentre sulla rena il viso dipingo.

E rimarrà solamente l'argento
del mare a rimembrare il nostro amore.
Rimarrà solo il movimento lento

del mare che porta il tuo dolore.
 

Raggio d'amore
E la pallida luna
illuminava il candor della pelle
vellutata, nel buio
dell'attico trafitto
dal raggio d'amore. Ed i corpi caldi
distesi sopra freddo
pavimento, cercando
l'ardore nel sensuale
abbraccio di membra ignude. Paura
passione; nell'istante in cui il tempo
aveva fermato per noi lancette
affilate. Solo noi! E tutto il mondo
era vanito come sogno all'alba.
 

Tu verrai
Nel silenzio ti ho
pensato.
Ho pensato a te; un
tremore ha percorso
l'anima.
Non sono pronto!
Forse nessuno è
mai pronto per te.
Non vorrei lasciare
chi ho amato e
chi ho conosciuto.
So che un giorno verrai
ad abbracciarmi come
madre dolce dalle gelide
mani. Pronto no sarò
per morire. Non si è
pronti mai!
Ma tu verrai.
Mi accompagnerai
nell'infinito oblio.
Quindi vieni con dolcezza.
Come carezza di una
madre premurosa.
Allevia il dolore
per l'eterno commiato.
 

Mare di quiete
Passeggiavo silente in compagnia
della malinconia: lungo il molo
di levante si ode la melodia

dell'azzurro mare come usignolo;
la solitudine con il gabbiano
che urlando insegue il muto barcaiolo...

Sospiro la quiete ed allontano
dal petto tristezza e sul mare plano.
 

Guerra: gabbia di morte
Lo spirito mio è ripugnato
dal conflitto! Dalle violente guerre.
Dall'occultare io sono accigliato:
tacere le cinquantanove guerre.
Dalla follia sono disgustato!
Morte e distruzione sono le guerre.
Nel costato percepisco la rabbia
per coloro i quali restano in “gabbia”.
 

Natura
Abbiamo succhiato linfa vitale
da questa zolla che non ci appartiene.
Tremiamo per alte temperature
per gli incendi e le tremende bufere...
Spaventano marine creature
come "blu granchio" invasore del mare.
La Natura parla, basta ascoltare.
Abbiamo succhiato linfa vitale
come meri parassiti... Natura
si riprende quello che gli appartiene.
 

Ogni particella di me
Mare, sono venuto a cercare ogni
cellula di me che ti appartiene.
A te appartengono tutti i miei sogni,
il passato il presente. Le sirene
mi ammaliano con la melodia e ogni
volta torno per udir cantilene...
E nel perpetuo diafano maroso
io ritrovo spirto mio ondoso.

O Mare, sono venuto a cercare
ogni particella di me; tu Musa
del mio mesto e umile poetare.
Nel tuo sale, io ho pianto l'accusa
del mio rimpianto per mal d'amare;
nel tuo riflesso, solita scusa...
Nello sciabordare il mio dolore
lascio naufragare...e ritrovo ardore.
 

L'enigma della sfinge

“Qual è quell'animale che all'aura cammina
con quattro zampe, al pomeriggio con due,
la sera con tre?”

È la tua sera vecchio. Tu, appoggiato
al muro della casa guardi vita
passare; con il bastone, eremita
pari allo sguardo; è l'ultimo afflato?

È la tua sera vecchio. Tu, antenato
di questo mondo; solingo, pepita
di storica memoria, è sparita
la fanciullezza e muto attendi il fato?

Animale a tre zampe, come sfinge
recitava nel suo astuto enigma.
Solitudine, di grigio ti tinge.

Ti guardo e tu diventi paradigma
di questa vita. Lo sterno non finge
e sento dolor... Diventi l'enigma.
 

Agognato Afflato
La sua corolla di bianco colore
non veste la margherita nel prato
a primavera? Il vestito indossato
non è consumato e non ha dolore.

Non è meno bella di nessun fiore!
Lei ama le semplici cose e agognato
nel suo piccolo cuore l'afflato
dell'amore. Lei vive con ardore.

Perché vivi ramingo nel tremore?
Non è l'apparenza che ha affascinato.
Non viver terrorizzato, il creato
tutto deve esistere con fervore.
 

Molo di Levante (Viareggio)
Sul "Muraglione" di Levate nella
quiete del Tirreno, hai camminato
silente fra le grida del gabbiano
e il fulgente barbaglio del sole.
Neri scogli e un tarabuso romito:
in silenzio il diafano mare amare.
Raggiunto il verde faro che segnala
al viaggiatore il porto sicuro,
hai immerso il guardo nell'interminato
orizzonte ed hai sognato il passato.
Sugli scogli bianchi hai come compagni
le verdeggianti sculture fanciulle
gioconde, di bambini e di bambine
spensierate che danzano e giocano.
Ti confondi con il mare, il silenzio
e il passato...Quando eri un giovanetto
con gli amici e il primo amore passavi
qui meriggi delle passate estati.
Oh com'è mesto il ricordar l'età
fuggita! Ora sei sfiorito ed ammiri
il tuo presente: “Tu sei vivo oggi!”
“Non vivi il vetusto ricordo o il falso
avvenire: nell'animo chimera.”
 

Urna materna
Pallide lapidi mute, l'arida
terra silente vi accoglie piangente
all'eterno oblio del santo campo.
Resta una vanita effigie pavida
nell'eterno oblio: stella cadente.
Il dolore distante non si sente
pulsare nel costato collassato
dalla morte: dimenticato brivido.
Dov'è l'infinito? Dove sei incagliato?

Non parla il silenzio, tace l'eterno.
Forse si torna nel grembo materno:
nell'urna dell'interminato spazio.
 

Croce di speranza
Dalla croce hai versato il tuo sangue
per portare pace ed amor nel mondo
al vile uomo, ma il verbo tuo esangue

è rimasto ignorato. Moribondo
ti hanno beffato come malfattore.
Hai spirato il tuo amore profondo

per portare un messaggio, nuovo albore.
Che senso ha avuto donar la tua vita
per colui che è un traditore?

La terra che tu hai amato è ferita!
Guerra, povertà, odio, indifferenza...
Io, la fede oramai l'ho smarrita.

La tua novella e la benevolenza
ammiro, ma dalla cruna dell'ago
chi passerà con mera penitenza?

Con l'immago di speme spirto appago.
 

Consapevolezza
"Nulla è per sempre!"
Ripetevo a me stesso
con l'ardore nel cuore
che trasaliva
dall'animo costernato.

"Nulla è per sempre!"
ripetevo al silenzio
della mia mente
rapita da un vortice
di congetture.

"Nulla è per sempre!"
Ed abbracciai con la forza
del cuor mio la vita.
 

Ardimento
Ho camminato con ignudi piedi
nei dì aguzzi della mia vita
senza coraggio di vivere libero.

Sogni ho sepolto nelle acque del Lete
per poter dissetar la solitudine
del mio cuore nell'inettitudine.

Nello sciabordare del mare il pianto
ho raccolto come urna dell'amore
come aver coraggio nello sperare.

Osservando il tramontare del dì
ho visto che la forza della vita
non muore nel silenzio della sera.

Rinascere una particella vorrei
nell'interminato che ognuno ha dentro
nell'anima con ardimento e speme.
 

Romito Destino
Vivere in romitaggio
è il Destino.
Solo in pellegrinaggio
fra gli alveoli
del solitario petto.
 

Straniero gabbiano
Il nero sipario della notte, era
calato sul tramonto.
Una scia di stelle illuminava
il mare immoto.
Un gabbiano straniero
volava nell'ombra della luna.
Come rugiada, una lacrima volle
cadere nelle scure acque del mare.
Il gabbiano trattenne un
singulto, ma poi straniero
si allontanò dallo sciabordio.
Sopra aguzzi scogli riposò
lo stanco volo.
All'albeggiare del nuovo dì
il gabbiano straniero al vermiglio,
romito volò nell'infinito.
 

Una lapide nell'inconscio (A mio Padre)
Il tuo simulacro
nella notte ho sognato
come bianca lapide dell'inconscio.

Sembrava tu ridessi
di interminato gaudio.
Lemme lemme palpitava lo sterno.

Tu sei sempre stato lontano, avevo
bisogno di te! Adesso anche io sono
un uomo...Ho capito il tuo dolore.

Il nostro sguardo non si è guardato!
Le labbra erano diventate mute!

Ti ho sognato la notte
ma non ho più parlato.
Non ho più parlato di quel cordoglio.

Mi son sentito fanciullo nel sogno,
ma adesso sono un uomo
e conosco il perdono.

Adesso so cos'è solitudine:
è l'inettitudine di smarrirsi
dentro l'oblio per sempre.

Io, come te mi sono smarrito.
 

Solitario viandante
Seduto sulla panchina del molo,
romito e solitario, pensieroso
il viandante il mare osserva ed ascolta
il tintinnare delle tese funi
dell'albero maestro, dei velieri.

Nello scafo si scaglia
lo sciabordare: eterna
quiete del mare. Spira il ponente
nella mente del viandante silente
che riflette sul solitario cuore.
 

Piano piano
La solitudine dentro il costato,
una malinconica melodia
tra singulti, essa suonava sommessa.
Il vespro vermiglio nell'ora tarda
dipingeva l'orizzonte...La notte
piano piano inghiottiva luce, il giorno.
Muto restavi in piedi alla finestra,
con guardo smarrito nel cinguettare
di passeri nascosti dentro verdi
chiome...Niente tornava; esso silente
passava dentro di te, sussurrava
che: “Non sarebbe tornato!” che: “ Tutto
è passato!” Piano piano suonava
dentro l'animo mesta solitudine.
 

Desiderium
(Desiderio)

Il mio desiderio è sfiorare
ancor le sue labbra, come vento
che lieve carezza la superficie
del mare, increspandola con amore.

Il mio Destino è respirare
ancor la sua dolce pelle, come spiaggia
che morbida si inebria del salmastro
del mare, abbracciandola con calore.
 

Dannato
(Condannato all'inferno!)

Maledetto! Tu stupri il mio corpo
ma non avrai mai il brandello del cuore.
Non sai cos'è l'amore e tu ti prendi
la carne! Abusi delle mie membra.
Maledetto! Prendi ciò che non è
tuo senza rispetto. “ Non mi fare
male!” Ti ho gridato. Non è bastato.
Maledetto! Mi hai rubato la mia
verginità... ma non la dignità.
Nel cordoglio del seno violentato
io avrò sempre il mio cuor di Donna.
 

Sortis (Sorte)

I
Treman le labbra tumide sul volto
del tempo, nei rimorsi nei rimpianti.
Flebile sorriso; dolore stolto,
nell'eco della vita come canti.
Canti ascoltati vissuti e smarriti...
Nel seno sembrano solo detriti.

II

Sono le tue labbra abbandonate
alla mercé del tempo; in quell'imbroglio
di cerchi concentrici; le celate
passioni divorate dallo spoglio
cuore. Sono le emozioni infettate
dalle solite chimere o cordoglio,
la colpa di non avere la vita
capito. Tu, noi, l'abbiamo smarrita.

III

Il silenzio avvicina al simulacro.
Un marmoreo sorriso perduto
nello scorre del tempo, reso sacro
dal Fato arguto.

IV

Questo è il groviglio del Destino,
che giuoca con le altrui esistenze;
incrocia la sorte del fanciullino
con le chimere e le altrui apparenze.
È il Fato! Un animo clandestino
dentro sogni, creando coincidenze.
Siamo smarriti come onde del mare
nell'apparente orizzonte; colmare
dobbiamo dentro noi futili assenze.
 

Verseggiare versi

1
Io sono timido
poeta: versi
non ostenta, ma umile
silenzio scrive.

Scrive con il costato.

2
Io sono poeta
ascoso, che in cuor
muove forte maroso.

3
Sapendo di morire
vivo ogni giorno
di gran gaudio la vita.

Con ardore e d'amore
versi verseggio
ricco dono dell'urna.
 

Poeti e poesie
Leggo tante poesie di grandi
Poeti.
Alcune anche di poeti
meno conosciuti.
Poi mi domando:
"Ma io, in realtà chi sono?"

Sono un esserino distratto
che si diverte a scrivere;
ma scrivere non sa!

Sono solo un uomo
dalle chimere avviluppato
poi disilluso.
Mi hanno gettato
nel vuoto…

"Cosa è rimasto di me stesso?"

Un involucro fragile
e silente
che al cuore più non mente!
 

Peregrino di vita
Un lene zefiro l'effluvio dolce
di gelsomino nell'aere porta.
Respirare profondamente questo
melato amaro, il quale al cuore piace.
Solitudine che carezza il viso
arrossato dal tepore del sole.
Echeggia il cinguettare, melodia
del dì, sentire la malinconia
di questo peregrinare la vita.
 

Spumeggiante schiuma

1
Il sole si increspa
nelle schiumose onde del
mare, lungo diafane
acque; uno scintillio
eterno di vita: l'infinito.

2
Passeggio fra le onde e la
spumeggiante schiuma,
il mare carezza
la mia solitudine
piegandola nel suo eterno
sciabordio.

3
Grida il gabbiano
planando sullo sciabordio:
si nutre della ricchezza del
mare.

4
Sulla rovente spiaggia,
rigogliosa l'erba assale
l'aridità dell'animo
della terra.

5
Frammenti aguzzi
di conchiglie, trafiggono
ignudi piedi, fragili
di solitudine.

6
Ascolto
lo zefiro carezzare
i capelli seduto sul molo
mentre il
mare sussurra
dolcemente la
meraviglia della vita.

7
Immergo il cuore
nel mare
il sale brucia
nella profondità
della ferita.

8
L'eco del tuo pensiero odo
dal mare provenire,
ascolto la distanza
che ci separa.

9
Sulla riva del mare, vedo
il mio passato:
le rimembranze.

Sulla riva del mare, vedo
il presente:
sono solingo.

Sulla riva del mare, non
riesco ad immaginare il
futuro.

10
Oh mare, oggi
sono uscito
dall'ordinario e ti ho
raggiunto.
Con le scarpe nella mano
e i calzini…ho immerso
la cute nelle tue onde.

Mi sono reso conto di
esser vivo!

11
Mare, mi presento: sono
Poeta Eretico
perché ho scelto di scegliere.
Ho scelto di vivere, con
il ciglio aperto sulla vita.
Ho scelto di immergere
la solitudine nel tuo sale.
 

Umile gaudio
Le vetuste passeggiate sul mare
rimembrare. Le mie impronte e quelle
più piccole dei bambini miei, al mio

fianco. Cavità sopra la rovente
battigia mitigata dal maroso.
Il diafano sciabordio e il rumore

di aguzze arselle ricordo. Vitale
estate nei ricordi abbandonata ;
fuggiti come impronte cancellate

da onde. Adesso vedo solinghe impronte:
le mie. Come allora calpestano
la riva. I fanciullini passi sono

cresciuti, di essi è rimasto lieto
ricordo, ma loro non son più teneri
bambini: sono una Donna ed un Uomo
che nella vita cercano la meta.

Nel mio cuore rimane il rumore
del tempo trascorso e l'umile gaudio
di vederli liberi di volare.
 

Angelica beltà
Qual vile e meschino uomo, di volgari
molestie si oltraggia in gesti, parole
per offendere libertà di donna.
Villano comportamento grottesco,
privo di moralità. Ingiuriare
natural grembo di ignare fanciulle;
mature donne da brutalità
maschile, esse indifese ed impaurite.

Vile e molesto è colui il quale
con un simile gesto, reca offesa
alla donna, la quale ha libertà
di mostrare l'angelica beltà.
 

Amaro amore
(Melodia al chiaro di luna)

Tasti bianchi tasti neri echeggiano
mesti sulla riva del tuo cuore.
Nel tuo sterno spezzato il dolore
inonda il ciglio; muti riecheggiano

baci rubati, mai dati; ondeggiano
nel pianoforte con amaro amore.
Senti la morte nel petto, cantore
del penare, e, ricordi riecheggiano.

Ti ha reciso il petto con il cordoglio
la donzella dalla amata beltà.
La melodia, nel silenzio spoglio

d'amore, in eterno racconterà
la casta passione, l'amaro imbroglio.
Con le note tessi fragilità.

Ascolto silente al chiaro di luna
la melopea; al dolor accomuna.
 

Violenza strutturale contro le Donne
Qual è quell'amor che ha mano violenta,
uccidendo quando la relazione
è finita? Rimane l'afflizione:
non picchia, non aggredisce e spaventa.

Villano l'uomo che non rappresenta
nel petto l'aver amato, e imbroglione
l'odio arma la mano con avversione
e dolce fanciulla ha una fine cruenta.

Ecco l'ennesimo femminicidio,
che vuole eliminar l'identità
della donna; da un ideologia

patriarcale. È la psicologia
dell'assoggettamento; ambiguità
di carattere del femminicidio.

L'amore non ha la mano brutale,
esso porta gaudio e non un pugnale.
 

Vita e Morte

1
Vivere non è una condanna!
Lo hai pensato per mille
anni, ma in verità è un
dono. Il dono più prezioso.
Quando incontrerai il dolore
la miseria la solitudine,
pensa che ti possono aiutare
a trovare speranza.
La speranza è chiusa nel
cuore...Trovar bisogna
coraggio, e determinazione
nel crederci.

2
Morire non è una condanna!
La morte scioglierà
dalle cose terrene.
Sarà libertà
dell'anima.
Il naturale processo
dell'esistenza.
Sarà l'interminato
nell'universo sconosciuto.
 

Voce per il silenzio
Hai voce per il silenzio.
Lasci alle spalle il
dolore
ma è il vuoto
che dentro porterai.
Ti illudi
che il tempo cancellerà
ferite
ma esse
imperiture continueranno
a stillare sangue.
 

Volare nella voliera
Oh com'è muto il tuo canto, sembra
un lamento un pianto. Dietro le sbarre
di bianco metallo, sollazzi il becco
di graniglia, ma non la tua esistenza.
Svolazzi dall'asta alla mangiatoia;
volar non sai schiavo della voliera.
Simile al sentire tuo, recluso
nella gabbia toracica il cuor mio.
Tarpato sognare dalle chimere
e dalla realtà fittizia oppresso.
Il mio canto tacito non è:
la mia melodia è rimare
parole, sillabare poesia.
Scrivere è dell'animo sollazzo,
anche se come il cuore mi imbarazzo.
Fragile è il mio svolazzare,
con in petto la paura d'amare.
 

L'abbiccì di Natale
Oggi è il giorno di Natale
e si respira aria artificiale,
perché nel mondo si combatte
mentre si sistemano le cravatte
i signori della guerra;
i quali sottoterra
seppelliscono donne e bambini
come innocenti canarini;
creando morte e miseria
in questa terra con cattiveria.
Tutti hanno diritto a felicità
e alla loro libertà!
Che sia Natale ogni dì!
Di Pace e d'amor è l'abbiccì.
 

Si smarriscono parole
Parole si smarriscono
nei refoli del tempo.
Come rugiada che evapora
da tumide labbra.
Silente rimane l'aridità
di parole non dette
dimenticate negli angoli
dell'ugola.
Parole si smarriscono
e restano vuoti oblii.
Come piccoli semi
caduti sulla sabbia, i quali
non riusciranno a germogliare.
 

Nox noctis
(Notte)

Com'è bella anche la notte! Diversi
sono i colori i rumori gli odori;
dentro l'anima hanno echeggiato i versi.

Essi, del poetare sono autori.
Ho ritrovato la grande quiete
dell'esister senza futili ardori.

Ed io ho rammentato che desuete
non sono le semplici cose liete.
 

E se raggiungessimo...
È come se il tempo avesse il passato
cancellato. E se noi raggiungessimo
il nostro passato, l'anonimato
noi si vedrebbe. Se raggiungessimo
ciò che noi nel tempo abbiamo mollato,
vedremmo oblio. Se raggiungessimo...
Ma non possiamo mai più raggiungere
ciò che è stato, e oggi ricongiungere.
 

Cercando nostalgia
Hai cercato nostalgia nei posti
dove un tempo tu hai vissuto emozioni;
(all'occhio assente, son posti nascosti).
Adesso nei ricordi ti abbandoni
e dentro le costole esulta il cuore:
vecchi sentimenti son batticuore.

Ti sei illuso di poter ritrovare
un frammento fragile del passato;
(qualcosa che potevi ancora amare).
Sogno agognato; è stato rubato
dal fato... Adesso cerchi nostalgia
che nelle rimembranze sono scia.
 

Dura roccia (Il Verbo)
Con il dolore delle ferite, tu hai
scolpito nella dura roccia il verbo.
Hai scritto dell'indeterminato amore,
l'amore per il prossimo come te
stesso. Immortale il gaudio hai
reso, perché penare
ha insegnato ad amare:
cose semplici, umili: hai
nella roccia scolpito
felicità.
 

Frammento di luce
Ascoso dal dolore il tuo cuore,
tu lo hai isolato, costretto al silenzio
a vivere lontano dall'odore
del fiore. Lo sterno ha ingerito assenzio
ma dal torace un frammento di luce
è passato; esso all'amore conduce.
 

Afflato innocente
Nell'azzurro empireo non gridate
nugoli! Udire vorrei il chioccolare
nero del merlo. Nel fruscio amare
lo vorrei, nelle palpebre malate.

Malate di dolore. Disarmate
dalla vita. Odo il merlo chioccolare
da vicoli che raggiungono il mare.
Oggi siate silenti. Non gridate!

Soffiate su verdi chiome di tigli.
Placate il vostro innocente soffiare;
oggi il petto duole, niente rumore.

Soffiate lungo i tramonti vermigli
sulle spiagge, sugli scogli del mare.
In silenzio, ascolto il mio dolore.
 

Momento
Devi vivere adesso!
Vivere nelle rimembranze non puoi.
Strappa quella maschera di dolore
dal ciglio, mestizia asciuga
dal cuore, e le ossa solleva
dalla solitudine. Abbraccia questo
momento.
 

Monumenti ai caduti
E si ergono marmorei simulacri
dedicati ai caduti nelle guerre,
per ricordar terribili massacri
e non ripetere inutili guerre.
Stolta e labile è umana gente
che si arrende all'inganno del serpente.

Continuano a combattere battaglie
sulla pelle di povere nazioni.
Inutili violente rappresaglie
che portano odio e dolore e afflizioni.
Sventoliamo negli animi la pace:
disarmo! Così l'ostilità tace.
 

23 Settembre 2023
“Aequinoctium”

Ti vedo nell'ondeggiare di chiome
mezze verdi e metà di altri colori.
Ti sento dentro lo zefiro fresco
e nei nembi dalla pioggia carichi.
Ti odo nel silenzio dei pomeriggi
e nell'ultimo frinire dei grilli.

Tornato sei, amato Autunno, nel madido
suolo e gli effluvi cangianti. Stagione
ricca di frutti la tua e di profumi.
Vedo il contadino terra zappare.
Vedo il contadino uva vendemmiare.
Autunno, tu arricchisci la stagione.
 

Sono Poeta
Chi sono?
Sono uomo, sono marito.
Sono padre, sono figlio.
Sono operaio.

Chi sono?
Sono amico, sono nemico.
Sono zio, sono nipote.
Sono conoscente.

Chi sono?
Sono poeta, sono io.
Ma in realtà chi sono?
Sono infinite sfaccettature di
me stesso.

Sono poeta:
libero di esprimere
emozioni mere.
Posso liberare
sogni nella realtà.
Sorrido quando piango,
odio quando amo.
Sono un Poeta.
 

Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mt 27, 2428).

Nuovo Colonialismo?
La guerra è contro l'umanità
un crimine che va scongiurato,
crimine che va debellato!

Ma grandi nazioni del mondo
che detengono il potere
per poterla giustificare
preferiscon: “Lavarsene le mani...”

È mai questo un nuovo
colonialismo?

La guerra è un assassinio!
Va denunciato come tale
e chi ne è artefice deve
con la Giustizia pagare!
 

Terra Santa
Oh! Com'è bello il mattino d'autunno
ancor prima dell'albeggiare, quando
l'empireo è fulgente di stelle
e si ode il cri cri di grilli campestri.
Lo stesso cielo di Israele e Gaza,
è illuminato da infame guerra!
L' odore della morte si inspira
fra le macerie di povera gente
morta. Lacrime dei bambini e donne
e vecchi che si mescolano al sangue
e polvere di odio, su terra santa.
 

Nero gracchiare
Hai seppellito le paure nell'oblio
perché di penar non eri capace.
Avevi perduto il senno? Un gracchio
come il gracchiar nero del rapace,
strappa brandelli di carne dal cuore.
Nel vacuo, rimane un greve dolore.
 

Foschia
Una fitta nebbia stamani copre
l'albeggiare. Nuvole grigie, fosche
obliano del sole il sorgere. Copre
il mattino la foschia. Le fosche
nubi, rade, dalla luce trafitte.
Come nella vita: amare sconfitte.
 

Sistri in estate
Sistri sulle verdi chiome di pini
a ricordar la fine dell'estate,
cicale affaccendate con violini;
sistri d'estate.
 

Non beffeggiare
Questo mio corpo
non schernire.
Non deridere
ciò che rimane di me in vita.
L'anima ho smarrito
negli emisferi dell'encefalo,
ma gli impulsi dei sentimenti,
di lontano mi raggiungono.
Non ti beffare
delle parole incomprensibili.
Non ti burlare
se mi orino nei vestiti.
Non usare blasfemia
nei confronti dell'inerme
tronco, esso è ciò che un dì
hai amato!
Non ho scelto di obliare
Il senno.
Il Destino, mi ha deturpato
di ciò che restava dell'esistere.
Lasciate che viva degnamente
con amorevoli cure.
Vivere è dignità.
 

L'oblio
Ignudo cammini al bordo dei dì,
silenzioso , con guardo
mesto...senza versare
stille nelle lesioni.
Scalzi i tuoi pensieri
camminano sopra aguzzi meriggi.
Vorresti fuggire, sparire. Temi
la morte: essa è l'oblio.
 

Il mare in autunno
Si increspano sulla riva deserta
piccole onde del mare
in autunno; quando ombrelloni e sdraio
non colorano spiagge.

Si può ascoltar del mare la voce,
lo sciabordar continuo.
E gridano famelici gabbiani.
E nelle prime ore dell'albeggiare

l'orizzonte da foschia coperto,
il mare sembra color antracite.
Refoli di salsedine l'olfatto
raggiungono, e distratto

io rimango sommerso a sognare.
 

Fittizio teatro
Nel momento in cui hai smesso
di credere alle chimere, ti sei
posto la domanda: " chi sono?"
Da qui sei partito in eremitaggio
dentro il tuo "Io". Nella vita ti sei
smarrito dentro beltà del creato.
Con nuovi occhi l'esistenza hai
visto…Mera, semplice, umile.
Non hai voluto più avvilupparti
nell'illusione di un fittizio
teatro.
Viaggiare nell'infinito hai scelto:
non più prigioniero di facili
apparenze; libero di vivere
incondizionata realtà
vivendo.
 

Aspettando l'autunno
Son rimasto silente ad aspettare
l'autunno, seduto sulla romita
panchina dentro il parco comunale.
Sono rimasto muto ad aspettare
colorata pioggia di mille foglie,
per nasconder il greve
pensiero che io porto
nel silente mattino.
Sono rimasto per il cinguettare
ascoltare; e la pioggia
bagnare il mio volto.
 

Meringa
D'amore tu mi travolgi al ritorno,
quando ritorno da te a mezzogiorno.
Ti accontenti di una lene carezza
per dimostrare saltando allegrezza.

Sei simile ad una meringa bianca
e dolce, con il tuo affetto franca.
La tua folta coda è arricciata,
assomigli a uno scoiattolo: alzata

per salutare. Tu conosci amore
ma nel tuo seno non c'è rancore.
Sorridi fra i denti per allegrezza
sperando in una tenera carezza.

Meringa è il tuo dolce nome,
amor è il tuo lene cognome.
Sei in cuor la mia amica cagnolina.
Ti penso dalla sera alla mattina.
 

Un nero drappo
Di lacrime tu irrori
il volto. È l'oblio che nasce dentro
di te! Espelli il penar con il silenzio;
muto rimani.

Sei sofferente,
tutto hai chiuso fuori.
E porti il lutto come
un nero drappo all'ugola.
 

Mute parole
Non parli!
Hai versato il verbo nel
silenzio.
Sei rimasto muto.
Non è indifferenza
ma la difficoltà di esprimere
una parola vera.
 

La scritta
Sulla battima scrivo
parole, lettere, sillabe; scrivo
il mio nome.
Mentre sciaborda
il mare, cancella la scritta.
Sospiro con il vento.
Nelle rughe dell'azzurro
provo a specchiare
il volto.
Un'immagine scialba
ondeggia nei sussurri delle
acque
è ciò che rimane del silenzio.
Allungo la mano per sfiorare
il riflesso, ma esso svanisce
nella vibrazione.
Un tremore assale gli
occhi: il mio io.
Sono io smarrito nelle note del
tempo.
Avrò pietà di me stesso?
Saprò spezzar l'incanto
dell'irreale?
Il mare continua a cancellare
la scritta.
 

Il cuore vede anche nell'oscurità
Mi ero smarrito nella notte, nella
fragilità della mia esistenza
perché non riuscivo più a sperare.
Mi ero perduto nell'oscurità,
nella penombra della mezzanotte
perché solitudine avevo scelto.
Non ero sparito dentro la notte,
un bagliore (fulgente luce di astri)
illuminava l'ombra dei miei passi.
Non ero perso nell'oscurità.
Rifulgenza della luna spezzava
l'assenza della luce sopra cute
dolente, cicatrizzando ferite
dell'animo; portando nuova luce
di speme. Non ero perso, perché
anche quando le palpebre a vedere
non riescono, il mio cuor nella notte
riesce ad orientarsi.
 

La mia certezza
Non sapevo se ti avrei
scritto ancora; amareggiato dal tempo,
dalla sorte che aveva allontanato
il nostro sguardo dentro le ferite
dei fuggiti ricordi.

Non sapevo se io avrei
ancor preso la penna
e con vermiglio inchiostro
avrei trascritto tutto
quel dolore che portiamo dentro,
ogni battito del nostro costato.

Quello che è certo, è che non avrei
mai lasciato il compito di aggiustare
tutto al tempo. No! Quel compito spetta a me.
 

Villana violenza
Finché rozza e volgare
mano dell'uomo, che usa
violenza sopra il corpo
femmineo; libertà non potrà
esserci per la Donna.

Finché la mano barbara e villana
dell'uomo, recherà
offesa alla Donna; la libertà
per essa sussistere non potrà.

Che infamia è questa contro la vita?

La Donna è: madre moglie compagna
figlia amica...È essenza di vita.
 

La rugiada delle foglie
Il fruscio delle dita, sfiorava
delicato il viride
di foglie, le quali avviluppavano
la pioggia, come rorida rugiada
sopita dentro una gemma diafana
d'acqua; raccolta come una fanciulla
dentro le verdi foglie.

Rimasi ad osservare le piccole
stille, imprigionate da
foglie. Sorrisi; poi confusi il pianto
con la rugiada...Non siamo schiavi
della nostra esistenza
creata per chimere?

Il fruscio delle dita, sfiorava
flebile la rugiada
essa scivolò
nella brulla terra
libera.
 

Il bene più prezioso
Non ti preoccupare se non trovi
le parole, a volte è importante il
silenzio per ragionare su ciò
che ti sta accadendo. Tanto alla fine
ognuno è e sarà solo con se
stesso. E forse nessuno aiutare ci
può.
Andiamo avanti, scelta non c'è!
Il tempo veramente aggiusterà
le cose; ferite non guarirà.
No! Resteranno indelebili fino
alla morte.
La morte ci scioglierà dal dolore,
però per il tempo che ci rimane
a disposizione, bisogna avere
forza di trovare serenità.
Perché la vita, come vedi, è
il bene più prezioso.
 

Chi si può salvare?
E il generale gridò:
“Si salvi chi può!”

Ma chi si può salvare
dalle barbarie della guerra?
Chi non resterà ferito
nell'anima dalla stupidità
umana?

E la guerra reclama
i suoi morti.
Non ci sono vincitori,
solamente sconfitti
da odio e dolore.
 

Protagonista di realtà
Bravo non sei ogni dì a recitare
la tua esistenza, simile all'attore.
Interpreti apparenza per amare

realtà, senza obliare la vita.
Simile al pittore doni colore
alla tela, una sfumatura ardita.

In cuor non sai declamare l'inganno,
con umiltà e timidezza accetti
il dono senza rincorrer affanno.
Sei l'interprete dei tuoi difetti.
 

La mia Itaca
Oramai sono giunto alla canuta
età ed attraverso le tempeste
delle passate esistenze, vissuta
ho vita che di falsità si sveste.

Al ciglio essa mi appare ignuda e muta
realtà di chimere. Si traveste
di umiltà; diventa una prostituta
che segreti non ha più sottoveste.

La mia Itaca ho raggiunto: nelle ossa
del torace e fra rivoli di sangue,
ferite ancora aperte sulla pelle.

La mia Itaca è brulla ma indossa
una veste di speme nelle belle
coste dove, gaudio, naufrago esangue.
 

Come il passero
Non avevo cessato di sognare
lasciai che loro li portassero
via nell'orizzonte; come il passero
il quale sogna di volar sul mare.

Il petto era amareggiato d'amare,
aveva cessato. Si contrassero
aride pupille, ma come il passero
cinguettar volle ed in alto volare.
 

Un abbraccio nell'infinito
Non ho più sfiorato il
tuo sorriso!
Adesso sento solo la rugiada
del tempo che allontana le
nostre pupille dall'ingenuo
sorriso, il quale abbiamo
dipinto in un momento,
con acquerelli dal tenue
colore.
Abbiamo disegnato
un abbraccio nell'infinito
sogno, finito nell'oblio.
Come due lacrime salate
ci siamo smarriti nelle diafane
acque del mare per non incontrarci
più?

Mi è rimasta la speme:
essa, è come un sottile
filo il quale ci unisce; sottile
ma resistente abbastanza
perché io possa ritrovare il
sorriso fra tumide labbra.
 

Luccicano lucciole
Brillano nella notte colorati
campi di maggio, fioco luccichio
di gelide luci su addormentati
papaveri: silente scintillio.
Luccichii aleggiano innamorati:
incantato odo il lene stropiccio
simile ad un mormorio che echeggia
nelle rimembranze, ed il cuor lampeggia.

I prati di maggio con particelle,
le quali si illuminano d'amore,
di un minuscolo colore: fiammelle
si incendiano di ghiacciato calore.
Come infantili rimembranze belle
brulicano nel cuore con ardore.
Luccicano lucciole: fatui fuochi
fugaci, nel rimembrare, son fiochi.
 

Eretico Poeta
Sono poeta eretico
perché ho scelto di scegliere.
Ho voluto guardare
dentro la gabbia in cui è
contenuto il cuore, e
con enorme sforzo
sono riuscito a liberarlo.

Sono poeta eretico
perché ho scelto di vivere.
Ho voluto sapere
anche cadendo nell'oblio,
nel tedio dei dì imposti
dalla società che abbiamo
creato. Una fittizia realtà:
di chimere e frustrazioni.

Sono poeta eretico.
Eretico: "che sceglie".
 

Non ci sarà più un domani!
Domani potrebbe essere
l'ultimo giorno, o forse
oggi stesso potrebbe esserlo!

Non ho più respirato
l'effluvio del tuo sguardo.
Non ho più udito
il vibrare delle tumide labbra.
Non ho più carezzato
l'iride dei tuoi occhi.

Cosa resterà
di quel silenzio che ci siamo
portati dentro?

Dove sprofonderanno
tutte le ricordanze?

Neanche il mare riuscirà
nel barbaglio
a parlare di noi!

La pallida Luna, come potrà
illuminare le nostre notti?

Il vento, avrà
timore di soffiare sui soffioni!

Dal dolore, il sole rifiuterà
di tramontare ed albeggiare
ogni dì.

Non ci sarà più un domani!
 

Buon Compleanno figli miei
Vi auguro buon compleanno figli miei,
e per sorprendervi il mare ruberei.
State crescendo e state diventando
una donna e un uomo; perfezionando
maturità e la vostra beltà.
I cuori son calici di umiltà.

Vi auguro buon compleanno bambini,
ancor giocare con i burattini
vorrei, ma il tempo oramai mi ha ingannato.
Il tempo nell'oblio è naufragato.
D'amare non vi ho smesso mai, però;
il più grande regalo: vi amerò.

Vi auguro buon compleanno figlioli,
nel mio costato siete boccioli.
Siete la primavera della vita
mia. Con voi gioia è infinita.
E vorrei regalarvi il mio cuore
con la melodia del batticuore.

E vorrei offrirvi anche il mio silenzio,
che nel cuore vostro non sia assenzio.
Vorrei donarvi la fragilità
mia, dello sterno è verità.
E vorrei offrirvi il mio poetare,
è come regalarvi il mio mare.

Vi auguro buon compleanno figli miei,
e per sorprendervi i sogni ruberei.
 

Una lacrima per il mare
(Per un'amica prematuramente scomparsa)

Ciao, io nel mare ho versato tutte
le mie lacrime per te. Volevo
che il dolore fosse libero come
te. Io volevo che il tuo ricordo
potesse nuotare libero come
te. Io, ho sentito affondare nel mare
il mio cuore, cercando il ricordo
di te. Affrettata è stata la morte
con te...Sorridere ti vedo ancora...

Ciao, le lacrime nel mare getto...
è la mia mera amicizia per te!
Ora sei barbaglio che si increspa
sul mare, ed io verrò volteggiando
come gabbiano per accarezzarti.
 

Lacrime nel vento
Ho sentito il vento che sussurrava
fra i sospiri delle labbra,
mentre una
lacrima silente
scivolava tremando
sulla cute infreddolita.

Lo zefiro mi rubò
la lagrima.
Non sono più
riuscito a sorridere
quando il
sole tramontava
sul dolore.

L'aura sfiora un
bacio dal tempo rubato,
ma il cor prigioniero
della gabbia toracica,
ha smesso di cinguettare.

Una brezza lieve
forse un
giorno stormirà
nel sanguinante costato.
 

Sfingea forza
Non siamo ospiti sopra questa terra!
È la madre, la quale con amore
ci ha partorito , non è una serra

dove noi soffochiamo con dolore,
con mera miserabile stoltezza.
Avidi di materialismo, abbiamo

ingannato il cuore…e con amarezza
il mero dono; terra la quale amo.
Padrone del mondo l'umana gente

pare credersi; natura è forza
sfingea, la quale ascosa e silente
potrebbe riprendere, giocoforza

quello che gli appartiene. Veemente!
 

Vento imbroglione!
Nel tuo amato vento, hai
abbandonato tutti i ricordi.
Ti sei smarrito
fra nugoli e tempeste.
Il vento ha continuato
a soffiare fra i tuoi capelli, e
il tuo guardo era troppo
lontano dal tuo cuore;
nelle acque del Lete ti sei obliato.
Dentro le fessure delle tue ossa, il
vento continua a mugghiare...come
tramontana nel gelo
del tuo cor.
Simile alla sabbia del mare,
sei rimasto a vorticare
nell'aura di solitudine.
Quanto vento ha sussurrato
nel vuoto che ti sei trovato greve
dentro l'animo spento.
Non ti abbandonare al vento;
lui, continuerà a soffiare
fino alla fine della terra...ma
tu, diventerai un sussurro
nel vento:
un mesto stormire fra le foglie,
uno sciabordio del mare.
Speranza non sognare
devi viverla!
Scendi dall'alito del vento e
tuffati nella vita.
Il tempo non aspetta
nessuno!
La mano della morte vedo
scintillare sul tuo spirito.
Non ti abbandonare al vento!
Rimembra: è solo un inganno!
 

Poetiche mani hanno scritto...
Tremuli mani hanno scritto su bianche
pagine di carta con nero inchiostro
gracili parole, parole umili.

Timorose mani hanno verseggiato
liberi versi, ascosi all'adulto occhio,
nella penombra della cameretta.

Canute mani leni, hanno rimato
poesie nei mesti giorni tediosi;
dì, cercando negli anfratti la speme.
 

Brividi dell'anima
Ci sono brividi che percorrono
l'anima
ovunque essa sia ascosa
fra la carne e le ossa
i quali riescono a raggiungere
il cuore
forse dimora
dell'anima
per colmare il vacuo
d'amore infinito…
Amore libero
da catene e gabbie.
 

La Fede è come un ruscello... (Narrate dalla Poetessa Nadia)
Mi narrò, in un tempo assai vicino,
con lene poetare della fede,
una poetessa in alessandrino.

Ella diventò Musa ed io erede
della sua saggezza, anche se freddezza
alberga nel cor e tedio risiede.

Mi spiegò con lieve naturalezza
che: "la Fede è simile al ruscello,
che zampilla irrorando dall'altezza

della montagna tutto... Ma Il ruscello
non scende con lo stesso impeto, spesso
si divide in rivoli...Ed il ruscello

alla fine del percorso, riammesso
sarà esso alla foce di Nettuno."
Silente ascoltai con ardor dimesso.

Il lene poetare era opportuno.
 

Il canarino nella gabbia
Giallo è il cuore come la gabbia
del canarino, chiuso nello sterno
silente, udir non sento gorgheggiare.

Per non perir, egli di sentimenti
si nutre, emozioni; per poi sopirsi
con la testolina ascosa nell'ala.

Giallo penare tra quelle sottili
sbarre d'osso, le quali prigioniero
rendono del cor il libero volo.

Fatto fosti per planar nella vita,
no viver nella toracica gabbia
recluso, obliato al ciglio del creato.
 

Nodoso ciliegio
Ermo ciliegio ignudo nell'inverno,
di bottoni pallidi in primavera
ti vesti, e verdeggianti foglioline.

Nodoso è il tronco e i ramoscelli.
Vetusto ed abbandonato dal tempo
sei oh ciliegio, dal lontano passato.

Nella mestizia del campo smarrito
a maggese, maggio riporta dolci
piccole bacche di color vermiglio.

La tua chioma ombreggiante è gigante
rigogliosa, imponente sui soffioni.
Fra fronde fruscio, zefiro si ode

del mare si sente nel respirare.
Sotto i tuoi rami gli innamorati
fanciulli si son baciati; ronzano

api ed altri insetti. Del bus la sosta
sei e miri e sei mirato dai passanti.
Anche io sotto le foglie ho sostato

e della tua meravigliosa vita
mi sono innamorato! Sei tenace
resistente, viver è importante.

Le ferite della corteccia curi
con resina color arancio giallo:
è ambra: lacrima del tuo gaudio.
 

Un concerto di cinguettii
All'albeggiar mattutina quiete,
quando la città ancor è sopita
indisturbata sinfonia echeggia.
Nel comunale parchetto e su fronde
di giardini si ode un concerto grande
di cinguettii: merli, pettirosso
passeri! Ascoltar rapito rimango
muto, la sinfonia della vita!
 

Calice di vita di gaudio
Sei caduto quaranta volte a terra!
Nella brulla terra tu hai respirato
la polvere dei dì che hanno sporcato
lo spirito. Con le unghie sporche afferra

fragili fronde del piangente salice,
solleva del tuo greve torace
ferite, e con l'amore che non tace
la vita e gaudio, riempi il tuo calice.
 

Volar vorrei
Il passero ho osservato:
il suo volitare
dalla fratta all'olivo
l'infinito aleggiare
nel cilestrino cielo,
da fardelli e dalle umane chimere
libero!

All'albeggiare lo odo cinguettare
il meriggio lo vedo vagare.
Simile volar vorrei
spezzando catene dell'ovvietà!
Simile a lui aliare
lungi dalle afflizioni!
Di volar avrei voglia ma nacqui uomo:
le mie ali sono di poesia.
 

Specchio delle mie brame
Specchio specchio fulgente, che rifletti
l'interminata vanità del tutto;
tu il quale riesci a vedere gli inetti

difetti: del capo l'incanutire
le grinze sul ciglio, l'aspetto brutto.
Volgare sei o è il tuo apparire?

Specchio specchio lucente, tu il presente
rifletti semplicemente; l'inganno
non appartiene a te, tu sei eloquente!
Fugace beltà nel tempo tiranno.
 

"Lasciate che i fanciulli vengano a me" (Marco 10,14)

Fra macerie di guerra, colorati
balocchi colorano quel dì tetro
di grigiore: i giuochi abbandonati.

Giuochi fanciulli spezzati, dietro
le rimembranze obliate dei bambini.
Come si potranno guardare indietro?

Simili a smarriti agnelli genuini,
Si ode risuonare il gemere loro.
Mere vittime, fragili esserini.

Cosa sarà del viver di costoro?
 

Sistro
Suona il sistro, suonalo sussurrando.
Accompagna la lirica: un groviglio
di chimere le quali nel vermiglio
tramontare scrivo commiserando.

Suona Sistro tra i silenzi guardando
l'interminato che ognuno nel ciglio
vede nella cecità nel periglio.
La sinfonia vado celebrando.

Iside, sussurra leni parole,
musa tu sei del mio poetare.
Il tuo sistro nel petto non duole.

Le strofe vorrei poterti cantare
sulla tua melodia fra la mole
delle carte; il timore rifugiare.
 

Scacco matto
Il mondo guardo ridendo
perché l'uomo crede che lo stupendo
creato, sia il regno fatato.
Di esso con veemenza ne ha abusato:
deturpando inquinando affamando.

Vile omuncolo, abominando
il mondo di scettro ti sei investito;
solo ti sei applaudito.
Più che un re, sembri un parassita.
"Ti ho smascherato! Partita finita!"
 

Il mare è sirena d'incanto
Respiro sul molo il frangersi di onde
sopra acuminati scogli e le grida
di gabbiani. Il maestrale confonde

nugoli come velieri, e li affida
all'orizzonte. Sopra la spiaggia brulla
passeggio; intravedo un granchio che sfida

il maroso. Il barbaglio è culla
del sole, il quale pigro si rispecchia
nelle diafane acque: esso si trastulla.

Odo lo sciabordio della vecchia
battima la quale i piccoli passi
a visto; adesso il ricordo mi invecchia.

Sopra di essa comporre la sintassi
di una lirica che parla del mare,
che parla della vita, dei miei passi.

Smarrirsi nell'incantesimo, e amare
il mugghiare del vento negli anfratti,
il bianco odor del sale, il tramontare.

Ricordi, dalla magia distratti.
 

Tremor non avrò nell'oblio
Non ha porta chiusa il mio costato.
La porta è sempre aperta all'amore.
Non importa quanto male il dolore
causa al cuore, non sarò aggrottato.

Allargherò le braccia ed allietato
dalla risata arrossata, migliore
ricominciare sarà ogni albore.
Non potrà obliarci neanche il fato.

Il mio volto non sarà attore
di vetuste illusioni, abbandonato
al tedio; e potrà essere cantore

dell'amore assoluto; accarezzato
dal gaudio dalla speme dall'ardore.
Non avrò timor dell'anonimato.
 

Io e Te
Simile alle foglie, in balia siamo
del destino. Silenti naufraghiamo
tra onde e sponde friabili, del domani?
Planiamo nel ricordo...Son lontani
quei momenti, nel cuore patimenti.

“Destino, la tua ironia apparenti
illusioni ha portato nell'animo,
so che nel tuo cuore sei magnanimo.”

Io e te, ritroveremo il fulgente
sorriso. Sarà come un accogliente
paradiso nel nodo di chimere.
Cadranno ad una ad una le barriere.
 

Giocondo giullare
Mi hai intimorito Vita!
Perché ti sei burlata
di me? Ad esorcizzare
le paure ci ho provato
non ci sono riuscito
causa l'inettitudine.
Gaudio e malinconia
ci sono e si alternano
come foglie nel vento.
Ti sorrido, perché
so dell'umanità
ami burlarti; come
un giocondo giullare.
Vita, è complicato
comprenderti, ma ti amo!
 

Perché non favelli?
Perché affranto augello non favelli?
Sull'ermo tetto roggio del palazzo,
silente solo appollaiato imbelli!

Par all'attonito guardo un arazzo;
nell'aura uno svolazzante brandello.
Perché solingo resti paonazzo?

Il gelido zefiro è flagello
per lo scompigliato tuo piumaggio.
Vola, riparo cerca nell'ostello.

Ancorato al tedio resti al miraggio.
Il ciglio socchiuso arido di pianto
come la terra natia: era di Maggio.

Non hai forza di cantare l'infranto
sogno, la chimera dal fato obliata.
Del fanciullino perduto hai l'incanto

dell'etade, la tua beltà amata.
 

La pioggia odo uggiolar
Nel silenzio di cinerea pioggia
me ne sto sul balconcino guardando
mesti nembi, i quali stanno vagando
leni nell'aura madida di pioggia.

Sopra il vetusto comignolo alloggia
il nero merlo, il quale sta cantando
una lieve melodia; mirando
il ferrigno tramontare che sfoggia

l'innaturale magia. Coinvolto
e deliziato osservo il destreggiare
dell'arancio becco dal canto avvolto.

Risuona il tetto, il nero chioccolare.
Odo uggiolare la pioggia; ravvolto
dal quel rumore rimango a sognare.

Sono un sognator di vita e d'amore,
fra le note son versificatore.
 

Rondini
Nell'empireo azzurro
ho visto ali tagliare
l'aura di primavera.
Nero bianco garrire:
è inconfondibile
fra nuvole bianche.
Loro sono tornate!
Messaggere di speme!
Di vita di speranza:
rinascere si può.
 

Il mar ricordi custodisce
Custodisce le rimembranze il mare
nelle ondate, nelle schegge incagliate
nei granelli di sabbia di acque chiare.

Sopra le deserte spiagge: celate
negli anfratti delle mute conchiglie
ad emerger con ricordanze odiate.

Nella quiete di sere vermiglie
lungo gli aguzzi scogli, odo il mugghiare:
racconta ricordi fra meraviglie

del mare, piccole schegge d'amare.
 

Oh Sera!
Aspetto gli occhi tuoi intensi, oh Sera:
udir del pettirosso il chioccolare
e del vermiglio vespro l'aura vera.
La primavera dal balcone ansare
silente nella quiete tua, oh Sera.
Inerte, attendo il tuo tramontare.
Muto guardo il tuo manto stellato.
Mesto spirto, ti dono con l'afflato.

Aspetto gli occhi tuoi intensi, oh Sera:
sopir i miei pensieri e il brulicare
di stelle e la solitudine nera.
Un'illusione o un altro dì bramare
silente nella quiete tua, oh Sera.
Chetar l'animo franto ed anelare
la notte ed obliar funesto fato.
Dormendo, acquieto il costato turbato.
 

Verbo d'amore
La carne tua dal dolore è stata
trafitta: dal livore e dal timore
del tuo verbo di pace e d'amore.
L'umana gente dall'odio accecata.

La carne sulla croce condannata
come se fossi un vile malfattore.
Sei morto agonizzando con orrore,
la tua essenza di beltà umiliata.

I chiodi di ferro da palme strappa!
Della corona di spine che piange
sangue esangue sul tuo volto, strappa!

Ancor oggi la tua parola infrange
il penar. La tua parabola strappa
l'odio; il seno ed il petto ti rimpiange.

L'anima mia non sente la fede,
ma che tu sei stato un grande uomo, crede.
 

Brina primaverile
Brina nel mattino primaverile,
ancor duro di ghiaccio il verde prato.
Torna il merlo a chioccolare gentile

fra le spine bianche del biancospino.
Solitario il marrone campo arato
per la nuova semina; ed il camino

ancor grigio fumo nell'aura sbuffa.
Guardo l'acquerello in cor soddisfatto;
silente odo lo zefiro che sbuffa;
ma nel guardo, qualcosa è astratto!
 

Il dì pare aver perso...
Oh quanto il tuo seno è distante
dal mio cuore, il quale è rimasto
vacuo colmo di dolore. Egli casto
nel costato è solingo e tremante

pare il dì aver perso. Roboante
son risate spensierate nel vasto
mondo; come quel pellegrino guasto
il quale va cercando delirante

l'amore. Scorre nelle vene oblio
e tedio e greve diventa la speme.
Il petto mio mero, per te pio.

Dalla mia costola del costato
il nostro sentimento in cuore geme,
teme il ciglio tuo lo abbia celato.
 

Materno seno
Odio non ho per la vita, che ho odiato.
Nella spensierata etade, l'amaro
d'esister ho provato. Fato avaro
sembrava al fanciullo ciglio abbassato.

D'argento or son i capelli; zebrato
il color, saggio rendono il cor chiaro.
La vita, oggi, della speme è faro
anche se da essa non sono appagato.

Col materno seno dolor e amore
nutri i figli; beltà il tuo effluvio.
Il tuo grembo, cinge il gran segreto.

Non è concesso sapere l'autore,
che nel secolare libro il diluvio
generò! Tu amaci pure in secreto!
 

La cenere della guerra
Simile a polvere greve: la cenere
dalle macerie e distruzione, aleggia.
Come nube tossica, come scheggia
la quale cuore ferisce: la cenere.

La guerra porta la morte: la cenere
cosparsa nel dolore il quale albeggia.
Si spezza speme. La pace indietreggia.
Il creato è celato da cenere.

Sotto le rovine poche speranze
di pace; tacito il popolo ascoso.
Bombardamenti nelle vicinanze.

Squadre di soccorso con affannoso
battito scavano con le ambulanze.
Salvar le vite è pericoloso...

Sventola alta lo stendardo di pace.
Cenere della grigia guerra tace.
 

Quando una giovane Stella muore...
(dedicata a tutte le madri prematuramente scomparse)

Quando una giovane Stella muore,
un buco nero resta nel cuore.
Un vuoto, il quale non si riesce
a colmare.
In sospeso il sogno rimane!
Il delicato sogno d'amore.
Amore di madre.
Stella, sei dovuta in fretta partire;
martire
di questa vita da capire.
La tua luce non ha cessato di
illuminare; nel firmamento è
la più luminosa, per amare:
la stellina sulla terra caduta.
Quando una giovane Stella muore,
si frangono tutti i sogni di madre.
Un buco nero nel costato, appare.
 

Della vita ognuno è autore
Sento freddo? O è il cuore che trema?
Ascoltare percorrere un tremore
dentro il petto; nello spirto incolore.
Forse è vacuo sentire, l'emblema.

Amo la vita ed il dolce dolore.
Silente non rimango oppure assente,
morir si può nell'animo fulgente.
Ognuno della vita è l'autore.

Verseggio ogni giorno il mio presente.
Scelgo le emozioni da sillabare:
il sorriso, la parola apparente.

Scrivo tutti i dì, che bisogna amare
il desio di speme; seducente
la vita rende. Gaudio d'agognare.

Sento freddo a volte dentro il costato,
ma arde calore se mi sento amato.
 

Ancor ci allontani Destino
Oh Destino funesto! Mi allontani.

Simile all'impetuosa onda; travolgi
lo spirito in balia del dolore.
Allontani il petto dal seno; volgi
altrove le pupille dell'amore.
Nel crepuscolo, tu, avvolgi l'ardore.
Oh Destino funesto! Avrò domani?
 

La virtude della vita onorare
Il viver scontato è per il senno,
simile al palpitare del costato.
La vita è un sogno coronato!

Dolor e gaudio, del viver è cenno:
rispettar il dono dell'esistenza.
La vita è amare, è sapienza!

Sottile il filo della provvidenza.
Non bisogna la virtù sfilacciare,
ma con armonia la vita amare.
 

Oh primavera!
Tace il sole fra fiori bianchi; ignudi
i rami del biancospino in corolle.
Infiorescenze sulle spine rudi.

I papaveri spuntano da zolle.
Gracchiano nero bianche gazze ladre
nei campi verdeggianti, sopra il colle.

Oh primavera, di vita sei madre;
tu che porti le rondini e i trifogli.
Colorate vesti cosi leggiadre

indossi e nuovi profumi; ed accogli
germogli nel tuo lene sbocciare!
Brina, con mattutino raggio sciogli.

Dalle fronde odo rosso chioccolare:
pettirosso cantore dell'amore.
Oh primavera sei beltà d'amare!

Nel tuo seno sento speme, ardore,
anche se dalla guerra è afflitto
il creato; la speme è candore!

Primavera, pace porti al conflitto!
 

Fulgente umiltà
Passeggiando spensierato nel prato,
molti fiori seducevano il ciglio.
Il guardo mio rimase abbagliato
da tanta beltà! Fiori in un groviglio!
Silente, il cuore rimase accecato.
Nell'aura incantevole, il sopracciglio
rapito fu da semplice umiltà:
margherite: virtude e dignità.
 

Cuor celato
Sento l'effluvio della primavera,
nel ruggine silenzioso albeggiare
destato da garriti, e, la leggera

aura, la quale spira sopra il mare;
increspando lo schiumoso maroso:
il meraviglioso mondo d'amare!

Ahimè! questo tempo mio, accidioso
pare all'animo: caduto nell'oblio.
Il creato cinto dall'angoscioso

morbo virale; il quale logorio
ha portato, e ha sparpagliato la morte.
Oltraggioso, si sente crepitio.

Si sente macerie, rumore forte!
Di stendardi rimangono brandelli.
È la guerra! L'ha portata la sorte.

L'umana gente, pare nei tranelli
essere caduta, ed il senno obliato.
L'umana gente preda dei fardelli!

Dimentica fratelli: cuor celato.
Il mio tempo, mi sembra egoista:
ognuno in cuor è in anonimato.

Ognuno nel costato fatalista.
 

Non ti scordar di me
La mia mancanza sentirai un dì.
Non mi cercar in ricordi di coccio,
frantumati o polverosi. Cercami
nel tuo cuor! Sono rimasto lì.
Sono rimasto per te! Non ti scordar
di me! Non dimenticar le fragili
farfalle: come candidi nugoli
del mio nettare si nutrivano.
Come poesie, che lacrimavano
dalle mie palme in solitudine.
Non ti scordar delle foglie cerule;
le quali stillavano da palpebre.
Nella corolla, rugiada rorida
è rimasta franta. Non ti scordare.
Non dimenticare tutto l'amore
che frale gocciolava dal calice,
quando muto restavo ad osservare
l'albeggiare, il tramonto; nello stelo
celavo dolor nato dall'amore!
Cercami nel cor! Non ti scordar di me.
 

Eco di morte
C'era un parco di bianche margherite,
dove bimbi giocavano; i vicini
i cani portavano a passeggiare.

Sono rimaste zolle. Calcinacci.
Brandelli sopra petali sfioriti.
Il parco è cinto: morti, detriti.

Soffia gelida tramontana. Bombe
echeggiano nei costati trafitti.
Si ode un rumore di morte: la guerra.
 

Piantate cipressi
In ogni angolo del creato, dove
sono macerie, si pianti cipressi!
Non è possibile murar le tombe
sopra macerie di vita distrutta.
Guerra è lapide dell'esistenza
frantumata! Sempreverdi cipressi
a ricordare l'orrore e il terrore;
sopra volti scavati di chi tutto ha
perso, nell'oblio di umana follia.
Piantate i cipressi! Oggi c'è la morte.
 

Il mio rivo
C'è un rivolo, il quale lento scorre.
Acqua diafana d'indaco riflesso.
In lui, lo sguardo immerge il cipresso

l'ombra ondulata, che sogno rincorre.
Un passerotto fra virenti foglie
olezzanti, cinguetta e mi distoglie

dal penar! Il rivolo dalle doglie.
Nel petto parlotta il mio ruscello:
di beltà, della speme. Un menestrello.
 

La speranza nel seno di primavera
Si scioglie la brinata verdeggiante
al tepor del raggio primaverile.
La luce fra rami ignudi a levante

ricamati dalla gemma puerile
e petali bianchi. Di campo fiori
inebriano color il cor gentile.

Nell'aura leggiadra aleggiano afrori,
di nuova speme di nuova beltà.
Petali da svariate tinte sfiori

con sorriso, con lene castità.
Ti innamori della frale bellezza.
Ti innamori della semplicità!

Nel soave seno della ricchezza
di primavera; la rifioritura
di vita è germoglio di salvezza.

Respiri la speme nella natura.
 

Coraggio nella Speranza
Non voglio mai perdere la speranza!
Pur sottile e fragile come seta,
coraggio devo trovar con costanza.

A volte l'anima è irrequieta:
perché ha paura o per titubanza.
Se ancor ho speranza: il cuore disseta.

Animo, trova la forza e coraggio!
Sperare, del vivere è il raggio.
 

Pace
L'alba splendeva. Un altro dì di guerra.
Come cani randagi, gente in cerca
di cibo fra le macerie e brandelli
di carne umana. Rivoli rubino
di sangue morto, inondano città.
Dov'è la vittoria? Nello sterminio?
Non c'è vittoria se non nella pace.
Pace è vittoria di libertà!
 

Pace in Terra
Nel pesco roseo e il ciliegio bianco,
riconosco marzo: la tavolozza,
il color ritorna; del verno stanco.
Ahimè! Geme primavera; singhiozza:
il sangue scorre. Il dolore sul fianco
dei Balcani! Guerra violenta e rozza
sta uccidendo popolo e libertà!
Pace in Terra, senza brutalità!
 

Non si ode cinguettare
Il cinguettare degli uccellini odo,
all'albeggiar nella serenità.
Nel mattutino silente, mi sfiora
il pensiero: che al di là del confine
non si sente cinguettare; ma si ode
il bombardare! Violento rumore
che fa tremare. Violento rumore
che toglie la vita e dona dolore.
 

Il balcone del pettirosso
La signora ogni stagione al balcone
si affaccia, per mettere le molliche.
Roggio chioccolare e file di biche
sulla soglia di marmo del balcone.

Dalle fronde dei tigli, si compone
melopea; vola verso le miche.
Il pettirosso, con rosse formiche
a beccare bricie sopra il balcone.

Rimane ad ascoltare il chioccolare.
I capelli carezzati dal lieve
vento; silente a respirare vita.

Rimane con guardo ad accattivare
il pettirosso; cura la ferita.
Il cantare, rende il dì meno greve.
 

Il sognatore
Lentamente il sole nel mare scende
e di vermiglio il cielo si dipinge.
Del pescator la figura si accende

nel tramonto, ed il barbaglio tinge
l'animo del sognatore, nel mare.
Il molo in ombra, alla banchina cinge

le barche di lusso ormeggiate. Amare
lene movimento: lo sciabordare.
 

Aspetterò
Come il mare, che aspetta nel tramonto
la quiete per acquietare le onde;
aspetterò silente, sulle sponde
del mio petto il tuo amore: pronto

ad accoglierlo. Come il solitario
gabbiano, il quale lontano volteggia
nell'orizzonte interminato: echeggia
per trovare amore straordinario.

Invano non aspettare il rimpianto
del tempo: ingannevole è trascorso.
Il sogno non aspettare: rincorso
da chimere è rimasto nel pianto.

Ti aspetto nell'ora crepuscolare.
Ti aspetto! Non lasciar tramontare!
 

Ecatombe
(Immigrazione)

Si era disteso sul fondo del mare,
del mar Jonio. Era un migrante barcone
che cercava libertà e l'amare;
in una nazione senza afflizione.

Brandelli del barcone galleggiano
nelle diafane acque; mentre sul fondo
riposano essi, i morti. E riecheggiano
i loro sogni...nel mar, nello sfondo.
 

Bella è la vita
Rimango rapito dall'albeggiare
ed affascinato dal chioccolare.
Accarezzare mi lascio dal vento
e dallo stormire del tiglio lento.

Getto lo sguardo nell'ondoso mare.
Ascolto con l'animo sciabordare.
Osservo l'alto volo del gabbiano
l'impetuoso bianco grigio baccano.

Il costato smarrisco nello scorrere
del rivo; nel l'infinito trascorrere.
Rimango abbagliato dal barbaglio
nell'acqua, uno strepitio ritaglio.

Meravigliato dal rosso tramonto,
il crepuscolo nel silenzio affronto.
Il cielo la notte guardo stellato
e sotto il suo manto: abbandonato

al riflesso pallido della luna;
mi ritrovo a non pensare a nessuna
bruttura. Mi accorgo del delicato
sorriso. Del fragile abbraccio amato.

Nelle semplici cose è bellezza.
Nelle semplici cose è ricchezza.
Bella è la vita, anche nel dolore.
Bella è la vita, anche nell'amore.
 

L'eco della solitudine
Cercare un senso a questa solitudine,
nella polvere di ricordi, appesi
sopra bianchi muri antichi, canuti.
Nelle lacrime del passato, oramai
evaporate da scrigni marroni.
Negli oggetti delle vuote scatole
colme di ricordi; smarrite in scuri
ripostigli che odorano di muffa.
Cercare un senso a questa solitudine,
eco di malinconiche sinfonie
le quali rimbombano nei silenzi
vuoti dell'anima. Vuoti echeggiati.
 

Gaziantep (6 Febbraio 2023 Epicentro)

Trema la terra in Turchia.
La Polvere e macerie
ricoprono le vite.
Sono crollati sogni
di milioni di gente
sotto fredde macerie.
Trema la terra in Turchia.
Come un soffio di morte
tutto ha spazzato via.
Non si sente il vagito
non si sente più niente.
Urla il dolor dal cuore
strappato! Muto è
cordoglio nel costato.
 

Scarlatto
Di rosso è infuocato il tramonto;
roggio di passione per l'esistenza.
Dell'orizzonte sconfinato affronto
l'animo; e rubare dell'apparenza
il porpora colore. Sono pronto
a cader nel bordò di sofferenza.
La vita è fragranza di dolore.
La vita è essenza dell'amore.
 

Il poeta è un fanciullo
Il poeta, è un bimbo che gioca
con colori di vita! Si diverte
a mescere emozioni nella fioca
sera. Impavido fa nuove scoperte.
È un fanciullo fragile il poeta:
ha l'animo silente dell'asceta.
 

Nella ferita
Non importa come ci siamo
lasciati!
Se c'era il sole o pioveva a dirotto.
Se era il lungo inverno o primavera.
Sentivo gracchiare dal tetto le
gazze, come famelici avvoltoi di
ricordi.
Non importa se piangevo o ero
silente.
Il passato si sente solo nelle
ricordanze.
Ricordo solo oblio.
Il vuoto assordante.
Per un istante credevo di esser
avviluppato dalla sorte.
Dalla gelida mano della morte.
Era il dolore che trafiggeva il
porpora costato;
addolorato da un
incomunicabile assenza.
Vuota la stanza come il cuore,
abbandonato nell'abisso della
disperazione.
Doveva essere ciò che chiamano
inferno:
quel baratro incredibile di
sofferenza.
Non importa chi è rimasto
ferito!
Nessun uccello libero
può volare con ali tarpate!
Nessuna nuvola può veleggiare
senza un alito di vento.
Il sole non può rifulgere
nel mare, se non c'è acqua diafana
in esso!
Nessun uomo può vivere
senza eterno amore.
Di esso, il cuore è fatto per amare.
Non importa.
Perché nella ferita: tutti
dolgono!
 

Febbraio e i cenci fritti
Oh Febbraio, dei mesi sei il più breve.
Primavera nel tuo petto porti:
tiepidi meriggi, zefiro lieve.

Febbraio, con carnevale conforti:
con i coriandoli e cenci gustosi;
allegorici carri, e botti forti.

La gente con vestiti fantasiosi
cela dolor, per momenti gioiosi.
 

Sole di uguaglianza
Non siamo forse nati sulla stessa
Zolla? Conosco solamente un Globo!
Chiamato: "pianeta Terra", ed il quale
intorno al Sole ruota.
Illumina la Terra.
Sopra di essa, esistenza
scorre; ogni creatura è uguale
sotto il meraviglioso Sole; il quale
scalda il cuore. Ogni essere è uguale!
Tutti si nasce e muore, sotto il Sole!
 

Viaggiare lontano, senza viaggiare
Ho fatto un viaggio senza viaggiare.

Con le palme ho carezzato la verde
erbetta del prato. La terra brulla
dei campi ed il profumo sempreverde.
Mirato ho l'alba e la bianca betulla.
Nel prato, la margherita fanciulla.
Il pettirosso sento chioccolare.
 

Vedo ancora i soffioni
Tornare a soffiare sopra sottili
steli. Nell'aria, leni volteggiano
simili a piccoli fiocchi febbrili.
Come farfalle effimere ondeggiano.

Spirare pappi piumosi: puerili
balocchi fanciulleschi galleggiano
nelle rimembranze primaverili.
Soffioni nel costato riecheggiano.

Veleggiano nell'aria rarefatta,
come chimere dell'età fanciulla.
Distratto l'animo da gioia astratta.

Rimembrare il campo, la terra brulla
di soffioni cinta, la verde fratta,
ed il maledetto tempo che annulla

e elude età fanciulla!
Ancora vedo il piccolo sorriso,
l'amore di figlio sul dolce viso.
 

Campi di concentramento
(SHOAH)

Sferragliavano fatiscenti treni
lungo binari che avevano odore
della morte. I vagoni erano pieni

persone stipate, occhi di terrore;
portate come bestie da macello.
E quella grigia aria, il lugubre afrore...

Appeso al filo spinato un brandello
umano in quell'orrore sventolava.
Era nato uomo ed aveva un fratello

una moglie e figlio. La vita amava
ma la follia nazista razzista
lo aveva sepolto dentro la cava.

Decanto orrore come lene artista.
 

Rimembrerai le strofe
Forse ti ricorderai di me, quando
come la polvere sarò svanito
nel refolo. Allorché, indefinito
il mio viso; svanito. Narrando

i mie versi al porpora crepuscolo
una lacrima di dolore, forse
solcherà il tuo volto. Trascorse
le mie parole in rima; maiuscolo

rimarrà il nome sulla marmorea
lapide, all'ombra di verdi cipressi.
Resteranno nel tuo cuor, impressi
i miei versi: poesia scultorea.

Rimembrerai i mesti occhi nel penare
scolpiti dallo spirito d'amore.
Ricorderai del dolore il colore,
la mia vita per te: per amare.
 

Effluvio di un ricordo
Si riflette timoroso il crepuscolo
sui monti. Di passeri cinguettio
dallo sterpaio stormisce minuscolo.

Gli umidi vestiti, nel fischiettio
toglie. Su termosifoni roventi
ad asciugare. L'effluvio stantio

sale le stanze come trame esenti
passate. Ricordi nel cuor fulgenti.
 

Grigio mattino
La pioggia di cinguettii nel grigio
mattino. Una sottile bruma aleggia
nel costato del passante, un prodigio

attende. Forse un amor amareggia
l'animo e si perde d'animo, solo
in quel bigio mattino. Non echeggia

il vento. Muti i gabbiani sul mare.
Onde sono simili a un cenerino
tavolo immobile. Arduo è amare
quando l'amaro in cuore è destino.
 

Cullo il gemere nei vuoti cieli
Ci ritroveremo dove ci siamo
lasciati, lì, lungo il sentiero brullo
dei nostri dì. Dentro lo strillo...Cullo
della tramontana il gemere. Io amo

la solitudine di foglie. Bramo:
la speranza, gioia, infinito. Annullo
il penare dell'anima. Fanciullo
è ancor il sognare che ricamo.

Ci ritroveremo nei cieli vuoti!
Nei tediosi momenti solitari
echeggerà l'infinito brusio.

Sarà sottile in costati il fruscio
come il petalo dentro sepoltuari.
Non spariremo! All'amore devoti.
 

L'Iran spara alle donne
Le donne in Iran protestano contro
il regime. Protestano per loro
per i diritti per la libertà.

Il regime spara sulle indifese
donne. Spara nella loro bellezza.
Il regime spara nel viso, in seno.

Il regime spara nei genitali
delle donne; distruggere vorrebbe
la loro bellezza ma essa non muore.
 

Ci sarò
Mi prenderò cura dei silenzi
e degli umori tuoi.
Mi prenderò cura dei fallimenti
e delle lacrime tue.
Mi prenderò cura del dolore
e dell'amore tuo.
Figlio
io ci sarò sempre;
anche quando non potrai vedere
il mio respiro.
Sarò dietro te per sorreggerti.
 

Speme d'amore (Amor senza condizione)
Nel cuscino di lacrime, ho nascosto
il pianto; perché non voglio svegliarti.
Vorrei sfiorarti. Vorrei accarezzarti,
ma ho paura di destarti. Riposto

preferisco restare nel dolore.
Silente. Non curante dello scorrere
del tempo. Restare muto a rincorrere
le chimere. Veder l'errante amore.

Destino avverso, il costato hai cosparso
di una corona di spine. Trafitta
la cute da frustate d'odio. Afflitta
sulla croce il dolor dell'animo arso.

Cosa mi è rimasto? La speranza!
Perché io credo nel mero amore.
Perché io credo che esso è fiore
che sboccia nel cuore della speranza.
 

La Befana con la fascina
La Befana vecchiettina
con la scopa di saggina
a volar sera e mattina
è diventata un'acciughina.

A gennaio nella notte
vola sopra case a mezzanotte
per portare i regalini
solamente a quei bambini
che non han fatto i birichini.

La Befana vecchiettina
con la scopa di saggina
nel gelo e nella brina
scende dalla sua collina.

Nei cuori di grandi e piccini
vuol donare amore e non confini.
Vuol donar la pace
perché lei ne è capace.

La Befana vecchiettina
con il cuore di bambina
e l'anima genuina
torna sulla sua collina
sulle spalle la fascina.
 

Alberi di Natale
È l'avvento ed un ricordo rammento.
Nel cuore mio ho un antico frammento:
con mio fratello alberi contare
con gioia di Natale a gareggiare.

Che bello era osservare con fermento
alberi brillanti nel firmamento!
Mi ritrovo la sera a rimirare
il magico Natale al tramontare.

Ritrovo la magia del fanciullo
che in cuor sa di ricevere il trastullo.
Ritrovo una grandissima emozione

nell'udir di Natale la canzone.
Ritrovo felicità nella gente,
sperando che essa sia onnipresente.
 

Speme
Dolce fanciulla credevo che fosse:
Speranza. Un cosi delicato nome.
Vibrare udivo parole commosse
nel pronunciare: la Speranza! Come
se il ceruleo cielo il cuor percosse
con interminata fiducia. Come
sconfinato spazio nella coscienza
di fiducia, che alimenta sapienza.
 

Bagliore di speme
Trafitto, udivi il battito del cuore.

Greve il sorriso forzato dei dì.
Mattini solitari albeggiavano
nei cinguettii. Era mercoledì,
O chi sa che giorno. Essi volavano:
pensieri mesti. Speme gridavano.

Respiravi il silenzio dei meriggi.
Vuote ore trascorse con solitudine.
Afflitto da rimpianti. Pomeriggi
soleggiati: tepore e gratitudine.
Il refolo respinse inettitudine!
La speranza trovasti nel bagliore.
 

Antico soffio d'amore
E come il vento
è giunto l'avvento.
Ha portato nel cuore
un antico soffio: batticuore!
Ritrovo l'io fanciullo
e rimembro il trastullo.
Magiche notti illuminate
dalle stelline e dalle fate.
Non voglio udir dolore
ma il ricordo che scalda con ardore.
 

Temere l'ignoto
Oh Destino, semplice margherita
tu mi hai visto nascere in primavera;
nel prato rorido a maggio; ferita

da sensibilità. Portò straniera
la vita, e, gote fanciulle, rossore.
Introverso giovinetto e l'austera

esistenza; del ciglio adoratore
di poesia, hanno fatto la mano.
Scrissi parole e parole; amatore

di emozioni. Non ho vissuto invano!
Con la tua eterna mano, hai disegnato
i miei dì! Dalle illusioni lontano

mi hai portato. Con chimere hai abbagliato.
Destino, in te ho creduto e ti ho temuto.
L'amor ha deluso, mi ha addolorato

ha trafitto il costato. Combattuto
dalla vita, mi ha inferto la ferita.
L'animo, solo è rimasto; muto.

All'incanutire, si è cucita
la ferita; obliata la vanità
interminata del tutto! Arricchita

l'anima: in cor rimasta verità!
Oh Destino, tu conosci la sorte
dell'umana gente, la lor beltà.

Tu conosci il dì della nostra morte.
Tu sai delle nostre mortali gesta.
Tu sei al corrente della malasorte!

Oh Destino, il tuo nome funesta
tremore. Temo l'ignota grandezza,
il mistero il quale sei. In cuor ridesta

l'ardor per la vita! Umile bellezza.
 

Con il cuore
Anni ed anni ho studiato con il cuore.
Ho provato emozioni con la mente,
per imparare a scrivere e parlare
delle fanciulle gemme, che nel petto
sento stillare. Ho pianto ed ho sorriso.
Dolore nel cor, lembi di dolcezza.
E' diventato canuto il capello.
Odiato, ed ho amato vivere! Frale
mi ha creato l'empatia. Delicato.
Fanciullo ramoscello: sensibile.
Anni ed anni ho studiato con il cuore.
Ho provato emozioni con il cuore.
 

Scorre Speranza
Vedo arati campi, campi a maggese
nel freddo degli ignudi alberi secchi;
dove il tepente dardo nel paese
riscalda schiene curve di vecchi.
Miro il cielo, il barbaglio turchese.
Piccole pozze fra le zolle; specchi
per i passeri i quali cinguettano,
mentre un piccolo lombrico aspettano.

Vedo brulli monti, montagne erbose.
Vette imponenti vermiglio albeggiare.
Una brezza dal mare; coste erose
e l'effluvio di salmastro da amare.
Giallo olezzo si sente di mimose
e frali pettirosso chioccolare.
Sento tremolare la vita, amore.
Un singulto sale: è batticuore!

Vedo l'erba ghiacciata dalla brina,
simile a un candido manto di neve.
La delicata guazza mattutina,
come le gemme a primavera; o lieve
girasole, che la corolla inchina,
all'imbrunire, nella sera greve.
Nell'anima sento scorrere amore,
come frale fanciullo sognatore.

Della vita è bellezza, speranza.
Il tremore sento. Il calore avverto
per il creato. Respiro fragranza
dei dì; il fluire del tempo incerto.
Gonfio è il costato d'abbondanza,
di gaudio per l'esistenza; ed avverto
la speme: nella vita fibra forte
che la ragione porta oltre la morte.
 

Battito
Caduco delle ciglia è il battito,
come momentaneo è il vivere.
Il tempo pare fuggevole, un attimo.
Dell'esistenza, noi, possiamo scrivere:
La vita è emozionante: battito!
 

Vibra brezza di pienezza
Garriscono grigio bianco gabbiani
nell'albeggiare pigro mattutino,
sotto coltre di nuvole; sovrani.

Urlano al rosso Urano. Capolino
fa la luna al primo raggio di sole.
Nelle fratte fischia l'uccellino.

Dal silente balcone tutto miri.
Ciglio catturato dalla bellezza
della natura. La brezza sospiri.
Nell'animo vibrar odi pienezza.
 

Sono Poeta
Sono Poeta, a soffrir condannato.
Innata sensibilità nel petto
ha donato a me: il cordoglio del cuore:
è accentuato da questo cantore
costato. Liriche per liberare
la mente dal congenito penare.
 

Pettirosso di beltà!
Oh pettirosso all'ombra del palazzo,
dal gelato piumaggio paonazzo.
Ti ho scorto sopra il ramo con lo sguardo.
Svolazzi sul pavimento, con tardo
movimento. Spaventato mi guardi!
Le palpebre nostre incrociano sguardi.
Oh pettirosso, il tuo petto rosso
al tramontare sul mare commosso
mi ha fatto pensare: beltà donata
dalla natura. Ricchezza adeguata
a semplice straordinarietà!
Tutto il creato, beltà pitturato.
Ti miro e in cuor rimango affascinato
dalla tua umiltà la semplicità
di vivere. Vivere è beltà!
 

Nel tuo grembo
Allattami al tuo gonfio seno,
al tuo capezzolo d'amore.
Nutrimi di gioia e non di dolore.
Insegnami a camminare
passo dopo passo.
Sorreggimi, sul sasso
non mi far cadere.
Insegnami le parole,
a chiamare ogni cosa
con il suo nome.
Quando sopraggiunge la
nera notte ed io ho paura,
raccontami la fiaba che
solo tu sai inventare, oh Vita!
 

Come le foglie
Sussurra nelle rughe della cute
il vento del tempo, senza lamento.
Ricordanze, lemme, sono cadute
come appassite foglie; cinquecento
o forse più. Mormorio non ne hanno
fatto! Disidratate, esse cadranno.
 

Siamo rimasti muti
Quando, il silenzio ci ha portato via
parole! Ha lasciato parole mute.
Smarrito ho saviezza, la fantasia.
Obliato al vento le nostre battute.
Nella calma della stanza solatia
del mattino, le chimere perdute
nell'infinito del tempo: svaniti
i ricordi o prigionieri proibiti?
 

Un sorso di vita
Un sorso diafano, bere, di vita.
Così cristallino. Così fulgente.
Restare inebriato dalla dolcezza.
Strozzato non restare da amarezza.
Amar esistenza, senza mestizia.
Essa, dono venusto di letizia.
 

Scorza dell'anima
Hai strappato ricordi al tempo scorso.
Non sei riuscito a trovare la forza,
ed hai smesso di lottare. Rincorso
illusioni e sogni...Il vuoto rafforza
i rimpianti della vita, il decorso.
Dura diventa la cute, aspra scorza.
 

Il peso è la somma del totale
Con stupore, ti sei accorto che il peso
di ogni dì, è la somma del totale.
Il fardello pesante da portare.
Ridi tra i denti serrati, l'eco
dei momenti passati. Tremolano
le lacrime lungo le nere ciglia.
Non ti sei perso d'animo. È spoglia
l'anima di ogni dolore. Temprato
cuore nel sospiro dell'esistere.
Non ti sei assopito dentro il torpore
delle subdole chimere. Portare
il peso di ogni giorno: nelle viscere.
 

Amaro effluvio
Nell'aroma del caffè. Alle spalle.
Dal fioco raggio trafitto dal sole.
Scrivi vuote parole inconcludenti
a ricordar che cosa? l'infinito?
Probabilmente spettro a rimembrare.
Spettro di esistenza. Un frammento di essa.
Dimenticato nell'odor amaro
silente del caffè. Così amaro.
 

Tramonta la spiaggia
Lungo la spiaggia silente in solitudine,
ho respirato del mar un sospiro.
Nella quiete , ho ascoltato il respiro
del gabbiano, con grande gratitudine.

Diafano movimento. Sciabordio
del costato del mare. Sussurrava
nell'anima gaudio: lieve cantava
nel frangersi delle onde il crepitio

dello spirito nello sciabordare.
E particella mi sono sentito
del creato; con l'animo arricchito.
Ho ammirato la sera tramontare.
 

Resterà speranza
"Combattere contro i mulini a vento"
tra sogni ed illusioni, come le ombre
le quali si allungano nella brezza
del crepuscolo, dentro l'amarezza
dei giorni, dentro rimpianti trascorsi.
Resterà la speme, a piccoli sorsi.
 

Pulviscolo di stelle
Cheto è il mattutino stellato
prima del ruggine rosso albeggiare.
Smarrisco nella brezza di quiete
la malinconia. Le ciglia inquiete
nel pulviscolo notturno; dapprima
dell'alba. Prima della pantomima.
 

Un vento gelido
Come gelido vento è passato.

Ha obliato le feste; quattro stagioni.
I colori sono mutati. I fiori.
Grigi capelli, rughe, alterazioni.
Rubi della giovanezza gli ardori.
Nel tuo fluire allontani umori.
Oh tempo! Sei di già così mutato.
 

Onnicomprensivo
Oggi ti domando: "perché mi hai
ingannato?"
La fiducia ho riposto nel tuo
operato…
"Perché mi hai ingannato?"

Ho lavorato dieci anni
con passione...
"Perché mi hai preso per
coglione?"

Ostentavi più amicizia
che l'esser padrone,
"quindi perché
mi hai trattato da coglione?"

"Ho sacrificato famiglia
e figli per lavorare
e tu, misero in cuore,
mi hai voluto ingannare!"

Non di cattiveria mi vesto
ma di giustizia.
Faccio mia questa frase:
"chi di spada ferisce
di spada perisce ".
 

Menestrello d'amor
Come giovane ardito menestrello,
dell'amore e la passione cantare
vorrei. Il sentimento semplice, bello

il cui petto non può non amare.
Il quale in alto fa volar l'amore,
tra candidi nugoli e azzurro mare.

Labbro tumido ingenuo, sei cantore
di giovanile passione; chimera
che brucia come fiamma nell'amore:

fiamma, la quale desiderio avvera.
Fiamma, che l'indefinito cancella.
Fiamma, che rinascer fa, a primavera.

Ahimè, come nel cuore la fiammella
di ardere smette; per sempre vanisce
eterno amor. Svanisce la novella.

Smarrita illusione. L'ardor finisce!
Come migratore uccello,esso vola.
Pena il costato, ed il senno smarrisce.

Ahimè, l'umana gente si consola
con l'astuto sentimento: rimpianto
diventa nel costato, come fola.

Se seno o petto, è rimasto infranto
poco importa! Grazioso il palpitare
del cuore, per il sentimento santo.

Perché di gente, cuor è per amare.
 

Il merlo
Odo nera musica chioccolare
dallo spoglio ramoscello invernale.
Infreddolito canto, cerca cibo.
Ali posano sul ramo del fico.
Esso mi guarda: l'arancione becco.
Vedo la smorfia infreddolita. Fiacco
è il suo posar, ma nel costato
alato, la speranza dell'astuto
ciglio, continua il suo chioccolare.
 

Pioggia di neve nel solitario inverno
Fredde luci, nella notte oscillano
e fra ghiacciati cristalli brillano.
Spogli rami, si imbiancano di neve.
Rumoreggiano nella notte greve,
sotto la pioggia, nella strada brulla
lievi passi solinghi di fanciulla.
Con l'ombrello ripara i suoi pensieri.
I quali, il seno affliggono: severi
con la sua solitudine. L'inverno
trafigge tristezza: è un inferno!
Continua silente, di neve pioggia.
Lene, cammina con il parapioggia.
Si staglia il palazzo di illuminate
finestre, da gente sono abbagliate.
Forse la fanciulla, di esse raggiunge
una finestra. Solitaria giunge.
 

L'essenza dell'amore
Ti ho scritto mille lettere, e, lettere
dove del mio dolor ti parlavo.
Senza riflettere, che l'afflizione
è in ognuno di noi. Le parole
le tue, riflettere mi hanno fatto.
Ed il costato ho aperto: no al livore
ma all'amore. Nel cuor ho rimembrato
che niente nella vita è per sempre.
Ma ciò che ci rende per sempre, è
l'amore! No l'amore che termina
con la passione; quello come mero
diamante. L'amore senza catene
condizioni; l'amore come essenza.
Concedere tutti i frammenti di noi,
senza dover aver indietro niente.
Come diceva Seneca il sapiente:
"Se vuoi essere amato, ama!"
 

Amar non è pentimento
Giammai di aver amato non mi pento.
Ne di avere taciuto in gran segreto;
per non addolorar, giammai il rimpianto.

Il costato è di amor amaranto;
languisce mestizia. Sono incompleto.
Mi sento come il mare senza il vento.

Il creato è fatto per amare,
simile all'orizzonte e il tramontare.
 

Tela versicolore
Pittore, su tela versicolore
hai dipinto color di carnevale.
Pianto rosso disegnato . Cantore

di mestizia, sul volto mascherato.
Pallido il labbro silente, atonale.
Naufrago, nel penar abbandonato.

Tu, lo hai rappresentato l'ossimoro:
con color di variopinta tristezza.
Il ciglio è corrugato, sonoro.
Pittore, tu hai spennellato: Amarezza!
 

Ritornare a guardare il tramonto
Nell'ombra della stanza, eri rimasto
solo! Come ala dal cuore spezzata.
Come rondine nel dolor celata.
Dall'amore privato, dal nefasto

fato. Allontanato dall'orizzonte.
Il bagliore sentivi trafiggere
il cuore! Solingo, crocifiggere
la vita! Aspettavi lui: Caronte.

Nel gelido dei ricordi, il calore
della madre, del padre lo hai sentito.
Il costato si è ammutolito.
Non hai respirato. Hai sentito amore.

Lieve bacio fanciullo rubato.
L'amico sincero, il quale ci tiene.
La gente la quali incontri, perbene.
I tuoi figli! I quali ti hanno amato!

Ritorni a guardare il rosso tramonto.
Dall'amor guarito. Ti senti pronto!
 

L'amore cura
Amore, una parola resa vuota.
Vuota del reale significato.
Una parola, essa, che quando echeggia
il cuore lo fa tremare. Si cura
del prossimo, niente pretende per se.
 

Spettatore
Non sono il protagonista, io sono
Spettatore. Spettatore di cosa?
La parola ha origine da " guardare" ed
io guardo! Guardo scorrere vita.
Osservo le sfaccettature. Vedo
le paure e percepisco le tremule
chimere. Protagonista dell'oblio.
Del tedio. Del riverbero dei sensi.
Protagonista delle rimembranze.
Del presente e della futura speme.
Il guardo smarrito nel barbaglio.
Su tarmati scaffali, abbandonate
le frustrazioni dell'inesistenza.
Odo echi di silenzi, fra le spente
rime: che svanite...Nell'apostrofo
di vacue parole non pronunciate.
Le parole mai nate. Abbandonate.
Protagonista. Dall'etimologia:
“attore”. Recitare in questa vita?
Solo questa è concessa. Interprete?
Per recitare le scene fittizie?
Spettatore, io. Dall'etimologia
"guardare". Rimanendo ad osservare
resto coinvolto a guardare stupito.
 

Mendico
Scrivere vorrei di voi; degli ultimi.
Di coloro che hanno perso; dei vinti.
Di voi, che conosco il nome e la vita.
La partita avete perso; non è
ancora finita! Fissate il vuoto
davanti bar del centro; siete soli.
Solinghi con l'animo. Scoraggiati.
Smarriti dagli affetti. Emarginati.
Dalla speme abbandonati, e il coraggio.
La casa è dormir sotto loggiati;
umidi e gelidi, o sotto un manto di
stelle con la luna. Fa capolino.
Il fato era questo, o il destino vostro?
Chi sa se anche questo sarà il mio?
O di chiunque gente? La quale sente
del penar l'esistenza e si scoraggia.
Poeta nacqui. Operaio vissi. Ma
mendico nella vita errante. Solo.
Perché, ognuno sulla zolla, in petto
solo si sente! Chi solitudine
nega, mente! Scrivere vorrei di voi:
come me, penar nella vita, avete!
Forse, più di me, voi liberi, siete!
Forse, dico forse, di me, scrivete.
 

Grigio mattino
La pioggia di cinguettii, nel grigio
mattino. Una sottile bruma aleggia.
Nel costato del passante, un prodigio

attende. Forse un amor amareggia
l'animo, e si perde d'animo; solo,
in quel bigio mattino. Non echeggia

il vento. Muti i gabbiani sul mare.
Onde, sono come una cenerino
tavolo immobile. Arduo è amare,
quando l'amaro in cuore, è destino.
 

Privata brutalità
Geme paura, la tremula voce.

Le veementi grida, verso il grembo
tu, che partorisci la vita ed ami.
L'ardore dell'amore, è un lembo
gualcito nell'apatia di legami.
Restano brutali parole infami.
L'animo fragile, dalla feroce

parola la quale violenta il cuore.
Amor per i figli. Rimane spoglio
l'amore per lui: spezzato il cuore.
Nascondi la letizia dal cordoglio.
Ti nascondi nell'oblio, nell'imbroglio.
Di voce un filo, lene, sottovoce.
 

Ed il tempo scorre
Il tempo, veder e sentir scorrere,
no nelle stanche rughe o nei canuti
capelli; ma in quello che trascorrere
senti! In quei brevi momenti sperduti.
Tutto ciò che ho lasciato nel passato,
l'animo mesto, lascia amareggiato.
 

Eccomi!
Eccomi! Ad una chiamata rispondo.
Sento nel vuoto l'eco solidale;
il suono dell'amore per il mondo.

Poeta, rimo lirica corale.
Pace per questo atomo; sia in cuore:
speranza, che il verbo sia immortale.

Eccomi! Ognuno nel petto ha l'ardore
della propria credenza nel pensiero,
del genere, e, della cute il colore.

Nessuno, essere dovrà forestiero,
ma gradito ospite, anche senza invito;
con il rispetto del prossimo, mero.

Eccomi! Ed amare il creato tutto.
L'anima è vita, la vita amore.
Nel seno sentire agitare il flutto.

Rimirare nel pelago il bagliore;
ascoltare del passero il fischiare
rispettando Natura, con ardore.

Eccomi vita! Pronto per amare.
 

Un viaggio chiamato: Vita!
Ho tenero, del fanciullo, il ricordo:
gaudio fragile, lui, rincorrere
nei pomeriggi illusioni; a correre
dietro lucertole; al penare sordo.

Il dì canuto miro nei capelli:
rivolto guardo a chimere inseguite,
a tutte quelle partite fallite.
Nel costato greve sono i fardelli.

Del domani, lo spirito ha bisogno.
La speme del grande amor per i figli:
sereno venturo, e buoni consigli.
Nel cuor, speme, che non rimanga sogno.
 

Umuntu ngumuntu ngabantu
(Io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo.)

La quiete, rimasi ad ascoltare.
Avvertivo il sussurrare del vento.
Non un gemito, ma un soave suono.
Lieve sinfonia, un arrangiamento.
Dell'intero mondo d'amor il suono.
Soave armonia dell'umanità!
Uguaglianza, rispetto, pace e beltà!
Il vento lontano...bruiva l'amare.
 

Simile all'araba fenice
Dalle ceneri del nostro dolore
noi, rinascere dobbiamo di speme
come araba fenice, dal calore
che arde nel nostro cuore, il quale freme.
Una volta nascere nella vita,
Una volta morire nella vita.
 

L'infinita vanità del tutto
Acquerellare nessun pittore mai
potrà: tenue celeste del mattino,
l'alba vermiglio gradevole; o giammai
nessun poetante in alessandrino
potrà verseggiare questa beltà.
L'uomo, inaridito da vanità.
 

La solitudine è per lo spirito, ciò che il cibo è per il corpo (Seneca)
Lento, con Solitudine passeggio.
Amareggiato o mesto non mi sento.
Miro il vermiglio e nel cuore destreggio
un verso. L'animo mio contento!
Non trafigge cor la solitudine,
l'animo che non ha inettitudine.
 

Fragile cuore (nascondi l'amore)
Come la timida corolla, chiudi
petali alla rugiada mattutina:
pallore dell'amore. Sono scudi

le pupille socchiuse stamattina
per difendere il tuo frale cuore.
 

Solitudine
Non si odono del mar mugghiar onde.
La solitudine nello smarrito
animo solitario, sulle sponde.

Gabbiano, dal libeccio allontanato.
Oh solingo forestiero, ferito
dal silente rumor; abbandonato.

Come vento, nell'aria sei perduto.
Rimasta nel cuore la spiaggia romita.

Per paura di soffrire, hai ceduto
al solitario spirito taciuto.
 

Materno grembo
No! Non deve l'abisso violentare
la donna; la donna materno grembo.
È vita, ella! Lei, profumo d'amare.
L'ira funesta: non diventi lembo
d'odio, della ragione sonno; oblio
di rispetto, donna oggetto: desio.
 

Beati gli ultimi…
Come può esser beato chi niente
possiede? Hanno un bel mantello di stelle
che illumina la notte, e la città
dove girovagare. Son Beati
perché hanno la panchina ed il mare
su cui sostare. Non hanno amore!
Gettati nel mondo come immondizia!
Senza una dimora fissa. Liberi?
Sono prigionieri della miseria.
Sono schiavi della loro storia.
Emarginati dalla società.
Emarginati dall'usualità.
Vittime di un'esistenza fallita.
Vittime di una vita non capita.
 

Animo fragile
Trema la foglia al sospirar del vento.
Incanutisce gelida montagna
e spira la tramontana in campagna.
Si ode lontano mugghiar lamento.

Don don, solitarie campane; lento
nel silenzio risuonano. Accompagna
del cuor il battito: lagrima bagna
la solitudine, il sorriso spento.

Trafigge l'indifferenza il sognare.
Difendi il frale petto per paura
di penare: nascondi il tuo cuore.

Forse è timidezza, o l'insicura
fragilità dell'animo; l'amare
lentamente indebolisce l'ardore.
 

Il poeta scrive nella solitudine
Poesie poeta scrive.
Nella solitudine,
nella stanza silente.

Il rumore non sente.
È la sua attitudine:
strofe scrive emotive.

Poesie poeta scrive:
amor, gratitudine:
l'esister attraente.
 

Da qui comincia il viaggio
Dal mare, comincia il viaggiare:
stilla di rugiada mattutina,
fra onde confuso a nuotare.
Sullo scoglio mi scaglio.
Mi frastaglio sulla grigia riva.

Nell'azzurro salato barbaglio,
vapore divento; con il vento
comincio a volare, lasciando
lontano il mare. Mi perdo.

Flebile aleggio come nuvola,
in alto come l'uccello.
Del sole, un raggio caldo
scalda il madido piumaggio.

Come pioggia, mi ritrovo
a cadere sul manto erboso
di montagne, a scivolare
su verdi foglie di castagno.

Lentamente scivolo nel rivo.
Zampillo tra rocce e rapide
per ritrovarmi nel mio mare,
dove ho cominciato a viaggiare.
 

Cor di vita
Si spezzò il sorriso,
sotto il greve
di lacrime; lacrime di dolore.

Difficoltà di viver:
oltraggiato aveva
le tumide labbra:
speranza spezzò.

Ostinato petto; di arder
non volle arrendersi!
Splendor e meraviglia:
incanto della vita.
Continuò nel costato a palpitare.
 

Novembre
Pallida la nebbia sottile aleggia
quasi rarefatta; il campo respira.
Dalle apuane, lento, il mattino albeggia.
L'Autunnale foglia frale, sospira
la quiete. Sussurra il petto mesto
che sente il tempo fluire funesto.
 

Madrigale d'autunno
Nell'autunnal tepore fresco, sale

un'infantile ricordo. Un imago
delle sfiorite mani, mani anziane.
Mani dal gelo ferite, presago
d'inverno. Nei dì, mani quotidiane
al gelido sole, spargono pane.
Spargono granoturco sul piazzale.

Dal cor evapora la rimembranza,
come la nebbia dai campi a maggese.
Anche in cuore mio, come fragranza
gialla di mais, una lacrima scese.
Novembre delle ricordanze, il mese
in cui scriver vorrei un madrigale.
 

...Il cui nome fu scritto sull'acqua (John Keats)

Il nome tuo lo hai scritto sull'acqua.
Forse fra le diafane onde del mare,
o nelle fredde rapide del fiume.

Il nome tuo lo hai scritto: esso, sciacqua
dolore, riporta nel cuor l'amare.
Poetare, nell'anima barlume

di speme e di gaudio e di interminato!
Anche io, scriverò il nome mio
nella traslucida acqua silenziosa.

Resterà il sorriso inanimato
fra versi, strofe; il cartaceo addio.
Timide sillabe, rima affettuosa.
 

L'uomo di vento (uomo del silenzio)
Sibila il vento dentro le fessure
delle vocali, delle consonanti.
Lo zefiro mugghia dentro gli anfratti
silenzi; parole come armature.

L'uomo di vento, dentro le fratture
del tempo, con i mutismi alienanti.
L'uomo del silenzio, dagli aberranti
pensieri; fugge gli sguardi, le paure.

Nel vento, perduto ha il mero sentiero.
Negli anfratti del petto, è rimasto
nascosto. Forse, egli, si è smarrito.

Nel vento, il volto ha coperto, straniero.
Nelle cavità degli occhi, nefasto.
Dal vento trasportato, indefinito.
 

Forato Monte
Erosa calcarea
roccia nel tempo, dall'acqua dal vento.
Il naturale arco ha creato, dove
il tramonto vermiglio
si è affacciato.

Oh vetusto Monte Forato,
tu, vissuto hai il passato
ed il presente osservi
dal foro, come
il mondo è cambiato!

L'umana gente, il gemer
tuo non sente! Il creato ha inquinato.
Ha deforestato. Lo ha intossicato.

Per la brama di consumismo. Brama
capitalismo. La terra ha sporcato.
Tu, oh Forato Monte, che sai ascoltare
il vento passar l'arco.

Tu, dell'equilibrio della terrestre
zolla, ti sei innamorato; dal parco
sei circondato ed ami i cinguettii
di augelli, lo sciabordar di ruscelli.

Oh vetusto Monte Forato,
insegnaci ad amare, rispettare
il mondo: che ci ha amato
e rispettato! Aiutaci ad amare!
 

Amor come l'augello
Nel silente albeggiare,
udire cinguettare.
Sereni passerotti appollaiati
sopra le fronde di alberi. Beati.

Possibile non è imprigionare
la melodia, il libero cantare.
Possibile non è incatenare
del costato la libertà! L'amare.

L'augello schiavo in gabbia,
il canto suo, morrà nella rabbia.
Non avrà più gaiezza.
Colmo cuor d'amarezza.

Non imprigionare il libero amore.
Esso è come bocciolo del fiore:
schiude la corolla nella brulla
zolla, come dal nulla.
 

Vuoto cuor
Aveva speranzosi occhi d'amore,
lei, nel quieto mattino; nel cuore
l'allegrezza di abbracciare la vita:
etade tenera, frale, infinita.
Fanciullezza nel seno, l'innocenza.

Quando l'amore finì, l'apparenza
di esso, nel lagrimar nero; l'amaro
del penar rimase. Nel cuor avaro
di bene, rimase silente vuoto.
Anche le palpebre, d'amore vuoto.
 

Porpora foglie come l'amor
Dell'acero di porpora le foglie
dipingono il ponentino serale.
Un tramonto sul terreno di foglie

madide, nella quiete frugale,
come il mio cuore mesto d'amore.
Fuggo gli sguardi, l'amore fatale.

Si ignudano infreddolite le fronde
sibilando; con fredda tramontana.

Tra spogli rami, le foglie nasconde
al suolo. Come l'amor, allontana.
 

Orizzonte vermiglio
Come il sole si è innamorato

del vermiglio tramonto; il palpitare
del petto: è dell'amore il respiro.
Il giorno, vorrei poter abbreviare:
per il roggio amore, per il sospiro.
Il tramonto nell'ora tarda ammiro
nella tua attesa. Sono appassionato!
 

La danza delle foglie
Appannano l'infisso, fanciulli occhi.

Guardare dalla socchiusa finestra,
volteggiare in capriole e piroette,
l'autunno nelle foglie: grande orchestra.
Leggere ballerine, marionette,
del libeccio in balia; mentre alcune
sotto l'albero sopiscono brune.
Miri aleggiare. Il vetro scarabocchi.
 

Fruscio d'amore
Ti lascio ogni mattino,
un leggero bacino.
Il sonno non svegliare
e lasciarti sognare.
Vado senza rumore;
dentro me il batticuore.
Tu sei la mia vita!
Essa è infinita.
Ho ascoltato il vagito,
ma il tempo è fuggito.
Ti ho visto nel cantuccio,
con il piccolo ciuccio.
Fragile è l'amore,
immenso come il mare.
Ti amo! Figliolo mio.
Lo sussurro. Un fruscio.
 

Crepuscolo in autunno
Autunnale crepuscolo, leggera
aura. Spira rarefatta la brezza e il
vermiglio bagliore colora il mare.
Vola candido un ricordo: gabbiano
vanisce nell'apparente orizzonte.

Sopite emozioni nelle dorate
foglie. Foglie accartocciate. Porpora
edera, la quale nasconde mura.
L'odore biancastro del comignolo,
inebria lo spirto nel crepuscolo.
 

Pioggia d'autunno
Volevo sentire una
pioggerella d'autunno,
sulla tumida cute;
dalla gelida brezza.
Udire lo stormire
giallo roggio di foglie;
il brusio di fronde.
Volevo sentire una
pioggerella d'autunno,
di petali aggrinziti.
Quanti passati autunni.
Autunni che ho vissuto!
Ognuno di esso, al cuore
ha portato emozioni.
Un nuovo giorno sboccia!
Odo lieve mestizia.
È la vita che passa!
Lo strascico disteso,
ha lasciato ricordi.
 

Cuor d'autunno
È un mesto mese, il mese d'autunno:
confondo nel pianto di foglie, il pianto.
Impetuoso scoglio. Rabbioso mare
con le agitate onde dal Maestrale.
Odo il tramontar del sole; rubino
il suo colore. Affascina anche me, un
giullare, il quale finge il tempo amare.
Amare lui, il tempo, il quale scorre.
Appartiene al poeta la mestizia,
dolce sentimento, come i colori
autunnali. Esalano come nebbia
sottile, gli olezzi di foglie umide
dal vento gualcite. È l'autunno nel
cor: ognuno custodisce in segreto.
 

Aeroplanino di carta
Con le mani dal tempo screpolate,
un aereo di carta, ho piegato.
Il sorriso, si è illuminato.
Queste, sono le dolci sere amate.

Semplice ed imperituro il trastullo,
con un frammento di carta creato.
Visino animato, il volo ammirato.
Meravigliato, dall'amor fanciullo.

Figlio amato, confessare ti vorrei
che l'esistenza non è come appare.
Essa, è ricca di chimere, e, amare
verità. Se avessi il dono, ruberei

il tempo per potertelo fermare.
Mirar per ore il volare fragile
della carta: fra i giochi è agile!
E come dentro un sogno gareggiare

io e te, con la pagina gualcita.
Io, la mia sfida l'ho giocata,
ma non è stata, tanto fortunata.
Però ho te! Non è ancor finita!

Malinconico è il cuore mio!
Spero non aver fallito il mestiere.
Spero che per te, io, possa valere.
Stai crescendo bambino, amore mio!
 

Una fragile Margherita (Fanciullezza)
Sei sbocciata: semplice margherita.
Tempo e silenzio ci hanno allontanato.
Hanno infettato (l'età) la ferita.

Il petto mio: introverso, accorato
e romito. Ha scelto la nostalgia.
Ti ho amato! Adesso sono addolorato.

Chi ci ha sottratto la nostra armonia?
Il sangue, vive in te, figliola mia.
 

Ode alla mia Musa
Le tue lodi, tra fili di seta ho
tessuto; come corolle di bianchi
petali di rosa. Lodi, forgiato ho

tra rime e sillabe, nei leni fianchi
armoniosi delle strofe e dei versi.
Di poetare e rimare, non stanchi.

Con dolcezza, i pensieri controversi
hai ascoltato. Sussurrato nel petto
amore, hai ascoltato versi introversi.

Diventa sottile il verbo. Balbetto
con ardor dall'afflato del calore:
sinuoso corpo baciato da affetto.

Tumide carnose labbra. Fervore
flebile sussurrano le liriche:
è pavida poesia d'autore.

La mano, compone le odi oniriche.


Alla Natura
O Natura, che sotto quell'avello
di foglie umide in autunno, nascondi
la zolla verde, dell'età fanciulla.
La quale, in primavera, la fecondi
di gemme e germogli. La terra brulla
di gaudio e dolore. Tu, sei urna, culla
d'amore! Tu, allevia questo fardello.
 

Lux
Bianca la luce, la quale comprende
lo spettro. Propaga nel vuoto un'onda.
Luce, la quale visibile rende
al ciglio, della natura la sponda
del mar. Morbide nuvole stupende.
Lembi azzurri, dove sole risplende.
Luce, la quale illumina vicende.
 

Anonimo
Di lontano, nel fruscio dei giorni,
vedo un anonimo sorriso. Mesto.
Antichi sono gli anni fra le rughe.
Il ciglio, vuoto come buchi neri.
Anonime labbra. Vanite. Spente.
Spente come le rime del poeta.
Anonimo di foglie lo stormire.
Non echeggia nell'empireo il soffio.
Non sciaborda il mare sulla battigia.
Anonimo fra la gente. La quale
non sente il sussurrare del dolore.
L'anonimo passeggiare in disparte,
per paura del silenzio, dell'oblio!
Smarrire nel roggio raggio del vespro,
il suono del nome: al tedio vivere.
Spegne la fiamma nel sale del mare,
l'infuocato tramontare vermiglio.
Di lontano, l'anonimo sorriso!
Anonimo. Ma grande è l'essere!
 

Albore di sogni
Chissà se mi sognerai all'albeggiare.

Petali di sorrisi delicati
i sogni tuoi; io vorrei vivere.
Quando cinguetta l'alba, sono alati
i sogni: chimere da rivivere.
Come il poeta, poesie scrivere.
Il fragile cuore tuo, abbracciare.
 

Mortale tempo
Cosa ci resterà del tempo mortal?
Di chimere scambiate
per reali sogni, vere illusioni?
Guardi nei dì dell'oblio,
l'abisso che hai creato nella vita.
Nella tua vita! Dall'amore il dono
donato a te! Fragile
offerta di emozioni e sensazioni.
Senti la solitudine
nel petto stormire, come le foglie,
che in autunno, rugose
e stanche, abbandonano il ramoscello
per cadere nel tedio.
Cosa ci resterà del tempo mortal?
Quando sarà la mente
preda di antichi ricordi vaniti?
Quando il silente muto
di parole, lo spirto avrà svuotato.
Quando con il cuor franto,
odieremo noi stessi; nei riflessi
dello specchio sospetto;
non avremo lagrime per lagrimar!
Avvolti dai rimpianti.
Avviluppati dai rimorsi nel cuor.
 

Meringa cagnolina
Nel parchetto con l'amica fedele,
allegro passeggiando spensierato.
Con folto pelo spettinato bianco;
nel silenzio virente, ho camminato.
Devoto è l'amor mero mai stanco;
lei, la quale zampetta al mio fianco.
Sincera amica! Dolce come miele.
 

Fulgido bagliore
Sulla bonaccia diafana del mare,
il pittore dipinge il barbaglio;
simile a una lunga strada d'amare.

Pare al ciglio umano lo sciabordio
infinito di luce; eterno amore
per la vita. Si dimentica l'oblio.

L'incanto colma il cuore di calore.
Gaudio di vita, il fulgido bagliore.
 

Vento di parole
Spargere, simile a sterili semi
al vento, le parole silenziose.
Parole mute, le parole erose.
Smarrir come irraggiungibili spemi:

apparenti orizzonti di fonemi.
Incomunicabilità di ascose
gente; nelle sillabe misteriose.
Tumide labbra simili ad emblemi.

Geme veemente a volte la brezza.
Altre, la bonaccia carezza il mare.
Sibila silente con amarezza

la tramontana , cercando d'amare
di gente il cuor; cercando una carezza.
Di lontano lo odo , sento vociare!
 

Spirto di speme
Fedele sposa di animo innocente!
Fedele speme, di verde passione.
Dipinta nell'azzurro rifulgente,
abbozzata nella verde affezione.
Speranza, è nel cuor la melodia.
Riporti come rondine, armonia.
 

L'alba e il tramonto
Si dischiude il ciglio all'albeggiare.
Rugiada sulla corolla fanciulla:
un gemito! Proviene dalla culla.
Il rubino cilestrino, da amare.

Nel vermiglio vespero tramontare,
sparir il sole all'orizzonte . Nulla!
Sul mar il barbaglio, e, terra brulla.
Smarrire il sentiero crepuscolare.

Così breve è la luce, che bruisce
fra le fronde: abbagliato con stupore!
Della vita, il calore che mi avvolge.

Luce quieta serale mi travolge:
l'età sfiorita; consunto candore.
Stanco ciglio: sereno affievolisce.
 

Sentire la voce del Libeccio
La voce del Libeccio sussurrare
avverto! Negli anfratti degli stipiti,
veemente. Sotto la cute, gaudio
e tremore. Udire dai finestroni
dell'ultimo piano: la forza; irruenza
piegare verdi chiome. Spezzate odo
fronde. Stanche, sfinite, urtare il vetro.
L'ululato violento: vento bruire
sul tetto. Udire il petto palpitare
nelle stanze vuote. Il sibilo nelle
stanze sentir echeggiare. Le ciglia
socchiudere e immaginare il vermiglio
dell'albeggiare; il roggio tramontare.
L'indomani: è rifulgente il sole!

Quando ero bambino, della natura,
la grandezza suscitava spavento.
L'immensità (adesso sono adulto)
della natura, ancora fa tremare.
 

Sentire il silenzio della Solitudine
Solitudine, inchiostro dello scriver.
Imbratti bianche pagine ruvide
antiche della fanciullezza, dei dì.
Bianche pagine di poesie, rime
spente nel deserto arido dei giorni.
Giorni che, tu, Solitudine, asfissi
nei tramontati ricordi. Smarrite
ricordanze. Assente è il passato!
Il tempo ha rubato cocci di vita.
Come frantumi di argilla, donati
al vento. Adesso sentir lo sgomento
dentro il petto! Lo stomaco strozzato!
Nel silenzio della foto guardare
gli occhi, sentire il rumore, l'effluvio
passato. Tutto ciò non tornerà!
O Solitudine, del silenzio sei
compagna! Melanconia che ristagna
nell'umana gente. Il silenzio sente!
 

Non vi è peccato!
Alle tortore il guardo volgendo,
fra aghi del pino beccando
il cibo, essi vanno cercando.

Dell'augello il canto, odo.
Lene, dalla fronda godo
il soave suono. Alla gola un nodo.

Di vermiglio si desta la montagna,
il roggio albeggiare accompagna
a mirare la rugiada in campagna.

Fragili foglie di lontano il bruire:
si sente la primavera vestire;
l'autunno, il creato abbellire.

Diafano azzurro riflesso del mare,
nella calda estate fa innamorare;
l'inverno sognare.

Trovato non ho nella natura
il peccato! Non sventura.
Niente guerra. Nessuna dittatura.

In essa, odio non ho trovato.
Dall'equilibrio d'amore forgiato;
la natura, lo spirito ha allietato.
 

Mustafa Siriano
(Uno dei tanti bambini del conflitto in Siria)

Dalla guerra, il sorriso mutilato.

Nella pioggia di bombe roboante;
nato sei come piccolo germoglio.
Gemito dalla culla non distante
dalla battaglia. Invalido cordoglio
nel grembo genitrice: gas nervino
ti ha mutilato. Muto canarino .
Canto gravato. Canto mutilato.
 

"Lasciate che i fanciulli vengano a me"
(Marco 10,14)

Fra macerie di guerra, colorati
balocchi colorano quel dì tetro
di grigiore: i giuochi abbandonati.

Giuochi fanciulli spezzati, dietro
le rimembranze obliate dei bambini.
Come si potranno guardare indietro?

Simili a smarriti agnelli genuini,
Si ode risuonare il gemere loro.
Mere vittime, fragili esserini.

Cosa sarà del viver di costoro?
 

“Al gener nostro il fato
Non donò che il morire.”
da “A me stesso” di Giacomo Leopardi.

Il Cor
Non si curò il fato
del gener nostro.
Lasciò il cuor malato,
nel penar nostro.
Le spoglie dei sorrisi
al quotidiano; stesi
come frumento al sole.
Si è inaridita la palpebra.
Non più di speme ebbra.
Ma tedio e quotidiano:
lo spirto avviluppano.
Non si curò il fato,
ma il cor della gente,
palpitare lo sente
nel cuore: l'amore assoluto.
Ascoso, ma presente.
 

Amando rimando
Ogni poeta è stato cantore:
con le proprie liriche dell'amore,
del singulto; il vagire delle foglie
colorate in autunno; delle doglie.

Dell'afflitto trascorrere del tempo,
della plumbea pioggia e del maltempo.
Hanno dipinto fiore a primavera,
e rimato in poema la chimera.

Ogni poeta è stato cantore:
della quiete e del petto il dolore.
Nelle rughe di sonetti e di versi,
la beltà dell'età nei capoversi.

Non ha dimenticato di parlare
dell'oblio, dell'eterno trapassare.
Della fine ineluttabile; amando
della vita la bellezza: rimando.
 

Ascoltavi la pioggia
Sulla cute il picchiettio sentivi
della pioggia; leggero ti bagnava
la vita. Come frale labbra, amava
il riso, intriso di interrogativi.

Nella pioggia, il cordoglio lo seguivi
nel fruscio di foglie; affascinava
lo sguardo, era l'ultimo: ricordava
l'età fuggita. La pioggia sentivi

tamburellava la grigia giornata.
Una musica, che non ricordavi.
Dimenticavi, nella distaccata

quotidianità. Adesso cantavi!
Incantevole sentire l'amata
pioggia; essa, che ti bagnasse lasciavi.

Viver desideravi!
Il morbo, la pioggerella ha rubato.
Sentir la pioggia: la vita ha ingannato.
 

Non servono armi
Rimane con fiato sospeso il mondo,
a guardar tutte le guerre, impotente.
Non scaraventa bombe, ma iracondo
invia le armi al conflitto, indifferente.
Non servono le armi. Serve la pace.
Non servono le armi. Serve la pace.
 

Affabulatore del mistero
Di rime affabulatore, narrami.
Narra del vacillare
di foglie. Del sole.
Del baluginare. Tu, sei cantore

del vermiglio albeggiare.
Parlami del mare,
la spiaggia deserta
e del gabbiano all'erta.

Rarefatto il respiro, il mattino.
Il respiro silente.
L'effluvio del tino,
in campagna si sente.

Udire l'autunno nel cuore.
Come un dolce stormire
di foglie, di colore.
La frescura, all'imbrunire.
 

Un sordo echeggiare
O amata solitudine, pallido
il volto gelido come la Luna.
Nella silenziosa casa c'è tedio.
Oblio dell'anima; che smarrita
nel vacuo piange del viver miseria.
Riesci a sentire del vivere il male?
È come un tremulo sordo echeggiare,
dentro la mente riesce a disturbare.
Non mi abbandoni. Lo spirito affliggi.
L'animo umano tutto perseguiti.
Solo e soltanto dall'ingannevole
penare proteggi, oh solitudine,
il creato. Quando riposto resto
sento le tue mani avviluppate
al ventre; soffochi l'anima il petto.
Domando silente: Solitudine
perché l'umana gente vai cercando?
Perché ti affanni tanto per soffocar
vita e renderla solitaria? Avara
di gaudio. Avara di speranza. Avara
di libertà? Celi il vivere; come
gramigna, lasciando solitudine.
 

Sistro
Suona il sistro, suonalo sussurrando.
Accompagna la lirica: un groviglio
di chimere le quali nel vermiglio
tramontare scrivo commiserando.

Suona Sistro tra i silenzi guardando
l'interminato che ognuno nel ciglio
vede nella cecità nel periglio.
La sinfonia vado celebrando.

Iside, sussurra leni parole,
musa tu sei del mio poetare.
Il tuo sistro nel petto non duole.

Le strofe vorrei poterti cantare
sulla tua melodia fra la mole
delle carte; il timore rifugiare.
 

Una domenica di temporale
Narrar vorrei del temporale.
Della furia della tempesta.
La quale si è abbattuta
una domenica sul litorale.

Il fragore della tempesta.
Il quale, si udiva dalla finestra.
Il mio bambino rimase
basito, dall'impetuosa
veemenza del temporale.

Le fronde dal vento piegate.
Stormivano foglie intimorite.
Fulmini veloci, tagliavano
la madida aria.

I suoi piccoli occhi, rimasero
dalla forza della natura,
impressionati, sbalorditi.
Fu da paura avvolto,
e, ammirazione.

Grande è la natura, come
la meraviglia negli
occhi di un bambino.
Il quale ancor riesce
nello stupore.
 

Silenzioso Autunno
Silente sei arrivato
nelle foglie caduche
di settembre.
Nella zolla fangosa,
della rugiada culla.
Silente sei tornato
nel rosso melograno.
Nel madido albeggiare
ciano; il disegnare
verdi apuane.
Silente, inaspettato
ti ho sentito
nella brezza mattutina.
Ho scorto
nei variegati
colori, la matura età.
Sono meravigliato
dalla canuta età!
Quanto tempo è
passato?
Cosa sono
diventato?
Chi potrà
donarmi ciò
per cui non ho vissuto?
Ho sprecato la beltà
dell'etade. Finita è
l'estate. Autunno sei
tornato!
 

D'autunno solstizio
Dell'estate sei l'ultimo
plenilunio.
Per non morire, risplendi
anche al mattino.
Nel solstizio d'autunno:
splendi nel terso
mattutino.
La frescura, la limpidezza
dell'aere, incorniciavano
la tua beltà.
L'albeggiare illumini,
la speme del nuovo dì.

Oh Luna, ti ho sempre
mirato!
La tua semplice bellezza
in vecchiezza, ancor più
bella appare.
 

All'imbrunire
Non riuscirò più udir cinguettare
i passeri, nell'eco delle bombe.
Non riuscirò più veder abbagliare
il sole, fra morti e le catacombe.
Non riuscirò più solingo, ammirare
il tramonto con tutte queste tombe.
Sentir non potrò il verde stormire:
la vita è sepolta all'imbrunire.
 

Afflato di vita
Come Pietro, tre volte hai rinnegato.
Ripudiato di vivere. Hai respinto
gaudio dal prezioso dono. Prostrato
al fato. Recluso nel labirinto.

Come nei vangeli, non ha cantato
il gallo. Solingo, il quadro hai dipinto.
Il tuo mesto petto era accecato
dal dolore. Sei sopraffatto, vinto.

Di nascosto, mortificato, il pianto
come forte temporale ha echeggiato.
Dalla vergogna, il cuore è affranto.

Abbandonato hai mestizia; abbagliato
dall'amor per la vita, il penar franto.
Dell'albeggiar vita senti l'afflato.
 

La pioggia
Forse il nubifragio
e la battente pioggia.
Oppure il naufragio

di pensieri, che alloggia
il petto spaurito.
Mesto sorriso, sfoggia

il viso ammutolito,
mentre l'albeggiare
imbrunisce agguerrito.

Forse è l'amaro realizzare.
È un ingannatore
il tempo, e, ti fa accorare.

“Subdolo impostore!”
Senti di lontano tuonare.
L'anima anima di ardore.

Senti nel petto anelare
la vita: nella pioggia,
nello stormir del mare.
 

Alla Poesia
Nel segreto mio, il dolor hai udito.
Lagrime, con pagine vuote hai asciutto.
Il malumore del cuor hai guarito.

Hai partecipato alla nostalgia,
alla solitudine. Il cuor distrutto.
Perso, della gioventù la follia.

Tu, sei come una delicata amante,
consoli con la dolcezza il penare.

In te il male ho confidato, e, incessante
l'amore, in alto mi ha fatto volare.
 

Sognare ancora
O quiete della domenica, sento
l'effluvio dell'assenza.
Come un lieve zefiro, spira
e sussurra con pazienza
nello spirito la pace.
È una sensazione
che all'improvviso compare
ti avvolge come un turbinio
di foglie in autunno.
Il poeta scompare
nelle emozioni;
a volte frustrazioni dell'anima.
La gente vede passare,
ma, essa, scompare
nel silente poetare.
La poesia diventa la tenera
amante, che avvolge lo spirto.
Desta nell'animo del rimatore,
un silenzio, il quale diventa amore.
Amore per le secche foglie o
aghi di pino o il tubare
di tortore.
Destato da questo torpore...Il
poeta continua a sognare.
 

Pace in Terra
Nel pesco roseo e il ciliegio bianco,
riconosco marzo: la tavolozza,
il color ritorna; del verno stanco.
Ahimè! Geme primavera; singhiozza:
il sangue scorre. Il dolore sul fianco
dei Balcani! Guerra violenta e rozza
sta uccidendo popolo e libertà!
Pace in Terra, senza brutalità!
 

Fragile è la Donna
Donna, tremula fragile parola.
Pavida, in balia dell'imbroglione
amore, il quale ti abbandona sola.

Donna, nella notte con il cafone
dalla paura desta. Sei schiava
di paure. Nel seno, dall'apprensione.

Da fanciulla, il tenero cuor cantava
speme, e, l'infinito amore sognava.
 

Fragili farfalle sepolte
Piccole farfalle, all'eco di bombe
cadono nelle macerie di scuole,
fragili come le bianche colombe.

Innocenti corpicini in aiuole,
come tombe di polverosi fiori.
Si odono echi di spari di pistole.

Nel cielo oscurato, bombardatori
distruggono rovine di pace.
Le guerre: di morte sono cantori!

Avete spezzato ali alle farfalle!
Erano solo bambini felici!
Li avete seppelliti nella valle!

Li avete sepolti sotto edifici.
 

Di lontano ti miro
O Prana, il
ciglio fulgido ti osserva.
Rivolto il
guardo all'ondulata schiena.
Rivolgo il
petto alla tua bellezza.
O Prana, la
brezza che spiri dall'alto
capo, tremare
l'anima di amare
nostalgie mi fa!
Le palpebre tumide
di soavi emozioni.
La tua schiena, sfiora
il celeste empireo con la
brulla flora.
Vorrei la tue creste cingere
come le nuvole soffici
che ti avvolgono.
Guardo la tua grandezza
l'autorevolezza, che fa tremare
il mio sguardo.
Sguardo rapito, che fa abbandonare
mestizia.
Di lontano ti miro.
 

Il frangersi dell'onda
Sul finir di settembre, aleggiava
una lene nebbia sopra il prato
abbandonato. Come l'abbagliato
guardo all'albeggiare che sperava

di vedere ancora il sospiro
del mare, il raggio frangersi
nelle onde, il disperdersi
della mente nel deliro.

Il farneticante pensiero,
il quale il naufragar nel mesto
mare, lontano dal funesto
penar e l'amor austero.

Sul finir di settembre, spirava
un lieve zefiro fra virenti
foglie, come appariscenti
farfalle; la foglia volava.

Sognare ancora vorrei
l'estate e la primavera
e l'aura leggera e la riviera.
Un brandello azzurro ruberei.

Folle la mente,
la quale affondare
nel roggio tramontare
vorrebbe silente.

Sul finir di settembre, passava
l'estate gioconda.
Come un onda
sulla riva scivolava.
 

Dolce oblio
Sentir il dolce oblio della solitudine:
in silenzio, allontana inquietudine.
Smarrir le palpebre e la mente.
Naufragare l'anima nel mare assente,
nel rivo di centomila pensieri;
dove nascono sogni severi.

Smarrire il tempo, dimenticare
il ricordo, l'illusione abbandonare.
Soffocare, nell'imbuto della mestizia
sopraffatto dalla sensibile avarizia.

Avaro di liberi sentimenti,
prigioniero di miseri ripensamenti.

Rimpiangere se stesso,
dal vuoto interiore oppresso.

Come un sussurro flebile,
sentire nell'intelletto, indelebile
l'oblio.
Non è un addio:
è un distacco dalla realtà.
È ricerca della verità.
 

La notte il mare
Ascoltare
come religioso
silenzio, la notte il mare.

Ammirare
della luna, il
barbaglio dipinto fra le
increspature di lievi
onde di bonaccia.

Respirare
il frammento di
vita, gioendo del
tremito che percorre
l'anima.
 

La differenza ci rende uguali
Ogni lacrima che viene stillata
sulla brulla terra, in ogni dove;
che essa sia bianca o di differente
colore, ha diritto ad essere
lacrima.

Non è forse meraviglioso
il prato a primavera?
Esso, si pittura di margherite
violette e nontiscordardime.

Il fiume diafano, scorre
per l'agognato mare, un
dì raggiungere;
in esso mescolarsi ed amarsi.

Non è forse magnifica
la diversità fra umana gente?
Ogni cultura, ogni dicitura
ogni sorriso su differente
viso?

L'albeggiare
nel vermiglio, rassomiglia
al tramontare.

Gli uomini tutti:
dal dolore accomunati,
dall'amore sono uniti.
 

Stormire di verdi foglie
Sopito all'ombra, lo stormire
di foglie odo il rumore.
Simile a pioggia, pare
al lobo. Pioggia di sole.

Tiepido settembre, raffreddato
raggio trafigge
il costato, malato
di nostalgia.

Nostalgia, che avviluppa
del poeta l'animo.

Sorrido alla candida
farfalla, effimera è
la vita!

Osservo la gelida
lucertola, si nasconde
negli anfratti per catturare
insetti.

Poi torno ad ascoltare
di foglie lo stormire.
Il virente sussurrare
che della vita è il narrare.

Anche nel nostalgico
poetare, dell'esistere
il lene bruire
sa raccontare.
 

Icaro
Fisso il bianco
foglio.
Il guardo smarrito.
Penso e ripenso.
Sento il tiepido
torpore del sole.
La luce. Il raggio.
Il quale si spezza
nel celeste cielo.
Vorrei volare!
Sono caduto un dì.
Come Icaro, mi sono
avvicinato troppo al sole.
Ho sentito la cera sussurrare
mentre si scioglieva
ed io cadevo a picco, e
naufragavo nelle
profonde acque di chimere.
 

Guerra
Nel centro di Kiev, sirene suonano.
Trincee di carne. Ferite aperte.
Sopra i Balcani ancora c'è la neve:
si scioglie nel bagliore delle bombe.

Bimbi nelle trincee!
Donne nelle trincee.
Vecchi nelle trincee.

La guerra è alle porte: ferita
sanguinante, che inonda
la brulla terra.
Terra di pace!

Gli stendardi di morte, sventolano
nella follia umana!
Il tramonto, di vermiglio si tinge
e piange la perduta libertà.

Guerra: è stupidità in persona.

Nella creazione, non ci fu più
cosa nefanda: la stupidità
fratricida della funesta guerra!
 

Settembre mesto mese
O malinconico Settembre, dei
poeti il mese. Mese che riporti
temperature fresche e corti
meriggi.
Nel seno tuo, o Settembre, sta
l'autunno e il lungo inverno.
Si chiudono gli ombrelloni, come
corolle di fiori. Rimane
romito il mare, a sciabordare
su deserte spiagge e sulle coste.
Si frange l'onda delle ricordanze.
Finiscono vacanze. Riaprono
scuole. Nelle aiuole nuovi
fiori ad imbellire le stradicciole.
O Settembre, spiri un mesto zefiro.
Sento l'aspro odore del mosto, e
il giallo effluvio del granturco.
Tornano forti i gabbiani a cantare
il gracchiante canto in
città e lungomare.
Sale nel poetare
questa dolce malinconia
che dello spirito è armonia
 

Settembre, dolce mestizia
Decede presto, al crepuscolo il sole.
La rovente temperatura cala.
Semideserte spiagge. Si chiudono

come gazanie ombrelloni; le scuole
riaprono e finisce la festa. Esala
dell'estate l'effluvio...Concludono

nella malinconia aspettative.
Nelle ondate, il ricordo sopravvive.
 

Sentire pioggia in agosto
Quante volte hai sentito
la pioggia in agosto portare
l'autunno.
Cadono foglie dal cuore.
Il fiore appassisce la corolla.
Il raggio del sole si raffredda.
Il meriggio diventa crepuscolo.
Quante volte hai sentito
la brezza in agosto soffiare
l'autunno.
Imbrunisce silente il mare.
Amare sono le spoglie spiagge.
Si spengono luci in città.
I forestieri echi vaniscono.
L'autunno è dentro te!
Il rimpianto nell'ultimo
giorno di agosto.
Nella malinconia di
settembre.
 

Pioggia sulla pelle (il pianto)
Passano nugoli candidi. Passa
il vento sibilando tra lesioni.
La fiumana d'emozioni collassa

il cuor. Sulla cute si congestiona
il pianto; annaspi in ricordi imbroglioni.
Non consola il ricordo, che abbandona

il costato nel delirio dell'oblio.
Quel lontano sorriso sconosciuto.

Sentire echeggiare quel crepitio.
La pioggia sulla cute. Pianto muto.
 

Perdonami
Perdonami, per tutte le
volte che ho dimenticato
di sorriderti.

Perdonami,per tutte le
volte che ho dimenticato
di abbracciarti.

Perdonami, per tutte le
volte che ho dimenticato
di ringraziarti.

Distratto da chimere
della vita
distratto dalle bufere
della vita
ho dimenticato piccoli
gesti
i quali rendono grande
l'amore.

Si può distrarre
la mente, il
petto no! Esso, non si distrae.

(Dedicata ai miei figli!)
 

La clessidra
Ci perdiamo
nella diafana
clessidra del tempo...fra
granelli di sabbia...fra
frammenti di vita.

Adesso rammentiamo
che tutto ha
una fine!
 

Vespro di nostalgia
Soffusa è la luce nei tuoi occhi.
Velo di mestizia, come la sera.
Respiri lento. Lento scarabocchi
il vuoto che tocchi. L'aria leggera

sibila nel vacuo. Ascolti barocchi
rintocchi di momenti. La severa
atmosfera, i nostalgici balocchi.
Guardi la notte. Guardi la chimera.

Sul tuo petto, il lenzuolo rimbocchi
di stelle. Senti il tremito, l'austera
nostalgia; lacrime dai frali occhi.

Soffochi singulti, la passeggera
malinconia. Muto scarabocchi
le parole, nella notte straniera.
 

Una sera di fine agosto
La notte è bluastra
e silenziosa.
Venere come un
lampione dai vicoli
si intravede.
Notturni schiamazzi
di vacanzieri e ragazzi
di lontano echeggiano.
Dai vuoti ristoranti
pesanti i rumori
di stoviglie e pentoloni.
Sui marciapiedi ombreggiati
qualche amante coccole
si scambia.
Mite è l'aria in questa
ora sonnecchiante
e solitaria.
Son finite le baldorie.
Dell'estate è giunta
la sua storia.
Rimarrà una fotografia,
da conservare con gelosia.
 

Kabul e la Luna blu
Stasera, 22 agosto 2021
sulla città di Kabul, blu
la luna risplende
con un magnifico
plenilunio.
Stessa Luna, vista
in Europa in America.
Ma Kabul non è
più una città Afghana…
Il 15 agosto, i
Talebani hanno
conquistato la città.
Adesso, molte persone hanno
perso tutto! Sono state
evacuate. Chi le accoglierà?
L’occidente stasera guarderà
in cielo la Luna blu,
indifferente alla sorte
di Kabul!
 

Il creato è gaudio
Di ogni mal che l'umana gente affligge,
in disgrazia lo fa cader; sconforto
disperazione: lo spirto trafigge.

Letale virus misterioso, insorto
da lontane terre; causa di dolor
e di morte e di pensiero distorto.

Fatal non è la cura; l'adulator
che per fine proprio, vuol ingannare
l'altrui conoscenza, creando dolor.

La vita, il creato, è gaudio; e, amare:
del cerulo cielo, nubi e l'aere;
le creste, dell'imperituro mare.
 

Nella notte
Come sono strane le cose.
Gli oggetti illuminati dal
buio. Essi si nascondono
dalla luce ed assumono
un aspetto diverso.
Più vero. Liberano
emozioni, che solamente
nell'oscurità, possiamo
percepire. Assumono
un aspetto diverso, più vero.
Dovremmo guardare
con fioca luce lunare;
ammirare questo sconosciuto
mondo, il quale trattiene
il respiro per non svegliare
chimere. Qui. La vita è vera.
Mera. Non più avviluppata
dall'Illusione. Qui. Nella notte.
Non esiste prigione. Ma libertà!
 

Il porpora tramontare
Stormir di foglie, milioni
di volte guardare.
Udir del vento, infinite
volte il mugghiare.
Tubar di colombe, silente
ascoltare.

Odo del mare, il
perpetuo sciabordare.
Guardo l'orizzonte, il
roggio tramontare.

Domandarsi se la morte:
avrà vittoria sulla vita!
Se essa, sarà l'ultima sorte.
Se la vita sarà svanita.
 

Fine agosto
Nello zefiro di agosto, sentire
l'estate che sta per finire:
nel mite raggio di sole,
e, nell'appassire del girasole.

Lentamente nel meriggio,
cicale non friniscono.
Passato è, il rovente pomeriggio.
Arse foglie appassiscono.

Foglie al vento abbandonate,
solitarie, come inondate
dall'autunno precoce;
le quali se ne vanno sottovoce.

Sulla riva del turchino mare,
cittadini e pochi forestieri.
Piano piano nei refrigeri,
lasciano il lungomare.

Ritorna in petto la nostalgia.
Ritorna settembre in allegria.
Esso, riporta il profumo rosso
del corbezzolo, il canto del pettirosso.
 

Udir silenzio
È tornato il silenzio.
Nel suono di campane
l'hai udito. Assenzio
di solitudine. Del cane
l'abbaiar ti ha sorpreso.
Ma nell'oblio sospeso,
hai udito solo silenzio.
 

O mare
O mare, con le tue calme piatte
e le scure onde impetuose
bagni la battigia ingannevole.
Mugghi. Sciabordi. Ritiri
le onde, portando nelle
profondità la speme il dolore.

O mare, perpetuo oscillare.
Sei vita sei morte.
La tua profondità è la sorte.
La meraviglia del barbaglio,
il quale si riflette nel ciglio.
È della vita la bellezza.

Mi imbarazza
La tua grandezza.
Minuscola la mia esistenza.
 

L'eterno frammento
È quel frammento
il quale si incurva
nell'eterno
che rende il nulla
per sempre.
 

La notte d'agosto
Lacrima notte di stelle; rovente
l'aere la quale strozza il respiro.
Il ciglio volge il guardo...Mente:
firmamento la luna lo zefiro.

La pioggia di stelle, sul cuor frange
la chimera d'amor, la romantica
notte stellata; che dimentica
l'eterna promessa; che piange

nei cuori innamorati illusioni
ingoiate da neri buchi.
Rimane silente il ricordo, il penar
l'antico giuramento. I caduchi
pensieri, gli astri imbroglioni.
Oh Agosto, ritorna la notte d'amar!

Non riesco il tuo manto guardare!
Merlettato costato, che ha penato.
Spengo il guardo nelle amare
notti tue, oh Agosto! Cuor accecato.
 

Cambiano e vaniscono nel tempo
Sono seduto, seduto
sul ciglio di una
strada che percorro
ogni dì. Volgo
il ciglio, nell'intento
di scorgere il passato.
Ma ormai se n'è andato.
Svanito. È rimasto
il ricordo. Mi volgo.
Quante cose sono
cambiate.
Quante cose sono
vanite.
 

Agosto frinisce
Nel meriggio rovente, frinisce
scura cicala dal pino ombreggiata,
con dirompente sistro innamorata.

Quando la notte stellata frinisce
bruno grillo dagli anfratti dovizia.
Il canto, come maestro delizia.

Lo spirito è dolente, fittizia
estate simile a melata amara
chimera! Della giovanezza, avara.
 

Scorre il tempo
Scorre il tempo. Non scorre
dentro gelidi orologi.
Scorre il tempo. Non passa
da ingialliti calendari.

Lo sento. Esso non è astratto.
Lo percepisco con i sensi.

Lo vedo nell'incanutire
di capelli.
Lo tocco nelle profonde
rughe.
Lo assaggio
nel cambiare
del gusto.
Lo respiro
nell'effluvio di muffa.
Lo odo
nella stanca voce roca.

Scorre il tempo.
Non si arresta il fluire.
 

Scrivi Poeta
Scrivi Poeta, poesie scrivi
nell'ombra del dì. Ascoso.
Non sono invidioso
delle strofe ne delle metafore.
La vita nascondi, fra sillabe
e punteggiatura...dimenticando
il tramonto.
Scrivi Poeta, parla dell'amore
o se preferisci del dolore.
Non soffocare la Musa. Lei
vede nel silenzio, nella solitudine.
Continua a punteggiare
a scarabocchiare, ad accartocciare
ricordi, parole, pensieri…
Scrivi Poeta, non sospendere
la mano stanca di scrivere.
La tua vita è verseggiare:
dell'aria, del mare.
Non remare in tempesta,
non perdere la testa per le
parole. Tanto si muore!
Senza fare il minimo rumore.
Scrivi Poeta, vivere
non è poetare!
Guarda un sorriso.
Guarda una lacrima.
Guarda il penare.
Guarda l'amore.
Scrivi Poeta, se hai
tempo parla della vita!
Di ciò che affligge.
Di ciò che spegne.
 

Un sorriso nella lacrima
Bagnato è dal pianto,
il soffice sorriso
intriso di rimpianto.
Tremulo hai il riso,
sopito dal tempo,
e, muto il lamento
di rimembranze
vanite. Distante.
L'amore distante,
reale chimera
dell'etade fanciulla.
Fiordaliso. Culla
di speme. Teme
del petto l'arsura.
Del franto ciglio.
Della canuta pelle.
Orizzonte vermiglio
di belle damigelle
nell'interminato
firmamento della vita.
 

Il frinire di cicale
Negli aridi meriggi estivi,
innamorate friniscono
cicale, sopra cortecce
di pini, sopra cortecce
di tigli. L'aria ferita
dal raggio del sole.
Cantano numerose
le cicale. Non è assordante
la melodia, ma in se ha
la mesta nostalgia di
fanciulle estati spensierate,
e, fresche sere crepuscolari.
Stridono nel prato,
friniscono nello stellato
orizzonte.
Breve è la loro vita;
nell'amore infinita.
Tremule sono le ali.
Sopiti sogni nei guanciali.
Simile a il loro frinire
è l'umano stormire.
In balia del vento,
del tormentato sentimento.
 

Come timido poeta
Come musico fanciullo
di vermiglio imporpori
le gote di rossore.
Come timido poeta
alla prima lettura
del lieve poema:
tremula la voce
tremule le parole.
La vita scrivi
nelle vuote
pagine da scrivere:
nei dì non spensierati
ma di grevi afflati.
Quando gaudio
pianto, bagna
sorriso di cordoglio.
Uno sbadiglio
distratto
nell'anfratto
del petto.
Fratturata costola
di esso
guarita nella semplice
gioia, della vita.
 

Nelle increspature del mare
Luccichio fragile si riflette
nelle increspature
del mare; negli zampilli,nella
spuma. Raggio delicato
si frange nel diafano azzurro
nel movimento salato.

Appollaiato, il gabbiano sopra
l'ombrellone osserva.
Poi volteggia nell'aria serale
svanisce nell'orizzonte, nel mare.

Un venticello crepuscolare
spira dal mare.
Si frange sulla battima.
Si frange nell'anima.

Ricamo versi fra grigi
granelli di sabbia,
mentre insulto con rabbia
il mio aver abbandonato
il tempo passato. Averlo
sciupato in congetture,
in paure.

Mio figlio sorride.
Guardo la sua età.
Scrivo un frammento
di oggi. Un
mosaico di beltà!
 

Le rughe
Guardi lo specchio.
Nell'ambiguo riflesso
nascondi le rughe.
Trucchi il dolore
dell'amore.

Cerchi di rendere
migliore l'invecchiare.
Non puoi nascondere
nell'immagine il penare.

Con pesante mano,
smagliato sorriso
di lacrime intriso,
vorresti le rughe obliare.

La ruga rende più
bello il viso.
La ruga rende più
vera la vita.

Non camuffare
il volto sincero.
Il tuo mero
seno, risplende
nell'abbaglio del vetro.

Bella, è
l'anima nella
luce di madide palpebre.
 

Crisalide
Del corpo, non ascoltare
il suo penare.
La pelle la quale ricopre
lo scheletro, è
solo un involucro, una
crisalide, per
l'eternatrice notte.
Lo spirto forte
è dentro te…
Non puoi sentire
il peso.
L'anima non ha
peso.
Puoi pesare
il respiro dei dì.
Puoi pesare
il dolore.
Puoi pesare
il gaudio.

Obliare
il bruco.
Librarti libero, come
farfalla.

Farfalla. Simile è
l'anima:
il corpo come
bruco
per trasformarsi
in crisalide.
Libera nell'infinito.
 

L'autunno e il verno
Ciao,
poche parole ti scrivo
perché il sudore madido
come lacrime, piange
su bianca carta.
Chi sa se ricorderai
che nella stanza silente
verseggiavo assorto.
Chi sa se rimembrerai
le mute parole, le quali
non riuscivo a dire.
Chi sa se penserai
alla mia carezza.
Chi sa se immaginerai
la mia assenza.
L'autunno nuovi
colori porta, mentre il gelido
verno l'inaridisce
e, lontano li porta.
Vorrei prenderti per mano,
e dirti: ti amo!
 

Un brutto male nei colori dell'autunno

C'è un banchino di radica vuoto.

Anna non è in prima elementare.
Un bianco cappello come la pelle.
Pochi capelli. Adesso c'è l'altare.
Sulla seggiolina, orchidee belle
e degli amici piccole cartelle.
C'è un banchino di radica vuoto.

Nel seno, nel costato, di dolore
lapide degli affranti genitori.
La piccola vita, con grande amore
hanno curato. Afflitti i loro cuori.
Resterà il ricordo nei colori.
C'è un banchino di radica vuoto.
 

I colori del sorriso
Non so quanto hai
agognato
un sorriso.

Immagino molto!

Per arrivare
a rubare
la vernice del
mondo.

Tutti i colori.
Per un solo sorriso.
 

O usignolo
Dispare il tramonto roggio
lene sospiro della notte.
Uit...uit...uit…
Fragile melodia a mezzanotte.
Uit...uit...uit…
Un lento singulto,
nascosto dalle foglie,
illuminato da gelidi
lampioni.
Delicato suono,
dal l'estivo tepore
inebriato.
Nel petto il calore
echeggia nel canto.
Non tacere
o usignolo; continua nel cuore
della notte a fischiare.
È quasi mattina.
Il petto si è innamorato
del tuo quartetto.
Tacito è l'albeggiare.
Anche il suo cuore,
ama il tuo canticchiare.
 

Al pino
La tua chioma ad ombrello,
sempreverde ed imponente;
olezzo sensuale, rugosa
corteccia.
Muto.
In disparte, resti
ad osservare
il passante o il
passero cinguettare.
Il tuo profumo è di mare.
Il tuo ago sulla pelle fa male.
Non echeggi.
Lene riesci a stormir le fronde.
L'estiva arsura,
l'invernale gelata
riesci ad affrontare,
nel tuo solingo ascoltare.
Non proferisci parola.
Tutto riesci a sentire.
Impetuoso pavido
nelle superficiali
radici, ti accomuna
all'esistere umano.
In balia del forte vento, e
delle emozioni
delle stagioni.
Nel tuo silenzio, continui
ad amare!
Ombreggiando l'inverno, o
il caldo mare!
Sei poeta nel tuo guardare
dall'alto verde, con amore.
La tua quiete, è rima baciata:
sa di gaudio e lacrima salata.
 

Lo stormire della vita
Lene, mormora il
vento.
Flebile lamento.
Come un tormento.
Come il frinire
di cicale, sulla
foglia virente
del presente.
Non ascoltare
il penare.
L'olezzo della vita
fioco
stormisce
anche per te!
 

L'inganno pitturato
Menestrello, con l'inganno hai
il sorriso disegnato. Con il trastullo
mi hai ingannato; hai
pitturato chimere, dietro il
sipario.
Frale, non sono più al riparo dal
tuo sbugiardare.
Mi hai esposto all'altare d'oro, i
sogni rubando.

Adesso sono stanco. Guardare
il tuo infimo spettacolo da
giullare.
Rendimi ciò che è
mio.
Cialtrone mascherato. Smascherato
ho l'inganno.
Questa vita mi appartiene!
Non del viver l'affanno.

In alto il siparietto!
Non sono più inetto
al tuo falso giostrare.
Torna a corte, giullare!
 

Il mare sciaborda nei ricordi
Sugli scogli aguzzi
e sulla battima, mugghia
il mare. Fra spruzzi
di gente sulla rovente
ghiaia, e, rimembranze.
Nelle tiepide acque
il mare raccoglie ricordanze.
Schiumose onde
porta ricordi nel vermiglio orizzonte.
Il passato trascorre.
È lo stesso mare, il
quale, da piccolo i piedi ti ha bagnato.
Impetuoso o quieto, nel salato
azzurro, anche tu, ti sei specchiato.
Garriscono gabbiani. Deltaplani
sopra le nostre ignude membra.
Coloriamo la pelle, fra granelli
di sabbia e salmastro.
L'astro meridiano, riflette
nel mare; gente si tuffa.
Sciaborda, ondeggia
spumeggia, nei diafani riflessi.
 

Il mare sciaborda nei ricordi
Sugli scogli aguzzi
e sulla battima, mugghia
il mare. Fra spruzzi
di gente sulla rovente
ghiaia, e, rimembranze.
Nelle tiepide acque
il mare raccoglie ricordanze.
Schiumose onde
porta ricordi nel vermiglio orizzonte.
Il passato trascorre.
È lo stesso mare, il
quale, da piccolo i piedi ti ha bagnato.
Impetuoso o quieto, nel salato
azzurro, anche tu, ti sei specchiato.
Garriscono gabbiani. Deltaplani
sopra le nostre ignude membra.
Coloriamo la pelle, fra granelli
di sabbia e salmastro.
L'astro meridiano, riflette
nel mare; gente si tuffa.
Sciaborda, ondeggia
spumeggia, nei diafani riflessi.
 

Il nettare della vita
Come stelo verde, sei nato:
nella rugiada mattutina, madido
di pianto, accolto dal primo
raggio di sole nel ronzare di api.
Il bocciolo è diventato una bella
corolla di profumo inebriante.
Hai gualcito i petali nell'età
adolescenziale. Hai chiuso
il cuore nel penare. Hai odiato
la vita, nettare vitale del pistillo.
Non hai più sorriso alla primavera.
La corolla ermetica, sul grinzoso
stelo. Gli anni sono appassiti.
Un dì, recisi fiori, e, fiori seccati,
sei riuscito a scorgere nel prato.
Un singulto, dal palato ha
echeggiato. Quanti anni hai
buttato. Lunge il fanciullo
passato, obliato nei calpestati
giorni. Adesso ami la vita!
L'amore, la quale, essa ha
nutrito in te.
Non è smarrito il sorriso:
abbraccia il frammento di luce.
Abbraccia il profumo dell'aria.
Abbraccia la guazza diafana.
Questo è nettare dell'esistere.
 

Da qui comincia il viaggio
Dal mare, comincia il viaggiare:
stilla di rugiada mattutina,
fra onde confuso a nuotare.
Sullo scoglio mi scaglio.
Mi frastaglio sulla grigia riva.

Nell'azzurro salato barbaglio,
vapore divento; con il vento
comincio a volitare, lasciando
lontano il mare. Mi perdo.

Flebile aleggio come nuvola,
in alto come l'augello.
Del sole, un raggio caldo
scalda il madido piumaggio.

Come pioggia, mi ritrovo
a cadere sul manto erboso
di montagne, a scivolare
su verdi foglie di castagno.

Lentamente scivolo nel rivo.
Zampillo tra rocce e rapide
per ritrovarmi nel mio mare,
dove ho cominciato a viaggiare.
 

La bella rosa
Ascoso è
il volto del sentimento.
Come la bella
rosa, dall'incantevole
effluvio.
Fra le mani raccogli
lo stelo. Nascoste nel verde
di foglie, la dolorosa
spina: la quale trafigge
fragile carne.
Come essa, è di gente il
viso: prima sorride d'armonia,
le spalle voltate, nell'agonia
trafigge l'anima pia.

Come essa, è l'amore.
Dolce fiore sul cuore.
Ben presto, le
spine ti lasciano morire.
 

Frammenti di uno scrittore
Ragazzo fanciullo, adolescente
etade; frammenti d'esistenza
scrivi nel segreto cosciente
del penar. Frale adolescenza.

Vanito trastullo, svanite
chimere. L'amore arde
nel giovane cuore. Finite
le fanciulle fantasie! Arde

la nuova vita. Gonfie sono
le mani a furia di calcare
parole. Tumide sono
come labbra, di pianto amare.

Difficile diventa affrontare
il vuoto; l'inettitudine
che nei dì diventa solitudine:
disagio non capire. Respirare

silenzio nel ciglio di chi vedere
non sa! Continuare a scrivere
ermetiche parole, colmando
l'introspezione. Maturando

una gelida tenerezza.
L'imbarazzo di parole.
Di sentimenti nascosti
fra sillabe e versi.

Oggi ti rileggo,
giovane scrittore,
ma non riconosco
codeste parole.

Canuto oggi è
il mio capello, cambiato
è l'interiore.
Non ti riconosco
giovane scrittore.


Parli dell'ingenuo
amore, e, il fanciullo
dolore.
Enigmatiche sono le
parole
ma ricordo il tuo livore.

Gli anni sono
passati, amico scrittore,
conosco bene il segreto
delle tue parole.
Ancora oggi sento
questo penare, ma il
tempo ha cambiato
il modo di pensare.

Ragazzo fanciullo,
verseggiare
è diventato il mio trastullo.
 

Odo delle foglie lo stormir
Odo bruir del tiglio le
foglie.
Odo frinir delle cicale l'
addome.
Odo cinguettare i
passeri.
Odo abbaiare i
cani.
Questo è ciò
che riesco a udire
nelle domeniche d'estate,
quando spiagge sono
affollate.
Si svuotano
strade, e, città;
avviluppate
dalla quiete.

Anche tu riesci ad udire
della vita lo stormire.
Questo fragile
sentimento, il quale,
riesce ad echeggiare
nelle pieghe del cuore.
 

Oggi
Guardo l'arsura del prato.
Questo verde manto ingiallito.
Estate di siccità. Arida
terra abbronzata dal sole.
Due fanciulli in bicicletta,
nel parco corrono
in fretta tra corse e impennate.
Osservo dal grigio balcone.
Osservo.
Non è il lontano passato.
È il presente.
È la vita che non mente.
Non mente al guardo scrutatore,
a questo costato straziato.
L'olezzo della vita, mi ha guarito.
Ha cicatrizzato ferite.
Ha consolato il languire.
Facile non è vivere.
Più facile morire.
Morire nel petto.
Del viver l'essenza ho inalato;
non facile dimenticar è
il passato. In questo presente,
viver voglio! Non da malato.
 

Poeta maledetto
Io sono poeta maledetto,
tarpate ali. Il cantore
caduco caduto. Volo interdetto.
Nelle vene, il calore
ostruito silente, adagio scorre.
Il menestrello mesto
scrive senza colore,
assente il rumore, odore funesto.

La finestra cinguetta!
Dolce melodia. Questo penare
porta via. Cinguetta
di strade il rumore. Questo vociare
riporta il petto amaro
ad amare siffatta esistenza ardua.
Diventa azzurro chiaro
il cielo dalla finestra; essa, forgia
speme, e, vanisce amaro.
 

Pescatore di sogni
Fioca fioca la crepuscolare
luce, si distende sul mare.
Le onde, lo sciabordare
sopiscono del mondo il cuore.

L'arancione si spegne.
Le luci delle insegne
illuminano bagnate spiagge.

La luna si immerge
nel firmamento; emerge
la notte e il silenzio sparge.

Tu, solingo ramingo
pescatore di emozioni;
i pensieri abbandoni
negli anfratti della vita.
Ancor sanguina la ferita.

Tu, delirante errante
pescatore di sogni
ed illusioni; ti vergogni
come il fragile poeta;
immagini prender la cometa.

La tua follia ad invaso
la frenesia di parole.
Inchiostro getti
nella notte priva di note.
Scrivi versi nelle onde,
le quali si frangono sulle sponde.
 

Impressioni
Le pupille stropiccio
al turchese mattutino,
velato da grigie nuvole.
Soffia fioco flebile
un tiepido zefiro.
Passeri cinguettano
spensierati speranzosi
nell'estivo dì.
Il granoturco, verde
si erge nei campi.
Lo zefiro bruisce
tra le ruvide foglie;
egli, delicato frinisce.
L'effluvio caldo
meridiano evapora
da solinghe strade.
Respiro il meriggio.
Respiro il miraggio.
 

Come un fiore
Un raggio fioco
di luce , nell'ombra spezzato
irradia il fiore il colore
che nasce ogni tanto.
Non puoi dimenticare
di innaffiare quel fiore.
Non far appassire
il petalo lo stelo.
Esso, è la speranza.
La speme che non muore.
Adagio in te fiorisce.
 

Scrivere è follia
Di follia dovresti vivere.
Vedi il folle?
E' libero da catene, dalla
normalità.
Fittizia normalità. Costruita
ad arte, per metterti
in disparte.
O folle amico,
regalati un sorriso.
Libero. Sincero. Puro.
E' libertà la follia.
Di scrivere, tu, sei libero.
 

Cinguetti, o passerotto
Cinguetti nello sbadiglio
del mattino. Il ciglio
ancora sopito. Zampetti
sul parapetto, sui tetti.

Cinguetti al soleggiare,
al sapido odore del mare.
Aspetti, e, cinguetti
mentre le briciole aspetti.

Il piumaggio marrone scuro,
mentre becchi sul muro.
So che ogni mattino ritorni
sul davanzale, tutti i giorni.

Passerotto, sei frammento
della vita mia; contento
della tua compagnia.
Ti prego, non volar via!
 

Giovane estate (un frammento d'amore)

Nei capelli avevi
la brama dell'etade.
Il ridere fra i bianchi
denti, il profumo dello
shampoo che aleggiava
nel vento. Dorata la
cute. L'effluvio dolce
della crema , i granelli
di sabbia sui polpacci.

Bella la giovinezza dell'amore.
Sapore di sole. Luce del sale.
Specchiarci nel diafano azzurro mare
e respirare il sempiterno amore.

L'estate della vita è finita!
Con il passare del tempo ci siamo
smarriti in un solo istante. Svaniti.
Sono svaniti i sogni, le chimere.

Il pallore delle tue parole.
Il pallore del volto.

Adesso sono rivolto al ricordo.
A fingere non riesce
il cuore! Dell'amore era un brandello.
 

Passione e Resurrezione
Sapevi che quella notte il dolore,
avrebbe trafitto il petto, dal vile
riscatto di denaro. Nel candore
delle ore, trasaliva quel febbrile

penare. Con spade, l'accusatore,
bastoni. Come un malfattore ostile
giustiziato: il figlio del Creatore.
Flagellato, umiliato, nel cortile.

Sulla croce il tuo amor è spirato.
Loro hai perdonato, per la salvezza
del creato, morendo con amore.

Nel terzo giorno sei resuscitato:
della fede e pace sei narratore;
messaggero di infinita gaiezza.
 

Albore di sogni
Chissà se mi sognerai all'albeggiare.

Petali di sorrisi delicati
i sogni tuoi; io vorrei vivere.
Quando cinguetta l'alba, sono alati
i sogni: chimere da rivivere.
Come il poeta, poesie scrivere.
Il fragile cuore tuo, abbracciare.
 

Sempiterno
Niente è in eterno!
Ma so che l' amore
non perirà per sempre.

Si perderà la polve
dei nostri corpi. Le ere
fluiranno fra fessure,
nelle crepe di rocce.

Il silenzio, inonderà
il silente penare.
Ferite coprirà
nei giorni fatui, vuoti.

Ma ciò il quale abbiamo
amato nella vita,
per sempre non morrà.
 

Giovane estate
Nei capelli avevi la brama
dell'etade. Il ridere fra i bianchi
denti, il profumo dello shampoo,
il quale aleggiava nello zefiro.
La cute dorata dal sole, il dolciastro
effluvio della crema , i granelli
di sabbia sopra nudi polpacci.

Bella la giovinezza dell'amore.
Sapore di sole. Luce del sale.
Specchiarci nel diafano mare
ed inspirare eterno amore.

Poi l'estate della vita, è
finita.
Ci siamo persi nel tempo.
In un solo momento.
Sono svaniti, scanditi, i
sogni.

La timidezza delle tue parole.
Il pallore del volto.

Adesso sono rivolto
al ricordo. Non mente al cuore.
Era un frammento d'amore.
 

Foglie in estate
Di platani accartocciate gialle
foglie, dall'estate rovente.
Silente rimango
ad ascoltare. Come
tango, in balia del vento, le
foglie danzano sull'asfalto,
nelle doglie del vivere.
In questo penare.
Nell'arsura del calore.
Vagano per vicoli e
stradicciole...Alcune
riposano nelle fiorite aiuole.
Simile al tuo vagabondare,
viandante, in questo mare.
Terrestre mare.
Delle ginestre ammiri
il giallo fiore.
Con amore, respiri il tiglio, e
vagabondi nei tuoi mondi.
Frammenti di carta e nero
inchiostro, porti nella tasca.
Momenti di vita, un
abbozzo. Non è mai finita.
Canti con il passerotto,
sul pianerottolo...Osservi
e preservi dentro te il ricordo.
Non scordo il tuo guardo.
Ancora odo l'accordo
del tuo pensare.
Come secche foglie,
il sillabare tuo, distoglie
il petto dal viver: il penare.
 

Crepuscolo d'estate
Nell'ora crepuscolare
quando è rarefatta
l'aria, compare
del gelsomino l'olezzo.
Lungo strade sopite
si diffonde... in silenzio.
Ritorna il ricordo.
Dal dolce effluvio,
dell'estate il ritorno.
La stagione fanciulla,
ove ci si trastulla
sulle spiagge affollate
e fragili risate.
Ove si trova l'amore,
il quale lascia dolore.
Lunghe attese
di giovanile speme
presto vanite.
Inspirare
il nettare del fiore,
socchiudendo il
ciglio e sognare.
 

Vuote verità
Stormiva lo zefiro, tra virenti
foglie dei pioppi. Sopra fiori bianchi
carnosi di magnolie, soleggiate;
mentre duri ramoscelli con gialli
fiori di ginestre, sul ciglio della
direzione, ricordavano estate.
Estate, che nei giorni caldi, nudi
bagnanti, scaldava sulle affollate
battigie di litorali. I vetusti
pensieri, incanutiti, anziani, e, troppo
troppo vecchi per poter percepire
la magia della fanciulla estate:
quando le scuole chiudevano, quando
con amici ci si rincorreva con
rugginose biciclette, o, le ignare
lucertole si catturava sopra
arroventi muretti; oppure quando
l'amore profumava di follia;
ed eterno sembrava il sentimento.
Un dì lontano da casa, sembrava
una infinita vacanza. Stormiva
l'estate, nelle ciglia di impetuosi
tigli. Nella dolcezza del nettare.
Amaro, adesso respirare mesta
dolcezza di rimembranza. Amarezza
la quale inebria del cuor, la saggezza.
 

Una domenica di giugno
Era una domenica di giugno.
Di silenzio. Cinguettavano
i passeri. Colombe tubavano
e neri merli chioccolavano.

Seduto sul bianco divano,
sprofondavano invano
nell'irreale meriggio, i
pensieri. Lontano emigravano.

Nei flussi del tempo, si perdevano;
dentro labirinti di ricordi.
Ricordi svaniti, denutriti.
Era una domenica di giugno.
 

In punta di piedi
Regalami la margherita.
La sua umiltà semina
nello sterile petto: eremita
in questa vita. Cammina
nel ciglio del costato.
Non risparmiare fiato,
in punta di piedi cammina.
Regalami la margherita.
Essa, in silenzio ama la vita.
La sua corolla il turchese
cielo inspira. Nel maggese
praticello cresce con armonia.
L'afflato dell'infiorescenza giallo;
nel viver, non si può far senza.
 

Disabile pettirosso
Nel buio della stanza
componi poesie.
Prendi distanza
dall'esistenza, come eresie.

Non piangi cordoglio.
Assente l'orgoglio;
ma tremi come fragile
pettirosso; disabile

nel planare tra impalcature
di falsità; sopra congetture
fittizie. Il petto rosso
languisce commosso.

La sinfonia di parole
destreggi con saggezza.
Non conosci sregolatezza.
Come il giallo girasole

riempi l'anima di sole.
Frale è il sorriso.
Delicato il viso.
Ed il cuore duole.
 

La speranza del cuore
Con le gocce piccole
di tempera, ho scritto
il tuo nome, con il
colore preferito.

Con mani ignude,
nell'arsura della
vita, ho scavato;
strappando unghie.

Con il sangue rubino,
ho irrorato la terra,
affinché la vita tua,
fosse libera.

Nelle acque del Lete, il
mio esistere ho
obliato, annullato:
per infinito amore.

Invano non avrò
vissuto, amando
incondizionatamente, il
tuo seno, il petto.

Nell'interminato
spero ed agogno,
trovare ancora il
tuo sorriso, gli occhi.

La speme del cuore,
è poterti ancora amare,
la, dove nell'infinito,
nell'ignoto, spariremo.

Dedicata ai miei figli,
Matilda e Filippo.
 

La Morte
Nella tua dolce freddezza,
non sei ironica.
Solitaria, resti in disparte
con la Sorte.
Sei umile, riservata.
Non sei mai nata
ma da sempre esisti.
Infinita la tua solitudine.
Non è inettitudine
ma pietà per la vita.
Non sei causa del decesso,
di esso, sei solo colei
la quale accompagna
l'anima nell'infinito.
Sei timida ed introversa,
e di essa, hai pietà.
 

Come il mare
Nel giallo becco di gabbiani, echeggia
dell'onda lo sciabordio, lungo la
proda vermiglio, orizzonte silente.
Seduto sullo scoglio, con il ciglio
meravigliato, ed abbagliato dal
barbaglio, inspiro l'olezzo della
libertà.. Quel dolciastro aspro gusto,
il quale spira sulle onde e le sponde.
Il guardo socchiudo, il ciglio, ed assaggio
del mare il sapore; del sole il gusto.
Sento il petto vibrare, lo spirito
volare: è l'effluvio dell'arbitrio.
Non dimentico: posso respirare
e guardare ed ascoltare ed amare.
Questa è la libertà! Come il mare...
 

Le parole gravano
Un dì mi dicesti:
"È più facile
morire, che vivere!"

Come un indelebile
tatuaggio, le
tue parole ho affisso
nel pensiero.

Vivendo, ho scoperto
quanto peso gravano
le tue parole.
 

L'abisso
Nell'abisso ho annegato
gli occhi per non vedere
più i tuoi. Ho strappato
brandelli dal cuore,
per non amare mai più!
Il dolore ha trafitto
il senno; il quale smarrito
ho nell'abisso.
Nelle onde ho soffocato
il respiro, nel maroso;
mentre nascondevano
i gabbiani, con i forti
garriti, il muto penare.
Nell'abisso ho lasciato
andare i sogni. Nel mare
ho naufragato ricordi.
La chiglia spezzata
del cuore giace
sul fondale senza penare.
 

Il Tempo e il Senno
Perché mi ha rubato
La vita?
Era il mio dono.
La mia partita.

Dalla carne mi hai strappato
il cuore.
Non sento dolore.
Mi hai rubato l'ardore.

Perché mi hai rubato
la vita?

Tu che sei il
Tempo.
Tu non hai tempo!
Sei infinito!
Io ho finito
Il mio…

Mi hai donato il senno.
Adesso so a cosa ho
rinunciato.
Mi hai ingannato.

Mi hai rubato quel
momento!
L'istante.

Adesso è distante.
Appartiene al passato?
Passato il quale
non è mai nato.

Riprendi il senno!
Dammi follia!
Questa non è la vita mia.
 

Le note rimate dal poeta
Le mie dita suonavano bianchi
tasti neri; echeggiavano stonate
note mute nel greve di cascate.
Lo spartito, di pentagrammi stanchi.

Non posso suonar! Appoggio sui fianchi
il pensiero. Le melopee amate
rimate con il mare. Esse, bagnate;
salate lacrime nei raggi bianchi.

Le sinfonie riflesse nel celeste
pelago, e, le delicate socchiuse
palpebre, non riescono ad agognare

non riescono a respirare le meste
note rimate dal poeta; chiuse
nel cuore del non saper più sognare.
 

Solitario gabbiano
Ramingo il gabbiano,
nel suo lontano volare.
Ha respirato il mare.
Lo ha preso per mano.
Volitando nell'orizzonte,
di esso, l'anima ha trovato.
L'anima azzurra ha inalato.
Dell'eterno: è la fonte.
Solingo il gabbiano,
Nettuno ah ascoltato.
Nel vespro ciano
libero è volato.
 

L'essenza della bellezza
Cammino con ignudi
piedi sul prato, per paura
di calpestare la bellezza:
essenza di margherita.

Lungo il ciglio rosso
del rivo sbocciano
fragili petali di papaveri.
Delicata la loro beltà.

Cinge il rosaio, con eleganti
boccioli la staccionata.
Dalla rugiada bagnata
la bella chioma rosata.

Carnose, come sontuose
labbra; le orchidee
decorano e seducono
della vita la venustà.

Dell'umana ingenuità
la beltà è divenuta vanità.
Essa, nell'oblio della caducità
è destinata a perire

Nelle futili ire.
La bellezza evaporerà
Come rugiada rorida,
nella vecchiezza madida.

O caduca bellezza,
effimera esistenza
è la tua; tra spine
della vita.

O fuggevole avvenenza,
la reale bellezza
è nell'animo genuino.
Nel soave spirito.
 

Immobili luoghi
Non mutano gli inanimati
luoghi, dove abbiamo
ricordi vissuto.
Sono lì.
Immagini immobili.
Come li abbiamo
lasciati nel trascorso
passato. Fuggito.
Sono rimaste le
rimembranze, come
istantanee nell'album della
mente. Sbiadite.
Ancora lì.
Ferme.
In quei luoghi.
 

Uno stato superiore al realismo
Sotto il peso dell'immensa
ombra del sole, respirando
la solitudine, agognando
realtà appariscente, intensa

volteggi nel bigio colore,
scura assenza di calore.
Come un deltaplano
nel silente vuoto arcano

perdi quota in caduta libera.
Libero da cosa? Dall'inganno?
Anno dopo anno, appendi
al destino il tuo esistere.

Svanisce nell'orizzonte il
sogno non sognato.
Sponde di zelante
infinito abbandonato.
 

...Un frammento d'amore
Il sussurro ascoltando
dello zefiro. Passeggiando
nei frammenti di raggi
della pomeridiana stella,
solingo, alla novella ripensando.

Il singulto strozzava la
gola, rimpiangendo
dì di gaudio. Schegge
vissute... perdute
nel tempo con rimpianto.

Sorrisi smaltati. Non dimenticati
nell'angolo del petto appoggiati.
Guardando farfalle volare.
Aspettando il rumore del mare,
il quale riporti un frammento d'amore.
 

Sopra il mare
Lo senti l'eco di questo silenzio?
Riesci a percepire il suo peso?
È l'olezzo amaro, l'assenzio
della solitudine asceso.

È la distanza. Dissonanza.
La quale percepisci nel costato.
Sei dal penare avviluppato.
Prendi commiato. Lontananza.

Non perdi la frale speranza.
Il guardo mesto, avvolgi
di crepuscolare lucentezza.
Al vermiglio, il ciglio volgi

all'arancione tramontare,
lontano orizzonte sopra il mare
respirando il barbaglio lunare
senza dimenticare l'amare.

Fragile sentimento, confinato
a volte, nello spinato
filo del romito costato.
Esso, dal dolor è liberato.
 

Stragi senza fiori
Gli augelli cinguettavano
lungo binari morti.
Binari arrugginiti.
Gli augelli cantavano.

La strage era avvenuta.
La vita era spezzata.
Per mano negligente,
mano indifferente.

Trentadue erano sopiti
nell'eterno. Spirati.
Un velo di silenzio, scese
sulla città di Viareggio.

Un velo di dolore, scese
nel mesto cuore.
Adesso rimembro
con cordoglio: ogni
strage senza un fiore,
da poter portare sopra il cuore.

Ogni disastro causato
dalla noncuranza.
Nel petto la distanza.

Gli augelli cinguettavano.
Sopra verdi pini cantavano.
 

Schivo è il tuo guardo
Zampetti nell'orto,
qualche vermetto beccando.
La tua cresta non è
spalancata. Oro
del piumaggio nel
mese di maggio.

Hup hup hup.
Schivo è il tuo guardo.
Appollaiato sul ramo
del solingo melo.
Increspi la cresta
appariscente augello.

Come il poeta introverso,
fuggi l'indagatore
sguardo. Nel fruscio
del tuo volare
il giallo arancio scompare.

Rimane a poetare
la mia mano a sillabare
il fatale incontro.
Da lungo tempo il
ciglio indagatore non vedeva
te, upupa; dell'etade fanciulla.
 

Timido tramonto
Com'era timido
il tramonto tra le
nuvole, dal libeccio
spostate.
Delle pupille il guardo rapito,
era dal mesto tramontare.
Di maggio l'effluvio
si sopiva nell'ultimo
raggio; miraggio di speme.
Speranza nel petto conservata
senza paura dell'assenza.
Non era rassegnata
disperazione, ma una folata
di malinconica gioia.
Era timido il tramonto, come
il mio volto, quando gli
occhi tuoi, rivedrà
un giorno.
 

Primavera d'estate
L'olezzo bianco vaniglia, inebriando
aleggia nel crepuscolo di dolce
aroma miele. Infiorescenze pendule
sopra verdi foglie a forma di cuore.

È l'effluvio del tiglio, dei ricordi;
aroma nel vermiglio tramontare.
Carezza giugno, l'inizio d'estate:
udir flebile mugghiar del mare.

Nel ciglio senti l'odore del tiglio,
nel costato un groviglio di allegrezza.
Melata fragranza è nascondiglio
d'emozione, rifiuto d'afflizione.

Evapora intenso, inebriante odore
nel seno della notte all'albeggiare:
l'effluvio del tiglio, olezzo di vita
che si rinnova nella primavera
d'estate, la quale non è finita.

È il profumo della speme, seme
che germoglia, travaglia la compatta
crosta di chimere, mere illusioni
vanite all'albeggiare, al primo raggio.
 

Apparente orizzonte
Frange sulla riva lo sciabordare
antico, come eterna melodia.
Del passato parla il mare; il mugghiare

del vento è la presente aritmia.
Nelle onde, nell'orizzonte apparente
naufraga un veliero: l'anima mia.

Il gabbiano gridando irriverente,
desta la mente dal sogno apparente.
 

Timido tramonto
Com'era timido
il tramonto tra le
nuvole, dal libeccio
spostate.
Delle pupille il guardo rapito,
era dal mesto tramontare.
Di maggio l'effluvio
si sopiva nell'ultimo
raggio; miraggio di speme.
Speranza nel petto conservata
senza paura dell'assenza.
Non era rassegnata
disperazione, ma una folata
di malinconica gioia.
Era timido il tramonto, come
il mio volto, quando gli
occhi tuoi, rivedrà
un giorno.
 

Un sogno franto
Avevate un sogno.
Sogno d'amore.
I tabù e il dolore
vi hanno fatto annegare
fra lacrime.
Vi siete amati in segreto.
Separati dall'oblio
quando ancora gemeva
la rosa culla.
La sorte spezzò l'incanto
rimase il seno infranto.
Cocci di cuore smarriti
nel vento...Sento
ancora i battiti del
vostro amore...il pianto della
culla, i tabù, la malattia
la quale divenne morte.
Morte del sogno d'amore.
 

Inchiostro di libertà
Ho agognato libertà
nel sussurro del vento,
il quale stormiva
tra verdi foglie.

Ho agognato libertà
nel nero chioccolare
del merlo, appollaiato
sopra l'acciaio dell'antenna.

Ho agognato libertà
nel mugghiare delle onde,
nell'interminato movimento
azzurro salato.

Ho agognato libertà
nel fischio stridente
del treno, che percorre
ferrovie di città.

Ho agognato libertà
nell'olezzo nero
dell'inchiostro,
il quale poetava sul papiro.

Ho agognato libertà
in ogni dì frammentato:
momenti di dolore,
attimi d'amore di vita!
 

Ugola d'emozione
Era una mattina di maggio.
Il cielo era ostaggio
di plumbee nuvole.
Le foglie ugole
del vento, mentre stormiva
dal mare. La città dormiva.
Anche il silenzio era grigio.
Pure il parco bigio.
I colori naturali della
natura non erano vivaci,
ma scuri. Affascinato rimasi
dalla scura pianura, dalla
coloritura privata di luce.
L'emozione, la quale rimase
nel petto, non fu
di smarrimento.
Il sentimento era di gaudio.
Anche un dì ascoso,
nuvoloso; nella vita
può essere gioioso.
 

Nascondere verità nelle paure
Credevi che sarebbe stata
così la vita?

Avevi la percezione del
fallimento interiore;
delle chimere,
del dolore...Ma è stato
più facile nascondere
la verità,
che affrontare
le paure.

Hai obliato
gli occhi sotto strati di effimera
falsità.
Adesso respiri il
vuoto delle gesta,
con la testa confusa
da nebbie del passato.

Non abbattere
lo spirito.
Esso vive nelle membra.
Non lasciare
che soffochi
dentro bugie del costato.

La speranza è
l'ultimo raggio di luce,
il quale, nel crepuscolo si spezza
per te
nella calma del mare.
 

Il viandante
L'impetuoso libeccio, l'acre
dolciastro profumo selvatico
di fiori di campo, trasportava
nei diafani flussi.

Stormiva fra foglie, il verde
effluvio dell'erba tosata.
Il giallo odore di fieno,
evaporava dal sottostante
campo.
Distante, passeggiavo sul nero
asfalto; confuso, rapito
da emozioni del passato.

Passato, il quale esisteva
solo nei ricordi appassiti.
Sfioriti dal tempo, tempo
che schiavo mi rendeva.

Emozioni, le quali, come
sottile vapore, aleggiavano
nel meriggio di maggio.
Affascinato. Dell'efflusso ostaggio.
Nello spirito alitava
una vertigine.

Il vero protagonista era
il tempo. Con il suo portamento.

Di esso, la percezione è
relativa:
infinito può essere un momento,
finito può essere un istante;
schivo, come un viandante.
 

Sfiorare la quiete
Cammini sfiorando
il silenzio, nelle silenti
campagne erbose.
Passeggi. Le mute
labbra. Assorto il
guardo. Cammini.

Un ramoscello si spezza
al passaggio del piede.

Ritorni. Ritorni dalla
quiete. Ritorni a vivere.

Non si può stare
troppo romiti
nella solitudine;
altrimenti diventa
inettitudine.
Diversamente si perdono
le cose importanti
del vivere.

La vita va vissuta.
Differentemente i versi
risuonano nel vuoto.
 

Monte Piglione
Nella vasta piana delle vette
risuona l'eco silente,
brezza delle apuane.
Un romito crinale verde
suggestivo; del mondo pare il
tetto...all'occhio del poeta,
asceta spirituale
nella ricerca interiore.
Monte Piglione,
solingo sornione
di insolita beltà.
Di giunchiglie e primule
e selvatiche orchidee
sei cinto in primavera.

La tua altezza è
modesta come l'umile
petto del pittore, il quale
ti ha pennellato.

Ermo verdeggiante,
dalla tua vetta si respira
il mare sottostante
e di lontano si scorge
dei Poeti il Golfo.

Di te mi hanno
narrato... Della rara
bellezza e della cresta
di rigogliosa erbetta.

Di te mi hanno
narrato...Nei pressi
della croce di legno, è
situato uno scrigno.

Il forestiero, il passante
l'eremita o il curioso,
apron il cofanetto
di rimembranze:
c'è chi scrive un
saluto, chi disegna...
C'è il poeta, il quale un
verso destreggia.

Il muto amor infinito,
fra silenti
cime, ove ospiti
Il nido di poiane.

Oh Piglione, distante
vicino il mio agognare.
Spero un dì, a te tornare.
 

Il tiglio
Era una nuova primavera.
L'anno duemilaventuno
il vento sibilava, stormiva
carezzava le verdi
foglie a cuore.
Il nero merlo in amore,
dal ramo chioccolava
del tiglio, nel parco.
Uno sbadiglio sussurrava
nel tepore delle ore;
mentre il venticello dal mare
sfiorava le onde,
sfiorava le fronde.
Una quiete virale,
del pandemico male
solingo avea lasciato
l'albero spoglio, come
fosse il gelido autunno.
Non si sentivano le
grida di bambini giocare.
Raminghe ombre passare
di nugoli romiti
si scorgevano sul manto
del prato alitare; poi sulle
foglie agitate ombrate.
Il silenzio continuava
ad agitare i rami fogliosi
e l'ombra impetuosa
del l'arbusto era vuota!
Nessuno sostava per chiacchierare
o uno spuntino veloce
da consumare.
Il virus provenuto
da molto lontano, la
zolla di terra affliggeva
con la sua mano di morte
durante il dì e nella notte.
Non si arrestava e flagellava.
Obliati sorrisi da chirurgiche
mascherine; da affetti distanze
e solitarie passeggiate.
O secolar tiglio, rigoglioso
ed imponente, ogni
risurrezione sei virente.
Superi l'estate arida
e il gelido inverno...ed ogni
anno rivesti il tuo corpo di
nuova vita. Come
te, tiglio
rinascere riusciremo.
Sconfiggere il morbo virale,
per l'esistenza essenza vitale.
Tornerà
il labbro libero dal penare.
Sotto la tua magnifica
ombra...torneremo a
passeggiare...
 

Il fruscio del desio
Una gemma sullo spogliato ramo
ad aprile è germogliato verde;
una breve poesia ricamo:

la speme, una sillaba che disperde
virale morbo, pandemico male.
Abbracciare la zolla sempreverde

nel desio di allontanare l'oblio.
Ascoltare del sorriso il fruscio.
 

Fanciullezza di speme
Nella primavera fulgente,
nel tepore dell'azzurro
oceano, aliano leggiadri
gabbiani da ali gigantesche.

I piccioni, dal cangiante tubare
indisturbati piluccano miche.
Passerotti giovini, cinguettano
sotto i tavolini esposti alla stella.

Folle di fanciulle e ragazzini
si riversano ridenti, come una
fiumana di speme
lungo il Corso Margherita.

I Sorrisi obliati da iridescenti
mascherine, che non ostacolano
del vivere il gaudio.

Oh frale etade, vedo
nella serenità vostra, il futuro
nel ciglio mio brizzolato.

Sciabordate davanti negozi
e le pizzerie. Vi appostate
nelle piazze per gioire.
Vestiti nuovi, come
la nuova stagione di vita.

Come rondini, volate con gioia
abbracciati. Il pandemico dolore
oggi non affligge il giovane fiore,
che arde nel vostro cuore: un nuovo amore.
 

Spighe di forasacchi e il papavero
Lungo il ciglio del canaletto,
verdi spighe si ergono.
Ondulano, e, cadono
secche recise nel campetto.

Solitario il rosso papavero
si irradia di fulgida
primavera. Con il bavero
rivolto in alto, confida

nel tepore. Nel calore
del radioso sole.
I forasacchi, simili
ad orzo, solleticano
il rosso petalo.

Lo zefiro, nel sottile
spirare, ondeggia
le chiome, come verde mare.

Il papavero non manca
di nulla!
Nel poggio si trastulla,
di esistere non si stanca.

Vorrei carpire
la semplicità
di vivere, come te.

Vivere, è naturale come
respirare.
Vivere, sta nell'umiltà
del creato amare.
 

Assenza di suono
Il silenzio fa più
male del rumore.
L'assordante tacere
il quale allontana
il parlare.

Sono onde sonore
che non riescono
a risuonare.

Forse è rimasto
un sottilissimo
riverbero... a malapena
percettibile.

È venuto a mancare
il mezzo di propagazione.

Nel vuoto, non c'è
propagazione
di suono, ma assoluto
silenzio.
 

Rondine nel pallido celeste
Il volitare nero e bianco
nel cilestrino cielo
nuovamente riporta
primavera; della rinascita
stagione.

L'elegante volo in frac,
il petto ondeggiando
sopra l'arato campo
o maggese prato.

Lo zefiro disegni
come ambulante pittore
con il nero stormire,
nero fra bianche nuvole.

Nell'amor migri per calde
terre; ritorni
per partire al primo
gelo…

Echeggi
con il trillo nell'aria.
Stupito rimango
dalla eleganza tua!

Oh come vorrei
con te planare;
in autunno migrare
per lontane terre
a me sconosciute.
Respirare il mare,
la polvere di altre
zolle!

Nel vermiglio sparire!
Orizzonte delle funeste
sere, crepuscoli di
cordoglio.

Nel lontano sparire!
Dall'orizzonte del penare,
l'interiore male...

Amico, giusto non è
arrendersi:
alle difficoltà;
alle tempeste della
vita.

Solo il vile, scapperebbe
nell'oblio interminato.

Quello che ho seminato
devo raccogliere!
Nelle doglie del gaudio.
Nella salute della malattia.

Vivere non è
migrare.
Vivere è
lottare per sperare.

In alto vola. Leggero.
Nell'infinito pensiero.
Volita sulle mille
chimere del mondo, indifferente.

Sotto il cornicione
o nel din don di campanili
mura il tuo nido.
Nido di vita.
Il garrito
rimbomberà di gaudio.

Il tuo ritornare
ogni venturo anno,
rammarico non è
nel mio incanutire.
È gioia nell'incarico
del respirare.

La benvenuta
tu sei, o rondine!
 

L'albero e la foglia
Sembrava eterno.

Quando è arrivato
il vento, la
foglia ha reciso
dal ramoscello,
lontano portandola
nel vento, sui fluttui.

Straziante il dolore
da quel separare amore,
che lontano aveva
portato...nel passato.

Lemme lemme
si è risarcita
la profonda ferita.
Della foglia il
picciolo
dal cordoglio guarita.

L'albero, si ignuda
in autunno, per essere
in primavera
lussureggiante.

Delittuoso è l'amore
il quale germoglia
come gemma, timido fiore;
ma con la brezza, esso si spoglia.
 

Una domenica
Era una domenica piovosa
di primavera, plumbeo
il cielo e la città silenziosa.

Dei passeri il cinguettare
udivo provenire
dalla terrazza, una
umida melodia, con allegria.

Il mio petto era mesto
ma non capivo il penare.
Che fosse il prolungare
della pandemia e il funesto
sentire dell'anima mia.

Avevo smarrito, di camminare
la gioia fra fiori
di campo, ed ero stanco
di privare lo spirito di umori
leggiadri, di api il ronzio.

Il grigiore il quale filtrava
dalla finestra, bagnava
le ciglia immobili
soprammobili in questa
domenica spenta.
 

L'anima
Se l'anima pensate
che non ha
peso, vi sbagliate.

L'ho pesata
ogni difficile momento.
L'ho pesata
ogni rimpianto.

Non è leggiadra
ma di piombo.

L'anima pesa
perché, essa, è
la nostra vita.
 

Inspirare affannoso
Non sempre è così
semplice respirare.
Anche se, esso, è
un movimento
involontario.

Nel crepuscolo
dell'albeggiare
al cinguettare
dei passeri;
inspirare
la frescura
del mattino.

Sopraffatti
dal quotidiano
vivere
inspirare
diventa
faticoso.

Anche respirare
Diventa affannoso.
 

Sentire il vento dal mare
Era una domenica qualunque.
Una domenica di Pasqua.
Il vento spirava nel silenzio
dal mare; nella quiete
sussurrava tra il cinguettare
del passero e il chioccolare
del nero merlo.

Si stagliavano
le catene montuose
all'ombra delle nuvole
nella luce; impetuose
simile ad antichi saggi
giganti, dal tempo scolpiti.

Questa assenza di rumori,
assordava gli umori
delle tortore dal collare,
sopra antenne di metallo a tubare.

In questo oceano di silenzio,
un brusio di gente,
da lontano si sente
evaporare come l'amaro
effluvio dell'assenzio,
dalle mura, dai tetti.

Era una Domenica come tante.
Una domenica silente.
Dove non si sente
che soffiare
il vento dal mare.
 

La felicità
Negli angoli remoti
del vivere...ho
cercato felicità.

Ma poi, nella maturità
dei canuti capelli, ho
capito! A me ignoti

erano dell'egoismo
i segnali: ricercare
gaudio personale.

Fittizia ed artificiale
è una gioia da agognare!
Universale felicità e altruismo.
 

Ermetico silenzio
Tremula solitudine
nelle virenti
foglie del vivere odo stormire.
Tiepido ghiacciato silente
come primaverile maestrale.

Non riesco a udire
il baccano di lontano
ma vedo il silenzio
che lo circonda.

Impetuosa onda
le labbra suggella
della quiete muta.

Grido, urlo nell'oblio
di chi sentire non vuole.
Duole questo ermetico
vuoto dello spirito.
 

Grigio azzurro
Sibila nell'orizzonte, un
tramonto di abbracci.
Tra cuscini roventi
di sabbia fredda.
Nella crepuscolare
penombra
svanisce un
ricordo passato.
Una stilla salata
nelle onde sopite
si depone.
Frastagliata
battigia...grigia
d'azzurro vespro.
Basito resto
al cappio appeso
nel ricordo...La vita scorre
come quel fiume lontano
...Nell'infinito
movimento del mare.
 

Anelito di gratitudine (Purgatorio)
Il barbaglio si specchia nel mare:
luce di vita, effluvio d' amore.
Onde spumeggianti come il giullare.

Tira, frantumi frammenti, nelle ore
tediose, esso, il procelloso libeccio.
Minuzzoli, chimere con fragore

lungo spiagge di gente, nell'intreccio
del penar lo spirito di inquietudine.
Stormisce silenzioso peschereccio

simile anelito di gratitudine
come deserta vela ritrovata,
nell'esistenza: egli, è longitudine.

Raggiunta la banchina, abbandonata
la rotta, esso ritorna alla quiete;
sopito libeccio e la mareggiata.

Nelle acque chete rimane la rete
di pace ricolma. Beata gente
che più non piange che più non ha sete

di speme. La notte non teme! Ardente
pacato è di nuovo l'arancione
barbaglio. No maroso. Accogliente.
 

20 marzo 2021 primo giorno di primavera
Zirla il piumaggio nero
e il becco arancione
del merlo sornione,
sull'antenna appollaiato, lo miro.

Dalla pandemica finestra
lo guardo, oggi, dì
di primavera, un
anno dalla clausura; ancora

il male affligge l'umana
gente. Chioccola
il merlo, spira la tramontana
ed il guardo riporta la.

Salve merlo, sei ritornato?
Ti vedo dopo un anno
dove ti avevo lasciato…
Niente è cambiato.

Il virale morbo tiranno
ci ha tratto in inganno,
ancora oggi abbiamo
il suo affanno.

Adesso fischi dal ramo,
la tua melodia flebile
fragile sensibile
mi fa quasi piangere.

Torna a rinfrangere
l'onda della rimembranza,
la distanza
dalle amate persone.

Caro merlo, il tuo canto
è gaudio ed incanto.
Sapere che sei tornato
mi fa tornare il gaudio sperato.

Fischia merlo: tcink tcink tcink
 

O Poeta!
Ramingo Poeta, che verseggi
all'ombra di rovi verdi
fra spinose bacche more;
dove bianche file di gréggi
brucano l'erba, e, perdi
il senno a poetare, nelle ore
meridiane, nei singulti
del mesto meriggiare
consolato dal trillo di rondine.
Il tuo rimare, come sussulti
schiumosi dell'azzurro mare,
mentre passano nuvole candide.
La verità tra le tue parole
scritte nella roccia del tempo.
Respiri il silenzio goliardico.
Racconti la vita alla prole.
Verseggiare come passatempo
con il rimpianto nostalgico.
Parlami della strada stretta
della vita! Tu che respiri
l'effluvio del' immortale
anima. Dell'imperfetta
esistenza. Tu che su papiri
rendi eterna e sentimentale
la poesia. Strofe in sillabe.
Solfeggi liberi dello spirito.
Recita verso dopo verso
le rime della silloge.
Recita, Poeta, l'infinito.
Recita il mondo introverso!
 

Collana di cose
Ho fatto una collana
con ghirlande del
passato, del presente.

Ho unito bei
momenti, brutti
attimi... quest'ultimi

erano in gran
numero, rispetto agli
istanti di gaudio.

Non ho gettato niente.
Ho unito tutte le
gemme...anche quelle
che facevano più
male.

Alla fine, quando
ho creato la mia collana
ero soddisfatto.
È la mia vita. L'ho apprezzata.

Ho capito, che essa è
fatta di piccole
cose, cose umili.

Ho sempre cercato
“il senso della vita”,
ma forse il senso è questo!
Amare semplici cose.
 

Un profumo delicato
Sembrando aver smarrito
la realtà
nell'irreale inquietudine
dei giorni di pandemia;
camminando nei pensieri
distanti dai ricordi:
tutto sembra vuoto.
Tutto sembra irreale.

Enormi distanze,
immaginando,
ci separano ci dividono.

Guardando dalla finestra,
la stessa dei passati
dì:
puoi scorgere un sorriso,
una piccola margherita nel
prato.
Il cinguettare dei passeri,
il din-don di campane.

Respirando più forte
puoi sentire l'effluvio
del vivere, come un
flebile fragile olezzo.
 

Infinito frammento
Soffia il maestrale, veloce
forte...in questo universo.
Spira nel cosmo, nel verso
interiore, nel petto, nella foce:

dove sbocca la paura, la
solitudine universale.
Tira impetuoso il maestrale
crea una rima con male...

Urano, gli azzurri
occhi tuoi ci osservano;
guardano gli affanni, il
penare ma anche l'amare.

Il frammento infinito
universale dell'amare.
Nulla è finito
nella strofa di questo mare.

Si colma lo spazio
obliato
nell'esistenza sillabato:
della vita in-na-mo-ra-to.
 

Così è la vita!
La morte nasceva dentro lo
stomaco.
Un nascosto male
nelle pieghe della tua vita.
Per un momento, hai
smesso di respirare.
Occhi tumidi
di lacrime e rancore,
e, la vita ancora amare.
Amare con più rigore.
Nel respiro avvilupparsi
alla stagione della rinascita.
Primavera di vita, ultima
speranza.
Vorresti il nastro avvolgere;
ritornare fanciullo,
ma il tempo è a senso unico.
Stringendo i denti, hai
imprecato...A me hai
ricordato quanto delicata
l'esistenza: come petalo
di margherita.
Ma così è
la vita!
 

Mare profugo
Il mare accoglie
vite morte, frante
dalla speme di una
vita migliore.

Esistenze profughe,
lontane dalla promessa terra.

Il mare, come
Sorella Morte, depone
cadaveri sulla desolata
spiaggia. Restituisce
i vuoti corpi.

Il mare, ha
compassione del dolore.
Adagia quei piccoli
corpi di bambini e
donne e uomini,
per degna sepoltura.

Il mare, ci fa
vergognare per la
nostra indifferenza
del profugo penare.
Disegna sulle spiagge,
questo quadro d'orrore.
 

La frescura al risveglio
Irradia la luce del mattino
la frescura del risveglio.
Illumina il barbaglio
i colori di marzo birichino.

Prati verdeggianti
e campi arati.
Di buona mattina
l'anziana contadina

brucia l'erba vecchia
secca dall'orto estirpata.
Respirando tutto questo,
apprezzi ogni giorno.

Anche se ci sono
infelici dì...assaporando
la viva natura
si inebria lo spirito.
 

Venticello giocondo
Giocondo venticello
dell'augello carezzi
le piume; monello
giovincello nella nuova
stagione giovinetta.

Inebri l'erbetta
e la candida margherita.
Oscilli con il tuo sussurrare
giovani rametti
interdetti dal tuo soffiare.

Fronde senza foglie,
fronde da gemme ricoperte
o colorate da infiorescenze.

Dal mare alle apuane
fresco zefiro continui
a spirare...Sottile
e flebile bagliore
nel dì a rinfrescare.

Giochi con il fanciullo
nel parco con il trastullo.
O corri con il ragazzo
che rincorre come pazzo
il pallone per giocare.
O la coda del canino
leggermente fai volare
lui, su se stesso a roteare.

Giocondo venticello
ami amare l'esistenza
senza fermarti all'apparenza.
Tu, ami la semplicità delle cose.
Le più vere nella vita.
 

Una foglia sul balcone
Ascolti la melodia...un
sorriso del seno ti porta
via...sul leggero respiro
del tiglio vermiglio
dal pettirosso pennellato.

Hai sussurrato
nel silenzio della domenica,
nel giorno del riposo,
l'assenzio che avvelena
la vita.

Ma il tuo petto è distante
dall'istante del dolore,
con ardore abbraccia il
calore della primavera,
ed ascolta il palpito del cuore.

Garrisce il gabbiano.
Cinguetta il passero.
Chioccola il merlo.

Stride l'acciaio dei binari
alla stazione.
Appoggiata al balcone
l'ultima gualcita
foglia dall'inverno.
Dalla brezza intimorita
cede alla bellezza
della giovane stagione.

Volita via dal balcone
gioconda...
Sulla melodia della rugiada
simile alla giada
verdeggiante, come il
prato sottostante.
 

La felicità
Hai cercato
lungo polverose
strade della vita:
la felicità.

Lei è sempre rimasta
Lì!

Nel gorgoglio
del ruscello.
Nelle bianche
infiorescenze del susino.
Nel gracchiare
di impetuose gazze.
Nel lamentoso
garrito di gabbiani.
Nelle spumose
onde del mare.
Nelle sgargianti
vette rocciose.

La felicità
è nella semplicità
del creato.
 

Amore reciso
Raccogli l'amore
come un reciso fiore
nel meraviglioso prato
di dolce rugiada bagnato.

Lo riponi nel vaso
di coccio; non un caso
il più decorato.
Con cura l'hai amato.

Ma quel fiore
con tuo stupore:
è appassito.
È avvizzito!

Il seno affranto
si è gonfiato di pianto.
Come brulla
terra, non è rimasto nulla.

Perché così è l'amore:
sboccia nel cuore
ma una volta tagliato
dalla passione del prato

lui, lentamente muore…
lasciando oblio e dolore.
Imperituro non è l'amore!
 

Il Perdono
Fra le mani ho preso
la testa
ma non basta
a pensare
ciò che affligge; il
male
è il non saper perdonare.

Il dolore più grande
può diventare
quello di non saper perdonare.

Come un tarlo
consuma il tempo
allontanando dal cuore
l'incondizionato amore.

Il perdono è
un dono, come un
frutto da cogliere,
frutto troppo alto
da raggiungere?

Non abbandono
il perdono.

Ho un ricordo: di un
Uomo buono: il quale
rivolgendosi a suo padre
disse: "Padre, perdona loro,
perché non sanno quello che fanno!"
 

10 marzo (Morbo letale)
Ancora arde il
ricordo del dieci
marzo...quando
a causa del letale
morbo sconosciuto
il mondo ha vissuto
una quarantena di
paura... dove persone
care hanno la vita
perso.

L'angoscia di essere
prigionieri di un vile
virus straniero.
Nelle case reclusi
dietro vetri appannati,
mentre l'ineluttabile
tempo
continuava il portento.

La natura sbocciava:
nei petali della primavera.
La luce abbagliava
splendide vuote
giornate...nelle lunghe
code ai supermercati
con volti camuffati
da chirurgiche mascherine.

Ma il tempo, sembra
ancor oggi non essere
trascorso...Il pandemico
male ancor oggi affligge
lo Stivale; affligge il
mondo questo sconosciuto
male... morbo epidemico
che perseguita la gente.
 

Una lacrima dal passato
Simile a colui che
smarrito ha la memoria,
il senno; ho ripercorso
la strada dell'infanzia
della fanciullezza; per
sentire l'odore del
passato, il sogno già
vissuto: ho abbandonato
ricordi, ingenuità
pura semplicità.
Vedo muffa, le crepe
nell'intonaco della
casa...segno del tempo
che o smarrito, appassito
o solo fuggito dal
mio ricordo, la mente.
Riesco a vedere ciò
che la memoria ha obliato.
Un singulto a bagnato
il costato; ormai un soffio
andato, una lacrima
asciutta dal passato.
 

Primavera di ricordi
Respirare il candore bianco
del susino, del melo
del biancospino: il
risveglio della primavera.

Respirare il rosa fiore
del pesco, il fresco
della brezza, della gelata
rugiada.

Accarezzare il tappeto
di margherite tessuto,
ricamato di soffioni
e nontiscordardimé.

Si agita in petto un
languore, un brivido
un sottile dolore…
L'ingenuo fanciullo
ricordare.

Aver cancellato il
passato...
Quindi aver obliato
se stesso, chi saresti
stato...
 

O biancospino
O biancospino
caducifoglie in autunno,
nello spoglio spino
delle fronde. Notturno

effluvio primaverile
evapora da piccole
corolle in corimbi raccolte.

O biancospino
raccolgo
il nettare dalle delicate
spine fiorite; raccolgo
la rugiada dalle delicate
fronde spinose.

Le frasche generose
proteggono il rosso
nido del chioccolare
del pettirosso, all'albeggiare.

O biancospino
dalle amorose
corolle, proteggi i pensieri
miei, così fragili così umili;
versi semplici, sinceri
che il viver accompagnano.

Stille impaurite, madide
paure del costato
frastagliato dal passato,
come zolle ruvide
dove le radici affondano.

O biancospino
amo il tuo candore,
nello spirto è cantore
di dolcezza, tenerezza
e allegrezza di rinascita.
 

Ruscello della vita
Seduto sulla riva del rivo
scrivo:
del sorriso del mare
il passeggiare
sulla battigia grigia;
non vedere le impronte.

Non riesco a vedere
le impronte
sul candore della neve.

Provo a poetare
nella quiete...

Il rivo gorgoglia;
la penna si ferma
sulla soglia della carta.

Un profondo sospiro
si confonde con il
sussurro, con l'azzurro
del rivo.

Accarezzo il papiro
con l'inchiostro nero
e scrivo un verso,
una strofa...e sospiro.

Scorre il fiume, non sente
il rumore del verseggiare...
corre verso il mare.
La purezza dell'acqua non mente.

Non si accorge del rimare,
delle illusioni, chimere
per il cuore dell'amare.
Passioni passeggere...

Volgo il guardo al ciglio.
Piccole margherite il ciglio
mio vede. Continuo a scrivere.
Ma perché continuo a poetare?

L'eterno stormire del rivolo,
nel petto sento scorrere.
Ognuno sente lo scorrere
del proprio ruscello.

Cinguetta l'augello,
come dolce menestrello
mi desta. Nel risveglio
sbadiglio, mi acciglio.

I ricordi, il passato:
sono sempre in agguato!
Rimango ancora a scrivere
sul mio fiume...per vivere.
 

Vuoto senza eco
Ti senti invecchiato.
Il peso del greve grande
fardello ha scavato
rughe. Hai domande

che rimangono
con l'interrogativo:
il seno infrangono,
i tuoi occhi piangono.

Ti senti invecchiato.
Tutto hai lasciato
nel passato...il retaggio
dei genitori, il miraggio

di una vita migliore.
Adesso nel bagliore
del dolore, imprechi
nel penare...echi...

Si perdono nei muti
dì che ineluttabili
vanno avanti, distanti
dal sentire, inabili

al tuo percepire:
il peso degli anni.
Rimani negli inganni
imprigionato, impigliato.

Gridi nel vuoto
ma il vuoto no ha eco!
 

Il passato
Ascolto il cinguettare.
Sento il passato, il rimembrare.
In questo mare il lagrimare
potrebbe fare male. Ricordare:
nelle ferite è sale.

Quello che è stato, cambiare
non si può!
Le lancette della vita, spostare
indietro non si può!

Scrivere oggi.
Scrivere giorno dopo giorno.
Scrivere il dì presente.
 

Fruscio rumoroso
Nel vacuo non c'è propagazione
di suono, ma assoluto silenzio...
Assenza di suoni, di voci, di echi.

A volte smarrisci il verbo gridando
nel silenzio...la voce diventa
sottile come il sussurro del niente.

Non ti accorgi del fruscio diventar
rumore nella bellezza del fior.
Esso è sbocciato senza gridar.
 

Senza tempo
Il mare mitiga l'aspro
sentimento del petto,
con dolcezza
senza tempo.
Respirando dolce
aria sensuale,
primavera in mare
e sognare il libero
aleggiare fresco
del venticello, bello
nella crepuscolare ora;
sorridendo senza tempo
all'infinito.
 

O Caligo
O Caligo, come un tetro
spettro bianco impalpabile
sei dal mare evaporato.
Dal vespero ti ho mirato
fino all'albeggiare, dal vetro.

Hai inghiottito tutto!
Un candido fitto muro
di vapore acqueo rorido.
Un vapore,un fumo florido.

Alle pupille tutto nascosto.
Stupore di un simile
candore. Madida sottile
pioggerella, o Caligo.

Spaventa il non vedere,
il bagliore artificiale
che dentro te si muove
come fuoco fatuo.

Il fato o la malasorte,
forte è lo stupore!
Forse dalla pandemica
malattia, il terrore è
rimasto nel cuore.

O Caligo, l'obliare
sembra nascondere
il passato, le brutture.
Il tuo velo di candore
è conforto per il cuore.

Il nascondere le cose,
è come ad occhi aperti
sognare: tutto è senza
colore, senza spessore.

Il primo raggio di sole, il
mantello trafigge
o Caligo, ti fa sparire.
Alla realtà fa tornare.
 

Miraggio
Garrisce un impetuoso
gabbiano, all'albeggiare
nel crepuscolo mattino.
Stropicci lo sguardo
dal volo catturato.
Nel silenzio della città
la quale, ancora dorme
pensi all'amore, quanto
può far male. È dolce
assenzio, che ti annega
nelle impetuose onde
del Lete, nell'oblio.
L'amore è imperituro:
come del ciglio, il battere.
Effimero come la bellezza
come volo di leggiadre farfalle.
È l'inganno di ogni pellegrino
che scalzo, sulla rovente
brulla zolla cammina.

Miraggio, di ogni beduino
Che sete nel deserto brama.
 

Sognare ancora
Resti chiuso nelle paure, le tue.
Hai deciso di non uscire.
Non riesci a volare, le
ali dei sogni sono tarpate...il
dì sta per tramontare.

Preferisci rimanere, hai paura
di provare, cerchi di rimandare.
Ma il tempo non si può rimandare.

Sei rimasto solo, nel riflesso
di specchi rotti che nel cuore
porti...Il fardello dei tuoi occhi.

Non ti piangere addosso!
Fuori, l'effluvio della vita
sta germogliando
anche per i tuoi occhi.

Strappa quella maschera
di dolore, e, prova a volare.

Le ali tarpate si rigenerano
nel flebile tocco dell'amore.
Amore per vivere...Sognare
Ancora...
 

Bocciolo
Un piccolo bocciolo, scuro verde
nel prato sopito dal prisco verno.
Curvo il delicato stelo disperde

nel tiepido zefiro, il gaudio eterno.
Timida infiorescenza in primavera,
umile creatura da amar. Sterno

del mio cuore, margherita mera.
Pura come il tuo viver, sincera.
 

L'esilio del tiranno
Don Lisander, verseggiava : " Ai posteri
l'ardua sentenza"...Nabulio francese
generale politico, parlano
di te rotocalchi, tomi di storia.
Le tue tracce si odono secolo
dopo secolo, le gesta eclatanti.
Per quanto impetuose sono state le
tue imprese...sei stato un dittatore.
Tiranno nel comandare: il tuo ego
a soddisfare. Hai il sogno coronato
di incidere nella roccia del tempo,
immortale il nome: Napoleone.
Sussurrami di tuo figlio il nome.
Raccontami dell'amor della sposa.
Nelle tue giganti imprese, nel cuor,
c'era posto per loro? I loro sogni?
Nella tua epoca, hai seminato dolor
e morte...ed oggi delle tue gesta
si narra... le grandi astuzie, vittorie.
Dirti vorrei: sei vissuto per l'ardor:
vile potere, l'ego di grandezza.
La saggezza non deve governare
uccidendo: brama di conquistare.

L'isola di Sant'Elena, romito
esiliato ha accolto l'ultima gesta:
il tuo trapasso da uomo solingo.
 

I petali della vita
Del viver la voglia
avevi smarrito.
La vita, credevi
fosse finita.

Nel costato portavi
greve madida pioggia.
Gli occhi intrisi
di pioggia.

Ma quel giorno; il
bocciolo nella brulla
terra. La margherita.

Umile fiore, nel ciuffetto
d'erba timido era sbocciato.
Perché la vita è così…
anche nel dolore nasce.

Il tuo ciglio ha guardato
il colore del fiore,
i petali della vita:
essa, non è mai finita.
 

Crepuscolo di luce
Vibra il tumulto della sera
vermiglio e arancione,
come singulto nel ciglio
sussurro di primavera.

Si tuffa l'astro di luce
nell'orizzonte a ponente.
Un mantello di silenzio
ricopre il firmamento.

Il tempo sembra disegnare
la notte di stelle, e falce
di luna. Cadenti astri,
effimeri, uomini fugaci.

Uomini nelle luminose
mani della madre sorte.
L'albeggiare, dipinge
questo mare di meraviglia.

Barbaglio di luce infinita.


La primavera
Era fine febbraio.
Una sottile flebile
bruma, alitava
sopra campi
non coltivati.

Un biancospino
non di foglie vestito,
ma nudo
era gremito di bianchi
fiori.
Il pettirosso la
melodia tesseva.

Un merlo nero
dall'arancione becco
l'aria stagliava.

Una coppia di grigi
aironi, nuotavano
nel mattutino azzurro.

Scorreva la vita, scorreva
fra intasate strade frenetiche,
gomitoli di affanni.

Lei era lì. Fra timidi
germogli, gemme.
Lentamente sbocciavano
sopra fronde fruscianti.

Lei era lì. Non si nascondeva.
Nella frenesia passavano,
nessuno la vedeva.
 

Sognare ancora
Resti chiuso nelle paure, le tue.
Hai deciso di non uscire.
Non riesci a volare, le
ali dei sogni sono tarpate...il
dì sta per tramontare.

Preferisci rimanere, hai paura
di provare, cerchi di rimandare.
Ma il tempo non si può rimandare.

Sei rimasto solo, nel riflesso
di specchi rotti che nel cuore
porti...Il fardello dei tuoi occhi.

Non ti piangere addosso!
Fuori, l'effluvio della vita
sta germogliando
anche per i tuoi occhi.

Strappa quella maschera
di dolore, e, prova a volare.

Le ali tarpate si rigenerano
nel flebile tocco dell'amore.
Amore per vivere...Sognare
Ancora...
 

Riecheggiano le onde
Sempre di più scorrono inesorabili
i mesi; lentamente si sprofonda
nell'oblio. Dimenticando lei, l'onda
di Nettuno e il reflusso e le viabili

battigie, di aneliti ed adorabili
conchiglie frante, nella grigia sponda.
Pare al mio sentire, che essa, l'onda
sprofonda passati indimenticabili.

Il silenzio riecheggia nel garrito
dei bianchi impetuosi gabbiani; riesci
ad udire quel vuoto ammutolito?

Onde si frastagliano sopra pesci
azzurri, mentre si è agguerrito
l'antico tempo nei ricordi. Cresci

nell'illusione di ancora sognare,
sognare la spiaggia, il barbaglio, il mare.
 

Lo zefiro del tempo
Nello zefiro del tempo,
con turbamento
hai sottratto speranza.
Il sogno è svanito
dalla tela pitturata
di gaudio, di armonia.

Come violenta
tempesta, hai distrutto
i colori tenui dell'esistere.
La follia, la tua follia
lucida non ha arso
imperitura...come
fiammella di candela si è
spenta nello zefiro del tempo.
 

Lacrime di ruggine
Perché ti sei innamorato?
Dovevi gettare le
lacrime lontano da te.
Dovevi seppellirle
nel silenzio.

Adesso il singulto
soffoca il viso.
Soffoca il petto.

Non si può camminare
sopra l'acqua, senza
affondare…

Non si può volare
senza ali, senza
planare…

Smarrito il sorriso.
Smarrito il sogno.
Ti è rimasto
quel cuore arrugginito.
 

L'amore delicato
Fragile è l'amore, come
il sorriso spezzato dal dolore.
Fragile è l'amore, come
della farfalla le ali.

Le lacrime si intingono
di fragilità, di distratta
passione appassita, come
la recisa margherita.

L'amore divampa ed arde
come una peritura fiamma;
consumato il sentimento
rimane grigia cenere.

Fragile è l'amore, come
il seno spezzato, come
il petto franto.

Difficile è udire:
“Non ti amo più!”
Difficile è dire:
“Non ti amo più!”
 

Vorrei scrivere...
Vorrei scrivere, dell'arato
campo nel mese della
primavera, pronto per la
semina.

Vorrei scrivere, delle spoglie
chiome, le quali si destano
dal rigido inverno
per coprirsi di verde.

Vorrei scrivere, di piccoli
passeri paffutelli
i quali, all'albeggiare
cinguettano e zampettano.

Vorrei scrivere, della fresca
aura, la quale profuma
di nuovo, di nato.

Vorrei scrivere, delle diafane
acque, le quali giovani
eterne, scorrono verso il
mare, per morire nel sale.

Vorrei scrivere, del sole
il quale irradia la galleggiante
crosta, irradiando la
fresca luce.

Vorrei scrivere, ma a volte
è difficile spremere il
seno ed esprimere
la meraviglia nascosta.
 

Un miracolo
Un miracolo, per togliere
la fame nel mondo.
Un miracolo, per togliere
la guerra nel mondo.
Un miracolo, per togliere
la carestia nel mondo.
Un miracolo,per togliere
il dolore dal mondo.

Il vero miracolo, è
la vita!
Ogni giorno sboccia
nel grembo del creato.

Il vero miracolo, è
amare!
Il prossimo, colui
che è uguale a noi.

Il vero miracolo, sarebbe
non aver brama
del potere.

Questa crosta avrebbe
bisogno di nutrimento,
per non seccarla nella sterilità.

Il miracolo è
amor per il creato.
 

Solitudine
Chioccola il pettirosso
sopra l'ignudo ramo
che di verde si veste.
Chioccola sul balcone.
Non lo riesci a sentire
chioccolare, accerchiata
dalla solitudine.

Il parco, è viride
un costato di tigli.
Ma il seno tuo, come
il salice piangente
nella solitudine.

Prova ad ascoltare:
il chioccolare è anche per te!
 

Vorrei scrivere...
Vorrei scrivere, dell'arato
campo nel mese della
primavera, pronto per la
semina.

Vorrei scrivere, delle spoglie
chiome, le quali si destano
dal rigido inverno
per coprirsi di verde.

Vorrei scrivere, di piccoli
passeri paffutelli
i quali, all'albeggiare
cinguettano e zampettano.

Vorrei scrivere, della fresca
aura, la quale profuma
di nuovo, di nato.

Vorrei scrivere, delle diafane
acque, le quali giovani
eterne, scorrono verso il
mare, per morire nel sale.

Vorrei scrivere, del sole
il quale irradia la galleggiante
crosta, irradiando la
fresca luce.

Vorrei scrivere, ma a volte
è difficile spremere il
seno ed esprimere
la meraviglia nascosta.
 

Golfo dei Poeti
Ricordare il Golfo dei Poeti.
Il mare con il suo barbaglio.
La costa con il suo abbaglio
di bellezza, la purezza
di vitigni e ginestre.

Mar Rosso, con l'affollata
spiaggia, accecata
dalla mareggiata d'amore.

Cinque terre, cantore
di poesia e allegria.

Tumulti quieti
nelle onde. Vedere
cocci di passato
schegge di ricordi
depositati, abbandonati
dal tempo andato.

Golfo di amarezze
di certezze spezzate
da brezze
che paralizzano il petto.

Golfo di chimere.
Passeggere
emozioni, passioni
ingannevoli, fuggevoli.

Rimane il canuto tedio.
Il giovane rimorso.
Il greve odio
di un sogno perso.
 

Il trifoglio della vita
Una gelida brezza
di febbraio, l'eco
di cinguettii, trasporta
sul manto verde
del prato; sulle foglie
del trifoglio rigoglioso.

Rimbombano giovani
urla, nel funesto
mese, dal morbo afflitto.

La pandemica malattia,
sembra non contaminare
la fanciulla ingenuità.

I ragazzi si sentono forti,
invincibili...lontana è
la morte...gioiosi giocano
alla vita, come fosse una
partita.

Ma quando si incanutiscono
i capelli e la forza vacilla,
il trapasso sussurra all'orecchio.

Impari ad apprezzare
vivere.

Le schegge del passato:
sono foto da guardare
e rimembrare.

Il presente diventa
attimo da amare
da non lasciar sfuggire.

Le piccole cose:
lo sbocciare del fiore,
una parola ad un amico,
un sussurro di tenerezza,
un brandello di cielo, o,
solo respirare la vita…

…Diventa gioia infinita


L'agnostico e il fanciullo
Un dì, un agnostico entrò
nella cattedrale per
ammirare l'arte.
Un raggio di luce, trafiggeva
la colorata vetrata.
Il luminoso dardo, simile
alla farfalla si posò
sopra uno splendido
affresco... raffigurante
la crocifissione di Gesù.
In basso, in ginocchio
presso la raffigurazione,
c'era un fanciullo; timido
nel suo grattare
con l'unghia il dipinto.
L'agnostico, sorpreso
dall'incredulo gesto, domando:
"ragazzo, perché con le
unghie stai grattando l'immagine?
Non sai che è reato rovinare
un'opera d'arte?"
In ginocchio, goffamente il
giovane rispose:
" signore, rovinare
non voglio questo affresco, vorrei
i chiodi dalle mani togliere!
Non vede quanto è grande
la sofferenza?"
L' agnostico da queste ingenue
parole, fu sopraffatto da
Vertigine...
 

Polvere sui sandali
Cosa resterà
della polvere di noi
che viviamo
ed occupiamo il
sospiro di questo tempo.
Ci scaldiamo con luce
dei nostri avi,
avvolti dall'azzurro
firmamento imperituro.
Nella notte illuminati
dalla stessa Luna
dei poeti trapassati.
Cosa resterà
del pulviscolo
dei nostri pensieri
e i frammenti franti
del nostro passato
del retaggio lasciato?
Continuerà il
fiume a scorrere
con acque rigenerate
acque che non hanno
conosciuto le nostre mani.
Cosa resterà
nella terra brulla
che abbiamo calpestato
e non abbiamo
scosso dai sandali.
Cosa resterà?
 

Il piccolo rivolo
Guardavo il rivolo
scorrere silenzioso
cristallino, romito.
Scorreva non ozioso.

Pensavo, che cambiando
la direzione, oppure
bloccando, ostacolando
la direzione: le pure

acque del rivolo
non avrebbero trovato
la fuga verso il molo
verso il mare, abbagliato

dalla luce del sole
irradiato d'amore
per l'infinito, senza parole
nell'essenza del calore.

E così non fu!
 

Sotto la pioggia
Camminavi sotto la
pioggia, nel cuor della notte
per vivo sentirti.
Scivolavano piccole
goccioline
su arrossate gote
affannate dal camminare.
Una notte greve
illuminata da artificiali
pallide luci.
L'olezzo dell'aria, era
nauseante.
Pesanti le gambe
ma tu, impavido
camminavi sotto la pioggia.
 

Le lacrime dei bambini
Ho guardato nell'ora vermiglio
del tramonto, le lacrime del mondo.
Una pioggia sottile lontana... Il
lamento d'agnello dei bambini.

Perché un fanciullo, una fanciulla
non potranno scrivere poesie?
Perché una ragazza, un ragazzo
non potranno mai innamorarsi?
Perché un bambino, una bambina
non potranno chiamare: "mamma", "papà"?

Ho guardato lacrime
diventare come rosso
sangue di dolore.
Ho visto l'amore
nell'abisso svanire
dell'umano penare.

Le lacrime del mondo,
sono le amare
lacrime dei bambini.


Sulla spiaggia
A volte navighiamo
senza rotta
anche se la prua è rotta.

Salpiamo con la
calma piatta
o l'ondoso maroso.

Nella vastità, naufraghi
nell'orizzonte
fra calamità e diafani dì.

Alla deriva di certezze
ed incertezze
a sopravvivere si impara...

...Vivere, diventa
desio di speranza
come luce riflessa.
 

21 marzo, equinozio
Il ventuno marzo,
cominci a cantare
nella scura notte
della mezzanotte,
quando della gente il
cuor ha sopito,
ma innamorato è
il tuo. Con gaudio
desti il giovinetto
fiore dell'amore,
ugellino, sopra il
tetto, usignolo, al
bagliore dell'albeggiare.
 

Le giunchiglie di Trescolli
Sull'ermo colle, dalla brulla
schiena, il giallo odore
inebria l'aere della montagna.

Piccole giunchiglie dall'eterno
bulbo, stagione della giovinezza
che di gaiezza la zolla dipinge.

L'effluvio intenso, incenso
del mio passato, della tenera
età sfiorita, non appassita.

Non raccolgo il verde
stelo carnoso, giunchiglia,
inspiro la tua bellezza.

Il giallo, è nuova
vita nel virente manto
dei colli di Trescolli.
 

Acquarelli di primavera
1
Bocciolo
Un piccolo bocciolo, scuro verde
nel prato sopito dal prisco verno.
Curvo il delicato stelo disperde

nel tiepido zefiro, il gaudio eterno.
Timida infiorescenza in primavera,
umile creatura da amar. Sterno

del mio cuore, margherita mera.
Pura come il tuo viver, sincera.

2
Scialbo sorriso, gioioso mesto
Sorriso come la luna: scialbo.
Nel crepuscolo,nel barbaglio
del tramonto, pennellato
nel arancio vermiglio tramonto.

Guardo il silenzio. Il muto
volo di anatre sopra il rivo,
fra spogli alberi come il
petto... mesto gioioso.

Perché, se riesci ad amare il
sottile penare del Poeta,
riesci a sentire il flebile
fruscio del petalo della vita.

Di piccole emozioni intrisa.

3
Il pennello della primavera
Vanito il grigiore invernale,
il pennello della primavera
di acquerello colora la natura:
cilestrino cielo, verdeggiante
prato, gialle mimose, rosa pesco,
bianco melo,variopinti
narcisi e margherite...
 

Gazania
Vorresti raccogliere
la gracile scheggia di
un sorriso passato
remoto al pensiero.

Fronde di capelli,
rugiada rorida
irradiata
dall'inquietudine
dalla solitudine.

Nell'affanno distratto
dalla nostalgia di ciò
che è
perduto per sempre...
non vedi

il bocciolo,
sta schiudendo
i giovani petali di vita,
vita da amare.

Non importa quanto amare
sono
le ferite del seno.
La pioggia scivola
sopra cicatrici cicatrizzate.

Come la bella gazania
Non chiudere
la corolla al crepuscolo,
o nei dì bui dell'esistere.
 

La passeggiata
Dal viale Margherita,
sotto il cielo greve
e madido di pioggia,
dalla fessura di negozi
riesco a intravedere
rena intrisa di pioggia e
maroso ondoso schiumoso
su spoglia spiaggia;
nuda di forestieri
ignuda di bagnanti.
L'ascoso cielo, pare
aver inghiottito il
tiepido sole invernale.
In apnea virale e
l'affanno del sorriso
nascosto dietro la
mascherina che il
ciglio appanna.

Sventola il carnevale,
fumiga in piazza Mazzini
dai megafoni con antiche
moderne canzoni.
Non possono sfilare
sotto la pioggia di
coriandoli, gli
allegorici giganti
di cartapesta.
Vorrei ammirare
la tempesta di maschere
e l'allegria...che da fanciullo
e da ragazzo, amavo gioire.
La pandemia ha rapito
la salmastrosa allegria.
 

Fragile sentiero
Non credere a niente.
Perdere il fragile sentiero
della fede dell'esistere.

Smarrire il porpora
profumo dell'amore e
il battito della fede
e il verde gaudio e
e il barbaglio della speme.

Ma in qualcosa il
petto deve credere...
Quindi, credere nel Destino
O nel Fato...che sempre in

tempesta non facciano
navigare questo cuore.
Speme con ardore
di trovare un porto
su cui approdare

abbandonare questo mare
burrascoso, insidioso...trovare
la quieta bellezza della vita.
 

Plenilunio crepuscolare
Il dì precedente
mugghiava il maestrale
impetuosamente sulla costa.
Raffiche gelide.
Raffiche rigide.

Oggi, è terso e raffreddato il
cielo, e, nell'imbarazzato
porpora tramonto, fulgida
risplende pallida la Luna.

Inspiro la flebile
brezza, con allegrezza
miro la splendente Luna.

Mi imbarazzo. Come
se il petto mio fosse
fanciullo; mi imporporo
di emozione, arancione
come se fossi tramonto,
dal plenilunio travolto.
Innamorato.

Pare, la
gente distratta,
di lei non si accorga.
Come fosse astratta.

Il suo barbaglio,
anche se freddo,
il seno scalda
e apprezzo appieno.


Figliol prodigo
Siamo nati nell'utero
della natura, nell'effluvio
di colori, nella fertilità
della terra. Primitivi
pionieri di scoperte
quasi magiche, di saggezza
e cultura; ricoperta
dalle macerie della guerra,
la spazzatura; dallo sfrenato
potere del denaro…
Il cordone abbiamo reciso,
della madre che ci ha
nutrito e irradiato di luce;
nell'azzurro riflesso
del cielo nel mare.
Abbiamo insanguinato le
zolle per soddisfare
egoismo e infruttuose
ambizioni; avvelenando
lo spirito…
Madre natura generosa
perdonerà il
figliol prodigo?
 

Augellin
O ascoso augelin,
non conosco il
canto piacevole del tuo becco.

Nelle fitte fratte ti nascondi.
Tessi la melodia.
Poi svolazzi per cibarti.

Quando è freddo o c'è tempesta,
ti nascondi,
ti ripari in tutta fretta.

O ascoso augelin,
simile la mia vita alla tua.
In balia di brusche
burrasche o di soleggiati
Delicati dì.
 

La fotografia
C'era la pioggia.
Nel grigio dì, pioveva.
Meli spogli solinghi
nell'ermo campo
giacevano silenti.

Il madido grigio,
i colori nascondeva.
Sembrava una foto,
una foto bianco e nero.

C'era la pioggia.
Le gote arrossate bagnava.
Le palpebre bagnava;
si socchiudevano piano.

Svanì il grigio.
Schegge di rifulgenze,
con scala cromatica,
la fotografia colorò.
Lemme lemme.


Reliquie di ricordi
Sei tormentato dai ricordi:
vetusti fantasmi del passato.
Come istantanee bianco
e nero, si proiettano
nei ricordi di gaudio
e dolore...Il passato
fa male come una
ferita nel porpora cuore.
Rimembri i trastulli
fanciulli, gli spensierati
giochi, e, gli inanimati
momenti…
Li senti scorrere nelle vene,
sono pene di gaudio
di amaro ricordo
amaro che resta come
rugiada sulle labbra:
per ciò che è stato
per ciò che più non sarà.
Sono frammenti di vita.
Schegge smarrite nel tempo.
Cocci come reliquie,
da conservare nel cuore.


Girovagando
Amo camminare per strade,
assaporare l'olezzo dell'aura
e sentire irradiare il sole.

Quando echeggia la quiete
nei vicoli del quartiere,
amo il rumore sentire,
dei miei passi; il lieve
sghiaiare di piccoli sassi.

Lemme lemme camminare,
lo scorrere osservare...
del tempo...sembra così lento.

Passeggiare, con il guardo
nelle nuvole, sotto la pioggia
di bianchi garriti di gabbiani.

In questo lento avanzare,
sembra aver ingannato
il tempo, avergli carpito
un breve momento…

Sento una vertigine.
Un'emozione.
Una gioia.
La lietezza di vivere.
 

Amare
Ascolti in silenzio le
mie labbra.
Ascolti senza parlare.
Riesco a sfiorare il
Pensiero.
Riesco a sussurrare.
A sillabare a-ma-re.
Amare, il cilestrino
mare.
Amare, il virente
piangente salice.
Amare, il vermiglio
ciglio del tramonto.
Amare, l'infiorescenza,
eccellenza della natura.
Amare, il canto
incanto dell'augello.

Amare è:
la passione universale.
 

Rinunciare
Non ricordo quanti mari ho
solcato...non rimembro le
cime su cui ho svettato,
per cercare la rugiada
dei tuoi occhi; ed assaggiare
il profumo del tuo bacio,
rubandolo dalle tumide
labbra dall'antico sapore.

Ho camminato consumando
le suole della ragione.
Sono arrivato con consunti
calzini, forati sbrindellati;
come lembi di un anima
smembrata dal tempo.

Cercavo di allungare la
falange per sfiorare il
tuo seno, nella castità
del gesto, senza recare
offesa alla bellezza del ciglio.

Abbracciare il tuo sorriso.
Sapevo esser
cosa impossibile, irraggiungibile
improbabile…

Cercando di profanare il
tuo nome, imperterrito ho
continuato a cercarti.

Ho rovistato negli angoli
remoti dell'esistere, e
ascoltato la flebile
voce del tuo pensiero
mi sono smarrito, obliato…

Così, ho rinunciato
all'effluvio della bellezza.
Con debole arrendevolezza,
con amarezza. Ho rinunciato
a te: Libertà!
 

Palpita un sussurro
Osservare il verdazzurro
con palpitante petto,
che dalle vette si staglia.
Il frammento azzurro
del cielo, grigie nuvole, il verde.

Sopiti campi dal verno, vedere.
L'erba marrone virente.
Immaginare di correre
come da fanciullo. Rincorrere
l'ingenua libertà, i meri sogni.

Sentire il costato palpitare
come un sussurro
come il gabbiamo sul mare.

Il profumo di passati
istanti svaniti...morbide
schegge nel seno conficcate.

Echeggia il cuore,
più forte...stormisce
nei pensieri...eri
bambino...sognare
era respirare.

Respirare veemenza
e, non dimenticare
la lieve essenza dell'esistenza.
 

Un fiore di vita
Scorgi con la vista
o con la svista
quel fiore che non c'è!
Senti l'odore del mare,
tu
che sai amare con semplicità.
Possiedi la libertà
di respirare ossigeno
di libertade
ingenuamente lieto.
Guardi con fuggente
sguardo al penare.
Guardi il fiore,
anche se non c'è...
Inspiri
l'odore dell'inverno.
Perché chi sa amare la
vita
ama l'armonia
infinita.
 

8 marzo (Rimembrare mimose)
La spumosa aroma gialla
si diffonde nell'aura.
Luce primaverile tiepida
carezza l'infiorescenza dell'arbusto.

Flebili fronde ondeggiano
nel gentile zefiro;
a rimembrare:
“non ferire la fragile
lacrima di Donna!”

Donne: vittime di ingiustizie
soprusi, violenze...

Urna della vita, la Donna!
Nel dolce seno materno.

Stormiscono le fronde
di mimose, a rimembrare
che non bisogna ferire.
 

Guardare dentro l'urna
Guardare l'urna delicata
di chimere; scoprire
che non servono a vivere.

Trovarsi a sorridere
nell'ingenua follia
dell'inganno imbroglione.

Scorgere fra frattaglie
del vetusto passato,
quello che hai amato
quello che non hai
dimenticato, nelle fratte
del vissuto.

Esistere, non è amare
amore eterno.

Esistere, non è ambire
all'ambizioso.

Esistere, non è cingersi
di inanimati trastulli.

Esistere è amare
la naturale vita.


Alla Luna imbrogliona
Pallido, pieno il volto.
Impropria la luce. Astro:
non mantieni promesse!

Le spalle porgi, Luna.
La faccia volgi
imbrogliona...

A te il segreto ho
confessato, al pallore
del cuore, l'amore.

Il magnetismo luminoso il
seno ha
ingannato; nel petto ha

imprigionato passione.
A te, adesso rivolgo
Luna, il lacrimare...

Questa eternatrice
pioggia gelida
del tuo cuore...amaro amare.
 

Tiepida luce
Ti irradia questa tiepida
luce invernale.
Irradia
il petto, che spesso è
mesto.
Con tepore lo riscalda.
Con calore.
Un sorriso nel terso
esistere.
Un raggio di splendore
nella vita.
 

Come una fiaba
Gelido gennaio, dalle madide
mattine ghiacciate, brinate;
sopra sopite zolle imbiancate
come cime innevate:
bianche antiche Apuane.
Di cristallo il creato,
imbiancato gelato.
Con il guardo assorto,
ascolto la quiete
di nugoli rosso arancione
e la fredda gelata.
Sembra così lontana
la stagione della vita,
ma in realtà
è solo sopita; ed aspetta
il tenero bacio, come una
principessa addormentata,
nella splendida
fiaba, che è la vita.
 

L'ultimo raggio vermiglio
Avvolge il ricordo del sorriso,
il flebile bagliore del mattino
nelle palpebre di sogno intriso.

Sei rimasta come la rugiada
al tepore del raggio del sole.
Sottile bruma che dirada.

L'albeggiare vermiglio
assaporo, l'effluvio rosso
nel ricordo mesto sbadiglio.

Sei rimasta come miraggio.
Un sogno lentamente vanito.
Come nel vespro, ultimo raggio.
 

Ingiustizia!
C'è un padre, che guarda
nelle macerie del ricordo:
vede una giustizia ingiusta.
Nelle macerie del ricordo le
piccole mani dei figli, vede
bruciate, martoriate
Strappate alla vita.

La Giustizia, divora se stessa.
Prescritta sentenza, nella coscienza
nella rimembranza di trentadue
vite divorate da infami fiamme.

C'è un padre che piange!
Lacrime sulla cute arse,
nel seno spezzato dal passato
che arde, che ha rubato
dei figli i sorrisi…

Nella maledetta estate,
il ventinove giugno
del duemilanove…
Quando la giustizia è
bruciata nella strage,
La strage di Viareggio!
 

Amico Poeta
Poeta, amico dei pensieri,
di oggi, di ieri; che inviti
a sperare, ad amare il dì
che ineluttabile verrà.

Quando il vento dal mare
verso le alte vette soffierà…
La strada indicherà per amare.

Poeta, amico del verseggiare;
lagrime asciugo per poetare
lungo la spiaggia di questo mare.
Mare di speme che non teme il
Maroso.

Ondoso o in quiete, l'esistenza
da speranza nel frammento
di un sorriso intriso di gaudio

o nella carezza di un guardo,
che aleggia nell'aura sottile
e si frange come un onda
nel seno tumido timido
d'amore.


Ai miei Figli!
Dipingo note, il
desio del sorriso,
nell'imago dell'amore.
Sussurri il
gaudio della fanciulla etade,
dell'ingenua lieve
età.
Cuor di bambino,
Cucciolino, tenero
frammento del mio petto.
Nascere ho visto il
pianto, sul seno ignudo.
Sulla fragilità della cute.
In te, ho nutrito
la speme...il futuro passato.
Ho raccolto le
stille delle tue paure
per farne dolce
bevanda, effluvio, lavanda.
Tremule paure e fragili
falangi, per sorreggere
l'incertezza dei passi,
nei dì, negli anni.
Dipingo sillabe, le
strofe della nostra vita
di certe incertezze.
Abbiamo abbassato
alzando sipari...nelle stuccate
fessure dall'amore.
Ho visto nascere
la tua vita crescendola
nell'amore...io sono te!
Tu sei me! Nell'interminato.


I colori del tempo (della vita)
Quanto tempo è trascorso!
Non so quanto ne trascorrerà...
Di certo so, che esso, mancherà.

Qualche anno sulla cute
e nei capelli canuti,
già è passato... sconosciuto

ancora sono a questo
strano esistere, di dolori e gioie.
Per mano della vita, i colori

provo a prendere; tutti quanti
nessuno escluso. Anche quelli
scuri, e, quelli meno belli.
 

La verità della vita
La verità, è che facile
non è vivere.
Ciascuno, affannosamente le
chimere insegue
del fato prigioniero.

Il menzognero dì,
dell'anima è l'inganno.

Delizia lo spirito la
vita, con facili sogni.
Nella quiete, vorrebbe,
ciascuno il suo vivere.

Facile la vita
non è...ma colma
di meraviglia!
 

Scivola il tempo sopra fradici tetti
Scivola la pioggia,
sopra grigie
lacrime...come
tegole fradice
di singulto.

Percepisci lo scrosciare
del maltempo,
sapendo che smetterà
di piovere.

Tornerà il sole, e la
stagione bella.
Poi, sarà
la volta di piogge e
gelo...ancora.

Ma il tempo
non sarà
mai abbondante.

Nulla è per sempre!

Il singulto echeggia
più forte...ripeti
a te stesso: "nulla è per sempre!"

Resta, quindi,
l'inganno del rimpianto.

Per ciò che non hai fatto.
Per ciò che non hai detto.
 

Amor del vivere
Nevica, nevica su bianche vette.
Il ciglio evade nel freddo candore,
dal diafano vetro e il caldo calore.

Il flebile focolare, riflette
dolore nel raggio del sole e affligge
il biancore sciogliendolo. Trafigge

Il cuore? Non pena ciò che sconfigge
del petto il gelo. Del viver l'amore
rinnova cute di fresco calore.
 

Guardo di follia
"Madre! Madre!" Echeggia il verbo nel vuoto.
La voce nel vacuo, nell'infinito.
Il morbo: ha portato follia, ignoto

nel corpo. Domandi dov'è finito:
lo spirito. Dell'occhio, il dolce guizzo.
Non c'è il sorriso. Il seno avvizzito.

I lucciconi del cuor tuo vizzo
dal penar... nel ricordo paralizzo.


Il sogno vanito
Grigia pioggia scrosciava all'albeggiare
mentre mugghiava il mare contro vento.
Dormivo piano, restavo a rimare

il sogno. Come rugiada la sento
scivolare sopra il seno sereno.
All'improvviso mi sveglio! Ed invento

nuovamente il sogno, con il baleno
vanito...mesto, è rimasto il seno.
 

D'improvviso un giorno (dal balcone vuoto)
Imporporati trafiggono i raggi
nel vespro, grigie nuvole di pioggia,
fra gli ermi scheletrici spogli faggi.

Gracchia la gazza, e, appoggia
gli artigli sulla siepe verdeggiante.
Muta romita loggia.

Un altro dì vanito ingenuamente:
nel tedio indifferente.
 

Al mio amore...
A scriverti ho provato
sopra le note del vento:
versi e strofe ho rimato.

Stormisce il momento
lo zefiro sussurra,
ma il sorriso non sento.

La finestra azzurra
imprigiona il singulto,
il silenzio la serratura.

Scrivo, scrivo, ma il sussulto
sembra sopito,
la pupilla occulto.

Ti cerco nel sole rapito
dal maltempo,
ti cerco nel garrito.

Non so qual è il tempo.
Il mio dimenticato
nella quiete, nottetempo.

Provo ancora a scrivere
un pugno di scarabocchi,
provo, flebile, a sorridere.

Ho dimenticato balocchi
e sogni e illusioni,
no la speme. È negli occhi.

A scriverti ancora provo!
Poesia, mio amore…
In te, la forza del viver trovo.
 

Urna di gaudio
Stringo una fragile
urna di effimera felicità,
nelle stanche falangi.

Inalando breve sorriso
di pianto intriso,
abbraccio il flebile

sussurro azzurro
del vento; che sposta
nugoli canuti, come

i miei capelli.
La fragilità dell'urna
proteggo sul petto.

Brevi intensi istanti
di gaudio,
che della vita sono anima.


Cìano
Quante volte all'empireo hai sorriso,
dimenticando il rimpianto; di piuma
l'anima, leggera, fluttuo di spuma.
Il vento che asciugava il seno intriso

di gemito; fulgido fiordaliso
nel paradiso perduto; profuma
di porpora amore. Esso, ti consuma
Il dì, il dolor del cuore deriso.

Deriso da congetture, chimere.
Gualcito il petto. Rugoso petalo
appassito nel giardino di zolla.

Non hai mai più sorriso, alle severe
sere diafane d'estate, petalo
gualcito; delusa afflitta corolla.
 

La Speranza
1
La speranza è
nel bocciolo del più
umile fiore,
il quale mostra
L'infiorescenza, ogni
primavera dell'anima.
2
Raccogliere madida
Rugiada
dai petali del ciglio,
nei momenti più
difficili
per raccogliere
la speme.
Raccoglierla
per non smarrirla
nelle aride arsure
del cuore.
3
Respirare il
frammento del barbaglio,
nel frangersi di
onde sulla spiaggia: è
sperare ancora
l'infinito della luce.
 

Il Silenzio
Piangi muto Silenzio.
Piangi in queste ore
di assenzio.
Lungi dal sorridere
nel mutismo;
non riesci a sorridere.

Silenzio, il volto pallido
e scarno.
Nei tuoi occhi tumidi
di pianto; il rimpianto
ha scavato ferite.

Getta quella maschera
di sofferenza
e nell'assenza di parole,
grida, Silenzio, grida
il dolore.

Non c'è fiore
che non nasca
penando, nello sbocciare
da arida terra.
 

Verno
Di legno scheletri, nel grigio
inverno, di ogni speme spogli?
Onde sopra scogli si frangono,
del mare lacrime aride salate.

Estate lontana, amata, bramata.
Lungo inverno, il
grigiore dei dì, nei tuoi
sospiri.
Gelido il pallore, Verno,
sullo scarno tuo volto.

Il pomeriggio è avvolto
dalla bruma e madida
rugiada rugosa sulla
pelle fredda della stagione.

Imbroglione, ingannevole
spregevole: festività.
Ben diversa è la realtà!
Ricami, tessi chimere.
Tutte le ere, hai imbrogliato.

Inverno, forse come
l'umanità; come
il creato, sei
vittima del
destino.

Rimango con il
Cuore,
a poetare parole.
Rimare,
da versi legate, parole.
 

Un amor nascosto nel cielo
Il crepuscolo tuo terso, guardo.
Accarezzano azzurre sfumature,
uno sguardo dall'amore beffardo.
Viridi riflessi nel ciglio, alture

vermiglio, dove il costato codardo,
nel tramonto di gabbiani; le dure
lacrime silenti, ho stillato. Tardo
è il dolore dell'amore; oscure

paure di legare il cuore bastardo,
a te, cielo, nelle lacrime pure
del tuo saper amar. Son codardo

nel sentimento provar. Sfumature
vetuste, le quali il petto infingardo
hanno reso. O cielo, nel cuor fratture.
 

Bruma nella città
Era il ventitré dicembre.
Terso,non era il
cielo, ma di un grigio
fumo. La città, era

avvolta dalla foschia.
I colori sembravano
svaniti, avviliti
nel madido grigiore.

Le alte chiome di pini,
verdi
non erano; avevano
assunto il grigiore.

Un groviglio caotico
nel centro;
nelle strette strade.

Ascose, sfrecciavano
labbra imbronciate,
labbra serrate,
labbra non più amate.

L'unico candore,
erano alti gemiti
di gabbiani, sopra
ombreggiati tetti della città.

Pallidi volti, coperti
da virali mascherine,
come fatue fiammelle
si aggiravano meste,
fra saracinesche di metallo.

Era solo il ventitré dicembre.
Lo spirto sopito,
era del poeta passando.
 

La Sassaia
C'è un rivo artificiale, Sassaia il
suo nome. Esso scorre stagnante
silente; attraversa due confini
per sfociare nel canal Burlamacca
e bagnare il mare con le dolci acque.

Lungo la via, c'è un ponticello
e ospita l'impetuoso cenerino
airone, piccole anatre e garzette.

Scorrono come il canale le brevi
stagioni, ma il guardo è catturato
da questo bel dipinto paesaggio.

L'azzurro acquitrino, di verdeggiante
incorniciato da sponde d'erbetta.
Si stagliano infinite e riposanti e
brulle le Alpi Apuane. Esse torreggiano
silenziosamente, austere e vetuste.

Rio, crespate le acque dal Levante
o il Grecale, e, nella pace autunnale
per gli augelli acquatici sei sollazzo.

Artificiale fosso, con amore
nutri natura e questo ciglio attonito.
In te rifugio il dolore, il fiorire
del penare; le frali cose amare.

Rivo silente, non parli ma senti
il rumore della vita; sbeccata
dall'indifferenza, dalla parvenza;
e non si accorge della tua eleganza.
 

12 agosto 1944
C'è un silente paese,
nel virente colle ascoso.
Immerso, sommerso da viridi
castagni e faggi.

L'aura pesante, immobile
nella brulla terra, terra, che il
tempo ha inghiottito
seppellito per sempre.

Sul Col di Cava
grava una bianca
luce marmorea fredda.
Un sepolcro di terrore.

L'orrore brucia
il silenzio innaturale.
Ancora arde l'odore della carne,
l'effluvio della morte.

Camminando lungo la
via Crucis lastricata,
pare sentire il
cingolato...

...nell'insolito
silenzio si sente gridare:
le urla della madre.

Dalla straniera mano, uccisi
assassinati, sterminati
bruciati...

C'è un silente paese,
fra lussureggianti colli;
un luogo di culto
per non dimenticare.

C'è un silente paese.
Il suo nome è
scolpito nella lapide:
Sant'Anna di Stazzema.
 

La voce tremava
Tremula era la voce.
Le palme bollenti. Una
stilla dalla ciglia; una
lacrima sottovoce.

Timido era il flebile
sorriso, nella fresca
serata che rinfresca.
Virale, indelebile

male: le insicurezze
le incertezze, le paure…
Nel petto sfumature
di quel penare... brezze.

Ricordo. Erano stanchi
i suoi occhi nel sussurro.
Estinti nell'azzurro
fardello dei suoi fianchi.

Rimpiangere l'etade
spensierata. Fugace
fanciullezza. Fugace
gaiezza, ella pervade.

Respiro, ora, dolore;
ed infetta la speme.
Adesso il cuore geme
l'amicizia, l'ardore.
 

Lacrime consumate
Ho consumato il
lagrimare
a causa di questo petto
inetto al sentire.
Stupide promesse
di uno sopito spirito.
Ramingo romito.
Allungare le falangi del cuore,
per poter carezzare la
fragilità del respiro
del tuo sentimento;
con disprezzo, ho
rifiutato. Ma il
folle costato, ti ha
generato, ha
modellato l'amore.
Non è virtuale il
respiro.
Non è virtuale il
dolore.
Ho consumato il
piangere
ma non voglio
rimpiangere il vacuo.
Ho dedicato il
lungo ma breve
tempo ad inspirare
autocommiserazione;
adesso devo
alitare
l'altruismo del cuore.
 

Bianco Airone
C'è nel solitario campo
dal verno sopito, l'airone,
bianco augello ascoso.

C'è nel silenzioso campo
fra steli recisi, padrone
del terreno paludoso

il bianco airone. Maestoso
è il suo volare, arancione
il lungo becco per mangiare.

Il suo candido aleggiare
di ritorno nell'arancione
serale,al nido legnoso.

O airone, il tuo silente
volare, impetuoso
elegante, fuggente

rassomiglia al bramoso
esistere; dal fato
reso vertiginoso.
 

Ti scrivo sopra un bianco foglio
Ti scrivo, perché vorrei
abbracciare il sorriso.
Ancora. Una sola volta.
Vorrei stringere
quel raggio di felicità
e non essere trafitto.
Nella virale clausura,
è nato il penare.
L'invernale brina,
ha ricoperto
pupille attonite,
con uno strato di ghiaccio.
Ti scrivo, perché dovrei
raccontarti del barbaglio
del mare.
Intenso riflesso
da amare.
Ti vorrei spedire
il profumo di soleggiati
pomeriggi; coccolati
dal grigio gracidare
di cornacchie,
da bianchi garriti
di gabbiani,
dal marrone cinguettare
di passeri infreddoliti.
Ti scrivo, perché vorrei
dirti, che, appannare
un ermetico vetro
e la vita guardare;
non allevia l'interiore
male.
Riesci, solo, a vedere
il verde parco e l'azzurro
cielo e nevose montagne
e di augelli il volo.
Dovresti espirare
quel frammento del male.
Ti vorrei scrivere,
ma il bianco
spazio del foglio,
ho terminato!
 

Volto pallido, truccato
Sono un pagliaccio mesto.
Ho un tatuaggio indelebile
sulla guancia, una
lacrima.
Non sono un clown.
Non faccio ridere.
Non sono divertente.
La vita non è un
Carnevale.
Quando sono solo
Tolgo il trucco, la
maschera.
Lo specchio riflette
la fragilità.
Non sono Pierrot.

Sono solamente un
Uomo.
 

Shoah
Echeggiano ancora di neri
stivali,i rumori; sopra tarmate
tavole antiche di legno.
Dal terrore, nelle ossa scarne,
stridono i violenti passi.

Passi che dignità strapparono.
Umana dignità, di una
sola etnia, l'etnia: umana.

Ancora gli orrori risuonano:
dal disprezzo consumati,
dall'odio contro l'umanità.

C'è un eco di dolore:
nella terra insanguinata,
nell'aria da forni incenerita.

Rimbomba il grido.
Esso urla:
"Non bisogna dimenticare!"
 

Lo scrigno
Ciao, il tempo è
passato ed ha
intriso il sorriso
di bianche
rughe.
Scrivo
ancora poesie...sono
stille dell'anima;
rugiada sulla pelle,
dalle illusioni afflitte.
Non ho più passioni, le
ho chiuse nello scrigno, il
quale non apro più.
A volte come
déjà vu, il
guardo vive analoghe
situazioni: sogni
in prigioni; frammenti
di cordoglio; frammenti
di gaudio.
Raccontano dell'inconscio,
che nello scrigno ho nascosto.
 

Affreschi d'inverno
1
L'albeggiare con bagliore
arancione, le vette
disegna
il profilo con penombra.

Dai campi a maggese
evapora una debole
nebbiolina, simile
al respiro di zolle.

Un bianco
tappeto di cristallo
ghiaccia l'erbetta
sopita.

Osservare l'affresco silente.

2
Scorre la gelida acqua
Invernale.
Anatre indisturbate
aleggiano
sopra gli spogli tigli infreddoliti.
Brulicano colorate
lucine, per l'avvento.

Ricolmo il
letto del fiume.
Sciaborda silenzioso
come umile
forestiero da montagne
sceso.

Si getta nel sale
del mare
per la vita amare.

3
Gelido sole del verno,
spicchi oro, rifletti sopra innevate
cime.
Amo, inverno, il brullo aspetto
della stagione tua.
Il freddo respirare.
Il raffreddato sole.
Il fanciullo rimembrare.

4
Affresco brinato, di un
tempo passato; bambino
spensierato...tirare
sassi nel ghiacciato rivolo, nella
pozza.

L'attesa
della vigilia
di Natale o il nuovo anno
e la befana.

Ricominciare
la scuola
finite le vacanze,
con l'amaro in bocca; fine
dell'incanto.

5
Il tramonto dipingi
come affresco fresco,
Inverno
con limpidi colori
senza bruma
senza foschia.
 

Parole mute
Silenzio eloquente, eguali vene
e quel non favellarci, che discosto
ci ha portato. Silente, eri nascosto
anche nelle tue silenti pene.

Due stranieri, le parole aliene
nello stesso nido, il costato opposto.
La memoria perduta, decomposto
il ricordo che al silenzio appartiene.

Nell'anima l'incurabile male;
ti sottrasse la vita con dolore.
Tacito, trapassò il manovale.

Nel mio cuor non ti porto rancore;
porto il pesante tarmato scaffale
dell'assenza tua, il tuo non amore.

Nell'anima il dolore
arde, dalle ciaffate ricevute.
Padre, oramai le parole son mute.
 

Al Libeccio
Libeccio, che sbuffi sulla costa,
mugghi e scaraventi le onde
sulla battigia, e le fronde
della palma alla furia esposta.
O libeccio, immortale sei
ed hai girato la crosta;
dal tuo stormir vorrei
saper la verità nascosta.
Perché nel penare dell'esistenza
poi si muore? Perché non è
dato sapere? Essenza
del peregrinare è
il viver tuo, come
l'araba fenice, dalle ceneri
ritorni a spirare, e, come
il tuo nome, porti e degeneri
con temporali. Il creato
tutto, ha da riparare
la vita, dal temporale.
Nel suo errabondo viaggiare,
poco è il tempo di capire
e si perde in chimere,
o in patetiche congetture.
Libeccio, concreto ed astratto
è il tuo soffiare, tutto sai
ma non puoi confidare.
Io non so nell'apparenza
dove vai a morire, tu,
rinascere puoi, a noi rimane
sparire da questa zolla infetta.
 

Mesta carrozzella
Ti vedo, nel letto solitario.
Candide lenzuola ingessate,
lavate, inamidate
nel letto d'ospedale, nel sudario.

Il cuore ti ha ingannato.
Adesso sei triste.
Solo, nello stanzone, e, non esiste
l'azzurro, e, ti senti condannato.

Nella calda fredda stanza;
tediose le oziose ore
e si allunga il batticuore,
nell'attesa dell'ambulanza

la quale ti deve portare,
le deboli gambe a riabilitare.
Lunga l'attesa di un sorriso
d'amore, dei nipoti intriso.

Spingi la mesta carrozzella
in corsia, vicino la barella.
Bella è la vita,
anche se nel cuor c'è una ferita.
 

Temporale
Bum, il tuono in lontananza,
secco nella stanza, risuonava.
Tremule finestre serrate.
Shhhhhhh, l'acquazzone,
forte sull'abitazione echeggiava.
Roggio tetti intrisi.
Fiuuuuu, il vento,
sibilava violento le
cime di alberi piegava.

Attonito sono rimasto.
Grigiore stupore
nel ciglio smarrito.

Sbalordito, smarrito
dalla naturale forza.
La scorza canuta
dalle quarantaquattro passate
stagioni; ed incantato ancora,
dalla natura, la furia.

Rimango muto a mirare,
vicino la finestra,
il vibrare del temporale.
Pensando a quanta vita
passata, e quanto è
cambiata.
 

Gocce di pioggia
Cerco di raccoglierti
come una fragile
goccia di pioggia.
Sei fredda delicata,
aleggi nel grecale,
sopra la mia cute
come rugiada,
come brinata.
Non sento il freddo
tuo odore, non c'è dolore.
Il disagio piacevole
di sentirti sopra le mani
o rimbalzi sulle gote.
Cerco di raccoglierti
tra le dita...ma fuggi.
Restano le dita tumide,
umide, irrigidite dalla frescura;
ed ho paura di cadere
vacillando nell'insicurezza
della sicurezza.
Non c'è certezza
che non sia frale friabile
al respiro dell'incertezza.
Ma sorrido, mentre le
labbra si bagnano
di vivo gaudio;
perché, io, vivo.
 

Inanimato
Ho appoggiato l'argentata
penna, sopra il
foglio bianco.
Non è un resa;
tanto meno una
sconfitta. Un
profondo respiro ho
inspirato; ho inalato
l'aura fredda
invernale. Vicino è
il Natale, ma un aria
innaturale ha
uno strano tintinnio.
Non è un addio,
tanto meno un
arrivederci.
È un sospiro.
Il bianco
foglio giace
fulgido inanimato.
Non so se abbia
mai amato.
È fermo, inanimato.
 

Lauro
Cingi la vista con sottili rami,
odorosa siepe. La foglia verde,
l'infiorescenza a primavera e drupe

in autunno. Del vincitore brami
le gesta o del poeta sempreverde
il poema. Sull'ermo colle, rupe

di quiete, tu, siepe, escluso hai il ciglio.
Interminato bruisce il bisbiglio.
 

Vermiglio pettirosso
Nei frammenti di luce
riflessa da gocce di rugiada,
lentamente la bruma dirada.
Una scheggia di vita seduce.

Il frale zefiro sfiora i pensieri.
Viride erba invernale, sopita
dalla madida brina della vita
invernale. Sussurri forestieri

stillano da labbra tumide
del petto: il pettirosso
chiccola nell'albeggiare rosso.
Salate lagrime umide

gocciolano dal franto ciglio;
algide come la guazza
e il cuor imbarazza
nel rivivere ricordi vermiglio.

Vive e rivive l'amaro
odore del dolore,
come gelido fiore
spoglio, di ricordanze avaro.
 

Come un arazzo
Nascondevi il dolore
nel sorriso, e, l'amore
nel pianto senza rimpianto.

Della vita ritenevi essere
il pioniere
e insultavi il non vivere.

Ebbro di silenzio
sputando l'assenzio
da labbra tumide.

Ti appellavano "strano"
per il comporre liriche.
Dagli occhi lontano.

Ti chiamavano "pazzo"
per il tuo essere poeta.
Simile all'arazzo:

dipinto su tessuto
da rivestire
la parete.
 

Il senso della vita
Nel sussurro del tempo
hai smarrito un lamento:
ricercare nel cuore
il senso del viver l'ardore.

A lungo hai mirato.
Il dolore lo hai consumato
tra tormenti e chimere;
nel batter il ciglio son scorse le ere.

Ti hanno chiamato folle,
le mute bocche di folle;
avventori incoscienti
o illusi dai tormenti.

Di pensare hai smesso
per il dolore che è in esso.
Non vuoi più cercare!
Infinita la vita, come il mare.
 

Ascoltando il chioccolare
Nelle fredde mattine
di neri merli
che chioccolano
e beccano semi,
mi domando del vivere.
Sono nato dentro
chimere; megere dell'adulta
etade.
Ascolto il chioccolare
libero, del naturale
vivere.
Grigi i pensieri
dai capelli nascosti,
riposti
nell'angolo del costato,
di afflizione intossicato.
Belli del viver i frutti,
ma difficile da cogliere.
Rivivere non potrei,
questo prezioso dono
che non ho capito,
che ho assaggiato,
ma non sono riuscito
a gustare!


O zefiro
Zefiro, vorrei catturare un
frammento
del leggero tuo essere;
volare
spensierato,
sulle vette
e planare
sul libero pelo delle onde
del mare.
Sorseggiare
l'orizzonte del tramonto
o deliziare
il palato con l'albeggiare.
Sfiorare
degli ugelli le ali
e nugoli spostare,
candidi nell'azzurro
empireo.
O zefiro
imporporando
le gote
invidio il
tuo essere libero.
Non hai lucchetti lucenti
d'ottone
di chimere.
Non hai il peso
del cordoglio
il quale zavorra
il tuo alitare.
Come fatuo spirito
che non posso catturare,
carezzi
di terra la zolla,
e te ne vai...
 

La brina di ricordi
La prima brina sull'erbetta verde,
di domenica di novembre; azzurra
aura gelata e il silenzio si perde

nel mattutino parco comunale.
L'uggiolare del cane risuonava
gaio; mentre anelo sul davanzale

della vita lo scorrere i ricordi;
attimi di gaudio che hanno graffiato

il passato, rumori come accordi
stonati, abbandonati nel passato.
 

Il seme dell'acero
Come di spirito fanciullo, vado
giocando con dell'acero il semino.
Un elicotterino che mulina.

Con l'assente cuore e pensiero, evado
la realtà; con il gioco, piccino
ritorno, e, l'ala nei sogni turbina.

Poi dalla mano il semino ho perduto.
Alla realtà il cuor ho ceduto.
 

Natale fanciullo
"Si accendono e brillano
gli alberi di Natale..."
Prati brinati scintillano,
e decorato l'annuale

albero, di colorate
palline; fili argentati
e piccole cascate
di lucine adorate.

Brillano di risate,
di ogni bambino;
di speranze non salate
non spezzate; ogni cuoricino.

Si veste di magia
dicembre, e così sia...
Del fanciullo è la fantasia,
per favore,...così sia.

Dell'ingenuità svanita,
ogni adulto ha assaporato,
anche se è svanita
fra chimere; abbandonato

nel passato fra rimpianti
ed amarezze e certezze
il Natale senza pianti.
Oramai sono rimaste amarezze.

Spensierati cuoricini
in ogni dove...
Lasciamoli sognare i bambini,
con cuore che si commuove.

Ode all'augellin
O augellin, che in estate
sostavi sul davanzale;
nelle giornate splendide assolate.

Con il canto giungevi di cicale,
non timoroso a beccare
di pane piccole briciole, puntuale.

Il soave tuo cinguettare,
un dolce richiamo;
un richiamo ad amare.

Il semplice tuo viver amo.
Il libero volitare, e, leggero
nell'azzurro o sul ramo.

Nell'inverno, spero,
ancor udir il canto
sincero, il canto mero.

O augellin, affranto
son senza la compagnia
del tuo beccare...affranto.

Il guardo al balcone, e, tuttavia
semino bricioline,
aspettandoti con allegria.
 

Non c'è...
Non c'è scritto
nella Costituzione,
che i burattinai,
i quali comandano
la Nazione,
a causa della pandemia
ci debbano rinchiudere
in prigionia.

La salute del cittadino
è prioritaria
anche se birichino.

Ma, se negli ultimi
venti anni
invece di tagliare...e sparlare...
della pubblica sanità,
avreste tagliato
la vostra liquidità...

adesso la pandemia
non sarebbe agonia.
 

Pietrapana
Svetti superba, o Pania,
dalla brulla imponenza.
Dal mare ti riesco
ad osservare; sei bella.

Sei imponente ed eterna,
al ciglio mio appari.
Mi hai visto cucciolo
a quattro zampe camminare.
Adulto passeggiare a due
gambe; chi sa se mi vedrai
curvo su tre arti canuti…

Ammiro la tua grandezza,
e, con allegrezza inspiro
la tua saggezza, la
saggezza antica.

Austera e silente, nel meriggio
il sole rifletti; specchio
di bellezza, di gaiezza.
Ti miro dalla mia Viareggio.

Con un orecchio, ascolto
lo sciabordare del mare;
con l'altro il tuo silenzio,
o la gelida tramontana.

Nel mezzo a questa meraviglioso
quadro d'autore,
sta il mio semplice cuore:
a volte fragile altre ascoso.
 

Pare un fanciullo
Simile all'innocente fanciullo,
stupìto rimango
dall'infinito mutamento
delle stagioni. Annullo
il dolore del core,
raccolgo il fiore non appassito.

Dal sospiro caduto, rammento
il silente inghiottire:
questo gaudio interiore,
amore che mi fa ardire.

Ristò rapito
dalla gialla foglia caduta.
Dal volo della gazza colpito.

Da dense nuvole canute,
sdraiate su vette innevate
e gocce di brina mute.

Ghermisce il guardo
lo sciabordio del mare
e il gabbiano tardo.

Ristò rapito
dallo scorrere del rivo,
dallo scrosciare infinito.

Come l'ingenuo fanciullo,
impaurito rimango,
atterrito dal cangiamento
della vita. Brullo
sentire all'imbrunire:
nello spirto il vagire appassito.
 

Luci lontane
Oh! Della notte la fascinazione.
La maraviglia delle brulicanti
colline, luci lontane anelanti
come le stelle notturne arancioni.

Sfavillìo di luci, pare visione
di presepio; percepisco gli incanti
di bambino, gli alberi scintillanti
di Natale con la trepidazione.

Rimiro nella notte, la quiete.
Il parco vuoto dall'umana gente.
Vacuo chioccolare del pettirosso.

Madido petto dal guardo commosso,
di trascorse emozioni; sofferente
passione e le rimembranze segrete.

Nel cuor del poeta come comete.
 

Smog
Quando vado a lavorare
all'albeggiare,
con il vetusto scooter,
gusto l'aura dall'essenza
profumata, colorata
dalla natura pura.

Quando a casa rientro
nel centro mi addentro,
sento l'aria guastata
non profumata.
Malsana ed infestata da smog.

Stiamo soffocando
senza rimpianto,
la natura madre!
 

...in te intendo morire
Nel viareggino “Piazzone”
sei cresciuto con giubilo
e amore per la tua città.
Per il prossimo la
vocazione:
un ottimo psichiatra
ti porta ad essere.
A "Magliano" il
cuor ha segnato
amor, rispetto...

Il poeta cantore
con ardore
poesie e romanzi
ha districato
le tue creature
umane, e,
lo scrivere...

Gli ultimi hai
Amato.
Non hai
abbandonato
la loro follia.
L'anima sensibile,
Mario
hai trovato...

" La tua vita è
lì. I pazzi sono
tuoi simili."
 

Rattenere
Rattengo il
respiro, prigioniero
della mascherina virale,
a causa di questo surreale
morbo.
Non riesco
a inspirare l'aura
crepuscolare,
l'effluvio delle stagioni
detenute nelle prigioni
di filtri chirurgici.
Sento il rumore
nel timore del passeggiare
di gente assente:
vacuo il guardo,
obliato il saluto,
occultato l'abbraccio.

Rattengo il
respiro preterito,
come di libertà,
ricordo libero; come
il fragile battito azzurro
di ali..

Vorrei respirare
il fruscio di secche
foglie.

Vorrei alitare
lo sciabordare salmastro
del mare.

Vorrei boccheggiare
il rossastro
del tramonto…

Rattengo il
respiro…
e respiro la
speme.
 

Serenata al chiaro di luna
Pianoforte continua
a musicare.
Questo straccio
di cuore, arde ma muore
in questo silenzio
che sento.
Il petto arde ma non brucia
passione; è gelido
simile all'inverno.

Pianoforte continua
a suonare.
La tua melodia
raggiunge
questo brandello
di cuore.
Forse non muore
silente...

Pianoforte continua
ad esibire lo spartito.
Niente è finito
nell'interminato...
 

Raccontami di te...
Raccontami di te, del sorriso
se è intriso di cordoglio.
Delle palpebre. Delle tumide
labbra. Delle madide mani.

Raccontami di te,
della solitudine
che inettitudine diventa
del vivere.
Della distanza che ci avvicina
nel penare; ed è brina nel cuore.

Raccontami di te, delle illusioni
che abbandoni nei lucciconi
del tempo; il quale lento
veloce scorre... Sento
lo sciabordare.
 

Mese di maggio
Questo stormire, potrebbe il viaggio
ultimo essere...Sognare Nettuno,
sfiorare con il respiro la vetta.

Nelle verdeggianti fronde cinguetta
il romito augel ; non ode nessuno
il canto mesto nel mese di maggio.

Vorrei come la rondine emigrare,
l'oceano libero attraversare.
 

Una finestra di allegrezza
C'è una finestra
che da sul parco.
Una siepe ad arco
cinge una ginestra.

Lontano i tigli si vedono.
La magnolia e l'olivo.
Un'aiuola. Tutto descrivo.
Con lo sguardo allontano

il penare, questo male
che affligge e trafigge.
L'acero rosso, sconfigge
il silenzio lungo il viale.

Guardando il bozzetto,
con le apuane opposte
al mare, da nuvole nascoste.
Guardando il parchetto

il mio cuore ha un sussulto.
Assaporo della natura
la bellezza genuina, pura.
Di gaudio lo spirto un singulto.
 

"Canaglia"
Sembra che la nostra amata città,
abbia dimenticato, della misera
e orrida, leggenda del pittore.

Povero e ribelle, lungo la darsena
a vagabondare, sognare Parigi
e la fama. Puccini e d'Annunzio per

amici, ma più al costume;
rispetto al tuo anarchico
dipingere, disegnare, sognare.

Ribattezzata dai concittadini
viareggini, Piazza delle Paure
la tua collaborata innovativa

scultura ai caduti in guerra scolpita.
Sulle tele hai dipinto poveri
e derelitti, ultimi nella vita.

Meste pennellate, come le
poesie da me pubblicate.
Espressionismo dialettale

per raccontare nel cuor
il male del viver del tuo
tempo. Dalle tele al romanzo

con ardore viareggino
umile e cantore nell'arte.
Poeta sconosciuto e taciturno

sono io, tu maestro di virtù.
Non dimentico le tue gesta
e spero che Viareggio

ricominci a narrare
di Lorenzo il pittore:
che grande ha fatto la sua città.
 

Sfiorare il viaggio
Sfioro con le labbra lo sciabordare
del mare, fra docili onde; delfini
diafani che il frale petto inebriano.

In questo accorato viaggio, siano
compagni delle lacrime; genuini
consolator del penare. Affogare

vorrei questo dilaniante silenzio.
Naufragar...meno amaro dell'assenzio.
 

Il treno ha fischiato
Delicatamente socchiudo la
palpebra, un rumore irritante, irrita
l'iride. Una lacrima stilla arida
asciutta. Vermiglio bulbo oculare.

Di luce infetto, questo rumore
cieco rende lobo intorpidito.
Rende folle questo afflitto respiro,
dall'alienante vivere.

Muto, non vedente
dalla realtà assente.
Impalpabile prigioniero;
mero fanciullo nell'animo.

Fischiano ossidati binari.
Fischiano binari alla stazione.
 

Sconfinata passione
Solo ero rimasto, all'interno, vuote
l'ignude ossa caduche di passioni.
Anche il sorriso stinto sulle gote,
è svanito dalle labbra marroni.

Il silenzio di spoglie fronde, scuote
il fruscio dei pensieri; afflizioni
di oggi e di ieri; come le vuote note
della melodia: afflati imbroglioni.

Mesta pupilla, nel vacuo smarrito.
Spirito sopito, obliato il ricordo.
L'effluvio aleggia sulla frale pelle.

L'aver amputato il fiore sfiorito:
questo dolente cuore folle, sordo
alla muta notte, alle algide stelle.
 

Mare mosso
Non sai quanto ho pianto il
rimpianto, come naufrago
nello sciabordare del mare.
Lo sgomento del lamento
franto affranto, sopra aguzzi
scogli, dal mugghiante
maestrale dell'esistenza,
in assenza del tagliente
sorriso di indifferenza.

Non trovo l'ormeggio
lungo il molo; galleggio
nella buia notte, dove il
faro non illumina la
rotta; rotta speranza
franta infranta, sulla
battima schiumosa
fra granelli di sabbia
e schegge affilate
di conchiglie vuote.

Non sono un relitto
ma derelitto sentimentale;
evaporato sotto le stelle
e la metà della luna
che vanitosa riflette
il riflesso rubato
dal riflettere solare.

Non scruto l'orizzonte
avvolto nella bruma
tagliata dal garrito
del gabbiano.

Non sono smarrito,
ma tramortito da un esistere
fatuo, ed ingannevole;
debole per affrontare
il mare burrascoso...
 

Aleggia l'alito della nebbia
Come alito aleggia, livido
sopra madidi mattutini campi.
Fragile leggera nebula, brivido

emozionale, negli agri ampi
silenti; occultando il guardo.
A maggese o coltivati campi.

O nebbia impalpabile, beffardo
il tuo nascondere cose; scialbo
sorriso di mesta rugiada, e guardo

il bianco mantello, e, respiro il tardo
sentore umido mesto di ricordi;
i quali, nascondi nel bugiardo

obliare, dal sole trafitto, e, scordi
di cancellare il dolore, e, resta
nell'anima, guazza ai bordi.
 

Madrigale
Campi solinghi lasciati a maggese.
Nere e bianche gazze dalle piumose
code; volitano lievi, armoniose.

Al suono di campane del paese,
sbadigli pigri stropicciano il ciglio
all'aroma di caffè. Nel groviglio

dell'alba, fra le foglie, il nascondiglio
di cinguettanti passerotti. I raggi
trafiggono pandemici retaggi.

L'ingannatore morbo, nei sondaggi
serpeggia, e, l'autunnale madrigale
festeggia, con la paura mondiale.


Limpidi fondali
Nudi tigli timidi, corrono
lungo la provinciale; spogli
infreddoliti. Muti scorrono
le quattro stagioni negli imbrogli

del tempo. Rami intrecciati
che ascoltano il gorgoglio
del fiume diafano; innamorati
del silente ascoltare. L'orgoglio

nel suo mutare, nel rinascere
germoglio di vita trasparente.
Puro nel suo saggio scorrere.
Il flusso ondeggia, non mente...

Sciaborda nel soffice letto,
impetuoso nell'inverno,
scarno d'estate l'aspetto.
Uno sciabordare fraterno...

Antichi ignudi tigli,
vestiti in primavera.
Nell'autunno giacigli
di foglie per l'austera

tramontana; della bruma
profuma freddo. Il rivo
raccoglie con la schiuma
le caduche foglie furtivo

e pittura il suo flusso
limpido, degli autunnali
colori. Gorgheggia l'afflusso,
nei chiari fluttui fondali.
 

Una vibrazione viva
Ho percepito vibrare la vita.
L'ho sentita tuonare nella riva
del canale, nel porpora albeggiare,
nell'immenso volitare di nugoli.

Ha vibrato nelle vene ostruite,
incallite dall'afflizione; dalla
paura di incedere nell'esistere.
Diroccando il lamento soffocato.

Autocommiserazione, prigione
di se stesso, dell'interiore male.
Torno a respirare il sapore lieve;
amare vibrare la vita e il cuore.
 

Era il due novembre
Sottile nebbia pallida,
albeggia nel dì
dei morti. Candide
margherite, sedici
petali che parlano

di morte e dolore.
In questo mesto
candore, si ricorda,
chi abbiamo perso
nell'amaro dolore.

Bianchi crisantemi
sopra mute lapidi,
e loculi e tombe
di gelido marmo.
Ricordo sepolcrale

di chi è trapassato,
di chi è sprofondato,
nel vicino lontano
passato; è trapassato.
Resta la mestizia silente

assente negli ammutoliti
cimiteri diroccati,
trascurati dal passare
di stagioni; alluvioni
della vita indifferente

o distratta dal presente.
Della morte ci scordiamo.
La ricordiamo a novembre;
data, in cui rimembriamo
che la morte ci attende.

Al cimitero cadente,
andiamo alla ricerca
del nostro passato o
solo di chi ha preceduto;
per esorcizzare paure.
 

Autismo
Sei fermo alla fermata
dell'autobus.
Saltelli ripetutamente, come
un giocoliere, saltelli sempre.

Nel tuo muto parlare,
nel tuo parlare muto.

L'autistico sognare,
forse, dell'agognare
realtà, è più reale.
 

O Solitudine
Amata e desiderata; che dietro
le spalle, respiri e sospiri...
nel crepuscolare inspirare
nei canuti caduti capelli.

Solitudine,
delle quiete sere
delle sere agitate.

Inabissi il
guardo
fra parole di prole
e perdute poesie
silenti, o, assenti.

O solitudine, tu,
sei compagna
di chi si accompagna
nel silenzio.
 

Il sogno proibito
Il firmamento respirando,
nel seguire
la chimera; sognando
l'aura casta
libera dal fardello.
Ancorati
nell'abisso dell'esistere.

L'effimero sognando
nelle travagliate tenebre
di notti, come la
pece. Liberando
l'immonda sofferenza…

Appeso restando
fra milioni di congetture.
Sprofondando
nelle paure.

Ma resta un sogno.
Sogno proibito.
Libero di respirare
disteso sul prato.
Fra Margherite di libertà
e piccole viole di serenità.

Nell'ombra immensa
dell'abete: di verità!
 

Ragazzi in scooter
Sorrido.
Sorrido, nel guardare
i ragazzi in scooter.

Rumorose marmitte.
Bianco fumo d'olio.

Ricordo.
Ricordo, la giovane età.
Anche io ero illuso...
Il mondo da conquistare.

Smanettano, i ragazzi.
Rumorosi scooter.
Marmitte attorcigliate come
serpenti cromati...
Casco da enduro,
vistosi giubbotti.

Sorrido.
Sorrido alle chimere.
Un dì svaniranno come
le ere...
 

Poetare pandemia
Non toccate, nel momento di pandemia
due pilastri di civiltà, sarebbe blasfemia.

Non toccate istruzione e sanità, salvate
il diritto al sapere e il curare: immacolate.

Per anni avete tagliato e sfruttato.
Avete due colonne strangolato.

L'insegnamento e sanità siano protetti
per carità! Non ci rendete pupazzi inetti!

Non son nessuno per sentenziare
o accusare. Sono qui ad enfatizzare

la libertà culturale, e, la sanità
per chi sta male; senza asperità

o disparità economico sociale.
Sperando non sia manovra trasversale!

Mi taccio. Ho finito di decantare.
Era solo il mio umile poetare.
 

Ignavi
Coloro che passando
ostentano
indifferenza
per le creature e il creato.
Assenti gli occhi
dal gaudio
e il dolor.
Indifferenti
al naturale respiro
della vita.
Succubi
della loro stessa
assenza.
Vili villani,
vacui
spettri.
 

Erba della Pampas (Cortaderia selloana)
Pannocchie piumose ondeggiano,
frusciano, nel campo lacustre
a maggese. Erba palustre
l'intenso verde tagliente, riecheggiano

l'infiorescenza in agosto fiorita;
pannocchie piumose, color crema
o argento o rosa; e custodita
fino alla primavera dall'ecosistema.

Nel mese di ottobre malinconico
e ignudo, ondeggiano liete
nello zeffiro le piume; quiete
nell'ondulante armonico

nel campo dall'arato abbandonato.
Il guardo rapito, dal silente
oscillare, dal portone accorato
il mio occhio rapito. Apparente

gaudio, o gioia rapita dalle mura
grigie dell'industria. Nel gelo
dell'inverno, muti colore allo stelo,
beige fioriture; che rassicura

il tuo perenne portamento.
Respiro il tuo fluttuare
dolce e rassicurante; e addormento
il tormento ventricolare.

O cortaderia amo il tuo stormire.
Delle tue pannocchie piumose,
amo l'anima vestire.

O cortaderia amo le armoniose
infiorescenze, che all'imbrunire
sono simili a piccole nuvole sinuose.
 

Allegrezza da non dimenticare
Non voglio dimenticare
il profumo umido
dell'autunno.
L'odore grigio
di muffa, o il porpora
del mosto o il giallo
del granoturco steso al sole.
L'odore bianco
dei comignoli al crepuscolo.

Non voglio dimenticare
l'effluvio gelido
dell'inverno.
Il profumo ghiacciato
della brina.
L'aroma della tramontana
azzurra e fredda
carezzare la pelle.

Non voglio dimenticare
la fragranza colorata
della primavera.
L'aroma rosa
del pesco o del melo bianca.
Il virente odore dell'erba
o il profumo giovane
di nuove margherite.

Non voglio dimenticare
il profumo salato
dell'estate.
L'effluvio schiumoso
di sciabordanti
onde del mare
o il chioccolare
rosso del pettirosso,
o il vespro vermiglio
o l'odore pungente di pini.

Troppo ho dimenticato.
Obliato
nel passato.

Non voglio più dimenticare,
il piccolo germoglio d'amare.
Il piccolo germoglio di vita.
Un'allegrezza infinita.
 

Rimembranze ossidate
Tutti i ricordi sono arrugginiti.
Schegge e reliquie e minuzzoli antichi.
Mosaico, puzzle: esistere svaniti.

Dal sentimento ossidati, del tempo;
dal tormento corrosi, come plichi
di mute carte, scordate contempo.

Nascondere nel sudario di rime
i ricordi; parvenze di illusioni.

Nascondere la sindone sublime,
nelle strofe occultate alle afflizioni.
 

Monte Prana
Prana, tondeggiante virente,
con la schiena brulla.
Lungi dal ciglio, non assente
all'indagator guardo; nulla

è più bello di questa vista:
nuvole che ombreggiano
la cima; dal rosato la vista
catturata, dal gabbiano

che di lontano sciaborda
nel crepuscolo. Sorda
malinconia, non lasci
questo cuore,e, rilasci

il dolore, il sapore amaro
lo sperare avaro...
di non poter raggiungere
la vetta; non poter giungere

a te, o Prana, invernale pandoro
sfiorato da starnuti di neve,
che scende per Natale lieve.
A te, o Prana, con il riflesso oro.

Rimango solingo sulla terrazza.
La canina, a correre come una pazza.
 

Nei campi Elisi
Quando il corpo stanco non riuscirà
a sorreggere l'anima, il respiro:
canna scossa dal vento, oscillerà

nei campi Elisi, intrisi
di cordoglio, di amare
illusioni, rimembranze, sorrisi.

Le sofferenti lagrime versate
sopra i fiori appassiti

nei campi Elisi, alla brezza rubate.
Rugiada d'amore che ci ha guariti.
 

Sentire vergogna
Per pudore, non ho sfiorato il riso
tuo.
Non avrei voluto gualcire il tenero
momento.

Per pudore, non ho respirato il
profumo.
Non avrei voluto abbruttire i diafani
colori di rugiada.

Per pudore, sono sprofondato nel
rossore.
Non avrei voluto appassire il frale
sentimento effimero mero.
 

O Nettuno
Nettuno, annega
le lacrime nelle tue onde.
Confondile con il
sale marino.
Questo cuore malinconico
sciabordalo
con l'immenso tuo ondeggiare.
Naufraga il pensiero.
Naufraga il tedio.
Naufraga il cordoglio.

Nettuno, annega
la solitudine nello sciabordare.
Scagliala contro gli scogli.
Frangi la durezza.
L'asprezza.
L'aridità.
Seppelliscila nella grigia
granulosa sabbia.

Nettuno, non cancellare
il disegno del bambino.
Non cancellare il sorriso
disegnato da fanciulle mani.

Nettuno, non obliare
quel piccolo capolavoro
con le tue onde...
Ritirale dalla battima.
Non cancellare il ricordo!
 

Barbaglio
Mi sono arrestato
davanti la luminosa
strada, sul diafano
azzurro riflesso.
Mentre, lentamente,
una vela bianca
l'orizzonte ombreggiava.
Ho immaginato
di percorrere
la luminosa scia.
L'abbaglio eterno
di luce di vita.
Smarrita la mente,
solo il lento
rumore del mare,
riusciva a scheggiare
il silenzio.
Qualche schiamazzo
di bambino
echeggiava sulla
spiaggia, fra conchiglie
ramoscelli e la verde
erbetta autunnale.
Alle spalle i cantieri navali,
la pineta di levante
e un enorme silenzio,
il quale,
aveva inghiottito il
Tempo.
 

Spensierato albeggiare
Solo ho camminato sul muraglione;
dal gaudio ero abbracciato.
Così felice, non lo ero stato
da tempo. Un magone

ondeggiava nella mente;
mentre l'occhio dal mare
rapito, dall'azzurro amare,
nella sua quiete mugghiante.

Da tempo non respiravo
il profumo delle onde
e non toccavo le sponde.
Da tempo non respiravo!

Claustrofobica è la vita.
Ermetica esistenza!
Ma la speme non è finita.
Della gioia non resto senza.

Mare, continua a dondolare
i sogni e l'effluvio.
Fammi volare.
Non smarrirmi nel diluvio.

Ormeggiami sulla costa.
Sono un relitto rugginoso;
niente ti costa
lasciarmi pensieroso

sulla tua battigia.
Non è una grigia
giornata,
è solo l'alba spensierata.
 

Puoi...
Puoi chiamarlo
come vuoi.
Puoi gridare
il suo nome.
Puoi piangere
e tremare
e bestemmiare.
Puoi ostentare
il potere.
Puoi voler
Comprare.
Puoi fuggire
lontano.

Ineluttabile, passo dopo passo
nel gelido silenzio, il trapasso.
 

Rimpiangeremo
Purtroppo arriverà il

Il quale, entrambi
rimpiangeremo il
tempo sprecato
accartocciato
e gettato
lontano da noi.

Purtroppo rimpiangeremo, i
sorrisi.
Le parole.
Le carezze.
Quel delicato fragile
bacio
Casto,
sopra la chioma.

Sarà tardi per rimpiangere?
 

Il respiro di un brivido
Scusa il mio guardo timido.
Ho sempre guardato con ciglio
imporporato. Nel giaciglio
dormo come nel tumido

grembo materno. Frale
Il rosso sorriso canuto,
e nel viver astuto
non sono; ma leale.

Abbasso le pupille
per pudore per rossore.
Vivo nei pensieri, cantore,
con timore delle stille

del cuore malato; avvelenato
dall'afflizione del sensibile
spirto, dal dolore invisibile.
Fragile, dal di che son nato.

Recluso nel costato,
schiavo delle paure
schiavo di congetture.
Con il tempo mi sono ammalato.

Ho smarrito il sentiero.
Solitario ho vagato.
Forse vago: naufragato,
annegato straniero.

Il ricordo attanaglia
il respiro, anch'esso
intimorito,e, sbaglia
rotta; anche esso.

L'ombra della sera
è troppo pesante
per la pelle vera.
Come il viandante

dormirò sotto il giaciglio
di stelle e vento.
Nascosto dal ciglio.
Nascosto e contento

di aver amato un fiore
e il respiro del mare.
Di aver amato l'odore
del vento; di amare

la vita viva vissuta.
La vita combattuta.

Scusa il mio guardo timido.
Ma nel petto ho un brivido.
 

Piccole cose
Ricordo da fanciullo
Il trastullo
era giocare sotto
la pioggia.
Correre fra le spighe
di grano.
Sulla riva del fiume
osservare lo
scorrere lento.
Saltare nelle pozzanghere.
L'estate tuffarsi
nel mare e galleggiare
nel silenzio del mugghiare.
Il sollazzo,
pescare
il gracidare di rane
e ascoltare il ronzio
di api sopra corolle
di margherite fiorite.
Le lunghe passeggiate
nel bosco
A raccogliere sottobosco.

Adesso che i
castani capelli
non sono
giovani e belli
Ma di colore
fumo,
il fanciullo
torna a giocare:
con pensieri
e ricordi
i quali non scordi.
Come accordi
che nello spirito
tornano a suonare.

Il candido volo
del gabbiano.
Le meste
foglie in autunno.
L'ondoso mare.
Le chiare sere
d'estate. Il
tramonto
e il racconto
delle passeggere
primavere...

Adesso la
melodia è
più bella.
Dolce come
una sorella.
La quale, aiuta
a capire
che la bellezza
della vita,
non è mai finita.
Essa, nelle piccole
cose di nasconde.
 

Un fiore nel silenzio
Gridi dentro la
quiete.
Ormai la
voce si è
inaridita.

Della solitudine preda;
nel cuore
del clamore.

Un bocciolo di fiore
può nascere
anche nel silenzio.

Un fiore
per te sta nascendo!
 

La finestra della vita
Dalla finestra ermetica, era
per l'antico lockdown,
adesso respiro l'autunnale
stagione, che dipinge il
parchetto.
Oscillano ingiallite
foglie di tiglio.
Pigramente oscillano
languendo
la ventura stagione.
Pupille meravigliate
nel cambiar del prato,
nelle panchine invecchiate,
nell'erba di foglie fiorito;
guardando
il sorriso del passante appassito.
Il volto coperto
prigioniero
della virale mascherina.
E tutto osserva, il
ciglio smarrito:
la fuggita bellezza
dell'esistenza migrata.
Bellezza ritrovata
nel bruire
dell'amore per la vita!
 

Il Verniciatore
L'incanutito fanciullo:
incallito verniciatore
passa le sue ore
chiuso in cabina, come trastullo.

Questa: è la sua vita!
Il lavoro da pensionare.
La fatica non si può barattare.
Questo è lavoro. Chimera svanita.

Ha sognato da ragazzo:
grandi cose ed illusioni...
Poi svanite, appassite con le stagioni.
Nella amara delusione, ha smarrito il sollazzo.

Lavorare è doveroso...nell'affanno
delle ore, per poter dare un futuro?
Sperando per i figli sia migliore e duraturo!
Ma veloce il tempo è passato, e, obliato è l'anno.

Nel frastuono del rumore
e nelle pause a respirare
e poche parole con il compagno pronunciare;
in cabina si ritira veloce il verniciatore.

Sopra frammenti frastagliati di carta ritagliati,
scrive strofe e versi,
a capo con capoversi;
nell'illusione di poetare poemi rimati.

Nel fine settimana, nel sopito
verniciare; l'operaio crede riposare.
Ma il “cameriere” lo attende lavorare.
Ed il tempo è oramai fuggito!

Vivere ha il suo prezzo!
Non c'è spazio per sognare.
Ci vuol coraggio nello sperare.
Diventato è il respiro: affannoso e grezzo.

Il verniciatore:
Un sorriso ha rimato.
Un sorriso annullato.
 

Gioiose lacrime in autunno
Di periture foglie,
per nasconderti ti abbigli
dal distratto mio guardo,
nell'astratto bozzetto.

Il profumo del labbro
è rimasto nel silenzio
della cute emozionata,
nel tenero sorriso.

Di gaudio intriso il cuore,
di stupore e tenerezza,
di porpora passione.

Nell'autunno a lagrimare
questa tenera emozione
nel rinnovato amore.
 

La ruggine è nel tempo
Cosa potrei scrivere
fra lettere
bagnate da madida
rugiada
sopra pezzetti
bianchi
di pensieri
nei cassetti dimenticati
sopra tetti affumicati
dalla fuliggine
del tempo
nella ruggine
antica
amica di tanti sospiri.
Spiriti plumbei
pallidi
come carta candida
sporcata da parole.
Stille di sangue
infetto.
Infettato da chimere
megere del vivere
prive di rimorso
prive di rimpianto.
Non resta che sorseggiare la
fonte del Lete
ed obliare il dolore.
 

Il Volo Libero
Guardando il
volo
dell'augello.
Domando a me
medesimo
perché cotanta
libertà
ne è l'uomo
privato?
No si è forse nati
liberi?

Liberi di costruire
società
che ali tarpano.
Prigionieri
di noi stessi.
 

La Bellezza della Vita
Leggera come la foglia
dall'autunno distaccata.
Come flebile neve arrivata
sopra la vetta spoglia.

Come della primavera il profumo.
Candida corolla di margherita.
Petalo di rosa non appassita.
Simile al grigio estivo falò di fumo.

E' il trasparente fiume
che l'azzurro mare
impara ad amare.

Tutto questo è: la vita!
Fragile ed ambita...

Tutto questo dell'esistenza
è bellezza.
Simile alla tenera carezza.

Siamo noi i villani,
i quali la lasciamo
fuggire dalle mani.

La riduciamo a semplice brandello,
per portarla sulla gobba come fardello.
 

Bozzetti Autunnali

1
L'alba colora rosso
arancione, carnosi
batuffoli di nubi.
Tenue celeste tela
mattutina; autunnale
affresco respirando.

2
Placido il canale autunnale.
Lentamente, lentamente
scorre nella frescura
pomeridiana; nell'abbraccio
materno del mare.

3
Nella colorata pioggia, mi sdraio
sopra autunnali foglie
rugose, della passata stagione.
Sorrido al raggio di luce
appollaiato sopra ignudi rami.

4
Ed è sera!
Lingue infuocate
nell'orizzonte marino
di vermiglio colorato;
di tortore nel ciglio
appisolate.
Nelle accartocciate ombre
di gabbiani.

5
La notturna aura tepente:
di fumosi comignoli,
di addormentati silenzi;
riporta
il flebile ondeggiare
di ingiallite foglie;
poi seccate nel secco stormire
 

Funambolo
Con precario equilibrio
sulla fune passeggi,
dalla vita e la morte
sorretto. Non guardi il
vacuo, l'oblio sottostante.
Non odi il passante
veemente che grida:
attenzione!
Impavido giullare.
Impavido equilibrista.
Non vuoi sobbalzare
giù dalla fune.
La tua esistenza
è mantenere l'equilibrio.
Instabile è l'equilibrio
in questo strano esercizio
che si chiama: vita!
 

Spirano Ricordi
Buongiorno all'albeggiare.
Buongiorno al frangere del mare.

Cinguetta l'augello sereno,
alle sfumature dell'arcobaleno.

Spira sobrio il fragile vento.
Un anziano passeggia lento.

Osserva le caduche foglie,
e rimembra la vita e le doglie.

Respira profondo il passato
con in cuor il ricordo agognato.
 

Oligarchia
Hanno affermato che il morbo virale
del secolo nostro è il male.
Togliendo libertà e un po' di verità.
Anche la
vanità
nascosta da orribili mascherine.
Le quali
non possono essere gettate
neanche
nelle latrine!
Il potere nel frattempo
sale
e la paura ci fa male.
 

Sogna Ancora
Quando, noi, abbiamo smesso di parlare?
Quando, io, ho smesso
di sognare!

Di volare non cessare:
sopra bianche
nuvole o grigie.

Come libellula,
aleggia sul libero corrugato
pelo
dello stagno e volteggia.

Non gualcire le fragili ali. Come
foglie in autunno
non bruire.
Esse
cadono
nell'oblio.

Se vuoi, non parlare.
Il silenzio, è, a volte,
oro.
Continua a
sognare...
Anche se sono solo chimere.
 

L'Eco dei Piedi
Camminando nel vuoto
di quella casa
l'eco dei piedi scalzi
senti
sopra il ruvido
pavimento.
Ascoltando nel silenzio
la voce tintinnante
di quando eri fanciullo.
Una lacrima nostalgica
le rughe solca.
Antiche foto, ammuffite,
solitarie, appese
a pareti.
Rimembrando il
sorriso di tua madre
rimembrando il
sorriso di tuo padre;
nei silenti corridoi
senti l'eco dei tuoi piedi!
 

Mese Spoglio
Volita la flebile nebbia bianca
sopra addormentati campi a maggese.
Il silenzio mattutino si imbianca.

L'aura immobile, all'albore, nel mese
di ottobre. Spogliato mese autunnale.
L'airone non emigra dal paese

il giaciglio nel gelido fondale,
e il quotidiano mangiare frugale.


Il Capriccio del Tempo
Aleggia l'aspro profumo del mosto.
Il rorido giorno volge tedioso
il malinconico guardo nascosto.

L'odore del comignolo fumoso
bigio, evapora dal porpora tetto.
Respirando l'effluvio freddoloso

nel crepuscolare autunno diletto,
penso all'ira del tempo maledetto.
 

Mosaico di Poesie
Poesie scritte sopra
pezzetti di cristallo.
Schegge colorate.
Levigati taglienti
spigoli. Conchiglie
artificiali, pietruzze.
Prodotto gualcito,
come cartacce
nell'immondizia gettate.
Poesie scritte di nero
Inchiostro. Nascosto
dal guardo straniero
scrutatore.
Piangendo ridendo
salati sorrisi lucidi.
Rocce contenenti
brandelli di pelle:
di un esistenza
assenza. Ascosa
fra parole fra rime
fra sillabe fra strofe
fra figure retoriche.
Un mosaico di poesie:
composto da frammenti
di vita!
 

Monte Gabberi
Sei disegnato nelle Alpi Apuane,
come una virente chioma
dove svettano le poiane
e le rocciose strade per cavalli da doma.

Dalla tua modesta altezza
la città del mio cuore
guardi con lieve autorevolezza.
Di mistero e bellezza sei cantore.

I profondi verdi occhi
respirano il salmastro
del mar Tirreno, e, balocchi
ad osservare il bluastro.

Il metallo freddo e lucido,
riflette la religiosa immagine
della croce; traslucido
sentire di anime nella voragine

dell'oblio del tempo.
Tempo che forse non hai.
Da sempre, nel frattempo,
il mio esistere abbraccerai.

Di te ha scritto il Vate a soggiornare,
descrivendoti: testa di leone
e prua di nave e terrazza sul mare.
Sei pacato e antico dormiglione.

Di te ho scritto con amore,
del tuo verdeggiante calore.
Del tuo meraviglioso cuore,
che sboccia dentro me come fiore.
 

Piano e Forte Melodia
Suonando il pianoforte
si espande la melodia
dalle porte
serrate, ostruite.

Suonano più forte!
Irrigidite dita
sopra tasti bianchi e neri.

Nere matite
componendo
lo spartito, un
minuendo
hanno stizzito.

Non è aritmetica
lo spartito.
Della melodia è
la metrica.

Suonando il pianoforte
note sette annotate.
Distorte dall'esistenza.

Indisturbate echeggiando,
nella virale aura
alleviando il dolente spirto.

Spirito malato
dal morbo
che lo ha vincolato.

Morbo, come
muro di precarietà
il quale ha precluso libertà.
 

22 Settembre 2020
Autunno, l'equinozio
pitturato
su foglie secolari
del platano e
nelle placide spiagge
del mare.

Fulgida aura. Fioca luce.
All'albeggiare
è dolce questo tuo
respirare.

Autunno quieto.
Osservando il pennello
colorare il gocciolare di foglie

il petto si colora
di gaudio nuovo:
come il porpora albore.
Il costato si veste
di giocondità mesta.
 

Scrivere
Scriverò, fino a quando potrò.
Quando la mano destra, riuscirà
ancora una volta a sorreggere
l'inchiostro nero della penna.
Quando le pupille riusciranno
ancora una volta a leggere
le sillabe e i versi e le rime.
Scriverò, di chiome di alberi
di fanciulli sorrisi, di mine
che sbrandellano brandelli
di anime. Del risveglio e
del tramonto del sole.
Scriverò della luna.
La veglio
fra le onde di Nettuno, e
l'azzurro del cielo.
Parlare nessuno può!
Male del mio tramontare.
Fra sogni che non ho
sognato, e sogni che ho
rubato alle stelle della vita.
Finisce qua la partita.
Fra scaffali tarmati e
libri ammuffiti.
Felice di essere stato un
tempo un
poeta.
 

La Foce Del Fiume
Il Fiume, nel suo lento passare
limpido nella quiete, bagnando
antiche sponde resistenti; il mare
raggiunge all'orizzonte, sussurrando.

Il rivolo, nel silente ascoltare
del fluire ha memoria. Zampillando
fra boschi e città. Adora assaggiare
gaudio e mestizia, l'aura respirando.

La dolce acqua trasparente, nel sale
di Nettuno si mescola con le onde,
inondando incanutite lesioni.

Negli anfratti di scogli, il maestrale
mugghiando, sbuffando sopra le sponde
affonda il rivolo nelle illusioni.

Nella ondosa foce, affonda passioni.
 

Amorfo
Amorfo vespro vestito
di bruma, vestito
di rugiada.
Nella quiete delle
ore, sentire lo stanco
rumore di ali,
di grigie
tortore cittadine.
Ascoltare il
sibilo virale, nel
brusio di gente, nel frastuono di
serrate saracinesche.
Questo insidioso
male, che trasale
dalla paura infetta.
Echeggia da lampeggianti
schemi a led, gelidi
e discosti e sterili:
parole manovrate?
falsificate verità?
Nell'oscurità della notte
si assopiscono
spaventate palpebre.
 

La Terza Stagione
Piovono gocciole,
platani colorano e
tigli, come arcobaleno.

Madide nuvole tiepide.
Biche di formiche
si affrettano a cercare

muri di muschio verde.
Effluvio di muffa
di foglie ammassate al suolo.

Sepolcro brullo
di terra spenta, abbandonata.
La gazza a gracchiare.

Le onde si frangono
sulla battigia solitaria.
Gli scogli mugghiano.

Strade sonnolente
calpestate da pigre
scarpe affaccendate.

Sospirando l'autunno, il
Ciglio resta
in silenzio.
 

Tumido silenzio
Ascoltando il fruscio della notte
in mezzo a piccole stelle lontane;
nel firmamento di ciglia castane
spezzate dallo scuro che le inghiotte.

Sorridendo al satellite, stanotte:
il sogno respirando di profane
preghiere d'amore; chimere umane,
congetture, carnose labbra rotte

dal tumido silenzio. Il pentimento
di non aver ascoltato il singulto
fanciullo, prigioniero del costato

maltrattato dal vecchio tempo. Sento
la falce fioca di luna, un tumulto
in questo silente cuore invecchiato.

Il riflesso bramato,
o luna, del tuo pallido viso
nella frale notte di pace intriso.
 

Pioggia In Autunno
Autunno, guardando le colorate
lacrime tue, il
singulto sento. Il
cordoglio spezzato
franto, nell'addolorato
costato tormentato. Tumefatto.
Autunno, il frusciare
del tuo pianto di colorate
foglie, simili al vermiglio
vespro di sangue
inondato...
Autunno, portando nella bellezza
primaverile del tuo fresco
cuore frusciante; il
dolore dell'amore
nel seno franto. Aggrinzito.
Come foglie di platano
ingiallite, dal bacio
delle tue ruvide
labbra
quando nel tremolante
costato, finisce frignando
l'amore.
Pena, simile
alla pioggia in autunno.
 

Puerile Adolescenza
Guardando il pallido viso, carnato
mediterraneo. Fragile appare
come gualcite ali della farfalla.
Fanciulli occhi castani
al pavimento volti
con pentimento
religioso.
E' settembre tiepido
estivo
con le ultime rondini nell'azzurro.
Le metalliche
campanelle scolastiche, suonando
l'etade
non più da fanciulla,ma adolescente
bambina!
 

Polvere Dell'Esistere
Questo è
l'affanno?
Un'esistenza spesa nell'inganno
del Dio Denaro?
Aro la terra brulla
dell'esistere fra sbriciolate
chimere:
Polvere sparsa
nel vento!
Sentire il lamento
del tempo: scorre
nelle vene, rincorre
illusioni di plastica.
 

Sorride la Rugiada
La Rugiada sorride
all'albeggiare
mentre dirada
l'ombra del mare
ed il sole fa capolino
fra montagne, come
Il bambino. La frescura
del mattino, inebria
lo spirito destato
dalla paura.
Paura del virale
Morbo, del reale
vivere... L'incanutire
della cute nelle grinze.

L'incanto
Lo zefiro all'albeggiare
nel tenero respirare
dei tuoi occhi di bambino,
con sorriso piccolino.

L'incanto fatato del mattino,
lusinga il fragile visino
di fanciullo, ad imparare
questa vita ed amare:

L'albeggiare vermiglio
nel battito crepuscolare
del ciglio.

Il fruscio del vento.
Del mare il mugghiare,
del fiume lo scorrere lento.


Kronos
Tempo abbandoni il
rimpianto nel passato.
Pianto dimenticato.

Nei solstizi non sosti
ed ogni sera
nell'orizzonte vermiglio, il
sole muore.

Speranze ed illusioni,
regali, ma teme il
petto
lo sfuggente sguardo.

O Tempo
ferma il
passare tuo.
Regalaci
la chimera
di non morire.
 

Dove si mescola l'azzurro
Domenica tredici settembre,
vuote le strade come le
spiagge silenti; nello
stridente lamento del gabbiano.

Echeggia il vuoto forestiero,
di finite vacanze consumate.
Ritorno a sognare il mare
ondoso echeggiante d'amore

di quella quiete salmastrosa
che solo l'anima riesce
ad inspirare. La lunga
spiaggia granulosa grigia

lo sciabordare della schiuma
sulla battigia non affollata.
Ritrovo lo spirito sopito
destato da frammenti

di ricordi simili a le
conchiglie, e, respirando
il silenzio, una fragile
lacrima bagna le

ferite screpolate della
cute abbronzata.
Le onde battono nel
orizzonte, nel

confine fra il mare e il
cielo, dove l'azzurro
si mescola come
questa domenica

nella pace del forestiero
passo, nel suono di metallo
della prima campanella delle
scuole, nel migrare di rondini.
 

Come Caduca Fragile Foglia
Nero e bianco garrisce,
della rondine stanca,
nei dì ultimi freschi.

Per migrare è pronta.
Migrare nel lontano
azzurro mare. Sogna

anfratti e cornicioni.
Il trasparente cielo
garrisce. Nel mio cuor

o Rondine, svanisce
il delicato migrar.

Fra le fragili fronde,
e, le caduche foglie:
a stormire rimango.
 

Sognando
Sogna ancora il fatato
pianto, delle cangianti
foglie in autunno.
Cadenti stelle
sulla brulla
umida terra.
Respira l'odore di muffa, effluvio
di antico, che evapora
nelle rimembranze del cuore tuo.
Dimenticati
del vivere: l'affanno.
Ridi al frammento
di sole
che fa capolino fra spoglie chiome.
 

Il Segreto Della Lacrima
Madida rugiada sopra petali
di ciglia tumide; cuor
diafano, segreto con ali
dal pesante leggiadro amor.

Come lieve pioggia
primaverile; fragile
sopra corolle di un vile
vivere, dentro una loggia

di chimere. Amara
solitudine, inettitudine
di frali paure: inquietudine
della Lacrima amara.

L'universale sentimento,
senza pentimento,
veste la pelle del costato;
di passione coronato.

Il segreto della Lacrima:
è il puro amore dell'anima.
 

La Prima Rugiada
Inspiro il tenero sorriso
Intriso d'amore
dei miei figli.
Semplici germogli
teneri,fragili; come
la prima rugiada
di settembre;
nel timido
riflesso
convesso, del sole.
 

Domenica
Blasfema Domenica,
nella quiete
respiri l'aura
di settembre,la
quale strappa brandelli
di pelle
dai pensieri
dell'umana
gente.

Fragili paure,
congetture
dall'insolente morbo paventate.
Irriverente Domenica, silente
nel timore...ma la gente muore.

Domenica distratta, la
gente muore
a causa di un sogno migliore.

Domenica illusa, la
gente sta male
perché manca un pezzo di pane.

Domenica di sollazzi, le
bandiere spezzate, insanguinate
non sventolano pace.
 

La Vita
Timida e solitaria,
nell'aria di settembre il
tuo penare geme.

Non senti del mare le
onde?
L'odore salato del salmastro?

Non piangere Fanciulla
imbarazzata, il
tuo dolere

si smarrisce
nelle ere corrugate
di rughe abbandonate...

Dimenticate nei singulti
di dolore,
negli insulti.

Fanciulla
bella sei come
il frammento del raggio
del sole.

Ama
questo arido deserto:
il petto...
Il desertificato
costato.

Amalo ancora.
Fanciulla.
 

Avendo Respirato
Aura del tepente sole,
di gaudio e
speme, nella corolla del girasole.
Come gerundio:
respirando
linfa diafana,
respirando
ninfa cerulea,
respirando
giallo del petalo
del girasole.
Esso, è
simile al cuor mio.
 

Aura di Settembre
Questa aria fresca,
l'anima rinfresca:
Aura di settembre,
che mi parli di novembre
e del primaverile
autunno bisestile;
anno funesto?
E desto
lo spirito
sopito,
in questo mesto
gaudio, e, resto
catturato
dal settembre amato!


Schegge di Conchiglie
Raccolgo tracce nel vespro, del sole;
della settembrina aura nubilosa.
Raccolgo scaglie soffici: parole.

Cerco nel crepuscolo, le vermiglie
carnose labbra del tempo: la sposa
del costato. Frantumate conchiglie

nel vetusto penare; nel maroso
arricciato, increspato dal ventaccio.

La brezza dell'esistere anfrattuoso,
soffia nel caldo cuore dell'abbraccio.
 

Austro
Spira l'Ostro, in questo nemboso
Agosto, caldo e umido
di pioggia; ove cerca la loggia il
piccione, a riparo della pioggia.

Vorticano di pino gli aghi,
presaghi
di temporale, sul finir
d'Agosto.

Spira l'Ostro, rovente rorido
a fine Agosto
a fine Ferragosto...

Nella rimembranza lieve,
della breve estate.

Stilla da nembi, il
grigio pianto, il
rimpianto...

Spira l'Ostro, nel fermo
battito d'ali di candidi
gabbiani
lontani.

Il ciglio scuro marrone,
si oppone
al malinconico spirare.

Nell'anima il silenzioso vociare.
 

Antico Fuoco del Passato
Il fuoco di un antico passato
arde il bruciato sorriso, intriso
di pioggia evaporata dal costato
frastagliato come la costa
dal mare corrosa.
Languisce una rimembranza.
Languisce un vetusto dolore.
Discosta speranza, discosto odore
di gaudio...
Una lontana melodia virente,
assente nelle pupille.
Assente nelle labbra
porpora, porpora nel penare
delle mille parole del silenzio.
Assenzio
che scorre nelle vene mute,
come impetuose
onde del Lete;
avere sete
di passione vermiglio
addormentata, nell'amaro sbadiglio
di un distratto pensiero dimenticato,
abbandonato,
estirpato
bruciato
dall'antico fuoco del passato.
 

La Rugiada Del Poeta
Nell'animo del poeta rorida rugiada
di malinconia inumidisce pensieri,
stilla da costole fragili di ieri;
stilla dal passato come spada

la quale trafigge il costato
dal tempo corroso, reso
inanimato;sconfitto e reso
inerte al dolore, accecato

dal penare, ucciso dall'oblio.
Nelle gelide arse acque del Lete,
affogare il ciglio; nelle inquiete
onde dimenticate dal lungo addio.

Nell'animo del poeta rorida rugiada:
a volte come la bruma, dirada...
 

Melodia Di Fine Agosto
L'elettrico suono melodioso adulatore:
don don di finte campane,
e l'abbaiare del cane;
nella brezza di fine agosto; accompagnatore

della finita stagione, dell'ultima
melodia che echeggia silente
nella caduca foglia; terzultima
stagione accartocciata, fuggente.

Si sente questa discosta melodia;
il migrare di nuvole nell'azzurra via.

Si sente il vento portare,
dal mare, il singulto solare.

L'effluvio del suono sinuoso,
di fine estate, di fine etade:
del tempo che frettoloso

risuona nella fine d'Agosto, e, scade
nel rintocco del don don di campane,
e non risuona nelle lontane rade.

Mugghia il mare maroso,
in onde di estivi turisti
e i garriti di mesti gabbiani.

Vortica il pensiero afoso,
fra sorrisi anziani
fra sorrisi tristi...

Nella melopea tiepida
di fine Agosto;
intrepida amarezza
a rimembrare come
il tempo non può tornare,
indietro,e, ruba la certezza.

Certezza di qualcosa concluso;
al batter del ciglio
precluso, socchiuso nel ricordo.

Piano piano si spegne l'armonia,
nel vetusto edificio, nell'abazia.
 

Autunno Nel Cuor d'Agosto
Respiro il sepolcrale autunno,
nelle caduche foglie del castagno,
nel respiro del temporale sul
finire d'agosto; ghermito da uno
spasmo indefinito: la presenza della
Morte.

Guardo l'obliato silenzio ramingo,
di questo costato amareggiato,
deturpato dal vuoto, il quale ha
corrugato lo spirito dolente
assente.

Sento il gelido ardente sorriso
tagliente della Morte,
tenera fanciullina
compagna dell'ultimo siffatto viaggio.

Viaggio disperso nel tempo assente,
smarrito nel ricordo indifferente?

La Vita, forse, mi ha castigato,
nella mestizia mi ha accorato!

L'estate, sembra non morire
nel tramonto vermiglio;
e nella sera sento il bisbiglio
del dolere frinire

come frali cicale nel calore
invernale, dal nebuloso cuore.
 

Ferragosto
Saltellano piccole cavallette verdi, e
perdi fra fili d'erba il tempo.
Perditempo nel bruire
di foglie di castagno.
Compagno vento, compagno
del caldo silenzio in agosto.
Ferragosto allegro mesto,
deliziato fanciullo, nel cuor funesto.
Saltellano piccole cavallette marroni, e
imbroglioni pensieri di ieri, ingannano
chimere passeggere; prigioniere
di dolenti profumi; e giacere
sdraiato nel virente sogno passeggero...
O inganno del petto, austero e
insincero e menzognero e lusinghiero.
O inganno del viver!
Lo stormire di lussureggianti
castagni, nell'ammutolire
di silenzi ridondanti, come
campane dell'antico
paese.
O inganno del viver!
Sinuoso ti aggiri per vicoli e
pensieri mesti.
Descriver il venticello vorrebbe il
tuo imbroglio, nel frusciare di foglie.
Ferragosto, il tuo estivo sorriso distoglie
dall'imminente fine d'estate,
da festeggiate
ferie e sollazzi
e schiamazzi
di ingenui ragazzi.
Ferragosto, nel tuo singulto
sento il fruscio del virgulto,
del cuor occulto
adulto
nel rinnovato dolor!
O inganno del viver
silente
assente, nella festa di Ferragosto.
 

Sole e Luna
O Sole, aspetti la scura nottata,
e sussurri alle nuvole il penare
nel rosso silenzio crepuscolare;
e per poter abbracciare l'amata.

O Luna, la tua pupilla accecata
dallo scalpitio del cuor; nel mare
rifletti il lieve riso dell'amare...
All'ardor della sorte abbandonata.

Si allungano le tediose obliate ore,
nell'attesa dell'incontro amoroso
celato al cinereo ciel cantore.

Vermiglio vespro melato affettuoso,
nella quiete il segreto del cuore
dall'ardore impetuoso, sospiroso.

O desio maroso
che, tu, ondeggi nell'accorato petto,
e con man ferma, hai composto il sonetto.
 

La Notte di San Lorenzo
Lacrime di San Lorenzo, stillano
dal ciglio della notte, luminose
fatue faville. Spemi favolose.

Una pioggia di stelle che brillano:
dolci amare chimere dell'amore
che scintillano nel giovane fiore

di ingenui fanciulli petti d'amore.
Ma nel brizzolato afflitto costato,
è rimasto il ricordo accartocciato.
 

Anima di Donna
Piove il dolore nell'inerte corpo,
violentato e sottomesso dal mostro;
dalla brutalità nel tuo corpo.

Lacrime meste amare stillano ostro
sangue, dal seno strappato trafitto
dall'uomo che ti amava, che di inchiostro

scriveva d'amore parole. Afflitto
il tuo cuore, lo spirto sconfitto.
 

Meriggi Sul Finire D'Agosto
Evapora l'odore secco di aghi
di pino.
Si erge nella città
Matilde
la vetusta torre, archivio del cuore
di Viareggio.
Rimpiangere un momento,
una solinga stilla
del petto.
Un frammento fatuo felice nelle
pieghe d'agosto!
Calda afosa torrida silenziosa
domenica, nell'estate silente.
Ultima strofa.
Pioggia di aghi ingialliti.
L'effluvio verdeggiante
della corteccia,
rimembra il malinconico arrivare
dell'autunno; i meriggi ad abbuiare.
 

Il Fiore Del Dolore
Respirare la folata degli anni
nel pallido costato incanutito
dal tempo, come l'oramai appassito
sorriso mesto, increspato da affanni.

Respirare il silenzio degli inganni,
chimere passeggere; intimorito
cuore dall'amore sei infreddolito.
Prigioniero degli istanti tiranni.

O Dolore, che parli con ardore,
raccontami di questo boccheggiare,
tu, che di questa commedia sei autore.

Soffoca questo infecondo penare
del mio malore, tu, esecutore
del mio tormentato tribolare.

O Dolore, dell'etade fanciulla
l'amor era il fiore; ora il mal è culla.
 

Evapora Una Lagrima
Scende una lacrima silente assente,
dal gemmeo empireo, nell'azzurro
d'agosto...nell'argilla decadente.

Terra asciutta distrutta; nel sussurro
secco del raggio che ferisce il cuore,
dal dolore riarso nel verdazzurro.

Franto odore, frammento dell'amore:
bagni del mare le onde, con ardore.
 

Azzurro Dispiacere
Dal discosto ciglio,
diafano impalpabile azzurro,
osservi la
zolla di terra.
Nelle onde ti specchi o
nelle ferme acque.
Nei fiumi e nei ruscelli
silenti scorri
lontano, vetusto Urano:
lieve essenza dell'esistenza.
Aleggi senza favellare
nell'interminato silenzio
di questo ceruleo naufragare
di secoli. Da sempre
presente, tu, sei il passato, il
futuro di chi altro?
O Empireo, perdona
l'arroganza la presunzione.
Nelle plaghe delle pieghe
della tua canuta pelle:
o Cielo, fumiga questo
penare; l'ansimare
del desio, il cilestrino rammarico!
 

Vespero Vermiglio
Scrivo con inchiostro salato
di lacrime,che ho rubato
al ciglio vermiglio del cuore.
Intingo queste parole nell'amaro dolore.

Si è aperto un varco,
una voragine nel parco
lussureggiante del petto.
Il penare, piove battente come pioggia sul tetto.

Zampilla vetusta afflizione;
da quando si nasce: è una prigione.
Echeggia il singulto di lontano,
il quale trafigge il costato, piano piano.

È l'odore di muffa! Di Vecchio!
Che credevi aver riposto dietro lo specchio
dell'anima; nel languente ciglio,
il quale osserva silente: il vespero vermiglio...
 

Fronde Virenti
Allunghi le virenti
braccia, per carezzare il
rivolo verdeggiante
nel fulgido riflesso.

L'effluvio verde ondeggia
lento lento, all'alito
del vento, nelle fronde.
Mugghia il ruscello, canta

quieto il fringuello
a rimembrare la torrida estate.
Il folto fogliame come cascate
languente di malinconia; Salice

Piangente, che nell'essere solingo
al mio costato tu sei compagno.
 

E' di Tutti L'Affanno
E' di tutto il creato
questo sordo penare:
quando dall'innocente
etade fanciulla ci
trastulla di allegrezza.

E' nel di foglie
lo stormire e
delle onde il
mugghiare.
Nel garrito del gabbiano e nel rivo
evaporato dall'estiva arsura.

E' nella montagna franata, nella
rugiada ghiacciata, nelle secchezze
delle foglie; è nelle doglie della
vita.

E' di tutto il creato,
la solitudine che ha addolorato.


Agosto Ingannato
Nella silente notte, batteva
forte sulle finestre: cadeva
il temporale sulle tapparelle
come morte; diafane le stelle.

Fulgida mattina calda rinfrescata,
albeggia il nuovo giorno
albeggia la mattina alluvionata.
Tubano i tetti stiracchiati dintorno.

Agosto ormai è giunto,
ma il petto è mesto e smunto
per il tempo che ha ingannato
il presente ed il passato!

La mattina soleggiata, di mare
profumata, e, il rumore cittadino
che delle vacanze è il richiamo:
Ma non sufficiente ad armonizzare
quel dolore persistente e meschino.
 

Passerotto!
Passero che sul balcone saltelli
nella quiete mattutina, volgi
la testina e sul grigio scuro muro
il silenzioso poetare osservi.

Paziente e con educazione, aspetti
qualche briciola secca dalla muta
mano dolente donate, al beccare.
Invano osservo il piluccare tuo

il penare trafigge questo cuore.
Oltre; il ciglio guarda questo lontano
cinguettare del subdolo malore.

Sapessi come te volare, sopra
il penare di questo enorme mare
di lacrime amare; e appagare il morso

dell'esistere...Come te aleggiare
fra candidi nugoli;
inspirare il presente

del domani, non aver
l'inganno del presente!
Del domani non aver

la certezza del vento
la carezza; sempre più
in alto volitare.

Cinguetta, amico passerotto.
Nel silenzio dei pensieri, sbriciolo il biscotto.
 

Sognare
Ho sognato la vita,
con cuor di fanciullo:
è dell'estate il trastullo
il verde profumo, la gioia infinita.

Nel marrone odore di foglie
accartocciate, che esala dal terreno in autunno,
dove ho visto il giovane alunno
seduto, sul marmo delle soglie.

È nella gelida fragranza
dell'inverno, nei refoli di tramontana,
nel respiro affannoso della befana.
Il fiocco bianco di neve che danza.

Nell'effluvio cangiante colore,
della primavera di margherite boccioli,
nell'aroma rosa del fiore
di pesco, e i gialli girasoli.

Ho sognato la vita:
nel suo timido passare, addolcita.
 

Ai Miei Figli
Quando gocciola mestizia nel cuore,
mi bagno del sorriso,
sorriso vostro di allegrezza e amore.

Quando il silenzio sibila con forza,
vacuo sentire, intriso
dolore: il vostro calore rafforza.

Quando il solitario silente guardo
di amaro cela il viso,
vedo il vostro amore e di allegrezza ardo.
 

Amare non Amando
Nel tuo lieve sussurro
mi domandi: perché mi ami?

Amo il leggero mantello azzurro
che da sempre hai nel respiro e brami.

Amo il fragile stormire
di verdeggianti foglie...il bruire
delicato che lascia senza fiato.

Amo il rivo silente, stagnante
o veemente, che nello scorrere
rimane come fanciullo sognante.

Amo le alte montagne
così distanti:
antiche e sagge e compagne
della zolla terrestre; giganti.

Amo il frangersi del mare,
con le schiumose onde e il sale...

Amo il tubare di lontano,
ed il garrito lamentoso del gabbiano.

Ma quando resto solo con la sorte,
il cuore sente il brusio della morte.

“Ti amo!” Ma amare non so.
 

Le Mie Mani
Con le mani, provo a prendere
la vita
come acqua trasparente
senza odore
scivola fra le dita...
Con le mani, provo a prendere
chimere
come il vento leggero
con delicatezza
carezza e sfiora chiome...
Con le mani, provo a prendere
il sorriso
come il vespro vermiglio
con dolcezza
socchiude il ciglio: tenera tristezza.
 

Bianco e Nero
Obliare, all'interno del cassetto
fra polve bianco e nero
il sorriso svanito
antico.

Allungata dal tempo:
l'ombra
da tua madre riposta,
di tuo padre: vecchia
foto, dentro il polveroso cassetto!

Occhi giovani e grandi
rifulgono
entusiasmo fanciullo:
di gigantesche speranze spezzate...

Occhi: troppo presto si sono spenti.
Occhi: dal morbo svuotati e smarriti.

Morbo, che ha lasciato nel tuo cuore
il frale sottile enorme dolore.
 

Vecchiezza
O Vecchiezza, che ingannato hai
con nefasti dì la giovinezza.
La speme hai ingannato.

Smunti sorrisi mesti, corrugati
nelle brizzolate palpebre
di antiche mani rugose.

Tu! Che calpestato hai
la polvere di ricordi,
ricordi vetusti, svaniti.

Illudici ancora, Vecchiezza,
con le tue labbra secche,
dal tempo screpolate...

Bacia l'ultimo gaudio
dell'esistenza; donaci la saggezza
accompagnandoci con dolcezza.
 

Antico Amico
Nell'ombra serale
della Luna, ti ho incontrato
antico amico; solerte
del tempo brizzolato
mi hai rimembrato:
vetusti amori finiti
e vari lavori cambiati
e amici perduti.
La melanconica mestizia
mi hai lasciato, antico amico,
nel petto, dal dolore maculato.
 

Lontana Stella
Solinga Stella
romita nel firmamento scarlatto
gelido sole
nel vespro abbandonata
azzurro vermiglio, ciglio abbassato
sull'orizzonte addormentato.
Languisce l'amareggiato gabbiano
dalla stridula pena accomunato.
Languisce piano piano
per non addolorare ancor di più:
la stella di lontano.
 

Albeggia il Mattino
Del mattino presto, amo
gli odori:
si mescolano nel guardare
la vita ancora sopita
all'alba
e lo smog non sporca
l'aria.
Inspiro il virente
della natura.
Camminando lentamente socchiudo
le palpebre
ancora stanche
ed un brivido vivo scorre
dolce nelle vene.
Questa vita so amare:
anche se illude con chimere.
Questa vita so amare:
anche se afflitto è il mio cuore.
 

Bella Estate
Come eri bella Estate
fanciulla: di colorati ghiaccioli,
gavettoni bagnati e di sollazzi
abbronzati. Nell'odore marrone

di zolle rivoltate;
giocare a nascondino
e, fra verdi steli di granoturco
far capolino.

Sopra la sopita spiaggia
nella quiete ondosa,
i granchi catturare
con il piccolo retino da mare.

Alla sera, nel vermiglio dorato
crepuscolare, a calcio
giocare, ridendo e non farsi male.

Come eri bella Estate
fanciulla: ora sento freddo in estate.
 

Estate
O Estate, tu giunta sei
con, della rondine, il nero garrito
nel verdeggiante prato, il
giallo tarassaco e la margherita.

Nei madidi lamenti
di bianchi gabbiani: i quali planano
nel silenzio, negli spruzzi salati
nella quiete diafana del mare.

O Estate, sei stagione
fuggevole ingannevole: di amori
illusi o ricordi fanciulli; e calme
onde dei sogni di immigrati morti.

Ti accartocci nelle arse
foglie di settembre, nel tremolante
gelido refolo di Tramontana
e nelle veementi pioggerelle.

O Estate di dolci attese e chimere,
effimere nugole passeggere.
 

Sorseggiare e Bruire
O Ponente, i refoli rinfrescanti
nel torrido luglio soffi...
asciugando goffi occhi; roride rughe del ciglio.

Frastagliato costato languisce
nel cordoglio, o Ponente, silente
amico di questa estate.

Mi hai visto nascere, Ponente,
fanciullo sensibile, adolescente
introverso, fragile passerotto.

Nel preterito il dolore ho lasciato,
come strascico del presente
nel petto dolente.

Ha sottratto la morte:
un altro frammento accorato
del mio vetusto passato...

pupille abbandonare
nell'imperituro oblio.
Rimango a sorseggiare

il penare...Ponente, come
foglia bruire
nel muto dolere.
 

Soffio d'Amore
Nascondo nella carezza soave
della natura, il delicato cuore
corolla di paura, frale fiore.

Il costato come germoglio grave
bocciolo in primavera, timoroso
tremulo nel lieve zefiro ondoso.

Nelle dimenticate acque riposo.
Sorseggiare il Lete, per il dolore
obliare nel soffio dell'amore.
 

Tarantola Muraiola
Lentamente lentamente nel vermiglio
crepuscolare, la cicala smette di frinire.
Il fresco Traversone comincia a stormire:
una grigia ombra, scorge il ciglio.

Minuscoli occhietti pavidi neri,
osservano immobili il lento
annaffiare, sul rovente pavimento.
O geco solingo, gli occhi sinceri

tuoi osservano il mio strano
comportamento futile,
tu che nell'ombra utile
nel freddo urbano

di luce artificiale, sazi
il bisogno di mangiare:
piccole falene o zanzare.
Corpo schiacciato fra spazi

piccoli riesci a scappare.
L'umana gente, distratta da chimere,
non riesce gli affanni dell'esistere compiacere.
Simile al tuo freddo corpo, il poetare

del mio cuore, timido e timoroso.
Frali fuggevoli frangibili versi,
nel vento del tempo spersi...
O tarantola come te nell'anfratto, ascoso.
 

Rondine
Dalle campagne voli in città,
con il petto di fango bagno
e con grande abilità,
con l'aiuto del compagno

sotto il sicuro cornicione
hai costruito il nido.
Sfiorito l'amore: padrone
il compagno tuo infido.

Di lontano cinguettava
il nido abbandonato;
l'amor ha ingannato
il sogno agognato, che essa amava!

Sulla terra arsa dal sole
la rondine giaceva silente.
Petto rivolto al cielo commovente:
l'amore ha ucciso il corpo tra le viole.
 

Nontiscordardimé
Lieve nel prato cammino.
Piccolo fiore celestino, infiorescenza
acquerello, pennello del giardino.

Non calpesto le piccole
corolle, non dimentico
il delicato afflato cilestrino.

Nontiscordardimé
del poeta sei fiore,
fiore della rimembranza.

Nontiscordardimé
dell'amore sei fiore,
fiore della fedeltà.

Nontiscordardimé
della vita sei fiore,
fiore della speme.
 

Epistola
Carissimo,
scrivere è vivere:
quindi vorrei parlare
delle onde del mare
le quali ondeggiano, per frangere

i flutti nel vermiglio
tramonto. Mirare
il riso spettacolare
del mare, dal sorpreso ciglio.

Verdi chiome disegnare
e colorare delle foglie lo stormire.
Sotto l'ombra del tiglio dormire
e l'esistenza di chimere sognare.

Della fragile margherita raccontare,
piccolo bocciolo,
e del merlo in volo.
Sdraiato continuare a sognare.

L'arsura si fa sentire,
caro amico, e, il rimembrare
diventa più vivace,e, parlare
vorrei del fanciullo ingrigire

della nostra cute sfiorita.
Scriverti del silenzio della vita
di quanta speme passata
e la nostra amicizia allontanata.

Mi è caro il tuo poetare,
il sobrio rimare
figure retoriche e il sillabare:
poeta amico, ti vorrei parlare.

Ti scrivo con la quiete della penna.
Nero inchiostro svanito.
Ma dal core caro amico,
ti invio un frale sorriso.
 

Disegnare
Disegno il
sorriso
pallido
sopra il viso.
Come Pierrot
una sola lacrima
disegnare
teatrica
sulla pallida gota
con nera
matita, nero
il pianto infranto, vanto
volto mascherare.
Gaudio è la vita...
ma nel cuor rimane rimpianto.
 

Friniscono Campagne
Foglie di granoturco granulose
rigogliose, nel sussurrio verde
di campagne friniscono amorose

come cicale. Il tiglio grigioverde
antico e taciturno nell'azzurro
si erge; la gialla fragranza disperde.

All'ombra inerte a mirare il sussurro;
mentre il cuor stormisce nel verdazzurro.
 

Immaginando un Sorriso nel Respiro del Mare
Cercherò dentro granelli di sabbia
in volo, nel respiro trasportati
dal venticello, il sorriso smarrito
dal viso, fra folate lungo il lido.

Nel frangersi di flutti trasparenti
azzurri, dove minuscoli pesci
ingenui nuotano; il volto impaurito
rifletterò nel crespare pensieri.

Respirando il garrito del gabbiano
come del cuor doloroso lamento,
proverò silente a confondere una
lacrima o poco più, nel chiaro mare.

Frammenti frastagliati acuminati
di conchiglie, lacerano del petto
ferite; dello spirto. Nel silenzio
ricorderò il profumo passato.
 

Profumo D'Estate
Respirare l'effluvio dell'estate,
sentire sulla pelle lacrimare
ricordanze dell'etade: bagnate
dal mare di candore e volteggiare.

Sorridere nel cruccio di passate
estati, nei granelli grigi mare.
Flutti si frangono irruenti; agitate
onde sopra scogli e granchi acciuffare.

Una rapaiola bianca guardare
aleggiare, nelle odorose aiuole
di giardini e inspiro il dolce fiorire.

Al tepore dell'estate gioire
nell'amore di boccioli; ammirare
il colore, nuova esistenza al sole.
 

Cuor di Cipresso
O virente Cipresso
le lacrime singhiozzi
nello specchio del Lete
dove fragili forti
radici di dolore
nutri nella quiete.

La bianca ballerina
danza soavemente
sopra le cespugliose
fronde nel verdeggiante
odore...le tue acre
lacrime nel silenzio
continui a lacrimare.

Volto sottile scarno
in cipresso mutato
nel parco abbandonato
per obliare l'amore rubato.
 

Crepuscolare
Una sottile Luna, arancione
tramonto, compone nel serale
crepuscolo un corale
garrito di gabbiani.

Fioca luce sottile
i colori del giorno
fa ingrigire...

Nell'imbrunire il guardo volgo
all'immobile montagne, e accolgo
la serale fascinazione dell'interminato,
abbandonato allo stupore accorato.

L'anima mia crepuscolare
in questo mare
la quiete interiore riesce ad amare.

Nero chioccolare
del merlo.
Chiaro marrone gorgheggiare
dell'usignolo.
Rosso chiccola
il pettirosso.

In questo fioco
quadro affondare...
Il dolere dolcemente abbandonare.
 

Passeggio nel Vociare
Passeggio nel crepuscolo soffuso,
odo un arancio flebile vociare
di aperte finestre canicolari.

Tenere vocine di bambini ilari
a sollazzarsi e urlare al lampeggiare
di lucciole. L'aulente tiglio annuso

girovagando nel mio quartiere.
Riscopro di vita dolci chimere.
 

Strage di Viareggio
Era il ventinove giugno. Con grande
sospiro l'orologio si era spento
nella quiete
poco prima della mezzanotte...
Nell'afosa nottata
della morte, il bagliore
la città illuminava.
Della cute arso l'odore.
Dolciastro morto odore,
nelle fiamme gridava e dimenava
e bruciava la vita!
Trentadue deceduti a ricordare
l'ingiusta morte uccisa nel dolore.
Nella sera rovente
di un estate...


Copertina Naufragata
Sentire la fragranza, la quiete
del mare
nelle prime ore
all'aggiornare.

La funesta ira del pelago calma
fra sopite onde diafane serene.
Si increspa nel vermiglio
mattutino
una rosa piccola copertina.

Il marrone musetto dell'orsetto
cucito sul dorso
di essa.

Nascosta notizia a bordo giornale,
notizia letale.

A sei miglia dalla costa
di Zawiya
sopra la spiaggia tepente
di Sorman.

Pochi mesi di vita
nel dolor naufragati.

Sussurra la ninna nanna
la morte materna
ultima compagna.

Piccola sirena...lapide il mare.
Urlatemi il piccolo nome!
 

Perduto Amore
Petto di giugno, nemboso rugiadoso
intriso di pioggia amarognola,
l'amor hai smarrito...Vola
sulle grige ali del tempo ascoso,

rimembra tumide labbra sottili,
le delicate braccia che cingevano
il tuo corpo e ti chiedevano
il nettare tenero di carezze gentili.

Il dorato profumo della ricordanza
arde in te sordo Petto; raccogliere
il fragile fiore dell'amore e accogliere
in te la gioia della fragranza.

La chiara pelle nella notte
dalla pallida luna illuminata
di gaudio amata e spaventata,
nel tenero sussurro di mezzanotte.

Le delicate lacrime, pioggia
nel seno di lei; di te si ricorda.
L'effluvio della passione non scorda,
le tue profonde parole, e si appoggia

al dolore sulla pelle sola,
al ramingo cuor che ti ama!
La dolce palpebra reclama,
Petto romito, l'amore che non più consola!

Nell'empireo di giugno nuvoloso,
Petto, rimpiangi il suo amore,
piangi per il suo calore;
e rimani nell'abisso bisognoso.
 

Ti Ho Bramato
Ti ho cercato
desolato nelle azzurre
palpebre del cielo.
Nel refolo di salmastro,
nell'anfratto biancastro di scogli
e fra onde impetuose.

Ti ho cercato
nel riflesso aggrottato
della luna,
nella quiete del profumo la
notte
e nel roggio mattutino
quando il sole sbarazzino, albeggia.

Ti ho cercato
agitato nella pioggia,
nel sussurro del vento,
negli arati campi sgomento,
nei gialli stagni di iris.

Ti ho cercato
fra i mortali,
nell'odio e nell'amore.
Nel gaudio e nella mestizia.
Nella gioia e nel dolore.

Sorte
del creato sei destino.
Sempre ti ho cercato
e ti ho bramato:
per domandarti cosa?
 

Frammenti passeggeri
O mesto dolore che al tramontare
mi lasci pensare, e quanto cordoglio
nella vita dovrò abbandonare:

Il frangersi dell'onda nello scoglio,
il tenero riso d'amor dei figli,
il fragile bocciolo del germoglio.

Ahimè! Questi patimenti vermigli,
nel cuor sensibile, dolci consigli..
 

Stagnante Rivo
Piccolo rivo, nella quiete
le acque spente bagnano sponde
del mattino, scorrono immobili inquiete
nelle abbandonate terre feconde.

Si riflettono nel gracidare
di cipressi, ombre lungo la riva
fra iris gialli e la melma verdemare.
Nascosto nella fratta schiva

il cinguettare del passerotto
e del pettirosso il chioccolare.
Fermo il tuo passare, vecchiotto
canale stagnante a biancheggiare

gli anni trascorsi con fanciulli
e girini. Rivo silente
riportami bambino. Culli
i sogni...affluente

del mio cuore...
Libellule e il persico sole
e lo ristagnante fragore.
Aiutami a ricordare: il girasole

e il candore della garzetta al sole.
Questa dolcezza nel petto mi duole.


Ode Silenzio
Silenzio, vorrei sentirti parlare.
Il verbo tuo per ore ascoltare
perché nel tacere, adagio, si muore.

Grida se non riesci a farti sentire.
Frantumalo quel silente schermire.
Volare senza ali, è seppellire

parole dell'anima e abbandonare
nell'oblio, il solingo muto ascoltare.
I capelli canuti condannare

e la cute corrugare, aggrinzire
e non sapere che lo scomparire
nel silenzio, silenti, fa morire.
 

Refolo Brizzolato
Verdicante zefiro di montagne
sbuffava lieve brezza rinfrescante;
corrugava la cute verdeggiante
della stagnante acqua nelle campagne.

Nel sussurro oziavano piume magne,
piume di cinerea ardea errante.
Nel giugno tiepido amore anelante,
nella libertà trovare cuccagne.

Assaporare il gradevole affresco
e dal silente sentire, mi desto
mirando il trascorso tempo fiabesco.

Il refolo brizzolato funesto,
nel sorriso candido fanciullesco
dello spirito poetico onesto.
 

Respiro Afflitto
Del sussurrare lo zefiro guardo,
nelle verdicanti foglie del tiglio
il fragile carezzare beffardo.

Respiro da ponente, bisbiglio
mite di primavera a decantare
l'amore nell'amaro cuor vermiglio.

La passione sentivo fibrillare
ma il cuore nel dolore tramontare.
 

Smarrirsi nel Tempo
Perdiamoci nel tempo!
Nascondiamo il ricordo
nella pioggia
pioggia di lacrime. Grigia
afflizione.
Roboante frastuono,
temporale
l'amaro singulto del cuor confonde.
Il cristallino dell'iride
appanniamolo con fiato appassito
fradicio
obliato.
Non fingiamo felicità!
Sarebbe sfoggiare grigio cordoglio.
Perdiamoci nel tempo...
nelle grinze di mille
affanni.
Non possiamo rincorrere chimere:
all'albeggiare del tedioso dì,
vaniscono
al ricordo del tempo.


Mistero Forestiero
Domenica di giugno nembosa
infradici l'iride cristallina
di ascosa vista; pelle rosa
dietro la finestra che mira la collina.

Colui di lontano, Empireo ermo,
ti osserva e sfiorare il cilestrino
fra candide grige nugole fermo
nell'ombra dell'infisso come bambino

tremolante, dal distante temporale
spaventato. Non è il tuo brontolare
che lo fa tremare, ma il torrenziale
fiume della vita che lo fa profondare

nell'onda dell'indeterminatezza.
Tu ridi dell'umana incertezza
dalla discosta distanza
nell'azzurra noncuranza.

Solingo Empireo, egocentrico
giullare distratto eccentrico,
nel mutare di stagioni
nel mutare di acquazzoni.

Nascosto restare
e nel silenzio rimirare
la grandezza del mistero,
come fragile figlio forestiero.
 

Filemone e Bauci
Corrugata corteccia secolare
nell'odoroso giallognolo fiore,
un'estate fresca fai ritornare:
verdeggianti foglie a forma di cuore.

Tiglio, musa del mio poetare:
narra la greca favola d'amore
di Bauci e Filemone; decantare
odo stormire di foglie canore.

Risparmiato accoramento nel ciglio,
dall'impartita sovrumana pena
da Zeus ed Ermes; nel petto vermiglio

amor muta Filemone serena
nel maestoso verzicante tiglio,
mentre Bauci nella quercia terrena.
 

Piano Sonata No 14 (Beethoven)
Mesto pianoforte
dove il maestro suona
più forte
per soffocare la morte del silenzio.
Il battere delle palpebre
con strazio e dolore
leggono un nuovo orrore.
L'amore uccide la vita
o la vita uccide l'amore?
Teatro vuoto.
Il maestro continua a suonare.
La melodia raggiunge il cuore.
Ma il forte rumore
non permette di ascoltare la
malinconica Sonata.
Bambini continuano a perire.
Lontane guerre strappano
l'alito dell'esistenza.
Povertà, sofferenza...
Seminate come
germoglio di trapasso,
nella Natura Morta
di questa tela che è la Vita.
 

Calme Ondate
Immobili le mani odono l'Austro
sventolare lembi di stesi panni
ad asciugare nel mese di Giugno.

Nebuloso ciglio rivolto al cielo
cercando il gracidare della rana,
guardando il profumo della ginestra.

Odo una voce gioiosa, fanciulla,
briosa trastulla nel parco vicino.
Soffiare posso sentire sul pappo.

Respiro profondamente il silenzio,
la quiete del mattino, il silenzio.
No amarezza, ma tenera tristezza.

Fulgide ricordanze, gravi sogni;
ornamenti dell'iride ridente.
Chimere. Quiete di ondate calme.


Ventinove Maggio
E' il ventinove Maggio, la
pioggia piove e bagna
dell'usignolo il
gorgheggio.

Sottile e delicata e fragile
pioggerella, come
rorida melodia dell'usignolo.

Gentile Pioviggine, ti ascolto
come fuliggine sul petto suonare
la sinfonia del sorriso nel pianto.

Delicato il tuo inumidire il viso,
e guardando nel grigio intriso
del tuo riso

anche il mio ciglio di quiete si
bagna. L'usignolo sereno
canta sotto la tua pioggia:

e non bagna il
gorgheggio
e non bagna la
speme.

Gentile Pioviggine, amo
il bagnare rugiadoso,
il cantare nel cuore.
 

Chioccolare Nero Arancio
Chioccola l'antenna tutto il dì!
Chioccola chioccola la nera arancio
melopea.
Nero merlo
dalla finestra del verseggiatore
miro il suono
del tuo chioccolare.
Delicata, morbida, lieve
melodia
consola nostalgia
del mesto poetare.
O merlo solitario
il tuo cantare
la poesia consola che sto
per comporre.
Di gaudio lacrimoso
è questo sillabare
ma il tuo chioccolare
allevia
questo male!
 

Tacito Parlare
Tacito parlare
di lontani ricordi d'amore,
dipinti dal verdeggiante
gracidare e il
frinire di cicale.

Respiro rorido ricordo
di introverso bambino,
nell' Eden il giardino.

I cipressi anelare.
Il saporito odore
di abbandonati cimiteri.

Trastulli e risate a cercare
con amici
chi lasciò l'alveare.

Ristà il tacito parlottare
nel singulto del mare.
Negli anfratti scogli, inspirare.
 

Rivolo
Guardo i gorgoglii diafani lenti
del fiume, nel bruire di verdeggianti
quiete ombre di tigli cinguettanti,
nei becchi di passerotti contenti.

Luce tepente trafigge lo specchio;
verdi canne mulinano nel vento.
Respiro lo scorrere del momento,
con il guardo rivolto al rivo vecchio.

Esso, impetuoso lentamente inonda
lo spirito silente; frale friabile
franto argine. Fiumana furibonda,

vita raminga; rondine che migra
nell'infinito sconcerto impalpabile
del mio rivolo; nel cuore migra.


Natura Morta
Il profumo di fiori recisi
non profuma la vuota stanza.
L'odore colorato, assonanza
con assenza, di vita uccisi.

Cesto di succulenta frutta
raccolta, dalla buccia avvizzita
e dall'insetto farcita.
Lo scuro ombrare, la rende brutta.

Un immobile penna senza inchiostro,
riposta sul bianco foglio
che di parlar è rimasto spoglio.
Spoglio di quella poesia ostro.

Una candela spenta
dall'assenza del vento,
caduco lamento
del tempo, che spaventa.


Amicizia Come Primavera
Dopo la virale clausura
ti ho incontrato nella viuzza,
la palpebra stanca e insicura.

Lo smunto sorriso
malinconico e
di gaudio intriso.

La crepuscolare luce di Maggio,
illuminava quello stanco
sorriso. Mi dicesti di aver perso coraggio.

Lo zefiro amichevole carezza
sofferenti parole
dell'esistenza tua matrigna amarezza.

Ci siamo salutati a malincuore
sapendo che il
tempo è uno spietato illusore.

Ma l'amicizia quando è sincera
distrugge il dolore
ed è speme in primavera.
 

Gelsomino
Albi lievi petali a profumare,
fine maggio fragranza
di montagne e del mare.
Nel tramonto stellato
osservo questo profumo dorato;
rimembro età fanciulla
e l'ingenuità frale.
Il candido effluvio dei delicati
boccioli. Ricordare nel costato
la fine delle scuole
e il giallo rovente della stagione.
Frammenti d'amore lungo la piaggia,
il sollazzo con amici e svaniti
progetti oramai miti.
Candidi petali di gelsomino,
odoroso di notte
nelle ciglia commosse.
Rugiada di lietezza
morbida la carezza,
di andate rimembranze.
Il pianto diventa singulto,pioggia,
un sussulto. Rorido
da pupille nettare di corolle.
Mi desto dal ricordo.
Melato il sapore del ricordare.


Girasole dei Prati (Tarassaco Comune)
Il biondo colorare i prati di dolcezza.
Umile
Girasole dei prati il
cuore mi hai fatto innamorare.
Infiorescenze nel verde firmamento
abbellimento
a primavera e nel petto.

Anelano i sorrisi tuoi
questo frastagliato
petto.
Respiro il giallo colore
e con ardore
amo carezzare il tenero candore.

Non ti scordare di me
modesto fiore
nella mia vita
sei l'imago dell'amore.


Quieta Fanciullezza
Percorro questa vetusta
strada di fanciullezza
fra mille parole del
silenzio.

Viride via
e d'azzurro dipinta
da sagge mani materne.

Allatto tumide mute
labbra
di lievi sospiri di giubilo.

Vanisce il guardo.
Si scioglie. Strugge
nella quiete interminata.


Artificiere
Ricordo: era una primavera fanciulla.
Luce fioca trafiggeva la tapparella.
Il timido sorriso nella penombra
della stanza.

Il delirio senile della febbre a quaranta.
Nel giaciglio della casa contadina, il
reale sogno dell'artificiere raccontasti.

Parlavi della lontana America, e
della militare prigione.
Fanciullo e imbarazzato, il
racconto nell'ombra della camera

rimasi ad ascoltare; incantato
emozionato. La sognata
allucinazione del passato, ricordo

aveva reso vero l'incredibile sogno
dell'artificiere perso nel mondo:
nella Seconda Guerra Mondiale.

Con tenerezza rammento il
frammento del dolce racconto.

Ricordo: il tuo sorriso febbricitante
nelle ore di febbre; eccitante
scheggia della tua gioventù

nell'ormai canuta e rugosa pelle.
Ti aveva segnato
la guerra, e tu la sognasti come
tornata.

Riposa in pace, contadino
artificiere; ha ingannato
anche te la vita!
 

Disegno un Rumore
Disegno del tosaerba il rumore,
nella cinguettante fragranza viride.
Nell'aria aleggia coccolando l'iride
mesta, per una scaglia d'amore.

Rorida rugiada sul frale fiore,
il bocciolo mira l'ombra del viride
core, di passione sei gocciola e iride
del dolore; del cuor tormentatore.

Il rumore nel silenzio ascoltare,
come rammarico di quel momento
in cui dolci labbra hanno baciato

l'afflato dell'anima e imbarazzato
come l'ingenuo fanciullo, sento
nel brusio la paura d'amare.
 

Come Papavero
Nel virente campo d'orzo
al fruscio delle spighe, timido
Papavero sei nata.

Di rossore le gote di bambina
e l'asprezza della ribelle età.

Nello specchio ti nascondi
in gran segreto
per il fanciullo viso truccare
e per non farti scoprire
di corsa a ripulire.

O rosso Papavero, le
innocenti palpebre ho visto
crescere.

Quando ti abbraccio,
della corolla i petali socchiudi
nell'arrossire.
O rosso Papavero
petalo del mio cuore.


Domani
Dalle vicine mura, echeggiano
urla oltremisura; della vita
il compagno, insulta, sgrida...
Volteggia violento verbo nella pena.

Domestiche le faccende,
di corsa a lavorare
poi ai figli ti devi dedicare.

Fioca luce.
La quiete aggredisce
la notte.
Lui, la callosa mano
fra la cute candida e tenue
delle cosce, con violenza la mano mette.

Vulnerabile. Lasci accadere.
Per la paura o per il dolere?

Volita libero leggero,
il prigioniero spirto, nei delicati
sogni.

Il cuore, un frale fiore
dai gualciti petali.

Consumato il desiderio
feroce
dolente
la rimembranza lavi.
Spegni la luce,
volti le spalle.

Domani, è ancora domani.


Notte
Notte, giungi con il nero mantello.
Nascondi l'afflizione con il sogno.
Cela questo dolere
dell'anima e del cuore.
Accendi le stelle e la luna
con calore.
Notte, giungi con la quiete.
Asciuga le dolenti
lacrime
e all'albeggiare dell'indomani
donami luce d'amore.
 

Anemofila Impollinazione
Un tepente vento di delicati
afflati
da schive infiorescenze,
ma poco appariscenti
come piccoli bianchi
fiocchi setosi, del soffione giallo:
il dente di leone;
raccoglie
il polline dal fiore.
Petali di corolle non stillano
nettare.
Il minuscolo insetto,
non può essere attratto
dalle bianche introverse infiorescenze.
Cipresso, olivo, ontano, il
platano solitario:
impetuosa e vetusta
corteccia
al venticello la vita hai donato.
Falde di evanescente
pallido polline, e nello stupore
rattengo
l'incanto del cotonato nevare.
 

Sorridi nel Silenzio
Nel silente poetare mi osservi,
candida morbida amica.
Accoccoli il guardo. Ti benedica
questa tua piccola vita. Mi osservi.

Sul freddo del pavimento, sdrai
il pensiero assorto.
Forse sai cosa scrivo; accorto
è il tuo olfatto. Ti sdrai.

Quando sono presente,
tu sei la mia piccola ombra.
Non abbai, e nella penombra
ristai. Piccola amica presente.

Quando comincio a verseggiare,
ti avvicini per una carezza.
Mi guardi, e vedi l'amarezza
delle mie parole; comincio a verseggiare.

Sorridi con i denti; il silenzio
che parli e una melodia
nel cuore, è una melodia
d'amore. Sorridi nel silenzio.


Del Poeta il Cuor
L'ingannator mesto
cuor del Poeta
rallentato
il battito dal dolore,
accelerato
il battito dall'amore.

Scheggiato petto
da frammenti addolorato.

Gelido petto
marmorea lapide
a rimembrare ricordanze.

Dell'esistere, ha lasciato
la fiumana detriti nel cuore.

Tumido costato
dai rimpianti disseccato.
Farneticanti
sorrisi, nell'oblio accantonati.
 

Aleggia il Piumaggio
Il piumaggio candido miro,
voliti
al guardingo passaggio
del ciglio.

Maestoso il signorile volare.
Nell'azzurro
destino
sembri nuotare.
Ignaro, ingenuo...

Garzetta, aleggi
lieve nel guardo del cuore.

Come il biancore delle piume,
seguire dovrei il
destino.

Non dal malevolo
fato, esser perseguitato.
 

Avarizia
Scivola una risata sulla cute,
lagrima di dolore.
Lacrime dimenticate perdute.
Dimentico il mormorio cantore

delle foglie a settembre,
e quando incominciano a raffreddarsi.
Rugiada di Dicembre,
ciglio gelato, e sparsi

ricordi mulinano nella brina.
Si scioglie ardente sorriso in Agosto,
anfratti di mattina
nelle spumose onde di ferragosto.

L'acre odore del mare
le ferite ferisce con carezze;
nel costato un singulto. Accomiatare
lietezza ed ospitare le amarezze.

Incanutisce di rughe la cute:
e dolore e nostalgia e mestizia.
Inaridiscono i gemiti e mute
parole. Nel petto resta avarizia.
 

Iris delle Paludi
Carezzo il giallo
nato nell'asciutto canaletto.
Tocco la gialla
infiorescenza del selvatico
iris.

Iris, di pioggia ti vesti.
Non gemi di cordoglio
ma di gaudio ti inebri.

Nella modesta eleganza, sei
del rivo spento il delicato ornamento.

Iris, ti appellano con selvatico:
di nascere sei libero,
di morire sei libero.

Il giallo
fiore,
della vita ha il colore.
 

Parlottano Virenti Foglie
Guardo sussurrare le verdi
foglie, nei silenziosi meriggi
cinguettanti, tediosi distanti.

Irreale primavera discosta
nel petto nascosta nostalgia.

Rorido riso di gaudio intriso,
simile a guazza di pianto
che un refolo di vento, come
tenero lamento, porta

un fragile bacio sopra tumide
labbra di tristizia.
Labbra solitarie, troppo lontane
dalla speme del cuore.

Guardo parlottare virenti
petali di ramoscelli, nel sordo
sguardo peritoso.
Un altro tenero vanito sogno.

Raccolgo un luccicone cadente,
nettare di corolle cadente
nel calice del fiore.


Ginestra
Stonato il tacito sciabordio
del rivolo, immobile scorre
frivolo lungo il verdicante
poggio di ginestre.

Frale fiore giallo dorato, piccolo
spicchio da insetti abitato, obliato
fra forasacchi ondeggianti; ondeggiano
come onde impetuose.

Sboccia solitudine nel germoglio
del tiglio. Per l'estate di verde
si veste. Il ciglio giallognolo
del fiore, di inebriante caldo l'odore.

Estate solinga, di tediosa
malinconia raminga; arida
solitudine di rapiti
sentimenti dal virale male.

O Ginestra, quanto ricordano
le tue foglie l'esistere:
semplici e caduche.
O Ginestra, corda, fibra del mondo.
 

Morbo di Alzheimer
Guardi l'azzurro infinito negli occhi
di tua madre, dove ti sei smarrita.
Non più il profondo diafano tocchi
del pelago, ma la spenta pepita.

Labbra farneticanti, bianchi fiocchi
sui capelli, rughe anziane fiorite.
Il fastidioso odore giallo tocchi
di urine, in un'anima di ferite.

Smarrita mente. Ghermita dal male,
sottratta dal caduco corpo come
estirpata la rugiada vitale.

Vedi il seno d'amore cavernoso.
Vedi tua madre: è svanito il nome.
Vedi l'anima mortale irreale.
 

Maggio
Tediosa e sopita
primavera. Inspirare
nettare da bianchi fiori nutrita.

Con fuggevole guardo, catturare
dell'upupa il volo
e nell'umana quiete, mirare

la natura madre al canto dell'usignolo.
Appare alle palpebre aver preso
possesso del verde suolo.

Ascoltare Maggio, ed appreso
il lento passare...rimembrare
l'ingenua esistenza alla vita vecchia proteso.
 

La Vecchia Signora
La vecchia signora di nero
vestita, porta il lutto per questa vita.
I suoi cari ha visto morire e
nel baratro silente, si ferma a sentire.

Sente stormire la vita, nelle bianche
fanciulle voci e nel roboante rumore.
Si nasconde nell'ombra di mura e
solinga romita aspetta la morte.

Sulla soglia dell'uscio
porge lo smunto viso, la
spesa a ritirare. Nella penombra si
ritira, fino al crepuscolo della sera.

Forse anche l'umana gente
quando sa che deve perire,
come l'elefante si nasconde alla
morte; per defungere e abbandonare
l'inganno dell'età fanciulla.
 

Detriti
Mirare dal cemento del balcone,
il mare: assaggiare le sue onde di afflizione.

Inspirare dallo zincato parapetto,
le montagne: carezzare il virente bozzetto.

Passeggiare lungo il terrazzo,
con meste pupille: ascoltare lo schiamazzo.

Sospirare istanti rapiti
dal petto, dove sono rimasti come detriti.

Udire l'effluvio rorido di Maggio,
dove il solitario pensiero è in eremitaggio.

Sfiorare soffi di Etesia dal terrazzino,
brezza tepente al canto del cardellino.

Surgere nel mese nascituro,
tramontare nel destino perituro.

Suggere il respiro della vita,
dalle piccole cose addolcita.


Un Prato di Margherite
Nella scheggia del fusto,
nel frammento del petalo
o nella corolla dal giallo
profumo, sei cantore dell'amore.

Sei fragile vigorosa infiorescenza.
Nel verde del prato sei nata
timida, umile ornamento dell'esistenza.

Passeggiare con ignudi
piedi per non ferire la frale
bellezza dei boccioli.

Correre, rincorrere trasparenti
chimere e sogni mai sognati.
Dipingere il manto del prato
con pioggerella salata, come

lacrime evaporate strappate
da petali ingialliti
dal dolore; e come
te, piccolo fiore fiorire

nella nuova primavera.
Bianco bocciolo, involucro di
vita...splendida
inflorescenza di capolino.
 

Al Vento
Del vento vorrei il segreto carpire.
Il respiro e l'eterno eremitaggio. Suggere
della primavera e del quando sono nato
poeta.

L' etade fanciulla sospirare vorrei
dello zefiro.
Di sollazzo aleggia nei virenti
respiri di rigogliose chiome.

Dal vento, ho appreso
a non penare; come
lui di calma ho momenti,
a volte refoli impetuosi.

Dal vento, ho appreso
a nascondere il cordoglio.
Nel freddo dell'inverno.
Nel caldo dell'estate.

Del volto, al vento, abbandono il sorriso.
 

Sonata numero 14
Nell'abisso del petto nubiloso
suona una malinconica sonata.
Stonata nel frammento silenzioso
dell'anima appassita e non amata.

Il morbido motivo melodioso,
non cura la ferita lacerata.
Il pianoforte continua affettuoso.
Il piano asciuga la stilla salata.

Il respiro dell'anima aleggia
fra Do Re Mi...debole melodia
che nella sofferenza volteggia.

Mani astratte sfiorano la tastiera.
Affliggono, martelletti, l'aritmia
del guado; di solitudine scheggia.
 

Il Volto della Solitudine
Raccogliere detriti del pensiero
nella stanca solitudine. Affrante
palpebre, silente solitudine.

Il timore nasce nella paura
di labbra, paura non di decedere,
di vivere. Incapacità a ridere

al destino beffardo, che giuoca
con l'inettitudine del rossore
volto pallido della solitudine.

Timore di amare la trasparenza
dell'onda, la quale richiama il guardo
come sirena dal sensuale canto.

Frangere l'iride limpida con
lucciconi afflitti da nude maschere;
maschere ignude, obliate di passioni.
 

Sfumature di Pensieri
Non ricordare quando si dimentica
l'iride della giocondità,
o il lento mormorio della verità.
Ascoltare la tenera autentica

sfumatura grigio azzurra dell'etra.
Un pensiero puro che vibra
nello spirto antico, fibra
distratta dalla melopea della cetra.

Incantata melodia nel sibilo d'ala,
ala del gabbiano solitario
romito, dimentico, solitario.
Da questo mesto volitare, esala

un refolo smarrito, un pensiero.
Mirare l'orizzonte e scorgere
brandelli di un sorriso e scorgere
un granello del ciglio lusinghiero.

Tremare per paura di obliare
la cute pallida, voluttuosa.
Tremare per timore di scordare l'affettuosa
parola delle labbra, goccia d'amare.
 

Forasacchi
Il verzicante fruscio stormisce
fra rigogliosi forasacchi.
Ondeggiano le sottili
chiome, lungo l'erboso

ciglio del rugiadoso rivo.
Dal petto stilla
il fanciullo ricordo
dal meravigliato
guardo:

lanciare per gioco le verdeggianti
spighe, sopra l'estiva maglia di Maggio.

Afflitta ricordanza, è
del verseggiatore il respiro.

Discosto, non lontano il rincorrere
sogni, sorrisi. Franta
speme...
 

L'Urlo Serrato
Ingoiato dall'infuocato
Urlo di Munch
evapora un frammento di angoscia,
serrato da tremolanti
gengive.

Confini infiniti sfiorati
da pupille, ingannate da nauseanti
falsità.

Ritrovarsi a volitare dentro nere
paure.

Fuggire fuggendo
dall'inevitabile avvenire.


Alla Deriva
Vagheggiando nei distratti
pensieri raminghi,
ti accorgi di avere
smarrito le labbra.

Ruvide pupille appassite come
rosse rose.

Ti affanni per non annegare
nell'oceano salato delle lacrime.
Ti ormeggiano
rimpianti alla deriva del cuor tuo.

Non hai smarrito la strada, hai
smarrito l'esistenza.

Distratto da milioni di affanni:
ti hanno ingannato.
Chimere diafane...

Immobile o refrattario,
stillano
le pupille
piccoli vacui tormenti.
 

Una Lacrima
Sentire il sottile rumore fragile,
di una lacrima che sfiora
la pelle, grinzosa e screpolata.
Sentire il gemito impercettibile
echeggiare sulla corolla di seta;
effluvio porpora vellutato del cuore.
Sentire il suono della lacrima.
Scivola senza rumore, rumore
ammutolito dal dolore.
Sentire la melanconica melodia,
penetrare nel sorriso della lacrima;
scivolare nel sussurro dell'oblio.
Sentire il rimpianto: pioggia
della lacrima che si confonde
con il sangue che stilla dalla ferita.
Sentire la calda solitudine
della lacrima, che arde nell'introversa
quiete; silenzio dell'anima.
Sentire il sordo suono svanire.
Scivola lentamente, lentamente.
Impalpabile diafana lacrima.
 

Espressionismo
Pennellate di colori.
Soffio dell'anima, soffio di vita.
Dipingere una verde lacrima eremita.
Pingere gialli dolori Fra i fiori.

Pitturi lievi acquerelli, sfiori
tele candide. La ferita
rossa come il sangue, colpita
dai pennelli favoleggiatori.

Verniciare l'azzurra solitudine,
nelle lingue di fuoco del tramonto
di terrore e tremare al nefasto racconto.
Urlare la grigia pioggia di inettitudine.

Dipingi come il pittore: irrequietudine.
Irrequieto spirto immerso nel tramonto.
Poeta distratto, rime come un racconto.
Il tuo rimare, un quadro di gratitudine.
 

Vanire il Singulto
Lacrime tante piangeranno il ciglio
al lamentoso suono di campane,
al sordo singulto smarrito al giglio
dell'amore, lasciato alle villane

sofferenze del costato vermiglio.
Vanito il sorriso nelle profane
ricordanze vetuste, nascondiglio
dolente, delle pene quotidiane.

Un rivo di sofferenza abbracciato
al maestoso cipresso virente,
immerso nel introverso silenzio.

Il tuo nero mantello strappato
dalla quiete di marmo; assenzio
amaro del sempiterno morente.


XVI Settembre
Era il sedici settembre, un sabato
millenovecentoquarantaquattro.

I Partigiani, il nucleo della V armata
americana, entrarono nelle polverose

rovine e macerie bombardate dagli
stranieri invasori. Città evacuata

martoriata, fortificata a causa
dell'imminente sbarco sulla dorata

spiaggia viareggina, viale Margherita regina.
Racconti da voci sopravvissute che

hanno riportato l'accaduto. Vita morta
partigiana, forza narratrice forza

conquistatrice di sogni e libertà!
Nel cuore dolore di macerie.

Ricordi bombardati; defunti sotto le
rovine di morti e di polvere case.

Cumuli di sofferenza, senza sentenza.
Cumuli di afflizione, all'ombra del sole.
 

MMXX
Sibila sussurra sottile un rorido
Levante, in mezzo alla gente.
Mascherati i volti, volti di gente
da i sorrisi strappati.

Lunghe file davanti supermercati:
interminabili infinite code perse
nei pensieri di persone disperse.

Sibila virale veemente l'infestante
morbo, nell'anno MMXX.

Rassegnati al male, impotenti al fatale
destino, rassegnati all'abissale malattia.

Il maledetto morbo surrettizio allontana
una carezza o un abbraccio o un tenero bacio.
Il morbo maledetto rende più romiti
uomini e i sorrisi!
 

Mietitore
Pioggia che non bagna
questo dolore; sapore di pianto.
Singulto di un rimpianto passato.

Vetusto presente, morbo silente
che non si pente del mal inferto.

Un deserto nell'anima di gente
assente per strade, di gente
dal sorriso smarrito.

Guerra insidiosa,che non bombarda
edifici o case o scuole.

Guerra insidiosa, che non conquista
l'altrui nazioni.

Come la guerra, distrugge
vita, libertate, speme...

Ingannatore virale vile.
Cupo Mietitore.
 

Speme
Solitari all'ombra del concavo
empireo
pupille roride romite.

In cerca di stille di lietezza,
nella fragile
rugiada

nella dorata
fragranza del dardo,
stella di speranza.
 

Delicato Tessuto
Porpora lacrimare;
rivoli, anziane rughe.
La cute vellutata,
pelle intessuta, seta.

Non rimembri, hai scordato
di sognare, sperare
volare sopra lievi
petali, margherite.

Il Preterito, bianco
vecchierello barbuto;
con diafane chimere
ti ha ingannato, beffato.

Non gemi, ma sorridi
te, vestita di gioia
vestita di gaiezza
fanciullezza; tessuto.

Delicata allegrezza.
L'afflato verdeggiante
platano, inspiri, suggi.
Ascoltano pupille

il cinguettio frale.
Passeri, l'eco bruno
che accompagna te Vita:
dal surgere all'occaso.
 

Chioccola il Nero Mantello
Nascondo il nero
suono e miro
all'ombra del balcone il
melodioso fischio in coro.

Tciuc-tciuc-tciuc

Vola volteggiando questo piccola
melodia...

Tciuc-tciuc-tciuc

Arriva in alto, raggiunge il
davanzale, è la melodia
che cura il male; del viver la sofferenza.

Nera melodia, suoni allegramente felice.
Ti odo stormire fra virenti
frasche fresche dell'olivo.

Chioccola il nero mantello
pennuto...chioccola leggero leggero.

Lo zefiro tepente accogliente
nell'irreale ambiente: chioccola.

Un brivido gaudio chioccola.

O merlo, nero mantello,
il sibilo emesso dal cuor tuo
e dall'arancione becco

è una rugiadosa melopea della vita mea.

Tciuc-tciuc-tciuc.
 

Piove
Piove sopra la quiete della notte.
Rivi di polvere e malinconiche note
come sinfonia numero
cinque di Beethoven.

Piove pioviggina muta pioggia.
Nelle lacrime soffocate.
Nelle ciglia prosciugate.
Nelle notturne foglie rugiadose...

Piove nei seni bagnati
nei cuori spaventati
nei pensieri addormentati.

Piove nel silenzio di chi è morto.
Nel tramontato albeggiare.
Nel silenzio che parla all'eco ammutolito.
 

Gemito della Sera
Come questa sera
uggiosa soleggiata
fresca
deserta
spenta
defunta.

Come questa sera
è il gemito della terra
dal patogeno virale
arsa.

Rimpianto
pianto
nel venturo
lamento.


Ridete Fanciulli
Ridenti fanciulli di ermetici
trastulli, sorridete di gioia
di vita la sete,e ridete ridete.

Invidio l'ilare gioia dell'etade
fanciulla, che ingoia le adulte paure
con giochi e risate.

Ingenua serenità dettata
dall'età migliore, l'età del fiore.
Risate tintinnano fra pareti

sopra colorati tappeti,
di giochi ricoperti, e briciole
di biscotti.

Non ricordo questa ingenua
età fanciulla; vedo il vostro volo,
in alto, come il tenero usignolo.
 

Rosaliccio
Della primavera sei il colore
rosaliccio
nel campo di granoturco
dall'inverno abbandonato.

Il lontano ricordo corre,
al fanciullo incosciente
nel rosso
campo insanguinato

a giocare con i rossi
papaveri.

Assai discosto
è quel tempo
rubato o negato, non ricordo.

Un'adulta lacrima
lemme lemme
per la gota è scivolata

lontana ed ormai dimenticata.


A Pochi Guardi
Petto frastagliato come la costa,
a pochi guardi dalle diafane onde,
discosti quanto un sorriso dal paradiso.

Provi a sporgerti dal parapetto
del balcone
petto malinconico, solitario.

Il mare vicino così lontano
dalle narici mute
le quali non riescono ad assaggiare
l'agrodolce dei guizzi.

Petto solitario come l'orizzonte,
a pochi guardi dalle palazzine vicine,
dove il sole nel vespro dorato

si assopisce, forse addolorato.
Le ombre si assottigliano
nel crepuscolo allungato

dalla primavera ingannatrice,
di zefiri e brezze raffreddate.
Costole piangenti, come fronde
del virente salice.

Le lacrime sono salate.
Come vapori
del pelago in estate.
 

Finestra
Un cereo volto piangente
di lacrime assente
ombroso ombreggiante.

Celato dietro l'alito di fiato
ombrato
sul vetro ghiacciato.

Morbo virale
che aleggi a spirale
sottraendo sorriso vitale.

Di piombo velo di seta
pallido come il volto del pianeta
nella quieta notte cheta.

Piange ancora silente
quel pallido volto distante.
Dietro il diafano cristallo morente.
 

Pareti Silenti
Piange questo petto
come un fanciullo
come un monello
sopra tetti verdi,

solenni cipressi
dalle ombre allungate
spiate. Furtivi mesti
occhi, nascosti nel

oblio scordato
di giorni funesti
di giorni sconnessi.
Pareti silenti.


L'Interminata Sorgente
Guardare verso l'infinito
l'interminato esistere fra
sorrisi scolpiti nel tempo
e lacrime vaporate da

rocce calcaree, scolpite
dal brizzolato preterito
scultore di una esistenza
enigmatica e immateriale

vetusta. Suggere la
vita dalla sorgente
non esaurita; stille
di sale marino che:

arde ardente ardito nel
petto lacero, e dolor
consunto e solitario:
da sventura straziato.
 

Giunchiglia
Piccola Giunchiglia fiorisci
nel prato, gialla corolla simile al sole.
L'intenso giallo profumo percepisci

dal balcone e dal giardino e dalle aiuole.
Giunchiglia innamorata, dalla primavera
sei baciata. Allegri campi colori, insieme alle viole,

incolti prati e rocciosi terreni; fiera
giardiniera. L'imbarazzo del cuore
per la vita è l'amore: chimera

ed illusione tua grande passione,o fiore!
Sei triste gioiosa, di passione vestita.
Petali lievemente gualciti dall'ammiratore.

Ti ho raccolto con il bulbo, giunchiglia fiorita.
Nel mio minuscolo pensile giardinetto
ti ho piantato e cullato, e, sei sbocciato nella vita.
 

Silenzio Canuto
Una finestra, milioni finestre illuminate.
Gelida gelata luce.
La primavera è giunta.

Le strade sono mute.
Canute di silenzio, soleggiate dalla luna.

Spettrale assenza
oblio
come pioggia notturna.

Si sente l'eco lontano
di passeggiate di chiacchierate.

Svolazzano indisturbati gli augelli
nuvole leggere
le quali nell'infinito aleggiano.

Rimbomba nel rotto silenzio
l'abbaiare di un cane e
l'infinito virente prato di incolte
margherite.

Solo una finestra resta
per poter apprezzare la vita
discosta, nascosta dal morbo
virale.

Una finestra dove poter amare:
un fiore
un albero
un merlo
un tramonto troppo lontano.

Una finestra ancora ghiacciata
che non lascia allungare la mano
e carezzare quel meraviglioso
cielo lontano...
 

Il Poeta
Mi domandi: “chi è il Poeta ?”.

Un fanciullo che non ha età! Un asceta
dal petto dolente, con mani di seta
il quale tesse trama di lemma irrequieta.

Un bambino che si sorprende
all'accartocciarsi di una foglia e attende
la brina al mattino nel vicino giardino e tende
la mano per carezzare quel gelo che viene da lontano.

Un bimbo sorridente nel pianto; artigiano
del tempo nei versi scolpiti, e anziano

nella solitudine che incanutisce rime
e ossimori e versi e una strofa sublime.

Geme nella quiete dei sorrisi
di dolore intrisi, fra il frusciare di improvvisi
pensieri ascosi ma precisi.

Questo è il Poeta: sensibile tremore
impaginatore di parole e dolce cantore.
 

Refolo Nostalgico
Un refolo, forse cento refoli mugghiano
come candido gabbiano che plana
sulle onde non agitate. Onde quiete volano
inebriando con l'effluvio traslucido. Emana

un giallo viride sensuale, come una ventata
di piacere, un caldo abbraccio al cuore.
Una folata di sorrisi annegata nell'amata
passione porpora, dai petali gualciti; fiore

malinconico come recisa rosa in primavera.
Primavera lontana, forse dimenticata
forse svanita nel gemito, forse prigioniera
della sofferenza, forse ingannata.

Un refolo ruba il diafano profumo.
Di luce colorato. Di giallo aggraziato.
Giunge la buona fragranza; tenero fumo
nel ciglio malinconico, ciglio abbassato.


Una Durata
Tiranne lancette in cerchio ruotate,
attimo istante nel pianto franto
come lame gelide di ferro affilate
ruotate ruotate: nel muto rimpianto.

Calendario colorato, di carta o plastificato,
stilli giorni mesi anni, lasciando ricordi e rimpianti.
Se ti dimentichi di girare o rimani accartocciato
come in teatro, il dì è già passato in malinconici commedianti.

Ruota la terra intorno all'asse
regalando giorno e notte.
Ruota la terra intorno al sole, aspettasse
il girasole, delle quattro stagioni a mezzanotte:

Al mattino ha quattro zampe.
A mezzodì ne ha solo due.
Alla sera, tre son troppe le zampe!

Il passato resta un malinconico ricordo.
Il presente una reale percezione.
Il futuro una congettura:un sordo venturo al ricordo.

Tiranno è il tempo passato:
I rintocchi delle lancette ci hanno abbandonato.
Le pagine di carta ammuffita ci hanno accorato.
I colorati capelli di bianco brizzolato, per il tempo che è passato.
 

Una Foto Bianco e Nero
Vedi quella piccola istantanea
bianco e nero. Affissa estranea
solitaria all'astratto sentimento? Il colore
è scivolato dentro milioni di ricordi con candore.

Non importa quante volte
il petto può morire...

Giganti gocce di passione
hanno scolorito l'immagine carbone
riflessa nel baluardo del tempo.

Sorridi al cielo lontano e urliamo:
esso si burla di ciò che proviamo!

Non ha importanza quanto
il cordoglio può spezzare l'affranto
costato infartuato, infranto.

Non ha importanza quanti
milioni di lacrime doloranti,
il bulbo oculare ha esondato sanguinanti...

Rimane il sospiro della fotografia,
vernice bianca nera rubata come sinfonia
al violino del tempo, al ricordo in regia!

Inspiri il non colore, il bianco e nero
della foto digitale indeterminata; leggero
il respiro, il quale diventa grave gravoso greve ponderoso
piombo lieve, come una piuma che lentamente
lentamente nel silenzio del battito del ciglio; discendente

si posa come la delicata farfalla sul fiore
delle tue rimembranze, con amore.


Stille Di Fragile Pensiero
Vorrei suggere il midollo
della vita dalle labbra del tempo,
dalla guancia arrossita dell'empireo.

Vorrei inspirare l'afflato
dell'esistenza dalle narici dell'aura,
dall'assenza del colore del pelago.

Vorrei mangiare il sorriso
della terra, nutrimento dello stormire
di gracili pensieri, monumento del non perire.

Vorrei dissetare il desio
di erudire stolti, illusi
occhi smarriti sciolti nel dolore del vivere.

Vorrei sfiorare il fragile
peso dell'armonia di un esistere,
frale gioia sottile e resistere alle stille della vita.
 

Il Pianto
Sprofondare in un abisso
senza tempo...astratta
immagine nel riverbero dello specchio riflette il
niente. Il vacuo sentire echeggia
nell'oblio, voragine dello scolorito
spirito all'interno di caduchi
giorni, effimeri, ineluttabili.
La distanza infinita a pochi centimetri
dal sorriso, il quale si tuffa nel silente
singulto sinistro
di un costato controverso.
Si chiudono gli occhi al risveglio,
risveglio di cosa?
Una pioggia di sole bagna il
parco; correre fra margherite
di pensieri...ancora un illusione
di poterti toccare,sentire un
sorriso, sfiorare il pensiero pendulo
fra la dimenticanza nell'infinito
finito dentro una parete di solitudine
la quale si frange fra le
costole,negli anfratti. Ferite del cuore
come impetuose enormi gigantesche
onde del mare,che si scagliano
nel dolore...ed il sale arde
lesioni. Nell'orizzonte della ricordanza:
rimane un minuscolo impercettibile
pianto...


Dormite Miei Bambini
Nel sonno ridete
miei dolci bambini,
sognate fate e burattini...

Nel sonno ridete
cuccioli cresciuti,
la vita vi sembra ricca di trastulli sconosciuti...

Nel sonno ridete
figli amorosi,
i visucci d' amore pennellati, affettuosi...

Nel sonno ridete
fratelli dolcissimi,
il legame che avete, di sentimenti bellissimi...

Nel sonno ridete
donna e uomo diverrete,
siate forti, onesti come comete...

Nel sonno ridete
figli miei, sorridete.
Fanciulli siete, adulti diverrete!
 

Ponticello
Antico Ponticello fanciullo
nel tuo cuore di
cemento
il tempo
si è fermato.

Non piangi
Ponticello nel
ruscello
sottostante.
Silente
sciaborda e va...

Immerso nel virente
silenzio,
anziano
Ponticello
canuto il
cemento.
Bianco il rosso
mattone.

Non hai tristezza
romito
Ponticello.

La quiete tua
muta,
rimbomba
nel riso del
passeggero,
ramingo solitario.

Ponticello
consoli la solitudine
del passante passeggero
il quale passa passando.
 

Rorida Crosta
Rorida crosta di terra ed erba
piangi te stessa e la tua sventura.
Rugiadosa intrisa palpebra insicura,
come di fanciullo la testa acerba.

Il male che hai inflitto al costato,
è l'amaro frutto dell'egoismo.
Non ridi, ma te stesso piangi di bigottismo.
Solo solitario nel gemito abbandonato.

Del dolore il pianto, rimpianto
nello stormire di foglie virenti.
Clausura virale. Il balcone sorride affranto.

Arcobaleni e tricolore, apparenti
festeggiamenti di una solitudine
interiore, moralizzatore dei rugiadosi agenti.


Epistola Messaggera
Udire il profumo discosto di un sorriso,
nel lagrimare accosto leggendo una lettera
di cordoglio intriso.

Una lettera lieve, sigillata con un chiudilettera
diafano che può raggiungere l'infinito.
Nel respiro del vento aleggi; volteggi lettera

sopra i sospiri appassiti,sopra il guardo sfuggito.
Sorridi ai raggi spenti; voli sopra il gravoso
giorno che offusca il ciglio smarrito.

Raggiungi l'orizzonte dal bacio affettuoso,
il sospiro del mare dall'azzurro amare,
il tramonto dorato dall'occhio armonioso.

Scrivere con vigore, virtude, e virgole;consolare
una stilla di pena, che scivola leggera
nell'anfratto del cuore; morire per amare

un sorriso di pianto, stilla messaggera,
afflitta da un brandello di solitudine
dispersa nel singulto strozzato della primavera.

Epistola in alto aleggia, nell'altitudine
azzurra, nell'oceano di candide parole
nuvole libere di librarsi nella beatitudine.

Missiva di speme spedisci all'ombra del sole,
ascosa dal dolore, motti gaudi motti armoniosi.
Parole libere dal tempo, libere da catene di parole.
 

Riverbero nel Rivolo
Immergere il guardo
nel rivolo
nel riverbero della vita.

Parlare:
alla quiete.
Al battere d'ali
delle rapaiole liete.
Al vetusto ponticello.

Tetti spensierati
abbandonati
dalla fanciulla età
lontani.
Discosti trastulli
di festevole giovanezza.

Scoloriti gli
amici
della puerile età.
Senile vacuo
è rimasto
Dimenticare, abbandonare
dell'adolescenza la libertà.

Fugace lucertola
nell'anfratto si nasconde.

Il latrare di un cane
come le campane
desta realtà.

Il tiepido fresco
scorre da sopite
pupille.

Rimane il disincanto affranto nel rimpianto.
 

Sentire il Trillo
Udire il silenzio del sussurro.
Urlare nel dimenticatoio
l'oblio della pazzia, come avvoltoio
che divora rimembranze e sentimenti nell'azzurro.

Il grido è straziato, dilaniato, sfracellato.
Dimenticato nel vuoto echeggiante,
all'ombra gigante del cipresso verdeggiante.
L'odore marcescente, putrescente, evaporato

dalla sponda del petto, petto di primavera morta.
Si dimentica un sorriso, intriso di pianto.
Si dimentica un abbraccio, caloroso incanto.
Si ode una flebile voce, sottile, delicata, risorta:

La vita non è morta! Percepire il dorato
tintinnio di voci fanciulle. Il bianconero
garrito della rondine, il leggero
rosso chioccolare del pettirosso e l'accorato

gorgheggio dell'usignolo.
Asciugare il gemito del dolore,
e trovare un rosa frammento d'amore.
Udire il trillo, lo strillo festaiolo.
 

Sordo Canale
Canale nella quiete immerso,
mi parli di ciò che è passato,
di ciò che disperso...
Lungo le sponde, il tempo
il tempo si è fermato.

Lungi ricordi malinconici felici:
di seminate porche e il rosso odore
di pomodori nelle serre.

Un avvolgibile serrato a tramonto,
un ripostiglio, un tempo cameretta,
trastullo del fanciullo.

Pitosforo, stormiscono le verdi
foglie,mi racconti del malinconico
sorridere, simile alle foglie sempreverdi.

Come la gelida lucertola sul verde
muretto al sole per scaldare il cuore.

Restare nel tranquillo tepore
e riscaldare la dolce solitudine.

Sciaborda il sordo canale,
sordo al tempo, tempo che scorre
e fa male...
 

Cinguetta!
Scrivo tristi parole cinguettate
dal mesto becco del passero triste
ridente di apatica nostalgia.

Cinguetta più forte, amico solitario,
augel, menestrello di questo petto
ferito dal cordoglio e il silenzio.

Il tuo melodioso suono arriva
in questo isolamento, nella mia
solitudine, solitaria nazione.

Il tuo cinguettio alato aleggia
nelle lacrime del tempo, vetusto
secondo; attimo rubato alla vita:

un momento morto nel passato che
tornare non può. L'istante del riso
derubato dal frammento tagliente.

Morbo che alita indisturbato dentro
costati frastagliati dalla paura,
tremoli cuori pallidi. Piangono.

Cinguetta con fragore e raggiungi il
ciglio spaventato intriso di terrore.
Cinguetta ugel il canto della speme.


Senza Parlare
Respirare ancora il gelido fiato
della primavera, nelle brinate
margherite, nel ghiacciato zefiro.

Respirare la quiete cavernosa
di strade e negozi e parchi.
La gioia si spegne nella fredda

primavera. Danza la ballerina bianca.
Plana la tortora. Maestosi
volitano bianchi gabbiani. Cinguetta il passero.

Platani e tigli si vestono.
Ciliegi e peschi si colorano.
Virenti prati di ghirlande adornati.

Ritorna la rondine.
Il nido di fango pigola.
Germogliano gemme.

Scorre senza parlare
il rio del tempo.
Mira e cheto fluisce...
 

O Vivere
O vicino discosto Vivere,
che gemi rallegrandoti a scrivere
racconti di gioia; a descrivere

sorriso di pianto, il profumo caldo
dell'esistere. Spavaldo
fanciullo, anziano baldo.

Non hai tempo, il tempo sei tu!
L' inganno è divertimento,e come in gioventù
il diletto è l'imbroglio. Tabù

come sortilegi, malefatte
di un bigotto credere. Distratte
credenze, svanite lettere scarlatte.

O Vivere, in realtà sei incanto!
Nel gli occhi ridenti e nel pianto
del bambino. Nel tenero rimpianto

di un amore perduto.
Nel rugoso sorriso canuto.
O del caro amico il saluto.

O Vivere, sei gioia nel soffrire.
Sei meraviglia nel vagire.
O Vivere nel cuore sei ardire.
 

Ugello Libero
Ugello leggiadro leggero voliti
nell'impalpabile aura diafana;
libero di librarti in volo.

O ugello, invidio la libertà
delle piume, che carezzano l'infinito
azzurro,trasparenza del respiro, divinità.

Volteggi e voli nel cielo,
afflato di vita.
Appare infinito il battere d'ali, stelo

di soffione vaporoso. O ugello
riesci a liberarti dal greve
cordoglio dell'esistere; libero uccello.
 

Narciso Ramingo
Giallo sguardo nel solitario
prato abbandonato. Narciso dal bulbo
sei nato. Ogni bella stagione
risplendi bellezza.

Il rumore d'acciaio dei
binari, le verdi foglie fa vibrare.
Polveroso l'odore del catrame
che ricopre gialle corolle.

Non lontano, vicino al tuo stelo
l'olivo cinguetta. Sempreverde il nido
per passeri passeggeri.

Simile a te, o Narciso giallo
l'animo mio. Vittima ineluttabile
di un esistere ramingo, pellegrino.
 

Fatalismo Rassegnato
Ineluttabile fragilità friabile frana
nei gonfi
occhi di paura
negli occhi fragili umani.

Certezze, sicurezze
scivolano
nei pallidi volti
nei pallidi volti di gente.

Afflitti gemiti
tremolano.
Spaventate labbra
serrate labbra.
Sorriso frale, foglia in autunno.

Paura, gracile paura.
Inettitudine.
Ignoto infinito finito.

Oblio, dimenticanza.

Orrore dipinto negli svaniti
visi.
Patologia letale...
infettivo morbo.
 

Cantore di Mestizia
Notte di note nascoste, fra luminose
stelle e la pallida luna.
L'usignolo e il pettirosso, di armoniose
melodie inebriano la solitaria nottata bruna.

Una brezza scura,stormisce fra corolle
addormentate di margherite; da gelidi
lampioni illuminate. Zolle
in ombra dal guardo assente, simili a efelidi.

Albeggia la mattina, mattino sopito.
La luna fa capolino, dietro una coltre di bruma.
Un soffio di brina ha fiorito
l'erba, come candida schiuma.

Un immobile aura silente, sfiora
antenne di tetti illuminati.
Il profumo arancio dell'aurora
sbronza i cuori innamorati.

Immobile pomeriggio di fresco
tepore nel cinguettio di passeri.
Solitario passante passeggia, pittoresco
come spaventapasseri.

Vermiglio vespro, fra i malinconici
versi del verseggiatore,
echeggia nella quiete con fonici
verbi: della mestizia è cantore!
 

Via del Boccella
Rivo nel tempo immobile.
Acqua morta stagnante. Verdi
cipressi si ergono impetuosi, sempreverdi;
lungo l'argine immutabile.

Un bianco cane, sguardo
smarrito, tutto osserva. Arati campi.
Plana la poiana nel frutteto, leggera
nel empireo di primavera.

Sterrata, brulla la strada.

Antica viuzza, prisco ricordo.
Fanciullo tempo smarrito sordo.

Il ciglio del cuore
lacrima emozioni discoste,
lacrime di infanzia nascoste.

Lo spirito è fiume di emozioni.

Infanzia abbandonata e dimenticata e offuscata.
O via del Boccella, rimembri
le chimere di bambino?

Trasparenti ricordanze, sepolte nelle corolle
di margherite, in campagna di zolle.

Sopra il rosso ponticello
di mattoni, volgo il guardo.
La puerizia fanciulla vetusta, miro.


Frali Paure
Non c'è gioia, ma dolore.
Dolore di paura, paura dell'incognito.
Si spezzano sorrisi dal fetore del fato.

Morbo invisibile, spettro virale.
La maschera della morte rossa,
malasorte, indisturbata si aggira.

Penetra nelle fessure dell'ignoranza
infettando con il timore. Untore!
Della morte hai il volto.

Sortilegi di spezzate ali.
Frali paure.
Oscure debolezze. Inettitudine umana.


Gemi Fanciullo
Perché gemi e singhiozzi
piccolo fanciullo triste? Dell'età
sei il fiore, pallore sulle giovani gote.

L'amore abbraccia il cuore.
La spensieratezza lo spirto corona:
leggiadro, leggero.

Semplici dì gioiosi, conquistando
lembi coraggiosi di un indifferente mondo.
Un mondo che veloce trapassa.

Tiepide primavere
che sbocciano e tacciono in caldi
estati di mare. Il primo dolore per amore.

Perché gemi e singhiozzi?
Fanciullo non sei più!
Spirito mio, tenero fruscio: sei solo un frale uomo.


Vorrei sussurrarti
Vorrei parlare del mare.
Vorrei raccontare del fiore.
Vorrei sussurrare cos'è amare.

Il costato ferito. Nelle lagrime perito.
Vuoto petto. Evaporato, estirpato.
Reciso sorriso sopra il labbro appassito.

Momenti di solitudine
le ciglia bagnano. L'odore salato
irrita il pensiero, irrita la beatitudine.

Vorrei della paura parlarti.
Paura di perderti. Quando recisero
il cordone ombelicale. Vorrei abbracciarti!

Vorrei dell'amore raccontarti.
Negli occhi germogliato, alla vista
del minuscolo corpicino. Vorrei accarezzarti!

Vorrei la tenera dolcezza sussurrarti.
Una piccola grande lacrima che tremando,
il tuo cuore con l'amore bacia. Vorrei solo amarti!
 

L'Ignoto Fruscio della Vita
Inspirare l'azzurro fruscio
dell'aria, bisbiglio di primavera.

Candido bianco profumo del susino.
Rosa roseo effluvio del pesco.
Gialla giallognola fragranza della mimosa.

Correre con flebili pesanti
pensieri fragili, leggeri, sopra morbide
nuvole, alla neve simile. Alte vette abbraccia.

Grigie tortore e bianchi gabbiani;
lontani indisturbati aleggiano.

L'iride di bambino meravigliato
osserva. Piccolo visino sorridente, abbagliato
dal sole, sorride alla vita estasiato.

Nel ciglio non c'è pianto:
ma una spensierata gioia. Canto
di gioia infinita: l'incanto.

L'ignoto, l'ignorato, diventa conosciuto.


Mugghia
Mugghia il Libeccio nelle fessure
del costato. Nell'intreccio del petto, lento
soffia. Ululato di smarrimento.

Smarrimento di sensuale dolcezza
in primavera. Inspirare il carnale sorriso,
il morbido abbraccio

di tigli, non ancora germogliati.
Ignudi di nuova veste. Grovigli di
passione virente.

Percorre un tenero brivido, la
secolare corteccia. Una
breccia sensuale.
 

Un Vuoto Rumore
All'ombra del petto, mesti
occhi di cordoglio intrisi, funesti.
Nascondi per nascondere la sofferenza.
Dolente anima, fratturato cuore nell'indifferenza.

Allunghi le braccia dal silenzio
della cute. Come assenzio
cerchi l'effluvio dell'amore
di dolcezza, di candore.

Sopito nella mestizia, desolato.
Nell'eco del fanciullo, ti sdrai abbandonato.
Gli occhi asciutti asciughi.

Rimani all'ombra del petto.
Commiseri te stesso: inetto.
Piangi. Il rumore emesso dal pianto è vacuo.
 

Come Grigie Cornacchie
Gracchiano grigie nuvole
sopra rossi tetti di pioggia.
Mute gocce, lemme lemme, fievole

bagnano pensieri uggiosi,
pensieri solitari, fra costole
frastagliate, frammentate. Dolorosi

gracchiano antenne di metallo
di piume bagnate.
Grigia cornacchia affamata; di sentimenti sciacallo.

In questo fradicio marzo,
qualcuno...bagnato dal rumore della
pioggia arso,

fra il gracchiare di grigie cornacchie,
cerca un piccolo calore
calore umano; piccole macchie.
 

Febbraio e L'Inganno
Respirare il tiepido fosco
febbraio soleggiato.
Un venticello timido nei pensieri aleggia.

Qualche gemma timorosa, di
verde accarezza fronde tenere.
Gialli fiocchi, stormiscono incerti

sopra maestose mimose.
Rosse rose, di passione pitturate.
Dell'amore sei il fiore, febbraio.

Inganna il tuo tepore,
la mattutina brina gelata
sopra fragili margherite e zolle di terra.

L'inganno è pioggerella
di questa vita, di chimere gocce.
Febbraio, anche tu sei beffardo.
 

Isola di Lesbo
Dove è rivolto il
guardo dell'umana gente? Il
caritatevole guardo d'amore?

Un grido deceduto echeggia...
dall'isola di Lesbo, l'isola morta.
Bambini e donne e anziani e uomini.

Si strappano la vita! Si spogliano di
un esistere inumano.
Rifiuti di un cieco globo.

Eco flebile, impercettibile, obliato.
Nell'assordante silenzio indifferente?
Indifferente per cosa?

Gelide lame recidono
l'imperituro respiro.
La speme è negli occhi fraterni della Morte.
 

Gualcito dal Maestrale
Nello spettro del vento, Maestrale
di rimpianto, inquietudine del
muto silenzio in questo cuore abbandonato.

Collassato il petto nel dolore,
fiore reciso nel costato infelice.

Trema la fronda di fragile paura
annegando gli occhi nel forte vento.

Vola lontano quell'antico sorriso, carezza di
una vita morta alle spalle di un nascere infelice.
Il freddo asciutto sulla pelle, di lacrime,
di dolente vomito di anni passati.

Quante margherite strappate dal Maestrale, e
gettate nel rivo putrido di cordoglio.

Spettrale sguardo di greve mestizia.
Spettrale carezza deceduta nel respiro tenue.

Desio di un sogno svanito, rapito dal vento.
Desio di un bacio agognato; forse, solo una
dolce parola di conforto, verbo di dolcezza, tenera carezza.

Gualcito dal forte zefiro.
Gualcito dalla sofferenza.
Gualcito dall'oblio dello spirto.
 

Amata Malinconia
Respirare nell'affanno del petto
smarrito
una dolce melodia roggio, un
singhiozzo tenue, un singulto, un pianto.

Stelo senza corolla. Afflitta anima nella
svanita rimembranza del
dolore morto.

Scialbo ricordo da dimenticare
non dimenticando.

Madre che ti ha abbandonato nella
solitudine della vita;
inerte fragile petto.

Secco stelo. Aride radici nel
brullo esistere.

Sensuale abbraccio. Caldo bacio
sopra morbide labbra di cordoglio.

Amata malinconia!
Amante sofferente dei passati giorni.
Rifugio della solitudine, della pena la salvezza.
 

Nostalgia Malata
Ermi campi abbandonati,
arati, a maggese lasciati.
Zolle di erbacce, zampette
dove piccole cavallette

saltellano nel soleggiato meriggio.
Un fruscio lento, lento nel pomeriggio
risuona di nostalgia.
Solitaria anima, anima di malattia.

Come il campo arato,
gente sola
con il costato addolorato.

La solitudine dolente,
nel ciglio insoddisfatto. Crepitio
nell'oblio, assente.
 

Nel Mio Mare
Ascoltare mute parole del
mare. Negli anfratti di scogli.
Nelle schiumose onde; sciabordare
che si frange in silenzio sulla spiaggia.

Lacrimare nella trasparenza del
sale. Nel dorato
riflesso del sole. Nel singulto del
gabbiano; nell'orizzonte dove

mare e cielo in segreto si baciano.
Naufragare il dolore, nel mio mare.
La tristezza abbandonare. L'afflizione asciugare.

Nascere morendo, nel mio mare.
Ogni giorno. Ogni notte.
Bagliore dell'albeggiare. Silente tramontare.


Oceano di Lento Movimento
Avvertire l'azzurro riflesso nell'imbrunire.
Immergere il ciglio nella salata carezza del mare. Sommergere
una dolce tristezza, nelle arancioni
onde tramontate. Onde amate

rubate al notturno firmamento spento,
spento nel movimento quiete del petto.

Piangere ridendo, nel mantello della notte
giorno di malinconica felicità.

Stridono sentimenti teneri nel volo del gabbiano.

Si spengono luci fredde, dai
lampioni della città; chissà se l'amaro amare
è la mestizia che il vacuo riempie.

Si spengono luci fredde, nel
molo della città; azzurrità ondosa del petto.

Si colma la profondità del
cuore, rossore d'amore...

Che non sia questo spirare di gioia,
la malasorte, la morte che
il silenzio riempie.

O mare, o pelago notturno, scuro
oceano di lento movimento. Muovi la tua
passione nei fluttui zampillanti,
nello sballottare, nello sbattere il fertile seno.

Sensuale schiuma avvolge la battima.
Mugghia l'odore voluttuoso; pallide conchiglie
illuminate dalla gelida luna. Conchiglie all'ombra della duna.

Maroso di lussuria, ardente ardore arde
nelle salate acque...

Laguna immersa nella passione, laguna di balneazione.
 

Sarta Rammendata
Vestito rammendato con le tue
giovani mani di sarta.
A piedi lungo la mulattiera. Era il quarantadue.

Partigiana nel cuore. Quarta
dei fratelli, nella primavera di bombardamenti;
il fiore non raccogliesti; Sarta.

Portavi provviste per soldati partigiani, adolescenti.
Cucisti per ricchi e operai.
Per la fede, rinunciasti ad amori seducenti.

L' amore mai,
come il vespro ruba il meriggio.
Una clausura di passione, oramai.

La tua mente è sfiorita. Pomeriggio
vuoto. Grinze hanno corrugato
il senno; mente osteriggio.

Imperitura la morte. Guardo accorato.
Eterna la fede.
Sarta, rammenda l'ultimo frammento del tuo seno malato.
 

Verdeggiante respiro
Un maestrale spira dal mare.
Carezza il verde fluttuare, di
giovane erba nel campo, a riposare.

Deliziosa temperatura fresca tepente,
del dolore assente.
Forse un saluto, un sorriso, una parola.

Verdeggianti pupille, nelle stille del
venticello. Bello assaggiare la
natura. Lei si muove intorno le mura.

Non immutabili cose, ma mutabili stagioni.
Inanimati muri nel tempo. Erba
che muore, erba che nasce nella stagione.

Cosmo piccolo verdeggiante,
nell'eterno vive,il
respiro nascente.
 

Scrivere è Amare
Non riesco a scrivere.
Le mani sono astratte. Essere
dissolto nell'inchiostro e perdere
l'ispirazione; svanire lo scrivere.

Non avere tristizza. Meriggiare
nel silente oziare.
Piangere senza dolere. Camminare
nell'immobile dì. Ascoltare

la pioggia scivolare
nella quiete, nel lontano pensare.
Umido vapore aleggia nel ridere
irato; alitando nel solingo scrivere.

Nel riflesso dello spirito, disegnare
un bianco amare,
amare l'effluvio ruvido,assaporare
il tenero verseggiare.


Desio
O desio di primavere fiorite.
O desio di sogni, chimere svanite.

O desio hai gualcito petali del cuore.
O desio hai sradicato il petto del fiore.

O desio di fanciulli innamorati.
O desio di amara gaiezza incantati.

O desio frammenti di odio hai dipinto.
O desio rubate vite spezzate, hai stinto.

O desio rarefatto pensiero, astratto sorriso.
O desio fuliggine di cordoglio, ingannevole fiordaliso.
 

Tortora dal Collare
Nella quiete mattutina, caffellatte tuba
la domenica mattina. Vai cercando
cibo e amore, ammirando le prime ore.
Tubi sopra il tetto, o all'antenna dirimpetto.

Pago della vita, svolazzi eremita,
sei in cerca della mosca smarrita.
Poi ritorni appollaiato, su quel
tetto affollato.

Tortora dal collare, vociare nel
parco al tardo tramontare.
Soddisfi la tua vita, dall'umana gente ambita.
O tortora di questa domenica amica,
ecumenica di pace?

La progenie non riesce a soddisfare,
della vita l'altare!
O tortora, non possiamo volare.
Dobbiamo consolare il nostro lacrimare.

Tuba, tuba tortora amica!
Ruba la malinconia da questo petto!
Benedetto è il tubare; nel costato è un tesoretto
per alleviare il nostro male!
 

Margini di un Esistere
Divorati. Gettati ai
margini della solitudine.
Inquietudine del domani.

Erba secca nelle fessure di
vuoti marciapiedi. Emarginati da
sogni, gioia, amore...

Corolle appassite, senza petali.
Frastagliate vite vacue, vuote.
Senza anima. Senza eterno respiro.

Parassiti, insetti umiliati.
Schiacciati ai margini della vita!
Ghettizzati! Privati della dignità.

Uomini, donne, bambini, anziani.
Persone. Esseri umani. Gettati ai
margini della società.
 

Giovedì Grasso
Ascolto il profumo delle frittelle
sfrigolare nell'antico tempo
scorso, nei rivoli di rughe.

Assaggio la bontà delle chiacchiere,
saggiamente impastate da
mani anziane, mani decedute.

Vivo è il fanciullo sapore della
spensierata età.
Non muore, ma vive nel ricordo

vetusto amore
nel fiore svanito delle
zie che ho amato!
 

Spogli Argini
Lungo l'argine del rivo silente,
friabili radici gialle gorgogliano.
Iris nascente nel tepente febbraio.

Assente sciabordio nel
cinguettio di verdi foglie carnose.
Viride respiro. Germoglio di vita.

Di stella raggi, come
rugiada mattutina. Brina tiepida,
piangente sorriso.

Invidiare il nascere tuo,
il morire sul divino argine di
quiete sciabordante.

Nel costato, l'argine ha esondato.
Naufrago di un esistere, ramingo di
pace, come spogli platani lungo il mio fiume.
 

Inchiostro e Poesia
Una penna, nero il colore
nel dolore sopita. Sulla carta
canuta sbiadita, giace.

Di lacrime intrisa, risma
ammuffita. Il dolore
di nero colore, non sembra cessare.

O penna mortale, da sempre amica.
Dimmi come alleviare
questo dispiacere!

O penna mortale, da quando sono fanciullo
sei il mio trastullo, trastullo di poesia.
Di bianco, adesso, mi ha tinto la saviezza.

Pennellate di pena
mi trovo a verseggiare.
Vorrei solo dire:

si decede, si perisce, si muore.
Vano vivere d'affanno
vivere mediocre.

Il verseggiare
è di conforto.
Spero prima di essere

morto, l'avere raccontato!
Penna, il vivere non
dovrebbe essere dolore.
 

Dolersi nella Nebbia
All'ombra della fitta nebbia,
non secco ma verdeggiante pino.
Nell'umido freddo inverno, annebbia
come solitaria pioggia, solingo, osserva il cardellino.

Tintinnio delicato. Chiuso odore
di malinconia. Solitudine nel
pianto silenzioso di dolore.
Aghi viridi, feriscono l'aria di inettitudine

nebbiosa, nella quiete mattutina.
Geme l'alba, dalla
bruma scialba nascosta. Mattina

desta, funesta sorpresa di bianco
candore nelle verdi ore del
pino. Simile alla gente,stanco

pino nella chioma stormisce la
perfida nostalgia.
Solitario, triste, afflitto, nell'agonia.
 

La Panchina
Uno zefiro lussureggiante, nel
parchetto verdeggiante, stormisce fra
spogli ramoscelli di tiglio.

Un gelido torpore, splende nel
dì, sopra la solinga panchina.

La vecchiezza a mirare in
silenzio sta, gli echi giulivi di fanciulli.

Gualcite mani, appassiti capelli.
Rugosi occhi, solitaria pelle.

Esanime panchina, dove giace la vecchiettina.

L'orecchio il ricordo ascolta.
Dietro le chiuse palpebre, nascosta,
a casa nessuno l'aspetta.


Rumore Dolce
Suona una quieta melodia.
Un dolce rumore, una
gialla fragranza di mimosa
lo spirto inebria.

Non vento di tramontana
l'aria muove, ma un
sole caldo tiepido stemperato in
febbraio; gli occhi scalda.

Il candido bianco della
ballerina trilla: tissic.
Torna a danzare.

No fosco grigiore, ma limpida aria.
No amara malinconia, ma
nostalgia dolce.

Per uno svanito amico.
Un tradito amore.
Un rimpianto!
 

Dormi Lentamente Piano
Nella penombra del petto piccolino,
sonnecchia il tuo visino
sereno nei sogni fanciulli, come un cagnolino.

Le tue manine chiuse a pugnetto,
piano piano scaldano il letto, un castelletto.
Lentamente lentamente il sogno diventa un angioletto.

Bianche palpebre, morbide, liliale
chiuse sul guanciale
e sognano spiderman; mentre le cicale

suonano il loro violino
tessendo trame di lino.
Dormi dormi piccino.


Due Anime
Un effluvio tenue, aleggia silente
nell'ombra distante dal fragore
della gente. Adolescente
anima fanciulla nel candore

rossore delle gote imbarazzata,
una promessa imperitura
dall'amore accecata.
Nel seno di bambina, duratura

la promessa di passione
e tenerezza.
Lacrima intestardita di afflizione,
da questo amore che provoca amarezza.

Arde porpora passione
nel bacio, sopra labbra rovente.
Bacio ombrato, sussurrato; commozione
nel seno ardente.

Abbraccia il sentimento infuocato,
un guardo bisbigliato. Una dolce
parola gustata leggera. Abbracciato
all'ardente ardore, un brivido agrodolce.

Timide mani, nel buio abbracciate.
Lucide fronti riflettono amore,
come specchio dell'anima. Emozionate
parole aleggiano nel cuore.

Cute rugosa solcata da dolore.
Mani sfiorite, nell'autunno appassite.
Il tempo ruba il momento, cantore
di stagioni. Passione, come infinite margherite.
 

Vecchio
Capigliatura dal tempo svanita.
Grinze profonde
negli intorpiditi occhi. Incallita
mano,spezzate unghie rotonde.

Vetusto riso spento, labbra ferita.
Vista appannata da stanchezza, confonde
come l'inverno il vetro della romita
tegola; un singulto diffonde.

Malinconico vestito
consumato e antico;
lembo scucito. Curvata
schiena dalla vecchiezza.

Anziano nome da ricordare.
Sei la vita, sei la morte.
Sei l'odio, sei l'amore.
Sei sconosciuto Vecchio, come il tuo nome.


Una Notte Apparente
Nella notte apparente
un singhiozzo si sente, nelle
lacrime soffocato, strozzato
nella fragile oscurità.

Raccogliere lo sciabordare,
mare di silenzio
con occhi sordi di gesso.

Frale statua scheggiata
da ali di fata.

Impercettibile tintinnio delle
palpebre, impalpabile
echeggia la pena.

La fanciulla esistenza languisce.

L'anima ferisce, si spezza
al fruscio di un dolore.

Sboccerà nuovamente un sorriso
sulle gote traboccanti,
nell'aridità della giovanezza.


Sillabe nel Cuor
Nei vostri occhi, d'alba imbevuto,
l'amore respiro.
Fiore nel mio cuore nato, brullo
arido, desertificato dall'esistere.

Il mesto singhiozzo soffoco.

La tenerezza assaggio dei sorrisi,
sulle gote dipinte di bambini.
Figli miei! Saggezza d'amore.

Gli sbagli , il fardello vostro.
Io, menestrello di interrotti versi.

Nel muto rimorso, piango.

Dal petto vostro, scandite sillabe.
Come il passerotto
che cinguetta.

Con dolore vi parlo:
dovrò decedere, perire obliare
questa vita!

L'amore non muore!

Nell'infinito smarriti
il suono dell'amore
ritroveremo.

Bambini
adulti diverrete. Nel
fardello degli anni
dove potrò
cercherò
e vi proteggerò.

Quando avrò
smarrito il respiro
degli occhi
nell'azzurro del cielo,
nell'interminato
cercatemi.
 

Pennellate di Colore
Divampa di fuoco, arde levante
all'albeggiare, rosse pennellate di colore.

Fugge il guardo. Volita
sguardo nell'infinito finito.

Giorno morente,nel mattino nascente.
Singulto assente da mute labbra.

Spogli rami, dita intrecciate callose,
affusolate, riparano il ciglio dal fragore del sole.

Camuffata malinconia da solitudine,
nell'inquietudine dello spirto, sorge.
 

Pellegrino Ignudo
Cosa vai cercando ramingo
forestiero. Solitario cammino
silente solingo, nella brulla esistenza?

Cosa vai sperando errabondo
straniero. Canuto imbiancato
dalla pioggia di solitudine nel tuo costato?

Pellegrino ignudo, vestito
di malinconia
sordo al tenero fruscio di stagioni.

Ermo sorriso, guardo ascoso.
Ciglio riluttante, nel piangente sbadiglio
desto nel rimpianto.

Rimatore romito, sognatore
svanito, nell'effluvio dolente
di aggrinzita pelle.
 

Maggese Esistere
Odore di zolle arate
profumate di marrone invernale,
sul finire di gennaio.
Il divenire di febbraio

cartapesta e l'ubriacone,
per un mese divertito.
A maggese il sentire
del quotidiano dolore.

Le nascoste lacrime, fra coriandoli
e frittelle e bomboloni.
Anima ribelle da maschera coperta
all'ombra di infreddolite stelle.

Sopra lunghi cornicioni, tubano
mascheroni. Nel frastuono
divertito, il silente contadino
ara le sue zolle; divertente è lavorare.

In realtà è la sua vita.
Stanca nelle dita, consumate
solitarie nel freddo a lavorare.
O contadino, hai dimenticato il presente, il passato.
 

Cinguetta un Dolore
Cinguetta l'albeggiare,
ilare fra le scheletriche ombre
di ignudi platani. Il mare

evapora un bianco respiro
di salmastro stanco. Stridenti
gabbiani l'aere sopita tagliano.

Del verno il sospiro
infreddolito. Miro il mattino
nel rosso oro si scalda. Cinguetta

l'umido prato di gelata guazza.
Cinguetta l'amata malinconia,
nell'amareggiato costato.

Duole ogni dì assente
presente nel dolor
provato, dal ciglio ferito frammentato.
 

Cardellino
Un eco mortal silente virente,
da serrate labbra, serrate
nel dolor ansante di cipressi.
Mani giunte nel pregar un Dio discosto.

Nascosto nell'aroma morta, un
luccicone rubato all'empireo
azzurro nel grigio di giorni.
Evapora la nebbia marmorea

deceduta nell'afflizione di parole,
condensate nel verdeggiante profumo
di cipressi nel vespro vermiglio.

Canta cardellino, fra rami verdi
intrecciati. Canta la viride melodia,
allieta la tristizia del cor.
 

Un Venticel
Vedo l'umidità del campo
ed ascolto il marron profumo
di sopita terra. Nel' inverno
ramingo ramoscello.

Un venticel tepente raffreddato,
il sospiro mi ha portato.
Un semino imperituro
simile al dente di leone.

Nell'aere aleggia tenue fragile.
Delicato resistente all'anelito
assente. Grave voliti nella stagione.
Non sei della primavera,

ogni dì è la tua era: la Vita
sei. Gioiosa e bella. Grazioso
dono non so di chi, o di che cosa.
Resa vana dall'umana brama.
 

Un Freddo Profumo
Campi canuti di capelli anziani.
Gelata erba morta, come di ghiaccio lacrime.

Stille di vita, profumo freddo
nello sterno; sterno scheggiato.

Raggi irradiano piccoli cristalli
di vapore; evaporato odore di pianto.

Ristà un campo deceduto, arso dal gelo.
Rimane uno stelo. Ultimo ricordo di ciò che sono.


Rime Invertite dal Petto
Nell'ombra della luce, proiettata
dalla corrente, scrivo silente del dolore
che accomuna il vivente creato.

Solingo scrivente, abbandonata
gioventù, brizzolato
il ciglio cantore.

Un tempo distratto. Illuso
fanciullo
dove i resti mortali sono raminghi.

Rima invertita dal petto schiuso.
Pensieri guardinghi
del poeta il trastullo.

La solitudine del cuore
acre malore, di rimpianto,
di pallore. Delle ore il silenzio.

Cerco una rima nello stelo del fiore;
l'aroma della sofferenza, aroma dell'assenzio.
Nell'ombra della notte, il costato resta affranto.


Profumo di Sofferenza
Strappo dalla carne
rivoli di dolore,
si sciolgono sui capelli.

Lacrime rosse
di sangue, profumo di sofferenza.
Gli occhi abbandonano la speme.

La tua essenza
è rimasta nell'eco del domani,
nell'eco di ciò che saremo.


Porpora Tiglio
Germogliano nudi tigli
di indifferenza spogli.
Sopra tenere fronde
pettirossi stormiscono, come onde.

Foglie virenti
in primavera, in autunno cadenti.
Chiccola un nido di rametti
infreddolito, dal fischio dei treni diretti.

Un timido petto porpora,
piccole briciole becca.
Sopra il cornicione.

Simile al suo imbarazzo
è il mio cuor. Paonazzo
al dolce profumo di carezza, carezza di vita.


Notte di Viuzze stanche
Illumina la notte un nascosto sorriso,
nelle ombre silenti di viuzze
stanche.

Fanciullo anziano sentimento
aleggia come falene sotto lampioni,
lampioni svaniti nella nottata.

Poche parole timide e confuse,
sopra porpora guance
di guardi fuggevoli.

Non promesse nascono dal costato,
ma grave realtà
notturni pipistrelli che stridono .

Ingannatrice è la vita,
ideatrice di inganni e malinconia.
Livido satellite gelido, irradia la notte.

Il sussurro di un assordante
rumore
lentamente si avvicina allontanandosi da viuzze affaticate.
 

Guardo di Solitudine
Empireo argenteo di brina cristallina.
Tetti addormentati da feste religiose.
Piccioni e tortore
tubano assenti sopra antenne d'acciaio.

Pochi passanti marciano
lungo marciapiedi gelati,
abbaiano guinzagli
frenetici.

Un guardo solingo, ruba
una zolla di montagna,
zolla di nostalgia.

È sempre il solitar guardo,
che non vede il mondo,
che non trova quiete!
 

Gemito Imbroglione
Si spezza il singulto silente
afflato trafitto dolente.
Immobili dì girovagando

sospirando
dolor scheggiato.

Di rosse stelle foglie
nel firmamento tramontato.

Accartocciato
ricordo sordo e muto, o futuro cordoglio.

Mareggiata di scoglio,
vespro di porpora come Stella di Natale.
Povero amor nato dalla virente pianta. Corale
sentimento immiserito, dal rosso scolorito.

Piangi malinconico singhiozzo,
strozzo
il sorriso nel funesto luccicone!

Sghignazza, singhiozzo singulto, gemito imbroglione.
 

Stormire Piangente
Salice frondoso virente
nel tedio stanco sei piangente.
Frale il ramo spiovente
lungo il rivo morente.

Le piccole foglie, lentamente
bagni nel dì, di rimembranza silente.
O salice, scarno petto dolente
dall'amor afflitto, amareggiante;

il quale illude il cuor di gente.
Io, ascoso pettirosso nel frondoso piangente,
della delicata corteccia, ascolto pigramente

lo stormir del dolor assente.
Non più lagrimar nel fiume verdeggiante.
Tu, che morto sei nel cuor, salice piangente.
 


Pensiero
Funesto pensiero che la vista tormenti,
parla al petto smarrito
del vuoto silenzio.
Racconta dei sogni assenti
dell'esistenza dolce assenzio.
Il tuo muto parlare appassito

corolla di cordoglio, di commoventi
momenti. Sfiorito
ricordo fuggito
di pensieri dolenti.

Il profumo trasparente del mare,
onda del passato
pensiero accartocciato
nel giaciglio del cuore, desiderio d'amare.

Pensiero passato, nel silenzio annegato.
Rimpiangi il vissuto
che da solo hai negato.
 

Mare Aggrottato
Non scalda quella luce azzurra
il verno ghiacciato.
Nella quiete delle onde, sussurra
un lamento di schiuma, aggrottato

ciglio al morente vermiglio.
Guardo lontano orizzonte
nel crepuscolo dorato, assomiglio
all'ombrato gabbiano. Corrugata fronte

dal cordoglio ardente. Brucia la cute
nella fredda tramontana.
Svanite nel bianco salmastro, parole mute

che urlano il roggio sentire.
L'inverno mugghia sulla riva
del petto; in questo mare ascolto l'umano patire.
 

Chimera Diafana
Tedioso Gennaio. Inganno,
affanno dell'anno
passato. Chimera diafana.

Grigie nuvole di speranza
aleggiano nella grave ansia,
dell'ascoso venturo.

O Gennaio di gelo,
di campi infreddoliti,
di passeri impauriti.

O Gennaio dalle finite feste,
dalle lunghe gelate;
al carneval ci accompagni, di traboccanti risate?

Instabile il cuor di gente
nella solitudine assente;
come emigrata rondine.
 

Corteccia
Protendi le scarni mani.
Ignude fronde al lontano cielo.

Ingenua illusione illumina
e trafigge l'anima.

L'odore grigio freddo
tiepido nel costato di corteccia.

Deboli radici nella friabile
terra, affondi.

Gli occhi canuti
volgi all'empireo. Ti accorgi esser lontano.
 

Rugiada sulle Ciglia
Frale ciglio di castano sorriso,
nel guardo intriso
d'amore improvviso.
Stanco occhio ingannato, dall'ingannevole paradiso.

Stanche le rughe del tempo
sulle mani affaticate dal maltempo;

di un esistenza che ha rubato
la fanciullezza, e, amareggiato
la carezza di bambina.

Lo sterno tarpato dall'ingannevole passato.
Pellegrina
tenerezza
abbandonato
oramai il tempo antiquato.

La rugiada sulle ciglia
di passione vermiglia.

Tenero è il tuo riso
di dolce profumo intriso,
sulla pelle di narciso.
 

Befana
La vecchietta curva all'orizzonte.
Vermiglia l'ombra del ponte. Una fascina
sulla gobba per scaldare, il bianco freddo polare.

Fra le fratte a faticare, la vecchietta
solitaria. Lunghe rughe il volto a solcare
una vita a lavorare, rinunce, e, amare.

Scampoli il vestito rattoppato.
Calze lunghe e consunte.
Scarpe rovinate.

Il nodoso bastone tarlato
brandelli di vita ha sostenuto. Lungo
il tortuoso sentiero, che al crepuscolo odora di nero.

La vecchietta non si stanca
a camminare, per il sentiero
continua ad avanzare.

La sera affaticata, davanti il camino
sopita, sogna la giovinezza
svanita. Befana

la chiamano in paese:
ma sei l'anno passato,
abbandonato per il venturo, sperando nel futuro.
 

Lacrime di un Sorriso
Si spezzano lacrime evaporate
da stille assenti di emozioni,
nella risonanza silente.
Abbandonato nell'ombra del costato

sorriso lacrimabile di ciò che è passato,
di ciò che è presente.
Non si ode il fruscio assente
di un pensiero, forse una carezza...

Non bagna la luce del mattino
la quiete del movimento del ciglio,
vacuo guardo rivolto al preterito?
O ad oggi?

Respirare il silenzio rumore
di rapiti sentimenti; inganno
della Vita della Morte.
Come aguzzi

cocci di polvere grave,
alitano nell'aere immobile
di zefiro azzurro; diafano alle orecchie
sopite da cordoglio malinconico.

Allungare un osso scarno,
come ramo secco nell'inverno di ghiaccio,
nella speranza che una calda lagrima,
possa scaldare lo sterno fratturato.
 

Sradicato e Tarpato Abete
Viride abete decorato guastato,
nel tramonto di fugaci feste fuggenti.
Abbandonato spoglio nel gelo del caminetto,
dopo l'Epifania tutte le feste porta via!

Abete tarpato, le radici ti hanno estirpato.
Lunge il ricordo del bosco odoroso
di rocce e montagne e grazioso
augel: la ghiandaia.

L'acuto ree...ree
soffocato dalla terra smossa
commossa, dalle radici sradicate.

Dimenticato abete, simile al tuo costato
abbandonato è il cuor semplice di gente,
assente all'occhio affaccendato.
 

Brinata
Brina neve gelida candida, sapore invernale
rendi bianco il prato verde, parco
davanti la finestra serrata.
Nel cuor di cristallo crespo di ghiaccio

porti il retaggio di posti discosti,
porti l'antico tempo preterito.

Pervaso dalla mestizia il petto,
Brina amica della mia nostalgia.

Lungi l'epoca spensierata, condannata
a perire nell'adulto spirto
anelante di nostalgia.

Temperatura di rugiada, che appanni il vetro
al respiro lento, intento ad osservare il mutamento
di stagioni, cangiamento dell'esistenza.

O Brina, il freddo scalda l'anima
di rimembranze fanciulle.

O Brina, il gelo riporta ecchimosi
di rimembranze fanciulle.

Ermetica la finestra. Il ciglio
volge il guardo a te Brina.
Il costato come te è brinato.
 

Cerqua
Sempre lussureggiante l'aroma,
anche nel gelido inverno.
Maestosa chioma
rifugio per piccione e passero: core materno.

L'autunno pittore, alle foglie cambia colore.
Gialle e rosse e arancioni
dell'albeggiare è il candore
di nuvole lontane e di aironi.

Il tuo frutto è la ghianda.
Della vita il seme.
Alle tue radici sopite, ghirlanda

di pietanza, per piccoli animali è la speme.
Quercia, dalla robusta corteccia grigio marrone,
nell'ombra nel petto ascolto la vibrazione.
 

Cosa resterà! Forse resterà...
Cosa resterà dei frammenti.
Ricordi di vita
sparsi nel vento
come semi di soffione...

Dolore gioia, miseria ricchezza.
Sorrisi lacrime, salute malattia.
Schegge appuntite di vita nel vento volate.
Nel cosmo brullo sparse.

Foto svanita
nello scorrere dell'esistere.
Una stilla di sole.

Forse resterà un coccio.
Una scheggia. Un lembo
di quello che eravamo e di ciò che saremo!


Foglia dal Leggero Peso
La solitudine, simile alla foglia
secca, rimane appesa
con forza, allo spoglio ramo invernale.

Il maestrale,impetuoso soffia
la nudità della corteccia;
l'ostinata Solitudine resta.

O Solitudine, dall'infanzia
sei amica:
ed il petto hai colmato

di isolamento. Per difenderlo
dalla paura di penare;
lo hai reso debole e indifeso e nubiloso.

Cuor friabile. Leggero nel peso
dell'afflizione;
solitario, come te Solitudine.

Foglia secca solinga. Sola
sulla fragile fronda
a perire. O Solitudine.
 

Una Goccia di Rugiada
Come una goccia di rugiada,
fragile, delicata, impaurita; fanciulla
figlia mia. Per quanto il mio amore
è cosmo nel mio cuore

la caduca pelle, è frale
nella vita, come petalo di margherita.

Il ciglio perituro
veglia
sul tuo sorriso.
Ma, così debole è l'anziana palpebra,
dell'uomo che non sono.

È cresciuto il sorriso tuo,
come la debolezza
dell'esister mio.

Ancor di più ti amo!
Figlia, fanciulla, farfalla
nel delicato batter d'ali.

Vorrei gridare il silenzio!

Una lacrima
lentamente
nella quiete, piange...
 

Promesso!
“ Babbo, vero che ritorni sempre? “

Il tintinnio del sorriso
negli occhi tuoi, bambino,
figlio del mio petto, amore del mio cuore.

Amor del mio amore.
Il seno mio è il tuo cuore!

Come un piccolo
dente di leone, il tuo amore
hai seminato nel costato;
sei un piccolo fiore.

Della promessa di tornare,
piccolo amore,
sempre tornerò, nel tuo cuore.


O Inverno
O inverno, fra scheletri di corteccia
e rugiada di ghiaccio. Una grigia cornacchia
vola sopra lo sciabordare del rivo;
gelida acqua.

O inverno, dai plumbei occhi.
Grigio cielo, simile a brizzolati capelli.
Morti campi, a maggese abbandonati.
Strade solitarie, dalla pioggia illuminate.

Nidi infreddoliti, intrecciati fra le fronde.
Nidi ignudi, petti solitari abbandonati.
Uno zefiro di indifferenza, gela i cuori.

Comignoli spargono fumo candido.
Nebbia ghiacciata, dal profumo di verno.
O inverno, il costato di gente hai gelato!
 

E' Natale!
E' Natale! Nel cuor muto.
Ancor restano fronde finte,
lucine colorate
palline di vetro, decorate.

E' Natale! Il cuor accorato.
Un argentea malinconia
aleggia nello spirto.
Niente è cambiato.

E' Natale! Risate vedo
di fanciulli. Ricevuti doni.
Ma la morte,
ancor non vuol riposare.

E' Natale! Ancor c'è chi sta
male: nelle corsie d'ospedale,
sui campi di battaglia,
chi non ha di che mangiare.

E' Natale! Ma si continua
a soffrire...qualcuno la speranza
ha perso, qualcun altro l'amor ha smarrito.
O semplicemente la solitudine ha ascoltato.

E' Natale! Di promesse
prima fatte, poi perse.
Nevica nostalgia nei presepi
all'ombra di caminetti.

E' Natale! Di ricordi vaniti.
Di pensieri intristiti.
Di sorrisi invecchiati. E' Natale
nel cuore di chi sa veramente amare!
 

Vecchierella
Sotto la fredda ombra
dell'autostrada, la vecchierella
gobba, dagli anni curvata;
nella vermiglia brina della mattina.

Le rugose mani affaccendate
dallo stanco lavorare. Vetusti
abiti anziani, consunti, bucati.
Occhi curvi, erba da estirpare.

Secco l'abete decorato a festa
festa d'attesa, attesa di cosa?
Vecchierella canuta, antica vedova
della vita contadina.

Uno zefiro di sole,sussurra
sul grembiule. Corrugata fronte.
Gelato sudore. Rivoli di stanchezza.
Curva esistenza, sopra l'odore marrone di zolle ghiacciate.

Vecchierella stanca.
Sacrificio e rinunce e solitudine
di una vita di miseria.
Nell'effluvio roggio del tramonto, imperitura gioia.
 

Il Battere d'Ali
Un sottile fruscio tiepido gelato,
soffia nell'anima.
Un rivo silente, amareggiato
dalla pioggia irruente; un pensiero gorgheggia.

Platani dal verno sopiti,
lungo l'argine friabile
del verde manto ignudi.
Diafano profumo umido, sale.

Evapora una pioggerella,
un singulto, uno sciabordare
nella quiete caduca.

Di ali echeggia il battere.
Battere d'ali che nel cuore,
Rivo, è simile al mio palpitare.
 

Rimatore sognatore
Poeta scrivi versi. Premi
sull'inchiostro nero,
inspiri il bianco profumo della carta.

Verseggiatore inventa
poesie, colma il vuoto
rumore con sonetti.

Rimatore, ramingo cuore
scrittore mesto, verseggia; parla
di questo esistere.

Raccogli pavide foglie:
cadono in autunno.
Le mani rugose, bagnale di guazza.

Dall'inverno, prendi neve candida;
lasciati carezzare
dalla tramontana gelida.

Poetante fra nascoste rime
verseggia il cordoglio.
Assapora l'odore dell'inchiostro.

Sfiora il delicato rosa pesco,
inspira il fragile melo:
quando germoglia vita a primavera.

Ondeggia l'estate
nel riflesso pelago,
nell'azzurro orizzonte
dove cielo e mare si amano.

Poeta scrivi sottili emozioni.
 

Emozioni Tenere
Nel caldo dì del verno,
dove alti tigli anziani
dalle fronde nude; ascoltano un tiepido
singulto. Sulle gote, rivoli...

Tenere emozioni di gioia.
Guardare gli occhi adulti
del figlio, amato amore cresciuto.
Non solo fanciullo, un uomo!

Della madre gli occhi si inondano
di lagrime. Nasconde
nel silenzio il pianto.

Grembo di rimpianto
per non aver vissuto ogni momento.
Fugace tempo, tiranno il tuo cuor.


Rivoli di Insania
Rivoli di solitudine scorrono
sulla pelle nubilosa, consumata
dalla malattia che divora l'esistenza
fuggevole, mente caduca, insania!

Piangi il vacuo del tuo dolore,
nella lucida follia
dell'effluvio acre,
dal cuor solitario. Evanescente

il sorriso di pianto, dispiacere, rimpianto
della giovane età; età rubata, età non vissuta!
Di tuo figlio,sei il figlio

nella sofferenza del seno.
Non più sereno,
lo squilibrio, è il veleno.
 

Cuor Fragile Ferito
Trafitto costato, dalla vetusta
afflizione, cuor mesto
di palpitar hai smesso.

Ferito petto, fragile
forte nel dolore.
Nel silenzio si muore.

Deceduto cuore
nel porpora malessere;
cullarti vorrei.

Ferito seno,
nel fanciullo sei gioia.
Nell'adulto sei noia.

Cuor mio, che di cordoglio
ti imporpori il viso, e
non saltelli nel costato.

Questa vita ti ha ingannato!
Ma è solo questa!
Ama ciò che resta!
 

Gelido Abbraccio
Tramontana, nel torace respira il gelo,
polmoni vuoti di silenzio.
Soffia irruente nei grigi pensieri. Solo,
in questo malinconico vivere. Vento

errante, tu che ascolti il viver mesto
nello sbattere di ali, nelle foglie che stormiscono,
nelle onde del mare, nell'albeggiare e nel tramonto;
insegnami ad amare il tedio!

Da mezzanotte spiri, freddo il petto,
malinconia ali nel cuor mio.
O Tramontana, abbracciami!Ghiaccio
il tuo abbraccio nello spirto.

Ma l'oblio che echeggia dentro
è niente al confronto!
O tramontana abbracciami! Il rigido
abbraccio riscalda il costato.


Sussurro un Fruscio
Respiro il vapore del silenzio,
nelle increspature del pensiero. Carezzo
con il sorriso il ciglio di gioia.

Svanisce l'imbarazzo, si imporporano
le gote silenti.
Sussurrano parole non dette...

Aroma gaia, volita nel fruscio
del petto, petto d'ardore.
Il tempo ruba un frammento di lietezza.

Tessere un sonetto, nella quiete dell'infinito.
Infinito bisbiglio
dell'irrequieto spirto leggiadro.

Un brusio ingannevole,
sfiora un dubbio...questo esister
è un fumo di insania.

Vorrei rubare uno scampolo
di vita, vita viva;
nel seno imprigionarla, come frammento di sogno.

Un mormorio melato, essenza diafana
del sospiro anelante
sulla cute di seta.

Si dissolve il candido capello. Grigio
pallore assente di esistenza. Nel silenzio
respiro il fruscio del vapore.


Ama Piccolo Amico
Di ostro le mura. Materna
la struttura; dove piccoli
cuccioli la vita
imparano.

Azzurro il grembiule a quadretti,
al bianco
alternati. Rosa la bambina.
Sull'uscio a mirar il tanto atteso amico.

Amicizia amor, l'incontro di sorrisi
dei bambini.
Tenera gioia di giocare.
Saper vivere

con libertà
della puerile età
spensierata allegra felice.

Nel crescer del petto,
l'arroganza prende il posto.

Simile al cuculo, nido proprio
non ha!

Volgo il guardo all'azzurro bambino,
che il ciglio d'amor, ha!

Ama piccolo amico,
non solo in tenera età!
Il petto tuo è grande, di sincera passione;
un gigante!

Ti dico, giovane uomo, l'inganno
è nel nido dell'esistenza, parassita
di illusioni: cu-cu,cucù! Questo è il suo verso.

Dal nido,io, son caduto
assai presto!
 

Note di Notte
Desta notte, dal notturno canto
franto
fra ingiallite foglie del parco
di tiglio.

Note di notte
nel cittadino silente.
L'usignolo o il pettirosso:
hanno destato il sonno.

Il seno intimorito,
dalla pioggia di novembre
che i tetti bagna, irruente.

Un freddo brivido
sussurra.
Uno scampolo di solitudine, nel sonno scivola.


Il Vuoto
Sento un dolore assordante,
trafigge il petto morente
dentro questa lagrima salata,
che brucia la pelle rugosa
solcata da infelicità e solitudine.

Sto annegando nel pianto morto
del vacuo; il quale echeggia nel ciglio
sopito: da intolleranza ed afflizione.

Gli occhi fuggono nell'orizzonte
a morire, dove muore l'astro dolente
nel tramonto indefinito.

Non sono mai nato, vivo dentro
un pensiero, dentro l'oblio
di me stesso.

Non ricordo, non ho ricordi,
non voglio ricordare!

Pena, uccidimi! Fammi soffrire!
Non merito questa vita da poeta!

Io non sono poeta! Rubo parole
all'aura che sfiora la mia pelle.

Io sono il vuoto che scrive.


2 Novembre
Pioggia di fine ottobre,
bagni crisantemi
nel virente respiro di cipressi
nel campo santo
in silenzio religioso.
Nelle gelide lastre di marmo,
istantanee di vita passata,
lapidi dimenticate
di anime decedute.
Di morta vita, si animano
tombe
nel novembre dei morti
abbandonati.
Dimenticate rimembranze,
svaniti momenti
simili a sbiadite foto
ingiallite.
Eterna è la morte,
caduca la vita
e la speme di gioia.
Fronde secche in inverno.
Parlami vuota lapide,
dell'imperitura morte,
così che possa capire l'esistere!
 

 Chiccola Augel
Ascoso sorriso, nasce nell'ombra
dell'albore, nel pallore arancione.
L' ermo ramoscello languisce,
triste augello!

Perché di cordoglio
bagni il piumaggio?

Chiccoli malore, dalla frasca ferita.
Trafitto il seno. Porpora
la sofferenza che stilla dalle palpebre.

O Esistenza dolorosa,
che il creato tutto affliggi.

Inganni i figli,
nel travaglio li abbandoni.

O Pettirosso, chiccola più forte!
Chiccola. Il dolore
possa raggiungere
l'azzurro lontano...

La mestizia tua, augel
sofferente; è la pena dell'esistere.

Somiglia la tua pena
al mal del vivere,
al mal di questo granello di terra.
 

Rivo Strozzato
Rivo di Camaiore, che sciabordi lussureggiante
fra le fronde dei platani,
ondeggi lentamente
nel riflesso trasparente
di piccole nuvole galleggianti.

Rivo, che spaventi
quando il tuo letto diventa inondazione,
e le lacrime diventano tacito terrore!

Nel meriggio tiepido d'autunno,
di foglie ricco, piccole imbarcazioni che
veleggi verso il mare a Viareggio.

Rivo sfuggente, nascondi le tue parole
nelle fronde di alghe verdeggianti,
le quali stormiscono al tuo passaggio...

L'airone cenerino e la garzetta
si nutrono del tuo ventre,

si appagano di vita, fra freschi zampilli
cristallini, trafitti dal tiepido sole.

Sfingeo rivo, attraversi Camaiore, per
sfociare a Viareggio, dove son nato poeta:

tu mi hai visto nascere, forse mi vedrai morire.

Hai ascoltato le mie strofe
di malinconia intrise, ma non hai mai proferito verbo!
Un frammento di Camaiore
hai conficcato nel costato, costato che duole...

Rivo, tu che scorri nel tempo,
perché indifferente ondeggi
e non ti curi dell'umana gente?
 

Pallido Rossore di una Lacrima
Una lagrima stillata dalla sofferenza
lentamente
scivola nel firmamento, lungo il naso
a rimembrare

una passione ascosa
negli occhi di pianto, spezzati da un debole
dolore.
Pallido rossore

nel guardo della tacita luna, distante
dal cordoglio buio,
distante dall'umana
pena.

Brilla nella frescura tiepida,
una lacrima sincera,
una lacrima di tenerezza,
una lacrima che soffre!

Dell'esistere è questo il patimento.
Un pianeta che muore
una stella che cade.
Scivola un treno nella notte

di ruggine il rumore,
l'incanto spezza nella veloce partenza
il sogno si porta via, dove l'oblio
non dimentica di dimenticare.
 

Notte Assopita
Si bagna questo arido
pensiero
nella notte di lampioni
fradici.

Stelle disarmate
nel firmamento buio.
Parole
di mestizia intrise

si assopiscono, si assopiscono
sopra brandelli
di carta ingiallita.

Prima di assopire il ponderoso
ciglio
il guardo getto nella notte.
 

Un Viaggio Infinito
Scrivo di un viaggio,
carta semplice
penna umile. Un viaggio
del vento, che la piccola zolla terrestre
ha girato!

Uno zefiro solitario,
il quale ha carezzato pelle
di colore, di parole
diverse, da anfratti lontani.
Nei racconti della gente

ho ascoltato
ho appreso
di viaggi anche non lontani,
li ho visitati con la mente.
Profumi saporiti

nel ciglio del narratore,
in silenzio ho ascoltato.
Un altro viaggio, penso, ho vissuto.
Tutto il mondo ho visitato
ed ho scritto poesie.

Non duole
il petto, per i viaggi
che non ho fatto.
Il viaggio più importante
è quello: per sempre!

Spero di non lasciare
rimpianto e dolore.
Ho scritto e fantasticato, ed ascoltato,
ma dell'eterno viaggio
non c'è nessuno che ha mai raccontato!

Quando prenderò commiato
per l'ultimo viaggio,
spero sia un: “ arrivederci!”
e no un:
“addio!”


L'Odore dei Camini
L'estate è appena morta,
nell'aria di notte
si respira l'odore freddo dei camini
che inebria i cuori.

Le caldarroste scaldano
sorrisi antichi,
con il rosso vino novello.
L'estate è appena morta,

nei pensieri volita
l'aroma di lucine colorate,
palline di vetro e doni e giorni di feste.

Quando l'estate muore
nel cuore
già si sente il suono del Natale.


Spazio bianco
Sono rimasti bianchi spazzi
vuoti
non è facile
trovare il coraggio di scriverli


Scrivere silenzi
Scrivere vuoti


Pagine bianche sfogliate dal vento

Spazi canuti, candidi, bianche parole


Chi scriverà dell'infinito, se è finito?

Chi riempirà vuote pagine?


Sono fibra vacua
nell'interminato universo.


Una scura macchia
nello spazio bianco!
 

Solstizio d'estate
Si allungano le ombre
nella calura serale.
Cri-cri di cicale
scaldano la notte.

Il sibilo dello scirocco,
curva verdi chiome
rigogliose.
Si spezzano ramoscelli.

Vorticano granelli di sabbia
all'albeggiare
di un grigio sole.

Simile al cuor
delle persone; incerto e tedioso.
Le cicale, nel silenzio, friniscono.
 

Canizie
Quando il crepuscolo
negli occhi rugosi tramonta,

ed il silenzio scalda le solinghe
lenzuola; mentre i sogni:

sono, sono ricordanze
evaporate all'ombra della luna,

una piccola lacrima canuta,
nell'anziano giaciglio di solitudine,

è l'ultima compagna
prima dell'imperituro commiato!

Nel vuoto silente della notte,
vecchio organismo,

l'afflizione nascondi...
La solitudine bacia i ricordi

i quali penzolano
come stanche foglie annose.
 

Brulla Terra
Pioggia gialla di foglie, nell'agosto
d'autunno, doni il battito di un cuore
morto; una foglia solinga muore.
Muore per seguire il desiderio...

Vola veloce, dal ramo staccata.
Volteggia in volo, cuor alato,
cuor malato di solitudine.
Rimpiangere di non aver vissuto.

La terra brulla, sepolcro
della libertà!

Non bagna, l'azzurro ricordo
le gèsta ardite, gemito germogliato
nell'età fanciulla vecchia, di bianca pelle rugosa.

Tuono tacito,
nell'estate soleggiata
d'arsura seghettata, del tiglio la foglia.

Cuor simile al mio, che ala non ha!
Gialla ala, tarpato sorriso,
funesta esistenza, riso non ha!

Terra brulla,
sepolcro di libertà!
 

Ottobre e il Merlo
Ottobre, di umida quiete
di corta erba ingiallita.
Steli spezzati di granoturco
mietuto, come tante croci nella terra incolta.

Una melodia serena
dall'anziano tiglio,
dietro foglie a cuore
di madre.

Di bambini i singulti
nelle braccia di maestre.
Questa è la vita che cresce!

Il merlo è volato.
Chioccola sopra maestosi pini:
il suo canto ha portato.

Il silente Ottobre, mira
bianche nuvole passare.

Chioccola, rosso verde giallo,
il dolce malinconico canto del merlo.

Tiepida luce rinfresca foglie, quieto zefiro taciturno.

Ottobre sussurra al merlo: “chioccola in silenzio!”
 

Sospiro
Sospiro aeree afflitta
tediosa
dell'albicocco, che si erge
frondoso nel campo riarso

Sospiro lo sgocciolare assiduo
delle foglie grigie,ed il canto
sommesso
del canarino, un canto mesto

Sospiro il rosso tramonto
delle piccole foglie terse,fragili
tremanti...

Sospiro il calore denso
di radici profonde; si allattano
di acqua...fuggita dalle labbra
 

Airone cenerino
Airone cenerino, nuoti
in questo mare di nuvole,
sopra chiome verdeggianti
di platani.

Riposi lo stanco volo
lungo il bordo
del fiume, ed immergi il becco
per placare la fame.

La tua fame, è il sopravvivere;
libero
nella natura madre.

Noi comune gente mortale,
non riusciamo
a saziare questo tedio: l'infelicità!


Passero triste
Passero malinconico
ascolto il doloroso tuo
ansimare, mentre la vita
fugge...dal piccolo corpo tuo

Ascolto il dolore buio
della dolente
sofferenza, ti affligge
la consapevolezza della morte

Ho spezzato le illusioni
i sogni tuoi...
Perdonami!

Questo querelarti
non è diverso dal mio...
La certezza della fine...
 

Scampolo nel Venticello
Dimentichi la penna
sopra uno scampolo di carta,
foglia gualcita, odore sfiorito,
ruvido sentimento.

L'ala del merlo,
chioccola nel vento.
Sospiri
pensieri, pensieri dimenticati.

Scrive la penna
la pena del vivere.
Racconta il tacito sentire.

Chioccola il venticello,
l'assillo che ascolta
l'augèllo.
 

Cadono lacrime
Cadono lacrime
dal nebuloso cielo.
Con azzurre onde
si confondono.

Acre mattine d'autunno
nascondono malinconici occhi,
con la cilestrina rugiada.

Nel firmamento lontano,
stelle si spengono...
nell'orizzonte, malinconica
la pallida luna fuggevole.

Evapora il sogno!
Cadono lacrime.

Cadono lacrime;
infreddolite foglie
dal dolore inebriate...

Candidi aironi;
l'aurora rincorrono
dei lontani paesi...

Nella fanciullezza, il ricordo
dell'estate permane.

Ricordi. Come
di sabbia, granelli
sul marino fondale; sparsi.

Dei cipressi il silenzio.

Mesto, il tedio ascolto
del pavido domani.

Dell'inverno, il freddo
ascolto.
Cadono le lacrime

Gennaio, l'essenza tua
grigia i pensieri
duole...

Le stanche ore notturne
rintocca il campanile;
cadono lacrime...
 

Anfratto di rocce
Il tuo freddo sangue
scaldi
al tepore estivo.

Rovente calcestruzzo
di virente muschio coperto.
Sorridono i denti

al ciglio fuggevole.
Il gelido scorre dentro;
è il ricordo delle adolescenti estati:

nascondersi nella timida tristezza
di cuor delicato,
tra sospiri, tra cordogli, tra paure.

Mi parli.
Nell'immobilità
del torrido muretto.

Lucertola muraiola,
amica nella pena
sorella solinga, perire nell'immobilità.
 

Fronde intrecciate
Un platano, un tiglio,
le loro fronde
si abbracciano d'amore assoluto.

Nel cambiamento delle stagioni,
nello scorrere di foglie,
nel migrar di rondini,
nel fruscio dell'aura.

In autunno, le foglie,
di imbarazzo profumano,
secche, cadono ingiallite.

Al respiro del verno,
spogli rami
si intrecciano, si riparano.

La primavera, chiome colora
e l'augelli
nascondono il nido.

Giunge l'estate,
l'essenza viride
aleggia nell'aere,
di solitari campi non coltivati.

Longevo
l'amore imperituro
puro
assoluto
nell'eterno abbraccio di fronde intrecciate.
 

Ballerina Bianca
Ballerina bianca, danzi
nell'immobilità dell'atmosfera
lungo le stagioni
che si presentano consecutivamente...

Ondeggi da un ramo
ad un verde prato in cerca di cibo
soddisfi l'istinto
placando il morso dell'esistenza

Anch'io, come te danzo
senza placare il senso
della ricerca...dell'ignoto scuro

Ballerina bianca tarpata
all'interno di questo oceano nero
come me, anche tu, ascolti il dolore
 

Questo è un Addio!
Arrivederci, l'ingenuo petto
hai tradito.

Sospirando amore,
hai ingannato il cuore.

Arrivederci, il ciglio
socchiuso, il disprezzo sul viso.

Con carezze di malinconia,
la cute hai abbracciato.

Arrivederci, neanche amica
sei, dalla mia afflizione sei fuggita.

Non hai saputo perdonare,
ti sei nutrita di rancore.

Arrivederci, neanche ho capito,
ed è l'ultimo addio!

Addio, addio a questo amore;
nasce e poi muore...

Addio, a te, che la vita sei!
Ti ho amata, ma non capita.

Vita, sei tu che hai tradito!
L'addio nell'oblio, senza vere capito.
 

Cielo, lontano Pittore
Plumbeo ciel
dalle palpebre lontano,
ramingo pittor
dal distante cuor.

Racconta di tele
imporporate!
Tu, che lontani passati
vedi,

e vicini presenti.
Dipingi solitudine.
La speme
non ha color
nell'arcobaleno della tavolòzza.

Ciel,
di nero è l'odio
in candide cirri.

Quanta silente pioggia
dipingi,
con pennello di cordoglio.

Meravigliosi quadri
dipingi,
ma dal tarlato cavalletto,

il guardo non vede!
Dipingi di grigio l'oblio
nel crepuscolo.

Lontano ciel,
distratto pittore.

Librarsi nel Tramonto...
Aleggia libero di librarsi.
Virente, il pensiero
sopra chiome oscillanti.

Fruscio di libertà
schiavo
della caducità

dell'effimero corpo.
In alto vola!
Leggero vola

sopra il dolore.
La terra non ha catene!
Libero sei, spira
solitario...

Non pensare al malessere mio,
io
sono della morte!
Nel lontano tramonto: plana...

Quando muoiono le Stagioni
Frinisce fugace l'estate, vetusta vibra zio-
ne di cicale il canto!
Sul finir del dì, frinisce il vespro rosato
di grilli il canto dorato!

Veniano alla mente, aspri dolor,
del cuor
solitario mesto; aspro il ricordo:
l'odore giallo, di mietuto granturco,
l'aroma viola, di vendemmiato vitigno!

Muoiono le stagioni! Adesso muore l'estate!
L'estate arsa, dal salmastro
e feste paesane e gite lontane...


Il ciel si imporpora; cri-cri
di stanchi grilli, friniscono...
Il ciel vermiglio, timido si nasconde.

Tante le rimembranze; della sera il canto
silente, solingo di nostalgia si veste!

Enfio vacuo, il petto afflitto trafitto!

Bagnare di lagrime sorrisi,
accarezzare lievemente, pesanti parole.

Cosa rimane della rugiada,
la qual stillava da petali irrigiditi,
nelle tiepide mattine autunnali?

Un respiro violento sibila: Tramontana!

Libertà Annegata
Scorre nella quiete
il Rio Grande.
Deposita sulla sponda,nel canneto,
un padre e la figlia e la libertà.

Nata libera
la piccola donna.
Mentre le acque fangose
uccidevano la sua età;

nel silenzio
dello sciabordio infinito,
un grido di dolore:

Libertà! Libertà! Libertà!
Fu il tuo ultimo
balocco, prima di morire.

Roggio Ritorno
Lo sciacquio immenso, dell'azzurro infinito
lungo la battigia
rovente, di ghiaccio silente
nel rumore assordante; gente di girasole
semi, abbandonati al caldo mare.

Un oceano di solitudine
sporco
nello sciabordio silente.

Piangi, piangi stella ardente
dai tempi antichi, irradi la crosta insoddisfatta!

Onde schiumose di ricordi
si frangono sopra scogli
di solitudine, a ricordare ciò che non c'è, ciò che non è.

Raggi trafiggono
la stanca malinconia, immersa
nella trasparenza dell'acqua.

Roggio crepuscolo,
che scacci il forestiere e il paesano e il poeta;
di roggio nel costato solingo
il ritorno...

L'Ultima Strofa in Agosto
Nel ferito cuor
della mia città, alle spalle
si erge la torre:
Matilde il suo nome.
Nella via Guidiccioni
una strofa di dolore, ho scritto!

Cosa può celare un aspro sorriso,
dagli aghi di pino trafitto!

Il bianco salmastro
ferite brucia: un cuor
affranto, franto nel petto
morente.

Potrebbe succedere a noi?

Di morire nel petto
introverso
e non avere parole!

Aridi sono gli occhi
dal malessere.

Singulti freddi
non bagnano orecchie
intorpidite.

L'estate muore!

Ultima strofa d'Agosto.
 



Home page  Lettura   Poeti del sito  Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche