L’acquario
P. aveva pensato proprio a tutto.
“Se devo fare una cosa, la voglio fare per bene!” si diceva in
continuazione.
E così, cominciando dallo studio della fauna del Rio delle Amazzoni, si
addentrò nell’esclusiva ricerca ittica, che era poi il suo sogno da
sempre.
Dopo giorni e notti passate sui libri, scelse le specie da allevare.
Poi si diede ad una sfrenata ricerca delle tipologie più svariate di
acquari
esistenti sulla faccia della terra.
E alla fine decise. E scelse.
Era un acquario stratosferico. Imponente.
Al di là di ogni aspettativa e di ogni possibilità (soprattutto
economica).
Ma lavorò per mesi e mesi come un pazzo, anche come cameriere (la sera) ed
in
un autolavaggio, nei fine settimana.
Un giorno aprì la scatoletta di latta e vide che i soldi c’erano proprio
tutti.
Così uscì.
Comprò acquario, terriccio, una rete divisoria per gli accoppiamenti e le
“nuove generazioni” che ne sarebbero conseguite, un megaimpianto per la
depurazione continua dell’acqua, ed un sistema per mantenere l’esatta
temperatura ed il preciso clima del Rio delle Amazzoni.
Tutto pareva andare a meraviglia.
E così fu.
Per qualche tempo, almeno.
Poi, purtroppo, le cose cominciarono a cambiare.
Alcuni pesci presero a volere il sopravvento sugli altri, ed a rubare il
cibo
ai più deboli.
Altri riuscivano ad oltrepassare la barriera per gli accoppiamenti ed a
divorare le uova dei piccoli.
Molti si ammalavano, nonostante le continue cure e tutto fosse perfetto.
Ogni pianta era al suo posto, ogni goccia di ossigeno contata, eppure
tutto
sembrava scosso e virato verso l’inizio di una misteriosa distruzione.
Nonostante questo, appiccicati alle pareti di vetro ed assolutamente
indifferenti alle tragedie a cui voltavano le spalle, i pesci pulitori
continuavano imperterriti a nutrirsi dei rimasugli sui vetri (e chi s’era
visto, s’era visto)…
Alcuni pesci (pochi, a dir la verità) provarono a protestare ed a
ribellarsi,
ma i pesci più forti li uccisero in meno di niente.
Altri cominciarono a pensare che tutto fosse ingiusto e che niente avesse
un
senso, e si chiusero definitivamente in sé.
Altri ancora si chiesero chi e perché li avesse messi lì, e che
significato
avesse la loro vita.
Altri credevano in un loro dio, al quale si rivolgevano ogni giorno, e gli
attribuivano le responsabilità di tutta la situazione di distruzione che
stava
avvenendo.
Ma allo stesso tempo lo pregavano di far finire questo orrore.
Non successe nulla.
Tempo dopo andai a trovare P.
Si teneva la testa tra le mani e piangeva.
Ripeteva sottovoce: “Ma cosa è accaduto? Cos’è accaduto?...Avevo dato loro
tutto! Tutto! Il cibo, l’acqua pulita, la temperatura perfetta, le piante,
il
terriccio.. Avrei dato la mia vita, per loro…Perchè? Perché?...Io li
amavo, li
amavo così tanto….”.
Mi voltai verso l’acquario.
Era diventato una specie di stagno morto. Un cimitero d’acqua.
Dove nessuna creatura viveva più.
Le pareti, umide e verdi scuro, facevano quasi impressione.
Stetti in silenzio, vicino a P.
Poi me ne andai.
Da qualche parte, in qualche altro acquario, un pesce pulitore, voltando
le
spalle a tutti, stava sicuramente ingurgitandosi cibo su cibo, senza voler
accorgersi di nulla….Memory
I 45 giri rotti finiti sotto la fessura irraggiungibile del
calorifero mia sorella che sorride e mi da una carezza la pioggia
fuori dai finestroni mussoliniani il campo di grano la pelle che
prude le ciliegie rubate a cavalcioni dei rami avvolte nella
maglietta arrotolata mi sembro un nonno nostalgico un attimo che mi
riprendo Le nuvole i lego i “ce l’hai!” in bicicletta gli esperimenti
coi ragni le conquiste nella ex tessitura di viale della vittoria la
bilancia gigante per pesare i camion Marco e la leucemia e la sua
morte e la mia paura Fabio e l’encefalite ed il coma e tutto il resto
Ippolita Ippolita che è ancora bella come allora ed il manubrio della
bicicletta nella mia pancia e l’altra bici sfracellata in discesa
contro un ontano e le rondini sui fili della luce cadute sotto i
proiettili di persone di merda e l’uomo con il cappotto che lo apriva
davanti a noi bambini e sotto era nudo e la festa dell’oratorio e
l’oratorio con il don romeo e i sensi di colpa e i papaveri nei campi
e i fiori raccolti e Ippolita sempre bella e l’odore del mare dopo
aver vomitato al passo della Cisa e Mariacristina e Forte dei Marmi e
i sensi di colpa la paura dell’inferno e del diavolo e la confessione
obbligatoria una volta alla settimana e Gesù d’amore acceso e tre
avemaria e mia madre che ne avevo il terrore e le scurenge di mio
fratello Gianluca e il gatto Aladino e le scuole medie e quelle
superiori peggio di un incubo e Simona Barone che era bella come
Ippolita e le poesie di nascosto e le prime canzoni E il bere
infinito e tracannato per cercare di non morire proprio subito e un
salto nel vuoto e l’università che tutto sembra per fortuna un sogno
lontano E poi Bosisio Parini tre anni belli mi sono svegliato nella
mia classe c’era il mondo intero la società tutta ( furbizia e amore
) E il fratello Franco che ero così indietro nel cammino e adesso ho
recuperato e la psicologa che mi ha rinviato la mia decisione di
andarmene per farla franca e un’altra serie enorme di sconfitte nei
sentimenti miei immaturi E ora la sensazione di avere nelle mie mani
ogni goccia della Vita e una ragazza che mi ama davvero e tutti
questi bambini che stanno per nascere e forse un giorno anch’io.
Nascerò.
Passaggio a livello
Anni fa, quindici circa, ero ancora uno studentello imberbe che niente
sapeva dell'esistenza umana.
Caduto come un frutto acerbo sul prato della vita, mi apprestavo, in un
giorno d'inverno particolarmente rigido, ad andare a lezione affrontando i
miei quasi cinquanta chilometri con una mitica cinquecento azzurra "carta
da
zucchero" immatricolata nel lontano '67.
Gli interni, in pelle, erano rosso-amaranti con la parte superiore
bianco-panna.Una figata!
Semplicemente meravigliosa, poi, era la cappotte. D'estate ci potevi
viaggiare con fuori la testa!
Ma d'inverno, e precisamente quell'inverno, e precisamente quel tremendo
mattino di quell'inverno.Beh, le cose si facevano particolarmente
difficoltose!
Il freddo, acido e secco, filtrava da ogni fessura dell'abitacolo. E, a
contare tutte le fessure, si rischiava l'effetto sonnifero peggio che con
le
pecore, tante che erano!
I miei quasi cinquanta chilometri erano andati anche fin troppo bene,
tutto
sommato. Io, poi, quel giorno ero anche molto allegro. Chissà perché?!..Ma
non capita anche a voi di svegliarvi una mattina e di sentirvi come se
foste
gli unici falliti su questa terra, e di non riuscire a convincervi mai del
contrario?..Che nemmeno venisse la Arcuri nuda a dirvi che siete l'uomo
della sua vita riuscireste a venirne fuori?.Ecco, come accadono mattine
come
queste, senza motivazioni, ne accadono altre, sempre senza motivazioni s'
intende, in cui ci si sveglia sentendosi dei leoni in vacanza! I più bei
leoni di tutto l'universo. Niente sembra impossibile. Tutto è a portata di
mano delle nostre infinite capacità!..
Beh, fatto sta che quel mattino, nonostante il freddo congelasse il
parabrezza, il mio viaggio era andato piuttosto bene.
Arrivato nei pressi della scuola, fui fermato da un passaggio a livello.
Ecco, adesso dovete sapere che non era un semplice passaggio a livello.
Era
un passaggio a livello brianzolo. Uno di quei passaggi a livello sperduto
in
quei paesi sbiaditi e senza vita della Brianza.
Dove la nebbia è più nebbia, il freddo più freddo e la tristezza e la
diffidenza sembrano aver fatto un abbonamento a vita con la popolazione.
Spensi il motore ed aspettai. Ed aspettai. Ed aspettai. Ed aspettai.
..Ed aspettai.
Mentre aspettavo, il latte ghiacciato che non avevo avuto il tempo di
scaldare e che allora potevo bere, ( perché non avevo ancora l'ulcera che,
causa questa società consumistica e lavorativa, mi avrebbe colpito anni
dopo ), fece decisamente il suo effetto.
Cercai di trattenermi, ma siccome ero solo e nei paraggi non si vedevano
nemmeno i fantasmi dei Celtici che avevano varcato quelle terre, mollai
una
di quelle scorregge che hanno il potere di mandare al macero un intero
campo
di patate.
Silenziosa all'uscita, bruciante nell'ultimo rovinoso tratto, la riuscii a
bloccare fra culo e sedile.
Fu una lotta impari, perché lei spingeva con tutte le sue forze per uscire
da dove l'avevo intrappolata.Era proprio incontenibile! Così mi inclinai
appena appena a sinistra e la lasciai svolazzare per tutta la
cinquecento.Non l'avessi mai fatto!!!
Era la scurengia più terrificante che avessi mai sentito. Scoppiai a
ridere
così forte che mi voltai per vedere se intanto non fosse arrivato
qualcuno.Ma chi volete che arrivi ad un passaggio a livello brianzolo?..
Per non morire asfissiato tirai giù il finestrino. Entrò una gettata di
aria
fredda che una sciabolata sul collo mi avrebbe fatto meno male! Allora
ritirai su il vetro più velocemente possibile e decisi di rischiare la
morte. "Meglio morire di puzza che di freddo!..Tanto nessuno la sentirà
mai!
Quando ritroveranno il mio corpo esanime, il tanfo sarà sicuramente
esaurito!".
Non feci in tempo a finire queste supposizioni, che sentii bussare alla
portiera destra.
Pensai subito ad un effetto-droga del mio peto. " Sarà sicuramente il
fantasma di un Celtico senza testa che vuol sapere dove e quando l'ha
persa!
" pensai io.
No. Niente di tutto questo. Peggio! Molto peggio!
In quella maledetta brianza fredda e sconsolata, l'unica ragazza rimasta
appiedata dalla sua automobile l'avevo incontrata io! E la conoscevo
pure!!!
" Mannaggia!..Mannaggia!..Che figura di merda! ", ( mai una frase era
stata
così appropriata!! ).
La suddetta ragazza era una bellissima compagna di scuola, non di classe
per
fortuna, che io conoscevo appena e che mi conosceva appena. Ma era famosa
per la sua incredibile bellezza. Ed era lì, vicino alla mia cinquecento,
che
mi chiedeva un passaggio!.
A me! Proprio a me! .L'avessi raccontato ai miei compagni, non mi avrebbe
creduto nessuno!
" E adesso, che cosa faccio?!?.Che cosa faccio?!? " -mi disperai- " Se non
le do un passaggio, passerò per uno scortese!..Se invece la faccio salire,
sono finito! La puzza mi marchierà a vita! ".
" Ciao! "- mi disse lei, splendida nel suo sorriso- " Con questo freddo
non
mi parte la macchina.Me lo daresti un passaggio? ". Aveva il corpo ed il
viso più belli che avessi mai visto. " Ce.Certo!" le risposi.
Intanto la mia mente stava andando in fumo, tanto stava lavorando per
trovare una soluzione.
..E la soluzione, ( precaria sì, ma pur sempre soluzione ), arrivò.
Scesi dalla 500 lasciando naturalmente la portiera aperta, e le dissi che
doveva salire dal mio lato, perché dal suo era bloccato. Le chiesi di
pazientare un attimo perché dovevo spostare la mia borsa che era sul suo
sedile. Intanto, fingendo maldestria, rovesciai la borsa. " Hops, -dissi-
scusami! Mi si è rovesciata! " - ed impiegai almeno venti minuti per
riempirla di nuovo.
Intanto il suo viso si faceva sempre più nervoso ed impaziente. I suoi
occhi
erano continuamente lì a scrutare l'orologio. Perché oltretutto eravamo
pure
in ritardo!
Intanto all'interno, e cercando di non farmi notare, tentavo di fare aria
in
tutti i modi.
Nell'ordine:
1) soffiando ( soffiando?!?..Ma si può?!..Eh già, la disperazione fa
compiere atti incredibili!)
2) muovendo velocissimamente il rimasuglio rinsecchito di Arbre Magique al
pino mugo che avevo appena ritrovato sotto il sedile
3) agitando il mio sedere e la mia schiena, tutto il mio corpo insomma,
per
poter far diminuire anche di un infinitesimo quel tanfo pazzesco
Mi arresi.
La feci salire, convinto che un po' la situazione fosse migliorata.
Appena chiusa la portiera, il peto infame ricominciò il suo circolo lungo
l'
abitacolo.
Avrei potuto dire qualsiasi cosa, la fantasia non mi mancava certo. Ma non
riuscii. La vergogna mi attanagliava. Calò un silenzio di tomba. Lei non
spiaccicava una parola. Era come impietrita.
Io, invece, di pietra lo era davvero!
Mi illusi per qualche istante che fosse il silenzio sonnolento del
mattino,
ma la puzza incandescente non accennava ad uscire, e capii che l'avevo
uccisa. Avevo ucciso la più bella ragazza della scuola! Un angelo
innocente!.
Tra l'altro, se fosse sopravvissuta, lo avrebbe raccontato a tutti!
" Oh, sapete quel ragazzo timido del primo anno?..Si, proprio lui! Minchia,
oltre che timido è anche uno scorreggione di prima categoria! Ah ah ah!!
".Le risa dei suoi compagni mi rimbombavano nella testa, facendomi
impazzire..Che quasi mi venne la tentazione di mollarne un'altra, così l'
avrei stesa definitivamente e nessuno avrebbe mai saputo nulla del mio
segreto!
Il buon senso prevalse.
La sbarra del passaggio a livello finalmente si alzò.
Riaccesi la cinquecento e partimmo.
Arrivato a scuola, la Venere scese sfatta. Aveva un sorriso ebete, come di
preanestesia, stampato sul viso.
" G..g..grazie.." - mi disse con voce tremante. " ..di niente... " -
cercai
di risponderle io.. Ma mi uscì un qualcosa di simile a poco più di uno
sputo.
Così la Bella sparì silenziosa, risucchiata da quella nebbia invernale che
solo la Brianza può avere.
E non la vidi mai più.
Anni dopo, seppi che fu rapita da un celtico senza testa (...e senza
culo! ).
Il calzolaio
Quando il vecchio calzolaio si presentò in tribunale, fissò dal basso i
giurati, e dopo un primo respiro, con gli occhi nascosti, sussurrò : "
Questo è mio figlio! Non ha un nome, non una laurea, ha sempre
sbagliato strada. E' caduto tante volte. E tante altre si è perduto. Ma
è mio figlio!".
Detto questo, si rimise il cappello ed uscì da quella tetra sala,
lasciandosi, dietro alle scarpe, l'odore bagnato che ha la tristezza
dei poveri.
L’automobile
Marie era una donnina bionda.
I capelli, lunghi fino alla schiena, sembravano volare quando camminava
coi suoi passi piccoli e rapidissimi. Era una donna minuta, ma
proporzionata. E proporzionata così bene, che di uomini ne aveva avuti e
ne aveva quanti ne voleva. Ed era molto furba e astuta, tanto che la
carriera sua professionale era decollata in pochissimi anni. Da semplice
cassiera a responsabile marketing, a direttrice del settore abbigliamento
di una delle catene di negozi più “in” di tutta la regione. La marca per
cui lavorava era conosciuta a livello internazionale. Il suo nome
pubblicato più volte sui giornali di economia negli articoli dedicati alle
abilità imprenditoriali delle donne manager.
Camminava sempre frettolosamente, e questo ai più faceva pensare quanto
Marie fosse impegnata col suo lavoro, e come avesse sempre grattacapi da
risolvere.
In realtà, avanzava sempre così velocemente e rasente ai muri per un suo
stato d’ansia perenne. Gli attacchi di panico ai quali era soggetta, le
impedivano di rallentare il passo anche di un millimetro e non poteva
evitare di strusciare quasi contro le pareti, altrimenti la soffocava una
sensazione di morte imminente. “ Mai staccarsi dal muro! – si diceva –
Mai!!”.
Era anche sempre particolarmente nervosa. Non pensava mai a sé stessa o
alla vita che la circondava. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Questa era la
sua esistenza. Niente doveva allontanarsi da questo. Tutto ruotava intorno
ai suoi infiniti impegni, e guai al giorno in cui disgraziatamente non
avesse avuto nulla da fare. Meditazioni, filosofia, semplice riposo erano
per Marie come una specie di bazzecola, una pattumiera inutile e dannosa.
Da una parte, dannosa per il tempo che queste questioni le avrebbero fatto
perdere, dall’altra perché al solo pensiero di fermarsi a riflettere un
po’, si sentiva come se camminando qualcuno l’avesse costretta ad
allontanarsi dai muri… Morta.
Aveva imparato a difendersi dalle persone false che abitavano quella
specie di metropoli che è il mondo della moda. Era diventata diffidente e
mal sopportava la sofferenza e qualsiasi tipo di diversità.
Un mattino, sempre molto di fretta, si stava recando in banca per il
deposito di una cifra piuttosto importante ricavata dalla vendita di
magliette girocollo senza maniche, che avevano ottenuto un ottimo successo
nelle ragazzine tra i dodici e diciassette anni, seguaci di un programma
televisivo che aveva tenuto col fiato sospeso migliaia di teen agers.
Parcheggiata la macchina, una piccola monovolume, fece per avviarsi negli
uffici, quando un signore distinto di mezza età, con un borsello appeso
alla spalla destra, le si stava avvicinando lentamente ma con molta
decisione. Puntava sicuramente a lei.
“ Ma porca miseria!..E adesso che cosa vorrà questo? Madonna, il
borsello!..Ma questo è certamente un testimone di Geova che viene a
propinarmi i suoi infiniti opuscoli..Cazzo!!”.
Intanto l’uomo le era sempre più vicino.
“ Oppure, si, oppure è un venditore ambulante. Di certo mi sorriderà, mi
dirà ‘Buongiorno, gentile signora’ con un tono da leccapiedi e mi proporrà
l’acquisto senza impegno di un centinaio di tomi enciclopedici!…Ma basta,
per Dio! Basta!…Io voglio stare in pace! ..Lasciatemi in pace! Ho già
abbastanza problemi di lavoro, io. E questi vengono, coi loro sorrisi
falsi da pensionati che devono tirare a fine mese…Dovevate svegliarvi
prima, pirla che non siete altro!! Avete voluto fare gli operai per tutta
la vita, senza sforzarvi o rischiare mai niente? E allora, cosa pretendete
oggi? Di fare fessa me con otto quintali di inutili enciclopedie?!?..Ma
andiamo, andiamo!! “.
Diceva fra sé e sé queste cose, ma l’uomo era ormai a un solo passo da
lei…Troppo tardi per scappare, adesso.
“ Buongiorno, gentile signora! “ – le disse con un tono molto pacato.
“ Ecco, lo sapevo! “ – pensò furibonda Marie.
Presa da uno scatto d’ira, cercò di espirare a fondo per calmarsi un po’,
ma l’effetto non fu quello desiderato.
“ Mi scusi..” – stava per chiedere l’uomo di mezza età, ma non fece in
tempo a continuare che Marie lo interruppe con la rabbia più forte che
potesse avere – “ No, senta, mi scusi lei! Guardi io non ho tempo da
perdere con le sue stronzate, per favore! Ho mille impegni, non sono qui
per giocare. Mi sono fatta un culo così per una vita intera, per riuscire
a farmi strada e raggiungere tutto quello che ho ora! Sono stanca di
quelli come lei, che vengono a rompere le palle con quei visi da
derelitti, da sconfitti della società…Che se poi non compriamo niente
passiamo almeno due ore nei rimorsi!..E voi lì, a fregarvi le mani per
essere riusciti a mettere su un gruzzoletto per le vostre bevute in
osteria!..E se lei è venuto qui per parlarmi di redenzione o tutte le
altre cazzate del genere di Geova, arancioni o altre cose simili, beh, ha
trovato una alla quale queste cose non interessano affatto. Quindi, per
favore, mi lasci in pace. Ho molto da fare, io. Per cortesia!…”.
E, bruscamente, gli girò le spalle e fece per allontanarsi di scatto.
Quando fu girata, Marie sentì sul braccio sinistro una specie di calore.
Non sapeva bene come definirlo. Una ‘specie di calore’ fu tutto ciò che
riuscì a pensare. Ma era un calore dolce, come una specie di ottimo
calmante. Si guardò la spalla e vide la mano di quell’uomo appoggiata.
Nonostante la bellissima sensazione, giusto per non tradire il suo ruolo,
ebbe un gesto di stizza e la ricacciò indietro in malomodo - “ Ma insomma,
cosa vuole da me?!..Vuole che chiami i carabinieri? “.
Il signore le sorrideva di un sorriso pieno di pace, e questo la
infastidiva ancora di più.
“ Senta, gentile signora “ – le disse con un tono quasi ipnotico – “ io,
davvero, non ho nessuna intenzione di importunarla…E’ solo che lei è scesa
da un’automobile che io avrei intenzione di comprare, ma non so se il
modello si presta alle mie esigenze..”.
Marie era come impietrita.
“ Vede, mia moglie Rita – si voltò e prese a chiamarla – “ Rita! Riiitaa!
Vieni, che c’è la signora dell’automobile! Rita!!”. In quel momento, da un
negozio di fiori uscì in carrozzina una donna splendida, capelli lisci
fino alla schiena, di un grigio metallico lucente come il sole di quel
giorno.
Teneva un mazzo di rose sulle gambe e con la mano sinistra si spingeva
verso di loro.
“ Mia moglie Rita, - riprese il marito – “ ha avuto un’ischemia un anno e
mezzo fa. Da allora non muove più il lato destro e non può più parlare. Ma
capisce tutto, sa? E come, se capisce tutto! E si fa comprendere
benissimo! Anche troppo, eh eh! “.
Marie non riusciva a muovere niente. Sentiva come un fuoco dentro
bruciarle. Era un fuoco ustionante, le prendeva gambe, stomaco, polmoni.
Un fuoco acceso dalla vergogna, forse.
“ Ecco, io l’ho vista più volte nei paraggi, e oggi, passando di qua, mi
sono deciso a fermarla”.
Marie guardava l’asfalto ed avrebbe potuto contare tutte le cicche di
sigaretta che c’erano intorno ai loro piedi. “ Senta, ma è proprio vero
che questa macchina è così comoda?..Si, intendo, ho visto su un depliant
che se si tirano giù i sedili posteriori l’auto diventa enormemente
capiente…Sa, è per mia moglie…Da quando ha avuto l’ictus, siamo sempre in
tre a viaggiare..Io, lei e la carrozzina! Eh eh, neanche fosse il suo
amante!!”. Ci fu un attimo di silenzio. Poi l’uomo riprese- “ Eh, allora,
che mi dice? Mi converrebbe aquistarla?..Eh? “.
Marie era imbarazzata e commossa allo stesso tempo. Si sentiva decisamente
male, ma non voleva appiccare un altro incendio a quello già divampato in
lei, e così, sottovoce, gli rispose.
“ Mah, guardi, io questa macchina ce l’ho da quasi due anni, e non mi ha
mai deluso. Si, è vero, se abbassa i sedili posteriori diventa capiente
come non ci si potrebbe aspettare…Di amanti, sua moglie ne riuscirebbe a
far stare anche quattro in una volta sola! “ – sorrise Marie.
“ Ah, ah ah ah !! Questa è davvero buona ! Ah ah ah !! “ – il marito rise
di gusto. Anche la moglie sorrise contenta.
“ Bene! – fece lui- allora la comprerò! Signora cara, non so davvero come
ringraziarla! “ – detto questo, la prese tra le braccia e la strinse con
una dolcezza che Marie non aveva mai provato in tutta la sua vita.
La moglie le si avvicinò, e con la mano sinistra sfilò una rosa dal mazzo
e gliela porse.
“..Aaa….aa….aaadie!“ – disse con uno sforzo micidiale.
“ Le ha detto grazie! “ – spiegò il marito. Nessun cenno alla reazione di
Marie, nessun commento. Come se nulla mai fosse accaduto.
Marie stava per scoppiare a piangere, ma si trattenne in un sorriso
sforzato. Accettò la rosa senza dire niente, li salutò con gli occhi e
risalì subito in macchina. Si dimenticò della banca e di tutto il resto.
Accese l’auto, fece retromarcia e si immise sulla strada principale in
direzione casa.
Guardò nello specchietto retrovisore e vide i due anziani salutarla
felicemente con le braccia.
Marie scoppiò in un pianto devastante.
Appena arrivata a casa, spense il cellulare, staccò il telefono e si buttò
sfinita sopra il letto.
Le lacrime non accennavano a finire. Non seppe mai come, ma in un attimo
si addormentò. Erano circa le dodici meno un quarto del mattino. Dormì
fino al mattino successivo.
Per la prima volta nella sua vita.
Il pompiere di mare
Aveva così tante cose nella testa. Strane, stranissime sensazioni. Tutto
un fluire di pensieri, ricordi, emozioni assopite e dimenticate…Ed ora,
tutt’a un tratto, riapparse insieme, come una scarica infinita di fuochi
d’artificio.
Il respiro era affaticato. Dopo l’urto, il motoscafo si era capovolto ed
il suo corpo, prima di essere catapultato a circa dodici metri
dall’incidente, era stato schiacciato dalla fuoriuscita del timone.
Una bella barca, non c’è che dire. Gli era costata una cifra indicibile,
ma ne era valsa la pena. Gite, feste, serate con amici e con sconosciuti
uomini solitari. Vecchi lupi di mare, come si suol dire. Aveva scoperto un
nuovo mondo. Un nuovo, sconosciuto, meraviglioso mondo. Il mondo degli
uomini che varcano i mari e tutti i confini invisibili che quest’essere,
mostruoso ed affascinante allo stesso tempo, nasconde parsimoniosamente.
Sirenella, un pastore belga rossiccio, cane splendido addestrato per i
ritrovamenti, aveva abbaiato a lungo, fino a quando la piccola barca di
salvataggio non si era definitivamente avvicinata.
Si era risvegliato proprio grazie alle sue leccate. Andrea, il giovane
pompiere di mare, lo aveva tratto in salvo, con l’aiuto dei suoi due
colleghi.
Il salvagente lo stringeva molto, troppo anche. Il respiro era sempre più
affaticato.
“ Cosa mi è successo? “- chiese con una voce che non riusciva a
riconoscere come sua.
“ Hai avuto un incidente, ma stai tranquillo adesso. Non ti affaticare. “-
gli rispose Andrea.
“ Si, ma cosa mi sta succedendo? Ho delle strane sensazioni. Non respiro
bene, sai? Non respiro bene…Cosa mi sta succedendo? Aiutami, ho paura!..Ho
paura! Aiutami!..”.
Andrea gli teneva forte le mani. Di situazioni come queste ne aveva
vissute parecchie, ormai, nonostante la giovane età. Andrea era un vero
esperto. Uno dei migliori pompieri di mare in circolazione.
“ Stai bene attento, Andrea. Ora ti dico un segreto. Ma devi essere forte,
perché è una cosa che ha una importanza estrema! “ – gli aveva detto una
volta un vecchio pompiere in pensione che lo aveva adottato come fosse suo
figlio, e lo aveva guidato in questa passione.
“ Stai bene attento “ – gli disse- “..Quando accadono incidenti come
quello che hai visto ieri, la tua presenza è vitale. Si, hai capito
bene…Vitale! Lo so, lo so che non ci possiamo fare niente, che il timone
nello sterno è la firma di nostra sorella morte. Ma tu hai la suprema
possibilità di accompagnare queste persone nel loro ultimo e sconosciuto
viaggio. Vedi, io non so nulla. Non so se c’è qualcosa dopo, se siamo
venuti dal niente e nel niente ritorneremo. Se c’è Dio oppure no. Io so
soltanto che quando toccherà a me di morire, non vorrei essere solo.
Vorrei avere qualcuno vicino a me, qualcuno che mi tenesse il viso e mi
dicesse ‘D’accordo, d’accordo…Sono qui, sono qui con te. Si, caro, stai
morendo. Coraggio, ancora poco, un piccolo passo!..Io però sono qui! Ti
tengo, ti accompagno!…Sono qui con te!’….Ecco, è questo che vorrei. E’
quello che ho sempre fatto con le persone che hanno finito la loro vita in
quel modo orrendo..Ed è quello che vorrei tu facessi d’ora in poi!
Coraggio, Andrea! Hai una splendida missione! “.
Ad Andrea, ogni volta doveva occuparsi di incidenti del genere, venivano
nitide alla mente le frasi del vecchio pompiere.
Anche in quel momento, le sue parole gli fluivano su per il cuore.
“ Aiutami, ragazzo. Mi sento male! “ – sussurrava. Andrea gli mise una
mano sulla fronte e gli sorrideva. Gli accarezzava la fronte e gli
sorrideva. E gli accarezzava ancora la fronte. Piano piano, dolcemente,
come una vecchia alla messa prima accarezza la statua di Gesù Bambino.
Intanto i pensieri dell’uomo diventavano sempre più offuscati. Il viso
della moglie Marta… Paola e Caterina, le sue due splendide figlie…La
maestra Giuseppina che lo sgridava perché aveva dimenticato di fare le
addizioni….Il salumiere che tagliava una fetta per lui ed una se la
mangiava…Il seno di sua madre…Ma quando lo aveva visto quel seno?…E quel
profumo di latte!..Che splendido profumo di latte!…” Latte! “ –
sbiascicò..” Cosa? “ -chiese Andrea…- ” La…”
Poi tutto si offuscò. Prima come nebbia. Poi sempre più blu, come il mare.
Il respiro era affaticato. Sentiva le mani di Andrea tenergli il viso. Le
orecchie tapparsi. Prima di chiudere gli occhi, vide Andrea sorridergli…
Poi il blu si fece scuro.
Poi il nero.
Poi, subito dopo, una luce.
Albert
Mi chiamo Albert.
Ho circa quindici anni, ma ne avrei ventisette.
Sì, perché ho finito prima.
La gente intelligente precorre i tempi.
Con un cervello come il mio, poi...
Quando misi in pratica i miei studi sul volo umano ero ancora acerbo.
Sapevo di non sapere molto della vita, ma quel che avevo visto mi
bastava.
C’erano delle cose che non mi si chiarivano, ma.. ..“ sarà l’età “, mi
convinsi.
Così mi dicevano tutti. Gli adulti, s’intende.
Perciò, una sera, lasciai gli amici al bar.
“ Vado a fare una passeggiata, non ho digerito bene! “ dissi.
Mi dimenticai persino il giubbetto di jeans sulla sedia, porca
miseria!..
Il ponte traballava, ma alle elementari la maestra mi aveva insegnato
che era normale.
Tutto progettato per il carico da sopportare e per l’espansione ed il
restringimento dei metalli causa caldo e freddo. Questioni
metereologiche, insomma. Ecco: quella sera il ponte era dilatato.
Faceva un caldo della madonna!
Non arrivai a metà. Mi fermai un po’ prima. Vicino a un lampione.
Saranno passate due macchine. Tre zanzare…
Poi mi abbandonai.
La cosa buffa è che mi sono tappato il naso, cadendo. Eh!..Non è che
pensassi molto all’altezza o all’impatto col fiume. Naso tappato con
pollice ed indice destro e corpo a ‘bomba’.
Un bel tuffo, non c’è che dire.
Poi non ricordo più nulla. Neanche ora, eh…
Mi hanno riferito che la gente era più stupita del fatto che una tale
disgrazia fosse capitata ad una famiglia ‘per bene’ come la mia,
piuttosto che dall’accaduto in sé. Ma si sa…A certe cose ci si
abitua. Di questi tempi, poi…Si pranza e si cena con i morti. E non
solo nella televisione!
Mi ricordo che mi chiedevo per quale motivo un Dio pieno d’amore, come
il nostro, che strabordava d’amore, e che ci aveva creati proprio per
donarcelo, ci avesse messi poi qui su questa terra, pieni di domande
senza risposte. Un Dio muto per figli sordi!…Eh, proprio una bella
famiglia!
..”Ma sono le solite angosce adolescenziali, che volete! Un paio d’anni
e gli passeranno”…
Col cazzo!
No che non mi sono passate!
Per niente!..
E pensare che qualche giornalista da strapazzo ha scritto che lo avevo
fatto per una delusione scolastica che non volevo far sapere ai miei!..
Tutto questo, allegato da una mia fotografia non autorizzata chiesta al
comune dal suddetto giornalista spacciandosi falsamente per un mio zio.
…Che stronzo!
Appena lo incontrerò, gli chiederò spiegazioni.
“ Con calma, senza fretta! “ -gli dirò- “..Hai tutta l’eternità
davanti! “.
A bien tòt ! |