Poesie di Franco Picini


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Il meglio di me nel fango
Sono me stesso sul solo apice del mondo
poiché l'essenza mia è vapore d'anima
s'innalza come bruma verso il cielo,
e azzurra nell'azzurro si confonde.
Lambisce vette, nuvole e aria aperta
oltre la scia dell'aquila, la coda delle stelle,
e inesorabilmente si disperde.

Giù in basso c'è la carne, sulla terra,
legata da trame d'ossa e rivoli di sangue,
fragile nei nobili pensieri e in disperata lotta
con le pene, disciolte in mille rivoli di pianto.

Vagheggia corrotta, al cielo che non muore,
la sua salvezza nel mare secco siderale e ignora,
in esso, lo sterile stagnare del freddo ostile
tra il vitreo moto d'astri in orbite perfette,
vuoto d'inizi, privo del sogno d'una meta
ove ogni ora è scrigno d'un infinito monotono ed uguale.

Nella palude, dove la chiavica schiarisce nel ruscello,
s'accendono passioni come vampate di pece greca
nel caos della gioia e del dolore, dell'odio e dell'amore,
col fiore a unire luce all'humus del letame.

Nella palude, dove la sola morte è certa,
arde aggrappata al vento l'essenza mia più schietta.

Vita eterna nel mio sangue
Rispecchia senza posa il cielo
i prati in fiore, le foglie morte
non c'è inverno che estingua le stagioni
sotto il sudario di una bianca coltre.

Ruota come sempre quando è tempo
dal mare verde al secco delle stoppie
il ciclo della vita nell'usuale sorte.

Mille partenze, uguali i ritorni
ma nel cilicio dei miei lutti
il tempo sembra aprire solo solchi
lacera dentro e oscura la speranza

è il sangue che conserva quel che muore
ciò che l'inavveduto mondo lascia andare
e rosso scarlatto insiste in un ricordo.

Eppure so che torneranno, anzi sono già qui,
vitali come voli di pensieri, oltre l'inverno
nell'unica stagione dove non tramonta il giorno.

Una nuova vita
Frughiamo dentro noi in autunno
c'è il seme della nuova vita
tra il letto morto delle foglie
e il ramo scheletrito,
contro il cielo cupo,
che occulta in sé il germoglio.

Sveliamo tra i molti giorni uguali
la fiamma viva della vita che arde amore
dentro il petto, come un fuoco greco
non teme lacrime e dolore.

Lasciamo diroccare l'artefatta diga
rovini in un tumulto il tempo andato
e dalle consumate acque ferme
torni a cantare l'indomito ruscello
che sfagli a destra, ora a sinistra
cada in un gorgo, salti la rupe

mai lungo lo stesso letto
renda vertigine alla vita
e ci disperda dove cuore vuole
purché non sia acqua sciupata.

Venga la morte col cadere della luna vaga
mi troverà in coraggiosa corsa
acqua specchiata all'imperlato muschio.

Non in attesa.

"L'eco della mia Amica"
La mia Amica mi racconta la vita
per lei tribolato intrico
ne cerca il capo senza timore
per scioglierne i nodi della delusione.
Quante volte il filo l'ha ferita
sfuggendole avaro tra le dita.

Non si lascia più lusingare
dal cielo di stelle intrigante
ora sogna per sé,
non più per puro sognare,
parole sincere d'accarezzare
o il vuoto tra i due comodini.

È aperto l'uscio del suo cuore
lì dove il groviglio va
e poi ne resta altro ancora
e il capo è da trovare.

La mia Amica è sola, ma splende ora
come splendeva allora lì, sorridente
volto affacciato, nella foto allo scaffale.

La mia amabile e preziosa Amica!
Acqua di Colonia e raso da cerimoniosa dama
acerbo bergamotto d'allegra bambina.

Mi parla e io la sto a sentire,
mi parla e ride e dice,
di nuovo, la mia Amica, dice
poi fa una pausa, m'invita a parlare
ed io me ne sto lì
muto, ancora ad ascoltare
il dolce eco delle sue parole.

Per i quattordici anni di S. P.
Sbocciata gemma diamantina dell’infanzia
nel fiore delicato dell’adolescenza,
colma di luce, lieta anche l’ombra
nel tempo che non torna.

Presto stormiranno nella brezza dolci parole,
sguardi furtivi, teneri accenni
che mente e cuore altrui corteggeranno.

Primavera di turbamento e d’illusione
dolce sospiro di passione, sfiora i capelli
sciogliendoli per sempre dai nastrini.

Concede il tempo fiducioso adesso
prometterti che durerà in eterno,
lo sguardo accesso al volto amato.

Ardono in fretta questi giorni,
lieta saluta quel che è stato,
poco è passato, altro ti aspetta,
l’amore te n’è grato.

Lucciola
Intesi la vita
una notte d’estate
una lucciola ne tradì,
con un volo, il segreto:
“Guarda! Come me
vaga nel sogno,
palpita luce
a intermittenza,
priva di meta
fugge dall’alba
che non vedrà,
persa nel nero
infinito del prato.”

Mi consolai nel dubbio pietoso:
“ogni bagliore nel buio è prezioso”.

La notte brillava ovunque di luci e
il cuore vegliava sopra ogni cosa.

Eredità di un padre
Vi lascio l’ansia notturna
delle corse in ospedale
quelle febbri infantili
simili a temporali,

e di nuovo il sereno,
sopra i monti, al mare
distillato di vita
dei giorni più preziosi.

Vi lascio le parole che vi ho detto
e quelle che invano avete atteso,
ciò che di voi ho compreso
il mistero che siete.

Non so dove ho sbagliato
e cosa ho indovinato,
il bene e il male seminato,
ma quello che di voi ho visto
mai mi ha deluso.

Non ho ricchezze da donarvi
né vie in discesa da indicarvi
ho qui con me i soli miei pensieri,
i sogni mai avverati,
di me con voi,
che attendono indomati.

Il cuore subito l’ho dato,
resta tutto il mio tempo
chi sa per quanto ancora.
e mai saprò,
dentro il vostro futuro,
che padre sono stato,
ma vedo già una luce
che rende la mia fine meno oscura.

Tengo tutto per me,
qualunque cosa accada
e mai lo darò indietro,
quel che da voi ho ricevuto,

bene sempre più grande
che cresce ad ogni mio respiro,
ed offre più del poco che è costato
…ladro mi scopro ad esserne felice!

Sono stato bambino
Ricordo campagne
di misteri infittite
moccichini colorati
tra bige montagne.

Sotto cieli costellati
da ridde di promesse,
attese notti di Natale
quasi a toglier le forze.

Stelle e luci d’illusioni
calde nel petto,
sotto il cielo più scuro
e la neve per tetto.

(Ferri e intrecci tintinnano lana).

Giorni tersi d’amore,
senza remora alcuna,
per quel volto di madre.

(Cresce un cuore pian piano).

Vere perle sgranate,
sui ginocchi accoglienti,
quelle storie incantate
come vere, sognate.

(Occhi attenti sbarrati).

Poi le impazienti attese.
Lì, oltre i vetri appannati
che la pioggia annoiata
ceda al cielo sereno.

Per sentire nei campi,
sulle scarpe bagnate
lì, nel verde imperlato,
quella luce smeraldo
che mai più può sbiadire.

(Nonostante sia sera.
Ecco! Torna a fiorire).

Sogni e realtà, com’è stato,
legati dentro il cuore.

(Mio e soltanto mio)

Segreto arcobaleno
tra il fortunale e il sole.

Col lieve refolo del vento
vorrei fuggire
e ancor più in alto,
spinto dal respiro,
salire.
Via da questo
latteo chiarore
che ovunque impregna
d’ansia.

Vedo il tramonto.
ad uno ad uno,
di ore e minuti
senza tempo
nell’aria scialba
dell’attesa.
Solo gli sguardi
riflettono una vita
senza tradirne mai il segreto.

Anima che palpita
sospesa, batte
nel petto con il cuore.

Voci bisbigliano.

Dita che sudano abbracciate.

Fruscia un giornale senza brezza.

Ecco!
Ora è un ritorno
del silenzio.

Voglio sapere
per affrontare.

Voglio partire
senza sapere
e salutare.
…addio a tutti!

Voglio…o non voglio?

Vince l’attesa.

Geme una porta,
ora, e s’apre
reca un presagio
la Sibilla.

…cela tempesta con il sorriso?
…o è per l’annuncio arcobaleno?

Risvegli
Nel giorno che sbadiglia
                           Al  mattino,
il tuo amore  mi scalda,
                           ad ogni risveglio.
Dentro l’ombra che declina
                           in questa  stanza,
credimi, Amore,
                          proprio qui!
Dove mille minuscole faville,
danzano in un raggio di sole,
assieme al mio cuore
e, mute, intonano un bisbiglio
ed io con loro, più e più volte,
                          Sussurro…
                          ti amo!

Separazioni
In questo specchio
più non mi rifletto,
                specchio abituale
                specchio distorto.

Nel triste risveglio
per un sogno infranto
più non mi confino.

Notte di rancore
senza stelle
i miei sogni
hai finalmente
abbandonato.

Né più mi consuma
quel che ho perduto
se amore non è stato.

Qualcosa nasce, dentro
questo mattino solitario,
non solo il sole.

Tra i vecchi timori inariditi
che non fanno più deserto
ecco di nuovo il cuore
in punta di piedi, avanza,
a passi di speranza.

Mi sdraio, scampato,
tra l’erba e lo stupore,
dolce incanto (scoperta di sopravvissuto)
per chi sa quale altra vita
che arriverà,
che è già arrivata,
su questo prato verde.

Vita specchiata nel cielo
vita adagiata alla terra.

 

Limiti
Non amo le pareti della stanza
e il chiuso cuore dell’appartamento
né il mio giardino e la Città che si fa attorno.

L’afrore del respiro della folla
che vaga estranea ad ogni desiderio,
                        …ovunque guardo c’è.

Non amo la discreta indifferenza,
il vuoto intreccio degli sguardi
e i tanti volti a perdere e per sempre.

Anime come gocce uguali
su di un vetro, scivolano
per le strade e per le piazze
vuote d’autunni e primavere.

Pesci  sospesi, ovunque, nel sospetto
d’un acquario che mai muta,
ombre di vite prive d’eccezione.

Tutto è racchiuso, angusto, uguale.
Tutto è artefatto e non com’è in natura,
falsi i colori, ringhia freddo il metallo
…e non allarma.

Soffoca il vento tra i palazzi indifferenti.
Tace  il fruscio dentro la siepe vuota.
L’acqua che scorre, sudicia, cerca le fogne
sterili mozziconi solcano l’asfalto.

Isola, nella distratta moltitudine,
solo, anche tra gli altri e siamo in tanti,
sento svanire vite sconosciute
…la mia con loro.

Gli occhi non mentono
Mio padre ha novantaquattro anni
e mi sussurra, chiedendomi l’orecchio
- la voce falba di nicotina:
“Non ti preoccupare per me…
io ho vissuto, ora basta… sono pronto”.
Ma gli occhi tradiscono il contrario,
lo gridano …muti.

Vorrebbero specchiarsi in altro
che un corpo inaridito
- occhi riapparsi fanciulli -
e perdersi ancora,
oltre queste pareti color di fine,
sui monti amati che reggono
cieli di nuvole e sole.

Le tue gambe un tempo
inseguivano la campagna
così com’era,
tra gli alberi e poche case,
e buone le speranze di stanare,
in quella dolce distesa,
nuovi nidi d’uccelli.

Quegli alberi ora agghiacciati,
dentro quest’angusto confine,
sono e restano verdi
e salvi per sempre
nei tuoi occhi più intensi.

Resta muta la stanza, vane le voci
e vuota ogni parola.
L’aria ristagna spenta.
Sospesi anche gli oggetti
e ciò che ti riguarda,
forse annichiliti – ed io lo sono -
da tanta, amara, congiura
…del tempo e del silenzio.

Cieli
Il cielo della città,
il cielo della montagna,
uguali, entrambi,
…speranze che rapiscono
    d’azzurro, cuore e pensieri.
 
Il cielo della città,
il cielo della montagna,
…fratelli, come Caino lo fu d’Abele.
 
Uomini affastellati,
sotto il primo, fascine indistinte
…d’anime, gioie e tormenti
 
sguardi tenuti bassi si eludono,
l’un l’altro, chiusi dentro confini
di vite parallele, custodite
tra case e strade
…e sotto i mille passi, incalzati,
    gorgogliano chiaviche e sentimenti (occultati).
 
Sotto il cielo sottile dei monti
fruscia/urla solo il vento
raccoglie dai valloni inabissati
radi gridi d’uccelli,
suoni rapaci vecchi come il tempo
e al mezzo dì
qualche palpitazione di campana,
persa per caso, lontana
lungo i displuvi impervi
poi nient’altro
                   …solo l’immobile silenzio,
                       se l’aria si è fatta calma.
 
Più in basso il mondo intero
è disteso, sfumato, incerto,
appare e non appare,
ma ovunque guardo… c’è
…e il cuore se ne colma.


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