Home page  Lettura   Poeti del sito   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche



Primavera
Arriva Marzo dopo
il tempo breve,
coi suoi capricci,
con pioggia e sole.

Gli umori alterna:
brividi e calore,
a nuovo si vestono
alberi e prati.

Sgorgano, con acque nuove,
ruscelli e fiumi,
mormorando vanno
ricchi di disciolta neve.

In petto, sento, fragore di
tempesta, mi avvolge,
son fulmini rossi e tuoni,
esplodono annichilendo l'anima.

Brucio di passione al primo calor,
annego sospiri e lacrime,
nel candor dell'algida onda.

Il pruno indifferente
apre i suoi fiori,
capezzoli bianchi
di un negato amor.

Cuore che tutto dici
rimanendo muto
ti volgi al vento
con tenera preghiera:
"ti prego porta via,
disperdi il mio dolore".
Sognando ancora
ti rivolgi al sole
umilmente chiedi
un raggio di calore
e sai d'aver perduto
l'unico amore.
Sospiri e ancor sospiri
silenzio e ancor silenzio
scivola la luna tra le stelle.
Donar ancor vorresti cuore
un poco di dolcezza
in cambio solo una carezza
leggera come fiore
sussurrata dall'amore.

Ultima corsa
Rincorro l'afferro
salgo sull'ultima corsa
arranco sbuffo martella
il cuore chiodi son i pensieri
e sfidano il silenzio della luna.

S'avvia lasciando indifferenti
alberi muti e finestre
occhi chiusi a guardar la via.

Corre sobbalza scorre
su rette parallele algide
scintillanti alla frenata.
Un occhio segna il suo cammino
va sferragliando nella notte buia.

Osservo la leva a mezza luna
si sposta lentamente frena
e poi si lancia nella breve corsa.

Tutto scorre via ombre vanno
senza nessun cammino
regna sovrana la patina di nebbia
silente è pure il fiume
dormiente scorre al mare.

E' il tempo dell'ultima corsa
ora siam fermi si leva un ombra
lasciando la mezza luna.

Si stiracchia mi guarda e dice:
"capolinea signore la corsa qui
è finita".Mi desto m'appresto
lentamente scendo il nulla
m'avvolge. Camminerai con me malinconia.

Col peso del tempo andato,
tentennando vado
e sulla sedia poggio
il corpo mio stanco.

Brucia ancora il fuoco
nel camino acceso,
stendo la mano al tavolo
raccolgo stringendo un libro.

Avvolto ora mi sento
da un universal silenzio,
stento la lettura,sfugge il rigo,
opache le parole il bianco il nero.

Lucidi e chiari sono, passato e tempo,
un volto un sorriso un bacio;
son certo tu lo sai sfiorito viso,
quanto ti ho amato e ancora t'amo.

Quante foglie son cadute
da quel noce,
han pur tentato resistenza
al cambio di stagione.

Eran verdi, tenere e gentili,
han dato il frutto,
orgoglio di natura,
splendore ed armonia.

Libero elegante e fiero
frusciava nel giardino,
dimora diveniva di merli e
pettirossi;le rondini erano
a mensa per il loro nido.

Ed ora ti spogli lento
con pioggia e vento
il grigio autunnale
ti rende assai infelice.

Resistono le foglie
staccarsi non ne han voglia,
il verde si tramuta purpurio
or diventa e cadono con
l'allentato giallo.

Quante foglie son cadute
da quel noce,
giacciono inerme e perse,
tappeto di pensieri, eran
fiammanti, ardenti,
ed ora son, lacera poltiglia.

Cari mi son stati e sono
quei basoli quei muri
finestre e balconi,
ora aperti poi chiusi.
Ed i colori delle facciate
sempre lievi,ora sferzati
da vento e pioggia,
ora ardenti di sole.

Mi perdevo abbagliato
da una bianca vela,
la spuma sulla ghiglia
color del cielo,oppure
anch'essa bianca.

L'infinito lo vedevi
tutto fiammante
prima che arrivasse sera
col cielo che si congiunge al mare.

Quanti passi e che sospiri,
tra formicolanti stretti vicoli,
coi panni stesi odoranti
ad asciugare.
E le voci che sentivo gorgoglianti,
a chiamarsi a sentirsi,
musica celeste per cantare,
un fiore e perché no l'amore.

Sempre caro mi fu
quel lento salire:
giungere al castello,
l'anima mi si colmava
di voci antiche e di silenzio.
La città laggiù s'avvolgeva
nel volo leggero di una rondine.

Poso ora le mie stanche membra,
su di un muretto che tutto limita,
gli occhi mi vanno sul capo
di Posillipo;congiungersi vorrebbe
con Punta Campanella
In mezzo resta adagiata,leggera,
dormiente,in eterna attesa,
cullata del canto di Sirene,Capri.

Notte amara
Rumore non sentivo
né eco di passi sulla via.
Scialba era la luce
che poco rischiarava.
Ombre su ombre
vanno nella scura sera.
Le stelle,pigre e poche
stentano ad apparir
nella loro luce.
E tu lenta,così a me pareva,
t'avvicinavi lieve
come rugiada zuccherata.
Tempesta nel cuore
e tremolio di mani,
annaspavo tra onde
di parole taciute.
Un frusciar di fronde,
un sospirato vento,
sfioriva sempre più
quel poco rischiarato .
Svanì lo scalpiccio,
forse cantò l'allodola,
un'armonia d'amor.
Si spense la luce
dietro una finestra.
Così nel cielo si spensero
le stelle.
Rideva il mondo,
il cuore ne moriva.
Amara notte,amara sei
come la morte.

Preghiera
Amor che mi diventi
un suono vago;
cerco il silenzio in autunno,
coi suoi colori vivi
e il nulla dentro.
Lasciano i rami le foglie,
vanno leggere a perdersi
nell'ombra del viale.
Oh anima anima mia,
svestiti dell'illusorio velo,
cheta il sangue nelle vene,
spegni la fiamma
che ardere fa il core mio.
Ramingo vado,mete non ho,
fuggo tra nuvole e pioggia;
l'onda sovrasta il guscio galleggiante:
né Dio né terra noi vediamo.
Brividi e febbre;
silenzio e tenebre.
Chiusi restano gli occhi
colmi sono di stelle e sale,
strozzato è il pianto innocente.
Un raggio di sole
in sogno vediamo;
una mano che dona
calore sentiamo.
Un lembo di terra
per semina nuova cerchiamo.

Dell'onda maestosa
sullo scoglio ne sento l'eco,
s'infrange, giunge al cuore
e poi torna come torna sera.

Odo sbattere una porta
strazia la mia assente anima
lasciata volar via,
su di un ricciolo d'acqua.

Si chiude la porta,il suo clic,lo stesso
ogni qualvolta, lascia fuori
i sogni,il colorato cielo,
i prati e i fiori,profumi e odori.

Neppure l'aria ed il furtivo vento
sperano d'entrare;resta all'uscio
la malinconia:mi stringe
mi assale strozzando ogni sospiro,

Restano i sogni a farmi compagnia
vivide immagini impresse nella nebbia:
impenitenti restano, allo sbattere e al clic.

Sospirate lacrime stelle lucenti e belle
vivere voi fate quello che più non è;
portatemi ancora colori e fiori.

Sentir ancor vorrei quei dolci suoni,
veder l'aurora nascere,il sorgere del sole
evaporar la nebbia,sentire il mormorio
di foglie nuove e il canto dell'amor.

Aurora non appare,scuro resta
il cielo;mi ribolle il sangue,
resta sospeso il clic
e quella porta più non s'apre.

Cadevano fluttuando lieve
molte foglie (già morte?)
spogliate erano del loro
color natio.
Un vento freddo sospirava
bagnato di fiume.
Le vedevo danzare
alla luce fioca e tremebonda
delle stelle sparse nell'infinito.
Sulla tormentata insonnia mia
veglia la luna senza ritegno
e senza motivo.
Notte di ricordi e sogni algidi,
calpesto ghiaia e foglie del viale
ricco di ombre e silenzioso.
I torrioni immobili, giganti,
vegliano sui sogni che riposar
si vogliono sul flebile respiro
della sorgiva nebbia.
Tempo oh tempo che scorri via,
scivoli indifferente tra le dita,
segnando così il nulla tra vita e morte.

Lasciam parlar le lacrime
Lente mute scendono
rigando il viso,
le lacrime vanno
e molto dicono.

Pieni son gli occhi,
smettono di luccicare
non splendono
cessano di sorridere.

Si sperdono nel vuoto
più infinito .

Il sole si ritira,
si nasconde dietro
coltri di nuvole nere.

Non vi sarà luna,
ne brilleranno stelle,
muto silenzio urlerà
nel cielo.

Anche il mare s'inonda
di lacrime saline,
urla sferzato dal vento.

Lacrime copiose
annegate il viso mio,
le mani a coppa
tendono a raccogliere.

Era amore di primavera
prati colorati d'erba in fiore.

Erano parole dolci e gentili,
regnavano nel cuore.

Ed ora sperdute andate
lacrime,perdendovi
nel buio, che ogni
parola nega.

Asciugar vi vorrei
nell'ardente fuoco.

La Luna che rideva
S' affaccia dalla finestra il cielo,
lo sguardo posa su pagliuzze rosse,
stagnanti e fieri vagano perduti,
son cerri bianchi scalfiti da rughe azzurre.

Navigo su di una nuvola d'oro,
l'asse del timone tien la prua dritta,
l'infinito si presenta senza nessuna siepe
a limitar il visto.

Eolo da amico la vela gonfiava-
i raggi del sole carezzano la vita,
onde su onde e poi silenzio calmo,
piacevole mi era quel mare che non era.

Ruota dolcemente il timone ,
d'ebano sono i suoi capezzoli,
salde stringono le mie mani
la rotta è certa e lì andrò d'approdo.

Vi entrai, la corda alle bitte vi legai,
sovvenne la notte,infinita notte,
restano lontani i giorni di chiarore,
esplose la dorata nuvola.

Spuntò la chiara dolce Luna
se la rideva padrona e assoluta.

Gatto luna
Flette vacilla si smorza
riprende a brillare:
un lume nella notte brucia.

Ombre sul muro vagano
mentre la fiammella trema,
muore si attizza beccheggia arde.

Sbatte un'anta rumoreggia
come onda del mare,
si chiude si riapre.

Il fioco lume dà vita
ad ombre morte,mentre la notte
scorre lenta sul carro del silenzio.

Un gatto strepita insieme al vento
cerca l'amore ed urla il suo dolore,
graffia l'asfalto e corre via.

In quell'assoluto cupo
consunto si collassa il lume
appare un viso e subito scompare.

Si chiude la finestra,
la luna annega tra i tetti
e l'infinito.

Il vento più non sibila,
il gatto si ritrae muto
sorge il sole che non dà calore.

Avvolta nello smagliante
candore,così io la vedo.
Tutto intorno luccica,
un artificio di luce.
Poso i gomiti, barriera
di cristalli riflessi
ci separa come siepe
che l'orizzonte margina.
Odo la sua voce.
Guardo, annaspo,
m'affogo negli occhi suoi.
Alba dorata sulle autunnali
foglie. Smarriti vanno
gli occhi miei.
Bruciano amare lacrime.
Sgorgano imperiose
sul mio volto.
Alla deriva navigano
e nulla sperano.
Tutto ormai tace.
Afasico è il mio sogno.
Urlar e naufragare vorrei
in queste amare lacrime.



Home page  Lettura   Poeti del sito  Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche