Poesie di Manuela Mori


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Splende il sole...
sì splende alla faccia
dell'aria ghiaccia...
Sull'ombra brumosa
del primo pensare
trionfa,
s'infiltra splendendo
nel velo dipinto
ch' ammanta
l'umano mistero...
Il picciol che sfugge
dal lume del liso
s'invola...
finché lo raccolga
spersa anima
e sola...

Par di sentir, nel ritrovato freddo,
mugghiare fondo un cervo che rinselva
dopo l'assalto alle femmine del branco...
...Risveglia, il freddo,
quel predator che ognun si porta dentro
dal tempo in cui, fra i regni di Natura,
era un connubio d'infinita armonia...
Ma è
risveglio breve,
e al limitar del sonno,
greve,
che seco recherà l'inverno...
Rimbalzerà allora, nella campagna brulla,
rado qualche colpo di fucile,
eco al toccar stanco
di questo
nostro
cuore...

Passò l’estate
dalle lunghe giornate di sole.
Fra alba e alba nova
solo graziò di brevi ore
il fresco fulgore della luna.
Passò.
Ne resta il tedio del soporoso meriggiare
misto all' uggia della pioggia settembrina.
Par quasi un susurrare il gocciar lieve
e mi presente la tua assenza,
come l’inverno a quel limone mentre sconta,
nel peso della tardiva còlta,
l’ inganno dell’ultimo sole.

Se non ami l'odore dei salotti di città,
quell' odore di soldi facili
e cucina di chef,
dammi la mano, andiamo...
Se non reggi la vista del cielo presso
dentro spazi fra cemento e cemento,
- il cielo immenso affogante
nel suo celeste stesso-
allora andiamo...
Portarti voglio
al delta delle mie parole,
sopra sentieri di polvere battuta,
sciolti fra orti soleggianti
di limoni,
a gara col rigagnolo che svena
da ruzze di fanciullo nella mota.
Nostra metà sarà laddove
l'elementare sedimenta la mia foce quieta,
e ne fa
bocca perenne di serena piètas.

Agli amanti.
Nel tripudio dell’infocato mezzogiorno
sempre torno al tuo sorriso ombrato
come l’arsa sete al limpiore dell’acqua
occhieggiante oltre l’arido greto.
Soffio d’un zeffiro sereno
sui roventi meandri del pensiero
è rimembrare te col tuo sorriso.
E de’ fantasmi nella rete che strozza,
un rotto apre,
per balzar fuori
fuggire
salvarsi
da’ sogni calcinanti alle mie spoglie stanze
l’erto muro,
poveri sogni scompigliati
dal gioco del futuro.

Passaggi
Timida ombra,
di tempo, di spazio, di nome
leggera.
Il gentil gesto ti rivela.
Sei l’ombra che amai
nel bozzolo di un corpo smemorato.
Accosto il volto a labbra evanescenti
e d’incanto
quel passato più non sento
come mio,
e non fui io
non fui io
la tenera amica!
Tu dissolvi lieve come all’apparita.
Ciò che resta è la mia vita
che si monda e trasmuta.

Non più immagini di morte
all' umano sovvieni, superba Estate
ma freschi lenzuoli
alla piaga velata che tempo infligge
alla carne dei giorni.
Né più figgi da calcinanti orbite
e spolpi
e asseti il mondo.
Muta con te il mio costume
e la tua sera sempre mi prende
più nuda
dagl' irruenti sogni,
difesa
nell'attimo vivente
dal perenne disfarsi del tutto.

Disarmonie
Evaporar del giorno.
Impera l'ora
più fragile flora,
rosa canina selvaggia.
Vedetta d'agri roveti,
su prati gonfi del fiato d'occidente
freme
agli offuscati azzurri offrendo
timidi orgasmi.
Sola io
non sento.
Muta immobile sorda
nel determine del tempo,
di stessa ora mi conforta
non più che il neutro sonno.

La solitudine.
E' stato tempo in cui
mi divorava,
come l'arto di un bimbo
la cancrena.
Ero l'occhio del ciclone,
il fisso, il nulla,
intanto intorno
esplodeva l'emozione.
Lago di buio
dentro le sponde di un corpo.
Ma bastò che un'ombra,
oh quanto giusta,
mi si ponesse accanto.
Di quanta luce
può sostanziarti l'altro!

A mio padre.
Ardevano le favole sulla tua bocca,
come la brace nella stufa,
e intanto fuori passava la buriana.
Ricoverata nell’ ìncavo del braccio,
estremo bordo del tuo nido caldo,
t’amo pensavo,
t’amo, ed ogni volta era uno schianto!
Se ti penso ora,
d’amore vorrei fosse ancora
questo scempio!
Bastò il primo vento,
caddero con le foglie dell’autunno le tue fole.
Eppure a volte sento
che basterebbe un soffio
nuovo, fra i rossori di certi mattutini,
a lavare il volto della notte
a riaccendere le favole.

Le parole che non ti dissi
Le parole che non ti dissi
d'amore
rimbombano nel cuore cavo.
Come nella parte dell'armadio che custodiva te
nei tuoi vestiti.
Dentro quegli spazi
il tuo odore ti persiste e mi respira,
mi tira,
avido,
come le labbra dalla mammella
il latte della vita.
Così soffocando
il mio parlarti ancora.

Naufragi
Si vorrebbe naufragare
non importa dove.
La bellezza sta nel frangersi lungo
dei pensieri,
ostaggi inermi della spada
che ci divise dalle infanzie leggere.
Si vorrebbe naufragare
non importa dove.
La bellezza è smemorare
in un grido di gabbiano.
E' l'affido dell'ossa alle ligule dell'onda.
Il congedo
un abbraccio di lumi sopra un battello bianco
contro un cielo scuro
gonfio di pianto.

L'arpa d'erba.
Nel verde lo strazio del vento
sembra un lamento,
uno spasimo, un pianto.
E' l'arpa d'erba.
L'arpa d'erba in racconto...
Di noi un giorno dirà
il circumnavigare
quest' isolotti umani,
di feroce banale,
dov' ugualmente amore e male
più non hanno spessore.

Fruscii
Fruscìo di candido foglio,
richiami al cuore stanco
ben più fatal fruscìo.

Fruscìo dè passi del tempo,
catturare poterti
fra le righe del foglio bianco!

La Poesia.
Fruscio di tempo.
Imprimerti potere
nel bianco foglio!

"Del doman non c'è certezza"
Proiettarsi di domani in domani
declina vivere in mortificare.
Fermati attimo presente, rimani,
in te tutt'una vita da gustare!

Estati in campagna.
Me li sento palpitare caldi in cuore
quei pomeriggi silenziosi di sole.

Il pigolìo d'un pulcino in spavento
era controcanto al sibilo del vento.

La campagna sfumava nel calore,
il mondo tutto chiuso in quel torpore.

Naufragavo arresa nell' incanto,
e la gola s'annodava in dolce pianto.

Vita in autunno.
Sento, non sono.
Sono soltanto
instabile fogliame
nel sole bianco,
smorfia di vecchio
nel cielo stanco,
uccello in miraggio
di un po' di caldo,
d' occhio animale
il buon letargo.

Vita d'autunno.
Sento.
Sento soltanto.
Instabile fogliame
nel sole bianco.

(Senza titolo)
Nuvola di mimose
i tuoi capelli.
S'invola il cuore.

Vendemmia.
Calda schiuma offre
la tua rossa bocca.
Vino novo trabocca.

Notte di San Lorenzo.
Lanci di pietas
illuminano
oscura notte.
Di chi a vita
dannato vive.

Una nuova verginità.
Caverna sinistra del cuore.
Vergine sentire bisogni
di sogni
di segni
di sbagli.
D' amore. Incalza frescura
in tana di tanta chiusura.

Mio amore
Mio amore, mio splendore
del dispiegato mezzogiorno,
quando la fiamma, la più potente,
divora l' ombre delle cose.
Sì tu, a me, l'ombra dell'anima
hai divorato, Amore,
con la "Grande Luce Splendente"
del tuo paziente amare.

All'attimo divino
Nell'ora bronzata del vespro
passa lenta l'ombra solenne
dei volti andati per sempre.
Da porte socchiuse nell'aria
antichi sussurri svelano
l'inganno infinito del tempo.
Carpire l'attimo divino
è unico conforto e fermo
al viandar verso ignoto segno.

Mal d'Africa.
Nel nero della notte,
fra il nero della faccia,
due occhi sono specchi
al sole dell'Africa.
Lama di luce figge
buchi neri a Milano.
Un brivido di febbre
attraversa la Piazza.
E' mal d'Africa.

Mal d'Africa (II versione)
Nel nero della notte,
fra il nero del volto
due occhi specchio
al sole dell'Africa.
Lama di luce figge
buchi neri a Milano.
Un brivido di febbre
traversa la Piazza.
E' mal d'Africa.

Visioni di una notte di mezza estate
Passa Morte, fatevi da parte!
Vola in ronda alla placida notte
su ali molli come marcio fiato.
Avvolta silente nel negro velo,
copre il lume perlaceo del cielo.
Spicca al volo un'anima a caso,
l'acino più succoso, il più sano
del folto grappolo umano.
Intanto l' Uomo vaga ubriaco
nel mondo notte e dì addormentato.

Notti d'estate.
Pizzicore da aghi di stelle.
Piovono fitti sopra la pelle.

Sotto pelle filtra la resina.
Perle in stille il pino ne lesina.

Gole di grilli grattano l'aria.
Ronzìo di vita smorza la scala.

Lacrime sciolte nel chiaro calore
ritornano lente al fondo del mare.

Sale dolce un sussurro d'onda...
Sale l'acqua e il cuore affonda...

Oh, notti d'oro e di mirto incensate!
Notti deste, d'estate inebriate

Notti d'estate in riva al mare
Pizzicore da aghi di stelle.
Piovono fitti sopra pelle.

Sotto pelle filtra la resina.
Perle stille il pino ne lesina.

Gole di grilli grattano aria.
Vita in ronzìo cala la scala.

Lacrime disciolte al sole
ritornano specchio di mare.

Sale dolce un sussurro d' onda...
Sale l'acqua... cuor affonda...

Oh, notti dorate e di mirto
incensate!
Notti deste,
d'estate tutte inebriate!

Solitario mattino.
Solitario mattino.
Punti di viva luce
su groppe di monti.
E' vita in risveglio.
Fra colli e cielo campi
arati da orefici.
Dentro il cuore,
la scheggia di te
s'accende in fiammella,
solitario mattino
di precaria speranza.

La Poesia è
Come quando, in
notte di ghiaccio,
aghi di pioggia,
di vento fruste,
il cuore solo,
la testa muta,
dal nero assedio
sguscia una luce,
s'apre una porta:
calore buono,
è casa tua.

Sotto le macerie di Favara.
Il sole del mattino nel ferale lucore
tra le marce macerie ricava il cuore

di spogli cristi inchiodati a Favara.
Cristi sotto razza padrona avara,

razza bara in pubblici investimenti
prestidigitati sempre in privati arricchimenti.

Da quella spezzata carne di cuore rossa,
gente usa a subire sempre, si sente mossa.

Gente abituata a chinare la testa,
ad accontentarsi dei resti della festa,

sente germinare in quel cuore distrutto
un seme, ma troppo maturo per dare frutto.

Rassegnazione in lotta con sacro furore
vince, e strozza l'urlo del cuore.

Il falò (II° Versione)
Nelle notti insonni
accendo un falò.

Invito a ospiti leggeri,
piume di pensieri
spolveranti ai ghiacci
gli azzurri pennacchi.
Esca di consumata prostituta,
accovacciata ai bordi
di una strada muta,
sempre pronta all'intesa
se il pago è moneta
di rustico amore.
Falò corrispondenza
ai lumi freddi dei migranti,
anime spoglie erranti
verso una terra promessa,
mai mantenuta.
Lume a muti interni d'uomo
vissuti dalla fame nuda:
fame come pane.
Luce a stanze d’anime empite
dal sempre stesso senso
di giornate inadempiute.

Intorno solo reti d'ombre,
e il mio falò si spegne.

Il falò.
Nelle mie notti insonni
sempre accendo un falò.

Invito a ospiti leggeri,
piume di pensieri,
aliti di bimbo.

Per arruffare ai freddi
gli azzurri pennacchi
Perchè il pianto,
si mondi in canto e monti
fino a coro.

Ma intorno ai miei falò
nessuno è mai arrivato,
niente di sperato!

Solo una rete d’ombre,
e il mio falò si spenge.

Il segreto delle donne.
Ogni donna ha un segreto.
Tutte le donne hanno un segreto.
Sorgente mai secca
di femmina libertà.
Seme di passione
sempre in germoglio
di rosso fiore.

Quel segreto
è una piccola scheggia
di luce
conficcata nel cuore.

Quel mio segreto,
anche a me tengo
segreto.
Ma è ovunque in me,
e dentro l’urna del cuore
cova,
un non so che di felicità,
che perpetuamente
si rinnova.

La poesia.
Sei tu che mi salvi,
dai numeri
dai nomi
dai calendari,
dalla vergogna
della parola degradata
a guscio vuoto
di cicala scoppiata.
Sei tu che mi salvi,
dalla miseria dell’invidia
dall’anestesia della passione,
dall’abisso del buio oltre la notte,
che è
straziante senso
della mia inutilità
umana.

Tu apri spazi
d’immenso
e regni transumani
"ove per poco il cor non si spaura".

Non son più un nome in quei tuoi regni.
Sono la corteccia rugosa dell’albero,
e sotto la terra sento l’acqua che mi nutre
e sopra, sento le lame del sole
attraversare i miei rami.
Sono l’erba più folta delle praterie
e sento il vento aprirsi varchi
piegandomi gli esili steli.
Sono il vento infuocato del deserto
raffreddato nella forme di pietra
dell’ impenetrabile Sfinge,
a sfidare l’oblio dei secoli
e l’inutile brulichio degli umani.

Un amore.
Sabbia fine,
quel mio amore.
Infiniti granelli di cuore
tritato
in silenzi di piombo,
stando dietro invisibile grate,
grate a dividere.

Pianto asciutto
quel mio amore.
Infinite gocce di dolore
traboccato
dai graffi di una pelle
strappata a parole,
parole come pietre.

Amanti in fila come soldati
a scortar quell'amore.
Perché se l'anima digrigna,
bisogna almen che il corpo esulti,
sotto le coltri gelate dall'assenza.

E lentamente...
E lentamente passa
anche questo giorno,
un altro chicco
sgranato fra le dita.

Questa nostra vita
è nostra morte lenta,
senza disperazione.

Padre,
la tua Ombra
ogni sera
passa lentamente sul mio corpo,
come l'ombra di un transatlantico
vicino a un'isola
di polvere.
Padre,
tu che scegliesti
con inesorabile zelo
la vuota pula dal grano dolce,
che seminasti per me?
Quel chicco,
che ruppe con violenza
la zolla,
germinò gramigna, Padre!
E la tenera Proserpina,
passando leggera sui campi
la sera, pianse invano,
a lungo,
su quel virgulto di Vita
abortita.
Poi fu solo la polvere

Il fu Bel Paese.
La Pietà dell' italico Bel Paese
è là, sotto le veline palpebre marmoree
della tenera Signora di Lucca.
Sta là,
in quella tomba che Jacopo scolpì,
legando al candido marmo apuano
le giovani forme d'Ilaria
carpite repente alla vita.
E questa mia eco, miserrima eco
al pianto del Poeta corsaro,
niente potrà a risvegliarla,
Ilaria, o l' italica Pietà.
Niente,
se niente ha potuto
il dolore, l'orrore, l'odore
del sangue:
di figlie sgozzate per mani armate
da cattivi Profeti,
di figli massacrati
dal Potere corrotto in violenza,
di spose stuprate
da povericristi ubriachi
della più falsa libertà.
Amen.

Di Alda Merini
Là, dietro le mura di Gerico antica
t'ho conosciuta,
alla conta dei matti, annusando l'aria
come un animale braccato alla ricerca del varco.

E dallo squarcio dell'anima,
per carpire i segreti immondi della malattia,
tu, superba, nella tua perfetta poesia,
traboccavi amore,
e saggezza,
alla faccia dei Saggi.

Altro non voglio.
Non so che farmene
del rumore del mondo,
delle sue parole cave,
pietre di mia lenta lapidazione.
Lasciatemi sola!
Ignorante dei vestiti degli uomini,
Superba di corrotta sensibilità.
Sapiente di solo patetica poesia.
Una creatura piena di poesia
bagnata di lacrime salate,
che rotolano su ferite antiche
come il Verbo.
Lasciatemi sola.
A scolpire parole su pietre
piagando i ginocchi,
a incidere i cuori più rossi
traducendo il silenzio.
Altro non voglio.


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