Poesie di Renzo Montagnoli


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Renzo Montagnoli
Nasce a Mantova l'8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un'azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svitlana a Virgilio (MN).
Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006, con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006, con le sillogi poetiche Canti celtici e Il cerchio infinito, rispettivamente, la settima edizione e l'ottava edizione del Premio letterario internazionale L'arcobaleno della vita.
Sue poesie e racconti sono presenti in antologie collettive e in e-book.
Ha pubblicato le sillogi poetiche Canti celtici (Il Foglio, 2007) e Il cerchio infinito (Il Foglio, 2008)
E’ il dominus del sito culturale Arteinsieme    (www.arteinsieme.net)
Blog: http://larmoniadelleparole.blogspot.com/
Indirizzo e-mail: renzo.montagnoli@gmail.com

Leggi i racconti di Renzo

L'arrotino
Arrivava con le prime nebbie
un suono rauco
più volte ripetuto
Arrotino! Moleta!
E le donne uscivan di casa
chi la forbice chi i coltelli
qualcosa c'era sempre da affilare
e se per caso mancava
niente paura
perché allora l'arrotino
aggiustava gli ombrelli.
Pedalava e la mola cominciava
i suoi giri
qualche scintilla
un po' di sfregamento
ed ecco che il coltello
tagliava come un rasoio.
Stava più giorni
dove dormisse la notte
nessuno sapeva
forse sotto il ponte
della ferrovia
un riparo per povera gente.
Poi un giorno
passava per le vie del paese
e gridava che andava
andava via e
che sarebbe tornato
il successivo autunno.
E infatti
puntuale ogni anno
risuonava il suo grido.
Poi quando già cadevan le foglie
e le nebbie calavano improvvise
quell'autunno non venne
e nemmeno il successivo.
E' passato tanto tempo
e l'arrotino è quasi dimenticato
ma in questi giorni
di umido respiro l'ho ricordato
Mi pare ancora di sentir la voce
lo sfregolio del ferro sulla mola
immagino un uomo addormentato
sotto il vecchio ponte ferroviario
ma tutto mi lascia prevedere
che il suo sia un sonno
ormai infinito
e che ora viaggi fra le nubi
incontro a santi e cherubini
la mola ormai arrugginita
lasciata su qualche nuvoletta
un materasso di cirri per dormire
e una voce ingentilita
che ogni tanto s'alza là nei cieli
e gioiosamente annuncia
che l'arrotino è finalmente arrivato
dove di tempo e stagioni
non si ha memoria.

Da Il mio paese

La luce
Una luce che non vedi
se non come un tenue chiarore
il caldo seno di una mamma
mani femminili nei capelli
gioie che quasi non rammenti
il dolore di troppe dipartite
fra memorie e oblii non voluti
si dipana una vita
ed è ancora una luce
che ti accompagna
un barlume che lento
si spegne
sfuggendo a ogni logica.

Da La pietà

Il macellaio
General Cadorna
dici sempre che indietro non si torna

e allora avanti in attacchi scriteriati
a migliaia i soldati macellati
appesi come passeri ai fili spinati
le braccia spalancate i corpi martoriati

General Cadorna
dici sempre che son eroi i caduti per la patria

ma tu te ne stai ben riparato
mai davanti a tutti in un attacco
sempre tranquillo in retrovia
a progettare nuove orride mattanze.

General Cadorna
l'Isonzo è rosso del nostro sangue

ma nulla abbiamo conquistato
se non due spanne di terreno
qualche metro di filo spinato
e una dolina ripiena di morti

General Cadorna
il nostro nemico non è l'austriaco
che ci sta di fronte
anche lui sacrificato
ma è chi ci sta dietro

sei tu blasonato macellaio
che disperdi i nostri sogni al vento
che nel cercare la vittoria
ti ubriachi con il sangue che ci resta.

Da La pietà

Il viandante
Arrivò che era l'alba
bussò lieve alla porta
gli fu aperto
e timido entrò.
Gioia per gli occhi,
gioia per il cuore,
le sue parole
erano solo amore
le sue mani
cacciavano il dolore.
Una luce la sua
che non si potrà dimenticare
resteranno parole
più profonde dell'oceano
il sogno di un mondo nuovo
di un infinita pace
dentro e fuori.
Restò fino al tramonto
poi un saluto con la mano
e ripartì per altre mete
per portare chissà dove
quel verbo che mai muore.
La notte non fu più scura
le stelle divennero amiche
e i nostri sonni lievi e sereni.
Non era rimasto
che dall'alba al tramonto,
una meteora
che scomparve all'orizzonte
un impercettibile battito d'ali
un infinitesimo refolo di vento
ma la sua luce la sua voce
restarono con noi.

Da La pietà

E poi è il silenzio
Nel caldo del giorno
l'aria immota
il cielo vetrificato
s'alza sommesso
un suono lontano.

Un'unica nota
un la che vibra assai piano
ma poco a poco
nel sole che scende
e lascia il posto alla sera

s'accompagna a un brusio
di insetti notturni
un coro smorzato
di bocche ben chiuse.
Ha un tono costante
quell'unica nota

ora potente
in crescendo di forza
è un canto d'addio
al giorno passato
che si spegne nell'eco
di quell'unico suono.

E poi è il silenzio
le luci ormai spente
la gente che dorme
il buio che in punta di piedi
avvolge ogni cosa.

E' notte ormai fonda
ognuno riposa
ma lavora la mente
è giunto il momento
per infine sognare.

Da Lungo il cammino

La melodia della vita
Un giorno, fra un anno,
fra due, quando non so,
ma crederai
che la vita che hai
è solo un dono
che mai potrai contraccambiare.
Dall'alba,
che inonda di luce,
al tramonto,
che annuncia la luna
godrai dell'infinito
senso di struggente malinconia
per essere temporanea parte
di questa eterna meraviglia.
Nel fiore che sboccia
e s'offre allo sguardo,
nell'acqua cristallina
che scende dalle rocce,
negli occhi di una ragazza innamorata
udrai con il cuore il canto della vita.

Crederai, capirai, comprenderai
la fortuna che hai avuto,
quanto bella sia la vita,
ma tutto questo avverrà
solo quando
sarà di lì a pochissimo finita.

Da La pietà

Vento d'estate
Contrada assolata
bianco abbacinante
è questa un'estate
di caldo e di afa opprimente
è l'alta pressione dicon gli esperti
e aggiungono che l'aria rovente
arriva dall'Africa
dalle immense distese di sabbia
del gran deserto.
Di colpo, comunque,
s'alza il vento
che aggiunge calore
che toglie ogni forza
e allora all'ombra distesi
si sta a meditare
e nel silenzio assoluto
par di udire voci lontane
nenie ripetute di berbere
che tessono tappeti
in tende scottate dal sole.
È anche questo forse un miraggio
come le urla disperate
che di colpo s'appressano
suoni d'istanti
di gente che sta per affogare
nel barcone che affonda
poi lente si spengono in gemiti fiochi

E restano solo
il vento
odor di salmastro
e polvere stanca.

Da La pietà

Nella luce del tramonto
In questa luce
che lenta si spegne
rivivo ciò che è stato
una manciata di tempo
che è il mio passato.
E' con affetto e tenerezza
che rivedo volti
che già mi hanno lasciato.
Il tramonto disegna
strisce di luce
sul mio volto pallido
impietoso svela
le lacrime che sgorgano copiose.
Ripensare a ciò che è stato
seguendo la traccia del ricordo
è sofferenza e non gioia
è la consapevolezza
che tutto passa
e che anche il nostro tempo
sarà presto andato.

Da La pietà

Il tormento dell'estate
Rivoli di sudore scendono
lungo la schiena come
torrenti spumeggianti
L'insopportabile calura
annienta tutti i sensi
e si boccheggia alla ricerca
vana d'un poco d'aria asciutta
del tocco lieve di un improbabile
refolo di vento in una luce
abbagliante che fa abbassar
le pesanti palpebre,
sgomente per tante notti insonni
a cercar nel letto temporanee
e illusorie frescure.

Scoppiata è l'estate
con il suo fiato arroventato
con i cieli abbacinanti
e le ore lunghe e stanche
che si sfilacciano
nella mente ottenebrata
vinta e annichilita
da un ossessivo e greve fuoco.

Da Sensazioni ed emozioni

Non c'é domani
Nell'eco che lenta si spegne
fragore di scoppi
gemiti di feriti
subentra lo sdegno
per l'inumana strage.

Clamore di voci
bla bla bla ossessivo sugli schermi
trascorrono i giorni
e quell'eco è lontana.

Non c'è domani
per un mondo
che muore ogni giorno
che recita il dolore
e dimentica l'amore.

Da La pietà

Profumo di pane
L'avverto ancor oggi
come se fosse ieri
quel profumo
che si spandeva
intorno alla forneria.
Allora il pane
non era cosa da niente
era il pane il cibo principale.
Ben cotto, fragrante e dorato
ti adocchiava dal cestone
mentre già avvertivi
in bocca l'acquolina.
A colazione, a pranzo,
a merenda e a cena
non poteva mancare
dal desco familiare.
Poi i tempi son cambiati
ci siamo tutti un po' arricchiti
e siam passati ad altri cibi
oh sì, ancora mangiamo il pane
di tanto in tanto, ma con sufficienza.
Ci son ora le merendine
fatte d'aria
che più ne mangiamo
meno ti saziano
ma soprattutto
si son persi i gusti
così che tutto sembra uguale.
Ed è spiacevole accertare
che oggi che meglio stiamo
abbiamo perso quel profumo
ormai lontano
quel sapore di grano macinato
che nel richiamare la dolce
immagine di un campo ben dorato
saziava sì lo stomaco
ma anche e soprattutto lo spirito.

Da Lungo il cammino

Passeggiata all'alba
C'è un tenue chiarore
nella notte che s'avvia al riposo
quando esco con il cane
per i due passi del mattino.
Solo silenzio all'intorno
ci accompagna per la strada
e poco a poco la luce s'avvicina
mentre il buio si allontana.
E' un mondo nuovo che si scorge
una lepre che placida ma vigile
nel grano è intenta a pasturare
un cinereo airone che batte le ali
e s'alza per il primo volo del giorno
là, ai margini del boschetto,
un esile capriolo che sta a pascolare.
Immagini di un mondo
che sembrava perduto
e che solo adesso, in quest'ora,
è possibile ritrovare.
Quasi all'improvviso nel silenzio
s'alza un brusio di mille voci
stridii d'insetti gracidio di rane
e infine il melodioso canto
di uccelli nascosti fra le frasche
una sinfonia che sa d'eterno
di primordiali suoni
che illanguidisce il cuore.
E' un incanto che rapisce
che trasporta come in sogno
in un giardino in cui Adamo ed Eva
ancora la mela non avevan spiccato.

Poi,
il suono lacerante di una sirena,
rumori di motori, l'uomo s'è svegliato,
l'incanto di colpo è cessato.

Da Sensazioni ed emozioni

La sera nei ricordi
Ricordo quando la sera
all'imbrunire suonava
la campanella della chiesa
con quella voce cristallina
chiamava al vespro
e allora le vecchine
uscivano di casa
con il rosario in mano
e s'affrettavano
al sagrato.
Non c'erano altri suoni
solo qualche grido di bambini
a tirare gli ultimi calci
a un pallone mezzo rattoppato.
Già le prime luci
s'accendevano
e il vecchio Agenore
si sedeva davanti all'uscio
con il mezzo toscano in bocca
a digerire il cibo della cena.
Al bar, o meglio all'osteria,
i soliti clienti si facevano
un bianchino
chiacchierando del più e del meno
o meglio ancor sussurrando
notizie scandalose
fatti di corna di cui magari,
senza saperlo, erano loro stessi vittime.
Poi
a una cert'ora della sera
i crocchi lungo lo stradone
si scioglievano
e tutti andavano al riposo.
Era un tempo lontano
che a volte ho il dubbio
che ci sia mai stato
ma è il ricordo,
una voce che mi pare
di udir di nuovo,
che mi dice che così è stato.
Un altro mondo, era quello,
un altro mondo quello
in cui io son nato.

Da Il mio paese

Sera di maggio
Al calar delle prime ombre
s'ode un canto lontano
scendono dal cielo le note
in un'aria di devozione
alla madre di Colui che si donò.

In cappelle sperdute
scorrono le dita sui grani del rosario
questo è il mese di Maria
madre del Cristo e di tutti noi.

Nel tenue brusio della sera
il canto s'espande
raggiunge ogni dove
e parla solo d'amore.

Un amore immenso
che scende dritto al cuore
smussa ogni dolore
inebria di dolce malinconia.

É un canto che odono anche i sordi
è un messaggio di pace infinita
che riavvicina cielo e terra
è un sogno a cui abbandonarsi

dimentichi del tempo che scorre
della materialità d'ogni giorno
lontani dal corpo e da ogni cosa
assorti nell'estasi.

Corrono le ore e nemmeno
ci si accorge,
la notte s'avvicina,
s'abbassano le palpebre,
sereni ci si addormenta.

Da Sensazioni ed emozioni

Una strana primavera
Non voglio sembrare
come quei vecchietti
che ai giardini
seduti su stinte panchine
si raccontano dei tempi andati
di quando le stagioni
erano tali
con inverni freddi e nevosi
primavere tiepide e ridenti
estati calde e assolate
e autunni umidi e piovosi
ma qualcosa deve essere cambiato
con una primavera così strana
fra uno scroscio di pioggia
e una calda vampa di sole.
I meteorologi fanno
le ipotesi più strane
ma non sanno dare
una concreta spiegazione.
E intanto i poveri vecchietti,
me compreso,
si sforzano di scaldare le ossa inumidite
ai primi raggi di un prepotente sole.
Stanno, stiamo,
come lucertole intorpidite
alla ricerca di un po' di calore
e non sapendo di che parlare
fra tante notizie di reiterati scandali
ci affidiamo a memorie
in cui tutto pareva in regola
i treni che arrivavano in orario
le certezze di una vita
a cui non si sottraevano
nemmeno le stagioni.

Da Lungo il cammino

Una sera d'aprile
La luce scandisce il ritmo delle ore
sale imperiosa dal buio
arriva in cima alla scala del tempo
e poi ridiscende lenta
per giungere infine al suo commiato.
É questa una sera d'aprile
d'un giorno come tanti
che si spegne come i cerchi
di un sasso gettato nello stagno.
Dapprima rapidi, si ampliano lenti
per poi morire sulla riva.
E anche il giorno muore
con la luce che cede il posto
alle cupe tenebre.
É solo una sera d'aprile
ma mi sembra che in un giorno
ci stia dentro tutta una vita
che ora in punta di piedi
lentamente se ne va.

Da Lungo il cammino

Fiori di pesco
Nel sole di marzo
un vento pazzerello
rapisce i petali
dei fiori del pesco.
Sono coriandoli rosa
che s'alzano
e volteggiano in cielo.
Lievi soffici
baci carnosi
si rincorrono
si toccano
si staccano
una gioia per gli occhi
e per il cuore
un soffio di vita
che avvolge ogni cosa.

Ma quando cala il vento
si lasciano cadere
finiscono a terra
e alla prima pioggia
diventano poltiglia.
Il rosa si spegne nel fango
mentre spuntano
timidi i frutticini.

Nulla finisce
senza la possibilità
di ricominciare.

Da Sensazioni ed emozioni

Meglio…
Meglio morire
quando si corre nel vento,
ogni giorno diverso, ogni cosa mai uguale
nella pubertà che è la più bella età.

Dopo,
i soliti riti tribali, la villeggiatura
tutti intruppati, la partita di calcio la domenica,
lo stanco bacio della buona notte.


Meglio morire
con in bocca il sapore
di un bacio rubato
e il fremito che ancora invade il corpo.

Baci anonimi,
quasi dovuti, sapori di salsa di pomodoro
o peggio ancora l'acre aroma del tabacco
baci senza passione in giorni grigi di noia.


Meglio morire
quando si cavalca l'onda
nella speranza che non si spenga mai,
nel desiderio di affondare in un mare di specchi.

La monotonia delle giornate,
ogni cosa che ha un suo prezzo,
anche l'affetto, se ancor si può chiamarlo tale.
E infine l'attesa di quel momento senza ormai rimpianti.


Meglio sarebbe
non essere mai nati
per non dover poi
morire ogni giorno.

Da La pietà

Vento da Nord
Nei giorni più freddi
s'alza un vento teso
che soffoca il respiro.
Viene da lontano
dal grande e gelido Nord
fugge dalla tundra gelida
per portare la voce roca
degli sconfinati ghiacci
di quella zona
che Artide chiamiamo.
Ma se stiamo attenti
ad ascoltare e lasciamo
un po' correre la fantasia
ci porta anche le leggende
di quelle terre desolate
dove la notte si ritrovano
i folletti a danzare
alla luce della luna.
Ci parla di renne
che libere corrono sulla neve
che s'involano all'orizzonte
come uccelli migratori;
dei grandi alci
udiamo il rauco respiro
e dei guerrieri
che quelle lande popolavano
sentiamo il cozzare delle armi.
Ci porta lontano questo vento
ci conduce a ritroso nel tempo
a viaggiare come in sogno
dove non esiste più il tempo.
E solo allora ci accorgiamo
di quanto di noi è stato
di cui memoria più non abbiamo
E' forte questo vento
e anziché spazzare via
accumula davanti a noi
le foglie dei sogni
che nella sconfitta d'ogni giorno
avevamo lasciato sul selciato.

Da La pietà

L'aria di primavera
Mentre l'oriente s'accende di luce
dapprima lieve, poi più deciso
risuona il canto di un cuculo.

Un esile croco solleva il suo capino
a carpire i primi raggi di sole
e nella roggia, fra l'acqua che gorgoglia,
canta una rana il suo inno alla vita.

L'aria ancora ferma or si muove
spira una dolce brezza
che appena smuove le foglie della siepe.

Un profumo di vita s'espande nel mondo
risveglia menti assonnate
fa rivivere ricordi di gioventù
a chi da tempo non l'ha più.

Mi lascio cullare come un bimbo
apro le braccia, chiudo gli occhi
e felice mi affido all'aria di primavera.

Da Sensazioni ed emozioni

Se ci penso
Se ci penso
è un turbinio di idee
fiocchi di luce
crepe d'ombra
domande e altre domande
senza risposte
Che ci stiamo a fare in questa vita?
Per lottare, amare, gioire e soffrire?
Siam forse neutrini che vagano nell'atomo?
A volte mi illudo che tutto
sia un lungo e sconclusionato sogno
il cui risveglio è l'incubo
di avvertire
che sempre più radi
e flebili
sono i rintocchi del cuore.

Da La pietà

Quel sorriso
Era l'autunno
un giorno di nebbia
grigio di fuori
grigio di dentro
ma un volto fra la folla
biondi i capelli
le labbra color di pesca
e...
               e quel sorriso
che squarcia ogni cielo
che riluce più del sole
che trasporta in volo
verso valli silenti
verdi di prati e abeti
oppure verso mari lontani
bianca la rena
baciata dall'onda
che dolce si spegne alla riva

Un attimo perduto nel niente
un volto scomparso
e invano cercato
ma nel ricordo
trabocca ancor di gioia il cuore.

Non so che sia stato
un incantesimo o un miraggio
forse un sogno d'amore
che ritorna in anni
in cui qualcosa
salvare dal passato
è ciò che resta di tutta una vita.

Da Lungo il cammino

Per le vie del mondo
Vent'anni, quasi non ricordo,
tanto è il tempo che è passato
ma rammento il sole
che ogni giorno splendeva,
la febbrile felicità di vivere,
il desiderio di essere
più veloci del tempo,
di raggiungere il domani
prima che fosse trascorso l'oggi.
Era una vita, sospesa fra sogno e realtà,
andavo per strada con nelle orecchie
la canzone dei Nomadi.
Io vagabondo, diceva,
e mi vedevo vagabondo
per le vie del mondo
passo dopo passo
lungo una strada infinita
che mi spalancava alla vita.

Oggi ancora sento quelle note
ma arranco piano
verso una meta indefinita
e se mi volgo all'indietro
mi par di scorgere
lontano lontano
l'ombra d'un ragazzo
che sognava di andare
per le vie del mondo.
Gli mando un saluto
e una lacrima stanca
mi scivola via.

Da La pietà

Il paese della fantasia
C'è un paese che sul mappamondo
non si trova per quanto lo si giri.
È un posto un po' speciale
dove il cielo, o meglio i cieli
son dell'umore di chi ci abita.
Se uno s'alza un po' corrucciato
si ritaglia un angolo di grigio
ma non appena ritorna l'allegria
colora a spicchi variopinti
oppure usa una bella tinta unita
di un turchese intenso
che ridona vita a smorti paesaggi
che ora sorridono giulivi.
Lì non c'è chi comanda
chi fa la voce grossa
ma tutti sono in armonia.
C'è un'amicizia
che non è pura conoscenza
ma appassionata,
e quel che più conta,
disinteressata partecipazione.
Non ci sono ricchi, né poveri
tutti hanno di che vivere
e nessuno invidia l'altro
in una pace così intensa.
Che bel paese, ma dove è mai?
È dentro noi, un sogno
che ritorna di tanto in tanto
quando ci ricordiamo
di esser solo di passaggio
su questo mondo
in cui invece sempre
troppo ci affanniamo
e di come e chi siano gli altri
ci dimentichiamo.

Da Lungo il cammino

La vecchia sveglia
L'ho trovata
rovistando nella cassapanca
m'è arrivata in mano
senza che la cercassi
ed è stata una sorpresa
la vecchia sveglia della nonna.
Panciuta, con le orecchie a sventola,
dopo chissà quanti anni di lavoro
è stata a lungo a riposare.
Ma ora voglio che ritorni in gran forma
che il mio tempo provveda a misurare
sul comodino accanto al letto,
a risvegliarmi alla mattina
con il suo trillo petulante.
Con la chiavetta provo a girar la molla
e in uno sferragliare di rotelle arrugginite
borbotta, ronfa, par che con voce un po' alterata
mandi fuori i secondi, a spingere i pacioccosi minuti
e questi a invitar le ore all'inizio della danza.
E un attimo di vita, di un meccanismo
che si risveglia da un lungo sonno,
ma poi s'ode un suono un po' sgraziato
di metallo che si tende e poi si spezza.
E' l'ultimo rumore,
poi tutto tace,
la vecchia sveglia se n'é proprio andata
ritorna mesta fra le cose vecchie
rientra fra i ricordi
donde era venuta.

Da Lungo il cammino

E un altro anno se ne va
Manca ormai poco
e un altro anno se ne va.
Porta con sé sogni mai realizzati
miserie umane che cercano invano
un po' di pietà.
Adesso che è questione di poche ore
ci si accorge di quanto breve
sia stato anche quest'anno.
Eppure, sono 365 giorni,
che ora paiono volati
sono ore e ore sfuggite dalle mani.
Restano solo i ricordi,
tanti o pochi, non importa,
ma sono fatti che ci han toccato
visi amati che ci han lasciato.
Alla mezzanotte del 31
si brinderà all'anno nuovo,
ma che c'è mai da festeggiare
se il tempo passa, implacabile ci segna,
e inesorabile fa correre l'orologio della vita?

Da La pietà

Il mese del Natale
Se il sole s'affaccia
è solo per un saluto
dato che in altri luoghi
è in tutt'altre faccende
affaccendato..
E scende il freddo
un'aria gelida
che entra dentro
e fa scricchiolar le ossa.
É questo il mese
che chiude l'anno
ma che porta anche il Natale
la magia di un giorno
che si rinnova
che scalda i cuori
e fa ancor sognare.
Forse verrà anche la neve
a imbiancare un mondo opaco
un tocco di candore
che riesuma memorie antiche
di altri tempi in cui tutto mancava
fuorché forse l'amore.

Da Lungo il cammino

Il canto nella nebbia
Lo so che si potrà pensare
alle ubbie di un vecchio
che nel volgere dei giorni
appare sempre più rintronato
ma quando cala umida e tenace
una nebbia tanto fitta
da pensare di poterla tagliare
io lo odo.
Se pur lontano e ovattato
lo sento dentro me.
È un canto quasi silenzioso
un mormorio, un gemito di bocche
a ripercorre sentieri antichi
memorie che paiono sopite
e come note salgono
dal più profondo dell'inconscio.
E parlano,
ricordano un passato
che di colpo pare ieri
e allora mi aggrappo
a questo lamentoso canto,
a ritrovar la vita
che lenta se ne va.

Da Lungo il cammino

Scesero al fiume
I primi giorni di un'estate
già calda e afosa
tanto che nell'acqua
si cerca il refrigerio.
Ricordo ancora
che erano spariti due fratellini
di sette e otto anni
e non tornavano più a casa.
Si paventò la follia di un bruto
ma una vicina ricordò
che risalivan l'argine.
Fu subito un accorrere
a scrutar la riva
barche in acqua
fra candide ninfee.
Infine li trovarono:
erano là
in una piccola golena
gonfi d'acqua
gli occhi sbarrati
a guardare due bianche garzette
che volavano in su nel cielo.
Scesero al fiume, quindi,
e ignari questo li ghermì.
"Giovani vite
che troppo presto furono troncate"
Così scrissero sulla lapide
e non cessò mai il dolore di una madre
a cui, da tempo vedova,
rimasero solo gli occhi per piangere.

Da Il mio paese

L'aratura
Come ogni anno
in questa stagione
corre l'aratro
a solcare il terreno,
volta e rivolta
le zolle lucenti,
prepara il letto
in cui il seme
dormirà nell'inverno
per poi svegliarsi
ai primi tepori
di un'altra primavera.
É come un tesoro nascosto
pronto a svelarsi
alla luce del sole,
ma guai se piove
perché tutto ammuffisce
meglio il gelo
e ancor più la neve
a riscaldare gli umili semi
che per magia nel torrido luglio,
rossi bruniti,
svetteranno sugli steli,
pronti al raccolto
e infine a trasformarsi in farina
per un pane fragrante
che sazia gli occhi e la fame.

Da Lungo il cammino

Il pugile
Guardatelo, seduto nell'angolo,
riverso all'indietro, la bocca spalancata,
il bicchiere vuoto sul tavolo,
colto da un sonno inquieto,
così che ogni tanto
agita le braccia,
come fosse ancora sul ring.
Il trillo del telefono
e lui si scuote,
s'alza di scatto,
allunga i pugni,
come se fosse suonato il gong.
Allora l'oste si avvicina,
riempie il bicchiere,
lui beve avidamente,
si risiede e si riaddormenta.
Ai suoi tempi dicono fosse un pugile
di buon valore,
tanti incontri vinti
e uno solo perso,
ma le botte prese nell'occasione
gli minarono il cervello
e lui da allora trascina l'esistenza
solo in sogno,
rimasto ai momenti migliori,
alle sue vittorie,
ma sconfitto come uomo,
un ciocco inerte
che trascina le giornate
da un'osteria all'altra,
alla continua ricerca di un ricordo
per cui ancora valga la pena di vivere.

Da Il mio paese

Una lucciola
Che sarà mai quella lucina
che s'accende e si spegne
nel buio dell'afosa notte?
Si muove, ondeggia, di stelo in stelo
sull'umida erba del prato.
É una lucciola
e io che credevo che fossero sparite
che i pesticidi le avessero stecchite.
E invece no,
forse una é rimasta,
forse invece è la prima di una nuova specie
che a tutto si adatta
anche a vivere fra i mille veleni,
un po' come noi
che al progresso tutto sacrifichiamo,
anche le lucciole
e, se non bastasse,
perfino noi stessi.

Da Sensazioni ed emozioni

A stormi se ne vanno
Già s'avverte l'autunno
in questi giorni freschi
con l'aria increspata
da un venticello lieve
che raccoglie le prime foglie
che cominciano a cadere.
La luce nel giorno
lenta si appanna
e il cielo ogni tanto
s'oscura di stormi diretti a sud.
Già gli uccelli paventano
il freddo umido dell'autunno
e s'involano per altri luoghi
in cui il sole sempre splenda
e riscaldi i loro cuori.
A stormi se ne vanno
con continui richiami
a chi ancora si attarda.
É uno strepitio a tratti intenso
suoni che vagano nell'aria
quasi a urlare
che il tempo stringe
e occorre andare in fretta.
Ma a breve
Resteranno il silenzio
la nebbia greve
i rami spogli gocciolanti
il cuore rattristato
i lunghi sonni
in giorni lenti
e senza luce.

Da Lungo il cammino

Il burattinaio
A ogni festa in paese
il piccolo palco
e intorno i bambini
a ridere di Brighella,
di Arlecchino e Balanzone.
Gli occhi sgranati
sui pupi
che le mani sapienti
muovevano in scena
Le voci, solo una,
ma di volta in volta
roca, stridula o cavernosa.
Divertimenti di un tempo
per bimbi sognanti
un mondo di cartapesta
appena abbozzato.
Poi la TV, i DVD,
e infine i tablet,
nulla che più stupisca
un bimbo che nemmeno sogna.
E lui, il burattinaio,
senza più spettatori,
i burattini nascosti in soffitta
che invecchiano senza più la gioia
di stupire i bambini
un giorno ha lasciato.
Se ne é andato in silenzio,
in punta di piedi,
senza un applauso
ha chiuso per sempre
lo stinto sipario.

Da Il mio paese

É già settembre
Quell'aria
che nel torrido agosto
era così tanto opprimeva
s'è fatta ora lieve
fresca come una fonte alpina
frizzante come uno spumante.
E il cielo
terso nel giorno
scolora verso sera
in strisce violette
che si sfaldano all'orizzonte.
I primi stormi s'alzano in volo
puntano a sud
avanguardie della grande migrazione.
Nel silenzio della sera
un lontano tocco di campana
scende nel mio cuore,
mi rasserena
nell'attesa dell'imminente autunno.

Da Lungo il cammino

Era un'estate di alcuni anni fa
Il riparo dal sole
sotto le ombrose foglie
ma un raggio di luce
si fece strada
e cadde sul tuo viso.
Sorridesti
e mai,
mai
avevo visto un sorriso
così radioso
uno sguardo così luminoso.
Fu solo un momento
e sembrava che tu
con semplicità
avessi rubato il sole.
Avvertii un calore
mai provato
come se la mia anima
s'affacciasse al mondo,
come se m'involassi
verso il cielo.
Poi cadde un refolo di vento
a spostar le foglie
e a cacciare il raggio.
Era un'estate
di alcuni anni fa
e non resta che il ricordo
di un istante di felicità.

Da Sensazioni ed emozioni


Chissà
Come un'ape sugge il polline dai fiori
assaporo ogni momento gli istanti della vita
riempio gli occhi dell'irripetibile spettacolo
di una natura che sembra donarsi.
Dell'ape stessa che svolazza sulle ortensie
colgo l'intrepida ricerca del suo cibo,
della lucertola che sonnecchia al sole
intuisco il palpito del suo cuore che si scalda.
Di ogni cosa voglio imprimere la memoria,
del mio stesso viso che nel tempo invecchia.
Chissà se nel dopo mi sarà concesso il ricordo,
chissà che in quell'antro oscuro possa splendere
un po' di quella luce che adesso colgo.

Da Lungo il cammino

L'armonia delle barene (*)
Nel piatto e lento incedere della corrente
affiorano qua e là,
oasi di sabbia che mare e fiume
sommergono ogni giorno.
E sempre, quando fradice riemergono,
la forma è assai diversa
come se non fossero infin le stesse.
In questo morire e poi rinascere
c'è un senso di precaria eternità
c'è il respiro di una natura
che tutto toglie e tutto dà.
Son l'approdo per la sosta
di migratori nel loro lungo viaggio
e allora è tutto un susseguirsi di richiami
di suoni diversamente modulati
in un concerto che non ha eguali
in una sinfonia sulle cui note
é dolce perdersi e vagare con la mente,
barene che mai rinasceremo
nel tortuoso fiume della vita.

(*) Isolotti sabbiosi che si formano nelle lagune e nel corso del Po, soprattutto alla sua foce.

Da Sensazioni ed emozioni

Il matto
Lo sguardo fisso
gli occhi sbarrati
la bocca spalancata
in un urlo senza suono:
é il matto del paese
sempre seduto al bar
a guardare il nulla
Non disturba la pubblica quiete
e per questo è accettato.
C'è e questo basta.
Quasi non si nota ormai
quella presenza grottesca
ma il giorno in cui verrà meno
ritrovando forse una libertà
mai avuta
la gente s'accorgerà
dell'assenza di un dolore silenzioso
che su quella sedia
forse cercava un po' d'aiuto,
solo una parola,
magari un buongiorno
per farlo sentire meno solo.

Da Il mio paese

Eravamo più giovani
Come ci pare ora un tempo migliore
di quando, fra casa, scuola e chiesa,
le ore passavano veloci
ma già speravamo
che l'indomani arrivasse in fretta.
Tutto ci sembrava possibile
tutto avremmo cambiato
e il mondo sarebbe diventato diverso,
sarebbe stato finalmente migliore.
Questo è il ricordo di un tempo felice
di corse a perdifiato
di sogni su sogni che affollavano la mente.
Eravamo più giovani
e forse ci illudevamo di essere felici.

Sorridiamo, un ironico sorriso,
ora che gli anni pesano,
ora che si spera che il tempo rallenti.
Viviamo così di ricordi
di epoche che credevamo felici
e nel disincanto
di tanti sogni irrealizzati
pur tuttavia a quell'età ci affidiamo.
Possibile che noi siamo cambiati?
No, ancora una volta creiamo
l'illusione che sia solo il mondo
a essere cambiato.

Da Lungo il cammino

Lapidi senza nome
Non c'è di peggio che
in giro per il camposanto
scoprire lapidi senza nome
che il tempo e l'incuria degli uomini
han cancellato.
Non un fiore, nemmeno finto,
a chi per tutti è un anonimo defunto.
Un tempo c'era un vecchietto
che ricordava
a modo suo
con la smemoratezza dell'età.
Lì sotto c'è la Gina,
no, forse l'Evaristo.
Credo invece sia Federico.

E avanti con i nomi.
Di una sola era certo
forse aiutato dall'angioletto
scolpito in cima.
E allora si faceva mesto
parlava piano
nel timor di disturbare.
C'è la Clelia,
quattro anni aveva,
bella come una Madonna,
ma la spagnola se l'è portata via.
Ecco il perché dell'angioletto
un'innocenza che fu mai scalfita.


Ci son tornato qualche giorno fa
ma non l'ho trovata.
In quell'angolo di campo
han costruito delle colombaie
un condominio silenzioso
per chi non può parlare.
Clelia lassù forse ci guarda
e si chiede come una società possa vivere
senza memoria dei suoi morti.

Da Il mio paese

Meriggio d'estate
Due passi e si lasciano le case
subito fra i campi di bionde messi.
Lungo il sentiero corre un fossato
rane che saltano
bisce che scivolano.
Tutto è silenzio
nel meriggio d'estate
non un filo d'aria
a muover le foglie
solo un incessante
frinir di cicale
compagnia tediosa
per chi avanza nel sole.
Laggiù in fondo
l'ombra di una casa colonica
quasi un miraggio
nella luce abbagliante.
Ma è troppo lontana
come la notte
da cui si attende,
forse,
un po' di frescura.

Da Sensazioni ed emozioni

Luci e ombre
Se fermo per un momento
un tempo che implacabile scorre
e volgo lo sguardo all'indietro
mi chiedo cos'è stata la mia vita
mi pare che sia passata in un baleno
un vortice di ricordi e immagini
che mi travolgono come un fiume in piena.
Tante le ombre
anche se non mancano le luci
e m'accorgo d'aver dato poco
e che assai di più è quel che ho ricevuto.
Soddisfatto quindi sono
anche se quelle ombre
mi scavano dentro
per quanto ho fatto
e non avrei dovuto fare
e per quanto non ho fatto
e c'era da fare.
Ma ormai non c'è più tempo,
nella debole luce di un tramonto
che non illumina l'ombra che mi porto dentro.
Il rimpianto è sempre lì,
una presenza silenziosa,
una compagnia non gradita,
che graffia un cuore vecchio e stanco.

Da Lungo il cammino

Mese di maggio
Nei giorni che il sole
più incede nel suo cammino
e nell'ora che lento s'accommiata
in quella quiete d'aria
che introduce alla sera
chiama la campanella
per le orazioni dedicate alla Madonna.
E allora s'affrettano i fedeli
stringendo il rosario in pugno.
c'è chi da il via e a seguire tutti altri
mentre le dita corrono sui grani
e le labbra sommesse mormorano.
Un volo d'airone taglia il cielo
le rane gracidano nei fossi
la luce si tinge di rosso
poi incupisce
e alla prima stella
che timida s'affaccia
trovano le dita l'ultimo grano.
La preghiera è già finita.

Da Il mio paese

Il castagnaio
Cadevano le foglie
scendevano le nebbie
e in quel mondo fradicio d'acqua
s'alzava una voce arrochita:
Caldarroste, castagne arrosto!
Ero bambino e con altri correvo
le cento lire strette nel pugno
quattro castagne ancora ben calde
da sbucciare con famelico ardore.
Lui guardava, forse senza vedere,
un punto lontano
che nemmeno sapeva
mezzo toscano tenuto fra i denti
il fiasco di rosso a portata di mano.
Gli anni passavano
e lui ritornava.
Donde venisse,
dove poi andasse,
nessuno sapeva.
Solo era certo
che ogni autunno arrivava,
un poco più vecchio
e sempre a guardare
quel punto lontano.
Poi un anno
caddero le foglie
scesero le nebbie
ma rimase il silenzio.
Forse la sua vita
quella vita sgualcita
era per sempre finita
o forse era arrivato
a quel punto lontano
che lui solo vedeva.

Da Il mio paese

Di giorno in giorno
Di giorno in giorno
assaporo il nettare della vita
mi illumino di serenità
alle albe che fugano le tenebre
colgo il respiro di una notte di luna
mi inebrio a scrutar le stelle
gioisco al sorriso di un bimbo
inseguo con la mente
il volo di una farfalla
mi assopisco dolcemente
al gorgoglio di un ruscello
mi struggo di lieta malinconia
a un tramonto sul mare.
Vivo ogni minuto
quanto di bello
il mondo sa offrire.
Il tempo è breve
e lo colgo di giorno in giorno
di ora in ora
di minuto in minuto
fino all'ultimo istante,
anche quello.

Da Lungo il cammino

Rugiada
Nell'alba imminente
andate al diurno
riposo le stelle
rivoli di luce
conquistano la terra,
s'allargano come acque
di un fiume in piena
e allora il prato
si chiazza di gemme
Imperlate sugli esili
fili dell'erba
o mollemente distese
sulle ruvide foglie.
Accorrono a frotte
le nervose formiche
s'accalcano presso
le gocce a placare la sete.
Quelle minuscole perle
m'incantano
come avessi sott'occhi
lo scrigno di tesori
dl una terra lontana,
ma nella luce che alfine
conquista ogni spazio
svaporano
nel volger di un attimo.

Resta solo l'incanto
di un mondo perfetto.

Da Sensazioni ed emozioni

Il fabbro
Mi sembra ancora di vederlo
chinato sull'incudine
a battere con il martello
il ferro arroventato
fra spruzzi di scintille
che rischiaravano
quell'antro ben poco illuminato.
Passavo lì davanti
e a voce alta un saluto gli porgevo.
Allora si volgeva
un breve cenno
con il martello che pareva roteare
e un poco così si riposava.
Niente parole se era impegnato
ma l'unico occhio brillava d'amicizia.
Era il fabbro del paese
ma non solo
perché ogni giorno erano altre
le cose che batteva
il desiderio di un mondo
un po' più umano
dove ognuno avesse dignità
in cui non si dovesse più
procedere a testa china
proni a un potere
che la vita disgustava.
Ci ha dato tanto
il fabbro del paese
e noi non l'abbiamo mai ricambiato
anzi umile com'era
ben presto ognuno l'ha scordato.
Riposa in pace,
vecchio mio,
perché finchè sarò su questo mondo
avrò sempre il tuo ricordo
una luce che brilla nelle tenebre
e che guida i miei stanchi passi.
Fino a quando avrò voce
parlerò di te
perché tutti devono sapere
che un piccolo fabbro di paese
accanto ai cancelli
che così bene faceva
tutta la vita ha brigato
per aprirne altri,
quelli messo lì da uomini
avidi e accidiosi
perché i più vivessero in prigione,
quella prigione
in cui siamo rinserrati
da chi ha il potere nelle mani
e vuole usarlo solo
per un dominio che tutto toglie
e niente dà.
Sei stato un Don Chisciotte
tutto per gli altri
e niente per te
solo contro i giganti
ci hai provato
e di questo sempre
ti sarà grato.


Da Il mio paese

Una sirena
Lugubre è il suono nella sera,
lacerante e che strazia il cuore.
Qualcuno sta di certo male
e l’ambulanza veloce corre
in gara con la morte.
Ho provato anch’io
a viaggiare nella lettiga
ricordo però appena il suono
immagini confuse
con il respiratore
che insufflava ossigeno
e mi seccava le fauci
l’infermiere che mi sorrideva
ma che intanto diceva a chi guidava
Presto, che altrimenti lo perdiamo.
L’arrivo in ospedale
il trasferimento veloce alla terapia intensiva
ancora ossigeno e aghi infilati nelle braccia
e il suono amorfo del misuratore
del battito cardiaco.
Non pensavo a nulla
tutto mi sembrava lontano
anche la vita che combatteva con la morte
ma nelle orecchie mi era rimasto
il suono lacerante di una sirena
di qualche giorno prima
e a quello correva il mio pensiero
a quell’altra vita in pericolo.
Mi son chiesto allora
se ce l’avesse fatta
e mentre pensavo e ripensavo
la macchina del battito cardiaco
cominciava a tirar fiato
più che a correre a camminare.
Su quel tu tu tu mi addormentai
e solo l’alba, con la sua luce viva,
mi risvegliò da un lungo e forse eterno sonno.
La vita su questo mondo riprendeva
e anche la mia usciva dal buio della notte.

Da La pietà

Il vecchio saggio
Provate a farci caso:
non c’è paese senza il suo idiota
e a volte anche più d’uno
figure a cui con il tempo
ci si abitua
e che quando vengono a mancare
è come se scomparisse
un tassello d’un mosaico perfetto.
Eh, sì, che lo si voglia
o meno credere
ogni paese ha l’anima
di chi vi abita
figure mai sconosciute
di cui chiara s’avverte la perdita.
Rintocchi lenti di campana.
Chi avrà mai oggi chiusi gli occhi?
Sarà Severino che da tempo
sta poco bene?
Sarà Giuseppe che
che da anni non si muove
e chiede solo di partire?
È quasi una scommessa indovinare
ma una cosa sola è certa:
tutti saranno al suo funerale.
E quando morì Gaetanino
se ne avvertì subito l’assenza
perche gli idioti non mancan mai
ma i saggi sono merce rara
di una saggezza che il tempo
e l’esperienza han rinforzato
di una filosofia più spiccia che teorica
magari condensata in una frase
l’unica che merita d’esser ricordata.
Per lui a ogni problema c’era rimedio
bastava solo lasciar fare
perché diceva che la vita è un gran casino
un insieme scoordinato di tanti fatti
un filo aggrovigliato
che è inutile sbrogliare
perché col tempo tutto s’aggiusta
in un disegno perfetto del destino.
Aveva novanta primavere
e par che prima di esalare l’l’ultimo respiro
abbia mormorato ai figli intorno al letto:
ecco che il mio filo s’è sbrogliato.
La vita è certo un gran casino
ma la morte è un irrimediabile
tiro mancino.


Da Il mio paese

Un raggio di sole
È solo una fessura
nel grigio del cielo
un piccolo strappo
in cui un raggio di sole
lesto s'infila
per scendere a terra.
Non è che un pallido chiarore
un battito d'ali di farfalla
ma stupiti a quella luce
si rizzano i crochi
protendono i petali
a cercarne il tepore.
Si specchia quel raggio
nelle pozze fangose
risale i sentieri
d'umida brina.
Non ha però forza
e presto si spegne
ma i cuori si scaldano
perché è stato un segnale
un annuncio del cielo
che la primavera è vicina.

Da Sensazioni ed emozioni

Scie
Hai mai guardato
le scie in cielo
che fanno gli aerei in quota?
A volte s'incrociano
senza spezzarsi
ma lentamente si dissolvono
e poi non resta più traccia.
E la scia della barca che fende l'acqua?
Sono onde leggere
che lente si rincorrono
e si spengono a riva.
Tutto lascia di sé un ricordo
a volte breve altre più lungo
ma poi tutto finisce.
e anche di noi
resterà una memoria
che il vento del tempo
alla fine spazzerà via.

Da La pietà

È bello ciò che piace
Gelindo era certo il bello
biondo, occhi celestini
alto e ben piantato
era da tutte ben sognato.
Ma lui si disinteressava
Fuggiva le occhiate più lascive
tanto che gli uomini del paese
invidiosi com'erano
al bar, fra una partita e l'altra,
dicevan sempre
che era troppo bello per esser maschio.
Lo guardava pure la Rosina
ma nulla sperava, poverina,
perché di certo la natura
non l'aveva beneficiata.
Magra, anzi secca,
con gli zigomi e i denti sporgenti
una voglia di fragola sulla fronte
era la disperazione di suo padre
che già sentiva odor di zitellaggio.
Ma era simpatica la Rosina,
sempre allegra,
pur consapevole di non essere la Venere di Milo.
E invece Gelindo, serio e laborioso,
soffriva di momenti di tristezza
depressione la chiameremmo oggi
spariva dal bar per tanti giorni
si rinserrava in casa
a luci spente.
Anche per lui si prediceva
un celibato senza appello
quando d'un tratto una mattina
tutto il paese apprese con stupore
che Gelindo e Rosina sarebbero
di lì a poco convolati a nozze.
I soliti maligni insinuarono
un matrimonio di comodo
fra un gay e una bruttina
ma dovettero cambiar parere
quando nacque il primo figlio
a cui altri ne seguirono.
Una Rosina ancor più sorridente
e un Gelindo non più incupito
Vissero a lungo d'amore e d'accordo
perché, come ebbe a dire il vecchio sagrestano,
è sempre bello ciò che piace.
Ora riposano nel cimitero
uniti anche nella morte
e con le due fotografie ravvicinate
sembrano guardarsi
ancor carichi d'amore.

Da Il mio paese

Il pettirosso sul susino
Stamane ero in giardino
a guardar le piante
ormai sfogliate
allorché un canto non ignoto
s'è alzato dal susino.
Su un ramo un uccellino
intonava una melodia al sole
che a fatica
si faceva largo nella nebbia.
Il suo petto era rossiccio
e palpitava al ritmo
di quella dolce armonia.
Nel grigiore di un inverno
che pare più un tardo autunno
m'è parso un invito a primavera
e tanto tempo ancora
l'avrei ascoltato
se al primo ampio squarcio
del sole vittorioso
lui non fosse volato via.
Ma intanto avevo avvertito
un effimero senso di giovinezza
un istante di speranza
in questi grigi giorni di tristezza.

Da Sensazioni ed emozioni

Non è più tempo d'inverno
Il vecchio, mezzo appisolato,
sussurra di tanto in tanto
un'antica litania

non è più l'inverno d'una volta
anche le stagioni l'uomo ha cambiato.


E allor gli chiedo come fossero
gli inverni del tempo suo migliore
ed è per lui un'occasione
per ripescare fra i ricordi
epoche ormai dimenticate.

C'era freddo, tanto freddo
che perfino il Po gelava
e poi immancabile la neve
non una spolverata
ma un turbinio di fiocchi
che tutto seppelliva.
I rami si spezzavano
i poveri tremavano
ma quella era l'occasione
per un piccolo guadagno
a spalar la neve dalle strade.
vestiti da coperte
le mani intirizzite
s'accumulava ai lati
il candido mantello
e intanto si pensava
a quel denaro
che avrebbe permesso
d'arricchire il vitto.
Il vento soffiava sullo stradone
aghi di ghiaccio foravano le guance
l'inverno imperversava da padrone
i bimbi scivolavano sulla crosta
dura dello stagno
in giorni di luce fioca e alquanto breve
e a sera ci si scaldava nella stalla
al calor di vacche insonnolite
nell'attesa di quel sonno
fra lenzuola tanto fredde
che solo con l'amore le scaldava.
Al massimo si metteva sotto le coperte
uno scaldino con le brace del camino.
Ma tutto intorno c'era freddo
e al risveglio del mattino
s'era più gelati della sera.
Ora l'inverno si è ammalato
sta sotto gran coperte
da cui di tanto in tanto
lascia uscire qualche spiffero gelato
e qui la gente si dispera
perché in montagna non si può sciare
e ormai da tanto tempo non
é più capace nemmeno di sognare.


Da Lungo il cammino

Il Natale al mio paese
Già a metà dicembre,
freddo e neve non contava,
tutti belli imbacuccati
giravano i bambini per le strade
intonando canti natalizi
davanti a ogni casa,
in attesa di un obolo o di doni
da consegnare ai meno fortunati.
Nel trascorrere degli anni
il gruppetto di cantori
sempre più s'assottigliava
fino a quando nelle vie
nessun canto risuonò
e la messa di mezzanotte,
un tempo sempre frequentata,
si ridusse a pochi vecchi
tremanti ed acciaccati.
Non così la funzione di Natale
sempre assai gremita
di donne impellicciate
ad ostentar la nuova moda
e forse a pregar a bocca chiusa.
Il Natale al mio paese
sì è svilito d'ogni senso
una festa come tante
solo un poco più famosa.
È che al mondo tutto cambia
e che più si ha
meno si é.
Resta solo un bel ricordo
di Natali ormai lontani
e che sfuma ad ogni anno
tanto da pensare
che fossero solo un sogno
da cui però non ci si vorrebbe
mai risvegliare.

Da Il mio paese

Qualcosa di nuovo
Se la notte vede stelle assonnate
qualcosa di nuovo si muove nell'aria
un soffio lieve che m'invita a sognare
ed ecco che allora ritorna il ricordo
di giorni lontani, persi nel tempo,
di visi sfocati, di affetti sopiti.
Si rincorrono decine di immagini
e ogni volta è una stilettata al mio cuore.
Si tratta di gente che ormai non c'è più,
di amici caduti lungo la strada
incerte figure nell'ombra in cui stanno
assenze che riavverto in un sonno agitato.
E infine scorgo babbo e mamma
che immoti mi guardano
non dicono niente
aspettano che sia io a parlare
e allora tanto vorrei dire
che in vita non dissi
di quanto era il mio amore per loro
di come l'assenza
mi paia un tormento.
Ma non escono le parole
si strozzano in gola
resta solo il rimpianto
per non avere a suo tempo parlato
e il desiderio di farlo ora
si strugge in un inutile pianto.

Da La pietà

Alba autunnale
Nell'alba intorpidita
la nebbia indugia nella valle.
Tutto è silenzio
in un mondo addormentato
e solo quando un sole smunto
accende una diafana luce
s'alza ovattato
il lontani canto d'un gallo.
Gli fa eco un rintocco di campana
nel risveglio
di un mondo ancora insonnolito.

Da Sensazioni ed emozioni

Erano del color del grano
Se ci ripenso ancora non capisco
come una vita possa essere sprecata.
Era la Elda di certo la più bella
con quei capelli sciolti color del grano.
Tanti in paese le ronzavano intorno
come le api che svolazzano sul miele
e il miele era quel corpo flessuoso
quell'incedere lento e silenzioso
quasi una ballerina che danzava sulle punte
e gli occhi celestini brillavano di luce
ricamavano sottintesi intorno al bel nasino
che appena s'affacciava su due labbra voluttuose.
Era di certo la più bella e lo sapeva
ma ai tanti che avanti si facevano
scuoteva il capo e si negava.
Passata l'età più bella
nel portamento ancora altero
si notava però qualcosa che cambiava
e come una rosa colta alla mattina
che il giorno dopo già sfiorisce
nel tempo che implacabile correva
l'Elda s'appassiva sempre più
e già nessuno la cercava,
guardata solo dalle vecchie del villaggio
che a mezza voce dicevano
che chi troppo vuole nulla stringe.
Oggi in tre gatti l'abbiamo accompagnata
all'ultima dimora e lungo il viale
fiancheggiato dai cipressi
mi son chiesto se in quella vita di rifiuti
almeno l'ombra di una carezza fosse
scivolata sul suo viso
se almeno maschie dita
si fossero intrufolate fra quei capelli
un tempo del color del grano
e in ultimo del grigio della cenere
che era rimasta da una vita bruciata.

Da Il mio paese

Il mormorio del vento
É il vento che porta le voci,
sommessi mormorii,
quasi salti di ruscelli,
una nenia lontana
che invoca un ricordo,
che non placa la sete di gole
serrate dalla polvere del tempo.
Erano genti che calcavano
quest'umida terra,
una brughiera coperta d'erica.
Erano uomini vissuti prima di noi,
il seme di queste piante
che troppo presto dimenticano le radici
e vogliono correre verso il nulla.
Non uomini,
oggi,
ma spettri.

Da Canti celtici (Il Foglio Letterario, 2007)

Il canto del bosco
Al calar delle tenebre
in una notte senza luna,
il cielo coperto da nubi,
s'agita il bosco al vento
che scende dal nord
a spezzare la calura del giorno.
Quel che pare un mormorio
di fronde cullate dall'aria
è invece un canto disperato.
Sono voci smorzate,
il tono sommesso,
quasi una preghiera
rivolta a Dei ormai sordi.
Di genti che qui vissero,
di vite di giorni passati,
di gioie e dolori,
di ardori di innamorati,
di sogni spesso mai realizzati,
è questo il canto,
un requiem maestoso
che invoca il ricordo
di posteri immemori
di ciò che è stato.
E alle prime lame di luce
di un'alba di un giorno
uguale a tanti altri,
il tono s'alza in un acuto,
subito strozzato
dalla certezza di una speranza
irrimediabilmente fugata.

Da Canti celtici (Il Foglio, 2007)

Le foglie d'autunno
Le foglie d'autunno
sembrano vecchie rugose
scolorite e ingobbite
percosse dal vento del tempo
battute dalla pioggia incessante.
Se ne stanno aggrappate al ramo
legate con un esile filo
a una vita che sfugge ogni giorno.
Eppure tenaci resistono al freddo
cercano n ultimo sole
che le possa scaldare.
Ma quando soffia il maestrale
si danno per vinte
e in un volo scomposto e silenzioso
si lasciano andare.

Da Sensazioni ed emozioni

L'orgoglio di una vita
Ho tanto corso anch'io
ho inseguito inarrivabili chimere
ma poi mi son fermato
e ora che gli anni pesano
ho capito dove ho sbagliato.
Non c'è nulla che non possiamo avere
basta cercarla dentro di noi
uno scrigno spesso inviolato
che riserva continue sorprese.
La felicità non è di continuo avere
non è un'inutile ricchezza
é lo scoprire che questo corpo
usurato dagli anni
cela più di quanto si desideri.
In fondo, fra le pieghe dell'anima,
c'è quella sensibilità
che ti fa commuovere di fronte a un tramonto
che ti inonda le gote di lacrime
sulle note di musiche celestiali
c'è lo scoprire che in fondo
questa vita non è altro
che un sogno meraviglioso
che è l'unica irripetibile occasione
per sentirsi parte di un universo
alla cui stupenda perfezione
anche noi contribuiamo.
Siamo i protagonisti
per un istante della commedia della vita
su un palcoscenico
su cui il calo del sipario
ci deve solo riempire d'orgoglio
per aver dato il meglio
di ciò che siamo.

Da Lungo il cammino

La fine dell'estate
Ti svegli una mattina
e t'affacci alla finestra
guardi giù il tuo giardino
e quasi nulla scorgi
perché una perfida nebbiolina
ogni cosa del suo velo avvolge.
Poi s'alza un'aria frizzantina
un venticello mai avvertito prima
la nebbia si dissolve
un sole pallido s'affaccia sulla scena
e rischiara piante gocciolanti
e il verde delle foglie si fa smunto
poco a poco s'ingiallisce
e già qualcuna lenta e lieve
lascia il ramo e va a cadere.
L'estate ormai è alla fine
niente più giorni di afa soffocante
niente più cieli tersi di luce abbacinante.
L'autunno lesto s'avvicina
mi guardo allo specchio
e solchi netti increspano il mio viso
son sempre più bianchi i fili
che m'indugiano sul capo.
Un'altra estate se n'è andata
e mesto, a capo chino,
m'avvio a giorni grigi
a cieli lattiginosi
a ore scandite dalla pioggia
che mai stanca scivola sui vetri.

Da Lungo il cammino

Notte d'estate
Tutto tace
nell'afa
che il buio non spegne.
Anche le cicale
il cui frinito ossessivo
ha segnato il giorno assolato
ora riposano, le ali piegate.
Una luna rossastra
illumina l'oriente
crea ombre contorte
di piante assetate.
Le palpebre s'abbassano
la stanchezza di una
lunga e calda giornata d'estate
reclama il riposo
M'abbandono a Morfeo
esausto e accaldato
alla ricerca di un sogno
di vette lontane
di boschi freschi e ombrosi
di ruscelli che cantano
nel pigro fluire del tempo.

Da Sensazioni ed emozioni

Pianto disperato
Nel giorno che incede
verso l'agognata sera
ancora luce accecante
di una torrida estate
in aria ferma
che nemmeno una foglia muove.
S'alza un pianto disperato
strilli di bimbo inascoltato
e di colpo mi sovviene
un'immagine
che credevo d'aver scordato.
Ero giovane allora
tanto da non andar ancora a scuola
e visita io e i miei genitori
facemmo a una vicina
il cui figlioletto per malattia
era appena morto.
Nell'ombra di una stanza
appena rischiarata da due ceri
giaceva sul letto
e pareva che dormisse.
La madre,
prona sul morticino,
aveva un singhiozzo lento
quasi che non avesse
più lacrime negli occhi.
Si volse e disse d'avvicinarmi
lo disse forse perché quel corpo inerte
m'incuteva timore
Lo vedi com'è bello
e par che dorma un sonno in pace

Non capivo, allora,
la morte m'era più misteriosa che ora,
ma nel veder la mano della madre
che lieve l'accarezzava
come avesse paura di fargli male
compresi che la vita non era infinita
che quel tenero gesto d'affetto
era l'ultimo saluto a lui
che se n'era andato
e che quel sonno
che l'aveva colto
mi sarebbe rimasto ben impresso.
E invece, nel tempo l'ho scordato,
ma ora che la sera s'avvicina
mi ritorna in mente
come fosse stato ieri.
Non rammento comunque il nome
ma quel viso immoto
e quei singhiozzi rassegnati
sembrano lì accanto a me
a ricordarmi
che la vita è solo una fregatura
ogni istante della stessa
con il corpo che invecchia
paghi a rate la morte che s'appressa
e proprio quando credi
che ormai sia fatta
che il debito sia saldato
ti capita fra capo e collo la maxirata
ti coglie quel sonno
tanto profondo
da non risvegliarti mai.

Da La pietà

Temporale estivo
Aria ferma
nel caldo soffocante
che menti e corpi intorpidisce.
È un giorno d'estate
d'afa e d'arsura.
Ma ecco che lontano s'ode un brontolio
che lesto s'avvicina
e s'alza un vento di fuoco
che il sereno spazza via.
A ondate arrivano le nubi
prima bianche
poi scure fumiganti
e radi goccioloni inchiodano la polvere.
È ormai tutto un rimbombo di cannoni
di scoppi fragorosi
di lampi e di saette
che si rincorrono nel cielo
mentre un vento impetuoso
percuote le esili cime del susino
ormai prone nella resa.
Gli scarsi goccioloni
di colpo s'infittiscono
e ormai scroscia la pioggia
che avanza come una marea.
È un muro d'acqua mugghiante,
sembra giorno da giudizio universale,
anzi meglio ancora da diluvio universale,
pare notte ma non è ancora sera
e invano la campana chiama al vespro
perché nello strepitio del cielo
nessuno la può udire.
Solo una vecchina s'affaccia sulla porta
per apprestarsi alla funzione
guarda in su e lenta s'avvia.
Già da dove è venuto il temporale
solo nubi scarmigliate
e riluce il sole del tramonto
e un arco di colori
é il segnale
che la tempesta se n'è andata.
La vecchina affretta il passo
s'ode ora la campana
nell'attutito brontolio
del temporale che s'allontana.

Da Sensazioni ed emozioni

C'era una volta
È un ricordo
che con il tempo sfuma
forse ho solo sognato
di un piccolo mondo
d'un cuore rinchiuso
fra tre viuzze disselciate

Forse tanti anni fa
c'era

C'era un villaggio
un borgo di tre anime
di gente
che tutta si conosceva
di ognuno tutto sapeva
Altri tempi
di chiacchiere al bar
di feste in piazza
di bande stonate
di lazzi innocenti.

C'era una volta
come in una fiaba
ma ora non c'è più
talmente è stato lontano
che dubito sia esistito.

C'era una volta un paese
tre case
quattro anime
una famiglia allargata
dispersa poi
dalla frenesia
di un tempo troppo veloce
da una sete di guadagno
dalla ricerca di un impossibile
che ci era sconosciuto.

Restano solo ombre
croci spezzate
di una piccola
fantastica civiltà.

Da Il mio paese

I Celti, tanto tempo fa
Mi si stringe il cuore
nel percorrere
questa landa ormai deserta
un tempo la mia patria
ove le mie genti nascevano,
vivevano
e poi arrivavano all'ultimo tramonto.
Se ci ripenso
come in sogno li rivedo
Celti,
celti come me,
un popolo libero in armonia
con la natura di valli
ch'erano ubertose
solcate da fiumi
di acqua cristallina
a cui si abbeveravano i cavalli
e m'era dolce la sera
sedermi su una sponda
a osservare il cielo
che lento s'imbruniva
per poi tornare a casa
al desco familiare
alla donna amata
ai bimbi che allegri
consumavano la cena.
Le notti erano dolci
e fatte per amare
e solo la luce dell'alba
mi strappava al tepore
di sogni di cacce
di lunghe cavalcate
di bevute di birra con gli amici.
E poi il giorno,
a volte radioso
oppure avvolto nella nebbia,
imbiancato dall'inverno
o umido di pioggia a primavera.
C'erano anche le guerre
e io ero un guerriero
possente e temuto dai nemici
amato dagli amici
battaglie in cui il premio
per la vittoria lasciava l'amaro in bocca
per il tanto sangue versato.
E infine di nuovo il tramonto
l'ultimo,
il definitivo calar del sole
per il nostro mondo.
Sottomessi
romanizzati
non resta che un ricordo
di un popolo libero e felice
e con me anche questo
si spegnerà.
Nessuno più saprà chi eravamo
così i nostri figli
e i figli dei nostri figli.
Celti eravamo
e celti mai più saremo.
Il tempo passa
tutto cancella
non resterà che polvere
e anche questa un giorno
sarà dispersa dal vento.
Non c'è gloria
in un popolo che perde la propria identità
v'è solo l'apatia di chi ormai
vive senza un domani.
Non sapranno più d'esser celti
e se gli dei vorranno
questo non vedrò
quando una notte
che sarà più lunga delle altre
m'involerò in un'ultima cavalcata.
Sarà come un sogno
nel ricordo di glorie passate
di un tempo che è stato
e non sarà più.

Da Canti celtici II

Caldo
Un velo rovente
é sceso sulla piana.
Nulla si muove
in quest'aria che manca.
Nulla si ode
sotto questo sole che stanca.
L'arsura divampa
nei campi di grano,
prima biondo
e adesso rossastro.
Quieto,
quasi assonnato
osservo un mondo
che pare pietrificato.
Il caldo opprimente
m'ha tolto la voglia di fare.
pigro e accaldato
faccio fatica anche a guardare.
Mi si chiudono gli occhi
mi lascio del tutto andare-
È come un letargo
di sensi e di mente
che manco riesco a sognare.
Caldo
é l'unica sensazione che avverto.
Non un desiderio non un progetto
il caldo ha pietrificato
anche me.

Da Sensazioni ed emozioni

Per mano
A mia madre (a tre mesi dalla sua scomparsa)

Adesso che non ci sei
non resta che il ricordo
che prima non avevo
e allora a sprazzi
dalla nebbia dell'oblio
rivedo un bimbo
che all'asilo andava
dalla mamma accompagnato
una mamma che stretta gli teneva la mano
come se un colpo di vento
potesse portarlo via.
Ed era la stessa mano
che io stringevo sul tuo letto di dolore
stringevo forte perché tu non volassi via.
Ma tutto è inutile
quando scocca l'ora del destino:
ho sentito le tue dita farsi piccole
e scivolare via.
Per mano
m'hai accompagnato alla vita,
per mano
t'ho portato all'ultima stazione.

Da Lungo il cammino

Notte in trincea
È ora un momento di quiete
e tacciono le armi
dopo i fragori del giorno.
È notte e gelo
nel fango della trincea.
Forte
con l'aria fresca
che scende dai monti
é il lezzo dei cadaveri,
insepolti
e monito nella terra di nessuno.
Sono lì a ricordare
di quanto la vita sia breve,
con i loro occhi sbarrati,
con il viso sconvolto dal dolore.
Si scorgono per un attimo
alla luce dei razzi
che salgono in cielo
un cielo di pietra
impassibile a tanto orrore.
Ma nel buio ritrovo me stesso
rivedo giorni diversi
di gioia ormai sconosciuta
sento che se non sono mai stato
come qui così vicino alla morte
ritorna impetuoso
il desiderio di vivere
di assopirmi in notti stellate
di risvegliarmi in un'alba di pace.

Da La pietà

Il testamento
Lastra di marmo sbiadita dal tempo,
riemersa dalla terra un giorno per caso,
frutto di uno scavo,
alla ricerca di ciò che è stato.
Parole incise con mano forte e sapiente,
un testamento lasciato agli sconosciuti posteri.
"Il dio del sole tolse
la sua calda luce agli occhi miei,
mi precipitò nelle tenebre.
Sono ormai lontani i giorni delle cacce,
l'arco teso,
la freccia lasciata andare,
il buio della notte negli occhi della preda trafitta.
Gli amplesso gioiosi non torneranno più,
né potrò udire vagiti di neonati,
né potrò vedere albe e tramonti.
Per me il giorno è finito,
non resta che la notte,
senza luna e stelle.
Ho vissuto
nel rispetto degli avi,
ho cresciuto i figli,
con la memoria di ciò che è stato,
perché sapessero come vivere il presente
e preparare il futuro.
Se del mio corpo non rimarrà che polvere,
il ricordo di me,
in chi un giorno leggerà,
sarà la sconfitta della morte che mi ha colto.
Io sono stato, sono e così anche sarò."
Non c'è nome,
uno sconosciuto riemerso dall'eternità,
un uomo senza tempo.

Da Canti Celtici (Il Foglio, 2007)

I sogni muoiono non solo all'alba
Se ritorno col pensiero
se la memoria mi sovviene
il raffronto con il presente
non mi piace proprio niente.
C'erano gioie condivise
un amore un po' sfrenato
l'impeto di anni belli
che con il tempo s'è sfumato.
Un'idea che ossessionava
di farsi avanti a gomitate
di reclamare un posto al sole-
or non è che un'ombra appannata.
La stanchezza dell'età
la certezza che il domani
ben che vada è uguale all'oggi
han tarpato ali ormai spennate
e se i sogni all'alba muoiono
i miei si son smarriti in un tramonto
che fa riemergere sprazzi di colore
bagliori in un ricordo
che accompagnano il cammino
lento e un poco strascicato
di un uomo che tanto ha sognato
e che adesso del tutto risvegliato
vorrebbe solo un po' dormire.

Da Lungo il cammino

Un mondo perfetto
Se mi volgo all'intorno
vedo gente che sfoggia
mentre altri trascinano i passi
su vecchie scarpe ormai da buttare.
E' questo un mondo talmente perfetto
da mai, dico mai, cambiare.
I ricchi son quelli, quelli di sempre
i poveri son quelli che portan la croce
da quando son nati, quella croce
che è un'eredità di famiglia
che nessuno vorrebbe.
E' un mondo perfetto
in cui nulla mai cambia
in cui a ricchezza s'aggiunge ricchezza
e in cui a misera si somma miseria.
I ricchi non sanno quanto hanno in mano
i poveri invece lo sanno
perché stringono il niente.
Se mai Gesù dovesse tornare
non avrebbe più i mercanti da scacciare
avrebbe tante mani stanche
che implorano un po' di giustizia
e allora lui si prenderebbe di nuovo la croce
senza che sempre qualcosa possa cambiare.

Da La pietà

Chi resta
Di colpo se ne è andato
giusto ieri gli avevo parlato
un altro, un altro ancora
ci ha lasciato
e di questo paese
in cui da tempo insieme
abbiamo vissuto
restiamo in pochi
e a ogni dipartita
pur nello stupore
e anche nel dolore
facciamo i debiti scongiuri.
E noi che sempre in meno
ci contiamo
non siam che ombre di un passato
vecchi intenti a crogiolarci al primo sole
a riscaldare le artritiche giunture
a salutar la primavera
come un'alba nuova
nel ricordo un po' appannato
di anni ormai lontani
quando il cuore palpitava
e la giovinezza reclamava amore.

Ora invece vegetiamo d' illusione
riuniti in crocchi sempre più ristretti
parliamo di chi ci ha lasciato
di giorni antichi
che ci sembrano più lieti
e viviamo di ricordi
in un tramonto
a cui inerti ci lasciamo andare.

Da Il mio paese

L'incanto di una notte
Notte stellata
mille e mille luci
accendono il cielo
mentre s'alza
il disco di una luna
rossa come il fuoco.
Il bosco tutto riposa
cullato dal mormorio del ruscello
e quando la brezza fa capolino
s'addentra nel fogliame
che geme di piacere.
S'alza allora un canto alla vita
di rane sguazzanti nelle pozze
una gracidante melodia
che rimbalza di tronco in tronco
e che si perde nell'infinito buio
di un sottobosco che s'anima di piccoli esseri.
E a suono s'aggiunge suono
un brusio di mille voci
una lenta nenia che chiama il sonno
e solo verso l'alba s'allenta
ai primi chiarori d'occidente.
Cala allora il sipario
lo spettacolo è finito
l'incanto evapora con la bruma del mattino.

Da Sensazioni ed emozioni

Se il dolore
Se il dolore ti pervade
ti toglie il respiro
e il tuo lamento
è un urlo soffocato
per non farlo udire
ad altri, a chi ti sta vicino,
la tua sofferenza è anche mia,
è il vedere il petto ansante
la smorfia sulla bocca
gli occhi che implorano pietà.
Se questo tuo dolore
mi stringe il cuore
è la mia impotenza
che mi fa più male
è il non poterti aiutare
stando fermo a respirare piano
come se il tuo e il mio respiro
fossero voci di un unico
sommesso e disarticolato suono,
quello della disperazione
di chi sa che la vita è poche gioie
e tanti troppi affanni
fatiche e lacrime
e anche per morire
non c'è un dolce abbandono
ma la rabbia che ti scava dentro
l'unico sfogo a tanta sofferenza.

Da La pietà

Il viaggio
C'è stato un tempo
in cui viaggiavo
altri paesi e luoghi visitavo
per semplice diletto
e poi perché conoscer
genti nuove apriva alla mia mente
lo spazio circoscritto di dove abitavo.
Passati gli anni, gli acciacchi dell'età
e altri impegni, i più svariati,
mi hanno tolto voglia e tempo
per continuare a girovagare.
Ora non resta che il ricordo
che ogni tanto affiora a sprazzi.
La notte prima d'addormentarmi
mi sovviene l'immagine di un mare
che luccica sotto una luna rubiconda.
oppure all'alba ne rivedo altre
con il sole che fa capolino fra le montagne
e illumina di luce la valle
che lenta si ridesta.
Memorie di momenti fortunati
e in controluce mi pare di scoprire
il viso di chi m'accompagnava.
E allora m'accorgo che la vita
é diventata un flusso di ricordi
di calette silenziose
di strade chiassose
di chiese piccoline
e di altre imponenti.
Ed è come se fossi ancora là
a respirare la meraviglia di una vista
a struggermi il cuore
nella malinconia di un sole
che lascia il giorno
sprizzando rosso su onde spumose.
E se in quel tramonto
ho avvertito una stretta al cuore
ora che il viale su cui cammino
da anni e anni
lento s'incupisce nel giorno che muore
non ho timore per il domani
ma mi pervade una mestizia
quella propria del viaggiatore
senza più mete
se non quella di un ritorno
da dove è venuto
e da cui mai più ripartirà.

Da Lungo il cammino

Il lungo fiume
Morti ormai tutti gli dei,
dimenticati per uno solo,
resta lui a scorrere silente,
tranne il mormorio dell'acqua
contro le rive verdeggianti.
Nelle notti di plenilunio
l'orecchio attento può udire
la voce grave e possente del fiume.
È un canto maestoso che parla
d'un passato di genti devote
che innalzavano altari per calmare le sue ire,
o immolavano vitelli per ringraziarlo dei suoi doni,
quella linfa vitale a cui attingere
per dissetare i campi e far crescere il grano.
Quel fiume è la vita e portava la vita,
ma ora uomini avidi celano in lui
le sozzure del mondo, il pattume della civiltà.
Non è più tempo di armonie,
non c'è più rispetto per noi,
e le putride acque sono l'immagine
di un'umanità senza sogni,
senza memoria e senza futuro.

Da Canti celtici (Il Foglio, 2007)

Il migliore
Era il migliore
ma lui non lo sapeva.
Fra tutti silenzioso
stava ad ascoltare
discorsi spesso
di lana caprina
e mai interveniva
umile com'era.
Ma un giorno
che s'andava a zonzo
tanto per ingannare il tempo
aprì la bocca
timido e schivo
per dire che la vita
é solo un giro a vuoto
un brancolar nel buio
senza una meta.
Aveva capito tutto
lui uomo silenzioso
che a noi s'accompagnava
in questo giro inconcludente
e quando ci lasciò
pare abbia detto
-ma non s'è sicuri
data la voce flebile
degli ultimi respiri-
Sono arrivato.
Noi si continua a girare
scacciando quella frase
che ogni tanto torna a ricordare
che l'uomo corre inutilmente
per poi alla fine in eterno riposare.

Da La pietà

Natali lontani
Nel tempo che tutto sfuma
riaffiorano ricordi
di Natali lontani
di tanti tanti anni fa
quando l'età sbocciava
come i fiori a primavera
ma gli inverni nebbiosi
la neve che tutto imbiancava
é una fotografia che mai
potrò scordare.
Come la cena la Vigilia
tutta la famiglia riunita
e quell'atmosfera di gioia
che tanto oggi rimpiango.
Allora sì che il Natale era Natale
un giorno di speranza
per un mondo migliore
che l'inclemenza degli anni
e la ferocia degli uomini
hanno ormai cancellato.
Restano solo le memorie
di una tavola apparecchiata
con gente seduta
alcuni persi per strada
volti che mi sforzo
d'imprimere nella mente
ma sono persone rimaste nel cuore
affetti lontani e pur sempre presenti
con cui ho percorso una parte di strada
compagni di viaggio
che muti ora siedono accanto a me
a questa tavola imbandita

Buon Natale, miei cari
che non ci siete più.

Da Lungo il cammino

Nevicata a Natale
Ulula il vento
e nel buio della notte
vortici di giaccio
sferzano il rosso acero
s'aggrappano alla corteccia
tanto che all'alba
alla pur diafana luce
pare un Babbo Natale
con la barba bianca
di neve diaccia.

Da Lungo il cammino

La piena
Un muggito lontano
uno strazio di legni
che s'incrociano e stridono
un cupo rumore di valanga
s'alza dal turbinio d'acqua
che tutto sconvolge
spazza le rive
preme sugli argini
forza i piloni dei ponti
atterrisce gli sguardi
dei tanti curiosi
accorsi a vedere la piena.
In gorghi schiumosi
l'acqua lorda di detriti
si rincorre ansimando
cerca nuovi spazi
in cui sfogare
quell'ira profonda
che la muove e l'accompagna.
Le difese tengono
ma il lavoro è febbrile
sacchetti di sabbia allineati
mezzi meccanici pronti a intervenire.
Ancora poco, un'ora, forse due
e poi sarà passata.
Resteranno alberi morti
i rami protesi al cielo
e fango
tanto fango.

La natura ancora una volta
ha voluto ricordarci
la sua indispensabile presenza.

Per la piena del Po del 19-20 novembre 2014

Da Lungo il cammino

L'ultima foglia
Son l'ultima rimasta
su un ramo inumidito
le mie sorelle già son partite
al soffio del vento di novembre
lo stesso che mi sferza
e mi porterà con sé.
Ma prima di finire
giù nel fango
vorrei che fosse un volo lungo
a rivedere l'acqua della roggia
la lepre che nel campo pastura
a scorgere ancor per una volta
quel cielo che è ora
così imbronciato.
Poi sarà solo il mio destino
di tornare alla terra
certa che a primavera
altri germogli coroneranno
l'albero mio amato
perché così è la vita
in cui per tutti
c'è un inizio
e poi una fine.

Da La pietà

All'amico scomparso
È troppo angusta questa stanza
quasi mi sento soffocare
e allora chiudo gli occhi
e vedo i muri sbriciolare.
S'apre un varco a dismisura
su un tramonto di non molto tempo fa.
Arrivo in riva al fiume
che sonnacchioso e adagio
va verso il lontano mare.
Tu sei seduto sulla riva
a contemplare quella scena
vorrei parlare dire due parole
ma mi zittisci con lo sguardo
poi ritorni assorto ad osservare
e allora anch'io volgo gli occhi
verso quel cielo che lento s'incupisce
fra rosse striature che perdono colore.
Un airone solitario veleggia verso ovest
si staglia sul rosso di quel sole
che poco a poco sbiadisce.
È quiete tutto intorno
s'ode solo il mormorio dell'acqua
e della brezza fra le foglie
dei pioppi allineati sulla riva.
Il tempo sembra essersi fermato
negli ultimi bagliori di un giorno che muore.
Quanto è passato? Cinque, sei, dieci minuti?
Difficile a sapere, ma poi tu di colpo
ti sei levato e sempre guardando a occidente
hai biascicato poche parole che allora non compresi:
son pronto per partire.
E una luce strana riverberavano i tuoi occhi
riflettendo l'infinita pace del momento.
Ora ti rivedo davanti a me
il volto terreo gli occhi spenti
un ultimo sguardo anche se così
non ti vorrei ricordare
prima che il coperchio si chiuda sulla cassa.
Amico mio che ci hai lasciato
amo vederti come quel solitario airone
veleggiare a rincorrere il tuo sole
verso una meta sconosciuta
verso quella pace infinita
che lenisca i tuoi ultimi giorni di dolore.

Da La pietà

Il silenzio
Per quanto sembri strano
lo puoi anche ascoltare
in casa magari al buio
oppure fuori in una notte
lontano da ogni strada
con gli occhi al cielo
a rimirare luna e stelle.

Il silenzio non ha voce
eppure lo si avverte
con i battiti del cuore
che sembra rimbombare
con il movimento sinuoso
del respiro che mai
si riesce a soffocare.

Il silenzio invita a meditare
a ritornare nel passato
a ricordare quel
che sembrava dimenticato
é' un amico che non parla
ma che accompagna
e anzi stimola
il desiderio di cercar se stessi
di metterci allo specchio
e di veder riflesso
quel che realmente siamo.

Da Sensazioni ed emozioni

Monumento ai caduti
Al mio paese, vicino alla piazza,
ma non in mezzo
perché il ricordo potrebbe rattristare,
ci sta un bronzeo monumento ai caduti
un fante impetuoso all'attacco
nell'atto di lanciare una granata.
Quando il comune intese farlo
pensava anche di mettere con lapide
i nomi dei caduti di due guerre
ma così il conto lievitava
e i fondi eran già pochini
tanto che salomonicamente si risolse
con una dedica di un sol rigo:
ai caduti del paese in tutte le guerre.
Saggia decisione per non dover
tornare in argomento
semmai due guerre non fossero bastate
a ferire profondamente il mio paese,
ma avrei preferito ci fosse scritto solo
Ai caduti d'ogni guerra
ai nostri, a quelli dell'Italia
e di ogni altra nazione, anche nemica,
con sotto una piccola postilla:
"monito affinché altre non vi siano".
E' certo poca cosa per scongiurare
sanguinosi e tragici conflitti
ma lo farei leggere ai bambini delle scuole
spiegando loro che in guerra
non c'è onore, ma solo orrore
che tanti ne son morti
al suono di fanfare
e che quella corona che il IV novembre
lì si depone per ricordare una guerra vinta
è frutto di retorica abitudine
un insulto alla memoria
di giovani immolati sul campo di battaglia
che solo chiedevano di vivere
mentre a loro fu invece imposto di morire.

Da La pietà

Al camposanto
C'è un posto al mio paese
dove il tempo s'è fermato
in cui posso ritrovare
chi ormai se n'è andato.
Lì, fra croci di legno
e lapidi di marmo
c'è la storia di un borgo
fatta di nomi noti e sconosciuti
gente di cui scolorisce
ormai il ricordo.
Eppure, se giro fra i vialetti
all'ombra dei cipressi
ci son nomi
che non posso dimenticare
uomini che ho visto
nel vigore della vita
e che ora inerti
riposan fra le zolle.
Se li hai conosciuti
son stati personaggi
e se invece nemmeno li hai mai visti
son ombre ignote
che il sole non
riesce a rischiarare.
Poca la gente
che calpesta questa ghiaia
qualche vecchina
che in silenzio prega
vedove e vedovi recenti
ancora addolorati.
Al tramonto i cancelli si chiudono
così che anche i morti riposino in pace.
Escono gli altri
chi è venuto a trovare
i parenti scomparsi
di cui voglion serbare il ricordo
ma più il tempo passa
più tutto sfuma
resta solo un lontano dolore
di cui si ha più memoria
nel giorno che muore.

Da Il mio paese

Giorni di settembre
Si nasconde più veloce il sole
dietro il lontano orizzonte
e nell'aria che di colpo rinfresca
giunge dai tini un soave
e invitante profumo di mosto.
E' lì che fermenta il nettare
che agli uomini dona pace
e l'oblio del grigiore di giorni,
che rincuora l'animo
rattristato dalle foglie
che iniziano a lasciare i rami
e che dell'autunno sono ancelle
di rosso e di giallo colorate
e che al primo vento umido di pioggia
si fan rapire qua e là
girando senza meta
per poi in terra al fin cadere.
Settembre, mese che spezza
il caldo dell'estate
e che annuncia giorni gravidi di nebbie.
Settembre, mese di vendemmia
che dona agli uomini
l'illusorio rimedio d'ogni affanno.

Da Lungo il cammino

Tornare non si può
Che è la vita
se non anni d'esperienza
di tentativi più
o meno riusciti
di scelte spesso vane
di pochi giorni lieti
una corsa un po' a tentoni
verso mete improvvisate
e ora che s'avvicina il capolinea
a volgersi all'indietro
si può vedere
ciò che non s'aveva da fare
e ciò che invece andava fatto.

Sarebbe bello tornare indietro
correggere gli errori
prender la via migliore
affinché la vita sia solo tua
quella che in cuor
sempre sognato avevi.
Ma non è possibile tornare
non restano che gli ormai
Incerti passi
che vacillando ti portano
a varcare quella soglia
che s'apre sul buio dell'ignoto,
in compagnia del rimpianto
per quell'unica occasione
ormai gettata.

Da Lungo il cammino

La cartolina
E' arrivata oggi.
Solo i saluti
e un ghiribizzo di firma
che decifro in Sara.
Chi mai sarà?
Illazioni, possibilità
lavora la fantasia
e chissà perché
penso a una vecchia amica
lontana di strada e di anni.
S'accende negli occhi un sorriso
a ripensare a una donna
che solo giovane si ricorda
e ancor più bella ora appare
capelli biondi sciolti sulle spalle
occhi chiari sbarazzini.
Ritorna un'antica emozione
non più un tuffo al cuore
ma una vena di gioiosa malinconia
nel pensare che s'è ricordata di me.
Amica mia
quanto vorrei dirti
ma il rivederci adesso
sul finire del percorso della vita
vecchi e certo cambiati
non è saggio.
Ricordiamoci di com'eravamo
un istante di luce
nell'ombra di due sere che s'avvicinano
e sarà come se un'alba radiosa
di colpo cacciasse le tenebre
si tornerà ogni tanto a sognare
e con in mano questa cartolina
ti sentirò comunque a me vicina.


Da Sensazioni ed emozioni

Il riposo della notte
Quando l'aria ferma si ravviva
e un cenno di chiarore
s'affaccia sulla terra
la notte si stiracchia
stanca del lavoro
e fra uno sbadiglio e l'altro
al riposo s'avvia.
Tanto ha faticato
tanti sono stati i sogni
che ha distribuito
e che ora raccoglie
affinché con la realtà del giorno
non resti che il ricordo.
Trascinando i piedi
sotto il peso del fardello
in silenzio se ne va a dormire
senza che per lei
ci sia un saluto
nemmeno un arrivederci
perché il giorno tutto cancella
nei rumori di mondo
che lento si ridesta.

Da Lungo il cammino

Sogni smarriti
Li cerco la notte
forse persi nel buio
son sogni
i miei sogni.
Nati all'improvviso
in un fanciullo
tenuti per mano
per anni e anni
poi un giorno
di colpo smarriti
confusi in una realtà
che li ha sciolti
come neve al sole.
Ma per chi resta
orfano di una sua creatura
quei sogni sono vita
anche speranza
il bastone su cui poggiare
il corpo stanco
in un procedere sempre più incerto
su una strada dissestata
che volge ormai
a un tramonto senza gloria.

Da La pietà

All'alba vincerò
Nessun dorma
Con voce possente
s'incanta chi ascolta
e un fremito arriva
ti prende la mente
ti scende nel cuore.
È una gioia di suoni
un vocalizzo d'ardore
che Fermo e imponente
s'alza da terra
vola più in alto
raggiunge le stelle
e infine
esplode con All'alba vincerò,
mentre intanto salgo
anch'io in spazi infiniti
perché in me è la vittoria
sul grigio dei giorni
sulle solite cose
su un'opaca esistenza.
Son pochi minuti
che ebbro di musica
ritaglio alla vita
un sogno che resta
anche ad acuto finito.

Da Sensazioni ed emozioni

La festa del patrono
C'è in giro un'aria di festa
una marcetta accompagna
i giri della giostra dei bimbi
profumi di cucina si spandono
solleticano il palato
si vedono sfilare risotti
grigliate e stracotti.
La sera è già scesa
ed è tutto un vociare
di colpo zittito
da un rullar di tamburi
da uno strepitio di ottoni.
E' la banda che sfila
e va alla piazza.
Il suo è un concerto
di note stranote
ma che non possono mancare
in un giorno come questo
un giorno di sagra
perché oggi
è il nostro patrono.

Da Il mio paese

Quando si fa sera
Si scioglie il giorno
nelle prime ombre
di una sera annunciata da un airone
che lento veleggia al suo nido.
E in questi chiaroscuri
che intarsiano la terra
in queste ombre dai contorni incerti
rammento il tempo
che è passato
dall'alba incerta
che mi ha visto
aprirmi al mondo
a quella d'oggi
radiosa ancora
un sogno quasi
lungo tutta una vita.
Avverto allora
un fremito che sale
un dolce languore
che m'avvolge tutto:

m'accorgo lieto d'aver vissuto.

Da Sensazioni ed emozioni

La lunga attesa
Il Checco se ne stava
lì lì per andar via
vecchio com'era
ogni giorno era buono
ma lui resisteva
respirando come un mantice
e con il poco fiato gracidava:
Non è ancora l'ora
é inutile che m'attorniate
che il beccamorto
abbia gettato un occhio
a prender le misure
che stia a casa l'arciprete
che ha tanti peccatori da confessare
nella mia vita ho solo lavorato
qualche bestemmia e nulla più
perché poco si mangiava
e tanto invece si faticava.

I nipoti premurosi
s'avvicendavano al capezzale:
Zitto, nonno, che poi stai male.
E intanto facevano progetti
già litigando per l'imminente eredità.
Passò così l'estate
arrivò l'autunno
e il vecchio non crepava.
Vedrai che col freddo dell'inverno
si deciderà a tirar le cuoia
sussurravano a voce bassa.
Ma neve freddo e gelo
non lo schiodarono dal letto
e allora si sperò a primavera.
Quando il primo sole fece capolino
diradando il buio della stanza
Checco lanciò un gran sospiro
Ci siamo, dissero all'intorno,
ma lui inarcò la schiena
e con un balzo scese dal letto
gridando a perdifiato:
Che bella riposata!
Presto, pane e salame
e un bicchiere di quello buono!

Lo fissarono sbalorditi
e stanchi e sfiduciati
all'unisono sbottarono:
Ma va …a quel paese!.

Da Il mio paese

Giorni perduti
Sono ore che scorrono
e nemmeno ti accorgi
che il tempo trascorso
é un conto ormai chiuso
una storia finita
e che se ti volti all'indietro
potrai solo vedere
gocce di vita
ormai disseccate
cose che hai fatto
e che ti fanno pentire
altre non fatte
e che vorresti aver fatto.
E' solo allora
che ti accorgi
di giorni perduti
di occasioni ormai perse
per costruire una vita
che istante dopo istante
ormai ti sfugge di mano.
Nel niente che è stato
vive l'angoscia
del nulla che sarà.

Da La pietà

Festa grande
(a Vincenzina per il suo 101° compleanno)

Son tanti gli anni
eppur mi sembra ieri
che m'agitavo nella culla
che mi guardavo stupita intorno
e mai più avrei pensato
alla lunga strada
che avrei calpestato
e senza far progetti o profezie
la percorro ancora.
M'accontento d'oggi
di questa festa
al domani
ci penserò domani.

16 giugno 2014
Da Lungo il cammino

La stessa terra
Uomo che vai di fretta
che calchi questa terra
senza mai fermarti
resta solo un minuto
porgi l'orecchio
e ascolta il vento.
Porta parole
di storia passata
di genti qui nate,
vissute e poi morte
di un tempo lontano
di cui si é persa memoria
di una civiltà ormai ignorata.
Eppure anche mille e mille
anni or sono
c'erano uomini
che lavoravano,
soffrivano e gioivano.
Ombre sono ormai
che nessuno più vede.
È strano il destino
l'uomo che muore
non lascia memoria
ritorna alla polvere
che quel vento raccoglie
e che ora ti parla
di un mondo perduto
di genti ormai scomparse
lontani tuoi avi
di cui ignoravi la sorte.
Erano tutte persone
che già calpestarono
la terra sotto i tuoi piedi.
Erano uomini
uomini veri
uccisi due volte:
dal naturale destino
e dal colpevole oblio.

Da Canti Celtici II

In riva al fiume
Scorre placida l'acqua
lambisce queste terre ubertose
maestosa e solenne
tanto che i salici
al suo passaggio s'inchinano.
Qua e là gracidii di rane
il tuffo di una nutria
un airone immobile
e quando il sole
decide di andare al riposo
sulla superficie appena increspata
da una bava di vento
mille specchi rossastri
chiamano all'imminente riposo.
Aironi e rane vanno a dormire
lei no
l'acqua continua a fluire
in un moto eterno
che richiama memorie
d'un tempo passato
di sassi che rimbalzano
uno due tre salti
per poi scomparire.
Giochi innocenti di bimbi
estasiati da quella natura
che tanto ci incantava
e che, arrivati a passi più lenti,
a volte ci piace ancora osservare
specie alla luce del tramonto
verso il quale va il nostro cammino
dove tutto finisce
anche se il fiume
continua ad andare.

Da Il mio paese

Senza fine
Il sole di nuovo sorgerà
l'oriente s'accenderà di luce
in fuga la notte lambita
dal primo chiarore
d'un giorno nuovo.
Un lento scorrer d'ore
e infine il sole
che abbassa il capo
e lento se ne va.
Da ogni giorno che muore
un altro ne rinasce
un eterno rinnovo
nell'infinito cerchio della vita.

Da Il cerchio infinito (Il Foglio Letterario, 2008)

Non si fa mai giorno
Non si fa mai giorno
in questo letto di spine
fra questi cavi
che registrano battiti
pressioni e ossigenazione.
Goccia a goccia scendono
farmaci appesi al cielo.

Toc toc toc
Batte ancora il cuore
scandisce un tempo
che non passa mai
il cammino forse
verso l'alba

Un monitor un diagramma
ecco quel che resta
della vita di un uomo,
appesa a un filo
in attesa di un miracolo
di un giorno che forse
non arriverà.
Lunghe le ore
infiniti i minuti

Toc Toc Toc
Un cuore bussa all'alba
al tenue chiarore
che lento lotta
con il bianco dei neon

Toc Toc Toc
Si è fatto giorno
rumori in camera
il sorriso di un'infermiera
la vita, che pareva così lontana,
è tornata.

Toc Toc Toc
Lacrime che cadono sul pavimento
si scheggiano in polvere
e scivolano via

Toc Toc Toc
Batti ancora vecchio cuore
ora è tempo di tornare
di salutare monitor
e altre diavolerie.
La casa è là
che in ansia ci aspetta.

Da La pietà

La nostalgia
Si chiudono gli occhi
e finalmente vedo
un tempo che è stato
e mai più ritornerà.
Giochi di bimbi
nella polvere della strada.
Corse a perdifiato fra i campi
i tuffi nell'accogliente
e fresca acqua della roggia.
La sera alla luce della luna
crocchi vocianti
con vecchi e vecchie
che rammentano
di un loro mondo che
come il mio è stato
e mai più ritornerà.

Da Il mio paese

La chiesetta
Smarrita nei campi
obliata dagli uomini
ancora resiste
la vecchia chiesetta
tre panche e un altarino
una porta piccina
e sopra una campanella.
Certo ha conosciuto
migliori fortune
con messe vespertine
e riparo e ristoro
per qualche viandante.
Eppure,
anche se ora son solo
quattro mura
e nessuno più vi accede
né la vede
si fa invece sentire
specie a marzo
quando il vento
accarezza la campanella
e porta intorno
quel suono mite e cristallino
che
- a chi sa da dove viene -
intenerisce tanto il cuore.

Da Il mio paese

Un altro anno è passato
Già siamo nell'anno nuovo
fra nebbie e freddi diffusi.
Se penso all'anno passato
rivedo gli amici
che ci hanno lasciato.
Sono volati sui loro neri destrieri
fin su in cielo
hanno raggiunto gli dei
per sedere su prati sempre verdi
e bene in coppe d'oro
l'inebriante vino della vita eterna.
Forse ci guardano da lassù
irridono alla nostra esistenza
fatta di lavoro, di fatica,
di incontrollabili passioni
e di opprimenti delusioni.
Forse - mi dico -
forse perché nulla vi è di certo
e nulla può esser peggio
di un'esistenza sempre uguale
senza fame e sete
senza gioia e dolore.
E invece forse ci invidiano
e magari desiderano riprovare
la frenesia di un amore sbocciato
o il lancinante interno dolore
per un rapporto ormai del tutto finito.
Non c'è di meglio per apprezzare la vita
che conoscere i suoi aspetti positivi
e anche quelli negativi.
Forse son proprio gli dei
i primi a invidiarci,
loro,
così perfetti da esser noiosi
così sicuri da nulla temere.

Da Canti celtici II

E l'inverno se ne va
Avvolta nel suo scialle
di trine di ghiaccio
la vecchia signora di nuovo ci lascia
i bianchi capelli di fradicia neve
inizia il suo viaggio
verso la sua australe dimora.
Nemmeno un saluto
in questo commiato
nessuno che applauda
nel freddo che scema
ogni giorno di più.
Il batter le mani sarà riservato
alla damigella
leggiadra e gentile
che già si scorge all'orizzonte
venire su un cocchio di fiori
trainato da bianchi aironi.

Primavera è quasi da noi
e il suo saluto a madame Inverno
é un vero sberleffo
é l'arroganza dei giovani
nei confronti dei vecchi.

Da Lungo il cammino

Fra terra e cielo
Accade talora
che fra le brume dell'alba
ai primi strali di luce
volgendo gli occhi in su
si veda anche ciò che non c'é.
E in quei raggi spezzati
smorzati oppur dimessi
si scorge un mondo nuovo
un grappolo di case
e poi campi, fiumi, laghi
montagne svettanti
un'altra realtà fra terra e cielo
una creazione che esce dal cuore
un rifugio sicuro dove tutto é pace
la magica chimera che ci portiamo appresso
un puro e semplice sogno
a cui aggrapparci con tenerezza
nei momenti in cui vivere
é troppa fatica.

Da Lungo il cammino

L'idiota senza volto
Il tempo è passato
non resta che memoria
spesso appannata.
Rivedo la piazza com'era
il selciato sconnesso
una sera d'estate
la banda che suona
un ragazzo seduto
che ciondola il capo.
Ho dimenticato i tratti
di un viso che so d'idiota
un pudore per rammentare
di un destino atroce
di un giovane
felice alla musica.
E d'improvviso il temporale
tutti in fretta se ne vanno
ma lui no
immobile s'affida all'acqua
a che lo meni via
e un padre
che mescola lacrime a pioggia
che si issa in spalla
quel corpo ormai esanime
e nell'angoscia
a casa lo riporta.

Da Il mio paese

Il mio paese
Tre case, una chiesa,
vie che si perdevano nei campi,
questo era il mio paese.
Inverni nebbiosi
estati assolate
stessa era la quiete
fra il canto di un gallo
e il latrato di un cane
un pugno di pietre
una macchia nel verde.
Dall'alba al tramonto
la campana a segnare le ore
la musica lieve del vento
a spazzare le strade
un angolo di infinito
in un tempo
che eterno si credeva
ma che si è spezzato
fra giganti di cemento
e il frastuono del progresso.

Da Il mio paese

Dentro di me
Non resta che il sogno
un rifugio sicuro
da realtà che non capiamo.
Una vita che nasce
un'altra che si spegne
non ci può essere un termine
sarebbe una crudele logica
a cui ci ribelliamo.
L'anima esiste
e con il corpo non finisce.
Queste membra
la pelle
le ossa
gli occhi
sono il vestito
di un essere infinito
che non vediamo
ma che avvertiamo.
Quel che io scrivo
é frutto dell'anima
ciò che io penso
é solo la sua voce.
Dentro di me
l'eternità.

Da Il Cerchio Infinito - Il Foglio Letterario, 2008

Sognando primavera
Vetri rigati da rivoli di pioggia
nell'opaco giorno di una stagione
che non sa né d'inverno, né d'autunno.
Si trascinano lente le ore
come il mio corpo esausto per tanta umidità.
Me se le ossa scricchiolano,
se l'artrite banchetta con la carne,
quel che più temo
è la monotonia di una stagione asfittica
la noia che s'insinua fra le pieghe
lo scandire soffocato di un tempo sempre uguale.
E se proprio le palpebre s'abbassano
tanto vale lasciarsi andare
sperando di sognare
le gemme che sbocciano sui rami
i crochi che timidi s'affacciano
il canto lieto dell'usignolo
che annunciano finalmente
che il tempo è cambiato
che già un filo di tepore
s'avverte nell'aria luminosa.
Il grigiore di questi giorni
potrà così sembrare meno oscuro
e forse mi aiuterà a scorgere
fra la pioggia tambureggiante
un po' di luce
laggiù in fondo
da dove fra non molto ancora
arriverà all'alba di un mattino
l'agognata primavera.

Da Lungo il cammino

I morti non dimenticano
(per il giorno della memoria 2014)

Soffocati
fucilati
inceneriti
dopo stenti inenarrabili
i morti non dimenticano.
C'è una memoria
che non finisce in nulla
aleggia lo spirito
di chi se n'è andato.
Gli altri
i vivi
vanno avanti
e ogni istante passato
il ricordo s'appanna
fino a che resta
una vaga notizia
-Chissà se è vera? -
si chiede più dì uno

Ma i morti non dimenticano.

Quei poveri corpi disfatti
ancora urlano
il loro silenzio
affinché
non diventi anche il nostro.

Da La pietà

Orizzonti lontani
Si lotta
si corre
si tende a quel lontano orizzonte
e quando ci si arriva
di nuovo si allontana
e tutto ricomincia.
La vita è un continuo affanno
un cammino senza soste
per raggiungere lontani orizzonti
chimere, abbagli
di cui volentieri non ci accorgiamo.
e infine c'è l'ultimo
quello che s'apre
su un mondo oscuro e ignoto
e a cui non si vorrebbe mai arrivare.

Da La pietà

Vento d'inverno
S'alza improvviso
un sibilo acuto
un rombo lontano
che lesto s'avvicina
e dal grigio del cielo
sembrano scendere
mani di ghiaccio
unghie arcuate
che segnano il viso
dita di gelo
che serrano labbra
ormai livide.
Il vento d'inverno
é una lama sottile
che lenta affonda
nel corpo piegato
é il respiro furente
di questa stagione
precede la neve
annuncia al mondo
che il tempo è venuto
per il lungo
rigenerante riposo.

Da Lungo il cammino

Il canto delle lavandare
Andar per campagna in questi giorni freddi
che di poco precedono il Natale
é un'avventura, specie se come oggi
si stende fitta la padana nebbia
a celare campi arati
e prati d'erba scolorita,
ma val la pena di girovagare
in un mondo senza luce e senza suoni
che tanto invita a fantasticare.
Ed é il ricordo di tempi andati
che a tentoni mi conduce alla roggia
dove, da troppi anni ormai passati,
stavano a faticare le lavandare.
E' forse una nenia, una cantilena
che là mi richiama, voci velate
che si perdono nella fredda bruma.
Edè come un incanto riudire quei suoni,
immaginare un tempo che é stato
di cui non resta che il ricordo
di grossi deretani proni sulla riva
in alternanza mossi dalla ribattuta sugli scanni
per il risciacquo in acqua gelida dei panni altrui.
Il canto lento, una nenia sfibrante
mi rammentava la realtà di ogni giorno,
di quelle povere donne a faticar anche d'inverno
con i geloni alle mani per trarne quel tanto
da far quadrare il magro pranzo con l'altrettanto magra cena.
E il più delle volte il poco guadagno era preda dei mariti
buoni solo a spendere all'osteria per una miseria
che poco a poco li portava via.
Anche le lavandare, per combattere il freddo,
di tanto in tanto sì attaccavano al fiasco
e il canto allora si faceva roco, quasi sguaiato,
e non di rado scollacciato.
Ma sotto il Natale, benché fosse freddo,
benché il gelo forasse le ossa,
il repertorio cambiava
ed erano temi struggenti
lamenti d'infelici
che in una rinascita cercavano speranze
per una vita meno grama.
Non erano urla, erano solo
invocazioni sussurrate
di donne sfinite
che cercavano un domani migliore.
Le ascoltavo commosso
e sentivo che il Natale
non era solo una festa,
ma un sogno da cui lasciarsi cullare
per non sentire freddo e fame,
per credere in un futuro più umano.

Da La pietà

Un canto lontano
É in questa stagione
di freddo e di nebbie
che sto a meditare
ad ascoltare la voce del vento
a percepire i segni del tempo.
É in queste giornate
di gelo insidioso
che quasi m'addormo
davanti a un bel fuoco
che forse sogno
con gli occhi socchiusi
che forse mi sembra
di udire un canto lontano.
É un coro di voci
che viene e che va
ora raccolto
ora disperso
da questo vento bizzoso.
É quasi una nenia
di assopite parole
intercalate da muti silenzi.
É il sommesso racconto
di un tempo che é stato
di genti che qui hanno dimorato
e ora lontane nel mar dell'oblio
sussurrano nascite, vite, glorie,
disgrazie e morti di chi non c'è più.
Sono ombre sfocate
pulviscoli di esistenze
sfuggite alla memoria
disperse dal tempo.
E più credo di udire
più m'accorgo
che questa é la sorte
riservata a noi tutti:
aver percorso in un lampo un tragitto
da buio a buio
l'essere stati in un microscopico istante
una piccola luce
un respiro di farfalla
un battito di ciglia
senza capire nemmeno il perché
per poi scomparire
effimere casualità
prima create
e poi divorate da Krono.

Da Canti Celtici II

Le risposte
Correte, amici!
Venite ad ascoltare
chi da un lungo viaggio è ritornato.
Son stati giorni e notti
lontano dalla casa
per boschi oscuri
e lande desolate.
Son partito ai primi soli
dopo i freddi dell'inverno
con la bisaccia mezza vuota
ma il cuore colmo di speranza.
Ora vi ritrovo sotto un cielo grigio
che annuncia l'umido autunno.
Sapete bene perché sono andato
perché qui vi ho lasciato.
Tanto, la sera nella stalla
ne abbiam parlato
e foste voi a suggerirmi
di chieder al grand'uomo
a quello che dei druidi
é il più saggio
e che dimora a mille leghe
oltre l'orizzonte
oltre quei monti
la dove il cielo mai finisce.
Ebbene, gli ho parlato
a nome mio e a nome vostro:
Perché ogni cosa ha sempre un fine?
Perché il tempo d'ogni uomo
scade sempre inesorabile?
Perplesso m'ha guardato
un poco ci ha sopra ragionato
e poi è venuta la risposta
più semplice di quel che m'aspettavo
una sferzata al cuore
un dolore lacerante
che rimbomba nella mente.
Amici miei,
noi siam qui a parlare,
a tribolare in una vita
sapendo che un giorno tutto cesserà.
E la risposta, mi chiederete voi?
M'ha detto solo, con tono rassegnato:
se la sapessi non sarei qui
a cogliere nei dolori delle gambe
nel respiro più affannoso
i segni di un inevitabile declino
i sintomi che il mio tempo
è prossimo alla fine.

Ma perché dobbiam finire?
l'ho subito implorato.
E allora stanco, con voce rotta
ha chiesto a me:
E perché dobbiamo iniziare?
Perché siam nati?

L'ho guardato e sono uscito
era l'ora del tramonto
d'un giorno che lento moriva
e nel buio che cominciava a calare
ho compreso tutto quanto:
la morte è il prezzo che paghiamo
affinché viviamo.

Da Canti Celtici II

La terza stagione
Il pallore del cielo
grondante lacrime
a inzuppare
il verde stanco
di campi fradici e fangosi
incupisce
in quel volger del giorno
che solo l'orologio
indica che si fa sera.
Colori diafani
che s'abbrunano
richiami d'uccelli
ai ritardatari per l'ultima partenza
per quei posti
in cui svernare
per quei luoghi
a cui corre la mia mente.
Calme distese di sabbia
su cui posare le membra stanche
l'ombra d'un palmeto
che gioca a nascondino con il sole.
Forse anche per me
é tempo di migrare
di volare oltre le regole di una vita
che l'ingresso nella sua terza stagione
preclude un ritorno a una nuova primavera.
Ma non è che illusione
e guardo in cielo
uno stormo che veloce s'allontana
che qui mi lascia
fra il gocciar di fronde
scialbe aurore
e lividi tramonti.

Da Lungo il cammin

Il bacio
Oggi ho il cuore in tumulto
mi ha alfine visto
e mi ha sorriso.
Quant'è bella
la più bella.
Disteso sull'erba
lascio andar gli armenti
mi specchio in cielo
rincorro le nubi
che tutte richiamano
il suo viso.
Non son più io
mi par d'uscire
da queste vesti
da questo corpo
galoppo con il mio cuore
ovunque mi volga
non vedo che lei.
Se questo è l'amore
è una gran pazzia
è volare con la mente
è rincorrere un sogno
perché diventi realtà.
è attendere trepidante
l'arrivo della sera
per rivederla ancora
e magari strappare un bacio.
Due labbra che si sfiorano
due cuori che battono insieme
due fremiti che scuotono.
Nell'ora del tramonto
ruberò il rosso del cielo
coglierò le nubi più piccine
tutto farò per lei
tutto le darò
tutto
per solo un bacio.

Da Canti celtici II

Migranti
Mare, onde, vento
La prua nella notte
punta verso ignote sponde
una terra sconosciuta
su cui niente più fame
niente più guerre
E la gente dorme
sognando speranze lontane
una carico di miseria
diretto forse verso la vita

Ho deciso
non mi volto all'indietro
ma scorrono immagini
nella mia mente
povere cose
in un'esistenza di niente
i miei ricordi
il mio passato
che là ho lasciato.
Non c'è che miseria
nella mia terra
ma là sono nato
fra polvere sollevata dal vento
làè il mio mondo
làè la mia gente.
E fra uno spruzzo
d'acqua di mare
e questo sale
che spacca le labbra
inizia a strisciare
nel fondo di me
un gemito acuto
uno stridio di violino
un singhiozzo dell'anima
se anche ho deciso
se pure il futuro è straniero
la nostalgia fa già capolino
e per quanto mi sforzi
di guardare in avanti
lo sento, lo avverto
che nulla posso troncare
che il mio cuore
che lento rimbomba
è e rimarrà
per sempre là.

Ma nella barca
che d'improvviso s'inabissa
fra strepiti di gente impaurita
sento l'acqua
che m'avvolge tutto
e mentre il sole rapido si spegne
mi par d'essere nel ventre di mia madre
Liquido là
liquido qui
dove tutto è cominciato
or tutto finisce
e concludo amaramente
che la mia vita è stato solo di ricerca
una fuga da quella esistenza ingrata
altro non rimane
per chi ha avuto come genitori la miseria
e per amica la morte che m'accompagna
e or mi guida all'ultima disperata sponda.

Da La pietà

Fra ieri e domani
Se voglio credere nel futuro
devo chiuder gli occhi
a quel presente già di per sé buio
e ripensare a quel passato
che lento trascolora
una nebbia che ogni giorno
s'infittisce alterando la memoria.
E' forse proprio la lontananza
che fa vedere un mondo
colorato di nostalgia
immagini che credo vere
ma che son solo quel che resta
d'un'illusione che m'accompagna
dai primi passi incerti
a questi tremolanti
uno sforzo per continuare
e non dire che tutto è vano.

da La Pietà

Una botta di vita
C'è un ricordo di primavera
in quest'autunno tardo
a bussare alla porta del tempo.
Sotto un cielo ancor limpido
l'erba rinverdisce
si toglie di dosso il giallo
delle torride ore estive.
Nei giardini la vita
sembra tornata a rifiorire
ed ebbre farfalle rincorrono
il sogno di una stagione non finita.
I vecchi occupano le panchine
si lasciano carezzare
da un sole che sa ancora donare.
Brindano all'insperata fortuna
una botta imprevista di vita
per chi sa che è quasi finita
un risveglio dal torpore di ore
che tornano a scorrere veloci
con i cuori che riprendono a palpitare
e muovono a un timido sorriso
quei volti scavati dagli anni.

Da Lungo il cammino

Già l'autunno s'avvicina
Ultimi scampoli d'estate
ritagli di sole che lento sbiadisce
un temporale piange
la sua stagione che se ne va
e già l'autunno è alle porte
nel suo grigio doppiopetto
un vecchio signore
che ritorna a comandare
giorni alternati
d'acqua e di nebbia
vento che strappa
dai rami gocciolanti
foglie ormai ingiallite.
Fuggono in cielo interi stormi
verso lontane estati
la malinconia s'annuncia
in battiti del cuore rallentati.
E' tempo di voltare il calendario
a giorni che si sfilacciano
nella monotonia di ore senza sole.

Da Lungo il cammino

Lei verrà
Quando il buio della notte
scende a celare ogni cosa
e quando le fiamme
non danzeranno più nel camino
il sonno scenderà su di me
greve come un macigno
ma liberatore delle angosce del giorno.

Lei verrà.

In punta di piedi s'accosterà
al mio giaciglio
entrando nei miei sogni
un'immagine eterea
che danza nei ricordi della mente
dei giorni che con lei
furono i più belli
non di quelli di dolore
quando un morbo crudele
mi staccò da lei.

Che la notte non finisca mai!
Che possa rivivere almeno
un briciolo di sentimento!
Che possa risentire la sua mano
sfiorare i miei capelli
il suo cuore battere
all'unisono con il mio!

Sì, certo
lei verrà
diafana figura
che agita i miei pensieri
che mi fa sospirar nel sonno
che mi risveglia all'improvviso
che mi spinge ad un abbraccio
che rinserra solo il vuoto
in un urlo di dolore
che mi scuote fino dentro.

Ma se il giorno sta arrivando
se il sole ricomincia il suo cammino
guardo l'alba con speranza
penso che anche la mia notte s'avvicina
e che lei non dovrà venire
ma che sarò io
ad andarle incontro.

Da Canti Celtici II

Sant'Anna 12 Agosto 1944
C'era quell'alba un'aria di vetro
gente svegliata con grida di belva
ammassata nella piccola piazza
e poi il latrato feroce dei mitra tedeschi
i corpi segati da raffiche intense
e il fuoco a divorare ogni cosa
a incenerire quei poveri morti
donne vecchi e bambini
immolati nel comune destino
e le fiamme alle case
i bimbi arrostiti nel forno del pane
i fuggitivi rincorsi e massacrati di botte.
Dense nuvole di fumo salivano il monte
in un girone d'inferno i diavoli neri
l'elite della razza
a sporcarsi le mani
a bere quel sangue
a gioire nel portare le offese.
E infine fu notte
e un buio pietoso scese
a celare l'orrore del giorno.

Ero a Sant'Anna quel 12 agosto
e ancora vi sono e sempre resterò
uno dei nomi di un lunghissimo elenco
incisi su una lapide segnata dal tempo
affinché di orrore e di morte
di ogni ignominia che l'uomo può fare
non venga mai persa questa memoria.

Alle 560 vittime dei carnefici nazi-fascisti.

Da La pietà

Fra le stoppie
Già a occidente il cielo avvampa di fuoco
nel tramonto di un lungo giorno d'estate.
Fra le stoppie riarse si muove una lepre
porta con sé il suo piccolino
sembra danzare in quel campo giallastro
alla ricerca del cibo per la prossima cena.
Quando ad un tratto un falco si fionda,
lesto ghermisce il bel leprottino,
resta solo il dolore di una madre straziata
sotto un cielo che lento scolora.
Scende pietosa la notte a celare
con un telo di buio le miserie di un mondo
che s'affanna a cercare in tutta una vita
di sfuggire a un destino da sempre segnato.

Da La pietà

Il ricordo e l'oblio
Arriva all'improvviso,
senza cercarlo
e senza annunciarsi.
Sei lì che scrivi
o leggi un bel libro
ed ecco che appare
dapprima confuso
poi sempre più chiaro,
riemerge dall'oblio
di anni passati.
Ti chiede attenzione
e gliela devi dare.
Immagini lontane
appena abbozzate
un viso sfumato
un volto di donna
due turgidi seni
che la maglietta disegna
e poi musica anni '60
un disco dei Dik Dik
quel "Senza luce"
che ora illumina
un ricordo riemerso
dai flutti dell'oblio.
Rivivi quei momenti
un bacio rubato
in quel locale dalle luci soffuse
a lei che domani partiva.
Non l'hai più rivista
né lei ti ha cercato.
Resta solo una rimembranza
che ogni tanto riemerge
e che accelera i battiti
di un logoro cuore
quel cuore
che quel bacio fece impazzire
e che ora mestamente
rinchiude il ricordo
nell'arcano scrigno
di tutto ciò che è stato.

Da Lungo il cammino

È tempo d'estate
Sorge presto il sole
ad asciugare l'erba inumidita
e si riflette nelle perlacee gocce
che impreziosiscono l'umile stelo.
E' tempo di andare per i campi
alla fatica d'ogni giorno
prima che la calura tutto schiacci.
Nel silenzio del mattino
solo i richiami di uccelli ridestati
e il canto lento dei mietitori
che avanzano compatti
a recidere il grano dorato.
Poi, quando il sole picchia sulle teste
una sosta all'ombra d'una quercia
un po' di pane un frutto di stagione
un sorso dell'acqua celata nella zucca.
Poi si riprende fino a quando
a occidente l'astro s'infoca
negli ultimi bagliori
di un lungo giorno che si spegne.
è tempo d'estate,
ma è anche tempo di tornare a casa
alla famiglia che aspetta per la cena
alla moglie che nello scodellar la zuppa
con un sorriso lenisce ogni fatica.

Da Canti celtici II

Non so voi
Non so voi
ma quando s'annuncia l'alba
e i chiaroscuri di una notte fuggiasca
sbiadiscono a quella luce soffusa
che lenta inizia il suo cammino
eternamente da oriente a occidente
e la campagna si ridesta

Non so voi
ma il mio cuore s'apre al nuovo giorno
un vecchio scrigno che vuol riassaporare
il profumo di una vita che si rinnova
in una pacata pace di sensi ancora intorpiditi
ma pronti a cogliere la meraviglia
di un mondo che riprende imperituro il suo cammino

E' gioia e gioia che mi cresce dentro
vorrei cantare un inno all'eterna perfezione
di un universo che mi sembra d'abbracciare
e solo il lontano e roco canto di un galletto
interrompe quell'estasi
a cui è piacevole lasciarsi abbandonare

Non so voi,
ma ad ogni nuovo giorno io rivivo
come quello
che mi vide incominciare quel cammino
che m'ha portato per monti e valli
a percorrere la strada del mio destino
a conoscere la serenità infinita
che s'accompagna al nascere dell'alba
a riprendere, sazio d'amore,
il percorso che mi è stato dato.

Da Lungo il cammino

Guerrieri sull'acqua
Sorge presto questa sera la luna,
sembra emergere dall'acqua del canneto,
in quell'immobilità del tempo
che è proprio il passaggio dal giorno alla notte.
Ai richiami degli acquatici si sostituisce
il canto triste e melodioso delle ninfe
imprigionate dall'oblio.
E nella bruma che si corica sulla superficie
di poco increspata dalla brezza
par di vedere scivolare le lunghe barche dei guerrieri
che riprendono possesso di un mondo tutto loro.
Le armature scintillanti,
i volti tesi,
lo sciabordio dei remi,
avanzano a riconquistare il ricordo di un'epoca passata,
che solo il sogno sa vedere e capire.
Un altro mondo, che è profondo in noi,
senza che lo sappiamo,
e che scompare nel volger di un attimo
ai primi bagliori di luce che si accendono a oriente.

Da Canti celtici - Il Foglio, 2007

Come un tempo incerto
Fra scrosci di pioggia
e radi raggi di sole
scorre il tempo
in un giorno
di cui saper cogliere il meglio
é il segreto di tutta una vita.
Si viaggia a tentoni
in un mare di nebbia
si cerca una luce
che appare e scompare
e in quel che resta di un giorno
scende veloce la sera.
E non c'è arcobaleno
né cielo sereno
prima che di colpo
cali la notte.

Da Lungo la strada


Ricordate Il canto di Alisan? Una donna attende il ritorno dalla guerra del marito disperso, fra speranza e rassegnazione.
Ecco questa poesia completa la prima con un sublime atto d'amore.


Alisan mia!
Invochi il mio nome
ti illudi che io sia
ancor in questo mondo
magari disperso
senza memoria
a vagar per lande deserte.

E invece son ombra
fra tenebre
senz'albe e tramonti
in un regno di morti
senza più tempo.

Ma il tuo cuore che freme
l'avverto ogni istante
una tremula luce
che la mia notte rischiara
ma che m'addolora nel vederti soffrire.

E' questo tuo amore
così disperato
un esile filo
nell'implacabile fato
un lieve legame al mondo dei vivi

e se anche qui non c'è più memoria
è il tuo dolente ricordo
di quel che io fui
che va oltre ogni confine
supera monti scoscesi

vince il tempo
che per te implacabile scorre
in una vita non vita
senza oggi né domani
solo ieri e solo ciò che è stato.

Edè l'amore
che ormai ti sostiene
quell'amore che ti fa sognare
t'illude che un giorno
io ricompaia gridando il tuo nome

Alisan mia, sono tornato!
Ma da qui non esce nessuno
son mani che si tendono
per ritornare nel tempo
ma la vita è lontana

talmente lontana
che nemmeno si scorge
e se anche il ricordo
sostiene il mio essere niente
voglio che tu viva
che la memoria si appanni.

Voglio che io resti un lontano ricordo
qualcosa che c'è stato
e poi non c'è più
una brezza di vento
che come ha toccato il tuo cuore
ha rincorso le nuvole
sempre più in là
un puntino piccolo piccolo
che si è perso allo sguardo
talmente lontano e talmente veloce
che tu ti chieda
se veramente c'è stato.

Da Canti celtici II

La guida
Nel buio una luce
sempre presente
riscalda il cuore
nel deserto glaciale
di un mondo disperato
sussurra una speranza
nella più cupa solitudine.
Ascolto la sua voce
che lenta m'accompagna
e il cammino più arduo
si fa più lieve.
Mai stanca, mai doma
percorre con me
la lunga strada della vita.
Non la vedo, ma la sento
è l'appoggio sicuro
di ogni giorno,
fra tempeste e marosi
dirompenti
l'anima è il nocchiero
che mi guida.

Da Il cerchio infinito - Il Foglio, 2008

Idi di maggio
Giocava il sole con le nubi
spinte da una brezza vespertina.
Giù quiete pascolavano le giumente
le rose s'apprestavano al riposo
nell'incombente sera
quando
forte
stridulo
risuonò un vagito.

Nacqui sotto un tetto di paglia
all'imbrunire delle idi di maggio
nulla ricordo, se non quanto
mi è stato raccontato.
Già splendevano le stelle
quando famelico poppai.
Un nuovo uomo
aveva iniziato il suo cammino
anche se lui non lo sapeva
e nella culla
sazio
beatamente sorrideva.

Da Canti celtici II

La dimora del tempo perduto
Gracchiano stanchi orologi
trascinano il tempo
con sghembe lancette
senza albe e tramonti
né notti né giorni

Son mura scrostate
mattoni sbrecciati
ragnatele ogni dove
nella dimora del tempo perduto

Lì assopiti,
inermi e sconfitti,
stanno quei sogni
che fulgidi e gioiosi
sono pian piano intristiti
compagni di giorni di luce
sprofondati nel grigio
d'una vita oscura
e senza bagliori

Non son morti
sono ombre fugaci
che stan lì a ricordare
fallimenti e sconfitte
ideali spezzati
tutto quel che resta
d'un sogno più grande
di vincer la morte
lasciando dei segni
negli anni a venire.

Da Lungo il cammino

Il ritorno dalla guerra
C'è forse un ritorno
quando nessuno t'aspetta?
C'è forse la gioia
senza un abbraccio?
Per me che ritorno
alla casa distrutta
ai muri sbrecciati
anneriti dal fuoco
c'è solo un ricordo
un'ombra che vaga
fra le rovine
una treccia bionda
che s'agita al vento.
Non resta che cenere
impastata di pioggia
che invano lava dal mondo
l'orrore che è stato.
Solo mie sono le lacrime
che grondano dal cuore
un muto dolore
una tristezza infinita
per tutta la vita.

Da Canti celtici II

Sogno di primavera
Qual primavera sbocci
e al primo sole
leggiadra ti avvicini.
Ai tuoi passi
spuntano i crochi
germogliano i peschi
e dalla terra
s'alza un afrore di vita
una gioia profonda
per la nuova stagione.
Veloce come sei giunta
rapida te ne vai
un guizzo di bellezza
un lampo d'amore.
Già svanisci lontana
un'ombra imprecisa
che ritorna nel fondo del cuore.

Da Lungo il cammino

La neve era rossa
Crinali fiammeggianti
alla luce del tramonto
sotto un cielo incupito
di un gelido gennaio
le ombre lunghe
degli abeti imbiancati
in distanza pallidi monti
con cime svettanti.
Tutto sembrava pace
ma la neve era rossa
là nell'orrida piana
dove battaglia era stata
lance spezzate
fra vite spezzate.
Solo silenzio
senza più respiri
di poveri corpi
ormai immoti.

La neve era rossa
di tanta vita sfuggita
di tanti sogni ormai morti.

Scese pietosa la notte
uno scuro sudario
a coprire quei corpi.
Ma la neve era rossa
come una luna
attonita e sgomenta
che infine spense
la sua diafana luce
per cedere il posto all'alba.
E il chiarore di un nuovo giorno
scese sulla terra
a risvegliare il mondo.

Ma la neve era rossa
e
rossa restò.

da La pietà

La luce del tramonto
Si stagliano le immagini
sul palcoscenico
dell'eterna rappresentazione
sono lunghe ombre
che poco a poco si spengono
nella sempre più tenue luce
di un giorno come tanti
che lascia il passo ad altre sere.
Visi illuminati da un crepuscolare
chiarore
occhi che cercano ancora residui
riflessi
in un giorno che lentamente va.
Uno sguardo all'indietro
solo quell'ombra
che un giorno ci lascerà.

Da Il cerchio infinito, Il Foglio 2008

Antiche vestigia
Non c'è che nebbia
umido sudario
che tutto ricopre
pietre infrante
a cui l'edera s'avvinghia
unica vita
in un paese di morti
a cui l'eterno sonno
ha donato l'oblio.
Qui furono
nacquero
vissero
e infine morirono
nulla lasciarono
se non un ricordo
che il tempo
inclemente cancella.
Eppure in questo silenzio
par di udire voci di vita
lontani soffusi clamori
- o forse è il vento
che gioca coi rami -.
Ma se ci si ferma
si guarda all'intorno
la nebbia s'anima d'ombre
forme indistinte
visioni di un attimo
- o forse è la mente
che sogna e vagheggia -.
Di questo paese
terra degli avi
un tempo fiorente
non restan che pietre
corpi senz'anima
di quel
che fu la mia gente.

Da Canti celtici II

Disgelo
Son giorni di presagi
con una rondine
che ha solcato il cielo
le notti meno gelide
il sole che sosta più a lungo.

L'inverno grigio
vecchio e malandato
s'appresta a lasciarci
e presto ci sarà il disgelo
torrenti gonfi
che precipitano nelle forre
prati che rinverdiscono
i primi fiori che s'affacciano.

Nel bosco si rimettono le foglie
e un dolce zefiro
intona melodie fra ramo e ramo
qua e là pozze d'acqua fredda
attendono di svaporar nel sole.

Il disgelo ci riapre alla vita
e i cuori non più freddi
si crogiolano d'amore.

Da Lungo il cammino

Miraggi
Sotto questo cielo di fuoco
nulla si scorge
se non sabbia rovente
distese infinite
senza orizzonte.
Si stringe lo stomaco
un crampo di sgomento
e allora la mente vacilla
e vede lontano
ciò che non c'è.
Lunghe carovane
di berberi erranti
un suono di zoccoli
che porta un vento ardente
e ancora più in là
palmeti svettanti
dolce rumore
d'acqua che corre
risa di bimbi
canti di donne
una mano che mi terge la fronte
due dita che mi carezzan le labbra.

Sogni o miraggi
                      son l'unica fuga
per continuare il cammino.

Da Lungo il cammino

Irrazionalità
Scivola senza sosta
dal pugno la sabbia
credo di tenerla stretta
ma in silenzio cade.
Così sfugge la vita
invano serrata fra le dita
ogni giorno ogni istante
il futuro muta in presente
e altrettanto rapido in passato.
Corro non so dove
bruciamo insieme il tempo
ci affrettiamo inconsci
senza parole fra noi
tutti tesi a raggiungere
ciò che nemmeno sappiamo.
Forse
inseguiamo un sogno confuso
ad ogni passo più lontano.

Da Il deserto e il sogno

Inno al sole
Alla prima luce d'oriente
mi levo dal giaciglio
lei ancora dormiente.
Un altro giorno
di lavoro fino a sera
ma lo spettacolo dell'alba
rincuora e fa sognare.
Fra poco rumori
di zoccoli celesti
luce che s'irradia
e arriverai Dio Sole
sul tuo cocchio
fiammeggiante
a cacciar le ultime
oscurità della notte.
Fa che il mio giorno
e quello di chi
mi sta accanto
sia propizio.
Tu lo puoi
tu sei l'unico
che quando vieni
accendi i cuori
di speranze
di nuovi inizi
di ore baciate
dal tuo alito caldo.
Al tuo cospetto
friniscono le cicale
s'involano gli aironi
la chioccia porta a spasso
i suoi pulcini.

Sole Divino,
che rendi a tutti noi
il mondo che la notte
ci ha strappato,
le mie preghiere
giungano a te
il mio animo
si apra alla gioia
per un altro giorno
di vita.

Da Canti celtici II

L'ultimo viaggio di Ofelia
Ora ha pace il tuo dolore
mentre il fiume lento
ti culla nella corrente
e t'accompagna
al mare dell'eterno sonno.
S'inchinano al tuo passaggio
i verdi salici
e le loro son lacrime
di rugiada lucenti
al primo sole del mattino.
Le ninfee son le corolle
dei tuoi desideri mai realizzati
e lente si schiudono
quando il tuo corpo lieve
le sfiora come una carezza
a un mondo che hai lasciato.
Laggiù c'è il mare
e i delfini t'accoglieranno
i dorsi inarcati ti solleveranno
affinchè i pietosi dei
ti portino su nel cielo.
Là, fra le infinite praterie
troverai l'oblio d'ogni cosa
la pace che tanto ti è mancata.

Un albatro sorvola le onde spumose
e silenzioso piange
una fanciulla che conobbe un po' d'amore
ma anche tanto
tanto dolore
da portarla alla follia.

Da La pietà

Tutto ricordo
Se chiudo gli occhi
tutto ricordo
tutto riaffiora
dalle brume del tempo.
Un villaggio, quattro case,
un ruscello, il bosco sacro,
sotto un cielo d'inverno
che piangeva fiocchi di neve.
La legna che arde nel camino
il sonno quieto di un bimbo
lei che intreccia la lana.
Ma io dove sono?
Mi cerco e non mi trovo
lo sguardo corre in strada
lì non ci sono.
S'affrettano gli occhi
oltre il bosco
corrono sul bianco dei prati
valicano ripide cime
e ansanti arrivano là.
Una radura di neve calpestata
esili fuochi
che tremano al vento del nord
ovunque corpi martoriati
ciò che resta di una battaglia
ormai terminata.
Pochi s'aggirano in quella landa
e io non son fra quelli.
Indugia lo sguardo
sui cadaveri dei vinti e dei vincitori
qui un giovane è colto
con la bocca spalancata
in un ultimo ferale stupore
là un altro, il capo reclinato sul braccio,
dorme nel suo eterno riposo.
E infine, in un groviglio
di uomini ormai senza vita,
mi specchio in un viso barbuto
in due occhi spalancati
che incrociano i miei.
Nessun dolore
solo la tristezza
che accompagna la coscienza
di un ritorno a casa
che non avverrà.

Il bimbo, che non sa d'esser orfano,
dorme tranquillo,
la donna, che ignora d'esser vedova,
intreccia la lana,
io, che so d'esser morto,
li osservo smarrito.

Da Canti celtici II

Una luce nelle tenebre
I fiumi precipitavano dai monti
scavavano strade di fango
in notti senza luna
e in giorni senza sole.
Il vento batteva la terra
in una polvere arida
che stringeva la gola
e l'acqua melmosa
si trasformò in sangue schiumoso
mentre i lampi schiarivano appena
l'oscurità sempre presente.
A nulla valsero i sacrifici
le preci innalzate agli dei
da uomini disperati
da donne scarmigliate
da bimbi emaciati.
Poi
una notte
il cielo fu solcato da una cometa
un vagito risuonò in una grotta
rinacque la speranza
in giorni di luce tersa
in strade battute
da piedi saldi
Ma l'uomo è l'uomo
bestia che lenta si distrugge
e le tenebre di nuovo
avvolsero ogni cosa.
Restarono solo
tremule luci di cuori
a battere sommessi
per non dimenticare.

Da La pietà

I segni del tempo
Di strade tracciate nel tempo che fu
restano immote pietre,
segni di un passato
che l'oblio dell'uomo non degna di sguardo.
Lì sono le radici,
quello che l'oggi non sarebbe senza il lavorio dei secoli,
lo scandire di Crono
in un'unica infinita storia dell'umanità.
Non è più tempo di dei, il tempo non esiste più.
Corre l'uomo senza avvedersi del presente,
dimentico del passato, orfano del futuro.
Ma quelle pietre restano
e sole testimoniano
le lontane civiltà,
avi che nacquero, vissero e morirono
perché nel dopo qualche cosa di loro rimanesse.
E invece ora
sono solo inerti sassi
che un giorno qualcuno getterà.

Da Canti celtici - Il Foglio, 2007

L'attesa
Fioriva la neve.

Leggiadri fiocchi
volteggiavano in aria
scendevano a ricoprire
prati serrati dal gelo
imbiancavano i tepidi tetti
scivolavano silenziosi
sugli alberi spogli.

Il campanaro attendeva
gli occhi all'insù.
Mancava ormai poco
a un altro concerto
uno ogni anno
ma indietro nel tempo
si accorse d'andare
a Natali passati
a occhi di bimbo
spalancati ed estatici
davanti al candore.
Il fuoco nel camino
il tepore della casa
dietro i vetri
ad ammirare
quei petali bianchi
che silenziosi scendevano.

Poi, d'improvviso,
un vento soffiò
e spinse le nubi
lontano lontano
e il cielo si accese
di luci stellari.

Guardava stupito
e nel vortice della memoria
rivedeva altre luci,
prima ombre sfocate,
il viso di mamma,
sorridente e radioso,
quello del babbo,
mite e serioso.
Li scorgeva vicini,
pur se fra le stelle,
mai così chiari
come in quella notte fatata.
Scomparsi da tempo
irradiavano calore
un ricordo vivo
di quel che fu il loro amore.
Due lacrime scesero
a bagnare le gote,
ma divennero ghiaccio
nel freddo del vento.

Sul campanaro calò
una nostalgia malinconica
d'un tempo lontano
d'un'infanzia perduta
ma là fra le stelle
ne scorse una
che lesta solcava
il cielo infinito.

L'attesa era finita
e dalla bocca
uscirono poche parole
quasi un sussurro
- Adesso è Natale! -
Sereno, quasi giulivo,
s'aggrappò alle corde,
tirando con forza.

Il concerto iniziava
con gioiosi rintocchi
che il vento portò
per monti e per valli
a cuori in trepida attesa.

Da Lungo il cammino

All'alba l'ultima battaglia
O noi, o loro.

Domani d'una guerra
lunga e insanguinata
ci sarà l'ultima battaglia.
A chi vincerà
la ragione sarà sua
e sempre del vinto
è appannaggio il torto
quel che decide
é sol la forza.
La piana ancora verdeggiante
sarà un carnaio
di vittime immolate
a un dio che irride la stoltezza
e degli umani
conosce ogni debolezza.
Lunga è stata questa guerra
quanti non son tornati a casa
e quanti ancora
prenderanno la brumosa via dell'Ade.
Ma domani,
al primo levar del sole
di nuovo le spade cozzeranno
ancora urla di dolore
si leveranno da corpi dilaniati
e tutto accetto
anche la sofferenza
purché questa sia l'ultima battaglia
e anche la mia vita dono
affinché la mia gente viva
libera e felice come prima.
Ma tanti lutti han colpito
le famiglie
tanti a tavola si conteran di meno
e quale gioia ci può essere
in una vittoria
che lascia l'amaro fiele del dolore?
Domani vincerò
anche a costo di morire
purché la mia gente viva
e dello strazio di una guerra
conservi nel tempo
un unico ricordo:
la morte in battaglia
non è mai bella
la vita è una sola
e a nessun uomo
è dato di stroncarla.
Non c'è vittoria delle armi
che sia gloria per l'umanità
e la gioia di chi resta
si stempera nella memoria
di chi mai più ritornerà.

Da Canti celtici II

Le pianure del cielo
Là dove la terra incontra il cielo
dove lo sguardo non arriva
e solo il cuore può vedere

là dove i sogni corrono gioiosi
dove notte e giorno non s'alternano
e dove il sole non sorge né tramonta mai.

Là, fra mille fonti d'acqua fresca,
stanno verdi le pianure del cielo
un mare di serica erba

su cui sostare nell'attesa
di un ritorno a dare la vita
nell'eterno giro del cerchio infinito.

Là sono le anime sgravate dai corpi
che danzano al suono della brezza celeste
ballerine eteree nel concerto dell'assoluto.

Da Il cerchio infinito - Il Foglio, 2008

Novembre
Rilucono le zolle
al pallido sole
e dalla terra rivoltata
s'alza un afrore di vita
ormai sepolta
dalla torrida estate.

L'erba tremante
nel freddo del mattino
cerca un calore
di cui ha solo memoria.

Le prime nebbie
s'addensano all'alba
acquei mantelli
che giacciono silenti
sul campo appena arato
e celano agli occhi
il lontano orizzonte
ove s'involano
gli ultimi stormi.

Lente si staccano
le foglie ormai morte
ritornano alla terra
fradicia d'acqua.

Lenta e malinconica
scorre la stagione.

Dietro i vetri della finestra
il vecchio guarda
il declinare d'un tempo
che scandisce i suoi passi
sempre più incerti
in un percorso
che s'avvia a terminare.

Da Lungo il cammino

L'orda selvaggia
Arrivarono da oriente
all'improvviso
al levar del sole.
Un rombo lontano
sempre più forte
che tutto faceva tremare
i mobili di casa
i nostri cuori.
Fuggimmo nel bosco
nascondemmo fra tronchi e radici
donne e bambini
mentre noi ci preparammo
a una battaglia disperata.
Troppi loro,
troppo pochi noi,
e ci travolsero con i cavalli
ci infilzarono con le lance
affondarono le spade
fin dentro ai nostri corpi
e poi ci fu il saccheggio
il furto di povere cose.
Nel fumo degli incendi
disteso sull'erba madida di sangue
attendevo l'ultimo passo
quel buio pietoso
che scendeva a mezzodì.
Addio alle cavalcate
sui bei prati verdi
Addio alle notti d'amore
Addio a questo mondo
imperfetto, anche crudele,
ma che mai si vorrebbe lasciare.
E nell'ultima visione dell'orda selvaggia
che galoppava verso occidente
scorsi nel cielo
fra le nubi incombenti
i volti segnati
di chi m'aveva preceduto.
Poi,
fu solo freddo
nella luce che rapida fuggiva.

Da Canti celtici II

Il respiro dell'universo
Un soffio di vita
un'energia immortale
anima l'inerte materia
accende il cuore
fermo in attesa
e così
finalmente è.

Muscoli che si tendono
mani che si aprono
il respiro che si avvia.
E' la vita corporea
la nuova casa dell'anima
che un giorno fuggirà
per tornare a nuova materia.
L'eterno è il suo regno.
il tempo finito è la sua grazia.
Lei,
che dà la vita,
è il respiro dell'universo.

Da Il cerchio infinito, Il Foglio 2008

L'infinito tempo
Perché mai sorge il sole
e con esso viene il giorno
che le tenebre porta via?
Se c'è una cosa
che è comune a tutti
al ricco che s'ingozza alla sua mensa
al povero che lascia mai sazio il desco
é questo scorrere del tempo
son queste ore che scandiscono
il lavoro ed il riposo.
Crono indifferente
suona sempre il suo diapason
e se anche le ore paion veloci
quando si gradirebbero più lente
resta sempre l'immutabilità
dell'alternarsi di luce e buio.

Siamo solo fiammelle
bagliori di un attimo
in un immenso infinito tempo.

(da Canti celtici II)

Mare di notte
Nel buio di una notte
non rischiarata dalla luna
appena si scorge
il bianco dell'onda
che lenta s'infrange alla riva.
Spruzzi salmastri
subito affogati dalla sabbia
piccole lacrime di un mare
che mai dorme
e sempre va alla ricerca
di un luogo da lambire.
Onda su onda
rincorre invano
il lontano orizzonte
e nell'oscurità
silenzioso
spegne il suo ardore.
Va e ritorna
bagna i miei nudi piedi
che percorrono l'umida rena
cancella le impronte
con il suo ultimo approdo.

Da Il deserto e il sogno

Blatte
Come per i proci in casa d'Ulisse
tutti intenti a mungere le ricchezze
in attesa d'impalmare la regina
hanno occupato ogni scranno libero
hanno insozzato ruoli e istituzioni.

Non attendono un'altra Penelope
perché di fatto è loro il possesso d'ogni cosa
tutti intenti a divorare l'altrui ricchezza
incautamente affidata alle rapaci mani.

Non uomini, né animali - perché mai offendere
costoro, vittime di questi predatori? -
No, mi ricordano ben altro
blatte nere ingorde e putrescenti
che s'affollano al banchetto.

Travestite da agnellini
s'erano al popolo proposte
a noi gli oneri del comando
- così dicevano -
a Voi gli onori e nulla a cui pensare.

Ma poco a poco non bastarono gli avanzi
e al cibo grosso rivolsero l'attenzione
lasciando - che onore e gloria! -
solo gli scarti amari della torta.

Arroccati ad imperare
non li smuovi
non riesci a farli ragionare
che se l'ingordigia è troppa
nulla rimarrà da mangiare.

E mentre noi stringiam la cinghia
loro l'allargano ogni giorno
di quanto predano a tutto andare
di tanto cala il nostro desinare.

Ben pasciuti ed altezzosi
ci han preso tutto
ci han tolto ogni potere
han cancellato perfino la speranza.

E noi padroni imprevidenti
ci siam ridotti a scialbi servitori
fra mugugni e lamentele
ma proni davanti a questi signori.

E non si riesce a mandarli via
perché i nuovi eletti son figli della casta.

E allora viene alla mente
che in tempi antichi
quando le blatte s'affacciavano in cucina
era una corsa a spiaccicarle
a ripulire con buona varechina
e se questo non bastava
c'erano e ci sono polveri miracolose
che dei parassiti fanno scempio
e li ricacciano,
sconfitti,
nel loro mondo di squallore.

Da Lungo il cammino

Il futuro nel passato
Squarci di luce nel buio della notte,
zoccoli di cavalli al galoppo,
mantelli di ragnatele tessute dal tempo,
rivivono leggende sepolte nella nera terra
dell'oblio voluto da uomini senza passato.
S'alza il sipario su brughiere coperte d'erica,
mentre lontano s'ode il canto d'un uomo straziato,
di dolore pervaso per un ricordo smarrito nel tempo.
Mitica terra di cui si rammenta solo l'arcano,
mentre di genti,
ormai polvere,
s'ignora ogni cosa.
Fra il fragore dei tuoni si leva il lamento
di chi chiede un ricordo
per posteri che non hanno nemmeno il futuro.
Chi ignora il passato, chi non s'accorge del presente,
passa senza lasciar traccia.
Ma quelle genti
che già calpestarono il verde di questi prati,
se pur nel sogno, rivivono.
La memoria di chi fu
traccia la strada del futuro.

da Canti celtici - Il Foglio, 2007

Da un lontano passato
Ai primi strali di luce
sale la nebbia
e lontano traspare
un muro di sassi
tappezzato d'edera
le vestigia
di un antico passato
il segno
di una lontana presenza
quel che fu
di un ardito maniero
mai distrutto da guerre
ma diroccato
da lunghi secoli
d'abbandono.
Di questa terra
rosseggiante d'erica
un tempo era il signore
falco arroccato
a dominar la valle
ma anche casa
di uomini forti
che correvano a difendere
i confini
e di donzelle
timorose nell'attesa
pronte a gioire
al loro ritorno
a lenire le ferite
nel corpo e nell'animo.
Poi mille e mille giorni
e si spensero gli echi
di quegli scontri
regnò una pace
che esiliò il maniero,
ormai ricovero
per porci e per mandriani.
Di quel lontano passato
non resta che un muro sbrecciato
e ricordi di storie
tramandate dagli avi
in cui tutto era bello
misterioso e soave
forse solo un sogno
per affondare le radici
in una terra che
indifferente assiste
al nostro breve cammino
in cui ci sforziamo
di lasciare impronte
troppo presto
cancellate dal tempo.

(da Canti Celtici II)

Così mi ha detto il vento
Nulla è meglio del silenzio
per udir parole sconosciute
sussurrate da un vento fresco
che lieve scende dalle montagne.
Fra il luccicare di cristalli
riverbero di neve sotto il sole
solo il mormorio del ruscello
a fare compagnia
e un alito che s'addentra fin nel bosco
la voce che scende da un cielo
che par dipinto con il blu cobalto.
Poche parole,
forse versi di poesia,
a ricordarmi che i miei passi
crepitanti sulla neve
lasceranno una breve traccia
che il sole della primavera scioglierà
in acqua che scenderà al mare
per tornare poi fin su in cielo.
Una vita,
che mai finisce,
in un eterno morire
e poi rinascere.

Da Il cerchio infinito - Il Foglio, 2008

Scroscia la pioggia
Se nei giorni della tormentosa calura
il cielo piatto era immobile
avaro della ristoratrice pioggia
in questi inizi di settembre
si concede a una prodigalità
che stupisce tutti.
Agli scrosci s'imbelletta l'erba
l'aria si terge dai miasmi
d'un'estate così lunga
che resterà in memoria.
Scende la pioggia
a rincuorare la terra rinsecchita
a sciogliere i nodi di ore
rallentate dall'implacabile sole.
Come nella primavera
dopo il lungo inverno
un fremito riscuote
dal torpore.
Tutto è un risveglio
di luci di colori di aromi
di cuori
pronti a cogliere
l'attimo fuggente
prima che l'opaco autunno
cali a ghermire
l'illusione di una nuova giovinezza.

(da Lungo il cammino)

Cocci
Nell'oscurità del passato,
un segno, una traccia,
e si squarcia il velo dell'oblio.
Fionda la luce a fugare le tenebre,
oggetti di una vita altrui,
cocci di vasi, denti di lupo.
E la mente corre all'indietro,
scavalca i millenni del tempo,
a indovinare immagini
di genti ormai dimenticate.
Risa di bimbi, focolari accesi,
amanti distesi nel piacere dell'amore,
lacrime per partenze senza ritorni.
Ieri,
come oggi,
nulla è cambiato sotto lo stesso sole,
a indovinar fra le stelle
il percorso di un futuro
con quell'unica meta
che sfugge a ogni logica.
Si è cercato di lasciare traccia di sé,
un messaggio di povere cose
a un mondo
che solo in cocci slabbrati
coglie il segno del suo essere,
riscopre la continuità,
infinita,
fra passato e futuro.

(Da Canti Celtici - Il Foglio, 2007)

Prima che la notte finisca
Solo nel buio
posso udire
voci che mi parlano
di un tempo che è stato.
Solo con gli occhi chiusi
posso vedere
le immagini di un mondo
che mai più ritornerà.
Erano le mie genti
a popolare queste terre,
ora percorse
da automobili rombanti
ma allora silenti,
in giorni senza affanni
regolati dal cammino del sole,
al più risa di bimbi,
qualche canzone intonata
da un giovane innamorato
sotto un pulviscolo di stelle
al chiarore di una luna
ancora sconosciuta
e perciò immaginata
come scrigno di pensieri e desideri.
Nel tempo
che inesorabile scorre
tutto cambia
senza che ce ne accorgiamo
e solo in una notte
senza ore
può emergere il ricordo
di ciò che è stato
quelle radici
che il giorno ignora
ma che indicano il futuro.
Come sarà, dove andrò,
chi sarò?
Una risposta sola
fra parole che
affluiscono alla mente
e immagini
che escono dalla nebbia dell'oblio
un esito
un segno tracciato nella sabbia
di una clessidra
che sempre più velocemente si svuota,
questo
                    prima che la notte finisca.

(Da Canti Celtici II)

Senilità
Cammina incerto
lungo il vialetto,
dimesso
gli abiti logori
va senza meta
alla ricerca
di un poi
di un dopo
che non sia questa vita
trascorsa in miserie
mai la speranza
d'un alba radiosa
solo fatica
per diventar vecchio
nell'attesa di un ultimo passo.
Trascina stanco
il corpo imbolsito
si getta su una panchina
gli occhi velati
il sonno incombente

meglio dormire
in una vita di niente.

(da La pietà) 

La cometa
Una luce fugge nel cielo di notte
un arcano mistero solca l'universo
veloce si muove in un cerchio infinito
corre senza posa in un'eterna fatica
le sue strade son lastricate di stelle
la sua meta è rincorrere se stessa
in un corrosivo cosmico affanno.
E quando rapida scompare ai nostri occhi
lascia uno sciame di sogni svaniti.

(da Il cerchio infinito - Il Foglio, 2008)

Lo stagno incantato
Garrule brezze
increspano l'acqua
piegan le canne
che fremono
suoni
d'un'arpa celeste.
In sottofondo
il frinire di assetate cicale
e in contrappunto
il roco gracidio
di rane salterine.
E' un mondo diverso
in questo tramonto
che lame rossastre
protende sull'acqua.
Un tempo immobile
sospeso nel vento
racchiude in uno scrigno
lo stagno incantato.
Non c'è che natura
che umile si esalta
in questo quadretto
nel teatro di un giorno
che volge alla fine
in attesa del buio
che cali il sipario.

(Da Lungo il cammino)

Il giorno finisce
Strali di luce
si spengono
nel buio della sera.
Il giorno finisce
e con lui lenta
la natura s'addorme.
M'è dolce tornare
alla casa
in questo chiarore
che muore.
La casa,
un focolare che rosseggia
e il paiolo che fuma.
Di cena ci saran
di certo le fave
oggi come ieri
il cibo della povera gente.
Ma mangiare non è niente
il vero piacere
è star seduti a guardarsi
a riscoprire negli occhi
quella fiamma
che mai si spegne.
Non servono parole
perché lo sguardo parla
e l'anima ascolta.
fra i battiti del cuore.

(da Canti celtici II)

Nulla sarà più come prima
S'alza un rombo cupo
dal profondo degli inferi
un sinistro lamento
di roccia frantumata
vibra tutto il suolo
ondeggiano i muri
il cuore impazzisce
l'angoscia
d'essere impotente.
Poi torna il silenzio
e s'ode solo
il battito d'un cuore
che lento scandisce
il dolore di case divelte
di sogni spezzati
di vite interrotte.

Nulla sarà più come prima
la vecchia chiesa in macerie
il centro antico abbattuto.
Resteranno solo ricordi
ma nulla sarà più come prima
in balia di una natura
che non ci risparmia
la stoltezza di crederci dei
la sicurezza che l'uomo
é sopra ogni cosa.

Resta solo
l'opaco grigiore
di polvere
a coprire le miserie
di uomini attoniti.

(da La pietà)

Paese mio
Bianche stradine
che si perdono
nei verdi campi
lontani i suoni
della gioventù
si sbrecciano le mura
come i ricordi
visi informi
che mai più torneranno.
Paese mio
non ti rammento più
sei cambiato
in questi anni
non suona più
la fontanella della piazza
quando al vento
era un concerto
di cascatelle
di trilli di piatti
di rintocchi di campanelle.
Vaga un cane
bastonato
per le strade deserte
cerca un mondo
che mai più sarà.
Tutto è finito
e riposa nell'ombroso camposanto
dove ritrovo i compagni
di un tempo andato
in un quadro
color seppia
tanti in posa
nella piazza
immagini confuse
ma il volto è ben chiaro,
tranne di uno,
uno spazio bianco
a me lasciato.

(da Lungo il cammino)

Il dubbio
O dei, che ridete di noi,
di quel non essere eterni,
di arrivare passo dopo passo
a valicar la porta
del regno delle tenebre.

Credere, devi credere,
m'ha detto il druido
L'anima sua dimorerà
nel bosco, in un tronco
che starà a te riconoscere.

E nel bosco sono andato,
nel buio della notte
scansando i folletti
delle tenebre
una ricerca disperata
solo per sentirla in me
ancora una volta.
Fra tanti alberi che là sono
fra tanti tronchi che ho abbracciato
forse il suo alfine ho trovato
ma ho creduto
mi sono illuso
una vibrazione al cuore
un sospiro gelido
nulla di quelle calde carezze
che la sera lenivano la fatica
niente di quel contatto
che bruciava la pelle.
Il druido mi ha detto solo
che devo credere
e crederò
crederò dall'alba al tramonto
nel profondo della notte
m'illuderò di una vita oltre questa.
Non resta che il sogno
per continuare
per credere
che la morte
sia ancora vita.

(da Canti celtici II)

Le cattedrali del cielo
Rocce erose dal vento,
scalfite dal ghiaccio
frantumate dal tempo
resistono ancora
cattedrali del cielo
canne d'organo
suonano ogni giorno
il concerto a una natura
che sempre risorge
e mai muore.
Nell'incerta luce
che s'accompagna
al tramonto di un giorno sereno
riflessi rossi
di eternità
fra bianche strisce
tracciate dai voli della civiltà
effimere scie
che sbiadiscono
nell'azzurro che si incupisce
in un blu profondo
dove luna e stelle
irridono all'umana sapienza
e si mostrano
fra guglie di roccia
assopite in notti silenti.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio, 2008
)

Il deserto
Silenzio
solo silenzio
ma io odo
urla strozzate
sono vibrazioni
dentro al cuore
disperate solitudini
che fluiscono incessanti
soffocate alle orecchie
ma amplificate dentro me
Forse anch'io grido
a bocca chiusa
reclamo un ascolto
che non c'è
E' grande questo deserto
d'ombre sfuggenti
granelli di sabbia
a stretto contatto
soli fra tanti
ognuno per sé
senza voce
se non l'urlo di dolore
per una vita racchiusa
nel guscio di un'ostrica
che l'onda del tempo
spinge sempre più a riva.

(da Il Deserto e il sogno)

Scende la sera
Rintocchi di campane
nella quiete di una sera
che accompagna il sole
al suo lento declino.
L'aria ferma
l'ultimo volo di un airone
una diafana luce che si spegne.
C'è una pace all'intorno
di un mondo all'improvviso fermato
di un giorno che si rimbocca le coperte
e s'appresta al riposo.

(da Lungo il cammino)

Minnodunum (*)
Là,
fra due crinali,
dove il bosco s'apre al cielo,
a volger lo sguardo in giù
una perla verde riluce
la valle natia
il ruscello canterino
tre casupole
un filo di fumo
il canto di una donna.
Troppo tempo sono mancato
in guerre lontane impegnato
ferito nel corpo
e nel cuore.
Siam partiti in quattro
e solo mio è il ritorno
a quel piccolo mondo
mai dimenticato
a un sogno che la notte
non mi ha mai abbandonato.
Laggiù, c'è la città più bella
di queste terre
con colonnati di larici svettanti
strade larghe quanto il mio cuore
là ho lasciato tutto
tranne il mio amore.

((*) Ora Moudon, ridente cittadina elvetica.
Da Canti celtici II)

Breve amicizia
Nel canto del mattino
s'aprì al primo sole
fra la perlacea rugiada
e un sinuoso refolo di vento.
Subito fu un accorrere d'amici
bombi ancora assonnati
api alacri e veloci
tutti a far colazione.
Volavano le ore
incontro al tramonto
mentre ancora
si pasteggiava.
Infine il sole
andò a occidente
scese la notte
umida e fredda.
Si ripiegò su se stesso
ma non per dormire
stanco d'un giorno
lungo una vita.
Al sorger dell'alba
api e bombi
accorsero invano
e poi andarono altrove
a far colazione.
In fondo
                          non era
che un fiore.

(da Il deserto e il sogno)

La luce della Pasqua
C'è aria nuova
in quest'alba
che annuncia
un giorno sereno
e dal sole
che s'alza
all'orizzonte
s'irradia una luce
dai mille riflessi.
E' questa la luce
di una nuova speranza
per un giorno diverso
in un mondo migliore
in una vita più umana.
Non c'è ombra nascosta
che possa sfuggire
non c'è angolo buio
che non la riceva
non c'è un cuore chiuso
che non s'apra
ai suoi raggi.
Attendo con gioia
che scenda in me
che colga quel tanto
o quel poco
di ciò che è rimasto
di un'eterna illusione.

(da La pietà)

Era il tramonto
Era il tramonto
di un giorno d'estate
lenta calura
nell'aria che ardeva
stavo a guardare
il sole che andava
quando mi volsi
come d'istinto
a cercar la mia ombra
ma questa s'allungava
scivolava lontano da me
staccata dal corpo
acceso di rosso.
Se ne fuggiva
per il campo di grano
e invano io la inseguivo
lei più veloce
si disperdeva fra i solchi
io affannato
il viso imperlato
gli occhi atterriti
per quella perdita inattesa.
Poi scese la sera
e la mia ombra
nel buio affondò.
Attesi sgomento
la venuta dell'alba
e al primo sole
la ritrovai alle mie spalle.
Fu gioia improvvisa
tumulto di cuore
un ritorno alla vita
la certezza che questa
non era ancora finita.

(da Lungo il cammino)

Al passo delle allodole
C'era in te
l'ardore spensierato
dei tuoi vent'anni
l'entusiasmo
di chi s'affaccia alla vita
il sogno
che sovrastava il giorno
l'ideale
che si rincorreva
tutto era bello
tutto era novità
nessuna nube all'orizzonte
le corse in bicicletta
i primi amori
tutto era lì
pronto alla mano.

Poi un giorno
un rombo di tuono
un fucile in spalla
un'altra corsa
su terra brulla
col fiato in gola
con il cuore che scoppiava
e come al passo delle allodole,
straziate dalle fucilate,
una sgranata di mitraglia
gli occhi bianchi al cielo
un cencio di carne dilaniato
senza un sepolcro
se non la nuda terra
intrisa del tuo sangue
disperso agli altri
un caduto ignoto
di cui solo il tempo ormai
conosce il nome.

(da La pietà)

La forza del sogno
Scendevan le stelle
a illuminar la notte
piccole lampade
a tracciar la strada
nei sogni dei dormienti.
E io
che insonne
nel letto mi giravo
fui colto
di colpo
dallo sgambetto d'Orfeo
e condotto
per mari e per valli
alla terra degli avi
a lontane dimore
disperse dal vento
in una nuda brughiera
S'alzavano canti
di donne sfiancate
si levavano coppe
di aureo sidro.
Li volli chiamare
volli loro parlare
ma non m'ascoltavano
perché là io non c'ero
perché là era corsa la mente
a cercare radici
ormai disseccate
memorie d'un tempo
che pare lontano.
Novelle ascoltate
con orecchie di bimbo
al focolare d'inverno
forse leggende
di un tempo che è stato
e che ora può esser solo sognato.

(da Canti centici II)

Il percorso
S'affretta l'acqua nella roggia
si carica d'energia
premendo le strette rive
e poi s'abbatte schiuma viva
contro le pale del mulino.
Gira la ruota, quasi s'impenna,
un gemito d'ingranaggio
la macina muove gracchiando
ed ecco che piove farina.
Esausta, lenta, l'acqua riprende la via.
E ancora lungo è il percorso,
altre rogge, altri mulini,
prima di cedere
al dolce sonno
nell'accogliente mare.

(da Il cerchio infinito -
Il Foglio, 2008
)

Giorno d'inverno
Bruma gelida
che tutto avvolge
rende silente
il giorno d'inverno
stilla tristezza
opacizza la vita.
Pendono inerti
bianchi di ghiaccio
ricami intessuti dai ragni.
Invano cerco il sole
anche un sol raggio
una parvenza di luce
a scaldare il mio cuore.

(da Lungo il cammino)

Bergen Belsen 1944
Prima mi tolsero gli abiti
e mi vestii dei panni dei morti.

Poi mi tolsero la carne
e la pelle scivolava sulle ossa.

Quindi mi tolsero la speranza
e il tempo cessò di colpo.

E infine mi tolsero la vita
ma questa era già finita con la speranza.

E ora non togliete il ricordo
vigilate ogni giorno
perché ciò che è stato
non avvenga mai più.

(da La pietà)

In memoria di un bimbo
E a lui un giorno mancò il sole.
Niente più corse nei campi,
né risa gioiose.
Solo silenzio, nel buio assoluto,
nel tempo ormai finito.
Pianti di donne,
guaiti fra lacrime calde
accompagnano al regno dei morti.
I familiari, gli amici,
il clan portano l'ultimo saluto
in un giorno di pioggia
che scandisce i passi lungo il sentiero.
Un piccolo scavo,
un ritorno alla terra,
mani di madre che lasciano cadere
un gioco d'osso,
un ninnolo intagliato,
la compagnia per l'eternità.

(da Canti celtici -
Edizioni Il Foglio, 2007)

Il sogno della libellula
Canneti di rane gracidanti
sospiri di vento
che lento s'adagia sull'acqua.
Splende la luna
in un cielo di stelle
a cui salgono i sogni.
Domani è il giorno
per il volo da sposa
per lasciare la progenie
una vita intera
in una scia di sole
e poi il tramonto
senza più notti.
Ma ora dormi
sogna
libellula dalle seriche ali.
Nulla ti deve turbare
il sogno è la realtà
dell'eterno
il risveglio
è l'irrealtà
di un tempo finito.

(da "Il cerchio infinito" - Il Foglio, 2008)

Sei tu Gesù
C'è forse ancor oggi
una capanna
di pastori del deserto
in cui la notte albeggia
un astro di calda luce.
Ti cerco da tempo, Gesù,
ma non ti scorgo
nelle mille ombre
brulicanti sul pianeta.
Eppure

Se guardo il volto sfatto
di una madre che implora
cibo per il suo bambino

Se cerco fra la folla
l'umile sguardo
di chi procede nel silenzio

Se mi soffermo
davanti al vecchio mendicante
che tende la mano stanca

Se i miei occhi incontrano
quelli di chi
soffocato ormai dall'ingiustizia
lotta ancora per tutti questi vinti
per tutti questi uomini che nulla hanno
perché a loro tutto è stato tolto

Allora ad uno ad uno chiedo:
Sei forse tu, Gesù?
E nel silenzio che segue le mie parole
é il cuore che risponde
e dice
Sei tu Gesù.

Febbre d'amore
Ci son giorni in cui
vecchio che sono
ripenso al passato
a quella giovane età
che or mi sovviene
come un sogno nascosto
celato nell'animo
ma pronto a riemergere
se gli anni ormai tanti
gravano troppo
in attesa di un buio
che per tutti è destino.
Riaffiorano allora
corse nei prati
su un puledro sfrenato
come il suo cavaliere.
Non c'era un domani
in un tempo
che bruciava le ore
portava a nuove scoperte
e fra queste l'amore.
Di tutte la prima
con tenerezza ricordo
di quando la videro insieme
i miei occhi e il mio cuore
forse non bella
ma di certo per me autentica dea
a cui rivolger pensieri
fra palpiti, affanni,
un desiderio e un tormento
una febbre d'amore.
Chissà se c'è ancora
chissà se anche lei
mi vuole sognare.
Il viso il corpo
son ricordi ormai incerti
ma quel che provai
è ancora una febbre d'amore
che in questi giorni
di gelo interiore
riscalda il mio cuore.

(da Canti celtici II)

Manuelito
Un passo, altri due,
corro incontro alla morte.
In un giorno di sole,
di luce che abbaglia,
di colpo è il buio.
Allargo le braccia
a stringere il mondo
scivolo piano
sempre più in fondo.
Prima ero Manuelito
cuore pulsante
ricordi e speranze.
Ora non sono
che un segno di croce
una fotografia ingiallita
di un uomo che muore.

Ispirata dalla celebre fotografia
di Robert Capa.


(da La pietà)

L'ultimo autunno
Stormivano le fronde
al fresco vento
del nostro autunno
e ti guardavo, Padre,
prono a raccoglier
legna per l'inverno.
Ti rialzasti con fatica
e m'accorsi allora
di quanto vecchio eri.
Stavi a capo chino
i capelli ormai canuti
raccolto in te
come una foglia accartocciata.
Gemevi piano
al dolore delle tue ossa
ma notasti la mia apprensione
e mi dicesti

non son questi i malanni della vita
né le ferite riportate dalla guerra
bensì quelle da me inferte
quei corpi che cadevano nel fango
e che mi chiamano ogni notte.
Non c'è di peggio che il rimorso
un dolore che lento scava dentro
che sempre m'accompagna.


Poi volgesti lo sguardo intorno
come a riveder il bosco
e sussurrasti

giàè l'autunno
ma per me è l'inverno
lunghi giorni d'attesa
d'un ultimo giorno
con gli occhi all'indietro
a ricordar la vita
a ripensare a queste foglie
che presto si lasceranno andare.


Ti rivedo anche ora
come fossi qui
e invece anche tu
un giorno
ti sei lasciato andare.

(da Canti Celtici II)

Il cerchio dei sogni
Esplode l'oriente.
Bagliori di luce
annunciano l'alba
s'involano i sogni
silenziosi torneranno
all'imbrunire del giorno
caleranno guidati dal buio
inconsce realtà della notte.

(Da Il cerchio infinito)

Il sogno
Una notte d'inverno
con la neve che scende
e infine l'alba livida
che i sogni porta via.
Ma non il mio,
non quello di ore fredde
di una mente che vaga
fra risvegli improvvisi
e assopimenti coscienti.
Là, fuori dalla porta,
verso il bosco,
un rumore di zoccoli
che infrangono il ghiaccio
neri destrieri
montati da rudi guerrieri
che ben conoscevo.
Furono compagni d'arme
in battaglia caduti
ormai puri spiritti
fuggiti dai tronchi.
Più s'avvicinano,
più si staccan da terra
e s'involano verso l'alto
in un cielo grigio cupo.
Mi gridano "a presto!"
E io li vedo scomparire
nel buio di questa notte
senza stelle e senza luna.
Son tanti gli anni
che pesano su quel
che fu un cavaliere impavido
superstite di tante guerre
solo nel timore
di quel passaggio
che ogni giorno si avvicina.
Amici miei,
presto vi seguirò.
Bardato il destriero
nella mia logora armatura
prenderò il volo
seguirò il sentiero
da voi tracciato
nell'arco celeste
per ritrovarvi ancora,
sconfitto come voi
in questa lunga battaglia
che è la vita.

(da Canti celtici II)

La città del silenzio
Ovunque è silenzio
fra i viali orlati dai bossi
tra le croci annerite dal tempo.
Lì regna un'unica voce
immensa eppur flebile
sonante eppur tacita
in strade deserte
in case ormai mute
in questa città
abitata dai morti.
Ma ci sono dei giorni
in un autunno di grigiore
fra foglie rinsecchite
sospinte dal vento
sotto cieli plumbei
che piangono lenti
ci sono pochi giorni diversi
di gran movimento
con gente che omaggia
con cicalecci diffusi
fra dolori recenti
ed altri ormai
inchiodati al cuore.
Son feste per loro
che nemmeno lo sanno
son tributi di comodo
oppure pegni di rimorso.
È tutto un viavai
fra gli alti cipressi
fra marmi sbiaditi
con lumini smorzati dal vento
con preghiere appena biascicate.

Poi
ritorna la calma
s'acqueta la piazza
il vento rincorre le foglie
il silenzio ritorna padrone.

(da La pietà)

Granada
C'è un'aria diversa
in un palazzo che vive
una storia ormai passata.
File di rose davanti
e a guardia marmorei leoni
s'apre agli occhi l'Alhambra
sale cortili chiostri ombrosi
giochi di luce fra colonne ambrate
un'istantanea di un tempo che fu.
Nel sole che cala dietro la Sierra Nevada
nascono chiaroscuri indefiniti
sgorgano da fontane suoni di cetre
danzano eteree giovani odalische
risa gioiose sovrastano un silenzio
che da secoli regna sovrano.
Si stringe il cuore nel pensare
a vite cessate, a glorie finite
a un mondo che c'è stato
e che mai ritornerà.
Ormai il sole tramonta
e non ferisce più il mio sguardo
ma, in alto, fra me e l'astro,
cavalca su un nero destriero
l'ultimo califfo,
il padrone di queste mura
che ormai racchiudono solo sogni
che la notte rapirà.
E' questo il destino dell'uomo
vivere per lasciare traccia di sé.
Ma la mia sarà un'esile impronta
un nulla di polvere cancellato
dal primo turbine del tempo.
Così una lacrima scende
mentre su tutto c'è solo silenzio.
Lontano, su nel cielo
il califfo sorride
e sembra tendermi la mano.
Di lui non c'è memoria
solo queste antiche vestigia
ammirate da ignoti turisti.

Da Viaggi in poesia

I pascoli del cielo
Una brezza leggera
fa fremere i fiori,
un sussurro lieve
che s'ode ovunque
fra eteree figure,
quasi danzanti sull'erba,
spiriti di chi visse un tempo
nel segno di dei ormai spenti.
Là,
non c'è freddo,
né caldo,
e la notte non spegne il giorno.
Scivolano fiumi d'ambrosia,
fra i suoni di mille appassionati citaredi,
non c'è né fame, né sete,
nemmeno il tempo scorre,
in un eterno istante
di serenità,
di una realtà che par sogno.
Pascoli del cielo infiniti,
senza confini e barriere,
furon chiamati
i Campi Elisi.

(Da Canti celtici -
Edizioni Il Foglio, 2007
)

Il giardino della poesia
Lo trovi nel mondo
infinitamente ampio
della fantasia
uno spazio senza confini
e senza tempo.
Vialetti lastricati di poemi
panchine d'ascolto
in cui sostare
e porgere l'orecchio
aprendo il cuore
quando soffia
incostante
il vento della malinconia.
E' allora
che gli alberi
si animano
si muovono le foglie
- che son parole -
si slanciano i rami
- che sono versi -
e dall'alto
d'un cielo
con sole e stelle
scendono melodie
che quietano l'animo
che fan volgere il pensiero
oltre montagne sconosciute
fra laghi d'armonia
e ritmici torrenti
in un mondo nuovo
che solo con la poesia
puoi scoprire.

(da Il deserto e il sogno)

Un mondo diverso
Là dove volano gli aironi
planando fra le lanche
al sospiro lento del fiume
sull'onda del vento
che si spegne nel pioppeto.

Là dove la sabbia riluce d'oro
e il tarabusino danza
sull'acqua stanca
fra canneti imputriditi
dal sole dell'estate.

Là c'è un mondo
che vive il suo giorno
dall'alba livida di nebbia
al tramonto pavido di buio
e che freme anche la notte.

La notte, gialli gli occhi
dei gufi appollaiati
gialla la luce delle stelle
fruscii lievi lungo le rive
un salto, e poi la quiete.

La quiete di ciò che un tempo
tutto il mondo era
voci solo di vita quotidiana
immerse nel silenzio dell'universo
un concerto di melodie.

Vicino a noi c'è un mondo diverso
che ancora resiste
un rifugio sicuro
per uno sguardo al passato
per costruire il futuro.

(da Canti celtici II)

Ave Maria
Ci son momenti
di impercettibile silenzio
nel frastuono
di un mondo che corre.
Sono attimi quasi infiniti
per chi è lì in attesa.
Ci sono voci
che lente si spengono
in un concerto
di mille brusii.
E' spesso solo un istante
in cui risuona un'Ave Maria
ora vicina ora lontana.
Noi che restiamo
non ce ne accorgiamo
non la sentiamo.
Sono note che copron dolori
che accompagnano
con mani pietose
chi per sempre se ne va via.

(Da La pietà)

Adagio per archi
Si stinge l'azzurro del cielo
in diafani riflessi di luce
e mentre a occidente
un purpureo velluto
saluta il sole che va
a oriente s'increspa d'ombra
un orizzonte ancor più indefinito.
Scende la sera con il suo
nero mantello
in una quiete che di colpo
coglie un mondo prima frenetico.
S'alza un alito di vento
una carezza che mi sfiora
ma che cala fino al cuore
in una dolce malinconia
a cui tutto m'abbandono
in un ricordo del passato
che scivola lieve
su un animo rasserenato.
Nel buio che lesto arriva
rinasce la speranza
nel domani di un'alba radiosa
alla quale alla fine di ogni giorno
sempre con fede m'affido.
E un lento adagio per archi
mi suona dentro
a rallentare un'ora
che troppo veloce passa
perchéè dolce questo stacco
fra luce e buio
un'atmosfera di intensa serenità
in cui chiara e forte
s'avverte la gioia di vivere,
un grido muto
che vibra come le corde di un violino
in un concerto dedicato a me.

Tu sei oceano
Brusio di onde
che lievi
giungono a riva
una carezza
che scivola
sul mio corpo.

Tu sei oceano
in cui immergermi
e riempirmi di te.
Tu sei brezza salata
che scintilla sulla pelle
e poi sei gabbiano
che ad ali distese
copri il mio capo.
Sei a volte un maroso
spumeggiante
che m'investe
e mi lascia tramortito.
Tu sei l'onda
che mi culla nell'infinito
tu sei sabbia
che scorri fra le dita.
Tu sei questo e altro
sei oceano in tempesta
e specchio della luna
sei la forza del vento
e la quiete del tramonto.
Sei la sirena dei miei desideri.

Tu sei tu
così vicina e così lontana
un fuoco che arde in me
un sogno ad occhi aperti
il battito di un cuore
appoggiato sul mio petto.

Creta
L'onda spumosa
che si infrange alla riva
porta suoni antichi
un brusio di voci
osannanti a dei
che ora riposano
l'eterno sonno
di idoli dimenticati.
Un cozzar di lame
ricorda che su questo mare
un giorno Troia sorgeva
travolta da passione e inganno.
Così pure ancor c'è quel che resta
di una reggia perduta nel sogno
di quel re Minosse
della leggenda di Teseo
e del suo Minotauro.
Antiche saghe,
miti che si perdon nell'onda,
ma nelle notti di luna piena
l'animo puro può ancor scorgere
emergere dai flutti
in eterea bellezza
l'Afrodite che sempre è
nel cuore di ogni uomo,
un sogno che si rinnova
un corpo che si desidera toccare
fuggendo prima del contatto,
perché la realtà non sia quel nulla
che ogni giorno ci accompagna.

Da Viaggi in poesia

Lo sguardo altrove
Procedo lungo la strada
un passo dopo l'altro
lo sguardo in avanti
che tutto e niente vede.
Sono un treno sui binari
da tempo ormai partito
diretto verso l'arrivo
una stazione senza pensiline
né passeggeri in attesa
ma solo il fine corsa
per una motrice
ormai imbolsita
che arranca sferragliando
sempre più a fatica.
Ognuno ha il suo binario
in questa corsa della vita
un fischio di tanto in tanto
per far sapere che ci siamo.
A fianco camminiamo
ma nemmeno ci si vede
perché lo sguardo è altrove
sempre oltre dove stiamo,
e intanto corriamo verso quell'arrivo
che non è mai troppo lontano.

Il destino di un poeta
Solo fra tanti
volava oltre il cielo
negli spazi siderali
a raccoglier
incolori fiori di stelle
nei prati di galassie
per mostrarli
a chi non vedeva
per spiegare
che la vita
è un grande
e ricorrente
infinito cerchio
di nascite e morti
ma che nulla comincia
e nulla termina
come in un sogno
che sboccia all'improvviso
e che solo la luce
dell'alba oscura.
Volava sopra i mari
albatro ferito
nella malinconia
di chi porge invano il cuore.
Si librava su cime innevate
riportava agli uomini
il profumo d'un eterno
smarrito nella corsa
verso l'ignoto
ma nessuno odorava
quell'aria di vita
che sola cancellava
un tempo di ansie.
Giorni e giorni
una lenta solitudine
senza ormai speranza.
Il mondo legge
ma poi tutto vola via.
Che conta mai l'eternità
quando il sogno non è pane
le stelle non son altro
che materia da conquistare?
E allora poco a poco
moriva dentro
il suo sogno sbiadiva
nel grigio opaco
di quella realtà.
E anche quando
smise di vagheggiare
e gli occhi
gli si chiusero per sempre
solo il cielo pianse
una pioggia sottile
in un autunno
di foglie disseccate
di ore spente
di terra stanca.
Restarono solo fogli
righe vergate
versi sussurrati
sogni trascritti
che nessuna alba
avrebbe mai cancellato.

Il reduce
C'era forse un motivo
per cui la guerra scoppiò
c'era
ma nessuno lo sapeva
e così
dalla quiete di giorni di sole
si passò al clamore delle armi
niente più passeggiate in riva al fiume
non più notti d'amore
ma un unico tempo senza ore
lontano da ogni umana realtà
un giorno senza fine
solo orrore, ansia, paura
e il rimorso che dentro strideva
come una corda di violino
un unico suono lacerante
che superava ogni fragore
sempre presente
ancor più forte
nel silenzio della battaglia finita.
Tanti sono rimasti su quel prato
ma tutti restano in me
che intraprendo la via del ritorno
alla casa che un giorno ho lasciato
a un mondo che non sarà
mai più come prima.
Quanto dolore per una guerra
il cui motivo nessuno sapeva
anche se c'era.
Tenebre di colpo calate
su un giorno di quiete
solo per dissetarsi alla fonte del potere,
un'arsura che fa uscire di senno
che nulla fa vedere
se non l'acqua miracolosa da conquistare
e che mai spegnerà questa sete.
Troppi fiori recisi
e a quelli che la lama ha solo sfiorato
resta il rimorso di esserci ancora.
di non poter dimenticare
una follia senza onore
sia per il vinto che per il vincitore.

(da Canti celtici II)

Il cerchio infinito II
Guardo la tua alba
nella luce
del mio tramonto.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio, 2008)

Ritorno a casa
Già con l'albe brumose
e lo stillicidio dei giorni
gravidi di pioggia
s'annuncia la fine
di una stagione
dai primi timidi tepori
all'arsura acre
di cieli assolati.
Scendiamo,
io e il mio gregge,
per gli antichi sentieri,
lasciamo i monti
con le cime di fresco
incappucciate,
torniamo al calore
della casa che da lungo
ci attende.
Un vento gelido
sferza gli alberi
dalle foglie accartocciate
mentre altre a terra
giacciono immote
fradice d'acqua
natura morta
in olezzo di putrefazione.
Conto i passi e gli anni
e sempre tanti sono
mentre la gioia del ritorno
non attutisce più la fatica
di un corpo ormai
consunto dall'età.
Laggiù,
in fondo alla valle,
m'attende la casa,
con il fuoco scoppiettante,
il calore del rifugio familiare.
Là forse mi coglierà
la fine di tutti i giorni
ma come vorrei che fosse
a primavera,
all'ombra d'un larice
sotto un cielo terso
con un ultimo sguardo
a un mondo che rinasce.

(da Canti celtici II)

Le strade del cielo
Ci son notti
in cui le stelle
scendono dal cielo
fino a terra
per donare il calore
a chi di solitudine
lentamente muore.
Basta che alzi gli occhi
e con la mente volo
nelle mille strade
che corrono su praterie
di blu cobalto
dove pascolano
candide nubi
dove scorrono
i torrenti della pioggia
fra boschi
di lucenti comete
e sempre quel suono
un gong che sa d'eterno
a cui è dolce
abbandonarsi
chiudendo gli occhi
e aprendo il cuore.

(da Il deserto e il sogno)

Danza di primavera
Nel cielo s'intrecciano voli
danzano rondini ebbre di sole
giù canta il ruscello
libero dai ghiacci d'inverno
e anche noi
reduci da lunghi giorni
soggiogati da gelo e buio
ci inebriamo alla luce
che imperiosa s'affaccia
sui boschi tempestati di gemme.
Umili servi di un dio
che blandisce con il caldo affetto
di ore assolate
e punisce con la fredda
oscurità dell'inverno
anche noi cantiamo e danziamo
al ritorno alla vita
al profumo della terra che rinasce
all'ardore che accende i cuori.
Un'altra primavera
in cui risbocciamo come fiori.

(Da Canti celtici II)

Tanti anni fa, un tramonto
Lento declina il sole
all'orizzonte
una linea rossa
contrapposta
a quella grigia
di buio degradante.
In quest'ora silente
in questo cielo
solcato dagli ultimi voli
guardo il tuo volto
illuminato dalla porpora
del tramonto
e ricordo di giorni passati
di un bacio rubato
di una carezza
che ancor freme sotto le dita.
Ti vedo col cuore
non come sei
ma com'eri
un sogno
che lento riemerge
in questa luce calante.
E ti stringo a me
come la prima volta
con dentro un tumulto
che mi soffoca
un nodo che stringe la gola
il respiro ansante
che il tuo bacio rallentato
acqueta con un sospiro.
Tanti anni fa
un tramonto come questo
l'alba di una vita
che ogni giorno si rinnova
in un lento adagio
che accompagna
passi ormai stanchi.

(da Lungo il cammino)

Quando il poco è tanto
Una finestra aperta
spalancata alla vita di fuori.
Alle risa dei bimbi
s'uniscono i pigolii
dei pulcini che accorrono
al richiamo della chioccia
un alito lieve di vento
ondeggia sulle tende.
Benché la luce sia quella
tenue e soffusa del tramonto
e in cielo l'azzurro si stinga
nel blu che annuncia la notte
mi prende una gioiosa malinconia
e forte è il desiderio
di abbracciare il mondo.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio, 2008)

La fonte antica
Fresca fonte del bosco,
polla d'eterna acqua,
in cui il vecchio salice
piange foglie ormai vinte
da gelide tramontane.
Nelle notti di plenilunio
s'indovinano volti
riflessi tanti anni fa.
Sono timorosi ovali
di fanciulle nella speranza
di un amore,
candide madonne
a ricercar conferma di bellezza,
occhi rapiti in sogni estatici,
timorosi della realtà del giorno.
Ma anche irsuti visi
di uomini in arme
prima di giorni di sangue,
di acque trasparenti
divenute poi rosseggianti.
E infine,
dianzi che il gallo canti,
e il tremor dell'alba
metta in fuga i sogni,
si scorge sull'acqua,
appena increspata
dalla brezza del mattino,
l'immagine di un femmineo cigno,
la signora di questi incanti,
la magia di un momento,
l'illusione che assopisce la mente
e apre il mondo al cuore.

(da Canti celtici - Il Foglio, 2007)

Il crocefisso
Ricordo bambino
le ginocchia sui lastroni
ruvidi d'anni di passi,
raccolto a mani giunte
a guardare un dolore
che né spine né chiodi
potevano provocare.
C'era tutta la sofferenza
di un mondo di ombre
schiacciate dalla forza del male
e sempre mi chiedevo
perché mai l'avesse fatto
perché parlare di vita nuova
senza poi esser ascoltato.
Lui capiva
vedeva la pena che provavo
e anche questa raccoglieva.

Gli anni son passati
la risposta non è arrivata.
Eppure se vado
a cercar quella croce
se ancora ne provo la pena
se scorgo le lacrime amare
di chi non ha pranzo né cena
se l'ultimo respiro
può essere meglio della vita
m'accorgo che il suo dolore
è la nostra speranza
che la smorfia del suo viso
è il suo messaggio d'amore.

(da La pietà)

La cattedrale di ghiaccio
Andavam per mare
solo all'avventura
a cercare nuove terre
a sognare nuovi lidi.
Lenti i remi
s'immergevano nell'acqua
mai la vela si tendeva
in una bonaccia senza vento.
Un giorno come tanti
di tante domande senza risposte
tesi solo a vagheggiare
in un tempo quasi immobile.
Nulla all'orizzonte
si scorgeva
tranne un bianco assai lontano
che man mano s'ingrandiva
e che parve a tutti noi
una cattedrale di ghiaccio alla deriva.
Fu ad un tratto
che il cielo s'oscurò
e che s'alzò un ostro maledetto
impetuoso e sibilante
con il mare che si sconvolgeva.
Presto la vela fu strappata
i remi tirati a bordo
e in balia di una tempesta
fummo spinti senza freni
verso il ghiaccio galleggiante.
Nel pericolo pregammo
ma di certo l'ulular del vento
il mugghiar del mare
impedirono agli dei d'ascoltare.
E così s'arrivò all'urto
col fasciame sbriciolato
con la nave che affondava.
Era tutto un ribollire
mentre in acqua galleggiavo
stretto intorno all'albero maestro.
Dei compagni nessuna traccia
ma nel buio sempre fitto scorsi
le anime salir in cielo
ectoplasmi deformati
luci tremule evanescenti
divorate dalle nubi.
Un gran sonno allor mi colse
nel freddo di quel luogo
e ripensando alla mia vita
a Morfeo mi lasciai andare.
E in un sogno che tal non era
vidi il mio corpo distaccarsi
scender lesto negli abissi
mentre il cielo s'avvicinava.
Una pace silenziosa
m'avvolgeva come un mantello
e senza saper ormai chi ero
compresi infine
che il lungo viaggio avviato
in una casupola di paglia
era ormai per me terminato.
Giù in fondo
la tempesta era finita
calma d'acque e d'aria
la cattedrale di ghiaccio
riluceva nel sole
e lenta se ne andava
verso mari meno gelidi
incontro al suo ultimo destino.

(da Canti celtici II)

Primavera
Di primo mattino
passeggio nel prato
ancor lucente di rugiada.
Nel cielo terso
si rincorrono le rondini
e paciosi bombi
van di fiore in fiore
a suggere il prezioso nettare.
C'è un'aria nuova oggi
un profumo di vita
che s'alza da terra
una gioia indistinta
che accompagna i miei passi.
Sfioro con le mani
le rosse foglie della fotinia
apro la siepe
ed ebbro di luce
m'immergo nel verde.

(da Lungo il cammino)

Aria d'amore
Verdi colline
con castelli
diroccati
ritti sulle cime.
La sera da là
scende un'aria
che sa d'antichità
di madrigali ballati
in quiete sere d'estate
di canti di bardi
tanto appassionati.
Un mondo
che non c'è più
ma che ritorna
a sciogliere
languidi sguardi
di giovani innamorati.
Oggi come allora
scocca ancora
la freccia di Cupido
trafigge cuori
che si tormentano
fra esaltazione
e timore.
Ancora c'è un mondo
di frasi sussurrate
di voci tremanti
di gioia
in un'aria
che è un invito all'amore.

Sogno di primavera
E' questa una stagione
di tepori solo abbozzati
fra colori che si accendono
in prati rinverditi
tra voli d'uccelli innamorati
sotto gli occhi attenti
di un gatto da poco risvegliato.
Suona il vento una musica
di rinata giovinezza
di nuovi amori
che spuntano fra i fiori
e anche un cuore stanco
dai battiti invernali
appena un po' accennati
riprende a galoppare.
Rinasce così un sogno
di smettere gli abiti consunti
di rivestirsi di seriche corolle
rotolandosi fra l'erba
per poi fermarsi
a contare le nuvole nel cielo
con loro a correre lontano
senza una meta ben precisa
perché in una vita che s'inizia
la gioia sta tutta nel non sapere
nel camminare senza pensare
nel correr dietro ai battiti di un cuore
che nell'aria di primavera
s'accende ancora d'amore.

Il filo dei ricordi
Percorro quel che resta
di strade d'antica memoria
ormai non son che sentieri
celati dalle ragnatele del tempo.
Riaffiorano a sprazzi
brandelli di immagini
cocci di fatti trascorsi
difficili a mettere insieme
scene di vita quotidiana
che forse un senso hanno
ma che sono confusione
in una mente attenta
a vivere il presente
collegandolo idealmente
al passato
un filo di ricordi
che a tratti ormai è spezzato.

(da Il deserto e il sogno)

Festa

Già le nevi muoiono.
Goccia a goccia
l'inverno se ne va
mentre il sole accompagna
la gaia primavera
e la luce caccia le tenebre.
E' una festa di colori
che canta fra rossi e gialli
é la melodia della vita
che torna a sorridere
e contagia tutti
dai primi merli
che s'affacciano nei prati
ai cuori pervasi
da un ardore
che prelude ad amori improvvisi
a fremiti irrefrenabili
a gioie e speranze.
I vecchi si crogiolano al sole
come canute lucertole
alzano lo sguardo al cielo
in una parentesi di primavera
nel loro monotono inverno.

(da Lungo il cammino)

Ora, come allora
Vecchie viuzze
che sghembe procedono
su ciottoli sconnessi
portoni che s'aprono
su piccoli cortili
e in mezzo un pozzo
una carrucola arrugginita
che mai più girerà.
E' un quartiere antico
che ora pare morto
ma se mi soffermo a guardare
bifore dagli opachi vetri
o se noto capitelli
ingrigiti dal tempo
la strada d'improvviso
s'anima di matrone petulanti
di ramaioli sguaiati
e dietro rintoccano
gli zoccoli d'un cavallo.
S'apre un mondo nuovo
in un tempo che fu
tra amori appassionati
odi sviscerati
là il vagito di un bimbo
oltre l'affanno di un morente
e nella vecchia chiesa
qualcuno prega per amore
o per lenire un suo dolore.
Oggi, come allora,
nulla cambia
in un giorno che nasce con l'alba
e finisce con il tramonto
in un uomo che s'affaccia alla vita
piange
ride
ama
e si dispera
paga il suo pegno
per il viaggio nell'ignoto.

(da Canti celtici II)

La carezza della sera
Veloce fugge la luce
mentre lieve silenziosa
s'appressa la sera.
Malinconia dolce
che accompagna ore
di quieti deschi familiari.
Sospiri del cuore
che si strugge
nella carezza soave
di una sera
che rinchiude il giorno
nello scrigno dei ricordi.
Una lampada riluce appena
chiaroscuri che disegnano
volti mai dimenticati
e che mai più ritorneranno,
emozioni di colpo riaccese
che fan brillare occhi
non ancora assopiti.

(da il deserto e il sogno)

Estasi
E' una luce
che vibra nel buio
è un suono
che esalta il silenzio
nulla è più dolce
niente è più lieve
del sussurro dell'anima
sublime melodia
per il cuore che ascolta
mentre l'orizzonte
si spalanca
e il mondo intero
entra in me.
E di quel mondo
sono al contempo
madre e figlio
in un abbraccio
senza più tempo
né confine.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio, 2008)

L'amore
Lenta veniva lungo il sentiero
e i fiori di campo chinavano il capo
al suo passaggio di ninfa terrena.
Più s'appressava meno vedevo
i colori del cielo e dell'erba
solo notavo l'incedere flessuoso
del suo corpo ancora acerbo.
Andava con gli occhi bassi
ma nel passarmi accanto
sollevò lo sguardo
incontrando il mio
e fu come se all'improvviso
la primavera piombasse
sul nostro lungo inverno
a cacciare dal corpo
il freddo di giorni di solitudine
ad avvamparmi dentro
un fuoco che non brucia
ad accelerare i battiti del cuore.
Già era passata e i miei occhi
scintillanti la seguivano
incerti fra l'ondeggiare
armonico delle anche
e il candido collo
che adornava una testa
dai lunghi crini dorati.
La guardai fino alla curva del sentiero,
là dove piega a destra
ed entra nel bosco del villaggio.
Or la vedevo con la mente
immaginavo il suo passaggio
fra le foglie garrule al vento
e poi il guado del torrente
e infine la casa sua che l'attendeva.
Fu solo quasi un momento
pochi istanti di tempo
per aprire uno squarcio dentro di me
per gioire e soffrire
per sperare e patire.
Fu allora che seppi
che cos'era l'amore:
un lampo di luce
imprigionato nel cuore.

(da Canti celtici II)

Le lunghe ombre

Scivolano sull'acqua
le vele quadre al vento
lunghe ombre nere
si stagliano nel rosso
d'un tramonto
di un tempo ormai passato.
I remi si piegano
s'immergono nell'acqua
s'inarcano le schiene
le barche avanzano rapide.
Nel silenzio della sera
che s'avvicina
s'ode solo il canto
degli ignoti vogatori
parla di case lontane
di famiglie lasciate
per correre incontro
a nuove avventure
per sollevare il velo
di quell'ignoto
che affascina
e atterrisce.
Sempre in avanti
con la mente all'indietro
a quel che è certo
e che mai accontenta.

(da Canti celtici II)

Nevicata
C'era nell'aria
fredda intensa
il suo profumo.
Scendeva frizzante
dal cielo bigio
sferzava il volto
seccava le mucose.
Sarà neve,
tutti dicevano.
E neve fu.
Polvere lieve
un pulviscolo candido
in preda alle bizze
di un vento dicembrino.
S'affacciò sul mondo
tutto a ricoprirlo
uomini e cose
un deserto di ghiaccio
una distesa di sale
un biancore uniforme
su cadaveri di foglie
su mura sbrecciate
su sospiri rassegnati.
Chiuse le porte
il fuoco crepitante
s'attende che smetta
che gli ultimi fiocchi
salutino il sole.

(da Lungo il cammino)

Tre croci
Non c'è fragore di battaglia
solo il vento mormora
carezzando tre croci ignote
lì a memoria di ciò che è stato.
Lungo il crinale
dove più dolce è l'ascesa
vigilate da ombrosi pini
osservano mute il viandante
che a volte s'avventura
oltre la pietraia scoscesa.
C'è silenzio
mentre lo sguardo corre
su tre legni seccati dagli anni.
Furono vite colte anzitempo
falcidiate dall'umana follia
e ora nulla resta
se non croci senza nome
un muto monito
che induce ad abbassar gli occhi
a coglier fra l'erba
che intorno cresce
lacrime di rugiada
che ornano di pietà
sepolcri spogli d'ogni retorica.

(da La pietà)

Ispirata dal piccolo cimitero austro-ungarico
sito all'Alpe dei Fiorentini

Solstizio d'inverno
Un altro anno è passato.
Nel freddo di queste nevi
c'è stata la festa
con cui abbiamo salutato
la sua partenza.
Intorno al fuoco
ebbri di birra
abbiamo danzato
in cerchio
tenendoci per mano.
Fra le fiamme
ondeggianti al vento
che d'inverno gela queste terre
ho rivisto i volti
di chi ci ha lasciato.
Erano lì muti
a ricordarci
che il tempo è breve
ma se per ognuno
c'è un'ultima stagione
altri verranno
al disciogliersi delle nevi
ai primi tepori di primavera
farfalle che s'affacceranno
su questo mondo
che già porta impresse
le nostre impronte.
Un volo leggero
che par scendere dal cielo
s'apriranno alla vita
in punta di piedi
e più avanti
sarà il mio volto
che vedranno nelle fiamme
del giorno del solstizio.

(da Canti celtici II)

Il sorriso
Erano dolci le colline
da cui zefiro scendeva
a lenire la calura dell'estate
quando all'imbrunire
ritornavo con le greggi
al focolare che m'attendeva.
Un altro giorno passato
fra poco il buio
il riposo nella famiglia
una ciotola di latte
un pezzo di pane
le risa dei figli
il sorriso della moglie.
Nelle furie del tempo
gli dei vollero chiamarmi
all'ora del tramonto
mentre alla casa ritornavo.
Nelle tenebre
che subito m'avvolsero
rividi in un istante
un focolare,
visi gioiosi
e ancora il suo sorriso.
Di me non restano
che povere ossa
presto polvere su polvere.
Ma in questa vecchia quercia
si trova l'essenza di me
un'anima spoglia
quel che rimane di un uomo
che tornava la sera
dopo il duro lavoro
per gioire solo
                  di un sorriso.

(da Canti celtici II)

Il ramo spezzato
Impietoso inverno
gelidi aliti
polari procelle
e lui ancor ritto
con il suo moncherino,
vecchio mio albero
che s'affanna
a cercare il sole.
Il ramo più bello
in primavera frondoso
platea di tenzoni del cuore
fra imberbi uccellini
il gatto a terra
estasiato a guardare.
E ora invece
fradicio di grigiore
spezzato
sprofonda
nel fango
di una fine d'inverno.

(da Il cerchio infinto - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2008)

Giorno d'autunno
Fra le brume del mattino
nel silenzio del risveglio
i richiami degli uccelli
che s'apprestano a partire.
Lasciano l'umida stagione
per svernare nel tepore
di terre assai lontane.
Già s'approssima
l'ultima stagione
con il suo gelo
che penetra nel cuore.
Tante lune ormai ho visto
che non so più nemmen contare
bianchi come neve
sono da tempo i miei capelli
tutto curvo su me stesso
guardo i piccoli giocare
là dei fiori ancora in bocciolo
qui un tronco rugoso
e rinsecchito
che nessun fuoco potrà
mai scaldare
né lui calore potrà ancora dare.
Son giorni lunghi
in cui s'attende al nulla
c'è tanto tempo per pensare
ma senza futuro la mente
corre a quel passato
ormai lontano
un sogno che riemerge
a cui m'aggrappo invano.
Vorrei migrare anch'io
verso nuove terre
verso nuova vita
ma il giorno ormai si spegne
in un tramonto senza sole
verso una notte senza domani.

(da La pietà)

Un filo di fumo
Lunga la strada
quella del ritorno
dopo anni di assenza
a combattere
in giorni di fragore
gonfi di sangue
fra grida strozzate
che si spengono
nell'ultimo sussulto.
Poi tutto è finito
urla di gioia
spade alzate al cielo
a celebrare il trionfo.
Ma è l'esser lì
e non nell'Ade
la gran vittoria.
E ora si torna
alla casa lontana
al calore di una donna
a cieli conosciuti.
Giorni e giorni per strada
e finalmente
il verde dei campi
mentre il passo accelera
e il cuore galoppa
il respiro s'affanna
e là in fondo
s'alza un filo di fumo
un focolare che aspetta.

(da Canti celtici II)

Ogni ora
Ogni ora che scorre
alla luce del giorno
o nel buio della notte
è polvere grigia
che scivola
nella clessidra
è fiume
che corre alla foce.

Ogni ora
che il pendolo batte
è un pezzo di me
che se ne va
è solo un diaframma
del tempo
che s'apre e si chiude
è tutto e nulla.

Ogni ora
che si sbriciola
è un passato
che mai più tornerà.


Ogni ora
che silenziosa
mi lascia
è solo un lungo addio.

(da Lungo il cammino)

La signora della notte
Diafana il giorno
il viso celato
alle prime ombre
si mostra
la signora della notte
un volto
che riflette speranze
sogni ispirati
dal misterioso sorriso.
Circondata da lucenti ancelle
fa sospirare innamorati
preghiere desideri
fantasie ideali
raccoglie in sé
turbamenti inconsci
di un mistero non ancora svelato
invano riflesso nell'acqua del mare.
Anch'io chiederò
senza aver risposte
muta ascolterà
l'illusione d'un bardo alla deriva
e poi all'alba
fuggirà con i miei sogni.

(da "Il cerchio infinito" - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2008)

Il ricordo di un bacio
E' un tempo ormai senza ore
di giorni e notti uguali
è lunga questa attesa
senza un'anima vicina
nel silenzio d'una stanza
in un letto che non è suo
fra lenzuola di sudario
nulla a cui pensare
di un passato ormai lontano.
Solo la paura l'accompagna
per quel salto nell'ignoto.
Ma ad un tratto inaspettato
scende il cielo sulla terra
e un ricordo alfine affiora
d'un bacio sconosciuto
un sapore muschiato
a bagnar le labbra secche
a lasciarsi infine andare.

(da La pietà)

Anima persa
Nel buio l'avverto
che gira all'intorno
senza trovare rifugio.
Nel sonno mi parla
con voce affranta.

"Vago nel mondo
senza mai pace
vittima del mondo
che non sa perdonare.
Ero fanciulla
al suo primo amore
ingenua illusa
cedetti alla carne
e in grembo trovai
il frutto di un momento
di folle passione.
Lui non mi volle
gli altri nemmeno
e neppure le lacrime
sciolsero i cuori
così che reietta
da tutti fuggita
un giorno mi tolsi la vita.
Mi affidai alle acque
limacciose del fiume
le uniche che m'accolsero
in un abbraccio ferale.
Da allora vago senza speranza
senza che un tronco mi ospiti
anima persa dannata per sempre."

E se il singhiozzo chiude il racconto
il suo silenzio mi sembra un'accusa
perché di tutti sono il più reo
perché fra tutti fui l'unico
a coglier quel fiore
e a gettarlo alle ortiche
senza più amore e nemmeno pietà.
Resta il rimorso solo con me
e in esso rivive quell'anima persa
sì che anch'io mi trovo smarrito
in un labirinto di incubi
che illuminano la notte
e rabbuiano il giorno.

(da Canti celtici II)

La carezza del vento
Una carezza d'aria
il fruscio del vento
in una calda estate
profumi di prati lontani
voci di verdi pascoli
intrisi di rugiada
oasi della mente
refrigeri dell'anima.
E io ascolto suoni
che mi sgorgano dentro
carillon tenui della natura
ronzii di api assetate
gorgoglii di fresche acque
in un concerto dei sensi
che mi fa volare
oltre l'onda di calore
in un miraggio
che creo e che vivo
in un tempo che si ferma
in un giorno che rallenta
nel sole di un estate
che ora tiepido
mi avvolge.

Fra mare e cielo
Mugghia forte oggi il mare
sospinto dal vento freddo
che scende dal lontano nord.
Le onde corrono impazzite
si urtano si superano
s'infrangono sulla scogliera.
Corre lo sguardo là dove
mare e cielo sono tutt'uno
un'incerta linea grigia
un confine senza sbarre
dove l'uno affonda nell'altro.
Nelle notti di luna
lì s'affollano vele
barche partite e mai tornate
ora sospese fra cielo e mare.
S'affannano invano i vogatori
ma i remi non calano nell'acqua
annaspano senza più
trovare la via di casa.
S'odono allora brusii sommessi
un coro a bocche chiuse
di chi non può più raccontare.
Sulla spiaggia s'alzano i richiami
di donne desolate di spose sconsolate
di madri addolorate.
Gridano i nomi che si perdono
nel fragore del mare.
E' un amore disperato
che lanciato sull'onda
lesto torna alla riva
e s'aggrappa a capelli
mossi dal vento
a piedi intirizziti
affondati nella rena
a cuori sfiniti
che battono solo di speranza.

(da Canti celtici II)

L'obelisco lucente
S'alzava dalla sabbia
un obelisco lucente.
Salii una scala senza gradini
e più andavo
più non scorgevo la cima
nessuna fatica
una levità dell'essere
mentre lasciavo dietro
cirri di pagine incompiute
e il sole rimpiccioliva
alla luce che abbagliante
scendeva da lassù.
Solo il risveglio
fermò la salita
fuori s'annunciava l'alba
ma già sapevo
che la mia aurora
era sorta in sogno
schegge luminose appuntate in me
come spilli di conoscenza
immagini rifratte nella mente
come squarci di luce nel buio.
Lassù mai arriverò
ma nel tempo che verrà
salirò ancora quella scala
senza più ritorno.

(da Il deserto e il sogno)

Eternità
C'è un sentimento senza tempo,
che si ritrova in ogni era,
un fremito uguale che sempre si ripete,
un incontro che non vuol mai terminare.
E voi lo provaste, in epoca antica,
quando ancora non si scriveva di questo,
fra capanne piantate nelle acque del lago,
fiere affamate all'intorno pronte a balzare
e Dei di cui ormai s'è persa la memoria.
Ma l'amore è rimasto, oggi come ieri,
oltre ogni logica, oltre ogni confine.
Giacché il tempo per voi era passato,
ci fu anima pietosa che rese gloria
a un sentimento imperituro nei secoli
e nell'abbraccio dell'ultimo anelito di vita
vi affidò alla morte
perché i posteri un giorno sapessero
che tutto finisce,
tutto cessa,
fuorché la forza dell'amore.

(Dedicata ai due neolitici sconosciuti che gli scavi effettuati nei pressi di Mantova
ci hanno restituito nell'ultimo abbraccio
)

(Da Canti celtici - Edizioni Il Foglio, 2007)

Insonnia
Fra lenzuola sudate
l'inutile ricerca
di ore di sonno
di quel non pensare
che aiuta anche a vivere.
Ma batte la pendola le ore
e ancora gli occhi stanchi
guardano il buio
indovinano forme.
E allora lenta riappari
diafana immagine
ombra e penombra
torni da me
esci dalle tenebre dell'Ade
le braccia aperte
il viso muto
lo sguardo malinconico
venato da un pudico sorriso.
Così eri e così sempre ti vedrò
anche ora che incedi verso me.
Ecco il tuo volto s'avvicina
alzo la mano per una carezza
che scivola nel vuoto.
Stringo il pugno
e allora vedo
il mio indice scorrere sul viso
sento il fremito che ti attraversa
che si trasmette a me
intenso e lieve
immenso e fugace.
Ma ormai scendono lacrime
che mi rigano le gote
e tu veloce ti allontani
lesta svanisci
ritorni al mondo tuo
prima che il gallo canti
e l'alba grigia spezzi
i sogni ad occhi aperti.

(Da Canti celtici II)

La quiete della sera
S'addormenta anche il cielo
nella quiete di questa sera
fatta di penombre appena rischiarate
dalle luci di lontani casolari
permeata da un refolo d'aria
che sfiora l'erba del prato
intrisa del profumo dei campi
di una natura che chiude gli occhi
e apre lieve il cuore.

Tu sei la farfalla
C'è forse un cielo più azzurro
degli occhi tuoi?
Ti osservo nascosto fra l'erba
ti sogno ogni notte
grido nel buio il tuo nome
e subito l'alba s'accende
fra un concerto di allodole
e la voce serena del mare
che giunge dolce alla riva.
Tu sei cielo
in cui poter volare
tu sei oceano
ove lasciarsi cullare
tu sei la luce
la tenue fiamma
che accompagna ogni mia ora
tu sei la farfalla
che si posa sul mio cuore
tu sei una realtà
che per me è sogno.
Tu
sei infinitamente tu
una nuvola che corre nel cielo
e che invano cerco di afferrare.
Tu sei la vita
l'ultima speranza
di un uomo
che lentamente muore
nel desiderio di un amore
che invano rincorre
il miraggio di un sogno.

(da Canti Celtici II)

Un canto d'eternità
Sciolte le vele
spinta dal vento
vola rapida
la parola
una voce
un tocco
di serenità.
Nella notte
più
d'ogni stella
riluce
la poesia
illumina
cuori spenti
sazia
anime esangui.
E' un canto
                d'eternità.

(Da Il cerchio infinito - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2008)

La storia siamo noi
Sempre si parla di Alessandro il Grande,
o di Cesare, oppure di Garibaldi,
di gesta antiche ricordate negli anni,
di uomini di carne ascesi all'Olimpo.
Di guerre è la memoria,
di invincibili condottieri è il ricordo.
Questa è la storia che si studia
seduti al banco della scuola.
Nulla è di diverso in millenni d'esistenza,
ma credo che la storia, quella vera,
siamo noi.
Noi che ogni giorno ci svegliamo
volti anonimi nella moltitudine
e che da sempre arranchiamo
nelle stagioni d'un'esistenza ignota
nel lavoro quotidiano
negli affetti familiari
nelle poche piccole gioie
nei dolori che ci scavano.
Silenziosi percorriamo
il sentiero della vita
e al calar dell'ultimo sole
ce ne andiamo nel silenzio
sconosciuti anche dopo
come lo eravamo prima,
ma la storia siamo noi
con le nostre debolezze
con gli affanni di ogni giorno,
a portare avanti il mondo
a lasciare un segno impercettibile
senza il quale Alessandro, Cesare
e Garibaldi ed altri ancora a venire
non avrebbero ragion d'essere.
Sì, la storia siamo noi,
umili tasselli del mosaico della vita.

Le stagioni del cuore
Ti guardo correre nell'erba
senza pensare al domani
senza mai volgerti indietro.
Vola perchéè tua l'età
canta perché in te è la gioia
sogna perché a te sta il futuro.
Un giorno verrà,
un giorno qualunque
in cui figlio sciamerai dal nido
per costruire la tua vita.
E io ti lascerò andare
con gli occhi lucidi
come per una partenza
senza più ritorno.
Andrai per impervi sentieri
sotto l'umida pioggia
fra la neve che cade
accecato dal sole rovente.
Quante stagioni vedrai
ma nell'autunno ti prego
di pensare un po' a me
di rivedere quegli occhi lucidi
che ormai non brilleranno più.
Un pezzo di passato
tenuto nel tuo cuore
il ricordo di un amore
affinché il mio
e il tuo inverno
non vengano invano.

(da Canti celtici II)

Di una giornata serena
L'alba s'annuncia
nella pioggia che sfuma.
Un soffuso chiarore
arranca fra le nubi stanche
che lentamente si trascinano,
sfilacciate, insonnolite
nel ricordo della battaglia notturna.
S'arrochisce la voce d'un rospo
nell'umida frescura del prato intriso.
Piano piano il giorno rioccupa il suo trono
lanciando strali di luce
contro le tenebre in fuga.
Lontano è l'inno di un gallo alla luce
mentre vicino plana lento un airone.
Nel silenzio s'ode il timido brusio
di una natura che rinasce;
là una lepre saltella fra il grano
qua una gazza osserva assorta
i lucenti fili dell'erba.
Il cielo sgombro di nubi
il quieto risveglio
di un mondo troppo vicino
per essere scorto nella sua armonica diversità
sono l'inizio di una giornata serena
uno squarcio di vita in cui nulla pensare
né mai volgersi all'indietro
oppure affannarsi a correre in avanti.
Son solo poche ore
che danno un senso all'eternità.

L'interrogazione
Vita ignota nel vecchio stagno,
piccoli esseri nati all'alba
e già scomparsi al tramonto.
Un brusio, quasi un sussurro
che incanta l'orecchio,
che fa prendere il volo alla mente.
Tanti secoli fa la stessa scena,
occhi che scrutano la superficie,
increspata dalla brezza della sera.
Un uomo a fantasticare,
a sognare un futuro che non vedrà.
Come sarà,
si chiede,
fra mille anni?
Una domanda senza risposta,
ma che la fantasia dona di reale irrealtà.
Come sarà,
mi chiedo,
fra mille anni?
Rivedo lo stagno,
occhi come i miei
che scrutano l'acqua
e che si pongono la stessa domanda.
Il tempo passa,
tutto cambia,
ma quell'interrogazione resta,
sempre.

(Da Canti Celtici - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2007)

Il soffio del vento
Ricordo il soffio del vento
che scendeva dai monti
e corrugava i prati della valle
il suo mormorio fra le frasche
degli alberi del bosco sacro
lo stagno che s'increspava
e io che ti guardavo
i tuoi lunghi capelli
appena un po' mossi
quel tuo sorriso solo per me.
Tossivo per l'acre fumo
del focolare
gli occhi mi si riempivamo
di quelle lacrime
che ora verso invano.
Un giorno di vento
un ricordo ormai lontano
le tue risa di fronte
a quel mio pianto.
Immagini che sfocano
nel fumo del tempo
suoni che mi illudo di udire
nulla è rimasto
se non ciò che rammento
quando come oggi
soffia ancora il vento.

(da Canti Celtici II)

Il canto di Alisan
Trecento notti ti ho aspettato
trecento giorni ho chiesto al vento
quasi un anno è ormai passato
ma nel cuore io lo sento

che se dalla guerra non sei tornato
non devo disperare né morir dentro
il tuo corpo non fu mai trovato
a tutti chiesi ed ebbi un'unica risposta.

Disperso sei, senza una strada,
senza una casa in cui sostare
una lunga prateria in cui vagare
senza una meta senza memoria.

Trecento giorni di dolore e di speranza
quattro stagioni per me uguali
senza le tue braccia intorno al mio corpo
senza i tuoi baci sulla mia bocca.

Il freddo dell'inverno mi ha lasciato
chissà dove sei e quanto hai patito
ma ora il sole sosta più a lungo
scroscia la neve giù dalle piante

una rondine ha solcato il cielo
primavera è ormai vicina
già rinverdisce l'erba
e le gemme, rossi rubini, segno di vita

si distendono in quest'annuncio di tepore
pronte ad aprirsi ai cieli miti e azzurri
a ricominciare a vivere come in passato
certezze più che speranze dell'eterno rinnovo.

Guardo sempre l'orizzonte,
verso dove tu sei andato,
attendo di rivederti comparire
un punto che piano s'ingrandisce

un volto che piano riconosco
e poi un grido, un'Alisan mia,
braccia forti che mi stringono
baci lunghi che mi soffocano.

Sei andato e non tornato
resti in me come in un sogno
che nessun alba porta via
un'attesa senza tempo

in chi solo può sperare.
Nulla è certo in questa vita
solo ciò che è stato è reale
e il mio amore disperato
sconta la gioia del passato

Al sergente nella neve
Scendeva fitta la neve
a coprire ogni cosa
uomini laceri
per sempre finiti
con la morte nel cuore
ombre vaganti
nel deserto di ghiaccio
disperati senza una meta
mai fermarsi a sostare
guai a chi cedeva
alla lusinga di un riposo
solo per poco
un poco infinito.
Là li hai lasciati
croste di gelo
in un sonno
senza risveglio.
Ora anche tu dormi
un eterno riposo
mentre cade altra neve
sopisce i rumori
ricopre lapidi
e croci di legno
Li hai ritrovati
a distanza di anni
sei anche tu arrivato
alla pace del dopo.

Acqua
Acqua cheta che sfiori le dita
goccia dopo goccia
racchiudi la vita.
Scendi dai monti lontani
porti frescura
a terre assetate.
Plachi l'arsura
di giorni d'estate
calmi la frenesia
di un animo inquieto
sei uno specchio
che rivela il segreto di noi.
Chi vede solo il volto riflesso
non sa dialogar con se stesso
chi scorge il fondo dell'anima
ritrova il sogno smarrito
riprende il percorso
di una strada che porta
oltre il lontano orizzonte
nell'infinito di un universo
che è in noi.

Intorno al focolare
La sera
raccolti intorno al fuoco
ad ascoltare le vecchie
storie di un nonno
a cui si smorzan le parole
all'approssimar del sonno.
Ma restano
galleggiano sulle brace
queste storie del tempo andato
fra realtà e leggenda
suadenti da far sognare
di dei discesi sulla terra
fattisi carne
per parlar con noi
una volta è un candido airone
un'altra è il salice
che in acqua protende le cime.
Sempre sagge sono le parole
quelle che ogni uomo
vuole udire
la promessa di un raccolto
la guarigione da una malattia
l'amore di una donna
la salvezza in guerra
la serena attesa
nell'ultima stagione.
Le palpebre lente s'abbassano
su parole divenute immagini
su fantasie diventate speranze
e intanto il nonno dorme
il quieto sonno
di chi attende senza disperare.

(da Canti celtici II)

La stella sul braccio
Saliva al cielo
il fumo del forno
mentre scendevano
fiocchi di neve
a coprire il lordume
del campo.
Così sono salito
anch'io fra i tanti
e da lassù
ho scorto i visi
duri della ferocia
i volti smunti
dei sacrificati.
Un mondo lasciato
dopo tempi di stenti
quasi un sollievo
chiudere gli occhi
e andare incontro
a un cielo distratto
l'unico posto
in cui non c'è fame
e nemmeno sete
senza sbarre
e reticolati
nessuna stella
sul braccio
niente lamenti
solo il silenzio
senza poterlo
apprezzare.
Non si ricorda
più il mio nome
sono solo uno dei tanti
che un giorno hanno
ritrovato la libertà
salendo in cielo.

(dedicata, nel giorno della Memoria, a
chi non ha fatto ritorno
)

Cento gradini
Cento gradini ho salito
cento albe mi hanno svegliato
in deserti aridi d'amore
cento notti ho avuto
per tetto le stelle
e come lampada la luna
in cento posti ti ho cercato
ovunque invano sono andato.

Il mio sguardo correva lontano
immaginava oltre orizzonte
s'inerpicava su ripidi pendii
s'aggrappava alle nubi del cielo
correva con l'acqua dei fiumi
indugiava in pozzi nascosti
si spegneva nel dubbio del nulla.

Poi il silenzio assoluto
gli occhi miei chiusi
sordo ad ogni rumore
solo il battito del cuore
ho chinato il capo su di me
ho udito la tua voce
un sussurro d'amore
la melodia dei sentimenti
l'emozione che solo tu,
anima mia, sai dare.

(Da Il cerchio Infinito - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2008)

Gavette di sabbia
Di gavette di sabbia
è il rancio del giorno
nulla che conti
se ti guardi all'intorno.
Volti tirati
maschere rudi
il saluto è un dovere
e poche volte piacere.
Siamo uomini soli
che fatichiamo a incontrarci
a restare un po' insieme
a parlare di niente
nulla di quello
che dentro teniamo.
Solitudini uguali
forse solo sogni diversi
ma quelli si tacciono
nessun altro deve sapere
del nostro segreto rifugio
lontano da tutti
lontano da noi
un'illusione
che ben conosciamo
affinché non tutto
sia proprio vano.

(da Il deserto e il sogno)

Il tempietto votivo
Dove la terra scende all'acqua
dove Catullo amava guardare
il lento sorgere del sole
un piccolo giardino
volge gli occhi al cielo
e fra profumi di limoni
e il rosseggiare d'oleandri
due marmoree figure
fanno ombra alle viole
e ai timidi tagete.
Un tempietto votivo
il misticismo di una natura
che l'uomo mai saprà
veramente amare
un'oasi per pregare
un rifugio per ricercare
in noi quel che resta
del soffio del vento divino.

(da Viaggi in poesia)

Il profumo di lei
L'aria oggi profuma
di mirto, di alloro,
di rosmarino.
Annuso, apro i polmoni
alla ricerca del profumo di te.
Ma è tutto vano
perché non ci sei più
e ho solo il ricordo
di una vaga fragranza
d'un gelsomino di carne
dai lunghi capelli
mossi dal vento
di una risata invitante
di un bacio lanciato
che m'affrettavo
con le mani a catturare.
E' solo in riva a quest'acqua
abbracciato al vecchio salice
che sento pulsare in me
la forza della tua presenza
che rivivo giorni lontani
felici nel sole
e nel buio della notte
stretti l'un l'altro
tanto d'essere solo uno.
Il destino ti volle
ti prese al tramonto
in un giorno di pioggia
frammista a lacrime
di cui avverto ancora
l'irrefrenabile scorrere.
Volasti via
lasciando le mie mani
sparisti con l'oscurità
e da allora fu notte
niente più giorni
anche il sole diventò diverso
una luce opaca
tanto da non rischiarare
il buio intorno e dentro a me.
Il vecchio salice è
la tua dimora
dove l'anima tua
resiste al tempo
che non passa mai.
Se stringo questo tronco
avverto un palpito lontano
un bacio lanciato
che non posso più afferrare
un sospiro per me
di cui non posso più gioire
se non nel ricordo
di un tempo che è stato.

(da Canti Celtici II)

Natali
Se scorro il calendario
mi si stringe il cuore
siamo quasi a Natale
e uno altro anno è andato.
Ritorno così alle feste passate
a giorni che ormai sono lontani
di quando guardavo cadere la neve
al caldo dietro un vetro gelato.
Allora erano diversi i Natali
senza gente che correva per strada
a comprare insipidi regali
un dovere in una società
che non conosce più il piacere
di stare un po' insieme
anche solo a parlare.
In quelle feste lontane
c'era di meno
c'era anche freddo
ma il cuore era caldo
e mentre cadeva la neve
era bello fermarsi a sognare.

Prima di Natale
Oggi è l'incanto
di un giorno sereno
di un sole in inverno
di luce senza calore
di passi sulla neve
mentre s'avvicina Natale.

In alto vola un airone
un bianco giglio con le ali
che pigro
si lascia cullare
dall'aria fredda
di un giorno d'inverno
vicino al Natale.

Un'insolita quiete
luccica il gelo
goccia a goccia
gronda la neve dal tetto
tutto è silenzio
nulla si sente
batte solo forte il cuore
in queste ore di pace
in un giorno d'inverno
che annuncia il Natale.

Montagna
Nelle ore di noia
che non passano mai
vola il pensiero
sale veloce gli erti sentieri
ombreggiati da larici austeri.
S'inerpica per pendii scoscesi
attraversa ripidi ghiaioni
scorge fra le nubi
le cime assopite
schizza verso il cielo
per fermarsi su vette innevate,
a guardar giù
l'umanità che s'affanna,
a stringere in pugno
la libertà d'una montagna
in cui poter spaziare
senza più limiti
oltre quel cielo
che vorresti toccar con le dita.
Scende poi a valle
ritorna lieve da me
mi porta l'aria
di alpeggi silenti
del passar d'un tempo
di calde estati
e gelidi inverni,
aroma di fieno
fragranza di neve
profumo d'eterno.

La regina d'inverno
Cristalli di ghiaccio i suoi occhi
fiocchi di neve i capelli
vento di tramontana
la sua voce.
Scende dal cielo
in groppa a una renna
viene al suo regno
di bianco e di brume
la regina d'inverno
dama condannata
al freddo eterno.
Mai un po' di calore
anche nel cuore
Per lei si spezzano rami
raggelano viandanti
s'imbiancano abetaie
ma nemmeno
un cuore si spezza
nemmeno
un principe s'appressa.
Corre i suoi giorni
su terre gelate
su ore di buio
sola e indurita
regina senza monarca
di una stagione
che muore
in pozze di fango
nel sole
che di nuovo ritorna.

Come mare
Qui ci son prati verdi
striati dal trifoglio
e quando il vento s'alza
onde d'erba spumeggiano
verso la scogliera dell'argine.
Sibila fra le frasche degli olmi
s'intreccia con i fili del telefono
e sotto un verde prato in tempesta
rumoreggia sommesso
quasi un fruscio di mille fili
note diverse in un'armonia confusa.
Un soffio che va e viene
ma che scende dentro fino al cuore.
Questa terra che par mare
queste case che sembran isole
questa scogliera dell'uomo
ricordano un golfo antico
verso cui navigo per l'ultimo approdo.
Verrà la bonaccia
quiete di vento
e il mio vascello lento scivolerà a riva
un ritorno all'attracco finale
di altre navi in disarmo.
Il fasciame a pezzi
le vele a brandelli
la polena smussata
avanzerà adagio
ma sicuro verso la meta.
Nulla del passato
         solo una scia di ricordi
subito sommersa dall'onda.

L'aria rallenta
il prato si ricompone
torna la quiete
nulla è cambiato.
Resta solo un cuore
dal battito incerto
un rintocco
che appena avverto.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio Letterario, 2008)

Come eravamo
C'erano giorni
ammantati di sogno
sospesi nell'aria.
Correvan veloci
dietro ai nostri passi
nulla a cui pensare
impegnati solo ad amare.
Erano ore felici
e non lo sapevamo
era un tempo arcano
ma lo ignoravamo.
Tutto pareva ormai eterno
nulla ci poteva fermare
in una corsa leggiadra
senza giorno
né notte
senza soste in un tempo
che credevamo fermato.
Se ci ripenso
mi sfugge un singhiozzo
si stringe il cuore
per un amore infinito
durato solo un'estate
un lontano ricordo
che sfuma nei giorni
trascinato negli anni
un come eravamo
che ora
dissangua la vita.

Armonia
Note di vento fra le foglie
un coro a bocche chiuse
dai toni a volte sommessi
altre invece squillanti
come il salto del ruscello
che corre veloce al piano.
Assoli di rondini gioiose
il lontano rullio del tuono
un concerto senza uguali
diretto da mani sconosciute
perfetto in ogni movimento
pura armonia della natura
che mi incanto ad ascoltare.
Immagini che si creano in me
lontani declivi coperti di verde
una costa rocciosa a picco
su un mare che l'abbraccia
nubi che si rincorrono
ad affollare un cielo
in cui si riflette
il desiderio nascente
di poter sempre volare
su questa musica immortale.

Da un tempo lontano
Un suono di pianola
in una strada selciata
dal giallo d'autunno
gira stanca la manovella
vanno e vengono le note
come il bimbo che cammina
tendendo la mano.
Lontano un profumo
di caldarroste
il richiamo dell'ombrellaio
lo strillo dell'arrotino
in un cielo grigio
in cui si staglia
il volto annerito
dello spazzacamino.
Un tempo lontano
che ogni tanto riaffiora
lungo una strada
selciata di giallo,
sotto il grigio del cielo,
senza più voci,
senza più note.

Tu
Nella notte
guardo il cielo
mille e mille luci
brillano lassù
ma nessuna splende
come te.
Fra l'erba
luccica la rugiada
riluce l'anima
di un universo
mai immenso
come il tuo cuore.
Passi leggeri
s'avvicinano
battono ali di farfalle
sbocciano fiori
sussurra il vento
                   in arrivo sei tu
stella mia
unico sogno
di notti senza ore
di giorni senza albe
di una vita
non vita
senza te.

Musica sull'acqua
Saltella fra i sassi
note ben staccate
poi precipita
lungo l'umido dirupo
un trillo improvviso
e infine un rullo
di tamburo ben teso.
Più s'allarga verso valle
più rallenta la corsa
s'attutisce il suono
quasi un fruscio
che s'accompagna
                 sommesso
un lungo adagio
fino al mare
dove muore
soffocato
dal fragore dell'onda
che lesta lo assale.

Il sogno del vecchio
Spento il lume, distese le membra,
accolse Morfeo fra la le stanche braccia.
Lesto s'alzò il vento del tempo,
come un destriero lo prese con sé
a galoppare per le strade di una vita.
Risa gioiose di bimbi a giocar con l'acqua,
sponde ombrose del fiume a rinfrescar
l'affanno di lunghe corse sul verde,
prati olezzanti nel vergine fulgor del sole.
L'ebbrezza d'un amore, un bacio strappato,
corpi ignudi che rotolano nella paglia.
I lavori del giorno, l'acqua dell'orcio
che placa l'arsura di una silente fatica.
E poi il fragore improvviso,
un cozzo d'armi,
asce e spade che si scontrano,
uomini che cadono,
nitriti folli di cavalli morenti,
l'urlo liberatorio della vittoria.
Poi, le immagini rallentano.
Tranquilli deschi familiari,
risa gioiose d'altri bimbi,
si alternano albe e tramonti,
volti che emergono, altri che scompaiono,
in tutta una vita,
tesori della memoria,
conservati con la tenerezza di un padre
e con il rispetto di un figlio,
la traccia di un passaggio
su una terra muta testimone di ogni evento.
Sbiadisce la luce nel viaggio,
il destriero avanza a fatica
in quella corsa quasi finita.
E nel buio improvviso che sopravviene,
s'alzan da terra su neri cavalli
le diafane immagini di chi ormai è stato.
Una cavalcata, l'ultima, per un saluto,
un definitivo commiato,
mentre cessa del tutto il vento del tempo.
Ancor domani sorgerà il sole,
per altri riprenderà il cammino
per dove il vecchio é alfine arrivato.

(da Canti Celtici - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2007)

Le parole non dette
Quante parole
dette in una vita
nessuna da ricordare
solo quelle non dette
restano in mente
a chiedere il perché
del loro lungo silenzio.
Ma non c'è risposta
sotto un velo di malinconia
per ciò che dire si doveva
a chi ora udire non può.

Il vecchio castello
Chiassosi turisti
nel silenzio di pietre
sbrecciate dal tempo.
Attende la notte
il vecchio castello
per rivivere
fasti trascorsi.
Allo scoccar della mezza
ringhia il ponte
levato a ritrovar la pace
cigolano porte di legno tarlato
s'animano i camminamenti
di uomini in arme
urlano le segrete
il lamento dei reclusi
nel mastio altre urla
fremiti palpiti
di una madonna
e del suo cavaliere
avvinghiati in uno scontro
d'amore.
Ma al primo baglior del sole
tutto scompare
si fa presto silenzio
dopo l'ultimo sferragliare
del ponte che cala.
Un nuovo giorno l'attende
altri turisti
lingue sconosciute
scatti di macchine fotografiche
trilli di cellulari
e allora il vecchio castello s'addorme
al canto d'un gabbiano solitario.

A un'amica che non c'è più
(dedicata a Bea - Beatrice Zanini, che ci ha lasciato)

La penna si è fermata
sull'ultimo verso
                rimasto incompiuto.

Restano le parole
                stille di emozioni
sogni partecipati
           a chi li può capire.

Nel corso del tempo
                        un attimo
e le lancette si fermano.

E' scoccata un'ora
                  senza domani
tutto è finito.

Resta un ricordo
        trascinato nei giorni
   sbiadito negli anni
il tempo che a te è stato negato.

 

Lungo il fiume
Or che sono vecchio
seduto sulla sponda
guardo lo scorrere
di un'acqua
che s'affretta alla sua fine.
Son giornate malinconiche
in cui riaffiorano ricordi
di passeggiate lungo il fiume
senza pensieri né problemi
l'andar solo a osservare
il volo breve di aironi
o i riflessi della luce
che s'immergono nell'acqua.
Tempi lieti senza affanni
ore mai da contare
mentre oggi osservo il sole
che non vuol mai tramontare.
Vivo solo di ricordi
le speranze nel futuro
le ho lasciate agli anni andati.

Equinozio d'autunno
Dal cielo lattiginoso
scendono lacrime d'estate
d'una stagione
che se ne va
nella scia dei primi migratori.
Un saluto al pallido sole
che tanto ha illuminato
un mondo assetato
lunghe roventi giornate
che presto nel ricordo sbiadiranno
fra avvolgenti brume
e foglie accartocciate.
L'autunno già bussa alle porte
viandante zuppo di piogge
dal volto rugoso
i bianchi occhi
a spegnere le ultime brace
del fuoco di un'estate
già partita.

Preghiera
Tu lo sai che nulla mai chiedo
perché Tu già tanto mi hai dato
questi occhi che ora volgono
a quel cielo ove tutti Ti pensano
queste orecchie che credono
di udire la Tua voce
queste mani, palmo contro palmo,
per rivolgermi a Te.
Non sei albero dai rami frondosi
né fiume che scorre fluente
e neppure vento di terre lontane
eppure sei anche questo
e cio è pianta che ombreggia il mio capo
acqua spumeggiante che sazia la sete
brezza ristoratrice in un giorno d'arsura.
Una cosa ti chiedo, una sola,
ferma un attimo il giorno
e anche la notte,
ferma un attimo solo
la frenesia di un'umanità smarrita.
Non ci sono più ore
perché non bastano mai
per chi crede che la vita
sia solo una corsa infinita.

Il tempo
Ho visto sciogliersi i ghiacci
blocchi di gelo franare
lungo impervi pendii
lenta la luce affievolirsi
un sole velato in un cielo
di spettrale diffuso grigiore.
Ho visto gli oceani turbinare
ergersi frementi su terre abitate
travolgere metropoli affollate
mentre l'oscurità pietosa
copriva un mondo attonito
senza più speranze né dei.
Ricordo Venezia sommersa
Un'atlantide rinnovata
un monito per il tempo a venire
solo una gondola,
di nero addobbata,
lenta scivolava su torbide acque,
feretro silenzioso di una città morta.
In giorni uguali alle notti
solo il buio a regnare sovrano
su un desolato mondo
rinunciatario alla vita.
Poi, i mari si ritrassero,
lentamente calarono fino a sparire.
E vortici di vento batterono lande desolate
sollevarono polveri fino al cielo
piegarono ciò che resistette
alla furia dell'acqua,
appiattirono un mondo senza più vita.
Nei disegni dell'universo
l'uomo sconvolse l'ordine
in una cieca e superba volontà
d'esser su tutto, anche su sé.
Ma un raggio di sole penetrò la caligine
rifratto in un cielo di nero colore
pietoso esplorò terre disseccate
brulle montagne deserti infiniti.
Lampi s'accesero fra nuvole nere
prese a scrosciare la pioggia
lacrime di uomini polvere da millenni.
Un seme rimasto a lungo in letargo
rapido si scosse alla frescura dell'acqua
e volle vedere quel che accadeva.
Un esile fiore sbocciò così alla vita
volle ridare un'altra possibilità di riuscita
a un uomo che venne assai dopo
ancora una scimmia dal dorso peloso
ignaro di quel che era stato
ignoto a se stesso inconsapevole d'essere.
Quanto è passato?
Possono essere millenni, oppure appena ieri,
istanti di nulla nell'eternità di un tempo
che immutabile scorre fra astri e pianeti
le piccole cose di un caos perfetto.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio Letterario, 2008)

Il mendicante
Tende la mano
sembra che tasti la pioggia
ma invece c'è il sole
su un marciapiedi di pietre
sconnesse.
Un uomo che
tende la mano
male in arnese
in vestiti non suoi.
Passano rapidi
una fuggevole occhiata
e la vita continua.
C'è chi allunga una moneta
spesso una donna
una Maddalena pietosa
con chi porta una croce
tendendo la mano.

Sogno di un mezzogiorno d'estate
Nell'ora del sole più alto
di luce accecante
che sbatte sugli occhi
in un caldo giorno d'estate
la ricerca di un refrigerio
lontano da qui
il ricordo di aspri ghiacciai
gelidi torrenti spumeggianti
che precipitano in mare.

Non si può che sognare.

Corre allora la mente
fugge in avanti
e par di volare
su tundre innevate
percorse da mandrie di renne
dirette sempre più a nord
poi il blu d'un mare quieto
su cui a braccia aperte veleggiare
fra rive scoscese che cadon dal cielo
e un sole basso
che sembra mai sorgere
e nemmeno tramontare
Ma rivoli di sudore
scorrono sulla pelle
tutto è bianco di calore
in un mezzogiorno d'estate
senza sospiri di vento
anzi solo il silenzio
tranne il frinire
di assetate cicale.

La famiglia
Nella magia del tramonto,
lasciati i lavori del giorno,
il ritorno alla casa,
al riposo di un desco,
a chiacchierare con moglie e figli.
Fra le ombre del fuoco
che lento si spegne nel camino
l'ascolto della voce del nonno
che racconta storie e leggende
di un tempo che fu.
Son ricordi di cacce,
di prede braccate,
di pesche miracolose
nell'acque del fiume.
Di amori si parla,
di dei fattisi uomini
per capir la nostra vita.
Nell'ora che passa,
s'affaccia alfin la stanchezza
e Morfeo dolce ci accompagna
al riposo nel giaciglio di paglia,
a sognare fantasie
sulle parole dianzi ascoltate,
a portarci nelle ore del buio
alla luce di un nuovo giorno sereno.

(da Canti celtici - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2007)

San Lorenzo
Fra dolci colline
di raso vestite
sonnecchia il meriggio
d'un giorno d'estate
son ore alla fretta rubate
son sensi assopiti
dalla grande calura
s'attende in silenzio
che venga la sera
che quel sole impettito
vada al riposo
per salir le erte stradine
per vedere dall'alto
le mille scie
che solcano il cielo.
Di San Lorenzo questo
é il giorno tanto atteso
per esprimer desideri repressi
per immaginare un bacio
per sognare ad occhi aperti.

Il viaggio in sogno
Per chi non può andare
non resta che sognare
raccogliere ricordi
di gite trascorse
di vacanze lontane
ricomporre le immagini
riavvertire le emozioni
per creare una nuova meta
un posto da visitare
fatto di un puzzle
di cose già viste
guglie dolomitiche
che si specchian nel mare
un'alba e un tramonto
che nascono insieme
una gotica cattedrale
che s'alza dalle acque
trasparenti di un fiordo
e poi musica gitana
in un'Andalusia lontana
E' un sogno di rimpianti
una consapevole illusione
per un viaggio a ritroso
per non dormire solo
in un monotono presente.

La terra silenziosa
Soffia oggi il maestrale
solleva l'onda
piega il cespuglio di mirto
sferza l'antico nuraghe
non ha voce
come la gente di qui
che sembra amare il silenzio
quel vuoto di suoni
che fa udire il battito di cuori
intrisi di dignitosa fierezza.
Isolani sono
in un mondo che finisce nel mare
in una terra avara di ricchezza
piccoli ma saldi
resistono al vento
sempre ci sono
ma non appaiono.
Una vita condotta
in quel silenzio
che in continente
più non conosciamo.

Da Viaggi in poesia

Una lacrima
Era un giorno d'estate
di caldo opprimente
già la falce luceva al sole
a recidere le spighe mature.
Non un filo d'aria
non un rumore
se non il costante frinir
di assetate cicale.
Il sole sbatteva sugli occhi
nebbia di calore ondeggiava
un orizzonte stanco.
Assopito sotto l'olmo
ho udito la sua voce
era lei che mi parlava,
era lei che mi raccontava
del tempo con me trascorso,
dell'autunno prossimo a venire.
Le ho chiesto dell'inverno
ma non m'ha risposto.
Ho avvertito solo
un brivido di freddo
ho sentito
il silenzio delle cicale
ammutolite.
Certo era solo un sogno.

Il sogno spezzato
Da quando rincorrevo le nuvole
sognando di volare
come solo un albatro sa fare
o assorto sulla sabbia
ascoltavo la voce del mare
immaginando racconti
di paradisi lontani
o di velieri che solcavano l'onda
tanto tempo è passato
sempre a fantasticare nei momenti bui
in cerca di una luce dentro me
un'esile speranza per scorgere
un cielo ancora azzurro.
Ma adesso qualcosa si è spezzato
nulla è ciò che avrei voluto fosse
restano solo sogni
sempre più sfumati
che si perdono nel buio di una notte
che ogni giorno s'avvicina.

Dopo il temporale
Finestre spalancate
sull'aria ancor umida.
Finito è il temporale
che s'incammina
ai lontani monti
esili contorni spezzati
sfumati di tenue blu
un miraggio nella nebbia
che lenta li risale.
Verso pianura
riluce ancor la vita
nel sole che ritorna
ad asciugare nelle strade
la viscida fanghiglia.
Un profumo d'aria tersa
un afrore di terra che rinasce
un cuore,
il mio,
che s'apre al mondo
dopo il temporale.

La voce dentro
S'alzò un'aria leggera
solo un fremito di vento
il sospiro d'un cielo
che si stingeva
al calar della sera.
Avevo gli occhi aperti
ma non vedevano
le ombre sempre più fitte
che scendevano a far dormire
un mondo stanco del lungo giorno.
Guardavo, scrutavo dentro me
raccoglievo brandelli di sogni
per togliermi il greve
per cercar nella solitudine
la compagnia dell'altro
che c'è in me.
Non fu che una voce
già udita nel tempo
forse portata dal vento
ma sono sicuro
veniva da dentro

Socchiudi gli occhi
e lasciati andare
galleggerai sulle dolci
onde di questo mare
fatto da illusioni della mente
che solo tu puoi vedere
da questa musica
che solo tu puoi ascoltare
.

E così ho volato
ho ritrovato la quiete
di ore che non passano mai
sono corso dentro me stesso
nelle trasparenti valli dell'anima
ho messo in un sacco i miei sogni
per centellinarli uno alla volta.
Poi sono tornato alla realtà
d'ogni giorno
planando fra gli ultimi bagliori
di una fuga nella fantasia.

In mezzo scorre il fiume
Due file di salici, chinati sull'acqua,
canneti ondeggianti nel vento,
e in mezzo scorre lento il fiume.
Nell'ora che precede la sera,
solo il ronzio dei moscerini
s'accompagna al gracidio dei ranocchi.
Getto la rete, per il cibo della cena,
ma non c'è fretta a ritrarla.
È dolce lasciarsi accarezzare,
son come mani di fanciulla
gli aliti lievi della brezza
che risale dall'acqua
a ristorare i campi riarsi dal sole.
A notte le ninfe si specchieranno
alla luce di una luna prodiga
di enigmatici sorrisi.
Già dormirò, ma nel sogno
scivolerò su quest'acqua silente.
Magico incanto, tutto tace
e forte s'ode allora la voce della natura,
una melodia che solo il cuore
può ascoltare.
Ma è tempo di recuperar la rete,
di indovinare fra le maglie gocciolanti
gli argentei riflessi dei piccoli pesci.
Un ultimo sguardo prima di tornare a casa,
là dove di rosso s'accende il cielo
i voli dei gabbiani disegnano le strade
che gli dei del giorno percorrono
per andare al riposo della notte.
E così, sempre,
finché questi occhi vedranno,
fino a quando saremo figli rispettosi,
di questa madre che ci ospita per il breve tragitto
che ci condurrà alla casa del tempo infinito.

(da Canti celtici - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2007)

Il roseto a maggio
E' di maggio la festa.
Laggiù nel giardino
s'apre alla gioia degli occhi
il vecchio roseto.
Rinasce, rivive
un'altra gioventù
danza perfino
a ogni soffio di vento
piega e innalza i suoi rami
mostra superbo
i boccioli in fiore
chiama a raccolta
bombi ed api
affinché sia festa per tutti,
per il cielo
che dall'alto lo ammira,
per il ruscello
nelle cui acque si specchia,
per i due amanti
accovacciati ai suoi piedi
nell'incanto d'un bacio.

La mia brughiera
La mia brughiera
rinasce a primavera
si spoglia del giallo
del lungo inverno
e diventa un verde mare.
E' la più bella fra le stagioni
ricca di speranze
che si perdono
lungo la strada del sole
già quando questo
più alto splende in cielo
in giorni di frinir di cicale
nell'aria ferma
dilatata dal calore.
E poi sarà l'autunno
dalle grandi piogge
con le nebbie
che copron la brughiera
ormai morente
nel suo grigio opaco.
Già l'anno volge
alla sua fine
fra fiocchi volteggianti
e vento gelido.
In pochi siam rimasti
ad aspettare
il ritorno di un'altra primavera.
Per molti il tempo è andato
riposano ormai quieti
senza nulla più sentire
sotto le coltri eterne
di questa mia brughiera.

Anonimo
Ti guardo e non mi vedi
ti sfioro e non t'accorgi
sono solo un volto anonimo
uno fra tanti che ogni giorno
per strada incontri
senza un saluto
senza un sorriso.
Attendo solo un cenno
ma tu passi oltre
ti sono sconosciuto
io che invece so
che sei la gioia
e il tormento
di un'ombra
che si confonde
con il grigio di una vita
senza te.

D'un volo di stelle
D'un volo di stelle
in una notte
baciata dalla luna
resta la memoria
di silenzi assoluti
di note mute
che scendevano
dal cielo
un concerto
per l'anima
un sospiro d'emozioni
un invito a sognare
e a viaggiar con la mente
fra lontani pianeti
a cavallo di lucenti comete.
A giungere là
dove l'orizzonte scompare
dove tutto finisce
e dove tutto comincia
partenza e arrivo
di ogni vita
che nasce
e che poi muore.

da Il deserto e il sogno

Le notti bianche
Non c'è il blu della notte
ma un soffuso biancore
una luce incerta se andare
al riposo fra le stelle
o correr rapida incontro al giorno.
In queste terre, aspre e pur dolci,
che si protendono all'artico
che impongono allo sguardo
di volgere a settentrione
alla ricerca di quel limite estremo
oltre il quale c'è forse il nulla,
un giorno d'agosto non sembra mai finire.
E se il tramonto appare
come un riflesso sbiadito di luce
l'aurora s'annuncia
con strisce diseguali,
dipinte in diversi colori,
riverberi lievi di anime
che migrano verso le banchise
a racchiudere nel ghiaccio
il sonno di chi non c'è più.

Da Viaggi in poesia

Notte
Mi rimbocco il cielo
per sognar le stelle
m'avvolge la notte
e la stringo a me
lontana è l'eco
dell'universo
un carillon infinito
che accompagna
il calar del sonno
sulla mia serenità.

Le croci dentro
Di polvere e sassi
biancheggianti fra i rovi
non restan che croci
corrose dal tempo.
La terra non trema ormai più
qui resta solo il silenzio
e l'unico tremito
è quello d'un cuore che batte
sempre più piano.
D'un vecchio è il ricordo
di quello che accadde
una notte d'aprile
da cui si risvegliò solo
lasciando quaggiù
tutto il suo mondo.

(Agli anziani d'Abruzzo
che non hanno più il tempo
e la forza per ricominciare
)

Di nuovo primavera
Lento s'addorme
l'inverno nevoso
si cela sotterra
al riparo dal sole
di cui teme il calore
Son lontani i giorni
di ricami di brine
d'arabeschi di ghiaccio
E' giunta l'ora del riposo
un lungo sonno
popolato da immagini
di gelido candore
di sibilanti bufere
o di fiocchi volteggianti
nel buio di precoci sere.
Sulla terra è tutto un fiore
un tappeto ricco di colore
voli d'uccelli innamorati
un profumo di vita
sparso nell'aria
da una leggiadra primavera
che scivola in punta di piedi
seminando desideri d'amore.

Anima mia
Amica mia,
in questi giorni opachi
mai ti fai vedere
stai in disparte silenziosa
osservi muta la luce che si spegne
e sai già che presto
questo corpo dovrai lasciare.
Tutta una vita
io e te abbiam condotto insieme.
Ardori giovanili,
fremiti del cuore,
sogni nati all'improvviso
speranze coltivate
in illusioni ben presto smorzate.
Son state gioie e anche dolori
provati insieme nell'arco d'una vita.
Un amore il nostro senza limiti
sempre a correre per mano
o a sonnecchiare su pensieri astrusi.
Ora il tempo s'è rallentato,
come foglie in autunno
le speranze son cadute
i giorni lunghi son di un inverno
senza primavera.
Anima mia,
stammi accanto un poco ancora
accompagnami per mano
fino al buio della notte
fa che ogni minuto
sia stato degno d'essere vissuto.

(da Il cerchio infinito -
Il Foglio Letterario, 2008) 

Trinacria
Si scioglie il giorno in un sole
che lento saluta e va al riposo.
Questo mare che ha visto viaggi
di fenici, di normanni, di saraceni
e che ora spinge a riva uomini disperati;
queste onde che a volte portano
canti lontani di berberi
e che si spingono incessanti
verso spiagge di bianca rena;
questo cielo che osserva immobile
una terra scolpita, un fiore di roccia,
dove amore e furore convivono eterni.
Qui il fuoco della terra s'offre spavaldo
fra distese di grano e bianchi fiori di zagara;
qui dove tutto cambia e tutto resta uguale,
terra di gattopardi, di uomini di rispetto,
di madonne in processione,
di sogni che mai si realizzano,
eppure qui vorrei stare,
addormentarmi in questo tramonto
cullato dall'onda.
Lunghe striature rosse s'irradiano
all'occidente dei miei pensieri,
su questo mare
mi sarà dolce il naufragio
con l'approdo sicuro
a una riva
su cui poter ricominciare
sempre restando a me uguale.
Da Viaggi in poesia
 

Al Dio morente
Hai sempre accarezzato queste rive,
hai dissetato i campi riarsi dal sole,
sei stato un amico fedele,
a volte adirato e minaccioso
hai sciolto le briglie delle tue acque,
hai sommerso un mondo
che non ti aveva portato rispetto.
Venivo la sera a gioire sulle sponde
il flusso ininterrotto del tuo respiro,
calmo, silente, dolcemente carezzevole.
Mi specchiavo e dietro la mia immagine
c'eri tu, rassicurante, padre sereno,
amorevole con questi poveri figli
che da te ricevon la vita.
E le ninfe, tue ancelle fedeli,
levavano il canto alla luna
per la tua gloria e il tuo sonno notturno.
Scivolavi, allora, nel letto d'argilla,
riposavi le ore del buio,
ti assopivi insieme a noi.
Da domani questo non sarà più
e un unico Dio prenderà il posto
di tante divinità che i nuovi sacerdoti
definiscono false e superbe.
Uno solo a cui parlare,
ma non vedere,
lui che ha occhi per tutti,
ma che non conosciamo.
Non come te, Dio del fiume,
che hai cullato i giorni di tutta la mia vita
e che fra poco morirai,
in una siccità dell'animo
senza lacrime e senza dolore,
tranne il ricordo che mi accompagnerà
per il resto dei giorni,
invano soffocato da una nuova divinità
che è tutto e niente,
un'immagine vuota
di cui non udirò il respiro,
né potrò toccare.
Al volger dell'alba
questo fiume non sarà che acqua,
queste rive non saran che fanghiglia.
Nel sogno che svanisce,
l'incerta luce del giorno
mi accompagnerà al nuovo
nel rimpianto del passato.

(da Canti celtici - Edizioni
Il Foglio Letterario, 2007)

A te, luna
Notte di luna
come fanciulla
che sboccia alla vita
s'alza sul mare
Tutti gli occhi son per lei
Tutti i sogni salgono a lei
Riflessa nell'acqua
rimanda un'immagine
che le onde donano
di mille volti
ora corrucciati
altri sornioni
pure sorridenti
ma resta quel viso pacioso
quello sguardo enigmatico
a cui rivolger domande
senza attendere risposte
Compagna di notti d'amore
ispiratrice di musica
incantatrice di poeti
mi hai rischiarato
il buio che ho dentro
mi hai fatto volare senz'ali
sei stata e ancor sei
l'amica silenziosa
di un povero bardo
in cerca di parole
che se potesse
lento salirebbe i tuoi raggi
un'ascesa nel cielo dell'illusione
per raccattare brandelli di poesie
pensieri da te ispirati
giunti fin lassù
in fuga
dall'arida terra della realtà.

Il volo del vento
Sorrise giulivo
spiccando il suo salto
dall'alto del monte
su cui era nato.
Libero di correr nel cielo
di scendere lungo le valli
di addentrarsi nei boschi
a parlar con le foglie
a dissetarsi ai ruscelli
a toglier di testa cappelli.
Spazzava le nubi
le radunava altrove
in un volo leggiadro
fra cime innevate
e forre profonde
sibilando il suo arrivo.
Risaliva pendii scoscesi
in una gioventù senza pensieri
in un tempo che passò
senza rimpianti
in una vecchiaia che arrivò
perdendo poco a poco
ogni forza
fino a quando
ritornato al monte
in ultimo sbuffo
finì di volare.

Sentieri di neve
Passo dopo passo
arrancano i piedi
s'inerpicano
fra dormienti abetaie
lungo impervie salite
cercando a ogni svolta
immagini nuove.
Crepita la crosta di neve
geme al passaggio
di stivali imbottiti
che lasciano impronte
di suole in sintetico
che cancellano
orme di caprioli affamati
di uccelli infreddoliti
alla ricerca di cibo.
Sentieri di neve
effimere arterie
di una natura indifesa
che al primo tepor di primavera
si scioglieranno in rivoli diacci
affogando le impronte
di un passaggio lontano
di un giorno d'inverno.

Un istante d'eternità
D'un giorno di nebbia
in un autunno come tanti
non resta
che un'umida traccia di sogni
fugati dal primo raggio di sole.

Vaganti nella brughiera
corrono via da me
nulla faccio per fermarli
sono l'unica libertà rimasta
oltre il cancello della vita.

Galopperanno fin su nei cieli
confusi fra nubi sfrangiate
andranno sempre più su
là dove nemmeno c'è l'orizzonte.

Ed io con loro volerò
oltre spazi ristretti da mura
oltre ore scandite dal tempo
in un istante d'eternità.

Giardino d'inverno
Sterpaglie contorte
imbellettate di brina
l'albicocco nudo di foglie
potato dei rami
i moncherini protesi al cielo
una preghiera
per un'anticipata primavera.
Tutto dorme
un sonno silente
senza sospiri
in coperte di neve e di gelo.
Sola svetta una rosa
non ancora assopita
un ricordo d'estate
in un giardino d'inverno
un canto alla vita
nel grigiore del giorno
un poco di luce
in assenza di sole.

Solitudini
Una goccia
lenta
scivola
sul filo
del bucato
fino a cadere
sul selciato.

Il silenzio a Gaza
Colonne di ghiaccio
nel tempio della cristianità
imporporano al sorgere
del pallido sole della verità.
Bocche chiuse
urlano mute il loro dolore
mentre s'increspa l'oceano
dei sogni strappati.
C'è un frastuono silenzioso
in questa striscia di sabbia
rossa del sangue di tanti innocenti
che invano attende
il candore di nevi lontane.
Occhi di bimbi smarriti
rimpiangono i sogni
gettati nel mare.
Di ghiaccio è il cuore
di adulti
senza amore
né dolore.

Un tramonto sul mare
Di tre quarti scendeva il sole
a bagnar di rosso il mare
fra le due punte della baia
l'onda lenta si portava.
Era quell'ora malinconica
che stringe un poco il cuore
che ricordi il tuo passato
che rivedi altri tramonti.
Cerchi invano di non pensare
ma ti senti naufrago in quel mare.
Sono ore di passione
son istanti d'emozione.
In quel sole che s'immerge
provi il freddo d'una vita
e nel guizzo d'un gabbiano
che rincorre l'occidente
resta solo il desiderio
d'aver ali
e voglia
ancora di volare.

La partita a carte
Signornò,
alla guerra dico
no.

Quei corpi putrefatti
vi accusano tutti
manichini impomatati
ventri pieni
e cuori vuoti.

Seduti giocate a carte
con la morte che sta a guardare
una briscola d'osteria
e noi tutti siam scartini.

Signornò,
alla guerra dico
no.

Una mano tira l'altra
si va avanti allegramente
tutte carte da gettare
tutti corpi da immolare.

E il tavolo da verde
si tinge sempre più di rosso
ma per voi non cambia
finché carte rimarranno.

Signornò,
alla guerra dico
no.

Nell'attesa che finisca
la partita con le vite
solo lo strazio di chi combatte
di cui nemmeno v'accorgete.

Signorsì,
solo alla pace
dirò sì.

Il messaggero d'amore
Sussurra il vento
storie raccolte per strada
un amore all'improvviso sbocciato
un altro finito fra lacrime amare.

Mormora il vento
parla di sogni affidati al cielo
speranze di uomini qualunque
desideri che mai s'avvereranno.

Sospira il vento
ricordi volati via
da una finestra aperta sul cuore
orfani ormai di una madre distratta.

Geme il vento
pianti di bimbi senza più lacrime
deserti di umanità dolente
anime perse vaganti senza meta.

Accarezza il vento
la mia pelle percorsa da un brivido
di una tenerezza di madonna
e si scioglie il cuore in quest'atto d'amore.

Affido al vento
la mia serenità affinché la porti con sé
e ristori anime inquiete
dia sollievo a chi soffre
faccia nascere scintille di speranza
e mi riporti risa di bimbi
dolci parole di innamorati
un immenso canto alla gioia
perché il mondo sia finalmente migliore.

Buon anno, umanità.
Ascolta il vento
e poi solo il cuore.

Bianco Natale
Nell'aria sospesi
danzavano i fiocchi
a ogni volger di vento
un giro di valzer.
Cadeva la neve
s'adagiava sui rami
dormiva sui tetti
s'inebriava di gioia.
Scendeva bianca
a ricoprir di purezza
un mondo sempre più
avvezzo al dolore.
Un grande lenzuolo
avvolgeva ogni cosa
e nelle ore senza luce
in cui più lancinante
è il silenzio del cuore
solo splendeva la neve
che una mano lassù
lasciava cadere
perché almeno a Natale
regnasse l'amore.

La montagna sacra
Lunga è l'ascesa
giorno dopo giorno
istante dopo istante.
La via è sempre salita
impervia e scoscesa
solo con me stesso
misuro i passi
mai dritti
ostacoli
che intralciano
canti di sirene
tentazioni continue
la terra che m'avvinghia
vento e pioggia
gelo e neve
la cima più lontana
mai arriverò.
Ma gli squarci di luce
che s'aprono in me
sono il premio
della fatica
di conoscer la vita
di sapere chi sono
di vedere la cima
della sacra montagna.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio, 2008)

Alla sorgente
Nelle notti di luna
s'illumina il bosco
d'una lattea luce
risplende allora
la vecchia sorgente
che innalza il suo canto
di acque sgorganti
fra l'umido muschio
di una roccia corrosa
l'antico ricordo
di un mondo fatato.
Saltellano le gocce
rimbalzano sui sassi
si creano note
d'una musica lieve
d'una fresca armonia
che si diffonde nel bosco.
Un ritmo di vita infinita
coinvolge ogni cosa
e gli alberi quieti
scossi dal sonno
si lanciano in danze
di rami e di cime
propiziate dal vento
che irrompe giulivo
a cogliere il sogno
di una notte incantata.

Le piccole cose
Note sparse, portate dal vento.
Suoni lontani.
Il fragore di una cascata
il quieto gorgoglio di una fonte
le mille voci di un bosco
i brevi rintocchi di una chiesetta
incastonata in un verde alpeggio
il sibilo del vento fra le alte cime
e poi il ritmico sciabordio del mare
canti di bimbi all'oratorio
un'ave Maria intonata tempo fa.

Disteso sul letto
gli occhi socchiusi
li sento dentro di me
ricordi di musiche
carillon dell'anima.

E poi prendono a scorrere le immagini
ogni suono
                        una fotografia
ogni nota
                        un'emozione.

La vita è fatta solo
di piccole
                             grandi cose.

Oltre la logica
Corre lo sguardo
a cercar l'infinito
ma sempre ritrova
il lontano orizzonte.
Indugia il pensiero
a immaginar l'eternità
ma sempre ritorna
a quell'ultima data.
Nulla è più certo
di quel che di incerto
presiede a ogni cosa.
Non siamo che atomi
di un sistema
che sfugge a ogni logica
i microscopici tasselli
di un ordine ignoto
umili parti di un disegno
troppo immenso
per esser capito.

(da Il cerchio infinito
- Edizioni Il Foglio, 2008
)

La sconosciuta
Ci fu forse un momento di luce
un bagliore del cuore
un fremito impertinente.
Fu quasi un istante
un'ora
un giorno
una vita
un'emozione infinita.
Fu solo quel tuo sguardo
subito perso nel grigio quotidiano.
Nulla dicesti
bastarono gli occhi
e ti vidi lontana
sempre più piccola
un lampo di luce
un'immagine ormai sbiadita
conservata nell'album dell'anima.
Passati sono i giorni
resta solo un ricordo
un sentimento assopito
un sogno subito nato
e mai morto.

La luna sul canneto
Notte di luna riflessa nell'acqua.
Danza il canneto alle melodie
di una brezza che scende dal cielo
e lievemente accarezza un microcosmo
di notturna naturale bellezza.
Tutto sembra dormire
in una quiete apparente
fra luci e ombre
tra fruscii e sciabordii d'acque
contro sponde verdeggianti.
E' tempo di folletti, di eteree ninfe,
di gnomi caracollanti sui sentieri
che la fantasia scopre nel buio.
Tutto è magia
l'argento d'una prodiga luna
sulla superficie appena increspata
il rintocco del tempo
di un cuculo canterino
l'altalenante adagio
di un gruppo di ranocchi.
L'occhio vede ciò che il cuore vuole
e la breve estasi di un muto
accordo con la natura
risveglia ancestrali sensi
calando le palpebre
alla ricerca di un sogno assopito
sotto le spesse coltri della realtà.

Il canto della speranza
Cantava una nenia soave
cullava un sogno fatto d'ali
per farlo volare.
Alla luce fioca della lampada
giocava con il buio all'intorno
vedeva ciò che la luce cela
udiva ciò che il silenzio copre.
Donna dalla diafana immagine
senza perle né gioielli
vestita di niente
avvolta solo nella miseria
stringeva al petto
un fardello di ingiustizie
l'unico frutto
di un mondo senza più pietà.
Eppure
la speranza ancor sognava
vedeva
cieli azzurri
udiva
cori di voci gioiose
mentre lenta
la lampada si spegneva
nel buio di un nulla
che la soffocava.

Nell'autunno
Il cielo lento illividisce.
Un sole stanco e spento
sui campi appena arati
semina chicchi di malinconia
che le fredde nebbie di novembre
faranno germogliare,
distese immense di evanescenti
e spente immagini della primavera
e dell'estate appena trascorse
nutrimento stantio per i giorni a venire.
Per ora ancora la natura riluce
nei rossi e negli ori di alberi
che a breve scrolleranno
le lunghe calde ore dell'agosto,
e dalla terra smossa,
scavata con il vomere,
sale un profumo di vita
che accompagnerà
gli stormi alle partenze
per le accoglienti mete conosciute
non appena gli umidi venti
lambiranno queste dolci pianure.
Solo allora,
fra foglie accartocciate
e alla deriva,
il cuore sì aprirà alla malinconia
nel grigio più grigio
in ore che scorreranno
come i rintocchi
di una vecchia sorda campana.

Onda
Lenta risacca.
L'onda stanca
tanto ha viaggiato
da lidi lontani.
All'ultima meta
infine ha portato
la sua vita di sale.

Smeraldo e zaffiro
Ghiacci s'alzano dalla tundra
gigli immensi senza profumo
se non quello dell'eternità.
Scende la strada al mare
fra acque cristalline
rapide nel cercar la fine.
Torrenti spumeggianti
che precipitano tuonando.
In fondo il verde smeraldo
incassato fra lunghi
e alti bastioni di roccia.
Se nel fiordo guardi all'insù
puoi scorger solo
lo zaffiro del cielo
e nell'aria che scende
gelida dai ghiacciai
forte è il desiderio
di alzar le braccia
e urlare la tua gioia a Odino.
Allora vedrai nella nebbia del tempo
le lunghe navi vichinghe,
l'unica vela quadrata,
gli scudi tondi ai bordi,
volti irsuti tesi a raggiunger l'ignoto.
Altre voci s'innalzano a Odino
ritmico l'affondo dei remi
donne e bimbi a riva che salutano
e dolce è il partire verso un sogno
che è sempre stato in noi.

La linea di confine
Dove finisce la pianura
e inizia il cielo
dove il blu del mare
sbiadisce nell'azzurro
in quella linea di confine
si raccolgono i vecchi sogni
portati sulle ali del tempo
utopie rimaste sempre tali
desideri spenti nel nulla
illusioni di vite trascorse.
Giacciono là alla rinfusa
poveri esuli dalla realtà
vagano alla disperata ricerca
di chi li ospiterà,
gabbiani che senza sosta
inseguono un'occasione ormai persa,
un amore nemmeno sbocciato,
un mondo finalmente diverso
un cielo che volga gli occhi in basso.
Ma non c'è patria
né ormai casa
per ciò che non si è realizzato.
Resta solo la pietà di nubi clementi
che sciolgono col pianto
questi inconsolabili naufraghi.

Quassù
C'è un'aria di vita quassù
in questi boschi ombrosi
in queste piane soleggiate
nessun rumore in quota
solo il lento incedere del vento.
Come le cime silenziose
le mani si protendono al cielo
tanto è vicino
che par di toccarlo
di poter sfiorare con le dita
le poche candide nubi
che sonnecchiano nel meriggio.
Io e questa terra
io e questa amica natura
nessun altro a romper l'idillio
chiudo gli occhi
e ascolto la voce del creato
mille brusii di vita
timide voci di un mondo
che sfugge alla civiltà.
E' un cuore pulsante
un'energia infinita
a cui lasciarsi andare
cullato dai pensieri
che rapidi s'involano
silenziosi e assorti
in un muto dialogo
con l'eternità.

Il cerchio infinito
S'assopisce il giorno
nel canto della natura
che s'appresta al riposo.
Un lontano richiamo,
uccelli che tornano ai nidi,
la melodia del fiume che scorre,
la penombra nel sole che cala,
un filo d'aria che muove le foglie.
I battiti del cuore rallentano
mentre l'ultima luce illumina il volto.
È un giorno che muore
ore che passano nei ricordi
un segno sul calendario
a ricordare che fra poco
sarà già domani.
Un cerchio infinito
di albe e tramonti,
di nascite e di perdite,
in cui tutto mai termina.
È già il buio e poi sarà la luce
fra atomi erranti
in un tempo senza fine,
in una catena di indissolubili destini,
dove resta la polvere di anime spoglie,
soffi di vita ritornati nell'eternità.

(da Il cerchio infinito -
Edizioni Il Foglio, 2008)

Musica
Nel silenzio s'alza una nota
e poi un'altra ancora
e ancora…
Musica,
un suono che incanta
una melodia che scende dentro
fino al cuore
a smuovere ricordi
emozioni andate
che riaffiorano d'incanto
prorompono
si esaltano
cavalcano le note
s'irradiano nel corpo
e fuggono
sull'ultimo tocco.
Ritorna il silenzio
lenta si placa
la tempesta dell'animo
un altro ricordo
fra i ricordi
un'emozione
nascosta fra le pieghe del cuore.

Quando muore un poeta
Oggi il sole sbiadisce i colori
un velo d'ombra cala lento
e per un momento tutto è silenzio.
Non più parole corrono sul foglio
non più emozioni illuminano
il grigio di un'umanità
che ora muta guarda il cielo.
Il tempo per un attimo si ferma
quando muore un poeta
la luna e le stelle piangono
chi più non le canterà
i tramonti invano attenderanno
la mano che li sublimava.
Restano solo parole
ritratti di emozioni
un ricordo
che continuerà a scaldare i cuori
di chi resta e di chi verrà.
Il poeta se n'è andato
in punta di piedi è scivolato via
verso il lontano orizzonte
dove da anime pure
s'alza il canto silente all'umanità.

(Dedicato a Daniela Procida)

La commedia
E se a primavera
rincorrevo il domani,
inquieto,
alla ricerca di giorni
sempre più radiosi,
l'estate è stata
solo riflessione
sospeso fra passato
e presente
con uno sporadico
sguardo al futuro.
In un autunno
che quasi di sorpresa
m'ha colto
passo le ore
con gli alambicchi della memoria
a distillare il tempo trascorso.
Goccia a goccia
di buono resterà al massimo un bicchiere
un liquido annacquato
di aroma un po' appassito
con cui brindare nell'inverno
alla fine dell'ultima stagione,
così che ebbro e ancor inconscio
possa chiudere il sipario
sulla commedia della vita.

La guerra
Già il grano imbiondiva ,
steli piegati pronti ad accogliere la falce,
l'oro del pane dei mesi a venire.
La quiete dei meriggi assolati
fra il frinir delle cicale,
un'aria ferma,
le sere appena un po' ventilate,
con il canto dei cani alla luna.
L'aveva detto il vate,
una mattina che all'alba s'era alzato
per guardare il campo.
Ondeggiavano le messi
all'alito di brezza,
ma d'un tratto il cielo a oriente
s'era fatto sangue,
mentre all'orizzonte
s'avanzava una nera signora,
il mantello consunto,
la falce che roteava
e il biondo dei chicchi maturi
svanito in una torba fumante.
Scendevano la valle,
un'orda selvaggia,
le barbe irsute,
gli occhi iniettati di sangue.
Le messi incendiate,
i villaggi distrutti,
le donne violate,
i loro uomini trucidati.
Non era solo conquista,
ma lo sfogo della bestia che è in noi.
Lutti, rovine, non contano niente
quando prepotente è il bisogno
di unirci all'ombra che ci accompagna.
E se guerra doveva essere, che lo fosse.
Ci apprestammo a dar battaglia,
per noi,
per i figli,
per le donne,
Quel giorno,
combattemmo nel grano.
Frecce che s'alzavano a oscurare il sole,
le lunghe aste appuntite ben tese,
i cavalli schiumanti che mietevan le spighe,
cozzi d'armi, grida selvagge,
ovunque sangue a fiotti.
E quando giunse la sera
urlammo per la vittoria,
fra corpi straziati,
sguazzando nel sangue ribollente.
Fu breve gloria,
fu solo gioia d'esser scampati.
Ritornammo alla pace,
alla quiete dei meriggi,
al frinir delle cicale.
Ci abbandonammo esausti fra le braccia delle donne,
ringraziammo gli dei per averci protetti,
ricominciammo a vivere
nella certezza,
fallace,
di un mondo senza guerre.

(da Canti celtici -
Edizioni Il Foglio, 2007)

Una notte a Venezia
Scivola silenziosa
la nebbia
per calli e canali
nulla si vede
niente si sente.
Ma in questa notte
di luna celata
dall'acqua salgono le ombre.
Colombine arlecchini
dogi impaludati
servi indaffarati
lenta striscia una musica barocca
rivive un fasto antico
Venezia torna ad essere.
Solo maschere sui visi
parrucche imbiancate
vesti di lucido broccato.
Nessuno mi scorge,
solo,
in mezzo alla moltitudine
di vecchi fantasmi.
Già l'alba s'avvicina
e al canto del gallo
tutti si agitano
levano la maschera.
Non volti ridenti o torvi
o melanconici
ma solo il nulla.
La nebbia risale
la visione scompare
restano solo calli e canali
vestigia di una gloria
emblemi di una storia
sepolta nel limo
di acque fangose.
-Da Viaggi in poesia-

L'incanto nel bosco
Danza la luce nel labirinto di rami
rischiara timidi bui di intricate foglie
indugia lungo tronchi rugosi.
E' tutto silenzio nel folto del bosco
corrono senza posa indaffarate formiche
api leggere si nutrono di umili fiori.
Tutto è perfetto in un apparente disordine
ciò che l'uomo non tocca
resta di pura bellezza
in un equilibrio di rara sapienza.
L'incanto è nel bosco
in giochi di luce
in soffi di brezze
in foglie cadute
che nutrono tenui germogli
in un ciclo di vita
che, osservato, stupisce
un uomo che corre veloce
senza sapere il perché.

La vetta
C'è un aspro sentiero
che porta al cielo
lasciate le abetaie.
S'innalza lo sguardo
il fiato che manca
la gamba ormai stanca
ma la vetta è vicina
la scorgo nel cielo
fra nubi rosate
e un raggio di sole
che schiarisce la cima.
Le forze che calano
lo sperone che mai s'avvicina
è un destino beffardo
nella vita continuare a scalare
senza mai poter arrivare.

Chimere
Lenta si spegne la luce
in giorni senza domani
albe scialbe seguono
cupi tramonti
ma il cuore batte,
zoppo insegue un sogno.
Gli occhi chiusi
vedono altri giorni,
un tempo che è stato
nell'illusione
che ritornerà.
Se il cuore sogna
la mente
richiama alla realtà
ma una consapevole chimera
è quanto resta
per vivere l'ultima età.

Terra
Di nulla e di tutto
mi parla la terra,
di storie calpestate
di genti ospitate
nell'ultima dimora,
di amori sgualciti,
di stagioni trascorse.
Queste zolle brunite
han visto
il trascinarsi del tempo
millenni di storia
consumata dall'uomo
racchiusi in un pugno di terra
che sempre resta
anche se tutto passa.

La tempesta
Marosi spumeggianti
a infrangersi rabbiosi
contro irti scogli.
Cielo e mare avvolti
in un unico abbraccio.
Buio cupo come un nero sudario
a tratti squarciato da lampi
seguiti dal fragore dei tuoni.
Oggi è tempesta
sibila il vento
un fischio acuto e lacerante
il lamento di un mostro ferito.
Scroscia violenta la pioggia
ribolle il mare di un'ira lontana
salita dal fondo a urlare impietosa
la sua atavica carica d'odio
verso i naviganti violatori
del suo liquido regno.
Solo all'alba giunge la quiete
tace il vento
ansima il mare.
Sulla rena del tutto sconvolta
giace il fasciame d'una barca.
S'alza in volo un gabbiano
verso un sole ancora lontano.

Oblio
Nascosto nell'ombra
sepolto dalle ore
stremato dal desiderio
d'essere e non essere,
di ricominciare dal nulla.
Riprendere passi perduti
affogare nell'oblio
per avere una nuova
definitiva opportunità
con il timore a vita nuova
d'esser sempre io.
Vorrei infrangere gli specchi
raccattare i pezzi di vetro
della mia immagine riflessa
ricomporre un'esistenza.
Ma restano solo mani trafitte
stille rosse di sangue
brandelli di una vita
dispersa dal tempo.

La felicità del canarino
Nella luce d'un giorno d'inverno
limpido il cielo tepida l'aria
s'alza garrulo un canto.

Il vecchio canarino ingabbiato
che disperava ormai la primavera
incredulo gioisce al nuovo sole

lui che tutta la vita rinchiuso
fra le stecche di legno ammuffito
ha visto a strisce le stagioni.

Non cerca di sicuro una libertà
che non conosce ma il calore è vita
e la sua che già pareva finita

ora ha uno sprazzo di felicità
in un po' sole, un cielo azzurro
e l'esserci ancora malgrado l'età.

Dalla mia gabbia l'osservo,
la luce specchiata negli occhi
e con gioia m'unisco al suo canto.

La ninfa del lago
Sciolti i capelli,
scosso il capo,
in riflessi ondulati di luce
lasciò cadere le vesti
e rimase illuminata dalla luna.
Candida pelle,
baciata dalle stelle
in una notte d'estate forse immaginata,
fra contorni di canne lacustri,
vicini e lontani richiami di civette,
folletti di contorno a un sogno
di un giorno caldo di fuori e freddo dentro.
Con grazia felina
scivolò lesta sull'erba lucente di rugiada,
minuscole lacrime di un cielo
estasiato da tanta bellezza.
Corse all'acqua e lenta vi si immerse,
fino a sparir del tutto alla mia vista.
Il cuore galoppava dietro a lei,
ma il corpo restava,
greve,
un'ancora agganciata alla realtà della vita.
Le ore passavano e la ninfa del lago non tornava.
Già l'alba s'annunciava con frecce di luce
che cacciavano le ombre del buio.
Lontano, un gallo cantò,
mi richiamò dal sogno.
La mente corse invano all'acqua,
increspata dalla brezza del mattino,
e sul fondo non vide che lo spesso strato del limo.
L'ombra di un airone sorvolò i miei pensieri,
trascinando con sé l'illusione di una notte.
(da Canti celtici - Edizioni Il Foglio, 2007)

Gente d'Irlanda
Scende il vento dal mare
piega il manto d'erba
soffia un canto lontano,
di genti che qui stavano.
Un mormorio d'onde
un coro di cornamuse
è la parola di ciò che è stato.
Freme il cuore
rimbalza il suono
gli occhi vedono
fra greggi al pascolo
una marcia solenne.
Uomini e donne affiancati
piangono una libertà
che le genti d'albione han privato.
Inutili le battaglie
e di rosso il verde s'è mischiato.
Oltre l'oceano sarà il futuro
ma il cuore sempre qui resterà.
Gente d'Irlanda
soffia il vento
porta dal mare
il vostro grido di libertà.

Vento di maggio
Mi sferza, mi provoca,
mi toglie il respiro
mi strappa il berretto
è giocoso questo vento
d'un maggio più incerto
fra il bello e l'uggioso del tempo.
Eppure mi lascerei andare
sospinto dal soffio
con gli occhi ben chiusi
a sognare un gran viaggio
un tuffo fra nubi sornione
un volo a braccia distese
passando fra stormi
d'uccelli migranti
tornando in quel cielo
che sempre m'attende
per sciogliere vincoli
da un mondo che stringe
per provare una volta
quella libertà
che è sempre il mio sogno
una dolce chimera
un'eterna illusione
io solo lassù
fra la luna e le stelle
fra la terra e il sole
sospeso a guardare
l'ombra mia che laggiù
prepotente mi chiama
e invoca un ritorno
per farmi sentire
uomo fra gli uomini
costretto fuori
ma sempre libero dentro.

Festa
C'è un'aria nuova
un profumo di vita
che inonda il villaggio.
Il suono delle campane
sembra ora un carillon
con un pagliaccio
che ricordo nei sogni di bimbo,
incollato alla vetrina del negozio.
Lui s'alzava, girava,
e la musica l'accompagnava.
Le campane di tanti anni fa,
rintocchi gioiosi nella domenica
senza la scuola
e il pranzo meno parco,
piccole cose per
una temporanea felicità.
Oggi non è domenica,
ma lo squarcio di sole
dopo giorni di pioggia
il verde rigoglioso del prato
i voli di due merli innamorati
un fiore che sboccia sul balcone
sono festa per il cuore.

I miei ricordi
Ritornano ogni tanto.
Mentre ascolto musica,
in attesa del sonno,
durante un viaggio,
con il sole che splende
o la pioggia che scende,
solo ad occhi chiusi
o nel frastuono della folla.
Appaiono d'improvviso
mentre il cuore scosso
prende a palpitare.
A volte tristi, altre lieti
ma i ricordi riemergono,
sono pagine di vita
stampate sul giornale
di un tempo solo mio.
Aprono squarci nella mente
fan rivivere emozioni
muovono alle lacrime.
Tutto quel che io sono
è stato un susseguirsi d'attimi
di volti sbiaditi dagli anni
di suoni ovattati
di risa improvvise
di pianti stremati.
Sono lì, testimoni muti,
angeli custodi
che lenti m'accompagnano,
passo dopo passo,
verso altri attimi,
di cui non mi sarà concesso
serbare il ricordo.
Sono solo loro
la traccia di una vita,
che lentamente affonda
nel mare dell'eterno oblio.

Sera
S'acqueta l'aria
muto è il giorno
lenta e lieve
scende la sera.
Chiudo gli occhi
e assaporo
l'incanto del silenzio.

L'esercito delle tenebre
Risuonano passi stanchi
scarpe chiodate
stivali di feltro
semplici calighe.
Teste mozzate
corpi squarciati
là un tronco sventrato
lì un volto scarnificato.
E' il giorno del riscatto
è la data
che tanto hanno aspettato.
Muti come solo possono
essere i morti di mille battaglie
sono riemersi dalle tenebre
a reclamare per il torto subito.
E' un fiume di ossa
di sangue rinsecchito
che lento avanza,
un esercito di zombi
la falange macedone
un'intera coorte romana
elmetti tedeschi
piume di bersaglieri al vento
nemici uniti dall'unico destino.
Un solo scopo
un solo desiderio
ricordare al mondo
che son morti invano.

Il continente perduto
Rari ciuffi d'erba
su terra disseccata
occhi senza lacrime
persi nel vuoto
nessuna sofferenza
se non quella di essere
dove muore ogni forza
e domina l'inedia.
Africa depredata
e uccisa
dall'ingordigia
di pochi
e dall'indifferenza
dei tanti.
Polvere ovunque
             anche sugli occhi
di chi non vuol vedere.

Il desiderio di vivere
Un breve battito d'ali
un volo improvviso
un balzo di vita
e subito pensi
che il tempo corre
che poco rimane
che il corpo ormai è greve.
Conti le rughe
affondi il dito nel solco
ti guardi allo specchio
chiudi gli occhi un istante
nemmeno ricordi com'eri
e allora ti accorgi del tempo
che è stato
di giorni veloci, ora pesanti,
di affanni trascorsi,
ora opprimenti,
d'essere un tronco
senza più foglie.
Lo sguardo è incerto
la strada s'accorcia
ti volti ancora un momento
un esile filo in mezzo alla nebbia
un tenue legame
con il mondo dei ricordi
a cui sempre t'affidi
perché un sorriso
illumini il grigio del volto
perché il cuore abbia di nuovo
una ragione per battere
per ritrovare nel passato
il desiderio di vivere ancora.

Una storia d'amore
E nel ricordo
che il tempo sfuma
resta solo l'emozione di un bacio
un rapido inebriante contatto
labbra dischiuse
occhi rovesciati.

Un volto che ogni giorno scolora
una memoria che sfugge alla logica.

Non c'è più,
né mai ritornerà.

Il fuoco,
lento,
si spegne in cenere stanca.

Fame
Soffuso chiarore del lume
che, tremulo, dal soffitto
fuga il buio sul tavolo.
Intorno ombre mute
nell'attesa dell'ora
spettri sbilenchi
dalle occhiaie vuote
stomaci contratti
sordi i respiri.
Il paiolo sul fuoco
riflessi di luce nel rame
il mestolo
che lento gira la polenta.
Non una parola
bocche dischiuse
lingue sulle labbra.
Silenzio,
silenzio da fame.

La primavera
Raggio dopo raggio
s'infradicia il bianco
gocciolano allegre le grondaie
una carezza di sole
dà l'addio all'ultima neve.
Nell'aria ancor fresca
la primavera s'annuncia
fra crochi esitanti
che sporgono il capo
e la gioia di vivere
di rondini tornate
dai caldi deserti d'oltremare.
Un vecchio in panchina
scalda le dolenti giunture
e la bocca sdentata
s'apre in un rapido sorriso.
Un'altra primavera
un'altra stagione
rubata all'eternità.

Il glicine
Quasi contorto nel freddo
s'aggrappa ancora alla vita
tronco rugoso orbo di foglie
avvinghiato all'umida ringhiera
sfida il vento d'inverno
sperando in un'altra primavera.

Nazione indiana
Scendevano possenti
i crini al vento
un rombo di tuono
nel verde fresco di pioggia.
Amici dei giorni di gioventù,
cibo e vestiti più in là,
questi erano i nostri tatanka.
Liberi nella libertà del cielo,
liberi come noi,
soli a calpestare questa terra.
Erano tempi sereni
in cui cantare il levar del sole
correre nel vento della prateria
ascoltare la sera dai vecchi
le saghe di epoche trascorse.
Allora sentivi lo spirito
sempre al tuo fianco
un respiro sommesso
il gorgoglio della fonte
il fruscio dell'erba sotto i piedi.
Questa era la felicità
che ignoravamo
tanto era nei nostri giorni.
Il tempo non esisteva
solo le stagioni
davano la misura
di quanto il mondo cambiasse
ritornando poi sempre uguale.
Ma un giorno vennero uomini
con gli occhi chiari e con pallidi visi
dall'immenso lago che ferma la terra
e tutto non fu più quello.
Nel ricordo di questi occhi stanchi
sono le grida delle donne violate
i pianti degli inermi fanciulli scannati
i prodi guerrieri immoti nell'erba
un solco di sangue vermiglio
fra il nostro mondo e
quello di sconosciuti barbari.
Portarono la civiltà dell'orrore
sterminarono i bisonti
violarono anche la natura.
E a noi pochi rimasti
diedero un fazzoletto di terra
per seppellirci con i nostri morti.
Non più corse nel verde
non più canti all'alba
non più uomini liberi.
Restò solo il sogno
di un paradiso perduto
di una nazione indiana
che da tanto non c'è più.
Ora il tempo non passa mai
stranieri in patria
schiavi in casa propria
e solo all'imbrunire
rivolto all'occidente in fiamme
ritrovo nel respiro della sera
che lentamente si avvicina
lo spirito che ci aveva abbandonato.
Ieri mi è parso di udir la sua voce
nel mormorio del vento,
o forse era questa mia vecchia mente
che lentamente va spegnendosi
in sogni che mascherano l'atroce realtà.
Mi ha detto solo:
è la legge del più forte
e un giorno pure l'uomo bianco
la conoscerà.
Nulla che possa lenire
il dolore per la perdita
della propria identità.

Il tempo corre
Il tempo è passato
lunghe ore
veloci come il vento
attimi brucianti
lenti come giorni.
Ma ora tutto corre
e le notti rapide fuggono
e il sole troppo presto
s'oscura.
Invano freno il calendario
dimentico i mesi
ignoro gli anni.
Annaspo alla ricerca
di ore passate,
alla memoria
di un tempo trascorso.
Non c'è ormai
più un ieri,
nemmeno un oggi,
un battito di ciglia
edè già domani.

Nebulosa
Pulviscoli di eternità
mondi ancora ignoti
attendono linfe vitali.
Agli occhi paion
cerchi di luminosa bellezza
astratte figure
che solo la fantasia
di un piccolo uomo,
nulla più di un grammo
di inerme materia,
può indovinare.
E così gli sussurrano
parole che solo lui
può udire
gli inviano immagini
che solo lui può vedere
nulla è più bello
di ciò che si ignora
ogni cosa rientra
nel nostro disegno
tutto vediamo
come vogliamo
tutto purché
non sia dove stiamo.

Il resto è solo silenzio
Mute distese di verde sferzate dal vento
percorse da lunghe linee bianche
lontano è il rumore del mare
un rombo aspro, quasi rauco
che si spezza contro l'alta costa.
Sembrano soldati impettiti
fermi in eterno sull'attenti
cippi marmorei, un nome e due date
tutto quel che resta di un uomo.
Scende una pioggia fine
da questo cielo spesso imbronciato
lacrime di madri e spose lontane
mesti ricordi che il tempo smorza
fra echi di nuove battaglie
pianti rinnovati
altre distese crocefisse a sogni
che mai prenderanno il volo.
Soffia forte il vento
brontola il mare
tutto il resto è solo silenzio.

Ai caduti di tutte le guerre

Sette
Sette, erano sette
cuori pulsanti
nervi tesi in carne viva
bocche che ogni giorno
parlavano di lavoro
d'amore di realtà
menti che racchiudevano
come fiori preziosi i sogni.
Sette, come le note
a comporre un requiem
alla morte di ogni speranza
al trapasso di ogni umanità
nell'insulto dei diritti calpestati
nell'indifferenza di avide mani.
Calore, ferri che battono
lamine ardenti che sfrigolano
un lampo di fuoco
ed il tempo è già passato.
Sette pire alla stoltezza
di insensibili padroni
all'indifferenza cupa
di gelidi uomini.
E alla fine solo il silenzio
di un minuto, un freddo
girar di lancette in cui
bocche ormai chiuse
urlano mute il loro dolore.
Domani sarà un altro giorno
ma il bianco di queste morti
ha il colore di cadaverici visi
dei tanti, dei troppi stuprati
da uomini senz'anima.

Fiori di vetro
Esili steli battuti dal vento della realtà
crescono ignari di un destino impietoso.
Iniziano come una scintilla
si sviluppano come un fuoco
si sbriciolano come fiori di vetro lasciati cadere
questi nostri poveri ideali.

Parole scritte
Parole che si rincorrono
lasciano il segno sul foglio bianco.
A volte si fermano davanti a un punto
poi riprendono a scivolare sulla carta
spesso sgusciando fra le virgole
quando addirittura non s'interrogano.
E poi
giunte alla fine della corsa
giacciono immote
una fotografia di un'emozione
che ingiallisce col tempo
si nasconde in un cassetto
pronta a rivivere
quando una mano fortunata le ritrova.

Il menestrello
In un mondo di parole
m'affanno a far udir le mie.
Il senso certo è di non gridar più forte
né di sovrastar la voce altrui.
Il mio bisogno è solo quello
di far sentire ciò che è dentro in me.
Sono sensazioni
che nemmeno mi riesce di spiegare
sono emozioni
che con voi vorrei provare.
E' una gioia lieve
che piano piano cresce
e come un fiore sboccia
e le parole sono petali
profumati d'armonia.
Non so se chiamarla poesia
ma questi versi inanellati
son quanto alberga nel mio cuore,
suoni che anche voi possiate udire,
immagini di un'anima
che come un torrente spumeggia
saltando dall'una all'altra idea.
Riga dopo riga, parola dopo parola,
stupito leggo alfin me stesso,
scopro ciò che non conoscevo.
Se questa è poesia,
benedetta che lo sia,
perché lo scavar dentro di me,
come nel pozzo di una miniera,
porta alla luce tesori nascosti,
memorie celate dal tempo,
una serena tranquillità
che assiste questi miei giorni
d'autunno or fioriti di primavera.
Così l'inverno non fa più paura
in un tempo che dà tutto quello
che è sempre stato in me.
Non son che un menestrello,
un illuso che vola con la mente,
un cantante della strada della vita,
ma questa sarà infinita
se di me qualcosa in voi rimarrà,
un po' di luce tenue
a rischiarare l'oscurità.

Zampogne a Natale
Scende dai monti
s'inoltra nelle valli
è un suono d'altri tempi
una melodia struggente
che parla di Natali passati,
di fredde innevate distese,
di ceppi che ardono sul fuoco,
di passi che crepitano sul ghiaccio.
Pastori del gregge di miseria
scambiano mistica musica
con l'obolo di distratti ascoltatori.
La zampogna guaisce
al movimento di dita intirizzite,
da una finestra poche monete
volano fin sulla strada,
il prezzo per sopire
già addomesticate coscienze.
E anche in questa notte magica
il suono percorre le strade
festose di luci e di inutile civiltà.
Ma poco a poco s'allontana
e si perde nel grigio
di un'impietosa indifferenza,
nel buio di anime spente.
Di un suono straziato
di un muto lamento
non resta che l'eco
nascosto nel cuore
di chi ancora sa
che cosa sia l'amore.

Sinfonia sublime
Non è che una brezza, un sussurro del vento
galoppa sui prati, sfiora le piante
e alla sua carezza fremono le foglie.
A ogni ostacolo rallenta e acquista voce
può essere un sibilo lieve, oppure …
E' musica per le orecchie, note incantate
che ignote mani creano con le corde dell'arpa,
un suono lontano che cresce di tono
una melodia che s'invola, si insinua in anfratti,
risale scoscesi pendii, rallenta in verdi vallate.
Sul pentagramma del cielo le nubi son le note
arie di dolcezze infinite che accompagnano
l'immensa e sublime sinfonia della natura.
L'orecchio attende a questo suono
ma solo il cuore può sentire.
A occhi chiusi allora si vede il lucente riflesso
della fusione dell'anima con il creato
e nulla più esiste,
nemmeno il corpo,
solo spirito che si fionda verso l'infinito.

Senza cielo
Mani lorde di carbone
volti anneriti
striati dal sudore
occhi che un attimo si chiudono
all'accecante luce del sole.

Riemergono dopo il lavoro
in file silenziose lasciano il pozzo
non una parola nella bocca
impastata di polvere nera
che lenta entra nei polmoni
toglie ogni giorno l'aria
marchia indelebilmente una vita.

Si muore così per vivere
per il pane quotidiano
per i figli che non si vuole
che seguano la stessa strada.

Schiavi, sepolti vivi
a trarre dalle viscere della terra
ricchezze per altri uomini
che nemmeno immaginano
l'angosciosa fatica
di chi le ha procurate.

E tutto
nell'attesa rassegnata
dell'ultima discesa.

La traccia
D'un sogno di sabbia
non resta che un granello
conficcato nella mano,
nel solco della vita.
Una presenza
un segno di un ideale fuggito
travolto dal vento della realtà.
Non c'è acqua che possa
farlo scorrere via,
non c'è sapone che lo strappi
dal velo del ricordo,
minuscola
infinitesimale traccia,
labile conferma
della mia vita.

Sulle ali del vento
S'alza il vento,
solleva foglie,
sfiora le deboli barriere della mente
e con lui m'involo.
Contro ogni logica,
al di fuori della realtà,
il pensiero s'innalza,
si fionda nell'azzurro,
corre per le immense praterie del tempo.
Secoli che sembrano attimi,
istanti senza fine,
un lontano suono d'arpa,
un richiamo ancestrale
e il mio mondo,
in un pugno racchiuso,
sboccia come un fiore vermiglio,
dilaga,
si materializza in immagini soffuse.
Canta ora il vento,
gorgheggia sulle ali di un sogno,
rapisce lo sguardo
ad ammirare un'opalescente,
sfolgorante visione di un cuore
che è un mondo,
un palpito continuo di una vita
che è la mia.

Attimi
Stille di pioggia
minuscole perle
d'effimera vita
per un istante
rilucono
e poi si spengono.

Vite chiuse nell'arco d'un momento
come gli anni dell'uomo,
una folgore che si perde nell'eternità
un soffio di vento in una giornata di bora
la breve e tremula luce di un cerino
nel profondo della notte infinita.

Gocce di vita
microbici segni
di un tempo senza ore
di uno spazio senza limiti
in un giorno
che come nasce muore.

Dolce abbandono
In questo tramonto,
lento,
che avvolge la mia strada con tocco delicato,
quasi una carezza,
in questi chiaroscuri
che emergono a ricordarmi un passato
mai lontano.

In questo tempo,
incerto,
che mi trascina all'ultima meta,
non c'è un'ora
che desidero scorra più veloce dell'altra.

Nessun progetto
a distrarmi dalla soddisfazione di gustare
il sapore della vita,
il profumo di un tempo tutto mio.

E in questo passar la mano
alla serena quiete di ore senza fretta,
dolce è abbandonarmi
al ritmico respiro della natura,
vedere finalmente dentro di me.

L'autunno
D'un giorno d'autunno
sferzato dal vento
senza sole né pioggia
di grigiore diffuso
freddo di fuori e di dentro
non restano che foglie
ai piedi dell'albero.
Una sola resiste sui rami
una speranza di primavera
che per lei non verrà.

D'un giorno d'autunno
di un cuore svuotato
di un sogno terminato
non resta che l'ombra del buio
che presto arriverà.

Insieme
Nell'oscurità indovino il suo volto,
segnato come il mio dal passar del tempo.
Anni vissuti insieme, gioie e dolori,
come in ogni vita di questa nostra terra.
L'emozione incontenibile
la prima volta che allacciammo i nostri corpi,
l'attesa del primo figlio, il seme del futuro,
il vagito che ne annunciò la comparsa sul mondo.
Sembra ieri, ma è accaduto lontano nel tempo,
un ricordo che nell'ora del tramonto
ci dà la certezza di aver vissuto.
Già fuori la civetta chiama ad ore finite,
gli dei ogni giorno che passa s'allontanano,
e dolce è attendere l'ora segnata
stringendo la sua mano senza più forza.
Nel buio che ormai ci avvolge
c'incamminiamo verso la luce
che mai cesserà.

Nota: questo canto avrebbe dovuto far parte dei Canti celtici,
ma per motivi di equilibrio dell'opera ho preferito non inserirlo.

Voli nell'alba
Solo la risacca nella quiete dell'alba
onda che corre alla riva a infrangersi
nel chiarore d'oriente che fuga la notte.
Lontani stridii di gabbiani
aerei lamenti che uniscono cielo e mare.
Migrano i sogni della notte,
corrono nel limbo del giorno che nasce,
artigli di realtà emergono dalle brume
e li strappano via da me.
Nella notte che esala l'ultimo respiro
il cuore palpita, sparge lacrime di malinconia
per ciò che è stato nelle ore della luna,
una realtà tutta mia,
un mondo che s'accende con il buio
e si spegne con la luce.
I miei sogni s'involano rapidi,
seguono i gabbiani
restano solo briciole di felice irrealtà.

Un ultimo sogno
Fioca la luce
non c'è più olio
scivola il buio
lontano è il giorno
prossima la notte
gli occhi si chiudono
un ultimo sogno
chiarori accecanti
sprazzi di vita
tutto scolora
sfuma nel nero
resta solo il buio.

Grigie ceneri
Tutti i sogni bruciati
sono volati lassù
dispersi fra le nubi plumbee
del temporale della vita.
Restano solo miseri ricordi
grigie ceneri alla rinfusa
coltre sottile che ricopre la mente
e cela all'animo la possibilità
di generare altre illusioni.
Nel cielo avvizzito di un autunno
che avanza incipiente
resta solo un sogno di primavera.
Un fremito ancor l'accompagna
e nell'immagine di un giovane
rivolto con fiducia al domani
meno s'avverte il freddo
di un' età senza ritorni.

Pioggia rossa
Soffia oggi lo scirocco
porta nubi gravide di pioggia
fa ribollire l'asfalto rovente
secca lacrime antiche.

Già cupo è il fragore del tuono
saette bluastre disegnano il cielo.

E al fine scroscia la pioggia
intrisa del rosso di tante violenze
di guerre lontane oltre lo sguardo
di urla di bimbi straziati
di sogni annientati.

E' un sangue disperato
che bussa a porte rinchiuse
che urla ad orecchie ormai sorde
che dilaga in cuori già vuoti.

Il lamento del mare
Schiuma irato il mare
nell'onda aspra
che s'infrange alla riva.
Un sordo muggito,
il lamento infuriato
di un Nettuno
non più dio
né mai mortale,
dacché la superbia
dell'umana specie
irride il suo nome.
Ci fu un tempo
che i naviganti
gli rivolgevan preghiere,
a lui s'affidavano nei viaggi,
epoche ormai dimenticate
da poveri dementi
che tutto e niente sanno.
Sopra l'onde corre il canto
di chi nei tempi
è stato accolto nelle braccia
di un dio che nessun più vuole.
E' una melodia di risacca,
di voci che vanno e vengono,
un gorgoglio che sale dal fondo,
una nenia accorata di umidi spiriti
che sciolgono in pianto
la fine del loro mondo.
Nella tempesta cessata
sull'onda che rallenta
prende il volo un gabbiano
verso orizzonte
dove acqua e cielo si mischiano
e un sogno continua lontano.

Incomunicabilità
Parole
solo parole
disperse dal vento
pochi versi
il riflesso di un tormento
urla soffocate
sogni cancellati
solitudini d'ogni giorno
tutto tace
e nemmeno l'eco ritorna.
Parole
perse nell'infinito
non c'è più voce
solo un ultimo
grido strozzato
un rauco lamento
un impercettibile
soffio di vita
subito
disperso dal vento.

Sogni
Il ticchettio della sveglia
ritma i sogni della notte.
Il buio così si colora
riluce di effimere immagini.

Si scoperchia il passato
dissolvenze di volti
memorie di sogni rimasti tali
illusioni ormai perdute
nella realtà di ogni giorno.

Sono candidi gabbiani
che all'alba mi salutano
e ritornano nel segreto
dell'intimo inconscio di me.

Alla poesia
Non c'è silenzio
non c'è rumore
solo il battito del cuore.
Parole nere d'inchiostro
colorano il bianco del foglio,
un concerto di vocali
di consonanti
si materializza
senza che gli occhi vedano,
onde cerebrali oscillando
guidano la mano.
Si aprono le dita
scivola la penna
sull'opera finita.
Parole,
sono parole,
note dell'animo
suonate col cuore.

La corda spezzata
Si spezzò l'ormeggio
e il mare la portò con sé.
Ore di sole, lunghe notti
in balia delle onde
in cerca di un approdo lontano.
Sola e senza di me,
tranne il volo di un gabbiano,
un esile legame nel ricordo
che ogni giorno si spegne
nella certezza che il mare,
cupo e indifferente,
mai la riporterà da me.
Si rinnovano le albe,
muoiono i giorni,
le onde lente giungono a riva,
si spengono sulla sabbia.
Resta solo una corda spezzata,
marcita dall'acqua,
corrosa dal sale.

Il cielo
Guardo il cielo
nuvolette bianche
in un velo azzurro
sogni fuggiti
alla realtà del giorno
desideri evaporati
al sole della delusione.
Il vento dell'oblio
li porterà lontano
altri lidi, altre genti
pronti a farli propri
illusioni che tornano
che muoiono
che rinascono.
Guardo il cielo
e vedo me stesso.

Grigio profondo
Calava la nebbia,
una serpe informe
s'insinuava fra
i vecchi platani,
avvolgeva la vite esangue,
scivolava sulle zolle
che l'aratro aveva appena girate.
Fradice foglie morte
maceravano
al grigiore di un giorno
più grigio degli altri.
Immobile,
umido fin nelle ossa,
guardavo il nulla
e vedevo riflessa
l'immagine di un cane azzoppato,
di un somaro inutilmente bastonato.
Nel greve silenzio
s'alzò l'urlo,
il boato dell'anima.
Si perse,
inutile,
nella nebbia.

Il lascito
Onde magnetiche
immutabili
emozioni da raccogliere
per chi sa aprire il cuore.
Sogni di parole
una traccia nel tempo
una memoria indelebile
un piccolo seme
che germoglia
per gli anni a venire.
Molti diranno che è poco,
ma questo immensamente tanto
è quel che resta di un poeta,
un' umile ombra nel giorno,
un astro lucente nella notte infinita.

Un angolo di cielo
Lunga è questa strada,
scoscese salite,
impervie discese,
affanni,
dentro e fuori.
E il tempo passa,
corre instancabile,
il ticchettio di un orologio,
l'alternarsi del giorno
e della notte,
il mutare delle stagioni,
per arrivare sempre là,
all'ultimo traguardo.
Appenderò le scarpe al chiodo,
non potrò più volgermi all'indietro.
Dove andrò, dove starò?
Non chiedo molto,
solo un angolo di cielo,
un pezzetto di blu,
da cui guardare
chi è rimasto laggiù.

La terra senza sogni
Polvere,
polvere rossa di sabbia e di sangue
           volteggia,
copre implacabile ogni cosa
come un sudario si deposita su vittime ignare,
soffoca gli ultimi rantoli di vita
serra gli occhi all'orrore di ogni giorno
strappa gli ultimi sogni di bimbi straziati.

Scivola
come una serpe,
          silenziosa,
fra le rovine di una Baghdad morente,
chiude alle orecchie del mondo
i fragori delle esplosioni,
cela allo sguardo di Dio
la tragedia di uomini già morti dentro.

Il canto dell'illusione
C'è stato un tempo lontano,
che nemmeno quasi ricordo,
di grandi speranze,
in cui tutto sembrava a portata di mano.

C'è stato un uomo che ha creduto
che il mondo potesse cambiare,
che all'egoismo subentrasse l'amore,
che il futuro sarebbe stato migliore.

C'è stata la sua gioventù,
un sogno che non rammenta più.

Quell'uomo adesso è cambiato,
nulla è accaduto,
solo è rimasto con la sua illusione.
Nell'ora che volge al tramonto
ogni speranza è cessata,
resta solo il suo amore,
affondato nel cuore.

Giorni
Ci sono giorni,
ogni settimana,
che vorresti non ci fossero.

Ci sono appuntamenti
     con pietre silenziose,
un'immagine sul marmo,
un colloquio senza parole.

Ci sono fiori che non vorresti vedere,
steli che inducono alla vita,
     una barriera fra la luce e il buio.

Ci sono memorie che vorresti ignorare,
ricordi lontani e sempre vicini,
in un tempo
             che lì si è fermato.

Il fiume
Lunghi filari di pioppi,
le foglie frementi
al vento di marzo.
Scorre, lento,
il fiume ignora
la sua età.
Un incessante fluire
di acque mutanti,
dalla limpida giovinezza
che ne anima la fonte
alla pigra lenta vecchiaia
prima della sua morte in mare.
Mute le sponde osservano,
lontano è il canto di un gallo,
la notte sta finendo,
continuo è il flusso,
senza riposo,
infinito scorrere come il tempo.

Camminarono insieme
Oscuri segni del passato
riaffiorano nell'ora del tramonto.
Un volto, quasi dimenticato,
riluce all'improvviso,
una mano stretta tanto tempo fa
riacquista corpo e calore.
Un nonno e un nipotino
a passeggio per un viale,
lungo all'infinito per il piccino,
breve come un istante per l'anziano.
La stretta della mano che si allenta,
il bimbo che fugge in avanti
volgendosi all'indietro,
l'immagine dell'altro che sfuma.

Camminarono insieme,
nel breve arco di una vita,
un ricordo che non muore,
per chi ormai è alla fine di quel viale.

Inganni
Il petto squarciato,
affondo le mani,
dentro di me.
Ti cerco,
so che ci sei,
ma non so dove.
Nascosta,
silente,
domini la mia vita,
mi apri alle gioie,
mi tormenti con l'angoscia.
Senza di te non sarei
che un manichino di carne,
ossa con la polpa intorno
che si consumano in una vita
che solo tu mi concedi.
Anima mia,
fuoco che ardi senza fiamma,
fatti trovare,
fa che anche tu non sia
uno dei tanti inganni
che l'uomo crea
per avere un passaggio
per l'eternità.

La voce del silenzio
In quel verde fradicio di pioggia,
sulla riva su cui batte l'onda
e porta le impronte di acquatici
ardimentosi per necessità di cibo.
In quel cielo venato da strisce bianche,
nubi della tecnica moderna del trasporto,
s'alza lento il respiro della natura,
un mormorio sommesso,
un suono non suono.

E' una nota sola, staccata,
una vibrazione ferma,
come un lontano gong
battuto dal martello del tempo,
un sospiro che sa d'infinito.
Un corpo pulsante d'umori divini,
un boomerang
che ritorna ad ogni lancio,
una voce calda che non sappiamo,
né vogliamo ascoltare.

Mondine al lavoro
Non c'è cielo
che riesca a specchiarsi
nell'acqua fangosa ove affondano i piedi.
Prone, in file parallele,
avanzano sguazzando,
le mani vescicate ad artigliar le erbacce,
un unico esercito in parata,
impeccabilmente misero.
Nel sole che dardeggia,
fra gli sciami di irritanti moscerini,
ogni tanto s'alza un canto di speranza disperata,
di riscatto di una dignità derisa,
lordata dal sudiciume del denaro
che scorre nelle mani del padrone.
E nel torrido riverbero del meriggio assolato,
denso di umida calura,
s'assopiscono le voci nella fatica
di chi meno ha,
ma più dà.

Colline risorgimentali
Qui, colline ridenti dai ricchi vigneti,
campi ordinati di bionde messi,
l’aria del lago a mitigare l’arsura estiva,
a lenire il freddo nebbioso dell’inverno.

In altri tempi clamori d’arme,
cozzi di cavalli nell’impeto dello scontro,
sudore misto a sangue profuso a volontà,
in nome di un’Italia che ora queta riposa.

San Martino, Solferino, Custoza,
nomi che s’imparano a scuola,
ricordi di risorgimentali battaglie,
francesi, austriaci e piemontesi
a scannarsi per l’altrui gloria.

Il rosso dei campi è ora solo quello dei papaveri,
gli unici suoni sono quelli dei trattori,
o le voci di teneri innamorati
che camminano pensando solo al futuro,
senza memoria di un passato lontano,
di un tempo finito.

Maestose steli sui colli ricordano
morti senza nome,
ossa senza nazionalità,
poveri teschi dalle occhiaie vuote,
un monito per chi ancora non sa vedere
l’inutilità e la bestialità di una guerra.

E nelle notti d’estate la brezza del Garda
sembra portare voci sommesse di un coro,
un sussurro,
un anelito di vita,
il rimpianto di chi qui ha lasciato
per sempre la speranza nel futuro.

Al figlio mai nato
Nel tempo che passa,
nella luce che lenta sbiadisce,
invano cerco di immaginare
quel viso che mai potei vedere.
Ti avrei dato il mio nome,
ti avrei lasciato il mio cuore,
e invece lì dentro sei rimasto,
in quel muscolo vecchio
che palpita sempre più piano,
in quell'illusione
che è ormai
solo il ricordo di un sogno.

Animula vagula blandula ¹
(in memoria di Adriano)

Rivestita di un abito consunto,
con le toppe degli anni trascorsi,
fra poco nuda resterai,
solo spirito, essenza incorporea.

Liberata dal peso della terra,
fuggirai dal mondo,
salirai nell'olimpo dell'universo,
ritornerai nel tempo infinito.

Nessun giorno, nessuna notte,
né gioia, né dolore,
né fame, né sete,
solo luce che ritorna nell'eternità.
¹ Omonimo titolo della poesia che l'imperatore Publio Elio Traiano Adriano
 (24 gennaio 76 - 10 luglio 138) scrisse lo stesso giorno della sua morte
.

La domanda
S'alza un velo di polvere,
un ragno fugge disperato
fra le tele mosse dal vento,
la mano corre a vecchi libri,
a scrigni di sapere sdruciti dal tempo.
Sillabari, tabelline, un po' d'algebra,
un romanzo di Salgari, un dizionario
e in fondo un quadernetto nero.
Fogli a righe con una bella scrittura,
ingenui temi con sdolcinati finali,
e nell'ultima pagina un enigma,
ancora insoluto,
nonostante il tempo passato.
Due parole,
un quesito in attesa di una risposta
che mai verrà:
"E poi?".
Sempre quelle,
con cui chiuderò il libro di una vita.

Il futuro che muore
Lo sguardo di un bimbo che muore di fame,
quell'altro fanciullo che s'appoggia alle grucce,
le gambe divelte, gli occhi sconvolti,
la morte di dentro e il dolore di fuori.
Lunghe file parallele di bianche steli,
piccoli tumuli di sabbia dispersi dal vento,
nessun fiore
che solo lacrime potrebbero dissetare.
E' il futuro che muore,
è la speranza che fugge,
in questo mondo d'orrore.

Lo sguardo
Un attimo,
un impercettibile battito di ciglia
e subito l'immagine è sparita.
Invano l'ho cercata,
fra le foglie mosse dal vento,
tra le nubi che si rincorrevano nel cielo.
Nulla,
solo la visione di un momento,
un ricordo emerso all'improvviso,
ma quel viso era lì davanti agli occhi,
così vicino da toccarlo con la mano.
Anonima figura di fanciulla,
il cui sorriso,
tanti anni fa,
si è impresso nella mente
con il pudore dell'innocenza
che a lungo l'ha celato.
Non era che uno sguardo,
ma allora fu come uno scintillio di stelle
che adesso,
per un istante,
hanno di nuovo brillato nel buio della mente.

Il silenzio
Immagini che prorompono dallo schermo,
volti disfatti dal dolore,
senza più lacrime,
inermi falciati come messi mature,
e ovunque distruzione,
in un orrore senza fine.

Bimbi dal ventre gonfio,
mosche che ricoprono visi scarniti,
occhi vuoti senza più speranza,
una dimensione umana che rifugge dalla logica,
un mondo ogni giorno morente di nera miseria.

Comparse dell'ennesima recita della civiltà,
numeri senza valore,
atomi dispersi nel vortice cosmico
secondo un copione
che la regia del potere ha così ben disegnato
dall'esser sempre attuale.

E su questo massacro di vivi,
su questo storpiamento di fratelli,
lontani da cuori troppo pingui di indifferenza,
regna sovrano il silenzio,
un'assenza straziante di suoni,
un urlo senza voce,
una disperazione infinita.

Un giorno alla fontana
Ella scendeva alla fontana,
esile figura di giovinetta acerba
ed io la rimiravo,
estasiato da tanta grazia e beltà.
L'acqua gorgogliava un canto antico
che parlava di elfi, di gnomi,
di fanciulle addormentate nel magico sogno
di una gioventù libera da vincoli e da orpelli.
Il sole in cielo splendeva radioso
e conferiva alla scena ottici riflessi
fra il verdeggiar del bosco.
Si chinò,
raccolse l'acqua nell'orcio antico
e così facendo rispecchiò la soave immagine
che impressa rimase nella superficie appena increspata,
poi passò dinnanzi,
senza volgermi uno sguardo
e lesta ritornò alla dimora sua.
Di certo non rientravo nei suoi sogni,
nato servo,
ma con cuore e sentimenti d'ogni uomo.
Raccolsi l'acqua in cui s'era specchiata
per conservarla nell'illusione
di poter ancora rimirare l'immagine della sua bellezza.
E continuò, così,
il mio esser nel sogno d'una vita disperata,
ove la realtà di quell'amore mi sarebbe stata negata,
sempre restando impressa nella mente
quella figura leggiadra di un giorno alla fontana.

Poesia
Ritmate parole che sgorgano dal cuore,
immagini dell'anima che incidono il foglio,
sospiri amorosi, a lungo repressi,
che sgorgano impetuosi,
dilagano sulla carta,
s'allargano sulla scrivania.
Son tormenti, ricordi d'un tempo,
emozioni di un momento,
sentimenti nascosti, sogni accarezzati.
Senza ritegno, senza rispetto,
ti prendono la mano, guidan la penna,
reclamano un momento di gloria
con la loro storia
                                         edè poesia.

Il ritorno della primavera
Lontano è ormai il sole scialbo dell'inverno
e nell'aria pur fresca e cristallina del marzo
s'accende di luce nuova il cielo non più opaco.

Allunga l'astro le sue braccia calde a sfiorare
la neve imbastardita da un tempo ormai alla sua fine
e il miracolo del ritorno della primavera si rinnova.

Tremuli s'affacciano alla vita dopo il lungo sonno
i gialli crochi a corteggiar le primule ridenti,
mentre il disgelo porta nuova voce al ruscello.
In terra è tutto un fiorire, un tappeto di mille colori
che s'intona con il limpido azzurro del cielo.

Un suono, un altro, un altro ancora.

Cantano le rondini la ritrovata gioia di vivere,
una nuova gioventù che fa brillare gli occhi al vecchio
che scalda le ossa al primo sole.

Grida dal buio
(dedicata alle piccole vittime della scuola di Beslan)

In una notte buia
sogno di madre lacerata dal dolore.

Grida garrule, risi di bimbi in un giorno di festa.

Prorompe un urlo
e dall'ombra emergono piccole mani.
"Ero là"
Mormora un bimbo ignudo.

"Ero là per imparare la vita
e ho conosciuto la morte.
Quanto ho gridato,
quanto ho invocato il tuo nome,
prima che mani crudeli
spezzassero il mio esile fiore appena sbocciato."

" Non ti invidio, mamma.
Nel tuo mondo di odio non c'è posto per me.
Ricordi quando sussurravo il mio affetto?"

Occhi di madre, chiusi dal sonno, spalancati al ricordo.

"Non te ne voglio, mamma,
ma una sola cosa ti dico, ti grido:
perché farmi nascere
se sapevi che il mondo è così?"

Un urlo nella notte, un risveglio affannato,
il sogno finisce nell'amarezza del giorno che viene.

Il palloncino
Nel pianto che accompagna
il palloncino sfuggito di mano
c'è la delusione per un sogno svanito.

Era lì, il pugno serrato,
il sorriso estasiato di bimba
che finalmente l'aveva trovato.

Un sogno innocente, un gioco infinito.
E ancor quando s'invola sempre più su,
qualcosa rimane,
non tutto è cessato,
fino al risveglio del botto nel cielo.

Tutto è finito, un incanto è sparito.
Resta solo,
inerte,
un pezzo di spago nella manina,
il ricordo amaro di un momento di sogno.

Di un nuovo giorno e di uno passato
Ai primi bagliori d'oriente
si scosta il velo della notte,
fra pieghe striate di buio.

E' il canto,
roco, del vecchio gallo
che annuncia la tremula luce del nuovo giorno,
fra stormir di foglie all'aria fresca del mattino
e i variegati suoni del risveglio della natura.

Non c'è più tempo per dormire,
non è ormai il momento di sognare,
si gira il calendario
                          e già non è più ieri.

Plenilunio
Non un filo d'aria
a muover le foglie
del vecchio acero
illuminato dalla luna.
Una notte di luce riflessa
a inondare di soffuso chiarore
vicoli angusti,
piazzette popolate
solo da gatti in amore.

Su una panchina
due innamorati guardano le stelle
e sognano giorni radiosi,
volano tenui parole,
mormorii impacciati,
si stringono i corpi
in un abbraccio improvviso,
i respiri si fanno affannati.

In un angolo,
un vecchio barbone
alza al cielo un fiasco
e brinda alla luna,
biascica parole
che nemmeno lui sente.

Tutto è quiete,
in questa notte splendente.

La fine di un giorno
Rocce erose dal mare,
sferzate dall'impeto del maestrale.
Mute custodi della natura,
a volte aspra,
più spesso selvaggia.

Volti seccati dal sole, abrasi dal sale.
Reti stese ad asciugare,
lucenti,
in più punti strappate.
La brezza porta profumi di coste lontane.

Nell'incerta luce del tramonto
una vela insegue gli ultimi raggi di sole.
Poi le rocce,
impassibili,
sposano il mare al cielo,
e dolce è abbandonarsi
al silenzioso passo della notte.

Ritorni
Al primo pallido sole,
alla luce che allunga
il suo passo sulle tenebre
della fredda notte,

un lieve battito d'ali,
un'ombra rapida,
una fiondata fra le nubi,

e già par primavera.

Senza tempo
Il silenzio della sera
Risuona solo dei battiti del cuore.
Musica che accompagna
I giorni di una vita.
Un'unica nota, un rintocco
A volte lieve, a volte forte,
Ma tante melodie.
Senza tempo.

Occhi solo per i tuoi,
Mani appena sfiorate,
Sogni che nascono per incanto
E forte prorompe dal cuore
Una melodia d'amore.
Senza tempo.

Albe accecanti di luce,
Soffusi chiarori alla fine di un giorno,
Lo sguardo corre oltre l'immagine,
Un brivido serpeggia nell'animo
Mentre il cuore si scioglie
In una sinfonia di emozioni.
Senza tempo.

Amori disperati, soffocati,
Tenuti dentro,
Rimpianti per quel che non sarà.
La mente corre invano a cercar l'oblio,
Mentre il cuore galoppa e in un lungo gemito
Il dolore stride come una corda di violino.
Senza tempo.

Il buio che avvolge tutta una notte,
Oscurità di fuori, tenebre dentro,
Gli occhi che inseguono invano la luce
Nella lampada che per sempre si spegne.
Un battito rado, sempre più lento,
Stanco, un'ultima nota steccata.
Senza tempo.

Senso
Antiche dimore,
in mura sbrecciate
l'erbaccia attecchisce.
Di lontani fasti non restano che pietre,
muto ricordo di un tempo che è stato.
Erra invano la mente alla ricerca
di un segno, di una traccia,
di presenze ormai cessate,
di ciò che nemmeno il sogno
ormai vagheggia.
E sgomento è il pensiero
che un giorno anche di me
non rimarrà che polvere
dispersa dal tempo.

Vagabondo
E' lungo il cammino,
polvere impalpabile
che cela la vista,
che penetra ovunque,
anche negli anfratti del cuore.
Lunghe notti con compagne
solo le stelle
e il canto del gallo
che ti fa riprendere la strada.
Una pozza d'acqua per rivedere il tuo viso,
un vecchio giornale per ricoprirti
dei fatti del mondo,
il sorriso di un bimbo per ricordare
il tempo che è andato.
Neve, ghiaccio, sole opprimente,
sempre imperterrito avanti,
senza una meta se non
la ricerca vana di te stesso.

Melville
Spumeggia il mare,
s'inarca l'onda,
mentre l'arpione
vola a straziare
il sogno di ogni giorno.
Può essere una balena,
bianca o nera non importa,
può essere il desiderio
di emergere dall'oceano
di un' umanità tutta annaspante,
protesa a un vacuo ed effimero successo.
Il peggior nemico non è il vicino,
non l'onnipresente ingrato fato,
ma solo l'ombra che corrode il giorno,
che infierisce la notte,
e che allo specchio rivela lo sguardo
torbido dell'insoddisfazione.

(dedicata a Herman Melville 1819 - 1891)

La fine e l'inizio
Un altro anno è finito.
Scoppi di petardi,
luci che illuminano la notte,
mentre s'alzano i bicchieri
fra torrenti di spumante
e auguri rituali senza emozioni.
Poi tutto tace nell'anno nuovo,
i gatti riprendono possesso
della strada ormai deserta.
Solo un ubriaco gira a vuoto,
con la bottiglia in mano
a dimenticare un anno già passato
e ad annegare quello già iniziato.
Nell'alba che s'avvicina di soppiatto
cade l'ultima illusione
che un capitolo sia chiuso
e uno nuovo si sia da poco aperto.
La vita è sempre quella,
il mondo non è cambiato,
e il lontano rutto dell'ubriaco
è il degno epilogo di una notte
dalle speranze ormai remote.

Quando sarà primavera…
Quando sarà primavera…
Il primo raggio di sole
scioglierà il freddo dentro di noi.
Mesi di attesa nel buio
disegnato da orride mani
lorde di sangue innocente.

Quando sarà primavera…
Le tenebre dell'ignoranza
saranno squarciate dalla luce
imperiosa dell'amore.
Si capirà di non aver mai vissuto
per la ferocia di pochi e la debolezza di tanti.

Canti silenziosi di anime liberate
riempiranno corpi affrancati,
cacceranno schiavitù primordiali.
Gli occhi vedranno come mai videro,
le orecchie sentiranno come mai udirono.

E in un mondo nuovo di uguali
con ritrovata dignità e coscienza di esistere,
l'unica fame che rimarrà sarà quella
del sapere il perché di tante vite gettate al vento,
di tanti dolori e miserie inutilmente patiti.

Quando sarà primavera,
fortunato chi la vedrà.

Continua, intanto,
l'infinito inverno dell'umanità.

L'alba
Mentre alla notte si chiudono gli occhi,
s'alza insonnolito il vecchio sole.
Le brume, lente,
s'aprono a sipario sul nuovo giorno,
fra il lontano canto di un gallo
e l'ultimo verso della civetta.
C'è un mondo che va a dormire
e un altro che s'affaccia alla luce.
Cessano i sogni della lunga notte
nella realtà del battito del cuore
di chi è a me vicino.

L'assenza
In quella capanna, in quella notte
di Betlemme rischiarata dalla
luce calda e lieve della cometa,
io c'ero.

Su quel monte di dolore, spaccato
dal sole, con solo l'ombra sinistra
di tre croci di legno,
io c'ero.

Sui campi di lance spezzate,
di cavalli morenti, di corpi squarciati
in tante inutili battaglie,
io c'ero.

Fra le doline fangose del Carso,
fra mani scheletriche volte a cercare
una vita ormai finita,
io c'ero.

Fra le rovine di Hiroshima, sotto il fungo
che portava in cielo esseri inermi,
esistenze di colpo fermate,
io c'ero.

E c'ero sempre, ancora ci sono fra
l'umanità derelitta, affamata,
con i deboli che soccombono ai forti,
fra i malati nella carne e nello spirito,
nei cuori che si spengono, nella miseria
di un mondo sempre uguale,
di speranze deluse, di sogni spezzati.

E tu, uomo, dove sei?

Solo le labbra
Di una spiaggia deserta serbo il ricordo,
di dune grigiastre battute dal vento,
di un mare irrequieto che strappava la sabbia.

In un giorno d'autunno, d'un cielo corrucciato,
un incontro c'è stato e il ricordo sbiadito
ogni tanto riemerge dalle onde del tempo.

Due sconosciuti, soli nel mondo,
a calpestar la rena bagnata, senza una meta
e senza uno scopo in un arenile in disarmo.

Bastò una parola, quasi dispersa dal vento,
e in un attimo il cielo s'aprì nell'azzurro,
il mare riprese il suo sonno sornione.

Fu solo un istante, un bacio improvviso,
una fuga dal niente in un sogno dorato,
una vita vissuta in un solo momento.

Mai più la rividi, mai più la cercai,
nemmeno volli sapere chi era colei
dalle umide labbra intrise di sale.

Un nuovo giorno
Si scioglie in una lama di luce
il buio della lunga notte.
Fuggono le tenebre,
si nascondono fra gli anfratti,
s'annidano nell'intricato sottobosco.
Lontano, il canto rauco del vecchio gallo.
S'interrompono i sogni,
lasciano solo tracce che la mente,
intorpidita, invano interroga.
Un'auto che si avvia,
qualcuno che fischietta per strada,
persiane che si aprono,
profumi di caffè
e un nuovo giorno comincia.

Ricordi sparsi
Bolle di sapone svolazzanti
brevi come un battito
d'ala di farfalla,
irrompono all'improvviso
dall'oblio del tempo,
a ricordarmi che la vita
è solo un susseguirsi di momenti.

Armonie
Scivola l'acqua sulla roccia,
saltella fra i piccoli declivi,
rinnova il suono della vita
che ritorna a dissetare
gli esili fili d'erba che
svettano al sole, appena mossi
dal freddo vento delle cime.
Un suono lontano fra una guglia
e un anfratto, un'eco di immenso
che avvolge la valle, s'addentra
nel bosco di pini, canne d'organo
di una sonata che chiama all'eternità.
Brevi rintocchi di campanacci
si perdono nei pascoli,
un contrappunto di serenità,
in un concerto di irripetibili armonie.

Dall'alba al tramonto
Si sbriciola il tempo
in brandelli di vita
che se ne vanno.
E lungo questa corsa
dall'alba al tramonto
risuonano i passi,
che lasciano impronte
cancellate dal vento.

Una cartolina da Capri
Ritrovata fra le vecchie cose,
velata da un filo di polvere,
un mare azzurro nel tramonto,
con i faraglioni a guardia del paradiso.

"Ricordo di Capri" porta scritto
e sul retro l'inchiostro sbiadito
come il ricordo di un amore lontano,
abbandonato nella soffitta della mente.

Quanto tempo è passato nemmeno so.
Lei andò a Capri di certo non sola,
ma il tormento di non esser con me
si sfogò in quella cartolina:
" Un ultimo saluto. Marina".

Un nome e riemerge un'immagine,
un contorno sfocato di donna senza volto,
ma l'emozione ritorna.

Un solo attimo di intensità,
una luce che si accende e subito
si spegne, in un ricordo di nuovo
lasciato alla polvere del tempo.

Silenzio, si gira
Uno strillo, un acuto, un vagito
e il ciakè l'inizio di un nuovo,
e mai uguale, film sulla vita.
Scorrono le immagini,
si susseguono le scene,
il ritmo galoppa come un cavallo
a briglia sciolta in cerca della libertà.
L'attore e gli altri, spesso semplici
comparse, recitano se stessi
in un copione che si scrive
e si legge giorno per giorno.
Incanti d'amore, delusioni profonde,
si srotola tutta una vita impressa
sulla pellicola del tempo.
Giorni troppo corti, scene troppo rapide,
in un crescendo senza intoppi,
fra gioie e dolori, vittorie e sconfitte.

Poi, all'improvviso, tutto sembra
procedere a rallentatore,
come se la pellicola faticasse a scorrere.
Risalta la monotonia, a sprazzi interrotta
da ricordi sempre più evanescenti,
flash back che illuminano per un attimo
l'opacità di stanche scene che si trascinano
obbedendo a una trama già nota.
E l'attore annoiato attende
che compaia l'ultimo fotogramma,
quel "The end" che porrà fine
alla sua ormai insopportabile fatica.

Illusioni e delusioni
Sciacquature di piatti,
parole gettate lì per riempire
il vuoto di un tormento.
Inutili sfoghi di un animo
che non trova conforto
nemmeno in un sogno
degenerato in un incubo.
Sono, perché respiro,
vivo perché esisto.
Il meschino fardello
di voler esser certi
che nel dopo si serberà
di me il ricordo spalanca
le porte del buio
e nello specchio della verità
vedo l'immagine contorta
di un fallimento per non aver
voluto essere me stesso.
Nel tempo che rimane
riprenderò la penna in mano
per riscrivere il futuro,
rimesso il logoro abito
dell'umile che ero.

L'istante
Un battito di ciglia appena accennato,
la goccia che si stacca dal rubinetto,
un cuore che batte l'ultimo rintocco,

edè già il dopo.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Malinconico autunno
Fra la pioggia uggiosa che scende
nel grigio opaco della giornata autunnale
cala la malinconia per il tempo che è passato,
per quell'unica primavera troppo presto trascorsa,
bruciata dalla frenesia di correre
inconsciamente incontro all'inverno.

Tempeste del deserto
A tratti si scosta il velo
Sull'intimo senso di me.

In un deserto freddo
Di sogni smorzati,
Di illusioni fugaci,
S'alza la tempesta
A spazzare un lontano ideale,
Una fuga dal tempo
Mai utilizzata,
Un desiderio sempre soffocato.
Un turbine improvviso,
Un vortice di rifiuti di parole,
Un'esplosione di rabbia repressa.

Nemmeno il tempo che la luce
Lasci il tempo alle tenebre
E la tempesta è cessata.

Nulla più resta, se non l'impalpabile
Polvere dei sogni gettati.

Il coraggio
Brume fumanti, vorticose di accidia,
urla strazianti che si perdono nel vuoto.
Lontani viali ove la sera vibrano cuori
in speranze d'amore spesso deluse.

Stomaci vuoti che brontolano la fame,
occhi spenti nell'agonia di una vita.
Sul tavolo restano gli avanzi del pasto,
cibo per cani, rifiuti da pattumiera.

Un mondo che vive soffrendo e
che della morte ha sempre il volto ogni giorno.
Uomini ammalati di voracità,
segni decadenti del nulla che li accompagna.

Là si attende il trapasso, ultimo atto
di una commedia con troppe comparse
e pochi registi dietro le quinte.
Folto pubblico che s'indigna, scalpita,
ma poi esce desideroso della solita pizza.

Ci vuole coraggio, e non per morire,
perché dopo tutto è finito.
Per vivere, invece sì, nell'abitudine
della morte d'altri, già morti da quando son nati.
Ma l'ultimo giorno sarà per tutti uguale.

Fra poco il riposo
Già si allungano le ombre
in questo scorcio di pur tiepido autunno.
Le vecchie querce s'apprestano al riposo,
come le siepi di bosso, ancor più raccolte
a proteggersi dall'imminente gelo.
E' tutto un tripudio di tenui colori
che staccano dal verde dei prati
del grande parco, bello come sempre,
ma ora più intimo, più naturale.
Là le canne indiche svettano con gli ultimi fiori,
qua rosseggiano gli aceri indomiti,
più oltre gorgoglia il ruscello, fra un mare
di umili, ma impavidi settembrini.
E' l'ultimo canto dell'anno,
è l'ultima visione di un paradiso,
prima del lungo rigido sonno.

Melodia dell'anima
Zeffiri, carezze d'aria,
profumi di terre lontane,
canti di bimbi al tramonto.
S'affaccia pallida la luna
sulla natura avviata al riposo,
sul mare che sommesso
s'adagia sul letto di rena.
Ultimi voli di gabbiani,
impronte di passi sulla sabbia,
si scioglie il giorno nella quiete
della sera che lambisce il cuore.
Sogni smarriti, ora ritrovati,
prorompono dall'anima
con la melodia di un canto lontano.
Un suono sconosciuto, note vibranti,
immagini impresse nella mente,
ricordi, parole, emozioni passate,
un'armonia struggente a cui
dolce è abbandonarsi.  

Il quarto stato
(dedicata a Giuseppe Pellizza da Volpedo - 1868 - 1907)

Insieme, uomini liberi, la fronte al vento.
E' una marcia ritmata dai passi sicuri
Di chi più non ignora la verità.
Uguali nascemmo e uguali sempre saremo.
Ovunque c'è terra, ovunque splende il sole,
Mai più oppressione, mai più dolore.
Il mondo è di tutti e non di pochi,
La ricchezza è il procedere uniti,
E' percorrere questa strada verso la vita.

Sogno
Ombre lunghe segnano i passi
Di un viaggio ignoto incontro
A un sole palpitante,
Che si affaccia su un mondo,
Che all'incedere sicuro restituisce
Un soffuso suono di cornamuse in festa.

E' una moltitudine che avanza,
Innalza le braccia a raccogliere
Il calore di un astro nuovo,
Nel sorgere di una diversa umanità.

S'inebria la gente in questo cammino;
Fianco a fianco, viandanti ignoti
E pur così vicini, lungo la strada
Che li porta all'eternità.

L'umile
Vestito del suo abito spoglio,
sommesso nel parlare,
quasi invisibile nella moltitudine,
l'umile percorre in incognito
l'impervia strada della vita.
Mai un sobbalzo, nessun volo,
sempre e solo se stesso;
nulla chiede, se non di essere obliato.
E quando se ne va, resta solo
l'urlo muto del suo silenzio.

Aeternum
Scivola lenta l'onda
Fino a morire sulla spiaggia.
Non è un suono questo del mare
Che si infrange sul basso fondale.
E' un lamento, malinconico,
di un eterno nascere e morire.
Zitta, la luna guarda sorniona,
si specchia nell'anima di queste acque
che mormorano l'ultimo canto
di un vecchio gabbiano dalle ali stanche.
Due innamorati si rincorrono sulla spiaggia.
La vita continua,
come sempre.

Rapito dai sogni
Buio di una notte
Senza luna e senza stelle,
Il sonno greve mi lascia
Inerme alla mercé dei sogni.
Immagini confuse mi assalgono
Spiano la mia mente assopita
Si rincorrono senza posa
Reclamano l'attenzione
Che il tempo ha soffocato.
Mi trascinano in un vortice
Di date passate, di epoche dimenticate.
Si scaricano i ricordi
Nei neuronici microchips,
Si confonde l'oggi con l'altro ieri,
Memorie contorte, affastellate,
Si liberano, traboccano,
Soffocano il presente.
Rapito dai sogni,
Ritrovo me stesso
Nella certezza del passato.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Cadeva la neve
Abbracciati sotto il lampione,
coperti dai larghi fiocchi,
il respiro breve e affannato,
fummo come un unico fiore
che spuntava il freddo
dell'inverno ad annunciar la primavera.

Andante con brio, adagio
Risacca spumeggiante
a infrangersi sugli scogli.
Gabbiani picchianti
fra le onde.
Stridii dispersi
dal vento.

Nella calma della sera
l'albatro s'invola,
le ampie ali spiegate,
e dalla brezza si lascia cullare
danzando fra le stelle.

Il suo volto
Era la mezza di una notte luminosa
Come il tuo viso che mi sorrideva.
Avevamo riso quella sera di cose
Che non ricordo perché l'importante eri tu.
Mi proponesti di uscire, di andare a cena
In quel paese oltre il fiume che solo tu conoscevi.
E già seduti al tavolo, fra un cameriere
Con una torta spiaccicata in volto
E una vecchia signora dalla veletta nera,
Dovetti alzarmi per appartarmi in bagno.
Ritornai ed eri sparita.
Domandai e non mi fu risposto.
Corsi fuori in una notte all'improvviso buia
Popolata da una moltitudine vociante,
Tra pianti di bimbi e risate di adulti senza volto,
Fra cui invano cercavo il tuo.
Il paese era diventato una città di palazzi grigi
E chiese imponenti che più non riconoscevo.
Correvo, correvo e l'immagine del tuo viso
Lentamente sfocava fino a perdersi nel buio.
Fu allora che la folla sparì, che il clamore cessò
E che solo un lento rintocco di campana
Mi condusse con le prime luci dell'alba
All'amaro risveglio della realtà.
Dal letto, coperto di sudore, nello specchio
Non vidi che il mio volto incredulo,
Non sentii altro che il freddo vuoto di un sogno.

(dedicata ad Antonella che un giorno di ottobre ci
ha lasciato per sempre)

Noi
Esili trame disegnate dal tempo,
s'intrecciano le nostre esistenze.
Ci sfioriamo, spesso ignoti,
in uno spartito che ci vede
note a volte dissonanti,
ma nell'insieme parti, inconsapevoli,
della grande sinfonia della vita.

Pianto silenzioso
Le voci del bosco, fra le tenebre di giorni
Senza sole, senza un esile filo di speranza.
Parlano le piante, verbi che non sentiamo,
Pensieri profondi che non accettiamo.
Sussurrano meste di tanto tempo fa,
Di un mondo che par fiaba ormai dimenticata.
Di quando l'armonia regnava sovrana
E l'uomo parte era della natura.
Di storie di ordinaria tranquillità
A cui nessuno ormai presta orecchio,
Né può credere che sia stata realtà.
Disarmonia che ormai tanto è radicata
Da passare del tutto inosservata
Fra quotidiane carneficine, scempi di inermi,
Indifferenza dei più, spesso solo fastidio.
Piange il bosco in silenzio la fine di un sogno,
Racchiuso nel palmo di una mano
Che l'ha lasciato cadere, a frantumarsi
Su aguzze rocce di egoismo
Dissetate solo dal sangue dell'empietà.
Senza speranza, senza più dolore,
Dacché l'uomo ha rinunciato all'amore.
(Da "Nuovi percorsi espressivi")

Preghiera di un orfano libanese
Mamma, perché mi hai lasciato?
Non mi resta che polvere
E il ricordo sono mani fredde
Stese sul mio viso.

Era un giorno come un altro,
Nella quiete assolata del meriggio,
Quando il falco della morte
E' piombato sul villaggio.

Mi hai stretto forte a te,
Mentre il sibilo del terrore
Assordava le orecchie
E nemmeno si riusciva a pregare.

Mamma, perché mi hai lasciato?
Niente più sorrisi di fronte ai miei occhi,
Solo macerie, rovine, sofferenza dilaniata
In una terra senza amore, senza pietà.

Il vento caldo del drago ci ha avvolto,
Un urlo disperato, il tuo,
Un pianto senza lacrime, il mio,
Mani fredde sul mio volto.

Grida all'intorno, braccia che mi avvolgono,
Che mi strappano a te, carezze rudi
Che invano imitano le tue.
Più non ci sei, ora lo so.

Mamma, perché mi hai lasciato?
(dedicata agli orfani di ogni guerra)

Soffio di vita
Lande desolate
Dentro l'animo.
Desiderio d'amore
Soffocato dalla solitudine.

Cieli senza stelle,
Notti senza sogni.

Una morte lenta,
Giorno dopo giorno,
Da che te ne sei andata.

Mai lo saprai,
Ma tu della vita mia
Il soffio sei stata.

Era mio amico
Ora che il clamore si è sopito,
ora che i peana della maldicenza
sono soffocati nell'oblio,
rimane solo il ricordo di un animo puro,
di strade percorse insieme,
di sogni mai realizzati,
di un amore muto e impossibile
che ti ha tolto la vita.
Nella mente resta
il tuo sguardo assorto,
la tua gioia per la mia gioia,
il tuo dolore per il mio dolore.
E a chi mi chiede chi eri,
e non potrebbe capire,
rispondo solo:
era mio amico.

Divina natura
Nuvole d'oro nel cielo del tramonto,
riflessi violacei iridescenti nella penombra
che lenta s'allunga a riprendersi il mondo.

S'alza una musica lieve, un sogno di violino,
un'eco lontana di cornamuse che richiamano
epoche passate, di pastori erranti con greggi
dirette agli ovili sicuri.

Piange il mio cuore,è un singhiozzo muto
Che rintrona solo dentro di me, nella malinconia
Che s'accompagna a ogni finir del giorno,
a quel ritorno alla casa dell'anima.

Stille, lacrime come goccioline di rugiada,
s'asciugano leste alla brezza della sera,
si spengono come ogni giorno che muore.

Strano settembre
Strana stagione con un sole che ritorna
Dopo giorni di riposo dietro le nubi.
E il caldo del mattino è la misura
Per dir che l'estate ancora è qua.

Sconcertati gli alberi, ormai inclini
A lasciarsi andare al lungo sonno.
Una lucertola fa capolino nel muro
E assorbe quel calore che quasi aveva dimenticato.

Hanno spento i motori, rinviato il viaggio
I migratori che sempre danno il tempo.
E un vecchio stanco s'invoglia a una botta di vita
Prima del salto nell'oscurità.

Mater dolorosa
Mosche affamate, parassiti denutriti,
s'aggirano fra ombre di uomini.
S'affacciano vecchi con denti sgangherati,
pianure sconfinate di dolore,
rintocchi di campane spente.

Banchettano altrove con le anime
degli illusi dalla fede.
Parole, solo parole per chi non ha
nemmeno orecchi per ascoltare.

C'è un'umanità dolente
che alimenta l'opulenta società.
I cannibali, mai sazi,
s'ingozzano di vane promesse.


E in una capanna guaisce una madre
stringendo al petto
il frutto troppo presto avvizzito
del suo inutile amore.

Lieve
Una piuma portata dal vento,
una parola sussurrata all'orecchio,
una carezza che sfiora il viso.

Quanto sa esser lieve la vita,
fragile come un calice di vetro,
a volte amaro, un fiele che morde dentro,
altre un'ambrosia divina da suggere,
lentamente, da trattenere il sapore sulle labbra.

Gioie di oggi che sono il dolore di domani,
minuscoli frammenti di felicità
che fanno guardare avanti volgendosi all'indietro.

E ricordi che affiorano, emozioni che si rinnovano,
in un tempo che par lungo, ma non è che un istante,
un guizzo di luce nell'immenso dell'eternità.

Un giorno, forse
Di fresche e limpide acque.
Di calmi ruscelli che lasciavano
La madre dei ghiacciai per crescere
Tumultuosi come ragazzini vivaci.
Di cieli tersi, di notti stellate
Con il profumo della quiete.
Di cime silenziose svettanti
Nel blu senza mai fine.
Di boschi ombrosi,
Di risa gioiose di bimbi,
Di cicaleccio di donne,
Di gorgheggiare di ignoti cantori.

Di questo, che non fu mai il mio mondo,
Ma che l'alito del tempo
Tramandò ai posteri,
Ho il rimpianto.
E se non fu, perché
Non potrebbe essere?
Risvegliarsi nella dolcezza dell'amore,
Guardare un unico cielo,
Avere un'unica anima,
In un sogno diventato realtà.
Così, un giorno, forse.
(Da "Nuovi percorsi espressivi")

Concerto all'alba
Fugge il buio all'improvviso.
Esplode tutto il cielo a oriente.
Calde braccia di luce si protendono
Sull'erba umida di rugiada,
Accarezzano i fiori ancora addormentati.
S'alza una brezza leggera,
nulla più di un refolo di vento.
Lieve s'insinua fra i rami,
sfiora le foglie
e quasi in punta di dita
suona l'andante maestoso della natura.

Sera
Si stinge l'azzurro del cielo
Nelle ombre che diradano la luce,
Mentre lieve s'alza una brezza
Di profumi muschiati.

Cede il sole il suo passo
A una ancor diafana luna
Ed ecco arrivare la sera.

Il lamento di un pagliaccio stanco
Risate sorde alla vita,
lazzi ubriachi di verità.
E il cuore che invecchia
senza che nulla cambi.
Far ridere gli altri,
piangendo se stessi:
un magico potere
che nulla può
se non restituire
un'immagine beffarda
allo strazio del corpo.
Tu fosti due
e nessuno.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Goccia di mare
Goccia di mare portata dal vento.
Fermata sul dorso della mano.
Trasparente effimera perla
Racchiudi immagini di lidi lontani.
Di lunghi palmeti che ombreggiano
La sabbia dove distesa guardi il mare.
Di bianchi gabbiani a cui affidi
Il tuo messaggio d'amore.
Dei tuoi occhi, malinconici
Per la lontananza,
Per l'insuperabile oceano
Che ci unisce e ci divide.
Una stilla mossa dal cuore riga il tuo viso
E lenta scivola in mare.
Sale su sale, amaro è quest'amore
Fatto di niente, di cieli grigi,
Di mani invano protese
A realizzare un sogno,
Mentre il vento asciuga
L'ormai vinta goccia di mare.

Piccoli delitti
Emozioni soffocate, illusioni abortite.
Giorno dopo giorno speranze tradite.
Tremule fiammelle spente dal vento della realtà.
Il dolore di volgersi all'indietro
Vedendo solo croci spezzate.
Il terrore di non riuscire più a guardare in avanti.
Uno stillicidio di piccole morti,
di microuccisioni, ferite che non si rimarginano
e che ti fanno conoscere la morte, dentro.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Lassù
Torrenti spumeggianti
a precipitar in forre oscure,
boschi ombrosi a risalir
gli impervi pendii.

E lassù torri granitiche,
guglie svettanti nel cielo
a raggiunger le stelle,
a protendersi nell'immenso.

Ovunque il silenzio,
tranne il brusio del vento.

Saper ascoltarlo,
sentiresti il sospiro del creato,
vedresti oltre il tuo animo,
al tempo stesso spaventato
ed estasiato da tanta bellezza.

Ti sembrerà di essere
al centro dell'universo,
una minuscola meteora
che finalmente brilla di luce propria.

E per sempre lassù il tuo cuore lascerai.

Metamorfosi
Solo il sussurro del vento
Nel vecchio bosco ombroso.
Profumo di resina ambrata.
Giochi di luce fra le foglie
E lontano il gorgoglio di una fonte.
Musica della natura, canto del creato.
Note staccate per magia ricomposte.
Concerto di sogni che avvolgono l'animo.
E allora tutto si anima.
Il vecchio larice danza ondeggiando i rami,
Saltellano all'intorno funghi vermigli.
Gorgheggia ora la fonte, in un crescendo di toni,
Per esplodere nel fragore di una cascata.
E' stato un attimo, una frazione d'istante,
E la mente rapita ha udito e visto
La magia del creato.
Tutto tace, nessun suono.
Resta solo, sempre più lieve,
Il toc di una goccia che cade da un petalo,
Piegato da un ultimo guizzo del vento.
(Da "Nuovi percorsi espressivi")

L'ultimo requiem
S'alza il fetore dei morti
Dai fiumi ribollenti di sangue.

Fiamme, ovunque fiamme,
Sotto un cielo appestato di fumo.

Grida strozzate, rantoli rauchi,
Corpi scossi dagli ultimi tremiti.

Dimenticato è il canto degli uccelli,
L'amichevole buio di una notte quiete.

La chiamano guerra questo massacro
Senza senso, senza scopo e pietà.

Su tutto s'alza il fragore delle esplosioni
Nel rosso di un cielo che piange
Calde lacrime di linfa vitale smarrita,
Che dimentica l'alba, senza più tempo.

Lontana, soffusa come un'eco smorzata,
giunge una nota, poi un'altra ancora,
un pizzico di corde d'arpa, grave e dolente,
un requiem dedicato a tutta l'umanità.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Polle d'acqua
Polle d'acqua fresca,
nel bosco di lecci,
ombre di memorie.
Specchiarvi il viso,
veder riflessi
gli occhi di un bambino
fra le grinze di un adulto.
Ritornare a un'epoca
rimasta solo un sogno nella mente,
a corse spensierate fra verdi prati
e bianche strade impolverate.
Il petto ansante, l'arsura delle labbra,
la voce della mamma che mi chiama,
tutto il mondo davanti a me.
Serenità, fiducia, speranza,
ormai tramontate in questa mente stanca.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Dedicata
In un mondo di vile opulenza,
Di ricchezze intrise di sangue,
Di immoralità diffusa,
Di religioni che tacitano
Le coscienze dei rapaci
E che lasciano alle prede
Inutili parole di speranza.

In questo mondo di empietà,
Di vittime inermi sacrificate
Sull'altare dell'odio prezzolato,
Dimenticate in ghetti di sporcizia,
Soffocate dai morsi della fame,
Sfinite dalla sofferenza di esistere,
Va il pensiero nel giorno che trapassa,
In quel limbo di luce che preannuncia
Le imminenti tenebre di una notte senza fine.

A te, piccolo innocente fanciullo
Che succhi tracce di latte dal
Seno avvizzito della mamma,
Conteso già dalle mosche
Che pregustano il banchetto.

A te inerme vittima di uno
Dei tanti atti di umana follia,
Sparito nel nulla, senza sapere il perché.
Madri che piangono la disperazione
Per ignote fini volute per la stolta
Incapacità di comprendere che
La perdita anche di uno è la
Sconfitta di tutto,è il trionfo
Della barbarie sulla civiltà.

A noi, che siamo ormai usi
Ad accettare il male come necessità dell'uomo,
L'unico pensiero che mi passa per la mente
E' che la vergogna ha il senso
Di un peccato senza nessun piacere.

Al vespro
S'accheta il villaggio
Nel sole che cala
E s'appresta al riposo.

Osterie assonnate
Che s'aprono alla sete
Di uomini stanchi del giorno.

Piazzette che si riempiono
Di bimbi festanti,
Di mormorii di donne,

Di parole sussurrate
Che rapide corrono
Di orecchio in orecchio.

Lontano il suono di una campana.
E' l'ora del vespro
E nere vecchine s'affrettano.

Sul sagrato s'apre la porta della chiesa
Ad accogliere quel che resta del giorno.
Il tempo di una preghiera e giàè sera.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Utopia
Nel fitto del bosco una luce abbagliante,
un impeto di vento che sfiora ogni cosa,
un suono d'arpa che calma la tempesta.
S'apre il fogliame a mostrare una radura,
un angolo di pace chiuso agli occhi
impuri degli uomini.
E là, alla fonte che sgorga fresca,
pura e trasparente come il cielo,
una leggiadra fanciulla,
di seriche vesti appena coperta,
innalza un canto alla natura.
Di un mondo parla,
che è stato e mai sarà,
di un'epoca felice in cui
tanto esisteva la pietà,
di quando l'esser uomini
era il dolce vivere
senza rancori e senza poteri.
Son note leggiadre che si
spandono nell'aria,
una brezza di pace,
di sconosciuta serenità,
un sogno che non sarà mai più realtà.
(Da " Nuovi percorsi espressivi")

L'isola felice
Nessuna burrasca, solo brezze leggere.
Lenta l'acqua s'accosta alla riva,
ribagna la sabbia con una carezza.
Non c'è giorno senza sole,
non c'è notte senza stelle.
Lunghi voli di gabbiani,
solo la musica della natura.
E' l'isola felice,
dentro di me.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Senza luce
Penombra di complicità,
occhi che non vedono,
sensi che si accentuano.

Corpi che si sfiorano,
mani che dolci si stringono,
nessun suono, nessuna parola.

Solo i respiri a tratti affannosi.
Sospiri a stento trattenuti,
Dita che scivolano sui corpi.

Intorno il buio, nel fresco della sera.
Ombre che si intrecciano, si uniscono.
Cuori che battono insieme.

Giorni
Giorni che passano,
ore che fuggono,
albe che si rinnovano.
A volte i cieli sono azzurri,
più spesso imbronciati
in un grigio uniforme
e drammaticamente piatto.

Un occhio al passato,
nessun pensiero al futuro,
e il presente è già ieri.

In questo pellegrinaggio
senza una meta,
senza uno scopo,
scorre il tempo.
Più l'alba si allontana,
più vicino diventa il tramonto.

Come sul mare si ravviva
il blu di fiamma,
tanto vorrei che
il consueto grigiore
rilucesse per una volta
dei bagliori del sole.
E la notte sarebbe
meno buia,
non farebbe più paura.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

La sete
Cielo di piombo,
non una nube,
non un filo d'aria.
Senza pietà il sole dardeggia,
ingialliscono i fili d'erba,
s'aprono crepe nella terra riarsa.
Calura opprimente che
s'alza dal suolo,
miasmi d'aria putrefatta,
deserto all'intorno.
Non sabbie roventi,
né alberi contorti,
arsure senza conforto,
cuori inariditi da anni
di colpevole indifferenza.

Altrove deserti di sale,
lande siccitose percorse
da scheletri pezzenti.
Qua acqua a profusione,
automi imbellettati che
girano senza scopo.
Là un pasto è la felicità.
Nel mondo dei fortunati
si disprezza anche il cibo
e l'unica sete è quella
di un amore dimenticato,
gettato troppo presto
fra i rottami della civiltà.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Gocce
Gocce di pioggia,
lungo i vetri,
sulle foglie,
sui fili del bucato,
sul tuo viso,
fra le lacrime,
su parole
che furono d'amore.

Chiarore in un buio lontano
Il lume, che la tremula luce
invano nasconde pur nel
chiaroscuro della stanza,
apre le porte del ricordo.
Si precipitano infuocate
le immagini in una turbolenza
che invano cerco di frenare.
Volti antichi, visi recenti,
si affollano intorno,
reclamano ascolto,
e io, chiusi gli occhi,
riapro allora il mio cuore.
Erano lì e non lo sapevo,
ora sono qua , voci lontane
di un mondo oltre i confini,
vite di altri che ho fatto mie.
Di colpo s'apre la finestra.
Forse il vento che entra furioso,
s'avvinghia ai ricordi e lesto
se li porta via.
C'è freddo all'intorno,
di ghiaccio è il mio cuore
e la mente, vuota,
s'aggrappa al presente.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Confini
Reticolati contorti.
Spesse mura di cemento.
Un segno sulla carta geografica.
Un invalicabile ostracismo.
Ragioni che prevalgono sul cuore.
Sottili linee d'ombra
Che corrono zigzagando nella mente.

Confini.

Un mondo di confini.
Un'umanità confinata.
Una diversità voluta.
Una barriera che ci ripara
E che ci rinchiude.
Confini anche dentro di noi.
Cuori divisi, emozioni soffocate.

Confini, eutanasia dell'amore.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Canto di terre lontane
Questa sera si scioglie la luna
In mille rivoli di lacrime stellari.
Risuona l'universo di
Un canto di terre lontane.
S'alzano le note da ignote voci,
Da genti sperdute nel cosmo,
Da civiltà lontane anni luce
E forse ormai scomparse.
E' il rimpianto per quello
Che avrebbe potuto essere
e mai è stato.
E' la struggente nostalgia
di un mondo più umano.
E' l'ultimo lamento di una civiltà morente.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

O sole mio
Caruso la cantava,
mentre dalla miseria
la gente fuggiva.
Poche cose nel fagotto,
stretti sottocoperta,
puzze di sudore,
una cosa sola cercavano:
il sogno di un mondo senza
fame, dove la povertà fosse
solo un ricordo lontano.
E i bastimenti partivano,
qualcuno affondava,
ma Caruso sempre cantava.

Sono passati gli anni,
Caruso non c'é più,
son rimaste solo la canzone
e tanta fame.
Altri bastimenti partono
da spiagge africane,
altre genti,
stessa fame.
A terra arrivano in pochi
E l'unico canto è quello del mare,
un lamento sommesso,
un pudore celato,
per chi dalla vita
ha avuto solo dolore.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Viale dei glicini
Rifugio degli innamorati,
passeggiata giornaliera dei cani,
bambini vocianti all'ombra
dei vecchi tronchi nodosi.
Ristoro d'estate dalla calura,
riparo dalla pioggia d'autunno.
Ricordo di un viale che,
come la mia gioventù,
ormai non c'è più.
Corrono le auto,
sfrecciano fra nubi bluastre,
là dove il profumo dei fiori
inebriava il corpo e la mente.
Sgomita il progresso,
seppellisce ogni cosa,
non restano che ricordi
annebbiati dal tempo.

Ci sono
Ci sono voci lontane
Soffocate dal dolore.
Pianti di bimbi annichiliti
Senza più disperazione.
Occhi che nemmeno più
Hanno lacrime.
Giorni senza albe,
Senza tramonti.
Orecchie che più
Non sentono i lamenti
Di un'umanità dolente
Senza ormai speranze.

C'erano uomini, un tempo.

Ora ci sono solo spettri
Che si rotolano
Nel fango della miseria
E spettri che banchettano
Con gli ormai inutili cuori.
(Da "Nuovi percorsi espressivi")

Intimità
Sbiadisce il giorno,
Calano le ombre,
S'accende il lume.
Crepitano i ciocchi
Nel vecchio focolare.
Assise sulle sedie,
Appena rischiarate dalle fiamme,
Mute figure si guardano negli occhi,
Mani che si sfiorano,
Tenui carezze su volti raggrinziti,
Nel calore di vecchi cuori.
Fuori il buio,
Dentro la luce.
(Da "Nuovi percorsi espressivi")

Il silenzio del cuore
Confini, mute pietre
Poste sul cuore.
Intorno il mondo
Degli altri.
Ossa che si seccano al sole,
Pianti di bimbi affamati,
Sangue che inzuppa la terra.

E' il mondo degli altri.

Nessuno è solo,
Nessuno è un altro,
In questo cupo silenzio del cuore,
In questo mondo senza amore.
(da "Nuovi percorsi espressivi")

Ricordati di me
Quando nel buio della notte
Cercherai il sonno ristoratore.
Quando le ore sembreranno
Lunghe e interminabili.
Nelle giornate di guardia
Sotto il sole cocente.
Nelle latrine immonde
Solo con il tuo bisogno.
Davanti a una bottiglia
Di birra ghiacciata.
Mentre sfogli l'ultima
E sempre uguale rivista
Pornografica.
Quando ascolti il sermone
Domenicale in mezzo agli altri.
Quando, se ci riuscirai,
Tornerai al tuo paese per dire
A tutti "Io là c'ero".

Ricordati di me,
Di quel bimbo
Disperato che urlava
Il suo dolore davanti
Alla madre e ai fratelli
Crivellati di colpi.
E tu ridevi, soldato yankee,
Ridevi e guardavi.
Non ho più lacrime,
Non ho più dolore,
Non ho più nulla.
Solo, come te,
Io con la memoria
Di un orrore senza fine,
Tu con il ricordo
Di quel giorno.
(Iraq - 2006)
(da "Nuovi percorsi espressivi")

I migranti
Radici spezzate,
ombre vaganti nell'ignoto,
ricordi soffocati da speranze.
Nel turbinio della schiuma
delle onde che li sospingono a riva,
incontrano altra sabbia,
strade polverose,
nuove schiavitù.
E allora inseguono
nella notte stellata la luna,
i pensieri ritornano
alla casa lontana,
mentre le lacrime
restano la loro ultima libertà.
Schiavi foste e solo sarete,
in un mondo senza umanità,
in un cielo che non ha pietà.

Nel cielo
Fra le nubi che s'aggrovigliavano in cielo
rincorrevo il tuo viso.
E nella luce del tramonto il riflesso rosa
di un nembo ricordava i tuoi capelli.
Una giornata come tante,
prossima a concludersi,
ma con le braccia avrei voluto
stringere a me il cielo,
tuffare il mio viso fra quel nembo,
aspirare il profumo della vita.  

Le mie radici
Vecchie case, di mura sbrecciate,
fra la gramigna che avanzava nelle crepe,
pertugi di lucertole e di ragni,
di un paese sconosciuto
che riaffiora nella mente.
E' il mio passato.
Foglie d'albero avvizzite,
rami contorti dagli elementi.
E le mie radici che cercano invano
un po' di quella terra che ora non c'è più.  

2 Agosto 1980
Si frantumano i secondi,
il tempo rotola lungo
la china di un anfratto
senza fondo,
da cui il male è schizzato
a ricoprire il mondo.
Urla un bimbo
grondante di sangue.
Protende invano le braccia
la mamma mentre crolla a terra
con le gambe spezzate.
Nella polvere che tutto annebbia
s'alzano lamenti senza speranza,
mentre anche il sole fugge inorridito.
Sirene d'ambulanze, visi inebetiti,
rotaie divelte, occhi sbarrati.
Da un passeggino s'alza
lo strillo lancinante
dell'innocenza violata.

(Dedicata alle vittime dell'attentato
alla stazione di Bologna)  

Il vento del sud
S'alza improvviso un alito caldo,
soffia fra i rami, solleva la polvere.
Lo scirocco è al fin giunto
dopo tanta strada e seco porta
lontani profumi di agrumi,
aromi salmastri d'acque spumeggianti,
canti di donne alle fontane.
Si sporge l'orecchio ad ascoltare
mormorii di voci che parlano
di sole alto all'orizzonte,
di piane infuocate percorse da greggi anelanti,
di amori finiti o appena iniziati.
E nei vortici di polvere par di vedere
campi riarsi dormir sotto la luna,
mentre un giovane innamorato
s'abbandona alla melodia della sua serenata.   

Dea
Ninfe di fiume
Canneti vocianti
Musica errante
Del vento di
Terre lontane.
Sullo sfondo
D'azzurro
L'arcobaleno
Contorna
La nascita di Venere.
Dea delle acque
Dea della vita
Protendi la mano
Lo sguardo radioso
Un invito pagano.
E in questa visione
M'immergo
Ritorno al liquido
Amniotico.
Dea, nulla è
Più reale del sogno.
(Da "Nuovi percorsi espressivi")  

L'illusione
Mi specchio l'anima
in una pozzanghera
d'acqua fangosa,
a nascondere la verità
che da tanto tempo conosco:
la purezza è sfiorita
al primo contatto
con la realtà della vita.
(da "Nuovi percorsi espressivi")  

Sorrisi
Sorrisi, magici battiti di ciglia,
sguardi radiosi che trafiggono
il cuore ed esaltano la mente.
Valgono più di mille parole,
assai meglio di dolci poesie d'amore,
aprono visioni di fulgida bellezza.
Sorrisi, incanti di un momento,
sogni ad occhi aperti,
uno sprazzo di luce viva
nell'opacità del giorno.  

La carezza
Un brivido mi sovviene,
una lontana carezza,
la mano destra sfiorata
appena dalle sue labbra.
Un momento fugace,
un istante impresso nella mente.
Apro il palmo e fra i solchi
indovino il suo viso,
mentre il fremito
invade anche il mio cuore.  

A tempo di valzer
Delicate scarpine di velluto
galleggiano sul pavimento
di marmo rosso di Verona.
Ritmano i tuoi seni con il respiro,
mentre ti abbandoni alle note
di questo valzer d'amore.
Ad occhi chiusi volteggio con te,
ti attiro, ti allontano,
m'involo nel desiderio
di stringerti, di farti
entrare nel mio sogno.
Non c'è più nulla all'intorno,
ci siamo solo noi due
e note lievi come candidi
fiocchi di neve.   

Frammento di vita
Il vecchio pesco sbocciò un solo piccolo fiore,
si rattrappì, la chioma sfogliata ,
le braccia secche ormai cadenti,
e al fin morì dopo questo ultimo atto d'amore.  

Il giorno del giudizio
Era un giorno come tanti,
di una primavera che sbocciava
con i fiori, fra zefiri miti
che soffiavano da un cielo terso
di un azzurro profondo che
tanto ricordava quello di mari lontani,
di epoche passate in cui ancora
l'uomo dialogava con la natura.
D'improvviso, mille saette coprirono
il sole , mentre la terra, tutta tremante,
si squarciava, s'apriva a mostrar le
viscere oscure, meandri contorti
da cui presero a sbucare esseri informi,
viscidi e squamosi, assetati di sangue.
E fu lo scempio.
Uomini che fuggivano con gli occhi
sbarrati e le braccia troncate, teste
che ruzzolavano fra i solchi rossastri,
petti squarciati da cui l'aria fuggiva,
corpi a brandelli, urla strozzate.
Mani scheletriche uscivano dal terreno,
afferravano le caviglie, bocche sdentate
s'apprestavano al festino, mentre il
cielo si tingeva di fuoco in un buio incipiente
che tutto avvolgeva, soffocando la vita.
Un sudario pietoso scese dall'alto
a ricoprire il mondo e in esso mi avvolsi,
le palpebre pesanti, stremato, senza più volontà,
se non di chiudere l'ultimo capitolo
della storia degli orrori dell'umanità.   

Infinito
Bagliori di mondi lontani
nel cielo terso della notte
attraggono il mio sguardo
di piccolo uomo attonito,
uno schizzo di vita
nell'eternità del tempo.  

No alla guerra
Membra divelte, crani scoperchiati,
cuori trafitti in petti squarciati,
corpi ustionati, vite spezzate,
riposano il sonno eterno
del non ritorno alla realtà.
Speranze, amori troncati,
sogni soffocati da quell'unica tragedia
che da sempre si chiama guerra.
Finalmente uguali, finalmente soli,
non li vediamo, non li sentiamo,
ma il loro grido muto risuona nel cuore
di chi ancora crede all'umanità.
Mai più guerre, mai più infamie,
mai più il sordido interesse di pochi,
e non è retorica a dir che siam tutti fratelli,
perché le roboanti parole sono solo di chi
non ha pietà, di chi esalta i vuoti significati
di patria e onore, comodi simulacri
per rinnegare la verità.
Non c'è che un popolo,
non c'è che una terra,
non c'è che una comune identità:
la libertà d'essere tutti fratelli e uguali,
e solo questa è l'umanità.  

Ieri (acrostico)
I-l tempo vola
e-passa tutto in fretta:
r-estano solo ricordi,
i-mmagini della nostra vita.  

Non c'è pace senza amore
Sotto questo cielo,
su questa terra,
sogni che nascono,
illusioni che si spengono.
In questo mare,
in queste acque,
donde venne la vita,
si sciolgono le lacrime
di uomini senza più speranza.
In questo fragore di guerre,
in queste capanne di fango
intrise di miseria,
muore tutta l'umanità.  

Buona notte (acrostico)
B-elle le ore che preludono
U-n'uscita di scena di
O-gnuno di noi per quest'oggi.
N-essuno sarà del tutto contento di questa
A-ttesa,
N-essuno sarà però scontento che le
O-re passino in fretta sperando in un dì
T-utto diverso.
T-utti bramiamo il futuro perché
E-sso rappresenta ciò che non conosciamo.  

Colline
Agghindate a primavera,
come onde di mare,
si perdono all'orizzonte.
Lo sguardo spazia fra chiaroscuri
degradanti, fra rotonde sommità,
indovina il rosso antico
di mura sbrecciate,
coglie il lontano riflesso
del sole contro un vetro di finestra,
s'assopisce estasiato
a sognare le curve sinuose
dei seni della terra.  

Il violino
Suonava il violino
un valzer lento;
abbracciati,
la musica segnava
il nostro respiro,
scioglieva i nostri cuori.
Poi lo strumento s'è zittito
e l'incanto s'è involato.
Tanto tempo è passato,
il tuo volto s'è quasi smarrito,
ma del valzer lento è rimasto
il ricordo in un sogno ormai finito.   

L'amore del soldato
Di fatti d'arme, di fragore di battaglie,
di notti gelide nell'aria e nel cuore,
di lunghi giorni d'odio esasperato,
al finè questo il ricordo che serbo della vita.
L'amore, un rapido amplesso con ancora
indosso il sangue rappreso, nulla più
di uno sfogo del corpo.
Solo ora mi trovo
e nella luce che cala
sull'ultimo percorso della vita questo
è il ricordo che mai avrei voluto avere.
E dell'amore non resta che un sogno
vagheggiato, con il rimorso cocente
di non averlo mai realizzato.  

La mia libertà
Non c'è denaro, non c'è ricchezza
più grande della mia libertà.
Non c'è gloria, non c'è fama
che mi possa privare della libertà.
Non c'è despota, non c'è carceriere
che imprigioni la mia libertà,
perchè questa è in me.  

Era d'aprile
Era d'aprile e fra il rigoglio del giardino
annaspava lo sguardo ad ammirare tanta bellezza.
Fiori che s'aprivano al primo tepor del sole,
farfalle svolazzanti e indecise da un calice all'altro,
una pigra lucertola lungo il muro sbrecciato,
un viavai di formiche fra i sottili fili d'erba,
e nell'aria i primi bisticci di due uccelli innamorati.
La primavera scendeva solenne sulla terra
a riprendersi il suo trono e nell'idillio
di una natura ritrovata splendeva il tuo sorriso.
A me volgevi lo sguardo, per me eran le tue parole,
su di me scivolavan lente le tue mani.
Primavera era per tutti, risveglio di sensi,
di sentimenti, di gioia di vivere,
una stagione magica rivissuta insieme
nell'autunno della nostra vita.

All'amico di un tempo
Ovunque sei ora, a te va il mio pensiero;
il tempo è passato, ma ogni tanto riaffiora il ricordo
di giorni di gioventù trascorsi insieme,
di innocenti segreti reciprocamente svelati,
di ideali comuni e mai affrontati.
E' tanto che manchi, che quel filo
steso fra noi si è spezzato senza
sapere nemmeno il perché,
ma per quanto mi volga intorno
dell'amicizia ho solo il ricordo di te.    

Risveglio
Di tante inutili ore non resta che il ricordo.
Di giorni trascorsi con il freddo dentro e fuori,
immersi nel bozzolo di solitudine che mi avvolgeva.
Di inutili commiserazioni di me stesso,
di notti insonni, di pianti senza ormai lacrime,
di torpori in una vita senza scopi.
Poi sei arrivata tu e il sole ha inondato la mia mente,
ha scosso un corpo ormai esanime
e mi ha risvegliato da un mondo senza tempo.

Era un giorno qualunque
Era un giorno qualunque,
d'estate ardente e soffocante,
fra una lontana eco di festa campestre
e il monotono silenzio del meriggio assolato;
era uno dei tanti, tutti uguali,
ore incessanti di torpore sbiadito,
di sogni appena abbozzati
e subito rinchiusi nella mente inaridita;
era la quotidiana follia di una solitudine
senza speranza, senza più dolore,
di una rassegnazione stanca,
di un uomo che aveva dimenticato se stesso.

I giorni dell'ozio
Fra vecchi libri e mobili tarlati
scende la malinconia del ricordo.
Cala lenta l'immagine di un amore
appena sbocciato, di un giorno d'estate
che il tempo non mi ha mai scordato.
Un sorriso lontano che riaffiora nella mente,
un bacio di cui mi sembra ancora di sentire il sapore.
Giorni troppo velocemente passati,
così distanti da questi di ozio inerte,
di polvere,
da cui poco a poco mi lascio sommergere.
(da "Percorsi espressivi")

Notturno
L'ultimo volo dei gabbiani al primo accendersi di stelle,
mentre lenta l'onda s'affanna a raggiungere la riva
e il vecchio faro lancia il suo raggio di luce
a illuminare stanche strisce di mare.
Scende la notte a rasserenare l'animo,
inebriato dalla malinconia per un altro giorno che è passato.

Ovunque
Una porta che si spalanca sulla mente,
un pensiero che guizza all'improvviso
in una plumbea giornata autunnale.
Come antiche saghe che colorano
di immaginario la realtà,
come un luccicante raggio di sole
nel mezzo di un temporale.
Nel fiore che s'apre all'alba
che fuga le tenebre,
nell'acqua pura di fonte
che rispecchia il mio viso.
Tale sei per me.

Ali
Ali che battono ritmicamente l'aria,
folti stormi che s'involano verso
il tepore di lontane mete,
a segnare il passaggio di stagione.
Già l'aria fresca del mattino
annuncia il nebbioso autunno,
le piogge incessanti e il declino della vita.
L'animo si intristisce, il cuore s'acquieta,
la mente invano segue il sogno di migrare.
Non ci sono più ali, le mete s'allontanano,
non c'è più voglia di volare.

Per chi non c'è più
Passeggiate lungo il fiume, vicino ai canneti gracidanti,
alle ninfee bianche assediate
da ingorde libellule,
un passo dopo l'altro
a parlar di noi,
una sosta al vecchio salice
a stringere i nostri corpi
in improvvisi abbracci.
Ricordi di un tempo passato,
di giornate che mai avevano fine,
di sogni ad occhi aperti,
in una stagione senza tempo
che solo l'improvviso gelo
di una mano ossuta poté troncare.
Ogni anno fioriscono le ninfee,
svolazzano le libellule,
ma il vecchio salice
piange un ramo
troppo presto spezzato.

Paesaggio nella nebbia
Scialbe nebbie scalano le colline
rosseggianti di trifoglio in fiore,
s'aprono allo sguardo piccoli borghi,
chiazze di pietra vetusta nel verde
umido delle valli, vecchie signore
che il tempo ha segnato senza intaccare
il tratto solenne e gentile.
Sul sagrato del tempio,
che intorno a sé tutto raccoglie,
risa gioiose di bimbi s'accompagnano al rintocco
della campana della prima messa.
Nulla è cambiato: l'orologio dell'antica
torre segna sempre la stessa ora,
muto custode della sacralità di questo incanto.

Dolce è la notte
Un respiro accanto che mi culla,
una mano che mi accarezza,
un piede che sotto le coperte
sfiora le mie gambe;
nel buio m'accorgo che i pensieri
fuggono, che le inconsce paure si
zittiscono, che in un mondo anonimo
c'è qualcuno accanto a me, per me.
Dolce è la notte.

Odissea
Lenzuola di bianco cotone,
che cullano il mio riposo
di uomo che la burrasca
ha disperso in mari lontani.
Come onde mi sospingono
a riva le tue mani,
a quell'approdo che invano
ho cercato nei giorni in cui
più forte soffiava il vento
delle memorie antiche.
E ora una brezza,
sussurrata con le tue parole,
ha sospinto le bianche vele
verso le chete acque
del presente ritrovato.
Scende la notte,
non più buia,
non più angosciosa:
hai calato finalmente
il sipario sul mio passato.

Parole
Parole, suoni articolati,
toni concitati, persuasivi,
strappi nel silenzio di ogni giorno,
si rincorrono l’una dietro l’altra,
si congiungono, s’acquietano
fino a morire d’oblio,
ma ci sono quelle che rimangono,
che si scolpiscono nella mente,
busti marmorei che ricordano
angosce e dolori, gioie e felicità.
Restano e ogni tanto par di nuovo
d’udirle, come un’eco soffusa,
ma talmente intensa che ricrea
quelle emozioni d’un tempo lontano,
ora così mai vicino.

Il dono
Rivedo il tuo silenzio, così espressivo,
quel dolore tanto intenso che solo
dagli occhi trapelava.
Mi sembra ancor di udire quel
lancinante urlo muto della diversità
che ti opprimeva.
Solo ora che ci hai lasciato ho capito
quanto grande sia stato il dono che ci
hai fatto:
un’amicizia sincera senza l’ invidia
per chi poteva vivere.

Dal passato
Come onde mute che si infrangono sulla riva
affluiscono le immagini dal passato,
fotografie che la mente sviluppa,
ripropone in un disordine cosmico,
sequenze ora vivide, ora artefatte.
E quando la commozione stringe la gola,
bruciano deformandosi come celluloide,
si rifugiano negli anfratti ignoti del cervello,
cenere su cenere della memoria inconscia.

Silenzio
Nulla, se non il battito dei cuori;
ha una sua melodia questo silenzio,
fatta di sguardi ammiccanti,
di labbra che si dischiudono,
si incontrano, si avvolgono.
I sensi avvertono una musica
che risuona solo dentro di noi.
E intorno sempre questo magico silenzio.

Sogno di una notte di fine estate
Sogno di una notte di fine estate,
le finestre appena accostate
sbattono nel temporale
che vince del tutto la calura.
Il rumore del tuono
s'accompagna alle visioni
di mani lunghe e affusolate
che m'attorniano ad accarezzare
i capelli mossi dal vento.
Mani ignote, unghie di rosso laccate,
profumi di donna, sospiri del cuore,
tutto che lasci pensare a una notte d'amore.
Ma le dita diventano artigli, le unghie rostri che
d'improvviso sulla pelle lasciano segni vermigli.
Donne del passato, amori troncati,
illusioni e delusioni si riaffacciano
a darmi quei tormenti del cuore da tempo sopiti.

Dalle vette silenti
Dalle vette silenti scende
freddo il vento dei ghiacciai,
s'addentra nelle valli,
penetra nei cuori,
a portar purezze sconosciute.
S'apre la vista su malghe fumanti,
su prati cosparsi di ranuncoli,
su cieli tersi animati da lunghi voli
di aquile all'intorno volteggianti.
Suona lontana una campana
e l'eco diffonde il richiamo
a una vita più umana.

Stelle
Gocce di luce nel buio della notte,
effimeri sogni di tutti gli amori,
tormenti dell’anima di un poeta,
già alla luce del giorno svaniscono
nella cruda realtà del vivere.

Suoni
Lontane carovane del deserto,
zoccoli che incedono su sabbie ardenti,
campane di chiese fra pascoli alpestri,
il vento che soffia fra gli alberi;
vive la terra, esisto anch'io
con il capo poggiato sul tuo petto,
cullato dal ritmico battito del tuo cuore.

Nel cuore
Un attimo, un ricordo
e s'alza la polvere del tempo:
immagini sbiadite che la mente
invano cerca di focalizzare,
in un turbinio di sensazioni,
di battiti accelerati.
Un giorno di tanti anni fa,
un sorriso che ti ha rapito,
un volto che appena rammenti,
ma l'emozione si ripete,
uguale, nitida e senza incertezze,
perché quella è rimasta nel cuore.

Dimmi, non dirmi
Dimmi che m'ami,
fammi sognare
una realtà che non sia
solo fantasia della mia mente.
Non dirmi nulla,
non svegliarmi
da questo sogno,
fa che si prolunghi
con il tuo silenzio
accanto a me,
solo per me.

Un sorriso
Uno sguardo, un sorriso, una carezza,
e dall'animo fugge ogni tristezza.

Invoco il tuo nome
Scende la sera e invoco il tuo nome,
fra lapislazzuli di cielo della tempesta
appena passata, pozzanghere fangose,
panni stesi grondanti d'acqua.
Un altro giorno che finisce,
oscurità che cala lenta sul letto
a illudere la presenza che non c'è,
a far sognare improbabili amplessi,
carezze d'un tempo ormai trascorso.
Scende la malinconia, fredda, inerte,
rimbalza fra il cuore e il cervello
e io invoco il tuo nome, un suono
che si perde nel deserto del mio cuore.

L'angelo dormiente
Nella notte oscura per un attimo ti ho visto,
raccolto su te stesso, sul pavimento,
accanto a me dormivi senza respiro,
proseguivi il mio sogno che solo
la pioggia di un temporale estivo
aveva troncato.
Fra bianche falesie, corrose dal mare,
s'alzava il canto delle onde fino
a raggiungere il cielo, imperlato di stelle.
E come una lama di luce rischiaravi a me
il cammino, i tuoi biondi boccoli splendenti,
le ali aperte a protegger la mia via,
fratello mio che da tanto mi accompagni.
Incredulo ti guardavo mentre mi facevi
cenno di seguirti lungo una galattica strada
di astri lucenti. Ma lo scroscio di pioggia
mi ha svegliato e mai potrò sapere la meta
di quel viaggio iniziato un giorno di maggio
di cinquantotto anni fa.
Al risveglio ho pensato che fosse solo un sogno,
ma nella penombra, accanto a me, una bianca
piuma mi guardava.

Febbre
Febbre che ardi in me, bruci senza fiamma,
corrodi l’animo mio, scavi solchi profondi
nella mente che corre sempre là.
Un solo sguardo chiedo, un battito di ciglia,
il segno che non ti sono sconosciuto.
Ti ho vista un giorno, ti rivedo sempre
come allora, dolce, leggiadra, incanto
dei miei sogni, presenza muta, immagine
tanto vagheggiata da non distinguer
più il giorno dalla notte.
In questo turbinio di passione
trascino la vita, fra torpore
e realtà, tra desiderio e tormento.
E la febbre cresce, divora, spezza
l’esile filo di un’esistenza inutile
senza te.

Quando parli
Quando parli, spazia la mia mente
fra valli verdeggianti e cime innevate,
tra laghi cristallini e marine solatie.
Ai miei orecchi le tue non son parole,
ma note per incanto composte;
fluiscono morbide in una continuità
di armonie che dolci si propagano
dall’aria fino al cuore, in un crescendo
di tempi, per culminare in una fuga
che mi trascina all’entusiasmo
di saperti mia.

Ricordi?
Ricordi i primi giorni del nostro amore?
Quegli sguardi infiniti, quei silenzi pieni di parole;
gli abbracci quasi violenti, il tocco leggero
delle mani che si incontravano,
la felicità che ci estraniava,
la vita ogni giorno sorridente.
Ecco, adesso che tutto è passato,
che ogni giorno è sempre più uguale,
restano solo sbiadite reminiscenze
di un amore che non sembra mai esistito.
Ricordi? No? Neppure io,
che vedo quel tempo come
la storia di due sconosciuti.

Il viaggio
Crepita appena il sottobosco
sotto i piedi che vagano
nei meandri intricati di felci e di arbusti.
E’ un viaggio che ci sembra lungo,
un continuo vagare nella semioscurità,
ma non è nulla rispetto al tempo immutabile,
una frazione d’istante, un piccolo soffio di vita
dal ricordo ancor più breve.

Giardino segreto
Il cupo infrangersi dei marosi sugli scogli
tormenta l’animo inquieto,
rimbomba fra gli anfratti della mente intorpidita,
spezza il filo esile della dubbiosa esistenza.
Rifugiarsi è d’obbligo allora in un giardino segreto,
rivedere le dolci immagini di una natura amica,
farsi cullare dal lento ritmo della risacca.
Fauni danzanti emergono dall’oscurità,
sorrisi antichi si aprono a squarciare il velo del silenzio,
gli occhi vedono oltre le immagini,
suona una musica senza strumenti
in questo mondo che è in noi.

Toscana
S’ode il respiro del mondo
in questa terra che accompagna
la mente oltre lo sguardo.
Il maestrale sferza i pini salmastri,
piega i cipressi, custodi viventi del passato;
arroccato su una collina un borgo
sovrasta l’immagine e par d’udire
il canto di una madonna innamorata,
fra echi di lazzi, risa di scherno e
clamori lontani di scontri d’arme.
Toscana, un quadro dipinto da mani sapienti,
uno scrigno di tesori immutati nel tempo,
una realtà che accompagna al sogno
senza che il risveglio inaridisca l’animo.

Mano nella mano
Di grazia vestita m'apparisti un giorno
di primavera; lieve scendesti lungo
la strada dell'amore a mostrarmi
per intero il cuore, senza nulla chiedere
se non d'esser colta come un fiore.
Estasiato ti ammirai, presi la tua mano
ed insieme camminammo, ed ancora
percorriamo, fra peschi in fiore e
torrenti d'acque cristalline, il sereno
sentiero del nostro amore.

Un amore
Come una rosa ti colsi
un giorno di tanti anni fa;
ma i tuoi aculei mi squarciarono,
tanto che ti lasciai cadere.
Il tempo è trascorso, le ferite
si sono richiuse, ma una spina
di una rosa ormai appassita
punge laggiù in fondo al cuore.

Lacrime
Si sciolgono in lacrime le nubi
a lavare le lordure del mondo;
lente, quasi pavide, scendono
dai miei occhi nel ricordo
di un’epoca felice.
Piccole gocce, di malinconia intrise,
emozioni di un cuore
che non sa rinunciare all’amore.

Il vento che è in me
L'eco di mille battaglie, il lugubre nitrito
di cavalli morenti, l'assordante silenzio
di corpi immoti nell'erba intrisa di sangue:
questo mi porta il vento che s'alza al
tramonto solo per me nel cupo bagliore
del sole, fra stormir di fronde nell'aria
che si rinfresca, pronta a rinnovare il domani.
Ed il sonno che lento mi prende riporta
ad epoche passate, a guerre combattute
nello sterile deserto della gloria, ad affanni
strazianti di vedove in gramaglie, a lacrime
inutilmente versate, ad amori troncati,
a sogni, come il mio, appena abbozzati.

L'ultimo soffio
Esplosione di immagini nelle tenebre
al ritmo lento che smorza poco a poco
il giorno che se ne va, ultimo soffio
di vitalità a racchiudere in se stessi
il breve tempo in quello lungo dell'eternità.

Aria di primavera
Ed ecco, che tra le brume mattutine,
il sole abbozza un timido sorriso,
s’alza lento dal lungo sonno
del gelido inverno, si scuote di dosso
la neve luccicante, e sbadigliando
allarga le braccia sulla terra ancor dormiente.
Lunghi rivoli d’acqua fredda scorrono
fra l’erba avvizzita, accarezzano gli esili
fili giallastri, rigenerano il vecchio
spirito della natura.
Soffia un’aria di primavera che addolcisce
il cuore, incanta come ogni anno gli occhi,
fa vibrare il corpo di una rinata voluttà
di vita, di gioia, d’amore.

Strade d’amore
Lungo le strade che prima percorrevo
senza meta le donne che incontravo
mi sorridevano, ma erano senza volto.
Passavano oltre e neppure mi volgevo;
ombre sconosciute dal caso lì portate.
Ma da quando ti ho conosciuta, nel
ripercorrere le stesse strade, tutte
le donne che incrocio sono uguali,
perché hanno il tuo volto.

L’amore
Cinque lettere, una parola,
una magia che nasce all’improvviso
dal cuore, una luce accecante
che toglie le tenebre, divampa,
prorompe, esplode:è questo l’amore.

Un raggio di sole
Le tenebre si squarciano all’improvviso
e quello che prima gli occhi non vedevano
appare chiaro ed immensamente bello.
E’ un raggio di sole l’amore, un sentimento
più forte di ogni emozione, più nobile di
ogni pensiero,è l’apoteosi dell’esistenza.

Patria
Sei sempre nel mio cuore,
ovunque un uomo soffra,
nei deserti polverosi di animi inariditi,
nelle baraccopoli olezzanti di morte,
nelle discariche brulicanti di affamati,
laddove la dignitàè calpestata,
l’umanità derisa, i sogni di un bambino
spezzati all’alba;
là ci sei tu ed io con te.
Patria, un eterno territorio senza confini,
perché tale è questo mondo, dove le uniche
barriere sono feticci apposti dalla sete di potere.

Notte di Natale
Scende la notte e nel suo manto trapuntato di stelle
tutto avvolge, scivola silenziosa su pianure di neve
imbiancate, si insinua in boschi silenti di ghiaccio
punteggiati, attende muta davanti alle finestre illuminate
e poi, quando anche queste ultime luci si spengono, si
squarcia a mezzanotte nel caldo amore di
una lontana cometa.

Il tuo ritorno
Ore che non passano mai, assordanti
di silenzio assoluto; le lancette
sembrano girare all’indietro
in questa attesa che dura da un’eternità.
Se pur così vicino, tanto ancor lontano
appare il giorno del tuo ritorno;
batte forte il cuore, sovrasta la mente
nel richiamo dell’amore.

Una carezza
Una carezza lieve, le dita che sfiorano la pelle,
indugiano sul dorso della mano, trasmettono
il fremito che le anima, un invisibile tremore
che sale lungo il braccio e va dritto al cuore.
Ah, che maestosa dolcezza è quest’atto d’amore.

Il vento dell’est
S’alza il vento dell’est, freddo, pungente,
ma mi lascio avvolgere, aspiro a pieni
polmoni l’aria gelida che mi parla di te.
Lunghe attese, ricordi che riaffiorano,
tutta una vita passata, gioie, dolori,
nella speranza di ricominciare, di
rivivere con me un tempo migliore.
Soffia forte, mi scompagina i capelli,
ma riesco ad udire le tue parole che
porta con sé.
Poche lettere, sussurrate, che provengono
dal cuore e parlano d’amore.

I giorni del silenzio
La casa vuota risuona dell’assordante
cupo rumore del silenzio.
E’ un suono che non si sente, ma che
si avverte con il cuore, un immobile,
imperturbabile assolo di note mancanti.
La mente corre a chi è lontana, mentre
una fitta incruenta lacera l’anima,
fa brillare gli occhi nel ricordo di chi si ama.

Anche se non ci sei
Mi è dolce chiudere gli occhi
e ripensare al tuo sorriso,
alla bocca che si apre in una tenue
parentesi, a quei rossi capelli
che attizzano in me il fuoco dell’amore.
La mia mente spazia, va a ricordi recenti
e passati, a tutto quanto mi rammenti di te.
Ovunque ti vedo, sempre ti sento,
la casa vuota risuona delle tue garrule risatine,
emozioni, sentimenti che riverberano nel
cuore, rasserenano lo spirito, addolciscono
la struggente malinconia della lontananza.

Serenata diurna
Ecco, la pioggia è cessata e nel cielo terso
si riaffaccia il sole ad asciugare il bucato della terra.
S’alza intenso il profumo dell’erba bagnata,
il ruscello ingrossato gorgoglia d’acqua striata
da petali di fiori caduti, la lucertola si riavventura
lungo il muro sbrecciato e fra due rami paziente
il ragno rattoppa la tela imperlata da gocce tremolanti.
Le formiche riprendono il loro frenetico cammino,
il mio cuore rallenta il suo battito estasiato
dal profondo mistero della natura, ove tutto
si rinnova restando sempre uguale.

Zampogne
S’alza profondo un suono di zampogna
nel freddo pomeriggio d’inverno;è una
melodia antica, scritta nel cuore e non
sul pentagramma; parla di case lontane,
di boschi innevati, di una vita semplice
e di stenti. Il messaggio viene portato
all’orecchio pietoso, ma soprattutto
all’animo languente del suonatore.
Lunghi viaggi, transumanze della speranza,
strade biancheggianti, notti passate all’addiaccio,
uomini come noi, disposti ad offrire il loro
cuore per scaldare il nostro, impenetrabile alla pietà.
E tutto in cambio di qualche centesimo, obolo
di una solidarietà ormai remota.

Sensazioni
Cerco i tuoi occhi, attendo il tuo sorriso,
indovino i tuoi pensieri, voglio urlarti
il mio amore, ma la voce mi si strozza
in gola;è la gioia di saperti mia, l’emozione
di appartenerti, sensazioni che traboccano
dal cuore, dilagano nel mio corpo, inebriano
la mia mente, zittiscono la mia voce,
inumidiscono gli occhi, rischiarano il
giorno di una nuova luce.

Armonie
Scivola lenta sull’acqua la barca
ed il tenue sciabordio accompagna
il silenzio all’intorno, interrotto solo
dal gracidar di rane e dal richiamo
del cuculo innamorato, nascosto
dai canneti appena mossi dal vento.
S’ode lontana la campana della
Pieve che chiama i fedeli all’incontro
col Supremo, lievi rintocchi che
esaltano le infinite perfette
armonie della natura.   

Quel che resta dell’anno
Cadono le foglie, un vento sottile e freddo
dirada le prime brume del mattino, un sole
pallido vivacchia in cielo, ombreggiato da
lunghi stormi di migratori.
Un altro anno sta per andarsene e lento
s’assopisce nelle umide ore autunnali.
I colori sbiadiscono, il verde dei prati
ingiallisce, l’azzurro del cielo si fa diafano.
Il ritmo rallenta in un anno che non vuol
sentir ragioni per finire, ma le ombre si allungano,
le ore di luce si accorciano, come sempre è stato.
Ineluttabile, immutabile la vita scorre regolata
dal tempo, ed anche per noi è l’autunno, una
serena e tranquilla stagione da vivere
con il medesimo amore, la stessa volontà,
l’eguale appassionata partecipazione di sempre,
in quel che resta dell’anno.   

Serenità
M’è dolce la sera ritrovarmi nel tepore della casa,
nel sorriso di chi con occhi amorevoli mi guarda,
nell’abbraccio fremente di una donna innamorata.
Serenità, semplice parola così lieve e gradevole
solo a pronunciarla; così desiderata, raramente
raggiunta, ancor più difficilmente conservata.
E’ la consapevolezza di essere in pace con se
stesso, di non dover più sognare, di amare
ed essere egualmente riamato,è l’improvvisa
leggerezza del vivere quotidiano,è la certezza
di essere estremamente importante per te.   

Scritte sulla sabbia
Due parole per te scritte sulla sabbia,
semplici confessioni di un ragazzo
che tanto tempo fa giocò all’amore.
Ridesti, ma due lacrime spuntarono
dagli occhi d’improvviso gioiosi.
Passarono gli anni e mai più ti rividi,
ma ieri la passeggiata in spiaggia,
lungo il bagnasciuga, le ha ritrovate,
scritte da chissà quale mano:
“Ti amo” ed un cuore trafitto.
Ho sorriso e due lacrime malinconiche
hanno fatto capolino fra gli occhi,
quando un’onda più lunga, come
un colpo di spugna, le ha cancellate.

Sole nero
Angosce d’ogni giorno; ovunque guerre e violenze.
Un attentato qua, un eccidio là: che senso ha
vivere per fare la comparsa di un massacro.
Pochi ordiscono le trame, molti le realizzano,
tanti ne sono le vittime designate, ignoti,
uomini come noi, di carne e di sangue,
all’infausto destino soccombenti.
E’ un’insensata corsa alla morte,
un’esaltazione della stessa, e della vita
non resta che il ricordo di un tempo
brevemente tranquillo in cui non
la si è mai apprezzata abbastanza.  

Cara amica
Il ricordo è una nebbia che mi avvolge,
da cui emergono immagini andate,
sfocate o nitide, ma parte di me.
E la tua, cara amica, riluce sempre,
è una lampada tenue che diffonde
il suo chiarore su di me, scioglie
il mio cuore, mi rammenta solo
giorni sereni, perché il dolore
non era in te, che troppo presto
sei andata.    

Dal profondo del cuore
Piano piano, dolce e lieve, ha attecchito;
coltivato dal tuo sorriso, alimentato dalle tue
carezze è cresciuto forte e certo;
ed ora è finalmente sbocciato questo amore
che viene dal profondo del cuore.
Come un fiore spalanca i suoi petali, ti
ho aperto il mio animo e tu l’hai racchiuso
nel palmo della mano.    

Immenso
Come l’onda che si infrange sulla scogliera,
come il vento che spazza via le nubi,
come la luce del giorno che scaccia il buio della notte,
così dal cuore prorompe il mio amore, tanto grande,
tanto immenso che solo se tu volessi vedere,
volessi capire, ne saresti stupita ed al tempo stesso
l’accoglieresti in te.

Tu sei
Tu sei il sole che sorge il mattino,
tu sei la luna che rischiara la notte,
tu sei un fiore che continua a sbocciare,
tu sei la brezza leggera che muove le foglie,
tu sei il vento impetuoso che piega le messi,
tu sei…, tu sei il mio grande, incommensurabile amore.

Il trillo
Guardo l’ora; il tempo non passa mai;
attendo con ansia il trillo del campanello,
una nota sola, ma che per me è una sinfonia,
un concerto, una toccata e fuga, perché quel
suono viene da lei, viene dalla donna che amo.
Ecco; rimbomba nelle mie orecchie, scende
veloce al mio cuore; dietro la porta c’è l’amore.

Che cos’è la vita?
Che cos’è la vita?
Uno squarcio di luce nel buio,
poi di nuovo oscurità e silenzi siderali.

A te
A te, apparsa come alba radiosa nella mia oscura notte,
a te, sogno meraviglioso dopo tanti incubi,
a te, così dolce, così tenera, così femmina,
dono l’unica, incommensurabile e vera ricchezza: l’amore.

Nulla più resterà
Come una lama mi hai squarciato il cuore;
giorni di felicità che mai più ritorneranno;
aneliti di vita, emozioni intense, palpitazioni
improvvise che mai potrò ancora provare;
è finito un amore, poche lettere che significano
la fine di una vita, di un sogno;
anche il ricordo a poco a poco si spegnerà
e di quello che fu un grande amore nulla più resterà.

Il buio della notte
Nel buio della notte ti cerco nel letto e non ti trovo,
e allora rammento e dico: non è possibile.
Il sonno invano ricerco; troppo forte è il mio amore per te.
Che farò nella mia vita senza la tua presenza, senza il tuo
sguardo sereno e radioso; quante parole non ti ho detto e
quante cose avremmo potuto fare insieme.
Che egoista che sono, talmente egoista da non pensare
che ora finalmente non soffri più.
Buona notte, amore mio, riposa e, se puoi, veglia su di me.
Se un giorno la brezza mattutina mi dovesse accarezzare,
questa non potrai essere che tu, lieve,dolce e appassionata.
Buona notte, amore mio; dal 4 ottobre 2002 soffro io.

Come la brezza
Come la brezza della sera mi avvolge la tua voce,
come il sole che sorge al mattino mi illumina il tuo sorriso;
mi chiedo se sei vera, se può esistere a questo mondo
qualcuno in cui sperare, di cui avere fiducia, qualcuno
che mai tradirà.
O forse sei solo un sogno, un sogno bellissimo, dal
quale non mi voglio risvegliare.
Chiunque tu sia, comunque tu sia, continua così
e se mi tenderai la mano troverai subito la mia.
Siamo a metà del giorno della vita ed il tramonto si
avvicina; sarebbe meraviglioso vederlo insieme, sereni,
consci di essere un’unica entità.
E se Dio lo vorrà, il giorno in cui ci richiamerà
saremo orgogliosi dell’ultima parte della nostra vita.

Mi manchi
Nel letto mi giro, stendo un braccio a cercarti,
ma non ci sei; mi manchi, mi manchi tanto;
ho bisogno del tuo sorriso, di quello sguardo
che mi infonde tanta serenità.
Se non ci fossi mai stata, sarebbe stato diverso;
da quando ti ho conosciuta la mia vita è
stata solo per te.
Vedo le tue labbra, un’esile e tenera parentesi;
ne ricordo il sapore, lo sento ancora;
quanto vorrei appoggiare le mie sulle tue,
stringerti a me, sentire i battiti del tuo cuore contro il mio.
Non c’è ora, minuto o secondo che non pensi a te;
amore mio, tesoro mio, senza di te non è vivere,
senza di te non sono nulla, senza di te mi sento inutile.
Conto i giorni che mi separano da te: troppi.
Ti amo, sempre di più, ti desidero accanto a me.
La sera, quando mi corico, vedo l’altra metà del letto vuota
ed allora mi assale la malinconia e mi dico:
forse, un giorno, lei verrà e sarà per me la felicità.

Profondi come l’oceano
Guardo i tuoi occhi e mi perdo; quanto sono profondi,
profondi come l’oceano.
Quello che tu non vuoi dirmi, quello che tu non riesci
a dirmi lo leggo nei tuoi occhi.
Vedo fiumi azzurri, cieli stellati, universi sconosciuti,
speranze, sogni, sogni di una donna che ha tanto osato
e che ora cerca la serenità dell’amore.
E, poi, quasi nascosto, celato al mio sguardo, vedo
me stesso ed allora una commozione senza fine mi pervade,
ti stringo a me, appoggio le mie labbra sulle tue, e nei
tuoi occhi non vedo più nulla, se non le lacrime che
si uniscono alle mie.

Sonno
Ho sonno, ma non riesco a dormire;
accade sempre più spesso che quando
spengo la luce il buio sia sempre più
popolato di ricordi, di immagini,
di eventi vissuti nel tempo.
Volti di gente che ora non c’è più,
parenti, amici, mia moglie; mi guardano
muti, con gli occhi fissi, come se il mio
torto fosse quello di esserci ancora.
Lentamente scivolo nel passato,
rivedendo la mia vita, i momenti felici,
quelli tristi, le occasioni perdute, gli
errori commessi.
Quei volti di gesso non hanno espressione,
mi fissano vuoti: sono solo la proiezione
del loro ricordo che porto nel cuore.
Vorrei stringerli a me, ma si allontanano,
svaniscono oltre le pareti della camera.
Ho cinquantasei anni edè come se fossi
vissuto per niente; sono un vecchio solo che
spera di tornare a vivere ora che ti ho
conosciuto, donna da tanto tempo desiderata.
Il passato è passato; il futuro sarà la mia vita con te.
Ecco, si appesantiscono le palpebre, chiudo gli occhi,
prendo sonno ed appari subito nei miei sogni.

Ti guardo
Da lontano sei venuta in una terra che non conoscevi,
hai lasciato alle spalle la tua vita, il tuo passato,
per entrare di colpo nella mia vita, io che mai avrei
pensato che tu esistessi;
Magadan, Ucraina, San Marino: quanto è stata lunga
la tua strada, quanti ricordi, quante tristezze.
Ed io, che mai mi sono mosso dal paese, non posso
che inchinarmi di fronte a chi ha saputo scegliere il futuro.
Ti guardo seduta con in grembo l’icona da te ricamata
e mi auguro che tu possa ricamare anche la mia vita.

Splende il sole
E’ l’autunno, ma in cielo splende il sole;
illumina le foglie avvizzite che coprono il suolo,
riscalda il mio cuore che scoppia d’amore,
mi mostra un mondo diverso nel quale non sono più solo
perché ora ci sei tu; ed i suoi raggi provocano riflessi
dorati sui tuoi capelli, rischiarano il tuo volto,
accarezzano le tue labbra, baciano le tue spalle,
scendono lunghi i fianchi, scivolano sul tuo seno.
Come vorrei essere questo sole! Ti accarezzerei
con il mio sguardo, indugerei sulle tue labbra,
scioglierei il tuo cuore.
Al prossimo appuntamento sarò il tuo sole,
sbucherò fra le nubi, fugherò il buio,
ti donerò tutto il mio calore, fermerò il tempo,
ti mostrerò la bellezza di una vita in due.
Ancora poco e per noi sempre splenderà il sole.

E’ ritornata la primavera
Ho riscoperto la gioventù,è ritornata la primavera;
il mio cuore palpita, i miei sensi fremono;
sogno, vagheggio, sono diventato anche un po’ geloso;
penso proprio di essere innamorato di te;
è una sensazione che ormai neppure ricordavo;
ti penso continuamente, il tuo volto sorridente è sempre
davanti ai miei occhi, la tua voce cristallina risuona
nelle mie orecchie; il ricordo delle ore d’amore mi
procura una gioia indicibile.
Che bello a cinquant’anni ritornare ragazzino,
dimenticare il passato spesso doloroso, pensare solo
all’avvenire, sentire il mondo in pugno!
Mi inebrio, volo con la mente e con il corpo,
il tempo non esiste più.
E’ come se fosse il primo amore.

Le tue mani
Sono delicate, lievi quando mi accarezzano,
mi ricordano dei candidi fiocchi di neve.
Mi piace baciarle, indugiare con le labbra
sulle nocche appena pronunciate; desidero
stringerle, sentire la flessione delle tue dita;
amo osservarle a lungo; sono parte della mia donna,
sono le tue mani.

Scendono le stelle
E’ notte ed alzo gli occhi al cielo;
la luna mi guarda sorniona, quasi
incredula della mia felicità;
voglio urlare il tuo nome, desidero
che anche lassù sappiano che il
mio sogno meraviglioso si è realizzato.
Ed ecco, in crescendo prorompe dal profondo
del cuore il nome del mio amore; alzo le braccia al cielo
e le stelle scendono ad accarezzarmi le dita.

Il tempo non esiste più
Quando sei con me mi sembra di essere in Paradiso;
il tempo non esiste più,è come se le lancette
dell’orologio si fossero fermate, come se il sole
sempre splendesse alto in un cielo terso;
la tua voce mi giunge alle orecchie ovattata e
mi fa pensare a candide spiagge di mari tropicali,
a vette innevate, a fiori che sbocciano in successione.
Ti guardo e mi perdo nei tuoi occhi e, solo se accenni
un sorriso, un brivido mi attraversa tutto il corpo.
Mi dico “questa è la tua donna” e per la prima volta
provo l’orgoglio di essere il tuo uomo.
A volte neppure ascolto quello che dici:è troppa
la gioia di stare con te, di amarti e di essere riamato.
Mi sembra di toccare il cielo con le dita, ho la netta
sensazione che vivere con te non sarà solo vivere,
sarà un sogno stupendo calato nella realtà quotidiana.

Lontani profumi di spezie
In piedi sulla spiaggia guardo il mare spumeggiante
ed il vento teso e secco avvolge il mio corpo.
Il mio naso avverte lontani profumi di spezie,
le mie orecchie odono il ritmico battito di tamburi,
i miei occhi vedono isole lontane, scogliere scoscese,
arenili di fine sabbia bianca, atolli corallini, un paradiso
al quale forse mai potrò approdare.
Due braccia, da dietro, si stringono a me; mi volto e
vedo il tuo volto sorridente;è vano cercare altrove,
è inutile sognare quei mondi lontani, perché il mio
paradiso è qua.

Si spengono le luci
Si spengono le luci, la notte è ormai finita
e già il chiarore dell’alba illumina le strade.
Inizia un nuovo giorno; mi alzo e nella penombra
ti vedo raggomitolata ed ancora addormentata.
In silenzio ti guardo, attendo il tuo risveglio,
quando aprendo gli occhi mi vedrai e mi sussurrerai
“Buon Giorno, amore mio”.
Solo allora avrò la certezza che anche questo giorno sarà
meravigliosamente diverso dagli altri.

Incantesimo
S’alza la bruma mattutina ed appaiono i contorni
sfocati di un mondo nuovo; s’odono i cinguettii
degli uccelli che volano incontro ad uomini felici.
Ovunque solo quiete e serenità; niente più odio,
egoismo e sete di potere; tutto scorre fluido come
se il tempo non esistesse. La parola pace non ha
ormai più senso e l’unica forza rimasta agli umani
è quella sublime dell’amore.

La voce del mare
La sabbia umida affonda sotto i nostri passi;
il vento sibila, solleva le onde, mentre il cielo
viene squarciato da saette serpeggianti.
Un rumore fondo, intenso e rimbombante tutto
avvolge:è la voce del mare in tempesta.
Ma già all’orizzonte trapela fra le nubi la luce
del sole, già si annuncia l’arcobaleno.
Ci volgiamo all’indietro a cercare invano le
nostre impronte che il mare ha cancellato.
Ti stringo la mano ed insieme ci avviamo
verso la vita.

Musica
Oh dolce musica che ti diffondi nell’aria,
penetri nelle mie orecchie e giungi dritta
al cuore.
Mi evochi lontane scogliere, sferzate dal vento
e dai marosi, verdi praterie punteggiate di pecore
al pascolo.
Immagino bianche strade serpeggianti in valli
ascose, larici ombrosi che si protendono
ad accogliermi.
Mi vedo già ansante salire per sentieri costeggianti
dirupi senza fondo e dissetarmi a ruscelli gorgoglianti.
Tu entri nella stanza, mi prendi la mano, ti siedi
accanto a me e nel profondo dei tuoi occhi scorgo
noi due insieme cavalcare la fantasia di queste note.

L’albero
Ti ho visto nascere, uscire con tenacia dalla terra
e protenderti verso il cielo.
Quante primavere, quante nuove foglie, nidi
accolti fra i tuoi rami, svolazzi di uccellini
cinguettanti intorno a te.
Hai visto nascere il sole, hai sospirato al
suo tramonto, ti sei piegato al vento freddo
dell’inverno, mi hai offerto la tua ombra
nella calura dell’estate, sei stato il compagno
silenzioso di una vita.
Ed ora vederti rinsecchito, quasi spoglio, mi
ricorda che anche per me il tempo è passato
e che ormai si avvicina per entrambi il ritorno alla terra.

Cari cipressi
Allineati lungo la bianca strada, spruzzati di polvere,
osservate l’ultimo viaggio degli umani, siete il
simbolo della vita che continua; anni dopo anni
indicate a noi poveri mortali il luogo dell’estremo riposo.
Il vento vi piega, il sole vi accalora, piegate le vostre
chiome, ma siete sempre lì, cari cipressi, estremo saluto
della vita.

Il trionfo dell’odio
Giace abbandonato nel campo l’aratro, mentre ratti impazziti
si affannano a cercare il riparo fra le zolle.
Le madri volgono sgomente gli occhi al cielo, stringendo al
seno i pargoli piangenti.
Un vento secco e caldo percuote la pianura, sconvolge il
cielo oscurato da plumbei nembi.
Una colomba trafitta si avvita, mentre all’orizzonte riverbera
il rosso fungo dell’apocalisse.

L’alito del tempo
Soffia su di noi l’alito del tempo,
gli anni sono anni, ma noi, mio dolce amore,
ci teniamo per mano, incamminandoci con passo
sicuro e leggero verso la radiosa luce dell’eternità.

Qualche cosa è cambiata
Il mondo che ci circonda non è così come appare,
ma come noi lo vediamo; un lungo periodo di dolore
mi ha mostrato l’aspetto angosciante della vita, una
realtà non dissimile all’incubo di tante notti.
Ma ora che qualcuno ha voluto associare la mia vita
alla sua, ora che il sorriso è riapparso nei miei occhi
per tanto tempo malinconici, tutto mi sembra diverso
ed il mondo che tanto ho rifiutato voglio raccogliere
nel mio cuore.
Eh sì, qualche cosa è cambiata: in me è ritornato l’amore.

Dov’eri
Dov’eri quando più avevo bisogno di te?
Perché sei rimasta nascosta alla mia vista
e non hai sentito la mia disperazione?
Certo, tu non sapevi della mia esistenza,
come io ignoravo la tua.
Si vede che nel libro del tempo era scritto
che solo provando un immenso dolore
avrei potuto apprezzare la felicità che tu
ora mi dai.

Vorrei
Vorrei essere un pittore per ritrarre il tuo volto,
vorrei essere un musicista per dedicarti una canzone,
vorrei essere la brezza per scivolare fra i tuoi capelli,
vorrei essere il tempo per non farti mai invecchiare.
Vorrei tante cose per te, ma sono un comune mortale
che più del suo amore non può darti.

Non lo so
Vivo in un mondo di fantasia, ove la realtà
assume i contorni che desidera il mio cuore;
oppure sono nella realtà, una realtà talmente
bella che mi sembra di sognare.
Qualè la verità?
Non lo so, e non m’importa, perché da quando
sei con me non potrei desiderare una vita migliore.

Che senso ha?
Un verme si contorce nella polvere,
poco più in là la mano fremente di un ragazzo
indugia fra i seni di una giovinetta.
In un letto un vecchio disfatto esala il suo
ultimo respiro, mentre rompe il silenzio
il primo vagito di una nuova vita.
I prati si ricoprono di fiori che si piegano
al vento; un frutto cade dalla pianta a marcire sulla terra.
Qua sorge il sole, là tramonta; alla luce del giorno
subentra il buio della notte.

Serenata notturna
Nel buio della stanza, ad occhi aperti,
cullato dal tuo respiro, ti vedo alla luce del mio cuore.
E’ uno scrigno che si apre, sono verità, desideri
nascosti che prorompono e si librano nell’aria.
Quello che sono stati sogni ora sono realtà,
una realtà che posso toccare con mano
sfiorando il tuo viso sereno, stringendoti a me,
indugiando con le dita fra i tuoi rossi capelli.
Ed il tuo respiro, ritmico e pacato,è musica
per le mie orecchie,è la serenata notturna
che solo io posso ascoltare.

No
No, non è possibile accettare un mondo ove
la violenza impera sovrana, ove l’odio
è il sentimento che prevale.

No, non è ammissibile che si muoia per droga,
che i più non abbiano ideali, ma solo il
desiderio sfrenato di avere tutto senza dare nulla.

No, non riesco a comprendere perché i buoni sentimenti,
la coscienza debbano essere celati, quasi
fossero motivo di vergogna.

No, non dico di no a questo mondo, perché ne
faccio parte e perchéè possibile modificarlo,
purché lo si voglia e l’amore sia in noi.

Migrazioni
Con i primi tepori arrivano dalle lontane terre del sud;
stormi sempre più folti si stagliano nell’azzurro del cielo;
li avevo salutati nelle prime brume dell’autunno, mentre
s’affrettavano verso le mete da sempre conosciute.
E’ tempo di migrare, mi ero detto, mentre il cuore
si raffreddava al pensiero dell’imminente inverno.
E’ tempo di tornare, ora sussurro, nell’aria cristallina
dell’avanzante primavera, con l’entusiasmo della
vita che ricomincia, non più solo, insieme a chi mi ama.

Aspettando l’alba
Già sono sveglio edè ancora notte;
pensieri si affardellano nella mia mente:
ricordi di un tempo passato che riaffiorano
come d’incanto accompagnati da brividi di freddo.
E’ tutta la mia vita che scorre davanti a me,
immagini sfocate che reclamano di uscire
dall’oblio in cui inconsciamente le ho cacciate.
E’ un senso di paura che mi assale, il timore
di scoprire errori e lacune ormai sepolte.
Ed allora più forte emerge il ricordo delle
ultime ore trascorse, degli abbracci e delle
carezze scambiate. Le mie dita che si insinuano
nei tuoi rossi capelli, il mio corpo stretto al tuo,
la felicità di appartenerti scivolano sulle curve
del tempo, riempiono la stanza, soffocano le paure.
E nel momento in cui l’estasi mi pervade s’ode
lontano il canto del gallo:è ormai l’alba, ma
ora posso dormire, perché ho ritrovato il mio tempo.

Mani
Mani che si sfiorano, che si uniscono,
che danzano vorticosamente;
mani che premono sul petto, a ricacciare
il cuore che impazzisce;
mani che scivolano sui capelli, che indugiano
sul collo;
mani che accarezzano il viso, che si soffermano
sulle labbra;
mani che si chinano a raccogliere un fiore…per te.

La nostra vita
E’ l’unica, autentica ricchezza di cui disponiamo;
non gettiamola alle ortiche, difendiamola, coltiviamola;
un dono così prezioso e ineguagliabile merita di essere
utilizzato, di essere speso fino in fondo, perché poi
non avremo la possibilità di averne un altro.
Non si potrà mai apprezzarlo veramente come quando si
sta per perderlo, perché si tratta della nostra vita.

Ieri, una vita
E’ trascorso il tempo dei giochi,
delle gioiose serate all’aria aperta,
dei sogni da sveglio, del cuore che palpita,
delle emozioni ripetute, delle delusioni sopite.
Inutile voltarsi,è un tempo che non tornerà;
lo sguardo è per il presente e al futuro
è meglio non pensare.

Dove comincia il giorno
Là voglio andare, dove comincia il giorno, e
correre veloce indietro nel tempo, riessere
all’alba della mia vita.
Ripercorrerei i solchi del tempo, libero da
laccioli, non condizionato da questo mondo
che nell’illusione di una libertà effimera ti
soffoca, ti fa credere di essere felice di non esserlo.
Ma è il mio mondo, di cui son parte, piccolo
ingranaggio che stritola e si stritola, senza un fine,
lasciata ogni speranza, nessun sentimento, nessuna
pietà; mi resta solo il sogno, che al levar del sole svanisce.

Nostalgia
Il primo giorno di scuola a sei anni:
l’emozione di entrare nella vita.
Il giorno della laurea: la certezza
della fine della giovinezza.
Il primo bacio: un incerto ricordo
soffocato da un’emozione mai provata.
L’ultimo giorno di lavoro: tanti abbracci
a lenire la melanconia di chi sa che non
ha più nulla da dare.
Il giorno che ti ho vista per la prima volta:
il ricordo dell’emozione del primo bacio da giovane,
la certezza che ho ancora tanto da dare.

Che cos’è?
Che cos’è un cuore senza un altro cuore?
E’ un povero cane randagio che si trascina
senza meta e senza padrone.
Che cos’è un uomo senza amore?
E’ un albero che invecchia più del tempo,
che lascia cadere le foglie, che si contorce
al caldo dell’estate ed al freddo dell’inverno,
che muore prima dentro che fuori.
Che cosa sarei senza di te?
Un’anima persa, un relitto alla deriva,
un cane randagio, un albero rinsecchito.

Questo sei per me
Fresche acque che scorrono intorno a me,
il silenzio solenne di una verde vallata,
il sole che s’affaccia sul mondo,
una notte quieta piena di stelle,
la felicità di vivere, la serenità di ogni giorno:
questo sei per me.

Una stagione morta?
In quest’autunno che m’accompagna verso la notte
colgo, ogni giorno che passa, le bellezze della vita.
Ciò che prima mi appariva scontato e solito si colora
di una luce nuova, di un’atmosfera ovattata;
giungono attutiti i rumori del mondo, lenti si fanno
i passi, il piacere di essere assaporo a lunghe sorsate.
Una stagione morta? No, una stagione viva, dolce
e solenne, dove l’amore è sensazioni lievi, dolci
abbandoni, e fatti di ogni giorno, occhi che si illuminano
per un istante, mani che si sfiorano, infinita pace dell’anima

Infanzia rubata
E’ venuto da lontano per stendere
la mano agli incroci cittadini, per
lavare i parabrezza delle auto, per
cedere il suo corpo, per rubare nelle
case, schiavo in un mondo di liberi
che ignorano il valore che lui ha perso.
L’innocenza con cui è nato gli è
stata sottratta,è l’ultimo anello
di una catena che lega tutti gli uomini.
Non sarà più sé stesso, perché
ha subito il furto peggiore: gli
hanno rubato l’infanzia e con essa
tutte le speranze di una vita.

Anima persa
Ci sono stati i giorni dell’angoscia; ore ed ore
di rabbia, di cieco furore, e poi, e poi le calde
lacrime che mi rigavano il volto, lo scoramento
che mi avvolgeva dall’alba al tramonto, la
solitudine in mezzo a tanta gente che viveva
ed io invece mi sentivo morto dentro.
Dov’eri andata, ti eri perduta anima mia
in questo turbinio di emozioni?
Ti ho cercata, volevo il tuo conforto,
desideravo che tu trasmettessi al mio cuore
inaridito quella linfa di sentimenti che
hai sempre in te.
Mi hai lasciato, invece, a soffrire il dolore
di vedermi così, senza più amore, un albero
travolto dalla bufera, piegato e dalle foglie ingiallite.
Poi, un giorno ho incontrato lei e d’incanto sei
riapparsa, mi hai fatto vibrare il cuore, mi hai fatto
capire che in me era di nuovo sbocciato l’amore.

Il brusio della natura
Nella quiete del meriggio assolato
s’alza il rauco gracidio delle rane
che sguazzano nell’acqua melmosa
dello stagno; un fenicottero, impassibile,
marmoreo, sonnecchia fra i fior di loto.
Non un filo d’aria, non una voce che
stride, ma solo il meraviglioso brusio
delle mille voci della natura.
E’ un concerto dalle risonanze perfette,
un adagio che invoglia ad assopirsi,
a sognare volti di umani sorridenti,
cieli splendenti a cornice di vette
bianche di ghiaccio eterno, girotondi
festosi di bambini, immagini calde
di un mondo come vorremmo sempre che fosse.
- Da “L’uomo e la natura” -

Perché la guerra
Nefasto fu il giorno in cui Caino uccise Abele;
secoli di storia che non insegnano nulla all’uomo;
la guerra non è una necessità,è un malessere
sempre presente in noi,è la violenza che
giunge dalla coscienza di non essere immortali,
dal desiderio di decidere per altri il corso della vita.
E questo rafforza in noi la convinzione che non
ci può essere pace senza guerra, che dalla
violenza è possibile sentire appagato il nostro
eterno sconforto del sapere che a tutto c’è un termine.

L’ultimo volo
Correva sull’acqua, dispiegando le ali,
poi lentamente prese quota, seguendo
le onde del vento.
Maestoso sorvolò il canneto, ma uno sparo
all’improvviso lo fece scivolare d’ala,
quell’ala spezzata che invano tentò di
raddrizzare.
S’avvitò, poi precipitò verso
l’acqua appena increspata.
Un tonfo, schizzi di gocce all’intorno,
poi tutto di nuovo fu quiete.
Così accadde, così senza un perché,
senza una ragione, si concluse l’ultimo
volo di un leggiadro airone.
(da “L’uomo e la natura”)

Che cosa credevi
L’amore non è solo gioia, felicità,
frenesia di vivere:è passione, spesso
irragionevole, ed ecco che allora
oscuro appare il timore di perderlo.
Ti fidi di lei,è tutto per te, ma basta
uno sguardo non ricambiato, una parola
detta a caso che ti si contorce l’animo.
E ti sale dal cuore l’angoscia, ti interroghi
invano, ti aggrappi disperato al ricordo
dei giorni di serenità.
Che cosa credevi, che cosa pensavi;
l’amore è felicità e sofferenza insieme,
e fino a che queste durano mai finirà.

Canzone per un amore sbocciato
Nell’aria cristallina s’apre una rosa al primo sole,
si schiude la tua bocca al mio bacio;
la brezza leggera accarezza l’erba fresca di rugiada,
la mia mano indugia sulla tua serica pelle;
le prime ombre si rincorrono, si fondono;
ecco, anche le nostre sono diventate una sola,
mentre ti stringo forte a me e ti sussurro:
la mia vita, sei la mia vita, e nulla più.

C’erano giorni
C’erano giorni in cui il tempo non passava mai,
lunghe ore uguali, disperate, angosce
a stento celate, il letto vuoto, la casa muta,
la mente errante, odori di cucina
indefinibili, cene frettolose senza fame, albe
assonnate dopo estenuanti notti inquiete, polvere
nebbiosa che tutto avvolgeva ed in cui
vagavo senza uno scopo, senza una meta.
Ora ci sono giorni in cui non mi accorgo
del trascorrere del tempo, se non quando il
mattino attendo trepidante il tuo risveglio.

La lacrima
Spunta nell’occhio destro, scivola lenta lungo i bordi
del naso, prende forza, velocità, aggira la parentesi
della bocca, si ferma un attimo sul mento, indecisa,
poi si stacca, ma non giunge a terra;
la raccolgo nel palmo della mano, la guardo mentre
si distende, vorrei che rimanesse sempre una perla del
tuo cuore, perché quella lacrima è solo per me.

Sussurri e grida
Spira una brezza lieve
nel cielo sereno dell’anima,
ma quando s’alza il vento del
ricordo scroscia la pioggia di
lacrime nel tumulto del cuore.

Sempre tu
Riflessi del sole nei tuoi capelli,
le stelle che brillano nel cielo blu,
fiori appena sbocciati nel silente prato
dell’alpe, lontani suoni di carovane,
pioggia che fugge la calura, che
riporta la vita in una terra inaridita,
e sempre tu dinanzi agli occhi miei.

Vecchio cuore
Nel tempo che passa scandisci i momenti,
battiti ritmici, a volte forsennati, più spesso
a rilento;
scrigno di emozioni, di dolori, di gioie profonde
e di strazi soffocati, testimone e protagonista di
tutta una vita;
e pure adesso che gli anni ti pesano hai ancora la
forza di cantare di gioia quando avverti il calore
della sua mano,
che la notte indugia, lieve, silenziosa sul petto
mio che ti racchiude.

Riflessi negli occhi di un vecchio
Quasi dormiente sul divano attende
il lento finire del giorno, nel sole che
ravviva i colori del buio che avvolge la stanza.
Squilla il telefono “Papà, come stai”,
e s’aprono gli occhi di fronte a scenari
nascosti, a ricordi lontani ed a lungo sopiti.
Tutta una vita in pochi secondi, poi il
telefono tace e le palpebre stanche
richiudono gli occhi nel sole che muore.

Ho fatto tanta strada
Eccomi, sono arrivato; ho fatto tanta strada,
ma per te andrei in capo al mondo, per te
fuggirei, lascerei quella che è stata la mia vita.
Ora che sono davanti a te non riesco più
a dire nulla; sono assetato, assetato d’amore.
Calma, ti prego, questa sete; basta poco:
il tuo sorriso ed un bacio, un bacio lieve
sulle mie labbra ed avrò la certezza che il
mio lungo viaggio è terminato.

Chiuso per ferie
C’è una piazza ove ciascuno può
apparire e dir la sua, aprire il cuore,
confessare i suoi sentimenti,
raccontar le sue più intime emozioni.
Ogni giorno ci si trova, ci si legge,
si impara di più da questi incontri
che da tutte le esperienze d’una vita.
Un solo movente: la fantasia;
un solo scopo: la poesia.
Si attende la sera la nuova riunione
per provare ogni volta la stessa emozione.
Ma siamo in estate, l’agosto è ormai vicino,
ed anche sulla piazza c’è appeso un cartello:
chiuso per ferie.
Si scuote la testa, dall’evasione brusco è il
ritorno alla realtà di ogni giorno.
E’ giusto il riposo di chi è padrone della piazza ed
è anche giusto che il cuore ritorni dentro il corpo,
anche se solo per poco, affinché compresso, in
tumulto, alla riapertura senta più forte l’emozione
nel leggere le dolci parole che lo riempiono d’amore.

Scende la pioggia
Scende lenta la pioggia
ed una goccia sperduta
si posa sulla mano.
Riflessa in essa la mia
immagine vacillante,
racchiusa in un mondo
ove tutto è ciò che appare.
La goccia, tremula, si muove,
scivola sul palmo, precipita
al suolo; cerco lo specchio,
guardo, ma non vedo che
sogni lontani, da tempo
cancellati dal mio mondo.

Canto d’estate
S’alza il sole sulla pianura accaldata
e nel silenzio s’ode lontano il canto del gallo.
S’accende un nuovo giorno sotto un cielo lindo,
fra gatti tesi a spiare fra le foglie opache
della siepe lucertole infreddolite
ed assetate di calore.
Inizia il canto delle cicale, lungo, interminabile,
a rendere più acuto il silenzio.
Ronzii di mosche fastidiose,
frusciare di serpi fra l’erba giallastra,
ragnatele semi invisibili,
in cui si dibattono i primi insetti della giornata.
Non un alito di vento;
solo, sommesso, lieve, il tuo respiro accanto a me;
una sola nota, un accordo melodioso,
che spinge il mio animo a librarsi nell’aria,
a sorvolare valli verdeggianti,
cascate spumose, cime solo sognate;
poco a poco arrivo a toccare il cielo
e da là ti guardo: dormi ed il tuo volto
sereno , dolce, composto riflette il mio;
ecco, sono finalmente in pace con me stesso.

Gloria
Nella quiete della sera ritrovo il tempo andato,
immagini della mia lontana gioventù e fra queste
nitida emerge la tua.
Ti rivedo con le treccine fermate dai fiocchetti rosa,
le lentiggini intorno al nasino all’insù, gli occhialini
che non amavi portare perché velavano i tuoi
grandi occhi blu, la bocca sempre aperta
nel sorriso innocente della prima pubertà.
Gloria, dove sei?
Tanto tempo è passato, non sarai più
come allora, gli anni avranno sovrastato
anche te, primo timido amore di un bambino
che in pantaloncini corti sognava di fare
l’adulto, non sapendo che l’età
più bella era quella; nessuna passione,
nessuna illusione, ma solo l’inconsapevole
piacere di giocare all’amore dei grandi
con la dolce spensieratezza ed ingenuità
di chi sta per affacciarsi alla vita.

Nebbia
Nebbia silente che tutto avvolgi,
che l’umana realtà celi allo sguardo
melanconico di chi attende,
apriti poco a poco e fammi
scorgere l’immagine dolente
del mio animo, scivola via
dal cuore, fa ritornare in me
la speranza e l’amore.   

D'azzurro
D'azzurro è il cielo che ci guarda
in questo pomeriggio di sensi risvegliati,
di antichi ardori come per incanto riapparsi.
D'azzurro è il mare che ci lambisce i piedi
affondati nella sabbia bagnata,
mentre abbracciati ci lasciamo accarezzare dal vento.
D'azzurro sono i tuoi occhi che incantati
s'incontrano con i miei, mai così vividi
come in questo magico momento d'amore.
D'azzurro sono i ricordi di tempo fa,
di un sentimento all'improvviso nato
e che continua a farci sognare.  

Il poeta
Il poeta vede a occhi chiusi,
attira su di sé tutta la polvere del mondo
e la trasforma in parole scintillanti d'amore,
in visioni che anche gli altri possano ammirare.
Concretizza sogni che solo gli animi puri
riescono a ideare,
e quando ha risvegliato il cuore della gente,
silenzioso ritorna nell'ombra del suo tempo.     

Minuetto
Scoccano le ore,
girano le lancette,
la luce segue all'oscurità.
Il tempo sembra passare in fretta,
ogni istante diverso dall'altro,
ma nulla cambia.
Niente trascorre
nell'infinito dell'immenso.          

Foglie
Con le prime nebbie avvizziscono,
si stempera il verde delle speranze dell'anno
nel giallo che la pioggia opacizza.
Si contorcono gli ideali di una primavera
vissuta ormai solo come ricordo
lontano di una stagione per sempre finita.
E come le foglie inerti, che si staccano
e ritornano alla terra, inutili e spezzati
i sogni di gioventù lasciano l'animo
e muoiono nella solitudine
di un giorno che troppo veloce si spegne.  

Della perduta mente
Anabasi dentro quel che resta di una mente
che il dolore della perdita ha sconvolto.
Ricordi che si affacciano improvvisi
e che rivivono reali nella loro irrealtà.
Ci sono giorni che muta mi guardi
mentre ti parlo, sei lì con me,
ma le mie braccia stringono l'aria crudele
di una verità che mai vorrò ammettere.
Ti sciogli i capelli, ti volti e sorridi,
uno sguardo che mi ha incantato,
un sogno anche ora che invano
mi protendo a cercare l'illusione
di un amore ormai tramontato.       

Adagio
Spunta dal cuore,
si libra leggero nell'aria,
s'unisce a note lontane,
ad acque spumeggianti,
ad albe incandescenti.
Questo è il mio desiderio d'amore,
un senso di pace infinita,
una musica lenta e soave
che s'accompagna al battito del cuore.

In cielo
Nuvolette punteggianti il cielo,
si rincorrono, si urtano,
si uniscono in un ultimo amplesso,
per sciogliersi poi in lacrime d'amore.   

Rapsodia
Nella notte stellata un suono lontano
risveglia il dormiente, musica lieve
di antichi canti popolari,
semplici note che accompagnano
danze in una balera di periferia.
S'accendono gli occhi ai ricordi
di tempi passati, ad amori appena abbozzati,
si scuote la testa, mentre cala nuovamente
il sonno a interrompere la rapsodia di una vita.    

Il poeta cieco
Non c'è che buio intorno a lui,
tenebre fitte senza speranza,
ma vede più degli altri:
immagini sconosciute,
vibranti d'amore,
pensieri nascosti,
sentimenti intensi,
emozioni traboccanti;
perché lui vede col cuore.       

L'ultimo bacio
Serra la mia mano, tieniti stretta a me,
non fuggire da un sogno che non è
vedo il tuo volto distrutto e
ricordo quel viso che tanto mi incantò,
anni di vita insieme trascorsa,
una felicità solo dentro di noi,
il tempo che passa implacabile.
Serra la mia mano, tieniti stretta a me,
ma già vedo le tue lacrime, il tuo dolore,
mentre ti lascio con l'ultimo desiderio di un bacio.     

Nel vento
Ascoltai un tempo il vento che sussurrava
lontane parole di un mondo passato,
canti gioiosi di bimbi nel suono
di mille zampogne, di una terra
dove fiorivano le speranze e dove
anche i sogni diventavano realtà.
Nell’aria ora immobile risuonano
solo le peane della menzogna,
trombe squillanti che intorpidiscono
la mente, cancellano il ricordo,
annichiliscono il presente.
Non c’è più tempo, non c’è più vita,
e la speranza è una parola dal significato
ormai dimenticato in questo mondo inaridito.       

Vele d’inverno
Sull’albero, spoglio, sonnecchia un gabbiano,
mentre lenta s’adagia la neve sulla tolda.
Soffia freddo il vento dell’inverno
fra le funi penzolanti, disarmate
dalle candide vele, a riposo sottocoperta.
Già passato è il ricordo della bella estate,
del caldo scirocco a cui aperte
si sono, ben tese ad assaporare
il profumo di lidi assolati ormai lontani.

Fiore di pesco
Fluenti, di seta i capelli,
occhi innocenti senza fondo,
il nasino impertinente all’insù,
ma la bocca del fiore di pesco
aveva il colore, labbra
morbide desiderose d’amore.
E nell’autunno, che anche per te
è al fin venuto, non resta
che il ricordo d’un bacio lontano,
di un momento di sogno
affondato nel cuore.       

Note d'amore
S'alzano soavi, escono dal cuore,
sovrastano la mente,
abbattono le convenzioni,
ignorano la realtà,
cancellano il tempo.
Sempre più alte,
intrepidi e ansanti,
si rincorrono
queste note d'amore.     

Il tempo
Il ricordo come un vento impetuoso
solleva la povere del tempo,
fa emergere immagini sbiadite,
scava nel profondo del cervello,
riducendo il presente a
un effimero istante della vita.

Che sono?
Sogno un mondo sereno,
ricco di risa di bimbi,
di mani intrecciate,
di stomaci ben sazi,
di giorni di pace.
Che forse sono un visionario?

Sogno parole che si rincorrono
come note musicali,
sentimenti che si stampano su un foglio,
emozioni che si propagano all'infinito.
Che forse sono un poeta?

Sogno lo sguardo dolce
di una donna che riscalda il mio cuore,
parole dolci che pronuncia solo per me,
mani che si appoggiano leggere sul mio petto.
Che forse sono innamorato?

Sogno e non sogno;
e se apro gli occhi che vedrò?
Il tuo sorriso, che è tutto per me.     

Ricordo
Sogno di un’immagine riflessa
nello specchio della mente;

il tempo ha smussato i tuoi contorni,
il ricordo diventa sempre più incerto,

ma nitido resta quel sorriso
che ancor oggi mi apre il cuore.

Sera
Come falene attratte dalla luce
svolazzano i pensieri della giornata,
per poi disperdersi nell’opprimente buio,
soffocati dall’alito del tempo andato.         

Al calar della sera
La mano trema nell’accarezzare
il pensiero di un lontano amore,
rifugiato nei ricordi del vecchio cuore.
Il tempo attenua,
smussa il dolore di una perdita,
ma la tua immagine chiara riaffiora
quando al calar della sera
s’avvicina il buio dell’ultima lunga notte.   

Maremma
Profumi di ginestre avvolgono l'animo
come la brezza che s'alza al tramonto;
un cavallo scalcia sulla spiaggia fra
legni salmastri portati dal mare,
mentre un buttero appoggiato
al tronco di un pino si assopisce
nell'estasi di un mondo incantato.

Pomeriggi assolati
Sole implacabile, terra riarsa,
un lontano frinir di cicale;
nel buio della camera,
fra il torpore del pomeriggio
e l'ansia di liberarsi dalla calura,
insegue lo sguardo lontane chimere,
sogni del passato che riaffiorano
nell'ozio indolente dell'estate
e che subito si spengono soffocati
dall'arsura dell'animo
da tempo avvizzito.

Melodia
Soave, limpida sale dal cuore,
è dolce questa tua melodia d'amore.
Non una nota si ode nell'aria,
ma la luce che brilla nei tuoi occhi
è un crescendo di emozioni che
mi avviluppano, sensazioni intense
che si propagano nell'aria, rimbalzano
fra gli oscuri meandri della mente,
illuminano di calda luce il pensiero
che lento sorge per prorompere
in un unico grido muto che rimbomba
nel mio cuore: questo è amore!   

La Sirena
Squame appena orlate di bianca spuma
rilucono sullo scoglio bordato
dall'azzurro del mare,
mentre stridii di gabbiani
coprono il suono melodioso della risacca.
Irraggiungibile, se pur così vicina,
sorride la sirena dei miei sogni,
immagine eterea che al protender
della mia mano scivola fra i flutti
e ritorna negli abissi.
Affondo con rabbia le dita nella sabbia bagnata
e subito le ritraggo:
sull'indice risplende una squama,
ma forse è solo una piccola,
amara lacrima dei miei occhi.       

Innamoramento
Batte forte il cuore a quel sorriso
che illumina il tuo volto
e rischiara la mia vita.
E’ una gioia intensa che
dagli occhi traspare;
due sguardi che si incontrano
e muti parlano d’amore,
onde cerebrali che si propagano,
si accavallano, si uniscono,
si fondono in un unico pensiero.
E i battiti rallentano,
sembrano assopirsi
nell’incanto di un momento
più lungo dell’eternità.         

Il primo bacio
Nel caldo d’estate, un pomeriggio assolato,
all’ombra delle vecchie querce,
stesi sull’erba anelante di pioggia,
soffocante d’arsura,
le nostre labbra s’incontrarono.
E una brezza leggera s’impadronì di noi,
ci avvolse profumante di cime lontane,
di ghiacciai silenti, di cieli tersi e d’azzurri,
di sogni dolci,
in un mondo sereno quale mai poi fu.       

Estasi
Lo sguardo assorto, un fremito intenso
fermato nell’istante del palpito più accentuato;
raggi di luce a sprazzi guizzanti disegnano
il contorno della tua immagine fissa
negli occhi miei estatici;
la tua mano scivola lieve sui miei radi capelli
ed un brivido fugace scardina le porte del mio cuore.      

Parole smarrite
Sono scomparse, rapite dal vento,
le parole che un tempo sono sgorgate
per un amore ormai finito.
Disseminate nell’ignoto terreno dell’oblio,
sono tante piccole croci senza nome,
senza più fiori, né lacrime.    

La musica del mare
Scivola lenta l'onda sulla superficie
venata dalla polvere di luna;
nella calma della notte è roca la
voce di questo mare che muore
e rinasce contro ogni sponda,
un sommesso brusio, un rantolo sordo,
cui segue il sospiro della vita.
Il cielo sta a guardare e s'illumina
di stelle a far sognare anche il mare.     

Inno all’amore
Accendere le stelle a una a una,
mentre si afferra una cometa per la coda
e calde lacrime di gioia fecondano la
terra riarsa da ignobili speculazioni dell’anima.

Galoppare con il cuore nelle infinite pianure del cielo,
sorvolare il quotidiano malessere dell’esistenza,
lontano da ogni tempo, vicino al senso che
regola ogni cosa e presiede alla vita.

Sciogliere il secco ghiaccio dell’ipocrisia,
lasciando da parte se stessi ed essendo tutti
insieme parte di noi,
sorridere all’immensa bellezza del vivere finalmente in pace.    

Soli
Sofferenze mute, angeli con le ali strappate,
soli in mezzo alla moltitudine vociante,
si contorcono come i fuscelli divorati dal fuoco,
cercano disperatamente una mano amica,
un cuore generoso, una speranza di vita.
E più il tempo passa, maggiore è la macerazione
per un sogno che non diventerà mai realtà.    

Sabbia
Vortici si accaniscono nella mente,
vana ricerca della mia identità
attraverso immagini del passato.
E’ tutta polvere, impalpabile,
che cela l’angoscia di una verità
e, placata la tempesta, non resta che sabbia.  

Ricordo di un amore
Un segno hai lasciato nel mio cuore;
il tuo sorriso dolce, le tue parole
che mi pare ancor di udire, la mano
lieve sulla mia, l’intensa emozione
di ognuno dei pochi giorni passati insieme.
Soave ricordo di tanto tempo fa,
sempre presente quando il trascorrer
vuoto del tempo mi intristisce.
Apro allora il mio cuore e
riscopro il significato dell’amore.   

Immagini
Nell’incendio del cielo nasce il tramonto,
con il sole che lento scompare all’orizzonte,
mentre leggera spira la brezza che annuncia
la sera ed un ultimo volo di gabbiani
s’innalza maestoso a cercare le imminenti stelle.
Il mare indolente riluce quieto in questi ultimi
bagliori di un giorno che finisce, strisce
rosseggianti s’allungano sulle acque increspate,
ed intanto profondo scende il silenzio ad accompagnar
la commozione per questo stupendo, eterno spettacolo.   

Dopo la tempesta
E s’alzò forte il vento,
caricando di nubi il cielo,
fino a quando scrosci d’acqua,
accompagnati da lampi guizzanti
e al rombo cupo di tuoni,
percossero la terra riarsa,
sollevando schizzi di polvere
rappresa, in un umido profumo
di elettricità condensata.
Durò pochi minuti, poi lesto
riapparve il sole, a fugare
le tenebre del temporale.
Nell’arcobaleno che annunciava
il ritorno alla quiete solo io
scorgevo il tuo volto a me sorridente.
Era finita la tempesta ed il cuore
poteva riaprirsi ad assaporare
le gioie della vita.   

Effimera fuga
E quando la realtà ti soffoca con la sua disarmante
quotidianità, chiudere gli occhi è sempre possibile,
fuggire lontano, volare in groppa ad un bianco cavallo,
fra nuvole di desideri che bruciano dentro,
correre incontro al sole, lasciarsi alle spalle ore
desolate di monotonia pervase.
E’ un mondo tutto tuo quello della fantasia, ove orridi
ranocchi baciati da splendide principesse si trasformano
in ardenti e baldi nobili che portano solo il tuo volto.
Tutto è bello in questa irrealtà che si autoalimenta
nel latente timore che presto finisca il sogno che è in te.
E quando le immagini si dissolvono e rimetti i piedi in terra,
anche il solito mondo ti appare brevemente diverso:
è l’illusione che si assopisce per lasciare il posto alla realtà.  

Nebbia sul mare
Grigio è il giorno, offuscato dalla nebbia;
ovattato giunge il rumore del mare che
neppure s’intravvede nella densa caligine.
La morsa del gelo ha stretto ogni ramo,
ha spezzato ogni stelo: ovunque perfido
freddo che s’insinua in ogni corpo.
Solo la mia stanza d’albergo è calda,
di un tepore intenso ed interno,
perché tu siedi accanto a me.   

Requiem
Tutto ormai tace: mani febbrili
scavano disperate a cercare
coloro che ormai sono solo ricordi.
Anche il dolore è silenzioso,
è un grido soffocato che
sommerge più di mille tsunami.
Volti senza più lacrime fissano
il vuoto, vedono senza vedere;
è finita l’onda selvaggia,
è terminata la speranza,
resta solo la miseria di chi
ha perduto il bene più grande:
l’amore di chi se n’è andato.  

Gocce di rugiada
Si stinge l’alba nel sole che sale
e luccicano ovunque nell’erba
come diamanti effimeri le
tremule gocce di rugiada.
Non fanno in tempo ad accorgersi
del giorno che già scompaiono
nell’incipiente calura come
anime fuggevoli nel preordinato
disegno di ogni cosa.   

Un mondo d’amore
Una farfalla lenta sugge il nettare di un fiore,
una mamma sorridente porge il seno al suo bimbo,
nel tramonto infuocato due gabbiani s’involano,
scocca improvviso un bacio fra due giovani,
due caprioli bevono al fresco ruscello montano,
due vecchi danzano nel ricordo di una lontana gioventù.
Come sa essere bello questo mondo d’amore.   

Parole d’amore
Volano soffici come i fiocchi di neve che cadono
le parole che cantano il nostro amore.
Leggiadre, tenui, dolci escono dal cuore e
si rincorrono nell’aria, una dietro l’altra,
a formare una frase che solo i nostri
occhi possono leggere.   

Transumanze di cuori
Scendono i pastori a valle, lunghe file di greggi belanti,
sotto un tetto di stelle nella neve rischiarata dalla luna.
L’aria tersa e pungente della notte fa accelerare i passi
verso gli ovili del fondovalle, dove mogli e figli
attendono trepidanti di rivedere coloro che amano.
Non ci sono più sentieri, tanto è spessa la coltre bianca,
ma li guida verso l’amore una rifulgente cometa.
La meta è ancor lontana, ma il cuore sprona, gli animi
s’accendono, scaldati dal più nobile dei sentimenti,
che solo la gente semplice può interamente provare.    

Un sospiro d’amore
E’ un attimo che dura un’eternità,
tanto non lo potrai mai scordare.
Si blocca il respiro, ti senti quasi
mancare, ti assale una vertigine
dei sensi, gli occhi spalancati
non vedono più nulla ed ecco
che prorompe, sale lungo tutto
il corpo in un fremito che ti
sovrasta, ti avvolge, ti scioglie.
E’ un refolo d’aria questo
sospiro d’amore, nulla che
faccia pensare alla tempesta
che l’ha generato.   

Un altro giorno è passato
Il pallido sole già s’appresta a dormire,
s’accendono i primi lampioni,
un altro giorno è passato.
Anche questa sera mi saranno mute
compagne le stelle;
le guarderò come sempre con la speranza
che anche tu volga gli occhi al cielo,
sì da essermi vicina se pur così lontana.   

Uno squarcio di luce
Nel grigio della nebbia di una vita
improvviso è spuntato il sole, uno
squarcio di luce che mi ha riscaldato il cuore.
Lentamente mi hai accompagnato verso
la strada dell’amore; un passo dopo l’altro,
giorno per giorno mi hai fatto conoscere
una ricchezza infinita, la serenità di un
animo finalmente in pace con se stesso.   

Dolce e salato
Le tue mani che sfiorano le mie,
un contatto che mi fa vibrare
come una corda di violino.

Il tuo volto che si illumina nel sorriso;
il mio cuore che si scioglie come
l’ultima neve di primavera.

Lunghi istanti in cui i nostri occhi
si incontrano, si parlano, mentre
le nostre labbra combaciano.

La tristezza che mi prende
quando non sei con me, la profonda
solitudine di un animo dimezzato.

I giorni della lontananza,
lo struggente desiderio di riaverti,
il silenzio nella casa troppo vuota.

L’approssimarsi del ritorno, lo
sperare che l’oggi sia già il domani;
dolce e salato è questo nostro amore.

Festa campestre
Un violino, una fisarmonica, un mandolino,
s’alzano le note di una mazurca e accompagnano
la danza sull’aia di giovani coppiette.
Ai bordi, in attesa, stanno i vecchi ad osservare;
fra i pampini qualcuno si rincorre, grida gioiose,
baci abbozzati, schioccar di labbra di fronte
ad un bicchier di vino, sogni che nascono,
cuori che palpitano in questa festa campestre.
Così era tanti anni fa, quando ancora il progresso
era il pane tutti i giorni e l’amore era quel
sentimento così immenso che rappresentava
la sola ricchezza di una vita.    

Tanto tempo fa….
S’alza lento dal camino un filo di fumo
nella giornata uggiosa di pioggia.
Crepita il fuoco sotto il paiolo,
mentre la donna paziente rimesta la polenta.
Sapori di cose passate, aromi di legna
umida, profumo di mosto di uva selvatica.
Tanto tempo fa, ed i ricordi riverberano
nella mente, di quando poco si aveva,
ma l’amore sempre presente era nei
nostri cuori, sentimenti che non si possono
scordare, anche se così lontani che
sembrano mai esser esistiti.  

Poesia
Come una musica dolce, nota dopo nota,
parola dopo parola, sgorghi dal cuore,
ti espandi dentro di me, accompagni le
mie dita sulla tastiera, poco a poco
ti componi sullo schermo, e mentre
l’animo freme d’emozione, sei già
tutta lì che mi guardi ed aspetti d’esser letta.
Poesia, poche parole assemblate dall’estro,
il frutto dei miei reconditi pensieri, il sogno
dolce di un momento, l’estasi dei miei sentimenti.  

In una notte d’estate
Nella quiete silente di una notte d’estate
s’alzò una brezza leggera; nulla di più
di un sommesso fruscio che appena
mosse le foglie dell’albicocco.
Lesta tutto m’avvolse ed alle orecchie
arrivò il lontano mormorio di un ruscello
alpestre, gorgoglio d’acqua pura e limpida
che poco a poco intesi come parole di
un canto lontano, levato alle stelle.
Di una donna parlava che sola come me
scandiva il tempo lento dell’esistenza
ed invocava l’affetto che tanto le mancava.
Malinconica canzone che mi scese fino
al cuore, mi riempì di calore, di nuova speranza.
In questo mondo c’era qualcuna che mi aspettava
ed allora corsi nei prati, valicai montagne, boschi
intricati, fino al mare lucente; illuminata dalla luna
emergesti dalle acque e mi tendesti la mano.
La brezza d’incanto cessò, il ruscello divenne
un torrente impetuoso, un inno alla gioia.    

Se solo
Se solo tu sapessi, se solo tu capissi
che questo cuore vive e palpita per te.
Non c’è giorno, non c’è ora che io non
sia con te che pur sei così lontana.

Se solo tu vedessi, se solo tu potessi
ascoltare, sentiresti un’onda di
luce avvolgere e stringere il tuo corpo,
penetrare dentro a te fino al fondo del tuo animo.

Ecco, questo volevo dirti, di quest’amore
che cresce ogni giorno, prepotente ed impetuoso
come il mare in burrasca che si infrange sugli scogli
e che invoca disperatamente il tuo ritorno.   

Tramonto
Nel sole che rosso tramonta
scorgo l’immagine evanescente
di me stesso, di un uomo
che arranca su questo mondo
che si ripete nei secoli, con
sogni spezzati, vacue illusioni,
memorie di gioventù che fan
sorridere amaramente.
Sentimenti, sensazioni, amori
passati e presenti sono quanto mi
resta e non è poco: sì, perché ho
amato ed amo ancora, edè questo
che rende vera e irripetibile la mia vita.
Il resto non conta, rimane solo un ricordo
che giorno dopo giorno si cancella.   

L’attesa
L’orecchio al cellulare, la mente là dove sei tu;
sono pochi giorni che sei partita, ma mi sembra
un eternità.
La sera mi giro nel letto vuoto, indugio con le mani
sulla tua parte e mi addormento stringendo l’aria.
La lontananza è la condanna di chi l’amore prova
ogni istante; lancette che girano troppo lente,
il sole che impigrisce in cielo, le stelle che indugiano
oltre la notte.
Con le prime nebbie tornerai alla tua casa,
a chi si strugge in questa attesa.  

Cosìè la vita
Il sole che sorge nella brezza mattutina,
il vagito di un neonato,
il riso di un bambino,
un battito d’ali,
il planare di un airone,
un ghiacciaio luccicante nell’azzurro del cielo,
il gracidio di una rana,
lo sfiorarsi di due mani,
l’angoscia e la gioia di un amore,
due labbra che si incontrano,
il riverbero del sole d’estate a mezzodì,
il rincorrersi delle note di una canzone,
un abito bianco in chiesa,
lo stormire delle fronde in un bosco,
un litigio, poi un lungo abbraccio,
la felicità per un dono inaspettato,
uno sguardo dolce e sereno nella luce del tramonto,
il luccichio delle stelle nella sera,
lo sbocciare di un anemone vicino ad una croce,
una breve e tremula luce nel buio della notte,
cosìè la vita….

Il sole di notte
Bastano un sorriso, uno sguardo dolce,
una parola gentile, un sussurro lieve,
l’incrociarsi di due mani e di due cuori,
un abbraccio forte e fremente, l’incontro di due labbra,
l’infinita sensazione di esistere non casualmente,
edè come se il sole splendesse anche di notte.

La fontana nel bosco
Prima una goccia, poi una polla, infine un ruscello,
per crescere a torrente, fiume, mare, oceano.
Con l’ultimo sole del giorno la piccola goccia, insieme
alle altre, sale fino in cielo a formare le nubi.
Indi, altre gocce cadranno, nasceranno altre fontane
nel bosco e la storia si ripeterà all’infinito.
Di ognuna non rimarrà che il ricordo, la flebile immagine
di una vita come tante altre.

Insieme
Un unico cuore, un’unica anima,è questo stare insieme;
confrontarsi, solo per migliorare, camminare uniti nel
lungo viale della vita, attraverso le stagioni dell’anima,
attendere sereni ed abbracciati l’ultimo tramonto,
è anche questo stare insieme.

Nulla
Nulla, più del nulla vorrei essere;
esistere senza amore non è vivere;
passare i giorni senza una carezza,
senza un sorriso, senza uno sguardo,
non è vivere;
non avere accanto chi mi ascolta,
chi mi risponde, chi mi ama, non è vivere;
la notte, girarmi e non trovare nessuno accanto a me,
non è vivere;
ma se esisti, ovunque ti trovi, dammi una voce
ed il nulla non sarà più che un ricordo,
un incubo che tu “sogno meraviglioso” hai fugato.

Corri nel bosco
Corri nel bosco, fra le brume del mattino,
fra i rami grondanti di rugiada, fra il
cinguettio degli uccelli.
Corri per me, corri incontro a me,
corri verso l’amore.

Sul sentiero per il Paradiso
Tanta strada ho percorso, infiniti paesi ho visitato,
invano ho cercato quello che più mi sta a cuore:
un animo semplice, un volto umano, un sorriso
dolce e sereno, il calore di una donna.
Eppure era vicino a me, nella casa sulla collina;
ho terminato il mio viaggio, ma ho ancora un percorso
da fare;è l’ultimo e poi avrò trovato la pace e la
serenità.
Non sento più la fatica, i miei piedi non si trascinano,
ma volano.
E’ così che mi incammino sul sentiero per il Paradiso.

Adagio
Nell’oscurità ti avvicini, ti infili nel letto accanto a me,
ti giri e sento il tuo corpo contro il mio;è una sensazione
strana per chi da tanto è abituato a giacere solo.
Sì, sei tornata da me da quel buio ove fino ad ora sei stata;
mi tocchi, mi accarezzi, sento le tue mani sulle mie, poi
mi sussurri:”ritornerò”.
E’ ormai l’alba ed adagio ti allontani da me, volgi lo
sguardo e sul palmo della mano fai scivolare un bacio.
Ormai non sei che un’immagine sfocata che invano
i miei occhi cercano di seguire.
Il sole illumina la stanza e guardo il calendario: oggi
è il 4 ottobre, giusto un anno che mi hai lasciato.

Il primo amore
E’ un attimo, uno sguardo, un sorriso,
ed ecco che ti batte forte il cuore.
Ti sembra di impazzire, angoscia e felicità insieme,
il mondo è in una mano, ora lo sai: non sei più solo.

Tanto tempo fa
E’ stato tanto tempo fa, ma sembra ieri;
sei nato una sera di maggio, sei nato da un atto d’amore,
dalla volontà di due essere umani di coronare il loro
profondo affetto.
Sei cresciuto nell’amore e quello hai sempre cercato;
una volta l’hai trovato, ma poi il destino ha voluto
togliertelo.
Ora, dopo una lunga ricerca, dopo illusioni e delusioni,
è apparsa davanti ai tuoi occhi, bella, dolce, sensibile.
I giorni che ti separano da lei sono assai più angosciosi
di quando eri solo; hai un solo desiderio: vederla.
E più l’angoscia cresce, più prorompe l’amore,
quell’amore tenuto in serbo nascosto, quasi timido.
E’ il momento,è l’attimo fuggente: non esitare,
ma gridale con quanta forza hai in corpo quanto l’ami.
E’ l’urlo del tuo cuore che veloce si propaga nell’aria,
supera strade, montagne, travalica il normale sentimento,
è un impeto,è l’immensa gioia di dare il proprio amore.

Alla ricerca
Ho tanto camminato, la mia vita è
stato un lungo viaggio alla ricerca
della pace, della serenità.
In un mondo dove la violenza, la guerra,
la sopraffazione imperano sovrane non
ho mai trovato da sostare.
Ho sbagliato tutto perché la pace e la
serenità non si cercano al di fuori, ma
dentro di noi, e ci vuol poco per trovarli.
E’ l’incontro con una persona che si ama,
con una donna che ti sorride dolce e gentile
mentre ricama una bellissima icona.
Quella fitta al cuore che allora provi,
quell’anelito di vita che avverti, quella
confusione nella mente che ti avvolge
sono la prova tangibile che le hai trovate.
Non rifiutare l’amore, farlo sarebbe rifiutare se stessi.

Ora che il tempo è passato
Quello che non hai voluto provare, ti mancherà;
quello che non hai voluto essere, ti rammaricherà;
la vita che non hai voluto fare, sarà un rimorso per te;
l’amore che non hai voluto dare, non tornerà mai più.
Ora che il tempo è passato senza che tu te ne sia accorto,
quello che ti rimane sembra sempre troppo poco.
Nasce la fretta di riparare, di rifare, ma ogni cosa ha il
suo tempo e questo è il tempo dei bilanci.
Non troverai mai nessuno completamente soddisfatto
della sua vita e solo chi ha amato veramente potrà
guardare al breve futuro con serenità e dire
“ Ho vissuto”.

La felicità
Che cos’è la felicità? E’ una carezza, uno sguardo
intenso ed appassionato,è la voce rotta dall’emozione
di una donna dall’altra parte del filo del telefono quando
le sussurro che l’amo.

Solo tu
Non volgerti intorno, non cercare altrove,
non pensare ai se, non lasciarti sopraffare dai ma,
lasciati guidare dal tuo istinto, ascolta il tuo cuore,
accetta il mio amore.
Vedi con gli occhi e non con la mente, respira
profondamente il profumo di questa primavera,
ritorna a vivere, perché solo tu sei nel mio cuore.

La mia donna
Starei delle ore a guardarti, ad ascoltare la tua voce,
le tue parole, musica per le mie orecchie, nettare per
la mia mente.
Mi sorprendo a pensare di averti sempre amato,
quando ancora non ti conoscevo; quel tuo carattere
fermo, ma dolce, quella tua femminilità sommessa,
ma sempre presente, sono sempre state nei miei sogni.
Ed ora sei davanti a me e stento ancora a crederlo;
allungo la mano ed accarezzo i tuoi capelli rossi;
un fremito percorre tutto il mio corpo, poi le labbra
che si avvicinano e leggermente si dischiudono
per incontrare le mie mi confermano che sei reale,
che tu sei la mia donna.

Non siamo più soli
Nel silenzio s’ode solo il tuo respiro;
dormi, amore mio, accanto a me;
forse sogni e nella tua mente spero
di esserci io, e forse è così, perché allunghi una
mano, quasi a volerti sincerare che ci sono ancora.
Non sai, né puoi sapere la gioia che provo,
l’emozione che mi pervade ad aver preso coscienza
che sei mia;è come ritrovare la luce dopo tanto buio,
è come inebriarsi all’aria della primavera,è come tornare
a vivere.
Sì, non sono più solo, non siamo più soli, siamo due
cuori che battono con lo stesso tempo.
Fino a ieri c’era il ricordo del passato e la tristezza
del presente; da oggi c’è la speranza del futuro.

Senza te
Senza te, il giorno non ha più sole
e la notte non termina mai.
Mi aggiro per l’appartamento,
sono assalito dall’angoscia,
ti cerco, ti vedo nel letto accanto
a me, ma se allungo la mano
l’immagine sparisce.
Senza te non sono più io, sono
un naufrago alla ricerca disperata
di un relitto a cui aggrapparsi.
So che sono nel tuo cuore ed
avverto i tuoi pensieri che parlano di me,
ma quello che non c’èè la tua presenza,
il tuo sorriso dolce e rasserenante.
Senza te non vivo, non esisto,
con te mi sento di affrontare anche l’ignoto.

Rintocchi di campane
Si alza la nebbia e si odono lontani
rintocchi di campane; si intravede
a poco a poco il paesaggio;è tardi,
ma non ho voglia di alzarmi, ho voglia
di giacere sul letto accanto a te,
che ancora dormi.
Ti guardo, ti rimiro: quanto è bella la
mia donna anche adesso che, coricata
su un fianco,è assopita.
Mi sembra di sognare, ma sono sveglio
e, soprattutto, sono immensamente felice.
E’ come se avessi tutto il mondo in
questa stanza, perché adesso ho te.

Fuori piove
Fuori piove in quest’autunno grigio e ventoso
che intristisce tutti i cuori, tranne il mio che
invece è colmo di felicità.
A breve la mia donna, il mio sogno meraviglioso
sarà con me e non esisteranno più stagioni opache,
ma solo una serena, splendente primavera.

Dovunque sarai
Ti guardo e vedo alte cime inviolate,
cascate spumeggianti, praterie sconfinate,
lunghe spiagge di sabbia bianca, tramonti
fiammeggianti, notti stellate, mondi sconosciuti.
Ti ascolto e sento la melodia della brezza che
sfiora gli alberi del bosco, le note divine
di un organo che risuonano in una cattedrale,
il canto della natura che a primavera si risveglia.
Dovunque sarai, anche lontano da me, questo
vedranno sempre i miei occhi e sentiranno le mie orecchie,
questo sarà quanto il mio cuore sempre conserverà,
perché tu sei il mio grande, infinito amore.

Il nuovo anno
Come sarà il nuovo anno? Tutti ne parlano,
qualcuno profetizza, oroscopi a profusione;
in verità nessuno lo sa, perchéè l’ignoranza
del futuro che ci permette di vivere.
Di una cosa sono certo: il tempo continuerà
a scorrere indifferente, insensibile alle nostre
gioie, ai nostri dolori, alle nostre speranze,
alle nostre delusioni.
Sarebbe invece opportuno che facessimo tesoro
delle esperienze degli anni passati, troppo presto
dimenticati nelle ansanti aspettative di un futuro
che invece non conosciamo.

Aria
Mi libro nell’aria, stendo le braccia e sfioro
con le mani le nubi che, bianche, chiazzano
il cielo azzurro. La terra è laggiù, verdi praterie,
montagne aguzze, fiumi placidi, boschi fitti,
città in fermento.
Il vento mi accarezza il viso, stormi di uccelli
mi sfiorano, sono leggero come una piuma,
ovunque intorno l’infinito. L’aria mi culla,
mi fa sognare nel sogno, mentre dormo abbracciato a te.

Sinfonia
Scendono i raggi del sole a lambire la mia pelle,
l’aria fresca del mattino scompiglia i tuoi capelli,
l’azzurro del cielo si riflette nello stagno,
gli uccellini si rincorrono amorosi;
ti guardo e tu mi sorridi, mi tendi la mano
ed insieme corriamo sul prato verde della nostra primavera.

Tu sei il mio sole
Anche oggi sorgerà, risvegliando il mondo assopito.
La sua luce evidenzierà le ombre, come il
tuo sguardo ha messo a nudo la mia anima,
ha rischiarato i lati oscuri, mi ha fatto uscire
dalle tenebre.
Tu sei il mio sole che ha fugato il freddo che
c’era in me, che mi ha fatto meno avvertire
l’approssimarsi della notte.

Guardati allo specchio
Guardati allo specchio, cerca di riconoscere te stesso
in quell’immagine riflessa, vai oltre, scruta dentro
di te, ripercorri con la mente la tua vita, rivedi il
tuo passato con spirito critico, cerca di sentire
quello che avresti voluto udire, sforzati di vedere
quello che tanto avresti desiderato avvenisse.
Se alla fine di questa prova ti sentirai esausto
è perché nulla hai realizzato dei tuoi sogni di
gioventù e se invece ti sentirai completamente soddisfatto
l’unico motivo sarà dato dal fatto che non hai mai
avuto ideali.
Ed in quest’ultimo caso non preoccuparti:
tu vivi bene, poiché non conosci l’atroce sofferenza
del rimpianto.

Visioni
Nel buio della notte scorgo sprazzi guizzanti di luce,
immagini immateriali che popolano la mia mente,
mentre ad occhi chiusi dormo.
Prima evanescenti, gradualmente prendono forma
e sono ricordi del passato che prepotentemente
salgono alla ribalta, come spezzoni di una proiezione
cinematografica.
Scene liete, quadri tristi, ecco i miei ricordi, il mio
patrimonio che non mi potrà mai lasciare.
Più vivide le immagini recenti, più sfumate quelle
lontane nel tempo, ma su tutte emerge, sovrasta,
quella di un uomo che tanto sognava ed a cui la
realtà ha poi negato anche il sogno, tranne uno,
quello più importante: la ricerca dell’amore,
quell’amore ora finalmente trovato e che pertanto
non popola più le sue notti, perché ora riposa
accanto a lui.

La valle della pace
Esiste, non è un miraggio,non è una favola;
è un luogo ove trova rifugio chi si sente
tormentato dalla quotidianità:è la valle della pace.
Non prati verdeggianti, non cime maestose,
non ruscelli cristallini, né placidi eremi;
non cercarla sull’atlante, non chiedere dove
essa sia, perché la troverai solo in te.
Scruta il tuo animo, dimentica il mondo che
ti circonda, lasciati cullare dalle note di
una canzone, pensa a chi ami di più,
per una volta sogna in positivo ed eccola
apparirti piano piano, avvolgerti fino ad
entrare in te.
Là troverai una tranquillità serena,
potrai riposare il tuo spirito, vedrai un mondo
come non l’hai mai neppure immaginato e
quasi all’improvviso prenderanno corpo, si
materializzeranno i versi della poesia che
era dentro in te, ma che neppure pensavi di avere.
Commozione e gioia ti prenderanno mentre
scriverai quello che la tua mente vede, perché
quelle parole sono lo specchio di te stesso di
cui vuoi far partecipe gli altri, affinché possano
conoscerti come sei veramente, quell’identità
che anche tu ignoravi e che ora ti sorprende,
ti fa sentire più lieve e ti fa sembrare più bella la vita.

Memento
Ogni giorno che passa, ogni ora, ogni minuto,
sono una traccia indelebile della mia vita;
eventi, lieti e tristi, costituiscono la mia storia
e mi danno la certezza di esistere.
Ed ogni fatto ha una sua ragione, uno scopo
forse recondito, ma la cui spiegazione si trova
nel seguito degli avvenimenti.
Proprio per questo non intendo dimenticare
il dolore passato ora che ho incontrato la felicità;
senza gli anni bui, apparentemente senza speranza,
non avrei mai potuto apprezzare la gioia di una
vita finalmente serena accanto a colei che mi ama.

Sei un sogno, o sei vera?
Ti guardo aperta ai miei occhi,
mentre allarghi le braccia per cingerle al mio corpo.

Aspiro il tuo dolce profumo di donna,
mentre il tuo volto s’appoggia morbido al mio.

Le mie dita scivolano fra i tuoi capelli,
mentre sussurri al mio orecchio tenere parole d’amore.

E mi chiedo: sei un sogno, o sei vera?

San Valentino
E’ appena passato e già mi sembra anche oggi,
e senz’altro lo sarà domani, e dopodomani;
e così per tutti i giorni a venire.
E’ una fiamma inestinguibile,è una muta
consapevolezza dell’indissolubilità dei nostri
destini questo amore che ci unisce, questo sentimento
sempre presente che fa sì che ogni giorno sia
per noi San Valentino.

Bella venivi incontro a me
Bella venivi incontro a me, i capelli mossi dal vento,
gli occhi illuminati dal sorriso, le braccia aperte,
il petto ansante.
Correvi nel prato, l’erba si apriva dinanzi a te,
una farfalla si posava su una spalla, il sole illuminava
il tuo volto.
Così eri nel sogno e così ora sei.

Ora che sei con me
Ora che sei con me il buio non mi fa più paura,
le notti insonni sono diventate un lontano ricordo,
questa casa a lungo vuota sembra perfino diversa.
Dove prima tutto mi appariva scialbo, adesso
assume una luce nuova, un chiarore che scalda il mio cuore,
abbraccia il mio corpo, si diffonde nel mio animo.
Ora che sei con me è arrivato l’amore,è ritornata la vita.

Un raggio di sole
Hai placato la tempesta nel mio animo,
hai spento le fiamme che mi divoravano,
come un raggio di sole hai fugato il buio in me,
dolce sei scesa fino al mio cuore nonostante il tuo dolore.
E tutto questo unicamente per amore.

Il flauto
S’alza un suono lontano fra le brume del mattino;
è di un flauto che chiama il mondo al nuovo giorno.
Le note corrono, valicano montagne, scendono
nei profondi abissi, invadono il mio animo,
mi librano nello spazio della camera.
E’ dolce il mio risveglio, accanto a te, e quel
flauto altri non è che la tua voce, melodica
e lieve, che mi sussurra il buon giorno.

Solo per amore
Nella nebbia del giorno che volge al termine
sei apparsa dal sogno che portavo in me.
Immagine senza volto che sempre
rischiaravi le mie lunghe notti ti sei di colpo
materializzata, tendendomi la mano.
Ed in un attimo ti ho aperto il mio cuore, solo per amore.

Civiltà
Un battito d’ali nella rugiada del mattino
nascosto dai fumi delle ciminiere; lontano
risuona lo zufolo del pastore che avvia al
pascolo le sue greggi.
Rincorro quel suono fra il fragore del traffico,
ma è sempre più lieve, e presto non ne resterà
che il ricordo, il rimpianto di un mondo sereno.

Gente di paese
Sono lì ogni giorno, emblemi di una vita
che scorre lenta, nel chiacchierio al bar
o all’angolo della piazza.
Nulla sfugge loro di ciò che accade,
notizie di poco conto che passano di
labbra in labbra, giornali delle piccole
cose, radio di quartiere, megafoni di
un paese che sonnecchia.
Tutti li conoscono, molti li ascoltano,
qualcuno li teme.
Quando ci lasciano,è il silenzio che
rimane; nessun ricordo, neppure di
quella voce che sommessamente
sbalordiva; parole, parole al vento,
ed anche questa è gente di paese.

La luce del giorno
Si spengono le luci nella strada, qualcuno
avvia il motore di un’automobile, mentre
la luna si fa diafana e scompare dal cielo.
Suoni di un mondo che si risveglia, che
comincia a correre nell’affanno quotidiano
con il pensiero rivolto alle liberatorie ombre della sera.
E’ tempo di alzarsi, di lasciare i sogni di una
notte, di una vita:è tornata la luce del giorno,
e con essa la realtà, avara e senza pietà.

E se…
E se un giorno mi lascerai, che ne sarà di me?
Come una pecora lontana dal gregge piangerò
le mie paure, invocherò il tuo nome, ti cercherò
negli anfratti del mio cuore.
E se il mio grido di disperazione non ti farà tornare,
mi rifugerò nel ricordo dei giorni felici con te.

Mondo senza pace
Nubi rosse si addensano nel cielo, un vento impetuoso
sferza la terra, sradica alberi, strappa il cuore agli
uomini, spezza tre croci su un colle.
Il sole è oscurato e nel buio brancolano uomini disperati,
in ginocchio implorano pietà, invocano Dio,
ma tutto ormai tace in un mondo senza pace.

Questo mi basta
Coricato sull’erba guardo il cielo:
nuvolette bianche si rincorrono,
si riuniscono, si separano, scompaiono
all’orizzonte.
Intorno a me corre convulsa una varia umanità,
si urta, si congiunge, si divide, si spegne.
Sarà una legge di natura per cui si nasce e
poi si muore, ma non m’importa: allungo una
mano e trovo la tua; questo mi basta.

Quando
Quando il tempo che inesorabile passa ti peserà;
quando, guardandoti allo specchio, vedrai solo
l’immagine sfocata di quella che aveva creduto
di essere un’eterna fanciulla;
quando la solitudine regnerà nel tuo cuore;
quando capirai l’inutilità della tua vita;
quando i sogni non esisteranno più,
ricordati di me.
Ma non cercarmi, io non ci sarò e la mia
sofferenza sarà già da molto terminata,
quella sofferenza che proverai anche tu,
disperatamente senza possibilità di essere lenita,
perché per te il tempo di cambiare sarà passato.
Nella vita bisogna saper cogliere quello che ci
viene offerto, e la serenità di un affetto sincero
è il dono più bello, ma che tu hai rifiutato.

L’angelo del male
Gambe lunghe e sinuose, a slanciare
un corpo minuto, ma aggraziato;
sotto la maglietta, appena abbozzati, i seni;
un visino regolare, con incastonati due
intriganti occhi nocciola in sintonia con
i sottili capelli castani,
ravvivati da una ciocca bionda.
La bocca: un’esile fessura, pronta ad
aprirsi rivelando i bianchi denti nel
corso di una risata argentina.
Il corpo di una femmina come tante,
con il segno degli anni che cominciano
ad avanzare; la sensualità di una gitana,
il cervello di una donna con esperienze
inutili di una vita altrettanto inutile;
l’animo corroso da un malessere contagioso
ed inquieto.
Era un angelo precipitato dal cielo, risalito
dagli inferi a corrompere il mondo; sotto
le sembianze di essere inerme ed indifeso
celava l’infamia dell’amoralità.
Così la ricordo in una memoria nitida,
senza più rimpianti, senza più dolore,
perché altri non era che l’angelo del male.

Il tempo delle fragole
Ricordo le corse nei prati rosseggianti di papaveri,
il sereno riposo all’ombra delle vecchie querce,
l’ansia felice per uno sguardo dolce della ragazza
della porta accanto, i mille progetti che affollavano
la mente, l’infinita gioia di vivere e di partecipare
alla vita.
Tempi passati che riaffiorano a sprazzi nella mente,
immagini di un’età che è stata e mai più ritornerà.

L’incanto del lago
Una dolce brezza scende dai monti, scivola nelle valli,
increspa appena le acque del lago;
una barca si dondola sotto la luna nel silenzio rotto
solo dallo sciabordio delle onde contro il molo.
S’alza lontano un suono di violini, note che
dolcemente si rincorrono, s’innalzano, tutto permeano.
Riflessa nell’acqua un’immagine che protende le
sue braccia verso di me, appoggia le mani sul mio capo.
Ed io lentamente mi lascio andare, fondendo la mia
figura con la tua.
Danziamo sull’acqua, così, in punta di piedi, sommessi,
ma felici, il valzer della nostra vita.

I due mondi
L’airone cinerino plana sull’acqua,
mentre dal canneto s’alza in volo,
minuto, fragile il tarabusino.
La penombra si colora di riflessi
rossastri al calar del sole; spira
la brezza dell’imminente sera
e volgo la prua della barca alla
via del ritorno nel mondo di
ogni giorno.
Mi volto e mi sfugge un sospiro:
è proprio vero che la natura è
per gli uomini, ma non è vero
il contrario.
Il molo s’avvicina e la barca
scivola su bottigliette di plastica,
in un liquido sempre più scuro
e maleodorante.
Ecco, sono di nuovo nel mondo degli uomini.
(Da “L’uomo e la natura”)

In bicicletta
In bicicletta andiamo per strade di campagna,
fra prati di trifoglio dai fiori bianchi e rosa,
lungo fossati di acqua ferma, appena mossa
da bianche anitre e dai tuffi delle rane.
Il grano, ormai biondo, attende la sua mietitura;
ogni tanto un casolare, un cane che abbaia,
due galline che s’affacciano.
Più in là, imponente il grande argine, verso
il quale arranchiamo; in cima, oltre i filari di
pioppi, s’intravede maestoso il fiume.
Due gazze ci sorvolano, s’odono lontani
muggiti di mucche al pascolo.
Ci guardiamo negli occhi: non una parola,
non un gesto, perché leggiamo in noi
la grande felicità di essere insieme in questo mondo.
- Da “L’uomo e la natura” -

Nel miracolo dell’amore
Stalattiti di ghiaccio che ti trafiggono il cuore,
tramontana impetuosa che ti gela l’animo,
mentre l’attesa si fa disperata.
Ricordi, sensazioni, incubi di un periodo della
vita che lentamente sto dimenticando.
Sono stati giorni senza amore, senza speranza,
con il buio nella mente, l’angoscia di sentirsi solo.
Poi ti sei affacciata sul mio angolo di mondo, mi hai
fatto il dono più grande che potessi mai desiderare,
mi hai porto il tuo cuore con tutta te stessa.
E benché fosse autunno gli alberi sono tornati
a fiorire, il sole ha fugato la nebbia, il mio animo
ha ripreso a vibrare nel miracolo dell’amore.

Nel sole
Come un raggio di sole il tuo sguardo
è penetrato nel mio cuore e subito
ha acceso l’amore; ha steso intorno
a me verdi prati punteggiati da rossi
papaveri, lidi sabbiosi lambiti da acque
cristalline, cieli tersi percorsi da stormi
di gabbiani, torrenti saltellanti fra sponde
ornate da pini svettanti.
E quando arrivi da me sembri emergere
dal disco infuocato, immagine in controluce
che poco a poco si avvicina ad illuminare
la mia vita.

Il canto della terra
Le bionde messi si piegano sotto la pioggia;
rumoreggia il temporale mentre in cielo
si rincorrono le nubi spinte dal vento
che sferza gli alberi, strappa le foglie,
sibila su per i camini, sconvolge la
vita di ogni giorno.
Ma già lontano appare l’arcobaleno,
ritorna la quiete, s’alza di nuovo il canto
delle rane, mentre sale dagli alberi
il frinire delle cicale.
Nel fosso, gonfio d’acqua, galleggia
un fiore spezzato, raggiunge la sponda,
s’aggroviglia ad una felce, si radica
nel suolo umido: ricomincia la vita.

Il sogno di un poeta
Ecco: si squarcia il cielo, le nubi si ritraggono
ed appare il cielo d’un blu profondo.
S’alza soave il suono di un organo lontano,
le note si rincorrono, saltellano nell’aria tersa,
percuotono il cuore, concertano la mente;
lo spirito poco a poco lascia il corpo e si
libra nell’etere, rincorre la fantasia che
galoppa, trascina nell’estasi infinita della
visione poetica di ogni cosa, così diversa,
sebbene uguale, così irreale, se pur concreta.

Sogno
E’ notte; tutto tace, le vie sono deserte,
solo la luna ed i lampioni rischiarano la città.
Mi sveglio affannato, il respiro corto, la
sensazione di freddo dentro.
Nella penombra ti scorgo dormiente accanto a me;
è stato solo un incubo: nel sogno tu ti allontanavi
ed io ti rincorrevo invano, mentre poco a poco
la tua immagine si confondeva con l’oscurità
di una notte senza luci, lasciandomi disperatamente
solo, inutile, anima persa senza speranze.
Ancora un’occhiata, ti giri nel tuo sonno e sembri
guardarmi, ma gli occhi restano chiusi.
Mi sfugge un sorriso, il cuore si riscalda, la
vista si appanna e di nuovo sereno ritorno a dormire.

Tempo fa
Rami spezzati, fiori piegati,
l’albero che più non cresce
e s’avvizzisce.
Il ricordo di giorni che furono
felici, le notti insonni, poi
una sera la lacerazione dell’anima,
la solitudine glaciale del mio cuore.

La luna
Di luce riflessa schiarisce la notte;
con l’eterno sogghigno d’inesplicabile senso
inonda il mondo ed i cuori di sensazioni
astrali, ispira gli innamorati, scandisce
i sospiri, le ore più lunghe, si cala nei sogni,
sussurra i nostri più reconditi pensieri.
Poi, all’alba si sfoca nel cielo, lasciando
agli umani la realtà del giorno.

È ritornato il sereno
Lunghi giorni di pioggia, stille del mio sangue,
crepe nel mio cuore, del sole neppure il ricordo;
solo in mezzo a tanta gente, sorrisi forzati,
la voglia di urlare il mio dolore, sguardi
di commiserazione, l’assordante rumore del silenzio;
poi, un giorno ti ho incontrata; era ottobre e sul mare
soffiava già il vento dell’inverno, ma il grigio del
cielo si è colorato dell’arcobaleno, mentre la pioggia
si è fatta rada e poco a poco è ritornato il sereno.

L’ultimo abbraccio
Sentivo il suo cuore palpitante
premuto contro il mio, il respiro
soffocato che invano chiedeva
la vita.
Il cervello mi impazziva, mille
ricordi che affioravano, immagini
scarlatte che prorompevano
inerti.
Poi un muto silenzio nella vita che
fuggiva, un solo battito, il mio,
l’angoscia nella mente e nel cuore,
l’attonita disperazione di chi sa,
ma non vuol credere.

Due vite
Nell’aria fresca del mattino
osservo i pochi fiori del giardino;
s’aprono timidi al primo sole,
per loro e per me un altro giorno.
Conduciamo due vite, parallele,
quasi ignorandoci, ma per entrambi
c’è un inizio e purtroppo una fine.
Appassiranno nel giro di un giorno,
sfiorirò nel volgere di qualche anno,
ma di una cosa entrambi siam certi:
la vita è semplicemente meravigliosa.

Solitudine
Solitudine, che così a lungo mi sei stata compagna,
hai sopito i rumori del mondo, hai nascosto la mia
immagine perfino a me stesso, mi hai fatto ascoltare
il respiro dell’anima, mi hai forzato l’incontro con
la fantasia, hai fatto conoscere i miei limiti,
hai scoperto le mie latenti volontà di vivere.
Ora che sei un lontano ricordo ti ringrazio, perché senza
averti conosciuta non potrei apprezzare gli occhi dolci
che mi sorridono, le mani lievi che mi accarezzano,
il suono di parole pronunciate solo per me.

L’isola che non c’è
Nascono perché ne sentiamo il bisogno,
crescono in noi per come li alleviamo,
danno una luce nel buio della notte di ogni giorno;
ci accompagnano sempre, si rinnovano i nostri sogni,
avanzano incerti nel tempo che passa e quando
il tramonto ci annuncia la sera vanno ad infrangersi
contro la scogliera infinita dell’isola che non c’è.

Le ore della notte
Ore che non passano mai, tormento della mente che
invoca gli eventi remoti a cui invano rimediare;
rimpianti, timori per il futuro, ombre che si agitano e
che solo gli occhi chiusi riescono a vedere.
Insonnia nella notte, la pendola implacabile scandisce
il tempo; non sono ore, ma il nostro passato che
interminabile riaffiora , ci travolge, ci soffoca edè
con ansia che si attende la luce purificatrice del giorno.

Mezzo agosto
Riposti i gessetti si alza dal suolo: l’opera è completa.
La madonna con il bimbo guarda il cielo appena velato;
la gente s’accalca all’intorno, mentre le campane del
santuario chiamano alla prima funzione.
Il sole impietoso dardeggia questi effimeri quadretti,
la pioggia che verrà , il gelo dell’inverno poco a poco
cancelleranno le immagini, sempre più sbiadite e
sfocate, fino al prossimo appuntamento, sempre a
metà di agosto, fra chioschi vocianti, abbuffate di
carni stracotte, olezzi maleodoranti di fritti tignosi,
in questa sagra del sacro e del profano.

Maternità
Apriva gli occhi alla vita, sentiva il cuore palpitare
al primo sguardo d’amore, nascondeva il rossore
del sentimento che prorompeva nonostante il
timido riserbo.
Giorni di felicità, emozioni intense mai provate,
la fanciulla sbocciava come un fiore.
Poi il mondo crollò e quel che credeva un amore
altri non era che menzogna e viltà.
Ora, di quel periodo porta in grembo il frutto
dell’inganno, ma nel ricordo di quel che
credeva attende come madre amorosa.
Non avrà quel pargolo il papà, ma una mamma ancor
bambina, troppo presto divenuta donna.

Sempre ti penso
Sempre ti penso, cerco di cogliere con la mente
il ricordo di giorni passati insieme, le gioie di
intensi momenti, quegli abbandoni così silenti
che solo si udiva il nostro respiro, il battito dei
cuori. Fuori il freddo dell’inverno, dentro il
calore del nostro amore.
Suona lontana la musica della nostalgia, fremo
e ti penso, e mi accorgo, ora che non ci sei, di
quanto sia grande il mio sentimento.
Tu sorridi dalla fotografia sul comodino ed io
ricambio, ma s’inumidiscono gli occhi, scende
una lacrima, si perde sul lenzuolo, mentre
stringo il cuscino.
Sempre ti penso….

La ballata di un vecchio stanco
Quando i miei occhi stanchi più non sorrideranno
e le membra saranno orpelli inutili;
quando la mia mente vacillerà fra passato e
presente senza scorgere i segni del futuro;
quando di quello che ero non resterà che una
carcassa inanimata, il logoro vestito
dell’uomo che tu hai tanto amato;
quando non avvertirò più la tua presenza,
né l’angoscia che proverai per me;
quando non sarò più io ed i rintocchi
del tempo scandiranno la fine del giorno,
stringimi forte la mano, dammi un ultimo bacio
ed allontanati senza rimpianti, a che il ricordo
che avrai di me sia quello dell’uomo felice
di averti avuto accanto.

 
La pioggia
Scende la pioggia,
sui campi riarsi,
su rigagnoli di fiumi,
sulla siccità di una stagione.
Scroscia sugli animi inariditi,
su questo mondo insozzato di sangue,
sull’acre odio di uomini persi,
sulla polvere della dilagante avidità.
Scava solchi profondi nella dura terra,
nelle menti astratte degli irragionevoli,
nei cuori freddi di chi gioca al potere,
nelle spesse trame di chi vive solo per il profitto.
Si mescola all’acqua dei mari sempre più tempestosi,
ai laghi di petrolio traboccanti di onnipotenza,
alle lacrime di questa povera umanità che non sa più dove va.        

Lontane armonie
C’è un ricordo, vagheggiato o reale, di un mondo
sereno, di quiete infinita, di una vecchia casa natia,
di serate d’estate al chiaro di luna ad annusare il
profumo della terra che si schiude all’umidità, a
sognare ad occhi aperti distesi sull’erba a guardar le
stelle, a lasciarsi accarezzare dallo spirito del
mondo che si addormenta.
E lenta ti prende una malinconia per un qualche cosa
che è stato o che si vorrebbe fosse stato, un sogno di un
mondo perduto forse mai esistito, ma che rifugge dal tempo,
consola l’animo trepidante d’ansia di pace, scioglie
l’isterismo del quotidiano vivere, stempera i colori
accesi d’ogni giorno, balena una speranza di un cambiamento
lasciato all’improbabile evento del destino.   

Notte d’amore
Leggiadra, evanescente, ricoperta da seriche trasparenze,
ti sei avvicinata ed al mio sbalordimento hai portato
l’indice dritto sulla punta del naso, a che la mia voce
sorpresa non turbasse quell’attimo d’incanto,
quel sogno realizzato nella mente con tanta forza
da apparire realtà soffusa dal mistero di una
oscura camera da letto, neppure velata dalla luce
della luna.
Un istante,è stato solo un istante ed il battito del
cuore mi ha ricordato mille notti d’amore, mille
ansie di chi insieme vuol gioire magici incontri
fra le pieghe di bianche lenzuola di antichi ricami orlate.
Nell’allungar la mano tremante verso quella diafana
immagine il lampo del ricordo ha sconvolto la mente
e la certezza dell’irrealtà della visione ha bloccato ogni senso.
Sei sparita all’improvviso, così com’eri venuta, e la
mia mano si è chiusa rabbiosa a stringere il nulla.      

Serenata per archi
Si strugge il cuore nella dolce melodia d’amore;
le note si rincorrono, ora gravi, ora lievi,
ma si innalzano al cielo nel tormento di
un animo innamorato che dispera d’essere contraccambiato.
Mestizia, improvviso vigore, esaltazione e di nuovo sconforto
segnano chi sempre nell’amore vede il sogno tanto sospirato,
perché amare è destino di ognuno di noi, ma l’esser riamato
è solo di coloro che percepiscono l’estasi dell’incontro di due cuori.   

Le parole che non ti ho detto
Il pudore, infantile riserbo in un uomo maturo,
ha frenato la mia voce, il desiderio di
renderti partecipe della mia gioia.
Tu sei il sole che sorge il mattino e riscalda il mio cuore,
la linfa che scorre veloce dentro questo vecchio tronco,
la vetta tanto agognata che vedevo nelle brume dei sogni,
il tramonto sul mare acquietato dopo la tempesta,
la brezza leggera olezzante di lavanda che profuma la mia vita.
Tu sei tutto questo ed anche molto altro che sfugge al mio pensiero, ma soprattutto sei il mio grande amore.    

L’amore
Nubi che si rincorrono nel cielo di primavera,
il cinguettio degli uccelli fra i rami degli alberi,
lo zampillo di una fontanella in un giardino,
il sole che splende alto,
il fiume che scorre lento fra le sponde ombrose,
la serenità che ti pervade quando si fa sera,
l’immensa felicità che si accompagna al suo nascere,
lo straziante dolore quando lo si perde;
l’amore non è una semplice parola,è un verbo,
un punto esclamativo, una virgola, una parentesi che si apre e che
non si vorrebbe mai chiudere.

Lontano
Il sole si infossa all’orizzonte, ombre si allungano sui campi di trifoglio,
scende rapida la sera, in cielo rilucono le prime stelle; il vecchio viandante volge
lo sguardo lontano a cercare nel buio la luce che gli indichi la strada;
ma è tutta oscurità nella fine di un giorno lungo una vita.

Il lenzuolo
Guardo il letto, osservo il lenzuolo;
qua e là le impronte di lei; ecco,
in questo punto, poggiavano i suoi
delicati piedini; poco più sopra
s’incavavano le bianche e morbide natiche
e poco più giù sporgeva il pube ricciuto;
più avanti si possono indovinare gli incavi
lasciati dai suoi serici seni.
Tutto mi ricorda di lei, anche il candido
cuscino appena striato da uno dei suoi
lunghi capelli. Ed il suo profumo di donna?
Tutta la stanza ne è colma.
Mi rannicchio in un angolo, mentre s’abbassano le palpebre;
voglio che rimangano i segni di lei, voglio sognare che
lei riposi accanto a me, voglio sperare di svegliarmi
un giorno sfiorandola con la mano e sussurrandole
all’orecchio: amore mio,è giorno, un altro bellissimo
giorno da passare con te.

Ti amo perché……
Ti amo perché il tuo sorriso è radioso come il sole che sorge il mattino,
ti amo perché la tua bocca sembra un fiore appena sbocciato,
ti amo perché ti sai donare con la passione di un adulto e con il cuore di una bambina,
ti amo perché senza di te non potrei esistere,
ti amo perché sei tu, unica, incredibilmente eterea, meravigliosamente donna.

Nei tuoi occhi
Nei tuoi occhi vedo steppe sconfinate, percorse da cavalli liberi e selvaggi, prati in fiore, alci che si azzuffano, cieli azzurri, tramonti infuocati, un’incontenibile tenerezza, la volontà di esistere, una grande indipendenza;
così sono i tuoi occhi in cui voglio perdermi con dolce abbandono, occhi che voglio che incontrino i miei, perché vedano le stesse cose che ci sono nei tuoi.

E’ l’alba
E’ l’alba, la luce filtra attraverso le fessure delle persiane,
lontano s’ode il canto di un gallo, nasce un nuovo giorno.
Mi volgo e guardo il cuscino ove fino a poche ore fa hai poggiato il tuo capo;
sei scivolata via silenziosa, lieve, sei scomparsa dai miei occhi che hanno continuato a vedere la tua immagine per tutta la notte; mi hai sussurrato sulla porta:
ritorno domani, amore mio.
Ed ecco che in poche ore è già domani, ore che mi sono parse giorni, anni, secoli.
Ma fra poco ti rivedrò, risentirò la tua voce, mi abbraccerai e mi dirai:
buon giorno, caro.
Vorrei fermare il tempo, vorrei che quest’alba non finisse mai, che quell’abbraccio che fra poco mi farà fremere avvolgesse il mondo intero, che questo amore sorto fra di noi, così dolce, così tenero, rivivesse in ogni essere umano, affinché potesse conoscere la felicità.

Al crepuscolo
Lunghe ombre vanno allungandosi sulla strada, il sole lentamente si spegne,
la natura si prepara al riposo notturno;
coricato sul letto guardo la porta, conto le ore che mi separano da lei, così
sono al crepuscolo nell’attesa della mia alba, della mia ragione di vita,
del mio grande, dolce, infinito amore.

E’ lunga la notte
Tutto è silenzio e s’ode solo il respiro del buio
che inesorabile avvolge ogni cosa nel suo spesso mantello.
Mi giro nel letto, ti cerco, ti penso, immagino di stringerti a me.
E’ lunga la notte, lunghissima senza di te, mio dolce tenero amore.

In questo pomeriggio d’estate
           Le persiane abbassate, le finestre chiuse a respingere inutilmente la calura opprimente,coricato sul letto, in questo pomeriggio d’estate, penso a te, al tuo sguardo dolce, alla serenità che ti pervade, alla freschezza del tuo sorriso, all’amore che hai per me.
          Edè come se di colpo l’aria diventasse più lieve, come se l’arsura lasciasse il posto a gorgoglianti sorgenti, come se la terra, secca e spaccata dal sole, tornasse a fiorire rigogliosa.
          Spalanco le finestre, alzo le persiane e mi lascio avvolgere da una brezza
ristoratrice;
          non c’è più caldo, non c’è più il sole che spacca le pietre, ci sei solo tu, mio tenero amore.

Il ricordo
Il tempo trascorso sfuma gli eventi, le immagini, ma comunque resta il ricordo;
vedo un bambino che cresce sognando di cambiare il mondo, di renderlo più umano.
Poi il bambino è diventato un uomo e le speranze, che erano certezze, sono tramontate;
in una cosa crede ancora: l’amore,
l’offrire tutto se stesso, senza nulla chiedere in cambio,
se non un po’ di tenerezza.
Il tempo passa, l’uomo invecchia e proprio quando dispera di trovare l’amore, ecco, lì
vicino, a portata di mano, appare lei, così dolce, così naturale, così ricettiva che non
crede ai suoi occhi.
Di colpo,è come se il tempo non fosse mai trascorso,è come se non esistesse:
c’è solo lei ed il ricordo si attenua, svanisce; ormai vive solo nel presente
e di ogni giorno che passa non ha memoria, poiché l’amore è senza tempo.

Le lacrime del cielo
Dopo tanta calura, scende finalmente la pioggia
a lavare questa terra inaridita, seccata dal sole e
senza amore.
Ovunque la rincorsa all’effimera felicità del denaro,
del successo, del trionfo del non senso.
No, non è pioggia, sono le lacrime del cielo, addolorato
nel vedere l’inutile esistenza dell’umanità, che nasce e
muore alla vana ricerca di un perché.
Una vita senza amore non è vita, un cuore senza fremiti
non è un cuore, una mano incapace di una carezza non è una mano.
Il perché forse non lo sapremo mai; la morte ci farà sempre paura
fino a quando non conosceremo l’amore, poiché non si muore
se si resta nel cuore di qualcuno.

Immagini
Il sorriso di una fanciulla, un’ape che sugge il nettare di un fiore,
un bambino che ride davanti ad un clown, un fiume che scorre quieto
fra le sue sponde, il volo dei migratori in autunno, la nebbia che avvolge
ogni cosa, il dolce bacio di due innamorati, un abbraccio impetuoso,
lacrime di gioia, lacrime di dolore; la vita è tutta una serie di immagini,
immagini che vorremmo ricordare, immagini che vorremmo dimenticare.
Ho sempre dinnanzi l’immagine del tuo volto sorridente dopo il primo bacio,
e così sarai sempre per me fino a quando questi occhi stanchi potranno vedere.
Ed ogni volta che rammento questa immagine mi batte forte il cuore, perché
con te ho conosciuto l’amore; non posso sapere qualè l’immagine
che mai scorderai,
ma, ti prego, serba in ricordo il volto finalmente sereno e felice di un uomo
non più giovane, la cui residua vita offre a te.

Il tempo
Sembra ieri che sei comparso con un vagito,
con intorno tanta gente che sorrideva.
Il tempo passa veloce e già sei adulto ed hai la fortuna di conoscere l’amore,
l’amore che hai sempre sognato, la tenerezza che hai sempre desiderato.
Sei già vecchio, ma lei è sempre vicino a te, che tiene la tua mano mentre il
tuo sguardo lentamente si spegne, quell’ultimo sguardo che hai solo per lei.
Ecco, un tremulo sorriso e per te il tempo non c’è più.

Non è che un sorriso
Non è che un sorriso, ma quegli occhi splendidi che
si illuminano per incontrare i miei parlano più di
mille discorsi; sono sentimenti che si sprigionano,
emozioni che prorompono, gioie che non si nascondono,
e che fanno vibrare il mio cuore come fosse la cassa
armonica di un violino che rilascia le note di un inno all’amore.

Perché?
Il sole sorgerà ancora fra le brume del mattino,
i fiori apriranno i loro rugiadosi petali,
i cinguettii degli uccelli si rincorreranno per ogni dove,
lontano si udirà il rintocco di una campana che suonerà anche per te,
che così presto te ne sei andata.
Perché?
Perché esiste la morte, la fine di ogni cosa?
Perché esiste la vita?
Sono domande senza risposte; forse tu, che non ci sei più,
potresti illuminarmi, ma dove sei c’è solo oscurità.
Aiutami a vivere, dammi un cenno, e sarà bello pensare
che se la brezza del mattino un giorno mi avvolgeràè
perché vegli su di me.
Non mi sento solo, mi sento solo vuoto.

Sogni
Vederti serena accanto a me, fra le mie braccia,
un unico sguardo, un unico anelito, un unico desiderio;
tu che mi sorridi, che sfiori la mia mano, che mi accarezzi;
io che accosto il mio viso al tuo, che ti stringo forte a me;
sapere che le stelle non sono fini a se stesse, che il vento
della vita può essere affrontato insieme, gridare a tutto
il mondo il nostro amore, gioire e piangere uniti.
Sogni, chimere? No, tutto ciòè possibile, purché lo vogliamo.

Come le onde
S’infrangono sugli scogli spumeggiando,
vengono da lontano a finire la loro esistenza;
come le onde passiamo su questa terra, fra
venti di passioni, gioie e dolori, amori nati,
amori cessati, e tutto senza un perché.
Già in lontananza si approssima la mia scogliera;
è il momento dei ricordi, del passato che ha segnato la mia vita;
ricordi belli, ricordi tristi, il tormento di non aver vissuto diversamente,
o forse non avrei potuto vivere diversamente, perché questo era
il mio destino e qualunque tentativo di cambiarlo non avrebbe avuto effetto;
presto ti raggiungerò, tu che mi hai lasciato nel dolore di averti perso;
rivedo i tuoi sorrisi, sento le tue carezze, ti amo ancora come tanti anni fa;
la gioia che mi hai dato in vita ha avuto come contrappunto l’immensa
angoscia quando ti ho perso.
Se esiste qualche cosa oltre la scogliera, spero di arrivarci anch’io
e di trovarti là, e solo allora avrei la risposta al perché della vita.

Passano i giorni
Passano i giorni, le ore, i minuti, i secondi,
ma il tuo ricordo è sempre vivo ed ancora
mi sembra che tu sia accanto a me.
Quanto ti ho amato e ti amo ancora e
sempre ti amerò;è un dolore indicibile
sapere che non ci sei più, non avere più
le tue carezze, le tue dita fra i miei pochi capelli.
Solo la notte allevia il mio strazio, quando in
sogno ti rivedo che mi dici, bella e dolce, “Ciao, caro Renzo”.
Ti abbraccio, ti stringo forte a me, immagine eterea che
con le prime luci dell’alba diviene evanescente.
Ed allora non resta che il ricordo ed un’esile e tanto
agognata speranza di rivederti ancora al mio fianco.

Nel silenzio
Nel silenzio più assoluto s’ode solo il battito del mio cuore;
è solo questo rintocco ritmico e leggero che mi rende certo di esser vivo,
mentre tuè quasi un anno che mi hai lasciato; te ne sei andata
in punta di piedi una sera d’ottobre, hai chiuso il libro della tua vita.
E’ da allora che, sfogliando il mio, non vedo che pagine bianche.

Sei un amore
Anche se non ti conosco, anche se non ti vedo,
sento che sei qui con me; potrei allungare una mano
ed accarezzare la tua, potrei sporgermi e baciare il
tuo viso, abbracciarti, stringerti forte a me.
La tua presenza viene dal tuo cuore che è colmo
d’amore; ecco mi metto una mano sul petto e
sento il battito del tuo cuore, perché siamo un unico cuore,
un unico corpo, un’unica mente, perché…perché sei un amore.

Tramonto
Nel sole che muore due vecchietti, un uomo ed una donna,
camminano mano nella mano, lo sguardo stanco e sereno;
non si volgono, il passato è il passato, conta solo il presente;
quanti anni insieme, quante gioie, quanti dolori; e
nell’oscurità che va accentuandosi le mani si stringono sempre di più.

Un cuore così grande
Il mio cuore è grande, ma scoppia d’amore;
prorompe forte, si espande, non passa un minuto,
un secondo senza che io non pensi ad un “sogno meraviglioso”,
ad una donna sconosciuta che possa accoglierlo in sé.
Dove sei? Ti vado cercando da tanto tempo, tu che sei così
dolce, così tenera, che sai ascoltare le mie parole ed i miei silenzi,
che sei capace con un sorriso di trasmettermi te stessa.
Non ti chiedo che questo ed anche tu avrai un cuore così grande.

Giorni perduti
Sono ormai tanti i giorni in cui mi manca l’affetto di una donna,
la presenza di una lei che stia al mio fianco, anche silenziosa,
ma il cui sorriso sincero mi ricordi di essere vivo.
Sono giorni perduti, giorni senza senso, uno identico all’altro
ed egualmente tristi.
Se ci sei, ovunque tu sia, stendi una mano, fammi un cenno,
fa in modo che questa mia vita non continui ad essere inutile.

E’ l’autunno
Come le foglie che cadono e si raccolgono ai piedi dell’albero,
crollano i nostri sogni, le nostre speranze di un mondo migliore.
Si staccano uno ad uno lentamente dall’albero della nostra vita
questi nostri sogni di gioventù e finiscono nell’amaro cassetto
dell’oblio.
E’ l’autunno, si invecchia, ci si disillude, si guarda con un
sorriso ironico agli ideali che animano i giovani; anche per
loro verrà questa stagione, senza più impeti, senza più aneliti.
Resta solo la constatazione di invecchiare senza essere mai nati.

Era notte
Era notte quando ci siamo lasciati, era notte quando ci siamo rivisti,
primo amore di tanti anni fa, di cui serbavo un ricordo sopito.
Al bar dell’autostrada ho sentito la tua voce, mi son voltato
ed accanto a me c’eri tu; ci siamo guardati, ci siamo stupiti
e poi ci siamo abbracciati, oggi così diversi nell’aspetto,
incanutiti, con i segni del tempo che solcano il viso.
“Ma sei tu, proprio tu?” mi hai chiesto ed io non ho osato
che dire “Si”, con la voce che mi si strozzava in gola.
In un attimo sono andato a ritroso nel tempo; il primo ballo,
il primo bacio, il primo amplesso così vivi come fosse stato ieri.
Ci siamo guardati, gli occhi negli occhi, poi un uomo, forse tuo marito,
ti ha chiamato e te ne sei andata via con un “Arrivederci” che
sa d’addio.
Come brevemente tanti anni fa eri entrata nella mia vita,
altrettanto lo è stato adesso.
Per un momento ho creduto di fermare il tempo, per
un istante mi sono illuso che il passato fosse il presente.
Poi la porta del bar si è chiusa, ho afferrato la tazzina del caffè
ed ho ingerito il liquido fumante in un sol colpo, a spegnere,
a soffocare il dolore del tempo perduto che mai ritornerà.

C’eri solo tu
Solo tu hai partecipato al mio dolore, tu che te ne sei andata,
tu che mi hai lasciato solo in un mondo senza domani;
c’eri solo tu accanto a me, eterea, immagine evanescente;
il mio dolore è il tuo dolore, la mia speranza è la tua speranza;
rintocca la campana; suona per te, ma le note accompagnano me
verso la profonda coscienza di essere diventato inutile.

La pioggia è cessata
E’ finito il temporale, la pioggia è cessata,
riprendo il mio cammino, solo, alla ricerca della felicità.
Quanta strada dovrò ancora fare, quante notti ancora
dovrò vegliare?
Del passato non ho che un tenue ricordo; ora conta
solo il futuro; spero solo che dietro la prossima curva ci sia tu.

Sogno meraviglioso
Quando mi sveglio all’alba, il mio primo pensiero è per te.
Ti ho rivista anche questa notte in sogno, così dolce, così tenera
ed ora che apro gli occhi mi accorgo di abbracciare il cuscino.
Mi chiedo: esisti veramente? Ci sei od invece rappresenti
un’idealizzazione della mia mente, un sogno meraviglioso?
Allora, prendo il telefono, compongo il tuo numero e la
tua voce calda e gentile mi conferma che non ho sognato invano.

E’ mezzogiorno
La campana lenta scandisce i suoi rintocchi:
uno, due, tre,….undici, dodici;è mezzogiorno.
E’ l’ora in cui le famiglie si ritrovano unite intorno al desco;
è l’ora in cui io, capofamiglia e famiglia nello stesso tempo,
mi accorgo che è il momento di pranzare.
Il tavolo è apparecchiato per uno; ho provato ad apparecchiarlo
anche per due, ma non cambia nulla: sempre solo sono,
senza una donna a cui rivolger parola fra un boccone e l’altro,
senza una presenza che possa giustificare il rito del mezzogiorno.
Il mio non è un pasto,è un’alimentazione senza voglia, senza fame.
E di fame, invece, ne ho;è una fame di affetto, di comprensione,
di un dialogo pacato reciprocamente condotto,è una fame d’amore.

Fiori di campo
Come fiori di campo che al primo sole s’affacciano fra l’erba,
ci apprestiamo ad emergere dal buio delle nostre vite;
così, tenendoci per mano, corriamo verso la luce, verso il domani,
sospinti solo dalla forza del nostro amore.
Ed il tempo che ci resterà sarà solo nostro.

Tendimi la mano
E’ tutto buio, passa il tempo alla ricerca della luce,
sogni, sempre e solo sogni che ti permettono di sopravvivere.
Dove sei? Ci sei? Tendimi la mano, sorridimi, accendi
questa vita spenta, donami il tuo cuore
ed in cambio avrai solo, ma tanto amore.

Un mondo nuovo
Ma che mai mi succede? Mi sono svegliato all’alba,
piove, ma l’acqua non mi bagna; in cielo splende il sole;
tutti i prati, benché coperti dalle foglie avvizzite dell’autunno,
sono in fiore; lungo la strada la gente mi sorride;
il camminare non mi affatica, anzi mi sembra di volare su un
mondo del tutto nuovo. Non sogno,è realtà da quando tu mi
hai dolcemente confessato l’amore che provi per me.

Domani
Domani io sarò da te, domani la mia vita riprenderà.
Lunga è la strada, intenso è il traffico, ma quello
che conta è che domani saremo insieme, potremo
parlarci, vederci, baciarci, potremo scambiarci il nostro amore.
Le ore non passano mai, i chilometri sembrano infiniti,
ma non sono nulla rispetto all’eternità di chi si ama.
Domani non è domani, non è oggi e neppure ieri,è un
tempo infinito,è il sole che splende di notte,è la luna che
illumina il giorno,è un lungo nastro d’asfalto che mi
porta da te,è un sogno che finalmente diventa realtà.

Quattro novembre
Mentre risuonano i tromboni in parata, dalle
doline del Carso emergono le mani scheletrite
di migliaia di caduti, ghermiscono le note, le
inghiottono in un rumore sordo di mandibole sdentate.
Ancor oggi non li lasciano dormire in pace, a
distanza di anni l’esaltazione di una vittoria cerca
di cancellare l’orrore di battaglie senza vinti, né
vincitori.
Giovani italiani, giovani austriaci, falciati come messi
dalla lama della morte, dalle occhiaie vuote lanciano
un monito a fronte del quale una vittoria non ha significato:
“noi siamo il simbolo della sconfitta dell’umanità.
Felice è assai chi muore per la patria, dicono i vivi senza
però poterne dare prova; avevamo vent’anni e la nostra
felicità era il bacio di una ragazza, una carezza, il sogno
di un futuro.
Siamo stati le comparse di un massacro; abbiamo fatto
il nostro dovere più degli altri e non chiediamo che l’oblio.”
La parata è finita, i tromboni si sono zittiti, ritorna il silenzio
fino al prossimo quattro novembre; anche quest’anno i vivi
hanno tacitato la loro coscienza con l’esaltazione della stupidità umana.

Come eravamo
Sono trascorsi tanti anni, ognuno è andato per la sua strada,
qualcuno ci ha lasciato troppo presto; a vederci ora, incanutiti
e panciuti, non riusciamo neppure a riconoscerci come eravamo.
Speranze, sogni di gioventù che il tempo ha a poco a poco cancellato;
il passato è ormai un ricordo, il ricordo di quello che avremmo
voluto essere e che non si è realizzato; volevamo cambiare il mondo
ed il mondo ha cambiato noi, senza che quasi ce ne accorgessimo.
Senza ormai ideali, trasciniamo la nostra vita; la partita di calcio,
la televisione, una scopa e nulla più; ogni tanto ci ricordiamo della
nostra gioventù e ridiamo, ma è un riso amaro,è la coscienza di aver fallito.

Ricordi
A volte rivedo il volto di un ragazzo felice
di assaporare le prime gioie dell’amore;
mi sembra di risentire i battiti crescenti del cuore,
riprovo l’immensa sensazione di sentirmi un uomo
di questo mondo, temperata dal timore che tutto svanisca.
Sono ricordi che ora mi affiorano con impeto dal subconscio,
sono sentimenti sopiti che adesso tu mi hai risvegliato,
è l’indicibile piacere che ritraggo dal tuo amore.

Il sorriso
E’ ormai da tempo che siamo insieme
e di ogni ora, ogni minuto trascorso ricordo tutto.
Il tempo a poco a poco assopirà queste felici memorie
edè giusto sia così, perché quando si ama conta solo
il presente.
Vi è però una cosa che non potrò mai dimenticare:
il tuo sorriso di quando mi hai conosciuto.
Quello sguardo dolce ed appassionato mi ha aperto
il cuore e mi ha fatto capire che finalmente avevo trovato l’amore.

Iraq
Risuonano le note del silenzio mentre sfilano le bare;
mogli, madri in lacrime e straziate cercano invano
la ragione di una strage che riporta all’unità noi italiani.
E’ una missione umanitaria, ma esportiamo vivi ed
importiamo morti; l’umanità c’è solo nel dolore senza
speranza dei parenti e degli amici.
Non è più una guerra per la pace, semmai possa esistere
una guerra per la pace;è uno stillicidio continuo ed
esasperante per chi dovrebbe difendere edè invece
costretto a difendersi.
Quelle bare, ancora una volta, sono la tragica testimonianza
di un mondo che si intende pacificare con le guerre, di una violenza
volta ad eliminare altra violenza, in una spirale senza fine che altri
non è se non la sconfitta senza appello dell’umanità.

Il risveglio
Mi giro nel letto, mi volto e vedo te che ancora dormi;
i raggi del sole, che entrano dai fili della persiana, illuminano
il tuo volto.
Quanto sei bella; accarezzo lievemente i tuoi capelli
e tu apri gli occhi; mi guardi sorniona e mi sorridi.
E’ un attimo; mi abbracci forte ed incolli le tue labbra sulle mie,
poi ti stacchi e mi sussurri: buon giorno, Renzo, amore mio.
Nulla può essere più bello di una giornata che inizia così.

L’inverno
Scende a larghi fiocchi la neve, copre ogni cosa,
mentre soffia gelida la tramontana e tutto raffredda,
tranne il mio cuore, che arde ogni giorno di più d’amore.
Fuori c’è l’inverno, ma dentro di me è sbocciata la primavera.

Sogno
Si chiudono le palpebre, il sonno mi assale e subito sogno.
Mi vieni incontro sorridente, con il tuo volto sfiori il mio viso;
le tue labbra scendono lungo la guancia ed incontrano le mie;
le tue braccia mi stringono, il tuo corpo mi avvolge, mi sembra
di sentire battere il tuo cuore; odo il tuo respiro, sento il tuo
profumo di donna. Mi sembra di volare in un cielo azzurro fra
candide nuvolette; il mondo è laggiù, lontano, rischiarato appena
dalla luna, e tu sei con me, al di sopra di ogni tempo, di ogni
evento. Voliamo verso il sole, mano nella mano; fuggiamo
dall’oscurità verso un futuro senza tempo, senza affanni,
senza dolori, ci immergiamo dolcemente nell’eternità.
Ma è già l’alba ed il primo chiarore si riflette sui miei occhi,
che si volgono e ti vedono dormiente stretta a me.
Richiudo gli occhi e cerco il sonno per rientrare nel nostro sogno.

Notte d’inverno
Arde il fuoco nel camino e diffonde all’intorno il suo calore;
fuori, nella notte buia, vortica il nevischio e copre ogni cosa.
Anche nel mio cuore infuria la tempesta, che tutto mi gela;
regalami un sorriso, placa questo tormento con un gesto d’amore.

A presto
Quando scende il sole dietro l’orizzonte,
quando nel buio della notte le stelle illuminano la strada,
quando disteso sul letto abbraccio il cuscino,
quando le ore scandiscono il tempo trascorso lontano da te,
la nostalgia mi assale ed il mio cuore piange.
Cerco allora di trovare un segno che mi ricordi di te
e là, sul comodino, c’è la tua fotografia con in grembo l’icona ricamata.
A presto, le dico, e gli occhi si chiudono, aprendosi al sogno.

Il tuo sorriso
Il tuo sorriso mi ricorda l’arcobaleno dopo il temporale,
la quiete di una verdeggiante vallata, un ruscello lambito
da verdi salici, un’alta cima inviolata, un’aquila che vola in cielo.
Il tuo sorriso mi dona quella pace che da tanto desideravo,
quella gioia che ho da tanto tempo dimenticato, la felicità
di esistere, l’emozione di essere innamorato di te.
Non è solo un sorriso,è il tuo cuore che si apre al mio.

Agata
Sei la compagna di tanti anni, sempre vicina,
attenta a cogliere le mie emozioni.
Mi guardi con quegli occhioni scuri, pendi dalle mie
labbra e più di altri comprendi quanto voglio dire,
perché tu conosci il mio animo, perché tu sei parte
del mio animo.
Non sei che un cane, ma mi hai dato più di quanto
tu abbia ricevuto da me: un affetto sincero, incrollabile,
la scelta di partecipare comunque alle mie gioie ed ai miei dolori.

Quante volte
Quante volte ho desiderato in passato di andare là dove sorge il sole,
di vedere quello che solo la mente sa mostrarti nei giorni di malinconia,
di immergermi fra la folla quando più forte avvertivo il dolore
della mia solitudine.
Oggi tutto questo mi sembra un lontano ricordo, un incubo forse creato solo
dal mio cervello, anche se i segni della sofferenza, benché sopiti,
sono rimasti in me;
sono ferite lente a rimarginarsi, servono a farmi maggiormente apprezzare la
tranquilla felicità che solo tu hai saputo darmi.
Mi sembra ancora di vivere in un sogno, anche se sei reale, anche se tu sei quell’immagine ignota che nel mio subconscio era sempre presente come un miraggio contrapposto all’incubo che accompagnava, opprimente, i miei giorni e le mie notti.

Fra le sponde ombrose
Scorre lento fra le sponde ombrose, viene da lontano
e va verso il mare; porta con sé il ricordo di vette
immacolate, di salti spumeggianti, di boschi odorosi di resina,
di città in affanno, di fidanzati che amoreggiano lungo le sue rive,
di industrie che hanno violato la sua essenza.
Seduti sull’erba, stretti in un abbraccio ci sentiamo vicini a
lui come se fossimo immersi nelle sue acque, mentre la mente
erra fra passato e presente, con lo sguardo ormai volto al mare.

L’oro in bocca
Quand’ero giovane, mi si diceva “Il mattino ha l’oro in bocca”;
orsù, diamoci da fare, tante sono le cose da cambiare;
il mondo gira all’incontrario, cerca di raddrizzarlo;
se non speri ora che hai davanti tutta una vita, che cosa mai
sarà di te; sogna e concretizza, fai qualche cosa anche tu.
Ma passano gli anni ed anche tu cominci a girare all’incontrario;
prima non ti sembra, ma poi ti attacchi al trenino, e magari
cerchi di esserne la locomotiva.
Arrivi così al momento che ti chiedi “Che cos’è stata la mia vita?”,
edè gia tanto se non ti senti il piombo nei piedi.

Ieri
Del giorno passato mi sovviene forte il ricordo;
ieri ti ho conosciuta, ma non è stata una novità,
perché già da tempo eri nei miei sogni, quei sogni
che mi accompagnano dalla giovinezza, dove tu
mi apparivi senza sembianze, un’immagine di
sentimenti intorno ai quali costruire un corpo ed un volto.
Ebbene, ieri tu sei entrata nella mia mente ed hai completato
perfettamente ciò che mancava al mio sogno.

Oltre il muro
Scendono le prime gocce di pioggia, mi bagnano il volto,
si uniscono alle mie lacrime; sono da tempo con te, ti amo
come non ho mai amato, eppure mi sento solo.
La colpa non è tua,è di questa mente stanca che non vuole
sentire le ragioni del cuore, che ha paura che tutto possa
finire e di non poter sopportare un altro dolore.
E’ una battaglia silenziosa che avviene in me, di cui
tu hai appena sentore;è una guerra che mi strazia e
rischia di allontanarmi da te.
Ma ogni giorno che passa, ogni tuo sorriso, ogni tua tenerezza
alimenta il mio cuore e dirada la nebbia della mente; e sarà solo
con la forza dei sentimenti che potremo superare questa barriera
invisibile e trovarci così oltre il muro nel giardino, sempre
in fiore, del nostro amore.

Il vento
Il vento carico di salsedine porta lontani suoni di cornamuse,
stende l’erba verde ancora coperta di rugiada, piega le cime
degli alberi e scompiglia i tuoi rossi capelli; ti guardo e mi
chiedo se sogno, se questo paradiso è realtà oppure
desiderio di vita serena.
Corriamo insieme su per la collina, mano nella mano,
incontro al cielo, verso il sole; ansanti, spicchiamo il volo;
dietro a noi solo le ombre del nostro passato che si perdono
nel verde scuro della prateria.

Delicato come un refolo di vento
Che cosa cercavo nella mia vita? Successo, fama, ricchezze?
Mi guardo dentro, esploro gli aspetti più reconditi di me stesso
e mi chiedo quale è stato il vero senso della mia esistenza.
Quelli che erano stati i miei sogni, solo in minima parte realizzati, sembrano lontani ricordi di un mondo
che credevo felice.
No, ci sono voluti anni di dolore, di angoscia, di disperata
solitudine per comprendere che quello che inconsciamente
ho sempre cercato è un affetto sincero, un amore forte come
una quercia, ma delicato come un refolo di vento, quell’amore che solo tu hai saputo darmi.

Amare
Non ti ricorderai quando sei nato e neppure quando sei morto,
ma di certo avrai avvertito la sensazione impercettibile
della vita che scorre, del tempo che passa e dell’ineluttabile
destino dell’uomo.
I ricordi sono stati il tuo patrimonio e fra questi, se sei stato
fortunato, sempre presente è stato quell’amore per un altro
essere umano; fortunato perché? Perché amare è l’unico
motivo per cui valga la pena di nascere e di vivere e si
avverta maggiormente la paura della morte e con essa la
speranza angosciante di una nuova vita.
Potrai gettarti alle spalle tante cose, nei momenti del trapasso,
ma l’unica immagine a cui ti aggrapperai sarà quella di
chi hai tanto amato e, se anche invocherai la morte, ti
sorgerà forte il desiderio di poterla poi rivedere, perché
una vita eterna può essere bella solo insieme.

Passeggiata nel bosco
Nel silenzio che tutto avvolge si ode solo il battito dei nostri cuori,
dapprima sommesso, poi sempre più forte e veloce, mentre i nostri
piedi sprofondano nella bianca coltre; il bosco ci viene incontro, i
rami si protendono per accoglierci ed ecco che spariscono le
nostre ombre, fedeli custodi della luce.
Ci fermiamo ansanti nel sacrario della natura ove tutto è come
sembra, ove il tempo è solo scandito dalle stagioni; ci guardiamo
negli occhi e poi le nostre labbra si incontrano.
E’ bella questa passeggiata nel bosco, sono stupende le sensazioni
che proviamo,è infinito questo silenzio che non osiamo violare;
ci basta incontrare i nostri sguardi per dirci quello che non riusciremmo mai in altro modo ad esprimere.
Il ritorno a casa ci vede leggeri, anche se i nostri cuori son rimasti nel bosco.

Notturno d’amore
S’alzano in volo gli aironi, mentre scende la luna sul lago;
nell’incipiente oscurità sfioro con la mano il tuo viso e
mi contraccambi con un sorriso che rischiara la notte del mio cuore.
La brezza leggera ci avvolge, ti stringo a me, si incrociano
le labbra, un lungo fremito ci attraversa; la luna ci guarda incantata,
mentre la superficie del lago si increspa di vene d’argento.

Fotografie
Click, il tuo volto sorridente quando ti ho incontrato,
il tuo sorriso sereno al mio primo bacio, i tuoi occhi scintillanti
quando ti ho detto che ti amavo.
Click, il mio sguardo felice quando sono insieme a te, la pace
dell’anima che solo tu hai saputo darmi, il buon giorno che
ci scambiamo la mattina.
Click, la casa, la nostra casa, da quando sei con me,
le lunghe camminate nel bosco sulla neve, la vita
stupenda che trascorriamo ogni giorno.

Il fiume della vita
Scorre maestoso il fiume nella valle, l’acqua lenta lambisce
sponde erbose; ansa dopo ansa, toccando borghi ridenti,
scivolando accanto a città operose, si porta verso il mare.
Nasce lassù, ai piedi di vette immacolate, con acque pure
e cristalline, e muore quaggiù, sporco di fango e di altre
sozzerie, le esperienze di una vita che porta in sé, impietosamente
offerte allo sguardo degli uomini, che neppure immaginano
quanto gli somiglino.

Riflessioni sull’amore
Attrazione, innamoramento, amore sono solo tre parole,
ma sono sentimenti, emozioni che chissà quanti di noi
hanno provato.
La prima è un desiderio prima fisico, e poi mentale,
il secondo viene quasi subito dopo edè solo frutto
dell’inconscio lavorio del cervello.
Il terzo, che ha necessità di essere preceduto dagli altri
due, ma non ne è sempre la logica conseguenza temporale,
è quanto di più bello ci possa essere;è il connubio perfetto,
e spesso inconsapevole, delle ragioni del cuore e delle
riflessioni della mente.
Cresce senza che ne accorgiamo, giorno dopo giorno, ma non
esplode come la passione, non si manifesta con approfondimenti;
è completamente autonomo da noi stessi e che lo vogliamo,
oppure no, poco a poco entra in noi e ci dà quel senso di serenità
che finalmente non ci fa sentire più soli.

Amarla
Pensare a lei e sentire subito accelerare i battiti del cuore;
svegliarsi nel corso della notte invocando il suo nome;
dimenticarsi del tempo che sembra non trascorrere più;
cercarla ovunque quando non c’è, correrle incontro ansimando,
ascoltarla senza sentire le sue parole, per il solo piacere di udire
la sua voce, desiderarla più di qualsiasi altra cosa,
vivere solo per amarla.

Il mio angelo custode
Sei sempre presente accanto a me, mi ascolti, mi parli,
mi sorridi, qualche volta mi riprendi con un accaloramento
che subito si smorza nella tenerezza che solo tu puoi avere.
E’ da tempo che vegli su di me, che respiri con me, che gioisci
con me; non potrei più fare a meno di te, della serenità che
mi hai trasmesso, di quel senso semplice, ma profondo, che hai
della vita, perché tu sei il mio angelo custode.

Il tuo cuore
Chino sul tuo petto ascolto il ritmico battito del cuore;
mi è dolce stare così accanto a te e quel rintocco costante,
leggero, accompagna la mia mente al riposo.
Si chiudono gli occhi, ma, ancor prima che il sonno mi colga,
rivedo nel buio della stanza la tua immagine il giorno che ti
ho conosciuta. Mi sei venuta incontro senza parlare, ma i tuoi
occhi, il tuo sorriso mi hanno detto più di mille parole; il tuo
cuore, il mio cuore allora correvano, galoppavano, mentre
le nostre labbra si incrociavano.

Città di notte
Sotto un tappeto di stelle risplende la città;
le antiche piazze, vuote di ogni clamore,
si riempiono dei fantasmi del passato,
ombre fugaci che si affacciano alla fantasia
dei rari passanti.
Insieme camminiamo tenendoci per mano;
pressoché soli ci sentiamo padroni delle vie,
degli slarghi, dei monumenti che emergono
dall’oscurità.
Sono memorie del passato, noi siamo nel
presente, breve come il battito d’ali di una
farfalla, infinito come il bacio che ci scambiamo;
il futuro è domani, quando la luce del giorno spezzerà
il magico incanto della città di notte, quando il risveglio
ci vedrà ancora accanto, nell’abbraccio di un sogno che continua.

E viene la sera
E viene la sera, si accendono i lampioni,
l’aria si rinfresca, la gente ritorna dal lavoro.
Anche tu stai rincasando, dopo un giorno di fatica.
Io, solo, attendo con ansia la tua telefonata; quel
“sono arrivata” che mi sussurri mi riempie il
cuore di gioia, la tua voce per me è un concerto
di violini, che rischiara la mia oscurità e che ogni
volta mi rinasce.
Verrà un giorno in cui sarà lo squillo del campanello
che mi annuncerà il tuo arrivo; mi batterà allora forte
il cuore, aprirò la porta, ti stringerò a me, e sommessamente
ti dirò “Bentornata nella tua casa, amore mio”.

L’impero del male
Si nasconde il sole per non vedere le vergogne del mondo;
invano la pioggia scroscia sempre più fitta a lavare il sangue
da sempre versato, estrema irrazionalità di un uomo senza umanità.
Gesù Cristo, la Pasqua, la risurrezione, parole vuote, insegnamenti
dimenticati, soffocati dal vuoto interesse, invano nominati.
Si esultò alla caduta del comunismo, si enfatizzò un’epoca di
serenità e di pace senza più l’impero del male, ma anche allora
si volle tacere l’orribile verità: il male è in tutti noi.
E solo l’amore, per la vita, per quanto di bello c’è ancora in
questo mondo, potrà vincerlo.
Facciamo che il tempo che trascorriamo su questa terra sia solo
l’occasione per trovarci compagni del viaggio lungo lo sconosciuto
cammino dell’eternità.

Fiumi vermigli
Fiumi vermigli solcano la terra, mentre in cielo serpeggiano saette bluastre.
Da nubi plumbee scroscia una pioggia di sangue, oscurando la tremula
luce del giorno; mani imploranti si levano in alto, i volti rigati
da lacrime nere; invano si attende la bianca colomba: gli ulivi
sono rinsecchiti, i fiori calpestati, e nella torrida stagione dell’eterno
peregrinare l’umanità si è avvizzita, accartocciata come foglia caduta.

Mai
Quando cala la notte ed il sospiro dell’oscurità tutto avvolge,
quando ti senti sempre più solo di fronte alle iniquità del mondo,
quando le barbarie ti calpestano, soffocano il tuo cuore,
distruggono la tua vita, non disperare mai.
Ed anche se in catene, ammutolito, stramazzato nel fango,
cosparso di polvere, ricordati che nessuno potrà mai distruggere la tua libertà di pensare, la tua volontà di vivere, il tuo desiderio di costruire un mondo migliore.
Il tuo corpo potrà essere straziato, ma il tuo animo no, perchéè solo tuo,
e se pure ti priveranno di tutto, possiederai sempre molto, perché avrai te stesso.

Il vento del ricordo
Squarci di luce nelle tenebre, s’alza il vento del ricordo;
una storia infinita riaffiora nei meandri dell’oblio: immagini
si susseguono, si accavallano, si annullano; volti dimenticati,
lacrime amare, occhi muti, suoni di campanelle, risa gioiose
di bimbi, mani che si stringono, labbra che si schiudono, tutta
una vita.
Poi la burrasca cessa, ma non sorge l’arcobaleno; ho un nodo
alla gola, mentre stringo il fazzoletto: ancora lacrime, le mie.

Negli occhi di un bambino
Ti guarda attonito in mezzo alle macerie del paese distrutto;
negli occhi di quel bambino riesci a leggere solo una parola: perché?
E’ quella parola che avevi dimenticato, lasciata da parte per la vita di ogni giorno, e che ora ritorna impietosa ad accusare la tua assurda, colpevole, inumana indifferenza.

Sera d’aprile
La luce lentamente si spegne nella frescura dell’imminente sera;
si attenuano i rumori del giorno, mentre s’alza il gracidio delle rane.
Un’altra giornata che finisce; altrove s’alzano grida di dolore, fra
scoppi e fiamme che si impennano;è la stessa sera d’aprile, ma
così diversa, senza speranze, senza che il buio annunci
l’imminente riposo nella pace serena del desco familiare.

Come un cavallo libero e selvaggio
Come un cavallo libero e selvaggio voglio correre nel vento,
lasciare alle spalle il passato, attendere il nuovo giorno in mezzo a un prato,
sotto le stelle che illuminano la mia notte; voglio vedere sorgere il sole in
un cielo terso, azzurro come il mare, profondo come il mio desiderio di vivere.
Senza briglie, senza staffe, senza sella, libero di essere, certo della bellezza
di un futuro che non conosco, ma che sarà solo mio.
Vieni anche tu, corri al mio fianco, ed insieme saremo nell’infinita prateria
dell’eternità, ove il tempo è solo ciò che è stato.

Anche questo è amare
Saper ascoltare, anche quando non vorresti sentire;
attendere con trepidazione il dono di un sorriso;
cogliere nei suoi occhi il messaggio che tanto attendi;
accarezzare lentamente, con dolcezza, il suo volto;
angosciarsi al solo pensiero che ti lasci;
cogliere l’attimo dell’abbandono in un lungo giorno;
vederla allontanarsi da te per sempre, soffocando i palpiti
del tuo cuore, ignorando la realtà nella speranza di un suo
ritorno;
cercare di dimenticare, giorno dopo giorno, con la sofferenza
di chi ha ormai compreso che tutto è finito;
anche questo è amare..

Le fiammelle del cielo
Scende la notte e s’accendono le fiammelle del cielo,
mondi lontani che vagheggiamo un giorno di incontrare.
Astri, ci dicono che sono, ma preferisco pensare quello
che la vecchia nonna mi sussurrava, tendendo il mio
braccio quasi a volerle toccare:
là, lassù sono quelli che non ci sono più;
quando il buio è più fondo ed il ricordo ti stringe,
illuminano la nostra vita; sono la speranza di ritrovare
le persone care e quindi che anche noi un giorno
accenderemo la nostra fiammella.
Così diceva ed io ascoltavo bambino, incredulo,
ma soddisfatto di avere una risposta a tante domande.
Questa sera osservo il cielo e rivedo tanti volti che
non sono più con me, anche quello della nonna che,
nel timore d’aver mentito al suo bambino, ebbe a dirmi
in uno dei suoi ultimi giorni: sai le stelle, piccolo mio,
non è vero, ma sappi che è tanto bello crederci.
Avevi ragione, nonna, l’ho sempre saputo;
peròè vero e più vado avanti con gli anni mi dico:
perché non credere che anch’io accenderò un giorno la mia fiammella?

Com’era verde la mia valle
Scendeva a balze il torrente, l’acqua cristallina spumeggiava;
all’intorno pascoli verdeggianti punteggiati da abeti secolari;
bello era correre su di essi, poi gettarsi con il fiato grosso
sull’erba, gli occhi all’insù a vedere cime innevate svettanti
nel cielo, e perdersi in questo altare della natura.
Gli anni che passano, il tempo che tutto cancella, tranne il
ricordo di quel paradiso; poi il ritorno con il cuore trepidante
a riscoprire il luogo della propria gioventù.
Ma il torrente è morto nel suo alveo, i prati gialli e spogli
di piante ormai rinsecchite languono, e neanche più
si vede il cielo, oscurato dai fumi delle ciminiere.
E’ un pezzo della mia vita che se n’è andato nell’olocausto
della natura e non resterà che il ricordo di
com’erano verdi la mia valle e la mia gioventù.

Sorrisi e lacrime
S’alza il sipario, si accende la luce di una nuova vita;
incredulo scorgi il mondo intorno a te, cerchi la voce
di chi ti ha generato e che ora protende le sue braccia
per accoglierti a sé.
Uno strillo, un vagito ed ora tutti sorridono intorno a te.
Comincia l’avventura, un patrimonio tutto tuo, un’esperienza
unica ed indimenticabile: gioie, delusioni, speranze, lacrime e
sorrisi, memorie brevi e ricordi perenni.
Come un fiore sbocci, ti fortifichi, poi, sempre troppo presto,
cominci ad appassire ed ai progetti si sostituiscono le storie
passate, fino a quando lo stelo si ripiega su se stesso, la luce
si abbassa, ritorni da dov’eri venuto.

Il momento dell’amore
Sentimenti che non si nascondono, che sbocciamo ad un sorriso,
che prorompono oltre ogni freno, lo stomaco che si contorce,
vorresti gridarglielo con tutto il fiato che hai, ma il suono si
smorza già nella bocca al solo pensiero che lei non t’ascolti.
Non ti ho gridato ti amo, ma lo sguardo incontrato, un battito
di ciglia, lo splendore degli occhi, un leggero tremito di labbra
mi hanno fatto urlare il cuore, hanno saputo cogliere il mio amore.

Sagra di paese
Vociare confuso alle mense con le prelibatezze locali,
un bambino piangente che invoca un altro giro sulla giostra,
le bancarelle con lo zucchero filato ed il mandorlato.
Suona un’orchestrina musica d’altri tempi, mentre
sull’arena sgambettano ritmicamente coppiette
non più giovani che ritrovano in quelle melodie
i ricordi di una gioventù che mai dimenticheranno.
Volteggiano sulle note del valzer, rivivono momenti
passati, i primi balli, i primi giorni di un amore
lungo una vita, e sorridono come se l’età non ci fosse.
Poi la musica tace, ansanti i danzatori se ne tornano
ai loro posti, lasciano la pista ai giovani ed a ritmi più recenti.
Ogni anno c’è la festa e si nota qualche assenza, mentre per altri
la danza diviene più impacciata, ma lo spirito rimane lo stesso,
l’entusiasmo non scema in questo giorno della memoria della nostra vita.

La tempesta
Brucia lenta la candela, la fiamma è ferma nell’aria immobile,
non un filo d’aria in questa torrida notte d’estate.
Qualcuno accorda una chitarra, un motorino imperversa nella via,
non c’è verso di prendere sonno ed allora la mente vaga.
Ricordi, ricordi di quello che si sarebbe voluto che fosse e
invece non è stato, sogni idealizzati di un animo ribelle e
che tali sono rimasti.
Che cos’è stata la mia vita, che cosa ho fatto e, soprattutto,
che cosa non ho realizzato?
Il conto è facile e disperatamente tragico: idee rimaste a questo stato,
altre appena abbozzate, un vortice di errori e solo qualche sprazzo
di azzurro nel cielo plumbeo che tutto m’avvolge.
M’assale l’angoscia per quel che sono e non avrei voluto essere:
un insoddisfatto di se stesso, un ribelle di facciata e non di sostanza.
Che vita inutile, senza nulla che ormai la possa mutare!
Ma quando sento crescere la disperazione nel buio che ormai ho dentro,
tu scivoli nel letto accanto a me e piano, pensando che io dorma, ti chini
a baciarmi la fronte, mi accarezzi i pochi capelli, mi trasmetti il tuo amore.
Ed ecco che allora la tempesta cessa, s’affaccia l’arcobaleno, mi si
chiudono gli occhi nella certezza che la mia vita non sarà più inutile.

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