Poesie di Francesco Miranda


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Chiamala morte
Che vuoi che sia: morte.
Paura!
Chiamala "non-vita", "fine-vita",
"fine-e-basta".
Chiamala "scomparsa",
"perdita", "dipartita",
"commiato", "distacco".
Ottanta, novanta, cento anni,
oltre.
Poi basta.
Finisce.
Chiamala "oltre".
Se passa la paura,
chiamala "morte".
 

Preghiera all'Angelo Custode
Non distrarti,
Angelo.
Custodisci, illumina, reggi, governa
la Creatura
che ti è stata affidata.
Dalla Pietà Celeste.
Non distraetevi
Angeli Custodi.
Il vostro impegno,
sia per tutti i giorni:
feriali e festivi.
Custodite il bimbo o la bimba,
che l'orco ha preso di mira,
fermatelo;
custodite il vecchio
che il ladro vuole rapinare.
Custodite il migrante
Che si affida al mare in tempesta;
custodite il disoccupato
che non trova lavoro;
custodite i senzatetto
costretti a dormire
in ripari di cartone.
Non distraetevi, Angeli
a voi la Pietà Celeste
ha affidato
tutte le Creature.
 

'A patenti a sidici anni                                           La patente a sedici anni
'Na liggi prisintau 'nu deputatu                               Una legge ha presentato un deputato
ca voli dari subbitu a patenti                                  che vuole fare subito la patente
(ed è 'nu fattu certu pirtinenti!)                               (ed è un fatto certo pertinente!)
a tutti i giuvinotti di 'stu statu.                                 a tutti i giovanetti di questo Stato.

Tutti a pigghiaru com'oru culatu;                             Tutti l’hanno presa come oro colato;
'i sedicenni è giustu accuntintari                               i sedicenni è giusto accontentare
de' scoli guida vinni 'u binistari                                dalle scuole guida venne il benestare
s'arricchisci di machini u mircatu.                            Si arricchisce di macchine il mercato.

Ma 'sta patenti a cu è ca veni data?                        Ma questa patente a chi viene data?
E figghi di papà sicuramenti                                    ai figli di papà sicuramente
c'auminterannu certu a cilindrata.                            che aumenteranno certo la cilindrata.

All'autri, a gioventù disoccupata,                             Agli altri, alla gioventù disoccupata
chista liggi nun ppò purtari nenti                              questa legge non può portare niente
'st'età ppi iddi è pocu furtunata!                               Questa età per loro è poco fortunata.                                           

I senza nome.
Davanti al supermercato,
rovista nel cassonetto della spazzatura,
cerca pasta, pane e merce scaduta,
che diventano pranzo e cena quotidiani.
Per tutti è un senza nome.

Prega il Signore che molti vengano a pregare,
il posteggiatore davanti alla chiesa di S. Paolo,
ogni vettura lascia almeno un euro,
è un senza nome degno di pietà.

Vende il suo sorriso,
la sua bellezza,
il suo corpo.
Un "cuore solitario" la compra,
la stringe, la paga, la lascia,
non serve conoscere il suo nome.

Un senza nome tanti anni fa
visse, soffrì e morì, ma salvò il mondo.

Siamo pupi.
Siamo pupi.
Pupi impazziti
del grande baraccone della vita.
Pupi che sfuggono
ai comandi del puparo.
Pupi che giocano con armi
e con bombe,
che litigano,
che fanno la guerra.
Che sui barconi
trasportano poveri pupi,
per soldi, per avidità.
Che scaricano
in terre straniere
dove altri pupi fanno
fatica ad accoglierli.
Pupi che uccidono,
derubano, violentano.
Pupi grassi e opulenti
avidi di ricchezze e di danaro,
pupi che in un angolo di strada
chiedono un tozzo di pane.
Che ai margini delle grandi città
muoiono sulle strade,
per freddo o per fame.
Siamo pupi impazziti
del grande teatro del mondo.

Il tempo
C'era il mare,
Il lago, il fiume,
gli alberi, gli uccelli:
prima che io fossi.
C'erano gli uomini, le donne,
le piazze, le strade,
il sole, la luna.
C'era il tempo.

Ci saranno ancora.
Quando io cadrò
secca foglia,
in autunno.

Vittoria
Un gniornu Diu onniputenti
riciviu n'ordinazioni:
vulemo na criatura 'ccizziunali

Nasciu na picciridda,
Vittoria si chiama; sarà
brava, bedda, ginirusa e 'ntelligenti
ma soprattuttu santa.
Tienila d'occhiu, Signuri,
havi bisogno di so matri, di so patri,
d'amici e parenti,
havi bisognu i mia,
ma soprattuttu,
havi bisognu i Tia.
4/12/2012

L'ultima volta.
Potrebbe essere l'ultima volta
che guardi l'immenso mare,
la montagna con la cima innevata,
il lago e l'amata campagna;
potrebbe essere l'ultima tua gita,
l'ultimo tuo viaggio,
l'ultima tua passeggiata con gli amici.
Potrebbe essere l'ultima telefonata,
l'ultimo tuo film che vedi,
l'ultimo libro che leggi.
Potrebbe essere l'ultima volta
che vedi tuo figlio, che abbracci tua figlia.
Potrebbe essere l'ultima volta
che vedi tuo padre o tua madre.
Potrebbe essere l'ultima volta
che stai con la tua donna o col tuo uomo.
Potrebbe essere l'ultimo momento
per far la pace con il tuo fratello,
potrebbe essere l'ultima occasione
per dire Signore dammi il tuo perdono!

Solidarietà.
Al semaforo di viale Veneto,
quando rallenta il forte traffico,
il venditore di fazzoletti
seduto se ne sta sul muretto;
sta consumando il suo frugale pasto,
un panino imbottito ed una mela
Vicino svolazzano alcuni piccioni,
usi ogni mattina a beccare le miche,
che il vecchio offre sbriciolando il panino
I passanti frettolosi passano via
non uno sguardo, che povertà,
al quadretto d'amore, alla solidarietà,
fra il migrante venditore
e i raminghi piccioni!

Ti tenderà la mano.
E poi.
Quando non avrai più niente da fare,
perchè niente puoi più fare.
Quando ogni speranza sarà andata via,
con le tue forze
e la tua volontà.
Quando la tua mente
non vorrà più sentire
le ragioni del bene e del male.
Quando sarà indifferente
ogni legame con le cose e con gli uomini.
Quando i prati non fioriranno più per te
e l'anno sarà un'unica stagione.
Quando niente più ti importerà
e la solitudine sarà unica tua compagna.
Quando sarai fuori del tempo e dello spazio

Ci sarà Lui,
che ti tenderà la mano.

Progetti
E' sempre bella la campagna!
Nel tuo giardino,
nella immediata natura,
puoi fare progetti
Che i tuoi avari melograni,
per evitar la minacciata lama,
riempiano i rami
di robusti frutti,
di rosse scarlatte melagrane
dall'ampio sorriso.
Che gli ulivi dalle coriacee foglie,
piantati nella brulla terra,
sempre in lotta con le estive fiamme,
riempiano i sacchi
di oleose drupe,
spremute con gran fatica e gioia.
Che le viti, dalle palmate foglie,
dai tralci tortuosi,
lungo i filari a spalliera,
nella sabbiosa terra,
mostrino al raggiante sole
le bionde e robuste uve.
Che nespoli, aranci, meli,
gelsi, peri e fichidindia,
diano al voglioso umano
l'agognato premio delle sue fatiche.

Al Poeta ignoto.
Leggo i tuoi versi,
non so nulla di te.
Ti vedo sul fare della sera,
quando fa buio nel cuore degli uomini,
cercare il verso
che ti ricorda la tua cara terra.
La tua terra lontana,
che ti ha ospitato,
quando ancora inseguivi il futuro
e rivedevi con gli occhi del dopo
le dolci illusioni del prima.

Il vecchio e il gatto
Una scena che tutti trascurano:
sulla panca del parco Falcone
un vecchio se ne sta rannicchiato,
volto triste e gambe penzoloni.

Al passante chiede sempre l'ora
nell'attesa dell'agognato mezzodì.
Il suo angelo custode,
intento al gioco delle carte,
lo ha abbandonato al suo destino.

Un cane passa, annusa lì vicino
quella panca non è degna di pipì
Un piccione in cerca di un semino
lancia il suo escremento e vola via
Una bimba alla mano del nonnino
rincorre con lo sguardo farfalline.

Un micio con il passo lieve dei felini
sulla panca salta e gli si strofina.
Avvezzo, il gatto randagio,
a dividere col vecchio pane e formaggio.

Levità
Talvolta, ma sempre più spesso,
mi accade di sperimentar la morte.
Una intensa levità
mi dezavorra la mente
dei concetti passeggeri,
proprietà, nome, famiglia
successi, fallimenti..

Vivere e morire sono stessa cosa,
genera sofferenza la loro separazione.
Siamo ciò con cui ci identifichiamo.
Senza di questi non siamo.

E' meglio camminar da soli
nel cammino della vita e della morte.
Conoscenza, esperienza, memoria
non possono darti alcun conforto.

Lascia che l'oceano della vita e della morte
sia così com'è.
Restituire alla società
i beni che essa ha generato
sperimentar da vivo la morte.

Figli di un dio distratto.
Ti sei distratto, Signore?
Ducecento africani, stanchi ed affamati,
quaranta donne, tre incinte, tre bambini.

Partiti, sicuri del Tuo aiuto;
dal deserto,dalle torture,
dal mare, dalla morte risparmiati..

In tre barconi, senza cibo, senz' acqua
per cinque giorni, nel mare "nostrum",
navigano miseri, ma ricchi di speranza.

Scappano da paesi-prigioni
cercano nella fuga libertà,.
lavoro, un po' di benessere;
sanno di partire,
ma non sanno se arriveranno vivi.

Aiuto, fratelli, avevano gridato,
I "fratelli" li hanno soccorsi, li hanno aiutati.
Poi li hanno respinti., li hanno ingannati.
Li hanno lasciati nel porto di Tripoli,
"affidati" ai militari libici, poveri disperati!

Figli di un dio distratto,
Tornano nell'inferno dal quale erano scappati.
Che fine faranno? Non importa.
Respinti! Un successo!

Non hai visto, Signore?

I Cristi del Congo.
Più miseri di Lui:
nati nella strada
e lì dimenticati.

Senza un Giuseppe ed una Maria,
senza un bue ed un asinello,
senza pastori e folle riverenti.

Li ho visti:
i bimbi del Congo.
Assiepati in una missione,
felici di avere un tetto,
una panca per letto,
un secchio d'acqua,
una ciotola di riso,
un vestito dismesso.

Li ho visti gli orfani,
i bambini maledetti di Kinshasa,
cacciati di casa, umiliati, picchiati,
taciturni e con gli occhi arrossati;
i figli di satana, les enfants sorciers:
raccattano cibo fra i rifiuti,
vestono abiti logori,
tenuti con lo spago.

Ho visto i bambini colerosi,
le bimbe costrette a far da moglie ai ribelli,
private dei sogni e del diritto all'infanzia,
aggredite, torturate, malmenate.

Ho visto i bambini-soldati,
divisa verde e in testa l'elmetto;
negli occhi lo spavento
il dolore senza lacrime.
Giocano alla guerra,
ma lasciano sul campo morti e feriti.

Più miseri di Lui:
nati nella strada,
dal mondo e da noi, dimenticati.

Albatro.
E metterai anche tu le ali,
albatro o fringuello.
Volerai nell'immenso cielo della vita,
là dove non osano i polli.
Andrai a dormire in una nuvola,
o a salutare gli angeli in cielo,
ovunque sia felicità e quiete,
ove tutto è chiaro.
.
E volerai nel grande mare
della sofferenza,
dove tutto è sporco,
dove tutto è guerra,
dove tutto è fame.
Dove l'uomo annienta l'uomo.
Dove il dolore spezza le tue ali.

Schiacciato dalla grande soma della vita,
lancerai l'ultimo grido,
al rio mondo che si sconquassa
nel vile fango
di cui copiosamente è lordo.

Il tuo sguardo.
Mi guardo allo specchio,
e incontro la tua immagine.
Noi due:
una sola fattura,
una sola edizione
in copie diverse.
Un libro non letto,
un romanzo non scritto.
Siamo vissuti,
ma sempre di notte,
al buio e al silenzio,
fino alla morte.
Il tuo viso
sparito per tutti,
rimane allo specchio
quando incontro il mio sguardo.

Nebbia,
flash di luce,
sogni ululanti alla pallida luna.
Immensa palude,
calva radura,
alberi dalle cime mozze
piangono l'avverso destino.
Evapori dall'umida terra,
sbiadisci nella tenue nebbia.
Ritorni, scompari, riappari.
Temporanei ricordi
che il tempo annulla o travisa.
Meglio l'oblio, il Lete,
che cancella ogni memoria.
L' indizio, obolo del ricordo,
evapora nella spessa nebbia.

Brividi
Brividi sulla pelle,
sensazione di paura e di angoscia,
stordimento, sentimenti che gridano rabbia;
un uomo è morto, ucciso, poi un altro,
un altro ancora.
Un fremito ti assale e ti pervade,
un uomo è steso là, sulla strada,
sangue sul viso, sul corpo, sull'asfalto.

Brividi che ti procurano un delirio di sentimenti,
che ti scuotono improvvisi.
Mille pensieri assalgono la mente.

Quanto vale la vita di un uomo?
Era nato, cresciuto, era amato,
legato ad affetti, figlio, padre, fratello.
Urlano i sogni e lacrimano pietà.

Va la nave sulle increspate onde,
vibra la torbida acqua del mare,
vibrano i corpi, è vicina la tempesta.
Solo!
I brividi si manifestano,saltano fuori.
La tristezza ed il panico ti levano il fiato.
Naufraghi in un mare di sangue!

Agenda.
Ebbi fame,
tanta fame: non trovai mai cibo.

Ebbi sete,
sete d'ogni cosa:
non trovai acqua nell'arido pozzo,
lungo un cammino triste e solitario.

Lei
Ascolta, non partire!
Ho da rivelarti molte cose,
ho da sussurrarti i miei segreti.
Ci sei.
Ti avverto quando navigo
nel torbido mare della paura e dell'angoscia;
quando mi assale lo sconforto,
e la mia mente in esso s'ingrotta.
Io e te.
Mi hai insegnato il sacrificio,
la perseveranza,
la pazienza per l'attesa.
Ho osato.
Ci sei:
di me conosci
le sempre più rare gioie della vita,
conosci anfratti e precipizi,
speranze ed illusioni.
Finirà tutto.
E tu ci sarai nel giorno della dipartita,
accoglierai il bimbo che hai lasciato
orfano solo della sola amica.

Prova d'amore.
Prova a non amare un bambino,
che ti guarda con gli occhi sgranati
che ti chiede un sorriso, una carezza,
un bambino affamato,
abbandonato, violato.

Prova a non amare una donna,
che ha sofferto da figlia, da sposa, da madre,
una donna costretta in strada,
a vendere sesso.
Prova a non amare un povero storpio,
che vive e si muove in carrozzella,
un cieco dalla nascita
che non sa quanto il creato è bello.
Prova a non amare l'amico, il fratello.

Prova ad amare il padre-mostro
che per anni violenta la figlia;
prova ad amare un vecchio pedofilo
che adesca bimbi fuori di casa.
Prova ad amare colui che uccide
un innocente atteso per strada,
chi ruba, chi spaccia,
chi traffica organi o droga,
chi vende le armi ai poveri in guerra.

Capita che
Capita che un uomo abbia fame,
fugge un altro dal suo martoriato paese,
che un bimbo perda la madre,
che una madre si veda strappati i suoi figli:
la guerra, la fame, la miseria, la malattia.

Capita che un vecchio perda i suoi affetti,
solo rimanga senza speranza futura,
preso dal male che lo divora pian piano,
non casa, non figli, non senso di vita:
la vecchiaia, la salute, le forze perdute.

Capita che un giovane in overdose,
giaccia morente su un marciapiede,
straccio d'uomo, obliato da tutti,
cercava il piacere, trova la morte:
droga, alcool, sesso e rock and roll.

Capita che una bimba incontri l'orco,
che le rubi fantasia, innocenza, serenità,
che spenga per sempre la luce che è in lei,
non giochi, non carezze, non dolcezza e amore:
violenza, pianto, dolore represso.

Capita che una donna sia violentata,
dal bruto di turno che la incrocia per strada,
l'animale le ruba il corpo e la mente,
lei ventenne del Ghana, lui italiano:
pugni, botte, bruciature, ossa rotte.

Capita che un animale sia maltrattato,
che un cane per strada sia lapidato,
c'è la mattanza dei tonni in Sicilia,
la scimmia vivisezionata in laboratorio:
gatti, galline, conigli, la corrida con tori.

Capita che la natura sia deturpata,
frutta e verdure con pesticidi,
pesci al mercurio, polli alla diossina,
carni bovine infette: i veleni nel piatto;
spazzatura nelle strade, fiumi e mari inquinati.

Capita.

Richiesta
M'avete fatto:
io non ve l'ho chiesto.

Avete colpa?
No, no, non credo.

Anche voi, vi hanno fatti,
senza richiesta.

Emigrante africano
Randagio vai per strade ostili,
fra sguardi sospettosi
e duri cuori di pietra.

I tuoi occhi non sanno penetrare
nei visi indifferenti dei passanti.

Quante cose narreresti,
se qualcuno ti stesse ad ascoltare!

Parleresti di un paese dai mille volti,
i verdi paesaggi del nord,
con immense distese di ulivi,
il maestoso silenzio del deserto.

Parleresti della tua avara terra,
della sabbia dorata arsa di sole,
di dune a perdita d'occhio,
increspate come la superficie del mare,
sferzate dal vento bruciante del giorno
e gelide di notte, fra morte e desolazione:
terra di silenzi e di misteri.

Parleresti della tua gente,
ricca solo di amore, di solidarietà,
di amicizia, nobiltà, spiritualità,
rispetto della natura, senso della famiglia.

Ora provi altri deserti,
i deserti dei cuori della gente,
che disprezza il fratello diverso
per cultura, religione, razza, etnia,
sesso e sessualità.
Che cela la sua paura
con l'insofferenza, il pregiudizio,
la discriminazione, la violenza.

Pietà.
Pietà, Signore,
pietà per quello che faccio,
pietà per quello che non faccio,
pietà per ciò che faccio male;
pietà per ciò che credo bene.

Per me la vita è un mistero,
per me la vita è …qualcosa;
per me la vita non so che è,
per me l'uomo e… non lo so.

Pietà, Signore,
per tutto ciò che penso,
per me pietà, Signore,
per me che penso.

Ho sognato, l'altro giorno
Nel mondo, gli uomini, siam tutti fratelli.

Se uno t'aiuta, tu lo aiuta,
se uno non ti aiuta, tu lo aiuta,
se uno è affamato, tu lo disfama,
se tu sei affamato, chiedi del pane,
se tu sei assetato,
chiedi dell'acqua,
se tu soffri, chiedi aiuto,
se tu sei in rovina, l'amico ti aiuta.
Il mio pane è il tuo pane,
la tua acqua è la mia acqua,
il nostro vestito è il vostro vestito,
i vostri dolori sono i nostri dolori.

Nel mondo, gli uomini, siam tutti fratelli.

Questo ho sognato, l'altro giorno:
soffrendo, ero andato a riposare.

S c h e l e t r i
Solo,
fra tanti,
scheletri vuoti,
fantasmi del passato.

Non vivono.
Fiammelle non ancora spente.

Vivo?

Scheletro vuoto,
fantasma del passato,
del presente,
del futuro.

S t r e s s
Variabili, massificata,
identiche, impennati,
laboratorio, tabulazione dei dati,
test, stressato,
inquisire…

Vuote parole,
pilastri cadenti della moda,
che sono? chi sono?

Tabulazione dei dati,
senza dati,
dati da chi?

Infuocata pira.
Cadavere su infuocata pira,
scoppietta la legna e consuma una vita.
Il viso si gonfia, il corpo arde, si carbonizza il tutto.

Brucia il tronco, si annerisce lentamente,
il ventre rigonfia e poi si affloscia,
le ossa resistono alla fiamma,
poi diventano fiamma, carbone, cenere.

I piedi e la testa resistono ancora,
un bastone li riporta fra le fiamme.
Tutto brucia
e i presenti osservano distaccati.

Non più viso, non più naso, non più occhi.
Tutto è spento,
legna e corpo sono cenere indistinta.
da inediti

Viaggio di sola andata.
Parte affollato il treno della vita,
va per monti e valli;
sbuffa, ansima, si inerpica, corre.

Rivivi le stazioni del lungo percorso:
quelle illuminate, quelle splendenti,
altre buie, altre tetre.
Le stazioni delle grandi città,
del paesi, dei villaggi.
Affollate, movimentate,
solitarie: le varie fermate.
Le stazioni delle felicità, della nostalgia,
della malinconia, dell'amore,
della luce, del buio, del dolore.
Vagone letto, prima e seconda classe, viaggia:
il suo percorso è noto solo al macchinista.

Hai un biglietto di sola andata;
per un viaggio che altri ha fissato,
sbuffi, ansimi, ti inerpichi, corri
verso l'ultima meta.
Qualcuno scende, qualcuno sale,
tu continui il viaggio
scenderai in una stazione
mentre il treno continuerà il suo viaggio.

La vita
La vita è una gabbia,
più o meno grande.
Vi potrai trovare l'acqua, il miglio,
il biscotto, lo zuccherino.
Qualche volta anche l'altalena,
per poterti cullare.

Non sperare di trovare l'uscio,
non potrai uscire,
non c'è la porticina.

Uscirai da lì morto, stecchito, una mattina,
quando sazio di acqua, di miglio,
di biscotto e zuccherino,
morirai per stanchezza,
per vecchiaia,
per noia,
per disperazione.

Il nulla infinito
E sprofondi in un nulla infinito,
come goccia d'acqua in un infuocato deserto di sabbia,
come granello di sabbia in un oceano d'acqua.
Come te stesso in una folla vociante;
chi sei, non sei, non vivi, non hai una storia.
Il nulla.

Un tuono, un lampo, un fulmine, un pensiero;
un amore, una vita...
Attimi di esistenza in un eterno passare.

In quale libro è scritta la storia di tua vita?
A chi serve la tua storia?
A che serve la tua vita?

E' Dio che così ha voluto,
é Dio che ci ha dato la vita
é Dio che la tua vita vuole restituita;
E' Dio che ha fatto tutto,
anche l'ordine di tua vita.

Ti ringrazio, Signore,
ma perchè l'hai così fatto?
La vita e la storia spariscono nel nulla infinito?

Un amico
Signore,
dammi un amico.
Un amico vero che mi sappia capire.
Un amico che sappia perdonare
la mia tristezza improvvisa,
i miei dubbi, i miei silenzi repentini.

Un amico che mi sappia amare,
per quello che sono;
che mi dia amicizia,
senza nulla pretendere in cambio.

Che gioisca con me,
quando io gioisco;
che non aggravi le mie tristezze,
con le sue tristezze.

Un amico che mi ascolti,
quando nessuno mi vuole ascoltare;
che mi stia vicino
quando sono veramente solo.

Ti prego, Signore,
sii tu mio amico.

E ogni giorno muori un poco
E ogni giorno muori un poco.
Vedi il vecchio padre,
una volta forte e fiero,
ora canuto, sordo e dolorante,
e ogni giorno muori un poco.

Vedi la vecchia madre,
sempre più curva, sempre più instabile,
nelle sue sofferenti e tremanti gambe,
lei che una volta correva per la casa;
e ogni giorno muori un poco.

Vedi gli amici, i conoscenti,
sempre più vecchi, sempre più bianchi:
chi sordo, chi cieco, chi storpio;
e ogni giorno muori un poco.

Vedi te stesso;
la tua vista, il tuo udito,
i tuoi capelli, le tue forze,
ogni giorno muoiono un poco.

I morti in Sicilia
Lo diceva mia madre:
i morti lasciano le loro tombe,
e vengono a frotte verso il Paese,
in lunga processione.
Accostate le une alle altre,
ombre lievi.

Portano i doni ai bambini,
un cestino con noci, castagne, marmellata,
e qualche cavallino di cartone.

Scoprii che non era vero;
attesi la notte, la colsi in flagrante,
era lei che mi portava i doni.

Da allora i morti sono rimasti nelle loro tombe,
non mi portano più noci, castagne e marmellata,
e non ho più il cavallo di cartone

Piedra de la Ijada
Piccola, cucciolo d'uomo,
angelo indifeso che ti affacci al mondo;
tu sei il mondo!

Nuovo virgulto venuto dal nulla,
miracolo vivente.
Ieri non c'eri, non hai un passato,
hai tanto futuro.

Se mi darai la mano
Ti accompagnerò nel cammino dell'esistenza,
fino a quando il mondo terminerà per me.

Ti guiderò a scoprire il chi,
il come, il perché delle cose,
ad esplorare l'intricata foresta della vita.

E poi, quando diventerai pianta
ed i tuoi rami si apriranno al creato
sfiderai da sola i turbini della vita.

Uomo.
Uomo,
nulla possiedi in questo mondo,
non sono tuoi il sole, la luna, il mare, le montagne,
gli animali, le città, le strade,
il terreno su cui hanno lavorato i tuoi avi,
su cui hanno costruito la tua casa,
e sui cui hanno piantato la vite e l'ulivo.

Non è tuo ciò che hai ereditato,
non è tuo ciò che costruisci,
perché dovrai lasciarlo ai tuoi figli.
Non possiedi neanche te stesso,
né la tua vita.

E' tua soltanto la volontà,
del bene e del male;
è tua la fede che sei riuscito a conquistare.

È tuo l'amore che in te si spalma
come la neve sulle alte montagne.

È tuo il Dio che hai lasciato per strada,
nel breve percorso di tua vita.

Solitudine.
Come quando indifeso uscito dall'alveo materno,
come uccello implume esposto al gelo e alla fame,
attendi un soccorso che tarda a venire.

Come quando per lunga malattia
giaci in un letto d'ospedale aspettando
un aiuto che il dolore ti possa lenire.

Come quando nel rimorso non sai darti pace,
per l'offesa che hai recato al tuo fratello,
per il male che hai seminato nel mondo.

Come quando emarginato, rifiutato dagli altri,
ospite di un marciapiede, combatti il gelo
con cartoni e giornali, aspettando il freddo profondo.

Come quando al cospetto della morte non sai che fare,
non accetti di lasciare questo mondo,
non accetti di volare verso l'ignoto.

Come quando sotto il tallone dell'infamia,
non trovi la forza di reagire,
e il tuo animo si perde nella macchia senza moto.

Come quando preso dai morsi della fame,
invidi quel cane randagio a cui una mano pietosa
ha lanciato un pezzo di pane.


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