In risposta Sarà che son nervoso, Ma l'invito ad una giostra perigliosa, Non mi lascia timoroso Tu che sei così spaccone, Non è che dietro la tua chiosa, Si nasconde un bel fifone D'ira non difetto, Ma se uso la parola, è per mancanza di rispetto Tu che vanti il tuo cervello, Non sarà che dietro questo posa, Ci sia soltanto il tuo pisello Così ho l'acume di un porcello, Invece sì, e me lo magno con l' agnello. (Yasuke) → → → | Per il feroce samurai Ah, cominciamo bene! Stuzzicare non devi l'ignoto cavaliere. Hai forse le idee nere, perché spesso tu bevi e appesantisci il rene. Tu combatti l'igiene e come i tuoi coevi ti esprimi col sedere. Fammi il santo piacere, tu che i maiali allevi, puoi non parlare del pene? Io non ho tante pene, non avanzo rilievi, mi faccio benvolere. → → → | Ho solo un dispiacere: sapere che sollevi le gambe d'aria piene, quando entri nelle arene. Sei a parole tra i sevi, samurai lancia pere. Samurai, qual errore, tu assali il banditore. Samurai, sei nei guai: con la spada ove vai? Un fifone hai sfidato, d'onta ti sei macchiato! Samurai, che disdetta, karakiri or t'aspetta. (Il Banditore) |
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Il cavaliere inesistente Io sono entrato tardi nella lizza, e ho letto tante raccomandazioni di bravi amici tolleranti e buoni, che invitano a evitare la canizza. Altri, per contro, fanno i fanfaroni, mostrando un misto di timore e stizza, (che rende loro la faccia rubizza) proponendo scontate citazioni. Non ho incontrato nessun cavaliere, ma solo siniscalchi e uno scudiero, in groppa al proprio nobile somiere. Non bastano due nomi (e valga il vero): quello del Berni e del sommo Barbiere per indossare corazza e cimiero. Non è certo un mistero che chi ha cantato con tanta baldanza è più stonato di un´autoambulanza. (Antonio Fabi) → → → | Per il Cavaliere suonatore Ecco un altro pellegrino che si crede Carlo Magno ed in groppa al suo ronzino in alto leva il suo lagno. Che sfortuna e qual abbaglio attaccare il banditore, elevando il sommo raglio che si sparge con fragore. Se tardi voi siete giunto, eravate all'osteria, ed ora con viso smunto cantate la salmodia. Siete voi da fama spinto o da fame delirante? Già in partenza siete vinto, se il vanto portate innante. Se mi dite moralista, affabilmente stonate, ser Antonio metricista con le vostre strimpellate. → → → | So che siete suonatore e dell'arpa e della viola, delle piazze trionfatore, e vi piace la robiola. Non disdegnate il buon vino che ingollate volentieri, e per questo andate chino, sorretto da due scudieri. Non sia mai che cadeste, per tutti sarebbe festa, ché rotto avete le teste narrando le vostre gesta. Infin l'autoambulanza! è una parola inventata? So che rima fa con panza, ma nel mondo non è usata. Siamo noi, sì, nel Duecento, cavaliere cicchettone, e anche se siete un portento errata è la citazione. (Il Banditore) → → → |
All'agente pubblicitario Banditore, per te basta una mossa; se non la intendi, fattela spiegare, benché le mie intenzioni siano chiare: non sparo mai contro la Croce Rossa. (Antonio Fabi) | |
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Alla giostra del Saracino Sia bandito a tutto il paese affinché sia chiaro e palese alla giostra del Saracino non aspettate torni Ghino. Se pria si cinse l'armatura fu per fatal disavventura, d'essere finito nel sacco, d'un brutale tosto attacco. E ben tosto fu per me brutale pesare la scomunica "papale" datami da Vostra Eminenza: valere non può a intermittenza! Eppoi è un fatto di coscienza, come può un poeta amatoriale, giocare in gironi d'eccellenza: sfidar di "metro" un Professionale? Vossia si trovi lo sfidante, lo dico a buon diritto e de "jus": perlomeno si trovi un replicante di se stesso, che ricordi il Gus. (Ghino Burlacco) | Al Cavalier Burlacco Ancora ti confermo la mia stima, né alcuno potrà dir che sono folle, d'uom che sì saggio ero stimato prima. Amo lo scriver tuo, che sempre bolle, la tua ironia, la tua mente che mima (si tratti di camelie o di cipolle) l'essenza di grandiosi personaggi, che tu hai condotto anche in questi paraggi. Avrai notato, generoso amico, che il mio avvento tantissimo scompiglio ha creato: lo credo e ancor lo dico. Come un demonio dal fiero cipiglio, figlio d'un incubo ancestrale e antico, qualcuno mi guardò: cuor di coniglio. Ma non già tu, forte di mente e cuore, gentiluomo leale e buon signore. (Antonio Fabi) |
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Per il fifone Banditore Mi spiace la mia spada ti stuzzichi il sedere Perché son uomo d'onore, Come te ed il noto cavaliere. In battaglia non ho pene, Spesso vino rosa le mie idee, E dolce scorre le mie vene. Della chiacchiera non faccio arte, E con i miei coevi, Faccio una gran parte. E se ti parlo del pene, E perché ai tuoi amici maiali, Non indicasti rime più amene Non hai pene!, Non fui sorpreso Daltronde nessun rilievo, Su' non far l'offeso! Della scoreggia ho fatto un piacere, Per darle in faccia , A chi la scelta per mestiere Ma ti devo dar ragione, Attaccai un bel fifone Ancor ne ho vergogna, Il karakiri era giusta gogna, E con la spada ero già sul petto Ma tosto sentii un professore Piangere come un pargoletto. (Yasuke) → → → | Ultime parole del Banditore L'altlo ieli, che tellole! Mi si è spezzato il cuole. Io vengo dal Catai e ola mi tlovo nei guai. Uno spavento folte mi fa tolnale infante: quest'è una blutta solte che mi fa balbettante. Ahimè! Sono flitto. Che s'adilasse tanto nel ciel non ela sclitto. Può aiutalmi il mio santo a sfuggile a quel dlitto. Ho tlemenda paula: se m'incontla quel m'incula. Mi selve ola un tlucchetto che mi salvi la faccetta. Se a piangele mi metto, gli semblo una ninfetta; se invece scappo via, mostlo la fifa mia. Alliva il plimo paggio con la bolla del Sile che impela in modo ostile: licenziato tu sei e tolna dai tuoi dei! Ho pelso un glande posto: colpa del samulai, che senza la katana m'ha dato la scalmana; ma io non tolno a Shangai. → → → | Io sono stato vinto. Io faccio kalakili pel non semblale vile, e non pel dimaglile. Mi buco la pancetta… ... fffifaffffifaffffifaff… … ola muoio contento. (Il Banditore) |
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Equivoci Digitali Un tale mandò al suo capo, Un e-mail con soggetto "Richiesta Personale". (Yoshimoto)Aforisma n.1 Mi hanno chiesto “secondo te esiste l’amicizia fra un uomo e una donna se affermativo in cosa consiste” ? Ho risposto “ma certamente sono usanze molto antiche cosa c’è di più dolce e più bello che corcarsi con le amiche”. (Gus) | Aforisma 2 Viver tre volte sì,mi piacerebbe: e vi spiego il perché qui celermente: la prima volta serve per capire quando mi sbaglio, per poi la seconda trascorrerla da saggio che varrebbe avere corpo sano e anima monda. La terza ? la vivrei superfluamente? a che più mai mi potrebbe servire? ma per sbagliare consapevolmente ! (Gus) |
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Reno Palata Reno Palata, ecco, alfin l'ho pagata: scadeva il 31 di Marzo, la cartella appena arrivata: Bada, la devi saldare se non vuoi la penale pagare. Ma in fondo che razza di tassa é stata inventata? Reno Palata! Ma chi l'ha inquinata? Suvvia non fare lo sciocco e paga la tassa per l'acqua che s'é depurata. Ma depurata da cosa? Se la mia fogna nasce e muore qua in casa? E poi chi ancora l'ha visto l'impianto che é ancora in progetto? Tu paga, imbecille, La tassa é stata intanto prevista. Ti sembra un po' sciocca la cosa? Suvvia tutti lo sanno che occorre sempre pagare a qualcuno o versare ad altri qualcosa. Non c'é via di scampo! E poi non t'hanno ridotto le tasse? E allora paga, coglione. Il prossimo anno andrà forse meglio le imposte le vogliono ancora tagliare. Un bel guadagno davvero. Ma cosa dovrò dopo versare? Salvatore Armando SantoroIl mammo Attento a quel che pensi, non pensare, forse è meglio star zitti, non parlare, e se non vedi? forse starai ancor meglio, non guardare. Che mondo ci stanno regalando, le regole oramai sono sregolate e chi è normale deve restare in casa, rischia d'essere lui l'uomo anormale da additare a vista per la strada come fosse arrivato da Plutone. Ormai non c'è più nulla da stupirsi, dopo i figli in provetta, dopo le nonne in stato interessante, dopo l'ovulo dato in locazione, e l'utero che paga la pigione, ecco arrivare l'ultima invenzione l'uomo che partorisce e si fa mammo. Lo vedo già col pre-maman vestito, con le crisi di gola mattutine, con le voglie di fragola e gelato. Lo vedo poi disteso in ospedale con le doglie dovute al gran gonfiore con il taglio cesareo sanguinante, col pargolo abbracciato sopra il letto, che succhia il latte dal suo biberon che ancora il latte al seno non arriva. Che strana generazione sta arrivando dopo i disastri della distruzione d'una guerra ne chiesta e ne voluta t'arriva la nuova rivoluzione che sconvolge la terra tutta quanta senza più bombe, senza più mitraglia. Salvatore Armando Santoro | Il pennato Quanti rami ha tagliato il pennato, trasportato in un cesto, ha spezzato i rametti più secchi, nella stufa ha infine bruciato, il pennato. Quante stecche sottili ha spaccato, il pennato, sempre lui, defilato, con il collo fasciato e col gancio portato assai bene, non dimostra l'età c'ha limato, il pennato. Si scompone ogni tanto, fa sprizzare scintille mai poi torna curato, sempre in gamba affilato, il pennato. Mi commuove: anche i pezzi più grossi con un colpo azzeccato lui, sì, sa tagliare le cose, le rifila assai bene e non teme nessuno, non appare neppure seccato, il pennato. Poi rimane sospeso nel buio, ed aspetta la brutta stagione, e riposa, oleato, il pennato. Salvatore Armando SantoroIl crack Crack, patacrack! Ecco ti sei fidato! Da quel signore affaccendato, che navigava preoccupato in internet nei meandri della borsa, sei stato influenzato. E' un gioco, bischero, non lo sai che è un gioco? Pensavi d'arricchirti puntando i tuoi risparmi sulla piazza di Zurigo e, in parte, su quella di Milano. Ma il gestore ha giocato al ribasso, tu questo non lo prevedevi e già sognavi un viaggio distensivo alle Maldive col guadagno che ti veniva dagli utili di Borsa. Ma l'impresa è fallita: le cedole si sono ritirate e solo un po' di carta, arrotolata, t'è rimasta tra le mani. Salvatore Armando Santoro |
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Per Antonio Fabi - Il giorno della concordia - Se i mille baldi di Garibaldi, saputo avessero che gli italioti son questi idioti fatto essi avrebbero fra lampi e tuoni guerra ai Borboni? Proprio non credo. Se l'altro ledo, se ci odiamo continuamente la nostra gente sempre se aizziamo a vecchi umori ed a rancori. Sai che ti dico, mio caro amico fu eroico fatto l'antifascismo ma nel fascismo! Ora che è in atto democrazia è una mania. Fors' è il Fabietto rosso nel petto in modo tale per cui altra pista se non marxista è tutto male? La sua cultura, da dittatura è assai distante così sferzante quando leggiamo quanto sa fare nel poetare. Non esaltiamo, senza volere stare a tacere in modo vile, guerra civile, ma accordiamo a chi ci crede la buonafede e veneriamo di giovin fiotto sangue incorrotto, anche se asperso da chi ha perso senza per questo discriminare: che te ne pare? Non sembra onesto? A conquistare giorno solare ora pensiamo! E lo nomiamo senza discordia, salvo il dolore, e con onore, DELLA CONCORDIA. Un giorno alato da tutti amato. Se nel domani da ITALIANI vorremo issare senza timore il tricolore basta guardare senza odio e boria la nostra storia. Basta capire per l'avvenire, quanto è probabile e non già strano, che il popol sano sia responsabile - non già il Divino - del suo destino. (Gus) → → → | Travolto da un bus Esimio Don Camillo in sedicesimo, teofago vorace e sentenzioso, pretendi forse di darmi il battesimo? Vuoi fare, forse un gesto coraggioso? Vuoi convertire proprio me medesimo? Tu non hai digerito quel mio "ius", e cerchi ancor vendetta, Gus cus cus. Ti scagli malamente, con furore (fatto normale per un buon Gusmicco); contro il marxismo e scuoti il tricolore, agitando anche il solito alambicco pieno di patria e italico valore. Tranquillo, non temere: non t'impicco; ma lascia stare i Mille ed i Borboni; e servi, come sempre, Berlusconi. La concordia che vendi un tanto al chilo, vale quanto un fasullo giuramento: ché, mentre la proponi, già lo stilo sei pronto ad adoprare a tradimento; ma la mia spada è rapida ed ha un filo in grado di ferir senza tormento. Per te, comunque, grazioso gingillo, basta ed avanza soltanto uno spillo. Se tu vuoi concordia vera, come affermi balbettando, aderisci a quella schiera che con forza sta lottando; Scrivi "Viva il Primo Maggio!"; su, coraggio! Oggi che gli Stati Uniti, nella nota triste storia, si comportan da banditi, con disprezzo e - sì - con boria, di che questa messinscena ti fa pena. Che Calipari sia morto non per colpa del collega, ma di chi ne ha il vero torto, e degli altri se ne frega, è un'affermazione pura; dittatura? Gussetto, Gussino, Gussoccio, Gussazzo, qualunque sia l'arma che s'usi t'ammazzo: ti manca l'ardore: sei solo un fellon. Ti dono la vita per mera pietate, giacché sei ridotto un purè di patate: non c'è più contrasto, non c'è più tenzon. Ma prometto, ricordalo bene, che, se cerchi una nuova sciagura, tu l'avrai: sarà un bel putiferio; avrà fine ogni tuo desiderio di tentar contro me l'avventura. Cimentarmi, sor Gus, non conviene: l'ha già notato anche l'ultimo allocco che io per primo l'avversario tocco; sempre questo è lo sbocco: quelle che narro son cose sicure, dimostrabili iuris et de iure. (Antonio Fabi)Or che Gustavo si proclama Augusto, hanno indetto in suo onore una gran festa. Desidera un marmoreo mezzobusto, ma una statua egli avrà di cartapesta. (Antonio Fabi)
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Se ami l’arte Filosofia vorrei trattare ma se ci penso meglio zappare con i sofismi si resta al verde ed il filosofo il tempo perde. E se la musica t'ha innamorato povero stupido sei destinato a farti pallido a dimagrire ad esser scheletro pria di morire. Fare il poeta di professione certo è assai bello se hai ispirazione ma il portafogli resta all'asciutto fare il poeta diventa brutto. Con il pennello e con la tela spesso indisponi la parentela che ti gabella come uno sciocco e ti rinfaccia che vivi a scrocco. Amando l'arte si va a finire in generale con l'impazzire è dunque bene per miglior sorte di non amarla, farle la corte. (Ivo Marcadiris) | |
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Anteprima di poemetto eroicomico, tuttofuorchetragico in fieri. Ogni riferimento a personaggi del Sito è puramente casuale. Fabietto poeta |
Prologo O ingiusti dei, perché non permette che un uomo scali con i propri lumi l'Olimpo, ma per tutto lo perdete? Giustizia fosse in voi che siete numi ! vi narrerò come voi premierete chi giustamente il genio suo consumi. Ma contro al fato egli per me immortale diventerà poiché egli… fu geniale. I Or vi presento il Fabio conte-duca poeta e cavalier degno di gloria, avea calcato un elmo sulla nuca triste vicenda di una brutta storia in un duello contro un tal Yasuka di cui quivi m'è forza far memoria era stato colpito a tradimento da vil botta di piatto sotto il mento. Invano fu tentar dopo la lotta d'estrar la testa in elmo rincagnata, vano fu ritentar di dar la botta dal lato opposto da cui gli fu data la testa, come argilla ancor non cotta secondo l'elmo ormai sera formata, dovette, quindi, il Fabio conte-duca sempre portar quell'elmo sulla nuca. Per il resto era bello come un Bacco del Caravaggio, se per accidenti per amor di combatter col Burlacco non avesse perduto trenta denti. Di statura era, via, quasi un cosacco, misurava con l'elmo un metro e venti. Era prestante, questo senza fallo Pesava cento chili, col cavallo. II Vi darò un saggio dell'arte sua maga citandovi di lui una canzone che chi ha cuore e la legge certo allaga spinto da intrattenibil commozione col pianto il loco ov'è e se presaga mia penna fia, senza esagerazione, convien che vi forniate di un canotto prima d'udire questo gentil motto. Fabietto "CIMITER" l'ha intitolato son rime dolci, colme d'armonia carme scritto, ma al Sito non mandato dal vate per sua grande ritrosia: certo che il mondo avrebbe ritrovato, dopo l' obito suo, questa poesia e avrebbe assai più in alto delle stelle posto l'autore e le sue rime belle. "Ex ineditis Fabietti rimis" "Giunse lo gatto presso il lungomare al vespro, in una cupa di cipressi piccola villa ed ivi volle entrare. Eran questi alberelli antichi lessi col brodo di vitel rettangolare e poscia, nel bel mezzo degli stessi, numerose come a stagion le noci s'udivan rimbombar croci su croci" Scusate se continuar non posso questo "capo-lavor-conte-ducale" che certo già v'avrò tanto commosso che mi convien diluvio universale evitare, che spegnerebbe il rosso sole nel cielo e ciò sarebbe male! Ora, per dare il tempo a voi che il pianto prosciughiate, vi mando all'altro canto. III Or che sapete di qual grande artista continuerò a trattare con rispetto vi narrerò del Sito la conquista portata a compimento dal Fabietto, in canto, lancia e spada primatista forte non solo a causa dell'elmetto di cui parlammo, ma per piglio fiero di vate-conte-duca- e aspro-guerriero. Prima di dichiarare la sua guerra al grande Sito del Re Lorenzone che per sua forza ogni nemico atterra, Fabio, stratega per sua vocazione, qua e là duelli coi nemici sferra fornendo prova di leal tenzone, i figlioli del re svillaneggiando ad ogni tocco del suo ferreo brando. Aurelia bella, Ghino, e l'alma Irene Zenone, il Banditore, il Tor Divino (detto Santoro), gente assai dabbene, con Liliana di sguardo sbarazzino come a una gentildonna si conviene, nonché la provocante Guarracino tutti avevan schermato con il Fabio assaggiando la punta del suo gladio. Nonostante cotali cavalieri il mite Lorenzone avesse affianco preoccupato che a questi suoi scudieri l'amor del Sito divenisse stanco edittò un bando invitando i guerrieri cantori a presentarsi presso un banco per iscriversi ad una grande giostra dove di sé poter far bella mostra. IV Oltre ai già nominati eroici alfieri, s'iscrissero al torneo di Lorenzone Bottirolo, Bromuro e tre stranieri che "mondiale" rendevan la tenzone: Marcadiris di Grecia fra i più austeri, due samurai venuti dal Giappone Yasuka e Yashimoto, indi l'errante falconiere di nome Extravagante. Fu così che in un sol batter di ciglio Fabietto, con il suo brando sguainato si trovò ad affrontare il gran periglio: egli, che non avea mai detestato la lotta, si batteva con cipiglio da prode spadaccino, ormai scafato al cozzare di lame, a urlar di fanti, e al nitrir di cavalli scalpitanti. Ma un dì, mentre la lotta era più dura, quando più aspro divenia il cimento s'udì riecheggiar nella radura (che tutto il suolo aveva ormai cruento sì che la terra n'era … verde scura) d'immane tuba, tanto che sgomento in tutti suscitò, assordante suono che vinceva in frastuon quello d'un tuono. V Si fermò d'improvviso allor la lotta dovunque il cozzar d'armi fu spento di lance e spade non s'udì più botta né di feriti più s'udì lamento: allor dall'antro cupo di una grotta che d'antiche credenze era spavento uscir due baldi giovani guerrieri d'ingente corpo e in volto molto fieri. Eran costoro i due migliori figli di Lorenzone, prìncipi animosi che intatti usciron da mille perigli: uno era Metro, allor dei più famosi fra quanti i campi fatti avean vermigli col sangue di nemici valorosi, l'altra era Strofa, giovane pulzella da tutti amata per quant'era bella! O Musa tu che solevi ispirare quel citaredo che a eternar mi provo di nome Fabio, aiutami a narrare complice l'aere del bel giorno novo la storia di costui ed accordare per la bontà che in te sempre ritrovo d'esser valente quanto lo fu lui ma un po' più fortunato appo l'altrui. Mentre tutti si tacquero nel campo Metro con voce grave e vigorosa disse parole di cotesto stampo: "oh Fabio tu che guerrieri a iosa vai sterminando qui in aperto campo ti sfido e Strofe sarà la tua sposa se il figlio batterai di Lorenzone ed ella accetterai per guiderdone". VI In silenzio rimase il campo intero mentre ognun riponeva la sua spada: quelle parole scosso avean davvero quanti guerrier teneva la contrada, allor si fece avanti col cimiero Fabio che disse " certo che mi aggrada sfida e posta, ma non hai timore di sfidare d'Orlando il posteriore? E tu, disse rivolto a Strofa, bella non temi pel figliol di Lorenzone, tu dolce ed incantevole sorella ch'io lo trafigga alfin della tenzone e tu mia sia giovane donzella? Poi volto al popol "sian pronte corone di lutto e festa, le une pel fratello e le altre per la sposa e Fabio il bello". Rispose Strofa "ma tu mai mi avrai che sei uno zotico senza valore il principe è invincibile lo sai? E se per te un minimo tremore egli provasse, non avrebbe mai, dato l'affetto che nutre nel cuore, in palio messo me, ora di fretta battetevi e ognun virtù sua metta". I due prodi smontaron dai destrieri e al centro si portarono del campo al suon di tromba dei "sitiani" alfieri. S'era formato intanto in un sol lampo un grande cerchio e ognuno dei guerrieri per il campione suo pregava scampo. Tutti erano ammirati dei due forti mentre si ripulia il terren dei morti. VII Lettor che qui sei giunto elogio fotti per l’immane pazienza dimostrata e premio voglio offrirti con i botti prima che dello scontro sia narrata l’agra vicenda che con mille motti ai posteri verrà poi tramandata. Della bella sorella del guerriero altro io vi dirò che il tono fiero. Ve la descrivo, Strofa, in rime leste. O Venere e tu Ebe, voi che avete le doti che a quel bianco fiore deste deh m’apparite come invero siete (come v’ha fatte Giove …senza veste) ed ispirate a me la descrizione di questa donna senza paragone. Ella, la figlia di Re Lorenzone al regale suo aspetto naturale univa in armoniosa associazione la grazia del suo viso celestiale. Bianca era e fresca la sua carnagione a un giglio rugiadoso in tutto eguale cui contrasto facea nera e lucente la folta chioma all’omero fluente. Avea grandi occhi verdi e melodioso suon della voce, simile a canzone. Il niveo collo, il corpo sinuoso divini per bellezza e proporzione, ogni uom per lei venir facean furioso, sol che una volta ne avesse visione. Ma il cuore suo era già sotto scacco perché era innamorata di Burlacco. Burlacco, menestrel da … cento lire ch’egli tutte arpeggiava per delizia del Sito, nulla disse nell’udire quella per lui tremenda atra notizia che la sua bella dama vedea offrire come fosse …d’ortaggi una primizia. Ma la sua spada nell’ombra affilava poiché anche lui Strofa gentile amava. VIII Al suono di una tromba Fabio e Metro corrono verso il centro della pista mentre lo stuolo si ritrae indietro. Quando giungono l’un dell’altro in vista mette il principe un piede sopra un vetro e piomba steso a terra per la svista. Ma come dolorante si rialzava Fabio ratto il suo addome trapassava. Giubilo degli astanti, urla di strazio s’udivan di vicini e di lontani di quanti eran divisi in quello spazio. “Di sangue, barrì Fabio, o miei sitiani dopo l’aspro duello sono sazio. Questo corpo inumate e poi domani siete invitati tutti alla gran festa delle nozze che vinsi con mia gesta” Fu così, dunque, che il prode fratello di Strofa, fu dal gran Fabio sconfitto stramazzando come ingenuo torello dall’espada del matador trafitto (anche se giova dir che non fu quello un ardimentosissimo conflitto. Strofa, frattanto, immersa di dolore perdeva un gran fratello e un grande amore. Le sorelle di Strofa, alma Talia, dolce Ottava e Terzina che consorte era di Canto, frate a Melodia, tutte insieme piangevano la morte del principe, beffato dalla ria ed inumana legge della sorte. Ma intanto meditava il contrattacco nell’ombra congiurandolo Burlacco. → → → | IX Mentre il Pretorio del grande Fabietto di peana e baldorie si riempiva, Strofa piangendo si batteva il petto ché oh fato malandrino proveniva da ampolla di profumo (che nel letto con sue sole tre gocce … la copriva) quel vetro poi cadutole nel campo che al giovane fratello non die’ scampo. Ma poi, riavutasi, al castello avito Burlacco convocò, suo perso sposo, nè questi ritardò a esaudir l’invito. Giunto di lei al cospetto il valoroso, la bella, poi che il Re si fu partito da quel luogo di pianto doloroso, piangendo lo implorò “Portami via risparmiami codesta sorte ria !” … Fugge a cavàl Burlacco e in groppa serra Strofa la dolce che col cuore infranto abbandona suo Padre e la sua terra. Su di un cocchio addobbato entra frattanto dalla porta del Sito e il brando afferra con la destra elevandolo a suo vanto in segno di vittoria, Fabio invitto: pel resto vi rimando all’altro scritto. Nel frattempo lasciatemi cantare di Fabio un verseggiato delizioso tratto da rime sparse e tramandare quanto al Sito negava quel ritroso. Volle un carme ad uccelli dedicare noti pel loro canto melodioso. Ciò di cui vi dovreste premunire Inutile mi pare ribadire. “Ex Fabietti Aspersis Rimis : Nottolarum Requiem” “Era quel primo maggio una selvaggia festa dove planavan pipistrelli mentre i falò bruciavano la spiaggia d’Amostante e dei suoi sette gemelli. Lo gatto provenia d’Arma di Taggia nutrendosi di quei lividi uccelli. E pure là, come a stagion le croci s’udivan rimbombar voci su noci.” X Me misero, che cerco di arrangiare questi versetti miei senza valore e umiliato rimango a rimirare, assorto nel mio panico stupore, l’arte di Fabio che ti fa provare o gioia o … indifferenza e malumore, né comprenderlo è facile, per vero, perché troppo profonda il suo pensiero. Ne’ versi suoi c’è l’allitterazione, la licenza poetica, il sonetto l’emìstichio, l’epòdo, l’allusione, l’allegoria, la cura del soggetto, la terzina dantesca e l’adozione nelle sue odi sin … del dò di petto. Mentre voi vi godete questo schianto proseguo questo mio decimo canto. Lorenzon con un cenno delle mani fece venire un servo al quale disse: “Presto, conduci Strofa qui ai miei piani”. E con pubblico bando, intanto, indisse i fastosi sponsal per l’indomani fra la figlia ed il vate che le risse delle battaglie sempre aveva vinto (di questo almeno … il Re s’era convinto). Tosto partì e tornò quel servitore e prostratosi del gran Re davanti “A te, disse, … pardon chiedo signore che proverbial clemenza avere vanti” lo interruppe Fabietto: “Traditore che voglion dire questi lai imploranti cosa è successo?” e quello balbettante “ Strofa, riprese, figlia del regnante…” Il resto immaginate da voi stessi. Scattò d’un balzo in piedi Fabio irato urlando “Or su approntate i miei calessi poi ripensando, anzi mi sia sellato il cavallo di Strofa, e se perdessi a me morte se morte a quel malnato Burlacco, misleale, io non dessi”. Pronto montò il destriero e con le suole stanco spronò gli stinchi verso il sole. XI Lorenzone fu scosso dall'evento perché pur innocente egli temeva che gli si affibbiasse un tradimento. Per tal ragion Fabietto gli premeva; quindi chiamò lo stuolo a parlamento e in trono assiso in man lo scettro aveva e la corona in capo ed il suo onore difese con discorso da oratore. "…Vati, disse, … fidati e… fortunati per mio smacco… Burlacco… quel vigliacco …scappati …i malcreati… scellerati che scacco… un vero pacco… poffarbacco ! …soldati… miei amati… vi ho chiamati c'è stacco… anzi distacco… alzate il tacco …Fabietto… mio diletto… sia protetto dall'ometto… scorretto… che vi ho detto" All'invito del Re tacquero i vati e ognuno entro di sé rimuginava pei rapporti non sempre delicati con Fabio ed al contempo meditava come non apparire fra gli ingrati fra chi a pugnare solo lo lasciava. "E' ver, pensavano, ha sconfitto il Metro ma tutto il merito l'ha avuto… un vetro" Ruppe Yasuka quel silenzio odioso: "Signor, l'invito a gesta perigliosa tutto mi lascia fuor che timoroso, ma quel Fabietto stava sempre in posa mascherava il suo spirto ingeneroso dietro a versetti oppure ad una chiosa. Dato che ha fatto sempre lo spaccone da solo si guadagni il guiderdone !" Confermò il Banditore : "Per piacere… Signore, ha stuzzicato i cavalieri, dagli altri non s'è fatto benvolere, se li è tirati dietro i giorni neri con i suoi lazzi e il suo darla da bere… non s'è mai procurato amici veri dice a tutti, ti spacco… ti ho nel sacco può vedersela solo con Burlacco !" Si fece vanti allora il Tor Divino (detto Santoro) con Bibbia e Corano, parendo nel parlar suo molto fino: "Lieve spoglio i due libri ed al profano scongiurar non intendo il suo destino poi sarà certamente assai lontano. Io m'interesso solo d' Universo non può importarmi chi abbia vinto o perso !" Così rivolto al Re disse Bromuro: "Lasci l'angoscia prode mio Signore e Fabio pensi solo, al suo futuro placando la sua smania e il suo furore dovea lasciare quell'amor spergiuro. Quanta dolcezza ti può dare un fiore. Fabio s'aspetti inferno oppure limbo …quanta dolcezza ti può dare un bimbo…" "Quanta dolcezza darti può un bignè, canticchiava Liliana, e sul Fabietto, lasciamo andare quel veloce pie' …e se le calorie gli fan difetto può gustarsene due ed anche tre. E se ne andò cantando oltre al già detto: "alla fragranza della sfogliatella Io non rinuncio per la sua donzella" XII O umana stirpe, ingrata a tutte l'ore che sol se ti conviene tu t'avvedi di quei che t'elargì versi… e calore. Se l'ombra di pericolo intravedi tutto l'ardor per lui nel cor ti muore, tutta la devozione tu gli cedi. Dal Sito Fabio si partì da solo né alcuno lo seguì del grande stuolo. Di qual cavàl si fosse impadronito il furbo Fabio già non ignorava: esso era il destrier preso nel Sito che Strofa nei bei giorni cavalcava. Astuzia l'avea spinto a tal partito poiché il grande stallone che montava dall'istinto di sua specie guidato Fabietto avrebbe a Strofa sua portato. Fu così infatti , ma c'è da notare che quella enorme bestia, quanto bella altrettanto era infida da montare. Sette volte Fabietto giù di sella la terra fu costretto ad annusare, ma furbo… s'era avvinto alla predella. Sporco era il saio, ma affilato il brando che conta ben vestir ma batter blando? Cavalcò sette giorni e tante notti su quel corsiere celere e ribelle il nostro che avea gli ossi tutti rotti e nella mente non vedea che stelle. Elogio mio lettor qua io rifotti e notizie ti dò che son di quelle che a cor ti stanno e che sapere ardivi: raggiunse Fabio, alfine, i fuggitivi. XIII Poi che il Burlacco vide il Fabio avanti tutto tremava e verde per paura a pregare si mise tutti i Santi, né ebbe forza a darsi alla ventura della fuga, né lacrime per pianti. Tosto levò la spada di cintura e addosso a Fabio si scagliò da forte pur certo di trovar beffarda morte. Il nostro prode che era anco intontito per quella corsa senza alcun riposo al suolo giacque poi che fu investito. Ma tosto si levò e disse iroso: "Burlacco tu del Sito figlio ardito chi vincerà di noi sarà lo sposo di queste donna bella e senza core che preferì fuggir di Fabio amore". Non v'ho mai detto, questo almeno parmi: Burlacco avea sistema singolare per battere i nemici suoi con l'armi. Egli, pria l'avversario d'atterrare, d'elmo privava, verseggiando carmi: come Cirano e vano fu tentare con Fabio che avea l'elmo troppo saldo. Nessun scalzar potea quell'uomo baldo. Cento colpi e poi cento e cento ancora battè sul capo al vate quel guerriero, ma non riusciva mai… per la malora a staccar dalla testa quel cimiero. Batteva forte e forza ora per ora perdeva il colpir suo sempre men fiero. In fin sfinito stramazzo sul suolo E Fabio lo finì col colpo solo. XIV Strofa che assistito avea al duello sperando invano che il suo amor vincesse, quando la morte constatò di quello le avvenne che più chiaro non vedesse tutto le si annebbiò nel suo cervello e al suolo cadde come morta stesse. Fabietto molto stanco a terra giacque al fianco della bella… che gli piacque Stettero a terra entrambi, ma di botto entrambi si destarono ed il pianto fu della damigella il solo motto lacrimava pel morto steso accanto. Fabietto da quei dolci lai sedotto alla bella s'avvicino d'alquanto. Ella si trasse indietro con orrore e in queste voci espresse il suo dolore: "Questi era l'uom più forte della terra il migliore nell'uso delle spade e mille suoi avversari il suol sotterra ! Questi era degno d'una Lorenziade… Ma tu chi sei che tal campione atterra" ? "Son io, Fabio rispose, un… Ennenniade ! Di me tu sarai moglie, donna rea Soltanto d'esser bella come dea". Strofe a codesti accenti si taceva ma senza che il campione s'avvedesse si tolse da un anél che al dito aveva atro veleno e in bocca se lo immesse. Fabietto poiché tanto gli piaceva senza esitare un bacio le impresse…, ma poche stille sul labbro rimaste di quel veleno al vate fur nefaste. Strofa cadde al suol pallida in volto e con lei senza di morte avvedersi a terra cadde il vate ahimè stravolto. Pochi istanti due fiori avevan persi Stettero: ed a Burlacco era rivolto il sorriso di Strofa, mentre versi parea cantare il nostro vate altero che vate, conte, duca fu e guerriero. Epilogo E tu, musa, piangente t'inchinasti su quell'inerte corpo senza spiro e queste triste storia tramandasti. Il vento la rapì e il suo respiro la impresse sopra i rami, che mutasti perch' io la conoscessi in un papiro. Ne passeranno secoli, anche dieci, ma Fabio alfine avrà le giuste preci. (Gus) |
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Repliche di Antonio Fabi |
Al signor G.U.F. Hai chiesto aiuto ad altri scalzacani e hai pensato per qualche settimana per prepararti a codesta quintana, mettendo in campo versi così vani? Certamente qualsiasi puttana è ben più onesta di chi lingua e mani adopra come Bossi e i suoi "padani": non c'è ironia; solo rabbia villana. Giochetti idioti sul fisico aspetto rifiuto sempre, ché sono sleali, salvo che proprio non vi sia costretto. E nel tuo caso, Gus, sono reali le tue fattezze di cui ho già detto: son, pei palloni, gli spilli letali. Quanto sono banali i tuoi ricorsi al metro e alla bilancia, argilloso gigante: la mia lancia nella tua oscena pancia penetra a fondo e, insieme alle budella, trafigge pur le tue poche cervella. E pure questa è bella: scherzi coi falli tu, macho guerriero, che indossi un condom per elmo e cimiero? A me non spiace, invero, di poterti infilzare come un tordo, professorino frustrato e balordo; ed ora mi ricordo di un fiero barbagianni che ho impagliato. Se uscirai dal tuo vile anonimato, vedrai provato quanto io dico, ossia la verità, o anonima ed immensa nullità. (Antonio Fabi)Simmetria Quando Alvaliddo, celebre Amostante, catturò Gusso, mulattier pedante, per impalarlo e poi metterlo in vista dovette prima affidarlo a un dentista. (Antonio Fabi) Bombarda e Salsiccia Ripensando al guerriero abate Gus, protettore di tutti gli innocenti, devesi rammentare ch'è il non plus ultra per affondare i miei fendenti. Lo faccio a fette; e tanto infetto pus col freddo sangue sgorga: repellente. Questo gigante, atleta poderoso, ogni volta si mostra più penoso. Penoso sei per come t'ho ridotto; penoso sei per la stolta arroganza; penoso sei quando vuoi fare il dotto; penoso per difetto di sostanza; penoso perché sei sconfitto e rotto; penoso … ormai mi sembrano abbastanza. Penoso ancora, però, ché ti occulti e l'arti tutte ferisci ed insulti. Non sei di certo tu il primo balordo che incontro e faccio a pezzi in un secondo: stai finendo allo spiedo, come un tordo; così continua il tuo scempio giocondo. Quanti hai citato bene li ricordo, quantunque abbia girato tutto il mondo: sono alcuni gentili e bei signori; altri no, ma di te sempre migliori. Avevo a tutti chiesto un armistizio per un impegno, per un lavoretto, di pochi giorni, non per uno sfizio. Ma Gussyago , e il suo nuovo chierichetto, leali entrambi e pieni di giudizio, al pari d'ogni grassatore abietto, pensarono alle spalle di colpire, poveri sciocchi, chi non può morire. (segue?) (Antonio Fabi) Strambottino Gus, ti ringrazio per il bel commento gentilmente spedito in altra sede; è d'uopo ricambiare il complimento, cosa che faccio in piena buonafede. Il poema, però, tutto sommato, crescendo perde forza edè stonato: sei quasi come una patente a punti: li perdi in proporzione ai versi aggiunti. (Antonio Fabi) | Et de hoc satis Ora che scrivi lunghissimi pezzi, gravato già da imputazion pesante, Gus, ti procuri coi tuoi stessi mezzi un'altra pesantissima aggravante. (Antonio Fabi)Generosità Ancora non ti paiono abbastanza, povero Gus, le legnate che hai preso; stai sereno: non è certo un gran peso dartene ancora tante in abbondanza. (Antonio Fabi) Frammenti di gloria Torna Gussanti da un pellegrinaggio che l'ha portato, pare, in Terra Santa a raccogliere un poco di coraggio. Di questo, tuttavolta, non si vanta e si presenta come uomo saggio: addirittura le mie imprese canta. Non trova più la forza d'attaccarmi, conoscendo il valor delle mie armi. S'egli vorrà pagarmi, gli fornirò ben volentieri aiuto: l'Euro profuma e sopra non ci sputo. (Antonio Fabi) Mi passa un mio tribuno un documento Mi passa un mio tribuno un documento gussita, a quanto vedo e a quanto sento: puzza di solennissima aria fritta, cotta nella consueta sua marmitta. Stai preparando tu la mia disfatta, nella brodaglia in cui lieto ti bagni? Non illuderti mai, vecchia ciabatta, prode crociato dalle armi di latta; non serve che ti sbatta: anche se avessi un mitra od un cannone, soccomberesti, eroe grullo e coglione. Forse non ho ragione? Su quattro ottave tu ne storpi due; guardale bene, piissimo bue. (Antonio Fabi) Preghiere vane Continua Gus a invocare la musa, poiché si sente inutile e confuso; ma neppure Medusa sopporta di guardare il suo bel muso. (Antonio Fabi) De misero asello Colpito da una cefalopenia, stassi Sugghecchio a ragliare di nuovo: sono dolente, quasi mi commuovo per tanto strazio e per la sorte ria di una bestiola così valorosa. Toccherà certo fare qualche cosa: rimediargli una nuova e calda stalla, o buttarlo nell'acqua: starà a galla (Antonio Fabi) Sonetto impromptus Vedo che Gus ha migliorato molto, grazie ai consigli ed alle correzioni, che, in questi mesi ed in tante occasioni, gli ho donato e ho apportato. Ma ho anche colto, nella sua imitazione del Tassoni, debolezza di fondo e un piano stolto, che gli si legge apertamente in volto: scaraventa su me maledizioni. Nel suo programma c'è la mia caduta, cagionata dal suo grande valore, nanti a una folla emozionata e muta. Il fedele scudiero il gran furore, pari soltanto alla sua mente acuta, placherà divorando questo cuore. No. Il vostro sacro ardore, pifferi di montagna sgangherati, non servirà: sarete voi suonati. (Antonio Fabi) Eserciti della salvezza Lotto contro più eserciti:è evidente. Il primo, scalcagnato, imbelle e fiacco, lo guida il Marchesano di Burlacco; per farlo fuori un soffio è sufficiente. Il secondo, che passa al contrattacco, ha come capo Gus: meglio del niente; occorre qualche affondo, un sol fendente e, se del caso, un buon colpo di tacco. Il terzo, numeroso ed agguerrito, di Parti, Galli e truppe Pompeiane, lo paga chi mi vuol veder finito. Sono Boria ed Invidia: esse il Gran Cane arruolerebbero già invelenito onde sopprimermi in terre lontane. Sono speranze vane: il Mongolo non può stare alla pari con donne isteriche e duci somari. (Antonio Fabi) |
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San Barbogio (Parodia Gussiana) |
1. Vostra Indecenza che mi sta in cagnesco, perché La tratto come una gallina, anziché come un pastore tedesco, voglia considerar che non s'incrina il mio disdegno, qui nato di fresco, di Voi, signor Vossia, quella mattina, quando, avendo il computer non lontano, vedo un Suo scritto barbaro e villano. 2. M'ero da poco levato dal letto, dove trascorro i miei brevi riposi E, fatta colazion con un pezzetto di pane e un buon caffè, come i golosi aggiunsi dopo piadina e "lombetto". Sentii il "gierretre", poi mi disposi, al fine d'essere bene informato, a esplorar qualche sito più aggiornato. 3. Entro e ti trovo quattro sciagurati di quei leghisti e simili animali, come sarebber Bossi ed alleati, sempre fini, squisiti intellettuali, ingiustamente da tutti accusati d'esser violenti, buzzurri e bestiali; anche se, a dire il vero, i loro musi sembrano farli alla violenza adusi. 4. Incomincio a girar con quell'attrezzo, scarto di gentaglia, di cui me ne frego, quando scorgo, gallina, il tuo bel pezzo, pieno, apparentemente di sussiego. Poiché, tendenzialmente, non disprezzo al par del mio Maestro -non lo nego- le novità, pur di tono minore, non m'avvidi del tuo truce livore. 5. Ma il riflettere giova, perché puote svelare la viltà bieca e nefanda: all'improvviso m'accorgo e mi scuote l'urlo della tua "voce" miseranda: versi sgraziati e cigolii; non note d'un'orchestra e neppure d'una banda, ma una dichiarazion di bassi stenti, cacofonia di stridori violenti. 6. Non un coro del Verdi, caro mio!, ma solamente orribili latrati: altro non t' ha concesso il tuo buon dio, che pure cura i casi disperati. E, dunque, ritornai ad esser io, scoprendo i tentativi scellerati d'un greve scribacchino incompetente, pari al nulla assoluto, ovvero al niente. → → → | 7. Che vuol Ella, Indecenza? il fatto è quello, più che noto, oramai, ché in giro va l'orrifico, barbarico macello, che della nostra lingua Ella ancor fa. S' assolve quel che ha debole il cervello e ne possiede quanto un baccalà: non è intenzione mia prenderla in giro, poiché il suo masochismo stimo e ammiro. 8. Anzi, quando la cuocio a fuoco lento, dopo avere strappato le sue penne, mi sento, in fede mia, più che contento: aggiungo anche fagioli con cotenne e, presto, un' acquolina in bocca sento, pari a quella che a Polifemo venne quando, nella sua grotta, nel suo regno, divorò Achei come un camino il legno. 9. Dopo il pasto la bocca sento amara, un che d'acidulo e strano sapore, dovuto alla tua script language=ciccia troppo cara: anche arrostita non perde l' umore dal quale, signor mio, mai si separa, stantio e pesante, o pestifero untore: Ella puzza, signor, lontano un milio, più dei morti che Achille fece ad Ilio. 10. Non vuoi tacere? Il tuo dire è penoso, zeppo di motti insulsi, grevi e gravi, ch'esprimono il tuo stato doloroso, l'odio di un servo ed i tuoi gesti pravi, con cui pensi di togliere il riposo a chi compone sonetti soavi. Recati, dunque, in Croazia o in Boemme, o a mangiar cardi là, nelle Maremme. 11. Ti manca ancora quella disciplina con cui gli epigrammisti in alto vanno; sei miope, ma occhiuto: una rovina, come quegli ignoranti che non sanno d'essere tali. Molto t'avvicina a loro la scempiaggine e fai danno a chi giustificatamente teme scritti e messaggi tuoi, soli od insieme. 12. Stattene, Bus, non lontano dai Tuoi; non solo per le feste del natale, bensì per sempre, o pulce degli eroi, giacché se non dai retta, fai del male a tanta gente, pur se non lo vuoi, e a te medesimo, ceffo brutale. Prova a pensare a quel celebre piolo; e smettila di star dentro il bugliolo. (Antonio Fabi) |
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Raccomandazione per i Cavalieri Mi spiace annunciare che, per qualche giorno, sarò in altri siti: attendete il ritorno, se non vi è pesante codesto favor. Guerrieri gloriosi, amazzoni ardite, frenate l'ardore; si sposti la lite: vi chiedo soltanto un bel gesto d'onor. Non voglio pensare che non siate onesti: nessuno io credo che a tanto si presti. giacché non ho scorto feroce rancor. Se poi qualcheduno, durante l'assenza, vorrà farmi danno, non chieda clemenza se ritornerò come vendicator. Salvete (Antonio Fabi) | Al conte duca (la guerra continua) Fabio, ti son sì grato che vorrei che i vati io e tu fossimo presi in un vascello… per incantamento e declamaste i vostri versi accesi: così tutti di sotto butterei e morireste per annegamento… (Gus)Killer aspirante Povero Gus, la premeditazione, per un bel tentativo d'omicidio, ammetti senza alcuna esitazione. Povero Gus, davvero non t'invidio, ché, se un vascello potesse salpare, l'equipaggio te butterebbe a mare. (Antonio Fabi) |