Figure retoriche dei grandi poeti


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Figure retoriche

Metrica 


Ludovico Ariosto

Torquato Tasso

Giovanni Pascoli


Ludovico Ariosto
- Orlando furioso -

 Adynaton
Questa è dunque la trista e ria novella
che d'amorosa doglia fa penarlo,
affligger, lamentare e dir parole
che di pietà potrian fermare il sole
.
(I, XLVII, 5-8)


Allegoria
Sol la prima lanugine vi esorto
tutta a fuggir
, volubile e incostante,
e còrre i frutti non acerbi e duri,
ma che non sien però troppo maturi.
(X, IX, 5-8)


Allitterazione
di balzo in balzo, e d'una in altra via
aspra, solinga, inospita e selvaggia.
(VIII, XIX, 3-4)


Anadiplosi
Con voce orrenda il cavallier richiama:
richiama il cavalliero e gli minaccia,
(XII, VI, 6-7)


Anafora
Altri in mar lo perde, altri in onori,
altri in cercar, scorrendo il mar, richezze;
altri ne le speranze de' signori,
altri dietro alle magiche sciocchezze;
altri in gemme, altri in opre di pittori,
et altri in altro che più d'altro aprezze.
(XXXIV, LXXXV, 1-6)


Anastrofe
Rifulse lo splendor molto più chiaro
ove d'Almonte giacea morto il figlio.
(XVIII, CLXXXVI, 1-2)


Antitesi
di desire arse, et agghiacciò di fede
(XIII, XX, 8)


Antonomasia
Sospirando piangea, tal ch'un ruscello
parean le guancie, e 'l petto un Mongibello.
(I, XL, 7-8)


Apostrofe
O maledetto, o abominoso ordigno,
che fabricato nel tartareo fondo
fosti per man di Belzebù maligno
che ruinar per te disegnò il mondo,
all'inferno, onde uscisti, ti rasigno.
(IX, XCI, 1-5)
 

Armonia imitativa
L'alto rumor de le sonore trombe,
de' timpani e de' barbari stromenti,
giunti al continuo suon d'archi, di frombe,
di machine, di ruote e di tormenti;
e quel di che più par che 'l ciel ribombe,
gridi, tumulti, gemiti e lamenti:
rendeno un alto suon, ch'a quel s'accorda
con che i vicin cadendo il Nilo assorda.
(XVI, LVI)


Asindeto
Spesso in conviti, e sempre stanno in feste,
in giostre, in lotte, in scene, in bagno, in danza:
(VII, XXXI, 5-6)


Chiasmo
piastra incantata et incantata maglia.
(XXX, LIX, 8)


Climax
Urta, apre, caccia, atterra, taglia e fende
qualunque lo 'mpedisce o gli contrasta.
(XVIII, LVII, 1-2)


Diatiposi
Tra le purpuree rose e i bianchi gigli,
che tiepida aura freschi ognora serba,
sicuri si vedean lepri e conigli,
e cervi con la fronte alta e superba,
senza temer ch'alcun gli uccida o pigli,
pascano o stiansi rominando l'erba;
saltano i daini e i capri isnelli e destri,
che sono in copia in quei luoghi campestri.
(VI, XXII)


Dubitazione
Che debbo far? che poss'io far qui sola?
chi mi dà aiuto? ohimè, chi mi consola?

(X, XXVII, 7-8)


Enallage
La turba dietro a Rodomonte presta
le scale appoggia, e monta in più d'un loco.
(XIV, CXXVI, 1-2)


Epanadiplosi
So quanto, ahi lassa! debbo far, so quanto
di buona figlia al debito conviensi:
(XLIV, XLIII, 1-2)


Epifonema
Questo creduto fu; che 'l miser suole
dar facile credenza a quel che vuole.
(I, LVI, 7-8)


Esclamazione
Infelice quell'antro, et ogni stelo
in cui Medoro e Angelica si legge!

(XXIII, CXXX, 3-4)


Eufemismo
Angelica a Medor la prima rosa
coglier lasciò
, non ancor tocca inante:
(XIX, XXXIII, 1-2)


Figura etimologica
Pazzia sarebbe il perder tempo in questo,
che nuoce al feritor più ch'al ferito.
(XXIII, LXXXV, 3-4)


Imprecazione
Ah più tosto oggi manchino i dì miei,
ch'io viva più
, s'amar non debbo lei!
(I, XLIV, 7-8)


Interrogazione
Ingiustissimo Amor, perché sì raro
corrispondenti fai nostri desiri?

onde, perfido, avvien che t'è sì caro
il discorde voler ch'in duo cor miri?
(II, I, 1-4)


Ipallage
Venir tra i suoi credette e in loco fido,
come vien Progne al suo loquace nido.
(XXXIX, XXXI, 7-8)


Iperbato
e mi ritorna dove il moresco stuolo
assorda di rumor Francia e di grida,
(XIV, LXV, 3-4)


Iperbole
Ondeggiò il sangue per campagna, e corse
come un gran fiume, e dilagò le strade.

(XVIII, CLXII, 3-4)


Ipotiposi
Erano sette in una schiera, e tutte
volto di donne avean, pallide e smorte,
per lunga fame attenuate e asciutte,
orribili a veder più che la morte.
L'alaccie grandi avean, deformi e brutte;
le man rapaci, e l'ugne incurve e torte;
grande e fetido il ventre, e lunga coda,
come di serpe che s'aggira e snoda.
(XXXIII, CXX)


Ironia
I rilevati fianchi e le belle anche,
e netto più che specchio il ventre piano,
pareano fatti, e quelle coscie bianche,
da Fidia a torno, o da più dotta mano.
Di quelle parti debbovi dir anche,
che pur celare ella bramava invano?

(XI, LXIX, 1-6)


Litote
I cavallier, di giostra ambi maestri,
che le lance avean grosse come travi,
tali qual fur nei lor ceppi silvestri,
si dieron colpi non troppo soavi.
(XXXI, LXIX, 1-4)


Metafora
E acciò che meglio il vero io ti denudi,
perché costor volessero far scempio
degli anni verdi miei contra ragione,
(V, VI, 5-7)


Metonimia
Volgonsi tutti gli altri a quella banda
ond'era uscito il calamo omicida.
(XIX, IX, 1-2)


Ossimoro
- Pensier (dicea) che 'l cor m'aggiacci et ardi,
e causi il duol che sempre il rode e lima,...
(I, XLI, 1-2)


Paronomasia
Dovunque drizza Miche angel l'ale,
fuggon le nubi, e torna il ciel sereno,
(XIV, LXXVIII, 1-2)


Perifrasi
E già venia chi de la luce è donno
le stelle a tor del ciel, di terra l'ombra
;
(XVIII, CLXXXVIII, 3-4)


Personificazione
Lo smemorato Oblio sta su la porta:
non lascia entrar, né riconosce alcuno;
non ascolta imbasciata, né riporta;
e parimente tien cacciato ognuno.
Il Silenzio va intorno, e fa la scorta:
ha le scarpe di feltro, e 'l mantel bruno;
et a quanti n'incontra, di lontano,
che non debban venir, cenna con mano.
(XIV, XCIV)


Poliptoto
nuove arme ritrovò, nuovo cavallo;
e sopraveste nere, e scudo nero
(VI, XIII, 2-3)


Polisindeto
Avea in ogni sua parte un laccio teso,
o parli o rida o canti o passo muova:
(VII, XVI, 1-2)


Preterizione
Taccia chi loda Fillide, o Neera,
o Amarilli, o Galatea fugace
;
che d'esse alcuna sì bella non era,
Titiro e Melibeo, con vostra pace.
(XI, XII, 1-4)


Prosopopea
- Non convien - dice il Vento - ch'io comporti
tanta licenzia che v'avete tolta -
;
e soffia e grida e naufragio minaccia,
s'altrove van, che dove egli li caccia.
(II, XXIX, 5-8)


Ripetizione
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi,
(XXXIV, LXXII, 1-4)


Similitudine
Come soglion talor duo can mordenti,
o per invidia o per altro odio mossi,
avicinarsi digrignando i denti,
con occhi bieci e più che bracia rossi;
indi a' morsi venir, di rabbia ardenti,
con aspri ringhi e ribuffati dossi:
così alle spade e dai gridi e da l'onte
venne il Circasso e quel di Chiaramonte
.
(II, V)


Sineddoche
Non fu sì santo né benigno Augusto
come la tuba di Virgilio suona.
(XXXV, XXVI, 1-2)


Sinestesia
Non vi ster molto, ch'un lamento amaro
l'orecchie d'ogni parte lor feriva;
(XXIII, XLIV, 5-6)


Sinonimia
ma volse inanzi star tacito e muto,
che porsi in aventura di fallire.
(XLIII, CXCVIII, 3-4)


Zeugma
Villani e lupi uscir poi de le grotte
a dispogliarli e a devorar la notte.
(XVIII, CLXII, 7-8)



Torquato Tasso
- Gerusalemme Liberata -


Adynaton
Non io, se cento bocche e lingue cento
avessi
, ferrea lena e ferrea voce,
narrar potrei quel numero che spento
ne' primi assalti ha quel drappel feroce.
(IX, XCII, 3-6)


Allegoria
L'età precorse e la speranza, e presti
pareano i fior quando n'usciro i frutti
:
(I, LVIII, 5-6)


Anafora
Giace il cavallo al suo signore appresso,
giace il compagno appo il compagno estinto,
giace il nemico appo il nemico e spesso
su 'l morto il vivo, il vincitor su 'l vinto.
(XX, LI, 1-4)


Antitesi
N'arde il marito e de l'amore al foco
ben de la gelosia s'agguaglia il gielo.
(XII, XXII, 1-2)


Antonomasia
Betelèm che 'l gran parto accolse in grembo.
(III, LVII, 8)


Apostrofe
Tu piangi, Soliman? tu che distrutto
mirasti il regno tuo co 'l ciglio asciutto?
(IX, LXXXVI, 6-8)


Armonia imitativa
Chiama gli abitator de l'ombre eterne
il rauco suon de la tartarea tromba.
Treman le spaziose atre caverne
e l'aer cieco a quel romor rimbomba:
né sì stridendo mai da le superne
regioni del cielo il folgor piomba,
né sì scossa già mai trema la terra
quando i vapori in sen gravida serra.
(IV, III)


Asindeto
L'orror, la crudeltà, la tema, il lutto,
van d'intorno scorrendo, e in varia imago
vincitrice la Morte errar per tutto
vedresti ed ondeggiar di sangue un lago.
(IX, XCIII, 1-4)


Chiasmo
e sossopra cader fa d'ambo i lati
cavalieri e cavalli, arme ed armati.
(IX, XLVIII, 7-8)


Climax
Ascendente:
Lampo nel fiammeggiar, nel romor tuono,
fulmini nel ferir le spade sono.
(VI, XLVIII, 7-8)

Discendente:
Dunque il fatto sin ora al rischio è molto,
più che molto al travaglio, a l'onor poco,
nulla al disegno, ove o si fermi o volto
sia l'impeto de l'armi in altro loco.
(I, XXIV, 1-4)


Dubitazione
Or che farà? dée sull'ignuda arena
costei lasciar così tra viva e morta?
(XVI, LXII, 1-2)


Enallage
Così pregollo, e da colui risposto
breve ma pieno a le dimande fue.
(II, XLIV, 1-2)


Endiadi
è quivi Arsete eunuco, il qual fanciulla
la nudrì da le fasce e da la culla,
(XII, XVIII, 7-8)


Epifonema
Ne gode e superbisce. Oh nostra folle
mente ch'ogn'aura di fortuna estolle!

(XII, LVIII, 7-8)


Esclamazione
Muoiono le città, muoiono i regni,
copre i fasti e le pompe arena ed erba,
e l'uom d'esser mortal par che si sdegni:
oh nostra mente cupida e superba!

(XV, XX, 3-6)


Eufemismo
Ma il primo lustro a pena era varcato
dal dì ch'ella spogliossi il mortal velo,
(IV, XLIV, 1-2)


Figura etimologica
Ma se lei fe' natura indifferente,
differente or la fa l'ostil furore:
(IX, XXXIV, 5-6)


Imprecazione
Odi, Gierusalem, ciò che prometta
Argante; odi tu, Cielo; e se in ciò manco,
fulmina su 'l mio capo:
io la vendetta
giuro di far ne l'omicida franco,
(XII, CIV, 1-4)


Interrogazione
Noi trarrem neghittosi i giorni e l'ore,
né degna cura fia che 'l cor n'accenda?
e soffrirem che forza ognor maggiore
il suo popol fedele in Asia prenda?
e che Giudea soggioghi? e che 'l suo onore,
che 'l nome suo più si dilati e stenda?
che suoni in altre lingue, e in altri carmi
si scriva, e incida in novi bronzi e marmi?

(IV, XIII)


Ipallage
Comincian qui le due feroci destre
pugna qual mai non vide Ida né Xanto.
(XX, XLVIII, 1-2)


Iperbato
Ove voi me di numerar già lasso,
Gilpidde ed Odoardo, amanti e sposi,
rapite? o ne la guerra anco consorti,
non sarete disgiunti ancor che morti!
(I, LVI, 5-8)


Iperbole
e bella sì che 'l ciel prima né poi
altrui non di è maggior bellezza in sorte
,
(V, LXI, 3-4)


Ipotiposi
Così parlogli, e Gabriel s'accinse
veloce ad esseguir l'imposte cose:
la sua forma invisibil d'aria cinse
ed al senso mortal la sottopose:
umane membra, aspetto uman si finse,
ma di celeste maestà il compose:
tra giovene e fanciullo età confine
prese, ed ornò di raggi il biondo crine.
(I, XIII)

Ali bianche vestì c'han d'or le cime,
infaticabilmente agili e preste:
fende i venti e le nubi, e va sublime
sovra la terra e sovra il mar con queste.
(I, XIV, 1-4)


Ironia
Ora il mio buon custode ad uom sì degno
unirmi in matrimonio in sé prefisse
e farlo del mio letto e del mio regno
consorte: e chiaro a me più volte il disse.
(IV, XLVII, 1-4)


Metafora
Cade, e gli occhi ch'a pena aprir si ponno,
dura quiete preme e ferreo sonno.
(III, XLV, 7-8)


Metonimia
Canto l'armi pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo:
(I, I, 1-2)


Ossecrazione
Per questi piedi onde i superbi e gli empi
calchi, per questa man che 'l dritto aita,
per l'alte tue vittorie e per que' tempî
sacri cui desti e cui dar cerchi aita,
il mio desir, tu che puoi solo, adempi,
e in un col regno a me serbi la vita
la tua pietà:
ma pietà nulla giove
s'anco te il dritto e la ragion non move.
(IV, LXII)


Ossimoro
vien feroce e leggiadro il giovenetto,
(III, XVII, 2)


Paronomasia
Parte e porta un desio d'eterna ed alma
(V, LII, 1)


Perifrasi
a i lavori d'Aracne, a l'ago, a i fusi
(II, XXXIX, 3)


Personificazione
l'alba lieta rideva, e pareva ch'ella
tutti i raggi del sole avesse intorno:
(XX, V, 5-6)


Poliptoto
Tu sola il duol comun non accompagni,
Sofronia, e pianta da ciascun non piagni.
(II, XXXVII, 7-8)


Polisindeto
Va per mezzo del sangue e de la polve
e de' ferri e de' rischi e de le morti:
(IX, XLVIII, 3-4)


Preterizione
Taccio che fu da l'arme e da l'impegno
del buon Tancredi la Cilicia doma.
(VIII, LXIV, 5-6)


Raddoppiamento (Epanalessi o Geminatio)
Al re gridò: - Non è, non è già rea
costei del furto, e per follia se 'n vanta.
(II, XXVIII, 1-2)


Ripetizione
Rendi al tuo campo omai, rendi per Dio
lui ch'è sua alta speme e suo desio.
(XIV, XXIII, 7-8)

Rendi il nipote a me: sì valoroso
e pronto essecutor rendi a te stesso,
(XIV, XXIV, 1-2)


Similitudine
Sol con la faccia torva e disdegnosa
tacito si rimase il fer circasso,
a guisa di leon quando si posa,
girando gli occhi e non movendo il passo.
(X, LVI, 1-4)


Sineddoche
E tanto van per le salate spume
che lor da l'ôrto il quarto sol risplende.
(XVII, LV, 3-4)


Sinonimia
quegli è Raimondo, il qual tanto ti lodo
d'accorgimento, uom già canuto e bianco:
(III, LXII, 3-4)


Ysteron proteron
e in guisa d'un baleno il signor vostro
s'è in un sol punto dileguato e mostro.
(VIII, XLIII, 7-8)


Zeugma
molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
(I, I, 3)

 

Giovanni Pascoli
-
Canti di Castelvecchio
-
 Allitterazione
gli assidui bisbigli perduti
nel sibilo assiduo dei fusi;
(La Poesia, 14-15)

O monte, che regni tra il fumo
del nembo, e tra il lume degli astri,
tu nutri nei poggi il profumo
di timi, di mente e mentastri.
(<<The Hammerless Gun>>, 27-30)


Anacoluto
il tuo pane, prega il tuo angelo
che te lo porti
...Zvanî...
(La voce, 35-36)

E quand'egli già fuor del cancello
riprese il solingo sentiero,
io sentii che, il suo grave fardello,
godeva a portarselo intiero
;
(Fanciullo mendico, 26-29)


Anadiplosi
Sapeva ognuno che non c'era altr'aria
che quell'odor di mucido, altro suono
che il grave gracilar delle galline
e il sottile stridio dei pipistrelli:
dei pipistrelli, che pendeano a pigne.
(Il ciocco, 91-95)

Oh! non è questo un temporale estivo
col giorno buio e con la rosea sera,
sera che par la sera dell'arrivo,
tenera e fresca come a primavera,
(In ritardo, 13-16)


Anafora
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
(Le ciaramelle, 21-24)

E chi faceva nuove case ai nuovi,
e chi per tempo rimetteva la roba,
e chi dentro allevava i dolci figli,
e chi portava i cari morti fuori.
(Il ciocco, Canto I, 61-64)


Anastrofe
Lontano portavano i piedi
un cuor che pensava al ritorno
(Per sempre, 3-4)

Han fatto, venendo dal mare,
le rondini
tristo viaggio.
(La canzone di marzo, 25-26)


Antitesi
e il Tutto si confonderà nel Nulla,
come il bronzo nel cavo della forma;
(Il ciocco, Canto II, 97-98)

non sapeva, madre fanciulla,
come si nasce.
(La figlia maggiore, 3-4)


Apostrofe
O vecchio, o nostro vecchio buono,
or ci sono due campane;
ma quel tuo piccoletto suono
nel castello tuo rimane.

O Nimo, o nostro vecchio Nimo!
or c'è un doppio bello e grave;
ma tu per noi sei stato il primo
a dirci Ave! Ave! Ave!
(La squilletta di Caprona, 33-40)

Non mettere, o bionda mammina,
ai bimbi i vestiti da fuori.
(La capinera, 6-7)


Armonia imitativa
E il treno rintrona rimbomba,
rimbomba rintrona, ed insieme
risuona una querula tromba.

(Notte d'inverno, 15-17)

Quando s'udì l'ingorda sega un giorno
rodere rauca torno torno il tronco;
e il secco colpo rimbombò del mazzo
calato da un ansante ululo d'uomo.
(Il ciocco, Canto I, 65-68)


Asindeto
Non vogliamo saper nulla:
notte? giorno? verno? state?
(L'or di notte, 16-17)

quando sarà tra mondo e mondo il Vuoto
gelido oscuro tacito perenne;
(Il ciocco, Canto II, 95-96)


Catacresi
In mezzo ad uno scampanare fioco
sorse e batté su taciturne case
il sole, e trasse d'ogni vetro il fuoco.
(Il sole e la lucerna, 1-3)

La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.
(Il gelsomino notturno, 15-16)


Chiasmo
Io di qua, battendo i denti,
tu di là, pestando i piedi:
non ti vedo, e tu mi senti;
io ti sento, e non mi vedi.
(I due girovaghi, 10-13)

Domenica! il dì che a mattina
sorride e sospira al tramonto!...
(La canzone del girarrosto, 1-2)


Climax
Ascendente
Con loro c'è il pittiere solo,
ora in terra, ora sul ramo.

Fa un salto, un frullo, un giro, un volo;
molleggia, più qui più lì:
(Il compagno dei taglialegna, 13-16)

Discendente
Già il treno rallenta, trabalza,
sta
... Mia giovinezza, t'attendo!
(Notte d'inverno, 29-30)


Enallage
Così pensavo; e lo Zi Meo guardando
ciò ch'io guardava, mormorò tranquillo:
<<Stellato fisso: domattina piove>>.
(Il ciocco, Canto II, 249-251)

dal cielo dell'anima, ov'ora
sbocciasti improvviso, tra poco
tu dileguerai nell'aurora.
(Il sogno della vergine, 42-44)


Endiadi
Io stavo lì da parte...
gli rammentavo sere
lunghe di veglia e carte
piene di righe nere!
(Il sole e la lucerna, 19-22)

un gran lume di fuoco e d'oro,
che andava sul cielo canoro,
(Il fringuello cieco, 4-5)


Epanadiplosi
Viene il maggio, subito viene
la frullana grande che taglia...
(Il primo cantore, 27-28)

Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
(La tovaglia, 21-22)


Epanalessi (Geminatio o Raddoppiamento)
O dolce usignolo che ascolto
(non sai dove) in questa gran pace
cantare cantare tra il folto,
(Il poeta solitario, 1-3)

Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
(La tovaglia, 39-40)


Esclamazione
Che torbida notte di marzo!
Ma che mattinata tranquilla!
che cielo pulito! che sfarzo
di perle!
Ogni stelo, una stilla
che ride: sorriso che brilla
su lunghe parole.
(Canzone di marzo, 1-6)

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!

(La mia sera, 25-26)


Eufemismo
ma nutri il lumino soletto
che, dopo, ci brilli sul letto
dell'ultima pace!
(La canzone dell'ulivo, 64-66)

è un vecchio che parte; e il paese
gli porta qualcosa che chiese,
cantando sotto il cielo d'oro:
(Il viatico, 13-15)


Figura etimologica
Lasciami immoto qui rimanere
fra tanto moto d'ale e di fronde;
(L'ora di Barga, 13-14)

In tanto tu vivi per una
breve ora; in un'anima, in tanto,
di vergine: in quella tua cuna
tu piangi il tuo tacito pianto.
(Il sogno della vergine, 45-48)


Interrogazione retorica
Mia terra, mia labile strada,
sei tu che trascorri o son io?

(La bicicletta, 27-28)

Chi passa per tacite strade?
Chi parla da tacite soglie?

(La guazza, 9-10)


Ipallage
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave:
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave
(Le ciaramelle, 9-12)

Ho nel cuore la mesta parola
d'un bimbo ch'all'uscio mi viene.
(Fanciullo mendico, 1-2)


Iperbato
Oh! voi non, mentre gettate il grido
che salva gli altri
, predi l'estate;
(Il nido di <<farlotti>>, 57-58)

Né sa che cosa carreggiasse intorno
ad uno sconosciuto astro di vita,
allora forse di su lui cantando
i viatori per la via tranquilla;
(Il ciocco, Canto II, 69-72)


Ironia
... O montanine belle,
lo vedrete il maestro di latino!
Sì, lo vedrete il pedagogo imbelle!
(<<The Hammerless Gun>>, 4-6)

Ma morto il babbo da più d'un mese,
non c'era posto per i suoi nati

più, nella Torre, sì che al paese
ritornavamo come scacciati.
(Il nido di <<farlotti>>, 25-28)


Litote
Non male. Noi mèsse pei figli
noi, ombra pei figli dei figli.
(La canzone dell'ulivo, 53-54)

Più nulla io vedo, io che vedea non molto
quando chiamavo, con il mio rumore
fresco, il fanciullo che cogliea nel folto
macole e more.
(La fonte di Castelvecchio, 49-52)


Metafora
Sei tu che ritorni. tra poco
ritorni, tu, piccola dama,
sul mostro dagli occhi di fuoco
(Notte d'inverno, 23-25)

Tra tutti quei riccioli al vento,
tra tutti quei biondi corimbi,
Sembrava, quel capo d'argento,
dicesse col tremito, bimbi,
sì... piccoli, sì...
(La nonna, 1-5)


Metonimia
C'è un falcetto lucido ancora
su la Pania, a fior del sereno,
dentro l'aria dolce ch'odora
d'un tiepido odore di fieno.
(Il ritorno delle bestie, 17-20)

E quando viene Santa Maria
che rende all'uomo l'arma sua lunga,
oh! la covata vostra già sia
buona a volare; ch'e' non vi giunga!
(Il nido di <<farlotti>>, 61-64)


Onomatopea
Nel bosco, qua e là, lombardi
sono taciti al lavoro.

Dall'alba s'ode sino a tardi
sci e sci e sci e sci...
(Il compagno dei taglialegna, 1-2)

E me segue un tac tac di capinere,
e me segue un tin tin di pettirossi,
un zisteretetet di cincie, un rererere
di cardellini...
(<<The Hammerless Gun>>, 51-54)


Ossimoro
Sì, solo; sì, sempre, dal canto
del fuoco, dall'umile trono;
(La nonna, 11-12)

Va sempre, s'affretta, ch'è l'ora,
con una vertigine molle:
(La canzone del girarrosto, 49-50)


Parallelismo
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole.

(Le ciaramelle, 33-36)

Ninnava ai piccini la culla,
cuciva ai fratelli le fasce:

(La figlia maggiore, 1-2)


Paronomasia
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! [...]
(Nebbia, 25-27)

O che piangi, vite gentile,
perché al vento stai nuda nata?
(La vite, 13-14)


Perifrasi
Se t'odia colui che la trama
distende negli alti solai
,
(La canzone della granata, 25-26)

discendo laggiù tra le grame
mie genti, nel mondo che tace,
tra gli umili morti di fame
che dormono in pace.
(Il mendico, 95-98)


Personificazione
O ciaramelle degli anni primi
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
(Le ciaramelle, 25-28)

Frusciavan alto i vecchi abeti tristi,
brusivan cupo i tristi vecchi tassi.
(Diario autunnale, III, 21-22)


Poliptoto
cantavano come non sanno
cantare che i sogni nel cuore,
che cantano forte e non fanno
rumore.
(Il sonnellino, 13-16)

è tardi!è l'ora! Sì, ritorniamo
dove son quelli ch'amano ed amo.
(L'ora di Barga, 41-42)


Prosopopea
Io sono una lampada ch'arda
soave!
la lampada, forse, che guarda
pendendo alla fumida trave,
la veglia che fila;
(La poesia, 1-5)

fanciulle, io sono l'acqua della Borra,
dove brusivo con un lieve rombo
sotto i castagni; ora convien che corra
chiusa nel piombo.
(La fonte di Castelvecchio, 13-16)


Polisindeto
e nella strada che già s'ombra, il busso
picchia de' duri zoccoli, e la gonna
stiocca passando, e suona eterno il flusso
della Corsonna:
(La fonte di Castelvecchio, 9-12)

Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,
ha fame in mezzo a tante cose morte;
e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,
e il tuono muglia, e il vento urla più forte,
e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,
e quello ch'era non sarà mai più.
(In ritardo, 43-48)


Ripetizione
Non c'era nella notte altro splendore
che di lontane costellazïoni,
e non c'era altro suono di campana,
se non della campana delle nove,
che da Barga ripete al campagnolo:
- Dormi, che ti fa bono! bono! bono! -
(Il ciocco, Canto I, 33-38)

E io mi rivolsi nel blando
mio sonno, in un sonno di rosa,
cercando cercando cercando
quel vecchio qualcosa.
(Il sonnellino, 17-20)


Similitudine
Oh! Valentino vestito di nuovo
come le brocche dei biancospini!
(Valentino, 1-2)

[...] e tuttavia la vedo
andare come vaccherella stanca
va col suo redo.

(La fonte di Castelvecchio, 54-56)


Sineddoche
Ch'io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che danno i soavi lor mieli
pel nero mio pane
(Nebbia, 16-19)

c'era un lume, lassù, in ma' mai,
un gran lume di fuoco e d'oro.
(Il fringuello cieco, 3-4)


Sinestesia
noi s'è la buona umanità che ascolta
l'esile strido, il subito richiamo,
il dubbio della umanità sepolta:
(Il ciocco, Canto II, 122-124)

E fanno nel lume sereno
lo strepere nero d'un treno
che va...
(Le rane, 20-22)

Autore dei testi: Lorenzo De Ninis

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