Figure retoriche dei grandi poeti |
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Adynaton Questa è dunque la trista e ria novella che d'amorosa doglia fa penarlo, affligger, lamentare e dir parole che di pietà potrian fermare il sole. (I, XLVII, 5-8) Allegoria Sol la prima lanugine vi esorto tutta a fuggir, volubile e incostante, e còrre i frutti non acerbi e duri, ma che non sien però troppo maturi. (X, IX, 5-8) Allitterazione di balzo in balzo, e d'una in altra via aspra, solinga, inospita e selvaggia. (VIII, XIX, 3-4) Anadiplosi Con voce orrenda il cavallier richiama: richiama il cavalliero e gli minaccia, (XII, VI, 6-7) Anafora Altri in mar lo perde, altri in onori, altri in cercar, scorrendo il mar, richezze; altri ne le speranze de' signori, altri dietro alle magiche sciocchezze; altri in gemme, altri in opre di pittori, et altri in altro che più d'altro aprezze. (XXXIV, LXXXV, 1-6) Anastrofe Rifulse lo splendor molto più chiaro ove d'Almonte giacea morto il figlio. (XVIII, CLXXXVI, 1-2) Antitesi di desire arse, et agghiacciò di fede (XIII, XX, 8) Antonomasia Sospirando piangea, tal ch'un ruscello parean le guancie, e 'l petto un Mongibello. (I, XL, 7-8) Apostrofe O maledetto, o abominoso ordigno, che fabricato nel tartareo fondo fosti per man di Belzebù maligno che ruinar per te disegnò il mondo, all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. (IX, XCI, 1-5) Armonia imitativa |
Adynaton Non io, se cento bocche e lingue cento avessi, ferrea lena e ferrea voce, narrar potrei quel numero che spento ne' primi assalti ha quel drappel feroce. (IX, XCII, 3-6) Allegoria L'età precorse e la speranza, e presti pareano i fior quando n'usciro i frutti: (I, LVIII, 5-6) Anafora Giace il cavallo al suo signore appresso, giace il compagno appo il compagno estinto, giace il nemico appo il nemico e spesso su 'l morto il vivo, il vincitor su 'l vinto. (XX, LI, 1-4) Antitesi N'arde il marito e de l'amore al foco ben de la gelosia s'agguaglia il gielo. (XII, XXII, 1-2) Antonomasia Betelèm che 'l gran parto accolse in grembo. (III, LVII, 8) Apostrofe Tu piangi, Soliman? tu che distrutto mirasti il regno tuo co 'l ciglio asciutto? (IX, LXXXVI, 6-8) Armonia imitativa Chiama gli abitator de l'ombre eterne il rauco suon de la tartarea tromba. Treman le spaziose atre caverne e l'aer cieco a quel romor rimbomba: né sì stridendo mai da le superne regioni del cielo il folgor piomba, né sì scossa già mai trema la terra quando i vapori in sen gravida serra. (IV, III) Asindeto L'orror, la crudeltà, la tema, il lutto, van d'intorno scorrendo, e in varia imago vincitrice la Morte errar per tutto vedresti ed ondeggiar di sangue un lago. (IX, XCIII, 1-4) Chiasmo e sossopra cader fa d'ambo i lati cavalieri e cavalli, arme ed armati. (IX, XLVIII, 7-8) Climax Ascendente: Lampo nel fiammeggiar, nel romor tuono, fulmini nel ferir le spade sono. (VI, XLVIII, 7-8) Discendente: Dunque il fatto sin ora al rischio è molto, più che molto al travaglio, a l'onor poco, nulla al disegno, ove o si fermi o volto sia l'impeto de l'armi in altro loco. (I, XXIV, 1-4) Dubitazione Or che farà? dée sull'ignuda arena costei lasciar così tra viva e morta? (XVI, LXII, 1-2) Enallage Così pregollo, e da colui risposto breve ma pieno a le dimande fue. (II, XLIV, 1-2) Endiadi è quivi Arsete eunuco, il qual fanciulla la nudrì da le fasce e da la culla, (XII, XVIII, 7-8) Epifonema Ne gode e superbisce. Oh nostra folle mente ch'ogn'aura di fortuna estolle! (XII, LVIII, 7-8) Esclamazione Muoiono le città, muoiono i regni, copre i fasti e le pompe arena ed erba, e l'uom d'esser mortal par che si sdegni: oh nostra mente cupida e superba! (XV, XX, 3-6) Eufemismo Ma il primo lustro a pena era varcato dal dì ch'ella spogliossi il mortal velo, (IV, XLIV, 1-2) Figura etimologica Ma se lei fe' natura indifferente, differente or la fa l'ostil furore: (IX, XXXIV, 5-6) Imprecazione Odi, Gierusalem, ciò che prometta Argante; odi tu, Cielo; e se in ciò manco, fulmina su 'l mio capo: io la vendetta giuro di far ne l'omicida franco, (XII, CIV, 1-4) Interrogazione Noi trarrem neghittosi i giorni e l'ore, né degna cura fia che 'l cor n'accenda? e soffrirem che forza ognor maggiore il suo popol fedele in Asia prenda? e che Giudea soggioghi? e che 'l suo onore, che 'l nome suo più si dilati e stenda? che suoni in altre lingue, e in altri carmi si scriva, e incida in novi bronzi e marmi? (IV, XIII) Ipallage Comincian qui le due feroci destre pugna qual mai non vide Ida né Xanto. (XX, XLVIII, 1-2) Iperbato Ove voi me di numerar già lasso, Gilpidde ed Odoardo, amanti e sposi, rapite? o ne la guerra anco consorti, non sarete disgiunti ancor che morti! (I, LVI, 5-8) Iperbole e bella sì che 'l ciel prima né poi altrui non di è maggior bellezza in sorte, (V, LXI, 3-4) Ipotiposi Così parlogli, e Gabriel s'accinse veloce ad esseguir l'imposte cose: la sua forma invisibil d'aria cinse ed al senso mortal la sottopose: umane membra, aspetto uman si finse, ma di celeste maestà il compose: tra giovene e fanciullo età confine prese, ed ornò di raggi il biondo crine. (I, XIII) Ali bianche vestì c'han d'or le cime, infaticabilmente agili e preste: fende i venti e le nubi, e va sublime sovra la terra e sovra il mar con queste. (I, XIV, 1-4) Ironia Ora il mio buon custode ad uom sì degno unirmi in matrimonio in sé prefisse e farlo del mio letto e del mio regno consorte: e chiaro a me più volte il disse. (IV, XLVII, 1-4) Metafora Cade, e gli occhi ch'a pena aprir si ponno, dura quiete preme e ferreo sonno. (III, XLV, 7-8) Metonimia Canto l'armi pietose e 'l capitano che 'l gran sepolcro liberò di Cristo: (I, I, 1-2) Ossecrazione Per questi piedi onde i superbi e gli empi calchi, per questa man che 'l dritto aita, per l'alte tue vittorie e per que' tempî sacri cui desti e cui dar cerchi aita, il mio desir, tu che puoi solo, adempi, e in un col regno a me serbi la vita la tua pietà: ma pietà nulla giove s'anco te il dritto e la ragion non move. (IV, LXII) Ossimoro vien feroce e leggiadro il giovenetto, (III, XVII, 2) Paronomasia Parte e porta un desio d'eterna ed alma (V, LII, 1) Perifrasi a i lavori d'Aracne, a l'ago, a i fusi (II, XXXIX, 3) Personificazione l'alba lieta rideva, e pareva ch'ella tutti i raggi del sole avesse intorno: (XX, V, 5-6) Poliptoto Tu sola il duol comun non accompagni, Sofronia, e pianta da ciascun non piagni. (II, XXXVII, 7-8) Polisindeto Va per mezzo del sangue e de la polve e de' ferri e de' rischi e de le morti: (IX, XLVIII, 3-4) Preterizione Taccio che fu da l'arme e da l'impegno del buon Tancredi la Cilicia doma. (VIII, LXIV, 5-6) Raddoppiamento (Epanalessi o Geminatio) Al re gridò: - Non è, non è già rea costei del furto, e per follia se 'n vanta. (II, XXVIII, 1-2) Ripetizione Rendi al tuo campo omai, rendi per Dio lui ch'è sua alta speme e suo desio. (XIV, XXIII, 7-8) Rendi il nipote a me: sì valoroso e pronto essecutor rendi a te stesso, (XIV, XXIV, 1-2) Similitudine Sol con la faccia torva e disdegnosa tacito si rimase il fer circasso, a guisa di leon quando si posa, girando gli occhi e non movendo il passo. (X, LVI, 1-4) Sineddoche E tanto van per le salate spume che lor da l'ôrto il quarto sol risplende. (XVII, LV, 3-4) Sinonimia quegli è Raimondo, il qual tanto ti lodo d'accorgimento, uom già canuto e bianco: (III, LXII, 3-4) Ysteron proteron e in guisa d'un baleno il signor vostro s'è in un sol punto dileguato e mostro. (VIII, XLIII, 7-8) Zeugma molto egli oprò co 'l senno e con la mano, (I, I, 3) |
Allitterazione gli assidui bisbigli perduti nel sibilo assiduo dei fusi; (La Poesia, 14-15) O monte, che regni tra il fumo del nembo, e tra il lume degli astri, tu nutri nei poggi il profumo di timi, di mente e mentastri. (<<The Hammerless Gun>>, 27-30) Anacoluto il tuo pane, prega il tuo angelo che te lo porti...Zvanî... (La voce, 35-36) E quand'egli già fuor del cancello riprese il solingo sentiero, io sentii che, il suo grave fardello, godeva a portarselo intiero; (Fanciullo mendico, 26-29) Anadiplosi Sapeva ognuno che non c'era altr'aria che quell'odor di mucido, altro suono che il grave gracilar delle galline e il sottile stridio dei pipistrelli: dei pipistrelli, che pendeano a pigne. (Il ciocco, 91-95) Oh! non è questo un temporale estivo col giorno buio e con la rosea sera, sera che par la sera dell'arrivo, tenera e fresca come a primavera, (In ritardo, 13-16) Anafora suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla, suono di mamma, suono del nostro dolce e passato pianger di nulla. (Le ciaramelle, 21-24) E chi faceva nuove case ai nuovi, e chi per tempo rimetteva la roba, e chi dentro allevava i dolci figli, e chi portava i cari morti fuori. (Il ciocco, Canto I, 61-64) Anastrofe Lontano portavano i piedi un cuor che pensava al ritorno (Per sempre, 3-4) Han fatto, venendo dal mare, le rondini tristo viaggio. (La canzone di marzo, 25-26) Antitesi e il Tutto si confonderà nel Nulla, come il bronzo nel cavo della forma; (Il ciocco, Canto II, 97-98) non sapeva, madre fanciulla, come si nasce. (La figlia maggiore, 3-4) Apostrofe O vecchio, o nostro vecchio buono, or ci sono due campane; ma quel tuo piccoletto suono nel castello tuo rimane. O Nimo, o nostro vecchio Nimo! or c'è un doppio bello e grave; ma tu per noi sei stato il primo a dirci Ave! Ave! Ave! (La squilletta di Caprona, 33-40) Non mettere, o bionda mammina, ai bimbi i vestiti da fuori. (La capinera, 6-7) Armonia imitativa E il treno rintrona rimbomba, rimbomba rintrona, ed insieme risuona una querula tromba. (Notte d'inverno, 15-17) Quando s'udì l'ingorda sega un giorno rodere rauca torno torno il tronco; e il secco colpo rimbombò del mazzo calato da un ansante ululo d'uomo. (Il ciocco, Canto I, 65-68) Asindeto Non vogliamo saper nulla: notte? giorno? verno? state? (L'or di notte, 16-17) quando sarà tra mondo e mondo il Vuoto gelido oscuro tacito perenne; (Il ciocco, Canto II, 95-96) Catacresi In mezzo ad uno scampanare fioco sorse e batté su taciturne case il sole, e trasse d'ogni vetro il fuoco. (Il sole e la lucerna, 1-3) La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. (Il gelsomino notturno, 15-16) Chiasmo Io di qua, battendo i denti, tu di là, pestando i piedi: non ti vedo, e tu mi senti; io ti sento, e non mi vedi. (I due girovaghi, 10-13) Domenica! il dì che a mattina sorride e sospira al tramonto!... (La canzone del girarrosto, 1-2) Climax Ascendente Con loro c'è il pittiere solo, ora in terra, ora sul ramo. Fa un salto, un frullo, un giro, un volo; molleggia, più qui più lì: (Il compagno dei taglialegna, 13-16) Discendente Già il treno rallenta, trabalza, sta... Mia giovinezza, t'attendo! (Notte d'inverno, 29-30) Enallage Così pensavo; e lo Zi Meo guardando ciò ch'io guardava, mormorò tranquillo: <<Stellato fisso: domattina piove>>. (Il ciocco, Canto II, 249-251) dal cielo dell'anima, ov'ora sbocciasti improvviso, tra poco tu dileguerai nell'aurora. (Il sogno della vergine, 42-44) Endiadi Io stavo lì da parte... gli rammentavo sere lunghe di veglia e carte piene di righe nere! (Il sole e la lucerna, 19-22) un gran lume di fuoco e d'oro, che andava sul cielo canoro, (Il fringuello cieco, 4-5) Epanadiplosi Viene il maggio, subito viene la frullana grande che taglia... (Il primo cantore, 27-28) Pensa a tutto, ma non pensa a sparecchiare la mensa. (La tovaglia, 21-22) Epanalessi (Geminatio o Raddoppiamento) O dolce usignolo che ascolto (non sai dove) in questa gran pace cantare cantare tra il folto, (Il poeta solitario, 1-3) Oh! non ricordano i morti, i cari, i cari suoi morti! (La tovaglia, 39-40) Esclamazione Che torbida notte di marzo! Ma che mattinata tranquilla! che cielo pulito! che sfarzo di perle! Ogni stelo, una stilla che ride: sorriso che brilla su lunghe parole. (Canzone di marzo, 1-6) Che voli di rondini intorno! che gridi nell'aria serena! (La mia sera, 25-26) Eufemismo ma nutri il lumino soletto che, dopo, ci brilli sul letto dell'ultima pace! (La canzone dell'ulivo, 64-66) è un vecchio che parte; e il paese gli porta qualcosa che chiese, cantando sotto il cielo d'oro: (Il viatico, 13-15) Figura etimologica Lasciami immoto qui rimanere fra tanto moto d'ale e di fronde; (L'ora di Barga, 13-14) In tanto tu vivi per una breve ora; in un'anima, in tanto, di vergine: in quella tua cuna tu piangi il tuo tacito pianto. (Il sogno della vergine, 45-48) Interrogazione retorica Mia terra, mia labile strada, sei tu che trascorri o son io? (La bicicletta, 27-28) Chi passa per tacite strade? Chi parla da tacite soglie? (La guazza, 9-10) Ipallage Ognuno è sorto dal suo giaciglio; accende il lume sotto la trave: sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio, di cauti passi, di voce grave (Le ciaramelle, 9-12) Ho nel cuore la mesta parola d'un bimbo ch'all'uscio mi viene. (Fanciullo mendico, 1-2) Iperbato Oh! voi non, mentre gettate il grido che salva gli altri, predi l'estate; (Il nido di <<farlotti>>, 57-58) Né sa che cosa carreggiasse intorno ad uno sconosciuto astro di vita, allora forse di su lui cantando i viatori per la via tranquilla; (Il ciocco, Canto II, 69-72) Ironia ... O montanine belle, lo vedrete il maestro di latino! Sì, lo vedrete il pedagogo imbelle! (<<The Hammerless Gun>>, 4-6) Ma morto il babbo da più d'un mese, non c'era posto per i suoi nati più, nella Torre, sì che al paese ritornavamo come scacciati. (Il nido di <<farlotti>>, 25-28) Litote Non male. Noi mèsse pei figli noi, ombra pei figli dei figli. (La canzone dell'ulivo, 53-54) Più nulla io vedo, io che vedea non molto quando chiamavo, con il mio rumore fresco, il fanciullo che cogliea nel folto macole e more. (La fonte di Castelvecchio, 49-52) Metafora Sei tu che ritorni. tra poco ritorni, tu, piccola dama, sul mostro dagli occhi di fuoco (Notte d'inverno, 23-25) Tra tutti quei riccioli al vento, tra tutti quei biondi corimbi, Sembrava, quel capo d'argento, dicesse col tremito, bimbi, sì... piccoli, sì... (La nonna, 1-5) Metonimia C'è un falcetto lucido ancora su la Pania, a fior del sereno, dentro l'aria dolce ch'odora d'un tiepido odore di fieno. (Il ritorno delle bestie, 17-20) E quando viene Santa Maria che rende all'uomo l'arma sua lunga, oh! la covata vostra già sia buona a volare; ch'e' non vi giunga! (Il nido di <<farlotti>>, 61-64) Onomatopea Nel bosco, qua e là, lombardi sono taciti al lavoro. Dall'alba s'ode sino a tardi sci e sci e sci e sci... (Il compagno dei taglialegna, 1-2) E me segue un tac tac di capinere, e me segue un tin tin di pettirossi, un zisteretetet di cincie, un rererere di cardellini... (<<The Hammerless Gun>>, 51-54) Ossimoro Sì, solo; sì, sempre, dal canto del fuoco, dall'umile trono; (La nonna, 11-12) Va sempre, s'affretta, ch'è l'ora, con una vertigine molle: (La canzone del girarrosto, 49-50) Parallelismo Non più di nulla, sì di qualcosa, di tante cose! Ma il cuor lo vuole, quel pianto grande che poi riposa, quel gran dolore che poi non duole. (Le ciaramelle, 33-36) Ninnava ai piccini la culla, cuciva ai fratelli le fasce: (La figlia maggiore, 1-2) Paronomasia Nascondi le cose lontane, nascondile, involale al volo del cuore! [...] (Nebbia, 25-27) O che piangi, vite gentile, perché al vento stai nuda nata? (La vite, 13-14) Perifrasi Se t'odia colui che la trama distende negli alti solai, (La canzone della granata, 25-26) discendo laggiù tra le grame mie genti, nel mondo che tace, tra gli umili morti di fame che dormono in pace. (Il mendico, 95-98) Personificazione O ciaramelle degli anni primi d'avanti il giorno, d'avanti il vero, or che le stelle son là sublimi, conscie del nostro breve mistero; (Le ciaramelle, 25-28) Frusciavan alto i vecchi abeti tristi, brusivan cupo i tristi vecchi tassi. (Diario autunnale, III, 21-22) Poliptoto cantavano come non sanno cantare che i sogni nel cuore, che cantano forte e non fanno rumore. (Il sonnellino, 13-16) è tardi!è l'ora! Sì, ritorniamo dove son quelli ch'amano ed amo. (L'ora di Barga, 41-42) Prosopopea Io sono una lampada ch'arda soave! la lampada, forse, che guarda pendendo alla fumida trave, la veglia che fila; (La poesia, 1-5) fanciulle, io sono l'acqua della Borra, dove brusivo con un lieve rombo sotto i castagni; ora convien che corra chiusa nel piombo. (La fonte di Castelvecchio, 13-16) Polisindeto e nella strada che già s'ombra, il busso picchia de' duri zoccoli, e la gonna stiocca passando, e suona eterno il flusso della Corsonna: (La fonte di Castelvecchio, 9-12) Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore, ha fame in mezzo a tante cose morte; e l'anno è morto, ed anche il giorno muore, e il tuono muglia, e il vento urla più forte, e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura, e quello ch'era non sarà mai più. (In ritardo, 43-48) Ripetizione Non c'era nella notte altro splendore che di lontane costellazïoni, e non c'era altro suono di campana, se non della campana delle nove, che da Barga ripete al campagnolo: - Dormi, che ti fa bono! bono! bono! - (Il ciocco, Canto I, 33-38) E io mi rivolsi nel blando mio sonno, in un sonno di rosa, cercando cercando cercando quel vecchio qualcosa. (Il sonnellino, 17-20) Similitudine Oh! Valentino vestito di nuovo come le brocche dei biancospini! (Valentino, 1-2) [...] e tuttavia la vedo andare come vaccherella stanca va col suo redo. (La fonte di Castelvecchio, 54-56) Sineddoche Ch'io veda i due peschi, i due meli, soltanto, che danno i soavi lor mieli pel nero mio pane (Nebbia, 16-19) c'era un lume, lassù, in ma' mai, un gran lume di fuoco e d'oro. (Il fringuello cieco, 3-4) Sinestesia noi s'è la buona umanità che ascolta l'esile strido, il subito richiamo, il dubbio della umanità sepolta: (Il ciocco, Canto II, 122-124) E fanno nel lume sereno lo strepere nero d'un treno che va... (Le rane, 20-22) |
Autore dei testi: Lorenzo De Ninis
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