Poesie di Fabio Deluca


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é il vento che sibila alle mie orecchie a farmi sentir vivo
tutto
muove sempre e comunque
uomini fragili e caduchi
come foglie potremmo
andar via
ad ogni sua estrema volontà
viaggia infinito e senza tempo
tra vette e pianure, il mare
trascina in vortici destini segnati
profumi di vita
di vino, di amori e follie
in un gioco bello e
terribile.

grazie o maestrale!
allegro, vivace e sibilar tenace
giunge grintoso
alla capitale!
a spezzar la calura
che tanto opprime
a ridonar
l'azzurro di un cielo
che fù opaco e di sudore!

L'aereo ( volo)
oggi costeggiavo con la mia auto l'aeroporto, il rombo di un grosso aeromobile faceva tremare i vetri, scuoteva l'aria, per raggiungere il cielo, faceva degli sforzi incredibili, i motori al massimo, la spinta imponente e continua prima dello stallo e la crociera finalmente conquistate. Sappiamo essere queste manovre molto delicate per gli aerei, pochi secondi dove tutto in teoria potrebbe accadere, si può cadere, si può addirittura esplodere ebbene vedendo il gigante guadagnare l'orizzonte e il sordo rombare diminuire pian piano, ho pensato a tutti quei momenti in cui la vita ti conduce verso una crisi, dove al chiuso della tua stanza ti chiedi se questa vita è una follia, quando credi di essere debole, spaventato, timoroso. Quando patisci il dolore, la solitudine, l'indifferenza. Allora ci si prepara al decollo, a spingere i motori dell'anima a tutta forza, per continuare il viaggio in sicurezza. Tuttavia sopraggiungeranno turbolenze improvvise, e di questo ne siamo consapevoli, allacceremo allora le cinture, senza paura, perché siamo dentro la natura delle cose, il cammino , o meglio il volo proseguirà, alla conquista di cose nuove….

Giorgio
Me ricordo come fossi ieri er giorno che pe la prima vorta te incontrammo, er tutto avvenne in trattoria, così che, rotto er ghiaccio, se po parlà in allegria.
De na cosa fummo certi e nun ce sbaiammo, fù tutto vero, davanti a noi un'omo dar core sincero, merce rara de sti tempi dove tutto sta all'eccesso e la normalità, sa de rivoluzione.
Se dice che la sofferenza avvicina ar padre eterno, tu rispetto a noi antri, presi dar vortice della vita, ne potresti approfittà pe poteie parlà, così da poteie chiede tanti perché.
Certo sei sempre testardo e capoccione, così che a ogni discusione, fosse de politica o de pallone volevi avè sempre ragione.
Da quarche tempo poi, te stanno a cresce intorno du creature, roba da fatte riconciglià cor monno:
se capisce dall'occhi tui dar color der mare, semplicemente, senza affanno, ricordanno a noi che quella sera nun c'e sbaiammo.
Ciao Giorgio sarai per sempre nei nostri cuori

(Giorgio Battisti si ammalò all'età di 52 anni di una malattia degenerativa che lo ridusse in poco tempo prima all'immobilità assoluta, poi a non poter parlare per una sopraggiunta atrofia delle corde vocali. Per chi lo conobbe e soprattutto per chi visse accanto a lui sino alla fine ne potè apprezzare, il coraggio, la dignità, la forza di un'uomo eccezionale, trovò una famiglia nell'età adulta. I suoi silenzi erano pieni di tutto, si faceva bambino per i bambini, si faceva coraggio di fronte all'avanzare inesorabile del male. Scelse un giorno di febbraio per salutarci, e lo fece alla sua maniera volle risparmiare soprattutto alle bambine sempre intorno a lui tanto dolore. Giorgio non era mai solo, lo fù quel giorno per pochi minuti, così volle addormentarsi, per sempre. Che il tuo esempio sia da guida per tutti noi. Grazie.)

tramonto
è di gelo la sabbia sotto i miei passi nudi
che calor non vince l'inverno che muore
al volgere dell'onda fuggono per un'istante
i giorni impuri
così sospeso tra cielo e terrra
vaga il mio spirito senza più tempo
intenso fino al culmine come una sinfonia
il rosso che sembra fuoco ora si congeda
e nega l'orizzonte
dal cuore esonda l'intima preghiera
che all'universo dono.

senza titolo
ci sono giorni dove ascolto il
mio cuore
e libero fluttuo alto,
alto che sembro un aliante
lassù dove odo musiche e arie
che mi nutrono
leggero volo e penso al profumo
di tutte le stagioni
ci sono giorni dove stanco
impatto negli occhi degli uomini
che rincorrono i loro sogni
alcuni con la spada
sembran guerrieri.

Notte ( 5 08 06 )
Come na tranvata, m'ariva in pieno petto,
ma nun ma steso, ne ma fatto sortì
fora de senno cor padreterno,
la vita infonno va così
e tutto ( o quasi ) prima o poi
a da finì
certo la cosa essenno calla
me fa soffrì
stasera pe fortuna s'arisente .
er ponentino, e a Roma je vojo dì:
bella mia, nun te move a compassione,
perché stanotte me sento vero,
piuttosto regalame un sorriso sincero,
e armeno te nun me tradì.
Ne ste ore er monno sanguina
Pe le guerre e le ingiustizie
Tutti avemo visto, sentito, letto
Che quarcuno stà a morì
Solo an'angoletto.
A li fori su na pietra
Sonnecchia un micio malandato,
Gni tanto apre l'occhietto, me guarda
Come a dì " a regà, ma ancora
Nun te ne sei annato!"
E l'urtimo penziero
m'avvorge la mente
dopo st'attimo d'eternita'
l'occhi azzurri de mi fia
e DIO che nun ma mai
abbandonato.

27 07 06
grido e lo faccio in versi,
attendo la notte
sfinito nei miei tormenti,
benigna oscurità che chiudi
i miei occhi e mi guarisci,
arriverà freddo e foschia
con dentro i miei giorni persi,
mi ridesto, o meraviglie del creato
attingerò all'acqua del tuo rigagnolo
mite, grido perchè te ne vai, e lo fai in fretta
mi avvolgerò nel silenzio delle dolci pianure
che con tutto il mio io ora stride.

con chi rimarrò
a guardare il mare
dove porterò me stesso
fin dove mi spingerò?
valicherò i monti che tanto amavo
camminerò o ovunque
e proverò a sfiorarti di nuovo
prima che arrivi la notte

federica
benvenuta piccola mia
questo è il mondo
benvenuta nei colori che vedrai
nelle brezze dei mari
nei giorni belli e nei giorni tristi
nei chiari dì dei parchi
coi fiori bianchi come la neve
a te schiude la vita
che pur sempre bella

Sordato
N'er giorno d'er commiato
pe la via a ogni pennone
ar vento un tricolore listato
la piazza è pulita,
er traffico gira alla largha
drento so cavalli, corazzieri
capoccioni e guardie d'onore
lo stato sembra dì
" questo devo al valoroso soldato"
ma c'è chi senza vessilli, riverenze
e sbrilluccichi de spade,
all'artro monno se ne ito
morto ammazzato da l'uranio impoverito
er popolo nun dimentica,
e vole vedè quer nome n'er sacrario annoverato,
perchè puro quello era un sordato.  

estate
sporgenti arbusti
costeggian la via
taglio il vento e tocco le spighe
il profumo di pino carezza al mio cuor
libero ascolto il tuo giorno infinito
schiaccio sassi e polverose strade
notte di vento e sale affioran ricordi
di consumate stagioni.  

Ci sono
Rivedo persino il cielo di quel giorno
dissi: madre mia, in qual fortezza mi riparo.
Mie membra, mia anima
quale seme gettai sulla mia terra
oltre al mio sangue?
chi cospirò a mio dono allora?
vita che in te dimoro
son dentro i tuoi passi,
il tuo respiro, ti voglio.  

Otto Aprile
Moltitudini si disperdono
gli occhi si asciugano
non cercano più quelli del vicino

canti non convergono
nei cuori riecheggiano di chi và
luce squarcia il cielo morto, strani effetti cromatici sui sacri paramenti

il soffio improvviso ti saluta.  

Domenica
Me ritrovo solo alle pennici d'er Gianicolo
me manna ar manicomio, vedè d'ar terazzone
er sonnecchiar dell'Urbe.
me distoie d'ar torpore
er sono campanaro de San Pietro
si perchè er Papa se stà pe affaccià!
e lo fà pe benedì Roma, cor monno intero
e io ritto in piedi, cor capo chino, in mezzo li fedeli
pe na mezzoretta me so scordato li penzieri  

Piazza San Pietro
O colonne a me care
ristoro del mio spirito
bianco dei tuoi marmi
ventre che accogli, acqua che santifica
in te madre in te abbraccio universale.  

Dai nefasti dì angoli smussi della mia anima inquieta, che io chiesi alla sommità del cielo, il mio cauto respiro, scoprir lentamente nei salir di luce, contorni di monti,cristalli di ghiaccio.  

Mare
A te volgo il mio sguardo
all'animo mio e al mio corpo immobile,la tua virtù s'apre.
Dal vento scosso, grintoso e musicale appari.
Luce dal plumbeo cielo lievemente posa.
Muti ai miei occhi in colori di rara bellezza.


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