Poesie di Teodoro Cricca


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Questa è l'Italia
È questa l'Italia dei nuovi padroni
quella del re delle televisioni
con i suoi giullari e i suoi nani
con i suoi beceri ed ilari cortigiani.

Immagine venerata, onnipresente
solo nei tribunali risulta assente.
Lui in quelle aule è come un crocifisso
non ci può stare,dev'essere rimosso.

A metterci piede sta bene attento
e per schivare il togato rosso
ricorre al legittimo impedimento
eviterà così qualsiasi verdetto.

È questa l'Italia dell'alta velocità
della banda larga, del ponte sullo stretto
quella di chi non vuole la verità.

Alla mafia hanno fatto il mazzo
questa non ha più sontuose ville
adesso ha proprio tutto il Palazzo.

Non piace al nuovo padrone
scritta com'è la costituzione
bisogna cambiarla,riscriverla
la dove occorre mille volte rifarla.
Chi non è d'accordo è un coglione
oppure un pirla dell'opposizione

Questa è l'Italia dei poeti dimenticati
dei santi in fretta sfornati
dei navigatori in torbidi acque rimestate
degli inventori delle nuove furbate.

Questa è l'Italia della morale indecenza
della scuola che crea ignoranza
negli ospedali si muore per negligenza
nelle fabbriche si salva solo la dirigenza

Questa è l'Italia della crescente disoccupazione
dove un licenziato si da fuoco per disperazione
qualcuno, ha torto, la chiama grande nazione
io aggiungo…e di grande sopportazione.

Giovanna
Giovanna non è bella
Giovanna cerca un uomo
Giovanna ha nel cuore
La magia del perdono
Giovanna non capisce
l'uomo che tradisce
Giovanna non è bella
Giovanna cerca amore
Giovanna ha nel cuore
il ricordo del dolore
Giovanna ha notti umide
che passa ad asciugare
con le foto di un giornale
ritagli di una vita da sognare
Giovanna non sa far male
regala i suoi sogni di bambina
a chi le regala un' illusione
Giovanna non ha un uomo
che del suo cuore sia padrone
Giovanna ha i suoi giorni
di nuvole bianche e rosa
sogna un uomo che la sposa
Giovanna sente passare
il treno dell'amore
sui binari dei suoi anni
Il treno si allontana
Giovanna sorride e canta
mentre lava e stende panni

Mamma mia che confusione
Mamma mia che grande confusione
tutti a parlar della Costituzione!

Bocciato è stato il lodo del siciliano
dopo il si del saggio don Napolitano
che prima firma e poi tutto rimanda
al giudizio supremo della consulta
Gode la sinistra che brinda ed esulta
da che parte sta il garante si domanda
la destra che infuriata sbraita e insulta

E' nell'articolo tre tutto quel mistero
siamo tutti uguali davanti alla legge
ma a guardar bene non è del tutto vero.
Questo articolo per il popolo non regge
perché non c'è traccia di uguaglianza
tra un povero e chi ha piene tasca e panza.

Grida Di Pietro con fare assai sdegnato
" Silvio molla tutto, vai a fare l'imputato"
Risponde il cavaliere con fiero cipiglio
"Non prima d'aver io l'Italia risanato!
Sono ancora presidente del consiglio!"

Spara le sue bordate a destra e a manca
se la prende, manco a dirlo, con la stampa
serva, afferma, della sinistra opposizione
artefice palese della sua persecuzione

Se è così perché non fa un gesto atipico?
in rotta inversa vada dal dirimpettaio libico
chieda al tappetaro tripolino l'accoglienza
dicendo poi a lui " posso aver la presidenza?"

Non sarà certo per noi una liberazione
del cavaliere perseguitato la partenza
Partir dovrebbe anche quest'opposizione
se solo avesse un minimo di decenza

Batte
Batte la lingua dove il dente duole
quando più fa male quel sentire
che orecchio sentire non vuole
Sulle pietre infuocate batte il sole
E la terra spaccata è come di dolore

Batte il ferro fin quando è caldo colui
che s'affretta per raggiungere il risultato.
Batte più forte un cuore innamorato
Batte in ritirata il povero soldato
Batte il rigore il campione osannato
Batte la fiacca il garzone sfaticato

Batte il tocco di chiesa la campana
e chiama a raccolta la gente che crede.
Batte il ciglio della strada la puttana
ad alleviar gli impulsi di chi in lei vede
momento di amore in virtù di mercede

Batte sul chiodo duro il forte martello
ad inchiodar su misera croce l'uomo
che emulo di Cristo nella vita rovina.

Batte e ribatte chi la sua sola ragione
nel voler imporre si ostina.

Ricordi di una spazzola
Sto qui, dimenticata, mentre lei si specchia
le setole stanche per anni pieni di carezze.
Mi guardo, mi compiango…sono vecchia
e ricordo, malinconica, le di lei debolezze

Ridendo si compiaceva della sua bellezza
mentre passavo le fitte punte nella chioma.
Fresca e inesperta come la giovane padrona
per lei fui compagna della prima giovinezza.

Qualche volta, in attimi di profonda rabbia
scagliata venni con forza verso una finestra
rovinando nel giardino, sotto una ginestra
triste sorte a lui se l'avessi preso in faccia

Infinite volte su me passarono le sue dita
a rimuovere lunghi fili d'oro aggrovigliati
testimone io fui di osceni pensieri confidati
da lei moglie delusa in cerca di un'altra vita.

Se d'amante nell'aria c'era dolce richiamo
svelta e nervosa ella cantando mi scuoteva
per civetteria o gioco mi guidava la sua mano
a lisciar crine diverso che non mi competeva.

Il tempo irridente appassì di uomini le voglie
lenta ripresi a passare tra fili biondi e bianchi
più non era la donna desiderata dagli amanti
tristemente tornò ad essere solo una moglie.

Ora sono una vecchia e scolorita spazzola
che ha fatto il suo tempo e più del suo dovere
e mai si dica di me che fui serva di una zoccola!
Se così è stato, l'ho fatto con grandissimo piacere.

La felicita' di un gabbiano
Un gabbiano smesso aveva di volare
nei cieli e su mari prossimi alla riva.
La vecchiaia ormai vicina lo ghermiva
troppo alto il cielo e minaccioso il mare

Stanco era di ispirar versi a poveri poeti
né fantasia lo colse di gridare per amore.
Privo di una zampa in ricordo di dolore
puntò la terra rimembrando i giorni lieti

Brutto, vecchio,zoppo, in lacerate piume
niente più aveva da chiedere alla natura.
Vide un cortile grigio, planò senza paura
cercando il desinar ruspando nel pattume

Disegnato in gesso bianco sull'assito
avevano i bambini gioco di campana.
Su una gamba sola, lui a rimirar stupito
Il loro saltellar su una figura così strana

Scese la sera nel cortile muto ormai
saltellando a quel gioco si avvicinò
guardando intorno per evitare i guai
su ogni riquadro l'unica zampa vi posò

volse l'occhio stanco al vicino mare
guardò il bidone sicuro del mangiare
Tra se e se disse "ma chi me lo fa fare?
Resto qui dove sicuro è il mio mangiare
e c'è anche il divertimento del giocare

Sarei pazzo a far ritorno tra cielo e mare
Cadere, esamine magari, su una spiaggia
preda della fame o di chi mi dà la caccia
diventare ispiratore di un triste poetare.

Sarò gabbiano vecchio e messo male
ma non sono rimbecillito da esser fesso
Pertanto chiederò ai poeti il lor permesso
chè in giusta pace mi lasciassero crepare.

Il gallo di Peppe
Il gallo di Peppe
sveglia alle sette
Chiama il padrone
e fa colazione
Il gallo di Peppe
fa chicchirichì
a brutti e belli
che passano lì
Il gallo di Peppe
ha una gallina
che lo saluta
ogni mattina
tra un pulcino
e un coccodè
lascia un uovo
solo per te.

Inutile universo
Ti guardo e mi accorgo di quanto
immerso io sia in infinita inutilità
che mi avvolge lasciandomi freddo.
Sei inutile, senza senso e solo io do
valore prostrandomi adoratore al tuo
infinito,alla tua assurda immobilità
apparente.

Se io non qui non fossi saresti donna
stupenda che nessuno ammirerebbe,
pertanto inutile nel suo essere e apparire.

Pianeti,stelle da tempo ormai spente
lune che servono solo a sospiri d'amore
tutto sospeso nel mistero del vuoto.

Monotoni e sincroni movimenti lenti
che si ripetono nel tacere cosmico.
Infinito sei e infiniti sono i miei perché
di inutile esistenza che a niente serve.

Io così piccolo a dare un senso al tuo
esistere e senza di me torneresti
ad esser gelida statua da genio divino
partorita in giorno di ebbrezza.

Ti guardo e mi accorgo di quanto
immenso io sia solo perché ti guardo
e il soffio del mio respiro è parvenza
d'anima dell'infinita tua inutilità.

Amore senza confini
(ad una poetessa che mi onora della sua poesia
E del suo amore
)

Che il mondo al fine di noi sappia
di che amore vive la nostra poesia
che a inorridire nessuno s'abbia
nel nostro darsi anche in buia via.

Apparisti all'improvviso nel mio cielo
di poeta che il cuor suo sapeva muto
Dolce fu con te riprendere quel volo
e cantar di questo nuovo amor vissuto

Affondai le labbra nell'intimo mistero,
quello che sol per amore si può donare
da frementi mani si lasciò esplorare
e in te tornai ad essere un uomo vero.

Dei tuoi fianchi materni in vita stretta
donna d'oriente dal nome che sa di seta
portar al rovente corpo provai l'ebbrezza
e nell'incessante amore il dì si fece sera.

Di te colsi lacrimar di deluso sentimento
a te rivolsi le mie prime parole ritrovate,
ora suonano frasi d'amore mai pronunciate
ma di più volesti per tuo solo appagamento.

Per me creasti nuova e passionale poesia,
frustano i tuoi neri lunghi capelli il cuscino
nello scuotere del capo dici che sei mia
finisce l'amor carnale e mi vuoi ora vicino.

Che importa se tra noi l'età è di abisso,
l'amore non ha età o date sul calendario
lasciamole a chi per un amore temerario
vuole ricordar solo il dolore in cuore fisso.

Quattro soldi per crepare
Fare la guerra in nome della pace
La dove prima di te in vera guerra
giganti fuggirono da quella terra
dove la ragione da sempre tace

Quattro soldi e di te sono padroni,
quattro soldi per la tua giovinezza
quattro soldi per morire da coglioni

Sei il primo di una strage infinita
di ragazzi come te senza domani
da chi pretende anche la tua vita
con quattro soldi messi nelle mani.

Forza ragazzo mio,marcia e prega
quattro soldi ti mettono tra le mani
a lor signori di te niente gliene frega
se su una mina finisce il tuo domani.

Che importa a quei signori in blu
se tu mangi polvere o bevi il sangue
di un amico che non vedrai mai più.

Sei pagato ragazzo mio,uno di carriera
che cosa pretendi dallo stato padrone?
Meglio questo che non mangiar la sera
è stata una scelta tua questa professione.

A nome del mondo e per conto della Nato
per quatto soldi loro ti hanno condannato,
a scendere all'inferno sei stato comandato,
in terra solo tornerai per essere sotterrato.

Rinnovamento
A Caracalla dove gli antichi romani
giocavano a palla ,dopo un lungo
tira e molla ecco spuntar festosa
lieta novella.
Ecco il nuovo che alla guida si propone
della sinistra che è ormai malata.
che vuoi di meglio per quel bubbone
di un chirurgo di fama dichiarata?
Di nome Ignazio e cognome Marino
se vince lui ci va pure il sor Beppino.
Chi è costui? Domanderà il lettore.
È colui che in nome della defunta figlia
ai governanti fiero mosse battaglia.
È proprio lui il sor Beppino Englaro,
colui che fece lacrimare la nazione
ora cerca fama in morente opposizione
Adesso credo che il quadro vi sia chiaro.
Si passa così dalle alcove dei forti
in cerca di veline e gran puttanone
a cercar gloria sulle bare dei morti
per far credibile codesta opposizione.
La sinistra di sicuro è di vomito conato,
non l'ho detto io ma il nuovo candidato.
Non vorrei che in una unica soluzione
avessimo perso un chirurgo illuminato
e acquisito l'ennesimo trombone.

Anno...zero spaccato
Annozero a dirla tutta è assai dura
per me che pago il canone alla rai
e ancor mi chiedo perché mai
mi propina i programmi spazzatura

Con tanti fatti che ci sono in cronaca
altro non trova che blaterare di Silvio
e della sua isterica Veronica.

La serietà non alberga in quella piazza
chiedersi è logico se mai è esistita
così,a pene di segugio, Santoro impazza

il Sinistro che del gas è ormai alla canna
chiama a recitare la Guerritore Monica
perché voce sia del coniugale dramma
tra Cavalier Silvio e madama la Veronica.

Dilaga malgrado i peana la disoccupazione,
la povertà come il deserto a noi s'avanza
e lui vai a bischerare con la solita presunzione
sui malumori di ex attricetta col mal di panza

potesse essere ricca metà di lei la mia sposa
poco le importerebbe delle corna spuntate
che come tante donne in vero sfortunate
difficoltà hanno ogni giorno a far la spesa.

Rincoglioniti ci hanno in tutta fretta
tra veline,diciottenni bionde col prurito,
di far carriera senza fare la gavetta
cercando vanno in tv il posto garantito.

Caro Santoro ben altre sono le tribolazioni
e di tutto abbiamo bisogno men che di te
e delle prodezze d'alcova di Berlusconi

Veronica torni a far la donna più che agiata.
Non ce ne frega niente se lui l'ha tradita,
in fondo è anche vero senza tema di smentita
che per esser cornuta è stata più che ripagata.

Il divino in...commedia
M'avvio a cantar la dolente e mala sorte
del divo che d'Italia è lo rappresentante
e accusato venne da avvelenata consorte.

Ella dotta era dello mondo teatrante
di come sia nel talamo lo cammino
per giunger a sospirata meta appagante.

Non tracannò la bugia di Capodichino,
d'una festa di pulzella dal crine dorato
figlia di un amico al traditor vicino.

Quest'affronto deve esser lo giusto pagato.
Scrisse la sposa sul giornale dell'opposizione
e guerra legale allo sposo ha dichiarato

Chi sia lo sposo libertino sappia la nazione
e i menestrelli cantarono le audaci gesta
del divino che colpito fu senza vera ragione

Eccolo allor apparir dal servile Bruno Vespa
che come Arlecchino è servo di mille padroni
lasciò che lo cavaliere partisse lancia in resta
spaccando agli italiani i fragili marroni

Uomo tra gli uomini a spiegar le sue ragioni
Con la modestia di un pavone che fà la ruota
al popolo dice che è lo più stimato nelle nazioni

Apparir omo di specchiata morale per chi lo vota
declina il suo percorso a quel festeggiamento
perché a ognuno del suo fare non fosse cosa ignota.

Ei fu ritratto con sorriso in familiar atteggiamento.
Potea mai lui gentil'omo concupire sì giovine corpo
Con parenti e servitori che pareano un reggimento?

Potea lui che da quando fu creato lo fetido mondo
perdersi in storia di sesso maleodorante?
lui che a dio disse io sono lo primo e tu lo mio secondo!

Addolorato ei fu per lo decidere della consorte
che al nemico volse le sue velenose esternazioni
e in piazza mise le miserie della sua corte

Vittima fu la nobile dama della feccia sinistrata
che altro non trova per degna battaglia
se non ricorrere a mezzi usati da donne di strada

Il Ferrarese Franceschini è povero e demente
se cavalca simil Ronzinante menandolo per destriero
al cavaliere poco gliene fotte perché è lo reggente
e presto sul colle prenderà possesso del maniero

Poi volse il volto che parea maschera di cera
e fiero puntò il regale sguardo e disse
"Siete gente a cui fà notte innanzi sera,
io non mi curo di voi ma guardo e passo.
Se potrò vi manderò in galera
scrivani al soldo del bieco comunista
che getterò appena posso in orrido fosso
Date sfogo alle vostre insulse scampanate
noi risponderemo con le nostre trombate!"

Dibarinbar
Dibarinbar non è paese d'oriente,
è solo un percorso fatto di niente.
Dibarinbar senza coscienza vai
per uscir d'istante dai soliti guai.
Dibarinbar posto per dimenticare.
Dibarinbar ,posto per sognare.
Sognando cammini e ridi sguaiato,
parole senza senso con alito appestato,
la gente ti guarda e non capisce
che chi da bainbar sbandato esce,
più non è ne carne né pesce.
Da Barinbar più povero a casa torni
a notte alta con l'odor di pane dei forni.
Il ventre s'è fatto d'alcolici damigiana,
saluti come fosse una nobile signora
quella povera jellata che a tard'ora
in ridotta sottana, fa mestier di puttana.
Un uomo ti scansa,un cane ti ringhia,
piacere infinito sotto il cielo stellato
Il pisciar su quel muro imbiancato.
Dibarinbar non è paese d'oriente.
Dibarinbar è il percorrere indecente
di chi la vita s'è dietro lasciato.
Di -bar-in-bar hai passato la notte
Per tornare a casa col mattino in agguato

Intollerabile tolleranza
Par di percorrere vie di città straniera,
facce strane e lingue diverse
ladri,assassini,stupratori,anime perse
fuggiti di certo sono dalla galera

Ora sono qui a rompere i coglioni,
io in casa schiavo e loro ad esser
miei nuovi e violenti padroni.

Ditemi se ho torto oppure ho ragione,
ma senza aver dichiarato guerra,
vittima sembro di barbara invasione.

Sguazzano tra loro d'assalto avvocati,
un furto,uno stupro e una rapina,
da incoscienti uomini in nero togati
liberi sono dalla sera alla mattina

Stato con leggi che sciolgono le catene,
fatte a misura per chi di violenza vive.
L'onesto a patir più nuove e orride pene.

Siamo noi per cattivo Stato i nuovi schiavi,
non certo loro che invadono le città.
Romeni, albanesi, macedoni e moldavi,
ecco della tolleranza la nuova inciviltà.

Se dall'est vento gelido e maligno viene,
non è da meno quello che dall'Africa spira.
Tra due invasioni di finir l'Italiano teme

Sbarcano sulle spiagge, nei golfi assolati,
A noi giunti fuggiaschi su barche mal ridotte
Uomini che nella mala verranno arruolati
Donne che sulle strade saranno mignotte.

Noi pochi italiani creduloni e sprovveduti,
ancora beviamo la cristiana e civile umanità.
Per questo allo stato paghiamo pesanti tributi
mentre qualcuno ci lucra in protetta oscurità.

A questo stato che ci ha in altrui mani lasciati,
dobbiamo la nostra accertata insicurezza.
Povera Italia mia che di te non c'è più traccia
né certezza
Solo le vestigia di antichi trionfi dimenticati.

Lungi da me il voler far di tutt'erba un fascio,
ma se per salvar i pochi immigrati onesti
devo della tribolata terra mia fare serraglio,
meglio che ognuno di loro al suo paesello resti.

Illuminati dei del poetare
Perdonino lor signori la non voluta insolenza
Stà di fatto che da tempo ormai sul sito leggo
sermoni di divina illuminazione e arroganza.
Senza misurar parole a dir la mia m'asseggo

Il rupestre signor Giuliano lassù arroccato,
ci tiene in vero assai a non dar confidenza.
Per dar del tu ci vuole stretta conoscenza,
sia ben lieto chi da lui sul sito è menzionato.

Giuliano mio scendi dal maniero tra la genti,
siamo nella poesia e pur senza volto, amici.
Nulla abbiamo se non versi tristi oppur felici.
In comune noi poeti dividiamo solo i sentimenti.

È nel tuo diritto le distanze mantenere,
non ci duole accontentarti, né ci offenderemo.
Del non essere citati ed elogiati faremo a meno

Malgrado tu non voglia a darti del tu continuerò
Anche perché sarà più facile al sottoscritto
Indirizzarti alla bisogna in loco oscuro dritto dritto.

Il treno della memoria
S'avvicina tristemente per dolorosa storia
giorno del quale vorrei far volentieri a meno,
ricordare è come aprire quel primo lurido treno,
salirvi sopra con il rispetto e la memoria.

La dignità da grigie uniformi calpestata,
nel fango indurito dal freddo, dalla violenza
di orrende bestie senza alito di coscienza,
d'ogni essere umano fecero bestia marcata.

Un numero lungo come ogni dì d'agonia
sulle esili braccia di ognuno fu tatuato,
per cancellarne l'appartenenza al creato.
Anticamera di morte fu l'orrida prigionia.

Nessuna pietà per gli occhi di un bambino
che ai giochi fu da adulte mani rapito
L'incerto stupore e poi il pianto disperato
Le manine protese per sfuggire all'aguzzino.

Non ci fu pietà per gli occhi delle madri mute
che inermi i loro figli piangenti guardarono
inutilmente un Dio sordo e assente pregarono
Non volse loro sguardo,non placò le loro paure.

Dalle ciminiere nero e fetido fumo al cielo saliva
Nelle baracche alla sera gioire per altra agonia,
nella notte breve sognare della casa l'antica via
unica libertà che nessuno negare poteva.

Ossa velate di pelle,occhi scavati dalla fatica,
corpi stremati dalle percosse dei nuovi padroni,
solo la disperazione come unica spinta di vita.
Salga la vergogna del mondo su quei lordi vagoni.

Non arresti la sua corsa quel treno vuoto di follia.
Passi per ogni stazione e liberi richiamo sperato
là dove l'oppressione d'uscita non conosce via
là dove la libertà è rinchiusa da un filo spinato.

Ho fatto un sogno
La notte passata ho fatto un sogno,
la casa vuota,il vento dalle finestre
entrava.
Le tue foto,le tue lettere spazzava,
i tuoi fiori essiccati nel vaso
come fuscelli sollevava e travolgeva.
Nella cucina tuo regno non eri.
Nella nostra camera non dormivi,
nel soggiorno a parlar con amiche
chiassose non eri.
Volgevo lo sguardo mio ansioso
all'intorno cercando di te un segno,
un messaggio,un addio per sempre.
Di te, come per incanto,più niente.
Mi sono svegliato con affanno e sudato,
il letto disfatto,l'odor di cucinato,
la tua voce sulle note di una canzone.
Davanti a me la tua foto sorridente,
ricordo di un tempo ormai distante.
Era solo un sogno il mio.
Vorrei tornare a dormire,a sognare.
I sogni a volte s'avverano.

Padre nostro
Padre nostro che sei nei cieli,
beato te che così quaggiù non vedi.
Se il tuo nome è stato santificato,
il mio tra i cattivi pagatori è registrato
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
anche se è un miracolo averlo con lo
stipendio che prendiamo.
Non parliamo di debiti e creditori
perché primo sono tra i primi,
dai secondi da sempre sono fuori.
Venga il tuo regno ma senza elezioni,
poiché,non sia mai detto,rischi di venir
dopo il ritoccato Berlusconi.
Proteggi coloro che per il Santo Natale,
dono ci hanno fatto della carta sociale,
bisogno avranno della tua protezione
per scampar agli accidenti del pensionato,
del licenziato o di chi è in cassa integrazione.
Salvaci da ogni male presente e futuro,
perché come sai quaggiù viver è duro
Donami un mese di paga da parlamentare
e di me,lo giuro, più non sentirai parlare.
M'accontento anche di un mese da senatore,
della paga giornaliera di un calciatore,se vuoi
anche di statale consulente
quel che fanno loro so farlo anch'io,
ovvero niente.
Scendi ancora da uomo tra povera gente.
Indossa gli abiti di chi è beffeggiato,
forse tra te e te riconoscerai che qualcosa
è da riveder in questo misero creato.

Tangentopoli Due la riscossa
Se qualcuno di voi ancor non l'ha capita
La nuova tangentopoli mai è cominciata
perché quella antica mai fu finita.
Tutti a brindare per il malaffare stroncato,
testimoni fummo di giustizia in gloria
ma il medesimo fu solo addormentato
ed ecco ricominciar lucrosa istoria.
Della città di Napoli,da tempo in coma,
il sindaco all'inferno non è andato,
ma a piè fermo ha resistito e la giunta
ha rinnovato.
Ignota ai signori è la parola dimissione
l'ha strillato il Partenope sindaco Jervolino,
non è certamente sola, visto che alla regione,
resiste ancora l'onorevole Bassolino.
Romeo in triste cella ha passato il Natale
a sentir la solfa magistrati inquisitori.
Era tutto in regola,tutto più che normale.
Ma quale sovrano di oscuri corruttori.
Ma quali mazzette,quali nere tangenti,
al massimo cianciar si puote di costosi
e dovuti presenti.
ma quali corrotti e corruttori,sono tutti
puliti,sono tutti innocenti!
Suvvia! Facciamocene ragione!
A niente è servita la storica epurazione.
Non è cambiato niente cari lettori,
dai regnanti,ai dittatori ai repubblicani,
anche quelli ceronati e travestiti
i giochi di potere sono sempre gli stessi.
E noi,lì a guardar come poveri fessi.
Forse un bel dì vedremo cessar l'andazzo
Quando un uomo del destino da un terrazzo
griderà... "Avete rotto il c....!"

Il pentimento
Or qualcuno s'è con ritardo ricordato
che contro il giudio fu tutto sbagliato.
La legge che diga tra umani poneva
l'ebreo con l'ariano star non poteva.

Che cazzata fù codesta dell'ariano,
nato sono io latino e infine italiano.
Al massimo di Enea figliodi Troja
Cosa mai firmò il duce predappianoi
e con lui il re soldatino dei Savoia?

Il bolognese dell'Almirante delfino
si cosparge di ipocrita cenere il capo,
chiede venia per il popolo latino,
con se portando le colpe del papato.

Se bene andiamo nella storia dolente
qualche peccatuccio anche lì troviamo
del trono di Pietro il papa reggente
restò muto dentro il paradiso Vaticano.

Restarono silenziose le italiche genti
che voltarono lo sguardo alle deportazioni.
Nulla fecero salvo eroiche eccezioni
per impedir del giudio i germanici tormenti.

Simbolo nostro fu il fiero saluto romano
camminammo al marziale passo dell'oca
e popolo d'oche fu certo quello italiano

Pensionato globale
Se mai ci riuscite spiegatemi il concetto,
vero è che il grande botto s'è avverato,
da tempo il mio già l'avevo fatto e predetto,
può non farlo il povero pensionato?.

Cresce in fretta e furia la disoccupazione,
scende a picco del petrolio il prezzo,
stabile, e ti pareva, è solo la pensione,
al posto del latte un bel barile di greggio.

Qualcuno afferma che in realtà son fortunato.
Pensa a quello che affoga nell'incertezza
Di un contratto a tempo come nel precariato.
Per lui non c'è futuro ma eterna insicurezza.

E che dire degli operai in cassa integrazione
o di quelli appena dalle ditte licenziati.
I sindacalisti urlano e chiedono ragione.
ma al suono della sirena lasciano la riunione.

Quello del sindacalista di lungo corso
è stipendio col sudor degli altri conquistato.
Tuelar prima se stesso è dovere senza rimorso.
all'iscritto sindacale basterà l'aver protestato

In mano stringo forte l'azzurra carta sociale
che premuroso governo per me s'è inventato.
E se finirò deperito ospite di civico ospedale
sarà perché allo stremo di forze verrò ritrovato

Assicurati avrò pranzo,cena e prima colazione
al posto del misero pasto tra i rifiuti rimediato
Magari subirò non necessaria letale operazione
per bisturi incautamente nel ventre dimenticato.

Altro ancor avrei da dire ai lettori pazienti
Sarà per la prossima volta semmai verrà.
Poetar m'è duro e faticoso in simili frangenti
Forse è colpa della crisi o della "matura"età

Governanti
Vorrei parlar di quei tristi signori,
Perdonato sia Dio che li ha creati,
che siedono tra ricchi stipendi e onori
per coglionar chi incauto l'ha votati
.
s'azzuffano fieri in rissa d'osteria,
tutto in nome del popolo sovrano.
Volano insulti e cancelleria
Nonché corna da chiusa mano.

Il presidente gli onorevoli invita
A più dignitosa esternazione,
ma non v'è più via d'uscita,
ormai tra loro è singolar tenzone

Più che austera camera pare
Stanza di infimo casino
Ove ognun si dà da fare
Per portar acqua al suo mulino.

Alla fine cessa la furiosa lotta
Tutto per pausa pranzo è rinviato
Pronti saranno per render botta
Dopo lauto pasto dal popolo pagato.


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