Me ne voglio i'  'A vita s'è tutta scarrupàta  a cchiù nun dico  saglie e cresce a mala salute  spànteco e dulore  s'appresentano a tutte ll'ore.    'O tiempo cchiù me ncurva  spalle vraccio e cosce  meneno strille 'e pazzo,  pe' stanchezza ll'uocchie  stanno tra veglia e suonno;  dormo a surzo o quase maje  sulo ombre e male penziere  me fanno cumpagnia  quanno ricorde 'e ati tiempe  e lacreme s'arreposano;  'o core viecchio  malato e appucundruto  a parlà nun ce 'a fa cchiù.    Stu martirio a chi  e a che serve cchiù!  Morte pecché ancora  te vuò ‘ntallià cu me!?  L'ùrdema sigaretta  me l'aggio fumata,  viene nun aspettà  ca sponta juorno!  Viene sùbbeto  jammo, fa ampressa:  Morte pe' sempe  famme addurmì.    E vuje sentite buono:  'e cose stanno accussì!  Sta tutto scritto  sta tutto signato  e ce sta nu sulo finale.  Mo che chiàgnite a ffà  o facite 'a faccia appesa!  C' 'o campà e cu munno  chiurimmo tutt'e cunte  e nun ne parlammo cchiù.    Rosicchi mi sevizi e non mi uccidi!  Affranto infelice e stanco  annegar vorrei nel Nulla  or che esausto di battere è il cuore  e proibito mi è porre fine alla vita.  Oblio pietoso perché diserti e ozi  oh ulcere crudeli, crampi di morte!  Luce mai sconfiggi il buio  tutto si scompone e svanisce  e converge in un puro zero  che non si dispiega in nessun luogo.  Mi son giocato tutto e ho perso  e nelle tasche non ho più un soldo.    Assonnati dolore che vivo  e tu Moira perché ritardi  e disconosci il mio diritto  a non soffrire e più atroce  fomenti la mia demenza  se sono destinato a morire?  Rosicchi mi sevizi e non mi uccidi!    Non ostacolare il desiderio  di farmi polvere, silenziami  fammi tranquillo e sereno  fammi sordo a rintocchi di campane a lutto  salpi e ai miei morti mi ricongiunga  nel caos e nella eterna notte io ritorni!    Ha ogni giorno i suoi getti  di orticarie e di spine  un’implacabile logorio avanza  pasce la mente acute pene  asciugo lacrime di esser nato  sconto il castigo di esser schiavo  di un borioso corpo che ostinato  il vizio di essere non abiura.    Subita è la vita non chiesta  e niente siamo io e te o morte!  Amare, bere, andare al bagno  illusioni, inganni addii e poi? Più nulla!  O folli acquiescenti ciechi e illusi  che accettate il calvario e la croce!    A mani giunte e supino io sorrida  prima di scompormi in atomi  decreti il tempo che nel mondo  tra miliardi di viventi a caso fui  e che tanto per fato amai e piansi.E ora che più non ci sei  E ora che più non ci sei  che ieri sei andata via senza un bacio  dimmi che devo farne della mia vita?  Se avrò forza verrò a deporre  un fiore sulla tua tomba  piangendo ti parlerò ancora  mi dirai senza voce e poi?  Seguirti e unirmi a te quanto prima  è il solo fine che ora mi resta  ma come e dove ritrovarti  se nell’aldilà non ho mai creduto  e non ho neanche il diritto di morire  per abbreviare l’attesa di raggiungerti?  Nel nulla e nel vuoto imperanti  come dove e quando ritrovarti!  Se da qualche parte tu dimorassi  mi basterebbe pur un vago indizio:  un fischio, un riverbero nel buio assoluto  l’eco del fruscio della tua anima  che solinga vaga nel camposanto  tra croci o fuochi fatui  sarebbe sufficiente per rinvenirti!  Come vorrei crederci estinta amata  come vorrei che tanto si avverasse:  starebbe in piedi l’estrema speranza  abbandonerei la certezza crudele  da tanto in me insinuatasi e cresciuta  che si nasce per morire e poi svanire.  Ah venisse un giorno prossimo un vento  generoso a portare la mia polvere  li dove oggi già la tua l’ha preceduta. Va là dove batte il sole  Or che lo sfascio dell'insieme  è alle tue spalle e lontano  amico va là dove batte il sole  e gli alberi fioriscono  e le odalische danzano per noi;  ritmo profumi e luci ritrova  varca il limite e agogna   annunci di altri fragori,  fai urlare il cuore  e per incanto l'anima gioire   se nel cerchio in cui ti muovi  ancor ombre dominano e vi dimorano.  Insegui amore, fischia e balla   altri sogni sventaglia e componi:   più può accadere e vivere!  Inane non restare sul molo   con lo sguardo a immaginare fole  ma imbarcati prima che veliero  salpi e scompaia dall'orizzonte.  La vita è breve e il tempo brucia  la morte incalza e brama:  orario è il verso in cui girano  le lancette dell'orologio   e ahimè al bene e neppure al male  giammai indietro si ritorna!  Con tasche zeppe di speranze  va persuaso che la divina indifferenza  nell'odissea non ti tocchi:  non sempre il mare ci nega approdi   o mortale trionfi ammalio di Sirene  o antropofago ciclope nell’antro ci divori:  una Nausica ci sarà oltre le dune!  Va dunque, prosegui il cammino  da uno svolto ricominci il tuo destino  e in occhi stupiti ancora ricompaia   il sorriso di chi rientra nella vita. Da un rifiorire di memorie  vivida fuor or sbalzi madre  nell'algido meriggio  che mi trova triste e solo.  Fluttuante tra il tutto e il nulla  si riaprono al cuore itinerari  di giorni remoti e rammento  quando fanciullo al tuo braccio  aggrappato mi facevo sicuro  tra le vie ancora sconosciute  di una città troppo grande  per noi venuti da un borgo  che poche anime assommava.    Tuona e dardeggia il cielo  in questo meriggio ottobrino  fine e intensa cade la pioggia  e dilava in me polvere di anni  anni difficili, duri, insicuri  colmi di stenti e patimenti  difettivi per te di avvenire e sogni.  Si viveva allora alla giornata  fluttuando tra flutti e maree di precario:  oh come rammento quante volte  per stanchezza reclinavi il capo  sulla sedia dopo un pasto frugale  per poi alle prime luci dell'alba  già essere pronta a fronteggiare  un divenire avaro di prospettive  ma senza abdicare del tutto  per noi a una labile speranza  che mutasse un prescritto destino.  Da quanto da me ti sei separata  non so più dire, il conto torna  solo se sosto davanti alla tua tomba  e mi costringo a contare gli anni  non ammetto, e ostinato respingo,  che tu da tanto mi abbia lasciato  solo, in balia di un mondo balordo  in cui pur vivo o sopravvivo  che invecchiato schivo e quasi ignoro.    Che sommo bene più mi resta  oltre il tuo irriducibile ricordo  e le avvisaglie della morte  che a piè lento si avvicina  dal confine di una luce oscura  che abbuia e emana terrore.    Nella rappresentazione reciterò  ancora con zelo fino all'ultimo  la farsa di essere, remissivo  interpreterò fedele la parte  che non scelsi ma mi fu assegnata.  Fiducioso auspico di ricongiungermi  a te quanto prima e darti un bacio.  Riabbracciarti attendo e sogno! Trottano o vanno al passo  Trottano o vanno al passo  tra bigie plaghe celesti  nubi maculate e orlate  con bioccoli sfrangiati  già pronte a scaricare  folgori tuoni e diluvi.  Abbattute sete e arsure estive  sbuffi pregni di brume  da zolle e botri s'alzano  al sorgere e calar di luci,  al mugolare di ridesti venti sopiti  stormiscono canne barbute  chiome pallide e ramate;  poggioli e finestre si rinchiudono  al venir di inumiditi giorni;  di fiamme e dardi stanco  riposa l'intiepidito sole.  Transumanze. Remigar di stormi  vagar di fucili ad armacollo  lesti a impallinare suidi e alati.  Da ramo al suolo, nei viali  nei boschi e nei giardini,  cadono fronde rogge e brune;  mosti munge il torchio  brulicano su vinacce moscerini;  grembiuli e zaini si affoltano  e si adunano dopo estivi riposi  spauracchi su campi arati vegliano.    Autunno, come puntuale ritorni!  Più senile oggi ti incontro  e la tua evolvente percorro  fra arrivi di caligini e scrosci  i tuoi coristi mesto ascolto!    Primavera dell'inverno  anche tu hai i tuoi frutti:  castagne noci bacche e funghi;  anche tu hai i tuoi fiori:  crisantemi eriche dalie e zinne.    Oh avvento di declini di luce  mistica litania di funeree elegie  epidemia di paniche malinconie  accumuli di verdiccio per il pattume  agonico proscenio di ingiallimenti!    E tra queste foglie accartocciate  che solinghe pendono dai rami  c'è quella della mia vita brulla  che ancor non si stacca e attende  l'estrema e peggiore delle stagioni! Ammainate le fruste vele  Ammainate le fruste vele  raccolto sartie e stralli  attraccato a una gomena  è il veliero della vita  che acqua imbarca da ogni lato;  di aggiustamenti alla chiglia  o alla carena ne abbiamo fatto tanti  or increduli pur siamo qui  in uno specchio d'acqua morta  a chiederci se poi infine  sia valsa la pena tenerlo a galla.  Eh si! il fasciame è troppo marcio  e l'affondare è solo un attardarsi  che a mala voglia si rinnova.  Nella volubilità dell'accadere  senza croce né fede  sciabordammo tra flutti  di presente passato futuro  fossimo a babordo o a tribordo  poco o niente mai limpido si mostrò  al limite dell'orizzonte fatuo  a noi marinari attoniti  testimoni di gommoni e affondi  e mai invidiosi di regate  traversate e navi da crociera  che ostenti su azzurre pagine  disegnavano strie di illusioni.    Si annerirà del tutto il cielo  infurierà una burrasca prima o poi:  esausti e vinti, relitti inerti  tra le fauci del gorgo spariremo.  Più che mai oggi sappiamo  che quanto conoscemmo o farneticammo  -tinto di ottimismo o pessimismo-  fu appena una goccia d'acqua  e l'oceano ciò che ignorammo,  che nell'oscurità dell'abisso  ineluttabile affonda e si silenzia  senza senso ogni vita vagheggiata.  Si, anche dalla stiva buia  sentivamo o l'avevamo intuito  che pur se non si mostrava  a pochi passi la morte volteggiasse  che balordi sarebbero finiti i colloqui  gli screzi e le schermaglie con le ombre! Allenti del tutto la presa la tua mano  o vita generosa che mi trattieni  tra viventi e presenti!  Or scivoli io come acqua   che passi tra le tue dita  e poi evapori e non lasci tracce.  Non vedi che al suo versante   fatale e silenziosa mi tira la morte  appostata e pronta a ghermirci  sin dal primo vagito?  Su molla tutta la tua presa  precipiti di botto e tonfi  e non scruti il baratro  dal precipizio dell'agonia:  si oscuri la mente lume  e alla tenebra ceda il cuore  che ancora vuol resistere   come chi assalito dal sonno   estenuo si opponga al dormire!  Soggiornammo a volte nel paese  dei sogni e delle illusioni  ma la residenza era esclusa  e non contemplata dallo statuto  a meno di non essere divini!    Ogni onda stanca del suo moto  sulla battigia per sorte si spegne  seguita da altre onde  sgravate dai borbogli del mare. Si fosse prolungata  Si fosse prolungata  fino ad ieri la giovinezza  più fischierebbe il cuore  quando l'attimo edace  con te trascorro e convivo  più leggero sarebbe il passo greve  con cui ti seguo quando spedita  come gazzella mi distanzi.  Oh come accorrente e soccorrevole  dalla fossa cupa mi trai e mi rimetti ali!    Lo specchio che mi mostra rughe  non mente e spietato dice  ad ogni levarsi del sole  che troppo tempo è passato  da che arrossivo se lo sguardo  di una donna su me indugiava.  Senza smentire il vero o il diario  meno della sequoia e più dei fiori  invecchiamo dice il responso  sul poco o molto che duriamo!    Il tempo ce lo portiamo addosso  e nulla può scrollarlo dalle nostre spalle  eppure altra consistenza e smalto  tu mi dai nel gaio presente  che incantatrice fai sorgere e fomenti.  Era prevedibile e auspicato l'esito  da quando ti ho incontrato  nel viale del tramonto  e non ho più perso le tue tracce:  si! va messo all'ordine del giorno  un'altra briciola di vivibile ci aspetta!    Siffatto oggi mi zufola nelle orecchie  già quasi sorde al canto della vita che va via. Sulla stinta panchina  Sulla stinta panchina ove soli  da tanto sostiamo in attesa di morire  lo sognammo a lungo  e dolcemente una compagna  loquace che venisse a sedersi vicino  e ci prendesse la mano nel saluto.  Amara e dura è la solitudine  oh sopraggiunta Simonetta!  Sai, la beffarda appostata veglia  non si lascia sviare e intrigante  ci fa domande sul nostro futuro!  Mi alzeranno in volo le tue parole  se fervide si posano sul petto  sereno concluderò il mio viaggio  tra i fiori prossimi di una primavera  che viene a cancellare i postumi  di un uggioso inverno piovoso  denso di assenze e fitto di nebbie.  Fatti più vicina, su accostati  avvinciti gioiosa alla mia vita  riscaldami e ricuci i miei strappi.  Da rovine e macerie affettive  portami nel lussuoso centro  della tua anima imbellettata  ancor fluiscano acque argentate  nel greto arso del mio destino  e fruttifichino su rive  abbandonate dovizie prelibate;  fammi compagnia e rinasca  su labbra senili un sorriso:  da un cobalto cielo ruba  una stella che pulsi per noi due!  Attraversami feconda onda solare   disperdi la torma di ombre rapaci  che mi volteggiano intorno:  batta il cuore sotto il tuo tepore  si specchi poi nei tuoi occhi verdi  nell'altitudine di una speme risorta! Luce che riverberi e mi guidi  Luce che riverberi e mi guidi  nel buio chiaro che incombe  dimmi se oltre l'oggi più s'oscura  e tremendo un acuto terrore sorge  come sopporterò la greve sorte?  Non ho tue notizie da giorni  il cuore sbandato trema e presagi  congettura mia tenerezza di sempre.  Che ti è accaduto, dove sei  che forza ostile alla vita  ti assenta e di presenze mi priva?  Preludio al peggio forse  parla a vanvera la speranza?  Valanghe di malinconia  smottano da pendii di ore  aumenta il freddo serale  dell'invitto inverno  si insedia il vuoto dell'universo  sento della solitudine la mannaia  che impietosa mi decapita  vorace, intero una tristezza mi divora  pene mi crivellano a mitraglia!  Per riprendere fiato e coraggio  per attimi bivacco con ricordi lieti  mi riparo da funesti pensieri  ritorno a quando baldanzosa d'amor  leggera mi venivi incontro  e al braccio forte ti attaccavi  come edera ad un muro intiepidito.  A quel tempo fuggito trionfava  la tua buona salute, saltellavi  tra cieli stellati e sorridevi:  oh la fiaba che rapito  raccolto ascolto quando il dolore  sbadiglia e tregue dona!  Non ti arrendere, or sbalza fuori:  come una colomba apri le ali, svetta  riprendi quel volo perché non sei sola  perché ti amo e solo non posso restare!  Ritorneranno le rondini tra le gronde  all'ombra madidi correremo  per ripararci dai dardi del sole  ci riaddormenteremo e sveglieremo  insieme sullo stesso cuscino.  Oh restituiscimi la tua voce  ch'io più oda di te e mi consoli:  è la tua resistenza che tutto tiene in vita  e ci solleva: a me appartieni non al buio!  Passerà la piena avversa  che vuole portarti via  alla corrente non lasciarti andare  caleranno le acque in turbinio  mai straripi un fiotto e ci sommerga! Geremiade  Reduce sconfitto e mezzo storpio  dalle frontiere fumose della vita   alla mia solitudine natia son ritornato:  quanto tempo è passato,  quanto fino ad oggi è accaduto!  Non tutto è stato obliato  nutrito e svariato è l'elenco  delle cose non dimenticate  tanti i momenti, le ricorrenze  e i fatti nel pensiero ripetuti.  Oh la lista di chi è partito  senza averlo annunciato  gli anniversari di pene mai confessate  le tappe ad ostacolo degli anni dileguati!  Alla mia prigione mi son riconsegnato  inseguito da ignoranza e infantili paure  tenute, barando, tante volte a bada.  La litania di giorni che mi morde  come eloquente ne è genuina portavoce!  Dovrò gonfiarmi di calma e rassegnazione  chiudere i conti con speranze e illusioni  restare immobile o strisciare come lumaca  per le poche energie sopravvissute.  Per quanto è avvenuto o non si è avverato  non si può far più nulla: auspichiamo  che almeno si salvi qualche lapillo  prima che raggiunga il suo punto di cenere  o più maceria lo seppellisca e nasconda.  Il buon senso, pervasivo e onesto,  dice che mai si può ritornare daccapo  la vita è così: il passato è passato  il futuro è da un pezzo in frantumi  e neanche più mi sporgo a guardare  a occhi aperti l'abisso che conosco.  Se non si può volare e fuggire  bisogna subire le ombre che arrivano.    Vulnerabile effimero corpo  materia che tendi a scomporti  inceppato l'ingranaggio ossidato  del cuore motore, cadute le palpebre,  senza anima, avvinto alle tue ossa  finirai immobile e tumulato  tra le dune silenti del nulla!  Vivrò controvoglia ancora un poco  ma non resti io desto fino alla morte  che ha carta bianca e fa come vuole. Torrecanne  Più marezza e parlotta  al pre imbrunire il mare  oltre, prima dell'occaso,  al largo un naviglio vago   strie nivee lentamente traccia  brezza aulisce e mite spira  addolcia la canicola.  Dalla minifoce prossima del rio  tra un alone di chiarore tenuo  una cannaiola fra flabelli emerge  e spicca un volo, sul bagnasciuga  tace il calpestio del branco umano  spostatosi nel populeio viale  dell'estivo borgo marino;  affrancato e spopolato  si assonna e riposa il lido.  Nell'indaco che affioca  dal basso sorridente emersa   candida si imbelletta  la luna argentata  per la sua passeggiata serale. Fiamma e fuoco che sfavilli  Fiamma e fuoco che sfavilli  quando ogni luce mente  ascolta la dolcissima canzone  che per prenderti il cuore intono:  essa è discreta, è leggera  come murmure d’acqua che schiumi.  E' nelle pieghe del suo velo  cristallino che borboglia il mio amore  e soave in noi si insinua  nel brivido di un sogno.  Vivida parvenza come sfarfalli  e in me celestiale alberghi  quando in solitudini mi impiglio  o altro cruccio si avvicina  o tristezza tombale mi silenzia!    Salvifica, giungi in tempo  se in allarme va la mia vita,  salvaguardami da sciagure!  Il buio il vuoto e il niente  non mi sottomettano a turno  quando la mente dolente  vacilla sul margine franoso  di un pallente prossimo futuro.  Da che presi colpi e pizzicate  dagli inganni della gioventù  e retrocessi nella sopravvivenza  ne è passato di tempo.  Ammetto, oggi-che tu ci sei-  che già sia un miracolo accaduto  se ad essi sono sopravvissuto!  Oh vampa che abbagli e non ti spegni  e mi affianchi nei giorni senza sole  sei l'accappatoio in cui mi avvolgo  quando tremulo dalla fredde acque  della morte intirizzito emergo!  Esulta! Al mio canto, batti le mani  fino a che -addio!- la vita non ci dica:  regga ancora al tempo la nostra sorte  che sul pendio rotola verso la fossa. Ogni fiume segue il suo cammino.  Lo spolveriamo e lucidiamo  tutti i giorni quest'amore  clandestino messo all'angolo  e in ombra dalla cattiva salute  delle nostre vite separate;  sul giornaliero notiziario  c'è sempre lo stesso titolo:  alluso, senza lasciarlo a vedere  pur ci auguriamo di sorprenderci  per qualche nuovo trafiletto  che possa per incanto strabiliarci  ma ahimè tanto non accade  e così con la randagia mente  indietro e avanti andiamo  rassegnati per trovarci sempre  allo stesso punto reclusi.  E intanto il mondo ruota  il tempo incrina e fugge  e noi confinati in quattro mura  affacciati su uno spazio vuoto  che solo aloni di morte emana.  Tanto non ce lo aspettavamo  di certo e or quasi cencio  è questo destino che sfarzoso  volevamo veder sfilare  sulla passerella della vita,  vita bugiarda che dirupa  nelle tenebre e di spalle  appena si lascia guardare  negandoci i suoi rari sorrisi.  Quanto fa ricordo sai, qual risacca  fa quando camminavamo  con doppio orgoglio, mano nella mano  per vie soleggiate e altrui occhi  increduli denunciavano stupore  per vedere a spasso tanto amore:  luce su luce su noi cadeva  gioia nel tuo e nel mio cuore brillava!  Che nesso dimmi c'è tra ora e allora  che subdola legge impera,  quale cieco fato ci piega?  Può solleticarci e farci lieti  ancora qualcosa e l'animo gonfiare  di speranze veritiere, divertirci  di sole e mare, ristorarci  nell'alcova di un sogno vago?  Che ci terrà fuori dal gorgo  di funesti pensieri  che atri ci fioccano intorno?  Tutto è provvisorio: eccetto la morte  che ci fiuta da mattina a sera!  Ma non piangiamo afflosciati e vinti!  Vano non è stato tanto amarci  andiamo avanti, affrontiamo la sorte  appoggiati a una esile speranza  attendiamo con una menzogna  confortevole ancora il sole  che ignorando ogni diverso volere  al risveglio pur albeggia  e prosegue con noi nel suo cammino. Da secoli più non mi cammini accanto  Da secoli più non mi cammini accanto  ma pur dal tempo tanto sommersa  dal fondo a strascico ti ripesco  e un frangente di memorie borboglia  se corre la fantasia in volo  per le aiuole del tuo ricordo fiorito.  In un decaduto regno mi riavventuro  tra meandri e sentieri ameni  come chi non ignori un percorso  e sicuro punti a una meta  ove ambiti si celano  muliebri segreti inviolati.  Pudica e candida silfide  tra sogni svolazzi in veli avvolta  occhi carezzevoli li trafiggono  cercando un squarcio improvviso  che riveli intatte forme evocate!  Fulgida vampa, brama antica  che ridesti i miei sensi spenti  come ancor mi ardi e mi bruci!  Ah quanta impertinenza e vigore  per formicolii di antica giovinezza  che ritornano vispi e audaci:  circoli d'ansia increspano  di dolcezze il lago del cuore  emozioni a sciami lo sorvolano.    Oggi come ieri che più non so  se siamo morti o vivi  sfaldati pensiero che ti avvinghi  a richiami di altri tempi  via immagini di amaro e miele  non lasciatemi cadere in tranelli:  tutto è già accaduto e passato  e nulla si riprodurrà mai più!  Su rendimi quiete e dimenticanza  turbine di memorie! Poi che incenerito  disperso sarò nel ginepraio di ombre  e pur ancor mie notizie cercherai  non chiedere il numero civico  e il nome della strada  del mio nuovo domicilio:  nell'oltretomba non vi è  toponomastica, stradario  mappa o riferimento GPS  che fornisca indicazioni:  nel non essente, irrintracciabili  sono i figli del caso e della pena  nessuno può essere rinvenuto  nelle foibe del vuoto ove oscurata  è la vivida luce del sole.  L'illuso credulo, pur mortale,   brama nel suo apparire   salvifiche chimeriche dimore   ma nel regno del non essere  ove anche l'incorporeo è di troppo  e ha il suo culmine e epilogo la vita  si è irreperibili e anonimi.  Vero è, che rivendicando immortalità,  drammaturghi e poeti  ci siamo inventati inferi  o mitici aldilà salvifici  che perpetuino il vizio di essere  assunto dalla mente terrorizzata  ma atea la mia ombra diffida  né la sua vanesia mortale lusinga  e mai potrebbe mettere in gravidanza  sterili e infruttuose speranze.  Se tutto svampa affioca e si spegne  nella ricerca di un come e perché  della nostra peritura ventura  si può procedere solo alla cieca;  nel non ricordo più localizzabili  fatale, oltre l'oblio ci scaraventa!  Come potrei più dire dove mi trovo:  sappi che nel silenzio massimo  assoluto niente e mai si rinviene.    -Dove sei, dove sei?-  Informarti come potrei!  Privato io dell'uso della parola:  ti risponderanno forse le stelle  o i cipressi dell'universo  agitati dall'alito cosmico  o da un immanente respiro  che ahimè già oggi più non odo. Perduta e rinvenita amica  Perduta e rinvenita amica  a cui dea fortuna bendata  ancora non arride, ascolta  come una volta la mia voce.  Accolti quanti ricordi   di giorni condivisi s'affoltano  quanto si addipanano e tessono  trame immaginarie di avvenire  nella comune disfatta di ieri!  Più non si aduggi per te l'oggi  un dolce affanno ti ritrovi  un'affezione ancor vivida ti affochi!    Ancor respira aria nuova  e da una finestra spalancata  scaccia quella stagna  non si appressi altra malinconia  non si intorbidi oltre il futuro  sempre fumido se si assonna  o sorte nera speranza folgora!  Orsù renditi altera e fiera  amazzone avventurati nel domani  battaglia e realizza la tua vita  tra brividìo di diamantate volte  pur scorgerai l'astro  che per te corrusca e arde.    A diluvi e scrosci di gioia  io assista nei tuoi occhi verdini  da così tanto tempo illanguiditi:  troppe illusioni ti falciò il tempo!  Salvati dalle catene del vuoto  pennella la vita con i tuoi colori  sbreccia il muro delle tenebre  varcalo e corri tra coriandoli di luce  intatti si adempiano i tuoi sogni.  Or non vedi che meno divampa   l'Africo intorno a vesuviane pendici   in questo albicare intorno?  Altro verdire porterà il tempo  a quanto oggi rannerisce! Tardiva ospite del mio cuore  Tardiva ospite del mio cuore  che prudente a distanza ti tieni  quanto seduci le mie illusioni!  Su in tepori avvolgimi  prima che mi raggiunga  il gelo della tomba,  domani ancora regni  una dinastia di regi sogni  vieni e anima il mio spazio muto  riparami dal dolore di essere solo!  Sii approdo e isola lussureggiante  se il flutto me naufrago reclama  abbrevia un tragitto incerto  se verso te mi incammino  al bivio titubante poi  dimmi certo dove andare  traimi fuori dalla fila  di chi nulla attende!  Donami scorte di respiro  quando l'aria manca  e intorno tutto agonizza,  se nel buio pesto brancolo  facella fammi luce  brezza agitami ancora  prima che ogni speranza imbrunita  cada sul viale deserto della vita.  Destami se incubi sogno  al risveglio non gridi di terrore  accendi il mio sguardo  deluso da ripetuti inganni  e che dal tutto si allontana.  Renditi primo giorno  di un nuovo anno  salvacondotto e passe-partout  se non varco confini e porte blindate  non scricchiolino le mie ali  se in volo spinto a te mi porto;  vieni, traimi dalla nebbia folta  e distendimi in terso limpido  possiedimi nella speranza  che nel giorno ti cerca  fatti ragione e mantice  della mia fucina, pilastro  del bene che mi regge:  più trionfi il meglio  e bruci il peggio!  Da un balcone aperto  si allarghi la mia vista  per scorgere dove condurti  quando mestizia si asserraglia  in noi per somma di tristezze;  ritrovami se mi smarrisco  o una valanga mi travolge  se claudicante mi trascino  dammi il braccio e fatti appoggio  afferrami se scivolo  o nel vuoto inciampo;  flauto la tua voce mi incanti  fazzoletto asciuga le mie lacrime  sii rintocco che ridesta  e suadente mi attraversi  rosa madida di rugiada  che nella corte odorosa  al sole si dischiude e abbella  zampillo di gioia che disseta  folgore di passione che non brucia;  taglia e arretra le mie tenebre  e vivifichino le mie iridi offuscate:  infuria tempesta di dolcezze  dammi soprassalti di emozioni!  Ti applaudirà il cuore  quando tra fiori giungerai  sul sagrato delle vite cadute!Su corvine pigne di alicante  Su corvine pigne di alicante  e piedigrosso ambrato  picchia un anticipato  solleone, da ceppa a ceppa  corrono forsennate  cariche di bottino  orde di formiche  sonnecchia placido  e non bruisce il mare  nella bonaccia muta  lontano traccia  un naviglio pigro  una lattea scia.    Addenta e morsicchia l'afa  moscai su mortizze spente  or s'infoltiscono or diradano  inaridiscono caldine aduste  su pendici remoti brillano  chiazze di fumo e fuoco  punge e stringe l'arsura  in quest'incendio di sole.  Da troppo la calura stagna  e inclemente si avventa  su già moribondi campi  morie di lumache e orti.  E' tempo di siccità globale  si diffonde alla tv  e urge la pioggia  per una terra tanto assetata.  Urge che cambi turno il tempo!  Passerà. Tutto passa!  A meno di statistiche e annali  non ricorderemo più nulla  forse domani o ancor dopo  di questi giorni infernali  che pure cuori in ombra bruciano. Se l'idrovora non svuota la sentina  Un sole tiepido da fori di nubi emerge  lieve uno spirar le scardina silente  oltre piccole bave e rughe  remote scie solcano l'azzurro glauco  dal fronte di frangiflutti semi sommersi  gabbiani reali atterrano o decollano.    In un meriggio al termine  immoto sulla riva il cuore elabora  lungo un orizzonte torbido  che non ha segni chiari  aspetta il pescatore che a una lenza  un pesce abbocchi prima o poi.    S'abbruna a poco a poco l'aria  il cielo a mesto poi muta colore  una moltitudine di pensieri salpa  disegna spirali e cerchi concentrici  a istanti di tristezza si cerca scampo  mentre crolla su memorie il ricordo.    Dov'è lo svincolo che evita  una strada che non ha uscite  e rimette in viaggio l'anima confusa  la forza che sospinge l'uomo avvilito  fuori del recinto chiuso  dove stanno croci di eventi seppelliti?    Domani ancora più ingorghi di disaggio  più strapiombi deserti e inciampi  altri fili si sfilacceranno dalla trama  solchi più profondi scaverà l'aratro tempo  che col coltro taglia e col versoio rovescia  lungo il versante della vita che scoscende.    Affonderemo quanto prima se l'idrovora non svuota  la sentina che per stillicidio di tristezze si riempie! Tu, di certo, più non ricordi  Tu, di certo, più non ricordi  -e chissà da quando!-  i lontani giorni d'allegria  festeggiati gironzolando per le vie  il nostro appartarci nel buio  gli angoli fuori mano  ove ebbre si ritrovavano  labbra infuocate e voraci  per donarsi baci di passione!  Felici per un giorno o un frangente  schermati e corazzati poco ci colpiva  non punti da tristezze acute  ignoravamo che la morte fosse la meta  a cui giunge la vita per un tempo  che tende al limite del destino.    Che siamo e chi siamo oggi  separati e indifferenti l'uno all'altro  abbattuti da solitudini e malinconie  confusi in una moltitudine umana  arricchita o impoverita di illusioni?    Quanto silente muta oscilla o si rafferma  tra riverberi e abbui di stagioni!  Oggi sappiamo che dolore e rinuncia  sono preludio e preannuncio  allo spalancarsi del vuoto e del nulla  che non lasciano spiragli di luce  quando a tutto spiano inesorabile  invecchia e involgarisce il cuore!  Baracconi zeppi di passato a rimorchio  per urti ripetuti e buche malcelate  ci sfasceremo quando di colpo  si spezzerà il filo che resiste e ci trae  in mille pezzi poi si disperderà  l'esile vita breve e mortale  e nessun prodigio mai lo scongiura.    Oh si! Sparisti senza lasciare un'orma!  Sento che il freddo sta per giungere  e il tutto essente si ritira ma conforto  oggi mi fa il ricordo in cui ti incarni  nel lieve tepore di un dì primaverile. Non mi raccapezzo  Somaro, il tutto e il nulla  assiduo studio e non mi raccapezzo  la coscienza del limite è palese.  Pur io studio il tempo  che fiume tra anse e pozzi passa e rode  la vita che declina e muta  la pavone bellezza che sfiorisce  i moti pendolari del cuore  le eclissi di ideali e amori  le pozzanghere di malinconia  che mi schizzano addosso pene  l'orrore della morte invitta.  Oh la ragione che tutto vaglia   e indarno sempre indaga  ciò che è privo di senso!    Io studio i rami della solitudine  che si infittiscono di angosce  il futuro che più non mi impegna  lo spasimo dei colori che scolorano  la lucentezza brilla che si fa opaca  lo spessore della polvere che cresce  i feti e gli aborti di illusioni.  Studio e so più meno di prima:  ogni sunto o ripasso è vano  e l'ignoranza intatta mi ossessiona.  Incessante tutto si sconsacra!  Quanti cespi secchi e petali caduti  invasioni di pattume, realtà algide  sterpaglie di intendimenti!  Che intesi, che intendo vivendo?    Dove sono i passaggi segreti  per evadere dalla mia cella buia?  Bere mangiare dormire amare  e infine il dolce della morte!  Giaccio tra due poli ambigui:  abissi enormi e fiaccole illusorie! Cosa vuoi che sappia del dopo  Cosa vuoi che sappia del dopo  se sono impegnato con l'oggi  e vano da tempo tento di riacciuffare  remote piume di imprendibili ieri!  Che posso dirti che valga e duri  più dell'attimo impercettibile  che nel possibile raccolgo  prima che non mi sia vietato  e silente rovini in ciò che è stato.  Un tic-tac uniforme si replica  ma l'attimo non si trasmette  non trasla né precede né segue  l'evanescente non si imprigiona  solo nell'attimo che non afferri  la corda emette note, poi è silenzio;  silenzio prima, silenzio dopo  e così è anche la vita che vivi.  Nulla prima, forse essere, nulla dopo:  nella sequela dell'accadere  non si intrattiene il pensiero in atto  che sorprende si accomiata e annichila.  Ai mortali, solo d'idiozia  della non durata è data  il prima e il dopo restano  punti di una traiettoria chiusa  che si percorre in un verso solo.  Siamo studiosi di cose svanite  e presuntuosi estensori di futuro  e intanto infingarda la terra  gira e cammina tra masse stellari:  necessità e fato imparentati  appena si accorgono di noi  nel pulviscolo di un'onda umana,  in loro balia sospinti dal caso  oscilliamo tra l'essere e l'esser nulla.  Messa in opera, messa in cantiere  sempre al varo nel mare della vita  l'essente in respiro poi salpa per l'assenza  si aprono falle, gotti invisibili  si svuotano sentine, poi più niente  al confine della coscienza incoscienza  nei gorghi del vuoto affondiamo per sempre.. Ecco l'attimo illusorio e breve  Ecco l'attimo illusorio e breve  che sospende il prima e il dopo  l'erba secca o lucente e umida  che lancia il suo gemito muto  al passaggio del cieco vento  le nuvole che fuggono sotto il sole  la vita che ci intontisce col suo mistero  la lugubre eruttazione del cannibale vuoto.    Siamo e non siamo nell'onda delle cose  fatui nell'estendersi o contrarsi  di un destino incomprensibile  nel fluire di ombre sotto dardi di luce  umani vaganti animati da chimere  che accompagnano da mane a sera.  Non ti voglio più bene vita  su, lasciami andare via!    Non senti come si alza  il ritmo dello scricchiolio  come il tempo ammala il cuore  e ogni smalto stempra effimero?  Più non zampillare illusione  polvere già, in oblio io anneghi!  Ieri amore, oggi morte! A sbafo  e ingordo di tanto mi cibo!    Verde e rosa, nero e grigio  questi i colori dei miei arcobaleni  quando si riflette o si rifrange  l'astro dorato dopo un temporale  infuriato nell'arco di cielo  sotto cui vana e fragile scorre la mia vita!  Ignoranza avvinghiami! Non sappia  di un mostruoso irreparabile svanire! Ero sulla soglia dell'età verde  Ero sulla soglia dell'età verde  quando una sera ti vidi passare  e seguii la tua ombra fino ad un portone  serbando per giorni nella mente un viso  viso vagheggiato e tinteggiato da un albore  che spunta solo quando il cuore sogna  e al mattino ricorda intatto il suo dire.  Fu un inseguire furtivo e segreto  che tallonava una femminea figura  un affacciarmi continuo nella serra  ove cresceva prospero il tuo germoglio.    Trascorse del tempo, non so quanto  prima che ti rivolgessi la parola  e una vampa rosea abbagliasse i nostri occhi.  Eri leggiadra, le tue unghie avevano il colore della rosa  scarlatta, dardi scoccavi e infiacchivi il mio coraggio  che a te mi avvicinava con passi intimoriti.  Si accorciava poi la dolce lontananza  petali spuntavano dal grembo del sogno  il tuo respiro accelerato e ansante come il mio  rompeva il silenzio e dava fiato a parole mai udite.  Oh rosa come profumavi di soave e di speranza!    Ancella in divenire quali mondi spalancavi  come mi soggiogava la tua onda di tenerezza  in una avventurosa incertezza e illusione mi cullava  quante girandole multicolore esplodevano intorno:  era stagione di fiori e tu l'aura grazia dell'amore!  Cessati i preludi e tutti lontani  alitammo felici tra divini riflessi di luce  e vagammo tra le stelle nei pelaghi del cielo.  Perché precipitoso poi vanì  il nostro sogno tra i gorghi della sorte!  Dove sei ora, sarai viva, sarai sepolta ?    Te cercando va cuore immiserito di porta in porta  te rincorro nelle tenebre infinite colomba bianca!  Se cielo fiume mare monte o orizzonte affisso  nella triste ora te va cantando il cuore illanguidito  memore amore di mia prima giovinezza! Al farsi del mattino nel parco  Al farsi del mattino nel parco  per refolo sparuto e stento  pur plana da ramaglie dorate  qualche fronda nei viali;  cani, in libera uscita,  ma al morso del guinzaglio  marcano domini altrui  o inquietano piccioni isolati;  vecchi su panche mezze sgangherate  spolverano memorie tristi o liete  di parlanti giorni passati.  Il sole sale, la terra scalda  corre il baio del tempo  fra pensieri non detti e non uditi  poi bruca tra istanti muti.  E ancora l'ortica si mostra  nell'aiuola di ghiaia  che al solleone brucerà all'afa.  Ecco ancor lì la gazza audace  spintasi fino al cassonetto  a cercare qualcosa da beccare  e precedere altri famelici.    Altrove e chissà dove  tante cose stanno accadendo  qualcuna tiene, altre schiantano  effonde il vano, gemono illusioni.  Ognuno per la sua strada  accerchia invisibile la morte la vita  che fa testamento del suo vuoto.  Beati i galli e le oche  già alle prese con i fosfori  smart tablet e cellullari  che tanto scomunicano e ignorano.  A sentire la voce dei giornali  ai più manca l'essenziale  e strano ancora fanno scalpore  i disonesti pizzicati  in fragranza di reato:  non passa più di un giorno  che o di qua o di là  nelle sue forme varie  la pazzia non esploda.  Dolora e abbatte il presente  non la vecchiaia ma la giovinezza  che non mi appartiene e all'oscuro  per tanti deve edificare un avvenire.    Occuperò anch'io una panca vuota?  Indugio, si..no, decido:  aspetterò che il primo che passi  mi lanci un saluto e un sorriso. Senza più lacci e gravami   Senza più lacci e gravami   presto andremo via   ai fumi al vuoto e al pieno  al dolore e al grigio   malinconico che ci assorbono  allo spasmo di solitudine   che l'anima torce   le spalle volteremo  e cerea trionferà la morte.    Caduta ogni angoscia   in nessun luogo sarò più  pure al silenzio assoluto  sarò sordo e il cuore   affrancato del suo battito  troverà quiete e riposo.  Separiamoci senza rimpianti  e stupori mondo senza fine e scopo:  addio, ti lascio buio e luce!  Vano tutto declina e perisce   sai amore e fiore che profumi  sole tiepido che mi desti!  Su, vai oltre famelico vuoto  qui non puoi più ingozzare nulla!  Nessun giorno non tramonta  comune e uguale è il destino  così è e fatale deve essere  dopo spari o inesplosi  di sogni e di illusioni.  Continuerà senza nessi e dèi  a comparire e scomparire la vita   febbre che in altri si replica   e a futuri commiati già rinvia!  Incapace di traversamenti alati  marcirò come vecchio relitto  sulla stigia spiaggia   e se mai ritrovato un giorno  non si saprà neppure chi fui! Se un verboso estro m'avviva  Se un verboso estro m'avviva   e ilare il cuore a te si volge  non farmi silente incavo   qual conchiglia arsa e inerte  che dopo sciabordii il maroso   sulla battima atterra e infossa   dolce prediletta amica!  Angelo dalle tenebre sbucato   nell'anima e nel pensiero  a me stesso non mi abbandonare   nel mondo che ci frulla  tra bolle fatue intrise  di sogni e di illusioni  ma tra baluginii e riverberi  acqua bagnami, sole scaldami  brezza accarezzami, respiro dona   e tienimi vivente!  Non apparenza di vacue essenze  ma sostanza reale, tangibile,   densa di trasalimenti e di sospiri  saldi le nostre disgiunte vite  all'accadere del serale incontro  quando un tardo frullo ci innalza  e trapunto di astri si fa il cielo.  Parole corali raggiungano   meta ambita prima che vaniscano  o in gorghi di silenzi affondino  nel farsi di un procelloso evento.  Munifica, la penna nella tua mano  racconti la favola che bramo udire  che mi rasserena e mi rischiara;   più affresca e abbella la tua figura!  Fosfora nella nebbia la riconosca  guardando in punta di piedi  oltre il suo alto spesso muro   pur quando il baluginio  repente avrà ritirato la sua luce  e l'etereo bagliore farà nero.  Abbracciami e sovrastami   strabilino occhi su te affissi  dammi confidenza se, intimorito  e mesto, in angolo buio m'apparto   e cuore non sazio più ti guarda.  Donna fatti fiore e profuma  e io farfalla su te mi posi! Quann` hê campate pe` tant`anne  Quann` hê campate pe` tant`anne  e accumpare `o primmo capillo janco  senza ca `o chiammo  vene pure `o mumento ca t`addumande:  "Ma ched` è sta vita?"  Senza ca ce pienze rispunne sicuro:  "E` pe` chesto e pe` chell ` `o ccampà!"  Ma si te miette a ragiunà  nun te cunvince e, quaso a te fà nu rispietto,  'mpruvviso `a stessa dumanda  s`appresenta n`ata vota  e da saputiello...addiviente 'ngnurante!  Cu na santa pacienza, te miette  a cercà n`ata risposta, speranno  `e truvà chella bona e fernì  stu juoco ca t`accumencia a scuccià!  Ognuno `e nuje, a modo suoje  tene na filosofia pe` se spiegà  `a presenza soje 'ncopp` ` a sta terra  e, cu sta certezza, affronta sicuro  e cu fede `o destino ca l`aspetta!  Ched`è sta vita?.......  Vulesse risponnero cunvinto  sicuro `e nun sbaglià  sicuro `e sapè che sto facenno  mmiezz` `a tanta ggente, sicuro  `e sapè ched`è sta vita mia! Sequestrami vento e portami via  Si è alzato chissà dove  un vento stasera, sbuffa  e fa udire inquieto la sua voce:  spasimano le poche foglie su rami  dondolano ombre e luci su viali  carte turbinano in erme strade;  passa, passò prima, passera dopo  così come pensiero per la mente.     Che è vento questo risuonar  interior lieve lento o acuto  di nostalgie e memorie?  Oh tu orchestral strumento  che il mio silenzio fendi  e vele ideali enfi  sei di ponente o di scirocco?    Come orienterai la mezzana  sulla cui tela è ricamato  in un cuore in nome del mio amore?  Su sirti gibbose o al largo  mi spingeranno i tuoi soffi  mi risparmierà la tempesta  che attacca il regno dei ricordi?    Oh dimmi, come fai tu inconsistente  ad avere tanta forza  e optare per tante direzioni?  Sussurro leno o urlante sibilo   che accarezzi o scompigli  animator di chiome veli e vessilli  al tuo ritmo batte il mio petto  se dimentica il passo delle parche  che mute incedono funeste   per condurmi all'abisso.    Sequestrami o vento che passi  prendimi nel tuo viaggio  più non sbadigli al mio destino  se ancor a solitudini cedo  o nei loro gorghi affondo:  una folata mi strappi  all'istante in cui languori  e un corpo senza vita sento! Teatrante faceto e serioso  Teatrante faceto e serioso  su sveglia! Poltrone andiamo  il palcoscenico del giorno  è già pronto e allestito da ore  il ruolo e la parte la conosciamo  oltre la platea e il coro, sulla pedana   comparse reciteremo il tiritera  tra luci e ombre, fischi e battimani.  Sei stanco del palco? Ma dài!  Non puoi ritirarti o eclissarti  se non si chiude il sipario  e violare le regole del contratto  che stipulasti col Regista  all'iniziò della messinscena!  Nella trama della commedia   apparire, è la tua missione  illuderti di essere, il tuo alimento  domandare e non sapere, la tua pena  amare utopie e amori, il tuo sogno!  Respira le tue sceniche polveri  tra la vigile gente di teatro  e variegate illuminazioni filtrate   e ricorda che sulla locandina  pure in fondo e minuscolo  a volte figura inaspettato il tuo nome.   Dàì! La tournée è quasi alla fine.  Comica assurda tragica o grottesca  non puoi rifiutare la tua parte.  E se dimentichi battute?  Tranquillizzati:c'è sempre un suggeritore! Ncielo s'è spase nu lenzuolo niro  Ncielo s'è spase nu lenzuolo niro  chiòve primma nu poco po' assaje  'a stanza s'è fatta scura 'e gelata.    I' vi sento penziere mieie  ca nun parlate, diciteme: addò iate?  Ah sta pucundria ca vene a ncuità  ca saglie stregne e affoca!    Miette vela e iammo luntano core  scappammo primma ca cchiù s'accoste  e st'anema ca tutto sente struje.    Addà passa st'ombra, addà passà  s'addà sbruglia stu velo niro!  Vattènne, vattènne aria d'autunno  nun te sta cu me abbracciata! Non è ancora il momento di partire  Non è ancora il momento di partire  devi ancora aspettare  mi ripete una voce  se tardo non è per colpa mia  e così per digerire l'attesa  mi vedo costretto a chiacchierare  con i miei pensieri.  I più prolissi certo sono loro  io mi limito a poche domande:  da dove vengo, dove andrò  cosa ho fatto della mia vita  e così via dicendo.  Tra una pausa e l'altra  a volte mi addormento  o se non ci riesco  alla fine finisce  che miro una volta stellata  corro a un mare remoto  penso ad una donna  o mi assonno su un libro.  Bisogna pur far qualcosa  mentre la vita si svuota  del tutto e dissacrata  stinge i suoi colori così vari.  La noia e il vuoto  come altre cianfrusaglie  incursori del mal di vivere  poi sono sempre in agguato  pronte a sopraffarci  a metterci un braccio  attorno al collo e soffocarci:  i malandrini incorporei  nell'ombra appostati  non aspettano altro!  Senza compagne nostalgie   figlie di passato e futuro  vivo nella chiarezza frontale  del mio destino vago  tra sussulti di silenzi acuti;  per essere obliterato  un biglietto di sola andata  valido, stretto custodisco  nel palmo asciutto della mano. "Alluvione"  Seguendo presagio meteo  rovinosa imperversa l'ira  autunnale dei Nembi  sulle ubertose Langhe.  Ininterrotta, ostinata,  copiosa e fitta pioggia  dall'alto inclemente  ciel riversa su invasi  rilievi terre e case!  Torme di rivoli brulicanti  sguizzati da monti e pendii,  insinuosi, giù inondanti  per crinali vanno.  Come liquido che rigurgiti  da colma coppa  su tovaglia tersa ,  alterandone artificial disegno,  così il padre Po  col tributario Tanaro  e la numerosa acquea famiglia  dirompendo, dilagano  sgualcendo la paudania piana.  Violento e furioso  il contatto con le cose:  cede l'argine,  rovina la muraglia;  affonda il campo;  s'accascia l'albero divelto,  ferito a morte il ponte;  annega l'arida pietraia  terrapieni si disgregano!  Vaganti, carcasse fluttuano,  masserie, fabbriche  impantanate stanno!  L'omicida marea melmosa  scompaginando corre  itinerari di morte  traccia avanzando!  Reo del suo insaziabile  potere di dominio sulle cose,  l'uomo riflette imprecando:  sulle guglie del dolore  disperazione muta sventola! Che m'è succiesso!  Che m'è succiesso  da quanno mettennemo  na mazza 'e scopa sott' 'e cosce,  comme si fosse stato nu cavallo,  cu na scimitarra  fatt' 'e cartone rinfurzato  curreva a fà guerra  cu 'e nemico ca steva p'arrivà;  da quanno m'abbuscaje na preta  'ncapo, doppo na secutiata?  Che m'è succiesso  da quanno appuntunato  a l'angulo 'e nu vico  apettava tremmanno  ca passasse na figliola  e 'o core dicesse:  -Mò ca passa  lle facce 'o surdeglino,  m'accoste e lle dico :  Vuje, mme facito suspirà!-?  Che m'è succiesso  'a quanno na femmena  me mannaje a dì ca me vuleva  e i', gamme chïate,  appuiato restai nfacce 'a nu muro  c' 'o core ca sbatteva e tremmava  p' 'a nuvità? Che m'è succiesso  'a quanno addiventato n'ommo,  sturduto d' 'a speranza ca runzea,  mpapucchiato da mille sbarìe  'o tic-tac 'e nu rilorgio  accuminciaje a cuntà  juorne, anne e malincunie?  Che m'è succiesso?  M'è succiesso  ca me so' fatto viecchio!  St'uocchie senza chianto  e stu core tutto curaggio  hanno capito 'a verità!  Mò 'o saccio!  E chi se ne mporta  si me restano 'a sfuglià  sulo poco pagine  primm 'e nserrà  'o libbro d' 'o destino  c' 'a vita, passanno comm'o viento  arapette tàntu tiempo fà. Nero oltre il nero  Luna piena luna nuova luna calante  vestite di bianco velo   fila Cloto misura Lachesi recide Atropo  destini decreta la Possente Moira!  Qui ancora io, in loro balia   a sopportare un trascinamento che non amo  a ricoprire illusioni interrate  madido di malinconie.   Si consumerà completamente il tizzone  che arse e fece fiamma   e sarà cenere muto  ancora i deserti saranno deserti  i fiumi correranno al mare  foglie vive si avvicenderanno   e foglie morte.  A che affanni guerre vanità   invidie contumelie e amore  se al nulla tutto soccombe  prima o poi miseramente.  Povera illusa umana vita   che in quelli che verranno   trasmigrazioni e aureole  cerchi fughe alla tua sorte!  Creare per distruggere:   quale perpetua stupidità divina  per l'universo viaggia e regna  e compie misfatti atroci!  Nasce perendo ogni cosa per fato;  drogati di vita, prede di passioni  per istinto dimentichiamo la morte  seguendo il sole e le sue ombre. Di me non hai ancora un volto  Di me non hai ancora un volto  ma solo una voce e un po' di tepore  umano che un filo diffonde  eppure ad ogni riascoltarci  leggiadra ritorna un'antica gioia  e possiamo respirare tra le stelle  riamare i giorni, pur distanti  melate primizie interiori  assaporare tra polposi pensieri.  Più ne voglio, né posso  perderne neppure un poco  troppo prezioso è per la vita  che senza voltarsi sta andando via;  ancora, oggi e domani,  per te e per me voglio sognare  distendermi al sole,  andare per mare e cercare perle;  abbandonato sentieri deserti  di presenze vive a te compagno  ancora intonare canti di emozioni.  Avventizia non sia quest'epoca di ali:  in volo due sorrisi esplodano  nello spazio di dolcezze che sorvolano  e altre luminanze sull'orizzonte  allontanino le tenebre di ieri.  Su, librati  intendi questi spiriti aerei  che parlano di albe future  di preannunci di crociere  di frescure di altri mattini  di presenze di palpiti e tremori  di sciami di trasalimenti!  Acerbo e odioso un passato  sia solo un ricordo seppellito  nel camposanto del dolore.  Schiudi le tue labbra, vieni  dilatati a questa nuova era  che tra la nostra meraviglia  incede e odora di fiori.  Se acrobata cammino oscillando  sul filo teso tra principio e fine  tienimi in equilibrio sicuro  bilanciandomi con l'asta del tuo cuore  e parlami perché io non veda  gli aguzzi speroni che emergono  dai precipizi della vita:  un amore di essere e sentire ci risposi  e un motivo nuziale ci commuova  se ancor tempo scorre nella clessidra. Tiritera settembrina  Ci sbarazzeremo per incanto  di quest'afa malandrina  che ancora ci toglie il respiro   ritorneranno brume fumanti  più fiato e forza avrà il vento  dalle vigne ad una ad una  si staccheranno foglie roggie  docenti ambulanti precari  nella "buona scuola" forse  avranno cattedre e banchi  ancora ci saranno scioperi  per rivendicazioni salariali.  E' già nell'aria, lo sento:   al cuore che batte più piano   nubi migrabonde infoltite  autunno annunzieranno meste.  Oh la pioggia, la pioggia  che tanto aspettammo   arsi dalla calura agostana  la frescura serale dimenticata!  Altre escare di speranza  spunteranno sui rami secchi   della vita che si accorcia   per noi pendolari tra stagioni.  Che scorgeremo tra le nebbie  oltre riconoscibili malinconie   qualche fungo, dei licheni e poi?  Oh elegie, elegie in fuga   che l'animo compone e scompone  al piovigginare di fronde brune  tra viali solitari di ippocastani!  Lento ma inesorabile il tempo fugge  l'animo cattivo di questo mostro   senza testa né coda ci divora  o ci spezza con la sua mole di eventi   poi più si accresce l'effluvio denso  dell'indicibile convinzione  che tutto muore e mai più risorge.  Lontana se ne sta la morte  catastrofe o apoteosi in prospettiva  quasi a temere di essere bene accolta. E intanto andiamo  Tremoleranno qui a poco le fronde  ancor più veloce dietro ai monti  scivolerà il sole e sarà buio prima   brume e piogge piomberanno  su terre arse cedui boschi e case  altre fratture avrà la salute   che come cero si consuma.  E intanto andiamo,   forsennati o svogliati corriamo   ma dove andiamo: dove!  Forse verso il grande sonno  che di nero si colora o di eterno s'indora   nella povere che si alzerà col vento  o inanimati nel nulla a fiottare?  Nella probabilità di vivere o morire  -varia e volubile- ci sballotta   l'alta marea delle stagioni  or su punte di scogli or al largo  di pensieri dolci o atroci.  Chissà quando, ma ancor più lesi  crolleranno muri maestri  di speranze e di illusioni   dardi di angoscia centreranno   il cuore senza scudi di fede;   rapido, in sordina, rassegnata   seguirà la vita la scia del destino.    Camminammo verso l'amore un'estate  portando un anello e una fresca rosa   lo rammento nella folgore del ricordo  risento i tentacoli delle meduse  l'ammalio delle sirene adescatrici  prima che si giungesse a un attracco!  Altro tempo correva:   più giovane, lieto e meno pigro   era il cuore, schivo ero   alle strade del silenzio  che oggi mesto nell'assenza percorro.  Si, altro tempo! Fu appena ieri   e domani non so se più sarò vivo.  Ah come monta la squassata mente   pensieri che fanno ragne di schiuma  e poi nell'oblio si incanalano.   Vedi quelle nubi grigie sulle cimase  che, come messi cupi concitati,  in anticipo autunno annunciano  in quest'ultimo scorcio d'estate?    Sorte donami beata ignoranza  nutrimi di salutare indifferenza  paralizza i miei inquieti pensieri  se a strascico l'abisso scandaglio! Forte su flavi campi picchia il sole  Forte su flavi campi picchia il sole  raro è qualche albero ombroso  nelle gole rapaci diurni roteano  rocce corruscano su declivi feraci.  Giorni ferventi forieri d'afa  per frescure in moratoria e lontane  invieranno tutti ai monti o al mare   si vuoteranno piazze e strade  più morderà l'arsura tra i greti.  Ciclico e uguale tutto si snoda   nelle sue forme e nei suoi modi  ripetibile scorre il nastro   del tempo con le sue stagioni  e nulla nel suo fluire lo muta.  Chi va altrove in cerca di ristoro  non fiuta il destino, miope poco vede:  i bessi sognano bronzature invidiabili  che diano nuova tonica all'eburneo corpo,  i frugoli, sull'arenile intasato,  (non contaminati da dolori e delusioni)  armeggiano con i loro attrezzi   friabili mure di cinta e torri erigono;  si raccolgono pinoli, si vola su bici  si bivacca tra boschi e si respira.   Verrà poi la brevità del giorno  consueta e in leggerezza   la malinconia dell'autunno  il freddo e l'uggia dell'inverno  e si aspetterà di nuovo   di partecipare a un'altra estate.  L'egro ermo pensare del vecchio solo  che non a garganella   ma a gocce di vita si disseta sa  e non ignora che non solo a scaglione  ma pure a caso immite la morte viene.  Sul contingente attuale e stagionale  ci imbarchiamo e sbarchiamo   acciuffando pezzi di vita che passano   con un cuore sempre più disabitato. Se le parole sapessero dire  Se le parole sapessero dire  di una esistenza interiore  se non effimere si opponessero  al soffio che pagliuzze le porta via  o rafferme figurassero illustrate  la istanze pregnanti di chi le emise  saprei riproporle, sceglierle  in una gradazione di toni e di colori.  Poi che dopo estrema attesa   scalpitanti fremono   e in ressa sfuggono  a chi vorrebbe trattenerle segrete   per non vederle morire  e ad altri non dicono del cuore  del suo cantare a squarciagola  al venire di un emozione d'amore  come ancora liberarle e trasalire?    Oh l'indifferenza dell'uditore  che sordo inanimate le accoglie   oh insufficienza dell'abbondanza!  Che potere può avere la parola  se non svela retroscena  o non attraversa la cruna di un cuore!  Se non avessimo fiato  o intrappolata tacesse la voce  storie dolci idiote o mozzafiato  non farebbero il giro del mondo:  parlerebbero allora più veri gli occhi  l'incapsulato farebbe più strada  una lacrima sgrondata  proverebbe una tenerezza  un formicolio di sospiri  racconterebbe la trama   di un libro di batticuori.    Ah quanto abbiamo riferito  al mare ad una tomba o alla luna   quando soli nessuno ci ascoltava  e una solitudine ci strozzava! Tu non venisti né mai ritornerai.  Amore che con cuore e respiro rimi  nel corteggiarti la vita consumai  slancio tenero del sogno  la mia forza indomita eri  poi le tue promesse disciolte  nel nulla e il mio andar solo!  Dimmi, in che sbagliai   se vano dappertutto ti cercai?  Un errore, un altro e poi ancora  oh me asino insistente   che dietro nuvole farneticando  con te lunghi discorsi allacciava   per reggere con ragione una vita   pesante di angosce e di tristezze!  Paradiso, purgatorio o inferno  pur tu a bada tenevi pensieri neri  quando una speranza si allentava.    Premio mai ricevuto, fiore impallidito  o mai spuntato dalla pietra  lava raffreddata, bugia ripetuta  sbatter d'ali impallinato!  Oh signore che cuori padroneggi   quanto ben poco mi sorridesti;  raggio di luce non fendesti   la muraglia di nebbie e a voce alta  non potei gridare:- Sta arrivando  mi acceca e per me splende amore!-  La vita abbastanza non dura   per attenderti negli anni  tutte le macchie una volta fiorite  or son distese desertiche  e anche tu albero della vita  non hai più radici né fioriture!    Zitte cornacchie cianciose   la morte è qui vicina, zitte   io vivo appena e non per sempre.. Vita amore e morte  Amore e morte, ermetici misteri   sovrani della vita, enigmi irrisolti!  Quanto vi ho studiato e approfondito  nel flusso di desideri e illusioni  nel viavai di nascite e di lutti!  Mille chiavi di lettura ho provato  per nei vostri recessi addentrarmi  ma nessuna serratura è mai scattata  e sempre fuori della porta son restato.    Più inconoscibili ancor vi indago  da reiterate inquietudini sobillato  ma come riconoscervi per quel che siete  se mai alla luce interi vi mostrate  e interrogazioni da millenni eludete!  Nell'avvicendarsi eterno voi fluite  portatori di gioia e di dolore  senza rivelarci mai scopo e fine.    Da orizzonti estremi apparite  or annuncio e sviluppo   or bufera e eclissi adducete.   Oltre la siepe il Recanatese   nell'immago forse vi diede dimora   molti con voi sul postremo limite   allacciano discorsi incompiuti  col vostro essere incompreso.     Catastrofi di reale o di non essente   nello spazio del divenire fluenti  qual estro poetico vi ignorò  allietato o contristato   dai moti del cuore; tra monti   o al mare o sotto luna,   chi non vi parlò, che animula   regale non vi affissò?    Tutto è nascita o morte   ogni vita o amore ha le sue ceneri  e non vi è, sul fatto, ritrattazione   o disaccordo nell'universo!  Ah l'opera ininterrotta delle Moire   oh alba al primo gemito o occaso muto!  -Provvisorio è ogni durare-  così non dice e significa l'oracolo. Dicono previsioni attendibili  Dicono, previsioni attendibili,  che l'atra nube della notte della vita   già s'appressa e vagola sulla fossa buia   e cangiamenti e albe più non si agognano.  La tea rosata ingiallirà nel libro  le chimere partoriranno ancora chimere  la malinconia spumerà nel cuore   all'alzarsi di maree di tristezze   più bocca sdentata rilascerà sorrisi.    Cosi lo schermo dovrà essere pezzato  prima che varchi la soglia dello spettro?  Tutto trascolora e non ci meraviglieremo  se conforme poi concorda col previsto.  Senza rinvenire tracce che adducano   a sbocchi di domani   fatto ignavo da eco di parole vane  senza meta su l'orientato rettilineo   non andrò né avanti né indietro  e le ombre- ah le tetre ombre!-   che ermetiche si insinuano ovunque   con giuoco di fughe e di ritorni!    Un altro modo di vivere   mi sarei forse inventato   se ne avessi avuto voglia e occasione  e oggi che non si annunciano proroghe  se un movente pur avessi   non alzerei un dito per propiziarlo.  A che esigere oltre quel che voglio?  Oh essere e durare privo di futuro  che mi irriti e a dispetto ti imponi  che senso hai se pur devo andare  dove giunge la fronda pendula?  Crepuscolo, notte, buio.. e poi?    Da scaturigini del nulla assodato  non stento ma chiaro e risuonante  odo dirmi da una voce:  -Tu non ignoravi che la vita fugge  e nell'oblio cadono le sue fandonie  dunque, non vile, a imbarcarti   per l'altra ripa preparati  e prescritto un fatto si compia!- Or che lo sfascio dell'insieme  Or che lo sfascio dell'insieme  è alle tue spalle e lontano  amico va là dove batte il sole  e gli alberi fioriscono  e le odalische danzano per noi;  ritmo profumi e luci ritrova  varca il limite e agogna   annunci di altri fragori,  fai urlare il cuore  e per incanto l'anima gioire   se nel cerchio in cui ti muovi  ancor ombre dominano e vi dimorano.  Insegui amore, fischia e balla   altri sogni sventaglia e componi:   più può accadere e vivere!  Inane non restare sul molo   con lo sguardo a immaginare fole  ma imbarcati prima che veliero  salpi e scompaia dall'orizzonte.  La vita è breve e il tempo brucia  la morte incalza e muta brama:  orario è il verso in cui girano  le lancette dell'orologio   e ahimè al bene e neppure al male  giammai indietro si ritorna!  Con tasche zeppe di speranze  va persuaso che la divina indifferenza  nell'odissea non ti tocchi:  non sempre il mare ci nega approdi   o mortale trionfi ammalio di Sirene  o antropofago ciclope al varco ci divori:  una Nausica ci sarà oltre le dune!  Va dunque, prosegui il cammino  da uno svolto ricominci il tuo destino  e in occhi stupiti ancora ricompaia   il sorriso di chi rientra nella vita. Quando al di qua o al di là  Quando al di qua o al di là   di quel che diciamo vita  la mente volge e tra ambagi   il tutto sventra e discolora   e crudeli corrono i dettagli  di ricordi non più legati  al me estraneo che fui ieri  afono scoppia un urlo in gola  polvere fine di tristezze poi  da tomboli di solitudine s'alza  e un turbinio segue  mentre occhi e bocca sigillo.  Da incalzo di riesumare irritato  assente al domani ignoto  presente in un presente fatuo   pur qualche pensiero abuso   su lapidi di memorie e giorni   mentre per strapiombi vado  e greve dilegua e muore   l'attimo inutile vissuto.  Quanto tonfa e come s'abbuia   l'anima a visite di altri tempi:   nessun prodigio passato si ripete  nulla raggia da quel che avvenne  scampo non c'è ad ambascia di morte  che a tempo si accompagna   e concluso destino ammanta!  Ricompormi ridarmi forma e volto   nella mora dell'ombra  è poi il compito atroce  per rientrare in un'esistenza  che ancor a nulla riadduce.  Ah quando per viali solitari  andando non incontri   abbagli e adeschi di speranze  e un'angoscia come maglio   cala e ti schiaccia cuore!  Nullificata l'agnizione  venuta meno per anemia l'illusione  a che vale recluso opporsi al fato?  Ahimè merlo che chioccoli   tra cingolo di alberi frondosi  mai più, come te, tornerò a cantare! Và, curro, jesce!  Jesce ogge e dimane, và fòre   và miezzo 'a via e cammina:  che ce faje dint'a l'ombra  'e sta prigione scura  ca te si fatto su misura?  'O campà sta là e t'aspetta:   guarda 'e stelle 'a luna e 'o mare  piglia sole e calore chiù ca può  fatto na corsa e nun te fermà  fino a che nun te manca 'o sciato!    Chi t'o ddice have ragione!  Và mmiez’a l'ato,   tuzzele struscele e parlace  di' chello ca maje dice  astrigno na mano, dà nu vaso  accattàte nu gelato: campa ovèro!   Lascia stà 'e suonno ca te faje   e 'a fantasia dille puro accussì:   -Si, amica mia, tu me faje cumpagnìa  ma sulo cu te nun se po' campà!-    Mo' vene primavera  và 'a truvà nu sciòre  e siento comme addòre!  Puro 'a vita toje   e' comm'a nu sciòre  nun 'a fà seccà e murì  dint'a nu carcere comme faje tu!  Nun saje c'acqua 'e sciùmmo   passa subbeto e po' scumpare   pe' nun turnà maje cchiù? Spaiamenti  Pallido luminoso emerge  a tratti un sole  da nubi a metà cielo  scorre nella mente mia   il tuo volto lontano amore  si compie poi il giorno   in una densità d'assenza  e malinconie aggrumate.     Oh sciagura nell'attimo  che non ci sei e cedo:   gravosa prova di dolore  pianto di anima privata  cumulo di sospiri trattenuti  avariarsi di baci appassiti!  Vedi: spaiate, infelici allodole   nel plumbeo grigio vagano.    Tace il vento in questo  torbido lago di fumi:  nulla lenisce l'amaro  di te disgiunta. Oh assente!  Dal tangibile non spunti   o ti ricevo né eco odo   vano nell'invisibile poi  occhi adduco per ritrovarti... Se da uno squarcio di tetro denso   Se da uno squarcio di tetro denso   di improvviso luminosa una cometa   attraversa il cielo del tuo cuore   adocchiane la scia filante  pregna di fluvido fulgore  docile e men greve altro  ti appaia il tuo e il mio domani.   Verso il nuovo giorno   sgombro di nubi balza   per l'aria tersa svolazza  qual colomba innamorata   attirata dal tenero tubare  adescatore della mia voce.  Oh fior d'amor vermiglio   nato da sverno di radici  che humus di cuore abbella   repleto di linfa, saldo ostenta   il tuo novello stelo  tangente e carezzevole ti sia  il respiro dei miei drudi sospiri  carichi di rinate brame!  Se esposta a disarmonie  o a guasta di tempi ancor  poi cangiassi ad altro volto  scompagna d'amor non divenire  prima dell'estremo silenzio  che sconfitta farà la nostra vita.  Là, nel rifugio che trovammo   giochiamo a cantar la vita   e pieghiamo la sorte dura  per restare non vinti vivi   convinti, che al tavolo di Eros,   se non si bara, le sole carte  che contino e diano punti   solo seme di cuore possono avere! In copia conforme..  Chiuso è ognuno nella sua prigione  e il mondo lo ignora, in poca aria   dietro le sbarre invidia l'uccello   che vola libero ad ali distese  rari sono i palafreni senza briglie  o che non hanno finimenti e pastoie:  si vive in convenzioni, la farsa  ha burattini e burattinai  notte e giorno fanno da sfondo;  i reprobi in asfissia all'angolo   gli onesti maleodoranti esclusi!   Chi si avventura oltre la maschera  chi si tuffa in altre letture?  La doppiezza non può essere sconsacrata  l'ambiguità è difesa con le unghie:  rimuoverla attenterebbe il convenuto  vigili si sta in guardia  i reporter devono stare alla larga  ombre metterebbero a fuoco  risalterebbe il lucore di Lucifero!  Oggi l'oro è paglia a buon mercato  sui deschi abbonda brodaglia  la realtà occultata o stravolta   spenti i radar che la rivelino  franti e incrinati gli oculari!   Bisogna accontentarsi   di ciò che ad occhi nudi si vede  il contraffatto come autentico accettare.  I registi e gli attori  omologati in club  hanno il proprio albo  e festival chiacchiericci  privati o mediali a scadenze varie.  Ridiscenderà mai un messia  a rivelare la nuda identità del tutto  sarà mai scoperchiato il pentolone  per vedere cosa c'è nella brodaglia?  Resurrezioni all'orizzonte? Niente!    Si spezza e cade fuori del vaso  la rosa avvizzita, un vento   dal davanzale la spazza e la disperde  inutili e inservibili raggrumano parole  un silenzio tombale il cuore incalza. Labbra  Labbra dai miei occhi appuntate  perché cosi siete di baci disabitate?  Vermiglie pieghe socchiuse parlatemi  una schiuma vi bagni, un tremore  per vicinanza sorriso vi dia   fatevi fuoco, madide e lucenti  carnose schiudetevi come fiore  e eccitate pronunciate il mio nome  lacerate i silenzi che portate in voi  fine siate di un desiderio di baciare  ardente tangibile e bramoso!   Ad un avvicinamento un compenso offrite,   non siate infedeli in una guerra di paure:  non vi è minaccia ma desiderio di fusione  in una sfera colma di mistero  nel tempo e nello spazio sospesa;  non isolatemi nella mia identità  non appassite come ultime foglie sul ramo.  Non so nulla di voi  non conosco le ricompense  che rilasciate a chi vi raggiunge  quando ostili non siete  e ad altre labbra vi attaccate!  E' in fondo al cuore che risiede   lo slancio che vi reclama:  slancio non passeggero e fugace  ma persistenza di sentimento  ragione ed esultanza piena  che concepibile vuole farsi   in un coronamento di essere.  Oh splendete, luccicate, addolcite  desiderate di appartenere a chi vi attende,   mutate i vostri orli vellutati,  senza rossetto non impallidite   ma rosseggiate e progredite di amore   per raggiungermi e farmi immortale:   vivente io sia vissuto su voi  in una vita che muore e scompare.  Senza contatto non vi è fonte vitale   ma lesioni di solitudini e malinconie  reiterazione di voglia di morire  trasloco nel nulla e nel vano!  Labbra non mi sfiorate appena  ma soffocatemi di vita! Sospinto da soffi leni  Sospinto da soffi leni  sciame di nubi informe  come sovraccarica giunca  su fiume, lento si attarda  tra piane di cielo scurito  distante e immobile  un orizzonte plumbeo  sembra ad attenderlo quasi.  Tra lagune violacee e turchine,  or vivi, or stinti or patinati  pozze mobili cangiano colore  tra esili aureole che muoiono.  C’è un silenzio per l’aria  che raggela il cuore;  tace ogni cosa nell’ora  che passando s'abbruna.  Sonorità di mistero io odo  dal fondo variopinto  del groviglio di lanugini  che terra adombrano.  Languido un fermento ignoto  scrosciando, interior risuona,  filtrato, tutto l’anima l’assorbe.  Aprichi giorni di primavere  lontane, a voi penso e credo,  fate che ancora vivo vi incontri!  Che riveda questa roverella,  di foglie sguarnita, rinverdita  ad altra tappa del mio destino!  Arciere, da faretra di luce,  incocca un dardo e scaglialo  veemente al centro del cuore:  senta io un crepitar di fuoco  una fiamma mi avvampi  prima che in cono di silenzio,  spento carbone, io discenda!  Non spegnerti desiderio  sospira per la mia vita  che non abbrutisca  in amaro e noia per mancamento  e misero a malinconia ceda  o nella vanità del tutto si consumi.. Ina che ritorni oltre cortina   Ina, la mia mente è oggi confusa  pensieri in stormi vi sfrecciano   atterrano e si ingabbiano  e tutta, tu sola la possiedi!  Dimmi, chi sei tu   Ina dal volto radioso  e dagli occhi suadenti   che luce mi trapassano:  indelibato non nato amore  invito a novella ascesa  o ineffabile necessitata amica?  Ahimè, ho saputo, a breve  per città natia partirai   e di certo forse mai più  ancora ci ritroveremo  si spezzerà una corda  della mia vecchia cetra   e una bolla esplosa  invisibile resterà nell'aria  dietro di noi divisi.  Ma prima di allora, ascolta:  non è piacevole né dolce  che il tutto creduto  sia stato un'impostura atroce  una crudele beffa del caso  ai danni di due cuori illusi  la fiaba mai edita   durata pochi giri di sole.  Tu hai conosciuto  l'indirizzo del mio sogno  la strada e il numero  la porta da cui accedere  e il suo approccio intimidito,  l'hai stretto tra le tue braccia  e ne hai ascoltato la voce!  Codesto ci è vivo e presente  ma mai un tempo reale  nello svanire un sogno  fu così tanto veloce.  Ina, conquistati un domani  una felicità a Pleven ritrova  alla vita che fu ritorna  Varbinka riusa il tuo nome   molta percorsa strada  più non ritroverai ma cammina  va oltre, compagno il mio sogno   di là della cortina adduci,   non smemorarlo per lontananza  nell'assenza non infrangerlo!  Quando appunterà lo sguardo   familiari volte stellate   o borboglii ascolterai da una rivo  o all'unisono vibrerai   con stormir di solitarie selve  spiane il ritmo e il respiro  e ti tornerà in mente  quello del mio cuore   fatto mutilo solo e remoto.   Ancora una cittadinanza   tra le ore e i giorni   che vivrai in te là io trovi;   al mutar di una futura sorte  un tempo duro, addolcito sia  da una memoria enumerando   tutte le volte che di getto   ti ho baciato e mi hai sorriso.   Ina, il futuro che immaginavi   non è definitivamente chiuso:  mai rinunciare alla speranza!  Ricomincia! Tutto è possibile  e pur nell'impossibile la vita  meraviglia risorge e rifiorisce. Sotto la pioggia  Diluvia!  Obliqua e selvaggia  scroscia la pioggia  da un cielo che tuona.  Dal cimitero, un uomo,  incupito stanco ritorna.  E’ il corpo del   vecchio che viene,  consumato e curvato dagli anni  come travatura di legno tarlato.  Un giorno, fu tronco  monolitico, avrebbe resistito   ad ogni colpo di vento  le sue mani robuste   torto un ferro tenace.  Richiama l’impatto   della goccia che gronda   sul viso emaciato  l’aspro e vicino ricordo  delle lacrime ingoiate  quando, morta la sua donna,  col cuore vuoto solo rimase.  Perdere il proprio vigore,  restare nelle notti d’inverno  nel letto senza compagna,  sentire ad ogni passo  le flaccide gambe piegarsi   e le malferme mani tremare   nel disperato gesto  di aggrapparsi a un corrimano  è tutto quanto gli resta   or che dal dolore e dagli anni,  sfigurato e scomposto,  lieto svanirebbe  ad occhi chiusi nel gorgo.   Inutile a se stesso e agli altri,  macero frutto avvizzito  pronto a staccarsi dal ramo,  nell’anima in pena  ove par nulla accade  e la vita ha disertato  assiduo spala tristezze  e seppellisce ricordi.   E’ lunga l’attesa   di chi vorrebbe  sotto una pietra dormire!  Fermo in un guazzo   sotto la pioggia,   l’uomo, appena si accorge   di chi con cuore pietoso   premuroso s’affretta   ad offrirgli un asciutto riparo. Dolce sogno  Dolce sogno, meraviglioso sogno  effusione di sorrisi raggiati  che adorni e illumini chi incontri  se dai precordi del cuore sorgi  non infuturati, dileguati, fuggi via:  senile anima appestata sono io  da funeste malinconie.  Gustare non posso le tue dolcezze  non posso risvegliarmi alla vita!   Spodestato e negato da Amore  io non ho vita, non ho speranza  non risorto, vivo sepolto giaccio  tra reliquie di trapassati sogni!   Non transitare per la mia via,   non attardarti oltre   in questo regno di ombre:  ogni festa di amore è finita  e strapieno è il parcheggio dei silenzi  incanto soave, vai pure come scia rosata   in un'aria di vetro, attraversa albe,   aloni di luna rossa e sideree vedute  e separati dal mio destino chiuso.  Se indossi i colori della fanciullezza  e riappari alla finestra di chi sorride  sicuro vai tra le sue braccia   poi candido con un battito d’ali  sollevalo e congiungilo al cielo:  la concretezza delle stelle  lo nasconda all’estremo abisso.  Oh le tue incandescenze di amorevolezza  che pur commuovono questo cuore pravo  che irriconoscente per sentire  ciò che sente ti estranea e ti elude!   Nutrimento raro che dai colori  a chi non è mai sazio di illusioni  e iridi fiammeggi, occupa il mondo!   Altri hanno ansia del tuo arrivo:  poi che svetti e voli nel reame azzurro  trapassa cortine di nubi, riaffacciati   e purissimo ancora come spirito feconda! Brumaio  Ascende e fitta avvolge   l'aquea fumea vie alberi e case  il pluvio giorno è stato breve  e io no so cosa ho provato  o inteso inseguendo le ore  che isolato ho vissuto   mentre il tempo le sfornava.    Oziosio nuvolo bigio mese  umido oh tu brumaio   pregno di odor di crisantemi  come il cuore incrini  e mesto il tutto rendi,  come di inquieti inquilini   pensieri la mente affolli  e le tapparelle chiudi  ad una vita interiore!    Vedi: piove; piove piove  tristemente piove. Straripa  inonda e infanga la fiumana,  al feroce smotto titano  che diroccia frana la casa,  molle crolla il ponte; lago   si fa il seminterrato e la piazza   alla falla dell'argine   abusato del naviglio intasato.  Vedi: scroscia sui lidi   sui binari, sulle lande,   sui borri, sui marmi   sui colli, sulla capitale  su croci vecchie e nuove.  Piove, piove sullo Stivale  ovunque, insistente, a dirotto  più e ancora inclemente   al fluire dei giorni!    Placatevi e assopitevi,  se irati, dèi della pioggia  dei fulmini e dei tuoni!  Andate via fiotti bruni   pregni di fanghiglia,   nebbie e nubi cinerine   sfollate da spazzi biavi:  all'alba lasciateci intascare   un po' di luce e di sole!  Non è più tempo di celebrare  morti e rovine! Solleticaci  illusione, facci vivere ancora  e riattacca al nostro cuore   la speranza che si stacca  prima che domani ingenerosa  prenda commiato e si allontani. Infiorare avrei voluto i nostri giorni  Infiorare avrei voluto i nostri giorni  e il tuo capo infrondare con altri allori,  il denutrito cuore saziare  con bacche di gelso e more   ma solo arse foglie  e lazzi frutti di rinsecchito legno  oggi appena so darti in dono!  Viene il momento in cui tutto agonizza  e ogni cosa, esangue e vacua, si scompone,  da roghi morenti che più non si avvivano  crepitii più non ascolti e nell’anima  ammalata, che non sa più stare in piedi,  solo silenzio di ceneri odi e rimane.  Altro invaso fuor di me  non ha questo mio male  che fiotta con ardita foga  e che se tracima o esonda  nell’infinito vuoto sfocia.  Ma nella fedeltà che non muta,  dall’ ammutolito mio fagotto,  per uno stretto forame un filo  di speranze, fluendo a te conduce.  E’ da questa mia prigionia  che aspetto un gesto tuo,  che pane d’amore mastico adagio  e capriola qualche speranza;  è qui che qualche foglia  ancora riparo trova dal vento;  è in quest’ombra che un sasso  algido fonde fissato dal sole.  Pur se scialbo e ambiguo  appare il sorriso del domani   e specchio d’acqua  il volto sereno non rifrange,  ignora lo stesso il mugolio  che da quest’oggi in fuga tu odi;  sfollato da un tuo bacio  il lagno rauco del mio gemito,  inudibile, si allontani e si dissolva. Fisionomie e inventive  Nell'etra vagabondi biocchi   di nubi transitano   lo sguardo sperso li figge  più pensieri germinano   or titani or nani   sbandati seguono e rincorrono  poi fisionomie di monti e laghi.  Altri mondi tra confini  cangianti, altre conche   e frange tra ragne   tangibili o intangibili   progenie del tutto nulla.  Quel reame di forme   vaghe che or si addensa  or si squarcia indago:   si rifà il nocciolo duro   dell'essere mutevole e vario  che cuore e mente intasa.   Esiste forse e vige  in quell'increspo grigio-nero,   il vuoto, il tempo, la morte;  vi è inizio e fine, stasi e moto;  vige l'intralcio al bene  all'amore e alla giustizia?  Vi è testimone che affermi  che dell'uno e del molteplice  sia fugace epifania?  Temporanea e mortale   si disfa ogni sostanza  altro atlante di morgane   e parvenze fatue disegna la mente  che svaria ma ancor si perde  difronte all'arcano e cede.  Spazzerà il vento quelle masse  nubiformi e destino chiameremo   il disgregarsi di aeree consistenze.  La chiarità del mistero   dell'essere sorgivo non trapela   l'inafferrabile luce rivelatrice  che fende la foschia  non è sulla terra né in cielo:  mai varcheremo il limite e l'ignoto!   A noi quaggiù bipedi spennati  suonati e ottusi da ignoranze  non è consentito   e così che allor per altre visioni  l'immaginazione prende ali  e con uno scarto fa ripicche   all'assentimento della ragione  sbizzarrendosi inedita  in suadenti pazze inventive! Pure a voi che non intendete  Pure a voi che non intendete   e non udite giungono parole   quando nel folto dei pensieri  vi ritrovo o vi riperdo   similmente ad un sole  che tra veli aerei  s'affacci o si nasconda.   Dall'assenza vi rapisco  e vi riporto alla luce  ristringo una mano che non dona  bacio un volto che non sorride  sosto davanti a una rosa appassita  che langue in un giardino chiuso.  Da voi che foste amore   e passione un giorno  fatal al cuor venne la morte!  Come, come poté accadere?  Eppur ancor se dimentico   oltrecielo vi faccio vivente   luce fiammeggiate e mi accecate  eco di altri accordi risuonate  borbottii di acque termali   riaprono memorie amene  da una tormenta nevosa vi salvo   portandovi nel caldo di un'alcova.  Qual nulla pietroso resta   il tutto che volevamo afferrare  e altro tristemente non contiene!  Non indugiate e pur in ritardo  stracciate la silloge   che con amor vi destinai  trita buttatela in una fogna:  a voi folle e torbida   di gelo intrisa niente poteva dare!   Non rispondete se vi chiamo  se non mi amate e non vi amo  più non vaneggiamo ricordi abbuiati  voi e io distanti e murati!   Al fluir del tempo tutto  si discioglie in vuoto atroce,  all'ispessimento della lama   che ci trafigge più aumenta   il grido di dolore muto  che inutile dura e si ripete  nel turbine che destini stravolge.  Sol ancor vi chiedo appena:  non mi perseguitate pure nel sogno! I balestrucci.  Da tempo hanno abbandonato  i piccoli dei balestrucci  i nidi sotto i cornicioni  e chissà dove saranno ora  vuota sarebbe l'eterea volta   oggi se non fosse per la frotta  di nubi ceree in marcia   dall'orizzonte cupo e rombante.  Come mutano assenze e presenze!     Nulla si sa dei balestrucci  quando al mattino o a l' imbrunire  in alto volteggiar più non li vedi  così come pur nulla si sa  dei voli dell'anima invisibile.  Planeranno a breve foglie nei viali  lascerà di certo la vita il corpo  che pur intende come si strugge  al martellio dell'orologio.    Ci veste e ci sveste l'aurea speme  funamboli tentiamo l'equilibrio  passando pié veloci sul filo esile  teso tra passato e futuro (ah le Moire!);  poi che tutto si disvela l'intrigo  della tortuosa trama dal tempo ordita  caduco e vano tutto prilla nel vuoto   ma lì nessun balestruccio mai sfreccia  ne trasvoli d'anima lasciano scie. S'io odo e vedo il vero  S'io odo e vedo il vero  e raro incontro allegria  non posso poi tacere   e contuso l'animo   cadere non sentire.  Il corpo più s'inarca  è un ansito se salgo  ruzzolo se cado  a più nulla aderisce  il pensiero che divaga.  Svanito è l'ieri   come il passante frettoloso  all'angolo scomparso,  certezze più perdono   gli occhi all'alba  roventi scottano inganni;  immobilizzato, murato  nel domani futuro  anneriscono speranze  e non picchiano illusioni  in un angolo, sciagurato  si apparta il cuore  da tristezze assopito,   fosse buie riempie   con lento languire  fatuo e vulnerabile   tutto ben presto è colpito.    Aspetteremo, secchi  come foglie vizze,   le folate della bufera,   sotto il domo amico  forse più mai vedremo   passeri o gazze frullare  lo sfavillio dell'onda alta  che si abbatte sulla riva;  siamo oggi il moccolo fumoso   del cero dopo la fiamma.  Chi mi vende cosi' impoverito  un giorno di gioie e di follie!  Mi darò ragione  dolente o volente  dell'avvicinarsi a sorpresa   o improvviso della sorella morte:  oltre non mi stanchi l'attesa  e ancor aspro fermenti.    Non ho alzato il gomito  non ho febbre di malinconie   né assunto oppiacei:  ci siamo solo infilati e persi  nel dedalo del non essere  per obliare una vita  che non ci bacia e più niente dice. A più riprese si rintuzzano  A più riprese si rintuzzano  i due monelli scalmanati  come diavolo e acquasanta   si spingono, si insultano   si rincorrono; le ramificazioni  appuntite dell'ego si affrontano  -Questo è mio, dammelo!   tu ne hai già uno!- si graffiano  e nei loro intenti persistono  schivato un morso, spunta uno sputo.  Ma questo è troppo!  Bisogna sedare e porre fine   alla disputa, disapprovare  essere imparziali e non schierarsi  a favore dell'uno o dell'altro.    L'egoismo è antico quando il mondo  e l'obiettivo sempre uguale:  sopraffare, acciuffare, depredare  afferrare oltre il necessario  massimizzare carpire escludere affermare!  E' nelle vene, è nel dna, è nel gene!  Le dispute infantili con altre forme  poi si protraggono per tutta la vita  tra individui gruppi o etnie   sono come esami di ammissione   all'esercizio del dominio pieno,  da non superarli segue:  l'appartenenza quasi definitiva  alla schiera dei vinti e sottomessi!    Delle bestie abbiamo molto  dell'umano, con qualche smentita, ben poco   e così sempre di più peggiora il mondo  esplode l'ottusità per una significativa  comprensione di un'equa condivisione  e ribolle la febbre di avere; nella savana   forse cambierà pure l'istinto un giorno.  Gli amerindi possedevano un continente  gli uomini bianchi cattolici civilizzati   se ne sono quasi del tutto   candidamente sbarazzati per derubarli!  Si vocifera che un sano egoismo  sia un toccasana, si elogia il vizio   capitale dell'io, si prende a pretesto  un principio di legittima difesa:  manca solo che venga santificato! Scroscio di memorie  Discendevamo nel torrido del giorno  estivo la mulattiera ciottolosa  che al fiume inviolato portava   intorno chiazze di granturco già alto   frusciavano a brezze lievi  tra verdi rovi brillavano drupe di more;   abbarbicato sulla pietra  in alto, il maniero turrito   ove il padre di mia madre  nel secolo fuggito era stato custode.  Ancor, a metà sentiero   i resti di un mulino diroccato   da opunzie prosperose adornato   con allato un borro torrentizio   che musico borbottava; prima  della striscia di riva pietrosa,   snelli e flessuosi, giunchi e vimini   confusi a spunti di canne fronzute.  Oh meriggio al sole che picchiava  fresche dolci acque incontaminate  odor di ginestre a valle discesi  apparir e sparir di rospi paffuti!  Eravamo appena fanciulli allora:  cuori giovani, senza affanno,  in fioritura, con saccocce e menti vuote   e ancor senza nodi il filo della vita!  Come è strano e possibile che tanto tempo  a mia insaputa pur sia passato!  I ricordi, i ricordi in piena  che gai si srotolano controtempo   e riadducono a eventi andati   che sottovento echi soavi e dolci  riportano a un cuore che ride!  Che n'è stato dello smilzo ragazzo  sognante schivo e silenzioso  che si immergeva tra bolle e spume   svalutandone le insidie celate?  Non di quelle ma di ben altre  più mortali e inimmaginabili   fu vittima tuffandosi nel vivere.  Or congiunto a una speranza  or disciolto da terribili pensieri  con animo serrato   e una volontà d'essere che frana  attonito segue l'arco del sole  nell'ansia di un venire ignoto  che oltre imbruna e atterrisce  chi sosta su sprofondi ricordi. Se l'essere mio mutabile infuturo  Il futuro non è già scritto  e così se l'essere mio mutabile infuturo   spore di un ipotetico accadere   tremando o rinfrancato incùbo   traversate per possibili prode immagino;   all'oggi, floridi dì remoti innesto   per un tempo che forse mi sarà dato.   Poi che in nuovi spazi mi immergo   ne cambio coordinate e metrica  invento evolute e auspico traiettorie   di eventi verosimili in nuce e all'atto   ne studio modi e forme avverabili.     Sarà nascita o sarà morte   fioritura o rinsecchire  cenere o fiamma di desideri e speranze   bonaccia o fortunale nel mare della vita   ampliamento o restringimento di vedute?   Parlami Sibilla, consultati con Pizia :  dell'oracolo riportatene il responso!   Qual divenire il fato imperscrutabile   scriverà per tutto ciò che oggi vive   o è inanimato o nel tempo sotteso si dispiega   e a noi lungimiranti resta ignoto?     Stupiti, lo sapremo forse il giorno x   è sarà già fatto obsoleto,   come un desiderato gelato a più gusti   in un baleno lo vedremo disciolto   prima ancora di averlo gustato,  sapremo quanto per il fanciullo   diverso dal vecchio sia il viaggio  a quali inserzioni del cuore il futuro   avrà avuto modo e tempo di rispondere! Per raccontarsi al mondo pure  basterebbe la favella che abbiamo  ma resta il dilemma di sapere  se -tra centrifughe e decantazioni-  ancor vivi mezzo vivi o morti   nell'acuto vuoto ci distinguiamo  ma come intuì magistralmente  il Poeta delle folaghe e dei limoni  "il vuoto non produce né conduce".    Passeggeri della speranza   a bordo di zattere di illusioni  affondiamo in mari aperti  o andiamo alla deriva giorno per giorno.  Immersi nel tempo dell'essere  tra il prima e il dopo dimoriamo  e la presenza o l'assenza  nell'ora e qui è solo un fatto   dovuto agli accidenti del caso.    Rimuginare sulla vita   sui suoi scherzi e sgarri  inseguirne l'imprendibile perché  indagare su chi tutto muta  mentre cadono i petali del cuore  e il porta-fandonie si svuota   inseguendo velocissime stagioni   è la sola stenta facoltà   -se ancora intatta- che conserviamo.  Per tutti, asini saccenti o sapienti  nel sottoscala o all'ultimo piano   profezia ardua è distinguere  tra foschie vapori e ombre  se siamo fummo o saremo  e nessun punciotto spacca  l'antico granitico mistero:  l'indeterminato indefinito non si risolve  fosforescenze liliali il buio non mostra.    Poche falle ha l'imperscrutabile  e a un certo punto, a razzo,  l'orizzonte dell'intellegibile   fatalmente si restringe e si chiude.  Oh le fideistiche teste di cavolo   pregne di certezze gioviane e divine!  Nel subbuglio c'è evidenza?  C'è compagnia consolatoria  nella solitudine profonda?    Aquiloni in balia dei venti  manovrati dal filo del destino  svoliamo tra volubili correnti:  oltraggiati da un tempo funesto  attaccati dal rostro della rapace  ci sfracelleremo un dì al suolo   quando più non fischierà la vita.  Sederemo mai il terrore di picchiare  sospesi in solitari foschi pensieri? Ci saremmo dovuti incontrare prima o poi  Ci saremmo dovuti incontrare  prima o poi da qualche parte,  era questo il nostro accordo.  Se saresti tu venuta da me  o io da te, non ricordo.  Creduli, a noi stessi l'avevamo promesso,  quasi a fugare il timore malamente celato  che forse ciò non sarebbe più potuto accadere.  Io lo pensavo e tu non lo dicevi  che se ogni falda è prosciugata  in pozza d'acqua morta  l'acqua non torna mai più chiara.  Estinta, or tu sei sotto una croce  io a temere per questa vita  che poco amo e a malincuore abbraccio:  vuoto ad altro vuoto si aggiunge  vero e duro è, ammetterlo!  Si cresce di dolore se si scurisce  la linea all'orizzonte a cui guardi  e così si ruzzola ad ogni oscuramento;  viene un soffio gelido in una corte  vi passa e strappa foglie morte,  tu guardi e con il cuore in lacrime  ripensi ad ogni affetto perduto.  Appena ieri, con un nodo alla gola,  ho dovuto prendere atto  che ci saremmo riabbracciati  solo nel ricordo.  Oggi festosa ad altra vita,  tra volte stellate, anima tu torni.  Si apre un solco nel cielo e vi passi;  il virgineo tuo candore impallidisce  quello alato della schiera che ti aspetta.  Lassù, già addolcia e conquista  il tuo sguardo casto l'infinito indifferente.  Per intero percorso il calvario dei giorni  distaccatasi da questo mondo  colomba t'aggiri per elisie sfere  sgombra di pena e di dolore  dimentica dell'immeritato male  che vita con accanimento ti addusse.  Ieri notte, sai, io che così di rado  sono visitato dal sogno, tua madre  ho rivisto come se fosse stata reale:  con un sorriso, più ampio e solare  di quelli che in cuore conservo  da quando era viva, mi ha detto  che tu già preghi per noi,  per noi che canne al vento  frali e ondulanti restiamo, qui,  sul ciglio romito di un presente  che scoscende e tra indifferenza e stagioni  al sole e all'ombra si consuma.  Oh povere stente strozzate parole,  balbuzie che dir vorrebbero e... non sanno!    Gracidano bufonidi..  Gracidano bufonidi  nelle palustri macchie ,  sul confine dei campi  boriose gore borbogliano,   scalettano gradoni  declivi al sole  bugne e merli lesi  spiccano sul poggio  prima della punta  del brullo monte,  ripieno di cibo e vino  una bugnola oscilla   sul capo della donna  che dirige al podere  ove sudando si falcia   grano maturo e dorato.    Così un quadro agreste  del giorno estivo  se fossi dove ebbi natali  e non qui ora prigioniero  in una voliera urbana  cinta da artefatti chiusi  di cemento e vetri  che limitano vista e cuore.    Dove trovar oggi  la cupola di fogliame  che rende ombre  quando forte picchia il sole?    Oh persa sciupata fortuna  di aprir le ali e volare  fuggir tra placidi boschi  e sorgenti rivi gelati  affondar vista e sensi  nell'infinità azzurra  che non ha porte chiuse  e tapparelle abbassate! Insurrezioni  È da molto che spendo   i miei giorni tra ragne di buio  in fuga dal mio rinchiuso   come una volta, domani,   seguirò una rotta solare,   occhi schivi di donna   estranei mi fisseranno   trapassandomi il cuore.   Ossigenato dai giardini   dei cortili circostanti   invasivo mi giungerà l'olezzo   che si diffonde dai fioriti   tralci protesi oltre   le infocate ringhiere.   Su seccata redola   l'orma dei miei passi   dirà che di lì muto  un uomo randagio è passato   avvisterò qualche famelico   passero che al dispiegarsi   della mia ombra silente   prudente spiccherà in volo.   Grigioverde muraiola  immota in oziosa postazione   defilarsi vedrò poi spaventata   per il brullo muro crepato   alla ricerca di un latibolo   fidato che tutta l'accolga   riparandola dal rischio   di un accadimento temuto.   Domani, occhiate furtive  lancerò a cartelloni ingialliti   delle ultime elezioni comunali  sedotto dal fragrante richiamo   di una tazza di caffè spumoso   stanco mi fermerò in un bar   a contare i gelati che si sciolgono   tra le mani accaldate di bambini   avvampati accorsi in frotte   dal popoloso rione vicino.   Domani sarà un trasgredire!   L'innesco di un moto riottoso   avvierà una rivolta covata,  capovolgerò le mie malinconie   ad un'insurrezione aderirà   questo cuore orfano di sole   e di oscurità prigioniero.   In un mondo di piccole cose   travolto da un'ondata di vita  altro per un giorno sarò   meravigliando me stesso! Almanacco estivo   Già su cafarnao   di albini bruni e ambrati  rovente picchia il sole:  chi cerca fuoco, chi ombre.  Oh i giochi edili dei fanciulli   intenti a mimetizzare buche  o a fortificare torri e mura  all'assalto del fiotto lieve!   Più traffico nel canale siculo:  barcacce o gommoni stipati   di afrofuggitivi speranzosi  approdano o sventurati affondano!   Là dove non c'è borboglio d'acqua  tra mandorli ulivi e querce  un iniziatico frinire di cicale  turba l'aria che tace;  fruscii ratti di serpi  tra sterpi e roggi rovi  in campestri silenzi   risuonano e mettono paura;  filari di vitigni ramati  infoltiti da trame di tralicci  fruttificano su colli e pendii;   da bica a bica un via vai  di frenetiche formiche  tra sottopassaggi e ponti si consuma;  gronda sudore nei campi l'uomo   in opra attardato tra secchi solchi.  Barbagliano vetri di case desolate  come gibigiane al dardeggio   di fasci di raggi di luce;  da asfalto di catrame e pece   alza i suoi fumi fatamorgana.   Sulla ripa, vicino al rio  quando più alto sarà il sole   all'ombra di pioppi e platini   si andrà a cercare vento   frescura e silvani effluvi.  S'imbrunirà prima della luna  sul mare azzurro e calmo   l'argenteo placido tramonto   nell'apoteosi del dì passato.  Chissà se morte,vacanziera,   soffrendo eccessi di caldo   a sorpresa non decida   di andarsene in ferie  o se avvistando spaventapasseri  atterrita non si dia alla fuga.  Nell'arrovento d'aria dei meriggi   madre forse ancor più fresca   starai accanto al tuo sposo   nell'ipogeo sotto i cipressi.. Fai pure da te, vieni..  Fai pure da te, vieni,  attingi tutto l'amore che vuoi  il mio cuore ne è pieno  disseta la tua vita  sguazza in questa fonte  e lasciati accarezzare  dai suoi mille zampilli,  sulle tue guance discenda  come lacrima un sorriso  sia come equoreo specchio   di un mare smerigliato  che ti inviti nella calura  al disperdersi dell'ombra.  Su calati e rinfrescati  non temere l'avvitamento  dei suoi gorghi ma godi  le sue schiume innocue  dense di affetto e di pensieri.  Non rigagnolo, non fiume  limaccioso ma lago di quiete  e di pace, lago incantato  conca di tepore e di fragranze  riparata dal vento ti accolga.  Vieni, vieni senza tremore  scongiura che evaporino  vano questi rivoli tersi  che affluiscono infiniti  e ne accrescono la vita,  bagnati sotto lo sguardo  degli astri e degli spiriti  la cui luce si infiltra  nei tuoi e nei miei recessi.  Su vieni nella densità  nuota tra la leggerezza  di queste acque non saline  immergiti in questa ultima  tardiva stagione della vita. Tutto si smaschera da sé.  Poi che ancor nano fanciullo   una farfalla maculata vidi aliare   la ricorsi illuso di afferrarla   ignaro dello svariare del suo volo  su rovi poi stremato ruzzolai;  adolescente imberbe e implume  di amor sentii farfugliare  me ne invaghii, misi speranze ed ali   e mi lanciai in pazzi voli;  già uomo in divenire  infiammatomi di libertà e giustizia   giunsi al settimo cielo e le sposai.  Nessuno mi avvertì del troppo alto!  Oh cuore ingenuo e anima tersa  quanti e chi di voi abusarono  con quante delusioni e pene  pagaste menzogne sublimate!  Ah venditori di fole amori   e bolle di sapone da quattro soldi  dépliant spot e parole del diavolo   che propagandavano falsi campi elisi!   Qualche deità indispettita  partecipò, a mia insaputa,   giuda al disastro irreparabile  degli ideali sommi di un vivere?  Idiota mi affidai senza diffidare  mani vellutate che lame celavano   strinsi e afferrai ma me ne avvidi  se non quando il sangue già grondava!  Senza le sette chiavi le virtù   e l'amore non vanno da nessuna parte:  le barche di salvezza avveniristiche  tutte marce o che imbarcano acqua  non attraversano a lungo il mare,  il futuro resta una metafuga   che nudo e scalzo nella bufera  non puoi né raggiungere o varcare;   l'incompiuto è l'unica scelta   offerta dalla ruota della sorte!  Che speranza modulare al buio  se la fede si rifà a momenti  e si infrange come un vetro  al primo urto, se l'onestà  è sempre ferita e rifuggita  e or ai più fa quasi orrore?  Non si semina avvenire elettivo  nell'aridità dell'essere   o nella sabbia della coscienza,  nulla sopravvive alla Gorgone  o agli artigli del malaffare  che trapassa l'accadere puro.  Che aspettarsi se l'ingegno  è prezzolato e si allea al malfatto  per raggiungere titoli agi e onori?  Annotta ancor prima di venir luce  e il buio né dà barlumi né ti illumina!  A noi, già partenti e distaccati,   nulla più oramai ci sbalordisce  affissando oltre la scia dello sciame  un estraneo mondo ingabbiato  che il tempo invecchia stinge e corrode.  Il falso il vero e l'ambiguo  sono fili di una stessa matassa  che mai si sbrogliano tanto intrecciati. Basta fissare un vaso di gerani   Basta fissare un vaso di gerani   sul davanzale di una finestra  raccogliere un tiepido fascio di sole  guardar un gemmeo cielo che sboccia tra le nubi  perché il nulla che non s'alluma si dissolva  e un limio di foschi pensieri taccia.  E' in questo ratto intendimento   che scovata volontà di vivere si dispiega  e ogni preteso falso bene si annulla!  Esulta solivo cuore al giorno che promette  spalancati alla ventata che ti invade  per sempre si disperda  il mucido sentire che ti opprime:  origlia il gorgoglio di una vita  che al ridestarsi dell'alba ti sorride!  Scerba e falcia dal prato inverdito  i secchi cespi di malinconia  con alacre passo incamminati  e raccogli dal verziere di letizie  spuntate fioriture di illusioni;  ma bada, l'oggi non infuturare:  vivi solo l'istante fugace  afferra e consuma tutto intero  l'avvenimento raro che ti è dato! Non presenti al censimento dei soli  Ineffabile quintessenza  intatta leggera e diamantina   mi giungi e rallegri il mio cuore  instancabili pensieri poi  fanno il filo e ti sorridono   e festosi intorno ti ruotano,   tra spire ti avvolgono lievi:  cinta non puoi più fuggire  e uno sguardo innamorato  tra luci di stelle e di sole  si posa e ti accarezza,  stanco di baci su te si riposa.  Allo stesso ormeggio  e a una sola corda avvinti   restiamo quando il mare   rugge e si ingrossa   o se imperversa la tormenta  e il vortice della vita  l'un dall'altro tenta  di strapparci meschino.  Vita non abbiamo  che uniti mia diletta:   non armi la sorte la sua mano  contro di noi domani  non ci ributti infiacchiti  da solitudini in prigioni  senza luce ove mai vedremmo   l'ombra di noi stessi   e una mancanza d'aria   impedirebbe anche il respiro.  Non sai già tu il dolore  che l'asfissia diffonde?  Restiamo incorniciati  nel portafotografie dell'amore  non ci ingiallisca il tempo  non spappoli la nostra essenza  o si spacchi il vetro   che dalla polvere ci protegge!  Il tutto che nel nulla svanisce  non si avverta che qui siamo  e ci risparmi per altre primavere:  la fortuna del due ci arrida   e soli il rapace vuoto non ci ritrovi. Ieri oggi domani: il triplice tempo!  Ore giorni anni lustri secoli millenni  minuti secondi nano-secondi:  eccoli alcuni multipli e sottomultipli   della durata e del fluire!  Che ritmo ininterrotto di ricorrenze  di nascite e di morti  periodici di passato e futuro  di albe e tramonti di istituzioni!  Nel viale del Tempo quanti passanti   che mai ritornano indietro  che mai hanno muscoli stanchi  per stare fermi, che instancabili   forsennati tra fracassi e silenzi   organizzati sfilano in mobile successione!  Ventunesimo secolo, uno dei tanti!   Quanti attimi fuggenti ha vissuto il mondo  quante guerre, quanti imperi  quale farsi disfarsi e mutare  di vicende umane e naturali,  quanti deliri costruttivi e distruttivi!  Da prima di una stirpe aurea di mortali  dall'archetipo delle caverne   all'uomo cibernetico e spaziale  ha solo dato un respiro appena il tempo!  In un punto del flusso ininterrotto  dell'apparire e scomparire  sorpreso mi son vecchio ritrovato:  i fanciulli spensierati di ieri  tramutati in uomini e donne maturi;  oh su giovinezza vien presto la ruggine!  Nonostante i vènti spazzini  la polvere pur seppellisce ogni collezione  di attimi tristi o allegri vissuti.  Che ho fatto di me, che ho concluso  sulla mia vita, dove sono andati  il mio destino, i miei sogni?   Aspetto l'ora del nocchiere  avverto il peso dell'ombra che sarò:  sono stato l'uccello che passa  e non lascia tracce in un cielo ordinario.  E' solo un caso che io qui pur sia  mentre ruotano gli ingranaggi di Crono   già più non mi allungo oltre l'istante  che vivo e ho smesso di toccare ferro   persuaso dal fatto che scaramanzia  l'ineluttabile non scongiura.  Ah come fanno presa le frottole  quanta realtà possono avere  ricoprendo la verità delle cose!  Scorre or come fiume in piena   or con passo di tartaruga   o come goccia d'acqua che scivoli  sul vetro dopo la pioggia la vita  ma l'essere sempre va verso l'ignoto   addottorato o oscuro della propria sorte.  Sento la forza dell'ariete che da tanto  mi schiaccia sul muro dell'orizzonte. Oh mia primavera!  Dimmi lampeggio di pupilla bruna  da dove giunge la brezza sottile  che amorevole il cuore accarezza  e come scosso ramo lo fa tremare?  Congedatosi l’uggioso inverno piovoso  con nuovi tratteggi e sfumature  di verde si va ridisegnando la vita  con alacre passo riprende vigore.  Altra cromia di filigranate sensazioni  ravvivano l’errare dello sguardo rapito  or che animula attonita svaga  tra madreperlacei colori!  Oggi non iroso spumeggia il mare,  brilla l'infante verdello   tra prosperi pomari,  dilaga e ondeggia, tra risorti campi  il rosso dei papaveri nani  pacati parlottano enfi rivi nei botri  altre fratellanze ritrovo con le cose.  Oh attesi annunci di primavera  riscossa della povertà della terra  che ubertosa si arricchisce di fiori;  emozioni che accestite e rinverdite  rose e gerani alle finestre del cuore  spalancato, da cui lungimirante  una speranza ritrovata   non ancora ben salda festeggia  un divenire di pensieri con occhi  intrisi d’amore e di illusioni!  Riprendimi solare tepore, riscalda  e dilata i miei atri con dolcezza,  innalzami fino alla bellezza pura  tra fermenti di luce e di chiarori;  circondato da riverberi e riflessi   trepido e irraggiato, dello sbocciare  di un nontiscordardimé fammi testimone:  allietato dall’evento, poi lo raccolga  e sopra come suggello regale vi imprima  l’impronta di un casto bacio augurale  prima che in dono, lo offra al mio amore!  Ah questo apprendere del vivere non vano  forse senza fine, per me divenuto  più vecchio scolaro svogliato!  Ch'io senta ancora di essere finché sono  e mi sottragga all'orrore di esser solo! Da te torno a tornare mare!  Ozia sullo scoglio l'uccello marino   un velo fosco l'orizzonte nasconde  un naviglio lento si distanzia;   sonnecchia il vento, l'onda è calma   diradate schiume si spengono   cala e imbruna il giorno cadente.   Mare, stanco di tutto e di niente   ancor a te mio soccorso torno  e una fratellanza ritrovo   se tutto addosso par mi crolli   e dall'impresa del vivere mi dimetto.     Che imperituro ti contamina cuore   che su te aderisce e morde   che ti scombina e l'ago   della bussola di essere dirige,   che oltre lo sguardo vuoto e fisso?   Sono come un suolo spaccato   in uno sverdito sepolcro:   nulla germina nell'arso!   Che mi dissangua e aggruma   in questo pestilenziale stagno   ove sostano impaludati pensieri?   Tramonta, dirupa la luce   cresce l'invaso del buio   si ritirano gesti e parole,   niente oltre l'acedia dirompe .  S'aprisse a rinsanguarmi   un cielo ai raggi della sera   vita in cui più non credo:  oh dimenticare le tariffazioni di pene   le sottrazioni di allegria   la mancanza di irenici abbandoni!     Ravviva e enfatizza me spento mare   di ottimismo empimi salsedine   fomenta e capovolgi il mio animo   che tocca il fondo del nulla   quando ogni luce mente o si spegne   e in me vecchio tutto si stinge,   rialzami da questa infelicità   in cui son disteso e non comprendo:   nei vortici flussi e riflussi   del mio essere solo io non anneghi! Rivelazioni e crivelli cognitivi  Or che più non hai maschere  e la tua identità è palese  ora che posso intendere chi sei  e non devo più nulla chiederti  ora che ogni avere ho sepolto  nella tomba del vuoto, ora si   che posso da te staccarmi vita!  Passata è l'alba dell'inganno  tutto ho visto polverizzarsi  dall'osservatorio del tempo;  scricchi e tarlante parlante  abbiamo origliato,  il dilagare del male consueto  il rarefarsi del bene  il bastardume della menzogna   i truffatori e i truffati di speranza  le sopraffazioni del peggio sul meglio  i lamenti e lo schianto  del significato e del significante  tanto censimmo vivendo.  Le cose sono come sono  e ogni simbolica e eletta  magnificazione è inutile!  Alzeremo un drappo bianco   un giorno in segno di resa  e saremo lo stesso impallinati   da oscuro e invisibile nemico:  si compirà il disastro fatale  per noi giunti alla cognizione  che la vita sia la china  la decomposizione e la rovina  di un prodigio fallito, il rantolo  di una volontà di essere in agonia.  Ci infatuammo di amore e desideri  cercammo come forsennati speranze  l'ebrezza di esser liberi e sognare  combattemmo l'irruzione del dolore  addolcimmo aspre malinconie  ci assopimmo tra dogmi e fede fatui  ci sorressero immaginazione e sogni  ci lanciammo oltre la materia  verso l'infinito noi finiti  assetati di spirito e di essenza  e tutto ebbe zero come risultato!  Non rivelarti ad altri svelata vita  abbia il suo decorso l'illusione  affascina chi ancor le spalle  non ti volta e candido cammina   attirato dalle chimere del futuro  che tanto promettono sorridendo. Sorvola e perlustra pure Sorvola e perlustra pure  le creste i mari e le voragini  del paesaggio dell'anima mia come in un libro aperto  tu legga il fondo dei miei occhi  sconosciuti, un sorriso si erga  poi dalle cime dei tuoi pensieri  se una dolcezza d'amor li ispira.  Ricreduta rinfrancata e intenerita l'appartato tuo cuore porta via  dal ciglio della fossa del dubbio  su cui sospettosa quasi sosti  quando t'attardi e oscilli tra opposte congetture,  la rosa di un petardo di magia  con il suo bagliore muti  il segreto ritmo del tuo petto  e lo confermi l'accento gioioso  di implose tue accoste parole.  E' nell'istante ripetibile  che ti illumini che io sono:  è in quel frangente la piena  che inonda languida e fluente  la deserta piana della speranza  arsa che vuole rifiorire.   Poiché la vita fugge veloce e al tempo appassendo cede tornami un caldo brivido  di salvezza prossima, presto; presto, in quel frangente, in me  rincuorato, un canto si diffonda  come suono soave di campane  in un consacrato giorno di festa.   Esploderà, sai, una primavera dopo l'inverno che rigoglio nega  aspetterò che al primo sole  la tua lontana mano esitante   forte e sicura si stringa alla mia:  al primo appuntamento di sole come una farfalla tra fiori  alla mia corolla ospitale  acceso il tuo sguardo io senta  in cerca del suo bersaglio   fisso di nettare e di linfa.
  Elegia Quanti solleoni e rose settembrine nevi nidi e fiori di ibisco  discendendo la vita potrò  ancora censire prima del nulla? Chiuderò anch'io gli occhi e sposerà pace e oblio per sempre cuore intirizzito.   Oh addio giorni di stelle cadenti, difesi ultimi sogni tardivi ricordi di carezze e baci di arrivi e partenze furtive  addio speranze e illusioni disciolte in intrugli amari! Chi vi poté credere e ubbidire istigato dalla voglia di vivere prima che abiezione funghisse e rancura abbattesse amore! Cuore incontri e t'accompagni oggi a smanie di funebri brame taciti voci e silenzi risali. Ridato mai ci è quanto perduto: la corda dell'innocenza prima tesa si spezza e il suo carillon  nessuno poi più ode deluso.
  Tu hai visto quanto ti ha amato  come ha gioito e tremato donna quando per un poco lo hai toccato  e come dignitoso abbia poi pianto espiando la pena di un inganno.  Che altro fluisce tra te e me lamia con petto artigliato  mentre aspettiamo la fine e il nulla cresce e si infiocca? Che ti sazia mentre il tempo sorpassa il passato e lo specchio ti ricorda vespri di beltà giunti con ciocche di capelli bianchi oggi ancor più fitte?
  Ognuno solo per conto suo passante tra giorni di gramaglie e ragne di ricordi viscosi illuso, più illuso di prima, illuso di padroneggiare il timone di una vita che molle e floscia delusa barcolla su un vascello senza alberi e vele, che va senza sestiere per un deserto mare senza vento verso la boa che segna il confine di ogni veduta  all'allungo della luce di un faro. Che vedi nitido davanti a te  oltre il supplizio mio mesto che sbuca e rischiarisce da questa lontananza d'anima al venir della cava sera?
  La guerra è finita e insieme siamo morti: ognuno forse illumina la sua ombra  vagando tra campi di memorie: all'altra amata, miserrimo chiede perdono.
  Poetica penuria  Estro attingendo alla fonte  privilegiata di poeti illustri  poetare un poco oggi vorrei  ma la fantasia ha le ali tarpate  l’ispirazione è latitante,  la precettrice Musa,   il caso vuole, che assente sia,   per dovuto turno di riposo.  In questa interiore stasi  dove ogni moto è quiete,  il cuore, rappreso e autista,  tra buchi neri gravita  da declivi di silenzi aridi  parola o suono non sgorga!  Gettata la rete a strascico  dai fondali vuota ritorna;  non vi è freccia nell’arco  che a fisso bersaglio punti,   in un giorno senza luci  sfregato l’ultimo zolfanello  per accendere il lume  nell’attrito si è spezzato.  Ogni eco interiore tace  la lira per snervate corde  scoraggiata è rimasta muta,  non vi è terremoto tonale  scintilla che infiammi  attizzarsi di brace nel cuore,  controcorrente del ricordo.  Non uno scotimento, un varco   non una fibrillazione  mi oppone al ristagno   che al niente mi consegna  non altra gestazione  si compie nel grembo  di abortita ispirazione.  Ridotto a mero involucro,  prima che il respiro manchi  altro nutrimento che mi riempia  dovrò pur trovare!  Ricapitalizzerò questa perdita   secca domani; ricorderà  la mia dormiente sostanza   di essere stata oggi del vuoto  remissiva ostaggio. Da Ravello  Sul belvedere di villa Cimbrone  ove marmorea Cerere sorride  veniva dal blu della costiera   un subacqueo effluvio  e dai nostri visi fluiva  fino ai profili degli uberi pendii,  riaffondava poi tra chiazze glauche   e vitree di lillipuziane marine;  illese ricordanze di solitudini  svanivano sfollate da soffi lievi   fremiti armonici e assonanze   accordi di felicità s'alzavano  invaghivano avvinte mani  esultava la Musa della vita.  Passasti mia brezza breve  per l'arco di cielo che ci univa  vagammo per la fiorita corte  e tra curate cinte di aiuole;   ebbri di baci e di passione  ci stringemmo innamorati.  Serpeggia, nel vuoto ereditato,  tra reduci accenni di bagliori  oggi un migrato sciame  di silenti dolcezze andate:  batte acuto e forte ribatte  il desiderio di abbracciarti  nell’attardarsi del ricordo  accasciato sulle mie rughe.  Quale acqua da pozzo fondo  dopo cigolii di attriti  al cuore spuma di sogni risali:  alla luce irrori labbra invecchiate   rese solchi inariditi  da siccità di anni infecondi.  Bontà e saggezza- non amore!-  ti perdonano per l'abbandono  quando poi patito cessa  la tortura di un rammentare atroce   e bagnate ciglia si baciano  per stanchezza di ricordare.  Quale diverso peso cuore disfatto  nel ricomporsi e disfarsi di memorie  può avere un tutto e un nulla:  quante foglie su foglie son cadute   nel viale deserto delle illusioni!    Da tempo un disboscamento è in atto   Da tanto un disboscamento è in atto   anche le rare erbe son disseccate   gli anni e i giorni al sole   e alle intemperie son passati.   Lo sforzo di prolungare   l'amore per la vita, ora sterpaglia,   più non è nelle mie forze  un mal di vivere mi tedia e mi scava.  Sono come un lichene di Sbarbaro  sopravvivo su rocce solitarie   e in condizioni estreme;  frantumi e polvere in un fluire   di apparenze estranee e staccate   da un sbuffi di vento son dispersi .  Le maghe, le sirene e le sibille   per altri mi hanno lasciato   grigio squallore sul cuore incombe.   Ci soffermeremo sulla battigia   a fissar nell'acqua bolle di schiuma   all'arbitrio divino tireremo un sasso   vedremo la pioggia battere insistente   su muri e vetrate; senza sogni,  fisseremo orizzonti sfumati e velati.   Il tempo di essere che fu   è scorso in un batter d'occhi   gesti parole atti amori decaduti  a spenti ricordi echeggeranno vano   oltre l'inganno che li contenne.   Oh cimeli di speranze e di illusioni   anneriti dal crepuscolo del tramonto   e sparsi in un invivibile silenzio,   mancamenti per insufficienza   di essere nella nullità del tutto!   Continuano a fissarmi fissi e gelidi   gli occhi di Thanatos ma l'ombra nera   non mi abbraccia né mi stringe ancora:  atterrito e senza appoggiarmi a qualcosa  all'autorità del Nulla mi sottometto . Nel sogno che ti contiene  Nel sogno che ti contiene  la tua presenza disegni  come piuma che voli  su nivee nubi ti guardo  e forte il cuor mi batte;  dolciume sull'animo cola  labbra e sorrisi si schiudono  a frotte parole d'amore  svolazzano e si indorano.  Sei la stella radiosa  che illumina la rosa di notte  la bruna fanciulla bianco velata  che tra endenici spazi rincorro  fino all'affanno per sfiorare  le sue forme formose e procaci,  come trottola giri  e come lucciola brilli  sotto cieli trapunti di stelle.  Ecco, in un balzo ti afferro  ti stringo e ti bacio  e mi lascio cadere  sul tuo corpo arreso,  trepidi occhi barbagliano  sul tuo seno turgido respiro  come acqua in una pentola  bolle un sangue nelle vene.  Lasciami così morire  vittima del tuo amore  in un trionfo di carezze,  trapassami col tuo sguardo  spumante di languori e di lampi!  Oh splendida beltà fuggente  ondivaga nel mio stagno,  fragranza di biancospino  grido di gioia, binario  su cui scorre il mio cuore  fuoco che accechi più del sole  in questo delirio sublime  io resti e arda fino all'alba.  Al risveglio, ributtato nel mondo  prima del giorno acuminato e duro  intenerito amante accanto ti ritrovi.  e di te ancora il cuore si empia. Casta infanzia  Casta infanzia   che mai più ritorni  tenerezza di ricordi  primo bagliore di vita  come meteora dileguasti   fanfara al cuore suonasti!  Per soma d'anni  oggi diverso ritorno  a quella galoppante  ansia di esser grande,  ai tremuli rossori  del viso imberbe  alle istintive paure  infantili affiorar nel buio,  a madre alla finestra  in attesa e in ansia  per figlio scalmanato  che in trastulli intento,  distratto indugiava  (dimentico del tempo  da padre assegnato)  sulla strada del ritorno,  ai compagni fanciulli  che i soffi della vita   chissà dove hanno disperso.    Peritura alba festosa spuntata  ai primi vagiti del sogno  chi scordar può  quei giorni di gaudio  e serena innocenza  quando in cuor vermiglio  gemme sbocciavano   di fole e desideri novelli.  Oh primo alto balzo  che l'anima spiccò  in vetta a precordi  con fremito d'ali  tra cieli indistinti  di promesse immortali,  infiammazioni di sangue  a scoppi di amor di vita!    Oh anni beati e leggeri  che come treno che passi  per città senza sostarvi  io vidi ridenti andar via   oh i ribaltamenti d'anima poi  tante volte mesti ricordati;  sospesi a 'dubbia dimane'  oggi ben altre raffiche  di squassi mi attraversano  percorrendo la corta strada  senza uscita dei morendi.    E si, il mastro   dei profitti e perdite  dei passanti per il mondo  non può non chiudersi  che con un insanabile passivo  al crepuscolo del destino!  Oh ozioso Dio impotente   dei credenti e dei gentili   oh folletti e gnomi della selva   o spirti dei prati del cielo  a che l'illusione dell'amore  e l'inganno della giovinezza   se così atroce e crudele  è rassegnarci al loro perire!    All'alta marea dello scòtos   scompariremo, nel Nulla   ci inabisserà il tempo:  deità ignave e accidiose  favoriranno nefasti voleri.    P.S.  Mio Piero Colonna Romano ecco gli effetti che hanno i tuoi generosi  complimenti a 'Lira e trombe equoree'. Grazie! Lo scugnizzo che   fui non poteva dare che questi umili bagliori d'anima, esulteranno  i miei nella tomba lontana quando un vento (l'avoria) arriverà  sui loro fiori di campo e sussurrerà il mio canto. Lira e trombe equoree  Fino alle nane dune  e prima delle spente agavi  sospinto da impeti di vento  turbinoso di spume e bolle  brilla scava risucchia e rode  il frangente rabbioso,  più rigurgita e più attacca   senza posa barche in secca   o ancorate a fronti murati.   Ancor rimbomba, più in là,  il mugghio tra gli irti scogli   erti a difesa di lidi e case   a schiera sul litorale.  Ah fragore prossimo che stridi   con silenzi e quiete   di piane valli e cime sommerse!  Dal lungomare flagellato  dalla tua ira, oggi   con occhi vuoti ti fisso mare  lira e trombe equoree ascolto  e in segreto di me ti parlo;  oltre la vista che ti confina  sondo il mistero che mi infondi  e interpreto la sua voce.  Simili e dissimili forse  a volte le nostre vite:  sempre nuove masse acquee  da fiumi e cielo o cloache  a te convergono copiose;   per noi se evapora la speranza  e prosciuga l'illusione   possiamo solo incenerire   e sale mai daremo dopo il rogo  del sole che nasce e muore  sul tuo orizzonte mobile  al variare dell'altura  del belvedere da cui ti guardiamo.  L'attesa dell'amo che risale   speso ha successo per il pescatore  per noi privi di fede  qualunque sia l'esca usata  dall'insondabile mistero   dell'essere mai nulla pescheremo,   conchiglie o perle di sapienza   dalla battigia della vita   mai raccoglieremo.   Il tempo è veloce e il vivere  tra maree di stagioni   ci sbatte col suo moto  e come acqua che passi   tra le dite delle mani  in un niente fugge:   zavorrati da malinconie   annegheremo all'improvviso  o a poco a poco e negli occhi   ci resterà la speme delusa   di avvistare una riva   che noi naufraghi tra flutti  mettesse in salvo dalla morte. Quando s'avviva un vento  Dispiuma il flabello roggio   che nel botro specchio riverbera   un veemente vento di ponente,   col suo fiato amplificato   spennacchia volatili appollaiati  chiome scuote e scrolla   nuvolaglie scardina e disgrega;   astuto, da spiragli o malchiuso   si intrufola per porte e scale   mulina tra piazze sagrati e vie;   traversale a pioppi e salici   di terrose fiumane lontane mugola   pareti rocce e muri come boomerang   colpisce e si allontana.   Se soffia tanto e alla valle   in cui ebbi natali un giorno  acceso va il ricordo   su, oltre i querceti e i pruni,   nel cimitero sotto il greppo   forse lo udirà nell'aldilà   mia madre da tempo seppellita   e si rispolvererà un pezzo di vita   passato e insieme consumato .   Cade questo ritaglio di tempo   ventilato che non mi allieta   nel risucchio di un greppo;   ora, tra mulinelli di solitudine   fa stragi di pensieri e sogni.   Atterrami, rovesciami e scalzami   pure vento ma non immalinconirmi.   Invidia, non vedi, da noi si alza   per te che anche se muori risorgi. Ad un’amica accorsa   Costellazione di vaghezze   che irrompi nel mio cielo  perdona se, terremotato   e in balia degli eventi,  il cuore denudato, a te,   svestito viene di speranza,  se ad assistere ti costringe   al crepitar di un rogo  e lapilli, fumi e ceneri   disturbano i tuoi occhi;  se per tristezza,  turbando tuo illibato amor di vita   con nerofumi transita   su candor di giovinezza!  Tu non sai! Tra luci e ombre   il tempo lo rimena,   spossato lo catapulta nel giorno,   cenciose prospettive   gli apre e stracci sbandiera,   con sogni in fuga lo deride  e tramando gli passa accanto.  Sballottato è sovente nell'ora  come l’osso di seppia tra le onde  ai cambiamenti di fronte del coraggio,   instabile oscilla se si sposta   il fulcro che ne equilibra il dubbio;   alla speranza, amo teso nell’ombra,   preda abbocca; detriti ruinati  da pendii di giorni ostruiscono  le condotte che amore   adducono ai suoi atri!  Come repentini franano i sogni,  amica mia, come s’annera   e si accorcia l’età delle illusioni!  Cupo passante pur vorrei sorridere,   concedermi, afferrarmi   a rigogliosi rami d’amore:   con altro passo farmi incontro   fiducioso a corteo di stagioni!  Per me che non ho più meta,   inseguito da malinconie,  bersaglio per dardi mortali   volge alla fine il viaggio.  Ah mio astro che triste favola   pur ti narro, i neri sprazzi  i ritagli di mala ventura,   il rovescio della tunica che ti mostro,  il rintronare di pensieri da cui sgorga   lo sconcerto che odi e ch’io inetto   e vile non so risparmiarti!   Ma orsù, fuggi, allontanati   da questo rimuginare cupo!   La tua vita è alba, orgasmo di gioia,   festoso rintocco di campana,   suono di cornamusa,   totale gaudio, euforia di dolcezze!  Azzurri i tuoi giorni,   ostri i tuoi tramonti,  freschi pistilli, petali  e gambi di rosa i tuoi anni;  non arso dumo, non vespero,   non tenebra, non singulto  non lamento ostinato la tua voce;  tripudio, non esacerbato  momento d’agonia!  Un fascio di felicità   dai tuoi cespi lasciami raccogliere   oggi bosco di felci e di viole!   Possa lo stormire delle tue fronde  far da sottofondo sonoro  all’omelia quando pietra ricordo   sarà deposta sulla mia tomba!  Vagando tra i solchi uberi   della tua pronta memoria,  all’affiorare del mio ricordo,   un mattino di primavera,   alle prime luci mi coglierai   fiore sbucato da invisibili radici:  al capo di reciso stelo,   tremulo, allora ti sorriderò corolla! Il primo bacio  Ricondotto sempre in ceppi dalla memoria  turbante un ricordo ancora roseo ritorna.   Eccolo animarsi sul lenzuolo bianco  di un immaginario schermo  in quest'attimo che ameno si dilunga.  " Densità di lanugini bianco grigie  lento si dirada all'orizzonte  rapito lo sguardo aleggiando vi fugge;  non vento rabbioso sferza  il calcestruzzo dei frangiflutti  oltre cui il sussurro dell'onda,  che vi giunge e si annienta, si ode.  Ogni parola tra noi è già stata detta;  scivolano le tue mani cappio  sui miei giovani fianchi;tremulo il petto,  pressato dal turgido tuo seno, trepida;  la bocca corallo vermiglio si protende  e in estasi scocca un virgineo bacio:  il primo bacio! " - Il primiero assaggio  di un pasto più lauto a cui sarebbe  più tardi seguito l'interminabile digiuno  d'amor che nella mia vita oggi dura.  E' questo il sogno sofferente  che ricorre nelle notti stellate,  l'assenza che si fa presenza,  la folgore che mi sfiora e dilegua  lasciandomi senza luce; l'accordo  armonico che nel consumarsi dell'ora  mi commuove e lieto mi sciaborda   il batter d'ali che in alto mi invola.  Da tredici lustri e più, costante  un narcotico sedativo assumo  per lenire pene e lamenti  di graffiante rimembrar d'amore!  Non hai saputo imparare a vivere  senza ciò che ti manca, cuore!  Tutti i colori sulla tavolozza sparsi,  raggrumati sono, da tempo i tubetti  da cui son stati munti sono rinsecchiti,  fluido tu solo, nero mi resti:  il peggiore e più appiccicoso dei colori! Il viaggio  Per il viaggio non sarà necessario  che prepari il trolley o la valigia   basterà un solo abito scuro  -non frusto, tassativamente nuovo!-   le scarpe siano pure di poco conto   ma obbligatoriamente lucide e nere  se saranno strette, non importa   tanto non dovrò camminare affatto  necro-stewards mi porteranno a spalle.  In previsione, certo avrei potuto cercare   l'agenzia che lo offrisse a minor prezzo  e con un pompa magna invidiabile  ma affaccendato in altre quisquilie  non ho avuto né tempo né interesse.  Il giorno della partenza, ancora  non convenuto, spalancata la porta,   scese le scale senza inciampare,   mi accompagnerà un odore di morte  qualche fiore fresco e forse dei berci.  Può darsi che all'accomiato   mi saluteranno in pochi o in molti  che taluni, chissà, piangeranno   ma non lo saprò mai e ne lo immagino.  All'uopo, un tempo, per tali viaggi  c'erano i cavalli, mi sembra morelli,  ma il progresso li ha resi desueti  e di certo ci voleva più tempo   e più soldi per arrivare alla meta.  Speriamo che alla partenza  non nevichi piova o ci sia afa:  i mugugni, pur se legittimi,  sarebbero troppo e inappropriati  e correrei il rischio di rivoltarmi.  Eh si, questi viaggi, unici ma comuni,  si fanno solo dormendo; nell'annuncio  anche le campane suonano dimesse  rispettose del sonno del fortunato!  Su non siate curiosi di conoscere  dove vado e perché:   tanto neanche a me è dato saperlo.  Rinviare il viaggio- voi dite?-   e a che varrebbe   se è già all'ordine del giorno.. Tristezza  Tristezza, fosforescenza nera  accompagnatrice dei troppo soli  quando fulmine a ciel sereno  inattesa ti riproduci nei giorni  e lama cruente nel petto affondi   foglia arsa in balia dei venti  poi mi riconosco   ai tuoi ripetuti assalti.  Sole atteso per il mio freddo  caparbia mi sottrai  rimenandomi nell'ombra,  pallente rendi l'ora   in cui ti appartengo!  In ribollii di calce viva mi immergi,  interito mi rotoli per scabre chine  difettivo di futuro e passato.  Non un guizzo mi consenti  per svincolarmi dalla tagliola  entro cui rappreso mi trattieni;  oscurata, snervata, per tua opera  funghisce l'esile speranza  dipartita da me smarrito!  Tu stronchi ogni pensiero che involi  arresti la corsa ad un diletto  dalla tua voce intimorita!  Vedi come anche l'ultima illusione  nata nell'istante che muore  incupita retrocede all'infinito?  Ammortato ogni vitale desiderio  per la tua irruenza,  ingrommate le mie ali,  mortale scherno raccolgo  da stormo di ideali in volo;  a palo di supplizio incatenato  senza sosta, metodica mi insulti;  strali alla cieca scocchi mirando  cuore senza riparo e non mi uccidi.  Ti fronteggio acerrima nemica  sopravvivo, attizzo paziente  il rovente desiderio di sopprimerti! Io lo ricordo e come  Io lo ricordo e come  parvenza di amore perduto  lo ricordo il tuo balcone,  la tua casa natia spiata  rammento l'asciugamano disteso  visivo segnale amoroso  secondo un codice convenuto,  come, quel drappo colorato ,  segnalasse l'incontro sospirato  che sarebbe senza imprevisti   di lì a poco avvenuto.  Impaziente e tremulo ti aspettavo  come poi, oh, ti cospargevo di baci;   scoppiettava il sentimento  accaldato mi arrampicavo   alla verticale degli alti sogni!   Ancor più forte e vivo  se ci ripenso, pur ora,  forte mi ribatte il cuore!  Per una congiura segreta  ordita a mia insaputa  che avvenne poi …?  In un volger di eventi  al carcere duro condannata   fu la mia passione   dal voltafaccia del tuo amore!   Non fu allegra vicenda  né leggera perderti.  Il cuore in disgrazia  non si agitò mai più tanto  da quando toccato   fu dal gelo della lama  delle tue parole:  altra fiamma, mai più lo arse.  Perché tutto è caduco  e anche l'amore eterno   che giurasti a me prediletto  diffusa cenere divenne!   Malinconie in risveglio  ricordano quell'altra te   in questo giorno che transito  sotto al tuo balcone  che estraneo e in rovina,   a me invecchiato nulla più dice.     Assenza  Brilla e ridente in alto passa  una luna novembrina stasera  -la ricordi la nostra prima luna?-  Aria fredda, amore, spiffera   dalla feritoia del balcone  ritornelli lunghi e lenti  orchestrale l'orologio suona,  intenso supplizio è di te l'attesa  t'aspetto e non verrai mia stella.  Impigliato in un vischio   di ore ombrose, intorno,   fitto un vuoto cresce   e un cuore floscio tonfa.  Più tardi, solo sarò ancora;   privo del caldo del tuo corpo  mi assedierà dura un'insonnia.  Privo di sonno e sogni   da un condotto di pensieri  fluida fuoriuscirà una malinconia  e non potrò, di sicuro,  evitare che mi inondi;  nubi basse di solitudine   si gonfieranno di nero  e alluvionata faranno una vita.  Tu, assente, non mi allungherai   per mettermi in secco le mani  e atterrito non saprò che fare.  Insaccato in demenze cupe  mi accecherò senza luce,  un sospiro dilatato estremo  e respirerò poi essenze di morte!  Spargi la tua anima calda ora  e dal gelo che nevica mi salvi;  cantami, con passione,   in do maggiore amore  la canzone che vorrei udire   più prima che una notte mi congeli. ’ A malincunia  Nce stà na cosa c’abbrucia,  nera comm’a pece   cchiù azzeccosa d ’ ’a colla,  tosta comm’a na preta,  coce e luce nun fa, ’a vita,   ’a parte ddò lustro nu’ ff ’avutà!   Quanno arriva pe’ sfizio se ntalléa,  s’abbotte e nun se sazia:  ‘o core tutto, te siente arrusecà!  Nfame sta sempe appustata!  Zitto, senza te ne fa addunà,  s’accosta cu nu passo felpato:  pàffete, te zompe ncuollo  e sbattuto pe’ terra te fa truvà!  Tutte l’ombre passano:  essa, cucciuta là rimmane!  Comm’a l’acqua trase   pe’ tutt’ ’e pertuse ca trova  nfunno scenne, scava,  s’annasconno e, fetosa rimmano!  Sta cosa ca mette all’anima  lli ppene, sapite ched’è?  E’ ’a malincunia!   Avite voglie ’e nzerrà ’a porta!  Si addà trasì,   tuzzulea cchiù forte;  ustinata se fa sentì:   ve chiamma cu cierti strille!   Santo p’ ’a scuraggià   nun ce ne stanno..  se nun schiarisce, ll’avit’ arrapì! Fado non udito  Se per incalzo di pensier d’amor   acerba insonnia in veglia mi costringe  e irrespirabile un miasma si innalza   da acqua stagna d’assenze  fammi compagnia chitarra mia.  Varchiamo il silenzio che ci accerchia   e il cuore assedia d’improvviso  da accordo di risonanze non più udite   rianimo e respiro riprenda quest’aria muta.   Non t’avvedi cordata dalle sette note  di come prossima si fa tristezza   lento e crudele il durare dell’ora inane  poi che anche il tuo conforto mi sottrae?  Non senti come sbreccia e piccona  l’Effusa con il suo suono senza voce  come a stilla a stilla,   poi incoercibile fiotto   fluente riempie l’invaso del cuore?  Scuoti le tue corde da tanto chetate:  strimpella, stridi pure   ma conforto dispensa all’anima mia  su questa nera oscurità distesa!   Ch’io intonando fado   vibri per amor perduto,  eco rioda dei palpiti appassionati  che sonorizzarono i miei giorni;   ancor riviva l’emozione andata   di cui nulla mi resta e che, sogno,   mai verrà nella notte che mi aspetta!  Tu certo non vuoi   ch’io anneghi nelle mie lacrime  recluso nell’antro ove Tempo mi consuma!   Ariosi i tuoi arpeggi mi accompagnino,  botti a spuntar d’alba  festa annuncino a cuore immiserito   da lutti ed abbandoni.   Voluttà conturbanti aprano danze,  la mente invitino ad altre sarabande  prima che stanco, fattomi in penombra,   a nèttare di morte labbra conduca. Brunice  Svagando tra aiuole di memorie  assenzio ti riconosco e ti estirpo  svampito sogno!   Ieri, inganno assurto alla ribalta  oggi incarnata nel vero  insulto ad un cuore alla berlina  per aver alla luce del sole  fomentato senili e vaghe illusioni.  Implume bipede pur mi rammento  che truccata ad alata   lontana fuggisti via  senza posarti un attimo sul parapetto  di una dischiusa finestra amica!  Ah qual funesto senso si intende  levato lo sguardo ad un vuoto cielo  e se assente è ogni vocio di rosignolo  sullo sfrondato albero della vita!  Qual riparo, qual lieve conforto  è dato al viandante smarrito,  che sfibrato e disilluso dal tempo   percorra l'opaca strada  delle ore accidiose del suo vivere!  Sfatata effige, ambigua parvenza  sgorbio incolore, oggi io ti contemplo  qual visitatore attento  ad una affollata mostra di assenze!  Cuore e tempie, requie non trovano  epicedio è il venir di memorie  che si perpetua e lancinante irrita  i precordi di un corpo semivivo!  Resterai pure tu del tutto senza luce  e chiaro allora vedrai nel buio;  estranea e muta un'ombra inquieta  salirà furtiva per un frangente le scale  della casa del tuo cuore solingo:  sulla soglia, la fisserai orba di speranze  e ti balzeranno al cuore gesti parole  attacchi di trilli ma sarà vano e tardi.  Alle prime avvisaglie del nulla  fatta né oggetto né soggetto,  né alfa né omega, aspro saprai  che mai ci è ridato o si ripete  quanto non abbiamo superbi accolto.  Che ognuno allora si dibatta   nella sua cella e invochi   per amor di sé l'iddio del caso  perché bonario propizi o promuova  i favori di un possibile domani  e lo partecipi a una baldoria della vita! Scatto apotropaico  Di che ti impicci cuore  perché lo sfondo del male   sondi tra le viste del mondo  e in un fremere d'orrore  ne fai rapporto scrupoloso?  Desisti e guarda oltre  estesi ne sono propaggini e forme:  cuore,ne trarresti solo pena e dolore!  Il male nasce scotta e vive   e terrifica ne è la teratologia!   Innumerabili i suoi figli   le variazioni e evoluzioni.  Desisti prima che ti avvisti  e riconosciutoti ribelle   o avverso al suo dominio  ti persegua e ti torturi:  insaziato ha sempre fame e sete.  Mal sopporta affronti e oppositori;  vanificata ogni protesta, vendette  insuffla e probi persegue,   pestifero emana i suoi odori  con mastice in ragne imprigiona.  Dalla notte dei tempi  da bene e virtù divorziato   tenace reclama il suo regno,  a Lucifero avvinto  paffuto succhia al suo seno,   scelleratezza si legge   sui suoi stendardi; mai arreso,  mai pago, arruola anime prave;  insano e stolto sani irride  pensieri e azioni intorbida   desideri e passioni impuri diffonde;   coscienze spoglia di bontà e d'amore,   a tenebra fonde e tempera ogni luce;  essente essere incarbonisce  e spazzacamino non c'è per i suoi fumi.  Da millenni una stirpe di demoni   impegni annota sui suoi taccuini;  se cammina, ai bivi, ai trivi  o ai quadrivi sempre sa dove andare,  se inciampa o sta per cadere  sul male inciso fa perno e si regge.   Angeli decaduti o umani lo perpetrano  per tenere alta la sua reputazione! Non udite, non sopraggiunge ....   Che dimoriate qui o nell'aldilà  non udite, non sopraggiunge fino a voi   un'armonia di tremiti e di accordi,   non vi acceca, come luce d'astro   pulsata prima della notte dei tempi   lo sfavillio delle mie ansie pupille?   Un canto a voi noto si rifà vivo   e disperato risuona per erme vie,   memorie da voi spalancate riparlano   e una pena antica e acerba ravvivano!   Sfinito dall’esecuzione,   mille volte eseguita, del motivo   di uno spartito da voi composto   e poi senza ragione reso illeggibile,   si fermerà un giorno questo cuore   orchestrale che mai avete applaudito.   Ah il nulla ricorrente che raccolgo   il suo riso lieto venirmi incontro   e nel baratro precipitarmi stilla a stilla!   Il ridicolo che si mescola alla tortura,   lo star fermi e attendere altri colpi,   adorare il feticcio di un Invisibile   che non illumina l’angolo cieco   ove ci incatena un’oscurità aguzzina!   Voi, diffidaste in lontani giorni   dei miei slanci, affrettata fuggiste   ai primi balzi del cuore   come davanti a un figurato nemico!   Persuasa da un infondato timore   arretraste allo scoppio dei miei moti:   mai pensaste al di fuori di voi stessa.   Persuasa da altri che era d’obbligo   avere certezze, non accorreste   a grida d’amore, di ghiaccio   rimaneste davanti al mio fuoco!   Più volte, perdutavi per sempre,   tentai di ridisegnare la mia vita,   ma solo timide linee, scarabocchi   contorti e senza senso, tracciai   poi deluso sulla pagina bianca   ove in prospettiva usavo figurare   il mio destino, divinatore e vate   di un venire di giorni insopportabili!   Avreste dovuto saperlo che l’amore   non muore per i colpi inferti   dalla sferza di un diniego,   che non recede senza un’illusione   in una orrenda conca d’indifferenza   e che pur senza respiro, brama parlare!   So che non vi è magia umana o miracolo   divino che possa ridar vita a ciòè che morto   eppure rieccomi a bussare a una porta sprangata   dietro cui, affastellate   giacciono preziose cose perdute  per fantasticare di farle rivivere.  Mi fingerò in perpetuo che nulla   di irrimediabile sia accaduto,   che tutto ciò che non ho e reclamo   evanescente volato via non sia,   che una forbice ideale tuttora esiti   a recidere un filo fino su me annodato   e che, invisibile, a vostra insaputa  indissolubilmente ancor mi lega a voi.   Ah se un giorno, preda di oscura noia,  confusa e sedotta da un ricordo,  che vi trapassa e gioioso rifiorisce  vi accadesse poi,inspiegabilmente,   di sostanziare e abbracciare la mia ombra! Come ali di albatro le braccia  Come ali di albatro   le braccia più non si alzano   davanti allo specchio  dove amor primo mi apparivi  e io, sbronzo di sogni,  come brace viva attizzata  con delicate movenze  -ubbidendo al caldo richiamo  della tua pelle- sorridente  le dune ambrate esploravo  del tuo petto cosparso di nei.  Dall'alto dei sensi condotto  quante volte precipitai  nel mare spumeggiante  del tuo corpo vibrante  vasto e pieno di gorghi!  Fili di paglia le mani  or più non intessono  pensando a corvini capelli  mossi dal vento e frugati  con una dolcezza protratta  che il cuore lieto assopiva.  Oh le carezze all'eburneo  tuo collo mentre lo sguardo  tradendo un segreto cercare  confessava di aver furtivo  rovistato tra le forme muliebri  che la veste ostinata celava.  Ho dovuto bendarmi,  negli anni pigri di luce,  per riprodurre nella memoria  l'abbaglio e i gesti di allora.  Nello strazio agrodolce  del ricordare che ritorna  poggiando la mano sul cuore  ho tremato dietro la porta  chiusa della mia prigione;  al fluire di una stilla,  caduta da occhi vuoti,  scosse di vita ho sentito  risalire dalle morte radici  del mio cuore stroncato.  E' da millenni, amore perduto,  un vuoto cammino il mio andare.  In un immoto accadere  di ore e anni duri da vivere  una voce dentro mi illude  di poter il tuo volto smarrito  confondere con altro mirato.  Come svanito, delirando,  baratri radendo io vado,  alla terra e al cielo sordi  demente ripeto la mia storia.  Lo scheletro di un sogno,  investito da raffiche di pena,  dondola all'albero penzolante  a cui vivo lo impiccò un addio;  a raffiche violente di ricordi  scricchiola tristezze senza fine  polverizzandosi tra le mani  dell'ombra che ne afferrò la vita.    ‘O primmo ammore  Nun se scorda ‘o primmo ammore   dice na canzone e i’  uocchie perdute   ca cchiù nun me guardate,  chino ‘e giuventù nce aggio creduto!  'O primmo ammore  è comm’o paese addò si nato:   giro ‘o munno sano,   passano juorne, anno  ma ‘o penziero sempe là  torna ca capo, si a isso pienze  e ‘a nustalgia te piglia, nu treno   è sempre pronto là a te fa turnà!  Si tutto chesto è overo, si nunè   na buscia pecché o’ core vuoste  se l'è scordato ?  Ah tutte 'e vase ca ce simmo dato,  chillu fuoco ca primmo avito appicciato  e po’ capricciosa avito stutato!  ‘E prumesse meje só restate  ‘e voste addó l’avito mannato?  Vacante e senza sustanza  ‘e giuramente vuoste,   sicco pecché senza lacrime,  comm’a fronne morte   nu suscio ‘e viento  luntano se l’è purtate!   diciteme: Pecché allora stu core  c’appriesso ve corre ntrupeccanno  nnanze a ogne zarro d’anno,   ca cade e se sose senza sciato,  ancora ve chiamma?  Viento a chella scellerata  ca puro ‘o nomme mio se scurdato  puortele sta mmasciata:  ‘O primm’ammore nun se scorda  nun se scorda, pure si a n’ato   dint’ ‘o core te si pigliato!    E piti, piti, piti..  Sfilacciato e consunto  alla sorte resiste lo stame   riposano le divine Parche.    Nulla piùè rimasto vivo  in noi e tra di noi  oltre il cenere avvenuto  nulla se non la traccia  lignea di due sgorbi incisi  sbiaditi già da un tempo   infecondo e vorace.    Del sommerso passato  solo codesto emerge oggi,   velato ci riparla forse  di un amore andato in malora.  Ah come tutto va al niente  mentre un interno attrito  brucia e consuma le nostre vite!    Anche senz'acqua attorno  per mora greve di sogni  si può annegare e morire.    Perso direzione e meta  esuli per le tenute dell'ignoto  guadiamo un vuoto in piena.  Attaccati da una bufera   ci afferrerà il turbine  finiremo il nostro viaggio;  ci ghiaccerà la morte. Sincerità  Sincerità   spazzabugie che non sottaci  ornamento del bell'essere deriso   ardita sentinella del vero   che schietta al falso   alto là intimi e metti in fuga,   ideale trasparenza d'acquamarina   che gratitudine e allori non ricevi   quante volte offesa e oltraggiata   senza plausi e coccarde   in acre ritirata ripieghi delusa!   Ricevuto da Impostura   strali al centro del cuore   chi il tuo vessillo sostiene   muto spesso fugge e alla macchia vive.   Ah, senza usbergo, quale pazzia   candido rivelare ciò che è!   Tu che non adombri e intorbidi   l'onestà del cuore e della mente   non sospettoso chi ti accoglie?   Acclamata è la menzogna   che acceca, non tu; inaudito   allori virtù e appannaggi   a doppiezza e inganno   solo si tributano sovente!   Oh tu, diamantina trasparenza   che dal grembo di spontaneità   nasci gridi e ti annunci   e non un bacio ricevi!   Apparsa, ignuda, timida rosseggi;   schiudendoti, confidente, amica   entusiasta ti espandi come essenza   leale ma nessuno ti ascolta   e ogni abbraccio ti si nega!.   -Ti amo- ad una donna confidasti   quando fischiettando la prima volta   con innocenza dall'animo mio sbalzasti   cercando un contatto ineffabile   all'emergere di prima giovinezza.   Fu quella la tua prima esperienza:   quanti arretramenti e dolore poi   per aver parlato ad alta voce!   Chi non intende poco t'attende   mia bistrattata compagna   messa alla berlina!   Tutto il bene e il male   che ti tributano ho scrutinato   per appurare dove ti collocavano   ma se hai vinto o perso   tutt'oggi ancora è irrisolto. M'ange il cuore  M'ange il cuore per perpetuarsi   da giorni di inique cose  e poco mi oriento in baccani tanto diffusi.  Schiamazzano e cambiano livrea  sull'agorà pavoni e oche   basta una fola eristica per   mutare direzione e spingerli  in altra stia, tanti i galli   pomposi a presidiare mangimi,   pance gonfie fameliche   reclamano ingorde commerci  fette di agio e potere,  sempre pronte a beccare   stormi di colombe artigliate e falchi   volteggiano sul Transatlantico.  Se la trasmigrazione sia   a sinistra al centro  o a destra poco importa.  Che accade mai?   Nulla di nuovo oltre una nuova fila  di morti sulla battigia o nell'hangar!  Lo spettacolo è lo stesso   il colorato di ridicolo   il parlar bene e razzolare male  "invariante" in altra scienza si direbbe!  Replicante non varia lo scenario;  se guardo, sempre fari spietati poi  ipocrisie e disonestà denudate  fanno luccicare; i suggeritori  attivi e in penombra, non dormono mai  pronti a modellare discorsi  e sofismi per plasmare la massa.  Tra omissioni di fatti noti  e cancrene di indifferenza   si discorre senza conoscenza  si fabbricano verità posticce  si inculcano perversità morali:  è l'apoteosi degli escrementi!  La coscienza, l'amore per il vero  il bene comune, la bellezza cortese  il sublime dell'innocenza   e l'armonia nel fare e ideare  l'onestà e l'igiene mentale   soggiogati da oscuri fini  estromessi dal palco delle virtù  da tempo alla gogna giacciono sedati.  Raro verso l'etere qualcuno   solleva da solo le proprie ali:  per fortuna sognatori e disinteressati  a scanni e sedie vellutate,   eroi del pensiero, all'aria aperta  liberi dalla tirannia dell'avere  pur sfrecciano tra correnti ascensionali   come aquiloni verso volte stellate.  Ah i fuoriusciti dallo sciame  degli angeli in volo, i castigati   immeritevoli di pienezze di luce  e camminanti con le spalle al sole!   Che dirà mai lo specchio   quando i crestati vi si mireranno  saranno in estasi e scintillanti di boria  o apriranno il confessionale per raccontare  inganni e circuizioni messi in atto  dal loro pigmeo essere?  L'acqua torbida non si schiara  anche se mille filtri la decantano!  Poca presa ha il bene sul male   e insolita è la capitolazione dell'ego.  Un covo di ladri e raglianti pur forbiti  e travestiti da persone dabbene  sempre un covo di ladri e raglianti rimane. La piazza   Di gente gremita   è nel giorno domenicale   la piazza del paese   tra rintocchi di campane   e stridii di freni di bici sfrenate   schiamazzo di voci indistinte si ode:   cicalii femminili, brusii di senescenti,   tengono chiacchiericcio concerto.   Festoso cafarnao animato   da passeggio di avvenenti   forme procaci, teste rapate   visi imbellettati e incipriati,   coppie austere e odoranti   uscite in vistose divise   nella domenicale parata.   Vale la pena incontrare   gente dai vivaci colori:   bisogna pure che ci si ritrovi   e, a qualcuno, sul trend delle proprie   tristezze si tenga un rapporto adeguato  che allacciando discorsi   si confrontino sopravvissute speranze.   Sulla piazza principale   può accadere di tutto:   ritrovare il respiro della giovinezza,   urtare un amico di cui si erano perse   le tracce, arrossire per la vampa   di uno sguardo che il cuore tocca,   appoggiarsi ad un muretto   e seguire il rocambolesco   trasloco di una pagliuzza   tra le prensili antenne tenaci   di una formica ostinata.   Rinchiusi nei box angusti   delle feriali occupazioni,   confinati fra orridi torrioni,   arruolati dalla sopravvivenza,   senza sbocchi o salti di sorte   in un vuoto di spiragli,   tra ombrose spirali di vuoto,   tacitando gemiti inascoltati   i nostri giorni consumiamo.   Bisogna riappropriarsi   eh sì, di un pezzo di vita!   Guardare altri tratteggi   oltre il cerchio del quotidiano   che ci confina con le sue nubi,   strapparsi di dosso quell'odore   di chiuso che si appiccica   addosso e si condensa nel cuore.   Si attende una settimana   un vitale squarcio di sole,   una manciata di raggi   che ci ricordi il volto   e i colori del cielo, un soffio   di vento per veder scompigliata   una pettinatura laccata, colloquiare   in un segreto linguaggio con la cima   irrequieta di un albero chiomato.   Nella piazza affollata   straripa il lamento del mondo,   si raccolgono le storie confessioni   di destini traditi e svuotati,   si sfiora l'abbrutimento   partorito dalla sterile monotonia   di una scondita esistenza,   sboccia la richiesta sempre umana   e mai esaudita di una speranza   che tra gli uomini e per gli uomini   tangibile vera giustizia avanzi.   Sarà deserta domani la piazza.   Attraversando il fumo che resta   dalle ceneri di combuste illusioni   abituali piccioni, numerosi   verranno a beccare sbriciolati   resti di chips e patatine scampati   alla bocca ingorda di bambini.   Nella piazza svuotata, un lapidario   silenzio, domani, disperderà   l'afono clamore delle nostre illusioni. Non so cosa io sia o sembro  Non so cosa io sia o sembro  né mi congratulo con me stesso  o mi infirmo o mi confermo;  fuscello trasportato dal tempo  subisco le fole dei suoi attimi  e so che vivere   è un grattacapo da vertigini;  distinguere, se sei stato   fosti o diverrai so che è un azzardo   e riferirlo semmai potrà   forse solo il cielo.  Così senza orientamento ondeggio  subendo le maree del destino,  tra intrighi di supposizioni vago  tra altri me stessi mai compresi.  Imperfetti o perfetti   monchi ci si declina  a secondo del momento  e il distinguersi in chiaro  è solo ameno artificio  per raggirare un nulla cenere  che senza fisionomie ci ritrae.  Se talvolta trovi il verso  della tua vita svalutata  c'è sempre qualcuno  pronto a mostrarti il recto  e così tra conversioni e coni  per apprezzarti ti ingegni  ma il titolo non cambia  a seconda del contesto  e per la precarietà non ci sono cure  né le parole ancor dispongono  dell'obiettivo con cui scattare  le istantanee che in originale mostrino  le luci, le ombre e i colori  dei paesaggi attraversati dal cuore. Amore, fiore che ti schiudi   Amore, fiore che ti schiudi e olezzi  ad albeggiare di prima giovinezza,  primo sogno che più non ritorna,  al tuo farti frutto colto, da labbri  assaporato, disceso al cuore   improvviso, miraggio, poi dileguasti!  Balaustro maturo a cui avida pupilla  protese nella corte degli anni  solo qualche chicco mi offristi  quando il cuore tremante ti raccolse;  per secchezza poi appassisti;   fatuo brulichio di luci ti oscurasti   fuoco per il mio freddo interiore  per poca legna, precoce peristi!  Tagliati i sommoli delle mie ali  da anni, secoli, in volo  in alto più non mi hai portato!  Sai, ancora arrossisce e ballonzola   il duro cuore vecchio e malandato   se talvolta adescato è dal sorriso  di una donna; un filo d’acqua  bevibile, nei sogni lo raggiunge  quando gronda dalle diaclasi aperte   nella cristallina illusione in cui vive!  Quanti grumi di nostalgia sono risaliti  alla gola da quando ti ho perduto!  Emaciate oggi sono le mie labbra  per fuga di baci, convogli di tremiti  più non sono partiti dal petto;   ferma in piazzola di ansia, la mia vita  melma e silenzio respira tutto intorno.   Se eterno tu fossi e imperituro il vivere  rimarrebbe la speranza di poterti ritrovare,  ma la mia partita con il domani, non durerà  molto; per la rivincita non ci sarà tempo:  acri sentori già avverto, di scacco matto! Non disperdere o spezzare  Non disperdere o spezzare   ciò che salendo alla luce si dipana  non rintombi nel'atro fondo  dopo atroce dibattersi in sé  un fiorire d'amore che evolve!  Nel raffronto d'essere   a cui timori ti trascinano  per distaccarti da chi ti scalda  ravveduta, riverberi e bellezza   di più scorgi: vita d'altri   mai simile è alla nostra  la tua non è un'altra ma se stessa   e a te solo il privilegio di addurla  verso altri bagliori sia accordato.  Nulla più di nulla, oltre l'amore  che rompe il respiro,   fuor da me fluisce nel giorno  se mi levo e attraverso il tuo cuore;  a te estraneo diviso non mi ritrovi  senza aver lasciato orme durevoli  quando affranto su me stesso ripiego  stanco di mille sforzi tangibili   per lasciare sul tuo volto un sorriso.  Ho pensato per noi, oleati i cardini  delle celle delle nostre vite,  spalancato le pesanti porte   ti ho preso per mano e pur senz'ali  abbiamo non irreali un pò volato.  Svigorita e ritornata al buio  ostile a fecondazioni d'essere  allo sbaraglio nel vuoto  io non debba riconoscerti ineguale  a colei che sobbalzare mi fece il cuore.  Dispiegati essente e non stravolgerti:  sii agnizione, fuoco mai spento   tizzo ardente senza fumi,   scoppiettio multiforme, calore   che infervora una vita e la incanta.  Se miope, non ti vedi fiamma  o smemore non ti ricordi donna  con chi dividerò il mio riconoscerti  che alimenterà la brace e i sogni  che in me lasci quando ti afferro  e si riunisce ciò che non è disunito?  Un avvenuto rinvenire che è tutto   fra sfioriti noi è accaduto:  non sia improbabile l'avvenibile essere!  Io e te, non siamo che una sola cosa  unico e abitato non può che restare   l'alloggio dei nostri cuori  se tu fosti colei che luminosità riconobbi:  codesta sia la certezza presente e futura  su cui adagiarci e riposarci.  Se mi ami,snoda e non stringere   il nodo scorsoio delle tue paure:  innalziamoci più che precipitare  salutare e salubre sia il vivere  vivere tanto bramato che ognuno   affabula e impegna a suo modo. La città del sole  Il disco del tempo  ne ha fatto di giri  da quando lasciai  la città della pizza  del sole e delle canzoni.  Il clamore delle voci  nel budello dei vicoli  che ti soffocano,  la miseria che vi ha fissa dimora,  i bassi angusti affollati da nugoli  di fanciulli senza avvenire,  una gioventù che sfiorisce  per orditi di strade sconnesse  lastricate di sogni stroncati,  la tristezza che scolorisce  il volto di chi non trova  la mano tesa della speranza,  dalla memoria, da allora  che via me ne andai,  più non si invola.  Là, una canzone zittisce  ogni dolore, una 'margherita' sazia  un pinzare di fame,  un mandolino in dolcezze  scioglie il cuore come un cero  se esposto a calura eccessiva.  Sotto il Parco delle rimembranze,  il progresso e il tornaconto di pochi  da tempo hanno dato un colpo  di spugna all'altoforno e alle ciminiere!  Effeminati ed esotiche clacson girls  come cavallette, in una nuova apocalisse  la notte hanno invaso; la polvere  bianca con i suoi annessi dilaga:  a venti anni la vita già si perde  in un pronto soccorso finale!  Neanche il mare  è lo stesso dall'ultima volta  che azzurro lo vidi,  da quei moli, quante navi  sono salpate negli anni  trasportando riaperti destini!  I distacchi, le partenze forzate  la malinconia di chi rimane,  la nostalgia che addentella il cuore  di chi va lontano, per ressa di ricordi,  addosso mi ripiombano  come una grandinata improvvisa!  E' vero, sulla collina,  tra i quartieri buoni,  là dove affacciandoti a un balcone  il pino ripiantato, i panfili  e uno scenario disegnato  su un lenzuolo di mare  si mostrano, tutto diverso  e trasformato t'appare.  Ma ciò appaga l'occhio e non il cuore:  la bassura dove si affonda conosce  l'indifferenza che viene dall'alto!  Vorresti le cose diverse, una chiarìa  che non fosse mero vaneggio;  vorresti la gente tutta felice  e che sotto il bistro e il belletto,  sotto il sudore e nello sconforto  tutti i sogni fossero uguali.  Oh i guasti antichi del mondo,  la pena che il cuore distilla  e amara s'affolta nel tempo  che fugge senza rinascimenti! Intelligibile trama non si profila  Ara il naviglio il flutto  scie e schiume si disegnano  lontano sfuma l'orizzonte  cime di palmizi scuote un vento   in alto corruschi e nubi.  Che faccio qui oggi  oltre i clamori estivi  solo a guardare il mare  e ieri che fu dove ero.  Quante volte ho visto  tornare l'alba  e quante volte accadrà ancora;  del vivere che ho inteso  qualè l'opera del tempo  a che le irritazioni di vanità  le morti, le guerre?  Si distacca già il presente  ciò che univa si discioglie  garbugli di pensieri bruciano   più fitta la selva di memorie,   dalla mente tessitrice  intelligibile trama non si profila.  Dov'è la rotta umana  che non t'affondi cuore  dove può apparire un faro  un porto sicuro e ospitale:  oh quando nel soliloquio  esprimi i tuoi malanni!  Avesse un nome pronunciabile  e un indirizzo la speranza  raggiungibile la pace del mondo  indite non resterebbero  le mie domande dissennate   quando spiccano un volo  ma perdendo giri e portata  in un vuoto picchiano a spirale!  Insondabili vita mare e cielo  e di scie e corpi nulla resta  lieve o grave tutto decade.  Come avvinci defunta giovinezza  di illusioni venditrice  quando si ripassa davanti  ai tuoi specchi e alle tue vetrine  allo scoppio di una malinconia! Autoritratto  Disappetente di vita per indigesti anni  da tempo tossici vaneggiamenti respiro,  di ideali asperso e illuso,   romantico, di donne e amori  a vanvera ciancio e ne sconto inganno,  luce e tenebra già non mi riguardano  assaggio di tripudi non corteggio;  per i seri mali dell'anima  a rimedi straordinari più non credo.  Perduti volti e cuori amici, ricordi  d'oro, talvolta passeggia la memoria  e, per un po', li persuade   a tenermi compagnia e in vita.  Fasci di pensieri malformati   dal giorno rastrellati   devitalizzano pressurizzati; nell'ombra,  sprovvisto di attributi, non visto esisto.  Ah! E rammentare che una volta  tra fervori giovanili scoppiettavo  e su una pila di illusioni sfioravo il cielo!  Pregno di pestilenze surgelanti  in recinto di solitudine tristezze svago  e ivi mai vi transita anima viva.  E se pur d'incanto rimosse fossero  le transenne del mio chiuso  che mai potrei rispondere  al passante che chiedesse  i connotati del mio esistere.  Come mi riconoscerebbe vivente attivo?  Deforme per carico di malinconie  quale stampo potrebbe contenermi,  ridarmi forma: tanto sfigurato  come potrei somigliare a un uomo!  Al meglio, nel tratteggiarmi  mi raffigurerei goccia d'olio combusto  sospesa su uno specchio d'acqua pura  che sasso o piombo aspira divenire  per non vanificare un raggio di sole  e offenderne luce e tepore.  Senza contravviso, penso e mi convinco,  sconfessando cattedratici opinionisti  che di eternità si sostentano,  che non si duri più di un frangente:  il buio il vuoto e il niente  terrifichi sigilli apposti saranno  sulla bara del mio destino  e non vi è sortilegio  o rispolverata teologia  che un giorno possa rimuoverli.  Si, smantellato il catafalco,   riaperta la bara pace  per quanto abile e onnipotente  pur resuscitarmi volesse un artefice  come così poi ripetermi potrebbe! Era quasi oltre primavera  Era quasi oltre primavera  quel tardo mattino  ancora sopravvissuto all’oblio.  Tu eri dietro i vetri  io con uno sguardo fisso  in una strada a fissare  il tuo balcone chiuso  in attesa solo di vederti  dimentico di dignità e pace.  Forse un incantesimo  una fattura o una droga  d'amore operava segreta  a nostra insaputa  per riannodare i due capi  di un filo dal caso reciso.  -Perché mai sono qui-mi chiedevo   -se la questione è chiusa?-  Ridicolo quello stare  lì immobile per ore  a spiarti sotto un sole ostinato .  Ah l'opprimente arsura di te  quella sostanza senza senso  che masticavo e dovevo gustare!  Sapevo che il tempo reale  mai è reversibile   e che quello che era accaduto  era accaduto ma speravo   che, non più altera,   dopo un'assenza prolungata  alla voglia di rivedermi  forse lusingata avresti ceduto.   Alla certezza che saresti venuta   a un appuntamento che non ti avevo dato  mi aggrappai disperato. E così fu.  Se esitasti non lo saprò mai  ma fu un fatto che mi raggiungesti;  rimescolammo le carte  per un altra mano   nel torneo dell'amore  e fu un disastro ancora:  un successo apocalittico!  Non potevi crescere oltre  né buttare potevi la tua pelle  nulla di alato e rosato  vi era nel tuo midollo.  Stralciata una possibilità  di essere insieme, chinai il capo:   più non apparisti o essenze   d'amore spruzzasti sul mio destino.   Il meglio che potevo ti avevo dato  fantasticando un futuro lontano  prima che in lutto cadesse l’avvenire.  Qual scheletro di ricordo   ti mostri, oggi, nota di follia  in una volubile e provvisoria vita  fatta di niente e vuoto  tra tristi defilés di giorni muti.. Se si attorciglia e ti domina uno spirito maligno  Se si attorciglia e ti domina uno spirito maligno  se con bizzarrie e stravaganze la mente ti pressa  se genera avidità di pensieri esacerbi e malevoli  o umore ti cangia e commetti misfatti affettivi  se buon senso e amore prendi a schioppettate  come caldamente puoi amare e sorriderti?  Durezza rappresaglia e discordia  con incostanza e collera si imparentano  nell'incubo morboso d'amore che t’attosica.  Perché mi fai blasfemo verso il tuo Dio  perché non interviene per ricondurti  a discernimenti e intendimenti ancestrali  e difettiva di senno e verità poi ti atterrisce?  Ah come mi privi della speranza prossima di vederti  un giorno arrestare il mantice che fa vuota  la tua mente che di assurde congetture tracima  come ti opponi a spezzare la lunga catena  di omicidi con cui sopprimi l'innocenza  di atti presenti e passati, come nascondi  le chiavi del carcere in cui ti recludi!  Compromesso il lucido senno  come distinguere serena l'attendibile dal falso  e scorgere il confine tra l'assurdo e il reale!  Devo elogiarti per il malessere che per noi due produci?  Se termiti si impossessano di una trave  pur essa appare intera ma se vi si poggia un piede  poi tutta fria e frana e chi sopra vi passa precipita  nella voragine di sciocchezze che al disotto si rivela.  Se non si placa la tormenta che in te sfronda  o ghiaccia gemme di logica che frutti potrà dare  l'albero che si infiora di amore  all'abbrivio di una stagione di vita?  Perché fecondi in te mostri che addentano  il mio e il tuo cuore e avviano sanguinamenti  sul nostro toccarci e desideraci e macchiano  di incertezze sguardi d'amore e di passione!  Nascite e non morti io ti cerco  non terrori ma coraggio e conforti donami;  se il mio sogno di te vuoi lasciare intatto  fondimi e confondimi nella tua vita  che può essere racchiusa come tutte le vite  solo in una sfera di tempo dal raggio finito.  Assurgi al cielo del puro vedere  e di grazia e desiderio datti nervature  contrapponiti come magica luce al buio  e ascolta voci di umano sopra il disumano  abbandona il peggio e imbarcati per il meglio:  senza soffi che diano vita non può esserci avvenire. Crepuscolo  Di pochi tratti cambiano giorni e anni   si stinge e si scurisce il tempo   che fluisce e sfiocca speranze e sogni  non abbaglio oggi balena all'orizzonte  così lontano e intriso di inganni;  l'avvenire è un moribondo  e dell'accadere poco più gli riguarda.  In un lampo, breve, tutto è passato:  il verde è bruciato, i castelli di sabbia  son crollati, ali da urti stroncate   giacciono inerte al volo,  nel buio o nelle ceneri del fuoco  che ci bruciò nulla più brilla  il cuor per evitare addii e nostalgie   oltre un no o un si non si sgola.  Il prodigio di non sapere,   che si materializza  nell'ignoranza o nel culto di vanità,  per tanti avverato, resta tuttora   la nostra invidia insoddisfatta.  Un fiocco rosa o celeste..un necrologio  affisso al muro e infine la vita si sfascia:  l'estinzione, il peggio visibile  o intuito è la conclusione del vivente!  Basta fissare un vecchio o un morto  per capire l'ineluttabile verità  che alla quiete dell'abisso ci consegna.  Nuovo tempo acre per un sentire acerbo  scandisce l'attesa -lunga o breve che sia-  di vedere il tutto compiuto;  senza sonnifero e ad occhi aperti   perscrutiamo il nulla che sta incubando:  pensiamo alle fandonie in cui abbiamo creduto  all'illusione di altri mondi mai veduti  alla marea perenne di morti e vivi  alla folla né allegra né triste delle vie  alla sostanza che si scompone e cade al vento.  Nel sopire dei ricordi, un nonnulla  di cui non siamo né autori né arbitri,  si compone e ci inquieta;  prossimi a una tappa senza seguito,  indisposti al riso, restiamo a fumare   il resto di vita che ci è dato.  Oh bellezza e amore   perituri conforti fugaci ai lutti umani  propiziati dall'opera insensata  di un materia canaglia e immortale  così banalmente vulnerabile   nei suoi aggregati e nelle sue forme! Oh Poesia!  Oh poesia, di me piagato conforto   mio canto di amore e di morte, esistendo  come feroce ho dissacrato il tempo e la vita.  Ti contemplo e mi rapisci quando tutto fugge  nel sereno o nella burrasca restami accanto.  Oh depositaria segreta delle mie confidenze  se mi sfiori, in me ti effondi!    Vivendoti, alata eccelsa e sublime   come e quanto l'anima ti ha cercato  fissando un cielo infinito!    La tua identità del tutto mai mi rivelasti  eppure il cuore sempre ti riconobbe  nella gioia e nell'indomito dolore  nel respiro furioso o sereno del mare,  nell'ondeggiare di una speranza attesa  in un volto perduto e mai più ritrovato  nello stelo che cresceva o nella rosa che moriva!    Miracolosa palpitante, trabocco di vampa  che infuochi, il tuo calore diventa il mio  quando incandescente me solo accompagni!    Discendi come puoi nei miei giorni  addolcisci la mia sorte   l'anchilosi del sentire mai senta.  Che ti veda e ti crei e ti tocchi  e ti suoni se intorno un nulla si spalanca;  alla fine di un deludente vissuto  formicoli un raptus per altro respiro.    Poesia, dentro o fuori di me che tu sia  non posso non corteggiarti e amarti!  Dài sollevami allettami e distraimi  se stemprato mi accovaccio ai tuoi piedi  risparmiami un'ansima se al buio  mi abbatte un amor di vivere perduto  e nulla più intorno vedo rifiorire! Una lettera non recapitata  Vaneggiando spirati tempi   da voi, maritata e madre di più figli,   io folle evaso, dalla mia cella di sogni  invecchiato infelice ritorno!  Orsù non me ne vogliate, se irriconoscibile,  improvviso sbucato da una fumea d’anni,  per una volta infrangerò la ferrea legge   che disciplina le nostre separate esistenze,  se inquirente estorcerò notizie sui vostri giorni,  la confessione con cui, compunta   e a malincuore, ammetterete arrossendo  che qualcosa di me, in voi, pur sia rimasto;   che talvolta, al riemergere di un ricordo,   il cuore in segreto riattizzato   a mia insaputa, poi abbia tremato.   Il sentiero del silenzio che percorro   è troppo lungo per arrivare fino in fondo   senza tentare la fortuna di renderlo sonoro!   Lasciate che ora qualche facella, un lustro   io strappi al buio che mi accompagna   in queste orripilanti lande, disseminate   di carcasse interiori e spenti accadimenti!   Sulla tastiera del cuore orchestrale, sapete..  le note d’amor che da giovane mi insegnaste   riecheggiano; fughe di attimi felici ritornano  a ripercorrermi come nel possidente   che alle sue terre ubere poi abbandonate ritorni   Pur se amor continuerà, chissà per quale prodigio,   a fruttificare tra sabbie e pietraie   e l’arsura di voi non troverà   il dolce di un otre che la calmi,   non temete: remissivo obbedirò   come predestinato alla mia sorte,   ma non privatemi di una vostra addolcita parola,   dell’illusione di aver rubato   un luccichio dai vostri occhi.  Incurabile, mi riprenderà   la nostalgia tra le sue braccia;   baccello vuoto ritornerò   ad essiccare al sole;  verrà da lontano, noncurante,   una alito d’infinito a disperdermi   tra le plaghe delle ammortate presenze:  un’onda di polvere amante,   si infrangerà sul nulla!   Dalle strade da voi percorse,   caduti fiocchi d’oblio si cancellerà   il tangibile rilievo di ogni mia traccia;   acquietata, per altri abbrivi   riprenderete il cammin vostro   archiviando l’infausto verdetto   emesso dal tribunale del cuore   per un errore d’amore, un tempo   da voi perpetrato e da me,   nell’ombra sofferto.  Forse un giorno,   sulla collina dove ci avvampò un bacio  o in un bosco, sotto un pino seduto,   tra pause di vento, guardando aghi cadere,   ancora, a voi perduta,   come flutto alla riva, andrà il pensiero:   un nome, che per apocope diventa rosa,   il vostro nome, mi ricorderà il dolore   alla sepoltura di un respirato sogno! Così avrei avrei voluto dirti un giorno  E ora che nell'assenza ti ho ritrovata  senza colpi di scena o pianti  accoglimi nella casa del tuo cuore:  sono stanco di vagabondare solo  senza sapere perché e dove andare.  Anche nel ripostiglio starò bene  e allorché sospinta da un ricordo  -forse eccitata dall'impalpabile-  rincarnata verrai ad aprirlo   d'incanto prenderò colore luce e aria,   per un frangente igneo indugeranno  i tuoi occhi reconditi sui miei  e mi attraverserà un fremito d’eterno;  con un sobbalzo, dall'anima, un sorriso   fiorito si appunterà sui nostri volti.  Allo svanire poi del sovrappiù concessomi  pur nel buio ancora ritornando  accanto vivente mi resterà per sempre  la felicità di un germinato sogno.  Accoglimi: molto tempo non ti rimane!  Su di me già volteggia la rapace morte   rostro e artigli del nulla già distinguo  impazienti di avventarsi su un'arresa vita.  Accoglimi nel nuovo nido d’essere   come fa alato per nidiata d’altro alato   covami col tuo calore e cinguetti d’amore,  sui contrafforti del mal di vivere  non mi schianti poi al primo volo:  arso e raggiunto da geli sbuffi e colpi  di me stramazzato non resterebbe niente.  Prima che il tempo una fiaba incenerisca  lasciami giacere con te impazzito d'amore:  nel tuo donato asilo folle mi batta il cuore   come nei decorsi dì che avvinti ci videro  quando, per noi appassita o dimidiata  una speranza tutta intera rifioriva. Tuttora il mio cuore malmesso  Tuttora il mio cuore malmesso  tra andane di ricordi, somaro   va avanti e in dietro e si stanca  vivide troppe malinconie   tra pendii temporali sconnessi  gli parlano di irrintracciabili ieri.    Come bellimbusti, vecchi moti nell'animo   vano sospirano per miracolo e vanno via  nel corso delle cose avvenute  irrequieto mi sono perso e invecchiato   fallito in tutto, ancora devo pensare  senza aver mirato e raggiunto una meta.     Da tempo giornate silenziose  passano fredde e piovose   nubi basse coprono il cielo  di cose che mai furono vaneggio  stremato, cimentarmi più non so   a inutile fantasticare domani.     Sbronza attraversa il mondo la vita,  senza pause, inciampa si rialza e ricade   in un illuso e colmo andare insensato;  in sé già porta il distacco l'atto creativo:  nell'attimo in cui sono concepiti  per le metropoli del nulla, scarnati  muoiono i sogni il piacere e l'amore.    Eh!.. nasce e vola l'uomo per l'esistere   e incredibile ben presto scompare   come l'uccello che abbandonato il nido  poi più traccia visibile lascia oltre la scia!  Fossi matto divenuto del tutto  ora non saprei lucido chi sono.    Oh potessi cadere con il cuore   e la mente in un lungo letargo   resterei incosciente e in quiete:  prenditi tutto per sempre possente oblio   posso fare a meno dell'ombra che sono  e più non è tempo di implorare fughe e ripari.. Fecondo spira il tempo  Non narciso nello specchio a volte mi miro  lo spessore delle rughe alla luce misuro  del ciuffo giovanile sulla fronte  grigio ne è oggi quel poco che resta.  Per il nostro essere oggetti  precari sociali e biologici  niente è in controtendenza;  sì, fecondo spira cova   e trama il tempo e mai riposa  l'acqua del fiume come l'età che avanza  sempre scorre nello stesso verso  tutto sta dietro e forse nulla è davanti  all'infuori di una verità che ci aspetta  silenziosa e chissà da quanto eterna.  Ah goduria di chi si crede immortale  e ripudia le rivelazioni dello specchio   di chi non conosce la stanchezza   di un passo, di chi annunci  di scricchiolii ignora o non ode!  La si conquista la vita, euforici  con essa si fa baccano e baldoria  ma per non guastare la festa  non bisogna comprendere ciò che dice   quando per un attimo diventa lucida:  è come quando il giorno   che perde il lucore e va incontro al tramonto   non tace sulla menzogna sottaciuta  che a mezzogiorno ci ha illusi.  Non vedere né ricordare   smettere di interessarsi di sé stessi  assentarsi del tutto e non fantasticare   su cosa ci sia oltre l'orizzonte e ci aspetti.  Solo l'universo pur tra polveri   buchi neri e buio produce nel suo nucleo  le sue stelle e i suoi mondi:   per noi è e sarà sempre tenebra   prima e dopo il poco che siamo.  Allo stato attuale, salvo aggiornamenti,  la scienza dei materiali   non ci ha ancora svelato   perché la proprietà del durare  a ciò che è mortale non sia data.  Si specchio luminoso non mi sorprendi  inaggirabile è l'immagine che mi mostri  e non ci rivedremo mai identici:  sai, la sala dove si proiettò il futuro  da tanto è chiusa, lì  in un battibaleno fumai la vita  e sul suo schermo bruciò ogni luce. Assortito di immedicato.   Cos'è questo sentore di cipressi   così forte e vicino che si effonde  questo atterrare di ombre svelanti  che grevi sul cuore si appoggiano?   Bloccate le allegre risonanze immaginarie  se penso ai metadati di un deceduto passato  intendo il vero nella sua chiarezza ultima  o in un'illusione perfetta ancora stravedo?  Appunto e contemplo le fisionomie  delle entità a cui appartengo,   senza depistaggi le affronto;  con scorciatoie percettive   puntuali si adunano e sfilano in parata  eccole: il sé il tempo la morte e la vita  le compresenze ambigue fuse e affratellate!  Al loro avvento mi chiedo per cosa e perché vivo  e cerco una chiave per decifrare chi sono.  Che rispondere, chi sa rispondere  nell'imminenza di un decadere in atto?  Se la pregnanza di un fine   tace o si assenta nulla ci soccorre,   se in una fossa buia tombiamo   ogni zolfanello acceso si spegne  mentre cocciuto scorribanda tra le vene   il fervore di ancora percepire chi siamo.  Vi sarà mai una fluida luce verace,  non disturbata, trasparente come acqua alla fonte   non contaminata che in un censimento di consistenze  rivelatrice sia di un ritaglio umano preciso  che non surreale infondi una risposta leale?  Resta in mano di demiurghi il logos della vita!  Oh non so chi siano questi dòmini invisibili  che dietro all'inconoscibile   despoti ci lasciano abitanti isolati   di solitudini infinite!  Se non si allontana l'oscurità   non vedrò mai il sole né mi abbraccerà una lucore.  Non lavorarmi ai fianchi terrore intuitivo  se il ghigno torvo dell'intelligibile incontro!  Non voglio morire pestato e soffocato   dalle mani di un'ignoranza sovrana:  un lampo cognitivo mi incida la serenità   definitiva di un esosapere appreso  senza lacune di: “ma, può darsi,forse, chissà..”  Alzarsi sulle punte dei piedi per scorgere oltre  non serve mio amato Poeta delle cinque terre! Illustrazioni poco illustrate  Il volto del cielo è mutato,  virato è ad altri colori  sull'inquadratura di limatura di vita  che il tempo abrasivo ha prodotto  or vispo soffia un vento  ridestatosi da un lungo sonno.  Sarò stato nel frattempo  come frastornato da qualche parte?  Avrò nostalgia di calura  appena arriverà il freddo  penserò al mare che ho disertato  per tutti questi mesi passati  e prima o poi tornerà il pensiero  che forse una porta sarà abbattuta  quando di me, né sale né pepe,  altri non avranno più notizia  e preoccupati penseranno  che qualcosa di grave mi sia accaduto.  Di che mi sono riempito respirando  quasi appartato, di che sono stato  muto spettatore, cosa ho atteso  e a quali appuntamenti ho mancato?  Mi rispondo su tante cose  ma senza attenzione, lo sguardo fisso  sulle cose trascurate che mi circondano  passa da punto a punto a caso.  La clessidra sempre là a misurare  crolli assenze e presenze:  sulla mensola altri fiori mummificati,  il velo di polvere sulle scarpe  dismesse da tanto si è ispessito.  Poco si dischiude e tanto si chiude  sui greppi dell'incolta speranza  ininterrotte le sparizioni e i decessi;  a dismisura si dilata il vuoto  e nessun successo riporta il cuore  se aligero nulla acciuffa svolando  su arsi sogni e aduste illusioni;  a promozioni di spegnimenti aderisco  di innamoramenti fiabe, nessun ricordo.    Senza chiavi nessuna porta si apre  in una oziosa eternità infingarda sosto.    Sopporto appena il respiro edè un fatto  e così ancora vivo ingannando la morte. Or tu lo vedi mia compagna  come un battagliare cruente  con la maligna sorte è in atto  come i suoi assalti ininterrotti  nel tempo senza tregua ripete;  forse né tu né io ne usciremo indenni   o un dopo l'altro resteremo sconfitti  ma non possiamo abbandonare   il campo di battaglia  a meno di non volutamente rinunciare   al tutto che è poi il niente   se non siamo insieme.  Nessuna polemica col cielo   se poi stanno così le cose.  Bisogna restare in piedi  se non per noi stessi  almeno per chi ancor ci ama  e innalzare i nostri vessilli   per annunciare di essere sopravvissuti  sbandierare che in tutto o in parte   ancora possiamo disporre di noi.  Il desiderio di fuga   o l'idea di rinuncia a essere   corrompitori del coraggio e del vigore  tante volte minare la speranza hanno tentato  e bisogna avere tanta forza nel cuore  per respingerne le argute ma vili argomentazioni:  compulsata la vita, corrucciosa   pur sempre, ci ha dato un'eccezione elettiva.  La cattiva salute, all'apice,  a furia di insidiare quella buona  spesso la sopravanza e poi affolla le corsie  dei pronto soccorsi ove ci si batte per durare.  Alcuni dicono che dopo il purgatorio  debba esserci il paradiso   ma chi può giurarlo  e correre il rischio di essere spergiuro.  Tuffiamoci a occhi chiusi   in questo fiume dalle acque torbide  e tentiamo di nuotare verso il mare   e poco importa se più non emergeremo:  anche nell'abisso può esserci una luce  abbracciati da un raggio   possibile forse resteremo uniti. Caducità  Caducità, precorritrice dello svanire,   poi che demolisci smantelli e distacchi  quanta tristezza dài al cuore mio!  Paurosamente quanto ho perduto  quante erbe dai prati dei giorni vissuti  strappate o rinsecchite,  quanti i flosci lacerti di sogni sfiancati  le degenze senza speranza   dell'effimero sfinito nelle corsie,   oh l'infertile perire di decorazioni illusorie!  L'acqua leviga i ciottoli e i pendii  la tormenta abbatte strappa e deforma  mentre l'insaziabile tempo  nel suo incedere spietato   tutto divora col suo appetito!  Il pensiero, come amore bellezza e vita,  sgorga si disfa e scompare;   dissipa l'oscurità il luccicante  si distende il telo nero del nulla   e tutto ricopre come una fitta chioma  rendendo la vista cieca.  Dopo anni, che resta o ricorda la casa   lesionata dell'impalcatura erosa e arrugginita  un tempo eretta per costruirla?  Il movimento degli istanti vissuti  col suo incontrastato fluire   ogni realtà trascorsa cancella:  solo se vi è uno stelo esiste un fiore!  Senza fini attacca e sfiocca  il vento la nube, la scompiglia  e ne soffia i resti chissà dove:  poi deserto azzurro nel campo visivo.  Ciò che va all'indietro   mai ritorna lì dove era e viveva,   niente nell'irreversibile si ricompone  e troppa fretta ha l'accadere   per fermarsi e attardarne il destino;  l'intrattenibile, che percuote e fugge,  mai colore verso o direzione muta.  Caducità, solo fanciullezza sognante  e sventolante giovinezza ti ignorano!  Apprenderemo oggi la rinuncia all'imperituro  l'Io e il cuore perdoneranno il caduco  che mai ferma il suo volano muto. Sfarinando sfarinando   Svaporata ogni egolatria fumosa  sfarinando sfarinando   tutto nell'inconsistente si completa  più nulla si salva di una trama   tarmata che consunta si sfilaccia  col tempo ogni centro opulento  si fa misera radura isolata  e nell'incolonnamento verso la fine  chissà mai dove si andrà a finire.  Non vi è germoglio che non divenga  foglia secca o sogno monumentale  che sgranulato dalle grinfie del tempo  in pulviscolo il vento non disperda   o stipata speme che per difetto d’aria  non ammuffì acidificata.  Come quando e perché tutto si degradi   poco importa, bruciamo da che nasciamo  e non ce ne accorgiamo   e finché ci infinocchiano illusioni  mancherà tempo per pensarlo.  Accorgersene e impetrare a nulla vale  ma consapevole il poco di noi  che resiste e sopravvive   ami il sovrappiù del respiro   quando ancor uno sguardo  si accende e un raggio di luce giunge  anche se più non sfoltisce il vivere   le sue ciglia o di rossetto imbelletti le sue labbra.   Pensare in positivo o in negativo  non cambia la verità dell'accadere,   se non possiamo sbaraccarla la malinconia   quando la realtà piena è svelata conviviamoci!  Che altro può più sorprenderci  che altro non noto da acquisire!  Inutile sarebbe ostinarsi a venerare   una collassata identità in estremo delirio.  il dispiegamento dell'esistere  segue i suoi piani e le sue evolute  e ogni singolarità ha la sua catastrofe:  la morte sta sul ramo discendente orientato  della cuspide in cui cambia direzione la vita.  Modellati dalla natura e orientati al nulla   senza più propulsione a eliche o a turbina  senza possibilità di fughe o alternative  nella trappola della gravità cadiamo:  non un lagno al suo scatto ci sfugga.  Oh la fortuna dell’albero  che stramazza alla bòtta di vento! Anime del fiume che stanche andate  Anime del fiume che stanche andate  come cupe nuvole in un cenerino cielo  acque non più chiare offese da scorie umane  che tra giunchi e vimini al lontano mare puntate,  a voi, pure e incontaminate  in un caro tempo d'innocenze e svaghi  le mie barche fatte  di carta di giornale affidai;  dalla sponda brulla, spiando  trepidante, ne seguii attento  l'incerto periglioso viaggio.  Ancor seguo il lento fluire  che vi porta e che mi porta  rivivo oggi perduta ebbrezza  per protratti trastulli equorei.  Ripenso a quando fanciullo  a pied nudi da sorgiva polla  a colme giumelle vi attinsi  placando l'arsura del giorno;  di pietra in pietra a saltellare  birbantello ritorno per ritrovar  l'inavveduto spinarello  catturato nella angusta secca  e subito poi scaltro  dalle mani via sgusciato!  Gli empi insulti degli uomini  a morte hanno ferito  le sacre fonti che vita vi danno.  Ammortate trasparenze  a liquami e fecali insidie  hanno ceduto il passo,  in singulto tramutato  è il sorriso delle argentee  e cristalline spume  delle antiche correnti,  draghe sempre più in basso  hanno raschiato il fondo,  cosparsi cocci di bottiglie  or spesso adornano feriti  sinuosi adusti fianchi!  è duro questo nostro tempo:  in fetidi pantani spesso  agonizziamo aspettando  ansanti un destino sovversivo  che rischiari i nostri giorni.  O potessimo rinascere  e dimenticare, ritrovare  le speranze seppellite  negli anni e dalla spirale  del gorgo per sempre  trascinate e affondate! Ancor in me si effonde amore  All'avida morte ghermitrice  che non risparmia uomini affetti e cose  Amore perituro ti ho strappato   nella serra degli ideali ti ho preservato  in un verso o in una lettera ti ho reso immortale.  Ah il tuo esordio nell'innocenza dell'età  quando l'animo la soglia dei sogni varcava:   altro diceva la vita, altro ci sostentava  mia confusione di indistinte emozioni!    Sola uscita di una caverna cieca  ombra d'ali sulla terra, gonfiore d'anima  arco di volta celeste su te sostenni il cuore.  A prima vista dopo un incrociarsi di sguardi  o appostato e in attesa di maturare di eventi  dietro una cornetta o accompagnato da un fiore  tra scocchi di rossore con te declamai   or come uno scolaretto alla prima recita  or come un vecchio serioso adulatore.    Magico sublime, in cerca di un posto sicuro  che sfamasse il cuore a crampi di affetto,  compagno mi restavi se all'alba di una speranza   tradita e offesa solo mi trovavi.  Quanto mi desti e quanto per te donai  quanti gli echi e i timbri della tua gamma:  mai parvenza ingannevole in me regnasti.    Tu perdoni, capisci, sollevi, soccorri  bagliore o fuoco dai luce e riscaldi  dove gli altri due falliscono  terzo occhio affondi e penetri  con sorriso corteggi cuori ritrosi  spaventati indecisi rassicuri.  Solo tu splendi nella notte nera  quando un buio grasso sovrasta   rovine di anni e di illusioni  sempre te fischio se annuso il nulla  o trabocca nera malinconia e si sparge .    Corrimano rassicurante   pur incanutito a te mi aggrappo a volo  per vincere il terrore di sfracellarmi   percorrendo stanco e deluso  il teso filo sospeso della vita. In sosta sul vecchio ponte  In sosta sul vecchio ponte  dal parapetto malmesso e muscoso   tu spii segui e ascolti  l’acqua viva che sotto vi passa.  Origlia attenta la mente   lo strepitare di quelle acque.  Sullo sfondo vaga e tremula   una immagine muta:  si sfrangia , si riforma,  la scompone un gorgoglio  l’annega un risucchio.  Giunchi intirizziti e canne  mezze rinsecchite sorvegliano  dagli argini l’indome flutto   che il pensiero riporta  a quello invisibile della nostra vita  che con cadenza frettolosa avanza  e senz’orma durevole lasciare di ieri   mai ci dice dove corra.  Quel brioso mormorio del rivo gonfio   pare ronzio d’orecchio illuso,  quelle guizzanti e nivee spume  ricordano vanesie speranze  andate in fumo o in malora  in un caduto arco di vita.  Su crespo mobile specchio   a tratti riflesso ti miri,  tremulo pensi a come sei oggi  e dubiti di essere ieri stato un altro.  Proteso al passato cenere  spali memorie seppellite:  giovinezza e sogni lustri,  amori dolci cari e superbi  che per un’ora ti addolcirono il petto.  Ma sai pure che il tempo pieveloce  come l'acqua o un dardo  procede in avanti e non si volta  e così ti inoltri oltre il frangente,  temi il futuro vago che non conosci  fragile rifuggi da ogni attimo che crolla.  Ah l’orizzonte remoto oltre la foce  ove una luce va morendo  e il cuore ancor vi guarda.  inseguendo un indomani   che non indugia e non ci aspetta!    Sapremo mai un altro modo di essere?  Vinceremo l’indifferenza   del cielo che ci riabbatte,  meno dolente si farà l’oscurità  che ci viene incontro a gran passo.  In primavera scenderemo al torrente  a bagnarci la faccia; una freschezza  speranza, forse verrà ancora  a rivisitare il nostro volto. Perché -ti amo- mi dici se più non mi ami!  Perché -ti amo- mi dici   se più non mi ami!  Sfacciata, non ha vergogna  il tuo cuore mutato   di ripetere lampanti bugie?  Non sai che falsificare conio è reato?  E' pietoso ufficio della tua voce   consolarmi con menzogne palesi?   La nuova non lieta che brilla   dietro una maschera non nascondere   ciance scusanti eloquenti  non infinga la tua mente!  Se in te più non scorre   il sangue dell'amore  non vi è magia che possa riportare  le tue labbra sulle mie:   se prosciuga e si fa pietraia il fiume   o vi è siccità o vene d'acqua   sorgive permeabilità più non incontrano.   L'allucinata fantasia ancora non mi illude:  intendo la sciagura, la candela è spenta  la cera è finita, risparmiati attenuanti   e preziosismi verbali. Vedi   non piango, non gemo,   capisco e son sveglio e fingo   che sia tutto solo un malinteso.  Come la rosa pure l'amore   sfiorisce e appassisce,   nel traffico di nubi va e viene la luce  ma al tramonto piomba il buio dal cielo   l'acqua limpida che sgorga alla fonte  intorbida poi fluendo verso la foce;   dissipata la dote di illusioni  prepara in silenzio le sue valige la vita.  Nel cortile del bene perduto   all'alba del giorno condotto  senza occhi bendarmi e confessore  spara pure la verità in canne   e fammi secco: mira bene,   non mancarmi per insorto rimorso   non ferirmi di striscio per errore!  Dopo il boato si silenzi il cielo  quieta sia l'aria che più non respiro.    E' legge antica: nascono e spirano   avvenimenti d'amore e di vita,  tutto si perde tra i fumi fischi   e sferragli di un tempo che sfuma. Lettera per mia madre nell'aldilà  L'ora che a te mi congiungerà  lo sento si fa’ più vicina madre  l'attesa della buona ventura  speranzosa si erge tra il consumarsi  di atri sostanziosi contorni di vuoto.  Da quando, ci separammo  tu muta e io in lacrime,  quante cose sono accadute:  molte non le avresti approvate  se fossi stata ancora qui  e ti stupiresti sapendo   che fatti impensabili  a mitraglia pur mi hanno colpito  e -impossibile!Come..!?-   certo mi diresti che sia.  E' da tanto sai che non so più  dove mettere i piedi per restare  in equilibrio con la mente  e non strisciare tra confusioni  di vita e di morte, se andare  a destra o a sinistra  ai mille bivi che incontro vivendo.  Mi grava la memoria il passato  vedo i dettagli del mio fluttuare  vacillo, cerco appoggi, scivolo  fin nel fondo, atterrisco smarrito;  alla ragione e al cuore cerco aiuto  mentre il sangue impugna e abnega  l'abitudine di scorrere tra le vene;  non sto più attento alla salute  non curo acciacchi, mi rassegno  rimedi a morbi fisici e morali trascuro.  Senza rifluire di volontà persa è ogni guida,  né prudente né coraggioso non so dove andare  disfatto più non mi allungo e mi contraggo  se da una fessura giungono raggi di domani.  Vorrei essere cieco e non vedere  non fare testimonianza del vuoto  che mi beffeggia e mi insulta  non scambiare fandonie con altri vivi  cercare e inseguire fughe d'infimo grado  o trovare le mani piene di niente  se tento di afferrare ancora frutti  da questi giorni che si intestardiscono  a tenermi secco in vita;  sempre ancor più disubbidisco  agli imperativi di desiderio e di possesso  di bene e di sostanze apparenti.  Madre, non litania è la mia  per questo malessere che non si appiana  ma elegia di stanchezze,   stillicidio di astenia,disegno   di aspirazione incalzante di pace,  di quella pace diffusa che regna  oltre i fracassi e le idiozie del mondo  di quella pace che tu anima semplice  nel silenzio dell'aldilà   certo da tempo hai trovato.  Ho percorso rive rigogliose  mi sono immerso nell'acqua  poi nella palude tra sabbie mobili  ho sentito il gorgo funereo di ogni senso  di stare in vita dopo i suoi inganni  or attendo una tua mano soccorritrice  che fuori mi tragga e mi salvi.  Dove sei tu trovami uno spazio  si riannodi un filo da tanto spezzato  senza peso nelle acque del tuo ventre  ritorni quanto prima   per non lasciarle mai più. Musicomania  Lo spartito degli anni  per il concerto di controluce  che impaura il mio tempo  è quasi ultimato  A parte l'ouverture,  un granché finora l'esecuzione non è stata  fughe malinconiche e pazze dissonanze  poche volte applausi hanno potuto strappare  alla platea o al loggione  di giorni in ombra molto affollati.  La partitura l'abbiamo a lungo sfogliata e riveduta  molti al vaglio i ritornelli ripetuti e stonati;  le altezze e gli acuti di tristezze sinfoniche  il consumarsi di desideri nel cuore mutato  più strappalacrime erano di quelle di un fado,  struggenti gli accordi a volte intervallati  da armonie gioiose e rallegri mai più replicati.  Oh quante varietà ha la musica orchestrale  quanti musicografi interpretano il valore  dell'esecuzione del tema dell'essere!  L'avvicina e l'allontana  il vivere che si protrae e ci sorvola  il canto flautato della speranza romanzata  così come fanno le trombe e gli archi del mare  tra una salsedine che si alza e ci investe.  Oh il vento che ascolti a distanza  quando suona nel canneto solitario sul lago  l'animo che per arpeggi languenti si assonna  mentre tutto passa e niente si ferma  nell'immobilità del pantano dei sogni! Registrazioni rinfuse a passeggio per la mente..  Sarà per disputa di briciole  o per istintivo rituale di amore   che sul balcone soleggiato   si affrontano due passeracei  striati sbucati da chissà dove.  Ecco che si rimbeccano come ostili.   Tregua: rinunciatario va via uno,   pago poi l'altro trionfo lo segue.  Sollevo lo sguardo oltre gli abbaini  un esercito di nivee nubi semidorate  in ordine sparso attraversa il cielo  ai sospiri di un vento quasi impigrito.  Che ancora si concluderà o inizierà  oggi nella mia vita e nel mondo,  vi sarà un annuncio luminoso  riceverà segnali l'antenna  dei sensi sintonizzata sul nulla,  sciopereranno i soccorritori sogni  quando per uno sbalzo d'umore  il barometro di fiacchezze  raggiungerà sull’indice l'ultima linea?  Oh se mi addentano tutte le malinconie  con la loro libidine come curerò  gli spasimi che danno al cuore!  Se non penso non vivo, se vivo penso   e così non posso disertare ciò che mi duole  devo consumare il mio pasto giornaliero  di intrugli che acidulano l'animo  e nessuna pozione di dolcificato dissolve.  La si fuma e va in fumo la vita  ad ogni spira si stacca cenere   e mentre si fa mozzicone estinguente  guardi il prima e il dopo negato.  Meglio non pensare: sia l'apoteosi del sonno!  Bisogna per necessità sorridere come ebete  anche per nulla autoimporsi di arridere,   anche se inutile, bisogna parlare e vivere.  Continui pure l'incoercibile sorte  i suoi intrecci di bene e di male  di gioia e di dolore, di vincite e di perdite  di assalti e ritirate di illusioni   stringa i suoi nodi senza scopo e fine  e celebriamo l'insignificanza del tutto  addottorati in ignoranza e non senso.  Non coltivo conoscenze o speranze  possibili, né più faccio ipotesi evolventi  ma se ne avete, viventi tenetevele! Vieni fuori, esci dall'ombra..  Può il vento delle parole amorevoli  incidere o scalfire muri di granito?  Eppure col suo mantice soffia  e nel tempo con carezze modella  il crinale selvaggio che lo respinge,  da sporgenze informi e senza volto  vi ritaglia, a volte, fisionomie divine.  Io non so che essere vento  vento che parla all'unisono umano  che scava dentro chi non intende  onda d'aria che increspa e infrange  lo specchio trasparente ove vanità  in sosta narcise si mirano, onda  che cancella immagini che niente  di chi vi si specchia riflettono conforme.  Soffierà stanotte il vento alla tua finestra  ma non aprirla, il respiro  registrane in silenzio.  Fiuu..... fiuu...... Lo senti  che parla con la mia voce?  -È tutto nero,è tutto buio  nulla si rischiara in me  voglio restare dove sono!-  Così incomprensibile amica  mi sembrò di udire l'ultima volta  che sognai i tuoi occhi sui miei..  Or prima che mi avvii oltre la linea  che ci separerà all'infinito, ascolta:  vieni fuori, esci dall'ombra  non ti fermare interita sul nulla  se riflessi di luce ti trapassano  e in una scia luminosa resti impigliata.  Sollevati sopra l'opaco e il nero  e spicca un volo, rompi l' indugio  e guarda oltre. Vi sono tempi  e luoghi d'amore, piane di speranze  navi in partenza, giovani sogni in attesa.  Varca il limite del limite  e cambia possesso di ciò che non hai  cedi ad un'altra fede e fanne polo  luminoso ovunque visibile  quando il cuore si smarrisce  e all'impazzita vaga senza meta  girovago tra paesaggi di giorni orripilanti  tra vociferare di echi di bubbole  o strazi di memorie di un'età passata.  La luce si cerca dentro e fuori di noi  senza abiura o pentimento per quello  che avemmo cercammo e fummo,  affrontando il possibile e l'impossibile  che come acqua che fruscia nella gora  si può udire fluire tra le anse  i gorghi e le curve del fiume della vita.  Non vili duelliamo, battiamoci  difendendo il regno della luce:  meglio perire in combattimento  che essere umiliati e iloti in marcimento  incatenati ai ceppi della rassegnazione  arresi e remissivi a ciò che accade  senza scatti alteri, vinti tra i vinti.  Raggiungi te stessa prima di altro cedimento  cessi una inanità interiore, fatti sovversiva  nell'attimo non ambiguo che ci unisce  in questo soffio che ci trapassa e va oltre. Quando eterea dirompi  Quando eterea dirompi  nell'aria che respiro  dentro di me ti scrivo  dentro di me ti parlo  e son calde parole d'amore  brani dettati dal cuore.  Narrano di luci fruscianti  in un'atmosfera senza tempo  e senza spazio, di tremiti   di brillii, di fosfori sfrecci  di inseguimenti e di fughe  tra passar di notti di giorni  tra cortei di sogni e visioni;  raccontano di venti e di sospiri  tra incanti e disincanti  di carezze a volti di illusioni.  E così nel mio profondo  mi afferri o fuggi via  vano poi ti inseguo; svanisci  e non so più dove mi trovo  dove vado o cosa fare  se curare o lasciare  la stanca vita disfarsi  se all'alba cercarti ancora  o assopirmi nell'ultra buio.  Come polla dai miei anfratti  sgorghi acqua dolce e limpida  e nelle arsure di solitudini  ti offri per umidire labbra arse  quanto ti attingo a piene mani  se mi chino sull'argine pietroso  mentre rapida vai verso il mare!   "mi si perdoni se di nero macchierò una pagina azzurra.."    Poiché la vita dataci in prestito..  Poiché la vita dataci in prestito   alla scadenza bisogna restituire   se tanto deve essere, bene   avvenga pure quanto prima  ma accada in un batter d’occhi   e mai aggravio per ritardi   o ritrosie si debba poi scontare.    Ente creditorio, se proscritto,   subito allora scancellami dalla lista!  Voglio andarmene via di botto  e all'improvviso, pure senza preavvisi:  non bramo proroghe o sconti di agonia;   scoccata l'ora nulla chiedo a chicchessia   in alto o in basso che possa imperare.    Non voglio fare code, spazientirmi  brontolare per estenuanti attese:  svanire sia di gitto, all'istante  così come fa’ un riverbero dorato  su acqua ferma di stagno  quando più non fende il sole   intrighi inquieti di rame frondose.    Evitatemi di udire, come in un delirio,  una voce da oracolo che sentenzi funerea -  Non c'è più niente da fare.. portatevelo via:  l'obitorio è squallido pur se pieno è di fiori!-  Si, andarsene senza saluti e commiati penosi  persuasi dal fatto che tutto è perduto,  sparire come un bianco capello caduto  che un respiro di vento svola chissà dove.    Evitato ci sia di guardare predittivi  la scia confusa di passato e spirato futuro   che come quella di una nave nella notte   nel buio poi scompaia senza tracce o rumori.  Un semivivi marcire o uno sprofondare pernicioso  ci risparmi la sorte e non ci si rammarichi  che in un nulla il vivere finisca e si risolva.    Se nel supplizio di un rimando, impostoci   per sovraffollamento di salpanti sul molo,   agli abitanti del cielo imprecassimo,  se muscoli già flaccidi restassero fermi  e passivi ruotassero ebeti occhi,  se la volontà di essere ottusa resistesse  e disperati nel vuoto affondassimo,  se fossimo smorti di sensi e storditi  allora ancora più festeggiante   la morte baccante farebbe sbornia di noi!    Ah potessimo eluderla nei suoi preparativi  privarla dei suoi lussuriosi baci di congedo  quando su ossa e carni arrese, dopo scavi di anni,   trionfante, atri ponteggi eleva!
 Lontana, non più di un tiro di arco  Lontana, non più di un tiro di arco  in linea d’aria, sola nella tua stanza sei,  io qui, tra sbornie di silenzi consumanti,  a una invisibile catena legato  poco rassegnato, ad aspettarti resto confinato.  Un pensiero, dolce, tra le vene in brontolio  gentile e tenero accaldato ti parla   mentre seguo la rotta pazza del fumo  di una sigaretta ancora accesa.  Fossi maschio di allodola   di istinto allora spiccherei un volo:   atterrato sul tuo balcone,  l’apriresti e tuberemmo tra baci;   dopo un rapido calore di sensi  esulteremmo di ciò che sentiamo.  E’ dura ahimè la verità   di questa sopraggiunta lontananza!  La giornata è fredda e scolorita  e ha luce fosca e appannata:  Il flusso e riflusso non illumina il cuore.  Che mi dirai dopodomani, mi chiedo  come racconterai la mia mancanza  la nostalgia di ora che non ti sono accanto?  Stare insieme avvinti è da tempo un fatto  l’unico dato del vivere che conosciamo amore!  Oggi sarebbe anche il solo unico riparo   al tempo inclemente di questo acuto inverno  a questo brutto scherzo di variabile giornata.  Un pezzo di te e uno di me, fanno noi!  Tu lo vedi che la vita, appoggiati l’uno all’altro,   uniti sorreggiamo mentre invisibile   sotto il peso degli anni scricchiola muta!  Se è notte prima e dopo nel breve che duriamo  tu sei il giorno chiaro che ovunque rischiara  il sole radiante, il raggio che non brucia  che, a piombo, su di me come tepore cade .  Per te unica, all’avanzare delle ore  gemebondo nel cuore un canto s’intona  e parte verso le vie del cielo:  ovunque si senta, molle e bagnata   si fa la pietra o il monte su cui passa. Cola bianco dal cielo  Inasprito e mordace come valanga  di stagione l'inverno si fa sentire  ovunque si attizzano tormente,  imperversano nivee bufere,  sinibbio gonfio spira e cammina.    Copiosi muri bianchi robusti si ergono  solitudini e isolamenti crescono  fiocchi senza tregua nubi sgravano  di algido si inturgida la tramontana.  Non vi è ciminiera o casa che non fumi  banderuola da ostacolo non inceppata  finestra o porta non sigillata;  tra brividi ghiacciano canali e fiumi  imbiancano tratturi e prati  scompaiono laghi erbe e pruni.    Cola bianco dal cielo  colpito intero è lo Stivale:  nevica sulla Marsica, sui Sibillini  nevica sulla Romagna, sul Potentino  nevica sul Giglio, sulla Costa Concordia  nevica sulla Capitolina, su Avellino  nevica sul mio paese natio lontano.    Siamo nel cuore del picco denso  mobilitato è ogni centro di soccorso  o uomo di buona volontà e coraggio:  inusuale si varca la soglia dello zero!    Nel pieno della sorpresa  agghiacciati e intirizziti  all'onda polare invadente adattati  annunci di sole e clemenze aspettiamo. Nell’anticamera del cuore vuoto  Nell’anticamera del cuore vuoto,  immobile una vetusta signora  silenziosa ho visto aspettare.  Strano,è incomprensibile  non ha fretta di entrare!  Uno sbirciare dalla toppa  di tanto in tanto,  poi quella assenza di impazienza,  che tanto stride  con il concitato correre  della gente per la vita,  va convincendomi  che l' incartapecorita nera velata,  che fuori imperterrita sosta,  attender più non debba.  Apro la porta e gentile  con un mezzo inchino  nella stanza dei miei silenzi l’accolgo.    -Venga Signora, dica pure...-    -Guardi, mi invia Necessità  ho tre nomi e non so mai  quale dei tre sia più gradito  mi chiami pure come vuole  dunque. allora..ma se ha da fare  non importa passerò altro giorno,  sa, ho tanti impegni!-  Lei,è stato molto gentile,  non tutti,è vero, come lei,  sono ben disposti a darmi udienza  ed io ben so apprezzare il gesto suo!  Molti vedendomi orribile  e disadorna, fuggir vorrebbero,  intimoriti e pavidi, inventano  mille scuse per mandarmi via!  I suoi occhi non vedo  in fuga o rabbrividire,  né pugno minaccioso a me rivolto  dà spavento a questa Falciatrice  sempre in pena per compito ingrato  che il Fato le ha assegnato.  Si lo so, son buia e cupa, cieca,  di mezze parole, nessuno mi parla  se non con voce roca , solo cuori  già impietriti io trovo; qualcuno,  una volta...., ora ricordo, mi disse  che ben più accetta sarei stata  se depliant avessi distribuito  pubblicizzando crociere eterne per paesi  dove le notti hanno sapore di risveglio  e da mattina a sera sulle nuvole si vola.  Io, in quei paradisi non sono mai stata  e, se qualcuno, mi avesse chiesto  garanzie sulla veridicità dell’offerta,  onesta, non avrei saputo che dire.  Ma non mi faccia essere prolissa,  io non sono avvezza a sproloqui,  più trattenermi non posso,  a malincuore..... devo andare!  Quando pur dovrò tornare  ricorderò della sua accoglienza;  le confesso: lei è uno dei pochi  che nel vedermi e pur non invitata  disumanamente non mi ha  sul grugno la porta sprangata!  Arrivederci, arrivederci....-    Incredulo e stupito da un siffatto  personaggio, richiusa l’atra porta  ritorno con un sorriso alla vita. Eccidi e stermini  Da nove bocche fluisce acqua sulfurea  né cola né sbava su pietre ingrommate  dal fogliame che quasi la nasconde  trapela qualche raggio dorato.  Ne son passati di anni  da che quest'acqua su compagni spruzzai  e a crepapelle divertito sorrisi.  Dove sono stato tutto questo tempo  che ne ho fatto della mia vita  che ne sarà stato  di tutti quelli che ho conosciuto  e mai più ho rivisto vivendo?  Quanti nomi, quante fisionomie  quanti giorni neanche seppelliti  nella memoria o rinvenibili  sotto una croce che li ricordi!  Non c'è magia che rinverdisca  arborescenze o ceppi disseccati .  Quanti eccidi sterminatrice Morte!  Fumi, espiri e respiri  ceneri, poi un colpo di vento  porta via e tu più non sai  di aver ieri fumato.  Si oscilla semivegli e intontiti  tra il tutto e il nulla.  Chiudi gli occhi talvolta  cacciando pi è veloci reminiscenze,  nell'oscurità attendi  il brillio di un attimo perduto  ma da sgombri ripetuti poco si salva:  dall'invisibile e dall'inessente  nulla mai può sbucare e accecarci.  Scompaiono dentro di sé le cose  non vi è preservazione o salvazione  in ciò che inevitabile si disfa,  nessun lagno ci ridona ciò che è morto.  Ogni traccia cancella il cumulo di polvere  il demone tempo tutto brucia,  con una vampa o a fuoco lento  anche le impronte digitali si cancellano,  il vuoto non si riempie mai  come la vasca di questa fontana  che mai tracima nel variare delle stagioni. Ancora un compleanno...  Sessantacinque primavere  sessantacinquesima estate   sessantacinque autunni   sessantacinquesimo inverno:  quanto tempo è scorso!    Oh mia vita chiusa e corrosa  incuneata tra inizio e fine  ancora scorri nello spartiacque  che nascita e morte divide !    Costretto tra illusioni e sogni   Vita qui sono ancora a brindare  in codesta celebrarzione di età   che mi fotografa stanco e invecchiato.   Claustrofobo nel resiliente accadere  vivo impotente di mutare il mio corso  potando più che posso il troppo e il vano.    Risucchiato da eventi e silenzi   immobilizzato da un catrame di attese  senza brulichii di fermentazioni  sento che nella pietra radici l’anima affonda   e allora, mi chiedo che più mai oggi mi orienti.    Nell'atonia dello scialo  così posizionato e veglio  più che mi squarcia?  L'oscurità aumenta ,  l’ottimismo agonizza..  Da questa messa a fuoco del nulla vortice    nell'abbandono a un delirio, più spesso  incredibile è immaginare una fuga.    Non sospeso e infugibile  è dare un senso al tutto che si disanima  ma- impossibile- dice la Messagera!  Da incima alle scale se giù guardi  vengono le vertigini visionarie:  imminente si teme una caduta!    "I colpi di calore, i ribollii   le eruzioni strepeanti  li ricordo appena; bruciacchiato  graffiato e sfreggiato da gli anni   di nulla più mi avveno  non cambio di registro al mio vivere  né risale più voglia e ardore".    Ah amaro e ripetuto ritornello  tiritera che echeggi ogni mattino  nell'amputazione di giorni!    Fossi il bambino che gioca  e vergineo non sa nulla   di presente passato e futuro  vincerei ancora una speranza.    Se scocca l’ombra, per quante geometrie  vi siano, nessuna prospettiva la fa lucore! Nubifragio  Chi si schianta e urla furioso   e sbrigliato tracima oltre la proda?    Equoree masse mareggia il vento:  s'azzuffano creste, scoppiano brille spume;  dallo specchio urti tremendi d'onde alte  a frangiflutti attentano feroci.    Oh il mare, il mare adirato e tempestoso!    L'assidua furia glauca che si sprigiona  irrompe e spettina arenili e dune!    Smania, scoperchia, squassa, tumula:   con destrezza, predone infame,   ruba qualcosa e pur murmure si ritira.    In alto, sode nubi passano   in corteo reboanti intronano   il loro ventre gonfio svuotano   e ancora d'acqua si ubriaca il mare. Or tu lo vedi anima mia  Or tu lo vedi anima mia  come veloci si schiudono  e avvizziscono tra rovi  i petali della vita  come flutto alla riva  va e viene il respiro  come fra il tutto e il niente  faccia spola la morte.  Tu sai cosa è  che si insinua  tra la carne e le costole  e si fa strada  fino al cuore  edè più forte del dolore  che sonda il vuoto delle cose!  Su, vieni alla sagra  del bene e della luce  adornati e adduci il cuore  non fingerti stanca  esulta danza e canta:  il biglietto di ingresso  non è poi così caro  costa solo un volo d'ali  e pur senza alba domani  ci allumerà un chiarore.  Accompagnatrice del corpo  batti le tue piume nell'aria  eterea allietati e vibra d'amore  discendi nell'essenza  di un vissuto e vivi  squarta brune e silenzi  caricati di sorrisi e di sole!  Pure la cicala all'imbrunire,  al chiudersi di una stagione  sai tra erbe secche canta. Senza neanche accorgercene  Senza neanche accorgercene  tra una sigaretta e l'altra   pur un anno ancora se ne è andato   un nuovo calendario al muro domani   rughe più visibili saranno sul viso.   Impinguisce a vista il passato   s'assottiglia il futuro ipotizzabile   l'avvenire non preconizzabile   attualizzato e raccolto per immagini   in un attimo sarà già retrocesso a ricordo.   Non si può ignorare che altra polvere   come coltre si è posata sul già opaco   e che un capello nero   sempre più raro si spia sul capo.   Fui, sono, sarò. Ah che mormorio!   A che focalizzare i dettagli?   Il tempo corre col suo passo   il fluente ritmo è inesorabile:   tempus fugitivum sul campo visivo!   E' un ritornello vizioso, per tutti   il viaggio è di sola andata   per una nota meta a senso unico si cammina   su un assegnato segmento da chissà tracciato.   E' noto, che ad un certo punto, il corpo   persa tracotanza si faccia sempre più lagnoso   edè allora che anche lo spirito perda parola.   Malgrado le attraenti lusinghe   abbracci e moine della vita   ha un'aria familiare la morte;   pur quando abbiamo buone possibilità   di non incontrarla o ragionarci   la si avverte nell'aria:   è nell'essenza delle cose incontrando il vuoto.   Nella gerarchia delle nutrienti menzogne   l'eternità occupa il sommo vertice   una millantatrice deità la promette:   ad ogni latitudine e in ogni epoca   i suoi fanatici venditori la pubblicizzano.   Come si infatuano gli esacerbati di paura   congetturando la propria eclissi!   La verità sempre si stacca e viene a galla   ci agghiaccia e non abbiamo più bisogno di essa   a inutili domande siamo stanchi di rispondere   se il nulla si rovescia sul tutto e lo ricopre. Rotola l'onda, si infrange...  Rotola l'onda, si infrange,  una musica gorgoglia  vivace una bava si espande  nel silenzio stanca si spegne:  è il mare che vive e respira.    Quali mari, quali maree  quali flutti echeggiano in noi  chi passeggia o corre  per i nostri deserti lidi?    Oh quante scie si alzano  si disperdono lontane  quanti approdi e partenze  alla banchina del vuoto  estremo delle cose!    Che ci rivelano le solitudini  delle immense distese azzurre  e del cielo in alto muto:  muri conoscitivi inespugnabili  eretti nello scorrere del tempo  oltre il fascino e il terrore  che si incidono nel cuore!    Si ritireranno il sole e la vita  e ancora non sapremo niente  lanceremo come un sasso in aria  le nostre domande e non udremo  mai il tonfo di una risposta  appiattiti vivremo ancora  schiacciati e umiliati  dalla nostra insignificanza  ossidati dalla nostra ignoranza. Brume autunnali  Di fogliame denudata  brulla la villa si mostra  tra le fumanti brume  di quest'alba novembrina.  Un passero intirizzito  sul ramo del cinereo fico  immobile sosta aspettando  i primi languidi raggi  di un sole tardivo  che pigro indugia  dietro plumbee colline.  Oltre la siepaia e i confini  di pietra in collasso  tra solchi arati e inumiditi  un uomo, di ascia armato,  dirigendo va i suoi passi  alla cedua macchia.  Da silvestri accordi  netto, focoso eco si ode  del rauco torrente  che nascosto scorre  tra filari remoti   di pioppi argentati,  folate passano veloci  senza lasciare immobile l'aria.  Del nuovo giorno che non abbaglia   nulla si sa di certo  così come degli abissi del mare  o della fuggente vita che crolla.  Che vi sia una primavera  o che nelle notti d'estate  le cicale tengano concerti  assordanti e il tedio  nei meriggi assolati  al vigore dia scacco  questo è sì certo!  L'agreste calma  che il paesaggio effonde  e riparo offre ai clamori urbani  può solo dirci che il tempo  indifferente non passa  che nella radura delle ombre  ritroveremo i rami secchi  che labili pur sostennero  il fogliame dei nostri giorni.  Oh se tutto avesse un senso,  se lo stelo del filo d'erba  non si piegasse al respiro del vento  che anche la speranza via porta. Ncrucianno 'a morte  Mmiezz'a via cammenanno  quanta vote, senza vulerlo,  l'uocchie ncopp'a chilli manifeste  burdate'a lutto sò cadute:  dèceduto e sbiadito  nun nomme scunusciuto  appena se leggeva.  Cu'o core,  senza dicere niente a nusciuno,  spisso po' aggio pensato:  - Comm'a n'amico fedele,  d''a matina â sera, annascosta,  aspettanno dint'a l'ombra,  pronta pè ce abbraccià,  senza parlà, da che munno  è munno, 'a morte ce accunpagna!  Sempe a ll'erta, maje stanca,  comm'a na sentinella essa ce spia  e vede chello ca facimmo!  Na distrazione, na malatia  so tutto occasione bone  pè ce correre ncuntro  e ce carrià a ll'ato munno!  Quanno a ll'appuntamento  puntuale s'appresenta  e avvellutata comm'a na sposa  ce piglia sott'o vraccio  vestute'e niro, festa le facimmo:  sciure, musica, curteo, cerròggene,  lacreme e marmo d'ata qualità  pe' essa sò sempe pronte.  Nu juorno addò uno,  nu juorno addò n'ato  sempe trova che ffà,  e maje'a spasso stà!  Àneme senza sciato,  trasporta in quantità!  Â mità autunno,  quann'a malincunia,  piglia pure à lu tiempo,  pè st'impegno custanto  ca essa teno pè tutto l'anno,  ggente'e tutto specie,  buone e malamente,  addulurata ma dèvota  â casa soje và a visità!  'A casa soje?  E chi nun'a cunosce!  'A casa soje  è addò stanno chillo  ca cchiù nun ce stanno,  là, addò'a poco,  mpruvvisamento  nu juorno scarugnato  pure papà mio se ne juto!  Parlà d''a morte pè chi è vivo,  arricurdarse 'e tutto chillo  c'avimmo perduto,  na bella cosa nunè,  e, si a Essa ce penzammo buono  'a pella s'arriccia  e dint'a nu mumento  a vita se fa scura!  Siente all'ora,  ch'hai abbisogno'e luce  e accussì a lu surriso  e a' carezza 'e na speranza  'o core corre e se cunsegna  pè putè cu ànemo e curaggio  affruntà chello ca primmo  o doppo puro l'aspetta!  Ah! 'a ggente, 'a ggente  ca smania e se ammuïna,  e fa finta 'e nun sapè  ca nterra o dint'a cappella mortuaria,  cunsignato a nu scunusciuto,  comme si non fossemo maje stato  abbandunato d''a vita  lasciate po' venimmo!  Doppe tantu tiempo  chi maje cercarrà nutizie'e nuje,  che remarrà maje  d''a superbia e d''a mmiria nosta  quanno passata'a chianozza  d'ô tiempo, metuto d''a fauce  affilata d''a morte, polvere tutt'aguale  'a limma 'e l'Eterno ce arriduce!  (ott-2002) Quante volte partorito dal cuore  Quante volte partorito dal cuore  Amore al primo vagito peristi  o infante persa la tua invadenza  acerbo soppiantato fosti da malinconie!  Ad accaduto tuo lacerante tramonto  non più rinvenne sogno spossato:  d’efficacia fallirono l’un dopo l’altro  palliativi, vani per radicali cure.  Poi per un naturale imporsi  della vita che non rinneghi  e nel suo vortice ti riprende  alla tua cerca ritornai più volte  se all’orecchio dell’animo voce o eco  vi giungeva che t’aggirassi vicino.  A cercarti allora mi volgevo  con occhi spalancati da desio,  a festeggiarti cocente correvo  con corali pensieri in gran gala;  avvistata la tua sagoma evanescente  scopristi come affrettavo e incitavo  il passo dei miei sospiri!  Chetato non mi senti mai  sempre più ti chiesi:  la felicità delle parole  la gioia che sale in gola  l’ansia luce dello sguardo  che indugia sullo scollo di una  speranza avvenente e procace.  Ah il suo sorrisetto nell’attraversarmi  al dispiegarsi dell’ora briosa  che a te mi approssimava!  Oh quante volte meraviglia celeste  miscellania di tripudii e di illusioni  sbracciato o incappottato  sedotto ti corsi incontro  a occhi bendati, di getto,  avendo ripulsa, di me..solo. Dimmi amore chi sei  Dimmi amore chi sei, da dove vieni  sei tu la delirante bramosia della carne  l’afflato divino che l'anima inturgida   l’ebbrezza suadente di carezze di infinito?  Rassomigli all’angelo o al demone  che invisibile, muto ci cammina accanto  e insuffla confuse sensazioni misteriose?  Che importa chi sei se all’unisono vibro  e il cuore avido di effusioni esulta   all'intonare le canzoni della vita!  Amore, tu sei assalto tenero di baci   lo stallone sfrenato su cui galoppa il desiderio  l’espandersi incontenibile della gioia  che si allontana da fiordi di tristezza,  la fonte dei rivoli entro cui scorrono  le spume delle emozioni, l’alta marea   che sommerge e da cui rinato emergo,   la mano dell’istinto che mi tocca,  l’ala di tenerezza che mi invola,  l’ordito e la trama di sensitivi pensieri,  la rupe che dà vertigini di lusinghe  il sapore mielato che impregna labbra,  l’attesa di colui che attende mai stanco  di arricchire una dinastia di sogni!  Come vento animato ti ricevo   abbrivio prende la mia vela e fa rotta  verso la terraferma su cui mi attendi;  seme, cado e germino nel tuo umido solco  radici radiali affondo tra le tue zolle,  nel regno del fuoco che brucia   e non consuma mi accogli  la mia sete d'affetto plachi.  Luce d’acciaio che brilli più di una stella  abbagliami pure, illumina il mio andare  se da una finestra di tristi giorni   improvviso, ad un futuro mi riaffaccio! Già annotta, impugno pensieri..  Il lume del giorno giunto al capolinea  consegnatosi al crepuscolo dispare:  già annotta, impugno pensieri.  Tra non molto, sopraggiunto il buio  inizierà la stesura delle prime bozze  sulla cronaca della giornata perduta.  Accortacciato e molle per scoramenti  e l’asse portante del mio tronco  torto da vespertini cedimenti  testimone sarò dell’apparire delle prime stelle  del resuscitare puntuale di un pallore lunare.  Qualcosa, di quanto vissuto, scampato al nulla,  purificato da riflessioni consegnerò al cuore,  fagocitato sarà ogni avanzo insapore  dalle fauci affamate delle prime ombre.  Dall’allumata finestra, simile a astro isolato,  attratta e impazzita di luce, come in un rituale,  qualche falena verrà a suicidarsi in questa stanza  dove, insonne ostaggio, raccolto in fantasticherie  ascolto gli scricchiolii delle mie incrinature.  Prelevando dal caveaux del cuore  svalutate speranze, più impoverito  pagherò l’ultima rata di debito al giorno;  alla notte, in prestito chiederò altri sogni.  Se all’alba poi ancora sarò, pur squattrinato,  in qualche modo riscatterò  i solitari esosi istanti della mia vita,  un’altra imperscrutabile riga  interpreterò malamente del mio destino. Amore amore amore  Amore amore amore   pilastro o maceria   dominator possente  consolatore soave  antidoto o veleno  macigno o piuma  adagiata sul cuore  voluttà e perdizione  incrocio di desideri  rotta per quieta ansa  sei vita e sei morte!  Sbocci e rinsecchisci  tra edaci stagioni  l'animo affossi o risorgi   umani illudi o deludi.   Mai pago, esigente  prendi dai e fuggi via  clamori e silenzi  nelle ore edaci fecondi.  Limpido un giorno  tempesta un altro  tra ameni e assidui flussi  aduli e rinfranchi  impaurite speranze.  Candore, impurità  mano aperta, pugno teso  stupore candisci e adorni  promessa ti accompagni  ai passeggeri del mondo.  Mai voce morta, anche balbuzia  sveglio sempre ti ascolto  e pur nel sonno ti ritrovo!  Resta quanto puoi  sulla scena di questa vita  mia non immortale  altri palpiti scrivi  in una compiuta storia:  su un seccato legno  un po' di fresco verde  ancor resti odoroso. Travedendo e ripensando  Dai piedi delle dirute mura  del vetusto maniero orbo di torri  che il sussultar della terra  in un lontano novembre  ancor grave ferì   erra l’occhio per la cara valle  che accolse i miei primi vagiti.  Asola tra le fratte il vento  tremano gli irti rami di rovo  brontolano querce e ulivi.  Querulo, ad ogni soffio  languido scroscio giunge  dalle chiome flave  dei vicini pioppi del fiume;  per l’aria, mute foglie esangui  rogge e accartocciate cadono:  atterrate su correntia vorace  annegano prede del gorgo.  Oh, laggiù perché più non vedo  i campi di tabacco e di pannocchie,  i solchi bruni dei pomodoro,  il riflesso verderame dei pampini  tra i filari di rigogliose vigne?  Tutto è cambiato negli anni  come la mia rapida vita!  Lo scempio imperante  del cemento che avanza e domina  stride all’aprirsi del ventaglio  di memorie, intatte nel tempo,  dei lussureggianti e or spogli clivi!  Ancora viene da superstiti masserie,  di tanto in tanto, un latrar di cani,  il muggito mi giunge delle giovenche  sparse nella macchia oltre la terra  che fu di mia madre: eccole laggiù  vagare inquiete sognando erbe  novelle di fantasmi maggesi!  Declina il sole verso il suo letto.....  E’ il tramonto: rada si fa la luce.  Le prime ombre già vigilano  sui filari di croce dei parenti  nel vecchio cimitero diroccato;  figurandomi chi mi ha lasciato  commosso ondeggia il cuore  come i ciuffi di canne abbarbicate  sull’ubere ciglio delle gore  da tempo prosciugate.  Al consumarsi del giorno breve,  frastornato dagli intimi richiami  dei ricordi dell’età mia verde,  nel diario segreto del cuore  sussurri di tristezze trascrivo  malinconico fanciullo invecchiato. Sentori autunnali  All’esordio di un primo tempo autunnale  ancor tiepidi da flottiglia di nubi  trapelano indeboliti raggi di sole  rutili fronde perseguita un vento   scorazzando tra viottoli avvinati e fumosi.  Ogni pigna è già mosto; pronti ad essere colti  brillano melograni prunosi   scoppiettano le prime caldarroste odorose  inizierà a breve il giro dei frantoi.  Si dipana ancora il filo che corre  tra l’ieri l’oggi e il domani:  cambia modo e tempo la vita  si avvicendano scenari di natura.  Tutto si aggiorna e muta, nel cuore  qualcosa si perde, qualcosa si aggiunge   segue imperterrito il tempo Il suo istinto  che innato e maligno, senza posa,  demolisce spiuma e polverizza.  Nell’oltre vuoto o nel supervuoto  ci saranno cambi di stagione?  Chissà come stanno le cose:  non deve esserci molta differenza  per chi neppure impenetrabili ombre   di accadimenti vede passare.  E’ nell’annuncio che nasce un fremito  poi in più nulla ci si attuffa, dopo la vampa  vissuto l’acceco tutto rattrappisce   come in ogni vita ignota e impallidita. Prigioniero di questa sera..  Prigioniero di questa sera   distratte le vigili ombre   tiro le somme del giorno   stappato ad una vita infeconda.  Quanto ho perso, quanto ho guadagnato  quanto sudore di pena è grondato  da questa sterilità straripante!  Qui il corpo, fermo e pesante,   l'anima che all'alto aspira   bipede non si è staccata in volo:  la gravità si fa sentire  le esili ali sono fragili e deboli  per vincerne spinta e resistenza.  Si spoeta la vita tra stupori.  Mentre ne rileggo il peggio  una solitudine mi riabbraccia  nessun fumo di morgana   resta nella mano se tenta di afferrarlo  l'informe sostituisce ogni forma  che si delinei col suo contorno  i cristalli pure opacizzano  se incolumi superano urti mortali,   poco o nulla da franamenti e smottamenti  si recupera e resta utile  e sempre è raro che da'incidenti   sortiscano benefici venturi.  Se si svuota nel tempo  la cassaforte delle illusioni  la miseria si diffonde  e un'angoscia resta nel cuore.  La vita desiderata è appena   una finta proiezione di sogni.  Pusillanimi si sosta davanti alla porta  della verità senza mai entrarvi  sbirciando dalla toppa  vedi chiuse le finestre   del passato e del futuro  da qualche oblò forse appena giunge   un timido raggio di presente.  Non vi è salto che ci sbalzi nell'aldilà  alla deriva, in un mare di interrogativi,  tra maree di oscurità e sprazzi di luce  naufraghi galleggiamo inzuppati di paura.  Non c'è transumanza o traslazione  che ci adduca nei cambi di stagione  del cuore a prati di serenità e quiete interiore. 'A vita  Mpapucchiato d''a speranza  'e dimane l'òmmo parla,  senza arricietto, cu mille smanie  scetanneso ogni matina  fa discorse pe' tutt' 'a vita;  appriesso a llì stagione  cu'o core 'ncantato   se ne va annamurato  a spasso p' 'o munno,  si mentre corre o passéa  pe' suspirà se ferma,  nfilato'o filo d' 'a fantasia,  si nun arricama suonne  cóse o arrepezza pruggetto.  Maje cuntento, maje sazio,  si spenne 'a putega d''a vanità,  'e còse s'arrobbe cu l'uocchie:  'a meglia rrobba 'a vò p'isso!  Si s'affiata cu na femmena,  s'accatta figlie ca danno penziere.  Saglie, scenno, zompa  corre mmiezzo all'anne  ca passano fujenno;  cu na smania d'alleria  pe 'luntano part''e pressa  affruntann'o destino;  cu curaggio aspetta,  ca chissà, si pe' na vota  nu suonno suoje s'avvera!  Nu bello juorno,  a ntrasatto, senza sciato  annanz'' a na sagliuta,  a quatt'uocchie, po' c'appura?  Appura ca na frònna secca  è addeventato! Nu filo'e vita  appena le rìmmane!  Senza parlà, appucundruto   ma senza làgno o làcreme  s'arritira dint'a n'angulo scuro;  pigliannes'a vita comme vèno,  là, aspetta ca nu colpo'e viento,  senza scrupulo e pietà,  luntano s' 'o porta  dint'a nu fuosse cupo!  Comm'a tutto chesto  'e vvote aggio pensato!  M''o saccio, 'o veco, 'o sento  ca tutt'o rummore d' 'a vita,  mo pe' uno, mo pe' n'ato,  sulo silenzio po' addiventa;  sciuè sciuè, 'a vita s'accucciuleja  comm'a nu cane ca s'arretira  doppo tanta abbajo,  tale e quale a' o' rummore  e' na banda ca scassea  dint'a strada 'e nu paese,  ca quann'a sunat''o gran finale,  moggia moggia, zitto zitto,  s'alluntana e cchiù nun sona! Più volte comunque fosse  Più volte comunque fosse  pur gli anni festeggiammo  ai funerali o ad altre cerimonie  regolari prendemmo parte  ciò che ci doveva accadere accadde.  Al rullio di un tempo edace  abbiamo sofferto pianto o riso  spaccamonti o guasconi saputo  ciò che di verosimile v'era nel filmico  che raccontava la nostra vita.  Ancora oggi, sdentati, stanchi  e introversi guardiamo l'intruglio  la mistura di fatti nauseanti o gustosi  che ci passa davanti in un imputridimento  di sogni di illusioni e di speranze.  Nauti che fummo, che diventammo  quando la regata dei desideri  suscitò in noi passioni   volontà e amor nel mar di essere?  Ricchi di nulla, poveri di tutto  ci sedusse un divenire piccante  dove forse tutto era possibile  senza briglie ci spingemmo lontano  arditi e impazienti in una marcia  forsennata senza sbocchi di eterno.  Sublimati, all’effimero credemmo  nello svolgimento di un racconto umano  convinti di possedere e detenere  quanto nell'attimo si distruggeva;  alati e leggeri o corti di vista  spesso perdemmo il contatto con il reale.  Restò il senso della vita una sciarada  un enigma un mistero o la voragine   verso cui ancora camminiamo  ignoranti di noi e del mondo  intontiti dalla visione di un cielo cavo  che solo nuvole o astri può mostrare . Eccola adagio sopraggiungere  Eccola adagio sopraggiungere  oltre le propaggine dell'occaso  la lenta camminante sera:  il suo manto cala sul cadente giorno;  ove non giunge ancor scalpita  qualche morente scaglia di luce.  Tra poco verranno le tremule stelle,  la luna, l'immoto insondabile buio.  Oltre le cimase, troverà un varco  il cuore per una scorreria nel cielo:  lì, solitario, valicherà fiumi immaginari  tra valli immerse in arcani silenzi.  Dal margine di un lembo di infinito  frugherà il cuore nel luccichio turchino  alla ricerca di figurati affetti perduti.  L'armonia silente di celeste sfere  riporterà l'eco di voci tacitate  voci più non udite, voci nientificate.  Eh.. molti sono stati i partenti forzati;  e indietro nessuno è mai tornato!  Anch'io, pure dovrò salutare un giorno  salpare per mete mai esplorate.  L'oltrevita, l'assurdo eterno inganno,  ciascuno se lo inventa come vuole  e a piacimento lo colloca dove crede  popolandolo di accreditati fantasmi.  Ma nessuna allucinazione vissuta  integro riprodurrà miracolosa  i lineamenti le fattezze e i visi  dei vivi da tanto spariti.  Ah quale fatiscente bolla il vivere:  un'insufflazione la esplode e nessuno saprà  mai chi, volubile, quel mortale soffio emise. Albeggia:è un nuovo giorno.  Albeggia:è un nuovo giorno.  Strisce di luci tenui emerse dall'orizzonte  annunciano e dischiudono boccioli di ore.  Adagio, da pendii, migrano nebbie mattutine  perpetua i suoi giri la ruota degli eventi  senza posa. Su erbe, da brine intirizzite   calano e poi d'improvviso s'involano  gazze e passeracei solinghi;  di tanto in tanto, chissà da dove,  giunge un impeto di vento e si allontana  si tinge l'azzurro di colori prediletti e rari.  Lontano dai ritmi imposti dalla città operosa,  con occhio gaio, in una radura di molli zolle,  già bivacco con i miei pensieri.  Non un blando brusio, non un fruscìo se non del vento  corrompe la solennità del silenzio che dilaga.  spettatore resto di una quiete inusitata.  Ah il ricomporsi della semplicità delle cose  il sollievo dell'orecchio dagli insulti rumorosi  le fragranze dei profumi campestri, la quiete  dell'aria pura che altro respiro al petto dona!  Lieto sono di essere presto fuggito  dall'insolente erompere dell'aspro rullare  di umani strombettii scordati,  dall'invivibilità dei chiusi recinti di case,  dal timore di essere pressato  malamente da calca umana.  Starsene soli ogni tanto,   riscoprire un senso di vita smarrito,  affrancarsi da un sottile e celato affanno  che opprime il cuore,   udire chiaro e secco  il richiamo misterioso dI un'immanenza,  fermarsi anche per poco su una piazzola  del ripido pendio della vita e ammirare  la terra e il cielo prima che un moto  ineluttabile in una tomba mi precipiti   senza avviso, esprimere ancora un sogno!  Codesta immagine tante volte  è baluginata tra le mie brame..  È solo nei brevi edaci momenti  in cui ci riappropriamo di noi stessi  che avvertiamo camminare per il sangue  l'infinito perdurare di un attimo,  che spezziamo i reticolati   dei nostri confinamenti e corriamo,   corriamo tra distese di emozioni  con una dolcezza e un tepore nel petto  dimentichi di essere appena  insignificanti atomi volatili viventi! Mare  Quando vetrina di cristallo puro   incontaminato mi mostri, Mare  un cosmo di sconosciute creature,  quando lampeggiano riflessi  di vitree scaglie o spume  o in un video immaginato  zampilli i tuoi giganti esplodono,  quando percorro l'offesa piaggia  al morir di un mareggio  e mi imbatto in carcasse  di conchiglie o stracci di fondali  o in uno sparuto osso di seppia  stupito allor mi sovvien  che nella notte dei tempi  da te, principio equoreo,  un giorno emersi uomo.  Ah quante volte rapito  familiare il tuo palpito riascolto  come ai tuoi ritmi  che di improvviso mutano  altezza e tono mi abbandono!  Come seguo il lacerarsi  dello smisurato telo di nubi  che minaccioso ti sovrasta  ad ogni strappo di vento;  come ti sciorina l'insulto dei nembi  al sopravvenire di una bufera.  E il tuo viso che si corruga  all'insorgere di un delirio lontano,  le nivee frange che attaccano  e devastano lidi, i getti  di pulviscoli cristallini che spezzano  lo sguardo all'orizzonte levato,  il risucchio rabbioso di bocche  ebbre al dilatarsi dei tuoi polmoni,  gli scompigli di ectoplasma,  i bollori di salsedine che si scagliano  su venati ciottoli di riviere:  cancellazione di battigie,  rovesciar di scafi, affondar di navigli!  Oh calma divina  quando stremato in bonaccia  ti assopisci in un accadere nullo!  Incessante viver il tuo che ti rinnova  sotto lo sguardo di un sole passante  che si specchia e dilegua al passo dell'ora.  E' in questa immensa tua statura  che un piccolo me accresciuto si ritrova  che più gagliardo un sangue ritorna  e mi ricaccia nel giogo della vita  persuaso da richiami ineludibili  giunti da fraseggi di altri sogni... Nulla cambia or grido  Nulla cambia or grido  ubriaco che non intende.  Nulla cambia o snatura   in questo giorno che cammina:  il mare è quello di prima  ancor esteso deserto l'anima sola  landa silente il cuore indurito.  Qual scultura immobile  che carezzevole o furioso  un vento passante tange   così statuario vivo   attaccato e colpito   dallo scudiscio dei miei pensieri;   da tanto sconfitta e effimera   scorre la vita disillusa  più non mi sfrego le mani  o una lettera d'amore scrivo.  Attento guardo avvenire  una serratura si apre  una porta si spalanca:  entro nel vano del silenzio  rincupisce il tonfo sordo  di un me fantoccio abbattuto!   Una vacuità definitiva si afferma   nello sgomento, tutto si svela  eloquente chiaro e senza parole;  come paurose oscillano   le consunte corde tese   sul ponte dell'abisso   a passi di pesanti certezze.   E il mare è quello di prima  le rocce sono rocce  i viali deserti son viali deserti  immobile è l'altalena della vita.  Pur nella stasi cammina il giorno  cammina sulla linea indefinita  della terra e del cielo!  Avanza o retrocede l'attimo che muore?   Chi sa dirlo senza assegnare un verso.   Dall'oscurità dalla luce e dal tempo  si entra e si esce senza fine  nulla è mai più come prima  eppure il tutto, resta sempre uguale  anche questa finta immobilità muta:  eccola 'panta rei ' loquace! Sbaluginio  Me ne sto quì in solitudine  ingabbiato nei miei silenzi  cheto tra pause di pensieri distratto  scruto qualche stella che si mostra.  Mi è tutto lontano, distante;  indeterminato e vago  mi simulo estraneo e mi interrogo  e non so rispondermi.  Chi sono, chi fui, vissi?  Dove posso ritrovarmi,  mi riconoscerei tanto cambiato  dagli anni imbianchito e sdentato?  Ero ritto e non avevo rughe  lesto infilavo se occorreva l'ago sottile  il fiato non mi mancava, se amavo  sempre il cuore forte mi batteva.  Che sarà successo  in questi pochi istanti di vita  e i sogni dove più dimorano  e le donne che amai  e non mi amarono saranno morte?  Come scherza il tempo e deride!  L'effemeride ha pochi fogli ancora.  Se l'effabile senso del vuoto acuisce  che vi annoterò? L'acume si acumina  mi graffia e dissanguo: orrendo  della vita ho perso il filo del discorso.  Le labbra del tempo sordomuto  in uno sbaluginio si son mosse,  nella labiolettura ne apprendo  impassibile il significo profondo. Un giorno senza di te  Interminabile e vuoto questo giorno  di calura d'agosto infernale  tu sei a Procida, dai tuoi  e io tra quattro mura  solo, a non sapere che fare  a perdermi tra divagazioni e noia  a estimare quanto mi manchi  ad appurare se so vivere senza di te  e scoprire ancora quanto più ti amo.  Ho aspettato, dopo che ti sei imbarcata,  che la motonave aggirasse il faro  prima di lasciare il molo.  Non bastava qualche miglio di mare  a separarci. ci si è aggiunto  anche l'impossibilità inconsueta  di raggiungere il tuo cellulare.  È dunque in questa mancanza  in questa impossibilità comunicativa  che si misura reale il nostro amore?  E con che numero dovrei esprimere  questa mancanza, questo bisogno di te?  Infinitamente grande con miliardi di cifre  ma neppure così esprimerebbe quanto mi manchi.  Oh quante cose apprendiamo  quanto nuovo bisogno di te sorge impensato  quanta potenza d'affetto si cela  nel cuore e a noi stessi ignari!  Nell'immaginario mi son preso una vela  ho atteso che un vento benevole s'alzasse  per raggiungerti dove non t'avrei trovata  che squillasse di colpo il cellulare  e che ancora di più non si allargasse  il fosso che ad ogni minuto  senza di te vissuto più si spalancava.  Sono come un pesce fuor d'acqua  e tu sei il mio mare,  del resto non so più nulla:  se tutto viva o muoia  solo tu puoi dirmelo  e tu ora non ci sei.  Se ti manco accorcia il giorno  e vieni a fermare quanto prima puoi  il frullino che agita  e monta i miei pensieri  si spenga il bruciore di tanta attesa. Si avvicina il congedo....  Si avvicina il congedo-  mormorano ahimè gli anni!  -Come tante altre, prima o poi,  partirà per l’Ade questa massa  nel vuoto la perderai questa vita!-  Stanno proprio così le cose  edè inutile che impallidisca.  Il tempo, che parli o meno,  passa estenua e stanca  appesantisce le palpebre un’oscura forza,  ci si addormenta all’improvviso  o tra veglia e sonno a poco a poco:  non è un segreto e può accadere  da un momento all’altro.  -Finirà tutto?- tu chiedi.  Se me lo domandi devo risponderti  non posso farne a meno:  sì finirà ogni cosa che mi riguardi..  E’ una legge eterna e terrena  non vi sono eccezioni  senza riservatezza chi nasce muore  ma non vi sono soprattasse  se accada prima o dopo.  Non importa, non mi lamento  basta che arrivi il momento  e poi non debba più percorrere  avanti e indietro il filo sospeso  tra il buio e la luce.  E la Moira? Non mi seduce  né le butto le braccia al collo  né mi repulsa; fischi tre volte o no  stabilisca pure (se umana crede)  il come, il quando e il luogo. Calura agostana  Indugia ancora il giorno infernale  agostano arde il tramonto sul mare.  Al largo, in spola tra opposte rive  si incrociano navi e motonavi.  Vicino, ovunque, nulla oscilla  impercettibile è ogni sciacquio  il Libeccio non ha respiro  non un alito si sfiora.  Non soliloquio, dalla mente  nessun pensiero si dipana  tace il desiderio di parole  nessun discorso si inalvea  niente sfarfalla e tutto cade.  In lenta macera mi impregno  di calura soffocante  diserta ogni vigore umano.  Tra le acque, oltre gli scogli  distorce una piccola maretta  riflessi di ultimi bagliori  gommoni sciaborda lieve  flusso e riflusso non borbottano.  Quasi uno stampo di natura  su uno sfondo azzurro  illuminato da una luce rosea.  Un vecchio in pesca assorto  sorveglia una lenza immobile.  Tace ogni conflitto nell'aerea stasi  un vespero tra fumi d'umido scopre  serali equoree fate morgane. Meriggio  Spopolata e deserta è la strada  in questo meriggio assolato.  battuti da un sole infocato  infuocano muri martellati;  di rado,lembi o strie  di torrida ombra  rari si incontrano  rasentando facciate.  Sopra le finestre chiuse  tra rettangoli  di cielo, arroventano raggi  grondaie e cimase;  in lontananza, tediato,  pigro vagabonda un cane.  Debole e corto  annaspa il respiro:  per l'aria, arsa e ferma,  non refolo, né brezza.  A lauto pasto convenuto,  un nugolo di mosche,  ostinato in un angolo  saccheggia resti di raspo consumato  intrusa e non invitata  una midollare tristezza  nel cuore si infitta e straripa;  una quiete immilla e computa  un durare di svuotato accadere..  E' in questo frammento del giorno  che il vigore affioca e declina,  è in quest'ora che non spunta  frescura sulla soglia del cuore  e che la vita, come stilla resinosa  che grondi e si aggrumi,  immota e rappresa si guarda  inebetiti nel silenzio che dilaga.  Da funerea calma  che dirama  mesti rintocchi, traversando  filtri di silenzio, giungono  da campanile distante;  un tremito corre per la pelle  poi che quel suono mesto  mi tocca e intendo.  Una vita, la calura ha stroncato!  Non l'afa , ma un freddo  opprime e mi soffoca  in questo meriggio  che si infiamma e sfianca. Scialbature in divenire  E' da anni che da più parti,  esortazioni mi giungono  perché in fiori muti le mie spine,  che la mia corteccia disseccata  alimentata venga da altre radici.  A molti preme sapere  perché tristezza mi accompagni  e i colori dei miei giorni  sovente virino all’oscuro.  Oh un cielo biavo sopra le verzure  e le giovani corolle affissate dal sole,  i petali accarezzati dal vento,  la tenerezza di uno sguardo  che ama, l’elefantiaco respiro  del cuore allo scocco  di un gaudio sbocciato!  Io conobbi codesti tratteggi,  ricordo i fragori interiori  per piccoli e grandi tripudi ,  gli effluvi della primavera,  la salsedine del mare,  i dolci rimescolamenti del sangue,  il luccichio di una pupilla  che arde per un figlio,  una madre una compagna,  i palpiti e il crepitio dei baci  ad ogni festa del cuore!  Ma rilento ogni fuoco si ammorta:  il freddo s’infinita e solo  e intirizzito poi l’anima sfibra.  Non invernale è il mio tempo,  non di nero si tinge lo sfondo  dei miei giorni,  ma di impallidito giallo!  E’ nel progressivo svilire  che incartapecorisce la vita  e si sviluppa la pustola aperta  che brucia e, il cuore , eterno  convalescente, dalle fitte non sana!  E’ questo scorrere vano  e assiduo che non tollera soste,  è la scialba successione pianificata  di giorni e di notti sempre uguali,  è l’istante che mutandoci muore  nell’indifferenza del tempo,  è il salto dalla cascata dello svanire,  è l’ombra sdentata delle cose perdute,  è la cicatrice che indelebile resta  dopo aver visto il mondo  e attraversato i reticolati  della recinta sofferenza,  che mi mostrano il volto del nulla,  dopo il finale schiantarsi  di ogni sogno sfiancato  di ogni sfiaccolata speranza!  Tra cespi di ortiche accestisce  il mio male; alla raffica  che spezza il ramo rinsecchito  al perduto raccolto di baci attesi  al passaggio del mutilo uomo  sulla carrozzella relegato,  al vetro rotto  del vano deturpato  nella casa di periferia abbandonata,  all’impossibilità  della vetusta locomotiva  di sbuffare tra i prati,  alla vista della melagrana  dalle intemperie ferita,  che divelta dal ramo  esanime agonizza tra le zolle.  Di granito è forse l’animo degli altri  e d’inconsistente argilla il mio?  Io non so... Io non so..  Io non posso ringhiottire il rivo  di pene che discende dal cuore,  infingermi che nulla accade  o che il frangente della vita  disperati non ci adduca  esamini all’ultima proda!  Ho visto più in là  di quanto avrei voluto!  Lasciatemi rimanere  nella mia fossa di giorni,  accontentarmi  di qualche fiore spontaneo;  lasciate che ignori  e non invidi altrui illusioni  puntualmente sbandierate  come vessilli ad ogni ricorrenza!  Tenetevi pure quanto vi rende felici,  bendati da inganno eterno  che fallace luce simula, restate.  Imparentato con tristezza dal fato,  altro io non ebbi in dote  se non acerbo sentire! Ho scritto per te una poesia d'amore  Ho scritto per te una poesia d'amore  e l'hanno applaudita tutta la giornata    ho scritto per te una poesia d'amore  e sconosciuti mi hanno inviato fiori    ho scritto per te una poesia d'amore  e mi hanno tributato lusinghe sincere    ho scritto per te una poesia d'amore  e dei poeti l'hanno recitata o segnalata    ho scritto per te una poesia d'amore  e tanti ne hanno degustato il romantico sapore    ho scritto per te una poesia d'amore  e cuori hanno esultato emozionati    ho scritto per te una poesia d'amore  e il sole e la luna nel cielo hanno sorriso    ho scritto per te una poesia d'amore  e ladri di parole ne hanno fatto bottino    ho scritto per te una poesia d'amore  e ne ignori versi e data di stesura    ho scritto per te una poesia d'amore  e qualcosa nell'universo è accaduto    ho scritto per te una poesia d'amore  e quando sarò morto non sarà immortale    ho scritto per te una poesia d'amore  e il tempo per ascoltarla ti è mancato    ho scritto per te una poesia d'amore  ero al settimo cielo e sto precipitando    ho scritto per te una poesia d'amore  e ancora non mi hai dato neppure un bacio! Dall'alberato già si staccano foglie  Dall'alberato già si staccano foglie  rivivrà tra poco per le vie  la calca e il frastuono del gregge umano  lontanissimo men calmo sarà il mare  deserti i lidi offesi e i litorali  più breve volgerà il giorno e meno sarà la luce.  L'ambra svilendo poco resisterà  su braccia nude e petti scollati.  Con cadenze stagionali tutto si ripete  al teatro per seguire il canovaccio  cambia sceneggiatura la vita.  Siamo i testimoni di un sornione accadere  che nella sua essenza ultima mai muta  e mai sorpassa ogni congettura  di cambiamento inevitabilmente  illuso breve e fugace.  Son sessant'anni e passa  che vedo fiori nascere e morire  che mangio castagne uva e arance  che le cose volgono al meglio o al peggio  e non cambiano mai, aspetto mirabilia  immagino sorpasso di vedute  spio venture sventure di destini.  Il giradischi, il mangianastro l'aifai  ma la musica che pur s'annuncia diversa  è sempre la stessa,è inganno se sembra altra.  Cenere-rinascita rinascita-cenere  e così si va avanti all'infinito.  Ci imbottiamo di prosopopea  noi sedicenti dotti di nulla  che non sappiamo un'acca  di noi stessi e del mondo  disubbidienti espulsi dal cielo  pregni di fandonie esistenziali:  parliamo di tutto senza comprendere niente!  Facciamo silenzio e risparmiamo il fiato  ascoltiamo la voce e le inflessioni della vita  e rubiamo qualche scaglia di saggezza  per ancora credere al miracolo che viviamo. Borbotta e tace la mente  L'artificiere che è nella mente fa brillare  le sue mine, una marea di scintille fluisce:  sono pensieri in agnizione,  occupano circonvoluzioni, fanno calca.  Non si sfollano, mi provocano,  fanno groviglio, perforano;  come una ciurmaglia allo sbaraglio  saccheggiano la stiva della mia coscienza  all'alba di un suo stanco risveglio.  C'è chi va, chi resta: un traffico mai visto  con un frastuono mi intontiscono.  Più li appallottolo e li butto nel cestino  più si riproducono copiosi.  Vorrei svigliarmela depistarli  dissuaderli dai loro intenti imperscrutabili  ma mi circondano, si accampano  e assediano ogni mia volontà ostile.  Che vorranno mai poi  perché si impicciano della mia vita  e interrogano il cuore all'esame  del suo contenente e contenuto?  Son leggeri più dell'aria,è vero  ma perché allora pesano tanto  e pressano emisferi cerebrali!  Alcuni scherzano e mi frullano  come fa un bizzarro vento con i fuscelli  altri vogliono inculcarmi assurdità  affascinarmi di nulla  ingannarmi di poter raggiungere il tutto  convincermi che esista l'eterno  o spaventarmi mostrando spietati  l'effimero tempo che pestifero  tutto svanisce e cancella.  Ecco che si staccano ancora  dalle visceri della mia mente  or balordi or sagaci  pungenti e senza lasciarmi intendere  la trama o il fine o il senso  così come talvolta accade  dopo aver letto un libro intero.  Che filo li lega, luce o buio li proietta,  perché mi trivellano l'anima,  che riportano in superficie, saggiano  il mio coraggio o il mio terrore affiorante?  Mi curano, mi guariscono  o mi ammalano e mi aggravano di un male oscuro  sono allodole o spaventapasseri  tarlano o insufflano amore di essere?  Quanto suggeriscono per predare il meglio  o il peggio del vivere;  mi abbagliano o mi spengono  ascoltando la cantafavola della vita?  Ecco, la folla smembra, qualcuno ancora  già assonnato si trattiene, tardivo svanisce  poi discende e si propaga un silenzio.  All'esplosione succede la stagnazione:  è sempre un capovolgimento,  un repentino alternarsi passando  tra l'alfa e l'omega dell'essere  quasi sempre nulla più poi resta in piedi;  nel sub-errante vive o muore il pensiero  ma mai, se vivi, ci dispensa dalla sua presenza. Già annotta, impugno pensieri  Il lume del giorno giunto al capolinea  consegnatosi al crepuscolo dispare:  già annotta, impugno pensieri.  Tra non molto sopraggiunto il buio,  inizierà la stesura delle prime bozze  sulla cronaca della giornata perduta.  Accortacciato per scoramenti,  e l’asse portante del mio tronco  torto da vespertini cedimenti  sarò testimone dell’apparire delle prime stelle  del resuscitare puntuale di un pallore lunare.  Qualcosa, di quanto vissuto, scampato al nulla,  purificato consegnerò al cuore,  fagocitato sarà ogni avanzo insapore  dalle fauci affamate delle prime ombre.  Dall’allumata finestra, simile ad astro isolato,  attratta e impazzita di luce, come in un rituale,  una falena verrà a suicidarsi in questa stanza  dove, insonne ostaggio, raccolto in fantasticherie  ascolto gli scricchiolii delle mie incrinature.  Prelevando dal caveaux del cuore  svalutate speranze, più impoverito  pagherò l’ultima rata di debito al giorno;  alla notte, chiederò in prestito altri sogni.  Se all’alba poi ancora sarò, pur squattrinato,  in qualche modo riscatterò  i solitari esosi istanti della mia vita,  un’altra imperscrutabile riga  interpreterò malamente del mio destino. Se navigai o naufragai chi lo sa..  Se navigai o naufragai chi lo sa..  Dalle sorgenti della vita ardente  quanti imbarchi per approdi inesistenti  poi, ricordi di calori d’anima delusi  di incarnazioni mai avvenute  di sogni in nulla mutati !  Un autoironia ne dà un senso oggi  s’alza un’indicibile tristezza  si candida a primeggiare  e parla fervente e mordace.  Oh seduzioni d’orizzonti  fascino di mete rilucenti  procedere oltre linee d’ombre  Istintivi abbandoni fuori bordo  cieca fedeltà a vapori, rotte  verso glauchi mari spumanti!  Si affoltano visioni  di propulsioni interiori  di remoti arcipelaghi mai raggiunti  di bagagli di letizie perdute  di morbosità ideali mai guarite!  Troppo passato nessun avvenire.  Scorre il flusso di un Tutto svanente  che si orienta alla morte  sotto volte scure e immobili;  da cuffie interiori si ascoltano  sfinenti malinconie languenti.  Se qualcosa nel pentolone  ancora potrà bollire chi può dirlo.  Va la vita come va una zattera  senza beccheggi e rollii  ignorando ogni direzione:  a qualche latitudine affonderà;  su un papiro, decifrati geroglifici  racconteranno di come sia finita nel gorgo Per non perderti e tenerti con me  Per non perderti e tenerti con me  -quando nuvolaglie o tenebre si addensano-  l'anima tua e il tuo amore  nascondo in uno scrigno segreto  che solo il mio cuore può trovare;  per preservare le tue forme, un'imago  sulla pagina dell'infinito la mia mano  con passione amante disegna.    Ti appartengo nel bene e nel male  nell'istante, sempre e ovunque ti amo.  Su scopri come ti ho scelto e bramata  e che a tutti ti ho rubata per averti solo io!    Interrogato dall'aria, dal mare e dal cielo  sobrio o ebbro sorridendo ho confessato il mio amore:  le stelle, il sole e la luna nel massimo splendore  invidiosi hanno tremato per la luce sincera  che in pupille si accende se t'accarezzo o ti penso.    Spargiti su di me, cura la mia vita:  lontana, ascolta come canto il tuo nome  e da un immenso silenzio  soave una voce ti dirà che t'amo solo io.  Che fai Eco mentre chiamo Carmela amore?    Poi che ti sfioro o ti guardo o ti bacio  batta il tuo petto per la differenza  palese tra un'oscurità e un pieno chiarore!  Ah come non mi ami quando non ragioni  e dal centro del cielo ti allontani!  Nella bacheca delle nostre vite avvinte  eccelso sai leggeranno domani  tutto quello che vero solo tu mi hai ispirato. Tra sfibrati rami e fulve chiome  Tra sfibrati rami e fulve chiome  turbina e ruglia il vento  tombano fronde e ramaglie  in alto grigie lanugini sfilano veloci  dà il cambio l'autunno a l'estate.  Di quanto sono più invecchiato  quanta ruggine ancora su giorni passati  e i sogni e i cerei pazzi voli  da quando non mi hanno più contattato!  Scorre il flutto, borbottando  sotto i ponti dirige a rogge o al mare;  in me, acquitrinoso, schiume non vi sono  senza creste, stagno;  il meglio delle mie forze  si è presa nel tempo la vita.  Dove potrò più andare io senza gorgoglio!  Ogni lampo che abbaglia è pura anamnesi  nulla o il vuoto figge lo sguardo.  Non chiedo quasi più niente  l'arco che scaglia desideri si è snervato  e la faretra è vuota;  più non mi affretto, evito gli ingorghi,  non mi accaldo né mi raffreddo  poco acciuffo di qualche soffio  tutti spirati sono i colpi di scena;  l'età, parlante o muta, tutto dice:  quel che ci è toccato è noto  resta solo l'incognita del domani  che dista appena qualche vispa frazione  di milionesimo di tempo dalla fine.  Fu forse tutto un imbroglio orchestrato  tra aureole di mendaci apparenze  emerse per caso e per cause ignote.  Che ancora da evanescenze affiora  che tra sprazzi di sole o di luna  che a pugni o a manate di vento resiste  a rapprese illusioni abbarbicato?  Non il colpo secco che ci spezza  ci strappa e ci stacca dalla vita  ci impaura ma solo gli scricchiolii  e le agonie della carne ci fanno orrore! Usure  Il tachimetro dei lustri  già segna sul quadrante  dodici giri da quando iniziò  l’abrasione per rotolamento  sulle ruvide pietre   della strada della vita.  L’accumulo dei transiti,  le accelerazioni e le frenate  tra notti tramonti ed albe  sconquassato hanno lo châssis  che, pur al peggio,  ancor mi scarrozza per il mondo.  tra brusche sterzate e stridii.  Consumato il battistrada,  il volante quasi paralizzato,  malridotto l’avantreno e perduta   la necessaria convergenza,  faticose manovre da lunga fiata   il cuore irrigidito logorano  e sollecitano senza risparmio!   Quante volte, in avaria  per eccesso di attrito,  la cinghia di trasmissione   di una illusione mi ha parcheggiato  avvilito sul ciglio cupo di una via!   Per polvere di giorni  ridotta la trasparenza  della superficie dei vetri  vana appare l’alta luce dei fari;   solo lo specchietto retrovisore  sempre terso ed efficiente riflette  il cammino serpeggiante dei ricordi!   Trabiccolo, spesso in panne,  tra scarrucolio di pulegge  e scricchiolii, con tremuli assi  traballante ancor mi trascino  rimorchiato da motrici speranze.  Oh l’inclemente usura del tempo  che precoce dissangua la vita!  Un giorno, negatami   la licenza di circolazione,  un atro carro traslocherà   in una non lontana fonderia  un’ arrugginita carcassa di ferraglie  per farne materia per altri stampi! Come bimba vispa e curiosa  che non sappia a freno tenere  morboso istinto di sapere  tu chiedi della mia vita   e se a una meta il cuore vada.  Ebbene fattati insistente  dissetati pure alla mia fonte  ma se di acre essenza   sarà ripiena la coppa  bada tutta tua verrà la colpa   se le labbra vi hai voluto portare!  Resa scabra dal calpestio degli anni  è la mia vita e spianata non potrà tornare.  Raggiunto da ceneri d’astri  un tempo lustri di ideali  or di tristezza vedo colorarsi  i miei cieli di silenzi;  appena un avanzo di speranza  mi rimane e questo già mi basta.  Sbucherà un mattino senza nubi  scoprirò il fondo soleggiato di un bosco   dalle cui foglie avanzerà   un effuso stormire che al petto darà pace;  per un attimo dimenticherò  il distacco che mi aspetta, il buffo destino   che fardello resta alle mie spalle.  Vivrò attese di tremori umani  martelleranno flutti la marina  e nelle solitudini che ci afferrano  ne udrò il rimbombo grandioso;  fisserò sull’orizzonte il sole  che nasce e muore come l’amore;  mi carezzeranno fiocchi   e petali erranti al respirare del vento.  Un raddolcito indugio,  non so se dalla sorte mi sarà concesso:  gioco forza, impietrito un dì  dovrò poi… mettermi in viaggio.  In sordina, oggi o domani,  me ne andrò senza voltarmi  come chi persuaso dagli accadimenti  sa, da tempo immemorabile,  che indietro giammai si torna;  fronda di ramo secco su cresta d’onda  mi lascerò condurre alla foce.  Verranno tempi di memorie,  in una certezza di luce ch’io  da poco affetto oscurato non ebbi mai  da te sarò ricordato,  per essere stato solo me stesso  e non blabla da altri… inventato. Perduta e ripensata amica  Perduta e ripensata amica  un anno di assenza piena  non cancella l’inciso ricordo   che come cicatrice resta .  Il calore di un sogno, sai   di me prese possesso  quando dal nulla emersa   in incognito ti incrociai   nell'attimo che brucia  Se almeno un giorno,   mi adducesse lauto un sorriso  respirando   ancora mi illuderei   che da te fuggito  poi mi abbia raggiunto  con la tenacia e il passo   di colui che, stanco di miserie  in cerca di fortuna salpa  per dove qualcuno l’aspetta.   Ma nulla esplode né vira  tutto trascorre svogliato  da tempo quasi infinito!  Inesorabile e crudo  un divenire affievolisce ogni luce  il cuore ombre sposa  e nell’oggi uguali all’ieri  si perdono sogni e colori.   Verrà domani e nulla accadrà;  come sempre, svanirai di nuovo.  Raccolte negli occhi  disseccheranno al sole  le speranze che hanno  guidato uno sguardo   e illuso una mente   nutritasi di sale greco.  Ah, come rabbrividisce  questa mia vita romita   a cui nessuno parla  e neanche tu ascolti!  Se imprudente affiorassi  dallo spesso fondo che ti serra  riposerebbero gli occhi!   Nel cielo me ne andrei  cavalcando nuvole rosate   addolcito dal solo pensarti T’avrei creduta sulla parola  se solo mi avessi detto:  - Non voglio che tu vada via!-  E’ da inenarrabile tempo  che, esiliato dal tuo cuore,  di te più non ho cercato notizie.  Nel vuoto che mi lasciasti  come avrei potuto?  Al di là dello squarcio  raro di un ricordo,  affiorò, di tanto in tanto,  il periscopio della nostalgia  per scrutare sull’orizzonte  delle cose perdute  una labile scia da te lasciata.  Quante volte nel silenzio  l’orecchio tesi all’eco  del frangente della tua vita!  Scancellata, in modo  definitivo dal mio taccuino  ogni antica annotazione  che ti riguardasse,  a chi chiedeva dove tu fossi,  o se per doloroso rammentare  correvo a te remota,  io non seppi dire se oltre la fitta  cortina dietro cui eri scomparsa  probabilmente ancora ti aggiravi.  Per affermare che  tu sia di certo svanita  non ho prove adeguate,  in un impensato angolo  del mondo, tu sarai!  Talvolta avrai pensato  al ragazzo con la motoretta  che tremante arretrò  al suo primo bacio,  ti sarai chiesta  se questo rinsecchito  flabello di canna,  agli assalti delle folate  oggi ancora resista.  Si, sono qui,  risparmiato dal turbine,  a vangare nella memoria  le ignite zolle di un amore  che apparso alato ratto fuggì  privando le mie pupille  di esistenziali guizzi di luce. Metamorfosi  Fu in una sera di acre tristezze  quando all'animo  in cerca di uno spazio vitale  un vano punto appare il mondo  che straordinaria una cosa avvenne.  Fu come ritrovare il respiro,   imperversò la voglia di svincolarsi   da una sbirra vita che in ceppi  mi conduceva tra giorni vuoti.  Repente sbucò forte, chissà come,  di nuovo la volontà di essere uomo;  dirompente affiorò l'ansia di guarire  dalle zannate ripetute sferrate  dalle fauci di ingorde malinconie.  A battere e scalpitare ritornò il cuore  come non mai, con animo fanciullo  ripresi a conversare con le illusioni  ammutolì tutto il desiderio di morire  più non mi piegai al mio destino.  Mi innamorò e mi trapassò un viso  sulla bocca morta mi baciò amore  da una accaldata voce udii un invito.  Quante volte mentitrice e rea  una speranza mi aveva contattato  subdola illusa con le sue lusinghe!  Oh ritardatario sogno avverato  che geloso stringo al mio cuore!  Se mi guardo allo specchio  or che ancora mi afferro alla vita  più non mi riconosco infelice  con meraviglia mi ascolto sorpreso.  Tutto, se chiedo, mi dai amore:  digiuno, svestito e senza terra ieri  miei, a perdita d'occhio, oggi  prosperano latifondi di grano  sull'orizzonte che tu dispieghi. Varcata la notte, striato e nubiloso,   si profila il sorgente giorno  svogliato di luce e di colori  ancora non ingioiella e tinteggia  il volto di un appannato orizzonte.   Circumnavigano di buon mattino  flotte di pensieri l'isola della mia mente   con bradipo incedere s'ammassano,  negletti navigano e colano a picco  veloci nel gran mar del nulla;  per la terra ferma che percorro  se campi e bassi rilievi affisso   la loro fisionomia imbruttita  scolora poi il cuore che già ti cerca.  Andrò senza di te al mio fianco  e mi sarai lontana mille volte amore  porterò in me in segreto   l 'oscura angoscia di sentirmi solo.  Ma prima di soccombere al silenzio  che la lontananza come ragna intesse   prima dell'attimo in cui mi sentirò perso   -di gitto mi raggiungerai- mi ripeto  e tutto il nero scuro che mi attacca  per incanto si dissolverà in un nulla:  sarà allora come disincagliarsi   da un vischioso intrigo, come ritrovare  inalterata nella sua essenza vitale  una fragranza, a torto, pensata svaporata. Si dispera e pesticcia il bambino  il palloncino appena ricevuto in dono  sfuggitogli dalle dita è volato via  -di che colore era?- ancora si chiede.  Attaccate ad un filo, transienti  quante cose in un niente  la vita con uno strappo ci sottrae.  Pulsa il tempo e complotta sparizioni,  del pensiero dell'attimo prima  nulla ci resta, non una minima traccia  persiste sui sedimenti del ricordo,  molti estinti annovera la memoria  allo scroscio dei giorni e delle ore,   silenzi di sincope s'immillano  al muto distaccarti da ombre.   Si buccina che nessun possesso  sia sicuro, che ogni certezza sia momentanea  che la speranza fugga prima di essere degustata  che l'illusione sia piuma al vento.  Finché si può, tra fiotti si galleggia  un vortice, poi, inesorabile, nient'altro. Disvela gli umori del tuo cuore  e sulle labbra umettati li sparge  il bacio improvviso che mi dai.  E' in quell'atto, nella frescura  che giunge, che si disincaglia  la mia vita, chiglia in avaria  arenata tra sirti di malinconie.  E' la tua bocca: ampia, sensuale,   ineffabile dolcezza colta  nel protrarsi di un abbandono,  che mi sospinge fuor dalla secca  e per il petto diffonde aromi  e tintinnio di emozioni,   che l'anima insuffla all'esaurirsi   di ansanti frammenti di respiro.   Non più vago sfuggente precario  un amor di essere ritrovo,  al suo braccio forte mi avvinghio   per lasciarmi condurre festoso  nel piazzale della meraviglia  alla sagra di nuovi sapori di vita.  Insaturo di te, non potrò mai dirti:  arresta i tuoi baci. Bagnami di essi!  Rovescia il mare del tuo amore  sulla secchezza delle mie pieghe  allegra conduttrice del mio destino.  Trasvoliamo, cogliamo sogni per noi   allo sfiorare soave di labbra   che anelano albe di focosi baci. Cuore fermati un attimo   Cuore fermati un attimo   affratellati parliamo io e te  senza falsità diciamoci tutto   con zelo non recitiamo copioni  smettiamo di far la spola   tra mille pensieri contraddittori.  E si, son passati i giorni luminosi  della nostra vita, si assottiglia   l'esile futuro possibile, il propellente  a cui pure credemmo fiduciosi;  or le vene e le arterie sono sfiancate   i reduci sogni agonizzano   e ben poco abbiamo appreso  del nostro vivere e del suo perchè.  Dimmi: che sarà di noi domani   smascherato l'inganno dell'abbaglio?  Vecchi miracolati potremo   atteggiarci a giovani incoscienti  e ancora avere altri exploit di vita?  Quanti altre illusioni strappate   dovremo addolorati buttare nel cestino?  Pochi round restano da disputare  sai, il match col destino   ben presto sarà concluso   e nulla ci anticipa il pronostico  su quanti punti a nostro favore   potremo pur forse accumulare.  Riusciremo a rimanere in piedi   fino alla fine o semitramortiti   supini dovremo udire l'ultimo gong?  Ah quanti strappi e colpi contemporanei  sopportiamo ogni giorno rassegnati!   Si dispiega già il silenzio del vuoto   e più nulla sappiamo di noi  un buio si addensa e si condensa  il nero di pece non si discioglie.  Senza visuale che ci consoli  e sparito un dove guardare  sostanza stagionale dissolverci   sarà il nostro ultimo impegno.   Or che digradano i colori della vita  Or che digradano i colori della vita  e il tempo a un perenne silenzio mi avvicina  fai del resto dei miei giorni quel che vuoi:  col futuro altri impegni non ho amore.  Oh sprizzante fonte di emozioni   acqua chiara tracimi e idrati i miei solchi  impregni le zolle dei giardini arsi   del cuore, vano non mi sia   il sorgere del sole ogni mattina!  Non senti come pulsa il sentimento  che ci accoppia al top di un'illusione  come si scancellino orme di solitudine  quanto soffia il vento dell'amore  e generose boccate d'aria ci giungono?  Compiaciuto delle tue forme  avido del calore dei tuoi baci  appassionato a te mi accosto:  s'infocano le ali dei miei sensi  un sogno si materializza solare  al concludersi di un vivere deluso.   Sottrattomi da un despota destino  sgomitando tra resse di pensieri  verso di te mi incammino sicuro:  al venirti incontro, tutte squillano   le trombe del mio cuore, sbocciano   parole care e tocco il firmamento  qual fedele pregante che affissi il cielo.  Soggiogami col fascino dei tuoi sguardi  allontanami dal disturbo di ogni ombra  la fiaccola dei tuoi occhi mi ridoni   altri bagliori: leggero mi adagerò   sul tuo petto poi che stemperata   avvertirò la fatica di stare al mondo.  Fammi coraggio con insistenza   se la vita mi sembra talvolta  come uno filo spinato di tenebre  che intorno a noi, fragili,   robusto a spire si avvolga.   Se ad anni buttati via, irrecuperabili, penso  tienimi a te in un abbraccio congiunto:  si silenzi la tristezza che forte mi parla  nel buio io non discenda già morto   tramuta i miei smarrimenti in entusiasmi  sii la primavera che sconfessa l'inverno  e rami spogli adorna di nuove foglie.   Asseconda i capricci del vento  Asseconda i capricci del vento  la foglia superstite sul ramo brullo  nessun fiore riceve raggi di sole  da un cielo azzurro e trasparente.   Mite letargo di natura:  un nulla par avvenire in gelido deserto  spoglia la vita nega i suoi sorrisi  e l'animo triste fatto reclina il capo.  S'aprirà un valico alla floridezza  e tornerà il colore delle selve   irromperà a getti una linfa ansia  di verdeggiare siepi e alberi domani!   Oh quante volte si muore e si risorge  secca e straripa amore  tacciono e borbottano le voci dei fiumi!  Aspettiamo senza impazienza un sortilegio  diamo più credito alla speranza  accoriamoci alla persuasiva voce  che ci intima di attendere e scaccia  dal sangue la precognizione della morte!  Cuore strepita! Dubbioso non attendere   per risalire un palpito, abbozza spiragli:   un giorno, nell'euforia di un cambiamento,   sorpresi, risorgeremo senza dolore   tra urli di vita e arricchiti di nuovi ardori.   Stracca di riprodursi fugge  Stracca di riprodursi   fugge l'alcova dell'immaginario  la puttana illusione; ora  più nulla abbiamo da inventarci  e attendibile si annuncia   un futuro in caduta libera  divinato da una sfera di cristallo.   Ne abbiamo abbastanza  di raccogliere inganni  farci adescare da lusinghe  sfogliare cataloghi di sogni  sostenere che valga la pena   di vivere o di morire.  Nessuna elefantiaca dipendenza   dura oltre il necessario:  presto o tardi si scopre   che quanto si estende e vibra  nella mente e nel cuore  non avvantaggia che un istante  l'impresa di un respiro affannoso.  Un batter d'occhio appena  poi, non creduto, si allontana   più fugace dell'ombra  giunta dalle ali di un gabbiano  su un fazzoletto di sabbia  nel tedio di un meriggio assolato.  Non ritratto l'esperienza  non perpetuo l'errore  e posso fare a meno di tutto  anche di quel poco di buono  che ancora mi resta fra le mani  e sospetto di concreto.   Ora vedo chiaro più nulla mi acceca;   ora vedo chiaro pure i colori   sono già tutti uguali  sulla tela intima che imbratto  per fissarvi un effimero durare.   Aveva accorto scandagliata  Aveva accorto scandagliata   tutta la sfera cupa  il tuo cuore impietrito  cercando pertugi e fessure  da cui traspirasse una luce.   Or sguscia e riappare il sereno   dallo squarcio inatteso dietro  fioccose trame di ragnatele.   Disgregati, diffusi nembi   si sfilacciano, già lontani   si disperdono senza tracce:   al chiaro si converte lo scuro  neonate immagini ti ridono.   Camminante, pur solo  ricolmo sei d'infinito!   Alacre ti si spiana l'illusione  fermenti risalgono dal cuore;   ti racconti, fatto diverso.   Vivere vuoi e ti ritempri,   come posseduto ti scagli  sulla vita, ne spii gli atti   per impedirle di rimordere  di sciabordarti ancora!   Ai polsi alacre preme  la volontà primordiale  che accalda e avvampa;   il tuo volto, disteso è or  al par di quello arrossato  di divertito invitato  che goda una festa in atto.   E quando pur l'ombra fluisce   e ritorna allo sgranar   di mesti ricordi   ancor barlumi scoccanti scorgi   dalla radura ove bivacchi  se scruti la sorella notte   che sentinella del cielo  fiduciosa come or tu  fraterno cambio aspetta   dal puntuale giorno.    Madre  Madre, se trascinato  da flutti di ansie  smarrito ho la proda  da cui lontano mi guardi  e zavorra di tristezze  appesantisce l'anima mia,  riportami sulla rotta  che a te conduce  or che speranza fugge  e oscuri nembi minacciano  i miei tremuli orizzonti!  Tu che alla sfilata  di labbra da minio  arrossate e visi imbellettati  mai parte prendesti,  tu che all'avara sorte  e al bisogno che incalza  impavida ti opponesti  e la tortura degli anni  aspri della tarda età  accetti senza protesta,  soccorrimi or che vagante  in malinconie, come caduca  foglia al turbine cedo  e nello spirito snerbato  sostegno non ti offro!  Tempra di altri tempi  la tua ! Madre,  tu mai ceduto hai  alle incursioni del doloroso  essere e solo un blando  lamento talvolta fugge  dal rassegnato silenzio  che mascherato cela  la tua pena immensa!  Sorridi, non piangere  quando a me pensi,  augurami un dolce sonno  perché domani, al risveglio,  venendoti incontro  rinfrancato, abbracciarti possa!   Si dimentica presto  Si dimentica presto  l'idioma d'amor dei vent'anni  dopo che a frotte son fuggiti i sogni  e gli anni ad uno ad uno  passati sono al par di un lampo;  all'inasprirsi degli eventi  semintontiti altro linguaggio  più duro si apprende senza spiragli.  Non v'è alchimia esoterica  o sortilegio che ci ricarichi  che ricrei le voglie e i desideri  di quando ragazzi e davvero vivi  come fiori in divenire  sbocciavano illusioni  e con sorriso si sospirava d'amore.  Indietro, il fiume giammai ritorna  con sé ogni cosa trascina alla foce  replica non vi è di giorni declamati  recupero di speranze alla deriva:  solo sciame di ricordi, collezione  di immagini tarmate restano  a chi più non è attaccato al possesso  e non ha altro appetito di inganni..  Torcersi a che serve?  Non ci si strappa al morso della vita  non si scansano i suoi schiaffi  si portano a lungo i suoi graffi,  bisogna ingoiare e digerire  il vano delle lunghe parole,  subire la ferocìa dei suoi silenzi.  Per abitudine poi si resta  e incompiuti senza protesta  si aspetta che ci portino sotto una zolla  fatti secchi un giorno dal tempo  che con preannunci e in sordina  molto prima ebbe a dirci addio.    Se in un giorno di quelli che ci son dati  di irreparabile qualcosa accadesse  al filo consunto della mia vita  prometti di fare ciò che ora  sereno il mio cuore ti ordina Amore.  Voglio che tu viva mentr'io  addormentato t'attendo,   così come dalla notte dei tempi  fa la proda col mare.  Sull'arenile che, mano nella mano,   calpestammo una sera di luna piena  di tanto in tanto, ritorna :  fiuta l'aroma della maretta  che entrambi amiamo;  lasciami salsedine sul tuo volto  parlami con le tue rassicuranti  parole così come quando per incanto  una sera, il mio destino tramutasti  da scuro a chiaro; con i bagliori  del tuo cuore in tempesta  per la mia assenza, rischiara  la solitudine della mia ombra;   soave sussurra il mio nome   poiché anche nel vuoto più vuoto  un fremito eterno vivrò   ascoltando nell'infinito la tua voce;   il calore delle tue mani passa  sulla pietra da quattro soldi  che serrerà le mie spoglie:  mai senta, poi, il freddo della morte.  Se sola, cavalca l'onda sull'onda alta  del ricordo, fatti carezzevole vento:   sull'animo ti senta passare e ti ascolti  come un canto naturale di vita  che risuoni per un perpetuo silenzio.   Ancora ti vedrò, donna e amante  e ti farò la corte offrendoti un fiore;  in un letto, mi bagnerò del tuo sudore  conterò fra le mie dita i tuoi capelli.  Qual mattutina rugiada su corolla  nell'arsura di giorni di canicola  mi aspetterai e sulle tue labbra  fedele giungerò con un umido bacio.  Ah come li reclami allo svettare  della tua passione raggiante  quando il desiderio solleticato corre   per il corpo all'impazzita e si sfrena!  Mai debba accadere nel mio sonno  senza risveglio di sognarti infelice:  se venisse la tristezza che odio  a insidiare di gitto la tua vita futura  desolato vedrei comparire il dolore  e io non ti voglio lasciarti che   memoria e eredità di felicità e di gioia.   Se mi hai amato, mia diletto ardore  non ho fine né morte: rassicurati!  Sopravvissutami per augurata sorte   per ritrovarmi ti basterà respirare  perché mai da te mi separai amore.   Finiranno le scorte di polvere da sparo  Finiranno le scorte  di polvere da sparo  con cui fabbrico i petardi   e le girandole parlanti  che vedi esplodere di lontano.  Nelle solitudini che afferrano  attristata fisserai la luna  luce che scorre sulle case  poi che la festa del cuore  inghiottito sarà dall'ora imbrunita  e svanita l' eco dell'evento vissuto  ma la memoria non tradisca  il ricordo del brulichio  di bagliori che oggi tu miri.  Sparito di essi ogni traccia  verrà tempo insostenibile  che nessuno altro parlerà  a cuore che vuole ascoltare.  Allora, sola piangerai   come l'incredulo fanciullo,  che inzeppate le monete  entro tasche bucate,  affondandovi avido le mani  disperato più non le ritrova.  Domani o altro giorno che sia  brama ancora ti cercherò   come acqua chiara  con desiderio di annegarmi  ma ad aspettarmi tu non ci sarai  perdizione di un cuore soffocato. Se è in bianco e nero   e non a colori che ti ho ritratta   sul frontespizio da quattro soldi   della silloge che ti ho dedicato   che importa: acceso e smagliante  il tuo sorriso per me mai muta:  mirando la donna amata,   rapido giunge e riparte  fischiettando e svaporando   sempre un treno   strapieno di emozioni!  Magnificata dal cuore,   solare e bella più che mai   incessante in me amor t'effonde  nessun spessore ci separa:   la tua pelle è la mia. Anime fuse  in uno stesso corpo chi può disunirle!  Lievitate e alate, in volo  su nel cielo azzurro  se abbiano insieme un peso   poi è ancora da vedersi!   Amore, ultima corda della mia cetra  bisogna pure che ti persuada del tutto  che non nel sonniloquio   ma è nel giorno che sei il mio pensiero,   il mio necessario, il fuso su cui avvolgo  la speranza, la mano che allontana   le forbici di Atropo dall'invisibile filo   a cui tremante è sospesa ogni vita  la gattona senza unghie con occhi dolci  che accarezzo e invispita mi fa le fusa.  |