Racconti di Stefano Cosulich


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Il palloncino azzurro

Domenica 12 maggio - ore 11.55- Chiesa della SS. Annunziata di Sturla - Genova

E' una luminosa domenica mattina di maggio e sul piazzale antistante la chiesa, il Don ha radunato tutti i suoi angeli bianchi, cio è i bimbi che hanno appena ricevuto la prima comunione. Ognuno di loro trattiene tra le dita il filo di un palloncino a cui ha strettamente legato un foglietto arrotolato. Presto tutti questi palloncini multicolori si libreranno nel cielo portando chissà dove l'annuncio di questo importantissimo evento e la speranza di ogni bimbo di ricevere una prova di avvenuto ricevimento. Ognuno di loro in cuor suo spera che possa arrivare da molto lontano per poterne andare orgoglioso.

Domenica 12 maggio - ore 11.59 - Via Isonzo - Genova.

Un filo della luce e uno scoppio pochi minuti dopo il via, il viaggio di un palloncino azzurro fu molto breve e disgraziato e il suo prezioso carico, un messaggino scritto da Anselmo G., finì in mezzo alla strada e venne schiacciato da molte ruote e poi, finito sul marciapiede, calpestato da molte scarpe. Ernesto lo raccolse incuriosito, lui raccoglieva sempre tutto quello che stimava degno di attenzione: monete, figurine, cicche, bottoni (di questi ne aveva proprio una bella collezione di tutti i colori nello zaino). Guardò con interesse il foglietto stropicciato che srotolò con cura e poi lesse con interesse " Sono Anselmo G. , ho fatto oggi la mia prima comunione, abito a Sturla in Via Pelio 189, sarebbe bellissimo per me trovare un nuovo amico in un paese lontano. Chi leggerà questo messaggio dovrà rispondermi con una cartolina bellissima".

L'importanza di chiamarsi Ernesto

Ernesto, si sentì improvvisamente molto triste nel pensare che amici non ne aveva più da tempo, da quando era uscito dall'ospedale. Srotolò dolorosamente il filo dei ricordi e si vide in una bella foto accanto ad una donna meravigliosa vestita di bianco e poi scorse Luca, l'adorato figliolo, saltellargli al collo come un cagnolino al suo rientro a casa, quando faceva il suo ingresso trionfale vestito di tutto punto e con un pensierino in mano, stanco della dura giornata lavorativa ma soddisfatto.
Piombò a ripensare alle partite a carte, alle sale fumose piene di slot divertenti ed ai bicchierini bevuti in compagnia di amici sempre nuovi e ridanciani. Rivide, come in un vecchio film in bianco e nero, le liti furiose, le bugie, le piccole fughe da casa e la gelida lettera di licenziamento. Un giorno rientrando a casa si accorse che era vuota per sempre, non c'era quasi più niente, neanche la moglie e l'adorato figliolo. Poi diventò tutto freddo e buio e si risvegliò in ospedale dove rimase per giorni, per mesi, per anni. Quando uscì nuovamente nel mondo andò a cercare la moglie, il figlio, gli amici, ma non ritrovò più nessuno; sì qualche amico pensò di averlo trovato ma non lo riconoscevano più, sembrava quasi che non lo vedessero che fosse diventato invisibile. Certe volte fantasticava proprio di essere diventato veramente invisibile, era quasi divertente, nessuno lo guardava e gli rivolgeva la parola, tranne qualche vigile che lo strattonava svegliandolo quando andava a dormire in qualche posto sbagliato. Trovare un letto era per lui diventato un problema dal giorno in cui era uscito dall'ospedale; si ricordava ancora di come ci rimase male quando, cercando di introdurre quasi tremando la chiave nella serratura, scoprì che la Banca, dove aveva entusiasticamente acceso un vantaggiosissimo mutuo, si era presa anche la casa, la sua amatissima casa. Pensò a quando cercò di morire, di farla finita, ma come? No, non aveva avuto neanche la forza di farlo, si sedette per terra e aspettò, una pietosa coperta e qualche moneta, poi un giorno trovò un vecchio zaino e decise di percorrere a piedi tutta la città portando con se l'essenziale (tutto ciò che gli era rimasto), fu così che iniziò un nuovo cammino per un nuovo destino. Infatti Ernesto del tempo aveva cancellato proprio tutto, anche la sua identità originaria, aveva scelto un nuovo cognome e non si sa proprio come ma così risultava anche all'anagrafe registrato: Ernesto Errabondo.

Domenica 12 maggio - ore 12.30 - Via Isonzo

Ernesto lesse e rilesse quel piccolo foglio di carta, e si accorse che stava piangendo, erano lacrime dolci che gli entravano dentro e che lentamente sembravano destarlo dal suo grigio torpore; aveva intravisto la possibilità di avere nuovamente un amico, un vero amico, di ricominciare a colorare il suo grigio destino. Ma per farlo doveva andare lontano, lontano il più lontano possibile da Genova ; si ricordò di colpo il ritornello di una canzone che da ragazzo gli piaceva tantissimo "…e lontano, lontano, nel mondo una sera tu sarai con un altro e chissà come e perché ti troverai a parlargli di me, di un amore ormai troppo lontano" e rivide un volto che cacciò subito, quasi con stizza, dal suo presente.
Ritornando lucidamente in sé, si disse che avrebbe dovuto prendere un treno, ma per dove? Vide appesa ad una finestra una bandiera del Doria la cui estremità sbatacchiava verso il nord, ecco quindi dove erano diretti i palloncini! Dopo qualche riflessione pensò che il suo obiettivo sarebbe stata la Svizzera e, dopo aver gelosamente riposto il foglietto nell'unica tasca sana che aveva, si incamminò di buon passo verso la Stazione Brignole. Pensò quasi con gioia che non avrebbe dovuto perdere tempo, aveva tutto l'occorrente nel voluminoso zaino che portava sempre con sé, avrebbe quindi preso il primo treno in partenza per il nord.

Il nuovo viaggio

Salì sul primo regionale in partenza per la Stazione Centrale di Milano col cuore che aveva ripreso a battergli nel petto, erano anni che non pensava più di avercelo, quasi anestetizzato dai bicchierini elemosinati e dal fumo. Si vedeva già in Svizzera davanti ad un grande lago, circondato da verdi pendii e con una bellissima cartolina in mano. Dal sogno ad occhi aperti passò presto ad un sonno rumoroso e pesante che si interruppe bruscamente a Voghera, quando il controllore lo scosse per controllargli il biglietto che non aveva mai fatto. Lui gli mise direttamente in mano un portafoglio logoro e gonfio solo della sua disperazione. Il controllore lo prese e lo aprì con aria sbuffante e sconsolata ma poi, dopo aver guardato dentro con attenzione, divenuto serio lo ringraziò come se avesse trovato quello che cercava e glielo restituì quasi sorridendo. Non essendo questa la reazione che si aspettava dal controllore, Ernesto, come inebetito (ma erano ormai almeno quattro ore che non beveva un goccio), guardò a sua volta nel vecchio portafoglio alla ricerca di un improbabile e miracoloso titolo regolare di viaggio. Guardò e riguardò ma l'unica cosa che vi trovò, inserita in una tasca trasparente, fu una consunta immaginina di Sant'Antonio che teneva in braccio un bambino. Inevitabile un tuffo nel suo lontano passato quando con Luca e Maria erano andati a quella festa di Sant'Antonio a Boccadasse partecipando alla processione con la banda e i portatori di crocefissi; quella serata si era trionfalmente conclusa con i fuochi d'artificio e il gelato di Luca spalmato sulla sua Lacoste nuova, ricordò di essere rimasto imbronciato senza dire una parola per un bel po' e di aver fatto irritare molto Maria.
Alla Stazione Centrale di Milano prese la coincidenza con Zurigo, ma questa volta ebbe meno fortuna, il miracolo non si replicò e il controllore lo fece scendere alla prima fermata. Provò e riprovò a prendere altri treni ma invano, la Svizzera rimase un miraggio e si dovette accontentare di Como. Eccolo quindi in una città che non conosceva, non c'era mai stato nella vita precedente, e gli richiamava i Promessi Sposi letti e studiati da giovane; aveva quindi l'opportunità di passeggiare lungo il famoso ramo del lago di Como e cercare una cartolina per Anselmo che non avrebbe dovuto sfigurare con quelle delle località svizzere che aveva vagheggiato raggiungere.
Prima però bisognava darsi da fare per trovare qualche "spiccio" per poter comprare la cartolina più bella e anche qualcosina da mettere sotto i denti, pensò che aveva proprio una gran fame; si rese conto che le priorità erano cambiate non era più il vino ma il cibo ciò che ora desiderava di più, doveva mettersi nelle condizioni migliori per scegliere la cartolina più bella e scrivere qualcosa di importante ad Anselmo. Stavano calando le prime ombre della sera e sul lungolago notò un mercatino di anticaglie e molta folla curiosa che si aggirava tra le sue bancarelle, Ernesto si procurò, pescando tra i rifiuti, un grande scatolone vuoto e un telo e, posizionatosi poco distante dal mercatino, rovesciò sopra di questi tutta la sua collezione di bottoni contenuta nello zaino. Scrisse poi su di un cartoncino, attingendo dai suoi lontani trascorsi di venditore creativo, "Questa è la mia collezione di lacrime (sparse, indurite, raccolte nel mio cammino) ognuna con quattro ferite: ho perso la moglie, il figlio, gli amici e il lavoro. Le vendo perché ho una gran fame e perché devo conquistare un amico". Molta gente si fermò incuriosita a leggere il messaggio e qualche moneta cominciò a posarsi tra i bottoni (anche se non li comprò nessuno), ed Ernesto vide pian piano materializzarsi i suoi piccoli sogni: un'abbondante cenetta e la più bella cartolina di Como, quando fu bruscamente richiamato alla realtà da un vigile che gli intimò di levare le tende. Con mite rassegnazione rimise i bottoni nello zaino e si allontanò e solo quando fu ben sicuro di essere uscito dalla visuale del vigile si mise a contare e ricontare il raccolto: dodici euro e settanta. La tiepida sera lo colse sazio (una ricca e saporita cena al prezzo fisso di dieci euro) e contento (aveva già i soldi per comprare cartolina e francobollo) su di una panchina del lungolago. L'indomani ci vollero più di tre ore per scegliere e poi finalmente per farsi regalare (per non vederselo più tra i piedi) la tanto desiderata cartolina: uno spicchio di Como adagiato sul lago pieno di luce in cui si rispecchiava una montagna alta e verdissima sulla cui sommità Ernesto tracciò, per vendere al meglio la sua grande e innocente bugia, una freccia con una biro nera: " Ciao Anselmo! Su questa vetta del ramo di Como ho trovato il tuo palloncino azzurro e letto il tuo bel messaggio. Ti voglio assicurare che hai finalmente trovato un nuovo e vero amico, firmato: Ernesto Errabondo". Quando imbucò la cartolina davanti all'ufficio postale si pregustò anticipatamente una saltellante gioia ed una fremente eccitazione al ricevimento; si rese conto, con un po' di mestizia, che immaginava Anselmo ma vedeva Luca.

Venerdì 17 maggio - Sturla

Quando la madre consegnò al figlio la cartolina di Ernesto fu un momento veramente emozionante; Anselmo non stava più nella pelle, la cartolina era arrivata da molto lontano e in tempi record, la mostrò quindi eccitato a tutti quelli che gli capitavano a tiro: al papà, ai nonni (che videro improvvisamente interrotto il loro consueto riposino pomeridiano), agli amici più cari ed infine al Don che la trattenne temporaneamente in Sacrestia per poterla mostrare ai parrocchiani in occasione della messa domenicale.

Sul lago di Como

Ernesto era ormai convinto di avere finalmente conquistato un nuovo amico ma come potergli indicare un recapito a cui indirizzare le lettere? Doveva trovare una casa, un indirizzo da mandare ad Anselmo, ma prima doveva cercare un lavoro e non sarebbe stato certo facile. Chi avrebbe scommesso un solo centesimo su di lui? Forse nessuno, ma lui si sentiva animato da nuova energia e gli venne l'idea di un annuncio, avrebbe utilizzato le stesse parole che gli avevano già procurato una cena e un francobollo. Il Lunedì mattina verso le nove, sbarbato di tutto punto (aveva trafficato un bel po' davanti ad una fontanella dei giardinetti per eliminare con una lametta tutti i peli superflui del volto) si mise a passeggiare davanti agli uffici di una nota società di ricerca e selezione di personale, tenendo tra le mani un vassoio di cartone contenente la sua collezione di bottoni e appeso al collo, con una cordicella, un cartello di cartone con il seguente annuncio "Questa è la mia collezione di lacrime (sparse, indurite, raccolte nel mio cammino) ognuna con quattro ferite: ho perso la moglie, il figlio, gli amici e il lavoro. Datemi la possibilità di rimarginarne qualcuna…cerco un lavoro per conquistare un amico…sono stato un buon venditore…mettetemi alla prova!". Incrociò molta gente frettolosa che però non poteva esimersi di lanciare un'occhiata furtiva ed incuriosita a quell'insolita performance promozionale e non furono in pochi a fermarsi davanti a lui per leggere il testo integrale, qualcuno gli diede anche una pacca sulla spalla; ad un tratto gli si avvicinò persino un vigile con fare minaccioso, che, dopo aver letto il messaggio e constatato che non vendeva nulla, liberò un sorriso e si allontanò borbottando qualche folcloristico intercalare locale. Allo scoccare delle undici un'impiegata della Società di selezione uscitagli incontro con un sorriso imbarazzato lo invitò ad entrare nei loro uffici. Tra l'incredulo e il trasognato Ernesto ascoltò la ragazza raccontarle di una importante cliente che l'aveva notato e che era disposta ad offrirgli un contratto di somministrazione mensile per un ruolo di venditore. Di cosa fosse la somministrazione non ne aveva proprio la più pallida idea ma un lavoro era la cosa più importante da conquistare in quel momento per poter coronare il sogno di avvicinarsi ad Anselmo, e lui avrebbe certamente dimostrato di poter diventare il miglior venditore di Como. Anche se insorsero alcune difficoltà nella stesura del contratto, sembrava non fosse possibile lavorare senza avere domicilio o residenza e un codice fiscale leggibile, la cliente fu così irremovibile che tutto si appianò ed Ernesto ricevette persino un anticipo per acquistare un abbigliamento consono al ruolo che avrebbe dovuto ricoprire.

Sturla - Via Pelio 189 -

Ogni volta che Anselmo riceveva una cartolina col lago di Como era proprio contento e, dopo averla frettolosamente letta, la incollava insieme alle altre su di una parete della sua cameretta, erano tutte diverse e molto colorate…stava diventando proprio una bella collezione.

Il ritorno in patria

Ernesto, ingranata la marcia del venditore di successo (dopo solo sei mesi aveva strappato un buon contratto a tempo indeterminato), da tempo indicava in fondo alle cartoline per Anselmo il proprio indirizzo (l'affitto di un appartamento nel centro di Como veniva addirittura pagato dalla ditta per cui lavorava) e bandito per sempre l'alcool e il fumo dalla sua vita. Era veramente contento, sentiva progressivamente aumentare la propria autostima come se fosse rinato, l'unico suo dispiacere era quello di non ricevere le attese entusiastiche risposte, anzi non gli era ancora arrivata neanche una cartolina da Anselmo. In cuor suo lo scusava sempre dicendosi che in fondo era solo un bambino troppo preso dalla scuola, i giochi, gli amici e rimandava le attese al prossimo postino. Ma poi si decise, doveva trovare il coraggio di andarlo a trovare, di parlargli, raccontargli un mucchio di cose, era così tanto tempo che non si confidava più con qualcuno, un vero amico…e sicuramente Anselmo sarebbe stato molto contento di conoscere finalmente l'amico speciale che gli aveva mandato quelle 46 cartoline (teneva il conteggio su un quadernetto).
Un sabato all'alba, lucidata con cura la sua Ford Focus (l'aveva ricevuta in uso dalla ditta per cui lavorava) e indossato il suo più bel vestito, fece rotta gongolante su Genova, l'aveva lasciata da sconfitto e ora sarebbe tornato da vincitore. Assaporò ogni metro, chilometro del viaggio pregustando l'incontro e le feste, aveva tanto sognato quel giorno che anche una coda che trovò su un raccordo gli parve quasi piacevole. Solo al momento di fare il suo ingresso nella Superba si rese conto di un'imperdonabile leggerezza, non poteva proprio presentarsi al cospetto di Anselmo e dei suoi genitori senza un pensierino (col tempo aveva proprio dimenticato le buone maniere!), non ci aveva proprio pensato, ma cosa? Passò in rassegna una lista di possibili doni: fiori, giocattoli, dolci, vini, ma nessuno era in sintonia con l'importanza dell'evento, di un momento così irripetibile e unico. Restò più di un ora a pensare, seduto in macchina, in una corsia d'emergenza dell'autostrada e prese pure una gran bella multa.

L'incontro

Alle 15.30 di un sabato speciale, il suono di un campanello di un portone in Via Pelio ruppe il silenzio del meriggio e uno spiritato individuo molto azzimato salutò con inusitato entusiasmo la padrona di casa "Buon pomeriggio signora, mi scusi tanto per l'ora e se non ho preavvisato il mio arrivo, ma non avevo il vostro numero di telefono, sono Ernesto e sono venuto col cuore in mano (portandosi le mani unite, quasi a formare una conca, all'altezza del cuore) a donare ad Anselmo la mia più sincera amicizia. Non c'era nulla di più importante che potessi portare!".
Teresa lo squadrò inizialmente con aria sorpresa e stupita e poi proruppe in un divertito sorriso "Ah! Ma Lei sarà certamente il famoso Ernesto, quello delle cartoline del lago, si accomodi prego Le vado a chiamare Anselmo, è chiuso nella sua cameretta con un amichetto a giocare alla playstation".
Quando Anselmo fece capolino in sala, tenendo nella mano destra un telecomando, ad Ernesto parve di toccare il cielo con un dito, si stava finalmente avverando il sogno che aveva accarezzato per mesi, era proprio come se lo immaginava, forse solo un po' più alto e grande di come lo aveva pensato e gli si fece incontro quasi gridando "Ciao Anselmo! Che piacere incontrarti finalmente…sono Ernesto, il tuo grande amico".
Anselmo rimase impalato e, con tono distaccato e un poco deluso, rispose "Buongiorno Signore, grazie per le cartoline, ma non la facevo così grande, pensavo avesse la mia età, comunque è stato gentile a rispondere al mio messaggio, ora debbo proprio salutarla perché sono molto impegnato con Guido" e poi, dopo avergli stretto frettolosamente la mano (così la mamma non lo avrebbe sgridato), si ritirò nella sua stanza in cui lo aspettava impaziente il compagno di giochi.
Davanti agli occhi costernati di Teresa il volto sorridente di Ernesto si trasformò in una dolorosa smorfia sorpresa, e solo un ciao soffocato uscì a stento dalle sue labbra serrate per accompagnare l'uscita di scena di Anselmo. Teresa cercò in qualche modo di rimediare con "posso offrirle qualcosa da bere? Sarà certo stanco per il viaggio, Como non è proprio dietro l'angolo! Voglia scusare mio figlio, quando gioca alla playstation non capisce più niente, ma non è certo un cattivo ragazzo e le sue cartoline gli sono così tanto piaciute che le ha persino incollate sulla parete della sua cameretta". Ma l'ospite sembrava piombato in una specie di catalessi, era avvenuta un'incredibile metamorfosi tra colui che si era presentato alla porta e l'individuo stravolto e paonazzo che ora le si trovava di fronte, una situazione davvero imbarazzante.
Ernesto, quasi volesse fuggire quell'incubo, balbettò a Teresa qualche saluto confuso e si diresse alla porta d'ingresso che aprì e richiuse di botto alle sue spalle. Scese le scale di corsa e cominciò a camminare, come se fosse in uno stato di "trance", lungo i marciapiedi assolati a cui si affacciavano rumorosamente i fantasmi del suo passato finché imboccò una salita quasi in apnea, come se inabissatosi volesse tornare a galla e, ad un tratto alzando gli occhi, scorse poco più sopra, sulla facciata di una chiesa, incastonato in un rosone di vetro abbagliato dal sole, un abbraccio materno.
Entrò, quasi a cercare rifugio, nella penombra silenziosa e deserta di quella chiesa antica e vi si inoltrò fino in fondo, accasciandosi infine sui gradini di marmo antistanti un piccolo altare e qui liberò finalmente il suo pianto. Pianse a lungo come un bimbo smarrito dopo un lacerante abbandono e la sua sgargiante cravatta azzurra sembrava una stalattite gocciolante della grotta del suo dolore. Nell'asciugarsi gli occhi con la manica della giacca, scorse davanti a lui, illuminata da alcuni ceri, una Madonnina sorridente con in braccio un bambino e questa visione parve rasserenarlo anche se i singhiozzi continuavano a scuoterlo. Gli parve, ad un tratto, che la Madonna gli cingesse pietosa le spalle e cercasse di sorreggerlo e confortarlo. Avvertì proprio il contatto e stupito, uscendo dal doloroso torpore in cui era immerso, si accorse che era un braccio umano a cingerlo e una voce maschile a rassicurarlo.
Il Don aveva da poco aperto il portone della chiesa, quando dal suo ufficio in sacrestia udì un pianto lontano e dei singhiozzi; uscito prontamente per indagare sull'origine dei suoni si imbatté nella visione di un uomo elegantemente vestito, riverso e piangente sui gradini di marmo antistanti l'altare della Madonna del Buon Consiglio. Gli si sedette accanto cingendolo con un braccio e con parole calde e rassicuranti cercò di calmarlo. Lo invitò quindi ad alzarsi e con poche semplici parole "vieni nel mio ufficio così possiamo stare tranquilli e mi racconti tutto" lo condusse con se in sacrestia. Ernesto seguì docilmente quella mano e quella voce, sentì subito che poteva fidarsi, che poteva finalmente condividere con qualcuno il suo grande macigno e aprì al Don, che pazientemente e amorevolmente lo ascoltò, il libro della sua vita.

Domenica - ore 11.00- Chiesa della SS. Annunziata di Sturla - Genova

Quando iniziò la funzione domenicale la chiesa era insolitamente gremita e coloro che non avevano trovato posto tra i banchi e sulle sedie erano addossati alle colonne e occupavano pigiati come sardine i corridoi, nei primi banchi davanti all'altare erano seduti i giovanissimi che frequentavano i corsi di catechismo compresi quelli che avevano già fatto la prima comunione.
Dopo la lettura del Vangelo il Don fece ripetuti cenni ad un uomo di salire davanti all'altare accanto a lui e, dopo averlo abbracciato, lo presentò a tutti "Voglio farvi conoscere Ernesto, una concreta testimonianza dell'amore della nostra venerata protettrice, è stato uno dei palloncini partito dal nostro piazzale a condurlo fino all'altare della nostra Madonna del Buon Consiglio, facendogli superare ostacoli impervi e vincere sfide durissime. Dobbiamo considerarlo il nostro grandissimo eroe ed essere orgogliosi di lui, cercava un amico e ne ha trovati molti, lui sì che ha saputo dare un enorme valore alla parola amicizia!…(e il Don continuò infervorato a raccontare le vicende di Ernesto, prima e dopo il ritrovamento del messaggio del palloncino azzurro, senza però mai fare il nome di Anselmo, e poi concluse)… no, il suo non è stato un viaggio inutile, anche se devo dare una gran bella tirata d'orecchi a qualcuno che vedo seduto tra di voi, perché…(e continuò con voce ed occhi intaccati dall'emozione) …vieni, vieni qui sopra (facendo ampi gesti con la mano), vieni Luca ad abbracciare tuo padre! Lo credevi perduto e lo hai ritrovato così come noi abbiamo trovato l'amico più caro", e poi continuò senza più nascondere l'emozione "non è questo abbraccio il più bel regalo che Ernesto ci poteva donare?".
Un applauso intenso, scrosciante, ininterrotto accompagnò l'abbraccio di padre e figlio ai piedi dell'altare e la fine di questa storia.

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Dietro le quinte - Sabato pomeriggio il Don si era commosso nell'ascoltare la storia che Ernesto gli aveva narrato, tra un singhiozzo e l'altro, e aveva dato fondo alle sue energie per incoraggiarlo e alle sue capacità persuasive per convincerlo ad essere fiero di quanto era riuscito a fare. Poi, mentre un Ernesto ormai rasserenato veniva accompagnato dal sacrestano in un alloggio per riposare, il Don si era tuffato sul suo PC su cui aveva "smanettato" e navigato per gran parte della serata; infine era saltato fuori, grazie a Facebook, un Luca Errabono che aveva perduto (di vista) da piccolo il padre Ernesto, e che lo aveva fino ad allora vanamente cercato.

Precisazione dell'autore: i personaggi e la vicenda della novella sono frutto della mia fantasia e non hanno alcun contatto diretto con la realtà.


Il palloncino rosa

Prologo

Jesus Maria Ardemagni è un ragazzone di circa trent'anni un pò particolare, non che sia ritardato ma rispetto ai suoi coetanei ha qualcosa in meno, o forse in più, è un semplice forse anche ingenuo come un bimbo di 10 anni. Vive nella campagna di Arquata ( che si trova a metà strada tra Alessandria e Genova al confine tra Piemonte e Liguria), insieme ai nonni paterni a cui è stato affidato dal padre, partito per chissà dove in cerca di fortuna, dopo che la moglie di origine spagnola era spirata dando alla luce quel figlio troppo grosso e strano.
Jesus Maria che tutti in paese, compresi i nonni, per comodità chiamano Gesù è sempre nei campi; per lui i giorni, salvo la domenica, sono quasi tutti uguali: zappare, potare, innestare, seminare, raccogliere, mungere, aggiustare e altri lavoretti fino a sera. E quando rientra in casa, esausto ed affamato, trova ogni volta qualcosa di appetitoso nel piatto da divorare, la nonna cucina praticamente solo per lui, il nonno è infatti sdentato (non sta neanche tanto bene) e si deve accontentare di brodini vegetali e verdura lessa.
Jesus Maria è comunque autonomo e tutte le domeniche, dopo essere andato alla messa mattutina coi nonni, prende da solo il treno per andare a Genova a trovare la mamma; scende alla stazione di Brignole e poi aspetta il bus n° 12 (o anche il 13) per andare a Staglieno. Non può proprio fare a meno di trascorrere un'oretta a parlare con lei (ma quella foto è troppo sbiadita!), dopo aver amorevolmente ricoperto di fiori, scelti e colti all'alba tra i più profumati, quel bel marmo nel campo 15.


Domenica 12 maggio - ore 11.55- Chiesa della SS. Annunziata di Sturla

E' una soleggiatissima domenica mattina di maggio e sul piazzale antistante la chiesa, il Don ha radunato tutti i suoi angeli bianchi, cio è i bimbi che hanno appena ricevuto la prima comunione. Ognuno di loro trattiene tra le dita il filo di un palloncino a cui ha strettamente legato un foglietto arrotolato. Presto tutti questi palloncini multicolori si libreranno contemporaneamente nel cielo portando chissà dove l'annuncio di questo personale e importantissimo evento e la speranza di ogni bimbo di ricevere una testimonianza dell'avvenuto ricevimento (qualche anno fa una cartolina di auguri era arrivata addirittura dal Trentino!).


Lunedì 13 maggio - ore 7.00 - Arquata

Il sole non ha ancora fatto capolino nella vallata e Jesus Maria sta percorrendo il sentiero che conduce alla carciofaia, costeggiando un bel muretto a secco che lui ha appena finito di sistemare (è rimasto uno dei pochi in paese a saperlo fare e di ciò va proprio orgoglioso!). I suoi occhi leggermente arrossati (in primavera c'è qualcosa nell'aria che lo fa lacrimare, proprio come quando sbuccia le cipolle) vengono improvvisamente attratti e poi seguono incuriositi un pallocino rosa sgonfio scendere verso di lui e, poco dopo, depositare ai suoi piedi un foglietto di carta arrotolato e legato con uno spago sottile.
Titubante si china a raccogliere il foglietto e, dopo essersi tolti i consunti guantoni da lavoro e averlo goffamente srotolato, lo legge molto lentamente a voce alta (sa leggere bene ma lo fa sempre ad alta voce, anche se è solo, e sillaba ogni singola parola) "C i a o, mi chiamo Antonio Canepa abito a Sturla in Via Pelio n°64/5 e il 12 Maggio ho fatto la prima comunione presso la chiesa della SS Annunziata di Sturla (segue indirizzo), il mio desiderio è che tu Gesù per una domenica lasci i tuoi discepoli e vieni a pranzo con me e la mia famiglia, abbiamo tanto bisogno di te!"
Impietrito dalla sorpresa lo rilegge nuovamente, questa volta in silenzio, e sul suo volto scuro si disegna un sorriso, quel foglietto è proprio indirizzato a lui, eppure non conosce nessuno che si chiami Antonio e comunque nessuno che abiti a Sturla...forse uno dei bimbi incontrati la domenica a Staglieno (e Sturla dovrebbe essere poco più in là)...ma non riesce proprio a ricordarsene...è consapevole che la sua testa non funziona bene come quella degli altri suoi coetanei. E poi chi saranno mai questi suoi discepoli?...forse...anzi...quasi certamente i suoi cari nonni.
Comunque quella era una preghiera che non poteva restare inascoltata...forse questo Antonio aveva saputo dai suoi nonni che lui era proprio bravo a fare tanti lavoretti e uno dei pochi a risolvere molti problemini (e di questo andava proprio fiero)...e lui e la sua famiglia avevano bisogno proprio del suo aiuto....e l'invito a pranzo?...forse era più che naturale che per sdebitarsi del lavoro da fare lo invitassero anche a pranzo.
Comunque l'eccitazione si era impossessata di lui e, come elettrizzato, pensò che era la prima volta che qualcuno lo invitava a pranzo, e per combinazione proprio di domenica, proprio il giorno in cui era solito venire a Genova a trovare la mamma.
Poteva quindi andare a pranzo da Antonio e poi subito dopo a trovare la mamma, così avrebbe avuto finalmente qualcosa di nuovo da raccontarle. L'unico ostacolo era trovare questa Sturla e la casa di Antonio...ma avrebbe chiesto agli uomini in blu dei bus, il numero dell'autobus giusto e poi la fermata...loro sapevano sempre tutto, quando domandava loro qualcosa, sarebbe bastato portarsi dietro il biglietto con l'indirizzo.


Domenica 19 Maggio - ore 13 - Via Pelio, n°64/5 a Sturla.

Antonioooo dove sei? Vieni a tavola, ci siamo tutti e manchi solo tu, c'è anche tua Zia Lina, non farmi fare brutte figure come al solito! Agnese, hai spento sotto le pentole ed hai tirato fuori dal forno le lasagne? Sì signora è tutto pronto....posso portare in tavola?...si, certo, ci saremmo tutti se Antonio si decidesse a regalarci la sua presenza!....e disgraziato ricordati di lavarti le mani e di renderti presentabile.....hai da poco fatto la prima comunione e non sei migliorato affatto!
In questo trambusto suona il campanello. Elvira Parodi Canepa (moglie e madre forse un po' troppo autoritaria ed oppressiva) si guarda intorno stupita "mi sembra non manchi nessuno, chi può essere a quest'ora? Agnese va un po' a sentire chi è, ma non aprire la porta se non lo conosci!". Non riesce a finire la frase che l'efficientissima Agnese grida "Signora, sembra un marocchino che vende dei fiori, che facciamo? Insiste, dice che è stato invitato da Antonio, ha un nome molto strano, tipo Gesù".
Elvira si dirige alla porta con fare deciso e fermamente intenzionata a dare una svolta decisa a questa situazione, non era certo il momento e il luogo per farla tanto lunga e soprattutto non era questa la modalità più corretta per chiedere l'obolo domenicale.
Si trova improvvisamente di fronte ad un ragazzone dalla carnagione scura, faccia grossa e tarchiata, vestito piuttosto curiosamente e con un fascio di fiori di campo in mano. No, non sono i soliti mazzetti di rose spente, annota mentalmente (lei che ama tantissimo i fiori), sembrano gladioli, sono molto belli e profumati, forse vale la pena comprarli tutti; al centro del tavolo da pranzo avrebbero potuto fare la loro bella figura e poi si sarebbe sbarazzata una volta per tutte di quell'ospite inopportuno.
"Quanto vuoi per tutti questi?", "Non voglio nulla...sono per la mamma...mi chiamo Gesù...Antonio mi ha invitato a pranzo...domenica".
"Ma cosa dici? Antonio non ha invitato nessuno e se anche lo avesse fatto io non ne so proprio nulla, e non sapevo poi che conoscesse un certo Gesù".
In quel mentre Antonio incuriosito fa capolino all'ingresso e sente le ultime parole del ragazzo "mi chiamo Gesù...Antonio mi ha invitato"
Il cuore comincia a battergli forte, sembra quasi scoppiargli nel petto...non è neanche passata una settimana e Gesù ha già risposto al suo invito! E' venuto a pranzo come lui gli aveva chiesto, lancia quindi un urlo (di stampo calcistico) alla madre e continua concitatamente "...è Gesù...lo stavo aspettando! L'ho invitato io...è stato il mio desiderio...sul foglietto del palloncino della prima comunione".
Elvira interdetta e attonita squadra il figlio, improvvisamente impazzito, con un'occhiata che non lascia prevedere nulla di buono; è veramente seccata che Antonio si sia sognato di invitare a pranzo quel disgraziato proprio quella domenica, la domenica in cui sua sorella si è finalmente decisa a venire col suo nuovo compagno (questa volta pare sia un avvocato davvero importante); ma che figura avrebbero fatto! No, deve risolvere la faccenda cercando di trovare una soluzione accomodante, anche perché sembra proprio che Antonio ci tenga a pranzare con questo Gesù. Estrae quindi dalla borsetta una banconota da venti euro che porge al ragazzo con un sorriso forzato "questi sono per i fiori e poi se vieni domani sera ti faccio trovare una cenetta coi fiocchi, così potrai mangiare insieme ad Antonio"
In cuor suo si augurava di aver spostato il problema un po' in là, e che nel frattempo si sarebbe chiarito questo spiacevole equivoco.
Non poteva prevedere che Antonio si lanciasse incontro al suo ospite, quasi urtandola, e che prendendolo per una mano, quella che non reggeva i fiori (transitando impudentemente davanti ai suoi occhi esterrefatti e alla mano tesa con i venti euro), lo conducesse quasi a forza all'interno della sala da pranzo superbamente imbandita.
"Vieni Gesù siediti al centro vicino a me!" l'invito quasi gridato da Antonio, entrando in sala, "aggiungeremo un posto, tanto la tavola è grande e c'è tanto da mangiare per tutti!" (e corre a prendere una sedia). L'anomala eccitazione del figlio ed il suo febbrile entusiasmo non potevano passare inosservati agli occhi dell'ing. Canepa, seduto a capotavola, da sempre dedito a dare il maggior lustro ed agio possibile alla propria famiglia (anche fruttando al meglio le sue altolocate conoscenze e sfrattando senza troppo pensarci i propri inquilini in difficoltà). Ad ogni modo, ora purtroppo toccava a lui, bisognava salvaguardare le apparenze, ed era giunto il momento di dare man forte alla sua Elvira che, stranamente, non aveva ancora fatto la sua ricomparsa in sala.
"Antonio!...spiegami cos'è questa buffonata, ti pare il caso di invitare oggi che c'è anche tua Zia Lina, questo tuo...amico..." - si era sforzato molto per fare uscire quest'ultima parola - "...e senza averci prima avvertito?"
Antonio sta per rispondere qualcosa ma, mentre Elvira rientra in sala rossa in viso, Jesus Maria, deposto il fascio di fiori sul tavolo e tacitato Antonio con un gesto autorevole, comincia a leggere con voce forte e lenta un foglietto (spuntato fuori da una tasca di un giubbotto inguardabile e legato a qualcosa di rosa che assomiglia ad un palloncino sgonfio) "mi chiamo Antonio Canepa...una domenica vieni a pranzo con me e la mia famiglia, abbiamo tanto bisogno di te" e poi continua, scandendo le parole e volgendo lo sguardo verso tutti i commensali, "...mi scuso tanto con tutti voi se causo disturbo...ma sono Gesù e...visto che Antonio mi ha invitato...dal cielo con un palloncino rosa...sono venuto tra di voi per aiutarvi a risolvere i vostri problemi"


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