Poesie di ciuffz


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche



La grammatica della fantasia
1
Attorno alla stufa
Le vedove spesero
Vitali vinai di uva.
Scarsa attinenza
Aveva il vanto delle avance
L'estasi e l'eros
Ed Eva,
Col guanciale maturo.

Complesso sibilo
Nel solaio con poltrone,
Il panico sulla soglia
Poi s'organizzò una tratta
Di Monet e Verga
Per continuare il pianto
E la calotta,
L'ape e l'orsa,
La messa.

Targhe come torce
E il male dei magi.

3
Nella principessa
C'erano proroghe a notti
Di sollievo senza redini
E con stampelle
A fungere da clave.

LA carne
LO spirito,
IL carnale
L'anima,
Di più è un insulto.

Solo radar canini
Specialisti in aeroporti
La ritrovarono
Dopo il disarmo
Abbracciata ad uno sparo
Con ancora i segni
Dell'infedeltà.

Tradì anche se stessa
Con se stessa.

5
Uno scalpello parassita
Sosteneva che un arco di smog
Si poteva barattare
Con uno stinto e terso sapone.

Questo scambio
Abbastanza primitivo
Sarebbe stato il giusto epilogo
Dell'epopea degli eredi
Del pane
Divenuti rochi
Senza la tremarella
Di uno scialle a pois.

Dialogano
Pavoni e palme
Sui lebbrosari e sugli amaretti
E allestiscono una parata
Di spot e sms
Per placcare con test
L'ardesia degli idioti.

7
Dal primo ingresso
Si accedeva ad una congrega
Di caldarrostai albini
Che riscaldavano
In indistruttibili concentrazioni
Gli argomenti.

Era la seconda porta
Quella giusta,
L'ingresso libero
Che conduceva alla
Bacchetta magica emolliente
Che infonde a tutti
Un'ecmesia temporanea
Capace di allentare
Le lanterne di Aristotele.

Questo ricongiungimento
Coincide con la filigranatura
Dei cibi e degli odori
E ci riduciamo ad un’insalatina.

9
Dai crepacci del club delle consumatrici
Escono conigli umettati
Troppo gentili per la giungla,
Sono i fautori del finto.

Così mortali e monchi
Si sdoppiano e si piantano
In fronte i ceri
Dei cortili dei circoli
Spenti dai monsoni
Che fanno sbattere i mestoli.

Scivolano le mani del pastore
Sul vello del montone
Volta le spalle all'alba
Per osservare meglio
Come fra i rami di un tiglio
Un nido
S'addensa di veniale
E diventa
Altare dei martiri.

11
Il gelataio all'ospedale
Raccontò del suo unico figlio
Nato da un rapporto occasionale
Con una maga a Marzo.

Ligio alla lavanda
Ricevette silenti digiuni,
Turò le falle
Con le sue fortune
E grattò via la riconoscenza
Con acidi mortali.

Poté ignorarlo lui
Ma non la madre
Sentendosi spilla
Di un sasso dalle sane ali
E lo colpì
Mutandolo in una vaporiera
Che collega capo e coda
Di un bastone di un bonzo.

13
Pensateli incrociati
Senso e sangue
E se avete voglia di perdere
Scommettete quel che volete
Ma non riuscirete a ricavarli
Senza un atto di violenza.

Barattoli in qualche dispensa
Appiccichiamo nuove immagini
Su quelle vecchie
Scegliendo fra le varie ipotesi
Sul nostro contenuto
Tangibile a San Tommaso
Solo dopo l'apriscatole
Che frastaglia il viso
E ci rende urne
Per il riciclaggio
Di qualcosa
Che prevedo arriverà
All'improvviso.

15
Il mirino c'insegue,
Per lui siamo animali strani
Che col buio
Diventiamo verdi
E inconsistenti.
Ci piace essere alieni.

Evacuare dagli obiettivi
E dall'ovvia obiettività,
Questa è grande impresa.
Scendere o salire,
Disinfettare una scelta
Con una lama arroventata
Da scagliare non contro un bersaglio
Ma a qualcuno che
Si lasci penetrare
Fino in fondo.

Chi lacera
Slega la consuetudine
E offre spazi e soluzioni.

17
Una voce fuori campo
Racconta la parabola
Del buon pastore.

La luna troppo vicina
E' ululata da un branco
Di lupi come rintocchi
Di una torre dell'orologio.

Le porte automatiche
Si aprono e si chiudono
Senza un preciso ordine,
Le sorvegliano i metronotte
Infedeli ai loro sogni.

Le vie sembrano cambiar nome,
Tutto si sposta
Per non assomigliare più a prima.
La pecorella smarrita
Ritrovata torna nel gregge
Dal numero più solo.

Uno sparo.

19
Le vedi passare
Per la loro intrasparenza,
Hanno la forma e la vita
Dei seni.
Sono le buste della spesa.

Dentro di loro
Si possono raggrumare
Interi nomi di persona
Come attorno alle parole
Chi scriviamo con più frequenza.

Custodiscono gli acquisti
Ma il loro egoismo plastico
Le porta a prestarci solamente
Quello che consumeremo
Ed in cambio vorranno indietro
I rifiuti con gli interessi.

Le buste della spesa
Sono vasche di acido muriatico
In cui anche parte di noi
Si dissolve.

21
Si tagliava spesso
Con i margini delle pagine
In cui disegnava
Le pareti scoscese delle montagne.

Le riempiva di uomini
Stilizzati dal terrore
Inseguiti dai massi
Sciolti da qualche redentore.

Non che non sapesse
Rappresentare anche una valanga,
Ma il crollo dei macigni
Gli lasciava la possibilità
Di un trittico
Con dei titoli ricorrenti:
Vagabondi-Fuga-Testimone.

Solo quel soggetto
Lo affascinava religiosamente,
E i bordi insanguinati
Non erano casuali.

24
Due anelli rotolavano,
Intrecciavano le traiettorie
Senza scontrarsi mai
Ed una mosca gli volava dentro.

Scendevano le scale
Ed ogni gradino era uno squillo
Di un telefono
In una casa disabitata.

Si fermarono a galleggiare
In uno specchio d'acqua
Rinchiuso in una stanza di museo
Come un'opera d'arte,
Come due salvagenti
Cui s'aggrappano
Il meglio e il peggio
Dell'Assoluto.

A noi visitatori
E' dato solo guardare da fuori.
Salvi, in maniera fantasiosa.

26
Cosa si vede, guardandosi?

Animali che attraversano la strada
E i nostri annunci
Sui piaceri e le rinunce.

Angosce sul talento
Archi di passione,
E allora dimmi
Cosa si vede, guardandosi?

La lotta dei tradimenti,
Giorni di gloria
Dei cercatori d'oro,
Cosa, dimmi cosa!

La complicità dei compromessi,
Le cose da maschi
Le cose da femmine.

Si balla
Con tutto quello che io non sono
O forse con tutto quello che
Io non è.

28
Lo prendevano tutti per pazzo
Quel povero agricoltore
Che invece di usare il trattore
Arava il suo campo coi buoi.

Con lentezza guardava la terra
Rivoltarsi per abbronzare
Il suo ventre al sole estivo.

Non seminava mai,
Diceva che i campi son fatti
Per seppellire e riesumare
Le finestre senza pavimenti.

I suoi ritrovamenti
Erano ben pagati al mercato
Ma molte cose le custodì
Nel suo casolare isolato:

Una statuetta a forma di falco,
Brandelli di qualche mummia,
Piume di qualche angelo
E una cartolina rovinata.

30
Sarebbe potuto il Dubbio
Tornare da un lungo viaggio?
La sua lieta partenza festeggiata
Poco ricorda il suo sorriso
Pieno di ricordini per tutti.

All'Amore regalò Amicizia
Un gadget talmente pratico
Da poterlo usare sempre.

Gli altri doni erano
In scatole cinesi
Da lanciare come un dado,
Si potevano aprire
Solo se usciva un numero dispari.

L'unica che pianse
Fu verità:
Le regalò uno specchio
Che avrebbe dovuto rispondere
Con l'immagine opposta.
Con lei non funzionò.

32
L'oscurità gira nelle tortuosità
Degli equivoci incerti,
E' lo spazio che divide
Le punte di un ago
Sacrificato nelle catene di montaggio
Per la prosperità delle messi.

Conto la tua mancanza
Con chiodi sulla parete destra,
Solo grazie ad essi dirigo
La barra del timone
Nelle strisce di porpora.

Quando esco, salpo,
Mi metto in marcia o irrompo,
Sento che mi elevo
Ad una dimora
Divulgata, dilungata, dimenticata,
E oltrepasso il termine
Della schivata caduta.

Siamo quotidianamente
Sodomizzati dal senso.

34
L'intoccabile
E' l'uomo che odia
La sua effige.

Innominato per la sua inespressività,
Si deterge continuamente
Accarezzandosi
E cancella via
La stessa immaginazione.

Chiuso da tende nere
Assorbe tutti i raggi
Per non lasciare che ricadano
A terra, a creare quello
Strascico scuro e paranormale.

Lui è il produttore
Del puro spreco
Ed è dunque un artista,
Colui che allestisce
Il parto efferato,
L'esasperato svelamento.

36
Dal tronco abbattuto
Estrasse l'Escluso
Svegliando la sua agitazione
Poiché ancora non sapeva
Che la caduta è l'uscita.

La sua pesantezza florida
Lo portò ad un'elevata serietà
Che si aggravò in una secca
Violenta molestia.

E in un libro cercò la soluzione
Diceva che la gravità
Era solo un'illusione
Come la gravidanza.

L'unico effetto che si rafforzò
In lui fu la vecchiaia
Che invalidò tutto
Nel suo versarsi sopra un bastone
Sempre più simile
Alla spina dorsale.

38
Avendo risposto
Che era beato,
Capì
Che era stato ucciso.

Vittima di una congiura
Dovuta al suo obbligo
Di prestare in massa
Il giuramento.

La sommossa delle guardie
Collegate telepaticamente
Ai prigionieri
Non fu circoncisa,
E si rivoltò in direzioni
Opposte, separate, contrarie.
Rivoluzione diversa.

Spuntò fra le giunture delle pietre,
Uscì fuori
Perché è l'unico modo che si conosce
Per esistere.

40
Si preparava il narratore
A sciogliere lo svolgimento
Della sua libera esposizione
Fregiata di utilità.

Ciò che si distende
Illustra nello straripare
Le citazioni del polimorfo
E i cavatappi che liberano
Le condutture dei ricordi.

Il miracolo delle ostie
Così mostruosamente meraviglioso
E l’ingresso della foce
Divisi da un labirinto
Di interiora che sfila
Nelle cerimonie.

Guardare avanti si può
Ma solo le spie
Si affacciano a questa prospettiva,
Non contente di tre dimensioni.

42
Cadde proprio sopra
La sua stessa incisione,
Quel suo nome
Che lo deturpava
Di coraggio o infamia
E lo rendeva identico
A quel se stesso
Che non si sarebbe mai immaginato.

Finse sempre
Perché gli chiesero di produrre
E lui si adattò
Al suo continuo rinnovamento.

Finse anche
Nell'immaginare la propria
Sorte meno penosa,
Finse nelle supposizioni
E nel meditare una fuga
Ammaestrandola a viaggio.

Finto nel falsare.

44
Il piano è tutto
Una massa tenebrosa
Di polvere
Quasi invisibile
Senza finestre.

Che sia il burqa
L'inganno
Che ai tempi degli antichi
Era la liberazione dello schiavo?

Da un materiale indocile
Aveva ricavato
Qualcosa che sembrava simile
Ad una statua,
A fatica
Ottenne da ciò
Una parola
Che svegliasse dall'ignoranza
Chi era incapace a respirare.

La verità genera mostri.

46
I cervi si raccoglievano
In armenti che sollevavano
Polvere nella fuga,
Piegavano
Le gambe anteriori
In archi imponenti.

Rivoltare l'anello
Alla ricerca
Della posizione naturale,
Quella che permetta
Di riconoscere
Ciò su cui si gira attorno.

Fra mille dardi
Ne scelse uno,
Quello che potesse fischiare
Maggiormente fra le colonne
Di bronzo e cera
Che agivano da contrappesi
Alle nostalgie più care.

48
Dato il segnale
Con la conchiglia,
La pazzia giubilante
Nel nostro sangue
In una delirante
Voluttà tripudiò.

Il regno delle ferite
Che cominciava a rimarginarsi
Proiettava fuori
Lunghi schizzi di insegne
Luminose al trionfo.

Le armature su cui
Batteva il sole con il
Palmo dei suoi raggi
Ora sono indosso
Alle spille del cielo
Uno stormo di avvoltoi
Che volteggiano furibondi.

Mi lascerò fare a pezzi senza aprir bocca.

50
Se urtando contro
Una pietra non si fosse
Infranta e ridotta in pezzi,
Non sarebbe passata
Di mano in mano
Per i luoghi più lontani
Gli uni dagli altri.

La sorella invecchia
Sotto la guida del maestro
Scialacquatore
Nel suo gineceo
Nominato sentina dei vizi.

La figlia dovette passare
Sul corpo del padre
Ma senza cocchio
Protestando che non c'era
Saldezza e sostegno
All'interno centro
Dello sconcio.

2
Un'edera cattolica
Nella cruna di un ago
Della Sila
S'allaccia
In un fugace girotondo
Alla cena degli amuleti.

Oche sbarrate
Con rispettivi pargoli
Sotto prugni,
Rari nell'aria come argon,
Avrebbero in un vecchio tazebao
Quella risonanza
Che spetta ad un richiamo,
Ad un allarme rosso.

A quel punto non so
Quanto sarà utile la sveglia
Sonora come uno iato
E se la g di girino
Sarà la stessa di glorie.

4
Statua di calce
Che non vuol disinfettarsi
Da inguaribili fratture,
A questo io posso paragonare
L'esiguo cratere
Lasciato
Non dall'esplodere
Di un paese erboso
Ma dal disdicevole
Sganasciarsi della nausea.

Tutte quelle lauree
Avrebbero assorbito l'Egeo
E nell'aridità
Avrebbero votato
Per l'estinzione di un'eterna
Dinastia dei restauri.

Colti sono i raccolti
Cresciuti nella più monumentale
Spontaneità.

6
Gli strilloni s'accaniscono
Dove prosperano i virus,
Il repertorio diviene scontato
E si recupera una massima
Insegnatami da un usciere:
Tutti uguali, tutti fragili.
Tutti fragili, tutti uguali.

Avrei un insegnamento
Anch'io da proporre
Che al posto delle legenda
Si estendesse lo studio
Delle leggende.

C'è un sortilegio
Invocato dalle rapsodie del perfezionismo
Che rende cospicue
Le razioni seriamente
Con l'unico fine
Di tendere alla maggiore
Evidenza delle pezze.

8
Nella fontana delle pistole
Non nuotavano delfini,
Poca sabbia sulla riva
E il muscolo del calcolo
Graffiava come i soriani.
Pazienza.

Aprivano in tutto il mondo
Le filiali dei mosconi
Vinti
Da fasce sfidanti la scena
Dal traffico di fulmini afoni
E dal blitz del brusio degli abeti.
Pazienza.

Anche gli angeli del rione
Sorpassano calzando
Il bernoccolo dello sfogo
Con randelli di nuvola,
Alterano costernati
L'attitudine all'intesa.

10
Ponevamo prototipi di capi
Seguivamo riti
Stringevamo polsini
Poi capimmo che bastava
Comprare delle tendine
Per nulla precarie
Per dipingere la mensa
Come un monastero
Era il nostro postribolo
E tutti credevano alla residenza
Di un orologiaio.

Razionali come il cielo
Zotici come la terra
Ci lasciavamo trainare
Dalle pipe che prima
D'assopirci fra gli scogli
Provavano a riscoprirsi
Punto d'appoggio
Di stanche capinere.

12
Olivi affamati reclamano
Presso la provvidenza
Il lidi perso con accanimento
In favore dei semafori
E delle frivolezze
Che ornano i triangoli.

Girano le eliche
Del giorno dopo
Caricando di vanità
Il pianeta dei reclusi
Articolatosi
Nell'astio della bonarietà.

Al posto del pater noster
Si recitano simili
Pilatesche sequenze:
"Ma va morì
Ammazzato
Te
E i farisei!"

14
Devono essere quei casi
In cui nessuno a colpa
E tutti chiedono scusa,
Per cortesia o per dieta
Che si segue per dimagrire
Dal rimorso.
Una dieta fatta di alibi.

Volti l'angolo
E ti ritrovi davanti Sodoma
Ricostruita in un modellino in scala
Con poliziotti promossi
E sacerdoti che aprono
I loro banchetti
Con statue di sale
Per insaporire le portate.

Cosa è meglio?
Già, cosa è meglio...
Non chiederselo
Sarebbe esperimento da valutare.

16
Attraverso gli scatti,
Le continue accelerazioni
Che affollano i cieli,
E non solo la restituzione
Di ciò che passa all'oblio
Come una pratica;
Attraverso queste denaturazioni
Riusciamo a cogliere
L'appartenenza a qualcosa
Al di fuori di noi.

In lettere greche
Scopriamo la parola ammutinamento
Sulle bobine dei cortometraggi
Amatoriali di vite
Di deboli e oppressi.

L'unico modo per affrontare un nemico
E’ imporgli un nome
Perché la parola sconfitta
Non si accosta all'ignoto.

18
L'impaziente fotografo
Della propria attesa
Innaffiava i mattoni di un muro
Dove aveva piantato
Tutta la flora
Citata nella Bibbia.

Attraversava tutto il Mediterraneo
Con il suo tubo infangato
E in una parete provvisoria
Fatta di assi di legno
Capì il significato dell'amore
Dalla luce che filtrava.

Eppure quando baciava lei
Non gli sembrava la morte,
Troppo romantica per i suoi gusti.
Con quelle labbra
Segnava le pagine
Di un illeggibile spartito.

20
Guarda come cola
La cera delle speranze,
Bianche sul tronco
Di candele aspiranti sosia,
Controfigure di scarso talento.

Si solidifica sulla caviglia
Di un piede nero
Da usare a piacimento
O sui fili d'erba
Di un prato alto un metro e venti.

Ci proviamo
Ma quel fuoco non riesce
A liberarci da quel rettangolo
Al di sopra di ogni sospetto
Con gli angoli smussati
L'unico biglietto
Che non saremo noi a obliterare:
Il viaggio di ritorno
Dalla vita.

22
Ci mettevamo lì
A tramare,
Tremare
E tracimare.

Alla tavola rotonda
Dei contabili
Tutte le valigette
Si aprivano con la stessa
Combinazione,
Producendo lo stesso rumore
Della rottura della testa
Contro il parabrezza
Del neonato nei crash-test.

Prodigio e paralisi
Erano l'angolo dove
I bambini sostavano
In punizione
E il fallimento
Non era ancora una costante.

23
Mantenendo lo stesso prefisso
E anagrammando il suo numero,
Trovò subito il suo primo amico.

Aveva una predilezione
Per il nudo,
Ci vedeva sette sorelle,
Sette visitatrici
Che gli raccontavano
Tutte le vicende umane
Con verità diverse
Senza mentire.

L'unica sua opera
S'intitola "Le sette sorelle",
Un romanzo incompiuto
Scritto una parola per volta
Sulla nuca di quasi mille volontari.

Una persona, una parola.
Una parola, un numero.
Un numero, un anagramma.

25
Nel suo calice
Di piombo e acero
Mescolava resina e ruggine
Con cui bagnava il pennello
Che attaccava alla coda
Dei suoi desideri più nascosti
Per seguirne la scia.

Era arrivato alla fine
Al più barbarico machete
Sferzante in una cella frigorifera
A colpi di carne vive
E in un orgasmo di madreperla
Un arcobaleno di sperma
E che si sentisse il sudore
Come gli escursionisti
Sentono una valanga.

Tornò a fare la guardia notturna
E a luci spente
Leggeva i diritti alla Gioconda.

27
Anche quella volta
Gli sembrò eterno,
Perché non ci voleva credere
Non sapeva trascrivere in altra maniera,
Doveva essere l'incomparabile
Altrimenti è un'altra lingua
Lo sconosciuto ritmabile
Il segmentabile fiume.

Quello che l'amore non dice
E' quando inizia
E quando finisce.
Non ha date o punti di ritrovo
Non si sedimenta e non si mischia,
Per questo ci sembra ancora eterno.

Sappiamo che la convenzione
S'accompagna all'approssimazione
E ancora tutto si mostra possibile.

Gli sembrò eterno,
A lui come a tutti noi.

29
S'incontrano spesso nelle vie
Di transizione
(Perché se si cerca qualcuno
Non lo si trova mai in un punto stabilito
Ma nei collegamenti
Nei passaggi a livello).

Sono quelli che parlano
Del mondo natale,
Quel punto caldo da cui tutti
Siamo emigrati.
Un'origine spirituale
In cui si schiude
Il tracciato di ogni esistenza.

Guadagnano la fama di svitati
Ma sono i profeti
Di un mondo parlato
A differenza del nostro
Visto, cotto, mangiato
E a volte sottotitolato.

31
La spettatrice
Si spingeva nella sua sedia a dondolo
Come quando da piccola
Prendeva la rincorsa
Sull'altalena.

I muri della sua casa
Erano vetrati e trasparenti,
Su di loro disegnava
L'arredamento delle stanze.

Un giorno decise
Di capovolgere i mobili,
Come se la gravità
Spingesse verso l'alto
Come le lettere dei bambini a Dio.

Solo una bambina
Scrisse sul vetro della spettatrice
-Ma dove sei diretta?
-Da nessuna parte,
Non lo vedi che sono arrivata.

33
Persi sono gli stornelli,
Quegli incantesimi
Ripetuti come delle nenie
Che nel loro consumarsi
Ci ricordano i canti funebri
Ma nello stentare
Rompono le lenti
E ci riportano a noi stessi.

Nessuno aspira
A far valere le proprie imitazioni
Quelle che percorrono e raggiungono
La vendetta dell'esplorato.

Ripongo ogni nascondiglio
E mi ritempro
Volgendomi al rovesciamento
Della distruzione figurata,
Quel che diverrò
Navigherà, volerà e scorrerà
Nella crescita.

35
Ogni segno è ordine,
Con i suoi gradi traccia
Le impressioni come fossero
Orme di un passaggio
O radici di un albero
Piantato altrove.

Ogni segno è un sigillo,
Con il quale si sanciscono
Le leggi delle stelle
O si chiudono i fascicoli
Dei delitti irrisolti.

Ogni segno è un soprannome
Dei modelli che posano
E del loro silenzio.

Ogni segno è insieme
Indizio e prova,
Cenno e annuncio,
Assenso e allusione.

37
Le prime preghiere
Erano depravate.
A favore dell'esilio,
Corrompevano la distorsione
Per allontanarla dal suo
Traguardo di lanuggine.

Ogni richiesta controllava
I porti per far approdare
Imbarcazione da riempire
Di clandestini del subconscio
Immersi nel vomito degli aborti.

Spinti verso nuove secche
A slogare nuovi lidi,
Con i fischi a sbattere
La respinta fra gli estirpati.

I primi a pregare
Furono i lupi,
Ma non erano così sdrucciolevoli,
Non dovevano cavarsela come noi.

39
Il farfugliamento turba
Il tessuto della corteccia,
Come la tempesta
Che rigonfia il boia
Nel momento che getta
Il decollato.

Infuria il fermento turgido
Negli scivoli impasticciati
Che riconducono ad una brevità
Senza accanimenti,
Un ricongiungimento al sogno
In cui i tumuli
Erano solo un rialzo del terreno.

Simile è falso!
La somiglianza è
La rappresentazione del confronto
Fra monotonie.

Solo la molteplicità
Non resta isolata.

41
Il traduttore spremeva
Le opere straniere
E come cenci le metteva
Al sole mentre gocciolavano
La loro polpa.

Quegli scarti disarticolavano
Le screpolature che al tatto
Apparivano come delle cerniere.

Si premunì di conche
Con le quali raccogliere
La materia e l'origine,
Le capacità e le cause
Tutte intersecate in una
Specie di fronte
Al cospetto della quale
Si traevano profezie
Come dal canto
Degli uccelli augurali.

E non s'ingiallivano.

43
Come la luna
Quattro volte assottigliandosi
Disfece il suo disco pieno,
Ella raccontò
Il pendolo della spola
Dopo aver taciuto
Sui difetti di ciò che aveva venduto.

Pagò la reticenza
Con l'intrattenimento
Per contenersi questa volta
All'interno di un'attenzione
Ritorta e ripiegata.

Unta d'olio di cedro
In simmetriche macchie dorate,
Cancellata nell'amnistia
Rimase in vita
Perché la dimenticanza
Per lei non fu privazione,
Ma copertura.

45
Sui carboni ardenti
I fanciulli splendevano
Con labbra serrate
Da tanti mali.

Non avevano bisogno
Di medicina
Perché sapevano
Consolarsi da sé.

Si misuravano
Con la lunghezza
Del proprio piede
E come la formica
Temevano misera vecchiaia.

Migrarono
Dal colore del marmo
A quello più familiare
Della parte maledetta,
Minacciosa sporgenza
Che sovverte le predizioni.

47
Il conciatore di pelli
Usava antiche pergamene
Come tenda
E all'occorrenza
Sapeva essere anche tintore.

Il viso profondamente
Scavato
Le sopracciglia completamente
Rasate.

Con suo padre visitava
Spesso la macchina
Su cui si vendevano
Coloro che non avevano nulla
Da perdere con la sincerità.

Per lui era un cavalletto
Su cui poggiare la tela;
Sui quattro angoli
Legava il vello
Da screziare d'insidie.

49
Quel che assaggio fuori,
Questo mi delizia.

Filare la lana
Brucando con il collo
Incastrato nel recinto.

Scrupolosa purezza
Mostrami la testimonianza!
Dall'asciutta avena
Comporre un canto
Sul flauto
Di un uomo ridotto
A cadavere vivente.

Danno fra i dannati,
Io mi approprio
Dell'estensione della distanza
E non passeggio
Nei nostri soliti viali.

Come il Gange
Spargermi in larga corrente.


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche