Poesie di Gianni Cipriano


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 Sonoro il sole
Sonoro il sole come un coro
Si modulava sul tuo viso
Con acuti d'oro
Mentre gli angeli del paradiso

Ricucendo un tondo foro
Nel cielo d'ametista
Sfilavano una nuvola di batista
Sulla cima del promontorio

Il mio intelletto rifaceva
Il ricamo della tua avvenenza
Come un lembo che pendeva
Dalla trama della Bellezza

Archetto del biondo ditale
L'ago di corallo
Saettava sul cristallo
Di una mano virginale

E capi chini e assai fulgenti
Decoravano qua e là
Con incroci sì sapienti
Il motivo di falpalà

Ma dabbasso io vedevo
Quelle azzurre e rare teste
Perdersi in colorate feste
Le aureole che ti coglievo

Profumata e pia collana
In santità rubata
Da chiome d'incenso e lana
E al tuo collo avvoltolata

E l'affocato pianto dei serafini
Al tramonto ancor si ode
Ma per me è solo lode
Se s'esalta negli ori fini

La rossa ambrosia della tua carotide
 

Candida noia
Il riverbero ipnotico si pasce
Nel lucido albume dell'orizzonte irrigidito
Dove alla metallica eco del giorno ormai stranito
Il cuore mi sazio d'ariosi singulti e piccole ambasce

Si sgrossa la mente come frastaglio d'insonnia
Da un monolito di albe e duri meriggi
Defluiscono i miei radi pensieri
Dagli interstizi grigi di un cielo vano
Dai vuoti luccicanti di una carnosa noia

L'amore si è eliso col dolore
E rivelatemi la lega di sensazioni sorte
Dalla nebulizzazione di questo bianco d'osso
Se questo mio pallore ancora risorge
Nell'agonia di immagini sorde
E fuggono le radiazioni della netta cromìa
Che si spalanca come un fosso

Che il freddo della purezza mi incanti, deificato e falso,
O il baleno della morte sulla faccia di un imbianchino
E duole l'occhio che lento cola, come uovo sparso,
Nell'oppiacea attesa del mio corpo di manichino

Nella sospensione che vado sillabando mi pigli
Candida noia
Come il pulviscolo in balìa di un raggio conciso
E dolce vagheggio e senza sbadigli
Lo sfregio splendido che un afflato ti farà
Come una lama sul viso

Ma nelle frantumazioni del sole
Che nelle ampie conche dell'accecato meriggio
Ti si moltiplica in margini afosi
Ancora torturami i convolvoli della fantasia
Con abbagli impietosi

Quel tuo piccolo bacio
La nota che squillante s'involò
Dal becco della capinera
(Ancora ne vibrano le orecchie
Nei languori della sera)
Ondeggiando si spense
Nei concentrici sogni
Del verde laghetto

Sì s'accordò il sonoro bacetto
Che dall'angolo ti fuggì
Della bocca gorgheggiante
Anzi che in mille e uno
Cerchietti d'amore
Sulle acque rosse si posò
Dell'increspato mio cuore………..

E dimmi pure che sono
Uno spicciolo sognatore
Amore mio
(E forse è così,
E' una poetica cosuccia)
Ma ora che dal cielo
Si stacca il tramonto
Come una tenera buccia
Lo schiocco mi sovviene
Di quel tuo piccolo bacio
Ed è un breve palpito
Che mi culla e mi cruccia

Improvvido argonauta
Nella calibrata geometria della mia solitudine
(Grappolo di siderei cristalli cresciuto
Nelle sinclinali della mia anima antimaterica)
La tua voce è l'eco perenne
Dello splendido collasso di un astro smisurato
Che nelle bollenti pianure della Galassia
Scava incandescente
Un nuovo e intrasferibile centro gravitazionale
Confondendo le decadute orbite
Degli immortali globi infuocati
Che ora pericolosamente incrociano
In turbate ellissi d'oro e di fiamma
Al largo del mio cuore:
Pulsante satellite delle lune
Precipitate nella fosca altezza
Delle tue pupille infinite
Dove fragile s'agita il bagliore
Dei primitivi quasar deflagrati

Io, improvvido argonauta
Reso folle dai venti solari
Che spazzano l'universo a filo della tua pelle
Crogiolo di vita
Ancora mi sfibro le tempie sulle magnetiche asperità
Del tuo corpo di luce e di tenebra
E mi scompongo nelle tenere esplosioni
Che dalle antiche profondità
Risalgono in fili di elettrica saliva
A squassare gli apici delle tue labbra
Liquide come l'epidermide solare
E infiniti lanciano ponti di fuoco
Ad unire gli impercorribili lembi
Dello spazio e del tempo
Ora saldati nella tenace curvatura
Di questa tua minima figura
Che al mio cielo pure s'impone
Come vasta e impossibile costellazione
D'azzurri pianeti e stelle nane

Ora s'apprende
Ora s'apprende il colore alla sera
Di colpo percossa nella sua calma di cera
Se stilla dall'aria e a goccia a goccia
Il tuo rosso passaggio più di fiamma di torcia

Ora si rompe sui miei cigli la luce
Di quest'ibrida ora che da te mi deduce
Sfilandosi stelle e sgranandosi astri
Accendendosi il cielo di mille disastri

Ora passavi nel tuo sciame di vento
Eri il fragile lampo del mistero del tempo
E sul pallido vetro di una luna ritorta
Trascorreva il tremore di quest'ansia risorta

Un solo lamento che si strugge e non varia

E ora che solo s'ode finissima l'eco
Del tuo passo svanito nell'impronta dell'aria
I tuoi rari frammenti in sogno io spreco

Il cielo ferroso
Il cielo ferroso si copriva di ruggine
Mentre acqua zampillava e sangue dalla roccia
Si sciolse la notte in brillante fuliggine
E sul colle biancastro avvampò una torcia

Come osceno tumore era cresciuta una croce
Su quel cranio scuoiato ribollente di mota
In carità di luce ancor piangeva una voce
Che sognava e moriva sulla tempia del Golgota

Tra le ruvide risa dei corruschi cavalieri
Il dado s'infranse contro l'ombra della terra
Balenavano d'argento le loriche e i cimieri
La miseria impreziosendo della tunica rovinata in terra

Affilatosi al cupo lampo della lancia fatale
Dalla ferita che nel fianco s'aprì delle ore gementi
Esondò il Destino, puro colore nell'occhio del Male,
Con le celate forze dei suoi duri torrenti

(Scagiona Tempo il chiodo che troppo amò la carne
E la spina che nel palpito esiguo arse il sudore
Ma ogni albero ha nella corteccia quelle costole scarne
E ogni solitudine il flagello di quell'unico cuore)

Brividi d'astri raccolse un mesto straniero
L'affanno di una speranza dall'azzurra Arimatea
Era alla fonda la luna come un antico veliero
E bella Maddalena, tenue e pallida come una rosa tea

Ai confini del tuo volto
Fermenti dolci d'ansie remote
In me esigui mutamenti di un dolore
Ebbro del tuo sguardo
Che spazi crea di muto splendore
Estasi non sarà l'ardere della notte
Sulle palpebre ribollenti di sogni
Presto inceneriti dal fuoco meridiano
Ignoto io sarò al bagliore del sangue
Eppure il mio respiro
Gravido di un'altezza impazzita per luce
Ancora attenderà
Come immemore speranza di una pace antica
Ai confini del tuo volto
 


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