| 
                                                                                                                         
                                                                                                              
 
       
      MonocuorePrecipitavano a più non posso
 gli ultimi scampoli d'allegria,
 come trentini tra rovine fumanti
 colpi di mano, buche e ipocondria.
 
 Rompemmo gli argini alla corrente
 senza badare alla morfologia
 di quel terreno fragile e pendente;
 nei nostri ingorghi scivolammo via.
 
 Ci ritrovammo dalle stelle alle stalle
 tra paglia, polli e porci con le ali,
 cercando l'ago della nostra bilancia
 che ci indicasse chiaro il nostro domani.
 
 Ma i nostri cuori come monolocali,
 non sopportando più l'affollamento
 di sentimenti sedentari e costretti
 alzarono il prezzo dell'appartamento.
 
 Non ci restò che continuare a scappare
 seguendo i vortici della corrente,
 che trascinava in mare a ritmo costante
 le stanche membra di tant'altra gente.
 
 Piloti ciechi di un vascello fantasma
 a secco tra le secche della monotonia,
 ammutinati dentro giorni a memoria
 scorgemmo terra, ma era una bugia.
 
 Cambiammo rotta, ma la tua era diversa
 io me che accorsi che eri ormai già via;
 adesso vivo tra marosi e monsoni
 e mi son dato alla pirateria.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
 
       
      La bella Stagione Le foglie sono di nuovo verdi
 ed il giorno s’attarda a dismisura
 sbiadendo il lembo della notte
 mai così lontana dai nostri pensieri;
 
 l'aria trabocca di polline e speranze
 il suo profumo è quanto di più dolce
 e di più inebriante ci è concesso di ricordare.
 
 C’è un no so che di autolesionismo
 nel pensare che tutto ciò presto finirà,
 
 come il sole di dicembre
 che non fai in tempo ad alzare lo sguardo
 ed è già al di là del limitare
 di questa cella a forma di città.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
Il saltoAlla fine anche lui saltò, quell’ultima staccionata
 La saltò che l’aria sapeva ancora di notte
 Da solo, senza nessuno che potesse vederlo mentre atterrava di là
 Erano giorni, ultimamente, che trascorreva ore intere ad osservarla
 Diceva che per saltarla , occorreva preparazione, concentrazione, Coraggio
 “Non si salta una staccionata del genere dall’oggi al domani!” – si sgolava a 
dire
 “Non basta una semplice rincorsa; non puoi saltarla canticchiando, né pensando 
ad altro”
 Forse era proprio per questo, che non smetteva più di fissarla. Stava studiando 
il modo migliore per saltarla, alla ricerca di quello lo facesse sentire più 
sicuro. Forse voleva evitare ogni rischio, di ricadere male, una volta di là.
 Avrei voluto esserci anche io, al momento del salto. Me lo doveva. Me lo aveva 
promesso.
 Credo, invece, che avesse promesso a se stesso di farlo da solo. Senza nessuno. 
Sicuramente non con me
 E pensare che ero già sveglio, quella fredda mattina, appena arrossata da 
un’aurora che non ne voleva sapere di sciogliersi nel cielo infinito di 
dicembre.
 Però me lo immagino, il salto. Deve essere stato un salto iperbolico, 
sproporzionato, traboccante di acrobazie, esagerato come lui.
 Avrebbero applaudito a scorticamani gli spettatori, se solo li avesse invitati!
 “Guarda che rincorsa!” “che passi, che falcate!” “e che slancio..! “Ooooohhhh!” 
“Bravo!!!” “bis!!”
 Già il Bis! Fosse possibile! Volesse il cielo!
 Vorrebbe dire che il cielo in persona gli avrebbe staccato il biglietto di 
ritorno, per un nuovo viaggio verso una nuova staccionata
 So che prima o poi anche io incontrerò il mio ultimo steccato.
 Non temere. Sarà un salto degno di te. E senza nessuna paura di atterrare chissà 
dove.
 So che ci sarai tu, dall’altra parte, come sempre, ad aspettarmi.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
Il pallone nel cieloDi stelle e di fumo
 arricciamo i nostri pensieri
 con lo sguardo perso nel vetro
 mentre fuori tutto scorre
 e non ne abbiamo più
 
 È quella corsa di bambino
 che hai perso nel tempo
 dimenticando i tramonti
 rossi di vita, che si aprivano
 lontano, abbaglianti di malinconia
 
 Una vita futura, già perduta
 oltre quel tratto di orizzonte
 che non avresti raggiunto mai
 
 Le grida del migliore amico
 accerchiato dai bambini
 si mescolavano a quelle di tua madre
 dalla finestra a squarciagola
 come se il cortile fosse una prateria
 
 Il pallone calciato in alto
 nell’azzurro del cielo
 come satellite perenne
 attorno all’universo dei sogni impossibili
 le mani tese verso di lui,
 folla di cuori lanciati
 nel tempo che verrà
 e che dividerà.
 
 Il mio pallone è ancora lì
 sospeso nell’aria
 e sempre in attesa
 di non cadere mai giù!
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
Portami a casa. Questa notte mi ha stancato con i suoi giri di valzer che non mi divertono più
 Portami a casa, anche se la strada so dov'è.
 Adesso si! Non come quando guidavi sempre tu, fino al viale e poi dentro il 
garage, dove mi risvegliavo a giorno ormai consumato
 Una sbronza prima o poi ti ucciderà! Mi urlavi in faccia mentre vomitavo sul 
catrame davanti al bar. È strano come nemmeno rimettendo l'anima si riesce a 
rimettere i propri peccati.
 Adesso però portami a casa, e guida ancora tu, per l'ultima volta!
 Una promessa è una promessa. Anche se di promesse ho tappezzato le sudice pareti 
di questa mia vita da buttare giù, come l'ennesimo gin.
 L'amore è andato. L'ho salutato presto, troppo. Ancora acerbo, troppo gracile, 
per le mille lune che porto in me.
 Un altro amore, forse, mi aspetta all'angolo della via, giù in fondo, dove un 
cartello saluta l'ospite che lascia questa fogna di città.
 Dovevo scappare con lei, quel giorno d'estate. E affogarmi in un mare di grano, 
seppellirci l'anima sotto due metri di terra e concime. E non tornare più su!
 Il mare! Dicono sia una botta al cuore, vederlo d'inverno. Ha il suono del cuore 
quando batte a cento all'ora, ha il colore del cielo quando ti parla da lassù
 Portami a casa, questa notte. Sarà un viaggio chiaro, finalmente quieto. Dentro 
una notte che non ho conosciuto mai, così azzurra e distesa.
 Portami a casa.
 E svegliami presto, domattina
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
Il disertoreVivo in clandestinità.
 
 Sento il fiato sul collo
 e quasi lo imploro
 in questa bonaccia d’agosto
 
 Volti di maschera,
 attorno ed ovunque,
 si incrinano già alla sera.
 
 Pane e cipolle ancora per un po’
 ed acqua lucida
 di fonte senza nome.
 
 Non ho fretta di tornare
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
Il germoglioNon ho pazienza
 perché l’attesa
 toglie il fiato
 
 e il rantolo di un fiore
 che muore,
 lentamente,
 grida vendetta.
 
 Recido il germoglio
 prima che l’oscena gramigna
 faccia scempio
 della sua innocente fragilità
 
 L’amore nato perdente
 è sublime
 per quel lampo sfolgorante
 d’infinità brevità
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
L’appuntamentoScarto caramelle
 come se piovesse
 
 e dolciastri pensieri
 s’accavallano
 mentre assaporo
 l’ennesimo bonbon
 
 Nell’attesa del tuo profilo
 oltre la vetrina di questo caffè
 
 capisco come è amara
 la vita
 senza di te.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
Riga dopo rigaNon ho risposto alle tue lettere
 
 Osservo spesso
 quelle buste ancora chiuse
 sopra la mia scrivania
 
 così,
 una sopra all’altra.
 
 Mi viene da ridere
 - perché non so piangere -
 all’idea di quanto inchiostro sprecato;
 quella tua mano sottile, esausta.
 
 Riga dopo riga
 la mia calligrafia,
 sfibrata,
 si deturpa.
 
 Senza difetti, all’avvio;
 quasi illeggibile,
 verso la conclusione
 
 Come il mio amore
 stanco e consumato
 che non sa nemmeno più leggere
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Rime per un'ApocalisseVortici in tempesta
 da far alzar la testa
 nuvoli in picchiata
 tra alcioni in mal parata
 
 fiamme all’orizzonte
 verticali di lontano
 ho due lire per Caronte
 come massi nella mano
 
 Musa del mio affanno
 cantami se puoi
 o fammi il controcanto:
 son doveri tuoi
 
 Guarda questo cielo
 che si incrina ad Occidente:
 la volta è ormai alla svolta
 siamo Atlanti a vita corta
 
 saccheggiati ed ingannati
 prima dopo eternamente,
 depennati e condannati
 rispediti al gran mittente
 
 sorpresi e già trasporti
 nei nostri rivotorti,
 languenti in labirinti
 tra Minotauri estinti,
 
 e dilania il bianco velo
 
 la metereomachia
 
 [delle correnti ascese,
 
 scontrose in parallelo
 meridiane a nostre spese
 
 Il già detto è ora già fatto
 in un’ora o poco attorno
 e comunque è di contorno
 il commento all’antefatto
 
 Dall’angolo del cerchio l’Acquario a catinelle
 ci si rovescia addosso, sciacquando soli e le stelle
 la giara vuota appende
 e al buio si distende.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Il sapore del sorrisoAnnuso ancora il tuo sorriso
 e l’eco dei tuoi capelli
 avvolge senza fine le distanze
 tra me e te
 
 Capelli troppo lunghi
 perché potessi accorgermi
 che finivano lontano da qui
 
 Mi alleno a stringere il mare:
 devo essere pronto
 casomai ripassassi di qua
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            InquietudineMi sorprendo,
 in questo mattino
 d’alba ancora acerba,
 sperduto.
 Vertigini di vita
 di cui non oso il limitare.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            NessundoveDove sono?
 
 L’eco
 delirante
 del mio affanno
 
 mi scopre in nessun luogo
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Il tuo nomeHo urlato il tuo nome
 a chiunque, nella via.
 
 Mi passavano accanto,
 come si costeggia
 un muro muto e scalcinato
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            ProdigioDi schianto,
 come si spezza una vita
 come si uccide un amore
 come si infrange il cielo.
 
 Di schianto,
 nel fondo di un cammino
 d’ombre stracolmo,
 
 improvvisa,
 una luce!
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Ad ogni tramontoNel canto della notte
 rivivo la tua voce
 che mi chiama
 da luoghi lontani
 bagnati d’aurora,
 bianca come nevi inestinguibili
 sul monte più alto adagiate;
 
 lucenti lavagne
 dove scrivere il tuo nome
 tra fiori senza tempo
 come il mio amore,
 che sboccia
 ad ogni tramonto
 sulle tue labbra di pesca
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Il perdut'amoreL’astio del sorriso
 aggiunge legna al fuoco
 dei tuoi paradossi
 
 e non si dice “t’amo”
 sfogliando un giornale
 o contando chicchi di caffè
 
 né si tira dritto
 se hai promesso
 di fermati un po’ qui
 
 E’ un cielo appeso per la coda
 quello che ci traballa davanti
 e tu che t’illudi di falo precipitare
 quando voglia ne avrai
 
 Saranno solo carcasse di nuvole
 e macerie d’azzurro scolpite
 a dividere i nostri passi spaiati
 e mirati agli opposti
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Tutto è già statoed il presente
 senza età
 diventa infinito
 
 "adesso"
 è come sussurrare
 "mai"
 
 e nel senzatempo
 rincorro un divenire
 perfettamente immobile
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            A lunghi passi d'estatesi affretta il mio cammino
 verso orizzonti promessi
 
 L'illusione
 che si trattengono
 oltre il suo ritardo
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            E' una ciurma di vigliacchiche si affretta
 al far del giorno
 
 In un muto dondolio
 d'inutili pensieri
 l'inespressivo vivere
 di chi dimentica
 in un lampo
 il sogno ancora caldo
 appeso al letto
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            L'esecuzione"Mi sono ucciso
 cento volte,
 disperando il mio imperfetto.
 
 Il cappio è sempre pronto,
 per la prossima esecuzione.
 
 Accanto
 appunti di vita
 sempre più impiastricciati
 per ricordarmi
 ogni volta
 chi nella vita fossi"
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Io"Ho inteso
 il linguaggio delle stelle
 
 la prima volta
 che sono stato Io"
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Di notteAbbiamo contato le stelle
 quella notte,
 
 ci siamo inzuppati gli occhi
 di notte e comete :
 stridevano nel cielo
 come gessetti su lavagne
 
 a anche tu
 come me
 ti sei tappato le orecchie
 per paura di dimenticarne
 il suono siderale
 
 E abbiamo contato i nostri passi
 lungo il profilo lieve della collina
 che baciava quel lembo di blu
 
 e sul fango delle nostre lacrime
 scivolavamo ancora più giù
 sul crinale, tremolante
 di un sogno
 
 Finiremo ancora una volta
 accovacciati nel silenzio
 di un’alba sfacciata
 
 che dimentica troppo presto
 il sacrificio d’astri e pianeti
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Il giorno dopoSono ancora lì,
 dove mi hai lasciato.
 
 Nemmeno il pensiero
 s’è mosso
 
 e l’ombra che si allunga
 disperata
 oltre la mia schiena
 traccia profili di dolore
 lungo i quali sono atteso
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            SamueleTi guardo, mentre corri, impazzito di gioia, nel verde di questo prato che ti 
sembrerà infinito.
 
 C’è aria di limoni attorno a te, quando sfrecci a cento all’ora e spargi colori 
a chi ti sta accanto.
 
 C’è vento, nei tuoi capelli, che soffia armonie di terre lontane e bisbiglia 
parole di nuvole perse nel loro dirotto vagabondare
 
 Ti guardo, e mi scopro incapace di lasciarti, un giorno, la mano.
 
 Immagino la tua vita futura, uomo solo in mezzo ad una vita che ho imparato a 
conoscere nella sua inumana indifferenza, una vita che ti ruba il tempo, che 
frantuma gran parte dei tuoi sogni prima ancora che tu abbai il modo di 
abbozzarne i profili.
 
 Dal giorno che ti ho conosciuto, sfoglio veloce pagine di giornali che gridano 
orrori e spengo una televisione che ha dimenticato che bisognerebbe vivere anche 
di amore e di speranza
 
 Non lo sono, non lo sono mai stato, eppure - lo vedi - divento pietosamente 
vulnerabile e retorico, se ti penso o se mi abbandono nel guardare le tue lunghe 
sopracciglia quando riposi la notte, non lontano da me.
 
 Serro le mani ed ingoio l’ennesimo boccone eppure mi trattengo dal toglierti la 
possibilità di farcela da solo e ti racconto che la vita è bella e va vissuto 
con coraggio, fino in fondo, e che forse in certi giorni bastardo è meglio che 
buono, che a volte l’ egoismo è preferibile alla sensibilità e che voltarsi 
indietro spesso non conviene.
 
 Però…a volte, in certi giorni, spesso. Poi, c’e dell’altro! Non dimenticarlo!
 
 Forse - senza di te - non avrei offerto alloggio a così tante paure.
 
 Forse - senza di te - sarei un altro uomo, non so se peggiore, di certo più 
vuoto e solo.
 
 Corri! impazzito di gioia, nel verde di questo prato che ti sembrerà infinito, 
figlio mio!
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            L'addioNon voltarti
 
 È di schiena
 che s’abbandonano gli amori
 
 Sicuro l’incedere,
 altrimenti bugiardo
 se poi ha in testa
 la fretta del fuggiasco
 
 Perché ti guardo?
 L’ultimo desiderio
 è sempre del condannato
 
 Perché non inverti i tuoi passi?
 
 Sarebbe meraviglioso
 se tu li riaggiustassi verso di me
 
 Sarebbe spietato
 se poi tu guardassi
 oltre la mia testa
 abbassata
 per un attimo di distrazione
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Lama di rasoioNon è stato il morso
 a stupirmi
 
 Né l’affilata lama
 che affondata, veloce,
 nel mio petto
 
 ma il sorriso, innocente
 che mi hai svenduto,
 prima che il rasoio riflettesse la luce
 dell’ultimo giorno
 
 l’ho visto balenare
 assassino
 dietro la tua schiena
 
 Nessun dolore:
 l’addio truccato
 con il rimmel dell’ipocrisia
 aveva ormai ingolfato i miei polmoni
 
 ero un uomo già morto
 quando hai infierito, invano
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            RimaniRimani!
 
 Rimani,
 ancora,
 con le mani tra le mie mani.
 
 Rimani,
 perché domani sarà ancora.
 
 e l'ora sarà per sempre,
 ed ancora.
 
 Ma oltre non sarà
 se di te -
 su di me -
 non rimane
 che scia dissolvente
 d’ombra
 
 ed eco di rimpianto inestinguibile ,
 nel sempre per sempre di queste mura,
 d’improvviso sconfinate
 
 Rimani,
 come io rimango
 Qui, nello sterminato
 ad aspettare -
 di un tuo bacio -
 il rosso presagio
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            La vita è cattivaLa vita è cattiva
 quando vuole esserlo
 la vita è cattiva
 con chi ha deciso di esserlo
 
 Sono fiamme di rogo e dolore
 per molti
 quelle che avvampano
 all’alba della propria vita
 
 è cielo di tormento
 e finto azzurro
 quello che si stende
 bugiardo
 sopra l’esistenza di troppi
 
 è notte senza stelle
 d’inchiostro pesto
 quella che attende
 a volte troppo presto troppi cuori
 alla fine del loro martoriato cammino
 
 Solo una preghiera,
 - io che non riesco più
 a trovare più spazio di fiato
 da quel giorno
 e che troppo mediocre
 affermo che la vita è cattiva
 a volte, troppo spesso, come adesso:
 
 che il buio della morte
 misericordioso
 vi abbia avvolto in un momento
 
 a Ciccio e Tore
 martiri di una vita cattiva
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            TramontoIl tramonto è il luminoso
 ricettacolo
 dove adagiamo i nostri sogni
 non ancora infranti
 
 in attesa che sia di nuovo giorno.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Rivelazione  Ho consumato il mio imbarazzo
 (velocemente, prima che facesse troppo male)
 con frasi sbriciolate
 lasciate cadere come pesi morti
 oltre le mie labbra indecise e semichiuse
 
 Nemmeno io le ho ascoltate!
 Com’è insopportabile il suono della discolpa
 a chi la colpa la conduce per mano
 
 E’ macigno l’ incapacità di perfezionare;
 pesante come il non dar peso
 alla propria superficialità
 
 Lo sguardo,
 curvo sul nulla,
 barcolla,
 mentre le parole fanno silenzio
 o quando inventi le tue ripetizioni
 
 E’ intollerabile riconoscere un amore
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Galassie cannibaliGalassie cannibali, noi
 Lontane un tempo,
 milioni di distanze.
 Catturate, un giorno
 di transito siderale
 e da qual giorno
 ci scambiamo soli e stelle
 precipitevolissimevolmente!
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Se poi davvero esco...Di tedio ammaccato
 in lividi esco
 Nel centro del centro
 del nulla, mi mostro
 
 Bisbigli e sbadigli
 sbadato intercetto
 tra portici ed angoli
 annuso il già detto
 
 Io, sotto il fuoco
 dei dirimpettai:
 Sguardi bugiardi
 Siluri dai muri
 schivo d’istinto
 e distinto costeggio
 
 Un cielo, dal cielo,
 mi diluvia addosso
 chili di gocce
 goccianti e ripiene
 di rumoroso liquidio
 
 Squadro, bilioso,
 rigagnoli irrequieti
 e smaniosi:
 esili filamenti, ancora
 lungo l’asfalto
 di questa catramosa città;
 a breve fiumi in piena
 in fragorosa rincorsa
 verso il mare interminabile
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            MeravigliaLa luce al tramonto
 di luna si tinge:
 sentiero tra arazzi
 di nuvole eteree
 
 Negli occhi d'azzurro
 amore ti adorna.
 Gli estremi confondi
 e quel di me che tu nutri
 
 Sul mondo mio plani
 meteora ed incanto;
 del suono più terso
 t'annunzia il fragore
 
 Primordi ancestrali
 d'istinto e dolcezza
 tra campi d'autunno
 e tormente di stelle
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Natura 6. (Haiku)Verdi sussurri
 risvegliano il bosco
 Alba d’aprile
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            EsiliandoSognai sapori che non so
 bevvi tramonti a fiumi
 nuotai silenzi altissimi
 sfiorai le vesti di un addio
 
 Tra boschi in canto naufragai
 sopra deserti grandinai
 quando il pensiero, il limite
 del consentito, abbandonò
 
 Perdutamente mi trovai
 sorrisi in lacrime sgorgai
 pianure eterne riposai
 sfuggendo il vento che era in me
 
 Raccolsi un bacio che mai avrò
 su ciglia d’ombra trasvolai
 quando il pensiero, il limite
 dell’ordinario, abbandonò
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            la festa de' BorgBerci di fanciulli riecheggiano argentini
 sul chiostro ormai abbuiato dal vecchio campanile
 e sul nel ciel rincorrono, a mo’ di rondinini
 i tocchi che dall’alto si posan nel cortile.
 
 Nel fondo ciottoloso si affrettan quasi in coro
 i passi delle donne chiamate al vespertino
 ritrovo di preghiera, e con gentil decoro
 traversano la soglia col capo cheto e chino.
 
 Si allungano le ombre sui muri tinti a festa
 e paiono giocar coi volti della storia
 che in variopinte strofe ci cantano le gesta
 che il Borgo han fatto insigne e di lunga memoria.
 
 Nell’aria freme e frigge un’impaziente attesa:
 un ultimo ritocco, quell’altro non si trova…
 Speriam che il tempo tenga , sennò sai che sorpresa!
 Lo stesso batticuore, che sempre si rinnova!
 
 Tra i tetti arruffa e sbuffa un pingue fumo bianco
 e sale, sale, e con se porta sapore e odor di brace.
 Tra i vicoli silenti s’aggira, pigro e stanco,
 un cane vagabondo, cercando un po’ di pace.
 
 Dal serpeggiante mantice saltellano le note:
 son prilli melodiosi e dolci piroette
 [di danze romagnole;
 risponde una grancassa che, là, si ripercuote.
 Al limitar del parco s’avvampa, e muore, il sole
 
 Rigurgita la calca tra i vicoli addobbati
 e pare un rivo in piena che ruzzola nel mare.
 Di sé fan bella mostra gli arredi assai agghindati:
 dagli antri delle ville si lasciano ammirare.
 
 Nel cielo di pervinca si compie il gran finale:
 mirabolanti fiamme e roghi sfavillanti
 tra solchi di comete come divin segnale
 lambiscono corolle di fiori scintillanti.
 
 Un guizzo luccicante, un oooohhh di meraviglia;
 il bimbo sulle spalle che indica il tripudio
 di luci e di colori che in alto s’aggroviglia:
 che sia del suo futuro lo splendido preludio.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            VivificazioneAmo il cielo sereno e limpido
 quando appare ai miei occhi -
 di trasparenza e abbandono assetati -
 come uno sconfinato lago capovolto
 le cui rive non distinguo
 lungo i perfetti margini
 di azzurra luce accecante
 
 Eppure di più amo
 gli spumeggianti, chiari pertugi
 di celeste radioso
 che s’affaccia tra i profili consunti
 di un’ormai dissolto acquazzone
 
 e come vernice che sa di aria
 d’alta quota ed eterei bisbigli
 si versa e si distende
 – graduale –
 tra gli incavi ed i vuoti
 di un cielo vivificato
 dal buio frastuono di mille lampi fa
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Il canto di OdinoIl bianco, spaventoso destriero
 tre volte tre notti cavalcai furioso
 allorché il tronco senza fine
 in otto possenti arti tramutò
 le sue abissali, ferrigne radici.
 Da altrettante lune nel vuoto
 oscillavano al gelido vento
 le digiune mie membra, di sete
 e di fame straziate, di lancia trafitte
 e di conforto spoglie.
 Lo sguardo ancor illeso in basso gettai.
 Il mio grido squarciò la siderale quiete.
 Dunque, a terra caddi!
 Di saggezza gli arcani segni afferrai
 per comprenderne il profetico sussurro.
 Orbo mi fece il pegno in cambio del potere
 quando a Mimir chiesi di saziare la mia sete.
 Nove canti di magia dal suo capo appresi
 e le rune intinsi dappresso la sua fonte
 ove il sapere zampilla e la memoria sgorga
 In bramosi sorsi bevvi il prezioso sidro
 perché fluisse in me senno e conoscenza.
 Della natura gli oscuri segreti intesi
 e come tuono assordante
 la sapienza al mondo consegnai
 in canti e parole vibranti nel nulla
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Nauseabonde sensazioni d’oblioNauseabonde sensazioni d'oblio;
 
 malinconici pellegrinaggi
 
 tra i santuari della mediocrità
 
 che non ha vette né abissi
 
 né crepuscoli od aurore
 
 e per i cui stanchi sentieri
 
 solo l’inerzia mena la via.
 
 
 
 Gruppi di spauriti eroi
 
 consumano stagioni a ragionar
 
 di gesta andate e mai vissute;
 
 in cerchio riposano le membra
 
 che mai fatica o privazione
 
 ebbero a sapere
 
 cantando i dì a venire
 
 tra cimiteri di mulini a vento.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            NuanceNon cercare di capire
 ciò che è difficile sentire;
 Tu vorresti dare
 un senso ad ogni cosa
 e intanto tutto passa,
 inesorabile,
 davanti ai tuoi occhi.
 Sequenze interminabili
 di immagini sfuocate
 miriadi di colori
 che si rincorrono l’un l’altro
 ma che assieme danno solo
 una fredda, luce bianca.
 E tu lì, che vorresti, invece,
 catturarne almeno uno:
 il verde, magari l’azzurro o l’arancione
 
 Tutto ciò non ti è concesso ancora!
 Eppure sei nel giusto!
 Il sentiero è quello buono!
 La sfumatura è il senso della vita.
 Dicono che il profilo di Gesù
 assomigli alle curve del cuore
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Ora come alloraOra come allora
 tra le braci palpitanti del tramonto
 che rischiarano d’infinita meraviglia
 e luce incandescente l’orlo del mondo
 dissemino i miei sogni in mirabolanti
 e caleidoscopici frammenti
 
 come tizzoni ardenti di mai sopita attesa
 avvampano nel fondo terso del cielo
 che balugina estremo in faccia
 al buio inchiostro della notte
 
 in esili refoli profumati
 di chimeriche fragranze
 si disperderanno oltre il confine
 al di là del quale altri cieli
 li accoglieranno tra le proprie
 inesplorate, imperscrutabili rotte
 e sconosciuti riflessi di inviolate stelle
 ne illumineranno l’incerta scia
 
 ora come allora
 accanto all’ombra incerta del mio pensiero,
 che tra le onde smeraldo di questo prato
 il tormentato divampare affresca,
 il barbaglio sfavillante
 di pupille sempre accese
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            BoscositàParole resinose
 e sospiri in sottobosco
 Brusio di muschio
 e ciarle di fogliame
 Diatribe tra radici
 barbose e allampanate
 Sparate di virgulti
 e germogli fanfaroni
 Mormorii di quercia
 nell'ombra rimbombanti
 
 L'azzurro gocciolio del cielo,
 su stille di rugiada
 
 Il chiacchiericcio cupo delle bacche,
 tra i gomitoli di rovi asserragliate
 
 Il rintocco del silenzio
 Il sonno denso delle pietre
 Il limpido sciacquio della sorgente
 L'inerzia, acquosa dello stagno
 Il giallo sorriso delle corolle spensierate
 Il verde profumo della quiete silvestre
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Mai più dolci stagioniMai più dolci stagioni
 Solo inverni, ed infiniti ancora.
 
 Liberi, oramai
 sono del despota i giannizzeri
 e quali belve feroci
 per i sentieri delle anime serene
 infuriano
 e gli ultimi fuochi a spegner vanno
 
 Addio Luce!
 Non filtra più il benigno sole!
 I suoi raggi,
 respinti dall’ ignobile matassa,
 precipitano - sterili dardi -
 negli abissi senza fondo della notte
 che tutto inghiotte
 
 Mai più dolci colori
 a dilettare gli spiriti
 mai più terse parole
 a dissetare le menti
 né musiche sublimi
 suonate al Creatore.
 
 L’ultima fortezza è gia caduta
 sotto i colpi del fiero condottiero.
 Sprezzante ed altero
 dalle vette del Suo Mondo
 osa schernire l’Altissimo!
 
 Cuore mio, rassegnati!
 E tu, Dio!
 Se vorrai, un giorno
 squarciare quest’empio cielo
 Perdonami!
 per aver chinato il capo troppo presto.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            La faloppaScolora la notte
 i lembi dello stagno
 allorché il giorno
 consumato
 volge altrove
 lo svigorito sguardo.
 
 L’ultimo fiato
 d’aria putrefatta
 lambisce spiccio
 il fradicio falasco;
 dovunque
 annega e sprofonda
 tra onde oscure d’ombra
 la fosca malafitta
 
 Qual falbo baco
 la vita mi appare.
 Che, di fatica vinto,
 nel putrido pertugio
 silenzioso spira.
 E stride accanto
 di pietoso stropiccio
 la faloppa abbandonata.
 
 Sogno d’ali infranto.Il pescatore d’onde
 Non solcherò il tempo, questa notte
 ma nelle secche dell’inquietudine
 incaglierò l’appiccicoso legno
 e lì dissiperò i miei talenti insonni
 Su rivoli di comete che svaporano in cielo
 getterò, indolente, le mie reti
 pescatore d’onde e di correnti polverose
 e gusterò il silenzio che stride oltre il giaciglio
 eco già lontana di palpebre socchiuse.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            AgoniaD’ algoso scialacquio
 fermenta la risacca
 Afona e lorda
 l’onda
 tra rantoli di spume
 si accascia
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Fino a dove…l’orizzonteFin dove arriva il mio sguardo di pietra
 carico di sogni fracassati
 che sparpaglio lungo quel cammino di pensiero
 che dal centro dei miei occhi
 centra il centro esatto del profilo lucente
 di un orizzonte consumato e liso
 dal troppo immaginare
 
 fin dove arrivano le mie parole
 mai pronunciate e per sempre serbate
 che rimbombano di tuono
 nel fondo dei miei abissi
 che un giorno, forse, scandaglierò
 
 fino a là, fin dove giunge ancora
 seppure stremata e consunta
 la mia fame di illusione
 la notte è sempre colma di luce d’astro
 di silenzi e melodie d’infinito
 e sorgenti di calma stellare
 
 là, tra le sue accecanti ombre siderali
 trovano asilo quei miei sogni infranti;
 li attendono cure e carezze
 premure e bisbigli di speranza
 prima del nuovo viaggio
 forse l’ultimo dei tanti
 od il primo d’infiniti ancora
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            Samuele(a mio figlio, con profondo amore)
 
 C’è vento nei tuoi capelli
 che soffia armonie di terre lontane
 e bisbiglia parole di nuvole
 perse nel loro dirotto vagabondare
 
 C’e rubino nelle tue labbra
 dall’abisso del pianeta
 più lontano trasportato
 sulla scia della cometa
 custode dei tuoi scrigni;
 abbaglia spazio e stelle
 d’infiniti andate e ritorni
 lungo i sentieri dei tuoi sogni.
 
 C’è lampo di sole
 che grida fiamme di gioia
 nella luce dei tuoi occhi.
 Rosa d’alba s’accende
 onde d’arancio e tramonto
 vi sbocciano
 e s’infrangono
 sull’orlo del tuo sguardo.
 
 C’è suono d’amore
 e profumo di limoni
 quando sfrecci a perdifiato
 e spargi colori
 tra chi ti sta accanto:
 il verde di bosco;
 il bianco del latte di neve
 e della schiuma effervescente
 di cavalloni in festa;
 l’argento scintillante
 delle stelle pullulanti
 all’estremità del mondo;
 il giallo avvolgente del grano
 tra torride folate in festa
 su distese a perdifiato;
 l’azzurro trasparente e profondo
 del mare sconfinato.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
            L'amore pensatoL'amore pensato....cos'é?
 
 due sguardi che in eterno si mancano
 frasi a memoria ricacciate per sempre nel cuore
 percorsi consumati fino al penultimo metro
 granai zeppi di lettere mai spedite
 e fiori d’estate appassiti giù in fondo.
 
 è il troppo presto o il troppo tardi
 è l'angoscia del salto nel vuoto
 la paura per quel che potrebbe...
 
 è l'attimo esatto in cui
 finalmente
 hai deciso ed alzi i tuoi occhi.
 
 Ma il vento è passato e ci sei soltanto tu!
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
          Un nuovo giornoSul vento che odo soffiare dal mare
 mi arriva il profumo di onde a me care
 Ad ovest la luce mai prende commiato:
 è come un sottile lucente loggiato
 
 Oh cuore mio!….Esulta e canta alla gioia!
 S’avvampan le stelle perché tu non muoia.
 Ardete di nuovo….oh torce sospese!
 Le brezze dei sogni vi tengono accese.
 
 Intanto da oriente la luce s’ espande
 Su grigi declivi e brumose lande
 Un nuovo domani s’appresta alla soglia;
 di un mondo migliore già il seme germoglia
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
          Le stanze di MorfeoM'accampo ogni notte al margine del sogno.
 Attendo il solco luccicante dei tuoi occhi
 sgusciare via dall'ombra, oltre le stanze di Morfeo.
 Avvolta tra crespe di sete stellate ti porterò con me
 la prima notte che destarmi vorrai
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                             
          QuieteD'improvviso
 la trasparenza serena di stagni stellati.
 Fresche crepe, tra nubi cemento,
 di limpido buio sgorganti.
 Attimi di quiete cristallina lampano in petto!
 Ambulacri siderali ove l'anima,ammorbata,
 rianimare dopo tanto dirotto gocciolame.
 
 Non Domani,
 ma a Breve dal Già,
 la luce di luna che staglia la notte
 e la ingombra di macerie gassose
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        L’aceroLo incontrai l’ acero ancora acerbo,
 di buccia bigia e chioma espansa,
 al margine del corso.
 Verde lucente, ancora,
 la fronda al biondo estivo sole
 presto ocra od arancio, all’autunno immolata.
 Allora, presso di te, fiaccola arborea,
 tornerò a scaldarmi
 quando avvamperai di foglie fiammeggianti
 contro un cielo zaffiro
 tra accesi crepuscoli di malinconia palpitanti
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Sinfonia d’autunnoLe note del piano accarezzano la nebbia
 immobile, oltre la finestra.
 Dita sottili su gradini d’avorio
 
 arrampicate e filari d’acciaio
 in morbida melodia, vibranti.
 Risuona di velluto, accanto, la bruna viola;
 il caldo, suo, respiro versa tra le stanze
 e accende polverose memorie in bella mostra.
 S’agita la bruma e rimestano i vapori
 Si aprono pertugi. Si sfrangiano,
 in languide parabole, gli evanescenti drappi.
 Stilla, l’aria, di lacrime umidose;
 si accendono di luce al palpito del sole
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        La vampaBrilla e favilla la fiamma che avvampa
 Arde e corrode contorce e divampa
 Si avvolge e avviluppa sul canto del vento
 Si scuote e si sfascia in rovente lamento
 Di bragia e tizzone si strugge incessante
 Si sfila in garbugli di fumo accecante
 Che sale e che scende in gomitoli opachi
 E appanna la fiamma con bigi ricami
 Nebbiosa e odorosa che intorbida e imbratta
 Incendia la carta e attorciglia la latta
 Tra sbuffi di zaffiro frigge lo zolfo
 E ingombra il camino di torbido ingolfo
 Smargiassa e sbruffona dell’ombra si burla:
 appresso a lei prilla si avvita e le chiurla!
 In crepiti e schiocchi s’avvinghia col ciocco
 Che sia di castagno, di quercia o albicocco
 Di bianco o di rosso, gialletto o celeste
 tra smorfie e sberleffi s’agghinda la veste
 Tra dune fumose di cenere, giace
 qual gemma lucente di fulgida brace.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        OmbraDanza d’ombra
 e rimandi di luce
 l’antico muro ingombra
 tra gli aspri pruni induce
 il tuo corpo, dal meriggio accennato
 profilo sinuoso, ondeggia
 lieve, sul verdiccio prato.
 Di beltà, armoniosa scheggia
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Il cielo dentroPerché nel cielo che ho dentro
 possano per sempre volare i coriandoli
 [della mia fantasia
 tra nuvole raminghe soffiate oltre
 nel valzer dei venti
 dove aquile dalle piume d'argento
 gridano la mia gioia
 nei barbagli di un tramonto
 che si scioglie dentro il mare
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Il dolce far nienteChe è dolce, il far niente...lo dite voi!
 Sappiate che è un'arte, un arduo mestiere
 volar con le rondini restando a sedere
 o sol con la mente sconfigger gli eroi!
 
 far muovere l'ombra col cenno del capo
 piegare la luce con gli occhi socchiusi
 mutare il banale in archetipi astrusi
 contar fino a cento e rifarlo daccapo
 
 Viaggiar col pensiero fin in capo al mondo
 ragionare sul pianeta, se è piatto o se è tondo
 sbranarsi le unghie con sommo talento.
 tracciare nel cielo un cerchio perfetto
 
 Potrei continuare fin oltre il tramonto
 son tanti gli impieghi del dolce far nulla
 e se attentamente vi guardaste attorno
 vedreste un esercito che si trastulla!
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        In teSenza tempo qui
 Mi immergo nel tuo già.
 Di luce vivo
 "PerchèPerché è luce che arde
 il vento che muovi
 
 Perché è sussurro di viola
 l’alfabeto del tuo respiro
 
 Perché è profilo di mare
 lo sguardo che posi
 
 Perché è rosso d’alba
 il sorriso che schiudi
 
 Perché è cascata di stupore
 l’onda dei tuoi capelli
 
 Perché è fruscio d’assenza
 tutto ciò che indugia
 quando non sei con me"
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        SoloGiorni d'inverno.
 Nuvole di fiato
 raccontano di te
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Natura 1Voce del mare
 Azzurro mormorio
 dell’orizzonte
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Stagioni 1.Cielo d'Orione
 tra nuvole in corsa
 laghi di stelle
 Stagioni 2.Il bianco silenzio
 d'istanti innevati
 Quiete d'inverno
 Stagioni .3Giallo di foglie
 rifulge tra i viali
 Luce d’autunno
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        L’attesaS’agita il pioppo, scosso nell’aria:
 ogni suo ramo pare sconvolto
 e geme battuto dai crolli del vento.
 
 Nubi ricolme rabbruzzano l’aia;
 mormora il bosco che oscilla contorto.
 Dal campanile rintocca un lamento.
 
 Gorghi di foglie frusciano in cerchio
 l’anatra, inquieta, pencola appresso.
 Lungi dal monte s’ode un rimbombo.
 
 Cigola, freddo, su la fune il secchio;
 oltre il profilo del nero cipresso
 frulla, nel buio, un bianco colombo
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        AlbaQuando l’aurora si affaccia arrossendo
 e la rugiada stilla in rintocchi,
 nell'immoto silenzio che indugia nell'aria
 l'ultima stanca, flebile stella s’attarda in scintille
 e come inghiottita dall'alba si scioglie nel cielo.
 
 Battiti d'ali esplodono in frulli;
 lungi, le nubi, complottano in crocchi.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        FineHai lasciato una scia di pensieri
 camminando via da me
 
 Ritagli taglienti di emozioni
 sparsi dietro i tuoi passi
 briciole di amore frantumato
 pesanti come massi di dolore
 e macerie scomposte
 del tempo nostro, insieme
 consumato senza fiato
 in un battito, interminabile, di ciglia
 
 Lontano da me si estingue
 in refoli sempre più indecifrabili
 l’intenso rosa del tuo odore
 
 E' cielo di pervinca
 che brucia in fondo al giorno:
 rogo di rimpianto
 sul quale il mio amore s’immola
 tra fiamme che scintillano lamenti
 
 Suono di cenere si disperde
 nell’orizzonte opaco e lacrimante
 dove sfuma il tuo profilo
 troppo distante, oramai
 per udire il mio “ti amo”
 gridato per sempre
 ed ancora
 oltre ed al di là
 della fine di un amore
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        La prima stellaPrilla il barbaglio della prima stella
 che appesa a ponente incanta la volta
 
 Si scioglie il tramonto in un pallido rosa
 che tinge ed imbratta la fine del giorno;
 appresso, tra poco, uno sciame di astri.
 
 S'accende la notte di tremule fiamme
 e luna si mostra qual esile tratto
 che incrina la tela del cielo profondo:
 
 pare una coltre appoggiata sul tempo
 celante una luce che, immensa, là regna
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        CobaltoRischiara ancora in bocca
 il gusto del cobalto
 di questo cielo disteso
 come lucida tappezzeria
 di trasparenze densa e trasudante
 
 D’azzurro palpitante
 ho pieni i polmoni
 Respiro il silenzio
 che si trattiene, morbido
 oltre il sublime tracciato
 di montagne cristalline
 
 È l’eco del mio cuore
 che tratteggia chiaro
 sull’orizzonte zaffiro
 il riverbero del suo battito:
 silenzioso grido di vita
 sussurrato tra campi di luce
 e gocce d’anima in tormenta.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        SettembreVaio,
 come l'uva settembrina
 che ciondola
 vanesia
 in sugosi grappoli,
 ci parla il cielo
 dal suo covo
 d'orizzonte
 
 Tra le oblique schiere
 di marziali filari
 la gioia scolora.
 Svapora in cirri
 di malinconica trama
 la nostra allegria
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Briciole di scheggeFrantumo oltre il davanzale
 questo mio pensiero
 rabberciato alla meglio
 sul sentito e sul vissuto
 
 Se ne udranno
 solo quisquilie incompiute
 dissonanze afone
 ruvide come graffi
 su alabastri
 a tratti squillanti
 come stelle in caduta libera
 esalando il loro ultimo
 accecante respiro.
 Non turberanno affatto!
 la sacra quiete dei non udenti
 
 Infrango la mia angoscia
 oltre il vetro
 intatto della finestra
 briciole di schegge
 precipitanti
 pesano come coriandoli
 nella grigia mezz’aria
 dell’aria di città.
 Si ricompongo
 impercettibili arabe fenici
 sull’altare pericolante
 innalzato al mio cuore
 
 Attendo ancora
 il freddo tifone di cristallo!
 per un tempo
 le mie foschie disperderà
 facendone eccentrici garbugli;
 in fantasie nebbiose dilatanti
 potranno, finalmente
 al suolo sfracellarsi.
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        Il dolore di teHo velato l’orizzonte
 con mano abbacinata
 dalle scaglie palpitanti
 di un quasi tramonto
 in un giorno da disimparare.
 
 indugiano le dita
 come tapparelle socchiuse
 si insinuano, alacri,
 nastri di luce irrequieta
 come lance tra feritoie
 putride dal troppo diluviare
 
 Hai velato il mio cuore
 d’organza e parole
 trascurate non appena forgiate
 o sussurrate;
 o taciute e poi cristallizzate
 come stalattiti
 di tormento e di rimpianto
 che il lacrimoso gocciolare
 mio sagoma ed eterna
 nell’antro invisibile
 e sconfinato
 del dolore di te
 
                                                                                                                         
                                                                                                              
                        UmbriaOndulanti profili
 leggiadri, di verde
 ammantati
 ove note antiche
 risuonano ancora
 nell’aria silvestre
 e tra i filari
 di grappoli al sole
 d’autunno fiammeggianti
 Già di santa condotta
 preziose cornici
 e di sacri silenzi
 fedeli astanti
 e custodi
 
 Dal lontano
 e discosto mare
 l’arido vento si affretta
 d’ombra assetato
 tra fitti e tormentosi
 anfratti di collina
 e fauce boscose
 di melodiose sommità
 e sul terso gorgoglio
 di ruscelli sereni
 s’ appressa a placare
 la straziante sete
 
                                                                                                                         
                                 AnniversarioNel bagliore bollente
 di un pomeriggio
 di piena estate
 tra le svanenti
 accecanti
 parabole di sabbia
 ed il suono dell’onda
 che rinfresca l’arido spazio
 stremato
 oltre la risacca
 io nella mente
 e nel tempo dell’oggi
 ti rincontro
 ancora una volta
 come quel tempo lì
 e come allora di nuovo
 sei nuova venere
 che dall’acqua appare
 e sbiadisce d’incanto
 il mondo
 ed i suoni
 le voci e i pensieri
 d’intorno
 
 Tale a quel giorno
 porta con se
 negli occhi
 di verde miniati
 l’eco del mare
 e l'azzurra meraviglia
 e l'incantato mistero
 dei suoi profondi abissi
 che affiorano
 dal suo sguardo
 lievi
 come dolce sussurro
 
                            
                    L’umido rintoccoL’umido rintocco
 sul davanzale bianco
 s’infrange in millesimi
 e ricade tra rosai
 di pulviscole gocce
 
 e’ come un sudario
 d’insopportabile pesantezza
 l’aria che ingoio
 sotto un branco denso
 di nubi gravide e fuligginose
 pronte a straboccare
 
 fatica il pensiero
 s’attarda e si perde
 da subito
 negli umori viziati
 della torbida terra,
 di oleose paure
 tracimante
 
 abbasso le palpebre
 come saracinesche
 sulla vista che soffoca
 ed in fretta scolora
 immobile esausto
 attendo diluvi
 e rovesci
 come panno da lavare
 
                            
                                  
                                          
                    MimmaDal fondo delle tue discese
 di capelli a perpendicolo
 di tempra e lucentezza bronzee
 come gomene di vascello
 scruto altezze e sentieri
 intrecciati o mossi
 da parole e sorrisi d'alisei
 
 abbaglio arrampicate
 e salite a sorpresa
 su fenditure pulsanti
 di cuore o fra tornanti
 e rapide di arterie
 come autostrade scagliate
 verso il tuo cuore
 
 inforco svolte alla cieca
 di gomiti marmorei
 e ginocchia che Fidia
 in visione estatica sognò
 di rosa tinti o paonazzi
 da fiaccole d'alba
 o accarezzamenti di rosai
 o trasvolate di organze
 di malve fiammanti intessute
 
 su labbra di porpora
 come terrazze coralline
 nel vuoto sospese
 mi sollevo e respiro
 aria azzurra di cielo ed annego
 l'ultima scaglia di senno
 nel verde lago dei tuoi occhi
 
 l'eco del mio amore dissennato
 mi torna appresso in cerchi perfetti
 
                            
                    Amore come mareLungo le rive
 del tuo pensiero
 scorre trasparenza
 di profondo fluire
 
 Fronde odorose
 dissetano le verdi sporgenze
 su quel tiepido
 e sereno fluire
 
 Solo intermittenti
 gorghi di candida schiuma
 s’accendono vivaci
 come acquatiche girandole
 dalla tua inesauribile energia
 nutrite e provocate
 
 T’aspetta il mare.
 Madre oceanica
 grembo che tutto placa
 e tutto agita
 con marose carezze
 e grida di frangenti;
 
 Mare che accoglie mare
 madre che accoglie madre
 vastità
 di inesauribile mistero
 attende vastità
 di inestinguibile virtù
 
 Dalla spiaggia
 del tuo mare
 amore verso
 e d’amore mi immergo
 e mai vedo il fondo
 della tua abissale bellezza.
 
                                         Ciò che siete per 
                                  me(A Mimma e Samuele, con profondo amore)
 
 Acqua che bagna e disseta
 i miei più aridi sentieri
 e le ombre assetate
 di umidi pensieri
 
 vento che asciuga
 i rivoli contorti e sospirosi
 di chiare lacrime precipitanti
 verso abissi di memoria immobile
 
 tiepido fiato di sole
 che scioglie barricate di ghiaccio rapprese
 innalzate a strapiombo su profili di labbra e 
                                  tendini
 come versanti di vette irraggiungibili
 dove bufere assordano l’aria
 con fragori di grigio silenzio
 
 Questo siete per me
 
 Amore da abissi primordiali generato
 e tra gli spazi siderali
 instillato su rotte e meridiani
 da tenerezza ed affetto tracciati
 
 chiarore che si schiude
 dal fondo di una notte fonda d’estate
 ed accende il cielo d’orizzonte;
 lunga luce che non muore mai.
 
                                          
                                  
                                  TricoloreStille di pioggia
 Su declivi bruciati
 arsi dal fuoco
 di cento battaglie
 spazzati dal vento
 di mille lamenti
 scendono
 grondano
 scivolano
 adagio
 adagio
 a mescolarsi
 scambiarsi
 e confondersi
 con gocce di sangue
 ancora stillante
 dalle crepe
 di martoriati pendici
 e straziati altopiani.
 Linfa vermiglia
 di giovani cuori
 nati già eroi
 imporpora l’erba
 di verde rigoglio
 dall’altra parte del prato
 oltre la bianca rena di collina
 Di lontano, da quassù
 quel lembo di terra
 appare ai nostri occhi
 velati da un pianto
 di dolorosa e fiera memoria
 quale immacolato tricolore.
 
                                                            
                                  Il cielo dentroPerché nel cielo
 che ho dentro
 possano
 per sempre
 volare i coriandoli
 della mia fantasia
 
 tra nuvole raminghe
 soffiate oltre
 nel valzer dei venti
 dove aquile
 dalle piume d'argento
 gridano la mia gioia
 nei barbagli di un tramonto
 che si scioglie dentro il mare
  Il mistero della 
                                  vitaCicli di vita
 fugaci
 brevi
 come battiti di ciglia
 Ferite aperte nel cuore
 che avvampano per sempre
 Amori sussurrati
 impalpabili e fumosi
 sospinti via
 da vento sordo
 inesorabile
 Lacrime stillanti
 per gioia
 o per tormento
 battono
 controsole
 e le nostre persiane
 in sferzante
 luccichio
 Grigi silenzi,
 vasti come mare,
 di anime sospese.
 
                              
                                                                                           
                                  Su piane nere"Su piane nere
 di macerie incenerite
 dalla polvere ardente
 che guerra
 ovunque
 sparge
 nasce
 e fiorisce
 ancora
 d'infinito ritorno
 la fenice di vita
 Vele di speranza
 e di amore
 sorridono
 increspate
 dal soffio della Fede
 sul mare del riscatto
 Alito d'uragano
 che grida e purifica
 Schiuma di flutti
 Che scroscia
 impetuosa
 e disseta
 le ombre
 aride
 dei nostri loggiati
 a picco sulla vergogna
 dove paura e peccato
 stridono e sporcano
 il bianco suono di campane
 di primigenia pace
 
         
                                                               Pasqua di vitaRimbomba il dolore
 buio ed assordante
 tra le macerie del Golgota
 Tracima sul mondo
 lo sguardo vuoto
 e folle dell'oblio
 Terra riarsa e calpestata
 spazzata verso il fondo
 da turbini e lamenti
 Soffoca e scolora
 la piana dei peccati
 Sferza
 l'urlo di morte
 quel mare naufragato
 
 Poi
 luce dalla pietra
 (sepolcro di carne)
 Irrompe, grida
 La notte muta
 e deserta
 squarcia
 Ombre quasi di alba
 tremano
 al pallido alito
 di stelle assopite
 Luce
 che si increspa
 in mormorio
 tra le rapide
 Diventa cascata
 di suoni
 Coro di luce
 Canto di fede
 Voce di vita
 che umilia la morte
 Ovunque
 di infinito
 abbaglia
 risplende
 riempie
 rischiara
 risuona
 consola
 Ti veste
 di amore
 e di salvezza
 eterni
 
                                                           
         La colpa Ti ha trafitto
 il vento
 quando l’anima
 al sole
 denudasti
 Stremato e consunto
 dal forsennato tuo
 delirio
 di scorie malvagie
 Ad uno ad uno caddero
 pesanti
 i bianchi suoi petali
 pezze nere ormai
 di catrame appiccicose
 
 Ti ha dilaniato
 la luce
 quando sbucasti
 dal buio
 ed insano
 pertugio vitale
 dove nutrivi
 di stenti nocivi
 e molliche viziate
 la coscienza degradata
 e di bagliori spoglia
 
 Ti ha crocefisso
 il grido
 della terra torturata
 intrisa e germogliante
 di anime straziate
 Steli cagionevoli
 penduli e stanchi
 dall’acciaio sordo
 del tuo grigio respiro
 d’alito ferroso
 e senz’anima
 
 Ti ha accolto
 un lampo
 di pietà abbagliante.
 Bianco lenzuolo
 di fresche pieghe
 increspato
 avvolge il tuo cuore
 malato e vuoto
 come canna di palude
 di melma incrostata
 e trasudante.
 Dall’amore avviluppato
 strangolato, spremuto
 si scioglie
 e gocciola lacrimoso
 nel fondo
 Si perde tra gli scoli
 in mormorii
 e tormentati rivoli
 di vergogna e pentimento
 
         
                                                 
   
         A Tommy [per non dimenticare]Stella diventerai
 nuvola di panna
 che si culla nel cielo
 sarai vento
 che freme tra le fronde
 sarai mare
 che bagna
 l'infinito orizzonte
 sarai luce
 che illumina l'eterno
 sarai amore
 che donerai
 dal principio
 all'infinito!
 
         
                             
   
    
         
    
         
   
   
                             
   
         Il tuo domani"[a Samu]
 
 Un tiepido sole
 tinge, da breve,
 l’aurora del tuo cielo.
 Come fulgida peonia,
 all’orizzonte
 di quest’alba fantolina,
 appare.
 
 Di carezze,
 calendole,
 le fresche guance
 sfiora.
 Pennellate di rosa
 stillanti
 che accendono
 affettuose
 l’irrequieto sorriso.
 
 Oltre la fulgente,
 lieta soglia
 del tuo
 venturo
 corso
 danza il cielo,
 in onde di giacinti,
 d’azzurra allegria.
 
 A distese
 vi brillano
 sciami luccicanti
 d’ardenti girasoli:
 sfavillante roteare
 di bionde girandole.
 Gioia degli occhi tuoi.
 Lanterne sempre accese
 sul sereno,
 tuo,
 domani"
 
            
                     
   
  
            
                    La verde età"Rivivo sensazioni
 Illumino particolari
 Malinconico resisto
 al tempo - mio - Domani"
  Lungi"Ma, così!
 Voglio essere:
 Lungi
 dal rombo del chip
 che tuona
 di silicio
 silenzioso
 e sgrana
 in rantoli
 lividi
 sussurri virtuali.
 
 D’inchiostro
 sbafferò
 i miei T’amo
 stilografici
 per Te
 serbandoli
 allo stremo
 da colpi sordi
 di pallide tastiere;
 
 e sposserò
 i sensi
 d’inesprimibili silenzi
 annegando
 tendini ed umori
 nel poltiglioso pantano
 di chiare e disperse
 vastità silvane. "
 
         
                             
   
    
         
    
         
   
   
                             
   
    La faloppa "Scolora
 la notte
 i lembi dello stagno
 allorché
 il giorno
 consumato
 altrove
 volge
 lo svigorito sguardo.
 
 L’ultimo fiato
 d’aria
 putrefatta
 lambisce spiccio
 il fradicio falasco;
 dovunque
 annega e sprofonda
 tra onde oscure
 d’ombra
 la fosca malafitta
 
 Qual falbo baco
 la vita
 m’appare.
 Che, di fatica
 vinto,
 nel putrido pertugio
 silenzioso
 spira.
 E stride
 accanto
 di pietoso stropiccio
 la faloppa abbandonata.
 Sogno
 d’ali
 infranto"
 
                           
                      
   
  
                            
                      
   
      Il cerchio d’oro"Lungo il fiume guizzano fiammelle
 e nell’onde si riflettono, di smania
 sfavillando in inquieto luccichio.
 
 Gente dell’acqua che traversa
 il germogliato manto e di profumi
 avvolge le eburnee vesti, a stento
 increspate dal bisbiglio del vespro
 
 e mute nel guazzo intingono le membra;
 Della superba Mani, le gote indorate
 danzano in gorghi sul ritmo vetusto
 di arcane parole forgiate in suo nome.
 
 Ancelle sinuose ondeggian leggiadre,
 tra asprezze di scoglio, sul letto del fiume.
 Auree custodi del cerchio d’orato
 ne veglian la dote da intenti malvagi.
 
 Incantevole suono, chiaro si espande
 nel cupo fondale, tra arborei giacigli,
 su rive grondanti di stille fatate
 in anfore argentee raccolte e serbate"
 
         
                             
   
    
         
    
         
   
   
                             
   
    
                            
    La caccia"Gelido buio d' inverno
 
 Sull' altopiano stellato m'intingo
 
 Il Gran Cacciatore già affiora,
 felino, tra fronde celesti,
 appresso alle taurine Iadi
 
 Commossa, la volta, trasuda
 di stille accecanti
 
 Tremule braci appaiono
 agli occhi miei, lacrimanti"
 
                           
   
   
                             
   
    
         
   
   
                             
   
    
                           
                   
   
    
   
    
         
   
   
                             
   
      Ultima VenereStrali di numinosa invidia
 t'abbagliano il corso
 rendendo eterno
 ciò che elessero all'oblio.
 
    Il pescatore d’ondeNon solcherò il tempo, questa notte
 ma nelle secche dell’inquietudine
 incaglierò l’appiccicoso legno
 e lì dissiperò i miei talenti insonni.
 
 Su rivoli di comete che svaporano in cielo
 getterò, indolente, le mie reti
 pescatore d’onde e di correnti polverose.
 
 Beccheggerò, svagato
 tra le crespe ipocrite di un livido miraggio
 e gusterò il silenzio che stride oltre il giaciglio
 eco già lontana di palpebre socchiuse.
 
         
                             
   
    
      L'ApprendistaS’increspa il mio dispetto
 tale e quale a questo mare
 che in faccia mi schiaffa
 la vastità, sua, invincibile
 ed il buonsenso di primigeni abissi
 
 Potessi, candido apprendista
 comprenderne l’imperturbabile inquietudine;
 giungere al midollo del suo oceanico distacco
 e dal filone d’aureo abisso
 estirparne ciò che basta per forgiare
 una corazza d’inespugnabile difesa.
 
 Nulla t’inquieta
 Istigatore di maree.
 né del tuo respiro, il flusso, muta;
 neppure gli spasimi del mondo, che al tuo orizzonte accorre
 per versare le sue affannose lacrime.
 
 Credulo della tua quiete
 gli occhi velo
 il pensiero infiacchisco
 e le membra,
 sulla zattera salmastra,
 sciolgo.
 
 Ed è allora che ti sollevi, caino!
 in giogaie spumeggianti ed assassine;
 vertiginose rupi di cupe azzurrità
 che crollano, su di me, con sapida crudeltà.
 |