Poesie di Franca Canapini


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I miei giganti
Foste i miei giganti
al tempo delle fiabe
e dell'odore buono della terra
Io, così piccola tra voi
camminavo sicura
Babbo, dagli occhi di fuoco
dettava una legge durissima
Mamma, dallo sguardo stellato
mi avvolgeva d'amore
e di pazienza

Dopo tanto tempo
dopo quella pioggia
notturna che scavava solchi
in quella strada dove tu
babbo mi portavi in bicicletta
Babbo, eri forte allora!
Dopo quella neve
su cui scavavi solchi
per farmi libera di camminare
Babbo, eri forte allora!
Dopo quei tramonti dorati
mamma, sulle scale
dopo tutte quelle bambole
regalate
siamo ancora insieme
per l'ultimo Natale

Siamo qui
noi tre, da soli
voi, a testa bassa
piegati al dormiveglia dello stordimento
io, serena
a scrivere di noi
mentre fuori imbruna
e la nebbia cola leggera
sulla nostra mimosa frangiata

Sono qui
a consolare
il vostro crudo inverno
a condurvi per mano
verso il confine d'ombra
dove vi disperderete senza dolore
come frutti ormai troppo maturi

Siete pèsche avvizzite
che un soffio leggero
farà cadere dai miei rami tenaci
Siete bambini, abbandonati
alla mia pazienza
al mio amore
 

Di quel maggio
Irradiò il sole energia pura
la terra esplose euforica
S'infittirono i boschi verdecupo
farfalle rossofuoco galleggiarono sul grano
Rapidi, piccoli fiori dai colori sconosciuti
si schiusero felici

In corsa, nelle nostre scatolette di metallo
sbirciavamo dai vetri la natura
- quella sterminata botta di vita ci sfiniva -
Per noi solo pensiero ed ansia:
mai saremmo stati lampi di papaveri
bagliori dorati in mezzo ai campi
sulle messi rondini radenti

Ci consolava a sera
Il sottile gelsomino
la tenerezza della rosa
il soffio delle lucciole nel buio
 

L' imbianchino
Puntuale alle otto ogni mattina
cambio camicia e pantaloni
stringo pennelli come penne
e scrivo lento la mia vita

Senza rumore
dalle otto alle quattro
di ogni giorno di ogni anno
con la pioggia e con il sole
carezzo le pareti delle vostre abitazioni
mi abbandono
tra il bianco il rosato il giallo il verdolino
in gesti trasognati
e voi affannati andate
tornate mangiate vi preoccupate
Perché mi guardate strano?

Non soffro e non sono felice
la mia vita scorre piana
cancello col pennello
il vostro sguardo
i sogni troppo arditi
la fretta e la parola
scompaio dentro il muro
non ho progetti
conosco il mio destino
essere per tutta la vita un imbianchino
 

Le tue reliquie, madre
Celavi il tuo tesoro sul fondo del baule
scrigno di cartone sotto lenzuola profumate

Non vista, lo aprivi piano piano
tiravi fuori il vestitino ricamato
carezzavi le nappine del pettino
lo stendevi sul letto, lo lisciavi
cento e cento volte lo piegavi

Aprivi il quadernino, sedevi
cento e cento volte lo leggevi
piena di lei che più
non possedevi

Piccola custode al tuo dolore
dalla porta socchiusa, con gli occhi
in silenzio ti abbracciavo

Impressioni di Bretagna
Gli angeli tra noi
presenze
indizi
simboli
possibilità
Incontri che vincono il tempo
in un istintivo sentire
La Cornovaglia:
aria di mistero e di magia
La penisola armoricana:
l'oceano si rovescia sul granito
in lentissimi tramonti.
Terre di maree
colori disfatti
mutevoli grigi
verdi, azzurri sfumati.
Nuvole di goccioline
ridenti al sole.
Brest dei gabbiani e delle piogge.
Carnac:
luce nel vento
carezza antiche pietre desolate.

I molti verdi
Frusciano nel pensiero
i molti verdi di un aprile morente
sotto la pioggia all'imbrunire

- queste nostre auto
di metallo cromato
questi palazzi
questi rumori
insultano il mondo -

Inutile il nostro deformare
e trasformare
terra dolce e alberi dalle molte stagioni

Le nostre mani
contaminano e sciupano
scavano e rompono
Gli occhi non sanno più vedere
i molti verdi
e la notte cala leggera
sugli alberi e l'erba
nascondendo lenti dondolii
e sussurri di dolore

Alle origini
C'era lei sola
e la stradina antica che tornava

Leggera
posava le sue orme all'incontrario
nel cuore
la paura che il buio spegnesse la visione

Ecco il ponte sul fosso
la sorgente
I pioppi
davanti la salita
e i poggi i poggi, i poggi con le case:
avrebbe rubato quella pianta
una delle tre, ai bordi del sentiero

Avanzò in danza selvaggia
alzò una gamba facendo un mezzo giro
arrese il piede alla falcata
poi continuò con l'altra gamba
avanti indietro nella vita

Si chinò per strapparla alla radice, ma…

Su sfondo caldo, arancio - sfumato
due bronzei servi semidei - lui e lei -
semplicemente nudi, alti-eleganti, lavoravano di lena
ai piedi una leonessa quieta
ed un altro grosso felino
si muoveva nervoso sulla scena

Conosco
Conosco il languore
del prato verde
sotto la pioggia
il rassegnato abbandono
della rosa squillante di colore
sotto le nubi cupe
la solitudine rarefatta
della terra
che attende il temporale
Conosco la paura
di sentirmi donna
e di perdermi

Che sarà
Il tempo s'intreccia e si confonde
Il passato della giovinezza
vibra nel presente
come una farfalla sopra il mare
Tutte le emozioni sono accese
e le passioni ridestate
Che sarà quest'esplosione di gioia nel mio corpo?
E quella cupa delusione che mi lascia deserta?
Che sarà questo camminare doppio e diviso
nel reale e nel sogno?

 Incantamento
Lui c'era poi non c'era
come un'onda
che si allontana poi ritorna
col suo riso di bambino

Lei uscì dal sogno, si gettò in mare
avvitò il corpo nell'acqua cristallina
Giù, a picco, in un turbine di luce

Quando riemerse
era sirena verde
dai capelli d'alga

Lui era là
Immobile, in attesa
 

Senza vento
E si spense infine
Come una stella cadente
con un ultimo bagliore
precipitò nel buio baratro
confusa e dolorante
Era stato magnifico:
il sogno che spingeva le vele della vita!
Ma il tempo era tornato
e scandiva con tocchi lenti
tutte quelle inutili azioni
che andavano compiute
cibi da preparare
stanze da riordinare
parole da confezionare
Nel buio
avrebbe dovuto combattere ancora
perché i furbi
e i calcolatori
e i profittatori
non la spellassero
con indifferente ingordigia
 

Nell'altrove
Camminerò magra e purificata
dentro morbidi maglioni
nel vento d' autunno
Camminerò ridente e serena
anche senza di te
Allora
non venire a sorprendermi
con il sorriso tenero
Allora
non venire a straniarmi
con il sorriso ironico

Io ho già svoltato


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