Poesie di Stefano Budicin


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20 luglio 2013

(A Francesco Budicin, nonno e maestro illustre.)

Nonno caro, tu non sai perchè
la sera il nome tuo riecheggi antico,
a casa come per strada,
come un invito, acceso tra le stelle,
e di notte albeggi il tuo sguardo
a dar legna agli abeti e frumento
alle campagne più lontane.
"Siete voi le mie colonne",
ripetevi a noi nipoti, fiero e tanto
spesso che quasi mi convinsi
d'esser parte di un tempio tutto
nostro e presente, fatto di sterpi
e di cocci e di tiepide nozioni
che tu soltanto sapevi e narravi.
Sei sempre stato come la fiaccola
d'oro che guida il gregge, o l'uomo duro
e forte che tutto il mondo scuote
in un sussulto, e rasserena.
A un tratto, il tracollo, una nube.
L'impatto fu aspro ed atroce,
l'attesa inevitabile: fioco
come una vela soffiava
il tuo cuore, ma una fibra
tremenda che vibrava
di brama di vita t'incolse
e ti tenne aggrappato;
In clinica, nell'aria un tumulto
di resse e prescrizioni,
gemiti, lamenti, vagiti,
ti vidi dopo poco che già ti vedevo;
lo sguardo era offuscato,
ma sospetto, in quel mentre, tu fossi a pescare
nel mare, a Rovigno,
tana dei tuoi lidi idilliaci,
là dove fondasti
con Lucia la vostra stirpe.
Come bimbi poi fummo cresciuti
dai toni di celebri orazioni,
dove la fiamma del vivere era la prima
valida causa da perseguire.

La tua fiamma non è mai evaporata.
Neanche in quell'istante mortale dove
il corpo scarno ed esausto,
secco e raggrinzito,
l'esile collo a sostegno del capo
dal neonato cranio,
le ossa in rilievo, le gambe
ridotte ad un mucchio di ceppi,
lo sguardo ridotto a sospiro,
la bocca spalancata e le labbra
incrinate in un ultimo richiamo,
nemmeno
all'apparire improvviso del prete
con un libretto in mano, a fischiettare
arie non sue ed opache, nè tue,
come ad entrare in sala immoti uscirne,
nemmeno
all'avvertire dei singhiozzi e dei miasmi
degli astanti, tocchi di colori infusi
in un ansare tormentato,
nemmeno
nonno caro, al bacio che l'umide mie labbra
versarono sul tuo vigile viso,
colme di memorie e ammirazione,
rattrappite dal dolore,
ridotte all'orrore del dire parole e altro non dire,
la tua fiamma è mai evaporata.
Ho porto i miei omaggi al tuo scheletro senziente,
ed egli testualmente mi ha risposto
"Così è: più verde di un parto di piante."
Arrancavi. Gridavi. A fiato spento.
Ho pianto. Ho pianto
quanto ho potuto,
ho pianto tanto,
a lungo,
finchè ho potuto,
non potevo non fermarmi.
Non avevo più lacrime per tenermi in piedi.
Poi ti ho preso il palmo e il calore del sangue
ha condotto in memoria i miei mali d'infanzia,
una decisa carezza del nonno e tanta pazienza
e giù, come un amo di lenza, il lieve calore
dal polso al cuore ai canali a te cari,
è stato condotto, per ivi sistemarsi
radunarsi in pioggia e pendula precipitare
come il belare di un'estrema nostalgia.
Tenerti la mano tra le dita,
tastare la sierra del palmo che sfocia
nel muro delle nocche che tu,
in un'ombra d'artigiano
nel buio della mano che scopre
la furia millenaria della vita,
nel gelo indecifrabile del fronte,
forgiasti in anni di intimi scavi,
di tetre solitudini ed altrettanti
balli e bevute e suonate,
dalla sera alla mattina,
quasi mai con aria contrita, ma gaia,
e questa era la vita,
la vita che tu trasmettevi a noi tutti,
un guizzo di lacci e di nodi e di reti,
mie sole movenze, belanti al tuo pensiero.
Con un inchino e parole stagnanti
fisso il tuo miraggio, ormato sul selciato
che hai pestato, insieme a noi, da pulcini.
La terra che fu perla nel grido dei tuoi occhi
patiti ora trema, per te, che sei morto
e che canti nel vento, e quel vento in un coro
difforme di suoni si scompone e ti plaude
e s'inchina alla tua corte.

Sei più forte della morte e della vita.

Hai sconfitto la morte e plasmato
la vita con i cocci del tuo cuore,
a noi l'hai poi trasmessa come draga
del mare per dei tenui naviganti.

Questo ancora lo sospetto: una volta
a riposo leverai quel tuo sguardo gigante
e dirai che le nubi sono via dalla volta
del cielo, e ridendo tirerai dalla voce
di tutti il sorriso necessario a vederti
ancora veleggiare.

Corrispondenza d'equivoci
Fa caldo ed è chiaro, da poco s'è levato
il Sole del primo meriggio, ho passeggiato
per le strade piane e ridenti a fine agosto,
quando sulle cime al vento è fresca la voce
e mite la pioggia si cela al mezzogiorno
rubato all'Oriente pensoso. Calda e chiara
è anche la chioma dei tetti e delle gole,
dei colli e delle strade variopinte d'ossa,
l'odore dei meli e del gaudio individuale.

(Così come il viale che percorre l'arrivo
dei passi slegati alla radice, mi muovo
e come un randagio che fissi una dimora
da nulla compongo, ed è chiara ai miei occhi
la nebbia d'estate, da troppo è coricato
il Sole del primo meriggio, ho corricchiato
per le strade cave e morenti a fine agosto,
quando contro i muri l'odore delle tinte
assume l'aspetto di un male individuale.)

Un tiepido mattino mi ha visto andare a Tokyo,
ansioso d'onorare i loro altari, ho visto
nel mentre i grattacieli di Shanghai, una sosta
nel candido Sao Paulo, un drink coi messicani
del gravido reame di ventotto milioni,
la morbida Miami, l'esotica Manila,
un rapido saluto, anche a Calcutta, ho dato,
m'è parsa lei la chiave d'un prospero cammino,
la terra in cui nutrire una pace universale.

(Un languido meriggio mi ha visto alzare gli occhi
a Tripoli, "la nebbia che sfugge" ho pensato,
ho teso il capo al suono dei fucili a Monrovia,
in Bangladesh il viso delle donne sfregiato
dall'acido, perenne accessorio di sconfitta,
come l'addio del Krokodil siberiano, muto.
A Bucarest, ho cavato le ali alla porta
degli inferi, solo come una vergogna d'uomo,
distante, come un esule di guerra universale.)

Se un domani, a passi incerti
Se un domani, a passi incerti
capitassi come uno zoppo a sera
presso un ponte che intersechi gli inerti
pendagli marini, come in preghiera
incedere non altro da un randagio
meditabondo, chino alla raccolta
di un sole in lontananza, se adagio
m'apprestassi ad inciampare alla volta
del mare, mai ripeterei l'errore
che àncora mi fu del reiterarsi
del rimorso, maestro del creatore.
A che scrivere? Per chi? Per che cosa?
E' chiaro per lo sguardo ciò che chiaro
non è mai per il linguaggio, non osa
pur nessuno contestarti, somaro
pensiero, tu che d'inganni sei cinto,
come la voce del faro la torre
rinchiude, tu che sei voce sei vinto
dal greto del verbo, e la torre corre
coi suoni e tra forme e finzioni cala
sul mare di sguardi e l'ora si compie,
il nome è dato alle cose ed in sala
teso l'applauso d'un'eco la riempie.

Presso Ferrara
Mormorando, ecco che si sfalda,
l'ombra si riscalda, vive vegliando

solitario spiffero un singulto,

accanto a noi, a voi, coperte e crepe;

Di fiacche museruole è gonfio il mondo
Di fiacche museruole è gonfio il mondo
e scoppia; girano le piaghe, arroccano
le leggi come pali ripiantati,
legati ancora al tronco e rilegati,

manovre d'uguaglianza a menti strette
che sono come l'onde secche a riva,
frastagliate di martiri rametti,
come quei rovi, come sopra ai tetti.

Furore campagnolo
Lampeggiano i lampi
come dei bengala,
a tratti sui campi
s'intravede un'ala

principiarsi a vita
oltre modo morta,
là sulla campagna
che pare una falce

rigonfia di calce
umana, ma già
echeggia dell'alce
l'arrivo, lontano

uno sparo va
contro il cacciatore
colpito, già spento
è il vano vagito

d'un uomo pentito
che cade dal ramo
d'autunno, l'umano
già prega in ginocchio

che il lampo lo ignori,
sfracelli un arbusto
soltanto, già trema;
caduto, si chiude.

Come un volo di farfalla
Voglio credere, per me, che vi sia
un sogno, un tesoro, antico e nuovo,
prezioso volo di farfalla, mia

compagna d'ali, andiamocene! Muovo
me stesso al rigore d'un bel viaggio,
nudo di sentieri plasmare un nuovo

canto vorrei, trovare un tal miraggio
se fosse sotto casa, a darmi il braccio,
amorfo, caro e quieto, con coraggio,

a irridere gli affanni del mio ghiaccio
lucidi e fissi, come per contratto,
illumini il suo sguardo il ragazzaccio

che si menava, sol per un contatto.

Io non so se fiato sia, o come un grido
Io non so se fiato sia, o come un grido
quel volteggio di capelli dolcemente
spettinati, come da un cenno
di vento sul capo. Un frangente

ho nominato apparizione,
chiedendomi d'amare ha dato
ai miei rami le foglie, ed al volteggio
amato rinfoltita la passione.

Quanto ha turbinato l'avida mia penna
come spintonata dal rimorso inchiostro
fino al precipizio del suo sorriso.
Ora il mio giudizio pare un chiostro

lacerato, e come è triste e com'è vano
accostarsi al suo ritratto senza un fiore,
come muore il grande ingegno
se il suo viso m'è lontano.

Occhi indecisi che sanno di frescura,
occhi rapaci d'impronte imperiture,
anche le coste ed i mari ed i boschi
mi narrano di lei, ebbri come fiaschi

e di quanto il suo splendore li attraversi
con la cura di una foglia di lavanda;
ecco un suo crine, lo trattengo teso
fra le dita: splende, come un miraggio

il vanto del suo profumo, com'è vero,
com'è puro, come noto all'improvviso
è lo straniero, quanto brilla il sentiero
di colui che le si affacci innanzi al viso.

Volano le rose, spiffera la brezza
l'ire del mattino, ruvida di pioggia
giace la corteccia umida di un pino,
aghi sempreverdi sono i nostri cuori.

Nell'emisfero più sinistro della luce
Non l'ispirazione vado rincorrendo
ma una mite melodia che mi deterga,
che il suo corpo millenario mi depuri.

Ma chi, tra gli spiragli spettinati
che da soli frammentano l'umore
delle nubi, edifici del tormento
e della pace degli spettri, dire
potrà senza affanno d'essere vivo?

Ma chi mai malvivente giurerà
d'aver avuto nude tra le dita
altro fieno che non mucchietti d'ossa,
cave ossa addentate da randagi?

Ma come e com'è vuota e come ruota
la carcassa senz'anima dell'atropo
servita e profanata come tara,
ora che il suo carcame m'abbandona,

solo un ricordo per me che m'accorgo
del nero della notte mascherata.

Voce del risveglio
Disse un giorno un uomo
a un altro uomo,
"sii cacciatore, non farti cacciare,
vanga i tuoi campi, sii costruttore,
cura la terra, sii il suo creatore."

Ma quali campi, quali
campi, crampi sono
per me che m'affaccio
alle ciglia del vespro
e m'addoloro, come son solo
qui, su questo straccio
di strada nient'altro
si scopre che non sia sudiciume.

Nati noi siamo dai buchi del suolo,
come ramoscelli sulla sabbia,
a rantolare di sete, e di fame,
fabbricati a lamentar mancanze
lungo le atroci deserte contrade.

Non c'è infuso o sogno o strale
che sia destamento dal terrore
del risveglio, voce mareggiata,
l'indomani non mi è caro
come un figlio del futuro,
non è chiaro quale viale
imbiancato dai cipressi
scorticherà le rive dell'ora
nell'ultimo dei suoi desideri.

Questa Vita
Me lo dissero: è reale
questa Vita, dove tutto
ha come un peso ombroso
da portare sulle spalle,
dove sogni tra le stelle
ai languori tra le gambe
sono apparsi ricambiati.

Questa Vita, nella quale
stanchi verbi, versi e frasi
delle ville e dei palazzi
e dei tristi condomini,
fissi e fusi vanno armati,
dove voci solitarie
non son poi così lontane
dalle urla delle folle.

Questa Vita, dove vale
tanto un sasso quanto un orbo
ma che vuole che equivalga
l'uomo vivo all'uomo morto.

Questa Vita, nella quale
insegnarono a cantare
anche ai muri delle industrie.

Questa Vita, nella quale
qual non cerchi è ciò che trovi,
quel che ignori è ciò che impari
con le ossa a sopportare.

Questa Vita, dove vale
tanto un uomo quanto un altro
se son morti per la fame,
dove invece ha lode un morto
che abbia sparso confusione.

Questa Vita, dove dolci
sono i monti e dove eterne
son le onde della Terra,
come i pini dei pendii
dove un fiume li percorra
come un ricciolo di donna.

Questa Vita tanto cara,
questa furia assurda e fiera,
questa Arcadia strapazzata
dai rimorsi dei trattori,
dove voci di cantori
si scagionano gridando
"nostra patria, nostra patria".

Questa Vita, dove tutto
vanta un nome, dove il vanto
cinge il morso del represso,
dove persi in una nebbia
di frastuoni ci s'inchina
a pascolare, accecati
dal calore dei colori,
assopiti dal terrore
d'esser soli a masticare.

Questa Vita, nel dolore
che non parla che per gesti
sotterranei, sotto il peso
di un tormento fuori chiave.

La resina d'alloro
La resina d'alloro,
sostanza appiccicosa,
cola e scende piangendo
lungo il suo tronco bruno.

I fili d'erba nati
dal terreno, protesi
al sereno dal vento
sorridono spostati.

Presto sarà per loro
quel tutto lacrimare,
allora, stessi anch'essi
lumineranno il suolo;

Ora però non vive
in loro che il volere
di bere quel che cola
dall'alto che cammina.

Fior di Primavera
Vagheggiato è il tuo ritratto,
come una margherita nell'asfalto,
tu ti poni in un deserto
che si sfoglia d'applausi ritoccati,

fra sorrisi e pacche tristi,
storditi da un bagliore improvvisato,
come in mare dei girini,

In tanti ti percuotono le corde,

come menestrelli esperti
e cantano i tuoi occhi neri, verdi
per loro e molli e leggeri;

Ora sei sola, e vaghi illividita
impallidita dai fasti
fantasmi delle rime decedute,
per me non sei che una culla,

un Narciso, malato, da nutrire.

Donne in perchè
Neri fantasmi galleggiavano in strada,
incatenati come bestiame,
legati per i piedi incespicando

andando a passi inquieti e rotti e spezzati
per affollate e disperse strade,
urtati in ogni lato e come sterpi

calpestati, galleggiavano distratti
ignoti in immobili trafile,
erano fuori di sè per l'affanno.

Sol di uno vidi rompersi il velluto,
era uno sguardo d'oro, lavato
da ogni forma, morto tentennando.

Occhi come Lune, labbra come fari,
figlie ignominiose e peccatrici
furon con un velo imbalsamate.

Quanto misera è la luce della grazia,
come il soffio rotto di un lampione,
accecata dai suoi servi incantati.

Congedo per un figlio
Non allontanarti, non allontanarti,
caro figlio, non allontanarti.
Ti guardo, e più ti guardo
più ti allontani, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non eri sereno, non ti ho forse amato
come amano i padri modelli?
Ti guardo, non svanire
in einem Athem, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non riesco a trascinarti più del dovuto,
come mio padre padre fui io
dei boati industriali,
non ho più colpe, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non ricordi il colore dei nostri giorni
più felici? Il celeste del mare
e del cielo costume,
pendulo brillavi, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non ho mai amato altri così tanto,
mai così tanto ho pianto per bere,
mai tanto per del pane
quanto ti ho pianto, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non puoi capire il bene che calcolai
che ti avrebbe concesso alla Vita
più bella e smemorata,
non puoi capire, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non partire, figlio mio, non partire!
Se non parti, lo giuro, rinuncio
agli altari che tu
non sopportavi, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non era mia intenzione, ti ho sempre amato
anche quando tornavo, e berciavo
contro te, contro lei,
e tu piangevi, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non era mia la mano che si voltava
a scuoterti il colletto da cigno
per spingerti a cantare
i tuoi viziacci, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non era mio quel ferro che ti batteva
più forte, meno forte, maestro
di saggezza per porci,
mai son stato io, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non voglio che tu guardi la mia carcassa,
ridotta per la foga a marcire
tra cocci di bottiglia
e rivoltelle, figlio
mio, perchè ti allontani?

Non temi i mutamenti dell'avvenire?
Come speri di vivere mite
in un mondo così
incancherito? figlio
mio, perchè ti allontani?

Non allontanarti, stai vicino a me,
le nubi svaniranno, rimani,
ritornerà il bel tempo
irriconoscente della pioggia
evaporata al posto suo.

Il Turdus nero
Quest'oggi è caduto un Turdus nero,
caduto con un tonfo secco asciutto,
silente come un'onda in mezzo al mare;

la testa il becco l'ali ha battuto
nel vano di uno specchio di vetro,
invano come un'ombra ha creduto
il muro un varco erculeo, colonna
fatale d'un acuto sonoro.

Il dorso giace chino, uno strazio
tutto umano in un nero cipiglio
di corvo è condensato, spirato
in un misero urletto di liane.

Onnipotente, come il versaccio
scialbato dell'alba di campane
che mostra alle file di formiche
un tacito avviso in catene,
e l'una dopo l'altra le tiene,
è il verbo della morte, ottusa,
altrove, solamente silenzio.

Cuore di nebbia
Io sono il trapassato della grazia,
colui che imbambolava le cortine
stagnanti, che scrutava imbarazzato
dei comignoli torve le rovine
di fumo, che fuggiva addolorato
impensanti sentieri in disgrazia

ed in rovina e tal al tal rapito
legato e bastonato con dei fiori
ho visto e rivissuto quel capriccio
amato ed abusato dai tremori
di millenni sepolti in un terriccio
fraudolento; il passato è incenerito,

oramai, e dei sogni miei soltanto
un detrito si fa nei versi attore,
che parla per sbadigli, che non parla
se non di come spento sia il suo cuore
nel folto della nebbia che straparla,
e reputa il suo grido un santo canto.

Lancette appuntite
Dlin dlan dlin dlan,
dlin lontano lampeggiano dlan
i dlin dardi delle dlan campane
dlin dlan dlin dlan,
come per mano ci si porta
in questo dlin in questo dlan
immersi nel dlin dlan dell'agire,
nel dlin dlan del tempo,
nel temporale di scadenze dlin dlan,
dlin cadendo come candele dlan
dlin dlan sonnecchiando dlin dlan
soli e pur per mano soli
obbedendo ad un dlin dlan
dlin dlan principio precario
innato e come nube
poco chiaro dlin dlan.

Al dlin dlan ho venduto la voce,
per il dlin dlan ho sottratto al mio sorriso la quiete;
nato dal dlin dlan al dlin dlan
io devo lo scotto, intera un'esistenza
per lustrare al dlin dlan i lacci nuovi;
dlin dlan dlin dlan dlin dlan dlin dlan,
mentre il misero vive ed il ricco dlin dlan
vivacchia, e suonano dlin dlan le rime
ridicole rime dlin dlan del nulla,
magnete dlin dlan che attira
vendette segrete dlin dlan
di prole dlin dlan in prole dlin dlan
seguitando a respirare un dlin dlan
masochista, a segmenti disuguali,
dlin di segni dlan di disegni
d'ufficio fumante sbuffante dlin dlan,
come dlin fosse questa dlan la vita,
che dlin si figura dlan il bimbetto,
belando il suo dlin dlan,
bevendo il biberon del dlin dlan,
belando e bevendo nel dlin dlan
astute promesse di gioia dlin dlan.

Al dlin dlan dei campanacci
un ciuffo di rondini accusa
il sentore di magra dlin dlan,
e batte le nuvole sparse
nell'onda dell'ultimo mare.

Fiocchi di rena
Lieve incerta folta la neve
cade e scende e scivola giù,
dai tetti ghiacciati, dai penduli
rami denudati dei faggi
slanciati, sui tiepidi prati scolora
quel verde ormai vinto, si posa,
si posa, sul suolo sassoso
si posa, ed è come se un peso
vibrasse di piombo nell'aria
screziata di grida straziate.

Dalla cima di un burrone
Quest'oggi ho posato il mio sguardo
un po' curvo, e spaventato,
verso il mare, dalla cima
strapiombante d'assoluto,
con i piedi nudi e lievi,
sull'erbetta chiara e fresca.
Ho tentato, come in mare,
di tuffarmi in quel deserto,
di sfogliare quelle onde
come pieghe di frassino;
pur travolto dalle anse
che la rocca mi elargiva
ho bevuto quanto andava
per imprimermi di sale
i respiri, con il vento
che, alle spalle, biancheggiava
la riviera. Ho spirato
all'orizzonte, per nuotare,
e navigare, ho sperato,
come ho amato passeggiare
sovra i flutti imperversanti
ed ho visto incastonato
il ritratto della Luna,
posta appena sulle scale
della riva, come tè
una bustina era appesa
dalla bava delle stelle
lontane.
Non rimane molto tempo
al frastuono di campane
delle spume, che fiancheggia
le irte lame della costa,
in quel fioco loro grido
vola avanti indietro il nido
verde azzurro, ed il verde
è cristallino, e l'azzurro
mi sussurra col suo viso
che al di sotto è vivo e forte
di creature il cieco impero.

Oltre le chiome del sonno
Ed eri lì, che ti stendevi mite,
graziosa, e tanto docile e nascosta,
ed era tanta la morbida voce
tua, che in un canto di note rotonde
una rete di petali di rosa
m'era apparsa, come una luce accesa,
o una notizia allegra che il vento
corichi e spifferi via, per il mondo.

Era tutto un oceano infinito
di forme note ed ignote, per nome,
di cascanti colori un invito,
quel tuo sguardo s'impresse alla roccia
gravidante di sete di crome,
dalle chiome di cui l'amor sboccia,

fanciulla mia, pure lieto è il triste inverno,
se con te si trova a stare.

Ai poeti
Dove siete, o poeti, rispondete,
dove siete? Dove scalzi
vi nascondete? Dove fischiate,
dove piangete? Dove v'arroccate?
Ditemi poeti..
Dov'è la vostra vista,
dov'è l'acceso cuore
che sorde oramai avrà tratto
e stinte e sfiorite le rose?
Voi tutti a gran voce smarrite
gli sforzi in lordure e menzogne,
voraci di pioggia spargete
distratti sospiri di noia.
Oh, poveri poeti,
Vi guardo e voi mi dite
già cose che ho nel grembo,
ma che canto in un nembo
sfumato di segreti.
Ho sognato e sono stato
vento, per una notte,
vento fresco, oscuro
o triste, vento forte
o fiero occulto, ed ho visto
cose buone, nuove e cose
tristi ed altrettanto nuove;
e voi? Voi non sapreste proprio dirmi
com'è essere vento, ed io...
Io vi dico come sfugga
un qualunque vento al nome
che tremate voi di dare.
Mi direte che da vento
m'è impossibile il guardare,
io vi dico che da vento
ciò che ho visto questo è stato:
ho visto la luna, che in cielo
fluttuava in un'alba di perla,
l'ho vista rinchiusa in un velo
di pioggia. Piangeva a vederla
l'ascoso cappotto dei campi,
nel buio di luce più ampi.
Dolce e chiara era l'aria quella notte,
e i monti addormentati, riposando
sacri e socchiusi, storti dai sorrisi
e bianchi e lindi e cupi volteggiavano
i merli che guidavo coi miei soffi.
Pur solo veleggiavo, con lo scafo
purificato lieto navigavo,
e i miei soffi tanto attesi rischiaravano
i gradini del tempo, e percependo
dei boschi un tale abbraccio, rimembravo
di giganti giardini di gioielli
l'aroma sempreverde del sereno.
L'abete del mio scafo tanto a lungo
ha levitato ed albe d'oro e vespri
nudi ha mirato sul dorso dell'albatro
piumato, re del cielo e bello e brutto,
prode arciere e demente sognatore,
e sul suo dorso candido di neve
ha cosparso i miei sfoghi di gigante.
Ho udito il profumo della selva
frangersi e cumularsi a tratti alterni
nel sopore indistinto d'un bisticcio
di suoni e romori, di belva
addolcita e d'agnello d'un rossiccio
d'ira preda, e gli inverni
nel suo canto solitario
parvero molli d'un acquazzone
mondano, secondo le fronde
nell'ombre e nell'onde
virenti e fuggitive,
nell'umide pallide rive
d'autentica mite virtù.
Basta così, mi devo fermare!
Troppo forte ho lancinato,
troppo in là s'è sgretolato
il sorriso del Favonio!
Ora triste mi dimeno
quale pesce fuor di terra,
spettinato, non di certo vento,
o re, od aer, o fato!
Mi dimeno, ed un abbaglio,
quale fonte scalza e scura,
poco chiara e poco nuda,
ala orma ombra apparsa
siede accanto al mio delirio.
Non sono vento, non sono poesia,
ma un inerme bambino
che bela, la vita degli altri
in vetrina anch'egli la vive,
ma chino... come un sonnambulo.
Ascoltami amica,
i tempi non più son maturi,
come i limoni, come i tamburi;
l'inverno di oggi è caduco,
come l'infermo, come il caduto
di guerra, come i mattini,
come quei pini sgraziati di neve,
come la greve e flebile fiamma
di fredda follia della folla.
Non posso che farmi interprete
del silenzio medio, che non strasborda.
Ma questo voi già lo sapete,
sapete bene quel che qui freme.
In questo mercato di spenti
professori perde la penna
mia le piume, al cielo alto levate.

Fuggevole
Fuggevole è la natura
di quel mio lacrimar
di gioia; falsità
di schiaffi l'ampio mar
che esala dalle rime.
Fuggevole
del vento
il polso,
come
il vento
il mare
mio
cuore
onde
ha
per occhi
ma nei golfi
sperduti
non vede
che
increspature

Amplesso
Dapprima un bagliore, un sottile
prurito, un sibilo accennato,
si pone tra l'estasi e il velo.

Rintocca un fumante desio,
l'ardente carbone s'infiamma,
il sibilo trema svezzato,
è l'ora d'un bagno d'ebbrezze.

Il passo s'intreccia sperduto
fra i monti che irti si chiudono,
e l'aria si mostra più molle.

Nuotando s'adagia e s'impunta,
quel magro vascello di carne,
innanzi ed indietro alla riva,
si tace d'un languido ardore.

Così, con un morbido bacio
di labbra nascoste da pieghe,
s'innalza un dolore di membra
che rema in un fiume di brame.

L'amore che danza sui fili
di sogni proibiti e divini
appena è tradotto, e le baie
di pioggia rinfrescan selvaggi
caduti per caso
nascosti al timone.

I cinque soldati al lavoro,
irrompon nel campo fumante,
affossano i pali e le stecche,
e liberan bestie chiomate.

Sospiri d'affanno conditi,
disposti in esotiche file,
aumentano ai tocchi più forti
di sponde infossate e pulsanti.

L'affanno raggiunge la foce,
il fiume straripa e dilaga,
un grido a ventaglio si spande,
e cala nel fondo del mare.

Cangianti scultori improvvisi,
imbiancan le grotte in rilievo,
son loro i pensieri contorti
ch'affioran per poi scomparire.

L'alga scura
Ho potuto, con un voto
commuovere il mio viso fra gli scogli,
bagnare le mie ciglia dal ciglio del fondale
marino.

Imbevutomi di spume
ho stretto tra le dita un'alga scura,
leggera e vischiosa al gelido tocco tremò
un poco.

Mi disse, fra quei sospiri
d'onde sull'arida riva gentili
e leggeri bisbigli, leggiadre parole sepolte
nel fondo.

Confessò tutta tremante,
d'essere prossima alla fine, disse
"ti prego, raccoglimi, quel lume annebbiato io voglio
vedere."

La presi dal fondo; tremò.
La porsi al tramonto; brillò.

Fu poi che un bel pianto la spinse,
sull'orlo lo sforzo la cinse; stremò.

La tenni raccolta,
unite le mani, come si tengono
le cose più care, o si beve
dall'alte fonti alpine,
la tenni.

Seduto sul ciglio del fondo
la fissai, senz'ombra, spirata.
Andata, caduta leggera,
scartata in quel modo,
gettata senz'odio nè
amore, per nulla,
a riva, fra cocci di conchiglie.

Scavai per quell'alga
non so quante fosse,
non v'erano che delusioni
fra le pire che sognavo
in suo nome di chiamare.

La versai in un giaciglio
ricolmo di fiori.
La lasciai.

Non tenni
poi in me, nient'altro
che un suono, un triste
bisbiglio che lei mi dettò.

Non so bene come dire
quanto grande il suo
sguardo nel mondo
sia stato.

So soltanto, mirando il mare,
fra le fette in subbuglio
d'ogni oceano svuotato,
ch'or le onde imbestialite,
sugli scogli s'abbattono
in suo nome.

Fra ricordi di bianca speme
Lèvo il ruggito di sommo disprezzo
per te, oh duca di meste speranze,
al rintocco del campanil avvezzo
ai destini che giuraron abbondanze.

Nella notte, nella luce che cala
sfoggio il mìo nuovo pietoso canto
e fuggendo i tetri bui ch'essa ammala
or lascio la città che m'ebbe in vanto.

La nebbia dirada al terso confine,
eccomi qui, fra il manto dei giovani
salici, a loro mi rendo incline.

E mirando il pallido ciel immenso
i grigiori del perso fato cupi
muoion e rinato a nient'altro penso.

Sul far..
Nulla sperando
se poi contemplando
e poi rivedendo,
sul far del mattino,
pescando dei vizi,
da frotte di stagni,
soave scemando
sul far del meriggio,
la voglia d'agire,
soppianta la scure
il pio falegname,
e sol va nutrendo,
sul far della sera,
la sua illustre prole,
cantando e contando,
il ricco bottino,
lo sguardo stremato,
rivolto al profilo,
di monti e di manti,
di cenere e nebbie,
sul far della notte,
s'appende alla morte,
e presto s'arrende,
al riposo silente.

Credenti
E siam tutti qui frementi,
con le mani sanguinanti,
in attesa d'un sospiro,
che ispiri i nostri respiri,
a durare un po' più a lungo.

Sottintesi respiri fidenti
Greve l'attesa,
l'aitante promessa,
disturba la quiete
una nuova contesa.

Fugace dolente,
guardiano sapiente,
con chiome d'alto
valor s'aizza arcano
il tremore.

L'Anima tormenta
una tempesta arcana,
i Passi percorsi
si perdono sotto le
foglie di alberi nudi.

E nel silenzio germoglia
tensione, si spande
tenace al crollo del
calmo ponte che
i bei pensier accompagna
dal cuore, per brindar
su seggi d'oro, scintillanti
novità che l'impensabile
fece sbocciare.

Che sia sorto l'ultimo Sole?
Che il sol raggio mi riscaldi
per la prova stabilita,
se ben decider io ritenga,
di dar vigor al primo
pensiero, o deriderne
le membra, coccolando
l'alterno viale, sopendo
la bellezza, musa in
un museo di ricordi rimorsi?

Attonito lieto tremo,
e nuove speranze, credi
et sogni naufragano nella
baia della monotona
rassegnazione, mentre
il tempo scrive sonetti
silenti e solerti.

S'apre una porta
socchiusa, e la
tormenta allieta
questa lieta
quiete tormentata.

Signore dei Saggi,
Poetica Cantilena,
che tal miraggio
sia solido,
e solidale m'accolga,
giacchè una nuova
nave è pronta a partir,
verso oceani incolori,
mimando note,
suonando realtà,
verso il punto in cui
la prospettiva alza
la mano
per salutare..

Diatriba Provenzale
Quale fioca luce
l'irrazionale sorregge,
il cui colore ne sottrae
gli zampilli del
buon volere per
cacciare lassi dolzori
spinti via dall'enormità
dell'altrui colpe.

Colpo per cui
accadde il medesimo
dove non era
stato stabilito
l'accordo fra parti
eguali,
nel rimestar
i patti alchemici surrogati
in eterno.

Insèmprati giorno
viaggiatore,
impègolati in faccende
ignote per adimàre la
certezza spavalda,
armatura fracassata dagli
artisti, e che il dubbio
eterno possa
trasumanare
i suoi vivi corteggiatori.

La bellezza si dipana
E la leggiadra
malinconia, serva
vedova ed arpia,
lentamente mi porta
via.

Scolpisco il mio nome
nell'intonaco variegato.
Sette Saggi di velluto
su scarni e tristi
paesi blu,
tramontano nel
campo, lavorano
i braccianti,
tempestati da
un onorevole disciplina,
si fanno regali
macchiati di polvere.

Fuori il freddo
canta gioviale,
tornano vecchie
fiamme, richiamate
dal suono del flauto,
il camino acceso fischia
la sua onnipotenza.

E la leggiadra
malinconia, serva
vedova ed arpia,
lentamente mi porta
via.

Essenziale è l'effimero,
suol 'l pretesto arare
il terreno,
confabula col mezzo,
nel giustificare il
proprio fine.

Si distende la compassione
verde aurora, a ripiegare
le menti contorte e
ad allietare i suoi piccoli.

Nella foresta un sussurro
silenzioso, ruba attimi
in candele profumate.

E la tempesta suona al
nostro matrimonio.

Nella danza altisonante
Una magica entropia
riscalda sospiri nel
vento gelato ad attender
la messa della gioia,
in catene io bramo
nella notte del giovane
incanto, ammaliato dalle
nuove stelle.

Consolati, mia movente,
versiamo parole nel
calderone, pronte a galleggiare
nei taciti sussurri che le urla
dei vuoti sospenderanno
fino all'avvenire.

Poesia dei Venti e delle Ceneri,
Poesia delle Albe e dei timidi crepuscoli,
che tu possa prosperare nel mio cuore
in contrasto, nella pallida ombra.

E negli immensi silenti sguardi, occhi bramosi
di visibilità, adempio al corso,
giovane Errante, nell'intonaco blu,
fra risate di sussulti e stucchevoli
smancerie,
possa il suo ricordo fluire nel chiarore della Notte..

Addio vecchi bagliori
Addio, vecchi bagliori...
Verdi foglie, serene
distese il Saggio le
credenze in tutti
i simboli
imbambolati...

Addio, ombra lisergica,
scisma liturgico, ombre
d'avorio contornano
il dono; intaccano
il mio vigore,
nuvole di rame...

Addio, castel d'aura pieno,
leggiadri versi lascio
in testamento; confortino
il mio lascito, e che
la via io sgombri,
cieco del fallimento...

Che la mente si distenda
Albori del giorno
di fuoco,
albori battaglieri,
spiriti accesi
contemplano questa
divina soglia,
ed io con loro..

Chiudi gli occhi
e lascia che
bussi il sogno alle
tue porte..

Migliaia di corpi
nudi danzano nel fuoco,
migliaia di gentiluomini
e gentildonne, con maschere
d'alloro, intonano l'intoccabile..

Centinaia di spiriti cantano
echi di gloria rivoluzionata,
ametiste ed arcaniche conoscenze,
funerali e cadute eterne,
il temporale risuona incontrastato
sull'altare..

Ma solo il sogno di un vecchio è
cos' insensatamente dispettoso,
sa essere spinto, diretto,
ma la poesia non invade
le sue membra a rilento...

Sciogli i nodi creativi,
oggi è la festa musicale
dei grandi pensatori,
danziamo nella nebbia,
nessuno noterà i nostri
passi, e saremo
liberi di improvvisare.

E migliaia di ambizioni,
migliaia di riflessioni,
la certezza valica
i castelli nel vento
del desiderio,
e, continua la sua litania,
un esule ribelle, nel
cielo si destreggia.

Nel mentre l'animo indago
Bisogna essere
se stessi davvero
pensando
ad essere senza essere
davvero.
E se stessi davvero
pensando
ad essere senza essere
davvero,
smarrirei i pensieri
dell' essere
nell' avvenire
tergifluente di
una colpevolizzata smania
di protagonismo
esoterico, cinico e
preterismatico,
macrocosmico
dono di un ente
trascendente la cui
visione fece trasalire
l'allevatrice di
colture ed il
maniaco di frutta
fresca.
Ma a voi, saggi
volontari dei piaceri
volenterosi, affido
la somma curia
su un mondo coriaceo
ed acceso, al tempo,
d'inestimabile,
estremistica, caotica e
catartica bellezza,
rapita da noi tutti
sottostanti al
mal coscienzioso mal...

Perciò gli oculi io chiudo,
e che l'ineluttabile
descrizione contorni
il languido piatto
di una leccornia vistosa.

Con sommo affetto,

Eurosteck

Squadrando la finta finzione
La follia è terrena,
non spaventa l'uomo,
ma fertilizza il suolo,
il sangue è il
suo concime.

E si ride,
mentre lontano
i violenti assassini
commettono un
nuovo, orribile
fattaccio, giovani
donne uccise per
colpa del silenzio.

E si gioisce,
mentre dall'altra
parte dei buoni
fantocci sorridono
in gabbia, e , ripetutamente
fustigati, si chiedono
il perchè di tale sofferenza.

E ci si diverte,
mentre la fame
violenta i miseri
cultori della sua
religione, e chi
può non vuole,
e chi vuole, non può...

Milioni di morti,
una sola giustizia,
la sola sentenza,
e chi paga
non è imputato,
ma la malavita
li colpisce, a suon
di picche e fucili
giocano a domino,
al prossimo innocente,
al prossimo innocente.

E ci si rilassa,
mentre l'ultima
notte giace con
bambini sulle
strade di città.

E si beve,
mentre gli animali
del Sacro Territorio
cadono sotto
una fitta pioggia
di crudeltà.

E si vive in ozio perenne,
mentre dall'altra parte
la vita muore...
E con essa il mondo
scappa via...

Oltre il cielo
E' l'alba nella fredda metropoli,
la vita dorme appena,
arriva il lume a scuoterla,
l'urbana meraviglia,
sempre cordiale,
con tutti,
strano a dirsi,
il progresso,
la lealtà,
la fratellanza schiude
le uova, ognuno
è amico qui,
tutti si amano; ed
i topi parlano con i gatti,
i cani rincorrono le
code dei loro
padroni, nella
nuova, cupa giornata,
tutti lievi nel
gran sollazzo,
senza accorgersi del
dubbio, nel cuore
dei perdenti
ride con ardore.
Me ne vanto, sono
sveglio, ed
incerto comincio
a giostrare, nuvole
grigie sorridendo
mi percuotono, con
omaggi del forse figliol prodigo;
Per le strade i segnali,
non son quelli i principali,
e da mimo
leggo l'invisibile,
per un pò, oltre
il cielo,
ci sarà il mio reame,
sommo dono dei
bislacchi per i poveri
condannati.

Iddio lo sa,
aspetto qua,
le lancette scorrono
e la verità
si allontana...

Se servì la tentazione
Se servì la tentazione,
il miracol non si fece,
e piegai il folle sguardo
nel riflesso mio fremente...

Un immenso cambiamento
dalle foglie alla lor caduta,
e da solo con parole rivoltanti,
ribaltai le mie credenze,
di Verde Ambrosia mai
più traccia, io poi
smisi di cercarla,
dopo che ebbi firmato il bel contratto,
che nel fondo mi portò,
e la mancanza ruggiva, sibilava disumana,
disumana, nefanda, nauseante,tanti i dì che si
ripetè...
Oltre le nubi
da Londra a
Beijiing,
da Turin a
Kalaris ha
attraversato ogni confine,
eppure... mi allietano i residui
del suo splendore,
dolce Ambrosia,
la storia ti vede
protagonista,
a te l'onore di
concludere con la
tua fantasia questa
fiabesca desolazione..

Se servì la tentazione,
il miracol non si fece,
e piegai il folle sguardo
nel riflesso mio fremente...

Nel buio circostante
Infinità,
austera misticità,
rapisco ricordi
ed emozioni
nel maliardo
sentiero, ora
canto componimenti
dalla purezza
invasi,
mentre sorvolo
il valico scuro
in ricerca,
udendo anche
il minimo sospiro,
sintomatico di
oniriche preveggenze.
confusioni ad altrettanti
estatici brindisi
baccanalici,
ma ora mi parla il silenzio
dei boschi, saggi
custodi dello
spirito, cercano
i loro degni
eredi, ora
che le ardenti fiame
svettano intorno a
loro, e la loro
essenza li
brucia, invocano
i loro antichi
protettori.
" Vàli, Viòarr, Bil, Fosta"
e con impeto di
commozione scorgo
le imponenti
figure degli
avvenenti virtuosi,
mi scrutano con
sottile ironia,
e dopo aver
rivolto un
cenno agli
sconquassati rami,
spariscono nel nulla,
incapaci di ridestare
l'antico splendore.
Non mi rimane
che immergermi
nella cascata dell'eternità
e tutto ciò sarà finito,
solo ricordi, lievi,
lontani, sperduti,
ma insieme a
loro un peso di
acciaio in fondo
alla coscienza, ne divorerà
l'innocenza...

Anelo alla Vita
Anelo alla gioia
Anelo all'amore
Anelo al rispetto
Anelo al successo
Anelo alla salute
Anelo alla salvezza
Anelo alla gloria
Anelo alla pace
Anelo al piacere
Anelo alla musa
Anelo alla certezza
Anelo alla specialità
ed all'utilità,
ma sono solo
una fra le
tante foglie
che cadono
in autunno...

Oscura Consapevolezza
Ti invoco, o diva,
sorgi, te ne prego,
non lasciarmi
nella mia cupa
aura, necessito
della tua costante
presenza...

Ti parlo, o musa,
rispondimi, ti imploro,
non abbandonarmi
nel pieno del mio
sconforto,
mi rivolgesti opachi
sorrisi, ma nulla
più fu creato,
ebbene, avanti, ditelo
tutti, non temo
le fatali parole...

Oh dolce e commovente poeta, ti dolgi per spettri che non sanno chi sei...

Splendi,
mia creatura,
esprimiti,
vola libera,
lascia il tuo
nido e converti
chi ti abbraccia,
sei raro e rischi
l'estinzione,
io credo in te,
non ti abbandonare
a chi non merita
la tua benedizione,
devi insistere,
luce d'oro,
caccia via
le lacrime dei
passati bui,
cura le ferite
sparse ovunque,
ti ringrazierà
la tua casa, sarà
più accogliente
verso tutti,
prospera sorpassando
la fredda superficie,
che infida attira
tutto ciò che è
incapace di
salire verso
la gioia vera,
ipnotica, catartica
e custode della
felicità più assoluta,
non permettere
che ciò accada,
io ti comprendo e
sono certo che
d'Amore altri
benefattori
saranno ansiosi
di vederne
la supremazia...

Attendendo
Non comprendo
ma agisco,
come il neonato sorride
ammirando lo sguardo
del suo creatore,
e già è conscio
di molte cose,
nella sua primaria
intelligenza, ha
necessita di
conoscenza,
istinto puro e
naturale,
innocente e splendida
creatura del Creato.
Così divengo mentre
osservo volti
noti che si affannano
per mostrare
ciò che saranno,
inversamente a
loro io rientro
nel mio bozzolo
esistenziale,
cercando di colmare
con la ragione
lacune mai risolte,
e passando
dal bozzolo all'esterno
e dall'esterno al bozzolo
mi mantengo privo
di certezze, ma fiero
di esserne consapevole,
in mezzo a chi
ha spento la mente
per potenziare la
propria maschera...

Al cospetto della somma arte
Frizzante artefatto, nostalgico,
gelido e bramoso di
una stabilità emotiva
degna di gioia e conforto e
passione. Quale l'emozione
della musica, che attira
l'anima e smuove da tristezza
e banalità.
Odo echi di donne e druidi,
flauti e sospiri rassicuranti,
i segreti di una terra arcaica,
pura e spirituale. Dorme il
sacro mistico, invoca
la sua consorte;
riposano insieme su petali
leggeri allietati da ruscelli,
in una poesia che sommerge
i suoi devoti ciclicamente...
ma quando gli ultimi sprazzi
melodici cessano la loro esistenza
il caos del primo peccatore
seppellisce ogni emozione...
fra lamenti eterni di
banale monotonia....

Il prezzo dell'adattarsi
Fatale Verità,
illustre poesia,
canto struggente
i versi sconclusionati
di note sospese
in un'atmosfera
senza tempo nè
luogo, io, mostro
di luce, gioco
d'azzardo con il buio,
sono un oscuro
straniero in una
comunione di
folletti bianchi,
che cantano
lascivi litanie conformi
al parlare comune,
mi stritolano,
mi sbugiardano,
mi terrorizzano
ed infine,
da crudeli scempi
mi spogliano della mia
convinta sensibilità
conficcandomi
nel suolo
degli oscuri
operai della vita,
che meccanicamente
ricevono ordini
da superiori inesperti,
ed io provo ad alzarmi
ma ricado a terra.
La società mi dà
il suo benvenuto.

Metafora della Vita
E come il topo
nell'acqua io
piango in questa
realtà,
ferito cervo in
cerca di risposte,
che giorno dopo
giorno riceve solo
dubbi...
E la luce..
lentamente
viene meno...

Amore
Amore,
alzi la mano
chi ha mai
compreso il
suo significato:
gli occhi degli
emarginati
sussultano...

Amore,
alzi la mano
chi l'ha mai
provato:
gli occhi degli
artisti
esultano...

Amore,
alzi la mano
chi è pronto
a morire
per esso:
gli occhi dei
dimenticati
sospirano...

Amore,
alzi la mano
chi è pronto
ad odiarlo:
gli occhi dei
malvagi
brillano estatici...

Amore,
alzi la mano
chi è pronto
ad amarlo:
e di colpo
sono rimasto
solo...

In Questa Sera
Maestosa è la reggia
questa sera,
inonda di pace
e protezione
i passanti che
si voltano ad
ammirarla,
in questa sera
veramente speciale,
la sera delle Lune,
sopita dopo anni
di attività,
ora è il riposo
che rivendica il
suo dominio.
Le stelle sono
sempre più belle,
ballano a palazzo,
sono ben accolte
dal re e dalla regina,
sussultano e bianche
risplendono facendo
invidia ai lontani
avversari;
allora, lascia
che l'integrità
di questa sera ci
elevi al di sopra
di tutto,
balleremo sulle
note di pianoforti
angelici, delìziati
insieme a me
di gioia ed allegria,
entra nella sacra reggia,
ma se dovessi piangere
lascia che le lacrime
scendano e cozzino
contro le persone
che, nella loro
individuale figura,
le respingeranno
con gli ombrelli,
di pioggia già carichi..
Ma in questa magica e
lunga sera consolati,
arriverà la
tanto agognata
compassione
a rinforzare le
mura delle nostre
città...
Ora guardami e
sorridimi, ed io
mi smarrirò per ore
nel tuo enigmatico
sorriso, e tutto
intorno sinfonie
d'Amore estatiche
ci omaggeranno
insieme,
in questa lunga,
specialissima
sera...

Fra lamenti e dolci pensieri...
O dolce e commovente
sospiro, vieni prodotto
da una marcata
e violenta malinconia,
dettata dai reami
del grigio padrone
stanco oramai
della vestale realtà.
Il valore di una
sera rimarrà in
eterno, ornata dai
soliti lamenti che
richiamano nostalgicamente
l'evento disciolto
oltre l'orizzonte.
Dispiego il mio
cuore urlante sotto
comprensione di
un' occasione sciupata
rispetto alla quale mi
dolgo inutilmente.
Non potrò mai
dimenticare,
non vorrò mai
dimenticare,
tutto intorno è gelo
e nebbia, nel turbine
del destino beffardo ed
impudente, che gioca
con i sentimenti e le
emozioni, bloccando i
suoi servi impotenti.
Una lacrima basterà
per solcare mille miglia
e volare verso la
fugace destinazione?
Sarei giunto dunque
già da tempo oramai,
ma la passione è
alimentata dal dolore
di infrangersi contro
una parete d'acciaio,
vuota d'emozioni ed
ingannatoria.
Non resta che rassegnazione,
per trovare riparo
da ciò che mai più ritornerà,
e fra fiotti di amare lacrime
non rimane che arrendersi...

Viaggio Dell'Animo
Ancora pochi istanti
e la magia comincerà,
scruto ansioso l'orizzonte
nebbioso, il profumo
dell'erba fresca domina
i miei sensi, e sorrido,
finalmente, la candida
bellezza mi ha trovato.
Leggiadre emozioni
suggellano quest'antica
terra, poetica, ipnotica,
carismatica;
sto seguendo una guida
bianca, verso una meta
scontata ma imprevedibile.
Dio mio, che sogno,
inconfondibile clamore ed
ospitali amicizie ritrovano
stabilità non appena le scopro.
Una serena passante
inonda di pace e terrore il mio
malinconico essere; ma dura
poco, e piango confortato da
echi di una passata melodia,
che rimane a fissarmi, immobile
e compassionevole.
Non finisce però la magia,
incredibile, sono in un viaggio
dell'anima, sto compiendo il mio
cammino e mi sorride il
fabbricante di sogni, sono conscio
del regalo e consapevole della
sua fulminea fugacità, ma l'unione dell'affetto
trionfa sull' ostilità e di speranza
riempie l'animo dei più forti.
Pochi altri attimi
e l'incantesimo termina,
sono nuovamente a casa
ma la perplessità ora domina
i miei pensieri.
Può un essere contenere tale
emozione evitando di soffrirne
in misura efficace?
Prostro i miei omaggi più sinceri
a chi mi fece aprire gli occhi
al principio, perchè ho
esalato respiri emozionali
e carpito i segreti della
sensibilità musicalmente folgorante,
approfondendo il legame
instaurato con l'amore malinconico
e struggente, sintomo per sempre
incandescente nel mio cuore in
perenne attività.

Assuefazione
Osservo e gioisco,
ma potrei pentirmene,
e se tale gioia fosse
corretta, potrei rimanere
di stucco, una volta
solcato il mare
d' Oriente alla ricerca
della più folle verità,
calatasi nell'irreale fiducia
di giochi sapienti, ricercando
un senso in tutto ciò.
Ma chi sono?
Nessuno alza il capo
per rispondere, tace la fatale
domanda, ed il silenzio
ricomincia ad urlare...

La luce al di là della fredda realtà
A che servono i versi?
Se non a condire di pensieri
la mia mente ottenebrata
rimembrando la gioia
lontana e cercando di
esorcizzare il malumore,
crescente conseguenza
della più fatale verità?
Volarono via i giorni auriferi
ed io sorridevo mentre
le parole mi attraversavano
come proiettili, ma ero
semplicemente uno
spettro.
Non le sentii, notai e mi
accorsi dell'importanza di
questa atmosfera, ma
da masso diventai immobile,
e.. ed il tempo scivolò via,
condensandosi in pioggia,
la pioggia della coercizione
emotiva, la osservai
dal basso del mio valore
errando nell'ombra
latente della cieca
continuazione di una
nuova, banale ripetitività
che avrà una fine se sarà
dettata dalla volontà
dell'unico
suo detentore,
nel percorso finale
verso remote
costellazioni..

In un mare in burrasca...
In questa
realtà malinconica
devi tessere la tua
felicità, abiurando
le azioni altrui,
vivere di sogni,
credere in ciò che fai,
in te stesso, sotto
un mare in
perenne tempesta,
che le barche fa
scombussolare,
e perdendo
l'orientamento tentano
numerose vie,
ma le principali sono
ingannatrici e malefiche,
e rimangono solo
i più adatti alla
tormentosa tempesta,
se sono trainati da navi
più forti e decise,
che la vista fan ritornare
ai poveri passeggeri
incoscienti, che
hanno oramai perso
la forza per remare
verso Nord...

Bieca Visione
Sorridimi, baciami
con lo sguardo
lontano giorni
mentre violente
lacrime scendono
superando argini
ed ostacoli,
il tempo ci è
contro, ed anche
il luogo protesta
nel buio della
sua integrità,
io, pellegrino
costantemente
impegnato, veglio
nel tuo futuro,
opaca visione
sempreverde, la tua
energia è costante,
nonostante avversità,
infine prevarrai,
se il fato struggevole
avrà onore di
regalare gioia e felicità
ad una delle tante anime
smarritesi nell'enigmatica
realtà.
Dove sono i nostri eroi?
Oramai appassiti come
rose, per colpa dei
loro simili, laddove
la pietà vola via
in cerca di un nido
più confortevole,
dove la vita possa
nuovamente respirare,
privata da fin troppo
tempo di necessario
e magnifico ossigeno,
divorato
senza pietà per
un' egoistica
bramosia, crescente
nei loro animi
oramai disanimati...

Rassegnazione Speranzosa
Non è altro che un rituale,
lacrime scendono ostacolate
dalla vergogna, i miei
versi mobili si infrangeranno
contro la torbida creatura, il
ricordo sparirà, chiuso in un
baule di ferro; le ombre oramai
rincorrono cerchi d'oro
pericolosi, e le stelle saranno
lasciate ai matti.
La gioia di un sorriso
non più naturale oramai
scolpita nei loro volti legniferi,
la grande massa danza sotto
comando, estirpano le proprie
emozioni per un'allettante
proposta di conformismo.
Debolezza e normalità detengono
il dominio, la sensibilità
e la creatività e la compassione
giacciono in bare d'argento,
mete disiate da emarginati
e solitari viandanti in cerca di
un qualcosa.
L'importanza del giusto e della
bontà e dell'amore
si scioglie al vento e l'amara
sorte stuzzica amaramente
le giovani anime, in una
colpevolezza globale.
Candide masse di bestie
gioiscono fra comodità
et ipocrisia et, ma il
valore di una morte bianca
è tale solo per pietre e
familiari più intimi;
la comunità scardina
il vero essere, timorosa
dell'originale espressione...
Ed in poco tempo la falce
si appropria di una vita,
dolce, benevola, sensibile,
che mai sarà ricordata
dai deformi soldati infermi.
Si lamentano, e tutto intorno
è desolazione e pessimismo,
e dove vi è innocenza interviene
la morte, i giusti sono
carcerati in questa prigione
animata da cautela e timore.
I guerrieri sono però tra di noi,
un giorno emergeranno,
annientando la corruzione
oramai prossima alla devastazione...

Innovatio Mentis
Guidami destino col tuo manto fatale,
sono aperto alla nuova realtà,
in fondo al cuore non resta
che rammarico e disiata morte
ornata da rami spinosi,
Di Venere e del Monte degli
Eletti l'intrepido scorcio
nel buio della notte illumina
la mia via: eterna composizione,
ritrova la tua fonte,
in un mare
salmastro dedicato alla sposa
poetessa nel momento dello
spettacolo finale; corre dietro
ad un sogno etereo,
etereo... come il suo
passato incompatibile
e spento d'incendiata
rivelazione.
Uno scorcio d'impeccabile,
immaginifica commozione
esaspera i noduli sensitivi
della suddetta mente
in un impeto di follia
sintetizzato nell'irrealtà,
sovrana del tempo di un
possessore fin troppo
enigmatico.
A dare il finale dovuto
penserà la chiave
del mistero esistenziale,
soppesando con sarcasmo
i versi squattrinati
dalla tendenza eufemistica
del loro creatore.

Estasi Contemplativa
Passione e musicalità del linguaggio,
astuti coinvolgimenti emotivi
ballano nei sospiri bagnati
dall'acqua ed intorpiditi
dal gelo invernale.
Non chiudere questo forziere
spirituale, donato dal vecchio
saggio in cima al colle
nella landa della consapevolezza.
Aulico è il nome di questa
messinscena, dove piovono
parole da unire in un sofisticato
corredo prospettico
mentre gli spiriti dei boschi
insistono nel voler guidare
gli avventurieri smarritisi
nei meandri ove sussurrano
magie e malefatte.
Il tutto in un innesto di follia
strappata ad una monotonia
perenne che investe rimarcando
la propria decisione,
e tutto intorno la pioggia
innalza la natura
coadiuvata da note melodiche
e desolanti, che respiro
guardando sottecchi le prede
delle foreste variopinte
ed il frusciare delle foglie
danzanti con il vento, modesta
simmetria di una suggestiva
aura incantata dai nativi
oramai determinati alla
conoscenza dell'assolutismo
naturale.
Descrizione fedele dell'emozione
ripetutamente insita nel
novero del tormentato
cammino... oramai specchio
della mia realtà.

Albore e Tramonto
Nel vento del mattino
una sublime voce gioca
con altre bianche,
riflettendo doverosamente
su un albero cavo;
in quella magica alba ride
ma il fatale tramonto
è prossimo e della dolce
alba non resterà
che un ricordo...

Ricercando la Libertà
Mente contorta di cieca fiducia,
la paura ti rafforza, vivi
di pensieri altrui, apparenza
e vizio, avidità e comodità.
Un tempo cercavamo avventura
e selvaggia bellezza;
dell'amore trovato si chiude
per sempre la disiata meta
ed il torpore riapre le danze,
illusorio e scontato.
Inutilità fai da padrona;
nel profondo si scappa
verso l'ameno sogno
che mai si realizzerà,
e tutto intorno è ipocrisia
ed ingiustizia, ma il
fondo verrà eliminato
quando tutto sarà compiuto.
Allora ognuno griderà
i propri sogni, e la pace
si farà sentire...

Osservazione Distaccata
Un mistico osserva
l'evolversi della vita,
mediocri oggetti dipendenti
rinnegano la libertà,
con guerre e corruzione.
La grande nemesi impone
le sue ferree regole
freddamente, partendo
dal principio.
I sogni si perdono
attirati dalle stelle, la volontà
di cambiare è solida come
il vapore.
Ed il mistico ride amaramente
allietato da conformi statue
create per un' illusione
senza conforto.
L'illustre gioca beatamente
nell'alto dei suoi onori,
mentre i più muoiono,
dopo una vita di stenti,
dopo che l'ultimo, coraggioso
servo ha gridato la parola
libertà.

Porta Della Vita
Custode di intimi segreti,
non negare la chiave ai volenterosi
di bontà, si apra il tuo cuore di pura
gioia, favorisci il tuo riflesso,
rinnova la vita, rafforza la fede
ed un domani l'amore abbraccerà
i suoi devoti perpetuamente...

Sogno Illusorio
Lo sento nuovamente,
riportato da un sogno magico,
puro, sofferto e desiderato.
Io parlo nostalgia per questo
sogno frammentario
e spezzato come uno scudo
da una spada.
Vorrei poter sedere accanto a te, sogno,
respirare il tuo profumo, accarezzarti
e dedicarti ogni mia energia creativa.
Ti vedo, e gli alberi danzano per te,
un'armonia musicale plasma l'ambiente
rompendo suoni prefissati.
Innata danza, che termina sopita da
forze avverse.
Alla fine del sogno rimango sgomento
ed irrequieto, ansioso del seguito
ma conscio e dubito che vi sia
una continuazione, le lacrime sono passate,
la mente è tornata saggia e prevedibile,
l'animo ed il cuore spenti, vuoti e privi, ma
nel profondo ringrazio di aver provato
tale sogno, perpetuo nella mia voglia
di imparare ed osservare...

Dedica Malinconica
Ti saluto, bellissima illusione,
hai colmato i miei pensieri di amore,
tu, leggiadra fanciulla
di grazia ipnotica, lèvi il tuo solenne
sguardo verso la nascita della vita,
con dolcezza rivolgi sorrisi
ai fortunati che ti ammirano.
L'amore che mi è stato concesso
di avere lo custodisco nel mio cuore,
amore incompreso e lontano
dall'essere realizzato.
Ed io, mi dolgo pensando ad un
ricordo incompleto, strappato,
portato via da un'apparenza
corrotta e limacciosa.
Ardo interiormente per la nostalgia.
E tu, con il tuo potere, ti fai mancare,
lasciandomi sgomento e
perpetuamente angoscioso.
Ti amo, e ne soffrirò sempre...

Attraverso sentieri ribelli...
...Perlustro solitario un grigio
lampo, bianco di sfumature
e pallido di contenuti,
i miei passi si perdono in qualche
area oscurata da una nebbia
fitta ed implacabile,
guardiana silenziosa e
stanca e viziata, cieca dell'esterno
e bramosa di medie circostanze..
In questa buia luminosità mi smarrisco
alimentato da sussurri chilometrici
ma la strada porta sempre allo sbando.
Oh se esistessero simboli criptici
che mi aiutassero a capire.
Sono uno scomodo viaggiatore,
in questo lampo deserto,
anonimo, ormai trapassato dagli anni
e prossimo allo spegnimento.
Ma verrà il giorno in cui i miei dubbi saranno
spazzati via,
come fragili petali dopo l'azione del vento...

Solidarietà
Tutti insieme gridano lodi e preghiere,
i cervi e gli orsi si rincorrono gioiosamente,
il fuoco e l'acqua brindano all'armonia;
le marmotte intonano inni alla bellezza della natura,
le foreste giocano a nascondino in un'atmosfera angelica,
le foche allietano i loro piccoli suonando e ballando con voci
soavi e leggere,
poi arrivò l'uomo, e tutti piansero dalla disperazione.

Sotto un temporale di emozioni
La pioggia tintinna sul davanzale,
un complesso quadro descritto dal battere
delle gocce riproduce le fattezze
eternamente impresse nella mia mente.
Musica...
note delicate ti decorano di accesa passione,
frequentemente mi rivolgi sorrisi e
mi perfori con il tuo sguardo fiero;
Selvagge linee contornano il tuo profilo,
musa dei poeti e dei sensibili,
doni speranza ai fortunati che ti ammirano,
ma io vivo di illusioni, costante viandante
alla ricerca di un ricordo ameno ma disperatamente
finito...

Amore e Creazione
E non vi è cosa migliore della magia dell' amore,
musicata poesia del cuore, che insiste
prostrandosi al cospetto della tenace luce
venuta dal cielo.
E quale dono migliore di
intrepidi scorci intagliati nell' aurora,
sotto una Luna curiosa,
ove i pensieri smarrisce ammirando
il proprio riflesso, o delicati rilievi
di bianca essenza, lande solitarie
ed echi lontani di antiche fratellanze?

La bellezza insita nel circostante è l'amore
manifesto, che dona ai suoi fedeli
gioia e dolore intrecciati insieme in
una sola entità, la vita...

Vita, che io provo ripensando al tuo sguardo,
meraviglioso artefatto costante nel tempo,
maledettamente affascinante e parimenti triste.

Esplorando l'interiorità in cerca di remote
emozioni che riscaldano la mente lucida
di coloro che ne posseggono una,
mi chiedo se ve ne sia una in grado
di superare l'Amore, delicato intarsio
vellutato e selvaggio, che spinge alla contentezza
più folle.

Parole accorpate l'una all'altra incorniciano
il mio ringraziamento al Signore,
rispetto al quale non posso che inchinarmi,
creatore vitale di innata fantasia...

Riflessione Introversa:
Avverto un grido, infantile e ribelle...
Codesto grido di dolore, costellato di emozioni, non muta di intensità..

Vedo un bambino, nobile per aspetto,
mi racconta di un sogno, un sogno di libertà.
Dice di voler esplorare il mondo,
alla ricerca di se stesso...

Mi racconta la sua storia, mi confessa i suoi segreti.
E' un bimbo solitario e pensieroso.
Mi stupisce la sua saggezza, mi colpisce la sua sensibilità...

Questo genio si sente rinchiuso in una realtà aliena.

Mi chiede di chiudere gli occhi....
Lo vedo in una gabbia incolore, evitato da molti.

Ciò che dice viene ascoltato con attenzione dal nulla,
la sua sensibilità dissolta nei loro cuori neri..

Lo deridono, lo minacciano, folli prestigiatori,
servi dei luoghi ameni e dell'apparenza,
vuoti esseri di piombo...

Riapro gli occhi,
intorno a me una valle,
gremita di foreste variopinte e delicate montagne,
lampeggia lambita da un ruscello di emozioni.

Dolci e leggiadre note decorano l'insieme,
in un vortice di sentimenti chiamato Paradiso,
e ritrovo il bambino incompreso.

Richiudo gli occhi,
odo rumori scarni e ripetitivi,
lamenti e grida di una vita inutile,
e rivolgendo il buio sguardo
noto le ombre dei precedenti mostri,
sudditi delle mode del tempo,
ugualmente condannati a sguazzare in un alone di mediocrità,
corpi vuoti di nero spirito..

Pensiero Solitario:
Silenzio...
nell'animo una struggente fiamma
cresce di desideri rinnegati.
Isolata nella sua interiorità,
abiurata dai perduti,
non muore, non piange...
Supera i confini materiali
e diventa cenere...

Eroi senza gloria
A voi,
Anime strappate troppo presto alla vita, il mondo tacendo
soffre, sotto le percosse di coloro ai quali
mai ha negato riparo.

A voi,
sottomessi da un destino crudele, lacrime di rabbia
dei puri inondano il cuore.

A voi,
innocenti menti, qui la dimenticanza e l'indifferenza regnano,
la compassione e la generosità rimangono
simboli oscuri, decifrati da pochi eletti.

A voi,
sapienti, le porte dell'altra vita vi accolgono
senza indugio, ubi sempre sarete onorati.

A voi,
eroi senza gloria, dedico tutto il mio rispetto...

A tutti gli innocenti che muoiono per cause facilmente evitabili,
destino tutte le mie lacrime,
che il cielo nuovo vi ricompensi,
morti bianche…



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