Racconti e testi vari di Marco Verrillo


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Nato a Napoli il 18 09 1978, in possesso del Diploma di Perito meccanico, Marco Verrillo è iscritto al terzo anno del corso di laurea in Lettere Moderne presso la facoltà di Lettere dell’ Università degli studi di Napoli “Federico II°” – Corso di Metrica e Latino col Poeta Bruno Jannoni. Attualmente segue il Corso di recitazione, regia e dizione presso l’Associazione Moda Italia di Pompei(Na). Ha scritto oltre 150 poesie dal titolo “Cose che dicono niente”, il romanzo “Maelio” e il testo di filosofia “Confessione di un vecchio bugiardo Misantropo”.
Si dedica a calcio, pallavolo, basket, lettura, musica (soprattutto Pop, Jazz, HipHop, R’N’B).
Ha partecipato a vari premi di poesia di rilievo regionale e nazionale, e, in qualità di attore, alle commedie: “Filumena Maturano” di E. de Filippo (personaggio interpretato: Riccardo) con la compagnia teatrale dell”Associazione Moda Italia” e “Il morto sta bene in salute” di G. Di Maio (personaggio interpretato: Ludovico) con la compagnia teatrale “Ma chi m’’o ‘ffa fà”. Ha ricevuto una menzione d'onore ed un premio speciale al "Premio Internazionale Città di Pomigliano d'arco" patrocinato dal Presidente della Repubblica; ha partecipato come Guest Star alla fiction "La Squadra 8"; è presente, con delle  poesie, in alcune crestomazie della Romania ed ha partecipato come giurato di qualità e poeta narratore al Premio Totò con Liliana de Curtis.
Numerose sue poesie sono state pubblicate sul giornale “L’Idea”.
Creatore del nuovo ismo poetico-filosofico denominato “INTIMISMO”. Tra breve uscirà un CD poetico-musicale, dove appunto Marco presenterà, in breve, l'INTIMISMO e dove saranno inserite alcune poesie sue, alcune del poeta Leonardo Romano, della giovane poetessa Lù e della grande poetessa Tina Piccolo.
Blog:  www.cosechedicononiente.blogspot.com

Leggi le poesie di Marco

Intimismo


 

Mentre defecavo nella fresca latrina paterna ingoiai l'infinito!
Assiso sulla tazza - come sul trono d'Egitto- il demone saggio, cioè il Verso, la Musa furente, scavò nel mio corpo gonfio d'alcool e solcò l'anima infettandola di ragione, di ricerca… mi epurò anima e corpo.
Ho partorito!
Abbandonerò, ora, il feto gracchiante, quell'archetipico ovulo -sviluppatosi in vera esistenza - che covava l'Anticristo ( ossia l'ingegno, il verbo, l'intimità espressa : il fiore colto), oppure sarà il futuro funambolico ( da pascere e sviluppare) di chi, come noi, ha voluto osare?
L'ispirazione, pura ed intelligibile, mi tormentava, ed io non più bigotto nell'arte e per l'arte, smisi di limitarmi , non permisi al perbenismo puritano, d'una poetica fasulla, "sana",comune e religiosa, di relegare e limitare il mio estro, ciò che dico e che dirò; allora "espressi"…dissi…vociai…poetai…sinceramente e liberamente, conscio della libertà dell'intimo e nell'intimo, dell'infinità e della vastità dell'espressione.
(L'intimismo odierno,oso dire: "mio", non rivanga i temi pregnanti di tale ismo nato e sviluppatosi intorno alla metà del XIX sec ed i primi del XX sec d.c., con chiare tendenze crepuscolari; del vecchio codice rimane l'amore innaturale ed imperituro d'una certa forma e filone simbolista, ma, scusate se oso, rielaborato in un più profondo ed incoerente - quindi, sotto molti aspetti, folle- modo, forma e stile!)
Mi liberai dai temi poetici del masochistico chiodo del classicismo (al quale, però, sono riconoscente), attinsi lo spirito nel simbolismo ( al quale sono legato come la mammella alla vacca) e l'avanguardismo (rombante estasi del verbo) accese la mia enfasi, ed allora nacque, cominciò a respirare, non più a singulti, il verbo, la voce e la libertà del verso, dell'intimo fattosi carne, dell'apparizione, dell'epifania dell'intimo, del pensiero. Il pensiero apparso, pensato e poi fatto carne, il detto espresso, manifestazione - non esclusivamente e/o necessariamente vissuto, se per vissuto intendiamo l'esperienza diretta, carnalmente sentita sulla pelle, un contatto epidermico - e godimento col pensiero; vivere col pensiero, sentire, udire, parlare, creare col pensiero ed il pensiero: Io il pensiero! Ecco l'azione, il vivere, il fare, l'aver fatto ed il farò: pensare, creare, creato! E' proprio qui che agisce la mia "estasi razionale"; l'esperienza di carne e l'esperienza di e in spirito! Ciò che conta è viverla elaborando nell'intimo ed esprimere senza pregiudizi e pudori.
Ci chiameranno autarchici: non abbiamo tribunale!
Solipsisti: ma l'artista, quando compone, non rimane solo? Non si assenta nel suo infinito, nell'intimo?
Volgari: solo perché osiamo, come tanti passati maestri ( il grande Apollinaire su tutti) espletare intimità espresse , viscerali!? Scusate, non siamo stati mica noi i Kamikaze delle torri gemelle, delle stragi di innocenti; né tantomeno incitiamo attraverso il verbo, ad attingere da noi ed eseguire, non insegniamo né trasmettiamo modelli di vita, non siamo né poeta-vate, né nuovi Giovanni Battista che gridano:"Raddrizzate i vostri passi"; noi esprimiamo, facciamo arte: "diciamo poeticamente…"
Folli: si, è vero! e per comprenderci meglio vi porterò un vasto esempio sul concetto di Follia che discuto in un mio testo chiamato "Confessione esile d'un vecchio bugiardo misantropo - per forza di cose-":
<< La percettibilità, un forte orecchio spirituale ed una predisposizione naturale, innata verso non solo i moti di ciò che è animato e non, ma anche e soprattutto verso ciò che anima le cose - all'interno - distingue il poeta dall'uomo: il poeta non si sofferma all'aspetto, all'esteriore, al lampante, ma va oltre, nello spirito!
Come Geremia arde! arde dell'afflato che lo tormenta, del suo rogo eterno!

Si, sono un folle! "Ma cos'è la follia, Marco?" Ah, saziamoci d'immenso! "La follia" - diceva Poe - "è una forma suprema d'intelligenza". Detto arguto, folle, facezia ispirata da demoni, muse d'altri tempi: solenni, seri!
Sfatiamo la definizione canonica, "razionale e scontata: vera" (siamo poeti); la follia non è solo una malattia mentale, uno squilibrio nervoso. Ah, il folle è un malato in ispirito, nell'anima - dove pulsa l'ingegno, il genio -, la follia è l'ispirazione, la Musa furente, lo spasimo, l'intelligibilità delle cose: il fiore colto( ossia azione, fatto compiuto). Innata pazzia spirituale, come siamo scontati, normali: si, sono una persona normalissima, tranne quando compongo, perché è in questo preciso istante che il supremo, il più arcano moto spirituale s'infiamma, brucia, sputo fuochi, bragia, follie: dico! Ecco la follia, il folle: il pensare, il pensiero, l'essenza assoluta del vivere, del fare; i miei versi folli - ossia ispirati, dell'anima, detti!-.
Sono un poeta, un incostante, quindi, un genio.
Il genio non può rimuginare in una sola macina per sempre, allora fa uso della sua incostanza per conoscere, evadere dalla sua realtà per rintanarsi in un'altra ed assimilare, scoprire, affondare in monotonie diverse, nuove : tutto ciò è conoscenza, voler conoscere, incostanza artistico- culturale- geniale.

Geni si nasce, colti si diventa, poeta non si nasce e né si diventa: si distrugge! Il poeta è - in quanto entità reale - e basta!

Non ho mai amato la scuola, ma non vuol dire che non ami acculturarmi. L'antinomia, per me, va intesa come incostanza geniale, un'incostanza così incostante, satolla di confutazioni che diviene incostantemente costante tanto da non sembrare più ambigua per l'incostante - genio -.

Il poeta è colui che soffre, muore e risuscita per il bene del lettore!

Mentre filosofavo sui miei modi di vita per renderli sublimi, aulici e superiori ad ogni essere vivente - una vendetta epistolare su chi da sempre ha avuto la meglio su me: il mondo, l'uomo - un rozzo matematico mi contraddì una definizione, il significato d'un vocabolo - che gli accostai nell'intreccio di parole sputategli addosso per ammaliarlo - che neanche conosceva, se non quando, dopo la nostra conversazione, volle da "razionale-monotono" accertarsi, consultando tre vocabolari e mezzo, che davvero tale significato fosse il giusto, il vero, l'attendibile.
Trovò delle differenze e mi confutò!
Il poeta, però, è colui il quale trasvaluta, tropa qualsiasi aspetto e significato.
Ciò che leggo, anche per apprendere, non ha spesso le sembianze che i miei approcci al testo prevedono, desiderano! Un vocabolo, quasi sempre, è composto da significati che vanno dal letterario al figurativo e - solo per i poeti - ad un'associazione di idee, costruzioni, estri eccentrici che permeano la natura del vocabolo stesso mutandolo - e ciò avviene nel modo più perizioso possibile: da artista - quindi associandolo ad una più "alta definizione" contraddittoria (per i tangheri prosaici) con quella scontata - razionale e giusta - ma tanto, tanto vicina alla veritiera da sembrare la più attendibile e completa, anche dal punto di vista stilistico, scritto, espressivo, logico e contenutistico.
 

 

ICONOCLASTICO (DEFINIZIONE RAZIONALE ) = Disfattista d’immagini, costumi

                                                    

                                              Genialità, diabolicità,

                                              comunque, ribellione, indole divergente

 

 

                                      Società, CANONI

 

 

 

 

"Mente diversa, bizzarra che esercita una forte critica - una critica violenta, nichilista - contro i canoni della società in cui vive!"

"Fluttuo nell'invisibilità dei miei moti statici, dei miei canoni inversi…"

Mentre sorseggiavo il mio solito gotto di luna ed ebbro di stelle e galassie pensavo al senso d'un mio verso - insomma, ero in uno stato di trance dove storpiloquiavo con la mia penna deforme - mi consigliai di evitare i poeti : sono una brutta razza, davvero strani: puliti, ma sporchi, intelligenti, ma stolti; eterosessuale, ma eterosessuale; esoterici, ma essoterici; pacati, ma nervosi; stoici, ma dinamici; diabolici, ma angelici; dolci, ma bastardi; avvezzati, ma selvaggi; religiosi, ma atei; masochisti-edonisti di dolore di vivere, ma amanti d'una pacata esistenza - equilibrati - ; avari, ma generosi; tristi, ma felici; soli, folli, indolenti, ma dolenti; ordinati, ma geniali; sciocchi, ma sensati; colti e ignoranti.
Tempo fa una insegnante mi disse che avrebbe voluto poter entrare nella mia mente: benvenuta nell'immensità, nell'infinito nulla e nell'infinità del tutto; nella distorsione del pensiero, nella stupidità; nella libertà di galleggiare per il mondo; del monocromatico che ha i colori dell'iride; di paradisi ed inferni, di clangori intonati da una sola tromba, di elfi lacustri e demoni silvani, del tormento del serpente, del fiume di sangue dove bagno i miei multisomatici corpi; zufolando sulle nuvole la porterei sino ai confini dell'arcobaleno - dove c'è l'oro - , scivolando,poi, giù per il giallo, fino a terra.
La mia mente, questo marasma di idee. Il mio spirito, questo flusso di mistero, queste onde che battono ambizioni e risaccano aridità.
La mia mente, questo timone di governo delle mie follie, dei miei versi folli. Il mio spirito, l'archè della mia poesia, del mio tratto, della mia esistenza brulla, dell'afflato maledetto! il mio tormento!

Mi proposi di studiarmi, autodefinirmi: ma come si può concepire, concentrando in uno studio, l'infinità d'una follia!>>

La ricerca è endogena, ieratica, solenne, peculiare: vera. Noi viviamo l'immagine. Siamo, in quanto a proferire, per l'audacia, la spregiudicatezza. Il senso, o meglio, il verbo, quindi, il verso "comune delle cose" non ci tocca; noi ricerchiamo la sintassi colta, elucubrata, onoriamo il verso, attingiamo all'effetto delle cose e non alla causa! Non insegniamo! Esprimiamo: puramente, visceralmente, sinceramente esprimiamo. Varchiamo l'infinito, tocchiamo l'embrione e l'anima, il sacro ed il profano, l'essere ed il divenire; siamo in ricerca della semplicità estatica, ma temiamo il banale.
L'Intimismo è una lunga notte passata in bianco, alla rinfusa, ricercando l'esatta collocazione in noi stessi e di noi stessi; ma in che cosa, per che cosa, a quale scopo?
Ah, miei folli - quindi geniali- amici: ci consola l'infinito!
L'Intimismo è la ricerca astratta dell'assurdo, del metafisico, del mistico continuando, nello stesso tempo, a masticare carne! Non siamo contro il sistema, né affiliati ad alcunché del mondo, noi viviamo il mondo con le nostre evasioni, passioni, con la schiettezza e fierezza di poter esprimere noi stessi senza pregiudizi, senza freni inibitori che rallentano l'arte, l'estro, il verbo.
Siamo per la riflessione, l'ascesi, la saggezza e la stoltezza, la stupidità e la meticolosità della poesia, dell'espressione intimistica, cioè, ricercata, opulenta, accessibile, ma non banale e comune; per niente scurrile, ma intensamente e sinceramente espressiva. Divinizziamo il verbo: ecco l'espressione poetica d'un pensiero! Non idilliaco, ma vero, aulico (ma non classico), moderno, semplice, elegante, desueto, elaborato e diretto: stilizzato, personale.
Ogni situazione è punto di ricerca, è "fluire delle cose", ci soffermiamo e pensiamo, ci mettiamo in marcia e riflettiamo…come una sorta di "motore immobile" aristotelico.

(…dall’infinito…) e spremerò ogni mio tormento in arte!


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