Tendenza
In questo campo fitto di candele
(e ciascuna si affanna a prevalere)
un vento spira da scaturigini ignote:
correre, sorpassare, sopraffare …
sulle rive abbrunite del traguardo
quando si prelude mutamento
dello stato concreto a vento freddo,
la preda ammanettata si dibatte
sulla sabbia frusciante di memorie
che escono dalle intercapedini
del tempo, e allunga il verso
apparecchiando passi dove il tonfo
è l’unico alibi che conta.
Il libro può essere consultato,
ma solamente l’orme
rimaste nell’archivio del deserto.
Le parole improvvisate
Le parole improvvisate
da una lacrima del cuore
che si versa sul pensiero,
sono il segno degli errori
che la pace di momenti
percepisce.
l’anima attenta ascolta,
si leva sopra il tempo
non lascia mai la sponda.
Dona il castigo
delle notti insonni
sospese a tormentosi andirivieni,
grida dolente il suo silenzio muto
che si sente più forte quando tace
la bramosia di sensi
indaffarati
ad eleggere l’ego che divampa.
Sussulta l’astrofisica
Sussulta l’astrofisica che approda
a ipotesi celate dietro il velo,
troppo propense al volo che si perde
uscendo dalle grate della mente.
Nei vicoli smarriti del mistero
la fantasia galoppa senza meta
dove la mente povera sprofonda
alla ricerca di una luce vera.
L’anima abbraccia il canto della Fede
che apre uno spiraglio alla speranza
e dona al verso un fine.
Tra vizi catastrofici dei sensi,
nequizie e ciel sereno della pace,
il bene e il male
reggono l’equilibrio che traballa
nelle farciture del pensiero,
come la pioggia e il sole
straripando al vento delle brame
che soffia nei soprusi alla natura
creano dislivelli a non finire
fino a rompere gli argini del cuore.
Indifferenza
La conoscenza di soprusi tace
ma onora vizi, prepotenze, voglie…
Proliferano sintomi del male
e resta ferma,
non redarguisce il peso delle ombre,
gorgogliando parcheggia più lontano.
Ho visto il bene e il male
Ho visto il bene e il male
vivere insieme
nella latebra delle opzioni
mettersi addosso
l’abito elegante
a beneficio delle occasioni.
Quello più buio
di crudeltà avanzata,
di soprusi e dell’intolleranza;
quello meschino
dell’umiltà,
col pianto delle lacrime
la tenerezza in mano;
e quello buono,
con la pietà nel cuore
e il sentimento
di sostentare i poveri coi doni.
Artefice
Artefice che splendi
nella mente e nel cuore
dove il mondo invisibile
traspare.
Ascolta residenti
di questo Tuo creato
meraviglioso,
raggrumato
di vizi e debolezze,
e dove il male e il bene
come nemici acerrimi fratelli
appostati alle soglie della vita
dove l’infinito non si vede
creano squilibri e dissapori,
e dove pesa
il morso della fine.
Dona più palese,
Ti preghiamo
il soffio della fede
che consola.
Come un raggio di sole
Come un raggio di sole
nel silenzio del vuoto
cerca una meta
per sciogliersi in calore,
così l’amore
cerca una meta
per sciogliersi in sostanza
nel grembo di una donna,
e palpitare.
Sui binari del tempo
Sui binari del tempo
primi passi
sono primavera,
palpiti gorgheggi sogni
amori
splendono nel cielo
delle stelle cadenti,
maturano radici
di germogli
onde di nuovi accenti,
il tempo frena
le acrobazie degli anni
verso gli ultimi passi,
lungo il cammino inciso
di gioie e di dolori
l’anima inspira un sorso
sull’albo del mistero
come presentimento
di tornare.
Nel campo dell’amore
Certi impulsi
devoluti al sesso
coprono soprusi
rinvenuti
sotto il peso nascosto
del dolore.
L’ascesa che conduce
seminare
gocce di realtà
nel campo etereo
come sabbia
negli occhi di un pensiero
adombra luce viva
che traspare
da un sentimento vero.
La Tua voce
Trema come una candela
la speranza della vita
dove il buio si consola,
la Tua voce che mi chiama
come brividi compare
registrata sulla pelle,
la tua ombra che mi ascolta
mentre parlo col pensiero
trasparisce dietro un velo
incapace con le mani
a toccare il suo mistero
dove pace amore stelle
sono luce che perdona,
Le preghiere vanno in cielo
con la forza delle ali
che protese a mani giunte
percepiscono l’amore.
L’intelletto che ci guida
proiettati all’altra sponda
prende luce dal progetto
che conduce il gran cammino
dell’umano a Tuo cospetto.
La speranza
Ora che il tempo
ha stretto l‘orizzonte
dove progetti
negano la mano,
vago in cerca
d’oasi sperdute
nel deserto degli anni:
luci riflesse
mostrano momenti
dolci di primavera,
affiorano dal fondo
in superficie
come magia di nomi
abbracci e baci
che si spengono all’alba
come un pianto.
Perciò volgo il pensiero
al sentimento
che abbraccia la speranza
più lontano
fino a dove splende
il sole vero.
Ascolta
Piccolo uomo
che ti senti grande
non ascoltare il tempo
che declama
la parola punto
sulla fine.
Ascolta
sentimenti
acclusi alla speranza
della grazia divina.
Il senno accorto
invita a non seguire
pregiudizi
dell’incontinenza.
Ascolta le parole
della Croce
dove l’anima grida
più forte del dolore…
Ascolta le parole
della stalla
dove dischiuse gli occhi
il Redentore.
Le siepi del pensiero
La pioggia
ha scardinato
le siepi del pensiero,
un qualche senso
agita il verso amaro
dove gli anni
sostano renitenti
sull’ estuario inquieto
della foce
dove parole dolci
sull’orme degli amori
addormentati
e petali di fiori da soffiare
sostano insieme
alla dolente attesa
di foglie inaridite
e dolci incanti delle illusioni…
Immenso mare
che mi stai di fronte
non mi stanco
toccare con le mani
gli occhi confusi
delle tue parole.
Gattini sotterrati appena nati
Senso che scorre
amaro
notti insonni
senza potere estorcere
dal guado
gli occhi
di un sentimento
che inorridito ascolta
gattini appena nati
dolcissimi a guardarli
calpestati
coi piedi incolti
a colmo del fossato
sotto la terra nuda
per non sentire il verso
del lor pianto.
Caro amore
Nella notte che si posa
sulla sera affaticata
arde come una candela
che carezza con la fiamma
il mio cuore. Caro amore
sei, di magico traspari
come luce di pensieri
dentro un sogno.
La tua voce
suona dolce nel silenzio,
chiudi gli occhi per volare,
dormi senza una parola
che rimproveri il pudore.
Caro amore non temere
l’alba nuova che si sveglia
sfumature di colori
come un quadro di pennelli
lascia dolce dentro il cuore.
Il mio sentire
Il mio sentire sfoglia
le pagine del libro
in lontananza
dove alberga il mio cuore
imprigionato
dentro le pareti
di un amore,
il volo alza le ali
dalla finestra aperta
verso il sole,
ma il pensiero lo insegue
lo riporta
dentro le mura
della sua prigione …
Povero sentimento
dolce, i raggi
si perdono nel vuoto,
lo consolano i sogni,
angeli eletti
delle notti tristi,
portano sprazzi
della primavera.
Pasqua festosa piange
La natura
apre la porta della primavera,
la campagna si anima di fiori,
uccellini volteggiano giulivi
spandono al vento
cantici d’amore.
Alberi spogli indossano vestiti
di foglioline e gemme,
vestono l’aria intorno di profumo.
Giubilo di campane.
Pasqua esplode.
fumi di prelibate ricorrenze,
bambini belli sfogliamo regali …
Pasqua festosa piange
sui lager della storia.
Ancora piange
lungo stragi gremite
di macabra follia
delle odierne guerre.
Pasqua festosa piange
Con gli occhi di bambini
nei vicoli affamati,
nei sentimenti di pietà e d’amore
che spirano col vento...
ancora sempre piange.
Arcobaleno
Divampa ansia
stormente
nel cuore di pensieri,
racconta alle parole
che seguono il diluvio
raccolto dentro l’onda
di un peccato
fiori recisi,
assillo si dirada
come assordanti voci
senza suono,
sono lampi di fuoco
in lontananza
che ostentano l’avviso
di tempesta
su dormiveglia
delle notti insonni,
ma l’alba delle nuvole
trascina
gocce di pioggia,
come un pianto lava
e vento amico
crea uno spiraglio,
fa capolino il sole,
arcobaleno.
Umanità provetta
Mostro batterio infido
si annida
nelle sembianze umane
orrido alberga
nella turbolenza
dona sentire gelido.
Sembra che il tempo
stia ruggendo afflitto
chiede udienza
all’infinito cielo.
Umanità provetta,
non lasciarti traviare
dai proventi
di bramosie di armi,
non trascinarti
a fonte degli strazi,
piuttosto inventa
un siero che vaccini
questo incombente male.
Vado sfogliando
Vado sfogliando il libro
che confina
con le pagine folte di un colore
che oscura questa valle
dove bazzica a tratti
un qualche infuso
di gioia e di dolore
scompigliato da un vento
che avvolge insinuando
raffiche di orrori
dappertutto
nei campi della gioia
e dell’amore
e si accanisce
crescendo a dismisura
fino all’ultima goccia di cammino.
Eretta scala della tracotanza
parte dal fondo buio di un mistero
che vegeta nel cuore
di un qualcuno,
poggiata sulle nuvole di vuoto
è diventata meta degli abusi.
Mi domando
se almeno offrisse un premio,
ma dona solo calci di tomenti
raggela il cuore
e dalla cima
sospesa al vuoto cade
macchiando il suolo di un fetore
grave
che non si scioglie,
supera l’avello
come un fiume che scorre
tra gli sterpi
insegue la memoria e non ha pace.
Angeli della notte
Angeli della notte camminando
sulle punte di piedi
per non svegliare il sonno
sfiorano un qualche senso
che sussurra
animato da frotte di pensieri
come musica dolce sulla pelle,
si posano sugli occhi addormentati
e piano piano accendono le luci
dove l’inconscio issa le sue vele
e naviga lontano,
vanno nei campi di perdute spoglie
dove la vita ha spento i suoi colori,
svegliano col soffio dell’amore
riveduto dalla lontananza
fiori appassiti della primavera,
a volte sono incubi cattivi
scalfiscono se fai brutti pensieri
ma l’alba li perdona,
volano al primo vento cancellando
il tutto che si sfiora.
ma se profondi
avviluppati al cuore
lasciano una lacrima e un sorriso.
Il tuo pianto
Stillano
gocce di pianto
le caduche stelle,
malinconia celata
nel cuore
di un pensiero.
L’amore splende
ancora,
le note sono tenere
come fiorite aiole
ma non hanno
il profumo
di un sorriso.
Sento tanta dolcezza
nei tuoi baci
piovono infiniti
sulla pelle,
li sento ancora vivi
dietro gli anni …
Esplode
in mille lacrime
nel cuore delle notti
la tua voce
come un silenzio antico,
che bagna
il mio cuscino
con gli occhi
del tuo pianto.
Dolce fruscio
Raggio di sole
splende
sugli innevati picchi
dove irrompe
l’ultima stagione,
un qualche fiore bello
trasporta
a questo inverno
di petali appassiti
i suoi colori,
magia di sogni
l’alba del cuscino
regala a rami spogli
dove confina il tempo
della vita che lotta
contro l’onde.
La fantasia del tempo
La fantasia del tempo
trasporta
gli occhi stanchi
in cima al monte
dove il peso degli anni
volge al bivio.
Il pensamento oscilla,
ma non c’è senso
di seguire il fiume
dopo la foce,
il mare lo confonde
nel suo seno,
lo conduce a rivivere
nell’onda
dove alita un vento
soffia ingordigie
desideri, brame …
il sole lo solleva
goccia a goccia
prima di ritornare
a questo mare.
La fantasia ragiona come il vento
La fantasia ragiona come il vento
soffia pensieri all’una e l’altra sponda,
conduce sogni nelle notti belle,
alle notti agitate dà tormenti,
sulle rive del sole vola in alto
per conquistare il cielo agita nubi
che sono brame desideri
ed altro …
tra sprazzi di sereno e temporali
una percezione invita i sensi
a moderare l’urlo degli inganni,
dipinge il buio di colori nuovi
e dona un senso alle parole mute.
Perdono
Perdono per attimi dolci
del tempo che soffre
le pene lasciate marcire
nell’angolo bello del cuore,
per baci sospesi a bugie
ancora in attesa …
perdono non libera il peso
ritorna le notti
infitto nel cuore del sonno,
accende di grida il silenzio
che urla impazzito
alle orecchie
del vuoto che incombe,
esplode negli occhi
di lacrime vere.
O questo stormire di colpe
col vento che ostenta peccati
a tutte le rime del cuore.
Vaneggia una cima legata
al filo di un cielo lontano.
Cori di luce
Cori di luce splendono
l’Avvento è già
sbocciato
ma dietro i vetri
oggi
Natale
inciampa
travisando il colore
della pietà e l'amore.
Il bambino
più povero di tutti
percosso vilipeso
deportato
dalle scurrili fonti
di farisei moderni
scagliati sul dolore
sotto lo scettro
dell'indifferenza
non si festeggia
muore
e neve buona
fiocca fiocca fiocca
vuole coprire il male
col candore.
L’Anima è leggera
L’anima è leggera
sale in cielo
ma non appaga
i sensi
smodati del pensiero
che sobillando
con le promesse vane
acuiscono brame
e calpestando aiole
e distruggendo fiori
essa trascende
diventa pietra dura
e quando il tempo
trasporta a suo destino
l’altra sponda
essa non regge il peso
sprofonda
dentro
il buio del mistero.
Ausilio -Preghiera
La specie ingorda
agita le mani,
soffiano ovunque
guerre, dissapori …
rendi luce
o Signore
all’anima del mondo
che penetri nel buio
delle brame,
volgi lo sguardo
a figli tuoi soldati
di libertà e di amore,
l’esercito del male
ombre inonda
dona speranza ai vinti
dona pietà nel cuore
agli oppressori.
Fruscio di ali
Da quelle falde tenere fiorite
dove giocava il sole a fili d’oro
coi tuoi capelli
agli scoscesi anfratti del tramonto
gli occhi di pianto antico
ancora sempre accesi
come ceri
ardono nel cuore di ricordi …
Sento fruscio di ali che mi segue
sulla strada alberata di candele.
Gioia dolore amore
La strada della Fede
affievolisce l’urto
del nulla ignoto,
rende
gioia dolore amore
cardini della vita
come lo strazio immenso
della croce
risorge nella gioia
dell’amore.
Sui cigli della strada
fiorita di speranza
camminando
sembra sentire
passo dopo passo
che la meta dell’anima
è vicina.
La strada della Fede
raccoglie diligente
gli errori seminati
ad ogni passo
per offrirli al perdono
e rende grazie a Dio
di tanti doni
a partire dal parto
di un bambino
che dona alla sua mamma
gioia dolore amore.
Dolce amore
Dolce amore
di una notte sola
nel grembo di ricordi
torna vivo
come nodo che stringe
poi si scioglie
nella melodia
degli occhi tuoi.
Il tuo pudore nudo
mi conduce
agli occhi scintillanti
di una rosa
che lascia gocciolare
la rugiada
lungo le vertigini
del tempo
sulle sponde del cuore
fino agli occhi
dove sfocia il mio fiume
di rimpianti.
l’anniversario della primavera
Gli occhi del vuoto
fissano dolenti
pensieri assorti
dalla caducità
che stringe il cuore
sotto il peso degli anni,
ma sogni di ricordi
conducono a volare
presso sprazzi di cielo
dietro nubi
per adornare
ultimi rintocchi
con melodie vissute
d’altri tempi,
perciò rivivo
fiori di momenti
che tornano
col sole
insieme accesi
a festeggiare
l’anniversario della primavera.
Fede serena
La vita è troppo piccola
troppo si parte il vero
da quattro ossi, un scheletro,
i resti di un pensiero.
Forse il pensiero è l’anima
che si veste di corpo
e prende per un attimo il respiro?
Forse la vita è un sogno
e la morte il risveglio?
Forse ciascuno è solo
e mentre dorme sogna d’esser io
pieno di mille simili d’accanto,
sogna vita ed affanni
e sogna il tempo e gli anni?
Oppure alto Fattore
arrovelli di stelle e di mistero
troppo piccole menti
e spandi il vero:
Fede serena!
Basta una preghiera,
apre il mattino con le mani giunte
come appare negli occhi
di un bambino.
Ego sum
Ego sum arrogante privilegio,
ego sum conduce rovistare
nelle non pertinenze
con l’animo propenso a prevalere
senza ascoltare il cuore,
emolumenti accendono gli istinti
animati da brogli di ragione
conducono alleanze di progetti,
morbo copioso di pensieri avanza
connesso a privilegi di statura,
manovalanza irrompe
invita il senso ingordo a prevalere,
la massa informe dell’indifferenza
prodiga di parole non indossa
la pelle del meschino,
sobilla la coscienza con le ombre.
Il colore dei sogni
Passi felpati
nella stanza vuota,
parole dolci
di silenzio muto
accendono le notti
come fruscio dell’onda
sulla riva,
qualche sprazzo
di cielo
e qualche stella
ancora brilla,
un canto dolce appare
che trascina
le note belle
della traversata
impigliate nel cuore
di pensieri
come musica dolce
da ascoltare
senza patire l’ombre
della coltre di nubi
che sostiene
il volto ingrato
della consistenza.
Dona ragione al cuore
Sentire quella voce
che non parla
implora come lacrima
nel cuore
fa respirare aliti di gioia
come premio assegnato
a vincitori lumi
contro grumi
che assalgono in agguato
nella latebra
delle ostruzioni.
S'acquetino le acque
renitenti,
Si scongiuri la lotta
della crudeltà
contro il dolore.
Diamo ragione al senso
che declama
Il credo della pace
e dell’amore.
Non vestirti d’immenso
essere umano
dona ragione al cuore.
Il senso della giostra
Il sentiero che corre
all’infinito
verso orizzonti nuovi
stropiccia sul cuscino
i dormiveglia,
gli occhi
si riducono a spiare
nella sonnolenza le stagioni
per abbinare
al senso della giostra
il processo del vivere
e tornare,
toccando con le mani
dei pensieri
la campagna fiorita
a primavera
rigenerata
dal polline che cerca
il suo gamete amore
segue l’inverno
coi capelli freddi
abbraccia il tempo
folto di speranze
e spande oltre le nubi
il suo pensiero.
I comandamenti
Signore immenso brilla
come la moltitudine di stelle.
Non importa seguire
le scritture
perforate dal tempo.
Egli non è passato
Egli non è futuro
Egli è fuori dal tempo
Egli ha postato
suoi comandamenti
nel silenzio dell’anima
che sente
più forte del pensiero
dove anche il cuore
per non turbare incanto
del silenzio
quando raggiunge il cielo
entra furtivo
senza palpitare.
Vecchiezza
Dove dirupi intensi
assaltano confini
delle incessanti voci
folate di ricordi
soffiano come vento
sulle scarnite aiole
dormono sottoterra
bulbi di fiori belli
col vestito di velo
che sognano le notti
di sbocciare
e lasciano profumo
che si spande
sulle foci dell’alba
dolce amaro
come lacrime mute
dove il tempo
spinge come pensieri
cumuli di nubi
sugli scabrosi anfratti
e passi renitenti
contro il sole
sul cammino
che tende al capolinea.
Come fiorite aiole
Sono agli ultimi passi
di cammino,
sento sfiorire il tempo
sospeso all’infinito
che sommerge,
dove bazzica povero
il pensiero.
Conto il senso invisibile
che sente oltre la vita
un qualche credo.
Ora papà mi suona
dolcemente
e la mia mamma,
soffro bugie, impertinenze
ed altro,
corre il verso
di chiedere perdono
come la fantasia
di poterli presto rivedere.
Il mio pensiero vola
agli anni dolci
dove ho trascorso amori,
tornano fiori belli
rimasti sempre verdi
nel cestino di sogni,
salgono verso il cielo
come fiorite aiole.
La preghiera
La fantasia del tempo
conduce gli occhi stanchi
in cima al monte,
pungono insonni vertici
come un senso
che supera il cammino.
Il pensamento oscilla,
ma non c’è verso di seguire
il fiume,
il mare lo confonde
nel suo seno
lo riconduce a vivere nell’onda.
Altri versi vagano sospesi,
seguono il punto
della consistenza
di ciò che resta.
La ragione reclina il capo stanco,
dona valore a tutti e a nessuno.
Dogma abbraccia il canto
dell’incontenibile sospeso
agli occhi del mistero
dove la speranza acquista il tono
di una poesia d’amore come meta
che sappia tutelare
la sazietà del fine,
ma in essa soffia un vento
che orbita nel buio
ed agita le foglie del pensiero.
Soltanto la preghiera
fede serena dona pace al cuore.
Dolce incanto
Sento sorriso acceso
negli occhi trasparenti
di gioia, quando incontro
il tuo cammino,
sai spalmare
l’incanto del sorriso
su volto raggrinzito
del tramonto,
amore effervescente sei,
come colore fresco
di rugiada
che zampilla
su palpito di fiori,
sei alba della vita che colora
col tuo candido rosa
e fili d’oro
questo orizzonte opaco
della sera,
sei dolce incanto
con le braccia aperte
se corri incontro
ad abbracciare il nonno.
Alba giocosa indora
Alba giocosa indora
gli occhi fioriti
della primavera
su guizzanti sentieri
di rugiada,
mentre sospeso ascolto
magie della natura,
guardo la gioia stretta
di una mamma
al nido di uccellini,
un qualche verso
gorgoglia sulla fronte
di un pensiero,
altalenante imbocca
i disumani accenti
dove potere infido
ostenta pregiudizi
e dove mostri
di supremazie
tra flagelli di guerre
colmano di dolore immenso
il cielo.
Aci e Galatea
Tratta dal libro Pennellate di Sicilia
II canto antico delle verdi alture
popolate di miti e di ciclopi
parte dalle vertigini del tempo.
La dolce ninfa e il pastorello Aci
vagavano felici per i monti
nella terra selvaggia di ciclopi.
Sulle alture viveva Polifemo
mostruoso gigante con un occhio
anch’esso attratto
dalla bellezza della giovinetta.
La gelosia che irrita e sconvolge
rapì l’animo crudo del ciclope
che insorse contro l’uomo innamorato.
Aci venne travolto da un macigno
lanciato dal gigante
e Galatea trafitta dal dolore
piangente proferì contro il ciclope
un anatema forte di sventura.
Inginocchiata sulle amate spoglie
dove pietoso il cielo
che fabbrica l’amore ma non tiene
mezzi capaci di salvaguardarlo,
lo protrae piuttosto oltre la morte,
mutò l’amato in fiume
rendendolo immortale.
Ancora scorre
sotto strati di lava il fiume Aci
e Galatea lo veglia, sconsolata
accarezza le acque dell’amore.
L’anatema scagliato dalla ninfa
contro il ciclope
condusse Polifemo a suo destino.
Il mare antico dove Acicastello
oggi si staglia,
culla nella sua baia massi enormi
che il ciclope lanciò contro Nessuno.
La leggenda di Polifemo e Ulisse
copre i millenni,
affascina ancor oggi passeggeri
che guardano entusiasti faraglioni
incastonati dentro il mare azzurro.
Fruscio del web
Fruscio del web
ferma le stagioni,
primavera rimbocca
questo inverno
come un fiore di carta
che trascina
bellezze contraffatte
lungo gli argini vuoti
di profumo
sulla magia del web
che traduce fisionomie
sfocate
dai colori del tempo
capovolto,
scorrono gli anni
adorni di passato.
La realtà degli occhi
affacciata allo specchio
recondito sostiene
la melodia di gusti,
il tuo fruscio
abbevera le notti
e cuore abbraccia
sogni sempre verdi
rimasti fermi
a dolce di parole.
Il primo amore
la sera coglie
un qualche sentimento
sciolto nei versi belli
di una poesie d’amore,
fabbrica un sogno,
sveglia
ricordi addormentati
tra fantasie del buio,
un qualche senso
coi vestiti di velo
si sposa
coi pensieri del cuore,
incontra
il primo amore
nascosto dietro gli anni
in riva al mare,
il sentimento vero
abbraccia il sogno,
con la pelle di brividi
dirotta
sulle sponde dell’alba
come un pianto.
Stipiti del male
Aleggia Pasqua
intorno,
pensieri come rondini
di ali
nel cinguettio del cielo,
dolce tripudio
della primavera
la natura divina
rende omaggio
di pace
a questo inferno
di bombe fratricida
che scorrazza
nel coro umano,
artefici ribelli
per tornaconto
dell’egemonia
abusano di orrori
fino tra fiori belli
di bambini.
O sonno eterno!
Chiudilo nell’Ade
quel sentimento ostile
che rimbalza
dall’uno all’altro
stipite del male.
Il Cambio di stagione
Prelevo
dalla magia del sole
che rifocilla
luce di germogli
il gran mistero
diffuso tra parentesi
del tempo.
Questo impero
d’infinito sentire
che profonda
in melodia di versi
equilibri pensosi
di spettanze di gioia
e disappunti
che sentono il dolore
nelle contrazioni
del pensiero,
naviga le sponde
diluendo
nell’infinito amore
che suggella
il flusso della gioia
e del dolore,
un qualche verso
del divino assenso
che vada oltre
il cambio di stagione.
Una lacrima muta
Quella lacrima muta
rimasta nel profondo
sonnoveglia
segue la nave
sulla scia del tempo,
mi raggiunge
il tuo sapore limpido
di mare
e nelle notti sento
il verso dolce
sepolto sempre vivo
nel reliquario
delle opzioni
dove puntuale accedi
al mio pensiero.
Ora lontano naviga
la nave
tra cielo e mare
di una notte sola.
Sei lumicino acceso
sempre brilli
dove il cuore rimasto
prigioniero
sulla nave incagliata
nella sabbia
della monotonia
tra brividi di tempo
ancora vola.
Senso di buio
Senso di buio
incombe
dietro spiragli
piccoli di luce
come un avviso
al ravvedimento,
ma soffia solo
un alito di vento
contro blocchi
massicci
di cemento.
Un qualche senso
conduce trasferire
oltre fuggiasche nubi
contrassegni
delle incontinenze,
condanna coi rimorsi
nel silenzio dell’anima
che sente
la supremazia
di prominenze
che sobillano il verso
più marcato
dell’egemonia
del non vedere.
Il tuo sapore nudo
Il tempo passa
non cancella il segno
dove ricordo
di una fiamma viva
rimasta accesa
brucia più forte
dentro il fuoco spento.
L’amore è dono
che trafigge il petto,
la sua dolcezza amara
non guarisce,
basta sfogliarla
sanguina più forte
la mano del pensiero,
ora la vita
ha corso il suo cammino,
sulla soglia del cielo
agli anni vecchi
compare ancora
il tuo sapore nudo,
il tuo perdono
non ha perdonato
con la forza di baci
abbraccia il pianto.
Ma tu ci sei
l’acquerugiola dolce del mattino
che apre il giorno ad altri itinerari
tinge di riflessi
gli attimi appiccicati
all’onde delle notti insonnolite,
il sole non traspare all’orizzonte,
sembra confuso
si posa piano sulle note escluse,
il cuore redarguito si è nascosto,
ora è tornato fioco e scolorito
come un bimbo in castigo
dona al silenzio
un qualche pianto muto.
Siamo al punto che l’alba
sgrida il sole,
le siepi desolate dell’inverno
ed il pensiero carico di spine
costruiscono i versi dell’addio …
ma tu ci sei,
sento i tuoi passi
dietro i miei pensieri,
l’amore disilluso
a lume delle ombre serotine
stacca dal cielo fiori di parole.
A città du liotru
Siamo a Catania
tra cielo sole mare
e frotte verdi di agrumeti in fila.
Siamo a Catania nella turbolenza
di traffico, di gente di negozi
dove respiro antico che si perde
tra vetrine affollate di colori
torna presente lungo le traverse
che moleste si affacciano sul corso.
Il Monte Bello
con la faccia di neve scintillante
guarda la sua città,
carezza i suoi confini
con ondate di sciare
intorno al monte
e gli odorosi arbusti di ginestra.
Ora siamo al centro di Catania,
l’Amenano che scorre sotto terra,
seppellito dal fuoco della lava
con la testa di toro e corpo umano
ancora copre le leggende antiche,
guarda la sua cascata
come un velo
che sgronda dalla vasca
e mormora pensoso mutamenti
della città che regge sulle spalle,
guarda gli occhi affacciati di turisti,
ascolta lampi di telefonini,
le sferzate di flash sulla faccia
e fuggitivo segue il suo cammino.
U liotru risiede in piazza duomo,
ora è passato il tempo
delle scorribande di Eliodoro
che a cavallo del mitico elefante
trottava il tempo antico,
il taumaturgo vescovo Leone
incolume protetto dalla fede
non tollerò le gesta del maligno,
gli diede fuoco con la fiamma viva
del suo potere sacro esorcizzante
sciogliendo l’elefante dalle grinfie
del negromante.
Ora u liotru guarda con affetto
La cattedrale che gli sta di fronte,
l’elefante idolo pagano
sembra quasi voglia percepire
sacro sentore delle vie del cielo.
Mostra sui fianchi drappi marmo incisi
di Agata patrona di Catania
e sulle spalle l’obelisco egizio
che sostiene la Terra
come un globo,
una foglia di palma raffigura
desolante martirio della Santa
ed un ramo di giglio la purezza.
Sotto la croce in cima all’obelisco
iniziali osannano l’avvento
che liberò Catania dalla peste
ed acclamano Agata Patrona.
Nei giorni eletti della grande festa
esplode un grazie immenso della folla,
Balconi straripanti, luci, addobbi,
tappeti, fiori, fazzoletti bianchi
come morbide ali sventolanti
dove perdura ancora il rito antico
della corsa nei sacchi che ricorda
la dea adorata dell’antico Egitto
Iside regge flusso di millenni
percepisce la miseria umana
e l'affidarsi al senso del divino.
L’acqua del mito, l’obelisco egizio
l’elefante idolo pagano,
scoprono il cristianesimo
con le immagini sacre della Santa.
A città du liotru dona esempi
di fratellanza delle religioni
come figlie
di un sentimento forte naufragato
nel mare della vita tende al cielo
la mano, buio incombe,
la fantasia che corre tra le stelle
sente il senso divino e si commuove,
ma l’incertezza irrompe,
La Fede unico faro apre la porta
al senso del mistero
che il martirio di Agata e dei santi
effonde dentro l’anima del mondo.
Questo povero anno
Vento soprusi gelo
fuochi mortali brilla
il cielo, pilotati
da frenesie di brame
per conquistare odio,
fiume del tempo
incongruente scorre
lungo le vertigini del male.
Si atteggia immenso
l’essere meschino
straripante di bolle
che sconfessa
respiro incommutabile
del credo.
Crogiolo di speranza
non si scioglie
dolore arroventato
sulle spalle
questo povero anno
partorito
da seme sventurato
sulla soglia
convogli saldo
alito di bene
che invogli luce
di pietà e d’amore.
Natale oggi
Natale è un pensiero che vola
sull’onda del Web,
si ferma su schermi di tempo
che corrono arditi a spiare
e scoprono
oltraggi condotti a negare
le leggi del cuore,
catene di lutti
guidate
dal fumo che ingombra
sentieri assettati di fame,
ossuti bambini
dagli occhi brillanti
che allagano
plaghe di terra sgualcita,
e sfarzi di mense sontuose
che invadono
vaste distese di brame.
Natale è un pensiero
che grida
con tutta la voce del cuore,
Natale è un fiore che sboccia
su terra trafitta dal gelo,
Natale è un bambino che nasce
necessita cure ed amore,
Natale è una stella del cielo
che insegna la via da seguire.
Il nocciolo del male
Preludio sfiora
con le prime luci
il velo delle nuvole
che copre
l’esercito di corpi
dietro i sipari della carità.
Raggi buoni
come pensieri
partono da lontano,
il mondo ascolta.
Ora siamo nel tempo
dell’amore
dove si rende all’umiltà
un tributo,
ma senza cielo
limpido di stelle
con la tendenza
di retaggi stretti
l’animo sente forte
spalancare
le porte della soglia
al bimbo eletto
che si prepara
a nascere
nell’umile capanna
per scacciare
come una preghiera
il nocciolo del male
che divampa
nella pietà del cuore.
Siamo a dicembre
Siamo a dicembre,
l'aria di Natale
trascina rami spogli
senza luce
con lacrime sospese
come fiocchi di ghiaccio
a questo freddo
che gela il cuore affranto
dai soprusi
del veleno che affligge
prominenti
a vertice di monti
e gente inerme.
Bimbi intirizziti
coi sogni congelati
dall’algore
aspettano le briciole
di stelle,
aspettano
che si proclami l’alba,
per non lasciarsi
prendere dal gelo
conservano nel cuore
bulbi dolci
sotto la terra dura
che vince nella stalla
dove re buoni approdano
a osannare
il bambino
più povero di tutti.
Non venderò il mio cuore
Le acque rimosse dal maltempo
sono tornate calme
è rimasto un alito diffuso
nelle note che il vento aveva posto
accanto ai versi dolci,
la pioggia ha tolto il polline
alle ali dell’amore,
l’arcobaleno ha spartito il cielo,
la mia metà è rimasta
orfana di colori ed il mio cuore
è dovuto scendere dal palco,
ha preso posto tra gli spettatori,
ora sento i tuoi palpiti vibrare
al vento fresco di nuove stagioni.
È venuto a trovarmi il tuo silenzio
mi ha sgridato fino a farmi male,
così ho guardato dentro la tua stanza
dal chiavistello …
perciò non scriverò versi d’amore
da affidare al vento che sparpaglia
i fogli pieni di malinconia.
Ora che il sereno è ritornato
non venderò il mio cuore alla magia
a costo di picchiarlo
oppure di tenerlo imprigionato.
Perché
I miei sogni rincorrono
raggi di sole
perciò le notti vuote
di profumo
scorrono insieme
a frotte di perché,
gli affluenti amici
spingono l’avanzata,
più lontano
danzano le carole
di tramonto
come ad offrire un varco
per piantare
dentro ciascun granello
prospettive.
Vorrei postare il cuore
nel tuo cuore
ma tornano imperterriti
i nemici,
se chiudo gli occhi
guizzi di perché
balenano
più forte di pensieri,
misurano con gli occhi
l’orizzonte,
tendo la mano vuota
in lontananza.
L’Autunno
L’autunno
che strazia
pensieri
di foglie cadenti
convoglia
su bianchi capelli
il soffio dl vento
che gioca
col pianto
degli alberi spogli.
Il vecchio sole
Siamo al tramonto
Il sole sta calando,
ha trascorso le nuvole
e il sereno,
mancano pochi passi
a suo declino
ma esso non si duole,
regala all’ombra
magici sussurri,
come un bambino
gioca coi colori.
somiglia ai primi passi
della vita,
cala senza timori,
sembra che sappia,
tornerà domani
tenero di colori
vestito con i raggi
del mattino.
Genesi del male
Nel giardino di fiori
che palpitante
anela di sbocciare,
quella metà di cielo
che luminosa
accende
il filo dell’amore,
divelta da soprusi,
che contesta
l’egemonia covata
nella latebra umana
del sistema,
offesa perseguita
fustigata
perfino uccisa,
confonde
l’ipocrisia celata
tra le righe
del sedicente credo
di chi creando un dio
simile all’uomo
offende
tutto il Cielo.
Il segno della croce
Luci di silenzio
nel campo
dell’amore
accendono barlumi
come stelle
nelle notti serene,
percepiscono
il segno della croce
che santifica
il cielo del dolore
contro le avversità
lungo il cammino,
la vita sboccia
dove il parto amore
conduce l’onda viva
del dolore
nell’etere divino.
Amo la notte
Tengo nel cuore
note sempre vive,
sono fasci di luce
in lontananza,
splendono confuse
nei colori del giorno
dove il sentimento
non respira
in mezzo ai gorghi
delle inappetenze.
Amo la notte,
fiori di ricordi
sfiorano,
sono come puntini
luccicanti
salgono dalla cuna
in superficie …
regala il cielo stelle
al cuore buio
delle notti insonni.
Dolce profumo amico
Dolce profumo amico
nell’alito di vento
in lontananza,
come uno specchio
agglomera riflette
giochi di muri antichi
piantati in mezzo al verde,
e l’aria intorno
grida un silenzio
forte
che si sente
sulla pelle di brividi,
rimbomba
nella valle assolata
tra gi ulivi
dove risiede
l’anima del tempo
rimasto acceso
al cuore pellegrino
nel seno delle notti
trafugate
a questo inverno
trepido che sente
la parentesi chiusa
della vita.
Fiore del buio
Amore
nel silenzio delle notti
sospeso al suono
delle tue parole
lasci nel cuore
quel profumo amaro
che si ridesta
e scivola
nei versi del pensiero.
l’eco diventa voce
che rimbomba
contro le pareti del cuscino,
e notti insonni
a morsicare sbagli.
Un senso dolce invita
a riesumare …
Fiore del buio
pudica si scioglie
gocciola come un pianto
acme del momento
soffocato
da grigio di singhiozzi
col vento teso verso
la battigia
che assorbe l’onda amara
di rimpianti.
Torna l’estate
Torna l’estate
Informa sentimenti
con la forza del sole
che rintocca
come la nostalgia
degli anni verdi,
esuli nodi
della lontananza
scalfiscono le pagine
del cuore
e l’alchimia trasfonde
il suo mistero
nei sogni,
porge domande
alla poesia d’amore
dove è rimasto
impresso
dietro il velo
contro il parere
della lontananza
un alito di cielo.
Alito divino
Il tempo che percorre
le stagioni
sulla soglia del buio
di confine
si insinua
alla ricerca di una luce,
nei sonnoveglia avvolti
il ciel conduce
sussulti di spiragli
sulla pelle
come gli occhi del sole
sulle fronde
dentro un lago
iridato di magia
dove si specchia
un albero profondo.
Cose grandi vanno
oltre i pensieri …
Il senso che conduce
a scegliere le stelle
più lucenti
raccoglie nelle notti
come sorriso
o pianto
ogni singolo petalo
A questa età
A questa età
degli ultimi gradini
posso contare i torti
e le ragioni,
entro nella memoria
a rimirare
quadri di sogni affissi
alle pareti stanche
della vita.
Trovo dappertutto
molti errori
torno con gli acquarelli
a recitare
le melodie sospese
al filo di un contesto
che risale
agli anni dolci
della primavera.
Le stanze trascorrendo
colgo fiori,
sono lacrime
dolci, amare, chiuse
che non hanno
il permesso di scoppiare
e allagare di pianto
il cuore muto.
Armonia vivente
Lungo il sentiero acceso
di ricordi
trovo pennellate di poesia
che la natura ha scritto,
leggo rileggo
sfoglio ancora il libro
sempre aperto
di fronde
che si abbracciano
tra loro
col sole, guizzi d’oro
filtrano col vento
che trascina i versi
sulle righe rosate
del tramonto,
e su declivio
arrampicato al colle
fondono gli acquerelli
la melodia di trilli
coi colori,
lungo il sentiero
grilli cantautori
spandono il verso lungo
che si ferma
all’avviso di passi
in mezzo ai cigli
come un quadro
che tiene incastonata
la melodia vivente.
Il senso della vita
Guardo la scia
che corre
dietro il tempo
come lo sguardo aperto
al finestrino
di un treno in corsa,
sono trascorse
tutte le stagioni,
trovo campi di fiori
lungo sentieri dolci,
chilometri di tempo
rivedo nello spazio
come miraggi,
filari di ricordi
abbarbicati al cuore
giocano a rinvenire,
e scandagliando
più profondamente
valuto le ingerenze
di intemperie
e raffiche di vento
contro il fortilizio di mattoni
stabilizzati
l’uno sopra l’altro
dalla capacità
del Gran Fattore
che ha spalmato
strati di cemento
ed ha inventato
figli e nipotini,
angeli della vita
a riformare
le ritrosie del cuore.
Turpi imprese
Uomo gigante
sterile
al senso della luce
dona lo sguardo
al fine
legato dal destino
a questi tempi
indicizzati
agli insulti incessanti
del tuo genio.
Il tuo colore
unto
di sangue degli abusi,
ed innocenti bimbi
cui silenzio
condanna la memoria
più forte del silenzio,
punge
a cospetto del tempo
che cammina
votato a immortalare
turpi imprese
per anatemi
di pensieri ostili.
La fantasia
La fantasia
ragiona con le ali,
si presenta
vestita di colori,
apre tutte le porte
col dominio
di chiavi universali,
segue veto di sogni
dove il filo
scivola dalle mani
del pensiero,
si posa
sopra l’isola
incantata
e galoppando
inventa altri colori.
Il tempo
Nei labirinti
delle notti insonni
gli occhi del nulla
temono domani,
la luce spenta
soffoca il pensiero
che si scioglie
come lacrime mute,
tinge di pianto
il fondo del declino,
Un senso
trova gocce di mistero
dentro
l’impercettibile sospeso,
allunga le sue mani
a dismisura,
segue il filo
che scorre sula ruota
fino a toccare il punto
dove principio fine
sono lo stesso punto,
come il senso infinito
delle ore.
Il senso del male
Diversità soccorrono
il cammino
di questo intenso affanno
dove l’egemonia
delle stagioni
conduce l’armonia
degli equilibri.
L’irruenza scompiglia,
raffiche di vento
devastanti
nel mare della vita
dove la ragione
perde il senno
sono connessi al senso
che declama poteri.
la Santa Pasqua scorre,
sembra proprio condurre
questi giorni
di farisei scagliati
sul dolore,
suonano morte
crudeltà
massacri d’innocenti …
represso impulso
a quieto almo si scioglie
nel mare e dolore.
Un qualche cielo
Intelligenza liquida
si scioglie
nella fantasia
dell’infinito
come
un cielo di stelle
che si sente
avvolto dentro l’onda
di un pensiero,
Il senso che conduce
traccia la rotta
sull’itinerario
diretto verso il guscio
del mistero,
sullo scorcio di vita
che prorompe
incontra un’alba
accesa su sentiero
di petali di fiori,
si ferma e inventa
il verso
di una poesia
d’amore
come un velo
spalmato sulle onde
di questo mare,
che lascia intravedere
oltre profondo buio
un qualche cielo.
Il senso dell’amore
A questi ultimi passi
di cammino
valuto le altitudini,
il pensiero
aggrovigliato
a fili competenti
che sfogliano
le pagine del tempo,
affastella convogli
di memorie
nei sonnoveglia assorti
delle notti
dove il silenzio
acquista competenze
per parlare
gridare
contestare,
perfino di picchiare
contendenti
che salgono
nello spazio infinito
che si perde
come un impulso
di precipitare …
a questo punto
dono ragione al senso
dell’amore
mentre sfoglio
preghiere
che conosco
come un velo di ali
per volare.
Il dolore di un pensiero
Oggi piange il dolore
di un pensiero
che naviga
sull’onda di regimi,
dolenti spine aguzza
a sanguinanti piaghe,
farisei
la croce del dolore
stringono
in cima al monte,
perciò vorrei crudeli
ingorde menti
che hanno chiuso
dalle radici
con il pianto buono
per la mania
di nuvole i fumo
precipitare
in quel dolore grande
dietro la porta
del silenzio muto,
quello che insorge
redarguisce il buio
fino al punto
di farlo scoppiare
in lacrime di pianto.
Esule espulso
Naufrago scalzato dal barcone,
esule espulso sulla sabbia dove
pietose l’onde
consegnarono al sole
il suo destino.
Incogniti soprusi
lo strinsero nel buio dell’attesa
tra muri di parole,
annichilito
da cupo buio della stanza muta
prese la fuga,
si sentì braccato,
trovò nell’aria libera rifugio
lungo scalcinati gelsomini
di muri colmi …
vento leggero infonde
flagranza dolce
agli occhi addormentati sulla sera
ebbra di stelle, e di sapore muto
come le vertigini affamate
dell’erboso sentiero, il pellegrino
gonfio di piedi pervenuto a stenti
lasciò ai pensili fiori
il suo tormento
che impietositi
coprono una croce.
Dolce amaro
il tuo sapore
conduce dolce amaro
che si scioglie
nel cuore delle notti,
la nostalgia lontana
abbraccia col pensiero
un sogno infranto
che custodisce il tempo
come un volo
nell’immensità
di suoi momenti,
ancora sento
l’anima del senso
che ha sorpassato
il tempo
rimasto impresso
fino agli ultimi passi
di cammino.
Questo cielo
che incolla sentimenti
con la forza di lacrime,
congloba
sogni desideri nelle stanze
come i colori della fantasia,
vorrei
non si fermasse
alla frontiera.
Diamo ragione al senso
Diamo ragione al senso
che conduce
oltre la realtà
nuovi sentieri,
la carne guasta
gli ultimi gradini,
si rialza lo spirito
stravolto
dalle acrobazie
del controsenso,
aleggiano pensieri
fluttuanti
sulla battigia buia
del mistero,
Il verso pellegrino
che tende ravvisare
l’altra sponda,
contiene fili dove
l’atomo d’infinito
che dentro noi alberga
destinato a rivivere
in eterno,
dona ragione al senso
che propone
oltre il pentimento
una preghiera.
Ave Maria
Ave Maria
preghiera
dolce approdo
annodi terra e cielo,
il tuo dolore
piange sempre vivo,
hai graziato tutti,
anche la croce
redenta dal perdono
benedetta,
la luce delle notti
ora scintilla
illumina la soglia
del mistero.
Coagulo di buio
dominante
dietro profonda luce
fonti oppresse
dagli spiragli fuori
di burca accesi
come silenzi
impugnano le ombre.
Ipocrisia del muro
Negli angoli del mondo
che ho trascorso
cerco nei rimasugli di momenti
un sentimento libero di amare
nelle profondità dell’infinito.
Vola pensiero sui bambini immersi
nel bagno di una vita dissacrata
venduta in mezzo agli occhi balbettanti
di civiltà avanzate che non sanno
itinerari curvi sulle spalle
di esuli migranti pellegrini
dove soprusi
di demoni farciti di criteri
di una ragione imposta
a beneficio di supremazie
stringono l’uomo a digrignare i denti,
egemonia diffusa di potenti
accende scosse martellanti il cuore,
ipocrisia del clero che si avvale
della facoltà di prevalere
si elegge santo, predica l’amore,
condanna muri, tiene eretto il muro …
ipocrisia del muro
che nega mezzo cielo.
Buon Anno
Buon anno a naviganti
di questo mare
sulla nave
che corre contro il tempo
con l'augurio
che raggiunga un porto
dove sogni
si possono toccare.
Buon anno
a progetti di avvenire,
l'anno nuovo
accenda una carezza
al cuore di ciascuno
che dissolva la nebbia
di pensieri.
Buon anno in cima al monte
dove gli anni
han tinto di candore
anche i capelli,
con l'augurio
di un camino acceso
che sopperisca,
il sole dolce
della primavera.
Buon anno a tutti voi
e un grande abbraccio
dato col cuore all’onde
di questo mare immenso
di parole.
Caro Natale
Natale si veste
di banchi scuola,
di bimbi fioriti
che accendono
il cuore
di attesa
del bimbo divino
che porta i regali.
nei campi
di fasce di gelo
acquista un colore
il verso degli alberi spogli,
le candeline accese
dell’avvento
parlano forte
dolcemente piano,
sembrano fiori
sulle dure zolle,
ed anche qualche spina
tra gli arbusti
sente di avere
un cuore.
Andiamo a Betlemme
Andiamo a Betlemme,
è nato Gesù.
Uniamoci al coro
ciascuno portando una luce.
La voce di occhi di bimbi
traduce un silenzio
che parla alle attese
come un suggerimento.
Andiamo a Betlemme
la stella ci guida,
dal tempo che cresce
ogni anno un gradino
la grotta rimasta confitta
nel vuoto del tempo
possiamo raggiungerla
senza tragitto.
La grotta del povero bimbo
che nasce ogni giorno
a mille più mille
aspetta soltanto …
uniamoci al coro
ciascuno portando
una luce,
la voce di occhi di bimbi
traduce un silenzio
che parla alle attese.
Abeti buoni
Siamo Natale,
in questo mondo
festoso
frettoloso,
un po’ corroso
dalla pandemia,
tornano a galla
amici rituali
e commentari
di parole vuote.
Anche la gioia
occlusa
dal contagio,
quota con gli occhi
il peso di regali,
sotto
gli scalpi verdi
abeti buoni
spendono l’agonia
per dare un senso
porgono i doni
con le mani giunte
che odorano
di lacrime di incenso.
Col libro aperto
Dove zampillante
acqua si fonde
precipitando a valle
sulle bancarelle di memorie
alleggerisco nuvole di cielo
pesanti nella stanza,
e le erosioni vedono già
con occhi desideri,
la fiamma
vuota di luce
giace su cuscino,
più non soffre fatica di respiro,
la soglia oltre distratta
dalla vista
ascolta già dall'uscio
ancora chiuso
il borbottare delle sentinelle …
ma forse non siamo perduti
per sempre
e sentirai brividi di pelle
di un qualche vento
che verrà a sfiorarti.
Sento il fruscio dell’onda
Nella penombra dolce della sera
carezza il sole l’ultimo tributo
al giorno stanco,
la pace d’oro
intenerisce l’onda di pensieri,
Il cuore prigioniero
stanco di annoverare
le pagine sgualcite
si libera dal peso e fa ritorno
alla melodia della stagione:
dolce fruscio dell’onda
fendeva il mare
l’alito di remi …
ma giunge il
sogno delle notti al bivio
dove intrapresi l’altro itinerario …
vorrei tornare indietro
a quei frammenti
ed aiutare il cuore
a sollevare l’attimo indeciso,
dentro quel pianto c’era il tuo dolore,
l’alba delusa scioglie sulla sabbia
la fantasia che fabbrica castelli,
sento il fruscio dell’onda
nel mio cuore.
Il colore dell’illusione
Foglie secche
a ceppo
delle querce
agita il vento,
canto mesto
intona,
un qualche
palpitare
apre finestre,
il sole
coi raggi
del tramonto
le carole
semina, si veste
ovunque
la campagna
di fili d’oro,
questo anelito
forte
di indossare
abiti eleganti
sono il colore
dell’illusione.
Sapore di germogli
Nell’aria
c’è sapore di germogli
sbocciano come sogni,
anche cespugli antichi
si vestono di fiori.
Ora il tramonto
intenerisce, il sole
si spoglia nudo
lascia guardarsi
lineamenti d’oro …
si fa notte
scusami ti aspetto
non ce la faccio
a contenere versi
che piovono dal cielo,
ha spalancato
le finestre il cuore
forse che entri
un qualche ardor di stelle
catturato dal sogno
d’un amore.
Sei un amore
Sei fonte
sempre prodiga di amore,
sei luce che colora di poesia
anche foglie ingiallite
dell’autunno,
sai scavare
nel profondo dell’anima,
mi perdo
in mezzo a fiori di parole,
ti cerco nel colore di pensieri
che sfoglio
quando accendi un lumicino,
domando a qualche scia
che squarcia il cielo
immersa dentro
melodie notturne
che sgridano
il mio cuore carcerato
dentro le follie di una prigione.
Sei una poesia
Lo sguardo preso dalle tue parole
informa il pensiero che accarezza
i lineamenti, trasparisce il cielo
la poesia degli occhi, sulla pelle
la melodia che corre oltre i vestiti
rompe lo squallore dell’autunno,
il sole imprigionato
di velata agonia dietro nubi
libera col sorriso raggi d’oro.
Foglie cadenti sembrano gioire
filtrano pennellate di colori,
mentre le fronde melodie di trilli
spalmano intorno. Il tempo si ridesta
scopre il sapore magico di stelle
che dura dietro gli anni, l’orizzonte
prepara l’alba, nella stanza vuota
brulicante di sogni
salgono a galla bollicine d’oro,
nuotano tra pensieri delle rughe
e sfociano nei solchi delle ciglia.
Grazie perdono
Inginocchiato ai piedi
di un pensiero
che lentamente sale,
sospeso sulla via
che guarda il cielo
ascolto il senso immenso
che circonda
l’orizzonte del tempo
che si perde
in prossimità dell’infinito.
Trascorro coi colori della vita
campi fioriti, sole, primavera …
lo sguardo aprico
spalanca i sensi
al cielo delle notti,
tutta la fantasia della natura
mi illumina di stelle fino al cuore,
faccio ricorso al senso
che esula dai sensi
come un pensiero
vagola sperduto
dentro la fantasia dell’universo
ed incontro nell’anima
che sente
l’infinito sospeso a due parole,
grazie, perdono.
Ascolto il mare
Su sentiero che porta
in cima al monte
seguo sfogliando libri di pensieri,
dove rileggo versi
macerati dall’onda
in riva al mare.
Per allentare il peso del silenzio
ritorno alle carezze
di dormiveglia,
l’onda di rimpianti
stringe sulla battigia malumori.
Vorrei retrorso confidare i passi,
ma è vano di pensieri,
foglie verdi
non si svegliano
all’alba dell’autunno,
ti prego
non lasciare la mia mano
forse potrei giocare con l’amore
soltanto nello spazio delle stelle
senza toccare il sole …
mentre rincorro ancora
il tuo sorriso
ruotando intorno a un pianto
ascolto il mare,
sono annegati nella traversata
senza potersi spolverare al vento
versi d’amore.
Bimbi sfruttati nel mondo
Sono come un sorriso
in mezzo al pianto
dove traspare
la dolcezza nuda,
sono un pensiero grande
in mezzo al gelo
come un eco lontano
si ripete,
sono vento che sfiora
fili d’oro
di una musica dolce
che scintilla
sulle corde del cuore,
sono fiori sbocciati
sulle pietre,
sono stelle tra nuvole
profonde,
Sono bimbi innocenti
in mezzo al pianto
nuotano nelle lacrime
del cuore
come gelo negli occhi
di parole,
e cuore chiuso
dall’indifferenza
come pioggia incapace
a dissetare
si smarrisce,
dietro un pensiero
grande
in mezzo al cielo.
Il cielo ha colore di perle
scintilla di luce dell’alba,
lo sguardo pietoso diffonde
scolpito dai segni del gelo
la donna accostata ai carrelli,
Silenzio tra verde di fronde
di pini sul grande parcheggio.
Si sfalda nell’aria la neve,
ondeggiano fiocchi smarriti,
carezzano il viso e i capelli
intrisi di lividi e ghiaccio,
la donna accostata ai carrelli
coperta da stracci di panni
le mani imbottite di guanti
ha voce pietosa che insiste,
la gente che passa non vede
le lacrime sotto la fronte.
La gente che esce non sente
la donna che parla un silenzio
più forte del freddo che incombe
Brividi d’amore
Cuore voglioso
che mi vegli accanto
nei sogni
fino all’alba di domani
le tue parole mute
onde velate
dal pudore dolce
mettono in chiaro
vincoli assetati
di quelle notti
dove gli ultimi raggi
sono affogate
nel profondo mare,
la tua poesia nuda
della vita
trova facile ascolto
nei ricorsi di stelle
dietro nubi,
si presta all’uso anonimo
elargisce brividi d’amore
mostrandosi assenziente
dietro i lumi.
Il fiore della Fede
Il fiore della fede
profuma di bambini
come una primavera
al sole del mattino
col fascino di trilli
sulle fiorite aiole,
sa descrivere il senso
più forte di parole,
così splende negli occhi
dell’anima che sente
dolce incanto
senza patire il peso
del tramonto.
Il senso del senso
Il colore di passi
custodisce
l'itinerario incerto sulla cima,
come un afflato
lega memorie
all’attimo che passa,
ansie timori angosce
stringono forte
gli ultimi gradini
al futuro
che invita penetrare
col pensiero
nel fondo dell’oblio,
si prende cura ancora
oltre lontano.
O questo immenso
infinito che accoglie l’infinito!
Ha un senso questo senso
di tutelare il senso
dove non entra
un piccolo pensiero?
Forse è postato
un atomo divino
nel silenzio dell’anima
che sente
come un amore
conglobare il tutto
nello spazio infinito
di un momento.
Appartenenze
Pullula di anafore
il discorso
dell’orizzonte
come una manovra:
bacia la moglie
parte la mattina
compra il giornale
guarda i titoli grandi
prende il treno
sempre lo stesso
stessi passeggeri,
il posto riservato
dall’amico
compagno di lavoro,
una ragazza
seduta all’altro lato
Incontra gli occhi
gli regala un sorriso,
ma il cuore di pensieri
riluttante
rinnega competenze,
batte nel petto
delle appartenenze
non segue i sensi
e spesso si ritrova
nei labirinti oscuri
come Ulisse
che si lasciò legare
quando raggiunse
l’isola proibita.
Ascolto i pensieri del mare
Il sole alza la voce
accende di nuova stagione
l’azzurro del cielo,
allaga l’orizzonte
fino alle dolci
melodie lontane,
aleggia nell’aria
un invito
che odora di sabbia
di gioia di bimbi che scotta
e corre a riparo
nei circoli d’ombra diffusi
di spruzzi di onda
e nudi assopiti colori
che coprono appena
gli spazi più arditi,
valuto contesti e malumori
e ascolto i pensieri
del mare.
Amore reciso
conduco ore insonni oltre lontano
fino alla permanenza di un pensiero
che agita il mio cuore
e ripercorre dolce di momenti,
ora ho trascorso miglia di cammino,
ho superato il tempo
rimasto fermo all’ultimo traguardo
dove lacrime e baci
salparono sospesi alla promessa
d’amore sempre viva
imbalsamata,
quando sfoglio le pagine del cuore
nella penombra dolce del sorriso
che piange in fondo al cuore,
respiro ancora
a questo freddo inverno
tutto il profumo della primavera
come un filo di fumo all’orizzonte
che redarguisce il mio sentire muto.
Innamoramento
Errare del pensiero
si inabissa
ruota intorno
dentro un cielo ignoto
parla più forte
resta sempre muto,
formula teorie,
stratagemmi,
con la mente incapace
a tutelare
i consigli di un senso
dell’anima che sorge
dall’infinito Senno,
forse sono soltanto
invisibili cocci
di pupille
che percepisce il cuore
artefici del senso
che conduce
due corpi ad inventare
una ragione.
Ascolto il cuore
Corre la vita sui binari lenti
ora sono passate le stagioni
siamo in inverno
cadono le foglie
sono poche rimaste
a questo ceppo
che tende al cielo i rami,
alle porte di un qualche
intenso grigio
mi conduco passo dopo passo
spinto dal vento,
nella nebbia intorno
non percepisco segni di confine,
vorrei un orizzonte più lontano,
ma stringe il tempo,
suona l’impellenza,
mentre cerco nel cielo
una preghiera
mi domando se sia
l’ultimo avviso
di una pietà divina
e ascolto il cuore.
Amore falso
Sogni sbocciati al suono della luna
Indossarono l’abito di festa,
spansero profumo come fiori
e dipinsero zolle di colori,
soffocati dal canto del mattino
si fecero sfogliare dalle mani
della stordente melodia del sole,
l'amore ammanettato dai pensieri
liberò il sacco delle illusioni
e gli ori luccicanti di parole
che sembrava fossero diamanti
si svelarono cocci di bottiglia.
Navigando
su mare di memorie
si sente a volte l’urlo di mastini...
cani del passato
che inseguono le notti
come morsi vecchi
che non hanno smesso
di abbaiare.
Ora presso il varco
di frontiera
dove il buio non consente
lo spoglio di notizie
ogni peso staccato
al calendario si accanisce
cercando un appiglio
per sfuggire l’impatto dell’assito.
Inciamperanno i cani
contro presupposti d’incombenze?
Non sappiamo se c’è verso
di sfuggirli
facendogli perdere le tracce
oppure
se ci accompagneranno
permanentemente.
Profumo di sogni
Il mio cuore
ha un angolo segreto
dove un qualche sogno
che non è proprio sogno
fa sbocciare sogni
nella stanza di fiori
dove profumo dolce
mi commuove.
salgo nel cielo
a fabbricare stelle,
cadono scintille
ci si illude
di poterle afferrare.
Questa magia del cuore
che gioca con i versi
toccando con le dita
attimi di parole
abbraccia la dolcezza
con gli occhi chiusi,
per paura
del buio della luce,
lascia fumo di sogni
nella stanza.
Intimo celato
timida
palpitante
dolci sponde
custodiscono
l’intimo celato
tra sinuose
melodie
si sfiora
con gli occhi
delle mani
e naufragare
nel vago incontenibile del cielo.
Dolce sentire
Dolce sentire
germogliare un fiore
nei vicoli assetati,
dolce sentire il senso
di brividi d’amore
accesi sulla pelle,
dolce ascoltare il volo
di una stella
che si lancia
nell’infinito spazio
e infiamma il cielo
per appagare un sogno,
dolce sentire immerso
nel bagno di un cuscino
un sentimento grande
che si muove
negli occhi di un pensiero.
Ardore di stelle
il cuscino s’infiamma di pensieri
che accompagnano fiori di ricordi,
provo a trattenere
una parola dolce sulla lingua
che il prodigio di sogni ha ricamato
alle soglie dell’alba,
il sole che acceca
la melodia di stelle
lascia inghiottire effluvio della notte
a voraci mandibole del giorno,
perciò ti amo dolce ardor di stelle
che mi conduci a riva delle rupi
col concerto dell’onda che rideva
e carezzava i nostri piedi scalzi.
Amore caparbio
Diceva sempre amore,
sulle sere trascorse
in riva al mare,
la rincuorava il cielo
con le stelle cadenti
e un po’ di luna.
Ora è passato il tempo,
il cuore disilluso
non si arrende,
prende avanzi di dolci
di banchetti
e ancora dice amore.
Oggi la donna vive
l’abbandono
ma gli è rimasto il miele
negli occhi di pensieri,
e sonnoveglia intriso
di momenti
lungo le vertigini del letto …
è caparbio l‘amore,
si stringe al cuore
del cuscino, piange
ma non desiste.
Albero abbattuto
decubito negletto
su declivio
ha chiuso gli occhi
al cielo,
anche le stelle
sentono la mancanza
degli occhi delle foglie
e le parole
sussurrate dal vento
sono rimaste mute,
rami recisi spogli
han superato
il freddo dell’inverno
incalza l’agonia
la primavera
cola dal ceppo
linfa di pensieri
fiorisce di germogli
con la morte nel cuore
ancora in boccia.
Vorrei rivivere ricordi
A questa età
dell’eco di rintocchi
bussa insistente
nelle notti insonni
un senso cui fa capo
profondo perforare
del mistero,
amalgamando
il peso di peccati
col profumo di sogni
si spezzetta in brandelli
il mio pensiero,
il mio cuore
voglioso di carezze
non è rimasto
al cielo di un momento,
sulla battigia amara
di rimpianti
tremolio di palpiti
scintilla,
ciascun pezzetto
piange,
ondate di ricordi
vanno da un ramo
all’altro,
perciò vorrei
lontano dagli intrighi
ricompattare il cuore
assemblando i pezzetti
a un solo grido
di gioia e di dolore
confuso tra le lacrime
e il sorriso.
Vedo sbocciare stelle
La melodia di sogni
fabbrica fili d’oro
ed occhi verdi
vissuti nelle immagini
senza ascoltare il tempo
che declama
la realtà effimera di rughe,
lascia alla gioia
spazi di volare
dove preso per mano
dal tuo nome
abbraccio forte
fiori di parole
nude sul cuscino,
con la gioia dell’anima
giocando
scioglie il pudore
un vento di pensieri
ingrossa l’onda
rompe sulla riva
e dolcemente copre
come un lago di sogni
la battigia.
Vorrei incontrarti
Vorrei poter scoprire
l’impatto di dolcezza
di un pensiero,
vorrei poter posare
la realtà pesante
sulla ali del sogno
per valutare il peso
che ostacola il cammino,
vorrei poter scavare
le parole
che trovano sentieri
per condurre
le dolcezze incognite
del cuore
nel labirinto delle illusioni.
La realtà che cova
non consente
al cielo di lasciare
le porte del dominio
sempre aperte,
sole e stelle
si odiano tra loro
perciò vorrei toccare
con le mani
il volto dell’amore
senza velo.
Basta una preghiera
Il tempo
conduce gli anni vecchi
nel baratro profondo
di misteri
dove si perde,
la sonda della trama
madre terra
che percepisce il tocco
non esaudisce appieno,
brancolando
faccio ricorso ai sensi,
l’onda ammansita
redarguisce i flutti
e mi trasporta
dove il buio fitto
stringe forte la mano
dei pensieri,
d’improvviso
mi sveglia il sole e dice
non serve affanno
basta una preghiera.
Buon compleanno
Onde scalze
ai piedi
spruzzano ancora
gocce di passato
sulle pieghe del viso,
lasciandoci le valli
dalle cime
vorremmo riproporre
questo giorno
come un’occasione,
ma non possiamo
tenderci la mano
sporgendoci
nel vuoto,
perché noi siamo
alberi,
ondeggia fronde
il vento
vertici di pensieri,
incollati dal peso
non trovano il coraggio
di pensare.
Il cammino dell’odio
La siccità incombe
nelle plaghe
brulicanti di sterpi
e di abituri
la zolla stringe i denti,
la terra dura
dall’umbrofilo trebbio
trapassata
spazza gli argini urlando,
esplode il parto,
cuspide incide stremi
dirotta travisando
accozza essenze e riti
votando al sacrificio
della vita per l’odio,
incolpevole sangue
insegue il tempo
piangono terre offese,
vittime penitenti
dal folto della gioia
ai pozzi di dolore,
da brandelli di carne
di grattacieli offesi
ancora sempre oggi
Iran piange i morti …
l’odio represso scorre
dentro il fiume del tempo
come un ammonimento.
Amore imprescindibile
Sapessi come è dolce
per il cuore
dopo l’assenza
risentirti accanto
come acqua buona
a sete di un’arsura
gioca un invisibile sospeso
conduce un’onda luce
come prefabbricata
da un mistero,
neppure io ci credo
ma ci sei
infiltrata
nel seno delle notti
forzi l’egemonia
della ragione
gestisci incursioni …
e mi domando come
la forza di un colore
possa soltanto
incorniciare il cielo.
Bacillo impercettibile
sbotta incessante
cova
negli incubi notturni
prende piede
nelle stanze del cuore
sospeso
alle infinite
rotte del pensiero
affonda i denti
sfugge
agli occhi schiusi
che gli girano intorno
senza capacità
di penetrarlo
sgrida beffardo
gli avanzati lumi
troppo spinti
a giocare
coi momenti,
l’amore impallidisce
il sole intanto
della primavera
sulla pace dell’erba
non si duole.
Buon Natale
Buon Natale dolcemente piano
dietro le vetrine illuminate
dove splendono fiori coltivati
che ostentano superbia di colori
col verso degli alberi spogli.
e candeline accese
a questo inverno gelido di cuori
intirizziti sulle dure zolle
sopraffatti dal persecutore.
Sogni postati al seno delle notti
coinvolti dalla sorte di momenti
scintillano più fortemente amari
sciogliendo al cielo fiamme
di preghiere
dentro il buio funesto delle ore.
Mentre il vuoto fitto che si annida
tra le maglie dell’insofferenza
dopo la pioggia fitta di divieti
lascia aperte pozzanghere ribelli,
la stella di Natale ancora brilla
dietro il tunnel profondo dell’attesa
come un arcobaleno.
Buon Natale! A tutti
Con la speranza che il vaccino che si profila
Annunci l'avvento di tempi migliori.
Un fiore bello
Stando seduto
a questo punto di presente
galleggia impigliato tra spine
un fiore bello,
di quei fiori che nascono inattesi
nei posti impensati
tra rovine
e germogli avvizziti dal gelo
della indifferenza
di questa grande madre
senza cuore
e l’ingordigia
dei suoi figli bramosi.
Il verso non insiste
nelle pieghe del calice
incantato giglio
che offre nettare ed ambrosia…
senza ricorsi a fantasie di note
tra le pareti della stanza inferma
sotto l’uscio del tempo
arrampicato alla scarpata impervia
tende alla vetta,
illumina
con la piccola face che dispone
e un grande cuore
i campi senza luce.
Caro cuscino
La sera stanca affonda
nel tuo cuore
morbido
di piume e di speranze,
isoletta incantata
in mezzo al mar d’affanni
dove l’onde si placano,
i sospiri del fondo
vengono a galla
come bollicine,
si condensano in gocce
di silenzio.
Cuore ferito
Le frecce di parole
lanciate a tradimento
pungono a squarciagola,
piangono le ferite
rimaste conficcate
nel cuore della pelle,
i versi renitenti
svuotano i giorni belli
nel sacco delle ore,
il sogno li raccoglie
li stringe forte al cuore,
ma pungono le frecce
più forte del dolore.
Fisicità
Il mostro impercettibile
contaminando assilla
il senso che vacilla
come un peso
su palpitanti aneliti
del cuore
ostenta l’impellenza
di un abbraccio
e redarguisce l’anima
trafitta.
L’effluvio si dirada
non si arrende,
all’occorrenza di lenire il male
con le mani amputate parla
agli occhi
dove una carezza
copre l‘assillo
di un dolore muto,
ma non fa sconti,
al pianto
non colma lo squilibrio
di questa intesa folle
del male e la ragione
di un bambino
che necessita
di essere abbracciato
e non intende resa di parole.
In mezzo al gelo
dietro nubi gremite
di terrore
gli evasori
senza passaporto
vegliano all’erta
seminando orrori,
sulle forbite sponde
in riva al mare
sembra che dia
una pausa
il tormento,
la fantasia del cuore
sfida gli alieni
seminando baci …
in mezzo al gelo
delle ardite zolle
splende più forte
un fiore.
Autunno
Ali di giorno pallido
sulle sbiadite aiole
vegliano appassimento,
sembra che la natura
voglia addolcire ancora
impreziosendo
la melodia di foglie
coi colori.
Il sole buono
ancora intenerisce,
filtra raggi velati
dando luogo
a fantastici tramonti,
regala guizzi ancora
come baci
ed abbracciando l’acqua
del ruscello
che scorre lungo i bordi
rende radiose lacrime
che indossano la gioia
di colori,
e scintillanti scorrono
sui passi del sentiero.
Si tratta di una favola in versi che ho composto nel 1994.
Nel 1995 la favola ha partecipato al concorso internazionale di poesia "La
Felce d'oro",organizzato dalla città di Bologna aggiudicandosi il secondo
premio sezione esteri "Felce d'argento 1995".
Nel 1998 il libro è stato pubblicato dalla casa editrice "Tabula Fati"
(Chieti).
Successivamente a seguito di qualche suggerimento ho adattato il testo, a
bambini delle scuole elementari, e nel 2008 esso è stato pubblicato dalla
casa editrice Runde Taarn in formato Progetto scuola.
Successivamente ho ricuperato tutti i diritti di entrambe le case
editrici.
Attualmente Tattolina libero di diritti esclusivi si trova in vendita
presso Amazon, e libreria Feltrinelli, vuoi edizione cartacea vuoi e.book,
ma purtroppo senza illustrazioni
Giuseppe Stracuzzi
TATTOLINA
Favola in versi di Giuseppe Stracuzzi
Presentazione di Nino Pala
PRESENTAZIONE
Originale e insolita la veste in cui si presenta questa favola dove
l'autore sgomitola il filo aureo della trama, lungo tornanti delle vicende
canoniche del genere, riuscendo a trasfondere la sua viva sensibilità,
stemperandola in immagini di palpabile umanità.
L'amore vince sempre. Questa breve frase può farci cogliere l'essenza di
Tattolina, la sua vittoria salda in una sorta di significativa
ring-composition lo snodarsi delle vicende, scandita da vari momenti in
una struttura lineare, ravvivata dal tocco della fantasia creativa e dal
fluire della poesia che nella sua onda sonora avvolge la magica atmosfera
evocata dal piglio descrittivo e dall'efficacia coloristica dell'autore.
Le alterne vicende in cui si dibattono i protagonisti trovano una natura
sempre attenta e partecipe dagli echi teocritei, radiosa e triste secondo
gli stati d'animo essa fa da sfondo, a delineare le atmosfere entro cui si
situano i vari momenti della favola, e la tavolozza dell'autore conosce
tutta la varietà di toni che zampillano come acqua fresca di fonte in una
vena coloristica nativa e sempre aperta ad un autentico caleidoscopio di
immagini.
Abile il trapasso dal ritmo narrativo ai dialoghi diretti che punteggiano
i canti in cui spesso appare il gusto dell'onomatopea, attraverso l'uso
sapiente dell'allitterazione: "cavallo galoppa galoppa" che riecheggia il
rumore degli zoccoli del quadrupede o "batte batte, in fretta in fretta"
che ripropone l'accelerazione del ritmo di un cuore gonfio d'invidia.
Figure di parola come la reduplicatio o la triplicatio dei termini sono
perfettamente funzionali al dinamismo del racconto "allora allor che fu
svegliata" per non parlare delle efficaci riprese "cara nonnina" che
chiude il verso e "cara nonnina" che riapre quello successivo.
L'eco delle ottime frequentazioni letterarie dell'autore si riverbera
nelle similitudini così ben conserte ai personaggi e agli stati d'animo:
"Come una nube densa e scura…" o "e si fermò come il respiro /ch'esulta
dopo un giro /della mente..." e nei chiasmi perfettamente funzionali al
testo: "col bel tempo e col tempo brutto" o "corse il monte correva il
prato".
Echeggiano tra le pagine di Tattolina gocce di sapienza, quartine /
ariette dal sapore metastasiano sempre ben conteste, autentico cantuccio
lirico dell'autore che riesce, talora, a tradurre proverbi di consolidata
tradizione come: "una rondine non fa primavera" in movenze poetiche più
ampie, ma non per questo meno efficaci:
"Ma spesso inganna tuttavia/il primo sole sulla via,/ e confidare non è
saggio non fa bel tempo un solo raggio".
Non meno belli i distici dal sapore gnomico sentenzioso: "La gioia è un
grande bene/ ma costa più di mille pene"
Sostanziato di respiro epico appare, peraltro, lo stile dell'autore che
non disdegna l'uso di termini della tradizione del genere perfettamente
funzionali alle scene del duello di Solimondo con il drago prima e con la
scopa della strega dopo.
L'ossequio alla tradizione favolistica si traduce nelle filastrocche
accortamente utilizzate: "…mille volte mille più piano/ mille volte fu
sempre invano" o "vola vola scopa veloce/ sono la strega più feroce/ sono
rimasta sola sola /vola scopa veloce vola/" in cui parallelismo e chiasmo
appaiono sapientemente dosati in un gioco verbale di sicura efficacia.
"Poca favilla gran fiamma seconda"
Dante -Paradiso (Canto I) è l'icona dantesca con la quale mi piace
sinteticamente cogliere l'arte di Giuseppe Stracuzzi.
La scintilla d'amore che da Tattolina promana ed innerva tutta la
narrazione, è la medesima che scocca tra l'autore e la favola che, al
limitare del bosco, davanti ad una casetta, si accende fioca e tremolante,
divampando poi come fiamma d'incendio che tutto travolge, fino ad
acquietarsi in un fuoco che tutto riscalda e rianima col suo calore che è
in fondo il calore dell'amore.
CAPITOLO PRIMO
C'era una volta una vecchietta,
abitava in una casetta
vicino al bosco molto piccina,
si chiamava donna Peppina,
non possedeva quasi niente
ma era sempre sorridente.
Aveva un tavolo tarlato,
un vecchio letto screpolato,
quattro sedie, soltanto un poco
di legna secca per il fuoco,
per scaldare la sua casetta
umida e fredda. La vecchietta
col peso grave degli affanni
tornava al tempo dei begli anni,
accarezzava con il cuore
la primavera dell'amore …
Era l'inverno triste e lento,
fuori pioveva urlava il vento,
donna Peppina se ne stava
sull'uscio schiuso, rimirava
alberi spogli afflitti e soli,
l'aria nebbiosa senza voli,
il freddo intenso, neve, gelo,
la terra muta, il grigio cielo,
ma nel tempo dei bei colori
essa parlava con i fiori.
Partiva allor di buon mattino
ed incontrava sul cammino
il sol che spunta raggi d'oro
e trilli d'uccellini in coro.
Andava fra i tronchi fronzuti
di qua e di là, rami caduti
cercava brava e diligente,
e canticchiando dolcemente
lavorava fino al tramonto.
Poi, quando il carico era pronto
con il fardello sulla testa
s'incamminava, arzilla e lesta
si recava nel paesello
e lo vendeva a questo e a quello.
Tornava a casa con le stelle,
e stanche le sue gambe snelle
dopo il cammino di quel giorno
erano a sera al suo ritorno.
Un giorno nel bosco pian piano
essa si spinse più lontano
nel folto di pini frondosi
arbusti e rovi irti e spinosi.
Fu proprio là, donna Peppina
udì d'un tratto una vocina
e si fermò perciò sconvolta.
Quella vocina un'altra volta
si ripeté, dopo un momento
tremò fioca come un lamento
stanco, morente senza ardore,
una morsa che stringe il cuore,
dal cespuglio poco lontano
ora più forte ora più piano.
CAPITOLO SECONDO
La vecchietta tutta affannata
si chinò tremante e accorata,
guardò intorno le foglie morte
il suo cuore batté più forte.
Con le mani stanche scarnite
mosse quelle foglie ingiallite
e scoprì uno scialle dorato,
era gemente e abbandonato,
sotto le foglie era riposto,
qualcuno lo aveva nascosto.
Lo prese in braccio con amore,
lo guardò stringendolo al cuore
e svolse una dolce bambina.
D'amor pianse donna Peppina.
La strinse al cuore dolcemente,
le sussurrò teneramente:
"Sei la mia dolce Tattolina
infreddolita e piccolina".
Col cuore in gola la vecchietta
fece ritorno in grande fretta
correndo con i piedi stanchi
ed al vento i capelli bianchi,
stringendosi al cuore il tesoro
che vale ancora più dell'oro.
Il tesoro più grande che c'è
è la gioia, portava con sé
la gioia, sentiva nel cuore
quel che quando nasce l'amore
c'è, vince le pene e gli affanni
dura nel tempo e negli anni,
il dolce sentire trasporta
e giunge felice alla porta.
La porta della sua casetta
raggiunse la brava vecchietta.
CAPITOLO TERZO
Trepidante la vecchierella
con la sua cara trovatella
si sentì come una regina
nella sua reggia piccolina.
Baciò la dolce creatura
e la posò con paglia e cura
sul vecchio letto malandato.
Poi guardò lo scialle dorato,
esso era pieno di parole
e sfolgorava come un sole.
Lo svolse allora la vecchietta
e lesse con il cuore in fretta
attenta, timida, perplessa
parlando sola con se stessa:
"Sola soletta abbandonata
sono la figlia di una fata,
viene la notte il bosco tace,
la mia mamma non trova pace,
vittima della sorte atroce
gracida e piange senza voce.
La mia mamma ora è lontana
è trasformata in una rana,
trasfigurata dalla sorella
perché di lei era più bella,
la mia mamma mi vuole bene,
soffre per me tutte le pene
e prega il cielo ed il destino
che renda buono il mio cammino"
La vecchietta turbata dal detto
si chinò dolcemente sul letto,
la impietosì la sorte dura
ed interruppe la lettura.
Riprese in braccio Tattolina,
le sussurrò: cara bambina …
pensò alla fata, al triste incanto
e nei suoi occhi venne il pianto,
sei tanto dolce e tanto bella
disse alla cara trovatella
ti vorrò sempre tanto bene
saprò addolcire le tue pene,
vivrò per te bella fatina
mia dolce cara Tattolina,
sarai per me alba fiorita
io t'amerò tutta la vita
che mi rimane, sei un amore!"
la tenne forte stretta al cuore.
Poi seguitò con l'almo afflitto
la lettura di quello scritto.
In cima al monte pipistrello
vive la strega del castello,
opera il male oltremisura
ha denti aguzzi e fa paura.
L'invidia cambia i tratti e il viso,
toglie la gioia e il sorriso,
inaridisce anima e cuore,
triste è la vita senza amore;
perciò la strega venne brutta
perché dall'odio fu distrutta.
La mia mamma dopo l'incanto
non versò lacrima di pianto,
poté soltanto gracidare
e più soffrì senza parlare.
Essa mi vuole tanto bene,
soffre per me tutte le pene,
e chiede al cielo e al destino
che renda dolce il mio cammino.
CAPITOLO QUARTO
La gioia è il più gran bene
ma costa più di mille pene,
la vecchia pagò il suo tesoro
col prezzo alto più dell'oro:
con le sue mani un po' tremanti,
con i lavori più pesanti,
con la paura d'ogni giorno,
con l'ansia che correva intorno
per non poter fare abbastanza,
col sacrificio e la speranza.
Trascorse il tempo, Tattolina
divenne una bella bambina,
più buona, più brava, più bella,
così bella come una stella.
La vecchietta stava a guardare
quegli occhi colore di mare.
La vecchietta povera e bianca
con la mano rugosa e stanca
carezzava la Tattolina,
le diceva cara bambina.
L'accarezzava nei capelli,
fili d'oro riccioli belli
così biondi come la luna,
era bella come nessuna,
era vaga siccome un fiore,
era dolce come un amore.
Le sorrideva la bambina,
le diceva: "Cara nonnina"…
Il tempo va, trascorre, vola,
e porta i giorni della scuola.
Tattolina era diligente,
allegra, brava, sorridente,
le cinguettavano uccellini,
la circondavano i bambini,
non sapeva tristezza e noia
era un'amica della gioia.
CAPITOLO QUINTO
La cara infanzia al dì si desta,
come un bel sogno va, la festa
finisce, si scorge man mano
dietro i cespugli e più lontano.
Tattolina sempre più bella
crebbe, divenne grandicella,
il tempo dolce del sorriso
passò, le lacrime sul viso
vennero piene di tristezza
per la sua mamma. L'amarezza
fu trasparente, la nonnina
abbracciò la sua Tattolina.
La vecchietta grigia e pensosa
alla bimba svelò ogni cosa,
le mostrò lo scialle dorato
gelosamente conservato.
Tattolina si strinse al petto
forte forte quel fazzoletto,
forte forte come il dolore
che c'è nella fiamma d'amore.
Da quel giorno mutò la scena,
la bambina fu sempre in pena,
ella sentiva il cuore afflitto,
pareti strette ed il soffitto
e notti insonni, ella piangeva
e sconsolata la chiamava:
"Mamma mamma". Una mattina
disse così: "Cara nonnina,
cara nonnina io voglio andare
la mia mamma voglio cercare,
nel mio cuore arde una fiamma
voglio trovare la mia mamma.
Nonnina tu sei tanto buona,
la tua Tattolina perdona.
Tu m'hai raccolto e mi vuoi bene,
ma con la gioia sono pene
nell'amore, son le più care,
son le più dolci e le più amare.
Hai fatto sempre tanto per me,
ma più non posso stare con te.
Chi soffre tanto anche mi ama,
è dentro il cuore che mi chiama,
io devo andare, la mia mamma
sento nel cuore la sua fiamma".
Quel giorno fu votato al pianto
fino alla sera, pianse tanto
senza più dire la nonnina,
essa abbracciò la sua bambina
tutta la notte. L'alba mesta
accese l'uscio e trovò desta
la vecchia con il suo tesoro
su grembo di capelli d'oro.
CAPITOLO SESTO
Il sole pallido e rotondo
era avvilito, non giocondo.
Sostava appeso sul mattino,
egli sentiva il suo cammino
avverso, non voleva dare
nemmeno un raggio per scaldare
quel triste palpito di giorno.
Tattolina guardava intorno
dall'uscio schiuso, la sua mamma
pensava ora, quella fiamma
la fece correre sconvolta.
Ciondolò ancora un'altra volta
la sua manina un po' protesa,
e poi fu via nella distesa
campagna verde, corse tanto,
e si portò negli occhi il pianto
e dentro il cuore il suo tormento.
Come un fiore preso dal vento
sparì alla vista straziata
della vecchietta disperata.
Andò per vie senza una meta
coi capelli d'oro e di seta.
Passò il giorno, calò la sera,
la campagna divenne nera,
lei tremante con l'aria bruna
andò correndo sotto la luna,
nel suo cuore ardeva una fiamma,
nel suo cuore aveva la mamma,
Si fermò con le chiome belle
a dormire sotto le stelle.
Passò la notte e fu l'aurora,
Tattolina dormiva ancora
coi raggi di sole dorati
sui suoi capelli addormentati.
CAPITOLO SETTIMO
Su grembo verde raggi d'oro
e trilli d'uccellini in coro
si rincorrevano giulivi
di qua di là per i declivi.
Quello splendor della mattina
cullava il sonno a Tattolina.
Passò qualcun quella vallata,
vide la bella addormentata,
era un principe forte e bello
avvolto in un rosso mantello,
cavalcava un cavallo bianco,
portava una spada al fianco
e si fermò. La bestia fiera
scosse la testa e la criniera,
ruppe il silenzio col nitrito
e il dolce sonno fu rapito.
Tattolina dischiuse piano
gli occhi, nascose con la mano
il sol, nascose gli occhi belli,
voltò la testa ed i capelli.
Ma non appena fu svegliata
ancora un poco addormentata,
davanti a sol quell'ombra scura
le diede un nodo di paura,
accese gli occhi un po' velati
confusi, timidi, turbati,
ravvisò il principe li accanto,
non percepì se fosse incanto
e sollevò la bionda testa
per accertarsi ch'era desta.
CAPITOLO OTTAVO
"Ammiravo come sei bella
disse scendendo dalla sella
e sorridendo, più vicino
disse con un profondo inchino:
"Sono il principe Solimondo,
sono un principe vagabondo,
dal mio regno dal mio paese
son lontano da più di un mese,
il gallo canta ogni mattina
il re mi aspetta e la regina.
In ciel le stelle, il sol, la luna
son miei compagni e la fortuna
questo bel dì con la sua face
mi guidò a te, perciò non tace,
perché dai sogni in cor impressa
io porto la mia principessa,
sei come il sogno mio più bello
ti porterò nel mio castello.
I begli occhi schiudesti al sole
e lo sguardo alle mie parole.
Dimmi chi sei, bella svegliata,
sei principessa oppure fata?
Rispose: "Sono Tattolina"
dolcemente quella vocina.
"Fui piccolina, fui trovata,
vissi contenta e spensierata
con una povera vecchietta
in una casa tanto stretta.
Ora son triste e sconsolata,
cerco la mamma la mia fata.
E tu coi raggi del mattino
sei come un dono del destino.
Il prato brullo a sol s'infiora,
la notte scura l'alba indora,
nel buio ciel scintillan stelle
nel buio cuor parole belle."
CAPITOLO NONO
La bimba dagli occhi di cielo
soffusi un po' di vago velo
e sguardo timido e profondo
entrò nel cuor di Solimondo.
Essa celava nel suo petto
gelosamente un fazzoletto,
lo scialle d'oro della mamma
teneva ardente la sua fiamma,
perciò con sé lo custodiva
come un tesoro. Ella soffriva,
ma l'era caro quel dolore
e lo teneva accanto al cuore.
Con la manina un po' protesa,
un po' tremante, un po' sospesa,
lo porse al principe e col viso
preso dal pianto. Ma un sorriso
colorò l'onda di tristezza,
sfiorò i capelli una carezza.
"Bella tu sei cara fatina"
disse il principe a Tattolina.
"Bella ancor più nella sventura,
voglio di te prendermi cura,
verrò con te! Non mi consola
col tuo dolor lasciarti sola.
La tua mamma voglio trovare
insieme a te voglio cercare,
la tua tristezza è anche la mia
seguiamo insieme la stessa via".
Tattolina e il principe in groppa,
cavallo galoppa galoppa.
Sotto il cielo d'oro e d'argento
così veloci come il vento
andarono nelle vallate,
nelle campagne sconfinate,
per mille e più rive lontane
alla ricerca delle rane.
Cerca ricerca dappertutto
col bel tempo, col tempo brutto,
mille rane dentro i fossati,
mille rane tra l'erba e i prati,
mille rane tra l'acque morte.
C'era un cuore, batté più forte
mille volte, mille più piano,
mille volte fu sempre invano.
CAPITOLO DECIMO
Quella mattina era coperta
di bruma opaca, l'aria incerta
si spandeva come un pensiero
che vaga in cerca d'un sentiero,
come un pensier che cerca dove
mentre è smarrito e vaga altrove.
La dolce bimba era sperduta,
cercava invano triste e muta,
la mente aveva afflitta e schiva
la fiamma invece sempre viva.
Forse un celato "che" nel cuore
fu, la chiamò con un tremore
all'improvviso, prese i passi
e li condusse tra quei sassi.
Scorreva dolce lentamente
un calmo placido torrente
turbato un po' di grigio velo
come lassù il color del cielo.
Ora rapiva bruma il giorno
e si schiariva tutt'intorno,
lei si chinò sopra quel sasso
e prese a sé quel corpo lasso.
Tattolina rimase immota
senza pensiero, fredda e vuota.
Rimase immobile e smarrita
con la mamma tra le sue dita.
Lo sguardo fisso al corpo immondo
le diede un brivido profondo,
uno sconforto ed un tremore
nella manina e dentro cuore.
Quegli occhi dolci trasparenti
vennero in un istante assenti.
CAPITOLO UNDICESIMO
Frusciava l'acqua del torrente
e gorgogliava dolcemente,
giocava limpida e giuliva
con le pietruzze della riva,
essa il dolor non lo sapeva
andava libera e scorreva.
La rana gemé senza posa
cercando di dire qualcosa,
ma seppe solo gracidare,
fece "gre … gre" senza parlare.
Sentì la triste sua figura
viscida e molle di bruttura,
al suo dolore diede spazio
e fu la gioia ancor più strazio.
Strinse perciò gli occhi soltanto
sperando di trovare il pianto
dove si scioglie l'amarezza,
non fu così, la sua tristezza
non trovò goccia che consola.
Nemmeno una lacrima sola
rese più lieve il turbamento,
con dentro l'almo il suo tormento
essa lasciò la mano schiva,
tornò a saltare sulla riva
portando il peso del dolore
come una pietra sopra il cuore.
CAPITOLO DODICESIMO
Ha gambe lunghe e vista corta
corre lontano senza scorta,
se degli occhiali vuol far senza
rimane dentro l'apparenza.
Spesso così vaga il pensiero
e si smarrisce contro il vero,
il cuor lo sente e non si trova,
l'amor però non teme prova
ed un sol attimo trascorso
contiene un mare di rimorso,
arde la fiamma mai non tace,
e brucia brucia non dà pace,
così bruciava il triste cuore
per non aver sentito amore.
Quando non vide più la mamma
sfociò nel pianto la sua fiamma,
ma riaccese il raggio spento
nel cuore preso dal tormento
Chi di lassù vede e perdona
chi soffre e mai non l'abbandona.
Così riapparve al cuore infranto
che s'asciugava gli occhi e il pianto
la mamma rana, essa un foglietto
che con cura teneva stretto
posò accanto alla sua bambina
col cuore in gola, la meschina
poi scomparve velocemente
nell'acqua chiara del torrente.
Parole impresse un po' sfocate
dal tempo e lacrime solcate
sul foglio di carta sgualcito
gelosamente custodito
c'erano scritte: "Nel castello
vive la strega Pipistrello,
la custodisce un mostro enorme
che sempre veglia mai non dorme,
ha cinque colli e cinque teste,
pelle squamosa lo riveste,
la coda è fatta di serpenti,
gli occhi son fragili ma ardenti,
essi a guardarli fanno male
ma sono il suo punto vitale.
Sul monte erto andare è duro,
non passa chi, ma il cuor sicuro
troverà i doni del destino
per superare il suo cammino".
CAPITOLO TREDICESIMO
Tattolina restò smarrita
col foglietto tra le sue dita
e senza mamma, Solimondo
le accarezzò il capo biondo.
Lessero allora insieme intenti,
lessero ancor taciti e attenti
e poi montarono in groppa,
cavallo galoppa galoppa...
e galoppò il cavallo bianco
per sette giorni ansante e stanco,
nelle campagne, nelle alture,
per aspre vie pietrose e dure,
lungo sentieri, nelle valli,
strade deserte, stretti calli,
galoppò di giorno e di notte
lungo le ore ininterrotte,
ora più forte ora più piano
galoppò lontano lontano.
Verso il tramonto di quel giorno
divenne impervio tutto intorno,
nell'ascesa senza sentiero
perciò lasciarono il destriero
e s'inoltrarono sull'altura
buia ed incerta, l'avventura
senza cavallo fu più triste,
tutta la notte il piede insiste
per tratti irti e per dirupi
arrampicato all'aspre rupi.
Il dì spuntò placido e bello
scoprì le mura del castello,
esse guardarono il mattino
e il sole vergine e divino
torve e gremite di rancore,
ma s'ammansirono all'ardore
che si posò sui merli arcigni
e colorò quei cupi ghigni.
Mentre saliva lentamente
nell'aria quieta il sole ardente,
i due compagni avventurosi
stavano sugli spalti erosi
arrampicati alla parete
di rocce ripide ed inquiete.
Ore lunghe senza momento
passarono, senza un lamento,
con la mano aggrappata e stanca,
con la forza di più che manca,
sospesi al vuoto da quel rampo
terribilmente senza scampo,
solo il voler spingeva avanti
le mani, i piedi e i cor tremanti ...
Ma il sol del ciel lungo il cammino
non li lasciò a lor destino,
andò salendo insieme a loro,
li accompagnò coi raggi d'oro.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Egli era là dove abbracciava
meglio coi raggi e osservava.
Egli era là giocondo e bello,
piegava l'ombre del castello
verso le ore già percorse
e andava a quelle non trascorse.
Sotto quel sol di mezzogiorno
gli avventurosi erano intorno
all'alte mura, i pizzi arditi
miravan cauti e smarriti
con fare incerto e sguardo teso
con passi lenti e cor proteso.
C'era un silenzio desolato,
tutto sembrava abbandonato,
né voli o aliti di vento,
ma calma fitta e sol d'argento,
calma pesante di sciagura
sentiva il cuor, tra quelle mura
non c'era alcuna via d'accesso,
porta, finestra o altro ingresso.
Le ore passarono lente
come i pensieri della mente,
come le stelle, piano piano
tutta la notte passò invano.
L'aria era fresca ancora scialba
per l'indugiare un po' dell'alba,
c'era quell'ansia silenziosa
che pensa, veglia e non riposa.
Ma la fortuna è un lumicino
schiara la via d'un gran cammino,
il biancheggiar della mattina
accese il cuor di Tattolina.
Lei prese il principe per mano,
scosse le spine piano piano
segnando lì, con la speranza
che più lontano vede, avanza
la mente, spesso la conduce
verso la strada della luce.
CAPITOLO QUINDICESIMO
A volte l'impeto del cuore
conduce troppo in là l'ardore.
Solimondo sul fondo scuro
scoprì un passaggio sotto il muro,
evviva!" disse l'imprudente,
e s'accostò col cuore ardente.
"Evviva!" disse, mosse i passi,
ma ruzzolò tra terra e sassi.
Spesso nel mal lo smarrimento
rompe di più del triste evento.
La Tattolina ora lo alzava,
era sconvolta, lo tirava
di qua di là col fiato stretto
con molto sforzo e poco effetto,
di qua di là, di ogni lato
finché il suo piè fu sull'agguato.
Lì c'era messa a bella posta
un'empia trappola nascosta,
essa scattò su Tattolina
che cadde con la testa china
nell'ampio fosso, ma sospesa
rimase su dai piedi appesa.
Sul bordo intanto del burrone
egli riprese la ragione,
ma rinvenuto, cosa trista
gli regalò la prima vista,
la sua fatina era piangente
e si agitava inutilmente.
Egli vedendola sconvolta,
preso da pena, un'altra volta
stava per dare confidenza
al suolo rio senza clemenza.
Ma la saggezza è l'arma bella
ed è la calma sua sorella,
insieme vanno assai lontano
sempre tenendosi per mano.
Dopo il momento tumultuoso
la calma prese il cor pietoso
ed allacciò quel triste impiglio
con la ragione e col consiglio.
CAPITOLO SEDICESIMO
C'era nel fosso un antro scuro
dove svoltava sotto il muro
un varco stretto. Tra quei massi
sospingendo la terra e i sassi
s'avventurarono i due arditi
coi passi cauti ma smarriti.
Cedette al fin sospinta e smossa
sopra di lor la terra scossa.
Come un miraggio il sole bello
dentro il giardino del castello
apparve, dopo pene e strazio
venne alla vista dolce spazio.
Tattolina col capo biondo
e i piedi stanchi, Solimondo
con il sapor della conquista,
corsero alla leggiadra vista.
Ma spesso inganna tuttavia
il primo sole sulla via,
che confidare non è saggio
non fa bel tempo un solo raggio.
C'erano molti calabroni
ronzanti, vespe pungiglioni
e ancor di più mille serpenti
tra i piedi lor lesti e fuggenti.
Ora tremanti ed atterriti,
temerari fin troppo arditi
vennero fuori dalle mura
per l'antro stretto e la paura,
ma quei bruciori così ardenti
fecero sagge quelle menti
che non avevano capito
l'empio disegno prima ordito,
e dalla trappola fatale
eran cascati in altro male,
dell'imprudenza passò il vizio
ed operaron con giudizio.
Fecero sull'altura incolta
d'arbusti secchi una raccolta,
ciascun coprì le gambe e il viso
l'uno dell'altro, col sorriso
che ovunque vien se vien l'amore
anche nei guai e nel dolore.
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
I due tenendosi per mano
mossero i piedi piano piano
e ritornarono al periglio
con meno foga e più consiglio.
C'erano intorno mille fiori,
l'erba era piena di colori
e di profumo dolce e vago
che mai non fu l'animo pago.
Quell'attraente meraviglia
piegò il pensier l'almo e la voglia,
ma questa volta il senno saggio
non fu travolto dal miraggio
di quel giardino orrido e bello.
Corsero agli archi del castello:
c'era una grossa porta incerta
sembrava chiusa ed era aperta,
si scosse l'uscio appena spinto
si tenne cauto il piè sospinto,
un antro cupo e terra spoglia
c'era di là dopo la soglia.
Loro avanzarono pian piano
tastando intorno con la mano
perché lo sguardo ancora acceso
dall'ombra cupa fu sorpreso,
ma i primi passi seppur lenti
al buio furon disattenti,
scossero un che andando avanti
s'udì fragor di vetri infranti.
CAPITOLO DICIOTTESIMO
Un pipistrello addormentato
da quel frastuono fu svegliato
esso stridette un grido acuto:
Ci sono i ladri, aiuto aiuto!
Ciò che successe non si spiega,
dal pipistrello uscì la streg:
era una vecchia assai scarnita,
aveva unghie senza dita,
il mento aguzzo ed allungato,
sottile il naso ed incurvato,
i suoi capelli sulla testa
eran cespugli di foresta.
Con gli occhi piccoli socchiusi
essa fissò gli strani intrusi.
Orrenda e rauca la sua voce
disse col ghigno più feroce:
Ma cosa vedo! Uccel di bosco,
dimmi chi sei che ti conosco,
la tua sembianza mi sfavilla
se non m'inganna la pupilla.
Per tanto tempo sono andata
cercando te, figlia di fata,
e osi tu sfidarmi ancora
proprio dentro la mia dimora!
La madre tua fu tale e quale
come sei tu, simile uguale,
ora essa gracida e saltella
pensando alla sua figlia bella.
Dalla sua bocca spalancata
suonò nell'antro una risata
fatta di denti gialli e aguzzi
e baveggiante verdi spruzzi.
Tattolina sbiancò nel viso,
socchiuse gli occhi al bieco riso,
venne travolta da spavento,
cadde supina in svenimento.
La strega poi ferocemente
si volse contro l'imprudente.
Disse così: "Tu cane immondo"
disse al principe Solimondo.
"Misero cane crepa e muori.
delle streghe senza timori!"
Poi allargò le scarne braccia,
le tese in segno di minaccia
e le ripose al petto giunte
alzando i piedi sulle punte.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
Da un guado cupo un'ombra scura
sollevò un'onda di paura.
Un mostro indomito e rabbioso
apparve orrido e squamoso,
drizzò sui colli cinque teste
accese luci assai funeste,
erano come braci ardenti
le sue pupille incandescenti.
Esso balzò lesto ad un tratto
come una molla vispo ratto
ed ondeggiante, era deforme,
su corte zampe il corpo enorme
traeva urlando ogni momento
mordeva l'aria e il pavimento,
era assordante l'ululato
e si spandeva d'ogni lato,
nell'antro macabro ed oscuro
rimbombava di muro in muro.
A quella vista il Solimondo
avventuroso e vagabondo
si sentì piccolo e avvilito,
inerme, fragile e smarrito,
ma non cedette allo sgomento,
non venne meno l'ardimento,
egli strinse la mano aperta
e impugnò la spada all'erta.
Il ferro sibila e colpisce,
Incalza sì ma non ferisce
la pelle è come una corazza
nemmeno un poco la strapazza,
l'ardore suo contro le squame
soltanto fu rumor di lame.
Come una nube densa e scura
calò nel cuore la paura
e nell'orecchie la risata
di quella strega scellerata.
CAPITOLO VENTESIMO
Quando si perde la speranza
rimane il vuoto nella stanza
del'uomo vinto, lo sconforto
conduce ad accettare il torto,
ma l'ardimento al buio brilla
se trova solo una scintilla.
Bastò lo spazio d'un barlume
accese in cor lo spento lume,
Solimondo negli occhi offesi
sentì del mostro i lumi accesi,
al suo pensiero venne un lampo
gli balenò la via di scampo.
Solimondo pensò al biglietto
della rana, che aveva letto
con Tattolina lungo il torrente,
fu come un lampo nella mente:
"Gli occhi a guardarli fanno male
ma sono il suo punto vitale".
D'improvviso queste parole
splensero in petto come un sole,
sciolsero il gelo della paura,
lo lanciarono all'avventura.
Il guizzo ratto della mente
diede all'ardor rabbia furente
ed alla spada il fiero impegno,
ai colpi suoi diede l'ingegno.
Egli avanzò contro le spire
furono gli occhi le sue mire,
e contro il mostro orrido e bieco
fu ogni colpo un occhio cieco.
Ferito il tristo urlò schiumante,
orbo meschino ed ondeggiante,
annaspicò nel buio muto,
che dieci occhi avea perduto.
Poi rantolò sul pavimento
e s'acquetò senza un lamento.
CAPITOLO VENTUNESIMO
Mirò la strega la sciagura,
tremò di rabbia e di paura
e profetò con l'empia bocca
una funesta filastrocca.
Essa soffiava come il vento,
la sua voce era un lamento
di smorfie e sbuffi accompagnato
rumori e spasimi di fiato.
Poi s'avventò rabbiosa e lesta
dimenando la scopa in resta.
S'incontrano l'armi spianate,
la scopa e la spada incrociate,
s'accendono colpi violenti,
si scaldano i cuori frementi.
Il Solimondo bello e invitto
combatté sì l'aspro conflitto
con molto ardore, tuttavia
contro il potere della magia
esso non fu pari abbastanza,
e fu ogni colpo una mancanza.
Sempre di più la spada incalza
contro la scopa essa rimbalza,
ed al soffiar della destrezza
essa si fulmina e si spezza.
Cantò la strega a quella vista
bella vittoria di conquista.
Ma troppo presto fu quel ghigno,
e tradì l'animo maligno.
Quando il successo ha troppa fretta
e troppo presto il cuore alletta
a divagar spesso conduce
e ciò che è fatto poi si scuce.
Rotto il ferro non il coraggio,
senza la spada all'arrembaggio
tornò il principe, nel suo cuore
si risvegliò tutto l'ardore,
si riversò con furia ardente
contro la strega ancor ridente
e le strappò la scopa a un tratto
dentro il suo ridere distratto.
La strega pianse triste e muta
la scopa magica perduta,
senza più l'arma dell'ardire
rimase inerme e senza dire.
Quando travaglia il cor l'asprezza
s'appiglia al senno la saggezza,
se nell'ardire c'è coscienza
prima di tutto la prudenza.
Dopo la lotta aspra e dura,
non fu superflua la misura
di Solimondo, che fra stracci
vide e raccolse alcuni lacci.
Per due volte la strega cinse
piedi e mani due volte strinse,
essa perciò legata e tesa
fu una vecchia senza difesa.
CAPITOLO VENTIDUESIMO
Con le dorate chiome stanche
posate sulle gote bianche
il dolce viso abbandonato
giaceva languido e sfocato.
Si chinò il principe con cura
su Tattolina, la premura
non gli portò lume, soltanto
seppe guardarla e soffrir tanto;
soffrì più forte ché circonda
pena maggior se buio inonda.
Lui non sapeva aprire il velo
che rattristava occhi di cielo,
seppe però l'amor, che è luce
anche nel buio e ognor conduce.
Lui le sfiorò biondi capelli,
le toccò il viso, gli occhi belli
non più sereni e illuminati
ma scialbi come abbandonati
indolenzirono il suo cuore,
baciò le labbra con amore,
cadde una lacrima velata
sulla fatina addormentata.
Tattolina sentì soltanto
il flusso dolce dell'incanto,
s'illuminò lo sguardo e il viso
di un'onda vaga di sorriso.
Pian si ritinse di colore
e di sospiri il suo pallore,
si risvegliò la vista ansiosa
e rifiorì la bocca rosa.
Lo sguardo fievole e assente
schiuse le ciglia lentamente,
la realtà toccò pian piano,
come un bel sogno fu, la mano
protese al principe lì accanto
e rinvenuta venne in pianto.
CAPITOLO VENTITREESIMO
Quando rinvenne Tattolina
crebbe di furia la meschina,
essa gemette senza posa
fu lagnosissima ed afosa,
di urla fece grande spreco,
non le rispose neanche l'eco.
Il male è una doppia spina
che punge tutto e che rovina,
da un lato punge col misfatto
dall'altro punge chi l'ha fatto.
Quella funesta ora sconfitta,
era sconvolta, inerme, afflitta,
soffriva di dentro e di fuori
per colpa di suoi stessi errori.
Disse alla strega il Solimondo
col tono acceso, ma profondo,
disse così: "L'animo stolto
ha raggrinzito anche il tuo volto.
Misero è l'odio che ti campa,
misera è furia che ti vampa,
misero è cuore senza luce,
misera tu con l'almo truce.
Dimmi qual è quella mistura
che ti servì per l'opra scura?
Sciogli l'incanto della fata
e libertà ti sarà data,
o brucerai nel tuo castello
funesta strega pipistrello,
e sarà il fuoco del furore
a incenerire questo orrore".
Gli rispose l'urlo feroce
della strega, fu la sua voce
terribile e piena di rabbia
come una tigre nella gabbia …
ma dopo l'urlo stette zitta
e meditò la sua sconfitta,
senza difesa e senza scampo
alla ragione diede campo
e balbettando svelò il posto
dove il segreto era nascosto.
Tattolina trovò l'unguento,
negli occhi belli quel momento
rimase impresso, colmò il viso
e trasparì nel suo sorriso.
Turbò la scena quell'ombrosa
con la sua bocca lamentosa
ansante e rauca, la sua gola
disse: "Tieni la tua parola!"
Rispose il principe alla strega:
"A tuo voler niente si piega,
la mia promessa non ha fretta,
prima la fata e ora aspetta".
CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO
Fuori nell'aria il sole ardeva
ma non osava entrar, sfiorava
le ombre cupide e lascive
con ciglia attonite e furtive
dall'uscio schiuso. Al ritorno
pensava il principe quel giorno,
egli pensava ora al cammino
che l'aspettava al varco chino
ancor più rio, ché la discesa
è più gravosa dell'ascesa.
Il suo vagare all'improvviso
gl'illuminò di gioia il viso
e si fermò come il respiro
ch'esulta dopo un lungo giro
della mente. La sua trovata
coinvolse ancor l'arma fatata.
Disse così: "Andiamo tosto
sopra la scopa a prender posto".
Egli salì con Tattolina,
la strega fu loro vicina,
che pur legata e col lamento
faceva ancora un po' spavento.
La scopa intese quel pensiero
e si drizzò come un destriero,
essa frusciò nell'aria smorta
e volteggiò fino alla porta,
la porta pur subì il messaggio,
si spalancò al suo passaggio,
di là partì come un baleno
prese le vie del ciel sereno.
Sotto la scopa difilato
corse il monte correva il prato,
corre lo sguardo e più si perde
un cavallo tra l'erba verde
scorse il principe da lontano,
pascolava laggiù nel piano.
Egli gridò: "Una fermata!"
Fu come l'aquila in picchiata
la scopa, scese silenziosa
sopra la bestia insospettosa.
Poi ripartì... O meraviglia!
Anche il cavallo a sciolta briglia
si sollevò, era atterrito
quell'animale, col nitrito
protestò contro il ratto ignoto
scalciando con i piedi il vuoto.
Vola il cavallo ora non trotta,
vola la scopa con la rotta
verso la rana, sempre più su
fra le nuvole, vola lassù
nel cielo fulgido e dorato.
Nel ciel trapunto e costellato
ancor volò, giunse il mattino,
si risvegliò il sol divino,
si lavò i raggi addormentati
nei flussi limpidi e rosati.
La scopa allora dolcemente
sfiorò le acque del torrente,
tra i sassi della riva erbosa
saltellava una rana ansiosa,
aspettava, aspettava ancora,
aspettava sempre d'allora.
CAPITOLO VENTICINQUESIMO
Tattolina la sua boccetta
per la gioia col cuore in fretta,
col cuore ardente come fiamma
versò tutta sulla sua mamma.
La rana intese un gran calore
si sciolse e diventò vapore,
crebbe di forma e di misura
dimensionò la sua statura
armonizzando il corpo e il cuore
come il pennello di un pittore,
poi sfumature bianco rosa
vennero ancor di cosa in cosa
sopra la pelle, sulle braccia
sopra le gambe e nella faccia,
di rose rosse allor sbocciate
furon le labbra colorate,
al sole l'oro i raggi belli
presero i biondi suoi capelli.
Come chiamato da un sussurro
venne negli occhi il cielo azzurro.
La veste il prato offrì alla fata,
verde e di fiori ricamata.
Essa spuntò bella com'era
intorno a lei la primavera.
La sua mamma le stava accanto,
baci, carezze, abbracci, pianto,
lacrime dolci lungo il viso
vennero insieme ad un sorriso.
"Mamma mamma" di contentezza,
"Mamma mamma" tanta dolcezza,
"Mamma mamma" gioia nel cuore,
"Mamma mamma" piena d'amore.
Il principe poco lontano
nascondeva dietro la mano
le sue lacrime, era commosso,
le asciugava col manto rosso.
CAPITOLO VENTISEIESIMO
Un cuor che sente invidia e brame
non trova gioia, ha sempre fame
e batte batte in fretta in fretta
non per amor ma per disdetta.
Fu per quegli occhi vista atroce,
fu rabbia e fremito feroce,
fu per quel cuore acerbo pena
veder d'amore l'aria piena.
La strega misera ed oppressa
si dimenava come ossessa,
stretta di lacci e di tormento
mandava un gelido lamento.
Il principe slegò la trista
che dolce libertà racquista.
"Vola vola scopa veloce
sono la strega più feroce,
sono rimasta sola sola
vola scopa veloce vola,
sono la strega pipistrello
vola ritorna nel castello."
Tremò la scopa a quella voce,
intese quel ghigno feroce,
si sollevò nell'aria vuota
e girando come una ruota
così stormente come il vento
prese le vie del firmamento
finché un puntino fu soltanto
e scomparì. Come d'incanto
sbocciaron trepide e fiorite
primule, rose, margherite,
si tinse il prato di colori,
farfalle e petali di fiori,
e nel torrente coi capini
i variopinti pesciolini
vennero fuor vispi e curiosi,
saltando liberi e festosi.
CAPITOLO VENTISETTESIMO
L'aria odorava di contento,
andava un alito di vento
per le vallate e pei declivi
di fiore in fior, trilli giulivi
spandeva ognor l'ugola d'oro
degli uccellini tutti in coro.
L'aria era piena di magia,
di qua di là era armonia
di pace, musica ed amore.
In fretta passarono l'ore,
ciascuno col trepido pianto
di gioia nel cuore soltanto
di luce negli occhi, nel viso
un vago diffuso sorriso.
Era felice Tattolina,
carezzava la sua mammina,
le parlava sempre, parlava,
l'accarezzava e l'adorava.
Ora il sole andava al declino,
lieto era stato il suo cammino,
era contento ed il bel giorno
lasciava e le carole intorno,
coi raggi suoi non pien d'ardori
ma scialbi d'oro e di colori
rideva ancor calando piano
nel roseo suo letto lontano.
Sotto il cielo bruno rosato
del tramonto tutto incantato
partiron, fu lunga la via,
ma trascorse con allegria,
ora in groppa al cavallo bianco,
ora in sosta o col piede stanco.
Diresse il principe il destriero
verso le mura del maniero.
Giunse la reggia a notte fonda
quando dormiva anche la ronda,
sotto un cielo di luna e di stelle
lo sorpresero le sentinelle
e gridarono con tutto il fiato:
"Evviva, il principe è tornato!"
CAPITOLO VENTOTTESIMO
Si spanse alle vie la novella
come quando una storia bella
si spande. Nel regno l'evento
portò tanta gioia, il contento
raggiunse il re nella sua stanza
che impensierito dall'assenza
teneva l'animo sospeso,
accolse il figlio tanto atteso
e chiamò anche la sua sposa
che corse lesta senza posa
ed abbracciò piena di pianto
il figlio che le stava accanto.
Restò incantata Tattolina
da quell' incedere profondo
della regina e Solimondo.
Quella regina appassionata
baciò la bimba e la sua fata.
Offrì loro una stanza speciale
arredata a prestigio regale,
la fata bella e Tattolina
dissero grazie alla regina
con il sorriso e con il cuore
sbocciato in petto come un fiore …
Or dopo l'estasi la quiete
rese più dolci l'ore liete,
ma sciolse un nodo d'amarezza
di nostalgia e di tristezza
dove una fiamma sempre accesa
scaldava un'ansia un po' sospesa.
C'era qualcosa come un velo
negli occhi profondi di cielo,
era una lacrima pensosa
un po' affacciata e un po' nascosa.
C'era lontano una casetta,
e dolcemente una vecchietta
le accarezzava il capo e il viso,
ella sentiva il suo sorriso
e la vedeva sempre ancora
bella così com'era allora,
piena di pianto e disperata
come l'aveva un dì lasciata.
Nel troppo lusso della stanza
ella sentiva lontananza
fatta di tavole e di stenti,
capelli bianchi e passi lenti,
ed una voce dentro il cuore
che la chiamava con amore.
Dopo la gioia e l'allegrezza
le invase il cuore l'amarezza,
il viso dolce non più lieto
si scolorì, divenne inquieto,
le venne il pianto, ma la fata
accarezzò la figlia amata,
sapeva sì la sua tristezza
e l'abbracciò con tenerezza,
fino al mattino essa fu desta,
il sole entrò dalla finestra
e splense lacrime dorate
su gote tristi e sconsolate …
Vennero il re e la regina,
s'asciugò gli occhi Tattolina
e raccontò la storia bella
della vecchietta poverella.
Semplicità forza leggera
freschezza d'almo primavera
vale di più dell'arte appresa
sa fare dolcemente presa,
prese così col dolce viso
il re commosso e il suo sorriso.
CAPITOLO VENTINOVESIMO
La carrozza a quattro cavalli
viaggiò per monti e per valli,
andò per calli irti e scoscesi,
passò sentieri e campi estesi,
raggiunse all'alba la casetta
dove viveva la vecchietta.
Quel mattino donna Peppina
stava aspettando Tattolina,
batteva forte il cuor contento
sentiva un gran presentimento
e guardava sempre lontano,
sapeva che non era invano,
il cuor le diceva, quel giorno
aspettava un dolce ritorno.
La scorse a un tratto Tattolina
scorse la sua donna Peppina
tinta di gioia, il suo bel viso
si colorò di un bel sorriso.
Dalla carrozza allor fermata
scesero il principe, la fata,
la Tattolina corse in fretta
ad abbracciare la vecchietta.
Fu tanto buona la regina
parlò col cuore alla nonnina.
S'avvicinò la fata bella
e abbracciò la vecchierella
piena di pianto, ma il sorriso
sbocciato sullo scarno viso
più forte fu delle parole
fiorite coi raggi del sole
fino al tramonto. Verso sera
la vecchia felice non era
ma per amor di Tattolina
lasciò la povera cantina
e le piccole cose belle.
Partirono sotto le stelle.
Ritornò la strada percorsa
dei cavalli, tutta la corsa
andò di notte, andò di giorno,
e fu lieta fino al ritorno.
CAPITOLO TRENTESIMO
La vecchierella silenziosa
guardò la reggia maestosa,
la ricevette il re in persona
col manto d'oro e la corona.
Lei si sentì tanto piccina,
rimase lì modesta e china,
giunse le mani per pregare,
fu tutto ciò che seppe fare.
Il monarca sentì qualcosa
per l'umiltà, ch'è preziosa
più delle vesti sfolgoranti
e copre un cuore di brillanti.
Egli abbracciò donna Peppina
come se fosse una regina.
Quel gesto insolito regale
sciolse l'applauso generale.
Il re decise in quel momento
di festeggiare lieto evento.
Il banditore col messaggio
andò villaggio per villaggio
anche il più piccolo e sperduto,
e lesse il bando e il saluto
del re. Ovunque fu gradito
il prezioso e caldo invito.
Ciascuno venne prese parte
alla gioia non fu in disparte.
Vennero ricchi e poverelli,
c'erano tutti brutti e belli …
Poi verso l'ora del tramonto
tutti ascoltarono il racconto
della fata, di donna Peppina,
dell'amore di Tattolina,
dell'amore come una fiamma
di una bimba per la sua mamma.
Il monarca amato e saggio
vantò la forza del coraggio
che affronta l'impari tenzone
dove il dono della ragione
non si ferma contro il potente.
Il suo discorso trasparente
scoppiò in applausi di mano
all'indirizzo del sovrano.
Il mondo è fatto di soprusi,
di streghe mostri ed altri abusi,
ma pur ci sono sogni e stelle
fatine dolci e cose belle.
Lottano sempre odio e amore,
la gioia è amica del dolore
perché la favola infinita
dipinge il senso della vita.
Tattolina con la sua mamma
Tattolina con la sua fiamma,
una fiamma che cuori lega,
vince il mostro, vince la strega.
Una fiamma come l'amore,
che vince il mondo e mai non muore.
Amore virtuale
La sera allatta piccoli pensieri
che diventano grandi sul cuscino,
la tua voce invisibile traspare
di cui non posso percepire il tono.
Vorrei trovare impressa per magia
tutta la melodia di tuoi pensieri,
della luce degli occhi, del sorriso,
di lineamenti della pelle nuda
per poterti toccare, mi domando
se può essere certo un sentimento
che va da una tastiera dritto al cuore.
Ma forse il cuore ha un senso
che elegge la sostanza delle fonti
e conduce rintocchi sulla pelle
di una immagine muta assente dolce
che nasce da orizzonti e più lontano.
Amore defraudato
Il mio cuore cercava
sprazzi di cielo sereno
nel tuo sorriso il sole.
Ho versato barattoli di miele
per potere addolcire
i tuoi pensieri,
ma una piega
nascondeva l’azzurro
dei tuoi occhi,
perciò condividesti
le lusinghe
dove l’altezza culmina
su piedistallo delle opzioni …
Ora delusa dalla tua finestra
cerchi laggiù nei vicoli
l’amore
defraudato dalle congetture
sullo specchio esoterico
che guarda,
e piangi assorta
i suoi riflessi muti.
Amo la neve
Il sole del tramonto
rannicchiato
lungo gli itinerari
scrive poesie di monti,
l’onda bianca
presa da solchi nitidi
scintilla
sulle pendici
maestosi silenzi
abbraccia il cielo,
laggiù brilla un laghetto
blu cobalto
specchia cime
di alberi sommerse,
ora la luna tenera
compare
confonde col silenzio
lo sciabordio velato
delle fronde …
amo la neve,
sfiora il sentimento
altitudini immense
come un quadro
dove ti trovi dentro
coi colori
dell’estasi divina.
La dolcezza amara.
Malinconia che sale
dai riflessi del tempo
e muove passi lenti,
l’orizzonte
ha consumato
le stagioni belle,
consolano carezze
del sol che dona
alle sbiadite foglie
dolci colori, incanta
un qualche fiore
con i petali ardenti
come baci
appassionati
di struggenti amori,
ma il cuor che sente
ascolta
malinconia di ottobre
il vento ordisce inganni
lascia le rose stanche
sui giacigli di spine
e tende a illuminare
dove il tempo
sente più forte
la dolcezza amara.
Il progetto dell’amore
Vento gentile sfiora sulla pelle
si rattoppano sogni frantumati
sulle rive del tempo un verso dolce
mi conduce la mente a colmare
l'infinito vuoto, nei tuoi occhi
cadono a fiocchi stelle ...
le scie di luci posso accarezzare,
sfiora le mani il verso
sulla sabbia fiorita di parole
come un eco lontano si ripete
che scalza pregiudizi della luna
e pare un discorso vestito
di tela di buio
che copre il pudore
e tocca col cuore accenti di miele,
estasi del picciolo si corona
di melodia di fiori
nella lampante egemonia del verso
che illumina il progetto dell’amore.
Effusioni
azzurro cielo inonda
la quiete che scintilla,
colano raggi accesi
su palpiti di foglie,
grappoli rossi
achenii
guizzano dai cespugli
fioriscono di trilli,
alberi danno al sole
le cime brizzolate,
filari di granturco
dorati come i raggi
campi estesi
guardano il letto vuoto
di spoglie affastellate
e ascoltano i pensieri
dell’autunno
che inganna il tempo
con le effusioni
A lungo andare
A lungo andare il campo di sentieri
è diventato impervio,
ora sono cambiate le stagioni,
vago nel mare mosso di pensieri
tratteggiati di foglie secche e spine,
il cuore fa la parte di nocchiero
con la ruota a caviglie
in mezzo al vento
e le vele spiegate tra gli scogli
traccia la rotta sulle illusioni,
un qualche fiore bello mi conduce
sbocciato nel giardino di parole,
passa attraverso isole di baci
per sogni che si accendono la notte.
Dove andiamo
Questa notte il cuore parla piano
per non svegliare il flusso di momenti
perciò se chiudo gli occhi
e le stelle si lasciano contare
lo sguardo corre verso l'infinito,
dove andiamo
mano nella mano
lungo le soste cariche di baci,
sento il tuo respiro nella bocca
aleggia il sogno
muove i tuoi capelli
come vento leggero sulle onde
che trasparisce ancora
dietro il tempo,
cosi possiamo insieme navigare
fino alle vertigini del mondo,
non servono finestre da approdare,
al sol che mostra lineamenti nudi
le stelle fioriranno più lontano.
All’alba il sole
All’alba il sole
ha voce di un bambino
tenero nudo
lascia accarezzarsi
dalle mani
delle poesie tenere d’amore,
coi versi d’oro ride
al mondo che lo aspetta,
tende i suoi raggi al ciel
che lo solleva
con la voce di mamma
che prende dalla culla
il suo bambino,
cresce d'ardore splende
abbaglia il cuore,
incorre in qualche nuvola
che passa,
si cela dietro cumuli
di pioggia,
eletto contestato benedetto
cala verso il tramonto,
raccolgono le stelle le scintille
ciascuna è un sogno
che parla d'amore.
Dalle ataviche fonti
Dalle ataviche fonti
il contesto del vivere
illuminato da abbaglianti luci
ori poteri allori,
acumina gli artigli,
ed i pensieri affogano
nei labirinti dove
si perde il lume tenero
del cuore
La ragione che sente privilegi
di stimoli aberranti
non attutisce i morsi
ma l’anima accarezza
il bene grande
con gli occhi verso
oasi di cielo
dove sogni si possono cullare.
Caro papà
l’anima liberata di catene
lava col pianto il peso di peccati
e profumo di rose
nell’acqua chiara dell’abluzione
e labbra sussurranti Ave Maria
sciolgono ali al cielo,
il tuo silenzio valica le sponde
più forte del martello
di colpi di campana,
tutte le stelle sembrano vicine
dietro il buio l’incanto della luce
sommerso che accarezzo
nel profondo degli occhi di pensieri
vibra d’immenso, il canto dell’amore
è rimasto sospeso come un grido
che non vuole lasciarti scomparire
e stride con la nebbia che ti avvolge
e ti prende per mano verso il vuoto …
Dietro la porta chiusa il tuo profumo
sorseggio con il giusto del silenzio che
scoppia in pianto
dentro il cuore muto.
Logorrea
Parte da fondi neri
dell'anima scintilla
raffica di parole,
le onde in superficie
gridano tra gli scogli,
le parole di vento
hanno perduto il cuore,
le stridenti lune
stringono alla deriva
senza vele propizie
la barca di pensieri
negli spazi aberranti,
trovano ausilio
in culti di parole ...
e logorrea insiste
come unica arma
nel folto della scena
dove non splende il sole.
Un ardore
forse dettato dal travaglio
di cercare una luna al buio mare
mi conduce a forzare
le finestre serrate della stanza,
coi sogni avvolti in carta da regalo
isso le vele… il vento trovo muto
come passando tra muri di gente
e bocche aperte dell'indifferenza.
I singhiozzi dell'orologio
ad intervalli lenti intervengono
ogni colpo conta,
il ruggito di un treno in lontananza
illumina lo scorcio
non soccorre
l'anima sconfitta si rifugia
nella vita di un cane randagio
cercando oblique rotte col barbone
che offre al pasto vecchio
il giorno nuovo
e s'addormenta sopra un sasso duro.
Una ragazza madre
Una ragazza
raccoglieva alberi e illusioni
con gli acquerelli,
trasportava il mare
sulla tavolozza, dipingeva
le onde e i gabbiani,
venne un assassino dell'amore
e le strappò il sorriso
presso un tramonto d'oro ...
spende le notti lacrime la luna
a percepire passi nella nebbia
che contano man mano
il sole che dirada
le ore in fila dietro l’orizzonte.
Ora il grembo è cresciuto,
giocoforza creare un appiglio
per disincagliare il mutamento,
la forza della vita
dove risuona un palpito più forte
disimpegna
l’amore frastornato,
apre la porta
al figlio del dolore
contro il peso che l’ha generato.
Aforisma:
Metti sempre metti sempre nei piedi un po' di cuore,
ma non lasciargli mai
libero arbitrio.
Aforisma:
La ricchezza
non é fatta d'oro ma di gioia,
non si acquista coi soldi, si paga col dolore.
West Africa
La schiuma tra palmeti
gioca a sollevare qualche tronco
caduto, ceppi morti
nuotano, scolpite due ragazze
coltivano nei passi l’eleganza
e bambini mostrano sorriso
di denti bianchi sullo sfondo nero
e gli occhi che rimangono nel cuore
a custodire nostalgie del tempo,
lavandaie stanche di lavoro
sopra gusci di barche cantano,
le case del villaggio
come nidi in placido tripudio
fondono il tramonto
a verde incanto …
Al centro dello spiazzo la magione
dell’anziano capo accende l’aria
di disegni scolpiti, sulla soglia
suona tam tam di rulli
si ravviva il villaggio,
si illumina di danza, canti, giochi …
corpi scolpiti nudi di ragazze
donano l’acquarello del pittore
al pennello degli occhi che conserva
preziosi quadri nel suo cuore.
Africa selvaggia sole pioggia
dove scorrazza ancora la natura,
cascano l’acque di imponenti rivi
estasi di fragore,
qualche automobile s’affaccia
rompe l’incanto …
Africa ammutolisce,
suona lugubre il verso del giudizio
che ha condannato a morte
versi antichi
come un perduto amore
che rimane nei sogni della notte
e trascina le lacrime al mattino.
Stelline dolci
Quando l’alba schiude gli spiragli
la notte che ha cullato il sogno
si sostanzia dell’ultima ombra
per conservarlo intatto.
Il filo di luce che appare
non spegne le sinfonie del cuore,
rimangono lampi
che avvolgono il tempo
fino a barbagli della lontananza
dov’é vissuto dolce di sospiri.
Ora l'onda che ha cullato i sogni
nel senso delle immagini
che sfiorano le dita del pensiero
porta stelline dolci di memorie
dove non entro con la mia statura.
Il Ponte dei saraceni
Leggende, miti, arte,
fantasia
vestono la Sicilia.
Tutta l’isola è terra di colori,
si fonde col sapore delle genti
la ginestra
dolce di profumo
e le rupi scoscese delle sciare.
Perle di siti poco conosciuti
dai manuali dei visitatori
fuori da itinerari delle guide,
ruderi, resti antichi
giacciono negletti,
dormono spesso in campi devastati.
Presso Adrano
sulla strada che porta a Centuripe.
la fantasia dell’arte loda il genio
che ha risposto all’incanto
che la natura ha scritto
col progetto vistoso che armonizza
le doti umane a dolci melodie,
e rinnovella i tempi
del millenario ponte, nominato
Ponte dei Saraceni
vittima d`incurie e di abbandono
sul privilegio di una bella vista
che dà sensazioni mozzafiato.
La natura benigna dona incanto,
s’infittisce di fiori e verde intorno,
diventa avventurosa tra le rupi.
Il fascinoso ponte
che ha percorso il tempo,
ancora brilla
ed elargisce all’anima emozioni,
Ma circoscrive l’uomo
dalla sommità delle pendici
ai livelli più bassi
come genio elevato
fino a gregge incapace di pensare.
Noncuranza immondizie,
strade inferme
sono i contorni della gioia d’arte
lasciata tra rifiuti nelle mani
di gente impreparata
che non entra nel cuore
delle cose.
Solo natura amica
corona il ponte antico
di estasi di gloria
gratificando gli occhi ed il pensiero
Abbi Fede
Errare del pensiero
ruota intorno
dentro un cielo ignoto
parla più forte
e resta sempre muto,
formula teorie, stratagemmi
con la mente incapace a tutelare
i consigli di un senso,
dell’anima che sorge
dall’infinito Senno
come una forza immensa
che colora la luce di magia
più forte del pensiero.
Piccolo uomo esplora,
naviga dentro, scendi
nel tuo profondo intimo
accendi il primo passo,
forse sono soltanto
sogni desideri
invisibili cocci
gli artefici del senso
che conduce
come un senso dell’anima
due corpi ad inventare
una ragione,
sperduto in mezzo ai forse
ti confondi,
risali l’imo ascolta il Creatore
così infinito immenso
più grande del pensiero
ed abbi Fede.
Senza fine
Quando il cuore
chiude le finestre
nei reconditi spazi
la speranza
segue la salita
del Calvario,
pettirossi
come la leggenda
con la goccia di sangue
sul petto
tolgono le spine
dalla fronte
e altre pene infitte
senza fine.
Il pensiero ha una mano
che entra nel tempo,
ha un occhio che vede
la salita del Calvario,
un cuore
che s’indigna
contro i mostri
e si domanda
perché della ragione.
Oggi s’aspetta un segno
che ricompone il senso
che ogni giorno vacilla
e suona come
vuoto di campane.
Oggi risponde
il peccatore uomo
col cuore inginocchiato
davanti al tempo
a chiedere perdono
al peso
contro cui calcò la mano
che a luci piene agita
la croce.
Pasqua ritorna
È primavera,
alberi sommersi
in questo mare
di pellegrini spogli
riprendono le foglie,
profuma la campagna,
splende il sole …
Le campane si fermano
un momento,
ora son deste
spandono la gloria,
ma il pensiero
che ha toccato
le piaghe della Croce
incontra ancora il sangue
che scorre sempre a fiotti …
non si lava le mani
lascia i peccati all’onda
di questo tempestoso
andirivieni.
Una piccola porta
Un uomo
nasce
cresce
soffre
fabbrica pensieri,
amalgama peccati
e scioglie amore,
sosta in equilibrio
tra santo e assassino…
Un vento spinge
l’acqua imputridita
di questo mare
sulla grande riva,
il verso insegue
fino all’ultimo punto
e poi scompare...
Basta guardare il Senso
dietro il velo
che ha disegnato il tutto
mettendo nel profondo
del suo ribelle amore
una piccola porta che si apre
quando la stanza è buia
per fare entrare il sole.
Mio mio mio
Larve di pensieri
residenti
nelle stanze del cuore
non hanno ali
per volare
il cielo immenso
di sorrisi e stelle
chiudono a chiave,
le ombre
sono piene di parole
dicono sempre
mio mio mio.
il verso echeggia
dentro la fortezza
senza coraggio
a superare il muro,
scorre
come un fiume
prende sempre tutto
oltre la riva
non si ferma
davanti a sentimenti
a elargire petali
d‘amore.
Erano altri tempi
vivo sospeso a filo di ricordi
degli anni belli
il mio pensiero volge
quando la spuma l'orme
cancellava correndo
sotto i piedi,
erano belle tutte le stagioni,
bussava audace
l'onda l'uscio il verno
sgridando il pescatore,
fioriva nell’estate un cielo pieno
giungevano bikini a frotte bionde
solari aperte,
e le native timide e le mamme
nutrivano invettive
contro l’esordiente malcostume.
Oggi sono altri tempi
la gioventù si agita, gestisce
la propria vita in preda alla corrente.
Oggi la ragazza
non si chiama fanciulla,
il suo cammino
antico suona troppo
non si adatta
al pudore che era una corazza,
l’onda che proteggeva
allunga i passi e apre con la forza
gli occhi di bambini ancora chiusi.
Siamo noi
Navigando tra secche
e pregiudizi
nel mare della storia
siamo noi
che ci hai donato competenze,
siamo noi
che hai plasmato addendi
per coronare il mondo
del tuo Io
venuti meno, voltati
fino al punto
di venderti col bacio all'aguzzino.
Siamo noi diversità di siti,
deserti di sabbia
oasi di pace
e sogni con le ali dell'amore.
Siamo noi onesti promontori
dove un fanale indica la rotta,
e correnti aberranti
che stringono le navi alla deriva.
Siamo noi le isole del male
spalmate sulle tavole del tempo ...
Ora tutto l’ammasso tramandato
stendiamo nelle mani col talento
crivellato dai colpi
oltre che dagli uni contro gli altri
dagli impercettibili elementi
fino a non poterlo contenere,
perciò necessitiamo
il tuo intervento.
Magia delle parole
Note silenti abbracciano
come un cielo di stelle
il sito dove posti
versi dolci,
Io non so il tuo viso,
ma le parole hanno
lineamenti,
mi stupiscono gli occhi,
il cuore
colorano di riflessi.
Magia veicolante
nella simmetria
di corpi opachi
come una tastiera,
non necessita il suono
per volare,
sono gocce di anima
sfiorano la pelle coi rintocchi
come fiori di campo
che spandono profumo
sul sentiero,
il viandante che passa
ne coglie una boccata
e si ristora.
Poesia
L’onda
di questo grande mare
coglie rifiuti,
abbraccia
avvisi ai naviganti
dolcezze e altro,
tocca lontani lidi
dove tutti possono
approdare,
colgo certe parole
lasciate alla deriva,
mi accarezzano
l’anima e i pensieri,
cara amica nascosta
dietro una moltitudine
di versi,
il mio cuore ha sentito
lo sguardo
di un nome,
soltanto un nome
senza contare il viso
per ritenerti cara
impressa
sempre.
Licenza di uccidere
La natura ha un cavillo
che sopporta
il peso di un vitello
che passa al guado il fiume,
Non ascolta il muggito
che parla,
non guarda nella profondità
degli occhi,
non si conturba,
ride al coccodrillo
come uno scoglio al varco …
lo sprovveduto inciampa
contro la scorza dura,
diventa divorato.
Il coccodrillo uccide
senza fare peccato
poiché appartiene
alla specie protetta.
Flutti
nel gorgogliante mare
dilatano la nebbia…
veglie
di colori recisi alla campagna
per adulare il cielo,
sussurri di candele
spazzano
polvere di tempo dalle righe
a questa età di occhiali
che si affaccia
sulla piazzola invasa
dalla marea di volti…
questo sereno incontro
che addolcisce
porge la mano tesa
sulla soglia
per consentirci
di accarezzarla.
Dalla silloge 2 Novembre
Siamo ai primi passi
Il tempo di gattonare
é finito,
l'orizzonte si allarga
sospeso tra due sedie,
hai vinto i primi passi,
illumina la stanza
il tuo sorriso,
spande la conquista
una gioia leggera,
intenerisce
come il sole dell'alba,
un uccellino
a brevi tratti vola ...
hanno preso la strada
i tuoi piedini
incerti traboccanti
che odorano ancora di poesia...
Dove ti condurranno
lungo il viaggio grande
della vita?
Il fiore bello
Stando seduto
a questo punto di presente
galleggia impigliato tra spine
un fiore bello,
di quei fiori che nascono inattesi
nei posti impensati
tra rovine
e germogli avvizziti
dal gelo della indifferenza
di questa grande madre
che dona tutto
e prende senza cuore.
Il verso non insiste
tra le pieghe del calice
del giglio
che dona dolce ai sensi,
si nasconde
tra le pareti della stanza inferma,
sotto l’uscio del tempo,
arrampicato alla scarpata impervia
illumina
con la piccola face che dispone
i campi senza luce.
M’ama, non m’ama
Erano gli anni dell’amore bambino
quello che maturava
su segreto cuscino insieme ai sogni …
navigavamo nella classe mista
con l’alone confuso di pensieri
e lo sguardo nascosto
senza coraggio di scoprire il fuoco
che ardeva dentro, si prendeva il viso
che avvampava di rosso e di disagio,
ma acquistava coraggio
nella solitudine del letto
quando sfidavo i sogni
con i pensieri arditi, ed estraevo
la dolcezza di baci fino al sonno.
Fuori dai sogni un bacio
era un delitto,
si rubava nascosti dietro un muro
e restava sospeso all’intervallo
di rumori di passi.
Mettevo i sogni in carta da regalo
e li affidavo al vento,
sfogliando margherite domandavo
al criterio dei fiori il mio destino,
m’ama, non m’ama …
Dove mi porta il cuore
Nei dormiveglia tornano momenti
dove il sonno si lascia carezzare
ed io lo cullo dolcemente, il cuore
si accosta alla piazzola
che mi conosce da lontani tempi
dove una Niki abbraccia con la vista
la scala delle note musicali,
paesini accesi sulla costa incontro,
si perde l’occhio nell’inseguimento…
dirimpetto sul mare la Calabria
appare, l’orizzonte, il faro
confuso fra stelle e le lampare…
Calliope porta gli occhi
alle poesie esposte
che si adagiano dolci su pendio
coricato su mare,
mentre leggo l’urlo che scorrazza
sullo scoglio
che gioca con la schiuma
qualche spruzzo
mi conduce sul viso
l’onda di ricordi
apro gli occhi
con la lacrima vera accanto ai sogni.
Malinconia
Malinconia che sale
dai ricordi
su lastrico degli anni
dove tendo la mano,
malinconia del sole
che si tinge
di colori dell’alba
e si commuove
sul cuscino vuoto
della sera.
Malinconia del fiume
che scorre tra cespugli
di vita, ascolta il canto
che odora di profumo
e di rimpianti
dove splendono fiori
sulle sponde,
malinconia seduta sulla foce
ascolta il tempo
che si versa nel mare
e si confonde,
malinconia del mare.
La prima candelina sulla torta
Sfoglia la prima pagina
la tua valigia di progetti
che già contiene sogni
che assapori
nelle labbra che schiudi
mentre dormi
e due dentini splendono
di bucaneve di riflessi rosa
ridi
quando carezzi tenera
o mi imbocchi
con le molliche piene di saliva
incredibile soffio rifocilla
di tenerezza, briciole di cuore
rendi a ciascuno,
se ti prende il pianto
con la forza di lacrime
vinci le sentinelle
e prendi tutto il regno
in tuo potere.
Ora mentre sospesa
in equilibrio
e gattonare intenta
mi confondi,
tingi il tramonto, tenera
con l’alba
mi fai sentire dolce di rugiada.
Com'era bello!
Com'era bello un dì quel paesello
“cca sicca, i petri niuri,
le pietre nere
u scoppu i ll'acqua,
lo zampillo dell’acqua
ccu la marina china di bbastasi ...
la spiaggia piena di scapestrati
e menzulitru
(soprannome di un pescatore)
bbanniava: pisci gridava:
pesci
frischi du nostru mari,
freschi del nostro mare,
n’piattu i masculini centu liri”.
un piattto di acciughe 100 lire
Nelle traverse nidi di bambini
pativano la fame
spesso non c’era acqua nelle case,
“annaunu a funtana cca quartara
(le donne andavano a prendere acqua
i fimmini cca truscia supra a testa”
portando la brocca sulla testa”)
Germogliavano allora le fanciulle
coi petali odorosi e gli occhi chiusi,
crescevano inzuppate di discorsi
di casa, chiesa, scuola, genitori,
grondavano pudore dai capelli.
Giovanotti appostati sulla strada,
spendevano l’attesa
per supplemento di una “taliata”
uno sguardo
Com'era bello!
Il vecchietto
Al povero vecchio
che ascolta
gli vengono contestati
torti e errori.
Si festeggia
la sua dipartita
coi pranzi speciali
e col cenone
soltanto qualcuno
sente per esso lacrime,
vorrebbe trattenerlo
ma l’anno nuovo
arriva
e non fa sconti …
ora il vecchietto é morto,
fuochi d'artificio
esplodono
nel mezzo della notte,
sono festeggiamenti
in onore all'erede
che brilla
tra progetti di avvenire.
Ma il peso del tempo
che grava
sull'anno che nasce
sono le colpe impresse
nel cuore di coloro
che hanno condannato
l'anno vecchio,
perciò tutti i progetti
sono invano.
Buon Natale
Lo strascico
di tempo
nello spazio
seminato di stelle
a questo lasso
incontra la cometa
di dicembre
che illumina la stalla,
la luce si dirada
come il suono
di un campanile
spento di campane
cui l’eco
si trascina
di peccati
delle città ridenti
dove soffia
vento di palazzi
sui muri franti
di periferie.
Candeline di Natale
Così è Natale
Un coro di bambini
felici a squarciagola,
la neve bianca
gioca con le luci
e pensieri del cuore
tanto forti
da spartire coi poveri
i regali
e tanto veri
da strappare il pianto.
Ogni bambino è un ramo
e poi man mano
sempre più sottile
l’ultimo bambinello
a mezzanotte
arriva in mezzo al cielo
e tocca la cometa
dell’amore
di candeline accese
cui la fiamma
che sfodera gli avanzi
di chi gestisce il cuore
coi denari
e aliena palcoscenici
d’amore
ha qualcosa da dire
a chi non vede.
Angeli spogli
Siamo giunti nell’aria
di Natale,
intenso accartocciarsi
foglie verdi
a questo clima freddo
di pensieri
del cuor
che non incrocia
una parola dolce
ed un sorriso.
Vagano a frotte
fiori intirizziti
angeli spogli
sostano appostati
dietro una finestra
illuminata
di un qualche odore,
aneliti di fame
raccolgono
gli abbagli di tepore
dietro vetrine
di camini accesi
sull’asfalto.
Le stelle cadenti
Il dono di stelle cadenti
alle notti
è un pensiero che vola
nei campi assetati
d’amore,
incontra parole
che anelano il cielo,
nel gelo degli occhi
tengono lacrime accese
e portano bolle
di cuore annegato
che salgono all’ansia
vissuta dai sogni,
la smania di accedere
al cielo proibito
dove gocciola sempre
un filo di cuore
sobilla le notti serene
ed agita palpiti ardenti
che sbottano
e squarciano il cielo.
I grandi amori
L’amore nasce grande
crescendo diventa piccolo,
richiede sempre cure
e compromessi,
grandi amori
esistono immortali
sulla strada interrotta
dove il tempo
non dona assaporare
il fondo amaro,
come fiori appassiti
nella stanza,
oppure sono mere illusioni
soltanto
dentro il cuore del pensiero.
Fiori di carta
non appassiranno
basta innaffiarli
con parole belle
sbocciano all’ombra
delle notti insonni
vagano in mezzo
vaporose nubi
alla ricerca ardita
di un rifugio
che faccia scivolare
il dolce
di un pensiero
dentro l’ali di un sogno
per volare.
Preludio
Stando affacciato al canto dell’estate
sulle rive affollate di bagnanti
trovai un fiore bello,
di quei fiori che sbocciano inattesi
nelle rapprese terre di Sicilia
tra mandorli, gli olivi,
nelle sciare
pervenuto per caso
nei sussurri di luglio
sulla baia
dove solevo accarezzare il mare.
Un gesto amico venne
dai tuoi occhi
regalandomi il cielo, l’ombrellone
stupito d’esser solo
l’ombra amena
trattenne nel suo grembo,
la tua mano
trattenni, dolce invase
la melodia che sento
a mio pensiero …
remigando
inciampavano gli spruzzi
i sorrisi, la gioia sulla pelle
mentre le labbra
ornavano pretesti
la pagina del cuore più sincera
svolgeva un coro
di brusio di stelle
sulle sfaccettature di pispigli,
scopriva il mondo
le colonne azzurre
dove si staglia il cielo,
Il sentimento grande traspariva
come il sole dell’alba
che ancora nascosto già spande
le prime celate parole.
Amo la sera
Il cielo spiega l’ombre
rappigliano le ore invigorite
da buio illune,
la navicella stanca di remare
lascia il timone
vaga alla deriva …
il vento che conduce gli anni belli
soffia dolce, è bello navigare
quando la notte il cielo
piove come una pioggia di lampare
e accende il mare di ricami …
è bello ritornare con la mente
quando l'alba solerte il pescatore
(vedo il mutare intatto del suo volto)
coi serpeggianti versi prende il mare
e tocca ancora il vento,
e il sole fecondo parla forte
alla sua pelle adusta …
prendo per mano il tempo
mentre corre
finitimi compagni accarezzando
con i capelli grigi
che vendono pensieri,
e io li compro nella capezzagna
come filo nodoso mentre aspetto
che lascia la risega sulla gamba.
Non mi assomiglio a quando
giocavo scalzo
tirando sassi al coro degli spruzzi,
ora mi sgrida il mare
con la voce salata
e la luna nittalope mi guarda.
Fiori di ricordi
Sembra bonaccia,
ma lo specchio del tempo
dietro filtri di sole rami spogli
riflette, cascano a dirotto
i sogni, nel botro colmo
si radunano, portano il peso
delle foglie ingiallite.
Il ritmo dell'orologio
scandisce come passi nella nebbia
le anafore del tempo,
le screpolature del cuscino
girano
sulle dentellature di ricordi,
scricchiola note stanche il mio mulino
con le pale rivolte contro il sole
come un silenzio imprigionato
che non esplode …
le foglie vecchie cadono dai rami
aderiscono al cambio di stagione.
Si muovono pensieri a passi lenti
con le orecchie accostate a origliare
quello che succede all’altro lato.
A questa età di foce
dove l’acqua del fiume vede il mare
il presente non trova spazi,
prende gioia da spunti di passato,
come sentirsi a capo di un sorriso
che si versa nei campi
e fa sbocciare zolle inaridite.
Fiori di ricordi sono belli,
si sciolgono in bocca dolcemente,
tingono di colori i giorni lenti
come raggi rosati del tramonto
che assomigliano all’alba.
Fedeltà in amore
bloccare con le dighe
flusso di sentimenti
che scorre verso il mare.
Mal d’amore
L’amore
ha occhi per vedere
più a fondo
di apparenze
ma manca di pensieri,
dona il controllo al cuore
coi palpiti, Il processo
penetra il mare,
non si ferma a guardare
le stelle marine e coralli,
tra posidonia ed alghe
tasta con mani nude
specie celate incognite
col rischio di morsi
e di spine.
Si lascia toccare
da spunti sottili
goccia a goccia
stillando dolcezze …
Un qualche sole acceso
tende a svegliare palpiti corrosi
come pensieri alieni
conduce mal d’amore.
Novembre
Novembre scorre grigio
come la cantilena
di camini,
il cielo abbraccia i campi
dove giganti nudi
accolgono gli stormi
stanchi di uccelli neri,
dà spettacoli il sole,
un qualche raggio
tenta,
la tenerezza d’oro
si congiunge
ai colori pacati del tramonto
ed accarezza
coi capelli bianchi
la fronte di un bambino
come l’alba
che tinge il sole
di capelli d’oro,
agita il vento giochi
dei nipotini allegri
al vecchio stanco
tra sfolgorio di foglie
come sogni
caduti dalle mani.
Il Duomo e il campanile di Messina
Il turista che lascia il continente
varca la soglia dello stretto
e incontra Zancle dal sapore greco
che lo prende per mano e lo conduce
tra le pagine nuove ricomposte
dalle ferite infitte
a suo splendor, sciagure
di guerre invasioni terremoti
fino a sfiorare più recenti lutti
del sisma e della guerra.
Il Duomo parte da lontani tempi
di bizantini, affronta
secoli di storia e smarrimenti,
omaggiato, ferito poi risorto
aprì le porte agli arabi invasori,
subì la metamorfosi di culto
fino che fu redento dai Normanni
e arricchito di pregi e di strutture.
Oggi il tempio risorge colorato
di tesori sottratti alle rovine.
Gli occhi posati sull’Acquasantiera
invitano il turista a sorseggiare
un passo dopo passo
le tre navate cariche di nicchie,
l’organo che è vanto di Messina
rende spartita l’armonia di toni.
Reggono i leoni le colonne
con le statue di Angeli e di Santi
ed i portali carichi di scene,
il baldacchino ricco di ornamenti,
l'avvenente mosaico bizantino
e la Patrona cesellata d’oro.
Fuori dal tempio il campanile dona
allo scoccare
mezzogiorno in punto
la sua quotidiana meraviglia
agli occhi attenti di visitatori
che abbracciano le note musicali
che dalle logge intonano
una musica sacra in sottofondo.
Apre lo sfondo il segno del leone,
lancia il ruggito agli occhi
di cellulari accesi
e delle telecamere, le scene
scorrono lungo i fili dell’attesa.
Passa il gallo dorato getta il grido
che si perde lontano sulle strade,
ricordano le scene di coraggio
Dina e Clarenza,
nell’altra loggia
la Madonna accoglie
i quattro ambasciatori
e consegna loro la missiva
legata da una ciocca di capelli,
le quattro grandi feste religiose
girano nelle nicchie,
Gesù risorge e s'alza dalla tomba.
Da riquadro storico si affaccia
il ricordo dei Vespri, suona ancora
l’Avemaria, una colomba vola
intorno al suono
e dalla roccia appare
la chiesa di Montalto.
Segue il susseguirsi della vita
disposta in cerchio come le stagioni,
parte dall'alba fino alla vecchiaia.
Il corso di una bica
trasporta i giorni della settimana.
Lo scheletro che miete con la falce
chiude il disegno.
Il canto delle immagini
brulica di fervore religioso,
intenerisce il cuore di turisti
che leggono nei versi delle logge
tutta la straripante fantasia
che già dai primi passi
avvolge questa isola incantata.
La chiave
Sulla salita impervia
dove la vita andando
a passi lenti
sugli scabrosi anfratti
si sostiene agli arbusti
per non precipitare
prendo per mano
scarti di pensieri
e mi avventuro
nei labirinti
delle notti insonni
dove forse il silenzio
può aiutare
a trovare nascosta
in qualche senso
la chiave per aprire
la porta del mistero,
Il buio non aiuta
ma gli occhi delle stelle
lasciano intravedere
dietro riflessi muti
ciascuno nella stanza
piena di luce
chi ha dipinto amore,
Nell’altra stanza
chi ha venduto il cuore.
A mare aperto
La nave della vita
fu sorpresa
da vento teso
che matura l’onda,
perciò sciolse gli ormeggi
e prese il largo
per affrontare i torti
a mare aperto,
combattuta dal vento
alla deriva
offrì il mascone all’onda
nell’attesa …
e l’indomani il sole
entrò nel cielo azzurro
a illuminare
i torti e le ragioni,
tutte le navi in rada
andate a fondo
scoprì, la nave reduce
soltanto
riprese la sua rotta
verso il porto.
Il canto di un pastore
Navigare sull’orme
di aliti contesti
fino al cuore,
incorniciare amore
sulla tenerezza di boccioli,
dare spazio al profumo
come sogni
di fiori che ridesta
il sole dolce della primavera
col suo tepore
e carezzare candidi boccioli
infondendo sorrisi
dentro i piccoli cuori …
così l’amore tenero
interdetto
da gocce di veleno
valse a perseguire
fino alla croce il canto
di un pastore.
Attutisce settembre
Il tempo si colora
come l’aria
di chi ha cresciuto i frutti,
il contadino
postato sulla soglia
s’inonda di gioia
leggera,
attutisce settembre
il canto dell’estate,
gode verde pacato
la campagna
e tiene fiori accesi.
Settembre al mare
l’ultimo tepore
un qualche vento
anima le onde,
rigetta dalla baia
i tripudi loquaci,
l’acqua che odorava
di abbronzanti
ritrova la salsedine
del gusto,
la sabbia frastornata
dalle cicche
di questa civiltà,
l’insulto di rifiuti
che seppellisce odori
lascito di agosto
attutisce settembre
con qualche pioggia
è l’armonia del sole. Selinunte Selinunte abbraccia l’incantevole mare che lambisce i reliquari delle voci antiche come un canto lontano di sirena. Nell'ampio spazio resti di colonne riposte in piedi sembrano custodi di un vecchio cimitero di giganti. Il passeggio tra ruderi conduce un silenzio che invita a soffermarsi su stive piene trapelanti genio. L’invasione punica del sito mortificò la luce del sapere tramutandolo in centro commerciale. Allora come oggi ai nostri tempi vince il senso grezzo del denaro di barbari invasori contro l’arte. Il progresso avanzato ha denti aguzzi e si spartisce complice il bottino. Ma il grande centro antico sottomesso all’incuria ad oltranza delle genti a distanza di secoli e millenni è sempre in piedi pronto a sbalordire. Superstiti che sembrano immortali della guerra eterna contro il tempo sfidano i passeggeri del futuro con i moderni di gitali accesi fra le file di resti incolonnati lasciando loro un qualche sentimento. Aria di vacanze Questo sole di maggio rende gemme di fiori, nei miei pensieri accende un sole che conosco e sembra mi conduca dove toccavo l’avvenire incerto con le mani dei sogni, mi copriva di raggi per scaldarmi quando il mare mi tratteneva a lungo con le sue braccia fredde, cui però non sapevo rinunciare. Il cuore più veloce dei pensieri deforma il tempo tocca preludio aria di vacanze, la spiaggia gremita di ombrelloni, fruscio dell’onda dolcemente culla a questa età che sale lungo le vertigini del tempo. accarezzo la sfera di cristallo, si muovono dolcezze dentro il vetro e brividi di freddo sulle spalle. La Fede Carezza il mondo con le mani giunte, vacilla nei deserti della vita dove non cresce oasi d’amore, si leva lungo vicoli scoscesi, nei dirupi profondi come un canto più forte degli abusi. La fede apre la porta a spazi immensi nella stanza chiusa, consente a rami nudi di sognare che aspettano tremanti in mezzo al gelo il verso dolce della primavera. Sei dolce mamma Oggi è giorno un speciale si festeggia il bisillabo dolce dove l’amore abbraccia il sogno di un bambino. Arrampicato agli anni apro più forte gli occhi del pensiero e spolvero la nebbia della cima, con l’orecchio accostato agli spiragli seguo il tempo che corre, l’attesa mi trasporta ad origliare dietro l’uscio socchiuso c’è qualcuno che agita la pelle cresciuta oltre misura che si tocca con le mani del cuore. Sei dolce mamma! Scendo gli scalini e mi conduco agli anni delle prime parole con gli occhi presi ad ascoltare fiori di ricordi sbocciati sempre vivi. Sei dolce mamma guardo la tua foto accostata ad un lume di candela, c’è un silenzio affollato di campane, dalla finestra chiusa guardo il cielo. Caro monte nei cari luoghi dove giocavamo tra pendici a bisbigli di bosco col silenzio ti trovo con la schiena scorticata… e sangue di terriccio cola a valle. La neve si adagiava fino alla verticale barricata dell’imponente picco, ora si ferma sulla piaga mozza. A basso, tra le macerie della tua sconfitta si ergono gli ammassi di tritato… e il sole piange come un poeta malato che più non trova fantasia di versi. Il tramonto sanguigno tra le nubi pare che covi fumo di vendetta… amaro paesino nella valle! Il buco nero Il pensiero ha occhi per vedere e gambe lunghe, non risiede assorto, lascia il tutto sospeso, s’allontana di questo sito come rami spogli dell’autunno dove imperversa l’avvenire freddo, ripercorrendo vicoli dove ho lasciato sogni il sole inciampa in qualche buco nero perciò abbraccio la Fede unica speme in questo campo di peccati intenso dove il pentimento sembra che sia l’ultima ragione. Corre la vita Corre l’inverno saturo di anni rappreso da fuliggini del tempo coi ricorsi al silenzio del dolore lo strazio acceso delle notti insonni ad ogni passo che diventa luce a meditare grumi di memorie si affastellano onde di ricordi racimolate lungo le pendici dell’ascesa degli occhi verso il cielo. Resurrezione L’agnello condannato a furore di popolo a diventare vittima delega gli occhi a piangere sul male, sangue innocente interagisce a pianto, riflette, insiste, replica lo specchio oltrepassando artigli, a misura di tempo si ravvede la sorella in disparte che non tocca l'ebbrezza della giostra, nell'isolamento del rifugio indossa un vestito di pace, e il lupo si può accarezzare con le mani di San Francesco, perciò la Resurrezione consente al mondo di durare. Passa Aprile Alba su mare affiora guizzano raggi d’oro il prato si fa bello scintilla di rugiada passa aprile vola sulla campagna vestita di germogli e foglioline tenere accarezza coi versi come un bacio accende fiori copre l’erbetta tenera di trapunte vivaci, intenerisce l’ugole di rami di concerti e pagliuzze, abbraccia i campi dona a tutti fiori, fiori fiori fiori passa aprile. Via Crucis Questo freddo silenzio di campane conduce a rivedere la salita a monte del Calvario, il sentiero che accosta altri contesti seminati nei Lager della storia dove la penna scardina il foglio delle efferatezze, trascorsa l’onda anomala ogni abuso conduce al pentimento come una resurrezione … Pentito il passeggero si ravvisa, resta solo il colore della Croce che illumina il dolore. Perciò il dolore vince contro il male. Etna Figlia di Gea e Uranio immortalata da Pindaro, Callimaco e altri allori affascinati della sua natura bella selvaggia, fece da paciera nella grande contesa di giganti quando al tempo di miti si spartirono il mondo. La benigna Ninfa seppe attutire tutte le discordie consigliando un ufficio grato a ciascuno degli irosi numi. Demetra amava i frutti e la natura essa acquisì la terra in suo potere, Eolo prese Lipari perciò poté soffiare sulle onde nello spazioso mare, come la fantasia del gran poeta che regalò a Ulisse tutti i venti rinchiusi dentro l’otre, Efesto fu sovrano del cratere dove urla rinchiuso il gran Tifeo che scuote il mondo, grida coi boati e rutta fumo, lava, pietre nere ancra oggi Mungibeddu Etna si affaccia su piedistallo, abbraccia l’orizzonte con la veste di neve che scintilla, e porta il vento un alito lontano che odora di ginestra. Sogni di fumo soffoca il respiro, si sveglia ed accarezza con le mani di fuoco le pendici, villeggianti si mettono in cammino di fianchi impervi. L’Etna regala tra sterpaglie spinose precipizi macchie di fiori belli. Il cuore di Vulcano pulsa forte, incute sensazioni all’infima statura di passanti sotto il freddo che sferza e cascate di fuoco mozzafiato davanti ai flash increduli dei digitali della meraviglia. Magma incalza, scorre lungo i fianchi, si incanala, irrompe nelle valli un fiume in piena, assale borghi sparsi Sotto il disegno d’oro delle stelle. Non si finisce mai annoverare tutte le acrobazie di Monte Bello. Suggestioni restano filmate nelle memorie di telefonini e sostano immortali dentro il cuore. Dove vai uomo? Uomo estratto di pensieri e di parole che acquistano dirupi e incombenze intento a travasare luci ed ombre. Uomo incontenibile predone cane infedele a mantenere il patto che ti ha preso per mano nonostante Giuda abbia tradito, uomo che calpesta le briciole affamate, naufrago aggrappato alla carena della nave sul mare della vita, ancora uomo arrampicato al cuore del talento sui gradini avanzati capace di toccare la pelle delle note dell’intricata rete con la mania selvaggia di profitti sordo accostato a voci del mistero stai strappando le foglie alla natura, oggi è pensoso il mare rigetta sulla riva le tue incurie l’ozono intasa il cielo fermati e rifletti, dove vai? non aspettar che chiuda gli occhi il sole. Fumo di sogni Il mio cuore ha un angolo segreto dove un qualche sogno che non è proprio sogno fa sbocciare sogni nella stanza di fiori dove profumo dolce mi commuove. salgo nel cielo a fabbricare stelle, cadono scintille ci si illude di poterle afferrare. Questa magia del cuore che gioca con i versi toccando con le dita attimi di parole abbraccia la dolcezza con gli occhi chiusi, per paura del buio della luce che cancella, lascia fumo di sogni nella stanza. Dafni Seguendo il verso della carreggiata che parte da Messina per Palermo, il pensiero affacciato al finestrino incontra il pastorello vagante in mezzo al verde con le note della poesia campestre, e la zampogna e accompagna il canto. L’armonia alle fanciulle tenere di baci conduceva dolcezza, Echemeide non resistette al canto, corrisposto l‘amor nacque l’idillio che defluì al solenne giuramento. Ma l’arte del cantore ancor si spanse lungo strade fiorite a suo passaggio ad invaghire cuori e sentimenti, così raggiunse il regno di re Zeno. Alla corte fastosa del sovrano destino addusse il dolce pastorello già legato dai lacci dell’amore ad invaghirsi anche di Climene, incantevole moglie del sovrano. Nuovo raggio confuse raggio antico più forte il cuore contro la ragione illuminò la stanza illuminata … l’amore è la magia di una mistura l’uomo che la beve segue il cuore, l’amore forte supera il peccato, tra Dafni e Climene nacque amore e l’aria dolce accompagnava canto. Ma l’intrigo dischiuse lo spiraglio entrò la luce nel segreto idillio, La dea furente madre della sposa, la potente Giunone il pastorello pagò il peccato gelosia d’amore. Povero pastorello senza luce vagò nei campi Dafni cantando, e dalle note amare scaturiva la natura bagnata del suo pianto. Egli sentiva verde intenso e cielo solo nel buio muto, senza luce negli occhi più non contenne la malinconia di seguitare la dolente vita. Povero pastorello disperato, il mare blu accolse il suo tormento e lo inghiottì con l’onde. Pianse Mercurio il suo diletto figlio, immortalò sul mare la sua sorte trasformandolo in pietra. Accarezza il pensiero quella rupe del turista che guarda ed intravede nel blu marino che scolpisce l’onda il cefalo di Dafni che piange e convertito in roccia ascolta il vento che si protende sull’azzurro mare. Erice Quando il treno del tempo che conduce dove gli occhi dietro finestrini scorgono il borgo arrampicato al monte di minute stradine acciottolato non si può negare una fermata alle stazioni che aspettano l’arrivo da millenni. La grande Ilio distrutta risorge in questo sito pitturando l’ardire del gigante eponimo del monte che osò sfidare Ercole. Erice immersa di silenzio antico esce dalle voragini del tempo abbraccia i bordi della fantasia coi versi belli del esimio vate che corrono sul tempo come luci colorate di fascino e di attesa. Erice venne ucciso ed il suo regno aprì le porte a reduci di Troia Enea pianse immortalò Virgilio il vecchio padre Anchise che giace qui sepolto dai millenni, e locò un tempio alla divina madre consacrando il monte alla bellezza. Il pozzo antico usato dalla dea per i suoi bagni è immerso nella nebbia rosadolce fino dalle vertigini del tempo e conduce fortuna nell’amore gettando dentro il pozzo una moneta, ora giace negletto abbandonato di questi tempi dove la vita ha perso oltre l’amore la dolce fantasia dell’imprevisto. Battesimo Da sul quaderno bianco della vita quando abbracciai la pietra miliare mi tenne in braccio e piansi l’uomo nero eresse le torture, ma l’angelo che prese i primi passi mi segue ancora su scoscesi anfratti dove il sole anima di colori il suo declino, sento il fruscio dell’ali una strada alberata di candele illumina il cammino la Fede bianca che prende per mano. Estasi d’amore Il senso della gioia si sublima nel miracolo vivo che nasce dal dolore, si trasmuta in essere il sentimento amore con l’armonia del cielo che corregge il corpo di una donna per cura di vagiti ottemperando nessuna metamorfosi della parola amore dove inizia l’idillio col bisillabo dolce che compare sospeso nella bocca di un bambino. Libertà Ho ravvisato la tua immagine arroccata da un muro di vetro, ho martellato coi pugni di rabbia le bitte, il timone, gli ormeggi, per poterti afferrare, ho strappato la pelle alla terra inzuppata di cocci di vetro, ho inalveato il mio fiume verso il tuo letto per confondere le nostre acque, ho bruschinato le ingiurie del peso come crespe sulla mia fronte con la spazzola delle illusioni per condurti alla quintessenza, ho cecato gli occhi del giorno per nascondere il buio del cuore, ho coltivato nel libro dei sogni cristalli di stelle per regalarli ai tuoi occhi, ho investito le suole dei piedi per deserti, per nuvole e mari, ho contato gli occhi, buttati come sassi sulla mia pelle, ho consumato tutti i pensieri... ma sono arrivato troppo presto quando non eri ancora nata perciò non ho potuto abbracciarti. Un pensiero povero Coi versi come paglia per sfamarsi si posava col capo sul cuscino, travestito di piaghe accattonava briciole di cuore, si plasmava le pene degli insulti del tempo come l’illusione dell’amore. Il pensiero povero col cuore come un cielo dileggiato da nubi grandine echeggiava come scroscio di risa sull’asfalto tortuoso della vita senza pioggia di lacrime, offrendo agli occhi sogni e castigava il cuore stressato da macerie versandosi nudo in un bagno di cenere. La tua mano Un pensiero nascosto dietro il tempo ha aperto una voragine, ora che il peso incombe sulla notte si dilania il velo che protegge dalle intemperie, dovrei sentire il buio fino al cielo, ma c'é un silenzio, accende una candela. Sei come il mare, l'onda che accarezza la solitudine della sabbia affollata di ombrelloni ha cancellato anche le orme di parole, è rimasto il sorriso dolce soltanto e la tua mano col brivido che sento fino al cuore. Segesta Nella terra magica che dorme accovacciata sopra le pendici il libro di programmi va lontano dove il tempo carezza suoi tesori, guarda la vista arrampicata al monte sulla pace dell’erba l’orizzonte, il teatro greco di Segesta di scalini scavati nella roccia s’inerpica sul monte, dal castello scorre lo sguardo allaga il panorama che si spinge sulle campagne verdi fino al mare e si confonde con l’azzurro cielo. Dietro la solitudine di colli coperta dalla sabbia di millenni la città degli Elimi scopre il tempo sotto il tetto profondo della storia e mostra ancora avanzi della mitica guerra dei troiani. Segesta dorme con le antiche genti dei primi albori. vide fiorire primi insediamenti, guarda fuori con gli occhi sconcertati dai flash delle foto, e segue i passi di ogni nuovo secolo che avanza. Qui si respira immersi nel silenzio tutta la solitudine selvaggia che accompagna la storia. Il pensiero che tocca con le mani i ruderi del tempio tra le valli si stupisce vedere sempre in piedi le colonne lanciate contro il tempo che gli spolvera secoli di vento, e continua a volare nella valle con l’ali aperte tra colonne antiche dove lo stile dorico prorompe, a respirare i secoli di storia scagliati dal silenzio sul presente. Stupro Un fiore sbocciato appena col sorriso dolce di primi raggi della primavera preso dal vento gelido vide appassire petali, soltanto restò una nube che nascose il sole, ma era bella, visse come un fiore imbalsamato con gli occhi vuoti e petali smarriti tra le pagine chiuse di un libro senza storia. Lontananza Nel cielo del tempo brilli sotto le ceneri diamantina intatta dietro gli anni, un qualche filo ancora allunga il tempo fino alla penombra che si staglia su questo rimanente rettilineo, s’affaccia dai banchi di scuola dietro un sorriso, tende del teatro sono sospese agli ultimi rintocchi, il pubblico annoiato lascia il posto ed io su palco incorro contro la solitudine delusa, unica tu fedele stella dolce scolpita senza ombre splendi di luce della lontananza. Siamo noi nelle curve di cielo oltre i mondi dove nuota il pensiero alla ricerca di un alito di luce che si perde trafitto dal mistero, siamo noi che disponiamo il carico di bene inalveando somma di proventi dalle origini antiche ai giorni nostri. Ora tutto l’ammasso tramandato stentiamo nelle mani col talento crivellato degli uni contro gli altri fino a squallido buio degli orrori, perenne disgregarsi siamo noi. Piuttosto che Piuttosto che accecarsi contro luce abbagliante della Fonte meglio spiare effetti del mistero dentro gli occhi di un fiore nel giardino. Introspezione L’anno nuovo mi ha portato occhiali ed uno specchio perciò oltrepasso nuvole di tempo, mi fermo a carezzare qualche foto, mi intrattengono gli occhi di un bambino che non conosco. Non so chi era che intraprese la strada che percorro, vederlo scorrazzare su filo di pensieri non mi aiuta. Allora mi domando io chi sono? Domani non si vede nascosto dalla nebbia conta ieri partito da lontano, ma è troppo lungo. Dividiamolo in tratti di cammino a partire dai banchi come biada che guidano la vita al meccanismo degli itinerari. Progettavo intese con il mare, la scia abbandonata di gabbiani conduceva i miei giorni cielo e mare con le partenze accese e la valigia pronta a ricorsi dello scalandrone … ma il tempo non transige, e lo specchio di guardia che riflette affolla di candele la mia torta, allora spengo un altro compleanno, nascondo gli anni dietro i miei pensieri e domando allo specchio, io chi sono? Sono soltanto un nome, un lume acceso a corto di petrolio, una data contesa da due cifre … ancora mi domando io chi sono. Certo che esiste! Un fiume fugge altezze dove nasce da un pianto di nevi si versa nelle valli a precipizio corre finché non si congiunge al mare. La vita fugge a precipizio sale gli scalini degli anni, lo sciabordio fugace della foce rende l’ultimo tratto che si congiunge al mare. Ma il fiume esiste ancora in mezzo al mare? Certo che esiste! Il sole e il mare Sono artefici pronti a tutelare il gran disegno o Padre! Mentre beviamo ingrati il tuo sapore. Le vele del pensiero Vele del pensiero navigando nell’infinito mare che congiunge palpiti momenti come un filo sottile fino al cuore. Note di Natale suonano ancora oggi illuminati dal profumo di un sogno che ha percorso lacrime sentieri incarnando l’essere divino nelle vesti mortali per tastare i peccati con le mani. Il presepio Candeline accese nell’aria di ricordi ardono, il presepio di figure di argilla fatte a mano e l’erbaspina delle campagne folte di cespugli cantano dolcezze delle serate insieme, e l’armonia dello zampognaro scintilla sulle note delle cantilene di bambini. I doni erano arance, fichi secchi e qualche mela … Oggi sguazza il progresso coi suoi toni senza forza di cielo che conduce scandisce solo frenesie di doni. Messaggio di Natale Stupore una stalla in mezzo al cielo un posto grande all’umiltà derisa e suntuosi artigli giocando col dolore non incontrano fiamma dolce antica ma freddo e luci spente dentro il cuore. Danza Spande giocose trecce una bambina sospesa dalle dande i primi passi tentenna l'alba aspetta la festa dell'amore primavera i messiticci rompono le zolle... corre la vita inciampa contro i sassi sonde mirini attese allunga i passi per arrivare prima al suo solstizio… cala la sera l'ultima stagione mutolo spleen di spogli piange foglie l'autunno il pianto copre la terra intirizzita e l'anno muore… dietro il cancello sugli avelli bassi suonano i sepolcri decorati le pietre morte lisce riflettono nel campo di silenzi l'eco insciente dell'ego trapassato. Non credere I tuoi versi giocavano a scalare le pareti ripide del tempo ora giacciono in campi di candele respirando l’anima dei monti... non credere alle bugie del sole che splende sulle nevi gelate, le pagine impresse di memorie contano soprusi, l’urlo di valanghe, e sacre imprese di angeli provetti come il fiuto di cani buoni parlano più forte delle sfide, la montagna sa essere crudele. Il privilegio Animosi cavalieri in cima al monte percepiscono le ingiustizie sociali, ritengono sia necessario dare alle famiglie povere un sorso di sussistenza, tutti riconoscono l’errore, ma nessuno vuole correggerlo poiché la correzione abbassa il livello del monte... Chi detiene fondi nelle mani, non è disposto a cederli perché all’uomo non basta essere sazio, vuole investire a fondo di favori che rende luce di riconoscenza per soggiogare adepti fedeli come il benefattore che si guadagna il posto che detiene politicante o altro che conquista con la spesa irrisoria il privilegio. Sirene di pensieri Sento scintillare il rosso di un dolore su una lacrima tenera cadente coi piedi intirizziti su lastrico gelato di questo inverno, non lascerò il tuo cuore nel deserto di sabbia di parole, l’oasi d’amore è un giardino fiorito che ti accoglie, volteggiano sirene di pensieri con ali di farfalla, luci fantasmagoriche di stelle, un vento amico spalma onde di miele coi versi come petali di una poesia di fiori, perciò rifioriranno le ferite che hanno attraversato il tuo cammino. Rimani un sogno Non scendere dall’alto di un pensiero che agita la mano, non piantare un fiore per colpa di un sol raggio nel cuore dell’autunno sulla strada del sole chiedendomi un passaggio, non andare con gli abiti pesanti a sminuire la differenza con la primavera, in amore dare e prendere sono confusi dalla stessa sensazione di luce, io sono a tre quarti di cammino smettila di aggredirmi tu che sorgi è troppo azzardo percepire il sole. Nella traversata di questo impervio monte cui fa capo lo scivolo del tempo il proseguire incerto cerca l’ausilio d’ali per seguire l’ascesa sulla cima. Il condannato dietro le grate della cella che aspetta la sentenza del tramonto preso dal senso antalgico di toni che svolge il sole quando radia di rosa l’orizzonte, trova l’illusione dell’istante in qualche sguardo dolce che carezza come l’autunno l’oro delle foglie prima di scomparire nel frammento analitico del quando. Novembre entra coi piedi scalzi e coi pensieri fermi sui filamenti d’oro della soglia con le mani del sole che accarezza le foglie dipartite che presso ceppi aleggiano col vento e folto di pensieri presi dai rami spogli come fruscio loquace senza voce accostano pacate sintonie come la vita dentro il cuore tenero del mondo che l’amore protrae oltre la sorte. Il canto dell'autunno Senti nell'aria il canto dell'autunno… scorre malinconia del tempo bello dei germogli bambini e primi fiori … il vento porta lacrime di foglie traspare un qualche sole carezza coi palpiti d'oro la noia di campi tosati che sognano l'onde di grano, la vigna si sveste spogliata dal peso dell'uva nei tini risponde una rosa matura con gli occhi che implorano il cielo e petali rossi d'amore. Lutto Sotto il tetto di un giorno profondo il freddo scorre all’infinito mare non affonda tra gorghi ma depone detriti sulle sponde come un qualche dolore devoluto al vuoto del cammino torna portando in braccio nelle notti gelido sinibbio di memorie… lenisce il tempo vista di confini che l'orizzonte trepido profeta. L’illusione dell’amore Il tempo ha scritto una poesia che sfocia nella pallida gioia di colori che l’autunno semina nei campi, i versi che escono dalle grate della realtà tornano nei ricordi ad ascoltare sprazzi di cielo limpido quando la primavera carezzava i sogni con le mani. Ora s'affaccia inverno col rigore, il carico di sole maturato con la spesa degli anni è un prezzo troppo alto, non è gratificato dalla merce quando i piedi che hanno imparato a correre ora hanno bisogno di stampelle per reggersi soltanto, le dolcezze di oasi d’amore che tornano le notti morbide come i raggi della luna sono le illusioni dell’amore. L’amore non si cancella Pioggia dirotta cola dietro il vetro degli anni, un arcobaleno rimasto vivo a un pianto sospeso a una dolcezza negli occhi delle notti ora scintilla, amaro é mutamento che denuda il senso dello stelo quando non regge il fiore … i passi leggeri dell’ispettrice con la candela accesa che contesta, non intralciano tinte acquisite nella stanza vuota come un caleidoscopio che rende vivi cocci di cristallo … l’amore non si cancella, oltrepassa gli avelli fino al cielo trova riscontro oltre l’altro sito come brividi dolci sulla pelle. La Fede Quando il giorno odora di carta bruciata fino all’ultima lettera colano precipizi di memorie negli occhi di coloro che acquistano le notti renitenti, nei dormiveglia tingono l’ombre raffiche più intense come un vento sull’onda che conduce il cuore ad arenare nel deserto dove non si trova un qualche sorso per disincagliare allora abbraccio il lume della Fede che vede sempre dove non si vede, ma non si scioglie il nodo che lega le radici del mistero perciò prego Qualcuno di aiutarmi a sollevare il peso. Riflessione Sul cuscino invaso di congerie mi affanno a cercare la chiave del nulla senza porta a concetto di tempo che nega l’eternità perché non é mai iniziata. A richiamo di nomi senza volto il nimbo di un fanale suggerisce frequentare la scuola di tendenze per superare gli esami. In nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, ovvero in nome di Dio dell’uomo e dell’amore (suona più verosimile la rete). Ma se l’amore non fosse amore? contesta il senso un coro di candele, ma baluginare di provette nel grembo sgombro di colori, ovvero nel cerchio di ghiaccio dove non si posano gli uccelli accentuano il corso di certe deluse domande. La partita Nel campo della vita giocano le stagioni, il sole soffia raggi fa l’arbitro venduto non fischia i falli all’ombra nell’aria di rigore, vigila solo il lato del tripudio dove la primavera accende fiori, cresce smodato accende il cielo che matura il destino di sogni, e scivola man mano verso il mare… entra l’autunno spoglio impallidisce il cuore qualche sorriso inganna la campagna come per consolarla di pensieri di qualche amor che sbatte contro il vetro del tempo e si fa male, conduce il vento acciacchi, pioggia, gelo… e la neve fantastica ricopre come un lenzuolo bianco la partita. Lacrime di stelle notte acquamarina di cristallo brividi di mare nel silenzio pellegrini esuli sfrattati alla ricerca di un mondo buono. Fiori di stelle tremano, sono pietà del cielo su respiro del mare che culla raccapriccianti scene sul chiaro della luna, guizzi sognano ardenti su tremore che gioca col fruscio dell’onda nuda che scivolando copre con le mani pietose la speranza. La condanna Il pensiero ha una mano ardisce fuori l’orbita assegnata di questo striminzito rettilineo, é stato un sorriso a incanalare accenti nel fiume calmo e farlo straripare fino al cuore, lo spazio che accarezzo é fuori la portata del tragitto tracciato dalle inconfutabili armonie, perciò la sentenza del giudice di pace stretto dal tempo verte contro il cuore e lo condanna in dolce di pensieri verso l’ultima curva a naufragare. Il nonno Dove riluttante acqua si versa nei pensieri profondi del mare non attenua la luna pregiudizi e gli acciacchi corrodono la vita, ma c’è un sereno, tinge l’orizzonte edulcora il tramonto di colori rosati come l’alba nella gioia di piccoli fiori con la manina tenera sbocciando che copre appena un dito regalano prime parole. Autunno La volta distesa é percorsa di grigi fluttuanti frammenti che coprono scoprono chiazze d’azzurro, s’addensano a bordi più spesse catene di nubi forate dal sole che filtra calando e cingono un lago di cielo che s’apre sprofonda nel senso sperduto del cuore, l’abete maestoso non teme l’autunno rimira la sorte del melo vicino piegato dai frutti maturi col vento che tinge le foglie e lascia pensieri sospesi al tempo votato al declino. Settembre Settembre attutisce la voce di agosto che urla e straripa spesso sfollando emozioni con qualche diluvio la sabbia affollata. Consegnano gli alberi buoni il frutto maturo al vento che sfiora le fronde, affretta roseto selvaggio la gioia degli ultimi fiori, la vite pensosa raccoglie il genio dell’uva nei tini, I raggi gentili attenti a scolpire le strisce di cielo sospese tra nubi leggere dagli orli impregnati di luce fendono tinte vivaci su verde di campi che accoglie confuso di aloni il canto del sole che cala, Lo stagno che gracida all’ombra raccoglie le foglie dorate col vento che fluttua vermiglie canzoni nel verde che brulica piano si stempera il sogno man mano nel folto di nuove visioni. Nel parcheggio del supermercato alimentare il carrello inciampa nello sguardo di bambini sudici che sostano sull’uscio come una legge del cuore cui si dona senza domandare... il passeggero col peso degli acquisti colma l'indifferenza versando sulla questua che insiste investita dall'onda della spesa il sugo dei pensieri. L’amore della pelle Nei pascoli del cuore escono da propositi gli agnelli l’erba si rinnova al gioco della pioggia che sostanzia di miele i versi belli, ma tingere di cielo le parole per coronare voluttà di sensi assetato di calice l’amore preso come progetto per coprire uno spazio di voglie beve il veleno nella coppa d’oro e s’addormenta o muore. Il giardino del cuore quando il freddo assale la montagna e lacrime raggela sulla cima coi pensieri rivolti al precipizio, come un bambino canta una canzone per trovare coraggio contro l’ombre mi rifugio, sfogliando i fogli della primavera nel giardino del cuore dove fiori cantano il profumo e colma l’aria gorgoglio di cori, ma l’orizzonte incredulo che passa accende luci all’alba, sugli alberi che indossano il vestito nuovo di festa leggo soltanto foglie inaridite. Gocce di luna Notte da capogiro, gocce di luna accese sulla pelle di un ricordo fantastico, guizzi sognano ardenti sul tremore che gioca sulla ghiaia con il fruscio dell’onda che copre nuda folto intenso scopre magico che si dona carezze scivolando tre le siepi dolci di miele, guizzi di luna dorata di riflessi come un sogno vivo di un momento che ritorna, e tuttavia si rompe contro i vetri dell’alba. Lune di sogni spenti di esuli migranti repressi, vinti, espunti... fantasie del male imboccano sentieri più forti di propositi spinti a non vedere mare mare mare soffocato di gemiti e agonie, l’onda che spuma batte non arriva sulla riva del cuore di voci alla rinfusa che eleggono il potere, si spengono man mano le campane mentre là sulle onde in superficie non si lacera il velo che abbevera i convogli dell’orrore. La ristrutturazione Un segnale arreda il palcoscenico, coordina equilibri, indice premi, e pone ostacoli per rendere più idonea la vittoria dei concorrenti, toglie persiane alle finestre perché entri luce nella stanza, e tocca gli inquilini nonostante il vestito che genitori indossano al bambino proponga la vista dietro un velo che copre notizie riposte nella valigia vecchia deformata dagli urti contro il tempo. O Signore nell’officina dove ci hai impiantato rendici il colore di tuoi intenti perché possiamo porre ciascuno un sassolino accanto ai tuoi per la ristrutturazione del tempio. Ascolta Maggio La natura si addobba di colori, il germoglio contagia sentimenti con le manine tenere, le zolle tocca il sole coi raggi del sorriso, fruscio leggero anima le foglie, incolte siepi donano gli angoli felici alla natura selvaggia, albe forbite su festose aiole sfoggiano al cielo petali di rose, cori coi primi raggi accende il sole si specchia sullo stagno impreziosito dal tramonto che cala si addormenta col concerto di rane che si fonde nell’etere sereno, sfoglia la sera una poesia di stelle, tutti vogliono vincere il concorso della bella stagione, la natura declama vincitori, ma fibrilla di questi tempi un qualche malumore di pensatori ombrosi sui fioriti rami del tempo… è la mosca noiosa che si posa insistente sul tripudio. Indifferenza Respiro l'odore dell'erba che si piega alla prepotenza del mio peso, stendo la stuoia sulla riva del lago affollato dove il sole soltanto non dimentica il mio corpo, un vento leggero assorbe l'armonia dell'indifferenza. Il discorso dell'amore non parla, si accosta a vociare contento di bimbi che si tuffano con lancio di spruzzi, malizia trascorre di nude ragazze allo sguardo che inventa canzoni sul corpo… ora il giorno è passato, nell'acqua si specchiano i sogni, il tramonto comincia a rubare qualcosa… un volo di anatra sguazza con palpito d'ali. La ragnatela La ragazza vestita di velo addolciva le corde del cuore con l’incanto delle parole sottili diffuse dal vento negli occhi che anelano amore. Scorrazzava su web col flusso di parole mielate, lambiva torrenti assopiti dal gelo colorando di luci il deserto con le stelle dell’illusione, ma fili celati dall’ombra all’alba del giorno che muore scoprirono raggi di sole come una ragnatela alle pareti d’insetti imprigionati da parole. La bolla di sapone Non scriverò più poesie d’amore, le immagini di miele sono un veleno dolce che annebbia la ragione, i versi che si addensano nel cuore di pensieri sono fiori di carta sono soltanto bolle di sapone ed io bambino che le rincorre per poterle toccare con le mani. Non lascerò mai più le tue parole giocare col mio cuore come riflessi giocano col vento … ma una bolla più grande colorata dal soffio di pensieri presa dal vento tenero venne a posarsi proprio sul mio cuore. Il tuo costato Le parole di miele che percorro sulla rotta tracciata da un pensiero mi conducono tra stelle cadenti dove sogni si possono avverare, ma le onde dell’alba che la sveglia declama sciolgono le note del cuscino nella bruma velata. Ora che incombe il peso delle ombre per rimuovere il velo e scoprire tra sussurri di fronde il vento dolce che spinge verso nuove primavere ho bisogno toccare il tuo costato. Amore Le parole non colgono il messaggio si agitano alla ricerca di un suono più dolce, non toccano la tenerezza, i palpiti, il delirio confusi dentro un brivido. Gli occhi si colmano di luce, si fondono le labbra, volano accenti sulla tastiera soffice di toni, le mani messaggere nei reconditi spazi sfiorano le altitudini... il pudore si spoglia dei cancelli e mi lascia entrare nella stanza dove risiede il dono di te stessa. Glauco e Scilla Amore é fiamma libera che arde, amor corregge il mondo, per amore lo sfida e teme mai l’avversa sorte, ma la sorte condusse il pescatore figlio del dio del mare Poseidone a innamorarsi di fulgente ninfa che bagnò di sciagura la sua sorte. Glauco trascorreva il tempo dolce, sulla sua barca trastullava l’onde ed esultava alla guizzante preda. Un giorno ritornando dalla pesca pago del suo tramaglio svuotò la rete sulla chiazza verde di un’erba misteriosa, il pesce moribondo a quel contatto diventò serpeggiante si ricongiunse allo spumoso mare della battigia, Glauco a quella vista venne invaso da sentimento atavico, rimasticando l’erba della riva le squame gli coprirono la pelle una membrana gli legò le gambe, poté nuotare a lungo negli oscuri misteri di fondali senza subire il peso del respiro. Il mutamento in essere marino attrasse Ovidio che diede al mondo versi dell’incanto… Guizzante lesto nell’azzurro mare scoprì il tritone l’avvenente Scilla mentre sguazzava nuda scintillante di sole e di poesia, la bellezza gli prese gli occhi e il cuore, di lei s’innamorò perdutamente e la seguì sull’onde e sulla riva. Per conquistare la sfuggente ninfa fece ricorso alla divina Circe regina degli inganni e sortilegi, confidando alla maga le sue cure la supplicò di sopperire incanti. La maliarda che Odisseo condusse tramite i versi dell’inclito Omero ai nostri giorni, si invaghì se stessa dell’uomo pesce sentì sì forte bramosia d’amore ed attuò le arti per sedurlo, contro le pietre dure divenne incommestibile l’afflato e Glauco rifiutò il trattenimento presso l’estasio della sua dimora. La gelosia crudele, amara prese fortemente le redini del cuore della perfida dea scaglio l’invidia sull’avvenente ninfa senza colpe trasfigurando la leggiadra forma in un mostro marino spaventoso, e Glauco triste sconsolato accanto come l’amore libero si dona contro i veti che stringono il cammino. Tratto dal libro “Pennellate di Sicila”(Kindle Edition) Scilla e Cariddi Lungo la via del mare che separa l’isola al continente, tra le sponde alberga nel profondo degli abissi la Cariddi famelica che inghiotte le navi di passaggio. Il senno antico non trovando nel buio una candela vide mostri tra i gorghi, ancora oggi tormentano le acque dello stretto. Presso la costa sicula Cariddi sguscia dal fondo assalta i naviganti rovesciando coi vortici le navi, le risucchia dal fondo e le divora. La fantasia che stringe l’ingordigia col nodo insaziabile, condanna la bella ninfa trasformata in mostro figlia di Poseidone e della Terra in fondo al mare mai sazia di fame, accomuna la sorte dei peccati al divino poeta dell’inferno che condanna a scontare nell’eccesso, come pena più grande l’appagamento eterno delle brame. All’altro lato dello stretto, Scilla succhia con i suoi vortici le acque. Amara sorte colpa dell’amore pilastro immenso di tutte le trame, pena infinita avvolge amanti e crea guerre, tormenti, lutti, dissapori sconvolge sia gli dei che i mortali. Tratto dal libro “Pennellate di Sicila”(Kindle Edition) Brulica dolce amaro Brulica dolce amaro questo tramonto intenso magico che colora il mio cammino, lascia dagli spiragli della notte trasparire brividi di luce che allacciano carole a sorrisi di sole all’orizzonte quando l’alba accendeva le note degli incontri in riva al mare. Ti ricordi i nostri appuntamenti quando il fruscio dell’onda carezzava progetti seminati di mille coriandoli d’amore? Ora il mare ha sommerso tutti i sogni, é rimasto nell’acqua il tuo profumo e la malinconia impressa al sole che lentamente cala all’orizzonte come un ultimo bacio prima di scomparire in fondo al mare. Traghettando Il forestiero che traghetta il mare, s’avvicina all’isola feconda di cultura, di miti, di leggende, muove pensieri nei remoti antri vissuti dai ciclopi in profonde voragini del tempo, segue il passo di primi esploratori: sicani, siculi, fenici che conobbero l'arte della stella che insegnò la rotta ai naviganti e diedero principio alla trafila degli andirivieni. Mozia, Solunto, Lilibeo, Palermo, Monte Adranone, Erice, Mazara… sono pietre miliari sui sentieri percorsi dai cavalli degli albori di cui trascina l’eco la corrente del fiume che percorre la palude oscura di millenni. Il tempo non invecchia, diventa sempre nuovo, nel suo fluir trasporta sulla cresta ondate di ricordi a spettatori attenti sulla riva. Sicilia è agglomerato di sapere sepolto sotto ammassi di cultura, fa sentire nel cuore la sua storia ed invoglia a scavare nel suo grembo. Dal petto scarno di cattivi figli che esportano soprusi la sua mafia dirocca le frontiere, ma le virtù coronano il suo corpo di madre pia, le dilette figlie Agata, Lucia, Rosalia hanno spanso dell'isola il vapore, e vento teso che sopporta il peso del suo dolore scuote col martirio i cardini del male. Cara Sicilia la tua veste è adorna di cielo stelle sole monti mare e cosparsa di fiori di pensieri, sei convoglio gigante, la tua nave confonde il passeggero e lo conduce negli oscuri siti popolati di mostri e di sirene. Sfogliando i covoni una ad una raccontano le spighe il tuo sapore, ogni granello rende un libro pieno. Tratto dal libro “Pennellate di Sicilia”(Kindle Edition) Certe parole Certe parole sono una poesia che si scioglie nel web dove qualcuno attinge un qualche cuore. Gocciola dai pensieri un sentimento, l’estasi dipinge lineamenti che non mostrano rughe sulla pelle. La fisicità incontaminata diventa bella nella lontananza senza ricorsi a trame di castelli. Certe parole si svegliano al mattino sotto cumuli lievi di pensieri dove scavando nella palude incerta forse si raccoglie un qualche fiore. Aiutami a esplodere Mi sfiora amore palpita la pelle corre veloce nel silenzio forte asserragliato dalle congetture. Scopri la pelle più che dare al sole sulla spiaggia piena di parole provocanti mentre passo con gli occhi nei sentieri che trascorrono il corpo mi soffermo un po’ nel tuo sorriso, l’amore giace sterile compresso nella gabbia di vetro contro il sole penetra nel pensiero… non ce la faccio a contenere il tutto. Aiutami a esplodere! Alba sul mare Alba sul mare timida si desta e scintillante copre la pagina di flutti col sorriso tra i guizzi d’acqua azzurra essa s’indora spande coi pennelli tutta la tavolozza dell’orizzonte poi si prende il cielo indossa una corazza di splendore. C’è la parola amore Dove mondi si allacciano tra loro nell’armonia del cielo c’è la parola amore, insorge l’acqua limpida azzurrina un venticello ameno abbraccia il mare genera onde dolci come baci danzano guizzi d’oro della luna c’è la parola amore, nei colori della primavera arida pianta che ha trascorso il gelo abbraccia i suoi germogli sbocciano come fiori i sentimenti c’è la parola amore, nel tono umano coi capelli immersi nella fantasia dell’universo sogni sbocciati al suono della luna indossano il vestito della festa soffocati dal canto del mattino si lasciano sfogliare dalle mani della stordente melodia del sole, brillano all’alba gocce di rugiada dentro gli occhi del cuore… La voce del tempo mi sussurra un nome caduto da un qualche cielo che ho raccolto navigando nel web poi scomparso nel profondo mare dove però la mano delle notti s’immerge a rinvenire barattoli di miele rimasti ancora intatti nelle stive… dolce cullare nube di profumo sorpassare le insidie, le barriere, rotolare nei prati di parole, volteggiare di angeli e di fate coi vestiti di velo… ritorna se mi ascolti mio pensiero il letto vuoto ascolta nell’attesa il tono dolce delle melodie. Arcobaleno L’inverno avvolge gli ultimi gradini la pioggia ingrossa il fiume, le corde della vita sono tese contro la corrente che vuole trascinarmi alla cascata. Ora l’acqua è piena di detriti accumulati dal tempo della polla e ricorsi diventano frequenti a rattoppare pezzi sfilacciati, sembra che il cielo abbia chiuso i ponti e vento freddo intirizzisca, ma ecco d’improvviso appare dolce un arcobaleno di vagiti, allenta i fili veste l’orizzonte di colori dell’alba, e mi accompagna coi riflessi rosa. È tutto amore Marzo è preludio della primavera, il sole accende palpiti di trilli, contagia la natura di brividi di miele col magico sole che soffia sugli alberi spogli la primavera sogna prepara ai rami l’abito da sposa, é tutto amore ma c’è sempre qualcosa che dileggia la musica del cuore come la galaverna sui boccioli che tende a incorniciare merce interdetta e si trascina il peso lungo gli anni pesanti di cammino come una follia che strappa ai fiori la dolcezza. Scheletri d'amore Una parola estiva in riva al mare ritorna a questi tempi senza sole troppo scollata per sembrare vera, il verso irresistibile che scaturì dagli occhi di un sorriso della pelle nuda in pasto al sole l’inverno ha rattrappito lasciando il senso vuoto che fa male degli arbusti di spine senza rose nella solitudine del cuore. La navicella Guardo nel cielo le stelle d’oro sono diamanti brillano in coro, passa la luna giuliva e bionda guizzano i raggi gioca con l’onda, la prora scivola a navigare la navicella in mezzo al mare. Così è la vita nel suo cammino acqua lucente sorge il mattino, sul mare placido la navicella col sole tenero naviga snella, si sveglia un sogno guarda lontano la navicella vola un gabbiano. Così è la vita la navicella corre una nuvola copre una stella, frange la schiuma il cuor scontento s’increspa l’onda e soffia il vento, i flutti ingrossano si sbianca il mare la vita è fragile può naufragare… e sempre avanza vuole arrivare la navicella in mezzo al mare. Così è la vita scivola piano all’orizzonte tende la mano, naviga naviga la navicella in mezzo al mare con la sua stella. Naviga naviga tocca la sponda la navicella… e tace l’onda. Un brivido di sole Le parole non colgono il messaggio, si disperdono fragili naufraghe nel mare di tuoi occhi come una plaga incredula che specchia nuvole grigie ordisce il vento intrighi, agitarsi confuso alla ricerca che un suono dolce tocchi la tenerezza i palpiti il delirio… poi finalmente un brivido di sole illumina di luce i tuoi pensieri. Si fondono le labbra, volano accenti dolci sulla tastiera soffice di toni, le mani messaggere nei reconditi spazi sfiorano le altitudini… il pudore si spoglia dei cancelli e mi lascia entrare nella stanza dove risiede il dono di te stessa. Le coccinelle Quando cala il sipario sugli attori, silenziose gocce di lune innamorate varcano gli abissi del tempo e delle miglia, fanno capolino sulle labbra corrose. Posate sullo specchio dove il sole nascosto pesa l’ombre che tutelano quadri di valore, lambendo miele di dolcezze antiche destano un pianto dolce di memorie, cercano dietro il velo un qualche verso nuovo accanto a quelli vecchi custoditi, una pagina trovo sospesa non contaminata come un vuoto, rimasta sempre bianca nell’attesa, ma non è tempo di attizzare lumi… le coccinelle sostano indecise sfogliando l'ali prima di partire. Lo misero in croce Andava per i vicoli tortuosi visitava gli infermi e i detenuti coi piedi scalzi tra coltelli e chiodi cuciva i bordi e i frantumi franti, parlava con il cuore sulla mano, diceva ai ricchi fate carità... Lo misero in croce. Il mutamento Stordisce vagliare il mutamento di passi leggeri in giravolte impazzite di ali nella stanza ingombra di cristalli dell’ispettrice con la candela accesa che contesta le tinte acquisite. Il verso che srotola i fili con mani nervose subissa il senso dello stelo quando non regge il fiore. Gabbiani stecchiti sulla riva svela la luna, vacilla di morsi e di sogni l’amore, deforma il cuscino ma non tace, resta sempre aggrappato a un pianto dolce oppure a un pianto amaro. Il marinaio Vira lo scalandrone… la nave prende il mare, il marinaio lascia sulla banchina il cuore pieno, i frantumi di ieri si sciolgono nel sale. Il tempo corre lento a poppavia la scia insegue il tonfo delle pale… manca un quarto solenne, all’orizzonte si accende un faro… il marinaio beve un sorso d’amore al primo porto, gli scappa il cuore… Come nel ciel la luna la sua strada trova giocando a nuvola col vento ha binocoli grandi per guardare dietro i pensieri, vede la sua sponda e smarca i giorni all’alba… alla deriva sugli asfalti secchi ancora rolla anche senza mare. Effusione Non intravede essenze la tua effusione di sorrisi, sorpassa il muro, offre luce di sguardi e di speranze fino a dilagare oltre confini della naturale competenza, il tuo sole abbaglia il vicinato schiude l’uscio al tepore… ma non avverte il senso nel bagliore di braccia levate che aspettano un raggio più forte per potere passare in prima fila… perciò il tuo amore che passa dalla stanza affollata dei tuoi versi alla mia stanza vuota non mi consente di trovare il punto per sentirmi estremamente tuo. Caro maestro Tra le intercapedini di certe domande percorro il tunnel che conduce all'altra riva dove per approdare occorre togliersi i vestiti. A me non succede come chi fu lasciato passare portando la voce e l'inchiostro, così rimango fuori con l'occhio dietro l'uscio ad origliare sulla sonnolenza del cuscino, il senso che accede al traguardo solleva lo sfiorare con le dita di versi che si imparano a memoria, rifocillato da pietosi lumi hai voluto abbracciarmi avanti le mani incrociate… la luce del vuoto cancella il pullulare degli avanzi e cerca volti amici per colmare valigie di calore in vista del freddo che incombe. Riposa in pace caro maestro. Brividi blu Col vento in poppa dolce navigare, l’orizzonte si dona al dominio di binocoli grandi che vedono ad oltranza dalla cima degli anni tutto il mare, la fantasia rimuove i gorghi del passato, affiorano dal fondo disilluse oasi d’amore che la corrente strappa dalle mani, ma pagine affollate di dolcezze zampillano sull’onde, spiego le vele al vento mi porto presso i bordi del confine dove il sole ha nascosto raggi d’oro, ma una pioggia di stelle mi sorprende, brividi blu dirottano la nave oltre confini della fantasia. Il progetto la sorella che aspetta all'altra sponda incide sulla statura col processo che informa la realtà lampante, non sunteggia l'essenza di un pensiero, il peso di un rimorso, un sentimento… nasconde i suoi programmi dietro un velo con la complicità degli altri passeggeri al capolinea. Il forestiero passa inosservato compie il ciclo sotto gli occhi sereni della folla, il chicco seppellito nella zolla spunta la testa culmina man mano nelle proficue spighe, patisce il verso della molitura compie la metamorfosi e profuma su desco apparecchiato del progetto. Illusione L'impero di soprusi sta crollando, sogni voltano verso l'alba, guardano sotto zolle di sdegno l'onda che si scioglie dal patrio opportunismo dei predoni. Le gocce di grano sono forti di cielo, domani forse fiori nasceranno sull'orma di radici profumo amalgamando sulle sponde. Ora nel silenzio della sera Mentre il sangue scorre nelle strade stelle si radunano nel cielo dove rapaci lasciano il potere, si sente più forte l'incontro di sguardi abbracciati, e l'urlo pacato dei morti diventa un vento nuovo come un inno che scuote l'indolenza, contro il tornado della dittatura. Gli occhi del cuore Il sole avvolge l'onda della vita col tempo che naviga a vele spiegate e la rotta puntata sul silenzio. Gli occhi del cuore arrampicato alle colonne azzurre leggono la pace nel sorriso della natura, sui monti allagati di neve dove il sole infiamma i saluti dorati del tramonto, nel rifiorire gaio di germogli, nel cielo delle stelle… ma guardando il mare dove affonda il flusso di sospiri si spaventa scendere da solo, perciò prende il tragitto con le mani ancorato al suo carico d'amore. Anno nuovo Luce di un'alba nata più vecchia del tramonto mette nel cuore l'onda di seppellire il tutto come un bambino vecchio coi capelli bianchi il nuovo anno curvo sulla culla schiude gli occhi prende all'anno vecchio il fardello di sogni che tendono a sfiorire in mezzo al gelo ripido che assale della strada che porta in cima al colle. Le quattro stagioni Scioglie la primavera coi germogli il canto delle primule, cela l’estate crespe dell’autunno dove mille pensieri senza penna inginocchiati ai piedi dell’inverno sfogliano tra le pagine illuse le foglie imbalsamate. O questo libro! Questo romanzo sempre vecchio e nuovo delle quattro stagioni. O questo mare! Tra selvagge scogliere, rive, spruzzi incespica fruscio del mulinello con l’onde cupe, frastagliati contesti, canti, voci spalma il navigatore sui marosi, dalle creste azzurre come altezze suonano i desideri muse, corone, allori sono sospesi luccicanti inganni tentano come i pesci le lampare, cadono i sogni nelle valli fonde, schegge di fumo tra le righe insorte sospinge il vento i fogli verso l’ultimo punto... butta il vestito logoro non serve oltre il velo che incombe, nudo, che cosa, niente… vosco lettor sospeso alla parola “Fine” dell’Autore. Dicembre Il treno della vita scorre piano, senza grido di fronde a questo inverno soltanto scricchiolio di rami secchi a seguito di raffiche d vento. L’anno vecchio sui binari morti copre l’ultimo tratto. Siamo a dicembre di questi tempi brillano i regali ciascuno si fa buono incollando fiori di pensieri agli angoli del mondo e sui bambini poveri dove converge folto di parole, con la stella cometa alla finestra, la mangiatoia povera, il presepe… Sono discorsi grandi si avvicinano al cielo di Natale svaniscono a contatto delle mani come bolle vistose di sapone. AUGURO DI CUORE A TUTTI BUON NATALE! Crepuscolo mattutino Sai non voglio più parlare di sogni, li ho abbracciati tutti, ho dormito insieme ad essi, ho accarezzato il colore dei capelli, ho assaporato le labbra rosa dolce, ho sentito col gusto del cuore vertigini di baci, ho nascosto le mani dietro il velo come brividi dolci sulla pelle, perciò vorrei toccare la tua mano, ma siamo già al crepuscolo dell’alba, ora le stelle affogano nel cielo non possono danzare con le carole tenere del sole. Come pioggia scivola dietro il vetro del sorriso degli occhi il mio pensiero dietro le note dolci della pelle, carezza con le mani del cuore le pieghe del cuscino rivoltate da palpiti… Adoro i tuoi momenti vorrei donarti il cielo parlo col tuo silenzio che mi ascolta, non si addormenta, valica la soglia del pensiero scopre il velo che muove i tuoi segreti… ma lo sbarramento chiude il cuore, vieta al pianto di entrare nella stanza serrata, lo lascia congelare dietro il vetro freddo della vita. Il temporale Questo tramonto magico versa barili d’oro all’orizzonte sugli alberi scintillano le foglie, tra le fiorite aiole trovo fiori d’autunno e qualche rosa, voglio regalarti una collana di gemme di parole. Ora il sogno ha bussato la tua porta, sento dagli spiragli la tua voce dolce che incanta, tutta la notte è facile sognare. Il tempo passa in fretta. Ora l’alba carezza le tendine con un filo di voce, spolvera la nebbia, mi sorprende in equilibrio sopra un filo teso tra la sveglia e il cuscino cui mi aggrappo per non precipitare nelle mani del sole che riflette dietro nuvole grigie il temporale. Davanti al caminetto Quando il freddo che piove tutto il giorno si scioglie nelle ore della sera racconta il fuoco gioia di memorie al tepore raccolto, il caminetto scoppietta, accende versi dolci sereni d’altri tempi a questo spazio disgregato dove la televisione che detiene lo spirito e ruba il calore alla fiamma favella invece della nonna che partiva dagli anni a contare parole raccolte dai rami del cuore, colmava la stanza di luce. Canzoni nuove Viaggiando sull’onde della sera gli occhi affacciati al mondo incontrano raffiche di vento, pensieri sommersi la notte feconda, portano temporali le imperizie del buio. l’alba splende, danzano raggi dietro le tendine, sento il sole che bussa, mi lascio pregare un momento prima di aprire, guardo il gioco di luci che scintilla, spalanco la finestra, un folto di coro di uccelli affolla la stanza, i raggi sospesi sui muri colorano ombre sorrido alle note dell’alba e lascio che il sole inventi canzoni nuove. O Luna Il tuo silenzio parla agli occhi imprigionati dal talento di tuoi misteri, scavi nei labirinti di incertezze che accendono pensieri dolci, all’orizzonte giochi coi sogni pallidi, scrivi versi belli di poesia, copri tutta la pagina del mare col tripudio di guizzi fino all’onda che lambisce il mio cuore sulla riva, ma se ti chiedo di abbracciarmi, schivi la mia domanda e ti nascondi, forse per incontrare Endimione. Sussurri d'altri tempi Tinge di tempo il sole quest’attesa che lascia al monte l’ultimo saluto, spalma malinconia, cala come una nube sul tramonto. Passi nella nebbia s’infilano nel guscio di momenti dolcezze a riesumare sepolte sotto il peso di pensieri. S’acqueta il borgo ancora piano il sonno di cespugli nelle notti che russano col vento e melodie di voci di usignoli ascolta il cuore. Dalle tende strappate alla riloga trasparisce la luna sullo sfondo sbiadito dietro i vetri. Poesia Entri nella mia stanza dipingi le pareti coi pennelli impregnati di acquerelli, sembra alba questo calar del sole che si veste bambino gioca coi versi teneri e si lascia guardare sul mare che scintilla, ma è subito sera l’orizzonte accende il cuore di malinconia, m’infittisco di te di tuoi colori, il mio pensiero ha occhi per vederti, ha mani per sentire magia di tuoi sussurri sulla pelle, sei poesia dolce del tramonto magico che colora di soffusa armonia, spandi dolcezze come raggi d’oro sulle vetuste zolle ancora fiori tendono al cielo petali vogliosi come le dita delle illusioni. Nel mio cuore c’è una confusione un sentimento allaga i miei pensieri come questo tramonto pacato intenerisce rami spogli scioglie il peso del gelo nello stagno coi riflessi dorati sembra preludio della primavera, mi fai sentire voglia di germogli di gridare il tuo nome immerso nel silenzio trascinarlo fuori fino al sole. Non posso scriverlo perché è un segreto, non posso nemmeno darti l’indizio della prima lettera, ma posso carezzarlo fino al cuore e condurlo nell’isola incantata dove si scioglie il peso del pudore. Grazie a te donna Il mio pensiero abbraccia quel senso dolce che nell’aria aleggia, quell’impercettibile sommerso nello spazio caldo di una parola, di un soffio, di un pensiero, quella metà del cielo dove carezza il sole con i raggi gentili, perciò biasima nembi di furore… grazie a te donna, mi sfiori come un velo ed è amore. Nel fiume della vita nostalgie sono legate agli anni delle pagine verdi dove la primavera vide sbocciare fiori come sogni che affiorano alle notti… Ora che tutti i fogli sono pieni di scarabocchi e errori non c’è spazio per nuove emulsioni spinti dalla corrente di rimpianti che agita le acque il fiume della vita conduce nostalgie verso il mare. La sera Amo la sera quando l’orizzonte si tinge di tramonto il sole e l’ombra si fondono in pacata sinfonia diventano una musica dove cuore e pensieri danzano insieme seguono il cammino tenendosi per mano per vivere ciascuno un po’ dell’altro guardando il cielo carico di stelle e la luna che spunta. Odio la sera quando ha fretta il giorno di rifugiarsi negli spazi vuoti, s’affollano profili di fantasmi col viso camuffato di bugie e l’anima rifatta di parole. Si abbracciano, si baciano, si sfiorano la mano buia lontanissima nebbiosa, corrono a perdifiato fin sotto le pendici dell’amore senza sapere gli occhi e nemmeno il colore di un sorriso Perdono La notte sente il fremito del cuore contro l’urlo stonato di pensieri così che induco l’animo a scavare nel folto di tormenti, trovo immersi fiori non appassiti, intanto l’alba spunta su palcoscenico dell’onda. Il sol si sveglia coi capelli d’oro infiamma il cielo brulica scintille nel mare immenso, biasimo le colpe delle supposte ipotesi, raccolgo di dolcezze spalmate, i tuoi riflessi spalancano le porte dello stagno e conducono l’onde a divagare. Ora questo silenzio dona al cuore un qualche senso per alleggerire il peso di pensieri. Perciò chiedo perdono se ho postato nuvole di pioggia dentro un raggio di sole. Ti regalo una rosa Ti regalo una rosa in cambio del tuo canto nei sogni l’acqua scorre copre lo specchio il velo delle notti, sento forte una qualche primavera negli spazi fioriti del mio cuore, perciò parto la sera coi raggi dolci della falba luna, seguo il tuo profumo che mi prende la mano, mi trascina tra le tue braccia dove la terra nuda stringerà tra vertigini i miei baci per tramutare in estasi di gioia tutta la solitudine del cuore. Non appassire Terra vergine dura rattrappita un ammasso di polvere e di ghiaccio saresti senza sole. Egli si affaccia tenero compare all’orizzonte tu senti la dolcezza e ti lasci toccare. Egli carezza i monti antri profondi amplessi e lascia al grembo fiori, perciò ti amo piccola, smarrita tra gorghi di questo fiume in piena che ti ha travolto, sei rimasta chiusa dentro le fortezze del pudore non disdegnare raggi dell’amore lasciati sfiorare dalla dolcezza, non appassire come la terra muta senza sole. Vortici di silenzio Caro amico, Oggi nelle corsie del cimitero son venuto a cercarti, ho trovato soltanto una candela, una foto ricordo, un fiore già sfiorito insieme al tempo che vuole cancellare le memorie… Ora sento il fruscio delle tue ali dove sei? Martellando la testa dietro le pareti del mistero l’eco di rintocchi si propaga nel silenzio trafitto di pensieri… Insieme fino al mare L’affluente che dona l’acqua al fiume é l’amore grande che si spoglia dell’itinerario. con l’intento di scorrere giulivo, ma forse l’onda dolce che ha pervaso i campi non era un bacio vero, le acque mescolate sono rimaste intrise ciascuna della propria turbolenza, nei campi dell’amore oltre la soglia, gli amplessi sono calci, vortici di silenzio scandiscono il cammino, le cascate sono frequenti, è l’incombenza cresce sui sussurri dell’anima, il canto dell’amore che vibra sulla pelle arriva al punto ma non abbraccia il cielo, si rammarica, spesso affievolisce… ma non possiamo districare i fili troppo confusi, o sciogliere i detriti che abbiamo accumulato… cammineremo insieme sulla riva dell’onda, fino al mare. Muratori Lungo l’attesa il tempo ha scalcinato i muri perciò rende accorpare più mansueti toni alle scabrose lune... muratori suadenti competenti col preventivo pronto entrano a frotte intesi a scardinare le cose del cuore testimoni del tempo che hanno vinto la vita, muratori lasciano le impronte sulle righe sbagliate delle fughe, Muratori sono medicine costose hanno effetti collaterali e spesso anche il danno supera il guadagno, muratori molestano le orecchie sono la fantasia del cambiamento, tagliano le radici ai sentimenti fomentano lo stress, redarguiscono il cuore aprono il rubinetto dei risparmi per liberare il tempo e ricondurlo all’ultima stagione. Hanno mani pesanti incalliti, maneggiano respiro di cemento arrampicati a ponti traballanti rischiano di cadere dai pontoni per non venire meno al giuramento d’essere muratori. Sussurri di fiori I giorni intrisi del tuo sapore hanno dato al cuore un qualche sprazzo di azzurro che si leva dietro i vetri appannati, apro la finestra, il sogno entra illumina la stanza, mi concede una poesia dolce come fiori che hanno schiuso i petali a questo inverno di sterpi rattrappiti e di pacciame, scopre gli occhi del cuore l’infinito che si spinge dal profondo dell’anima fino alle vertigini di baci, sfocia in lago sereno dove l’acqua trasparisce il cielo. Settembre a mare Settembre alleggerito da tumulti di questo agosto prende gli ultimi raggi e si abbandona all’estasi dell’onda. La sabbia rinfrancata dalla recente fuga gode pace di calma di rifiuti, i vacanzieri hanno lasciato segni di malcostume, settembre pulisce il mare con le prime onde agguerrite dal cambio di stagione, fruscio di ghiaia prende la battigia, dal mormorio sopito cerco il sole ma le nubi che giocano col vento segnano sprazzi di malinconia, scolorano i capelli dell’estate come fili bianchi di pensieri dietro la dolcezza di settembre. Teniamoci per mano Scorrono detriti e dissapori parole senza fiori pietre dure s’infilano nel buio delle notti, s’intorbidisce l’acqua dell’ultima stagione. Basta un piccolo vento che prima sorrideva sulla riva a scompigliare il mare anche il silenzio pesa sulle onde, in superficie le parole mute parlano con gli occhi delle pietre dalle pendici piovono sul cuore, dammi la mano, aspetta, soffermati un momento, ti ricordi mi dicevi amore forte forte ed ora andiamo a perderci nel mare ancor prima di giungere alla foce. Rimpianti Pensieri senza vestiti spaziando dove giocavo a crescere stringono il cielo sulla crepa a picco coi balconi di file di bucato, passano gli anni fermi bagnano versi gonfi dalle lenti balbettando parole che murano il tempo, stretto dall'orologio che titilla mi concedo luce dai spiragli, solo qualche boccata prima di concludere il cammino, col sapone del tempo strofinando che ha maturato spighe rotolo i covoni che l'onda ha trascinato sulla riva, l'uscio si spande sugli scogli delle avventure, ma il cielo che si staglia fino al cielo, rami bacchiando secchi, scopre lo scricchiolamento di brividi dove si rompe il vetro dello specchio. Una fanciulla Nell’aria di carruggi sorpresa dalla sabba lasciò legarsi il cuore, le vecchie progettarono il cammino per renderla accessibile alle mire del suo persecutore, perciò venne stuprata e progettata… la rividi seduta sulla soglia, con la bocca incapace a redarguire, la pelle nuda al freddo sopperire alle voglie passanti di sollazzi. La fabbrica di sogni Il mio cuore possiede un’officina dove fabbrica i sogni con l’essenza delle tue parole. Sei come primavera, parli sempre di fiori, fai sentire nell’anima il profumo coi versi dolci, quando cala sera affluiscono note sul cuscino, puntualmente petali sbocciati colgo, la notte accorre declama qualche verso sospeso dietro il tempo… il desiderio di scoprire il senso coperto dagli avanzi di pudore scioglie il canto trascorso dietro il vetro delle sere rimasto nei sospiri della luna e il vento infiamma il tratto di ricordi dove la mano nuda dietro il velo sfiorava appena il palpito di stelle. La coltre di misteri La ragione fabbrica giudizi impone contenuti ma viene sabotata da pensieri che invadono la coltre di misteri. Forse la morte che cova dietro l’angolo e sobilla il beneficio delle opinioni potrebbe almeno tenderci la mano, ma essa si nasconde, non lascia trapelare uno spiraglio al pensiero sottile che la insegue e quando apre la porta turba il cuore col sarcofago muto. Un qualche sogno Il mio pensiero ha una mano prende sogni che la riloga acceca dietro i vetri, quando muti si slacciano dal sonno infastidito dalle aggressioni e li rinviene, li consegna all’alba che li abbraccia li conserva vestiti di riflessi nel reliquario delle illusioni. Quando sfoglio le note di momenti che invitano il cuore a riesumare antiche permanenze di sapori rimaste soffocate, dietro il tempo scavando ripercorro nelle vetuste oasi di cielo le melodie perdute, perciò da rami spogli a questo inverno spuntano ancora fiori di germogli e un qualche sogno per non appassire. Vorrei abbracciarti e piangere Prendo per mano il vento di ricordi e trascorro coi sogni le melodie perdute, affiora dai riflessi delle sere il tuo sapore magico sulla riva del mare mentre ascolto lo sciabordio dell’onda che mi sfiora, guizzi di luna bagnano la riva attutiscono agli occhi la distanza dell’effetto di baci che mi prende e allungano il piede all’altro lato come gocce mielate d’altri tempi, il cellulare complice mi guarda trovo un numero vecchio… percepisco le corde della voce la scintilla riaccende toni dolci come ali volteggiano nel cielo ed imprimono al cuore il desiderio di rivedere il tempo, il silenzio che osserva alza la voce e spicca il volo contro versi antichi suonano come un grido le parole arrampicate al muro ”vorrei abbracciarti e piangere” si buttano col pianto tra foglie secche e fiori inariditi dove sono cambiate le stagioni. L’onda di rimpianti Il volo di un momento volteggia tra miei passi quando corro sospeso nei pensieri, si posa la sera sul cuscino mi ripete il suo verso, se mi affanno a soccorrerlo inventando una luce mi ritrovo soffocato dal buio, l'ultimo tentativo di soccorso del momento sospeso alle parole scandite da un filo di voce rigata di pianto forse anche per qualche malinteso legato a un qualche dubbio rimase muto a lento naufragare dell’amore… ora nei dormiveglia delle sere sento più forte l’onda di rimpianti perciò passo le notti con te nel cuore e labirinti incerti dietro i vetri dove non posso prenderti la mano. Giugno S’affaccia l’alba, accende l’orizzonte scintillano le gocce di rugiada tra l’erba nel giardino dove fiori spandono profumo e sentimenti dolci, la natura sembra una festa sfoglia la sua arte pittorica si perde nella fantasia di suoi colori, Il meriggio infocato infiamma il cielo sente il desio del mare che suona nei pensieri intensamente, scende dal cielo il sole verso i monti li colora di giallo di splendore che mano mano allungano le ombre sui campi di grano diffusi con l’onde che cullano un vento che muove leggero i capelli, Sussurrano gli alberi folti di verde più intenso, le fronde che filtrano guizzi di raggi allagano il cielo di trilli dagli alberi tenero il verso del nido che aspetta traspare. Non piove Nel campo dove sbocciano fiori qualcuno si è preso la briga di togliere le spine per poterle recidere senza farsi male fino all’estinzione del traguardo, ed introdurre errori dove nascono fiori di poesia additando il cielo, ma non piove. Un batterio si diletta a toccare con le mani sporche le pareti fresche di pittura, ma non piove. Deserti col vento che invoglia tempeste di sabbia sostano sulla soglia di campi coltivati, le zolle corrotte dal gelo diventano aride spoglie.... ma non piove soltanto qualche goccia alleggerisce il peso dell’arsura di questi tempi arrampicati all’odio dove vige lo spirito del male che sguazza nel martirio delle genti, anche degli incolpevoli bambini. Terra nella tua anima friabile dove radici vedono la luce e trovano lo spazio per spuntare accogli in metamorfosi di carne silenzi che spellano l'ombre come il processo di verminazione…. L'essenza della vita si commuove nei misteri segreti del tuo grembo che rifocilla il sole, prende armonia di pieghe esprime l'io come guardando il viso d'una rosa sotto mattino fresco di fucina. Estate a mare Il sole splende primi villeggianti portano i colori dell’estate la riva si colora di ombrelloni di giocosi bambini grida spruzzi il mare accende gioia libera il peso delle congetture indossa trasparenze sfoglia ronzio di ali affiorano vogliose fiori sbocciati ostentano forzieri agli occhi spinti sulle sfumature dove traspare il folto che agita pensieri sulla sabbia assolata tra bichini azzardati ed acquiescente il sole spalanca le risorse alle audaci mire sollazzando la schiuma sulla riva di vezzose adamitiche moine. Gocce di dolore Su percorso acclive il cielo grigio fa sentire l’eco di rintocchi che nottetempo assale, volto al passato abbraccio mi conduce ombre lontane a raccattare i pezzi con la solitudine nel cuore, il desiderio grande di toccarti agita le mie mani del pensiero ma la tua pelle sembra non sentire, l’onda del cuore batte sugli scogli non trova una spiaggia dolce da accarezzare e si frantuma in gocce di dolore. La corsa della vita rispecchia le stagioni: la primavera dolce è una bambina petali di boccioli la sua pelle, è una rosa sbocciata nel giardino l’estate dona profumo e amore, l’autunno la sorprende altera e rigogliosa, e poi viene l’inverno guarda lo specchio amico complice che ammansisce coi trucchi contro il lento discorrere del tempo che ripete il suo verso fino all’ultimo palpito di voce. Goccia a goccia La forza di un mistero allaga il cuore, dal cielo affiora il sentimento amore nella luce di un bacio, una carezza del fiore ad una foglia come un filo di vento e le radici abbracciano le zolle, è la vita che nasce goccia a goccia dai lontani monti incanala rigagnoli, ruscelli… il fiume scorre sfocia, si perde nell’immenso mare e ritorna bambino goccia a goccia, è la vita che segue le stagioni da tremuli vagiti come il soffio dell’alba cresce il giorno, dai muscoli del sole alle note velate del tramonto dove l’inverno rattrappisce i campi sottoterra conservano le zolle le note dolci della primavera. Conosci la dolcezza? Si presenta coi vestiti di velo, perle di sorrisi ornano gli occhi profondi fino al cielo. Si può abbracciare, tiene tutta la gamma di colori: albe rosate, oro di tramonti, versi pacati come la sera placida conduce ad abbracciare fiori di ricordi. Raggi di luna, stelle ammansiscono il buio della notte così potrai volare fino all’alba con le mani immerse nei riflessi ed i segni di baci fino al cuore. Ma non tradirla mai, la realtà ti illude, e ti rinnega se ti scopre coi capelli bianchi e le rughe sul viso esprime la sua collera coi pugni ti lascia sofferente sul tappeto. invece il sogno non ti lascia mai. Non mi fido dei pensieri mi conducono sulla rotta di una nave dove il maltempo ha cancellato il sole naviga senza rotta alla deriva, do retta al cuore che accende fiori belli a tutte le stagioni, tra le foglie ingiallite fa germogliare sogni che vestono le ore intirizzite dal gelo dell’inverno, l’alba si sveglia stringe sul cuscino il sogno addormentato… non mi fido dei pensieri del sole che declama la parte del sapiente e allaga l’ore di intrighi e pregiudizi… torna la sera, stelle prendono il vento fanno vela al cuore. Che succede! Perché c’è tanto odio che palpita nel cuore Che succede? C’è l’ombra di atavici geni che affiora da pagine folte di libri di orrore. Un coro di culti imprigiona il dolce sentire e volge pensieri ad un cielo che l’ombra di nubi stravolge. Soffia un vento che strappa le vele, sfarfallio di ritagli di odio ha svegliato la bestia che dorme nel più misero petto dell’uomo, l’odio nel cuore che conduce a immolare se stesso seminato di cocci di orrore con l’intento di cancellare un volto dal sorriso e condannare ad essere infelici fa piangere le stelle e la ragione. Per trovare Dio Le credenze dei padri scivolano col tempo, perciò versetti delle cose antiche che tengono le genti inginocchiate si inceppano a contatto della cultura di moderni siti. Per trovare Dio quello vero, non quello inventato che aiuti il tornaconto non servono scritture, perché Dio ci ha dato due finestre per guardare in alto fino al cielo fuori del sommo ego i suoi fratelli e ha scritto di suo pugno nel cuore di ciascuno chiare e coincise tutte le sue leggi. Lapidazione La ragazza correva incontro al sole dal gelo di soprusi prese il suo sogno si lasciò guidare verso negate oasi d’amore, perciò venne punita… Il corpo sotterrato la testa soltanto che affiora e gli occhi spalancati al grido delle pietre di mani che brandeggiano il terrore in primis del padre e dei parenti… poi scoccano gli insulti, il sangue, la fronte colpita, la morte che stenta a venire a salvarla.. le grida del cielo che implora una pietra pietosa. Così è la vita Dalla finestra aperta all’infinito la luna solitaria allaccia idilli come un filo magico, l’amore coi vestiti di velo esce dalla conchiglia in riva al mare ed imbocca le strade del pianeta trascinando i sospiri e le carezze nel mulino magico del cuore che macina le stelle in versi scintillanti. Primavera velata abbraccia il canto coi sussurri di avvenenti fiori. Fabbrica cattedrali il solleone, coi versi superati degli struggenti amori lascia frammenti al prossimo domani. L’antinomia del sole che consola l’autunno di fantastici colori lo dileggia coi pensieri del vento, la melodia sfocata delle fronde brulica nel folto della mente come il sole che cala sul tramonto. Un vento antico Un vento antico soffia sugli oppressi, stride più forte su monopolio delle dittature, muove le vele verso l’altra sponda, lungo la rotta incontra l’infinito di profumo di stelle, la magia delle notti accende idilli, le note che rispecchiano la pelle fanno sentire il verso dell’amore, ma agita le mani alle stoltezze: potere, strapotere brame, ricchezze, onori… stipano nell’anima zavorra, il peso gli impedisce di volare. Buona Pasqua Dilagante onda di terrore si abbatte sulla riva della pace… non lasciamoci prendere dal panico, vinceranno la gioia e il perdono. Facciamoci spiegare dagli occhi di bambini che giocano nel fango tra soprusi della fame del freddo, coi piedi scalzi piangono il dolore perché vogliono vivere la gioia e il calore dolce dell’amore. La strada della Croce La strada sente il peso della croce il canto dell’amore ad ogni passo è un coro di preghiere e di lamenti, la passione e morte di Gesù suona come silenzio di campane, gli occhi del cielo sentono la luce che si leva dal dolore manomessa dall’odio, emuli farisei ancora oggi con le mani cariche di orrore flagellano innocenti. La luna seminava guizzi fino all’onda che batte sulla riva, lo scintillio dorato oggi si duole, schiva di approdare sull’incanto romantico del cuore che colorava gli occhi frastornata dalle alternative di giganti che offrono l’amore sui monitor accesi a domicilio e coprono col genio sentimenti senza lasciare impronte, non muove passi su solipsismo di cuori innamorati di fiumi di parole. La supremazia l'alba si sveglia mentre aspetto l'ora lambiccandomi dietro i programmi. Dalla finestra aperta primavera addensa di gorgheggi l'isola del mio letto, zampillanti da un'ugola all'altra come un patto senza dissensi, spandono messaggi moltiplicati fino in lontananza. In mezzo all'arcipelago le rive si guardano negli occhi coi dissensi di correnti contrarie, cercano spazio per sopravvalere scaturiranno le supremazie. Ho paura del sole Di tua dolcezza odorano le notti Brillano sogni eletti sulle sfaccettature di momenti. Vivo di te, sei come primavera, basta una parola si ravviva il fiore intirizzito dal gelo dell’inverno, Vedo incise stelle scintillanti nel profondo cielo, ma ho paura del sole… Mi lascio abbeverare dalle stelle ma rischio di venire pugnalato dalla lama di luna che accarezza l’alba dietro il velo se mi azzardo a sfiorarti con le mani. Ho paura del sole che divora la melodia di sogni e pianta i suoi pensieri sulla terra bagnata del lor pianto. Ti adoro - Non ti adoro Ti adoro per ciò che trasparisce dai sussurri della tua mano quando scrivi, per i sentimenti che possiedi, per come gestisci il tuo dolore, per la bellezza del tuo corpo ideale immagini che posti come vanto oppure come sfida a pensieri nascosti che calpesti oppure ancora trappola agli ingordi che ammansisci con la magia delle tue parole, per la forza che ostenti per la sicurezza che trapela… Non ti adoro quando diventi ombra che trascina gli invalidi che stanno sulla sedia a rotelle nel burrone, se rompi con gli impulsi i sentimenti, se ti fidi troppo dei pensieri e conduci i tuoi piedi a camminare sui binari stretti, non ti adoro quando passi il guado sulle frasi elette come pietre per non bagnarti i piedi, ti adoro invece quando sbagli e cadi. Donne L’altra metà di cielo dove splende il sorriso è coperta di nuvole, soltanto qualche sprazzo di sereno lascia spiragli al sole, la dolcezza mescola gli odori col sapore rancido oltre l’ultimo velo diventa un grattacielo di parole sconnesse, di piercing banali… Dove sono i tempi di fanciulle vestite di pudore con la forza negli occhi e nel sorriso? Povero mezzo cielo illuso volto a parità coi mostri pensando di scalare oltre le stelle sta precipitando nel burrone. Se pensi che c’è tempo per amare. Ho incontrato il profumo di un sogno nascosto dietro l’ombra di un pensiero mi prese per mano mi condusse a respirare una poesia d’amore sospesa dietro gli anni da una qualche lacrima velata al mio cuore rimasto disattento rinvenuta quando era troppo tardi. Ora i sogni assaltano le notti maturati dal gelo delle ore I ricordi sono carte scoperte ma non si possono cambiare perciò vorrei tenderti la mano ma ho perduto tutto, solo capelli bianchi posso darti se pensi che c’è spazio per amare. Sei Bellissima Sei fonte sempre prodiga di amore, sei luce che colora di poesia anche foglie ingiallite dell’autunno, prendo piccone e vanga per scavare nel profondo dell’anima, mi perdo se mi affaccio nel groviglio di fiori di parole, ti cerco nel colore dei pensieri che sfoglio quando accendi un lumicino, domando a qualche scia che squarcia il cielo nascosta dietro melodie notturne che sgridano il mio cuore carcerato dentro le follie di una prigione. Prigioniero delle ombre Si anima di dolce il desiderio sulle rive del calice assetato, basterebbe una goccia del tuo cuore per ubriacarmi, resto muto davanti al tuo silenzio, imprigionato dentro un lume cadente di pensieri nelle ombre che assalgono le vele senza bava di vento in alto mare nell’attesa di un sogno per volare con le ali di un qualche gabbiano. Posso morir d’amore Nemmeno nei sogni si può trovare amore quando il progetto è aggredito da mutevoli note di poesia. Navigando per isole incantate mi son lasciato spingere dal vento nella foga di correre ho postato sulla cima del sogno un solo grano l’impatto con lo scoglio è stato forte perciò la barca illecebra è affondata così mi trovo muto in mezzo al mare l’isola è lontana posso morir d’amore. Questa notte Questa notte il cuore parla piano per non svegliare il flusso di pensieri perciò se chiudo gli occhi e le stelle si lasciano contare l’annovero si spande all'infinito ricamato di fiori. Dove andiamo? Lungo le soste cariche di baci sento il tuo respiro nella bocca, aleggia il sogno muove i tuoi capelli come il vento leggero sulle onde che trasparisce ancora dietro il tempo, cosi possiamo insieme navigare fino alle vertigini del mondo dove si sbianca il mare, non servono finestre da approdare. Se lasciamo pensieri fluttuare fin sulle sponde soffici dell’alba che agita ricorsi alla stordente melodia del giorno e fomenta programmi, il sol che mostra lineamenti nudi spaventerà le stelle fino al punto di farle scomparire. Quando cala la notte Quando cala la notte non temo che mi sfuggi sei nei sogni sento labbra di baci sento perfino l’onda del respiro che colma il desiderio fino al cuore. Sulla soglia del giorno scorre aprile, fiori sono sbocciati, arrampicata a bordi del ruscello tenera cresce l’erba che gioca coi gradini delle case, banchi di biancospino sulle soglie hanno indossato l’abito da sposa, gli alberi hanno teneri germogli uccellini tra i rami festeggiano l’amore col tripudio… ma il tempo non è bello all’alba il sole col vento di pensieri nuvole addormentate corrono sul cuscino contro la melodia della stagione. Il mio sogno d’amore Il mio sogno contiene due parole due piccole grandi parole che colorano il mondo di magia, ma esula dai campi di competenze oniriche il mio sogno, raggio di sole complice possiede che valica la porta delle stelle e illumina due piccole parole, due piccole grandi parole che colorano il mondo di magia, vorrebbe pronunciare le parole, scandirle forte, il sogno non ha voce vestito di un raggio di sole si perde dietro l’ombra di un pensiero. Forse potrebbe una carezza sladinare un cuore dove la bruma ha rattrappito anche l'ultimo anelito se una bocca amica parlasse con la voce nelle mani. Forse potrebbe uno sguardo splendere come un sole nel vicolo buio dove l'ombra ha rapito anche l'ultimo spiraglio se una lampada attenta rifrangesse nella spelonca cupa i suoi barlumi. Forse potrebbe una lacrima suonare come l'acqua dove l'arsura della sabbia infocata ha flagellato anche l'ultimo sorso se una nuvola pia sul deserto schiudesse gli occhi al pianto. Da La strada dell'amore Sull'ali della sera partono l'ombre come sospesi aliti accappiati dallo specchio icastico, rotolano a valle nell'egro mare... quest'involucro opaco dove con l'ego sommo l'io dimora, gamete impercettibile abbrancato alle ceneri dell'archetipo, vuoto imperfetto tra covile e cuna, è un fiume pullulante di piraña, polpa avvizzita masticata da vacuo sermone, canti e contesti tra celeste e pane. Siam pronti alla morte Nella corsia veloce di sorpassi che spesso è l'unica strada disponibile succedono molti incidenti tra cui pugnalate di memorie da parte di parole senza occhi e dona a miscuglio di voci il tono di umani esplosivi… "Siam pronti alla morte" che si adatta a tocco stipulato di campane nostrane che barattano allori dove sottoterra la radice come la nostra analisi dei conti ora intesa a scollare giunture legate dal sangue dei moti. Auguri per il nuovo anno L’anno in corso è passato ha disilluso il tempo lasciandogli problemi, si applaude l’anno nuovo coi fuochi d’artificio sperando che sia buono. L’orologio continua la sua corsa col verso contro il peso di pensieri, il tempo non confonde le parole ripete con le foglie inaridite gli stessi versi della primavera. L’anno nuovo grava sui strapiombi sospesi alle vertigini del monte, la fantasia del cuore non si arrende, illusa dagli sprazzi di sereno abbraccia un qualche canto di sirena, non si lascia legare come Ulisse rivive incanto dolce di ricordi, ma pensieri smarriti di dicembre sono come il grigio delle nubi ascoltano su ceppo delle querce la danza delle foglie contro il vento dell’ultima stagione. È Natale! Il cielo ha colore di perle sugli alberi aghi di ghiaccio scintillano luci dell’alba, lo sguardo pietoso diffonde scolpito dai segni del gelo la donna accostata ai carrelli. Silenziò tra fronde di abeti nel pallido giorno che filtra sul grande parcheggio, si sfalda nell’aria la neve, ondeggiano fiocchi smarriti, carezzano il viso e i capelli intrisi di lividi e neve, la donna accostata ai carrelli coperta di stracci ha voce pietosa che insiste, le mani imbottite di stracci, la gente che passa non vede le lacrime sotto la fronte. La gente che esce non sente la donna che dice: È Natale! Amore silenzioso Amore silenzioso celato non sente le grida del cuore. Chiudo gli occhi prendo la tua mano cercando di vederti dietro il velo che copre le incertezze, il tuo volto al cuore palpitante di pensieri stringo. Vorrei trovare perle di parole più profonde di fiori da regalarti, sfioro le tue finestre nelle notti stellate dove i sogni possono volare, con le mani piene di carezze da coprire il tuo volto entro nella tua stanza… L’amore silenzioso cresce nel silenzio delle notti e si nutre di sogni dove nessuno gli può fare male. Il mio pensiero S’addensa muto nello spazio vuoto nelle lacune della inconcludenza, vaga smarrito arrampicato al buio per incognite vie il mio pensiero, rimasto solo vede in lontananza un bagliore fortissimo che acceca. Le tue parole Le tue parole sono la corrente di un fiume che trascina desideri. Ora sono ridotto alle tue acque. Navigare mi conduce all’isola dei sogni, Se potessi afferrarli con le mani forse risplenderebbero col sole, se parole potessero parlare con la voce del cuore forse potrei dirti col silenzio… Ma il vento non dirotta nuvole di pensieri in una pioggia che lavi questo cielo di soprusi del tempo contro il cuore e la poesia carica di versi l’ha rapita l’inverno fino al punto di farla congelare L’albero dei sogni Il mio giardino era un prato verde profumo di violette e margherite sbocciava in ogni angolo. Ora sono trascorse le stagioni, Il vento freddo ha intirizzito i rami devoluti al tracciato delle nubi, e tinto il cielo grigio di pensieri come nebbia che sale. Così ho piantato l’albero di sogni, cresce rigoglioso come se fosse sempre primavera, non conosce limiti assegnati, profuma già di fiori di parole, fiorito anche d’inverno, ma se tendo la mano per toccarlo inaridisce e muore. Gli specialisti Specialisti vivono a ricerca di un qualche punto per disapprovare, sfogliano il tempo decurtando spazi coi toni alti, cuciono l’ansia degli itinerari adagiandosi sulla piattaforma dove però non stanno in equilibrio essendo l’ali scarse per volare… ma li incoraggia l’aia che diventa gremita di schiamazzi, il candidato eletto rimane a svolazzare razzolando lungo tutto il perimetro assegnato dalle scelte legittime degli elettori. Passeggiando le notti Passeggiando le notti a passi lenti Sento ora una qualche lontananza, le note sono dolci nel recinto ma lo spazio chiuso è troppo pieno di fiori maturati. Se posti un sentimento lo abbraccio con ardore ma non basta lo striminzito tutto, prima è fuoriuscito un qualche sorso che mi ha condotto avvicinarmi al cuore, sembra che sia ricambio di pensiero, ti piace vedere volteggiare rondini al tuo balcone senza un filo di luce per potersi fermare e riposare, ti avvolge una coperta di parole morbida ti riscalda non ti chiedi se anche la coperta avesse un cuore. Gli occhi del pensiero portano a respirare dolci emozioni strappate al tempo, trascinate dall’onda di momenti che riflettono immagini carezzate da fiori di parole. Le prendo per mano e le conduco al cuore. Il mio cuore possiede un’officina dove fabbrica sogni, impasta sul cuscino cielo, sentimenti, amori, stelle… li converte in profumo per sognare. Nella notte è facile viaggiare a cavallo di palpiti sospesi nei giardini di fantasie di fiori, ma poi si sveglia il giorno l’alba scopre nuvole, copre il cielo una coltre di vapore e tutta la dolcezza di pensieri entra nella stanza del dolore… Ora lo dico al vento che faccia dirottare pioggia che lavi questo fruscio stressante d’incombenze del tempo contro il cuore per un qualche balugino di sole del tramonto riflesso per sognare. Le piccole cose O tu che vai coi sogni alla deriva, che hai cliccato amore, non votare l'immagine corrosa navigando lo specchio contraffatto dai vigenti numi, non appendere al cielo nel corpo di un giorno gli occhi vagabondi di un pensiero sconfitto come un treno invitato in lontananza che non afferra immagini accostate, non trascurare le piccole cose dove hai posato un po' di cuore… ti mancheranno sempre. Lo strofinaccio Sfogliando il mondo svolgo il panorama che sbozza il filo attorto da licenza di uccidere… strofinaccio col peso di lavare aggrava lo scarto estraendo lamenti agli abissi seppure la pietra è un fratello, insiste inzuppato di sangue avanti indietro su lastrico bagnato dove scivola il tempo fino all'ultima stanza. La baraonda La vita è stuolo di scolpite voci parlano tutte insieme come una baraonda, nuotano alla deriva tra remoli aberranti nel deserto di sabbia di parole. Una finestra aperta c'è che accoglie l'amore, la famiglia, le amicizie… con gli occhi volti al cielo vede Dio ma non ha vetri per fermare il vento. Dalle vessanti ataviche cornici artigli manovrati da una litica mano suonano sempre sui livelli bassi dove il silenzio grida ma non nuoce… e il sol si presta al gioco come innocente placido fanciullo dimentica le nubi e ritorna sereno sui balocchi. Passano gli anni dilavati del libro che ricetta le immagini vive trafugate ai dettami nell'angolo che strappa i nodi e annoda dove la luce spenta splende più forte e smorza i colori del tempo come un attimo insegue che sorpassa ogni passaggio d'attimi che passa nella cesellatura dove un taglio affonda e lascia il segno sui trapianti. Don Chisciotte Discaro vagolare di fuggiaschi rifiutati dall'onda e dalla riva… sostano sul bagnasciuga una mamma un bambino piangenti come i sogni gremiti di pane accarezzano ancora le notti... guarda dal suo cantuccio logoro dal tempo affacciato allo specchio don Chisciotte... glissando strappato alle corde fende l'aria della piazza gremita di folla, grida ai giganti che girano come le pale del mulino a vento. Diatriba I miei versi sono candele accese al cuore dell’amore ferito nella lotta coi pensieri. La lotta, si è conclusa con la sconfitta di entrambi. I pensieri hanno smesso di pensare Ora chiusi nell’onda delle notti implorano con gli occhi spalancati qualche sonno pietoso che li copra. Il cuore ferito all’altra sponda su pavimento freddo coglie cocci di sogni frantumati nel reliquario delle cose care. Ora ciascuno guarda l’altro lato senza più forza di ricominciare. Perché mi ha fatto questo dice il cuore, chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia stanza? hai rovinato i sogni, hai staccato dal cielo le mie stelle? Gli rispose il flusso di pensieri con un filo di voce, è colpa tua. Hai eluso le mie competenze ti sei permesso di tagliare i fili… e gli porse anatema di parole: Confuso tra rigagnoli d’amore senza riscontro di una tenerezza senza manco il chiarore della luna ora ti nuoce disegnare un cuore. La memoria del silenzio Un silenzio gigante al cimitero guarda le lacrime degli occhi a Lampedusa, corpi morti scavati fra le onde mordono... Odora di silenzio il pianto muto che accompagna i colori della vita e scrive sulla pagina del cuore. Gocce di silenzio cristallizzate brillano negli occhi della pietà e l’amore, piove dal cielo palpiti di stelle anche i morti parlano il silenzio. Una pioggia agghiacciante di silenzio piove sui pensieri sulle file di salme…. il silenzio ha la voce del dolore, il silenzio ha una memoria grande non dimentica lacrime del cuore. Non è peccato amare! Ora vieni a trovarmi anche nei sogni coi vestiti di velo nella stanza le tue mani mi sfiorano con il fruscio carico di vento che spiega il velo sulla pelle nuda nella solitudine del cuore. Ti prego resta, accendi col tuo sapore dolce un po’ di sogni. Non è peccato amare! Che colpa ha l’amore se vive le virtù di compromessi, prolifica nei campi tracciati dalla incompetenza della ragione, resiste anche nei lager aggrappato soltanto a una parola dolce o a un sorriso. Cecato da aberranti meraviglie che offrono lo sfarzo riluttante si piega, ma non muore. L’amore è magazzino di dolore. Non senti come inzuppa le pieghe del cuscino con le lacrime mute? Trova rifugio fuori all’altezza di sogni dove non arrivano i soprusi perché non hanno ali per volare. Sei nel mio cuore Non pensare che la lontananza o il silenzio possano influire sulle sfaccettature dell’amore. Sei nel mio cuore, non so come sei entrata, ma l’alito infinito che ti ha rapito, il vento non potrà mai fermare. Nello spazio di sogni il tempo colma dell’effluvio di baci il tuo cuscino. Sulla soglia dell’alba fino al sole il tempo vuoto stringe i miei pensieri… Vorrei condurti dove posso toccare la tua mano. Per amore Lo spumeggiare vivo della vita diventa un torrente senza sbocco se gli aliti distratti nelle bancarelle di pensieri si lasciano incantare, i seminari delle competenze rifugge per amore l’acqua repressa dell’insofferenza fuoriesce dalle commessure informa un lago fino a straripare, le briciole si versano nel cuore vanno a colmare il botro di libertà perduta, punge il prezzo di aver lasciato scorrere il sentiero senza frapporre dighe alla struttura, le gambe indolenzite dal tempo e dagli acciacchi prendono il peso dell’inappetenza… amaro rassegnarsi per amore sotto il segno di morsi sulla pelle. Guardano i monti le città sommerse dove non parla più nemmeno al vento come le foglie secche calpestate inzuppate di pioggia la miseria... le lampade consumano petrolio per gibigianne e plauso belato delle greggi lanose, negano le gocce a vacillanti lumi... mille più mille fiocamente ancora... e bisbiglianti lucciole nel cielo. Luci di colori Su tappeto verde di declivi carezza il sole gli ultimi ritocchi, scintilla tra le foglie di alberi fioriti e diffonde nel cielo le carole. Seguo il tempo che corre nei labirinti dietro l'orizzonte, supero le pareti del tramonto, l'infinito spande un silenzio che accoglie melodie notturne delle fronde. l'acqua scorre placida del fiume passano le immagini del tempo fiori recisi, foglie, altri pensieri… gorgheggia un qualche canto di usignolo, sembra voglia fermare la corrente. Mi lascio trascinare dal convoglio di sogni e di ricordi che scorre verso il mare. Occhi di bambini La vita scorre rancida di farisei scagliati contro colui che predica l'amore a questi tempi dove l'orrore brulica e attecchisce. Nelle stive vuote di luce non si percepiscono i bisbigli del sole il buio non consente di sentire i sussurri della primavera che non si stanca di vestire i prati di fiori belli, occhi di bambini abbarbicati all'ombra conduce l'onda anomala sulle rive del cuore. Maggio Maggio si addormenta cercando sogni e stelle agli occhi intenti ad ascoltare musica che sale dal vapore di una voce. Si sveglia l'alba, è tempo di acquarelli gli alberi sono in festa hanno indossato l'abito di fiori, sale dai campi un soffio di viole, il sole d'oro è un bacio conduce l'assonanza delle note sulla riva del cuore, vedo boccioli intrisi nel giardino di primi raggi come una promessa, e valico il silenzio oltre la soglia raggiungo le pareti di un pensiero. Due candeline Due candeline per illuminare il tempo che è trascorso mentre ancora il cielo abbraccia l'alba. Siamo giunti alle prime parole dolci accompagnate dal sorriso che scocca di dentini e mimica per raccontare gli anni coi ditini slegati nella moltitudine di volte e le manine aperte per contare l'età grossa del nonno, e la magia che spinge quando trascini il cuore tirando forte verso un desiderio. L'alba s'infittisce di due fiori come il profumo della gioia che accompagna il tempo trascorso in compagnia di tuoi colori. Due candeline accese sulla torta, sfiorate dalla gioia del sorriso che prende la rincorsa per soffiare. Tramonto primaverile Il sole sdraiato sulle zolle sta giocando con le margherite, traccia filigrane di colori, rutila il torrente sotto raggi rosati del tramonto, l'alito verde della primavera muove sull'acqua l'ombra degli arbusti, oziano inginocchiati sulla sponda acheni rossi secchi dell'autunno… ora si è dipinto di vermiglio sta scrivendo l'ultima poesia prima di scomparire, si avvale di tutta la sua arte per farla diventare un capolavoro, perciò lascia la veste di splendore, si spoglia nudo e mostra il suo sorriso. Attesa Avvolto dall'onda che si posa sugli occhi sonnolenti, mentre il treno diretto conduce l'ore stanche alla fermata dove il tempo offre alla gente che arriva una poltrona, passo le notti verniciando l'ombre che l'alba diluisce su cuscino. Lo specchio che cavalca le mie spalle riflette la rivista degli assenti come una moltitudine scortata da fili di candele e dal silenzio che oltrepassando gli agglomeramenti ride al solletico delle perseveranti lancette mentre ascolto la pioggia dietro il vetro dove le ore nude passeggiando coi passi sull'insonnia colano nel lavandino dal rubinetto guasto come gocce che il tempo ticchetta. Libertà di amare I discorsi dell’anima raccolgo estraggo da essi i tuoi pensieri e li presento al cuore che li abbraccia colora i lineamenti che vedo disegnati ed il sorriso che sento se ti guardo, tolgo le ali al velo e stringo il sogno, sei dolcezza infinita… ma la pelle vuole entrare nei nostri appartamenti condividere baci le carezze ascoltare i palpiti, affondare fino a toccare il cielo, perciò ti chiedo amore, ma lo specchio del sole focalizza nubi che travisano i riflessi è ricusa libertà di amare. Terra muta Piedi scalzi fuggenti masse in fuga lungo interminabili sentieri inseguono il colore di una meta e la speranza soffia come un vento che supera gli ostacoli del corso lascia morti fratelli tra le file, boccioli della vita terra muta inzuppata di lacrime raccoglie divelti dalla bestia che si annida nella latebra delle congetture, e gli occhi che non vedono il dolore. Non ce la faccio Non ce la faccio a contenere amore vorrei braccia infinite mi basta un qualche piccolo pretesto ora sento il tuo abbraccio che mi sfiora come brividi dolci sulla pelle, sei come l’invisibile concreto che posso toccare coi pensieri, ho postato nei sogni emozioni perciò sono pesanti e stentano a volare ho paura che cadano dal cielo, a mani nudi cocci di cristallo mi toccherà raccogliere, vorrei planare piano per non ferirmi. Sei cestino colmo di sapori che rifocilli sempre, il buio delle notti che chiude gli occhi al sole dovrà farsi dell’alba una ragione. Non lasciarmi solo Una nebbia sottile sta turbando la melodia del cuore, se vuoi negare ai sogni un po’ di sole lascia almeno le stelle che brillano nel cielo delle notti. Sento nell’aria un velo che scaturisce da miraggi ignoti la forza dell’amore contro cui esplodono i pensieri si difende come una corazza perciò non si scalfisce… Ora la luna ha acceso uno spiraglio Ti prego, questa luce è troppo forte, non lasciarmi solo con la nebbia nella notte sfocata senza stelle. Un raggio buono il cuore defraudato dal buio della solitudine di questo freddo inverno scopre versi dolci che carezzano i vetri dove gioca l’amore col gravame degli ultimi scalini e indossa il canto antico. Il vecchio coi versi tumefatti da logorio del tempo apre la porta al sole, un raggio buono entra nella stanza l’anima illusa scioglie le ali su percorso acclive dove rintocchi della primavera prendono per mano gli spiragli prima di addormentarsi tra le fiorite aiole. Primavera L’alba colora i monti. L’alito delle zolle affaccendate a fecondare trepidi germogli carezza il sole, tripudio spande l’ugola del merlo tra i cespi sulla riva del torrente. L’estasi accende un canto, primavera bagna di verde i campi, l’aria è profumata di viole e margherite cantano coi capini lavati di rugiada, gli alberi sono in fiore e passeggeri ronzano tra i rami, accende gioia di volteggi il cielo. Passa il torrente, l’acqua che scintilla perde il sorriso all’ombra delle fronde velata dietro l’ombra di un pensiero esule alla deriva controvento. Non mangiate la gioia Non mangiate la gioia che gioca con le prime luci della vita, il piccolo assapora l’amore della mamma e le sue cure. Non prendete la Pasqua come un segno di crudeltà e di orrori sgozzati insanguinati appesa al gancio della macelleria… Russano accenti forti di ingordigia, ruotano accanto a feste comandate scendono a patti col piacere avido che sale da una qualche onda di sapori, rimpasto che fluisce per diletto di cuori sovvertiti, e gli occhi non abbracciano il peso del dolore postumo che morde, e della tenerezza il gusto crudo. Evoluisce l’uomo Lungo gli itinerari già tracciati dalla magia delle ultime stagioni il nascituro affronta i primi sguardi, esce dal grembo, con le piccole mani tocca il mondo, il suo pensiero corre sui colori, scopre i bisbigli della meraviglia senza stupirsi, naviga immerso a dolci di lusinghe postati dal progresso ad ogni passo, Nella corsa ad ostacoli sorpassa il vecchio genitore che trascorre a fatica passi lenti. Evoluisce l’uomo si intriga nelle maglie, per nutrirsi trova pascoli e squallidi deserti dove perde se stesso nel groviglio di immagini e parole. Pagine di vergogna Pagine di vergogna scolpisce il tempo intenso fluttuare ancora sempre dietro traspare l’eco mamme bambini vecchi marciano inermi contro incontenibili chilometri verso presunti siti che si eleggono eletti di civiltà e di pace ma chiudono le porte di confini ed eleggono i muri. Balugino si scorge rompe il silenzio schiude le finestre di pensieri lascia intravedere lo spiraglio, trova vasi di sogni intirizziti l’anima delusa… si spiazzano le insegne luminose nei labirinti delle congetture. Nostalgie L’autunno ha progettato un assortimento di colori, il sole intona il giallo al verde delle foglie, acheni rossi a frotte di cespugli danno ardore, con i petali aperti prendono rose l’ultimo tepore. Scandisce l’ora di consegna il tempo ciascuno sfoggia i compiti assegnati pendon da rami flessi da gravame. Lungo la strada dei tini prendo per mano lo stridulo odore dei mosti, rastrellando le foglie cadute rivedo la voce del nonno che mi accarezzava i capelli mi fa ritornare bambino. Così è l’amore che non trova l’asilo di una meta Raggio di sole muto nel silenzio del vuoto. L’amore L’amore è un’immagine un volto una parola o qualcosa capace a formattare un pensiero del cuore per tradurlo in poesia, ma non basta pitturarlo di note e di colori circondarlo di fiori e primavere perciò ti ho cercata nell’angolo di un sogno, ti ho rinvenuta, abbracciami! Ora che il sole e l’alba hanno forzato la porta delle stelle sono dentro il fruscio delle tue onde. Innocenti sorrisi I monti alti allungano le ombre, gli scuri dalle valli guardano i grattacieli con gli occhi violentati dalla luce, la bestia insorge morde flagella innocenti sorrisi. Nel canto delle note dove si scioglie il giorno lo sdegno incide l’onda colano a picco i lumi nemesi esulta sgozza innocenti sorrisi. E l’amore… Che può fare l’amore? li raccoglie e li conta come un pianto. La strada dell'odio Navigando per mari dove il sole non visita le zolle ed espugna le righe l'uragano il letto dove la notte scorre gorgoglia di riflussi... nei ritagli fra colpe e coltelli sui grattacieli squillano le trombe del secondo millennio avanzato, fratelli sfogliando le mani hanno aperto una strada asfaltata dell'odio: chilometri di orrori, chilometri di pianto… Sul tetto del giorno più basso sventola una campana, grida sospeso il battaglio... l'eco sfonda i muri percorre la strada dell'odio fino a perdita d'occhio. Un qualche raggio Un qualche raggio ha tracciato sentieri dove ha dipinto immagini, a specie eletta libero arbitrio una catena sciolta una bilancia ha impresso sulla tavola del cuore un pulsante che duole e la parola per lasciare segni e congiungere il tempo dalle origini antiche ai giorni nostri e l'ha imbarcato sulla navicella nel mare della vita, ora che il mondo brulica di orrori e le stridenti lune stringono alla deriva la mia nave i progetti del cuore aspettano gridando tra gli scogli senza vele propizie un nuovo raggio per non naufragare. Ali di fantasia Ali di fantasia prendono le notti per volare. Le parole di miele che percorro sulla rotta tracciata da un pensiero mi conducono tra stelle cadenti dove sogni si possono avverare, ma le onde dell'alba che la sveglia declama sciolgono le note del cuscino nella bruma velata. Ora che incombe il peso delle ombre per lacerare il velo e scoprire tra sussurri di fronde il vento dolce che spinge verso nuove primavere ho bisogno toccare la tua mano. Poesia Entri nella mia stanza a tutte l'ore, coi colori del tramonto dipingi di vaghezza le pareti, coi colori dolci arrivi fino al cuore, quando la sera stanca accende l'ora m'infittisco di te. Il mio pensiero ha occhi per vederti, ha mani per sentire magia di tuoi sussurri sulla pelle, piovono su cuscino i tuoi riflessi quando spandi dolcezze, sei campo di sentieri dove posso correre, sei terra da scavare dove posso piantare versi belli, ti adoro. Dove sfocia l'orrore Annoverando scheletri d'amore sfiora il cielo la cima di pensieri ma suona ancora sempre contro il tempo una qualche anima impostata dagli atavici geni, modellata dalla voce distorta che conduce ad ancorare crediti di voglie debilitando il cuore. Una vita non basta a contenere il peso di uccidere la gioia negli occhi di bambini, il conto del castigo si protrae oltre la frontiera, forse potrebbe il pentimento scerbare il torto lottando con i muscoli del cuore, ma pagine di storia degli orrori esultano ancora, il pentimento rigettato da nuvole si perde dentro un labirinto di parole. Inverno l'alito é intristito dai brogli dell'inverno fiori intirizziti sono morti... non lasciarti prendere dal ghiaccio di questo inverno estremo riproponi alla zolla altri contesti conserva i bulbi dolci in fondo al cuore… In questo clima opaco di vento di furore l'onde in superficie gridano sbattute tra gli scogli… ma c'è rimasto un fiore resiste alle intemperie perché nel mondo non c'é soltanto odio c'è pure tanto amore… Remigando Remigando tra onde azzurre e sole mi conducesti all'isola dove potrò incontrarti, ma non voglio rischiare che tu possa cambiare i tuoi momenti, perciò ho deciso che gestirò da solo le dolcezze per non turbare l'orientamento, così verrò a trovarti coi passi leggeri senza lasciarmi scorgere ti sfiorerò i capelli, forse qualcosa in più se condividi il sogno potrò posarmi accanto al tuo silenzio e carezzare i tuoi riflessi nudi. Stelline scintillanti Il sole coi raggi dolci sussurra alla terra spoglia, sentono amore le zolle le parole toccanti in superficie disseminano i campi di colori, esulta l'aria anche i trilli sentono amore parlano tra loro di progetti di nidi, un alito di vento vuole partecipare sfiora germogli gli bisbiglia amore, il fiume scorre sembra brontolare l'ascolta il sole con i raggi d'oro, manda guizzi con l'acqua fa l'amore, nascono stelline scintillanti. Vago per sogni Basta un nonnulla, anche una parola nei vicoli assetati dove germoglia un fiore per abbracciarlo fino all'illusione del traguardo. Dolce sentire parole sulla pelle che conducono brividi, dolce ascoltare il volo di una stella che si lancia nell'infinito spazio e infiamma il cielo per appagare un sogno, e dolce immerso nel bagno di un cuscino che conquista un sentimento grande che si muove negli occhi di un pensiero. Il canto della neve si respira con gli occhi, il suo sapore alleggerisce il peso di pensieri, fiocca la neve fiocca fiocca fiocca copre i peccati della terra spoglia, l'acqua di un torrente che segue il mio sentiero sussurra con il sole pallido dietro il velo, il cuore degli alberi spogli sente le gocce rapprese di sfolgorii di luce contratti con il sole in estasi dolce, si leva da fronde innevate che corrono lungo la riva un qualche bisbiglio di uccelli, si alzano anatre in volo. Amore Amore Non c'è sospeso a queste ombre un filo dove tende alla luce l'altro capo... cala la sera sonnolenta senza pioggia di stelle, le correnti contrarie e la deriva schiacciano le ore fuggitive come l'autunno gli occhi delle foglie, racimolate lungo falde di un sospiro affiorano canti sepolti e fiocchi di capelli ammutoliti, accorrono pensieri dentellati come schiere di immagini allo specchio, oscillano i velieri fra le onde di questo mar che si dibatte offeso… Oh questo decantato amore amore, questo profumo che si spande e vola! Inaridisce il verno le sue piume, e la scolpita venere di neve più non si scioglie non versa le sue acque a questo fiume. Nel calle brullo dissestato la speranza non ride aspetta dorme… risi sfioriti muti nei visi pallidi, gli oggi i domani fusi nelle mani nervose, aneli stinti foschi dipinti fiori senza tetto batte nel petto la vita scolpita su cocci di parole frante senza sole… giochi? Non ho carte ho un corpo! O vita come un album di fotografie disordinato dove presenti e passati dormono insieme e si assomigliano. Erano tempi cupi Urlavano i lupi dappertutto, perfino il sole tiepido abbaiava… coi piedi scalzi l’animo maldestro arrampicato al buio sul cuscino si prendeva la mano… pareva sogno ma era pensiero. Gerontocomio Benemerite zolle di feraci raccolti grembi stasi dove ancora gli uccelli trovano qualche chicco da beccare. Vecchi mutole cornici sfocate, staccate dal tepore delle piccole luci, rigettati da stipiti contesti all’ombra ingrata. Vecchi lo stanco costernato proseguire a passi uguali sui binari lenti dell’egro campo come foglie secche aspettano il vento per volare. Lucciole contesti canti voci suonano già dalle campane ataviche tra le grinzose pagine del tempo, dissidente brusio nel frastuono di campi intensi di martelli e chiodi... Oggi concitate incertezze, scalpi di silenzio, rabbie latenti, nuotano davanti alle macabre scene: genesi scoguagliate sull’altare d’impalcature elette... Va sempre più tra arroventate siepi questo profumo di selvaggi fiori. Come una giostra Il sol ridente scrive sulle zolle la prima fogliolina, dice mamma gioia degli anni... figli vanno riflessi scorrazzanti padri rinnovellati, rincorrenti sempre come una giostra contro il tempo arido che strappa, per nuovi cieli strade di speranze. Un lupo incognito e rapace prendea l’albe digiune in sul mattino e seminava scempio, andava tra le greggi e nei covili, non temeva nessuno perchè faceva legge e nelle mani tenea pastori e cani... e si copriva il bruto gli occhi e il viso astuto con gli occhiali… non parea fosse male. Vecchio ciliegio siamo cresciuti insieme, primavera dipingeva di fiori le tue brocche, ornava il davanzale di foglie verdi e di vermigli avventi la bicromia stagliata sul tuo viso, ed io coi trilli arrampicato ai rami coglievo i tuoi colori e li gustavo col sapore degli anni zampillanti, e mi ricordo quando muto e spoglio aspettavamo insieme i tuoi germogli. Ora il tempo è passato, quest'autunno eziandio mie foglie ha rattrappito... ma tu vecchio ciliegio aspetti ancora il canto che ti scioglie dalla briga del verno, mentr’io svolazzo dentro una bottiglia in questa stanza muta dove la primavera non dissonna. Pensieri notturni navigano in un mare dove sostano nuvole assalite dal vento, voci alla rinfusa piovono sulle soglie dell'assonnato insonne, invadono le orecchie incessantemente, come branchi di cani inferociti affondano i denti nelle piaghe morbide per trovare più facile la strada e gustare il cammino... buio per vedere orme di piedi cancellate dalla sabbia del tempo, buio per volare... mille gabbiani stecchiti... accarezzo le piume morbide delle illusioni, buio per toccare i desideri sepolti in fondo al mare... le ore della notte incolonnate dietro le lancette dei secondi contano intestardite a cerziorare i minuti analitici, guardano dietro le tende della finestra aspettano che si propala l'alba ... all'alba il cacciatore carica il fucile, volteggia il falco, esulta il pettirosso sull'insetto, schiocca ridente il merlo sul lombrico... e il sol scintilla sulle lacrime fresche di rugiada. Isola proibita Ulisse ascoltò il canto delle sirene, non si fece legare... vide una finestra, uno sprazzo di luce libertà… e spiccò il volo, ma picchiò la testa contro il vetro trasparente... il bambino si chinò raccolse l'uccellino morto e pianse. L'usignolo Abbracciava la gretola col canto, beccava il ferro amaro l'usignolo … guardava il cielo dall'impasse ingiunto e manducava briciole e rimpianti. Un granello di luce stava sospeso tra pareti strette e l'orizzonte apodittico, vedeva: un interminabile deserto solcato da navi pirata e naufraghi nidi d'innocenti, i giganti nebbiosi in cima al monte e nelle valli vicoli tortuosi brulicanti di briciole scugnizzi come domani vuoto… c'erano uccelli neri con le cavie nel becco, strappavano i brandelli alla natura… c'erano spettatori, campi intensi come fiori di spiga oltrepensiero sommersi dalle glume, e c’era il sole dietro nuvole grigie… Rifletteva! Un barbone barattando armistizi apre la porta al cuore della gente guarda il paesaggio che s’allunga, vede qualcuno che gli tira un avanzo come una pietra senza osare entrare nel lebbrosario per non contagiarsi… Il barbone con la pietra sul cuore esce dal tunnel, trascinandosi il carico di stracci lungo rive salate di vita che lasciano quadri senza nome. Angeli della vita L'ergastolo sarebbe un deserto se annusando il cielo sentisse un albero soltanto che ogni foglia ha dovere di cadere, varcar la soglia siccità più dura i pensieri incrinati dalle scosse cambiando stanza ritrovare ovunque… Angeli della vita eleggono la cantina di ferro dove non entra ad ogni compleanno il peso della parola mai… frenano macigni rotolanti dalla cima del tempo sulla china, inventano proiezioni, levigano gli steccati rugosi del recinto. Amicizia Un lumicino al buio si conosce quando solleva il peso col sorriso. Una finestra affacciata sulla città guarda la moltitudine di gente, ride il binomio diversamente insieme nei vicoli stretti quando un qualche ponte misurando intervalli tra partiti spigola la lunghezza di una mano in punta di piedi nel campo dove la voce degli occhi che parla lingue straniere trabocca colorando gli angoli vuoti coi pennelli nuovi. Ruscelletto Sfogliando pagine ingiallite di questo vecchio libro gorgoglia un ruscelletto di silenzi abissali di ghiacciai di note scintillanti di poesia. Ruscelletto torno a questi anfratti ad immergere gli occhi nei tuoi flutti e rivedere i sogni quando correvo agile tra greppi. I miei occhi rosi da intemperie che stridono urtando le pietre del mondo cercano ristoro tra rapide vivaci dove erompe il corso cristallino, anche se più non calzano i miei piedi l’orme della balza il ricorso del vecchio io resiste contro la corrente… allora l’acqua mite si commuove, dopo il bagno ritorno bambino a giocare rubandoti i sassi e scorrazzare tra pendici e spruzzi. Tempi moderni Un flusso prevalente coi vertici appuntiti penetra il futuro, sopraffatte dall'urto certe armonie di fiori guardano il sole che più non entra nella stanza. Incorre oltre sereno in rapida di fiume acqua che corre senza distinguere messaggi di sogni alla deriva. Nell'atrio l'internet navigando gratifica l'asfalto agli occhi chiusi, non informa la mano parimenti ma s'accomuna a raggi di deserti dove nei campi ha straripato l'uso del fiume cellulare che riduce il globo in una palla di parole mezza dipinta mezza scorticata. Poesia Io vengo da un pensiero caduto sul lastrico duro della realtà come un bambino che corre coi piedi scalzi sulla sabbia infuocata gremita di ombrelloni non suoi, soltanto qualcuno mi lascia sostare … Dietro i vetri della bacheca o nei cassetti non ho problemi di terra, morte non vede scheletri di morti, ma la folla che passa con la macchina dell'indifferenza mi schiaccia, qualcuno soltanto si china a soccorrermi. Nell'ottica di versi come l'acqua dove si specchia gioia di riflessi il mio granaio è colmo ma il sole di giorno mi sorpassa e la luna nittalope non vede. Libertà Nella campagna sguazzano pupille, sembra che vogliono afferrare il profumo di fiori con le mani... l'anelito del cuore di bussare contro le porte chiuse coi battenti, la lotta che divampa per sfondare le grate di confini si attorcigliano quando un morso di fame soltanto compromette la discesa libera dei monti... è duro lo schiantarsi nelle valli. Forse il pensiero che vola come Icaro fa germogliare aliti e colori dietro la pioggia come l'arcobaleno, libertà una statua gigante costruita con le gocce di sogni si frantuma... il sole scioglie l'ali del pensiero. La realtà dalle grate divelte assale il mondo, una forbice taglia i ponti di carta e lascia i volantini svolazzare, un coro pellegrino impetra l'onde, cova l'appassimento di grappoli maturi, acini dolci che nessuno coglie pendono dai tralci... martellata dal tempo la bietta spacca le notti lunghe per comprare risvolti investendo le veglie e cogliendo profumo dai bisbigli del pensiero che vola e s'allontana da ritmo incessante di tamburi… il sole duole sulle rive assenti confonde i raggi e l'ombre. Pecorelle Va così perché siam miserelle, derelitte spremute, tosate, va così perché siam pecorelle dalla morbida lana spogliate. Non cerchiamo ricchezze e corone, negli ovili teniamo gli stalli, non sappiamo aggredir siamo buone, ed erriamo per monti e per valli. Siamo preda d'assalti funesti, non portiamo vendetta e rancore, ci rapiscon la pelle e le vesti e cantiam la tristezza del cuore. Ora andiamo nudate e tremanti, poverelle che van tuttavia, vanno i miseri greggi vaganti, van dei pascoli lungo la via. Va non tace per noi la dicenza, siamo pecore, il nostro lamento va, la favola dell'innocenza va nell'aria e si perde nel vento. Ho visto il male Scorrazza il male in questa meraviglia dove gira il senso dell’amore. I denti forti azzannano la preda stando seduti, e manovali scialbi a recitare la parte di leoni. Ho visto il male all’orizzonte chiuso dalla nebbia, versava amara esule speranza cancellata dai sogni di ragazza. Ho visto il male, colpivano i gendarmi con la frusta dietro uno spiraglio clandestino una donna piegata senza volto…. Ho visto il male nello spiedo che infilza una farfalla, negli occhi di bambini tesi alla gioia a lapidare un gatto, nell’oasi arredata di proventi, alla penombra del lupo e dell'agnello, e negli angoli oscuri dove batte il verso antico della ragnatela. Sui gradini degli anni Quando la somma degli anni arriva al punto e volge il segno alla polvere patria che si leva cerco la chiave per aprire il muro, rovistando tra pezzi latenti di vita ricupero un esame di coscienza e un passaporto di memorie per non precipitare. È Natale Sorpresa da un cielo di luci questa marea pubblica pensieri che involtano in carta da regalo il cuore... Quanti Gesù bambino nascono ogni giorno in una stalla! E noi re magi ricchi d'occidente che deteniamo i beni, e seguiamo la stella cometa che palpita dai cieli dei monitor accesi e indica percorsi da seguire armiamoci di doni mettiamoci in cammino di carità e d'amore Gesù bambino povero ci aspetta. Delusione La notte ha uno spazio dove appendo le note stonate del giorno, pensieri smarriti che hanno perduto l’orizzonte sentono il vuoto rimasto da profumo di dolce verso quale ho lasciato partire tutto il cuore col peso delle valigie piene, l’approdo all’isola incantata più non sentono, rimanenze escono dal mondo di colori rubati all’orizzonte dai messaggi della luna, vagano come voli senza sogni di un pensiero stupendo carezzato da soffi di poesia, riveduto da analisi di lumi: morigerato cinico caimano distonico superficiale… resta solo fruscio di bollicine che salgono dal fondo in superficie rigettate dal pozzo della mente. Marzo Marzo è un pastorello innamorato della principessa primavera si presenta spoglio accende qualche fiore cullato dalla luna che illude la finestra di vivere la gioia del tepore. Il sole accende i campi di luci e di sapori. le zolle rinvenute contesta il gelo, sognano i sogni, marzo si presta a voluttà di fiori lotta contro i soprusi dell’inverno e accende l’alba nuova di speranze. Un po' di Fede L'amore ha una rotta per suo conto, lo conduce un vento che scalza i pregiudizi perciò non segue aliti inculcati, lo perseguita il raziocinio, e mare mare mare istiga a inabissarsi… se ti congela il cuore senti la vita che si scioglie dietro il cancello, prendila per mano dagli lo spazio di un sorriso e un po' di fede, anche gli alberi spogli si stringono coi rami in dolce abbraccio nella stanza fredda dove suona più forte il desiderio di un raggio di sole. Il mio pensiero ha orecchie accostate al suono di una voce che ha cullato sogni dolci che non spegne il vento…. ho debiti con te che non posso pagare per la perla che mi hai donato, testimoni il sole e blu marino sotto l'ombrellone… sfoglio nel reliquario i giorni muti di questo inverno e trovo sempre sullo stelo appassito un fiore fresco. Pensiero vestito di velo Il mio pensiero ha una mano che sfiora il tuo silenzio entra negli abissi prende il peso dell'ansie scopre nel tuo cuore un sorriso che gioca con le lacrime… versi di poesia sulla strada del cuore tingono di colori le pareti grigie. Pensiero vestito di velo illumina le note del cuscino mi conduce nell'isola dove i sogni si possono toccare, suona la sera dolce appuntamento come un bacio sospeso sulle labbra che si sveglia con l'ali addormentate per la magia dolce di cullare una poesia, sentita recitare nelle attese pazienti, nella gelosia che traspare dai tuoi gesti impigliati a qualche scoglio, nella gioia di versi e di parole, nel dono che mi sfogli e affidi al vento la confidenza di segreti averi, la sento che sorseggia il mio respiro. Rimorsi pungono le spine rimaste di dettagli inariditi, a proravia seguono il tempo, si affollano dietro l'ultimo giorno allo sportello, cercano Dio per filosofare. Candele nel buio della vita schiudono la porta con la voce timida parlando, nella sala bardata di pregi dove mille parole incorniciate svelano sogni a fiorire, sui binari stretti in equilibrio si tengono per mano a luce fioca per non precipitare. Sorrisi rimasti sospesi Approdare alla riva di un sogno che tenevo stretto nelle mani nel concento di stelle cadenti fino all'illusione del traguardo… sorrisi rimasti sospesi, nei lassi di dolce soffocati dalla mania dell'assordante luce vuota di melodie di coprire la fiamma di candele, volano sull'ali delle notti e piangono con gli occhi delle stelle. Luce di gioia oggi si legge una poesia del cielo vecchia e nuova luce di vita piccola indifesa vince la lotta coi giganti con la forza della sua tenerezza… Luce di gioia negli occhi del dolore d'una mamma sfinita, il suo bambino sfocia dalla ferita incisa su suo grembo… parte la vita di vagiti e sorrisi lungo i campi verso l'orizzonte scoprono il mondo gli occhi nella cuna, le manine tenere toccano le pareti di questo andirivieni nell'attesa che l'alba scopra il sole… non inquiniamo il giorno con le nubi aberranti di questo clima… Lo squalificato Nella formula “pane acqua amore” dove attecchisce l’essere, trasparisce il senso delle azioni, ma incide un controsenso di batteri… mettiamo come centro l’io sconnesso votato alla mania di essere più alto della propria statura, perciò ferisce i piedi del vicino per giungere al traguardo nella maratona della vita, ma un sole lungo il varco schiarisce le misure della nebbia e l’arbitro lo espelle dalla gara. Come nasce una stella La piega di un sorriso che accarezza con la dolcezza liquida degli occhi giunge dalle altezze di sogni fino al cielo e l’infinito accoglie nelle braccia lo scintillante ardore. Sei anche mio pensiero Non lascerò i tuoi piedini nudi su lastrico gelato di questo inverno. Ti terrò stretta non ti lascerò sola nel deserto. Onda di dolcezza sei, mi avvolgi. Volteggiano tutt’intorno al mio cuore sirene di pensieri hanno ali di farfalla, luci fantasmagoriche di stelle, un vento amico spalma di miele versi come petali di una poesia di fiori... senti scintillare il rosso di un dolore su una lacrima tenera cadente ai piedi dell’amore. Passerella camminando su sentiero acclive spinge la vita gli anni il canto della luna insegue i giorni che sfilano nel pugno di una mano come nodi ad ogni compleanno, la passerella prende il tono, inciampa tra fiori spine fantasie ed altro, a livello elevato dove sazia di vista il panorama del cammino é facoltà del monte porgere un lato tenero alla sponda dove raccoglie senza pregiudizi tutte gocce di pioggia come il mare. I sensi del cuore I sensi del cuore scuciti dalla intellettuale prepotenza sempre tesa a discutere i cavilli subiscono l’analisi di lupi perciò l’amore siede davanti al tribunale dell’intelletto senza avvocati, viene condannato all’agonia spesso muore, qualche fiore bianco insiste a superare la stagione affronta coi getti di pensiero chiodati tra le mura e con i sogni le sentinelle a muto sorpassare, dietro la porta della sua prigione vede morire i sogni trafugati dalle incertezze della sua statura. Il male e il bene Nei lassi di memorie le vicende collocate ai bordi della vita assomigliano al percorso del sentiero in salita fino al monte dove l’Uomo addotto dal popolo al calvario toccò il costato degli abusi, lungo i passanti sterili del tempo s’annoda la crudezza che spegne le candele… non colma la distanza l’onda pia che accarezza imperterrita la riva, perciò l’orizzonte non si raggiunge con l’affanno dei passi ma si tocca soltanto con le mani degli occhi e dei pensieri. L'onda della sera addolcisce le note su cuscino s'acqueta il verso duro delle rupi negli spazi di colpe come spine vivificate dalla sonnolenza gocce di silenzio navigando la notte rappattuma le dicerie del giorno tenendo nelle mani una candela culla il fruscio dell'onde nel cammino si incontrano dolci di ricordi che infondono gioia di lacrime balzano sui lassi di memorie nei centri dove brillano gli amori conduce un vento dolce dove l'onda si placa e si condensa nella sede fantastica di sogni. Sospeso a una miriade di stelle che sembrano luci di candele viaggio alla penombra negli sperduti vicoli del cielo, ma il sole incalza, mi aggrappo alla tua mano che mi pare stabile. La realtà fumante ha staccato la spina:... fino a quando riuscirai a tenermi senza farmi cadere sull'asfalto gelido di questo inverno. Luci di Natale stillano cori di Natale le finestre agghindate un verso abbraccia l'altro, Le vetrine indossano colori luci intermittenti fanno a gara con gli alberi addobbati della piazza come una sfilata di moda… Immerso nell'atmosfera il verso di programmi acquista il tono che l'armonia propone… parte la corsa prodiga di generosità sembra un'esplosione di altruismo… ma dietro tutto questo andirivieni animato dal vento di Natale una stella cometa non allunga la mano fino all'ombre che splendono più forte delle luci sotto l'albero carico di doni. Isola colorata erbe selvagge, fiori e sussurri del vento dove l'onda rabbiosa dell'inverno ha lasciato tracce di dolore, marina guarda il mare oltre la linea azzurra che accomuna l'immensità del cielo, affollata di sogni come ombrelloni in piena estate offre riparo ai piedi nudi scottati dalla sabbia di questo sole troppo forte per essere sincero… cala la sera partorisce stelle, si accende di sogni la marina sfiorata dalla spuma che dilaga e regala dolci di poesie Una canzone di Natale Dicembre intristisce di gelo rami spogli le antenne del freddo installate su piattaforme ingiallite mandano in onda sentimenti rigidi come ali di aquila ed artigli senza incontrare oasi d'amore… e si accende la stella, forte di luce incide il calendario a decorare il freddo di pensieri… Natale carico di versi allaccia il mondo, fasce abbienti poveri d'amore cercano gioia nei scialacqui, bambini sospesi a fili d'oro fomentano la lista di regali mendicanti affollano le soglie dei supermercati dove il cuore diventa più buono... Questo dilagante chiaro scuro con tutti sfondi e l'ombre danno vita a un quadro dove la realtà scintilla e stona come una canzone di Natale. Un treno corre senza ritegno a rischio di deragliare sui binari frenetici, fuori dai finestrini corre il mondo, con gli occhi del sole vede zampillare fiumi grattacieli monti mare… il macchinista guida muove i sensi della locomotiva gioia, odio amore… certe particelle all'avanguardia tirano i freni contro la voluttà delle impellenze con la briga di farci ragionare. Il fiore dell’amore Le notti scivolano una dietro l’altra unificate da immagini assenti sempre vive, il sorriso degli occhi, le dolcezze non hanno perso un attimo di luce lungo gli irti chilometri di tempo, onda acquiescente allaga dolce voci da lontano come una mano soffice la pelle adamitico incorrere di foglie schiude petali dolci e sfoglia al sole vivo di ricordi senza imbarazzi il fiore dell’amore. Innamorato di una stella che conduce (magia delle parole) il profumo dell’anima, tristezza di pensieri inseguita da raffiche di vento si propala nei vicoli dell’universo, addotta da remore infinite del passaggio di una cometa cupa: sangue peccati lacrime… l’alcova esterrefatta dove sogni diventano martelli fluiscono da lettere di un suono che diventa dolce nell’attesa dove si condensano gli aloni veicolanti in aliti sospesi trovano un volto gli occhi ed un sorriso come concretati intorno a un nome i lineamenti dell’anima… carezzata da un alito di vento veste il pianto di foglie coi colori. Perduto amore I sensi del tuo cuore abbaruffati dai moti della mente sempre protesi a rendere cavilli spirano contro il folto di bagliori come lumi teneri perciò l'amore grande trascinato davanti al tribunale non venne assolto… dietro le grate della sua prigione vide morire i sogni di vecchiaia trafugati dalle incertezze della tua statura. Insonnia il mio cuore è pieno di versi, ma si sono perdute le perle che ornavano il mio davanzale, ora si affaccia muto senza voli e nemmeno un fiore, nello spazio di notti giganti che imperversano, col soffio di pensieri accendo piano piano la candela del sogno che si affaccia aspettando l'alba di domani. Parole affacciate dal muro del tempo sull'inconcludenza di questo disordine emergono nel mare delle notti, la mia nave contro scogli invisibili sommersi naviga senza distinguere i nemici che assaltano la chiglia, perciò nei dormiveglia coi rintocchi lenti da lontano, ascolto dentro l'ombre, sento l'inverno arido che bussa, percorro tutti gli angoli remoti rannicchiato dentro una poesia con la fede a tracolla e il sole spento. Novembre Il vento sfoglia il sapore dei campi dove la terra nuda va in letargo ed alberi piangono il folto di fronde un verde più intenso traspare dai pini, colori pacati di raggi sciolgono un tono lento sembrano cavalli senza forza con fare rassegnato ad affrontare il gelo, l'acqua trascorre torbida di piogge recenti, il torrente gracida ancora sull'erba le foglie gettate dai rami inseguono il vento giocando a frotte con i bambini e accendono l'aria di gioia. Riciclaggio In dolce custodire nelle vetuste zolle vermi, spore, muffa in riciclaggio della vita visibile affidato all’arte purulenta di mosche, insetti… girano la ruota che fa durare il mondo madre terra avvolta nel mistero dell’infinito Senno percepisce il tocco del Pittore. Volare Nello spazio di occhi che si perde nell’infinito mare la fantasia esplora cieli ignoti fabbrica fili di sentieri dove sospesi a questo sito rimandiamo le riposte domande a più lontano. La nota di confine dove il mare si sparte l’immensità col cielo e il sole pacato come un vecchio stinge nei versi stanchi lo splendore, ritorna dopo la notte scura di cammino trascorso intorno al mondo e porta in braccio il suo sole bambino. Non piove Un batterio si diletta a spalmare col pennello granuli di intrighi nella parete fresca di pittura, le zolle corrotte dal gelo diventano aride spoglie, deserti col vento che invoglia tempeste di sabbia… nel campo dove nascono fiori di poesie ed altro qualcuno si è preso la briga di raschiare gli errori con accenti dolci additando il cielo, ma non piove… soltanto qualche goccia alleggerisce il peso dell'arsura. Scusami se guardo Scusami se guardo il tuo sorriso faccio provviste quando non ci sei lo uso per dipingere il silenzio della solitudine… non ascoltare voci di miei occhi parlo con me stesso e con il cuore. non chiedermi con l'aria volermi dare il mondo… certe cose sono di valore si sciupano toccarle con le mani, scusami se il cuore le accarezza invade competenze di tempo e di confini ma non ha il mio consenso, è fissato al cielo, perde notti di tempo dietro stelle cadenti… combina solo guai. Luci dell'alba Luci dell'alba entrano nella stanza assonnata, incontrano fantasie del buio nei corridoi stretti dove gli occhi stentano a passare, l'ingorgo avviene quando la sveglia sospinge il tempo a sorpassare l'ore, la vita prende il senso della costernata inappetenza al suono vorticoso di voci alla ribalta sospese del dì scorso coi passi come tasti nella nebbia. Povero amore calpestato strappato abbandonato tra macerie di sogni pietre dure e ruggine avvilita di cancelli serrati contro il tempo, lo ritrovo sulla pagina antica appiccicato da una lacrima secca come un fiore nel libro di latino. Gioia Gioia nel volo di un uccello che trascina a fatica una pagliuzza con la rotta del nido sul tetto, gioia di ronzare il calabrone che corteggia il giardino fiore a fiore, gioia sfoggia l'albero il candore di fiori come preludio della sua perizia che intende consegnare alla stagione, gioia carezza il sole raggi dolci e l'alba si commuove, se guardo il cielo nottetempo gioia diluvia dalle stelle che intonano concerti di armonia, anche gioia negli occhi di un meschino su lastrico seduto cui regalo qualche moneta a cambio di un sorriso. ovunque gioia, amore indagando nel cuore delle cose sotto il cavillo per commiserare. La norma La norma tutela le spire del colosso armato fino ai denti di avvocati di buona qualità, la norma legale arrogante pertinente, la norma che morde condanna… la norma che cuce che scuce rattoppa che lava le mutande sporche della legge, la norma che illumina sbagli, la norma che vale non vale, la norma che premia castiga condanna… la norma che grida la norma che striscia che spiana che sbaglia... la norma che tange la legge. Proiezioni Il parto che inizia il cammino passando attraverso la cruna del tunnel si accende di lune riflessi di lotte coi sassi fino al mare dove si svolge il filo, rifluisce prima di sboccare in delta di memorie le correnti ammansite dal ristagno seguono i battiti dell’orologio col cuore vulnerabile, il delirio non ride a spettatori che applaudivano ed acque di fanghiglia della micidiale indifferenza emergono dal fondo. Chi ha coltivato fiori oltre recinto campagne fiorite rincorre la sponda nebbiosa vede il sole non bolle di rancore senza onda come il vento sull’acqua dello stagno. Africa L’onda dell’Atlantico lambisce fino a perdita d’occhio la costiera, il bianco della schiuma si intromette tra palmeti che affollano la sabbia gioca a sollevare qualche tronco caduto, e ceppi morti nuotano, scolpite due ragazze coi seni nudi coltivano nei passi l’eleganza e bambini mostrano il sorriso di denti bianchi sullo sfondo nero e gli occhi dolci danno un canto al cuore. Le lavandaie stanche di lavoro su gusci di barche fanno ritorno a villaggio di case coi tetti di paglia come nidi, liete di stare insieme si stringono, in placido tripudio si fondono tramonto, verde, incanto. Al centro dello spiazzo la magione dell’anziano capo sfoggia eleganza in disegni scolpiti sulla soglia… Ora si accende l’aria di colori, suona tam tam di rulli e di tamburi si ravviva il villaggio, si illumina di danza canto giochi… corpi sereni docili al pennello degli occhi danno l’acquarello dell’artista… Africa forza selvaggia, fuoco di raggi accende arsura, siccità… pioggia che scroscia inonda la savana zebre giraffe antilopi elefanti, saltano le gazzelle sotto le grinfie acute di felini, nelle radure corrono gli struzzi… cascano l’acque di imponenti rivi estasi di fragore… ma qualche automobile s’affaccia sporca di fumo la melodia selvaggia e ludibrio si spande a macchia d’olio di ferro, di cemento rompe l’incanto il verso non selvaggio, prepotente della globalizzazione. Un progetto malfermo accovacciato tra le braccia del tempo coi sensi adombrati dagli stenti la marca di tratteggi sulla fronte lo vidi rantolare tra rifiuti sassate calci e passato digiuno nelle mani. mi avvicinai per coprirgli il vuoto con una carezza… lo vidi allacciarsi allo spiraglio intensamente stretto… povero cane! e diventammo amici. Gennaio sotterra l’anno morto, spegne le luci di Natale solleva in fretta il sole dal fondo del solstizio… Cade la neve a fiocchi di speranza copre gli aridi spogli e poi conduce progetti, speranze, promesse di un anno migliore… Prendi lo spunto di questo primo passo per seguire un indirizzo buono, conta una strada irta di scalini per abbracciare il quadro dove pullula il coro di lacrime e soprusi, grida una parola contro il male … forse tutti insieme potremo riuscire a spaventarlo. Natale la voce dolce di candele accende sotto l’albero placido tremore come un senso che gocciola dal cielo, scandisce fogli intensi sparpagliati di miseria e dolore, e accende note di pietà, ma incombe il gelo a questi tempi, e il sentimento dolce di donare non abbraccia le stelle ma stringe il laccio al collo dell’amore lo imbuzza fino al collo tanto forte da farlo soffocare. Inverno é caduta la neve é tutto bianco i fiori intirizziti sono morti... non lasciarti prendere dal ghiaccio di questo inverno estremo conserva i bulbi dolci in fondo al cuore apri una finestra lascia passare un raggio perché nel mondo non c’é soltanto odio c’è pure amore… Avvento l’attesa conta i giorni luci di Natale scintillanti vetrine illuminate segnano il passo all’estasi negli occhi di bambini stillano i desideri… presso l’ingresso di supermercati tra le insegne, luci i marciapedi dove esplode il coro ecatombe di abeti aspettano il cliente… fata regina bianca di candore è dono di Natale che fa Gesù bambino allaga di poesia questi tempi spinosi e fa sentire buoni dentro il cuore. Dicembre incalza coi primi versi freddi sulla fronte. Siamo entrati nell’aria di Natale. Il sentimento seduto sulla soglia del mattino che man mano con gli anni si assopisce sfogliando le pagine incontra disegni dipinti a quell’età di fiori quando bastava un niente a illuminare il cuore… Oggi luce abbagliante senza amore la cometa conduce in certi luoghi dove scorre il fiume dell’abbondanza, e lascia la capanna al suo destino. Natale Natale Natale è coro di luci che danza nel freddo si fonde col canto che nasce nel cuore del mondo e sale nel cielo attratto dal coro di stelle che cala in serafico ardore. Il lume di stelle conduce la fiamma di mille candele che ardono, a dolce tepore nel gelo che incombe… Natale Natale Natale è un volo che cerca un volto fratello, da tempo perduto, diviso da un qualche rancore, un figlio venduto all’orgoglio, un padre ceduto alle brame… Natale Natale Natale è una luce che accende il senso divino dell’uomo, un fiore che sgorga dal cuore si reca a cercare perdono negli antri di pena e di fame… Natale Natale Natale è un pensiero toccante illumina il buio dei morti coi taciti lumi di ceri… Natale Natale Quante volte Quante volte sono entrato nel negozio dove vendono i sogni carico di soldi e di speranze senza trovare niente di mio gusto. Ora che il sogno splende nella vetrina non ho i soldi, ti vedo addolcire dietro il vetro coi versi e il pentagramma… ma brandelli di cuore non parlano poiché non hanno niente da dire, non scrivono poiché la tastiera del computer non contiene segni compatibili, nuotano alla deriva alluvionati nel sogno che trabocca dal suo letto di luce. Come faccio a lasciarti La mia anima vive nel subbuglio di un cielo stellato dove stelle cadenti che ho raccolto stanno bruciando i fogli del mio libro di sogni col bagliore. Come faccio a lasciarti se ti incontro ogni notte prima di addormentarmi, se mi sfiora il tuo vento, se pure la tua cenere spenta mi entra negli occhi… Come faccio a lasciarti se conservo sorrisi imbalsamati in un astuccio d’oro, le tue mani dal sapore di cielo, baci sfiorati … dove ogni sera prima di addormentarmi porto un fiore. La tua ombra é incollata al mio respiro ma gravano colpi di scalpello sull’incedere muto. La cera L’artista ha scolpito i giganti e parlano muti al silenzio in questo museo delle cere, la cera la cera la cera il verso che incide la cera… si foggia si scioglie acconsente la cera a misura di calde parole la cera la cera la cera il verso che incide la cera… s'ostina resiste rapprende la cera per conto del freddo la cera la cera la cera il verso che incide la cera… altre cere animate si agitano nel grande teatro la cera la cera la cera. Sui gradini del tempo Quando la somma degli anni arriva al punto e volge il segno alla polvere patria che si leva cerco la chiave per aprire il muro, rovistando tra pezzi latenti di vita ricupero un esame di coscienza ed un passaporto di memorie per non precipitare. L’onda vorace Il senso che accende le penne del pavone, non morde l’osso duro che resiste ai denti di Vulcano perché sa di non potere fare sesso senza spegnere la luce, perciò i ginocchi rosi dall’uso prolungato del pezzo che non vuole essere un bullone subisce l’analisi di effetti del vento che può sradicare alberi secondo la costituzione dei mattoni che hanno vinto le elezioni perché sono stati di crogiuolo. Le insolvenze Un pensiero affacciato all’orizzonte tenero accende suoni antichi, prendo posto nella platea diffusa di carenze dove rilevo cose fuori posto… ma non c’è verso di fecondare la terra coi raggi dello specchio che riflette la fantasia che svolge la sua parte piegata dal cuscino… tirando le redini, il cavallo che aveva allungato il passo inciampa contro grumi di memorie e si ferisce i piedi galoppando Guerra e pace Tra maglie impigliate di cerchi carnivori che vanno fino alle latitudini polari e di meridiani trasversali che strappano agli urli carne viva, la bilancia che pesa le distanze accomuna le specie per l’affannoso errare alla ricerca della supremazia. L'uomo che detiene lo stile di ciascuno, alleggerisce il peso fabbricando il sangue dell’agnello per lavare, la pace del piccione per volare. La moltiplicazione Alla natura interessa la moltiplicazione, non conosce aliti inculcati da sopraggiunte interferenze, un vento sfoglia pagine del libro crivellando l'indice di note ed assegna i compiti implicando anime gemelle irregolari. Il flusso che annebbia i lineamenti dell'anima attraversa una campagna sazia di fiori vuota di profumo che converge al crocicchio solenne di promesse coi soggetti ordinati per chiglia prescindendo da solchi trasversali… Sotto gli occhi del buio spalancati l'alba si sveglia aperta su cuscino pestato dalle corse di cavalli e raccoglie le ceneri dei pezzi. Orazione Arreda il palcoscenico un segnale, coordina equilibri indice premi, e pone ostacoli per rendere più idonea la vittoria dei concorrenti, toglie persiane alle finestre perché entri luce nella stanza e tocca gli inquilini nonostante il vestito che genitori indossano al bambino proponga la vista dietro un velo che copre notizie riposte nella valigia vecchia deformata dagli urti contro il tempo… O Signore! Nell'officina dove ci hai impiantato aiutaci seguire la tua strada adottando gli arnesi che ci hai dato, annusando ogni pietra per capire i tuoi intenti, con la gioia di porre un sassolino accanto ai tuoi per la ristrutturazione del tempio. È mio figlio Guardo dalla porta socchiusa nella stanza dove dorme il sorriso di un bambino, forse sta sognando… Il suo silenzio dolce mi conduce coi sentimenti adulti nella culla, e davanti lo spazio di una vita. Prendo il treno affollato inseguo correndo il suo percorso… sento i versi del peso sulle spalle e mi ritrovo vecchio sullo specchio sorpreso dall’incanto di un bambino. Ti amo La notte accarezza le mani azzarda sorrisi promesse regala, sapori di azzurro il velo del sogno che prende lo spazio alla sabbia di luglio, di agosto addolcisce le ciglia, ascolta segreti risponde silenzi, ammansisce la spada di regole inventa parole… ti amo. La notte Il giorno frena la stridente corsa prima di scaturire, la foce indossa gli ultimi vagiti dell’orizzonte, nel mare del silenzio apre il sipario la leggiadra notte e sa di immenso… dissolve frastuono di raggi, cancella l’egemonia di urli di soprusi, prende cavalli alati e galoppa nel tempo, la libertà repressa da vincoli sospesi abbraccia, un campo dona senza recinti, é dolce scorrazzare per antichi sentieri, ancora più lontano incontra un cielo di libertà di amare e pianta ovunque alberi di sogni. Guardando le stelle affacciato alle stelle fruisco uno spettacolo che allaga il cuore, nel buio cielo accese candeline a vento che le sfiora trapuntano diamanti di messaggi cifrati incastonati… un codice diretto tra Dio e cuore che la mente si affanna a decrittare. Ottobre Passano pennellate di parole sulla tavolozza del presente e chiodi fitti graffiano la pelle… qualche poesia scordata suona ancora col tormento di raggi versa gocce di miele sotto gli occhi severi della luna… ottobre dorato di foglie e di sole si staccano dai rami i pensieri maturi cadono nella solitudine… ottobre lenisce il sole il pianto con le carezze d’oro. Stelle cadenti Stelle escono dal cielo tingono la notte degli amanti di illusioni… tendono le mani prestano favori ad ogni passo perché l'amore è amore non laccio vecchio imposto di legami… nei reconditi spazi delle segrete stanze colano i desideri… cuori appartati sostano all'aperto guardano il cielo tesi ad aspettare una stella cadente. La mia nave ha percorso leghe di cammino necessita di alaggio per raschiare memorie di crogiolo incrostate alla carena che affollano il silenzio, cercano nelle trame qualche parete per piantare chiodi, a questa età la ruggine sfonda il martello… l'anima conduce ad incollare un qualche segmento all'altro capo, ma i pensieri che hanno visto il sogno naufragare, piangono tre le braccia del tempo che li stringe… l'involucro scaduto varca il muro e dalla porta chiusa con aliti di piombo non passano le grida all'altra stanza… Un tonno innamorato della luna che lo guardava fisso nei fondali pensò che fosse amore, mutò la rotta verso l'orizzonte dove nasceva… vacuo peregrinare acqua sorte elesse il flusso nimbo di lampara nel mare buio… l'arpione rese all'amore il conto. Ascolta il sole Ascolta il sole come contento gocciola fili di primavera a questo mare impestato di alghe e di soprusi a questi campi squallidi battuti dalla recente grandine, guarda i germogli avvertono il segnale… uccelli dai cespugli indossano le ali, e l'alchimia che insiste con le mani fatate indora il cuore, redarguisce le piaghe indolenzite e lacrime diventano diamanti. Grazie Signore Grazie dell'alba punteggiata di programmi che mi aspetta alla sveglia. Grazie di avere colmato il vuoto col tuo soffio. Grazie di avermi ammesso a questo stadio dove ciascuno porta a compimento il suo destino Grazie di avermi dato la natura come libro aperto, e luce di germogli che coprono il seccume Grazie di meraviglie fino a settimo cielo e scie fulgenti tagliano gli spazi e abbeverano sete di misteri. Grazie con la forza della gola grazie grazie grazie… Una canzone araba vibrava sulle corde della cesura intrisa di silenzio affollato di calpestio di passi, presi il filo sottile nelle mani e mi lasciai condurre verso la scaturigine seduta sugli scalini a fondo dell'U-Bahn dove sostano gocce di vapore e gli odori pressanti del ritrovo che non conosce il sole… era come una sorta di profumo che penetrava il cuore quella voce, scandiva sulla pelle nello scontro di ombre e luci un sobbalzo di brividi, luminose fonti incastonate da una folta chioma a mala pena ardivano il tesoro che si celava dietro un velo di stracci, e frettolosi accenti senza occhi le passavano accanto indisturbati. Io l'ho visto La fantasia del tempo che conduce gli anni all'acme evoluto volta faccia, sfoglia l'agrezza e la conduce giorno per giorno all'attimo indeciso fino a quando scompare… io l'ho visto superare il cancello, quando il dolore che contrasse il viso lasciò la preda, accese una dolcezza, gli occhi chiusi, ed un sorriso volto ad altri cieli. Un'incombenza slitta dalle mani apre un varco di cielo e abbraccia stelle, scivola, perde il peso del senso che lo incolla in fila dietro gli altri e li sorpassa finché diventa primo… l'ultimo rimasto perde la rotta vaga alla deriva su ciglio della strada, si distanzia dall'uggiosa scansione che rincorre la rotta del pontile dove aspettano il carico i portuari e vagola randagio… nessuno lo soccorre lo sbatte il vento con la barba lunga tra i rifiuti. Politicanti dove il verbo è la chiave per aprire le porte della stanza sconfitta e sciorinare a vento brandelli di dolore, l'ombra affina i denti degli artieri… prominenti ed altri si vendono al successo, imbottigliando accenti e fiaschi di parole legittimano abusi… concerta il gusto della porchetta e maialini infanti a lunghe file che aspettano il macello… Il podio spegne le notizie fumanti all'orizzonte. Settembre La stagione matura acquieta l'ansia, guarda le pendici e gli strapiombi che ha superato, si ferma a contemplare in pacifica quiete emolumenti… Settembre Le fronde sazie di sole che tra rami stilla sostano senza vento, sono pensose… spande l'armonia una carezza che prepara il cuore come il presentimento di un saluto di qualcosa che parte a passi lenti lascia nel cuore un brivido di vuoto. I vagoni La locomotiva trascina tre vagoni: l’abbacchio macellato sulla soglia della macelleria guarda il mondo che gli passa davanti col terrore infitto negli occhi spalancati... il mondo che gli passa davanti e non lo vede… il mondo che lo cerca e guarda il prezzo. Il re In questa voluttuosa meraviglia dove gorgheggia l’atomo pensante, si muove un verso, vaga a casaccio oppure c’è qualcuno che lo prende per mano e lo conduce. Cerca alloggio nei cuori, entra dagli occhi dall’udito dal profumo di pori della pelle… non guarda le tendenze del cuore concupito, non si accorge di brogli, non ascolta il senno che lo sgrida, anzi diventa ardente, caccia dalla dimora legittimi inquilini e con la prepotenza invade il regno. Nei profondi abissali dove l’anima cerca un appiglio, il pensiero conduce alla sua porta, s’inchina al suo cospetto e lo proclama re. Oasi di tepore In questa regione di confine, sulla strada che fila dritta verso la frontiera, c’è una detestata piattaforma dove giungono a frotte pellegrini con inciampi gli affanni i malumori… il testo più dolente è il cuore secco a queste altezze per troppo freddo e siccità di amore. Il paesaggio é sbiadito ma qualche foglia gialla e un raggio d’oro sussurrano, l’oasi di tepore inganna il tempo e fa spuntare i fiori. La pioggia la pioggia che giunge inattesa sparpaglia la folla, la pioggia che piove a dirotto conduce sotto un balcone due sconosciuti soli senza ombrello, la pioggia che inventa parole insiste consiglia sconsiglia propone la poggia la pioggia la pioggia… conduce la coppia a un portone… la pioggia che picchia sui vetri, che scivola piano un cuore disegna due nomi… la pioggia la pioggia di ieri la pioggia scintilla di raggi di sole. Diamoci del tu Sorpassiamo disagi della lingua invasata di classismo, livelli arroga il germe versi giovani aliena l’uso impone arretra riverenze imbarazzi… rimasugli di senso che declina degli avanzati oscuri medievali cancelliamo, l’uso degli accenti esalta gli scalini confonde i pianerottoli allontana il senso dolce della confidenza. Il sole canta dietro nubi rimosse a tutelare le acrobazie di maggio, la pioggia ride centellinando gocce di colori come l’arcobaleno dietro i raggi, cresce a vista l’erba loquace, lo zappatore insiste la insegue con la falce per dare spazio a grano, ma essa è troppo fitta a questo clima venduto al gioco delle inversioni. L’insetto illecito Al mio paese la litoranea prosegue afflitta di ristoranti, che corrono impegnati a dare odori di pesce fritto ed altro. Dopo il deturpamento, il profumo di mare ed il respiro diventano sinceri, la costiera di profusa schiuma esala dolce sciabordio di onde, propone scorrazzando più fragranza di mare, quando la sera un sentimento dolce si affaccia, quando il cielo fuori dallo schiamazzo di lampioni indossa dolce abito di stelle ed il mare si veste come il cielo… rintocca un desiderio di seguire l’incanto, ma la strada è interrotta dall’ illiceità che ferma i piedi al muro di una villa in questa bella patria di venduti di vergogna e di abusi, perché l’insetto illecito che succhia il sangue ovunque partorisce i vermi sulle mele più dolci… Perché produci amore Se all’amore non hai niente da dare? La fattezza di tuoi tratti è squisita, la tua pelle é docile pelliccia di felini che invita mie mani a carezzarti, occhi sospesi di sorriso inganno colmano l’orizzonte di nebbia cielo mare ed infinito come esca di buona qualità. A questi tempi negli spazi avanzati in prima fila sono egoismo crudeltà arroganza… cade una bestia grassa, è gioia di sciacalli… da un qualche cielo scoccano nubi avide di pioggia, ma lo sporco ha impregnato le pareti acqua scola la macchia non si lava. Armiamoci di missili di amore per smontare le file dove il male sta seminando odio, addestra le sue vittime a sacrifici estremi, nutrendole di sangue trapianta nell’animo l’orrore. Perciò seguiamo il verso di nemici votiamo il nostro cuore a sacrifici per piantare negli animi l’amore. Per amore fedele amico natural durante si lasciava montare per amore… prestava servizi a norme incise a misura di strame e di brusca su tavole del testo che impone sentimenti galoppanti, si presentò il fantino con la frusta coi tacchi e abusi ai fianchi, il cavallo cui era stata tolta la parola divenne schiavo e indossò il nitrito… per amore. Un altro amico caro ha oltrepassato il muro sottile come alito di tempo… la barca lascia l’isola di scogli, l’anima libera dal peso prende il largo nel mare della notte le persone care incontra che ha cercato nei sogni e s'addolcisce. La speranza quando sorella morte alleggerisce un’anima dal peso nei costernati astanti il profondo si popola di ombre dalle ombre lupi di fantasmi indossano le ali rimane aperto il bacio dell’amore... la mano che solleva l’anima dal fondo è un lumicino acceso tra ingarbugliate rotte del pensiero. Taormina Arrampicata a pittorici anfratti la bella soleggiata sull'eponimo monte abbraccia il canto della baia ridente, lungo il crinale ornato di vetrine fanno capo di colori fantastiche viuzze, la chiesa dove ho votato lontananza angolo di promesse che ha deliberato il mio futuro ora consumato rifocilla lo spazio che allaga distanze a misura di borghi in lontananza, lumi sospesi alle pendici dell’Etna e stelle dalla cupola immensa piovono una pioggia di lampare, a precipizio gli occhi colano a picco lungo la spirale del burrone che scende a capo chino tra fichidindia e mandorle, turista balbettante mentre ascolto il fischio di un treno che mi sgrida col verso sottile scompare sotto il monte e trova il buio nel tunnel profondo… del cuore. Maggio fa sentire luce di germogli… ma la corteccia secca avida di tepore che si affanna lungo le vie del mondo, è come un giorno secco spolverato di sogni che cammina, questo rinverdire é una festa che non le appartiene, cerca un ripostiglio dove a nessuno pesa per conservare tutte le pietruzze che hai raccolto, che un qualcuno non le butti via. Il colombaccio Maggio musica l’aria di soavi accenti tinge di verde intenso la campagna e scrive sulle righe onde di fiori, ciascuno inventa una canzone d’amore, vagano versi belli ed è poesia nella pagina azzurra del cielo… ciascuno intona e loda l’altrui coro… un colombaccio spavaldo rubacuori si tuffa in mezzo all’armonia di trilli ostenta un verso stridulo per dichiarare amore… ruotava intorno sotto il suo balcone dove la colombella senza teneri lumi di pensieri accolse l’urlo dello spasimante tra i preferiti ardori. Nella folta sera Racemo zeppo di parole dolci. Acini ad uno ad uno pendevano sul sorriso degli occhi, gongolava il cuore… su desco apparecchiato dall’amore versava il cielo gli ultimi ritocchi con fantasie di stelle nell’attesa che spuntasse la luna. Com’era bello! Spesso affondo i pensieri nell’infanzia e incontro quei momenti dove ho scavato i primi sentimenti, ho appreso i primi versi, quando la spuma l'orme sulla sabbia giocando cancellava sotto i piedi... com’era bello! Com'era bello un dì quel paesello cca sicca, i petri niuri, u scopp'ill’acqua ccu la marina china di bastasi e menzulitru banniava i pisci frischi du nostru mari: "mpiattu i masculini centu liri. Da allora mezzo secolo è passato Oggi Giardini-Naxos si staglia tra massi rabberciati mentr’io mi dolgo inerme in altri lidi col peso dei ricordi dietro gli anni. Pasqua di resurrezione Buona Pasqua cari amici che cantate pace amore a questi tempi quando pace amore sono solo parole…. Buona Pasqua penetra una luce in questo spesso strato di alterigia su sostrato impregnato di torpore e le diffuse sonnolenze attive del popolo sovrano che intravede la nube che sovrasta, e cammina sul fango della via… Buona Pasqua risorge l’orizzonte dà segnali di luce e di colori, l’alba si leva subito gli uccelli danno cori di festa, dalla nuda terra sono risorti i fiori il verde copre i campi s’infiorano le spoglie risorgono le foglie… Buona Pasqua Gesù Cristo è risorto suonano festose le campane, ma in questo campo arido di lutti scandiscono rintocchi senza cuore. Un bel giorno o di sole Dalle pallide luci sfocate si diffonde un colore innocente di profumi di rosa e d’arancio l’orizzonte e l’aurora abbracciati partoriscono il sole bambino già compare la sua testa bionda d’improvviso, si popola il mare di carole di gemme il cielo si scioglie commosso alla tenera vista nei colori più dolci prende in braccio il neonato lo solleva dai placidi flutti dove corrono tinte di cori, l’alba incerta scompare ed esplode un bel giorno di sole. Noi siamo Un volto s’affaccia e scompare rimane l’essenza del muto prodigio che sale dal fondo. Noi siamo polpa foggiata dal sermone di ataviche voci dei nostri sepolti misteri… passano gabbiani di pensieri sull’onde intense, avidi di preda… Noi siamo un insetto impigliato tra maglie di oscure appetenze, noi siamo un binocolo acceso che rincorre parole alla deriva con la bocca piena di acqua, siamo un bambino con le mani cieche che tasta nell’armadio in cerca del barattolo di miele, siamo un picchio perenne che picchia dietro i vetri appannati che chiudono la vista all’altra stanza. Il sole chiude gli occhi un momento e il cielo piove, la galaverna rompe i messiticci, lo stelo nudo piange, una farfalla vestita da regina trova il merlo vorace e perde il sogno del suo primo fiore, sulla strada fiorita chiude il verso il gemito di un topo agonizzante infitto sulla soglia della tana dallo spiedo innocente di bambini con gli occhi grandi e il cuore già assassino. Così si vive a questa età Sembra bonaccia intorno ma i cieli trascorsi non hanno smesso di gocciolare, i sospiri cascano a dirotto, nel botro colmo si radunano l'acque della pioggia portano il peso delle foglie ingiallite. Le screpolature del cuscino girano sulle dentellature di ricordi, scricchiola note stanche il mio mulino con le pale rivolte contro il vento che soffia da ponente dentro questo presente imprigionato come un silenzio che non esplode. Più non ardisce luccicar di rose come il tesoro della primavera, vezzi forbiti, sguardi, fiori, trilli tentano ancora, ma gli occhi del giorno spingono verso il fondo gli avanzi infradiciati dalla pioggia. Il ritmo dell'orologio scandisce come passi nella nebbia le anafore del tempo, la scolta disattenta si scioglie nella liquescenza di oasi riflesse lungo l’itinerario del passato a raccogliere gemme di ricordi… così si vive a questa età di affanni! Con la catena ferma Stretto dalla nebbia come un raggio chiuso nel cerchio imbocco l'orizzonte che conosco e riconduco il cuore dove fui tentato dalla vita per una riga dolce di memorie… questo rammentare penetra l’onda di un qualche episodio, procedo zoppicante lungo l’itinerario coi propositi di mutare gli articoli riesumando i morti dalla pendice dove posso volare con lo sguardo senza precipitare. La raccolta differenziata La tavola é imbandita piatti colmi di fame da una parte d’ingordigia dall’altra abbicati all’intrigo globale che sovrasta, e la pietà che insiste amalgama i peccati per la raccolta differenziata con mestolo di buona qualità. L’idra Una festuca mossa dal vento ripeteva il verso della fratta seminata di spine, la foia annoverata nelle vicende scurrili del campo dove scorrazza il cerbero, infusa dal lapillo prende piede rifiorisce la siepe d’alberi vecchi, e fiori della prorompente primavera… nel voluttuoso ingorgo un megafono scrolla gli aridi silenzi, condanna l’idra al taglio delle sue 9 teste, ma essa non si arrende, corrompe le azioni geminando una testa ad ogni intoppo… perciò rimane immune dalla legge almeno fino a quando Ercole non rinnovi la fatica. Primavera Il sole giunge al punto incrocia l’equatore si ferma e osserva il suo pianeta terra da vicino, scioglie le nevi, forte di luce ride ai monti, appretta immortale candore delle cime. Un rivolo gorgheggia tra le balze sogna diventare un grande fiume… nella dacia solare appesa all’urlo del gheppio in equilibrio che scandaglia la valle in cerca... un raggio infiamma il vetro prende posto, nella bacheca, gioca a gocce di stelle con l’armilla. La supremazia l'alba si sveglia mentre aspetto l'ora, dalla finestra aperta primavera addensa di gorgheggi l'isola del mio letto zampillanti da un'ugola all'altra, spandono messaggi moltiplicati fino in lontananza. In mezzo all'arcipelago le rive si guardano negli occhi coi dissensi di correnti contrarie… scaturiranno le supremazie. Certi sapori dolci Il buio della notte partorisce ombre, culla di silenzi l’orizzonte. Dalle pagine vecchie d’altri tempi certi sapori dolci celati tra frantumi di uno specchio affiorano ridenti arrampicati alle vetuste zolle… l’onda evade dall’isocronismo dei tamburi straripa nei campi sulle corsie fiorite… primavera come nebbia si aggira pellegrina tra pagine sbiadite cantando con la valigia dell’odore antico aspetta il treno. Una piovra lascia lo scoglio fiuta un qualche punto cardinale, le ventose alle dita allungate nelle mani versatili dirige in concerto di zimbello… semina intrighi liscia i sogni con l’arma diplomatica loquace carezza abbraccia coi tentacoli pronti fino al collo… si muove cerca un posto sull’altare dove zampilla il flusso d’oro nero. Affacciato alla finestra degli anni conto i versi antichi che guardano dall’alto il panorama abbarbicati a spoglie di avventure… si stacca un pizzo acclive di sapore antico che contiene pezzi di cuore, si perde contro la realtà nuda dei sassi, rotola sulla china e si frantuma. Per amore I raggi bambini che accendono il cielo hanno investito per capriccio o per sbaglio il sole vissuto che accende prima di scomparire raggi d’oro, l’onda che schiude gli occhi e scopre il mondo s’innamora dell’inganno dorato, torna indietro cinge coi raggi di seta i rami del tronco ronchioso che preso dall’estasi ferma la corsa intrigante, trattiene i colori vivaci con un laccio fabbricato nell’officina dei sogni. 17 marzo A questi tempi dove altrove si ripetono i versi che hanno scritto col sangue i nostri padri… A questi tempi del batterio invisibile come l’opportunismo miope contagioso che scorrazza loquace e non s’impiglia nelle effigi cariche di nomi che trasudano sangue, non affoga nelle acque del Po, si stende anche a quelle sacre sponde dove mormora il Piave… A questi tempi si festeggia l’onda come una fiducia amalgamata dalle spoglie della naturale consonanza e dal talento amico che scorrazza e fissa al nostro occhiello mille fiori. Mentre ascolto il discorso del sole che cresce sperequando raggi e l'ombre stando dietro grovigli di parole vedo dagli spiragli le locuste sulla fetta di mondo devastata che estraggono ancora dettagli dai rami minuti. Scavalca dighe insiste l’onda irrompe nei corridoi stretti… risalta la figura un bambino patito come gli altri bambini accanto a lui, le ossa coperte di velo, e gli occhi come un cielo di ombre dove ogni segno è morto di pianto e di sorriso gridano… l'urlo penetra i passeggeri, ma non li sente il cocchiere coi cavalli lanciati nel delirio della corsa. Preserviamo i bambini dall’ AIDS Fioriture a corimbo, profumo che l’occhio raccoglie a patto che salpi il mattino un’esca sulla bocca del futuro. Scocca l’attimo a picco ed è subito il sole a meridiano che assorbe creanza di guglie e monitor accesi maturando frutti adolescenti nella serra. Proprio sui palchi di scuola l’anima affronta l’impatto, coprono nubi di tralci i raggi che corrono inquieti seminando spiragli in oasi fresche di cuna (mi commuovono occhi trasparenti di bambini) L’ufficio che regala all’incertezza il preservativo non soccorre, ma ruba a fiori belli la stagione. Ecumene stravolto dai versi del tsunami conta torme di vittime… la grande madre che tiene il potere di equilibrare ha perso il controllo, ancora un’altra volta i suoi figli abbandona nelle calamità… I titani rabbiosi chiusi nelle voragini scuotono le pareti di questo nostro guscio. L’onda anomala rompe sulla costa muove come festuche i casamenti. Un camaleonte voltagabbana sauro legittimo prosapia antica divorava anche la propria pelle che mutava, attagliando colore di partito a mutamenti… esperto in lingua metteva contro prole politica di lanci e ritirava sapide poltiglie inoltrando a scrocco nella guizza prede di troppo senza differenza di bandiere. Alba in riva al mare Lucere di puntini cola a fiocchi sulla placida duna, dalla volta di gemme tacita respira con il fiato di zefiro Ecate l’oscura, su ciglio palpeggia il mar la riva con l’onda voluttuosa, poi l’orizzonte si tinge assale infiamma l’immensità serena ancora avanti compare il sole. Il sole si versa a buglioli di oro colato sull'erba e musicanti indossano uniformi, primavera rimanda a questa stanza di mobili vecchi cabalette mielate d’altri tempi col gheppio che salpava dal torrione della conocchia ad annusare il campo e prillare di rane nello stagno… imboccando il forziere con la gruccia mi spoglio della buccia prendo il volo su sentieri vecchi, mentre corro un bambino incontro che mi guarda con aria esterrefatta come fossi un estraneo, si spaventa dell’io presente e piange. La ginestra La ginestra che corre sui tappeti aspri delle sciare parla con voce ammaliante di sirena agli sperduti calli dove passa il respiro di un qualche andante che ha lasciato nel reliquario briciole di cuore… un cielo di vertigini si staglia carezzando luci di memorie selvatiche che vanno a questo muro di pietre diroccato di sconfitte. Il divorzio Ho percorso tutte le strade con la testa cinta di spine, ho dissodato la terra brulla impiantando semi speciali per la festa della raccolta… ma la pioggia ha creato un fiume, la scure che ha spaccato il ponte è rimasta intrisa di sangue, perciò il cavallo di razza che avevi scelto si è svegliato selvaggio disarcionandoti sulla pista non appena gli hai comunicato il tuo ruolo di fantino, così hai inoltrato il caso alla corte d’appello chiedendo al giudice di esaudire lo straripamento del fiume e minacciandolo di toccargli il costato se non entra nella camera a gas. Un impero di soprusi sta crollando, sogni voltano verso l’alba, guardano sotto zolle di sdegno l’onda che si scioglie dal patrio opportunismo dei predoni. Le gocce di grano sono forti di cielo, domani forse fiori nasceranno sull’orma di radici profumo amalgamando sulle sponde. Ora nel silenzio della sera mentre il sangue scorre nelle strade, stelle si radunano nel cielo dove rapaci lasciano il potere, si sente più forte l’incontro di sguardi abbracciati, e l’urlo pacato dei morti diventa un vento forte come un canto che scuote l’indolenza. Onorevole Il suono della parola che marcia ammanettata su lessico bagnato di congerie ed altro sospinge nomignolo largito alla rinfusa a candidati adepti alle trame eletti dal suffragio. Medievali nobili incalliti sono quasi spariti, sostano incagliati in mezzo ai denti come pezzetti putridi di carne, ma il nomignolo attivo, in questa patria che nasconde il fango dietro lo scudo di sepolti allori e si scioglie sotto i baffi e il sorriso non tracolla, redige gli odori che invadono il campo con l’inchiostro indelebile e la firma. Ho visto il male Scorrazza il male in questa meraviglia dove gira il senso dell’amore. I denti forti azzannano la preda stando seduti sulla sedia eletta e manovali scialbi a recitare la parte di leoni. Ho visto il male all’orizzonte chiuso dalla nebbia, versava amara esule speranza e poi sedotta offesa seviziata cancellata dai sogni di ragazza… da uno spiraglio aperto clandestino colpivano i gendarmi con la frusta una donna piegata senza volto…. nell’ago che ha infilzato una farfalla… negli occhi di bambini tesi alla gioia a lapidare un gatto… Nell’oasi arredata dai proventi del discorso antico alla penombra il lupo attacca i greggi e nei rifugi s’accende il verso della ragnatela. Perdono Sulla strada dell’ultimo tratto dove bazzica la signora nera della falce l’inglobamento nella stessa trama di una farfalla imbalsamata, un occhio sulle piaghe di un cane moribondo, ed altro perquisiscono la custodia di muri dove dorme il peso di cassetti, rovistando, un'onda sulla riva ai piedi del presente si trascina senza potere chiedere perdono. Il canto delle sirene Un chicco scartato dal vaglio troppo vecchio per seguire il coro coi piedi già presi dal velo alza un lembo guarda dall’altura il flusso delle auto che avanza, corre, insegue che sorpassa… il faro elevato sul poggio che vede più avanti il posto di blocco lampeggia per frenare la corsa degli automobilisti ma loro non percepiscono il segnale perché sono attratti dal canto delle sirene. La strada dell’odio Nel fondo del giorno più basso culmina il polo opposto dell’amore… l’impatto delle torri gemelle attesta la presenza di un demone che regge sulle spalle vili specialisti di parole, nei ritagli fra colpe e coltelli fratelli sfogliando le mani hanno aperto una strada asfaltata dell'odio: chilometri di orrori, chilometri di pianto… la zolla stringe i denti dall’ombrofilo trebbio trapassata, esplode il parto, spazza gli argini urlando, percorre la strada dell’odio fino a perdita d'occhio. Gli occhi del pensiero Il volo si ferisce le ali fissando le impronte che non copre la tempesta di sabbia di silenzi, il sole decurtato nicchia immerso nei viluppi ciechi... dallo strato pellucido traspare l'eco incontenibile dell'ombre: di Auschwitz eccetera, delle crudeli croci dei romani, delle inquisizioni della chiesa cattolica macchiata... inviluppata dalla vacua veste introrsa efferatezza si rivolta il nappo delle scorie sorseggiando… rintoccano i riflessi accarezzati nella bestia umana che non cambia. Dove il tempo non matura perdono e la vergogna punge con i rintocchi acuminati non tace l'onda delle radici abbarbicate all'ombre, depista l'eco gli occhi dalle righe, si rimuove la ruota trascinando la connivenza delle curvature, cigola la catena nel pozzetto dell'ancora rimasta appennellata al freno che trimpella più non strozza dove la materia del sostrato cova sotto il trapianto, stando al posto assegnato dall'eteronomia che prende l'uso. Candele serene Vedere il buio che sfoglia a misura di cielo rintocchi come la raccolta alla penombra non scalfisce il senso della cima e nottetempo stelle nell'infinito mare di vagiti e germogli. Ora il tempo è scaduto, le mandrie sospese hanno mammelle secche e la fascia di chiodi che stringe i fianchi del tempo accende candele serene. Ha fatto un’altra vittima la belva invisibile resistente al’attacco delle cure che morde, prende ogni giorno un palpito di vita, la propria persistenza mostra all’essere caduco spavaldo che retrocede invalido e commisera le armi imbelli e teme la sorella pietosa vista come funesta predatrice… ma benevola madre, dimentica le offese chiude gli occhi al dolore rende un sorriso agli occhi liberati dal pesante fardello che fa male. Fruscio Quando la testa e il cuore non sono posizionati alla giusta distanza il verso che spalma la pelle di miele e incolla i gatti, dipende dal barattolo e dal tono della luna. Qualcuno che pensa di aver visto il passaggio della cometa, scivola su lame di coltelli per catturare il diamante perché il mulo che ha deciso di non camminare ha mantenuto la promessa, il volo che viaggia col passaporto falso non apre il coperchio per guardare la verità fumante, non sente nemmeno il peso di sassi sugli occhi perché ha perso lo specchio… vuole avere il diamante ad ogni costo ma non essendo ladro diventa un cavallo magro carico di pietre e di frustate. I minuti posati sulla sveglia frustano il buio col silenzio di passi pesanti, il sole, entrando negli occhi inizia a parlare ai presenti, distrae il tempo che si lascia sorpassare dall'abitudine di ripetere le stesse cose con l'appuntamento solito all'ora dei pasti. I disertori con la barba lunga e sputando parole contro i piatti vanno a dormire sotto i portici oppure sui sedili del parco, guardano con gli occhi lavati dal bagno di un giorno le porte che si chiudono una dietro l'altra. La vendetta Ulisse seguì la rotta della terra promessa, lungo il cammino incrociò l'isola delle sirene sentì il canto e diede fondo in mare aperto dove non tocca l'ancora… i chiodi del felino uscirono dai buchi e la strada si spalmò di colla fino a che il sorriso del fuoco divenne mucchio di cenere… si strappò dalla colla fece ritorno in patria dove divenne eroe, ma trovò Penelope infedele che lo aveva tradito coi Proci e seguì la notte travestito di stracci coi piedi feriti perciò si tolse le scarpe uccise i Proci e vendicò l’onore. Il pescespada la baia si apparecchia di lidi ombrelloni sedie a sdraio… i villeggianti coprono la sabbia, è l’ora! il pescespada slanciato forbito casanova… il fiuto lo conduce e l’aria dolce profuma tra l’onde… e nei ritrovi prilla strabiliando le aguglie e le sardelle. Il caos Nella città ferita è scoppiato il caos, l’orda sfibrata ribalta da lungo stiramento si staglia a misura di sassi… ombre giganti feriscono con l’arma che sgrida le promesse demandando alla parte serrata l’altra chiave si versano istinti rappresi si sveglia la jungla senza guinzaglio di leggi e greggi feriti, ma belve possono vivere senza codici… quelle scappate dallo zoo guardano ammutolite dai cantoni la torba degli umani senza legge. La spazzatura L’alba si sveglia all’orizzonte, vede il cielo terso, apre le tendine sulla città del sole del mare di musica ed amore dove canzoni possono sognare e scopre tra i quattro reggenti una signora che si prende il potere, forte di puzza vince e spande la sua prole in ogni dove… Passano grumi di parole sulla tavolozza del presente, il condottiero con le forze armate l’attacca e la respinge fuori dall’anno nuovo ma la signora ardita lo oltrepassa, ha l’arma del fetore e la vittoria in pugno… invade il centro e regna nella piazza. Umano disumano Sui fogli di carta del tempo lo specchio che guarda gli occhi chiusi conduce ad innestare sui peduncoli fissi l'altro capo. Il pensamento nasce dal silenzio spaccato di un suino pulito, appeso al crocco che mi guarda conciato per la festa del nuovo anno da ghiribizzi acuti e nastri rossi. Quest'annunzio scioglie la fantasia versando il contenuto sul desco apparecchiato… umano disumano abbottonato al silenzio di un grido mandibola assetata di corone e fumo che gorgoglia nella griglia. In questa scuola l’ardesia seminata di schizzi travisando il vento che pubblica profumo ai fiori s’accosta ai banchi col rollio presente di bisbigli, navigando sull’onda senza nave di questo mare nuovo che spegne lumi ed entra coi barbagli dalle finestre aperte sugli albori. Rette oblique di guardia scarabocchiano fogli di carta passando come torma che seminando polvere calpesta i campi aperti di germogli e teneri zampilli gocciolano con gli occhi fino ai capelli tra gli intonachi chiusi, abbracciano lancette più lente e vivono nebbia che mangia il box pieno di vita. Giuseppe e Maria necessitano un posto per la notte, sono stanchi, avviliti, intirizziti in questo freddo intenso di Natale. Maria è incinta ha i segni del dolore, Giuseppe la consola, chiede a tutte le porte delle case la carità di un posto per dormire… la gente é indaffarata a preparare i dolci di Natale non ha tempo, chiude la porta in faccia ai mendicanti… cala la notte, la città è deserta, s’ode nell’aria il soffio di camini e fumi della notte di Natale… cade la neve a fiocchi di dolore Maria ha forti doglie, si rifugia in un sottopassaggio… la mezza notte santa al freddo e al gelo nacque il bambinello, non si accese una stella cometa, non vennero i re magi da lontano, fu un passante per caso l’indomani trovò Maria Giuseppe e un bambino morti dal freddo… Così Gesù bambino a questi tempi morì assiderato dall’algore che vige dentro il cuore della gente, ancora prima d’esser crocifisso. Natale nel cuore Un candido velo sospeso di falde leggere che avvolgono lente la pace del cuore è Natale, indossa il paese una veste che copre il rancore dei giorni passati. La neve che cala avvolge di mistico velo i pensieri. Si muove una gioia leggera, i bimbi la neve imbacucca col rosso del viso che dona tra gli occhi e il sorriso abbracciano il morbido gelo. La gioia di alberi morti che vivono canti di luci e pace negli occhi ciascuno colora coi pacchi di doni. Natale… che amore nell’aria! È un bacio, un abbraccio un regalo. Si affida la voce all’idillio che allevia i chilometri e porta al vecchio parente lontano la voce e il pensiero, l’amico sospeso nel tempo invita a cercare… Che bello Natale! Che placido amore Natale nel cuore. Natale é Natale è un pensiero. Natale è una candela. Non consumare una gran fiamma accesa sul singolo parente o sull’amico. Così non è Natale! Pensa i bambini poveri del mondo. Dividi la tua fiamma in candeline. Vitellino di latte Si addensano nuvole su queste opache sponde di Natale, vagella la dea dell'abbondanza, strimpella il mangiatore eletto al suono della musica che suona l'inno dell'edonismo che stramazza sulla gioia vorace… (vitellino di latte a prezzo pio) ricusando diritti alla natura... le fabbriche di carne arrampicate all'acme di scorticati lumi scuciono la bocca del silenzio. Per Natale Dolce di luna placido candore bisbiglio di luci ghiaccio algore candidi alamari tutti protesi a elargire doni, apologeta tenera la neve copre accarezza con le mani fredde la coscienza del mondo ed i cespugli con le spine nel cuore per Natale Luce moderna Pensieri carpiti da trappole mimetizzate si rannicchiano all'angolo appartato dove il cuore conta i rintocchi senza progredire. Domando allo sportello dell'attesa, la raccolta dai labirinti delle volte colme nei campi coltivati cola: il sentimento tenero aggredito dalla voce sabbiosa del deserto ricorre alla provetta, partorisce la pelle della neve, il metabolismo azzarda tracce, l'eco di Tschernobyl rimbomba, mucche, maiali, pecore… allo sfascio. Infissi chiodi all'alba sanguinante bagnano di brividi la schiena, dietro gli emolumenti appare il giorno dai filtri delle nubi sullo sfondo di abbagli senza lumi. Il computer Le ore zoppicanti Posate sopra un tavolo randagio Forano gli occhi alle pareti, guardano il computer che profonde luce moderna saltando a balzi sul tempo, non più come un miracolo, come un’abitudine, ormai la scienza ha preso il sopravvento sulla fantasia, gli incubi stanno invece dei sogni, allatta l’internet frotte fumanti nei vivai, lo schermo imbarca sensazioni alla rifusa nelle stive vuote dei bambini. Uomo nano gigante mozzo di parole… chiuggata zolla fresca l’alberello vivo impiantato la dimora fissa vagabondo clamore che si spande sballottato dall’onda schiocca la frusta macina dirozza sabbia di monti cuore di deserto… digrumare cucire ricucire filo infilato nella cruna del tempo punto dopo punto sfidando il centro rotola l’istinto verso traguardi scurrili nel cerchio stretto corre come un pazzo. In questo clima di comignoli arguti di guardia il veicolo lento non ha scampo, Il giorno che è distratto e l'urlo intatto coprono la marina, l'arfasatto congegna i pensieri impettiti dove può prevalere: nei desolati anfratti, disarmate rovine, foglie secche cui la pioggia ha tolto anche le ali. Tirano l'ingranaggio i denti della ruota compassata, intersecante geometria del centro dove sfugge la luce agli occhi intenti a decifrare l’anima dell’ombre… ed acqua marina soltanto offende la sete guardando con gli occhi sale. Avvento Rami nudi, vestiti di scintillanti luci nella neve fanno sentire un brivido di amore. Finestre dietro i vetri iniziano a adottare stelle comete e luci intermittenti, si respira odore di Natale. La folla è pronta sulla dirittura non aspetta il segnale è già partita punta dritta al traguardo commerciale che attira con la voce di sirena… Nelle case si voltano i pensieri: sempre più forti sono le pretese degli incontentabili bambini, sempre più forte chiamano i doveri per non sfigurare tra i parenti, il nervosismo incalza contro il tempo che insegue la cometa e non da tregua… Finalmente suona il grande giorno. Canzoni di Natale parlano di un bambino di una stalla di povertà e d’amore… c’è dell’altro sempre più forti le delusioni degli scontenti per gli scarsi doni a contestare il fine di queste sante luci di Natale. Muoiono di vergogna le candele. Uno sguardo umile inginocchiato sulla sponda guardava l'altra sponda, sembrava strappasse profondo brandelli di cuore, l'eco inquieto dell'io pietoso assente rannicchiato dietro muraglie sordi non tendeva la mano... pensava che il dolore fosse soltanto solfa da cantare. Il pescecane Un pescecane malato di bulimia tange i punti del cerchio esercitando la bilancia al peso, arremba repente inatteso ghermisce, s’oscura tra i pesci dove vige la legge dell’omertà perché non hanno la parola, il disegno composto di polpa senza muscoli lo invita a mangiare, i pescatori hanno paura di andare a pescare perché non sono gladiatori. L’aiuto umanitario L’aurora abbarbicata al cielo scioglie un canto, avvolge il dì nascosto fino a nascente sole il cui pensiero mette in non cale valli ed abbevera i monti, non cassa gli stermini e voci oblique che hanno fecondato le radici dell’angaria dei giorni, ma continua ad insultare le finestre spente… piove pioggia di sassi dai colli sazi, segue l'aiuto degli stessi colli. Il tirannosauro Altroché specie estinta! fosse tornare a cavernosi siti… Almeno tutti nudi! Oggi tirannosauri vestiti sono la specie antica più distinta. Tempo di caccia Oggi la caccia è aperta si spande l’allegria, l’un cacciator cinguetta con l’altro nella via. Ciascuno novellando racconta le sue gesta tracannando il bicchiere, sembra un giorno di festa. Scodinzolano sparsi nei campi sciolti i cani ed annusano l’aria di lepri e di fagiani… Ecco si alza un volo, gli spara il cacciatore e non nasconde l’ansia celata dentro il cuore. Ecco è preso! Sobbalza l’uccello, perde quota e cade dibattendo l’ali nell’aria vuota… Tra bicchieri di vino si chiude la partita, si sfoggiano i trofei… poi la festa è finita. L'asfalto giovane Dura ancora il verso della carreggiata dove un attimo ha chiuso l' incedere gioioso… i segni delle ruote sull’asfalto frantumi ancora vivi di sangue incollato, il grido degli occhi che guardano atterriti l'abisso del cielo profondamente azzurro trascorrono la pagina aperta, gridano col silenzio che non si scioglie in acqua di parole a spettatori attenti sulle strade. O tu! O tu perché ti struggi soffochi nel tuo io, o tu perché non dai a me quello ch’è mio? Allineate erette dal tuo computer stato si seguono le righe del programma tracciato. Nell'orizzonte chiuso sguazzi l’adattamento del mondo che ti avvolge, vivi senza momento. Vaga di lodi e plausi sei, aneli di riguardi, mostrarti la più brava son tutti, i tuoi traguardi. Sempre pensosa e affranta, sempre dolente e stanca, trascini la tua vita verso la testa bianca... nell’affannoso andare dell’ora che ti aspetta scorgi nelle mie mani il tempo senza fretta e scrolli il viso attento, mi dici tu non vali, non hai la fronte alta e non porti gli occhiali. Col tono stanco chino all'orizzonte nei labirinti delle notti affondo, lo sguardo dalla mansarda piove più lontano, vaga apparecchiare la tavola del cuore, splendono i commensali nel buio del presente... mi ferisco gli occhi accarezzando. Sospeso nella bruma che partorisce dagli asfalti freddi, prendo a passi lenti il panorama, l'alba sorprende passeggeri spediti senza tempo giornali accartocciati nelle mani, qualche balcone sveglio, l'abbaio che dilaga nei carruggi, allineate lune su frappe delle tane di buon mattino a giro di lavoro, sbadiglia il mercatino, una traversa guarda l’altra strada macchinando il trasloco a primo intoppo come un discorso chiuso dietro grate… S'alza su greto in rapidi risvolti il sole e inventa ninfee nello stagno, attraversa il deserto sullo sfondo dell’ape producente con facoltà di pungere, malvisto fuco innocuo senza diritto a vivere, come indirizzo a spettatori attenti sulle strade. Gli esclusi Miti, saggi, immiti, appariscenti, salubri, letali… curano l’ingranaggio della scena seguendo alla lettera le istruzioni del regista. Nella miscela eletta il badilante svolge la fatica e si addormenta, il pensatore naviga ad oltranza, il torrente in piena allaga i campi contro il masso inconcusso aggrotta il ciglio, ma lo lascia passare… e ci sono gli esclusi: l’esercito di fotografi più o meno bravi che scattano primi piani, e impugnano il destino… queste pieghe ribelli soffrono loro e danno più lavoro. Il marginato città sommerse espugna, è punto di partenza che congiunge questo andirivieni contro il tempo, é bue contro carico di pietre… eppure il marginato alla stagione della fioritura ha l’effetto assegnato che si acquista soltanto facendo la spesa. Il morso che morde nella discoteca dei sapori è legittimo spazio che duole come la mela matura che non si deve mangiare. Sui leoni Nella jungla dove vegeta la costituzione degli artigli il capo branco occupa la scena e caccia gli altri maschi… la luna scalda il ventre della femmina. Il re e la regina si vestono di tortore ed entrano nel letto di rose dove gli elettroni impazziti compiono il disegno. L’evento insorge e carica la madre di nuovi impegni… l’altro lato diventa salato e taglia col sangue le copie minute… ricarica la stampa il maschio dominante che ha preso alla lettera le istruzioni della natura, vince il premio e stampa altri dettagli… La tua voce Silenziosa e infinita o Signore, vaga intorno, va dalla tua Croce, trepidante va, piena d’ardore, trema e supplica va la tua voce. Silenziosa e infinita o Signore, ti presenti pietoso ed afflitto sanguinante di spine e dolore, tu immenso al mio cuor derelitto. Silenziosa e infinita o Signore, la tua voce va con la coscienza, con la pena va, dentro il cuore va, coi gemiti e la sofferenza. Silenziosa e infinita o Signore, la tua voce va con l’aria pura, coi germogli va, coi prati in fiore va, coi palpiti della natura. Silenziosa e infinita o Signore, la tua voce va con le stelle, va col sole, va con l’amore, la tua voce ha le note più belle. Silenziosa e infinita o Signore, con i vagiti va del neonato con la vita che nasce e che muore la tua voce. Sii sempre lodato. Il lupo e l’agnello Il lupo a monte sull'acqua avvista l’agnello che beve, ma vuole trovare un agnello che muore perché è morto, perciò risuona l’eco della sentenza… colma la misura dividendo in brandelli il fazzoletto bianco perché è bianco. Casso sterrare Sulla faccia tonda cavalca scavalca l'allotropo complesso di fiori spine serpi di parole. imprime al cielo il senso del proprio essere. Il sole come colino intento a travasare scogli badiali a velo di frantumi ostenta l’apparenza mentre cala nel buio della notte… il tempo come una ruspa che lavora sempre spinge le faci accese contro l'ombre. Papà Gli occhi sono spenti, giace senza nuvole il volto, senza le noti gravi dell’affanno, ringiovanito. Dall’assopimento comatoso le labbra mormoranti Ave Maria sono risorte come un sorriso libero dal peso… Vuoto intenso, gelido affiorare di ricordi papà …papà… sussurrare pacato con la morte che è compagna della vita e parte come sono il silenzio e il dolore. Sull'orlo della faglia ravvolgo i passi tacitando cori profusi d'ombre, lo specchio del cuscino accende un canto che suona sottovoce a cui mi appiglio e un silenzio che grida con il patema fitto alle narici come tronco ronchioso che trimpella al giansenismo crudo della scure, nella chiotta sera strascica sulle rughe la corrente il nido impolverato di un bambino che non conosco (un qualcuno ha preso il mio posto) lo vedo allontanarsi navigando a misura di vento che solleva pacciame di memorie, seguo il corso all'ovile e mi ritrovo con la campanella legata dal pastore intorno al collo. Questa è l’età dove l’amore muto parla forte ma nessuno lo sente si affaccia indeciso guarda a cospetto della soglia la moltitudine che avanza e si condanna escluso, gli basta un alito di ardire per sognare fino a stelle cadenti nelle notti di agosto fino all’alba quando le stelle muoiono e pensieri precipitano aguzzi sulla carne di sogni agonizzanti… Coi piedi scalzi ritorno a balbettare ingorghi sulla carta del tempo: riesumare cenere avvizzita incolonnare spoglie di passato su questo rettilineo che ha lasciato anche l’ultima curva ed intravede le luci della città sommersa in fondo al mare e fazzoletti bianchi sulla riva. La mela bacata la mela la mela la mela l'insetto che punge la mela la mela la mela la verde e l'anima dolce si perde matura matura matura il sole che dura rigogli di vermi la mela la mela la mela e l'albero alleva la mela bacata del morso di Eva. Pioggia dirotta incalza mota sazia sete sodaglia impetra avara schiva, sole deserti aduste zolle calca. Stelle splendono solo nelle notti belle. Il canto antesignano Dove a bacìo dell'angiporto stagna l'acqua di rigagnoli vedo dislocate increspature, gocciola dai sostrati un filamento, lacera il cuore... vedo una bambina dissacrata con gli occhi grandi al velo della stura che ricetta la favola stravolta sulle rive dell'alba senza giorno dove sfociano gli urli della sera. Vedo una donna laida sformata che stringe il gioco alla profusa gruma biascicando foglie masticate e stralci guitti di disinvolture... e vedo tra i mattoni scalcinati la faccia dell'intonaco guarnita. Autunno e speranza Lascia la bella veste l'albero è avvilito tutte le sue foglie l'autunno gli ha rapito, agita i rami nudi al vento che disperde pensa alla primavera sogna la chioma verde. Nella campagna brulla piange piegato il stelo il fiorellino è morto stamane al primo gelo, il bulbo si addolora sotto la terra spoglia ma s'addormenta e aspetta il dì che rigermoglia. Filtra pallidi raggi il sole un po' sgomento dietro cumuli grigi che volano col vento, vanno come pensieri tra le sfocate impronte del cielo ombroso e cupo vagano all'orizzonte là dove non arriva tutto il nostro cammino ma lo sguardo si affaccia e gli appare vicino, là dove nasce e muore il dì, la vita sfiora dice l'autunno fervido che rifiorisce ancora. Si fa sera L'ombra stanca sale lungo vertigini di monti, il viandante sospeso tra guerra e pace ritira le truppe di memorie e torna a fortilizio con la fretta di consegnare prima di partire il compito assegnato per non rischiare il fiuto di mastini che potrebbe inseguire all'altro lato.. Ora il tempo è scaduto, aggiunge il nome, marca un'altra sconfitta sul diario… nella biblioteca dell'archivio dove giace la serie contraddistinta di scaffalature la risposta a questo circolare di sembianze è la parola amore che si dipana nello stile aperto senza orizzonte. Tendenza In questo campo fitto di candele (e ciascuna s'affanna a prevalere) un vento spira da scaturigini ignote: correre, sorpassare, sopraffare… sulle rive abbrunite del traguardo quando si prelude mutamento dello stato concreto a vento freddo, la preda ammanettata si dibatte sulla sabbia frusciante di memorie che escono dalle intercapedini del tempo, e allunga il verso apparecchiando passi dove il tonfo è l'unico alibi che conta. Il libro può essere consultato, ma soltanto l'orme sulla sabbia rimaste nell'archivio del deserto. L'onda che scorre tra le braccia del mondo ferma impassibilmente, contata, riletta, sfogliata… é lemma di lancette metodiche a cui s'aggrappa in rapido mutare la somma di cifre abbattute che schiaccia il peso dell'età nello spazio invisibile di un soffio e rende presupposti di navigazione nella sfera celeste. Ora che incombe il senso della partenza con la valigia vuota cerco qualche indumento da portare: versi lasciati impressi sulla tela, fantasie di proventi accumulati, teneri fili a ricucire inganni… all'altro lato sono previste risme di rimpianti a cui s'affida l'eco palpitante ancora dentro il vuoto della stele. L'album di fotografie L'infanzia è morta, la sepoltura giace nell'album di fotografie. Sosto sullo strascico-lapide sfogliando la foto antica come un cero acceso e fiori di giocattoli in cantina… La giovinezza anch'essa è morta trasferita all'estero, la sepoltura giace nell'album di fotografie trasandato ormai, i fiori li abbevero ogni anno in estate, al mio paese trovo tutto intatto impresso sulla riva di memorie… Mi aggiro tra macerie di trascorso ad ascoltare brividi di lutto nei capelli grigi dei miei coetanei. Ora l'autunno scivola, le porte si chiudono, un qualche insetto illuso cerca asilo tra petali dei fiori… precipito nel canto, cerco asilo nell'album di fotografie. Candele affacciate Candele affacciate alla porta del tempo rischiarano quadri che sono ritagli di vita. Seduto davanti alla cascata valuto le ingerenze del silenzio che batte dietro il muro. Qual è la sorte delle essenze infuse? ci sono caramelle di memorie che si squagliano in bocca… inventeranno fantasie d'attesa? morderanno versi di crogiolo che non macina il tempo come cocci taglienti tra le dita che una vita non basta a stritolare? Lumicini di scolta sulla stele origliano per intravedere gli spiragli, ma è troppo cerato il frontespizio e sulla rimanenza sembra dubbio si possano azzardare congetture. Nuotava nel pozzo di ricordi senza riva dove la gioia giocava assorta nel quadretto stinto con la lacrima aperta e gli occhi di fiori imbalsamati. Vago in cerca Vago in cerca di splendide rose nei giardini dei sogni fioriti, ma le spine e le foglie pensose trovo, e petali stanchi e appassiti. Forse il tempo dei fiori è fuggito, non è maggio, non è primavera, va l’autunno col cuore ingiallito, va col sole che muore la sera. Ruscelletto che passi giocondo zampillante che segui la riva, vai tra i limpidi sassi del fondo tu, non fermi la voglia giuliva. Tu di stelle e di cielo t’infondi, sempre giubilo ansimi e corri, ed i raggi lucenti diffondi per le valli a portare trascorri. Illusioni la vita raccoglie, come il tempo sei tu, passi e vai, mentre il sogno nel vero si scioglie, i riflessi ti lasciano mai. Penso a Dio Terra poltiglia zolla officina involta a riesumare brividi di vita, cogliere elaborare riciclare… sgretoli, triti, avvolgi scomponi ricomponi vermi, fimi… da inserire al ciclo di profitti, e giganti coi tralci succhiano gli alimenti come bambini al seno della mamma. Quando il tepore del divino sole con gli spruzzi di luce indora i campi ed addolcisce il gelo ascolto le mie mani impasticciate di fango e di mistero e penso a Dio. La sabbia Rimbalza l’eco germogliante luce, guidato dall'indizio per voltarmi cerco ancora i flussi dell'acqua dove scivola il cammino di frotte fiorenti di bocche, ma il vento mi porta notizia di foglie ingiallite e l'onda man mano che assorbe la sabbia transitando i confini si consuma trafitta dagli anni a tradimento… non rinverdisce pioggia o respiro di raggi o canto del cigno d'autunno che porta ferite di voli, e soffio del tempo che ha cantato sussurri ora duole sul tempo, appende lamenti al vestito seduto che aspetta. Il sole sorteggiando impellenze bilancia prospetti di avvenire agitando cavalli che il tempo stipulando contromisure contro il progetto doma in rapido mutare. Con vestito discinto d’autunno filtrando il buio osservo in contumacia la trama che porta i pezzi vecchi nella stanza di brividi. Qualche peccato antico mi ferisce a questa età di vela che mi stringe piantata sui pennoni della noia verso il tetto del freddo con la complicità delle insolvenze. Il discorso interroga la geometria celeste dove il sole condannato dalla legge lotta per la riforma dell’ellisse, vuole allontanarsi dall’orbita inquinata del pianeta. Il progetto che pubblica risorse ha perso il controllo sulla piattaforma dove si fondono scienza e l’incoscienza seminando la plaga di rovine. Il tragitto che apre uno spiraglio da cui trapela luce di domani è monito severo a questa civiltà tarata dagli abusi che predica la pace e insozza l’uso, gridano le ragioni nucleari con la voce venefica potente che aspettano un errore per sognare… ed il velo rognoso sotto il cielo ha preso piede. L’abbozzo di fede di speranza e carità sono sterili voci soffocate dall’orgoglio e da brame arrampicati all’albero di mele per la mela più grossa della cima. Bohemien Bohemien pensoso sulla riva passava il tempo a disegnare il mare che gli parlava con la voce dolce di fruscio, lo prendeva ogni giorno coi colori mentre si trastullava senza onda con le pietruzze come la pazienza di un bambino, mentre sguazzava tra gli ombrelloni pieni di ragazzi e gli sfiorava i baci ed i sorrisi, mentre ricamava più loquace di pizzi bianchi i bordi della riva, lo disegnava altezzoso e gonfio scagliarsi sulla sponda come a volere dire sono io… lo rivide sporco di vergogna portando in braccio i figli sulla schiuma inquinata ed adagiarli in fila sulla riva e lo dipinse nero di colore con gli acquerelli morti e tanto inchiostro come un pensiero che si spande e invade tutta la tavolozza del pittore. Dilemma Ossi, materie, sangue che scorre muscoli, vene… corpo che sente fame, corpo che sente freddo, corpo che sente e vede gioia e dolore. Corpo che sente amore, corpo che vuole, corpo che anela, corpo che prende e strappa con le sue mani, corpo che spera, corpo che dorme. Corpo che fabbrica pensieri nella notte pensosa sul cuscino… L’ora è fuggente la vita è un momento un corpo è acceso un corpo è spento. Il tempo che insegue tutto il cammino è un palpito vuoto senza destino, è come il corpo misero e ardito, assai più vero è l’infinito. La vita è troppo piccola, troppo si parte il vero da quattro ossi, un scheletro i resti di un pensiero… forse lo spirito si veste di corpo e prende per un attimo il respiro? La morte che viene é senza domani. La vita è breve la vita si perde come un sogno alla fine del sonno… Forse la vita è un sogno e la morte è il risveglio? Forse ciascuno è solo e mentre dorme sogna dess’er io pieno di mille simili d’accanto, sogna vita ed affanni e sogna il tempo e gli anni. Oppure Alto Fattore arrovelli di stelle e di mistero troppe piccole menti e spandi il vero: “Fede serena” e basta una preghiera, apre il mattino e la domanda con le mani giunte come appare negli occhi di un bambino. Caro amico Abbiamo sognato insieme l’ultimo tratto… hai concluso il cerchio che ha stretto il tempo col suo raggio chiuso fra due cifre dentro lo spazio fermo della stele. Il mio sguardo che ti ha seguito lungo il rettilineo per qualche passo indietro ti ha perduto dietro l’angolo alzato sulle punte esplora il buio… Anch’io sono diretto a quella curva dove il sonno che dorme trasparisce l’eco dell’orme a cui gli parlo muto. La mirabilia tende al controsenso Sui gradini degli anni dove il cielo si staglia più vicino, rattrappito decubito si versa introrso commutando i passi nelle forate della nebbia, guarda l'alba quand'era una bambina con le biadette sfumature, anemofili palpiti stendevano profumo matronimico sull'onda... ora la guarda dai livelli muti, vede un'ombra marchiana travisata dal menomo lapillo che si desta... la cellula s'impiglia agli steccati degli avanzati lumi… le provette. La mirabilia tende al controsenso. L'ultimo escremento Il tempo degli spruzzi è transitato sente odore di foce il fiume e rifluisce in stasi di memorie decalcando orme incustodite nel recinto inedito dov'è rimasto il peso delle candele escluse, guardando l'avvenire che lo vedevo incerto, sorpreso dalla nebbia che sale dai tepori lo trovo sorpassato dal presente inodore… il pendolo conduce a questo mare che più non lascia traboccare versi… resterà a galla l'ultimo escremento, quello che si cede a malincuore. Il compleanno Troppi vivaci miscugli discute la tela adolescente vestita di apriche cornici, un vento a proravia gioca tirando pietre alle dolcezze ed accende man mano le candele. Nello spazio del sole la cesta grande come la speranza e l'incerto raspollo vanno per mano raccogliendo versi come alberi che attendono dalle cime i suggerimenti del vento. Nello spazio dell'ombre l'arco di tempo digrignando i passi schiocca minuti e frecce a tradimento… e sui fili stirati del tempo si posano gli uccelli a festeggiare il compleanno. Pertanto sollazzo soltanto. La crudeltà è un quaderno che l'anima spesso non legge al vento che assiste e ascolta il lamento boschivo di fronde. Perché hanno scorticato il gigante alto levato che dritto si ergeva tra i fratelli? Al centro della piazza la festa di maggio non consola la vista a quieta luna che proiettori accecano la sera… Passeggeri giocosi ignari accesi come l'innocenza di bambini carezzano fresca di linfa insaponata liscia la carne dell'albero a traguardo di vertice giocando maggese ovazione di cuccagna… pertanto sollazzo soltanto. Una croce sull'asfalto L'auto si è schiantata contro un albero dove il filo giovane si è rotto… il tronco è rimasto ferito dal segno, la corteccia sostiene una croce pesante. Nei contatti la piota vede fiori recisi, una foto e nudo di candela e silenzio gigante scalfito da calpestio veloce di sonagli dove hai giocato gli anni belli e persi con le calamitose sonnolenze sulla curva correndo che corre come sottile agguato e libido velato di sorpassi, parola di strada che corre pietosi giacigli di morte… colaticcio di moniti la cera su candeliere spento. Un qualche sasso forse scampato a un diroccato muro inciampò il passo sulla pace dell'erba… e ritentò la vita lusingato da speranze di raggi dietro nubi… Il forestiero nel ritiro del bagno di parole venne punto dagli angoli chiusi e seguitò affacciato ai giorni vecchi seguendo l'orizzonte a passi uguali a cercare un sorriso che non c'era negli occhi di qualche parola. Globalizzazione Il cielo dorme avvolto da strati di nebbia, nella stanza c’é un po’ di disordine a causa di una passata invasione, qualcuno navigando su svolte appuntite di progetti in acque dove razionali intraprendenze hanno preso il possesso rimuove il fondo, come cane d’assalto entra abbaiando e affonda i denti nella polpa di mobili antichi… gli occhi del futuro traspariscono risvolti dietro illegali avanzi, di gradino in gradino livelli oltrepassando, con lo stratagemma del becchime scrive righe nuove misurando consensi in punta di piedi su groppa che peso sopporta. Larve salpando La terra partorisce grano carezzata da cielo che semina amore, suscita rancore nei meandri di versi gibbosi che battono l’ombra. Le passate scorrerie su libro vecchio dove il tempo rosicchiando orrori ha lasciato ossi duri, godono di ripetizione. Larve salpando travestite di lineamenti di soldati ed altro incartano a spettatori attenti dietro convogli di vetro brividi che levano ai deserti il corpo di sabbia. La colpa è del dislivello Dislivelli nella conformazione della crosta terrestre, dislivelli tra lampada e l'ombra, dislivelli sterrati dal vento ostentano orrori… ma se i figli non fossero più belli dei padri, se nutrissero il buio di sogni di pietra invadendo il tempo di cocuzzoli come un medioevo sostanziato di spazio navigabile su internet ed altro… all'incombenza di colmare i lumi trasparisce la costa in lontananza che a portata di voce non arriva sillabando lo scheletro dei pezzi. Caro amico Il canto della piazzola sfoglia ricordi sui gradini della matrice, quando il sole cuciva melodie raccoglievamo sogni ed appartati nelle solitudini affollate cercavamo orizzonti, a cospetto della stanza buia scavalcavamo l'ombre verso il filo di luce che entrava dalla soglia. Oggi egli azzarda un raggio che non scalda a vagolare di macigni... ninna la vita larve di profitti nell'assordante incedere del grifo che sorpassa e sfocia nei deserti di parole. Nella gravina immerso ascolto il tempo che trascorre invano, non mi raggiungi amico veicolante sui binari stretti… non cresce verde sulle dure zolle. Amicizia Un lumicino al buio si conosce quando solleva il peso col sorriso. Insostenibile "sempre" gremito grande avvolge l'infinito contropeso... scalfisce "mai" con l'alito di piombo. Pasqua 1999 A questo mare anchilosato atavico senza orizzonte ancora sempre scie di ricusati allogeni... lasciano i luoghi lente stremate lunghe frotte abbacchi kosovari sangue espunti... come una via crucis continua senza resurrezione questo giorno di Pasqua... Alleluia! Batte l'onda parte da lontano senza la prima pagina si perde nel presente aperto. Adespoti decalcano lo schermo tesi all'estreme luci della vita apparente a dispetto del consumo reale. Alba grugnosa sosta tra i sedili aggrinziti... ermi, diffusi, inermi respirano l'afrore degli sguardi, e vagolare di randagi gatti tra i rifiuti del parco, pungono il ciel le antenne come gli occhi, e l'erba grave come una barba sull'irsuto viso. Il sole affonda nelle discrepanze, i giorni come casse da riempire lungo il tragitto solcato da voli inafferrabili svolgono interminabili crocicchi camminando ad alta a voce fino a quando toccano con le mani sfere inodori... artatamente endici professano il ruolo di mercanti, spalancano la porta come se dentro ci fosse una festa... e gli occhi della notte masticano l'ombre sul cuscino. Da questo sol che dona e che distoglie vaglia puledro eclettico lo spaglio... rugliare in alto mare senza scogli o zampettare tra cespugli e scaglie. Acqua scivola falde pietrose lubriche equorea rode tintinnante ruzzoli lascivi alture tumide vacue sponde forbite lambiccate cime. Un cormorano seduto sul vento con l’animo vorace occhiava i guizzi... cullava l’edonismo e s’imbuzzava, crapulava con la connivenza dell’acqua chiara... trascorreva la vita a defecare. Un batterio invisibile schioda l’ombre furtive nella stanza, risponde al sorriso delle brocche fiorite con le forbici in pugno, il becchettio aspetta col fucile spianato, strappa all’albero spoglio anche l’ultima foglia, corona lo specchio disadorno coi riflessi del sole... modula i suoi rintocchi come fastigi accesi, arremba i lumi stenti, corroborato barbica nei campi affollati di pietre e di parole. Piegato ai rami spogli delle betulle si lambiccava alquanto l’ego ceppo, scorrevano sul tempo passi uguali, l’alba grigia sul parco, gli asfalti deserti, il cielo solcato da voli invisibili profondi, e nuvole torve gremite dall’urlo di barboni silenti accartocciati.
Le contraddizioni dell'amore La bolla L'amore splende, trova sempre un coperchio contro l'ombre, mentr'egli suona, abbarbicato al vento ascolto il canto: sfoglia le margherite nell'attesa, fabbrica miele sulle zolle asperse e partorisce, musica la pelle delibando il baratto della libertà con la voliera, sulla groppa degli anni dove pesa cova sotto il cuscino coi rintocchi, discettato dal guado s'insinua nei viluppi zoppicando, cerca una cengia alla spiovente roccia… Frastornata dal nocchio una vermena non uzzolisce al canto, deferisce segreti emolumenti alle cangianti tavole del tempo e spiega l'ali negli spazi invalsi... provette annoverando come il lambiccamento che mi rode, e stralcia i fondamenti della bolla. Buon compleanno un pretesto per ricominciare ma l'onde scalze ai piedi spruzzano gocce di passato sulle pieghe del viso. Abbiamo maturato i nostri monti lasciandoci le valli e dalle cime volevamo riproporci sporgendoci nel vuoto, ma non possiamo tenderci la mano perché siamo piramidi con la base di cemento più forte del vento che non ondeggia i vertici coi pensieri incollati dal peso. Okay Tra le maglie impigliata nella rete ragazzina asiatica stuprata costretta a rispondere okay ad ogni comando… basta cliccare per scoperchiare l'anima di un servizio nei reconditi spazi dove penetra l'urlo di un orgasmo strappato da vibratori, confuso negli occhi che gridano un silenzio per diletto affocato di un pene coi vestiti eleganti e la faccia formale. Pulcino solitario forse uscito dall'uovo anzitempo non lasci competenze alla stagione che si versa nel brolo, sprofondi in fenditure nel rifugio di tresche di prismi e gibigiane, cerchi con fiamma di occhi qualcosa come fame d'evasione dirottando questa età d'attesa in progetti risibili. Lo specchio riflette ingenua malizia con passo malfermo alla deriva senza grattacapo di volante. Marezzi di viluppi come impronte scoprono pagine del tuo libro segreto nella bacheca di buccine vuote raccolte su rive di giorni formulando sensi da nonsensi. Soffri di chiodi fitti alla facciata per mostra permanente di quadri che non sono nemmeno di valore. Sembra che la bilancia si diverta a sovvertire cori di rintocchi… l'incendio che nuotava nel mondo di un bacio vive nel grattacapo di estintori, si sente da rughe di sole che cala obliquo e scioglie nella stanza la micidiale indifferenza. raggi di luna che passando partorivano colori suonano come coltelli attraverso fenditure di un mobile antico, la lingua per tradurre il fenomeno s'avvale di suggerimenti di canini e logorrea che insiste tracima di episodi fino al porto dove le veglie punte da isocronismo di lancette battono la riva come schiuma che l'onda rigetta. Era tempo di bussi Ti sentivo piangere dietro la porta della stanza, bussai ma non apristi, forse non trovasti il chiavistello, così rimasi fuori sotto l'imperversare della vita. Ora che grandine tace sui campi e accenna tramonto schiarite, ali di fantasie trascorrendo la città diroccata sollevano polvere di castelli, ti svegli all'improvviso e accendi un lampo che affoca l'orizzonte tra rovine dove sventolava la bandiera. Dal grappolo si stacca un sortilegio iridato di spunti di magia, soccorre la porta serrata liberando giganti di fumo rinchiusi in boccette di vetro. Risalgo le pendici dalla polla a questo masticare di memorie dove restando fermo sulla soglia guardo l'altro lato dello specchio che mostra la dolcezza capovolta. Quella sera estiva trascinando i passi nella solitudine affollata il mio sguardo è caduto sui tratti rimossi dal tempo. Eri con un altro… I tuoi versi sommersi di occhi hanno chiesto asilo al pavimento e labbra masticando pietre hanno parlato: discorso di folto di verde riarso di ombre che aspettano fili di luce per crescere ed hanno paura del buio, antiche truculente di crogiolo… Non era in programma l'incontro, forse è stato il tema del destino che ha stipato gli anni nel cassetto di un attimo soltanto. La lettera Ara su fondo l'ancora non ha fatto presa vedo fogli strappati nel cestino come travi che reggono il soffitto mentre la deriva conduce la mia nave tra gli scogli… Ora lo strofinare della gomma ha trapassato il foglio senza cancellarti perciò rimango fermo sui dettami di vetro dell'ampolla a custodirti. Un uccellino smarrito volava tra sterpaglie, l'uomo attratto dai colori vedendolo facile preda lo catturò forzando la porta serrata con la tastiera arrogante che scrive le azioni del mondo su carta di qualità… strideva a sonagli l'ardesia incisa dell'io dominante su pube di morbide piume. L'uomo negò ai brividi audizione finché labbra gridarono mute e gli occhi riflessero il vuoto. Su gradino dell'ultimo tratto l'uomo pentito aprì la finestra ma l'uccellino non spiccò il volo, non poté perdonarlo poiché era morto. Rimasero i resti chiodati su muro del tempo. Una goccia d'amore Una goccia d'amore bambino piovuta dal cielo, forse un cielo di gocce perché ha inzuppato il pulcino… cielo rimasto mattino dove affondo carezzando la tua cadenza, cadenza che mi sfugge cui concedo una mano confitta nel tempo pronta a largirti i quadri che ho dipinto. Lo specchio frantumato piange schegge di versi, non riflette l'altro lato s'é sciolto e pende vuoto a misura di anni non s'acquieta. La nave dell'amore Corriva di colori buca strati di nuvole la luna, spiega vele promesse di orizzonti col vento in poppa … come bioccolo muto di candela la favola delusa alla deriva affida la salvezza a caicco minuto in alto mare. Onda di mare Se ravvisi nel seno di una rosa defunta tracce di profumo non pensare sia viva… i miei sogni di ieri e progetti, torce balbettanti a ricerca di un verbo che fugga la realtà, smorzate risorte dopo il fumo, memorie di crogiolo che hanno forato il tempo, inventano rintocchi per uscire dal silenzio, si addensano nella piazzola sgridando il sole stanco. Ali ferite dal frastuono crollano ora che la guerra è perduta. Non sapevo che il vento tirando i versi mi portasse contro gli scogli e fiori di notti giganti ingannassero la primavera, io onda di mare che volevo avvolgere una riva a braccia aperte stramazzo agli amplessi di scogli sotto gli occhi di granchi coriacei. Ho trascorso una strada di divieti posti negli spazi intercalanti tra un rifugio e l'altro con gli occhi sorpresi come una luce sui misteri, ho sofferto il morso dello sguardo che attacca i giorni giocando coi sentimenti teneri, ho tastato con le mani la siccità che incombe, ho venduto all'apatia del tempo la sete di silenzio nel deserto affollato di parole… sul giaciglio dell'onda la sera disteso scolpisco d'un tratto lo spazio che si frange sull'urlo del dente cariato tra due lingue che giocano all'amplesso. Strano amore forse anche grande senza ricorsi a finte netto come intersezione di normali, sarabande di versi prillano sullo specchio… il tasto è soltanto un appiglio non conferisce alla bilancia un peso, l'invisibile è luce di tuoi lumi gracida torno vuoto di confini, non t'arrendi se un'ombra si nasconde inventi versi quando tutto è muto. La risposta volgare Sentiva amore usciva col mattino ma gli scappava il cuore. Si chinava sui fiori accarezzava i petali e gli steli ma li seccava il sole. Vedeva trasparir l'acqua sorgente, domandava allo specchio per favore, ma l'acqua chiara si turbava al vento. Lui le parlò col cuore, lei silenzio, e nel silenzio un rombo… ed un odore. Fruscio irreperibile Diceva bello è ma era brutto, varcò la valle con il capo chino per quattro peli cose da pazzi fece, il deserto angoscioso ed il cammino superò, la tempesta l'oceano il maroso attraversò. Diceva dolce è ma era amaro, diceva luce è non era luce… fruscio irreperibile.
Poesie che hanno per tema le contraddizioni della realtà Attesa senza attesa come un filo lento tra le dita sul cuscino imbevuto di sonnolenza, vedo i lumi teneri cecati dal barbaglio, il sol coi raggi scorrazzar scintille sulle stille di pianto, l'onda che insiste sulla battigia tormentata… d'un tratto l'alba col chiaror dei raggi scioglie le fantasie del buio, mi richiama a galla nello stagno tra la moltitudine scolpita e lo sguardo pietroso della mummia. Scavando nella nebbia rinvenire frusciando nei capitoli notturni mordeva solitudini affamate come ombre di gatti tra i rifiuti... gli piangevano gli occhi e i vestiti. Gli occhi non trapassavano la nuvola grigia che copriva il sole come una corolla di squame... accorpato alla croda mirava il pizzo acclive e sotto flutti e spuma della cascata... le corde della vita rigide come aghi di ghiaccio non le piegava con i dettagli rosa, e disilluso dalle parole accanto tirava a strappi lenti, il ramo appiglio a cui la mano implora poteva sollevarlo ma non c'era. Anni decalcati sugli sgualciti fogli, sugli album raccolte fotografie slavate bianco e nero, dall'altro corde sciolte correnti contro il sole, guadi pressanti scogli, a questo centro vuoto di passato e futuro convergenti. Tra greppi sciatti e fumo sgretolato del terzo mondo le telecamere allibrano la miseria... bimbi sfioriti a cui soltanto gli occhi splendono per gemicare aliti con la notizia icastica che tocca i pulsanti... e gli umori illativi degli alti colli e catene rocciose bianchi come la faccia della neve. Una laguna stantia questa sala d'attesa di seconda classe col pavimento sporco di cicche, con l'orologio fermo alla parete dove corrono gli anni impazziti.. vecchi assopiti, zaini a tracolla desideri, speranze… avanti e indietro, e moccicanti frugoli riposti agli angolini costernati di funga... russano le valigie gonfie vuote degli gnomi azzardati a punte brille. Cigolano le ruote del carro, più non galoppi, tiri recalcitrante, tentennano i pensieri... fosse il naufragare un assomare col pesce in bocca come il pellicano, fosse oppure seguire la cometa come serrati adepti nel bosso... quest'imbrunire già le membra frante tenzona con lo schiocco, senza stelle cala si spande ed incupisce il mare. Vedi cimeli stanchi carezzati da sterili lusinghe... Giochi senza riflessi schiacciano all'orizzonte stretto le penombre insistenti con la luce d'uno squallido sole rubato al cielo grigio lungo meridiani sonnolenti, cantafere di notti incapaci a versare frantumi di sogni sotto il peso del tempo che si sveglia sullo specchio di passi zoppicanti, manducando epiteti senza corpo e incolonnando versi su righe oblique lumeggiando meriti artefatti per illudere le ore vuote. La trasmissione Parte il carro porta a domicilio le anafore serali, rende l'atto a misura di trilli l'attore… Oggi speciale è alto più alto della cima Il gladiatore lotta posseduto contro cifre rivali, ascolta qualche numero che scoppia… con esso è concesso scambiare le armi, s'accende la somma, sorseggia, consiglia, sconsiglia, insiste, resiste tentenna il concupito, rifiuta per l'osso più grosso... pende sospesa al pollice del caso la sentenza... Così fa capo a questo colosseo il mondo opaco dove si sbrana la miseria. Rami nodosi e poli autorevoli come muri di pietre accapezzate ballottano i pensieri la famiglia la scuola... e manichini erotici affacciati sulla cresta dell'onda... bambinella che sorgi allo specchio di muto candore azzimato dalle false promesse di marzo come fiore nascente sei, coi sogni nei sepali, allo scoccare della galaverna di questa pazza prima primavera. Sulla giustizia Dove l'uomo é chiamato ad allungare i colli delle alture dove scorrazza il senso e non trapela nella ciotola opaca l'acqua chiara, dove l'eco non pesa sul cuscino della giuria votata a recitare… dove nemesi schiocca manovalando leggi pellegrine, la giustizia con la fronte lavata dalle piccole mani si prende la briga di accorciare la lunghezza del tempo, e l'innocenza che non si scioglie in acqua di parole abbraccia il mondo con le mani nude. Scavai la terra per piantare un fiore... le unghie infossate incontrarono cocci di vetro. Vestito dell'onda dell'io correva il fiume per pianure e valli, non dava trasparenze né riflessi, non lo pungevano le stelle non l'attraeva il mare, si rompeva di remoli e di schiuma, e straripò nei campi... una palude fangosa fu la sua vita. Premure e soprusi Rinvenire una rosa bocciolo sugli spalti dorati di maggio: la pelle, gli olezzi, le labbra… premure del sole che gioca a sbocciare. Le grida, i silenzi, la fretta dei giorni, le rughe… soprusi del sole che gioca a sfiorire… Le ali del giorno atterrando su tramonto annoiato svolgono il panorama dalla scarpata rotolando a valle sulle dentellature degli accenti. Rulli pressano sugli anfratti bagnati di sudore, di lacrime, obelischi infilzano il sole e zavorra piatente nelle stive, bocche grandi enormi... a macca nell'involucro parole come lanterne accese senza luce, fiumi di schiuma in questa plaga stantia che si regge e ruota sull'asse soprusatore-vittima due poli.
Poesie di Natale È Natale Onda di cielo e di gelo indaga sulle vie della città, schiudi le ali abbracciami fratello, allineate briciole di mente per sassi che si rompono in frantumi sotto le carezze dell'amore danno estasi, vestiti di musica e di stelle indossano le stanze e le finestre allungano i colori sulla strada, sembra vaghezza di varcare assiti abbracciare il mondo con le ali e dare un indirizzo nuovo al babbo natale con la renna carica di cuori. Andiamo a Betlemme È nato, è nato… la stella ci guida a Betlemme. Andiamo a Betlemme! Dalla vetta che cresce ogni anno un gradino, la grotta rimasta confitta nel vuoto del tempo possiamo raggiungerla senza tragitto. Andiamo a Betlemme! la grotta del povero bimbo che nasce ogni giorno a mille più mille aspetta un dono…. Andiamo a Betlemme! Uniamoci al coro ciascuno portando una luce… la voce di occhi di bimbi traduce un silenzio che parla alle attese come un suggerimento… Andiamo a Betlemme! La stella cometa La cometa indica un punto agli occhi del mondo sospesi al mistero che affolla di Betlemme le case e cuori adorna di luccicanti fantasie d'avvento. L'attesa nel cuore del mondo accende una fiaccola dove avvampa serrata la lotta sul bastione per illustrare l'io, cerca un gesto d'amore tra maglie di confini in questo campo di virus perenni di soprusi che parte dall'inizio del cammino ed attraversa il mondo. Questo indirizzo che supera il tempo festeggia una vittoria dove silenti brevità d'artieri tendono gli sguardi crivellati da strali di parole in questa nebbia dove una mano tesa non si vede. Le ali dell'inverno avvolgono l'avvento sui rami trafitti dal freddo dove il cuore smagliato dal senso terreno sente l'eco nell'aria del dono di Lui che s'è fatto bambino. Nelle stanze semplici sgombre di baraonda luccica l'attesa di un regalo: una parola nuova che riempia di luce… non deludiamo gli occhi dov'è rimasto uno spiraglio vuoto perché sgorghi il traguardo d'un sorriso. L'albero di Natale In questo natalizio andirivieni vedi tremare un angolo di pino che grida sotto il peso di candeline accese… e candida neve che apre il cuore a pensieri giganti è gelida coltre che copre sentenze posate su scalpi di abeti che spandono verdi perplessità nella tortura lenta rinfrescata di gocce d'acqua per durare a lungo gridano i peccati senza il coraggio di rompere il silenzio di suggestivi scintilli di luce che giocano a Natale. questa marea pubblica pensieri che involtano in carta da regalo il cuore. Piove rimbalzano chicchi di grandine su lastrico stradale alluvionato sulle auto parcheggiate, sul passante con l'ombrello sformato dal vento come questa festa di Natale, piove l'eco echeggia contro le pareti dei peccati… ma l'arcobaleno che fa capo alla capanna povera ogni giorno dove nasce un bambino e dove muore di fame di stenti di guerra insegna il santo senso di Natale. Ogni giorno quanti Gesù bambino nascono in una stalla e noi re magi ricchi d'occidente che deteniamo i beni, e seguiamo la stella cometa che palpita dai cieli moderni nei monitor accesi nei giornali e indica i percorsi da seguire armiamoci di doni mettiamoci in cammino di carità e d'amore Gesù bambino povero, ci aspetta. Luci di Natale Folla amalgamata di pensieri di dubbi di speranze di fede… sempre alla ricerca, trova un pozzo di luce scavando una capanna che fa capo in cielo a una cometa, e accende mille luci di Natale. Sotto il freddo foglie secche si affollano, piove più forte per Natale, pacciame si accatasta nelle valli appannate dall'oblio dei monti sotto i nostri piedi. Nel campo dove attecchisce il dolore lacrime sono stille scintillanti fiaccole sulle asprezze ed ali che splendono più forte sotto queste luci di Natale… dove dolore sterile non scalda varca la vita passi senza luce, i battiti del cuore detenuti dietro le grate fredde bramano nella nebbia gocce di tepore che non hanno. Natale Festoso andirivieni, alberi addobbati, la neve, presepi, candeline… luccica la cometa sui vetri delle finestre, Natale si spande coi bigliettini accesi di promesse d'auguri e di parole… Le vie del centro inseguono disegni di luci partono dal duomo corrono ciascun motivo uguale lungo l'itinerario, di tanto in tanto un mendico seduto su lastrico gelato tende la mano fuori dagli stracci ai passi indifferenti, musica pacata di Natale sfiora la pelle rivive il tempo della mangiatoia di Betlemme il mercatino acceso, le bancarelle sembrano presepi colmi di doni da scintillare gli occhi di bambini. Pensieri scintillanti nelle vetrine accese dietro il vetro cercano il buio per filosofare, si vestono di ali nella sonnolenza del cuscino in questo gelo a visitare i campi avvelenati dove il contadino non lascia posare gli uccelli, e sorvolano i fiumi di lacrime di fame.
La strada dell'amore Piove Amore Ali di sogno volano dalle grate di questo ergastolo, profili luminosi insinuati nella penombra furtiva guardano attraverso la finestra degli occhi, vedono il cuore dell'infinito come un cielo zampillante di stelle... piove amore. Forte Forte Forte forte è l'amore, in un piccolo spazio imprigionato suona da lontano contro il tempo, penetra l'assito l'incommensurabile barriera come la forza che congiunge e spezza due mondi incastonati nel sistema, custodisce gridando i suoi segreti, si versa nello spiazzo delle ciglia, esplode muto sullo specchio acceso. Andava per i vicoli tortuosi visitava gli infermi e i detenuti, coi piedi scalzi tra coltelli e chiodi cuciva i bordi ed i frantumi franti, parlava con il cuore sulla mano, diceva ai ricchi fate carità... lo misero in croce. L'amore è una piccola mano che sa scrivere gioia, che sa disegnare un sorriso su un viso triste, che sa colorare uno sguardo sbiadito. Pietà e amore sono vicini come il mare e la riva, l'acqua ritorna spumeggiante e viva, si frange alla barriera dell'egoismo, batte ribatte si rivolta porta spruzzi di schiuma dell'onda di dolcezza… L'amore è una piccola mano, guarda con gli occhi grandi come una preghiera che prega perché ha gioia di pregare, non si aggrappa al cuore tocca piano piano non conquista sfiora come la carezza di una piccola mano. Sottovoce La fiamma di una candela sottovoce parlando rischiara coi timidi gesti il silenzio, con gli occhi sospesi il soffitto accarezza, coi passi leggeri la stanza trascorre, la mano del buio che copre le ombre nascoste addolcisce, commuove lo sguardo che sente nel cuore il respiro che sfiora la fiamma… un pianto di cera consuma fino all'ultima cera la fiamma. Donna Mamma, sorella, sposa vita degli anni donna, timida face, contro l'abbarbagliare che si staglia smodato in mezzo al cielo, musica, preghiera contro lo scorrazzare che rimbalza, fornice che sorreggi le atticciate masse di cemento, angiolo della sera, tepalo che proteggi, alamaro della metà senza di te sbiadita, lucignolo che ardi fino all'ultima cera, alba fiorita afflato sogno amore sfaldo fra le mie mani i tuoi capelli e sento un grazie immenso nel mio cuore. Pietre lutti fuoco talibani il terrorismo fabbrica colonne sulle macerie, nella stanza stretta trovano asilo guerre di brandelli, nell'angolino all'ombra qualche raggio, il tuo dolore punge la mia pelle ma è troppo poco per scaldare, parole non accendono candele e l'alito colpito dal peso delle briciole non scende nella fossa comune a mendicare. Le classi sociali Dove dovizia naviga ad oltranza e annota il suo pacchetto lungo il rettilineo della soglia del supermercato alimentare, la cecità del caso volta faccia, non entra nei parametri coinvolti degli interni assetati di confini, ed aggetti inclinati fra due sponde si sollevano per tentare distanze nonostante l'intimità… questo processo implica lo sporco che non resiste al peso del lavaggio per paura di perdere il colore. Non chiedere alla cultura del tempo il rendiconto delle vite lanciate sui birilli, la colpa cola sempre dai livelli. Voli interrotti cadono dai rami misurando nei campi ossa compiute e figli di silenzio dietro barre della porta di ghiaccio che il sole non scioglie… seguitai l'urlo dopo l'urto con lo scoglio rilevando frutti abbeverati di sangue nei giardini di principi eloquenti e altre misure… aprendo la porta una pioggia lava senza interrompere il discorso della luce contro le pareti. Il ponte A braccia levate su mare di numi imprigionati in bocce di magia accende l'alba tenera una strada. Danno le vele al vento le barche assetate di oceano con tenace costanza l'orizzonte inseguono, un vento insinua intrighi nasce un fiume di toni invalicabili rancori, il fiume degli ostacoli interrompe la strada, l'amore inventa un ponte malfermo sospeso malandato… necessita equilibrio per non precipitare.
Poesie che hanno per tema il mare Marittimo in pensione seduto sulla riva come un volo fermo senza ali sulla gronda affacciata a volteggi di rondini e gabbiani le nostalgie ch’erano dolcezze covate a bordo dal desiderio di cucire i fili ora sciolte nell’acqua senza sale sfiorano le cornici come un sorriso senza gioia estratto dal volto, la noia che controvento assale implica sogni alla deriva… con la prora puntata all'orizzonte mastico il peso lungo le notti vuote di fanali che seguono la rotta del cuscino sull’onda piatta che rimpiazza il mare.
O mare quando sei inteso a cogliere un volo di gabbiani o ascoltare tenero i sussurri del cielo la mia barca sul tuo grembo è come una bambina sulla mamma, scivola leggera, abbraccia il tuo profumo e gioca coi bisbigli della luna… a vento cieco quando increspi il viso, urla beccheggia rolla non governa. Salpa lo scalandrone la valigia pesante legata con lo spago, o marinaio lasci di poppa il cuore pieno… i frantumi di ieri si sciolgono nel sale col ritmo sospeso dei motori. Le brande, i carruggetti, i passi lenti, manca un quarto solenne… passa un faro… Bevi un sorso d’amore al primo porto ti scappa il cuore, ma è solo una canzone da cantare… Come nel ciel la luna la sua strada trova giocando a nuvola col vento fende la prora il mare, o marinaio hai binocoli grandi per guardare dietro i pensieri. O marinaio tocchi la tua sponda... alla deriva sugli asfalti secchi ancora rolli anche senza mare. Una nave naviga ad oltranza nella nebbia, il capitano dipanando il filo dipinge la distanza fino al porto con gli acquerelli che ha trovato nella dimora delle immagini, e ascoltando l’ampolla che sprigiona profumo crede di avere acceso una lampadina e carica le stive di luce… ma tocca con la mano la porta del labirinto che sembrava aperta perché era trasparente poiché i vestiti si logorano e lasciano nudo il colore, così rimane solo dietro l'uscio perciò la nave giunge al porto vuota. Tinta di glauco mare salpò la nave illecebra a gonfie vele alamarando i flutti con la scia. Il tempo alieno la sorprese. La navicella sola tra gli scogli patì l’agone e i granfi del vento alacre, scardinata dall’apice alla chiglia sulla battigia la sconvolse l’onda. Bianco gabbiano accompagni la nave. Non ti nuoce il cielo grigio. Viene la solitudine sul mare, viene la notte sola senza stelle. Bianco gabbiano a te non fugge il tempo. Voli, ritorni, non ti posi, sei come un pensiero vago di pensare. Un marinaio stanco viene l’ora e rassetta, posa i pennelli nella cala, si sofferma, aspetta. Guarda il tuo volo. Bianco gabbiano Voli nell’aria e ti culla il vento. Tu troppo poco hai e troppo vago sei di volare lontano, coi sogni aperti vai come ali sulla spuma dell’onde, da prora a poppa come un gabbiano vago di volare. I vacanzieri Frammenti di fabbrica affamati dalla fetta di torta che gli spetta assaltano il mare che assorbe gli stress con l’offerta che sfoglia le voglie… la baia raccoglie la pesca, il verme si torce nell’amo, ascolta il richiamo un pesce che passa che tocca che abbocca… trasmette l’orgasmo dal fondo la forza minuta che tira che soffre che offre minimo di derrate al torno di occhi sospesi di spettatori a registrare i guizzi… l’anima non intoppa, prende un disegno che non gli appartiene questo diletto che conquista il mondo. Navi su filo dell’orizzonte Nel fiume del tempo naviga controsenso al verso che consegna le cose all'oblio una qualche luce di fanale, persegue la tessitura fino all'ultima trama giocando con la scia di una nave che l'onda non cancella. Su promontorio il faro guida i navigatori attingendo carezze in lontananza legate al suono di un qualche nome… i timonieri colgono il segnale rilevando puntini al passaggio che accendono il cielo a spettatori attenti sulle strade che tendono la mano a questa scia di luce che ha penetrato l’anima del mondo. Il viaggio Tanto tempo fa m’imbarcai, presi la rotta verso la banchina posta all’altro lato del mare dove si svolge il concorso. Il primo atto avvenne sottocosta tra carezze di vento e gabbiani, poi venne l’alto mare… imbrogliato di grumi di memorie l'ultimo tratto prima dell'attracco nel torno brulicante di vapori distraggo coi ricorsi all’ospedale il loculo che aspetta… il primo passo sullo scalandrone a cui fa capo questo andirivieni lascia pesare il senso della piccozza dello scalatore. Senza nocchiere Una barca diretta all'orizzonte naviga senza nocchiere, passa la traversata tra secche pregiudizi tra marosi, omologando il senso che la natura aizza per sviluppare il proprio tornaconto paralizza il quadro con bloccate lungo pattugliamenti di censure… trascorre il buio della notte dove l'insonnia si può spendere per acquistare immagini nelle profondità, con la rotta dimessa alla deriva si ravvede quando le lune che il marinaio libera durante la traversata si perdono nella lampante egemonia del sole che ostenta le rughe del viso. Da Poesie che hanno per tema il mare Una nave incagliata nella secca s’imbatte col sole che passa e ripete che passa, mentre aspetta l’alta marea per disincagliare sfoglia miglia percorse, prende volo su spruzzi di magia dove il cuore rimasto incollato nelle intercapedini di certi bagagli fa fatica a battere lontano. Le ore scarnificando i versi lasciano putrelle a sostegno di memorie, un'impalcatura che non crolla, nel ripositorio di ciniglie, ma il peso non concede risultati attendibili e la gnosi ricamata dall’uso su rotoli di carta igienica non fa sconti... forse il nocchiere ribadendo del bandolo la scena consolerà il trasloco coi dettagli senza scompigliare la coscienza della luce contro le facciate. S’addensa il flusso che abbraccia l’orizzonte dalla cima di questa piena d'anni cerca uno spazio per violare il muro, bruciando a freddo il fumo sorge a fiocchi, s'inabissa nell'aria, ti sfugge se lo tocchi, entra in punta di piedi l'indifferenza dei minuti, accoltella il giorno passando sulla fronte della luce coi passi vuoti come una conchiglia seminata sulla sorte dell'onda e della riva… scontento d'esser dentro e la paura di venire escluso. La traversata Un seme butta l’ancora nel mare pioggia secondo partorendo occhi che intendono sorpassare la nebbia, uscendo acquista indumenti che lo statalizzano come una matricola, annusando lo specchio inciso di morsi dell’uno e dell’altro partito viene attratto dalla loro somiglianza e affitta una casa nel corso, ma l’estremità di trabocchetti punge i sogni con profitto ambiguo ed alterno frullare di rivolte… è vero ogni erba ha un profumo distinto e forzare i pistoni non ha senso, tutto il volo rimane un solo punto ed alla traversata il porto è escluso.
Poesie che hanno per tema l'amore
La favola della notte Musa che accendi tremolanti fuochi, fiume che scorri tra le rive della sera e dell'alba, le tue virtù pacate i tuoi silenzi suonano dolcemente, si condensano l'ombre come spalmate oasi di tempo, escono i puntini sempre accesi dai labirinti ignoti, sfogliano desideri tra le dita: un'isola incantata sempre verde lambisce il mare l'onda di confini la riva nuda come una conchiglia dove la spuma palpitante volta lungo le insenature color miele… maturano le notti fior di stelle sullo stelo di sogni tra le righe della favola dolce dove un bacio sveglia la principessa addormentata.
Il libro caro Accorpato a barbagli rigettati dagli stralci di foresti lumi snudava l'amanuense il libro caro, copiava righe del passato deambulando nella sfera chiusa come un pensiero apodo, e senz'ali con aspersa la fronte di bisbigli della volta ottativa ornava l'onde disegnando la pagina del cuore con la connivenza dello specchio conserto che cuciva i bordi di limbelli adulterati, e novellava al vento... negli scaffali vuoti sentiva ancora il canto dei vestiti. Mabel Ho trascorso un pieno di storie ciascuna ha piantato un arbusto che punge tra rughe di muri. Aprendo la porta della casa sconfitta il canto conduce nel guscio protetto dalla buccia ruvida del litschi dove è rimasto il gusto del tuo sapore esotico Mabel mi avvicino ai tuoi battiti col cuore blindato, parola di tempo che corre a tenuta di cuore cercando nel vuoto uno spazio davanti allo specchio in attesa che accada una magia per dipanare la matassa. Amore Se le parole dell'albero non cascassero come sfrattate foglie davanti agli occhi dell'autunno sarebbe bello annegare nel tuo mare... anche noi che ci sentivamo una storia infinita siamo finiti nella lampante egemonia dell'uso che struscia le tue ali artefatte, forse Giulietta e Romeo se percorrendo giorni pattugliati da ombre di cielo giganti avessero dato al tempo lo spazio di mangiare i tuoi colori non sarebbero riusciti a salvarti. Sulla scia dei sogni Con la pelle increspata dalle rughe del vento inseguo un'onda carezzando versi che ritagliano il cielo e indorano di bisbigli le voragini aperte… questi fogli tra le dita digiune la mano secca ardisce spumeggianti rintocchi come la scia di sogni l'orizzonte… i filamenti stillano brividi di luci e gli occhi delle sere fiumi d'ombre. L'incontro Il sole matura la pelle evasa dal vestito, piedini scottati di bimbi correndo a ripari nei circoli d'ombra diffusi dallo Zenit le tue ciglia assopite schiudono, sorridono alla ghiaia che sguazza coi flutti su righe fiorite di sogni, un cielo regalano al mio sguardo che annega nei tuoi flutti… e l'onda già scrive nel cielo i riflessi del mare. San Valentino Petali boccioli nati per forza, per decorare il giorno dell'amore. Rose… alcune tristi guardano pensose i fiocchi della neve dietro i vetri, altre hanno chiuso gli occhi, ancora vive pendono già chine. Primo amore Scopriva il mondo l'alba mattutina con gli occhi grandi, era una bambina bionda come i capelli della luna, andava scalza nella notte bruna, si cullava con l'onda e con il vento, sussurrava una musica d'argento. Seguiva un sogno libero, la mano tendeva verso il volo d'un gabbiano… era giuliva era il primo amore, la vide il sole la colpì nel cuore. Fuggiamo Notti imbrigliate rendono il russare delle ore dalle fessure stente. Fuggiamo dall'ombre opache… cammina andiamo corri inseguiamo la luna! Fuggiamo dai riverberi saccenti di questo deserto incarnato, da questo bosco vessante, dai remoli aberranti di questo fiume! Dammi la mano, fiorellino acaule sommerso dall'erba… sei inviato a piangere a magico convito delle stelle. Ellera abbarbicata al cuore della notte come una solitudine allo specchio, passano le immagini all'apparenza terse, latenti riflessi di sogni incompiuti, fogli finiti non usati… spunta l'alba col cuore leggero come il vento, pigia l'arca sottiglia non scioglie la chiglia dall'acqua… rimane stagno tepore di pesanti avvolte coltri rifatte, e sullo schermo l'eco di rintocchi. Sprimacciando il guanciale Può bastare una piega sottile una rassomiglianza un bacio un nome anche un nonnulla per chiamare un vento che trema da una roccia di memorie affacciata sul mare… nel reliquario colano rintocchi dalle intercapedini del tempo come un richiamo a seguitare il fiume sprimacciando il guanciale di memorie. Scalzo d'amore forte di memorie vago lungo sentieri brancolando nella nebbia che sale dai tepori, rilevando il nimbo di un fanale butto una mano immerso alle tue sponde nel ristagno di gocce nella gora, s'increspa il senso partorendo onde sulle creste anomale dell'ombre che si sciolgono in bocca mescolando con la saliva amara versi dolci. Veleggiando per mari di memorie sento schiamazzi a perdifiato, sulla nomenclatura del bisbiglio amore, pare un discorso di onde che abbraccia la costiera, insinua rigurgiti di schiuma in frappe di sabbia. Vagliai il palcoscenico seguendo il copione tracciato… l'imperfetto presente di spiragli non aprì la porta, abbicata agli abbienti non scendesti dal palco a recitare nella platea diffusa di scommesse… La pioggia acquista un senso scavalcando veglie di notti sotto l'imperversare del maltempo a lento maturare di barlumi dove fulmini accendono il totale. Volevo descrivere fiori come gli occhi d'aprile sottovoce sciogliendo le zolle scrivevano righe di festa. Sono entrato al profumo del sole nel giardino, ho dipinto una rosa ma le spine mi hanno ferito ed ho pianto. Ora corro notturno contro il tempo, ti sento bussare mentre ascolto la tua voce d'allora che mi segue e parla col silenzio dietro il vetro dove il tuo sguardo intatto é conservato. Mi sgridano i contorni manomessi, non aprono finestre all'orizzonte al tocco serotino della sveglia presa da sole placido dell'alba col vento che lambiva i tuoi capelli ed il sorriso fermo mentre piangi guardando l'altro lato della piazza... Così nuotando insieme in questo sale non salgo a galla mentre non affondo sulla battigia dove rompe il mare. La telefonata Il magico filo che cuce chilometri fissi di guardia e parla giocando coi guizzi che scrive la luna sull'onda che strappa per forza i vestiti del tempo ha scandito una voce sospesa che piange con gli occhi d'allora e un silenzio gigante che grida ancora ti amo. Trovai un fiore bello stava crescendo all'ombra di cespugli, c'erano spine intorno, m'insanguinai le mani, per afferrarlo si strappò lo stelo… vidi appassire petali soltanto mi rimasero i resti ed il rimpianto. Sole di marzo Con gli occhi diluiti nell'acqua dell'attesa sta scavando sogni di miniere per catturare il suo lingotto d'oro, a ricambio di cuore confida la zolla ma sole di marzo che pianta apposta o per sbaglio diamanti nel coccio di bottiglia inventa gelate e tinge i suoi quadri di scalpi d'umore, sull'onda la luna strimpella fecondando sentenze musicali a tutto volume come naviga l'eco del malore. Fanciulla, questo nome non segue il tuo cammino, non si adatta, antico suona troppo al tuo pudore ch'era una corazza, vivi smarrita con lo scudo roso… il sesso si proclama vincitore, festeggia la vittoria nel regime che imprime il suo talento coi mezzi all'avanguardia… la rotta è speronata dalle vigenti analisi di lumi di questa società nel senso che l'onda che proteggeva ha strabuzzato gli usi allunga i passi ed apre con la forza gli occhi ancora chiusi.
Poesie che hanno per tema la natura
Notte celeste Notte celeste placida tacite luminelle, notte celeste grande notte di mille stellle. Reggi lo sguardo timido piccolo uomo, affonda con l'infimo centimetro nel spazio che t'inonda, cogli all'immenso un attimo di silenzio e d'amore, china la mente audace, sazia di quiete il core.
Una poesia dei monti L'aria sospesa alle pendici vive il sacro dominio della vetta che si scontra col cielo come un'esplosione di silenzio… un silenzio selvaggio in cui s'immerge lo scalatore che vince il peso dell'arrampicata, un silenzio non contaminato a cui soltanto il vento può parlare, un silenzio che scuote la valanga, impervio di strapiombi, rotto dalle voci di cordate, crudele scalza lo sfidante ignoto, un silenzio gigante che parla alle scarpate, come ali di aquila si scioglie dalle balze nevose sugli abissi… guarda, ascolta, si fonde con l'etere sereno la conchiglia di sole del tramonto nell'immortale estasi di un bacio… chiudi gli occhi incapaci, accogli il tutto senza aspettare volontà di assetti… questo sentimento di altitudine disponi in versi, nasce una poesia dei monti. La maestra Nel campo dove crescono i miracoli la maestra non passa soltanto tra i banchi di scuola e spiega una mela che cade, é anche scolara, si evolve frequentando la scuola di tendenze: rende al picciolo la foglia, rattoppa gli smagli, sostiene a misura di zolla margotta che parte da sola, fornisce la spada ai gladiatori, indossa gioielli la sera e veste il bambino di sole, é artista eloquente intrattiene con la tavolozza del pittore, contro le parole senza scudo perché il contadino è un uccello che becca i fichi maturi, perché il contadino è leopardo che assale le scimmie sugli alberi, é lupo con disegno di aggredire che corteggia con occhi di premure. La notte Dopo una giornata contorta, campale dirotta le norme, non dorme la notte nel letto con l'onda che allunga i pensieri nuotando sott'acqua come lo schiamazzo dei ribelli che si rompe contro il muro della tribuna prima di affogare, forte d'artigli gioca come un gioco di riflessi, scavalca il buio e graffia fino a perdita d'occhio con la naturale connivenza in questo mondo di carne e di carnivori, sotto il cielo sordomuto dove i meridiani prominenti tagliano i paralleli depressi Mentre svuoto la stanza col discorso in salita che spezza il segmento, gli occhi sbarra sulla marea di versi che rimonta lo spazio di una nuvola gigante, lacrimosa l'alba raggiunge lo sfondo e strozza il buio con le mani di sole. Sfogliando pagine di campagna dove si leggono poesie che la stagione pubblica ai poeti mi fermo davanti agli occhi di un ciliegio che scrive versi: l'opera si presenta al vicinato con l'orgoglio festoso di chi dona… tutti vogliono leggere la storia… ed io coniugato con letargo, dall'eco attratto di reviviscenza, andatura commista di giulebba e peso amaro sui gradini stanchi, m'affanno piazzando su tempi di carta immagini per imitarlo, e mi vanto pittore. Caro tramonto L'abito della sera indossa ora l'albero coi trilli a cui fa capo l'ugola del merlo ed il cu-cù risponde da lontano, tra le foglie sguazzano scintilli, filtra l'ultimo sole, scorazza rosolaccio nel declivio... caro tramonto, coi raggi pacati e col respiro della brezza leggera... si spande il giorno vorticoso, sfocerà nell'oceano della sera. Nella campagna rorida sbocciano i fiori, antesignano corre vento antico asporta i geni all'antere, trepidanti volteggi intorno ai nidi e garruli bisbigli... nella saccente millantata specie l'aria è pensosa, rutila il trionfo del seme sorto nella provetta... fuliggine rosata nella culla dove vagito a falsa mamma spande e nelle opache cantilene affonda... bella natura disdorata e franta. Pioggia razzente d'azzurro cala sull'orizzonte, gemica ruzzi il cuore... germogliare fiorire rinverdire... O dolce primavera! non entri non trapassi questo vigore avido del fumo. La voce del tramonto suona sotto i mannelli nella campagna come i problemi curvi sulle spalle, ma il sole all'orizzonte sfogliando dall'antipode il cammino stempera i desideri nei colori pacati come l'alba, accende un bacio dolce di memorie dove gli occhi possono scrivere sulle righe sbiadite un rifugio. Primavera Il tempo sfogliando il libro ha raggiunto la pagina dell'equinozio, dietro i vetri c'è gran baccano, sono i segni della stagione nuova che si versa nei campi. La processione parte dai ciliegi di bianco vestiti sfila tra cornici di primule, e germogli arrampicati a rami… e tornano le rondini riportano gli anni a contare i balconi sospesi… ma qualche balcone é crollato e questa vampata di luce non ha senso. Imbrunire La terra canta dolce di tramonto, in estasi di cielo l'orizzonte apre l'uscio a misura di pennelli a parole pacate dietro i monti, e di silenzio abbevera le valli, sospeso alla magia della campagna m'infittisco di alberi, tra fronde si leva a curiosare qualche guizzo di sole calmo ed é poesia di trilli. In lontananza fermo di lavoro raggomitola il giorno il contadino sulla terra sdraiata mescolando i passi stanchi all'imbrunire e l'oro… e lascia qualche brivido che passa. Tramonto autunnale Dopo sereno calle, quando il declino su cataletto azzarda vene di carbonchio e indossa trilli, sembra lasso di acquarelli la pace timorosa che inzuppa di oro colato le rughe del tempo. Il sole ancora consiglia, ma pioggia che sale dagli anni pacciame modella. Il dì canuto, dove un qualche scienziato ha inventato la macchina per vedere l'invisibile e sentire l'impercettibile silenzio, al grido di sorgenti d'acqua pura che abbeverano pozzi secchi di cavalli che hanno attraversato il deserto, confuta i fantini con la frusta quando muti sull'ancora di ghiaccio si spartiscono l'ombre. Nell'interstizio che soccorre il tempo ascolto il vento leggero che porta i cavalli nel recinto. Cara luna intensamente sveglia tacita fissi oppur giocosa ridi. Come pupilla sei vaga, severa, attenta... leggi a ciascun negli occhi i suoi segreti e scrivi sugli sguardi il tuo pensiero. Natura Quando si sveglia il giorno è l'aria nuova leggera e insonnolita, stende dall'orizzonte trepido la mano l'alba, s'affaccia incerta e silenziosa, schiude le sue finestre piano piano, sorride al mare coi riflessi rosa. Bella Natura! È primavera, é verde intorno voli nella campagna ed è festoso canto, quando giochi con chiazze di colori e ritagli di forme, coi pennelli tingi farfalle, petali di fiori, prati, declivi, limpidi ruscelli. Vaga Natura! Un pensatore attento osserva e tace, fruscio del tuo saper coglie, è saggezza, quando calcoli seria i tuoi diademi poni nel cielo ed equilibri, reggi gli spazi, i moti, orbite e sistemi ammansisci sotto le tue leggi. Grande natura! Palpiti, sogni, aneliti prendono il cuore e il viso quando c'è amore, un giubilo profondo nasce un sentimento, il cuor s'infiora. Quando s'immerge nel magico fondo l'indefinito si sente e si sfiora. Dolce Natura! Scorre la vita l'onda dell'oblio trasporta il tempo, copre e dissolve lacrime. Nella valle mortale agnelli e lupi sono i tuoi figli, è mare di dolore. Perché? …T'avvolgi di silenzi cupi, miseria e strazio non ti tocca il cuore. Madre Natura!
Poesie tratte dalla Silloge 2 Novembre
Una goccia di infinito Il canto della notte si spande, un alito di brividi mi sfiora mio padre. Un abbraccio senza corpo, un sorriso, appagato dolcemente dalla voce senza suono mi sveglio.... sullo schermo dei pensieri abituali rimane una goccia di infinito. Mamma Una stella in questo cielo grigio, una luce in questo crepuscolo, un arcobaleno in questo tempestoso urlar di lupi, una carezza nello stanco errare. Oh questa vita! Mamma... un soffio di dolcezza questo sfogliare l'album del cuore. Due novembre Occhi spenti profondono luce, melico ardor di salme... cuori ardenti battono attese, fiumi di parole... amori gioie lacrime adiscono agli aliti di questo giorno affiorano dai riflessi di queste zolle, salgono al ciel come un ardor di ali. Splende come il colore di una lacrima sull'epitaffio il piccolo lumino in pasto al buio... gli occhi davanti alla veste marmorea trasparente come lo specchio gelido, invocano pietà di speme... silenti ceri ardono nel vuoto del pensiero. Ave Maria! Sepoltura Tra le marmoree solitarie siepi dove il colore del tempo si perde tentenna il sol da cipressi ventosi guizzi di vago novembrino ardire... marcia il corteo ed i velati volti sfogliano riti, calpestio di passi grava, il silenzio si profonda, avanza nero come il colore dell'addio. Oh come corre questo treno fermo, coi finestrini aperti alla campagna! Tende la mano l'albero di sogni dolci, pendenti, carico, maturi, sfioran le dita quello di rimpianti, foglie ingiallite, sterili pensieri. La terra pia che ci raccoglie, cruda inghiotte questo sacro appuntamento, non la placano né fiori recisi e nemmeno il dolore... sepoltura come un blocco di marmo s'addolcisce allo scalpello di chi accende un fiore. I colori del tempo Splende un silenzio inciso di malore della serpeggiante carreggiata nelle cariatidi marmoree e telamoni di questo mausoleo ferito delle ingiurie del tempo, un silenzio che parla alle rovine con la voce pesante come una montagna sospesa sui pensieri, i giganti si sciolgono nell'onda vivendo ciò che resta dopo il giorno dove la notte vince sulla luce, la morte non è morta, si aggira sonnolenta negli intervalli di deserti di frotte l'aria impregnata di sapore che antico si rompe sgranocchiato dal passo dei motori. |