Racconti di Gianfranco Stivaletti


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A.D.2025...
 
Caro papà ,
Qui ad Onna Aquila ed io abbiamo passato una giornata veramente indimenticabile . I miei suoceri ci hanno ospitato nella loro nuova villetta ed abbiamo passato la notte in una camera da dove si ammira lo spettacolo delle montagne innevate ed inondate di sole .
C' era una gran folla nella grande " Piazza dei Volontari della Protezione Civile " : tutti davanti alla Chiesa Parrocchiale ad aspettare il Vescovo . Questi , durante l' omelia , ci ha spiegato che sedici anni fa questa chiesa era una tenda da campo che sostituiva quella andata distrutta dal terremoto . Tu me l'hai raccontato tante volte quel terremoto spaventoso ! Nella piazza ci sono anche una piccola moschea ed una sinagoga , costruite da architetti musulmani ed ebrei che negli anni addietro sono accorsi a dare una mano a ricostruire questo paese ; e ieri erano tutti qui , insieme ai loro figli e nipoti , ad aspettare anche loro il Vescovo che nella nuova Chiesa Parrocchiale ha aperto le celebrazioni del Giubileo , il secondo del Terzo Millennio .  Khalil , l' anziano capo cantiere della ditta dove Aquila lavora , ci ha detto giorni fa che all' epoca del terremoto erano in molti a chiedersi il senso di quella tragedia ; e la domanda più ricorrente era : " Perché Dio ha permesso tutto questo ? "  Poi , il mattino del 10 aprile , giorno dei funerali delle vittime , nacque una bambina ; e tutti fecero a gara per aiutare la mamma a comprarle il corredino , che era andato perduto tra le macerie . Da quel giorno tutti presero l' impegno di avviare l' opera di ricostruzione mettendo ogni cosa in comune e , soprattutto , con l' essere sempre assidui agli incontri di preghiera comuni . Tutti . Indipendentemente dalla fede di ciascuno : ogni gruppo pregava secondo il proprio costume dopo essersi incontrato , in spirito di fratellanza , con tutti gli altri . Fu allestita una grande tenda adibita a refettorio dove pranzare ogni giorno tutti insieme ; e in questo modo attiravano a loro tutti quelli che passavano da quelle parti . Tutti , da quel mattino , col tempo trovarono la risposta all' angosciosa domanda che li aveva assaliti : Dio aveva permesso quella sciagura perchè gli uomini ritrovassero nel bisogno la fratellanza ; e nella ritrovata fratellanza un motivo per sperare .  Khalil ci ha ricordato anche un antico proverbio arabo : " C'è una formica nera su una pietra nera in una notte nera : Dio la vede e non la dimentica . "  
                                                                            
                                                                            Con affetto , tua
                                                                                 Priscilla


Estate Borghiciana ( Prima parte ) .
Era un afoso pomeriggio di luglio , in una Roma che si squagliava ad una temperatura di 38 gradi all' ombra .
Guido , giornalista RAI , si trovava per caso a passare per Via della Conciliazione , a quell' ora animata solo da turisti in canottiera e calzoncini . L' ultimo appuntamentodella giornata , l' incontro col direttore della Sala Stampa Vaticana  per concordare il servizio del giorno dopo  , l' aveva già rispettato ; ed era letteralmente sfinito ed in cerca di un posto fresco per riposarsi un po' .
Si ricordò dei consigli dati da un vescovo per televisione agli anziani rimasti in città di trovare frescura nelle chiese e di riscoprire così l' Arte e la Preghiera .
Si infilò allora nella chiesa tardo-rinascimentale situata all' inizio di Via della Conciliazione ed assaporò subito il fresco , la quiete , il riposo degli occhi nel passaggio dalla luce accecante del sole alla penombra delle navate .
Si sedette in uno degli ultimi banchi . La sua attenzione fu catturata da un gruppetto di signore che si passavano l' un l' altra dei veli , dei drappi e dei gioielli : al centro ,una figura di giovane donna seduta .Sembrava che la stessero abbigliando per una cerimonia .
" Ci vuole un bel coraggio a sposarsi , con questo caldo ! " - disse fra sè - pensando ad una giovane sposa che si stesse preparando per le nozze - " Ma che fa , si prova il vestito in chiesa ? "
Avvicinatosi , notò che la figura femminile oggetto di tante attenzioni era una statua della Madonna : chi le provava un velo , chi una collana di perle , chi un mantello dai ricami dorati .
" E' per la festa patronale di Borgo , il nostro rione , dedicata alla Madonna del Carmine " - spiegò una delle donne , che aveva notato la curiosità del visitatore .
Guido non aveva mai visto " vestire " una statua della Madonna ; e tantomeno con una tale dovizia di merletti e drappi finemente lavorati .
" Ciascuna di noi di Borgo ci mette qualcosa di suo , spesso dei ricordi di famiglia , per fare bella la Santa Vergine...In fondo... é nostra sorella . "
Il giornalista guardò ancora più stupito le donne e la statua . " Nostra sorella " - ripeté mentalmente  - erano anni che aveva perso ogni familiarità con le preghiere e i canti della Chiesa ; e quell' insolita espressione gli sembrava strana .
La donna capì e a mo' di spiegazione accennò sottovoce a un canto liturgico :
                                 " A noi concedi
                                    di rimanere sempre con te ,
                                     nostra sorella . "
" Quand' é la festa ? " - chiese alla donna .
" Il sedici luglio " - fu la risposta - " Ma quest' anno la processione si farà la domenica prima , il tredici . "
Guido guardò il soffitto , le cappelle affrescate , le state poste dietro l' altare maggiore . " Massì " - decidette alla fine - " Ne potrebbe venir fuori un servizio un po' diverso sull' Estate Romana di quest' anno . Gli ingredienti ci sono tutti : l' Arte , il folklore ... "
( fine prima parte )

La mozzetta del cardinale
" Estate Borghiciana " - seconda parte )
La domenica della festa patronale il giornalista televisivo Guido , accompagnato da un cameraman , andò a piazzarsi in una delle cappelle laterali della chiesa . Di lì a poco avrebbe avuto inizio la concelebrazione solenne presieduta dal cardinale vicario .
" Che bellezza " - pensò - " Ecco un altro fattore che farà audience . "
All' ora stabilita , la telecamera cominciò a riprendere la processione di apertura , nella quale i vari gruppi dei partecipanti vestivano con l' abito loro proprio . Aprivano il corteo i membri della Confraternita , con veste bianca , cingolo e mantellina marrone e scapolare , ognuno con il suo ruolo : chi portava la croce astile , chi i candelabri , chi il turibolo con l' incenso . Seguivano il diacono , in dalmatica e col libro del Vangelo , il parroco e tutti gli altri concelebranti , che accompagnavano il cardinale .
L' occhio professionale di Guido notò che la mozzetta color porpora del cardinale risaltava bene sullo sfondo degli stucchi dorati e del giallo delle mezze colonne corinzie : sussurrò allora al cameraman di inquadrarla con una zummata fra le teste degli altri sacerdoti .
La volta della cupola si riempì delle maestose note dell' organo ; e volute d' incenso si levarono , rimarcando il senso del Mistero che sarebbe emanato dal sacro rito .
Osservando la processione iniziale , il giornalista si ricordò di quando faceva il chierichetto ; e di come il suo parroco e i catechisti si accaloravano , curando che ogni gesto nel servizio all' altare venisse provato e riprovato finché non fosse riuscito bene : nella liturgia ogni azione riveste un significato preciso ; e se viene eseguita male o distrattamente , si rischia di far seguire distrattamente il rito da tutta l' assemblea dei fedeli .
Alla fine della Messa , Guido chiese ad uno dei membri della Confraternita a quale " ordine " appartenesse .
" Che ordine ? " - fece sorridendo l' interpellato - " Noi semo laici , mica semo preti ! Questa é la nostra divisa de portatori della statua della Madonna nella processione de oggi pomeriggio . Io me chiamo Giggi , faccio er tappezziere a Vicolo delle Palline ... Ormai so' 'n veterano ! "
" Beh ... verrò anch'io con la telecamera alla processione . Vorrebbe farmi da guida ? "
" Onoratissimo , dotto' : abbasta che me starà appresso e nun me farà domanne quanno starò sotto a porta' la statua ... ma 'gni tanto se damo er cammio . "
( fine della seconda parte )

Festa di popolo
( " Estate borghiciana " - terza ed ultima parte )

Subito dopo la Messa Vespertina , una gran folla di " borghiciani " e di turisti si radunò sul sagrato e sugli scalini della chiesa , disponendosi in due ali , fino ad occupare la strada . Tutti attendevano l' uscita della " loro " Madonna dal portale .
Guido ed il cameraman erano al centro della strada . L' obbiettivo della telecamera era puntato sulla bianca facciata . La magia delle chiese di Roma sta tutta nel biancore intenso delle facciate , che , investite dai raggi del sole , risplendono in modo tale da creare un suggestivo contrasto con la penombra , o il buio , dei vicoli vicini . Nelle chiese del centro storico le strade viicine , nella penombra , sembra che facciano da quinte , come sul pajcoscenico di un teatro .
Quando il portale si aprì , un lungo applauso si levò dalla folla : l' effetto di luce fu quasi decuplicato dalle dorature del trono e dal candore del velo che scendeva dal capo della Santa Vergine . Le campane della chiesa dettero inizio ad un allegro concerto .
A quella visione Guido rimase incantato ; e gli tornò alla mente un verso imparato a memoria negli anni del liceo : gli venne spontaneo recitarlo a bassa voce :
" ... vedea come il sol fosse davante . "
" Eh ?!? " - fece Giggi - voltandosi verso di lui .
" Niente ... dicevo tra me che é una scena veramente suggestiva ... " - rispose . Il rispetto umano , dovuto alla lunga frequentazione di un ambiente di lavoro laicista , era duro a scomparire del tutto in lui . Si accorse di essersi lasciato andare troppo e si riprese subito ; Ma la scena a cui aveva assistito aveva indubbiamente fatto presa su di lui .
Alcuni dei portatori infilarono le stanghe nel carrello su cui era posata la statua , disponendosi a portare il carico ; mentre altri controllavano che il passaggio tra le due ali di folla non fosse invaso dai turisti armati di macchina fotografica .
" Ecco " - disse Giggi - " Sta per partire la processione : Ora viene il bello . "
Al suono di una campana agitata dal caposquadra , i portatori si disposero tutti con le spalle sotto le stanghe ; poi , al secondo suono della campana , avvenne la prima " alzata " ; e la statua fu sollevata a braccia tese , sopra le teste e fatta girare a destra e a sinistra , verso San Pietro e , rispettivamente , verso Castel Sant' Angelo .
La processione partì : in testa al corteo il parroco guidava la recita del Rosario : Seguivano la banda musicale , i due capisquadre con la campana , pronti a suonarla per invitare i portatori a fermarsi o a ripartire .
" Perché uno dei caposquadro ha un abito diverso ? " - chiese Guido .
" Viene da un' altra Confraternita , quella del Carmine di Sant' Agata , in Trastevere " - spiegò Giggi - " Quelli che alla Festa de Noantri portano la " Madonna Fiumarola " sul Tevere . Qualcuno di loro é venuto qui a darci manforte . Alla Festa de Noantri manca una settimana . "
Il percorso si snodò per le vie del rione lentamente , passando sotto le finestre addobbate e tra le commosse acclamazioni della folla , dal semplice " viva Maria " al colorito " Che bella Madonna che ciavemo ! "
Giunti davanti alla Chiesa di Sant' Anna , situata presso la Porta omonima della Città del Vaticano , ebbe luogo la seconda " alzata " , tradizionale omaggio alla Madre di Maria , che il popolo di Roma venera come protettrice delle partorienti .
Poi , passando davanti alla sede dei vigili urbani ,tutti gli sguardi furono puntati su due vigilesse , note per la loro severità nell' appioppare le multe , che deposero un mazzo di fiori ai piedi della Madonna , e tutti le videro con occhi diversi .
Tornato in Via della Conciliazione il corteo , il caposquadra invitò i portatori ad una sosta per la foto di gruppo con la Basilica di San Pietro come sfondo .
Prima di mettersi in posa , Giggi si voltò ed ammirò l' affresco di cielo roseo con i raggi di sole che filtravano tra le nuvole . Sembrava che in cielo si fossero trasferiti gli ori del Bernini della Basilica . Si stava facendo sera e nel silenzio della grande Piazza si udivano gli scrosci delle fontane , che richiamavano alla mente il suono argentino di fresche e lontane sorgenti : Non poteva esserci modo migliore di concludere un pomeriggio d' estate in città .
Dalla folla si staccò una ragazza che raggiunse il più giovane dei portatori . Poi , al " rompete le righe " i due ragazzi si allontanarono sorridenti , tenendosi per mano .
Non ci volle molto per capire che si avviavano verso la piazzetta di Borgo dove era stato allestito un palco per la " Live Music " ed un gazebo per le pennette all' arrabbiata .

La tombola in piazza
Alla festa del paese , il giorno della Madonna del Soccorso , si ritrovavano tutti nel piazzale tra la Chiesa , la Scuola ed il Bar . Era l' allegria di trovarsi nel piazzale per vedere " 'na cosa nova " ed avere la soddisfazione di partecipare alla Tombola , bucando con uno stecco le caselle dei numeri usciti e lanciare quattro lazzi all' uomo in piedi sul palco che estraeva i numeri dal bussolotto .
Fin dalle prime ore del giorno , ven ive eretto un palco di legno col grande tabellone ; e per tutto il giorno ,intorno al palco , si disputava la lotta tra il vigile Gessetto ed i ragazzi del paese , che si divertivano a correre su e giù per le scalette e a rivoltare le caselle dei numeri .
Gessetto era il soprannome che i paesani affibbiavano al vigile quando indossava la candida divisa estiva . Non so quanti " Gessetti " si siano succeduti a mantenere l' ordine pubblico nel paese .
Durante la mattinata , tra una Messa e l' altra , i ragazzi del paese si piazzavano con i tavoli in determinati punti strategici della piazza a vendere le cartelle , invitando i compratori a dettare loro stessi i numeri da giocare .
Quasi tutti i compratori sceglievano i numeri calcolando gli anni di tutti i membri della famiglia , la propria età , il numero dei figli o gli anni di matrimonio .
La tombola si iniziava di solito tra le sette e le sette e mezzo di sera . Una veduta aerea avrebbe mostrato , a quell' ora , una distesa di teste di ragazzini tenuti a cavalcioni sulle spalle dei padri , di palloncini colorati .
Il più spavaldo si assicurava un posto di prim' ordine arrampicandosi su un alberello della piazza ; e raggiunta una comoda posizione in una biforcazione dei rami , distribuiva grandi sorrisi di soddisfazione al volgo sottostante , come un o che era riuscito ad emergere nella vita .
Ad un tratto , un ometto saliva sul palco ; ed ottenuto a fatica il silenzio dalla folla , ringraziata la Pro-loco con i convenevoli di rito , cominciava a mescolare le palline nel bussolotto . Ne tirava fuori una , sentendosi addosso gli occhi di tutti :
" Nummero...sèdice ! " - urlavacon tutto il fiato .
" Se...dice ...ma nun se fa ... "- rispondeva tra la folla uno spiritoso .
Poi :
" Nummero...novantanove ! " - e seguiva un boato di disapprovazione misto a risa di scherno , per il banale errore di avere letto il 66 al contrario .
L' estrazione proseguivs ; ed ogni tanto qualche sfdortunato che non aveva bucato nemmeno una casella urlava :
" Mistica ! " - cioé " mescola ! " , volendo fare intendere che l' ometto non tirava mai fuori il numero che gli occorreva .
Il parroco , uscito fuori dalla canonica , guardava e sorrideva soddisfatto , pensando che anche quell' anno la festa patronale aveva riempito la Chiesa in tutte le Messe .
Ma c' era qualcuno in mezzo alla folla a cui poco importava delle estrazioni dei numeri : non aveva in mano la cartella e lo stecco e non faceva che allungare il collo . alzandosi sulla punta dei piedi , tra la gente , Scorgeva , ad un tratto , una capigliatura bionda fluente . Si avvicinava aprendosi un varco nella calca ; vedeva che accanto alla capigliatura bionda ce n'era una più attempata : Esitava . Ma quando tutte e due le capigliature si giravano e sorridevano , riprendeva coraggio ed avanzava la proposta :
" Alle nove c'é la musica ma la piazza ...io ce vengo...si te va puro a te ... "
Intanto all' annuncio del numero tanto sospirato si levava un grido che scioglieva la tensione della folla :
"Tombola ! "
Un ragazzo si precipitava sul palco : era uno della comitiva ! Nell' entusiasmo , la ragazza bionda abbracciava il giovane che aveva effettuato l' abbordaggio . ll ghiaccio era sciolto ! Ora , mentre tutti sciamavano via , i due ragazzi si allontanavano allegramente sottobraccio ridendo e scherzando ; anche perché la testa attempata li aveva discretamente tolti dall' imbarazzo fermandosi a parlare con un' amica davanti alla merceria .

La fontana di Spalletta
Un fiasco di vino , due fette di pane sciapo tagliate da una " rota " , olio , sale e pomodoro strofinato sopra ; una sorgente d' acqua limpida circondata da siepi di more , alla cui cannella bere ogni tanto un sorso d' acqua fresca che in città non te la sogni nemmeno : chi non si concederebbe una pausa così ?
Un angolo di tale pace agreste era la Fontana di Spalletta . La riscoprì un contadino mentre si recava al lavoro dei campi. Era una fontana a sifone : da quindici anni non buttava più acqua ; e tutto ad un tratto uno zampillo riprese a riempire la vasca sottostante , dando origine ad un rivolo che prese a scorrere lungo il margine di un viottolo polveroso .
La gente del posto dice che il nome di Spalletta era stato dato in ricordo del soprannome di un certo Antonio , che era solito recarsi presso questa sorgente a godersi il fresco . Egli molto probabilmente vi si recava spinto dal desiderio di cercare pace e ristoro in un luogo caro alla memoria .
Battezzando così quel luogo , i suoi compaesani , colpiti dall' immagine di quel vecchio puntuale all' appuntamento con la fontana , eressero inconsciamente un monumento alla Natura Amica .

Festa di Ferragosto
L' estate passava in modo piuttosto monotono ; perchè , trovandoci in un paese di campagna con poche attrattive , se volevamo incontrarci tra coetanei , come luoghi di ritrovo non vi erano che i villini delle nonne o delle vecchie zie ; e il cinema che apriva solo il sabato e la domenica .
Ci si incontrava spesso di pomeriggio allo " Chalet " , un piccolo bar con quattro tavoli e un juke-box . Seduti , o , più precisamente , stravaccati davanti a un gelato o una bibita , passavamo il tempo chiacchierando di musica , sport , politica , fra una marllboro e l' altra .
Avevamo tutti quell' età in cui il gesto di posare con noncuranza le chiavi della macchina sul tavolo di un bar fa sentire il mondo intero ai propri piedi .
C' era Massimo , lo sbrasone della comitiva , che aveva fatto istallare lo stereo sul suo " maggiolino " : appena arrivava allo " Chalet " spalancava il cofano perché si sentissero meglio gli altoparlanti rd " offriva " a tutti il repertorio di Ray Connif e di Dalida .
Poi c'era Carlo , il fratello : tutte le ragazze gli cascavano ai piedi : Faceva coppia fissa con una vistosa bionda platinata . Si lasciarono come se niente fosse , perché il loeo non era l' incontro voluto dal destino .
C' erano i fratelli Lucarelli , Marco e Fabio , diversissimi l' uno dall' altro : il primo si atteggiava a bel tenebroso con le ragazze , collezionandone parecchie ; il secondo era un chiacchierone al limite della logorrea che le " love stories " se le inventava .
Pierluigi veniva ogni sabato con una macchina diversa , che prendeva dall' autosalone del padre . Si dava grandi arie da esperto di motori , per il quale non esistevano distanze tra una città e l' altra. Era capacissimo di andare da Roma a Pescara solo per prendersi un caffé sul Lungomare : una " sgommata " sull' asfalto e via .
L' evento " clou " dell' estate era sempre il party di Ferragosto nella Villa di Marco e Fabio , quasi un rito per salutare l' estate prima dell' arrivo delle piogge di fine agosto .
Madri e zie facevano a gara nel preparare il buffet freddo e i dolci : il posto d' onore sul tavolo di peperino del giardino spettava sempre al ciambellone cosparso di zucchero a velo .
Il divertimento maggiore stava nei preparativi della festa , il giorno prima . C' era chi sceglieva i 45 giri e sistemava l' impianto stereo ; e chi , come Massimo e Carlo , erano addetti al posizionamento delle luci tra i rami degli alberi , curando sempre di lasciare un angoletto buio ove appartarsi con le ragazze .
Il giorno della festa c' erano quelli che rimediavano le più carine e quelli a cui venivano rifilate le " cozze " . Fra questi ultimi , una volta , mi ci trovai io .
" Mi raccomando , qualcuno faccia ballare la figlia del colonnello " - mi sussurrò , tirandomi da una parte , lo zio dei miei amici ospiti .
Per educazione , volli dare il buon esempio e mi toccò ballare con una spilungona dal collo curvo che era destinata a fare tappezzeria tutta la sera .
Mentre altri , più fortunati , traghettavano le ragazze verso l' angolo buio , io mi accorsi che il colonnello guardava verso di me visibilmente compiaciuto e scambiando sorrisi di soddisfazione con gli altri invitati .
Sentii un brivido freddo corrermi per la schiena . Francamente ,non mi sentivo pronto per i confetti .
E tantomerno con quella lì .

Schizzone
Con la fionda , da ragazzo , era abilissimo : Pochi , tra i suoi compegni di giochi , osavano sfidarlo nel tiro a segno a barattoli e bottiglie : era diventato il capobanda locale .
La passione per la caccia gli venne trasmessa da suo padre , che se lo portava spesso con sé nelle uscite di prima mattina insieme allo zio o a qualche contadino amico di famiglia .
Un giorno , durante una battuta , in una pausa di riposo presso un fontanile , mentre insieme a suo padre e a suo zio si rifocillava con una succulenta panzanella , avvenne il fatto decisivo della sua vita .
" O ba' , me fai spara' 'na botta puro a me ? "
Il padre , data la sua tenera età , era restio a lasciargli imbracciare il fucile ,anche sotto la sua supervisione ; ma non era la prima volta che il ragazzo gli faceva quella domanda . Per giunta , ci si mise anche lo zio ad appoggiare la sua richiesta .
" E fallo contento ! Tanto lo guardamo noi ... "
Il padre , dopo due o tre sospiri , lo guardò fisso negli occhi , raccolse da terra un guscio di lumaca e , mostratoglielo , gli disse :
" Senti : si me coji questo ar volo , te metto er fucile in mano ! "
Il ragazzo con uno scatto si mise subito in posizione di tiro con l' elastico della fionda teso .
" Pronto ? Via ! " - il padre lanciò in aria il guscio .
Tac ! Con un colpo solo il ragazzo lasciò padre e zio a bocca aperta .
Poté imbracciare il fucile e subitò dimostrò che anche con quello ci sapeva fare .
Passarono gli anni. Il padre , nelle sue uscite , non gli faceva più fare soltanto il " portatore " ; ma di tanto in tanto gli permetteva di tirare a qualche merlo che schizzava fuori da un macchione .
Quando venne la fatidica età della licenza , il ragazzo volle costruirsi da solo un fuciletto , rubando con gli occhi il mestiere all' armaiolo del paese .
La sua prima uscita da solo fu fu con un accrocco ad avancarica con il quale sperava di fulminare lepri e fagiani .
Ovviamente , il primo risultato fu quello di farsi seguire , senza che se ne accorgesse , da un codazzo di curiosi che volevano vedere che cosa combinasse .
Fu visto fermarsi improvvisamente in mezzo ad una ristoppia , poco lontano da un alto cardo dove si erano posati due cardellini .
Cominciò allora una lunga operazione di caricamento : prima versò la polvere nella rudimentale canna ; poi , con un a stecca , vi pressò dentro , a mo' di borra , dei fogli di giornale , infine mise i pallini di piombo .
Prese la mira e...vooom ! Una nuvolaglia nera si diffuse nell' aria .
I curiosi che lo avevano seguito , nascosti dietro una siepe , si sforzavano di trattenere le risa per non farsi sentire .
Poi , dissoltosi il fumo e i brandelli di carta bruciacchiata , si videro i due cardellini spiccare tranquillamente il volo .
" Ma 'ndo' vai co' 'sto schizzone ? "
Lo canzonavano , quando lo videro tornare mogio mogio in piazza , alludendo al suo fuciletto rudimentale .
" Schizzone " : da quel giorno questo fu il suo soprannome ; o , se preferite , il suo nome di battaglia .

Una questua miracolosa
Nell' antico convento dei cappuccini erano rimasti in due: Padre Guardiano e Padre Barbarossa.
Il Padre Guardiano, piccolo, barba pepe e sale, voce tonante dal pulpito, metteva una gran soggezione; e la gente proprio per questo accorreva alla Messa domenicale delle nove : perché sentiva che in un paese di bestemmiatori e di ubriaconi almeno una volta alla settimana ci voleva uno che li costringesse ad una bella revisione della propria coscienza.
Padre Barbarossa invece era grosso, aveva le mani come badili e sprizzava simpatia da tutti i pori : la gente gli voleva bene per la sua comunicativa , ma proprio perché era più di manica larga il Padre Guardiano ogni tanto gl'imponeva penitenze e digiuni.
La sua passione era la caccia. Una volta da un vecchio confessionale, tolto il crocifisso, ricavò un capanno d' appostamento per i tordi nel piccolo bosco di proprietà del Convento . La cosa parve irriverente a Padre Guardiano, che lo chiamò a rapporto e gl'impose , per penitenza , un giro di questua fra i poderi della contrada.
Padre Barbarossa, sacco in spalla, francescanamente ubbidì.
La prima visita fu al podere di Candido, uno dei mangiapreti più sfegatati del paese.
Come varcò il cancello, vide che tutta la famiglia era intenta ad accatastare il raccolto delle nocciole nel magazzino . Candido gli si piazzò davanti con i pugni sui fianchi ed un sorriso canzonatorio:
" Che te serve zi' fra' ? "
Senza scomporsi, Padre Barbarossa, bevuto d'un fiato il bicchiere di vin de melle che una delle donne della casa gli aveva offerto , tirò giù il sacco di iuta vuoto dalla spalla , infilò il mignolo della mano destra piegato ad uncino in un buco vicino all' orlo , lo mise sotto il naso di Candido e disse :
" Riempilo de nocciole fino a quanno riesco a tenello co' 'sto dito ! "
Candido accettò la sfida ghignando; ma il ghigno gli sparì presto dal viso quando vide che più il sacco si riempiva, più il fratone rimaneva imperturbabile a gambe larghe e col braccio teso in avanti.
Quando posero il sacco pieno sul ripiano della bilancia . il ghigno si trasformò in una smorfia ch'era un misto di rabbia e di meraviglia.
Tornato in convento, Padre Barbarossa mostrò a Padre Guardiani il risultato della questua che assicurava al Convento una scorta di mostaccioli per un anno.

Il luciaro

Arnaldo era un tipo burbero e taciturno: potevi rivolgergli la parola solo quando lo trovavi a pescare al Biedano, in piedi sul solito masso, con l'occhio fisso sul galleggiante. Allora, se lo lasciavi fare, senza interromperlo con osservazioni di qualsiasi sorta sulla pesca, sedentoti a debita distanza da lui, potevi sentirgli raccontare a ruota libera le più ghiotte storie di paese.
" Arna', com'é che non fai più il luciaro ? "
Era una domanda che gli rivolgevano spesso ; perché  il racconto che ne seguiva non ci si stancava mai di ascoltarlo.
" Me ne so' annato quanno me so' successe le sette disgrazie... "
Come  vedeva che l' interlocutore si faceva attento, Arnaldo cominciava a raccontare.
Un giorno, insieme  al principale e al suo collega Salvatore dell' azienda elettrica , era andato a Campo Giordano a riparare gli isolatori di certi pali della luce.
" Tu " - disse il principale ad Arnaldo - " salirai su quel palo. "  Poi, rivolto a Salvatore: " Tu invece va' in piazza a staccare la corrente dalla centralina. "
Salvatore s' incamminò; mentre Arnaldo e il principale rimasero ad aspettare il suo ritorno.
Passò un'ora,due, e Salvatore ancora non si vedeva.
" Avrà fatto ? " - chiese il principale.
" Eh! " - fece Arnaldo - " A quest'ora  sarà arrivato a Civitavecchia ! " E cominciò ad arrampicarsi sul palo della luce .
Salvatore, nel frattempo, aveva incontrato ma la piazza la fidanzata ; e tratten utosi in dolce conversazione con lei si era dimenticato completamente dell' incarico affidatogli.
Potete immaginare che successe quando Arnaldo strinse i becchi della pinza sui fili elettrici in cima al palo.
" Me sentivo tutto formicolà... " - raccontava - "  Tiravo calce pe' l'aria... era come se qualcuno me succhiava su... Però dall'alto sentivo tutto quello che dicevano de sotto... "
Il principale, disperato, aveva chiesto aiuto a due muratori che lavoravano nei paraggi; questi accorsero subito e con dei lunghi bastoni presero a menare grossi colpi sul corpo penzolante di Arnaldo, per cercare di staccarlo dai fili. "
" Ma così l'ammazzate ! " - gridava il principale.
" Beh,tanto ha da mori'... " - rispondevano i due muratori.
Per fortuna la tensione della corrente non era molto alta; e Arnaldo, come Dio volle, fu tirato giù sano e salvo.
Riavutosi dalla scossa, Arnaldo, senza dire una parola, montò in bicicletta.
" E mo 'ndo' vae ? " - gli chiese il principale.
E lui, tranquillissimo :
" Me vado a licenzia' ! "

Il gigante verde
Il grande olmo s'ergeva imponente nel terreno dove stavano costruendo la nuova villa.
Era un olmo tutto ricoperto di edera, in cui i rami più alti avevano la forma di tre dita divaricate: sembrava la zampa verde di un drago che sbucava dal suolo.
Per i contadini che passavano di sera per la Via Sant'Angelo,di ritorno dai campi, era un punto di riferimento : " Ci vediamo vicino all' olmo... "
Per i ragazzi era una fonte inesauribile di curiosità, quasi un negozio di giocattoli della Natura, tante erano le varietà di uccelli che si potevano vedere schizzare via dal folto dell' edera all' improvviso: upupe, merli, civette...
Potete quindi immaginare la sorpresa che destò in paese la notizia che il grande olmo doveva essere abbattuto.
Furono reclutati gli uomini più robusti e nerboruti che fu possibile trovare sulla piazza: muratori, camionisti, braccianti agricoli si presentarono dal capomastro della villa in costruzione per imbragare il fusto con delle funi e tirarlo giù una volta che i boscaioli l' avessero tagliato con le scuri alla base.
Si formò una lunga catena umana impegnata in un epico tiro alla fune con il gigante; e poiché le braccia che tiravano non bastavano mai, ogni tanto uno dei tiratori andava sulla strada per cercare qualche volontario.
Ben presto lungo la rete di recinzione del terreno si assiepò una folla di spettatori: donne, vecchi, ragazzi, tutti richiamati da quell' insolita gara sportiva, più interessante dell' albero della cuccagna o della pentolaccia della sagra del paese.
Nell' aria risuonarono grida d' incitamento,imprecazioni, risate.
Poi, alla fine, con uno schianto il gigante crollò al suolo; e tutto il popolo che si era radunato al di là della rete accorse a vedere l' alto fusto allungato per terra , ognuno a dire la sua, a contare i cerchi concentrici del moncone rimasto infisso nel suolo.
Nei giorni seguenti, molti erano i ragazzi che accorrevano a frugare tra le fronde in cerca di nidi d'uccello abbandonati o di altre prede; e fra essi c'ero anch'io.
Ricordo che scostando una frasca scoprii due tartarughe che là sotto avevano trovato fresco riparo.
Fu come trovare la sorpresa nell' uovo di Pasqua .

Erba tra le pietre
Era appena finita la guerra; e con essa il triste tempo della fame e dei bombardamenti a Roma.
Mia madre, ventunenne,in una mattina di primavera si metteva in viaggio fuori Roma verso Anzio per andare a trovare una sua cugina.
Seduta nel vano posteriore di un furgone traballante, ai suoi occhi si presentava lo scenario dedsolante di una campagna devastata : dovunque muri anneriti, campi incolti, profonde buche lasciate dalle bombe.
Ogni tanto, però, c'era una piccola porzione di terreno sulla quale l' erba cresceva folta e brillante, contrastando con il resto del paesaggio.
Giunta a destinazione, chiese alla cugina il perché di quello strano fenomeno; ed ella le spiegò che in quei punti l'erba cresceva più verde perché nutrita dai cadaveri delle vittime dei combattimenti e dei bombardamenti, sepolte in fretta e sommariamente.
Cessata la guerra, la vita dunque rinasceva di nuovo, sotto forma di tenui fili verdi, anche se pochi se ne accorgevano.
La vita, come la libertà e la speranza, rinasce discreta e silenziosa ovunque, come l'erba tra le pietre dei muri; anche se, come scrisse Tolstoj, gli uomini cercano di annerire l' aria con il carbon fossile e la nafta.
Ad Anzio mia madre trascorse un periodo di riposo; e là conobbe mio padre, su una spiaggia deserta,dove vicino alla riva erano arenati dei mezzi da sbarco americani arrugginiti.
Anche lì la radiosa primavera del litorale laziale faceva dimenticare che in paese c'erano, ancora aperte e sanguinanti, le ferite della guerra: nei muri a brandelli, nelle finestre senza vetri, nelle rovine.
Là, sulla Riviera di Levante, mio padre di tanto in tanto mostrava a mia madre i piccoli esseri che popolavano il fondo sabbioso sotto il pelo dell'acqua: i granchiolini, le telline, qualche polpo... cioé ancora la vita!
Io nacqui tre anni dopo. Trascorsi le primavere e le estati della mia infanzia su quel litorale. Il ricordo della rinascita della vita dopo gli anni di guerra, che mi é stato tramandato, mi ha lasciato una traccia indelebile nell' animo. Ricordo ancora il clima festoso delle sere d' estate al Porto Innocenziano di Anzio; quando i pescherecci che solo dopo la guerra ripresero a prendere il largo, tornavano carichi di cassette di pesci, che i pescatori lasciavano sulla banchina, eccitando la fantasia dei villeggianti e la curiosità di noi ragazzini: Era una festa quotidiana che contrastava con le scritte che ancora si leggevano sui muri del paese: "OFF LIMITS " ... " AL RICOVERO " ... che ricordavanoi giorni d' incubo della guerra, ormai solo un ricordo.Scritte che a noi ragazzini ignari apparivano misteriose e grottesche, tutti presi com'eravamo dallo spettacolo dei pesci d'ogni forma ancora guizzanti e delle " mazzancolle " coperte di ghiaccio tritato . Vissi quindi un' infanzia alla " scoperta " della vita che rinasceva.
Da mio padre, che era capace di fermarsi per ore ad osservare incantato gliu animali, anche i più piccoli come i ragni e le formiche,quasi volesse intuirne il comportamento, credo di aver ereditato qualcosa di più dell' amore per la natura: il colloquio con la vita.


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