Racconti di Francesco Sinibaldi


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Francesco Sinibaldi ha iniziato a scrivere composizioni nel mese di luglio del 1991.
Pubblica su riviste, antologie, partecipa ad iniziative editoriali ed è presente in vari siti internet, in Italia ed all’estero. Ha pubblicato 7 libri,1 con Libroitaliano - Ragusa, 6 con la Montedit - Milano.
Adotta la tecnica, da lui inventata e così introdotta nel 1991, della”costruzione sul suono”, progressiva costruzione delle immagini e dei contenuti al variare dei parametri, dei caratteri e delle esigenze tecniche di natura formale, con possibilità, nell’ambito dell’utilizzo del verso libero, di variare e differenziare l’effetto creato, ponendo l’immagine al centro di quanto cercato con la luce dei suoni. Tale tecnica è descritta ed applicata anche nel suo ultimo libro pubblicato con la Montedit,”Abbey Road”.
Nell’ambito dei piccoli editori e degli appassionati di poesia ha trovati molti aiuti per l’evoluzione dell’attività letteraria.

Leggi le poesie di Francesco

Notte di misteri.
Una chiara e limpida serata d'Agosto rifulge nello scintillìo di innumerevoli stelline fluenti nell'im-
mensità di quel tenebroso firmamento che invoglia due baldanzosi bimbetti ad avventurarsi nel par-
co di un vetusto casolare divenuto il luogo in cui,secondo le voci del paese,dimorano spettri e bian-
castre visioni dalle spaventevoli sembianze.Con il passo agile e vellutato di chi si accosta ad un e-
vento per lui nuovo ma oberato da striscianti timori,eccoli sbucare con l'occhietto fuggente oltre
una siepe ricolma di profumate rose anelanti un sonnellino ed acquietarsi all'ombra di un giunco
millenario che abbraccia il terreno con distesi e affilati ramoscelli cadenti,giungendo,sempre più im-
pauriti,alla soglia di un uscio rinvigorito ma anche devastato per le intemperie che si scagliano di continuo su di lui sfogando l'ira dei cieli;scavalcato l'orlo arrugginito che si fascia intorno alla por-
ta,si manifesta loro uno spazio ricolmo di fili e ragnatele intrecciate in mille modi come a formare una treccia argentata di una chioma vetusta,mentre sulle pareti,da cui pendono brandelli di carta
stracciata,di tanto in tanto si notano quadretti simboleggianti paesaggi dispersi nello splendore di un
fiammeggiante laghetto ed una ringhiera ascendente chiama l'animo ad esplorare quel posto perver-
so ed impenetrabile,ove anche le lievi folate del vento che fischia di fuori paiono fastidiosi ed ansi-
manti respiri umani.
Il mistero regna sovrano dove tace ciò che vive ma solamente nel fantastico ingegno di un intimo-
rito fanciullo,e allorché tutto appare svanito nelle ombre delle più latenti sensazioni,quello è l'atti-
mo in cui il pensiero rinasce tentando di far passare per vero ciò che non esiste o per glorioso ciò
che appare sgraziato nelle forme e nei moti dell'animo.
Mentre le labbra tremano assaporando il gusto di una rinvenuta fede che li difende ora da insolite
incognite,eccoli al culmine di quella marmorea scalinata che rimbomba il passo sempre più timoro-
so,ed al loro sguardo appannato si rivela il biancore etereo e vaneggiante di una scia ricolma di mil-
le bagliori proveniente dallo stanzone ove in passato si era consumato il desiderio di lacerante pas-
sione,e che si posa dolcemente su di una sediola che dondola emanando un lieve sussurro di pace.
Tutto appare donato da un'inattesa magia,e mentre candide note si innalzano tra i cupoloni di quel-
l'ambiente ora fresco,tutto d'un tratto rinascono frotte di angioletti dall'azzurrognola aureola e col
capo chino a baciare il futuro,e così si dipinge nella quiete il momentaneo ristoro regalato per illu-
minare e render grazia a quegl'umili cuori.    

Tomorrow is today
Col passo simile all’avvicinarsi di un mite pensierino di morte nell’attimo della rinascita, si nota, nei pressi di una panca legnosa e circondata dalla lucentezza della schiera li giacente, una bambina con gli occhi tristi e le candide guancette ad emanare nell’aria la sensazione di una dolcezza assopita e perduta nella profondità dei pensieri,divenuti ora presagi d’eterno, tale è la loro intensità mista a diniego per il futuro. Le sue mani,sgraziate e vinte dalla pesantezza di un’adolescenza ricca di solitudine,si muovono con gesti veloci fendendo la chiarezza dimorante nel chiaro del cielo, e tutto ciò che la circonda, in quei luoghi spensierati,dona al suo viso l’amarezza della felicità fuggitiva nel corso di un corrente e furioso fiumicello ricolmo di suoni e baciato dalla muta voce dei mille dolori; ella siede accanto ad una vite da cui discendono i profumati odori della novella ed appena giunta stagione, e poco sopra quei rametti dalle tante aspirazioni si notano frotte di nidi intinti col rumore di miti e leggiadri cinguettii, a regalare all’immensità della fanciullezza un respiro di quiete ed un anelito di certezza e tranquillità interiore. Le sue ciglia,baciate dall’infinita luminosità dei raggi cadenti dal sole e fluenti nel cuore d’un rimando gioioso, battono al ritmo incessante del rimbombo dimorante nel bronzo di un vetusto scampanio, e tutti quei brusìì le fanno tornare in mente i ricordi della tanto amata e desiderata infanzia, nel tempo in cui solo i ticchettii dei ridenti spassi del sole riuscivano ad intontirla col rumore della voce del vento e nel nome di un morente pensiero. Ed ora, ammirando il gocciolare dei primi boccioli nati e lodati dal mattutino picchio delle fronde cadenti nel vuoto di un’ombra, il suo viso si dipinge coi colori della dimorante quiete mentre intorno, tra i respiri dei querci e nel cuore dei faggi, si disperde il fiatar di un cantore felice.     

Le visioni di Bernadette.
Il gocciolìo discendente dall'altezza di un masso umido e scivoloso picchia sul terreno bagnato
di quella grotta adagiata su di un dirupio nei pressi di Lourdes, città natale delle magie ispirate al
culto della cristianità, ed il passo candido della fanciulla baciata dal destino penetra nelle ombrosi-
tà di quel luogo lugubre e ricco di nostalgia per le gioie perdute tra le fiamme di un focolare;Berna-
dette,questo il nome della futura Santa,unisce le mani sudate disegnando con movimenti lesti il pro-
filo della fede ristoratrice mentre le labbra inventano il luccichio di una preghiera umile e densa di
consolazione:in questo attimo ella inizia a riconoscer la divinità della Vergine avvolta in un manto
biancastro,e quelle parvenze le segnano il cammino maestro sussurrandole l'arcano di un mistero
lodato tra i chiarori dei raggi provenienti dal cielo che divengon rivoli di quiete al penetrare nella
cupa caverna,divenuta la culla della felicità interiore.Il suono dei rivoletti d'acqua fluenti sin al ter-
mine di quei meandri pacifici svolazza ondeggiando di sasso in sasso per giungere poi, dopo aver assaggiato il candore dell'aria, alla foce di una fontanella minuta sgorgante brilli d'inusitato colore,
e tutto intorno l'atmosfera par luccicare con splendidi ed incantevoli sussurri ricolmi d'amore.   

Il ligio progetto dell'affanno.
Il lento cadere dei raggi fuggitivi donava allo spensierato profilo di quel paesello ricco di prodigi
la sensazione di essere in un luogo ascetico, ove il mistero si confondeva con la profondità dei te-
nebrosi bui provenienti dal nulla e ricolmi di magici ma assai funesti presagi; un alone di color gial-
lino e coi contorni rimembranti le morte stagioni cingeva le siepi e le miti schiere di rose appassite
con un lieve soffio di gioventù, mentre, nella zona delle quercie millenarie, si ergeva la maestosità di
una cappelletta rischiarata dal perpetuo canticchiare delle note nostalgiche, divenute ora le rime di
una rinnovata età di beatitudine. Nei pressi di questa religiosa presenza, una bambina dall'occhio vi-
spo e con le giovani guance colorate di purpureo, si inginocchiava unendo le mani in segno di rive-
renza e di rispetto per le immagini disegnate tra i marmi e nelle sporgenze di un tetto minuto, mentre
i suoi pensieri fuggivano dalla realtà per addentrarsi nelle lucentezze di un mondo spirituale, ove vi-
gevano principi di sana uguaglianza e concetti ispirati alla pacifica convivenza delle differenti di-
versità. In quei momenti di preghiera e concentrazione pareva che, attorno a lei, tutto risplendesse con
lumi d'infinito bagliore, ed anche le crude verità della vita si presentavano come circondate da un sussulto di fiducia e di costruttiva speranza, tra i palpitii di un raggio lunare e la voce soffocata di un
passero canterino. E come gli occhi s'abbassavano a carpire il segreto di quei magici momenti, ella,
tristemente, delirava.   

I vermicelli dal serpeggiante passo.
Tra i brulichii di una campagna dallo sguardo austero e con le guance bagnate da una pioggerellina
continua e battente, si nota un gruppo di vermicelli nell’atto di passeggiar tranquilli, cantando belle
canzoncine attinte dalla leggiadria di un tronco addobbato con mille rametti di more; essi vagano
con andatura serpeggiante oltre i cumuli di nostalgia situati nei barlumi di un’insolita pace, e quando
si fermano, baciando coi lumi degli occhietti la punta di una folata di candido vento, i loro sguardi
s’incrociano ad ammirare i profumati ponticelli di panna posti tra le tristezze di un albero muto ma
ardente d’innata passione. Il loro amico più fedele è un baco da seta e con lui essi si divertono a di-
segnare nelle ampiezze del cielo cristallino i contorni di una favola dal cuore dolce e carico di ma-
linconia, mentre dagli sguardi appostati tra le ombre di un cipresso attorniato da bui infiniti vengono
emanati brilli incantevoli di un’età celeste ormai morente di paure represse, buone solo per metter ti-
more alle anime prodi dei garzoncelli usi ad attirar visioni; i vermicelli in genere si vestono coi colo-
ri che trovano tra le schiere di rose dimoranti nel centro di tal mirabile paesaggio, ed i sorrisi emana-
ti dai loro minuti occhietti si trasformano, non appena toccano le funi di uno scivolo, nelle fessure di-
moranti tra le carenze di luce dello sconsolato sole, lugubre dimora dei sorrisi.
Nelle notti baciate con le vispe armonie discendenti dall’eterna luna, i bachi salgono sull’orlo pal-
peggiante il velluto di un immaginario calesse, ed il loro respiro dona all’arietta infiniti splendori.

La fuga di un fiabesco ricordo.
Sfugge la brezza primaverile e nasce, come soffiata dai brilli di solitudine presenti nel sole, la fiaba di una compagnia di silenziosi nanerottoli vestiti con lane finissime e veli che dipartono dalla sommità dei loro ciuffi per arrivare, cadendo in mille rivoli di nostalgia, sin ad adagiarsi sul piccolo pensiero da essi percorso; abitano nelle cupe ombrosità di cavernicole molto basse poste nei dintorni di un’antica montagnola, e sono soliti, nell’attimo della uscita da quei luoghi così tenebrosi e densi di nostalgia, mettersi in fila uno accanto all’altro in modo molto ordinato, formando una linea che pare ricordare la perfezione con cui, d’estate, si allineano le schiere di meli ricoperti dai lisci bocci dei mandorli in fiore. Passeggiando tra i larici e le perpetue monotonie di un cespuglio odoroso di fresca lavanda, giungono ai piedi di un ridente laghetto, ove una famigliola di fate dorate stan lavando le vesti ancora stracciate ed umide per le mille rincorse nella leggiadria del sole, mentre poco oltre quella immagine così fascinosa, si nota una frotta di augellin di bosco nell’attimo della pace
ristoratrice canticchiare i ritornelli di un tempo magico. E così, dopo avere ammirato le sensazioni della foresta dalla veduta approssimativa di una collina, i nanetti, pulitisi le ciglia rattrappite dal palpitare di un calmo vento dei ricordi perduti, si conciliano con i variopinti colori della natura che li circonda, ed il soffio di un tenue respiro proveniente dal chiaro del cielo dipinge il sapore di un’effimera quiete.

La torre dal crine smussato.
Al centro del paesello, situata ove fiori di profumata flagranza si assiepano a formare un quadretto
insolito di fallace rincorsa nel vago, sorge una torre dai contorni splendidi, con al capo un mattone
un po' più grande di quelli che lo circondano e che appare smussato. Dalla sommità di essa, tra frotte
di uccellini che svolazzano assai lieti e un dolce venticello soffieggiante, è possibile abbracciare con
la vista le distese immense che si aprono poco oltre le meraviglie del paesello, ridente al passeggiar
degli zappatori i quali,fischiettando, si dirigono con passo veloce e sguardo felice verso i campi: tut-
to, da quella altezza simile alla sudata fronte di un gigante dagli occhi colorati, si presenta nella at-
mosferica lampa dei mattini, allorché gruppi di miti galli con sul crine variopinte attività di fantasie
si acquietano al limitare del laghetto, rilucente di un attonito suono. Battendo le ali, allo scoppiar del
temporale, ecco le ochette paesane: poste una in fila all’altra, e con gli sguardi a fuggire nel ridente
poggio che sorge poco oltre una lunga schiera di faggi, esse si dilettano a baciare col pensiero il
cammino del lungo sole, che lascia dietro a sé una scia illuminata con sprazzi di gioventù. E codesto,
mentre la pioggia picchia sulle persiane dei balconi, è l’attimo in cui tutto il paesello, ancora addor-
mentato, si risveglia. Allora, in un momento, si spalancano frotte di sorrisi dalla vastità inquieta e dal-
la enorme mole, le donzelle si stendono con le braccia sudate a mostrare ciglia dal sapore pulito, e i
cagnolini, sin a quell’attimo tranquilli,iniziano a rincorrersi tra mandorli in fiore e bocci di infinito
profumo e perpetuo canto. La mattutina pioggia, ora trasformatasi in cupo temporale, lascia di nuovo
che il sole risplenda: si odono ritornare dai campi i carri gaudenti per la ritrovata serenità di un bar-
lume di festa, e la gallina, ponendo il suo passo alla mercé dei chiari, s’inventa il versetto del sole.
E lasciando un sorriso s’invaghisce serena.

Il groviglio dei vespri.
Con l’occhio luccicante ed il petalo di un colore acre e misterioso, nasce, tra i profumi di un praticello abituato a vender messaggi agli sguardi degli attoniti passanti, la risplendente virtù di un antico girasole, e dal suo odore simile alla leggiadria delle rose sbocciate in primavera sorge il viso della fulgida Palermo.
Il sapore intenso e ricco di nobiltà proveniente dal ricordo delle dominazioni arabe e normanne si trasforma, giungendo alla cima di una tela raffinata e baciata con suoni fuggitivi nel vago, nella cera cingente con estrema cura le pareti dei sepolcri svevi, luoghi imbelli ove regnano i silenzi perpetui della tranquillità e della quiete morenti tra i rimbombi di un’alba coperta di sogni; il vociferare delle marmoree intarsiature goccianti dall’altezza della Cattedrale si diverte a passeggiar tra le rimanenze di un’età dal colore informe ma dalla passione intensa, mentre la sporgenza del canaletto d’origine antica della Chiesa dei vespri si muta in mille rivoli simili alle lingue d’acqua piovana che a notte, allorché le luci dimoranti tra le facciate di una villa s’aprono emettendo bagliori dal chiaro intenso e maliardo, penetra nel cuore dei sentieri e tra le ombre dei fuggitivi amori. Le pitture contenute tra le mura giallognole del Palazzo Chiaromonte fan bella mostra donando agli sguardi più attenti sensazioni povere d’illusioni ma gracili nel loro presentarsi all’occhio profano, mentre i profumi nascenti tra le primule assiepate a formare un coro di marmorei dal brusìo purpureo disegna, tra i colori della magica atmosfera i profili di una pace da sempre desiderata dall’indole portata per l’avventura dei sensi.


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