Racconti di Davide Rovidone


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Giorno di route...
...durante una camminata di diverse ore con 20-25kg di zaino sulle spalle ti
trovi ai piedi del passo che porta nell'altra valle e sei stremato. pensi di
non farcela ma piano piano inizi a spingere i passi sulla salita, lo zaino
ti spacca ancora di più, il fiato si fa sempre più corto, la gola brucia e
si fa secca. sei agli sgoccioli. ti sembra che l'ascensione non finisca mai.
continui stoicamente un passo dopo l'altro, metro dopo metro, vuoi a tutti i
costi arrivare oltre. quando arrivi in cima quasi non ci credi di avercela
fatta. ti guardi attorno e mentre cerchi di riprendere normalità nel
respirare ti chiedi da dove hai preso la forza per arrivare fino in cima.
fa freddo e tira un vento gelido, ti imbacucchi tutto nella giacca a vento e
rimani a fissare il panorama. finalmente vedi la valle dall'altra parte, il
sentiero comincia a scendere dapprima ripido e poi sempre più dolcemente. è
ormai sera quando arrivi a fondo valle.
cerchi un posto dove piantare la tenda in modo che nessuno ti noti perchè
non potresti, lo sai ma non ti interessa.
trovato il posto accendi la lampada a gas, la tua unica fonte di luce
assieme alle torce elettriche, sistemi la tenda, stendi all'interno il sacco
a pelo e prendi dallo zaino il necessario per la cena.
un'altro risotto liofilizzato. non ne puoi più di quel cibo insipido ma non
puoi portare altro con te. la pasta e la scatoletta di sugo peserebbero
troppo per essere trasportate sulle spalle otto giorni. e non toccherai un
paese per i prossimi tre.
accendi il fornelletto e metti su l'acqua a scaldare. mentre scalda
chiaccheri con il tuo compagno della salita e si fanno progetti per il
cammino del giorno dopo. siamo tutti stanchi per la giornata di cammino ma
felici perchè riusciamo a mantenere il programma che ci eravamo dati.
l'acqua bolle ed è tempo di buttare il contenuto della busta. un profumo di
funghi e zafferano avvolge le narici. potrebbe essere il miglior risotto del
mondo in quel momento da quanto sei affamato. mentre lo giri il tuo compagno
ti porge una fetta di pane, in cassetta, con del salame e un bicchiere di
vino.
finito di mangiare ti concedi le uniche due cose che ti scaldano; un caffè
fatto con la moka ed un cicchetto di grappa dalla fiaschetta che ti
accompagna sempre in queste avventure.
come la fiaschetta hai tanti altri oggetti che usi solo in determinate
occasioni, la maglietta del cammino per esempio, ed ogni volta che l'occhio
ti cade su uno di questi oggetti ti rivengono alla mente i ricordi della
camminata, le fatiche, i sorrisi e i canti condivisi con gli amici....

Cieco a tavola
La tavola è dura sotto i miei avambracci, la fine tovaglia non è sufficiente
a isolare il freddo della superficie di marmo. Muovo delicatamente la mano
destra facendo scorrere i polpastrelli cercando le posate che non riesco a
vedere, la fine tovaglia di seta è perfettamente liscia, non si sentono
grinze o pieghe, non ci sono briciole sulla sua superficie. Le mie dita
toccano qualcosa, non capisco subito di cosa si tratta, faccio scorrere la
mano sulla superficie lunga ed affusolata dell'oggetto nella speranza di
riconoscerlo. È molto freddo, più della stessa tavola, ci sono delle
incisioni zigrinate lungo quello sembra essere il manico, solo sui bordi,
salgo lentamente fino alla sommità. È un pezzo unico di metallo convesso che
termina con una leggera punta. Ho trovato il cucchiaio!
So che sulla tavola ci sono anche dei piatti ma non so dove. Mi toccherà
cercali tastando in giro come ho fatto per il cucchiaio.
Mi metto alla loro ricerca sempre facendo scorrere le mani sul tavolo, forse
con troppa foga. urto con violenza quello che doveva essere un bicchiere di
vino, pieno, a giudicare dal liquido appiccicoso che si sparge sulla
tovaglia. Non berrò vino a questo pasto.
Continuo ad esplorare più cauto questa volta. Mentre mi concentravo nella
ricerca dei piatti sono riuscito a trovare anche la forchetta. Mi sposto
sempre più verso l'interno devo stare attento, avevo quasi rovesciato una
bottiglia prendendola dentro col gomito. Finalmente nel mezzo della tavola
le mie mani si posano sul piatto. È caldo. A giudicare dalla forma e
dall'altezza del bordo dalla tavola è un piatto fondo.
Infilo un dito nel piatto per scoprirne il contenuto. È un liquido caldo con
dei pezzettini che vi galleggiano dentro. Non è una sensazione piacevole. Lo
avvicino con cautela al bordo. Rintraccio il cucchiaio e mangio.

Mensa di Natale
Mi avvio verso il mio semaforo. Oggi fa molto freddo per strada.
C'è un nuovo volantino attaccato al palo del semaforo, qualcuno che avrà
perso il cane o che si è sposato, penso istintivamente. No non è così. Leggo
e me ne vado.
Via della Libertà presso la Casa del Popolo. L'edificio è a due piani, di
colore rosso con la vernice che inizia a scrostarsi. Il cortile è coperto da
un leggero strato di neve, caduto nella notte, e pieno di impronte di piedi.
La porta è sul lato opposto al cancello che da accesso al cortile. Suono e
una persona mi invita cortesemente ad entrare.
Il rumore di posate che raschia contro i piatti, il vociare sommesso mi
avvolge le orecchie mentre il caldo scaccia il gelo dai miei piedi e dalle
mani. Lo stesso ragazzo che mi ha aperto mi fa vedere dove posso lasciare la
giacca, dove si trova il bagno e la sala da pranzo. È così gentile. Non mi
dà l'impressione di fingere, e ciò mi consola.
Ringrazio e mi dirigo prima al bagno a lavarmi le mani e poi vado verso la
sala da pranzo.
Nel raggiungere la sala passo davanti a quelle che sono le cucine. Un
profumo di minestra arriva alle mie narici. Il caldo tepore del brodo è
proprio quello che ci vuole in una giornata come questa. Sento anche il
profumo di carne arrosto. Dalla cucina escono i piatti diretti in sala, sono
ragazzi giovani a portarli e sono tutti vestiti con una divisa blu dai
pantaloni corti e fazzolettoni al collo " Ciao, sei arrivato da tanto? Vieni
che ti faccio vedere dove puoi sederti". Mi fa accomodare ad un tavolo al
quale sono già sedute altre persone. Ci saranno una quindicina di persone
sparpagliate lungo i tavoloni apparecchiati. Clochard, ambulanti, forse dei
tossici e un paio d'anziani.
Un cartellone appeso al muro opposto alla porta recita "due bicchieri di
vino a testa e basta".
Arriva una ragazza e mi posa davanti il piatto con la minestra. " Vuoi del
vino? " "Bianco o rosso?" "Porto subito il bicchiere".
La minestra è proprio buona e ricca. Ci sono carote e piselli, patate e
cavoli verza, sedano e fagioli.
Mentre mangio con calma i ragazzi continuano a portare avanti e indietro i
piatti e ad accogliere le persone che arrivano o ad invitare a tornare chi
se ne và. Due ragazzi sono seduti a chiacchierare con un clochard e altri
sono seduti sparsi tra gli avventori a mangiare la stessa minestra che hanno
servito. I due pensionati hanno finito di pranzare e giocano a carte.
Finita la minestra arriva qualcuno a chiedermi se ne voglio ancora o può
portarmi il secondo. Ne prendo ancora e mi faccio portare l'ultimo bicchiere
di vino. Sempre rosso.
L'arrosto è servito con tanto sugo e le patate come contorno. Il bicchiere
di vino finisce. L'ho centellinato ma non sono riuscito a farlo durare per
tutto il pasto. Sulla tavola c'è abbondanza d'acqua e di bibite. Ho mangiato
a sazietà ma non rifiuto il piatto con due mezze fette di pandoro e
panettone ed una manciata di frutta secca. I dolci sono tiepidi e il profumo
che sale alle narici è assai invitante. Mangio con gioia il pandoro caldo
mentre il panettone l'ho avvolto in un tovagliolo e infilato in tasca per
dopo. Il mio pasto è così concluso.
Mi rivesto, ringrazio i ragazzi che mi hanno servito ed offerto il pasto e
mi appresto ad uscire. "Ciao Mohamed, torna a trovarci questa sera!". La
porta si chiude alle mie spalle, l'occhio mi cade nuovamente sul cartellone
che è appeso a lato della porta. "MENSA NATALIZIA. Aperta a tutti. Dal 20 al
24 dicembre. Pranzo e cena".
Questa sera ci sarò. Ora torno al semaforo a vender le rose.


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