Poesie di Lorenzo Poggi


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche

 

Lorenzo Poggi è nato a Roma il 21marzo del 1943. Laureato in scienze politiche, è stato per oltre venti anni capo redattore e responsabile di produzione della "Guida delle Regioni d'Italia". Un grosso annuario di informazioni anagrafiche sulle principali strutture regionali in tre volumi e oltre 4000 pagine. Successivamente per dieci anni è stato direttore responsabile della "Guida ai Governi Locali" tutto incentrato sugli organigrammi politici e amministrativi di regioni, province e comuni. Dismessa questa attività, l'autore è tornato alla sua vecchia passione: la poesia, che già aveva rallegrato la sua prima gioventù.
Le sue poesie oltre che essere pubblicate integralmente sul sito "Poetare.it", compaiono anche in altri siti come "Il Cantiere", "Poetry & Literature" e "Poesie in calce". Attualmente (settembre 2011) ha portato alle stampe la sua terza silloge "Il cielo che aspetta". La prima: "Sassi sparsi" è stata pubblicata nell'ottobre 2010 e la seconda "Sussurri e grida" è stata pubblicata nel febbraio 2011.
 

 

 

 

             Indirizzo e-mail: cesdra@tin.it

 

Democrazia facile facile ...
Se ne dicono tante
c'è posto per tutti
siamo in democrazia
ognuno per dire la sua.
La sua come quella di altri.
Se tanti dicon la sua
vuol dire che l'hanno copiata
magari vista in tv.
Come l'italiano vestito dall'Arno
accomuna i saggi ed i gonzi
i furbi e gli astanti,
così la parola accompagna
chi parla a fonemi
e chi mostra i denti
chi pensa a sé stesso
e chi risente il richiamo
del pelo sul ventre,
dell'albero avito,
del nemico ovunque.
Invece di crescere
c'è il rigetto dell'uomo,
passano lustri, passan decenni
c'è chi ritorna alle grotte paterne.

Non si può andare avanti senza annusare le cose
Le cose hanno un sapore
non si vergognano
e neanche si assaggiano tra loro.

Sparano odori mal miscelati
o profumi paradisiaci a caso
come figli dei fiori in attesa dell'alba.

Si cercano ancora tra loro
il puzzo delle cose in malora
stratificando livelli di ceto
e barriere di classe.

Certo, un bagno in marmo rosa
assorbe meglio gli odori.

L'ozio
Sono qui a contare passi mentali
per non annoiarmi di spazi
o di tempi vuoti.
L'ozio non ammette noia
si nutre di niente e di pace interiore,
ma guai a tradirlo.
Si trasforma in dio malvagio
e ti condanna all'azione
pena pazzia.
Il pazzo non ozia.
Consuma presto la vita
ad inseguire i suoi sogni.

Effetti speciali
Quattro passi tra le nuvole
a piedi nudi
per non far rumore,
camminare sulle acque
per restare in tema,
addolcire lo sguardo
nel sorriso sdentato
d'un pargolo che viene.

Per i pani ed i pesci
ripassate più tardi,
devo trovare gli sponsor.

Oltre i fronzoli
Voleremo un giorno
oltre i fronzoli attaccati agli stipiti
dello specchio barocco all'entrata.

Indosseremo una tunica bianca
senza passamani truccati d'incenso
e cordoni per batacchiare campane.

Saremo ad osservare lo stanco viandante
salire ansimando la scala del cielo
senza chiedere aiuto.

Scaleremo montagne confuse tra nuvole,
ruberemo occhi all'aquila
per guatare fumi da pianure deliranti.

Infileremo tute fiorate per ficcarci
tra gli ingranaggi del vacuo produrre
asini che volano.

Poi allargheremo le mani
a benedire quello che resta
di sbiadite testimonianze di civiltà.

Rendiconto
Ci siamo messi in credito
di parametri assurdi
che agiscono contro.

Ci siamo spogliati
della nostra umanità
per credere in percorsi pelosi
che sperano in mantenimenti
eterni di squilibri favorevoli.

Ci siamo orfanitizzati
di ragioni semplici
e appropriati di idee egoistiche
senza intercalari, senza rumori
provenienti dal basso.

L'area dell'egoismo si maschera spesso
le ragioni son varie (è facile)
Le nostre radici trovano sempre
la dialettica giusta a confonder le idee.

Abbiamo appreso dai greci
a bere cicuta.
Non avevamo pensato
all'arte oratoria.

Lasciarsi alle spalle
Mi sono sparso sui colli
di smeraldo e di ocra
lasciando alle spalle
il rumore del fumo,
il ciarlare che inquina
il ciarpame che è intorno.

Mi sono perso nelle valli
senza tramonto e scogliere
senza albe abbacinato
da un cielo senza luce
e filigrane di stelle.

Mi sono ritrovato solo
a contare conchiglie
come orme smussate
dalla risacca dei secoli.

In fondo la cappa grigia
d'una città che vomita
ignoranza e diffidenza.

Impotenza
Vorrei tuonare dal microfono in piazza
parole scandite da rabbia profonda.
Scagliare formelle strappate alla storia
sotto i portici della memoria.
Poi, come un osso spolpato,
mi stenderò fachiro sul letto di pena
cercando una fuga nel filo spinato.

Se io e te
fossimo ali senza vento
come foglie succhiate
dalla vita
e insieme volassimo
senza meta
sul percorso ferrato
di montagne russe improvvisate.
Se nemmeno l'amore
si parasse la faccia
prima d'incontrare quel tronco
lasciato a metà
sul sentiero delle fragole.
Se i nostri passi incerti
servissero a trovare la via,
solo allora potremmo
incrociare le mani
e sederci sul muretto a secco
che guarda lontano.

In palestra
Vado nella palestra dei sogni stamane
a gesticolar risvegli muscolari
dimenticati dentro un giornale spiegazzato.
Mi allenerò per bene per inchiodarmi di sera
e scendere a patti tra la folla.
Poi ancora a stiracchiare idee recalcitranti
e fondi di bottiglia col vuoto già perso
nei meandri allucinati di percorsi senza meta.
Solleverò inutili pesi per scaricare la coscienza,
e ballerò al ritmo del diavolo in apnea.
Pedalerò affranto senza perdere neanche un metro,
correrò invano su e giù sui miei piedi,
fermando spazio ma non il tempo.

Rivisitarsi
Siamo andati e tornati
con scarpe foderate di pelo di foca
per non lasciare rumori di orme
né ombre graffite sulla parete di fronte.

Ci siamo presi momenti di noia
parafrasando antichi proverbi
ormai fuori moda.

Abbiamo preso a sassate
chi indicava la via
perché la via esiste soltanto
se la sudi e l'assaggi.

Adagiati sul greto del fiume
abbiamo visto passare
cadaveri amici e legni imbiancati
da tante ingiustizie sopportate negli anni.

Abbiamo riscritto la nostra storia
ad uso e consumo di chi viene dopo
se chi viene dopo saprà ancora leggere.

Sentori d'estate
Covoni di vento sparsi nel grano
s'inseguono come monelli alla fiera
lasciando labili tracce del loro passaggio.
*
I prati son pieni di balle di fieno,
corvi e cornacchie volano lenti,
il fiume impigrisce le acque.

Le nostre tracce
I giorni le ore raramente son vivi,
ma quando raschiano il vetro del tempo
lasciano segni come sabbia gracchiante
su cristalli scolpiti di vita.
Geroglifici segnano la pietra
d'un ricordo indelebile come diario
delle nostre sparute grandezze.

 

Luna scontrosa
Sono pagine vuote
occhieggianti alla luna,
vamp scontrosa
lasciandoci in ansia
per voluto ritardo
nell'entrare in scena.
S'era vestita d'un rosso appassito
grumi di lacrime e veli
di falsi pudori.
Adesso che è alta nel cielo,
adesso che appare svestita,
anche il mare s'è deciso
a far da scendiletto.

Pulizie del mattino
Mi sono preso
girasoli ridenti
e pezze fumanti
per addolcire la faccia.
Sono sceso in giardino
per profumarmi di rose
ho vestito un cespuglio
come fosse una sposa
e un sentire vermiglio
mi ha colto improvviso.
 

Idee
Non amo parlare di idee pensate
mi sembrano cocci di vasi rotti
rattoppati alla meglio per un sorriso.

Mi piace avvolgermi nel mantello stregato
che conserva tracce di me oltre la storia
fugace e truccata d'una vita vissuta insaputa.

Le idee non si pensano, vengono.

Processione
Ci sono i giochi dei fuochi fuori le righe
e scoppi festosi mentre uccidono uomini
e palazzi saltati di nero lavoro
per fare contenta la Madonna dei Santi
la collana di perle macchiate di sangue.

Lo spazio trascorso tra una bugia ed un inganno
coperto di ori, coperto di fango
è solo preghiera che io me la cavi
non conta trascorsi, non contano colpe
è solo pressare d'inutili mani
su stolte fiducie, su antichi scenari
di paure ancestrali, di avidi Dei
bisognosi di sangue.

Di tutto un po'
Di vaghi dolori son piene le fosse,
di pochi avanzi si nutre il destino,
di tutto a puttane son pieni gli spigoli,
di senza schermo non c'è niente di vero,
di voci ataviche è rimasto il colore,
di spot alla moda c'è rigurgito e vomito,
di senza tetto è colma la storia,
d'intelligenze vivaci s'imbellettano specchi,
di parole sprecate s'intrecciano arazzi,
di buona volontà è lastricato l'inferno,
di lingue biforcute ci son gare nei vicoli.

Adesso, attendendo il treno che passa
su finti binari istoriati di greche
e filanti graffiti a scalfire pensieri,
uniformiamoci bene nei vestiti degli altri
per vendere fandonie al tempo che passa
e tragici rolex al capo stazione. 

Assonanze
Non sembra
ma c'è l'ovvio alla coque
oggi per pranzo.
C'è anche un ripieno di nebbia
da spalmare sul panne
e crèpes di marmo
attorno al cervello.
Ci sederemo a tavola
spezzando l'oste
e alzando in cielo
il buco dei pensieri.

Esibire vergogne
Non si può tirar fuori sangue da una rapa
né tinteggiare le pareti d'un tramonto
se non maledicendo gli astri per la strada
prendendo a calci barattoli spalmati a terra
come macchie di odio pronto uso
o cattedrali nel deserto chiavi in mano.

Sparpagliati non a caso giriamo in tondo
nel paiolo che macina cemento
consultando viscere e sassi sparsi
per non sbagliare la strada.

Qualcuno salirà sul predellino
e aizzerà a non vergognarsi dello sconcio
con cui tutti i giorni fare i conti
nel compromesso mortale
della nostra esistenza.

Fondo a perdere
Ci siamo persi addosso alla luna
e poi lasciati andare senza speranze
con cornucopie sfaldate traboccanti di sé
ormai alla frutta d'un pasto di secoli.

Adesso si tratta di puntellare
l'inutile casa che crolla,
impedire le voglie
di bella gente girata al passato.

Il tempo dell'oggi è limare superfluo,
inutili eccessi,
un inchino alla terra
che ancora dà frutti.

Livido cielo
Non ci sono accessi in angoli vuoti
per ricordarsi dei morti ammazzati,
né armadi da rubare in un impeto d'ira
passeggiando sul lungofiume pieno di stracci.

Lampioni piegati a sostenere ubriachi
e fossi di rane dal puzzo inebriante
sono notti sudate di lacere lacrime
e promesse lasciate all'eco del vento.

Albe spuntate si rincorrono uguali
nel livido cielo senza pietà
a disegnare sagome scure
sotto ponti di dubbia umanità.

Lucca
I giorni avanzano lenti
come vecchi bastioni
di piedi usurati dal tempo.
C'è qualche cannone
per non dimenticare
e palle di pietra in libera uscita.
In fondo, il fosso asfaltato
ruggisce motori.
Dentro, targhe di marmo
a memoria di notti insonni
di poeti in torri d'avorio.
Alberi pensili s'affacciano dai terrazzi.

Paure ancestrali
Di traverso esce il suono pacato
d'un piano che vibra
lacrime dolci come gocce a parete.
Torna ancora il singhiozzo di prima
quando incastrati in desideri ipnotici
(anime perse a guadagnar l'uscita)
ci perdemmo nello specchio
dalle ombre alle spalle pronte a rapire

Scende alla prossima?
Mi sono messo avanti
per scendere alla prossima.
Ma non sono riuscito
a prendere il volo.
C'era aria di festa intorno
e tutti, in pigiama a pois,
a congratularsi a vicenda.
...
Mi sono fermato a gustare.

Stragi italiane
Mi piacerebbe
gettare a mare scialuppe d'ortiche
e lunghe scie
per aprire i sentieri di morte
che lastricano il fondo.

Mi piacerebbe
portare ginestre sui morti sparati
dalla cima del monte
o fatti saltare nella frazione di tempo
d'un telecomando.

Mi piacerebbe
conoscer le mani di chi ha mischiato
la vita e la morte,
caffè e cianuro per incollare
la lingua per sempre.

Mi piacerebbe
capire qualcosa dell'intreccio indelebile
tra potere e denaro
come se Cristo
non fosse mai nato.

Uno spago per legare il presente
Mi sono rivoltato le tasche per niente
per inseguire chimere, per seguitare la corsa.
Non c'era biglietto per mete di sogno
ma solo lo spago per legare il presente.

Cosa resta de l'Aquila
Ci sono macchie verdi
a marcire nel prato,
spazi uggiosi di riposi forzati
e campi al margine
brulicanti di scarpe avariate.
L'attesa sospesa in morte paludi
senza storie da raccontare
si adagia sul niente da raccattare
e lo spumante nel frigo.

A proposito
Ti volevo dire d'un certo diamante
trovato per caso sul fronte bagnato
d'un buio recesso appena sfiorato.

Ti volevo dire d'un sogno sprecato
dietro a bambole lacrimanti per caso
e vesti svendute di fiore reciso.

Ti volevo dire di passo indeciso
captando le voci addestrate all'amore
e parole scagliate senza rumore.

Ti volevo dire, ma senza rancore,
di sentieri tracciati vuoti di mente
di strade dipinte che portano a niente.

Spettatori
Aspettando il futuro
su sedie vuote
in faccia al mare
in attesa del film ricorrente
dall'inizio del mondo
e speranze diffuse
nel rosso del cielo
cavalcando le onde
di nuvole sparse
nei nostri pensieri.

Ricominciare
Scendere scalini a tre a tre
lasciando cattedrali alle spalle,
pietre di marmo e finestre affacciate
sul buio di dentro.

Afferrare nell'aria il sapore di vita,
raccogliere spazi nel grigiore del cielo,
accampare diritti sullo spicchio di azzurro,
assaporare l'immenso delle piccole cose.

Farla finita col passato che torna,
ricominciare da zero a tessere storie,
rifarsi una faccia che non prenda lezioni,
finire il sogno sulla parete di fronte.

Il nostro scontento
Sale profondo un canto
dal solco lasciato marcire
nel campo delle inutili attese
di frutti immaturi.

Racconta la vita sudata
da tante imperfette parole
e suoni come merletti di convenienza
per addolcire pillole amare di sofferenza.

Avrebbe voluto cavalcare aquiloni,
bruciare le ali dell'indifferenza,
guardare dall'alto bocche stupite
plaudenti quel tanto che basta
per sopravvivenza.

Sa di terra e di lacere bende
un sapore dolciastro che impregna,
dalla parte del vento,
il tronco del nostro scontento.

Ragioni di vita
Calpestando il prato del nostro andare
senza rimorsi né sbavature di sentimento,
sguardo fisso e bocca serrata,
portiamo avanti sul crinale del nostro fluire
il futuro che si fa passato,
la strada segnata col primo vagito.

Abbiamo riempito lo zaino di sapere,
irradiato di noi tutt'intorno,
dato una forma ai sassi del greto,
disegnato la tela del nostro potere,
impegnate le gioie per lasciare un segno
del nostro passaggio sui gradini del mondo.

Non siamo più andati a cercare fortuna,
a imprimere orme su spiagge deserte,
a disegnare per primi la vita,
ma inoltrarsi piuttosto nei sentieri del bosco
appena curati per perdersi invano
cercando qualcuno a cui legare la mano.

Labirinti usurati
Ci rapimmo ai margini del bosco
tra pezzi di cielo, felci avvolgenti
e tronchi caduti.
Una fuga improvvisa
tra sentieri immaginati,
fragole rosse e cespugli di more.
Lontano, ruggiva il mondo
di suoni stonati, gesti sfiancati,
labirinti usurati
da rettilinei senza perché.

Anima in pena
Vago
su rive espanse
costruendo castelli
[vittime sacrificali]
all'ingordigia del mare.

Vivo
separato da me
insieme allo scafandro
[nuova pelle]
della mia indolenza.

Posteggio
l'anima in doppia fila
vicino ai cassonetti
[zona rimozione]
della mia spazzatura.

Ascolto
perplesso il rumore dei fiori
quando s'incrinano spenti
[una rosa nel vaso]
nel coccio della memoria.

Poi, ancora ...
torno a mischiare le mani
nella terra dei sensi
rischiarando di fuoco
la sera del mondo.

La neve di maggio
Frammenti di seta
attraversano l'aria,
rapprendono a terra,
fiocchi di neve,
filamenti di seme,
portati dal vento
per farli volare
quel tanto che basta
per continuare la vita.

Un reperto
Chi si rovescia addosso
la bandiera bucata dei sentimenti
cercando falce e martello
trovando solo
secchielli da spiaggia
e lune di traverso,
troppo facile risulta
all'esame biopsichedelico.
Non c'è neppure
da azionare il caleidoscopio
o le orrende macchie d'inchiostro.
Siamo di fronte ad un reperto
da esame al carbonio
e deboli tracce di Dna.
Era ibernato nel ghiaccio
senza saperlo, senza compagni.
Nel frattempo
siamo andati oltre
verso la fine di tutto
con le idee chiare,
nel precipizio.

Senza titolo
Colgo i segni lasciati nel deserto
da carovane sbiadite nel tempo.
Ritrovo il letto di fiumi scomparsi
e foreste di prati all'inglese.
Qualcuno già assaggia la terra
per farne concime.

Ai margini
L'aratro del tempo
sconvolge la zolla
destinata al rimorso.

Pezzi di vetro
come cristalli di coscienza
mischiati al concime.

Sono lacrime amare
d'una città che ha rotto i confini.

Mi manca soltanto un simbolo in cielo
Stamane c'è uno stupido vento sul selciato.
Con lui non si può parlare né argomentare.

Si può solo prendere a calci la foglia che passa
e inveire sul cinico e baro di vetusta memoria.

Stanotte all'inizio la luna era un faro
adesso è sotto le coltri di nuvole nere.

Qualcuno dovrebbe tagliare le ali al vento
oppure segnare la pagina dove eravamo arrivati.

Si potrebbe, senza essere visti, far finta di niente
ed uscire volando di traverso sui tetti
guardando nei vetri le storie di sempre.

Ho visto volare annunci del giornale locale
e pezzi di latta ancora abitati.

Mi manca soltanto un simbolo in cielo
metti ... un signore con la testa d'un toro.

Inconcludenze
Ho liberato un aquilone stamane,
se n'è andato fremendo
giocando col vento
frantumandosi a terra.

Ho visto spessori
di nebbia grigiastra
costruire castelli
su rocce impossibili.

Ho sentito prepotenza
sul fiore di schiuma
che dissolve le onde
in salsa piccante.

Ho passato la mano
per non rigirare
questa triste canzone
nel suo ritornello.

Senzatitolo
Abbiamo gettato la sciabica
per raccogliere uomini.
Quelli che non sanno di esserlo,
quelli del mare indistinto,
quelli che corrono in circolo.
L'abbiamo tirata a riva,
ed il sacco alla fine
brulicava in apnea.

È tempo d'andare
Ho recuperato
il bastone del viandante,
ho salutato di nascosto
ed ho ripreso il cammino.

Mi lascio dietro
una pietra cominciata,
un prato sparso d'idee,
qualche foglio intriso
e sorrisi a mezza bocca
per accattivarsi qualche amico.

Non è bastato srotolare
il tappeto rosso delle speranze
appoggiato al muro a secco
che guarda gli ulivi
ed il mare tremolante là in fondo.

Non è bastato rivangare
in bella copia ricordi,
rimestare il catino vissuto.

E' tempo d'andare

Veleggiando sul mondo
Spaziare su superfici
strappate dai venti
o incornicianti la luna
col canto che emerge
scivolando su onde
di desideri reconditi
infilando anelli sul filo
dell'orizzonte e rotte
appena segnate
sulla carta del cielo.
**
Navigare nel tempo
aggiornando le stelle,
rovistando rifiuti
e vuoti a perdere
di ricordi scaduti
confusi nel fango
delle porte mai aperte
occasioni perdute
libecciate selvagge
su cumuli a palla.
**
Vagando a mezz'aria
ritrovo sirene
che offrono scaglie
di false ferite
rubate di notte
a chi si rigira
senza dormire
e voli pindarici
a poco prezzo.
**
Scruto dall'alto
poesie inceppate
periferie imperdonabili
e vuoti di uomini
vestiti a festa.

Cervelli in fuga
Ho tracciato dei segni
per ritrovare il ritorno,
ho impensierito l'ulivo
corrucciato di suo,
ho salutato parenti
ed ho fisso lo sguardo
nel pullman di linea
con valigia sfibrata
da libri e pensieri.

Vado a vendere cervello
in cambio di dignità,
mi muovo a tentoni
nella via senza uscita
in cui son parcheggiato.
Vado a seminare scienza
dove mi vogliono.

Da noi ...
anche i sassi hanno storia,
gli ulivi son torti
da troppa vecchiaia,
la natura è un vestito
indossato da sempre.

Ora m'aspettano
surrogati da supermarket,
travi di cemento avanzate,
capannoni fumanti in mezzo ai prati,
la natura senza luce.

Anche da noi lo stupro c'è stato,
ma i capannoni sono
scheletri di mammut
lasciati imbiancare al sole.

Se proprio avrò fortuna
anch'io, un giorno,
potrò seminare
peperoncino sul balcone.

Ma che strazio che ho dentro.

Storie di varia umanità
Scriverò tra lacrime
di unghie affilate
per strappare la carne
dall'osso
a cerchie d'amici di ventura.

Disorientare è la regola,
mandare messaggi,
riguadagnare innocenza
battendo pirati e ladri di anime.

Non so quanto il tempo
avrà pazienza di noi
non so la stazione
dove finire la corsa,
ma so dell'impatto violento
di chi ha creduto che correre
significasse libertà.

C'è poi chi grida alle stelle
pensando ai barattoli vuoti
da prendere a calci
come i nemici,
come sé stesso.

C'è chi spara cazzate
sputandosi addosso,
c'è chi si parla da solo
sperando nell'eco,
c'è chi guarda la luna
dal fondo d'un vetro,
c'è chi si accontenta
di vivere e ... basta.

Vecchie idee
Le idee giuste tornano
come funghi
allo stesso posto.
Si vestono col tempo
di muffa e di muschio
ma non smettono
d'intralciare il tuo passo.
Si rivoltano in grembo
come anguille assetate
inutilmente sedate
da coscienza pelosa.
Vengono a chiedere
dove hai messo l'ardore
che faceva rosse le gote.
Vengono a chiedere
dove hai lasciato certezza
delle cose pensate
delle cose sapute.
Del perché rinnegate
adattate deviate.
Ritornano sempre le idee
anche se il letto del fiume
è ormai secco.

Tentazioni
Camminando a tentoni
su passi frastagliati e infidi
riarso dal niente, assetato di tutto,
m'appoggio alla finestra
da cui esce primavera,
fiori di gelso inamidati
e bocche di leone senza denti.

Non so che farmene
del marmo freddo sulla fronte
o dei pannicelli caldi
per salire gli scalini
della mia indifferenza.

C'è solo quel canto
che turba in profondo
coi suoi passi di danza
la superficie ghiacciata
del lago di sale
in cui sono immerso.

Sotto le arcate
S'intravede una guglia
nell'aria imprecisa
di foglie e d'umori
che recitano piano
masticando rosario.

Si stagliano cori
dal buio del fondo
fermi su note
come greggi al rientro
nel rumore ovattato.

Piove sul tempio
in catarsi perpetua
e ruote di carri
immerse nel fango
e vite stroncate
dai troppi peccati.

Bianchi cavalli
e vessilli di guerra
avanzano fieri
le gambe nel sangue
beandosi sazi
di note che vibrano
sotto le arcate.

Cambio di stagione
Ho appeso gli abiti smessi
ed ho aperto gli armadi
ai frutti di bosco,
alle rose selvatiche,
al verde dei prati.
Ho trovato camicie
appena distese
e creme già pronte
a prendere il sole.
Ho scovato
sandali inariditi
e vecchie scialuppe
da sistemare.
Ho salutato odori lasciati
in fondo al cassetto
d'estate
e puzzle di tempo
da ricomporre.
Ho temperato matite
nella cruna dell'ago
pronto a riscrivere
una nuova stagione.

Momenti
Ci sono giorni che non cominciano
e notti disperanti d'attese,
albe rimandate
e voglia di vita interrotta
senza pentimenti raschianti
o lavagne di gelo
ad intimare dolori rappresi.

Ci sono storie di guerra o d'amore.
Il risultato si sparge in rivoli rossi
su pavimenti puliti di false innocenze,
sui muri assorbenti le grida di sempre,
i gesti violenti consegnati alle ombre.

Ci sono tramonti che durano sempre
come orribili sale d'aspetto
della morte imminente.
Sale stanco un rumore di fondo
dovuto al girar di pagine lise,
storie vissute da chi è già passato.

Bucolica
L'orecchio s'allarga
su campi indolenti
a cogliere versi
portati dal vento
deviati su cuori
incisi su tronchi.

Suonano campane
l'ora della sera
riposi agognati
richiamo d'armenti
zufolii dolci
nell'aria pastello.

Il cielo scolora
ritornano stelle
diamanti di notte
su nero velluto.

Io conosco la notte
Non cerca scuse
è là opprimente
di deboli luci
che salgono al cielo
a coprir le stelle
mantenendo sempre
il buio della mente.
Implorando il sonno
non mi accorgo di dormire,
il tempo passa fuori orario
non c'è nessuno ad aspettarlo.
Mi alzo con l'alba alle porte
senza nemmeno l'onore
d'una notte in bianco.

Pagina roca
frusciante di echi lontani,
pagina vuota
piena di segni in filigrana,
pagina usata
da pensieri pieni di rughe,
pagina triste
che non trova parole,
pagina bianca
non ancora sporcata,
pagina enorme
come lastra di pietra,
pagina ferma
sui puntini d'avvio,
pagina cieca
abbagliata di luce,
pagina stolta
di storie sapute,
pagina muta
senza un lamento,
pagina sorda
grondante musica,
pagina sciapa
senza fiori di campo,
pagina sciolta
come palla di carta,
pagina morta
ancor prima di nascere.

Cose di casa
Ho aperto un cassetto
foderato con carta da parati
ma vuoto dentro.
*
Un vecchio paio di scarpe
m'aspetta in soggiorno
perché apra finestre
e lasci entrare l'aria del mondo
come quando s'usciva
col cane a guinzaglio.
*
Ho acceso un tg alla ricerca di scoop,
avverte che s'è perso un ventaglio
della regina di Saba ma che forse
è rimasto incastrato nel mar dei coralli.
*
Ho preso un libro incollato alle mani
senza poterlo sfogliare,
poi ho incontrato
scatole di scarpe piene di gente
in attesa d'un saluto.
*
Ho girato i soliti angoli
ho sbattuto i soliti stinchi
ricordando l'ennesimo santo
scrutando il soffitto.
*
M'aspetta in cucina un caffè strozzato
che stupido bolle di sé,
la tenda è sempre storta,
fuori è la solita solfa.

Sogni inevasi
Nel campo dei sogni inevasi
dove sbocciano idee
lastricate d'incenso
e voglie nascoste
da foglie appoggiate
sulla porta socchiusa
di vecchie storie sentite,
è ora di chiedere il conto
di tante margherite sul prato
senza sconti distratti
senza fare allusioni
a possibili scene
da mille e una notte
a recite d'antefatti perduti.

È brutto girarsi
quando esplode la vita
o chiedere intorno
quanto manca al ritorno
del grigio che impiastra
il nostro sentire.

Falsi obiettivi
Non è per gioco
che andremo a fissare paletti
e tirare reti improbabili
alla caccia della nostra umanità.
*
Consumare ginocchia
sulla scala santa dell'impunità
è ormai passato di moda,
la vita è più bassa.
*
Ci si accontenta di poco,
sentirsi prepotenti,
affamati di ovvietà
per non perdere la fila.
*
Affacciarsi dal balcone buono
per sguardi d'invidia a buon mercato
ci appaga quel tanto che serve
per continuare a recitare
la nostra meschinità.

Terre promesse
Riprendiamo il cammino
lontano dai pasti
per eccesso di acidi.
Per eccesso di sale
abbiamo perso i sapori.
Il sapore del mare
come balene spiaggiate
su incolti terreni
e passi innevati
a coprire inutili sforzi
di antichi calzari.
Le terre promesse!
Le fedi tradite!
I templi in rovina!
Traditi dal tempo.
Spezzoni di storia
che ricomincia da capo.

Lasciarsi andare
Lasciarsi andare
al rumore del mare,
spargersi a riva in mille meduse,
ninfee trasparenti
di messaggi lanciati
in balia dei singhiozzi
di anime perse cavalcando le onde.
*
Poi sentirsi di nuovo
il fiato sul collo
d'una voglia che chiede
d'afferrare un gabbiano
senza chiedere dove
e tornare a pestare
una vita non tua.
*
Sentimenti perduti
danzanti sul muro dell'omertà
formano crepe
nella falsa coscienza,
della maschera bronzea
clonata sul tavolo
dell'indifferenza.

Danze antiche
Abbagliati da resti fumanti
d'un tramonto sanguigno
già rappreso nel campo
fluttuante di messi,
saliamo le scale
della foresta incantata
riportando la testa
all'indietro di anni
quando eravamo vestiti
di pelli strappate
con la fame e col sangue.
E poi stringerci in cerchio
anelanti di fumo e di carne
inciampando in rumori
che sembrano canti
alla luce d'un fuoco
che danza la notte,
che addenta la vita.

Post-it
Agitarsi in una rete a maglie larghe
con post-it attaccati un po' ovunque
per smarrire la strada, non fermarsi a pensare,
riempire i polmoni di fango e di gossip
fino alla fine, fino ad urlare, la gola intasata,
la fine d'un giorno senza motivi.
*
Ecco l'alba che sorge da una notte senza fine
e trova la chiave d'un giorno nuovo
per trascinarsi sulle stampelle
delle proprie certezze.
*
Di nuovo la notte c'ingloba nel nero
dei sogni pensati, dei pensieri sognati
nel magma di forme abbozzate,
realtà indistinte, muovendo la rete
intasata d'inutilità.

Incertezze
Quanto mi sono perso
cercando il bandolo
d'una vita senza capo.

Ho sfiorato stelle alpine
e nidi d'uccelli marini
su coste a picco senza perdoni

Ho rigirato frittate
senza speranze
e visto albe impallidire.

Mi sono preso
per non lasciarmi più
un istante di certezze.

Torno ad inseguire
la strada di casa
senza saperla cercare.

Bianco e nero
Sapessimo cercare
negli anfratti spugnosi
delle mezze verità,
nei mezzi toni dubbiosi
delle note in purezza
e chiudere nel marmo
segreti col saio,
potremmo alzare le mani
già piene di terra,
ascoltare disaccordi stonati
senza moti di rabbia,
accettare la pioggia e la neve,
deserti invivibili e ghiacci taglienti.  

Potremmo sederci
sul ciglio del fosso
e rovistare con mani
probabili vermi in libera uscita
senza punirci addosso
di colpe macchiate
da paure ancestrali.

Oppure alzare i veli
del nostro sconforto
accennando un sorriso
che contamini il mondo,
gettando al cestino
il bianco ed il nero
di false certezze.

Lo stagno
Ritrovarsi trasparenti
con le mani nell'acqua
con volti spalmati
tra cerchi concentrici
e rami piangenti
di azzurre cortecce
e sassi ordinati
nella biblioteca del tempo.
*
Sporcarsi la faccia
col fiore di zolfo,
dissolversi nel fumo
rarefatto del primo mattino
cercando pietà tra i muschi
dei tronchi, ripetendo col dito
il disegno che ha impresso
il vento del nord

Primavera
Ecco bifore d'edera
arrampicarsi su cieli azzurri,
incunearsi tra lenzuola di nuvole
e prati incredibilmente verdi.
*
Margherite dai petali screziati rossi
che s'aprono al sole senza pudore,
son neve di primavera fiocchi lasciati
su mandorli in fiore e sorrisi rosati del pesco.
*
Lucidi di forza interiore come ali d'argento
foglie d'ulivo fremono al sole del vento,
una mano eccitata s'appoggia sul bosco,
salgono verdi le piantine del grano.
*
Ancora una volta rigiriamo clessidra
sul sospiro del tempo.

Lentamente ...
assaporare l'incenso di passi lontani
spalmati come eco su pareti di pietra ...
rovistare in vecchie cantine ormai senza tracce.
*
Rimestare ricordi ...
sabbia rigirata dal bagnasciuga
perenne d'opache verità
e stringere mani su quello che sfugge.
*
M'è sembrato d'esistere, un tempo.

Capire
Ricalco su orme dimenticate
la storia dell'uomo che alza la fronte
senza capire che razza di sfida
s'è andato a cercare.

Il traguardo è comprendere
la luna sospesa, il cielo e le nuvole,
il sole che sorge, i fiori sugli alberi,
il perché della vita, l'amore che serve.

A scuotere forte le fronde,
le olive raccolte in quel fazzoletto
in cui c'è tutto il mondo,
la fatica di vivere, il mestiere di esistere.

Svanire
Avrei voglia di uscire stasera
portando a spasso chimere
per far prendere aria a sogni stantii.

Avrei voglia di svanire stasera
sentendo nell'aria sirene
come refoli saporosi di vita.

Avrei voglia di confondermi
nei prati fioriti
e perdermi sparpagliato nel vento.

Avrei voglia di ascoltare
le voci di dentro
senza confondermi nel muro del pianto.

Avrei voglia di uscire per sempre
senza curarmi di chiudere porte
senza bisogno di girarmi all'indietro.

Pasqua di resurrezione
Oggi dobbiamo adattare le ali al cavallo
prima di zappare nell'orto degli ulivi
in cerca delle radici del disonore.
*
Di quella pietra che ostruisce il cuore
ne ho fatto moneta da spargere
sui mercanti fuori del tempio.
*
Cosa rimane di quella croce
rosicchiata dai tarli
con qualche traccia di umanità?
*
Ho perdonato
accettando assegni posdatati
e cambiali in bianco sulla fiducia.
*
Sono tornato
ma non ho chiesto il conto.

Vecchie storie
Un affaccio di rose
di storie lontane
che tornano sempre
su quel muro rugato.

Una preghiera strisciante
screpolata
da aridi letti di lacrime
su quel muro rugato.

Ci sono fotogrammi
decisi e flash precisi
di notti sul mare
su quel muro rugato.

E sogni frustrati
tra risa argentine
e scalini smussati
su quel muro rugato.

Degrado
Addentrarsi nella giungla dei desideri
strappando un buongiorno col coltello alla gola
e graffiti scomposti incisi sui muri
a degradare lo sguardo senza orizzonti.

C'è odore di sporco nell'aria,
è il vicolo chiuso da rifiuti e cartoni
dove non entrano idee vestite d'argento
né gocce sofferte di pianto.

Restano volti segnati dal vento
nei deserti sentieri che portano al nulla
d'una vita lasciata in parcheggio
per non chiudere il conto in sospeso.

Guardare da infissi stracciati
il mondo di latta sempre uguale di fuori
i rumori fin troppo sentiti
graffiare le patinate ingrigite
di vecchie riviste scadute.

Di nuovo una vita
Insieme... sempre

Un'altra vita
da conquistare
e scongiurare
o perdonare.

C'immergiamo nelle acque sacre
del limbo per smussare gli scogli,
evitare le secche,
ricongiungersi sopra,
senza voli pindarici.

Attendere ... sempre

L'immensità d'uno spicchio di cielo.
Una finestra che grida.
Il singhiozzo del tempo.

Ascoltare per vivere
una storia già scritta
decine di volte
da spendere bene
questa volta per tutte.

Frasi appena sillabate
si rincorrono in giro
a formare collane
di nuvole
portate dal vento.

Inutili echi
sussurrati su pareti di gomma.

Accontentarsi ...
Non cerco rotaie da stringere al collo
né mani volanti a indicare la strada
mi basta ascoltare i rumori di fondo
un sasso lanciato, uno stormire di foglie,
un suono di zoccoli lungo il sentiero,
le fascine tagliate, l'odore dei funghi,
il sale da aggiungere alla minestra,
un raggio di sole nella finestra.

Vorrei però ...
appoggiare la fronte al tronco dell'olmo
e piangere chino tutte le lacrime
trattenute per buona creanza,
stemperare la rabbia saltando bendato
nei fossi grigi dell'indifferenza,
masticare fino in fondo l'amaro del mondo,
imbracciare un fucile per uccidermi dentro,
preparare un sorriso di circostanza.

Sconsolato alla luna sale il mio pianto

Sogni d'estate
Sale un sottofondo dal mare,
sa di sale e di ali di cielo,
imprigionato sul bagnasciuga
ripete i cori sentiti su spiagge lontane
durante la notte, con i falò.
*
Sabbie danzanti riflesse
in lumi di cera complici illustri
di corpi avvinghiati
sparpagliati tra prati di palme
e baci ridati in attesa dell'alba.

Serata di gala
Un ticchettio di passi
sul marmo da sera
accompagna
il gocciolio del piano
che piange le note.
Si accordano nell'aria
prendendosi per mano
come ghirlanda di fiori.
Un vestito traspare,
volteggia a tempo
seguendo volute
ed effluvi sinuosi.

I ritmi del tempo
Scorre incessante
nel fondo degli occhi
il bagliore di scintille pensate
per sentire la vita che scorre
tra dita bagnate di fango rappreso
come clessidra impaziente
che mangia il tempo e la sabbia.
*
Non smette la corsa,
Chiudete le dighe!
Smussate paesaggi!
In un fermo immagine
di valle allagata a rallentare
l'acqua che corre troppo veloce.
*
Mi serve tempo per le stagioni,
pensare all'indietro
per andare avanti,
per gustare di tutto,
qualsiasi frutto
raccolto per terra.

Parole inutili
Una tempesta di voci
s'aggroviglia nei fitti cespugli
per prendere forza
spaziando ovunque
si stende il destino degli uomini.
*
Negli anfratti nascosti
si cela l'eco di nostre parole
prima di spandersi portate dal fiume.
*
Ripetono frasi d'inutili sensi
e olfatti perduti tra pietre dei secoli
dimenticati da sempre da chi viene dopo.
*
Squarciamo le nebbie del nostro sentire
evaporando propositi scarni
di riscatti dovuti a chi non può giudicare.
*
Scendiamo i gradini del nostro dolore
cercando la luce che sale dal fondo
e i riflessi salmastri di lacrime intonse.

Continuare a vivere
Scandisci bene le lacrime
in questo lago di sale
dove tutto galleggia
senza pudori di ombre distorte
o facce nascoste dalla pietà.
*
Distilla le gocce di pianto
nell'alambicco dei desideri,
fantasmi gassosi di sogni inevasi,
sogni perduti nell'alba d'insonnia,
piume scagliate nel muro dell'omertà.
*
Tratteggia le curve d'un volo d'uccello
a disegnare speranze nel cielo
e mani pulite da afferrare
e stringere al cuore
per nuova luce che plana sull'acqua.
*
In ginocchio ad attendere il giorno
incartato d'infanzia
e sorrisi sbocciati nel giardino
dai petali innocenti
screziati di sangue.

Sai quando il vento ...
entra e scricchiola tra le imposte socchiuse
e ci voltiamo per conoscere le ultime notizie
o ci alziamo per assaporare gli odori del mondo.

Sai quando il vento ...
ci chiama dentro e non raccapezziamo
che senso ha morire un poco ogni giorno
senza sapere delle violenze al mondo di fuori.

Sai quando il vento ...
sibila stanco di non farsi capire
e alza la voce fino a lasciare lamenti
tra frammenti di case ed occhi di pianto.

Sai quando il vento ...
mi porta per mano alla torre del faro
lasciandomi solo di fronte al mare
ad avvistare nuove vele in arrivo.

La notte ... sul campo di battaglia
Un velo sugli occhi di pianto,
un telo macchiato di sangue,
la benda perduta nel fango,
un canto di morte s'adagia
nebbioso dal cielo stellato.
*
Qualcuno si ferma a contare
le ossa che sporgono nude,
crescenze di zolle marcite.
*
Corpi invasi dal pentimento
sono a caso in ordine sparso,
sparso per non farsi sparare.
*
Per sempre sorride la luna
negli occhi di ghiaccio perplessi
di chi è tranquillo supino,
di chi è rimasto sorpreso
colpito morendo sul colpo.
*
C'è chi ha supplicato i santi,
c'è chi ha scalciato riverso
c'è chi ha rivisto la madre,
c'è chi ha pensato è finita.
*
Due corpi si tendono mani
seppur con diverse divise.
*
S'allarga il velo pietoso
man mano che avanza la notte.

Migranti_2
Voltarsi indietro
come ombre a ritroso,
vedere il molo lasciarci,
e scorrere il mare davanti.
*
Affidarsi al vento,
senza ritorno,
forse morire.
*
E quel groppo lasciato
per un'esistenza perduta
le radici tranciate
rifarsi una faccia
da nuovo schiavo.
*
Spalmarsi lineamenti
modello multiuso,
mandare avanti
questa vita non chiesta,
agguantata per caso
con occhi di tigre
pensando al futuro.

Voglie furtive
Ci coleremo addosso
un mare in tempesta
senza stupori né innocenza.
*
Sparpagliati su pareti a picco
ad assaggiare spruzzi
come grida di rabbia repressa.
*
Raccomandarsi a Dio
per un'anima riciclata
da sfoggiare alle feste.
*
Rivedere il colore degli occhi
prima d'intraprendere il mare.
*
Presentarsi alla porta in tunica bianca
a volte non serve.

Dietro l'affresco
Dalle navate dal soffitto di foglie,
dai tappeti di muschi e licheni,
da una strada che diventa sentiero,
dal vapore dei rami imbiancati,
una radura s'apre improvvisa
guarnita di felci e sospiri
e giochi d'acqua appena socchiusi.
*
Parole rapprese di pensieri sfioriti
schiacciati tra pagine soffiate d'incenso
e desideri inappagati che chiedono il conto.
*
Percorro binari a ritroso d'un mondo
che volevo perfetto e che oggi sbircio
dal buco stretto del mio rimorso.
*
M'è rimasto solo guardare in alto
ad ascoltare le ali del vento
se bisbigliano suoni
su frequenze non (più) mie.

Sensazioni_3
Arrampicarsi in una tela di ragno
cercando i colori dell'arcobaleno
da filtrare tra gocce di brina.
*
Centrare un gioco di luci
che increspano il lago,
per litigi sommersi
e prove d'amore.
*
Sono gocce di pianto
lungo un letto infinito
fatto di posti raccolti,
edicole in preghiera
e prati di marmo.

Paesaggi
Una vela a supporto
d'un alba tagliata
da nuvole sparse.
Prime luci argentate
trapelano da sotto il merletto
inaridendosi in deserti di pace.
Prati saporiti di primavera,
viali alberati e rocce a picco,
lagune un po' ottuse
grigie di aria e laghi
dai bordi sfrangiati
col sole che scende
e la notte che sale
su spiagge infinite
e palme lasciate
su distese marine
e tramonti pezzati
d'incontri proibiti
in boschi nascosti.
Alzandomi in volo
da montagne incantate
su laghi gelati e savane
sperdute in alberi soli
ritrovo geroglifici sparsi
dietro voci argentine
e cascami di case
senza perché.

Mi piacerebbe sentirmi un uomo
Vorrei andare avanti
senza girarmi indietro
portandomi appresso
tutto il peso del mondo
senza falso benessere
e voci tradite dall'avidità.
*
Vorrei un ramoscello
d'ulivo che m'accompagnasse
fino a vedere la luce
d'un cielo in burrasca
con draghi rossastri
e cumuli informi in divenire.
*
Vorrei un mazzo di rose
da seminare in rovi di more
e lunghi silenzi da incamerare
per prendere fiato in attesa
del vento che apra un sentiero
nel labirinto grigiastro
del nostro cervello.

In fondo al mare una speranza
Se un giorno si aprisse una bandiera
in cui tutti possano asciugarsi la faccia
e chiedere in giro se avanzano colpe
da poter lavare tutti insieme,
solo allora potremo intonare
le danze intorno al fuoco
e a piedi nudi senza pudori
esplorare cespugli di spine
strappare gramigna, dividere il loglio.
Solo allora potremo gettare nel fuoco
i nostri turbanti d'identità,
la nostra faccia di secoli scuri
con ginocchia su scapole a terra
schiene frustate e sante falsità
a giustificare ogni cosa.
Potremo intrecciare musiche e strumenti,
potremo cercare una lingua
che bene si adatti all'espressione dei volti.
Potremo sentirci uomini sul serio.

Agitarsi a vuoto
Ho inciso riccioli d'oro
su catene
e verniciato d'arsura
la finestra del desiderio
su impalcature
appena abbozzate
e lampi di genio
a illuminare il deserto
lungo un viaggio
che ha perso la rotta
scambiando valigie
per stazioni
e frammenti di pianto
per colonne d'Ercole.
 

Il mio angolo buio
Un saluto dall'angolo più buio
della mia stanza immaginaria,
fatta di pavimento ondeggiante
e di tralci di vite appoggiata
e l'odore del tempo
impolvera ogni cosa.
Mi spengo sulla sedia spagliata,
guardo il soffitto annerito,
vorrei volar fuori.
Spandermi ovunque c'è luce.
 

Una sconfitta saputa da tempo
Mi sono sporcato le mani
con i segni di terra
ed il sangue spillato al barile.
*
Ho visto fatica e sudore
nella vanga nel campo
e lacrime come gocce di troppo
dopo un tappeto di grandine.
*
Sono andato in giro a cercare
tracce di uomo senza lanterna,
ho trovato residui di fede
ad imbrattare muri e residui
d'idee senza filo.
*
Li ho raccolti come rovine fumanti,
testimoni indecenti d'una corsa finita,
d'una sconfitta saputa da tempo.

Nuove rotte
Con ali allargate a prendere aria
e nutrirsi di correnti ascensionali
occasionalmente predisposte
per spaziare dall'alto uno sguardo
che non conosce distanze
come in un film d'orrori nascosti
dietro la porta dell'apparenza.
*
Si aprono specchi come finestre
alla ricerca del retro deserto
di frasi e di immagini nude
senza ricami per farle restare
né addobbi di inutili idee
o sovrastrutture come marchio di nascita.
*
Siamo fermi sul molo dei rigidi schemi
contando i soliti passi di mattonelle consunte
con crepe affioranti come tela di ragno
o volti invadenti di nuove realtà
che aprono vele scolpite di fantasia
e prendono il largo inventando la rotta.

Nuove rotte (Traduzione)
L'Aquila volteggia nel cielo sfruttando correnti ascensionali per guardare con la sua vista acutissima la realtà oltre le apparenze che spesso invece noi teniamo fuori dalla porta della nostra falsa tranquillità, porta che non apriamo per paura dei mostri che potrebbero esserci dall'altra parte.
Nè serve guardarsi allo specchio tutti bardati di addobbi e false sovrastrutture che ci hanno imposto fin dalla nascita perché se si guarda dietro lo specchio siamo nudi.
Non facciamo che passeggiare su e giù sugli stessi pensieri consumando mattonelle.
Ma le crepe che appaiono, come un volto che piano piano si compone, ci fanno pensare che forse è arrivata l'ora di cercare nuove vie e nuovi equilibri per questa povera umanità. Ma ci vuole fantasia!

Un amore
Un nastro di luna
adagiato sul mare,
un foulard
incastonato dal vento,
una scia di cipria
sospirante nell'aria.
*
Assaporando la notte
su gorgogliante spuma di scoglio
si scioglie inebriante
il ricordo di te.
*
Eravamo ragazzi
sulla riva dei sogni
guardavamo le stelle,
salivamo sui carri
a conquistare le orse.
*
Poi c'era l'amore,
un plaid sulla sabbia,
una siepe nascosta,
la gran voglia di te.
*
Ripensando quei giorni
mi giro di fianco
a cercare di nuovo
le labbra d'un tempo.

Litigio
Ci siamo persi sfiorando lacrime in volo
e parvenze di foglie librate dal vento.
*
Ci siamo intrecciati nella giungla di bambù
calpestando panda senza ragione.
*
Ci siamo girati di fianco per masticare
tabacco amaro e sputarsi addosso
dentro la notte.
*
Spunta l'alba impudente.
*
Il cuscino getta la spugna.

Come mai ancora ti piaccio?
Non ho niente da dirti
solo qualche frase ricotta
e tristi evenienze immusonite.
Il libro s'è aperto e sparpagliato
senza nesso tra le cose comuni.
Mi sono lapidato di pietre di sapere,
e adesso, pulito come un cencio,
ho perso la bocca e la brocca.
*
Sono oggetto inanimato dell'essere.
*
Non ho niente da farti vedere
solo qualche rudere a terra
e spezzoni di storia nella polvere.
Ma le pagine si sono mischiate
in un intreccio senza secoli.
Ho sfidato la vista guardando il sole
e adesso, che ho perso memoria di me,
non so trovare la strada.
*
Mi sento faro senza luce. 

Solitudine_7
Rincorrendo un treno tra fieno e covoni
mi sono arreso ansimante a pensare sul prato.

Non ce la faccio neanche col prossimo treno,
non è da me restare in trincea ad aspettare la sorte,
né inseguire fantasmi per tutta la notte.

Invano ho teso trappole luminescenti,
ho messo maschere con varie espressioni,
ho affittato teatri senza chiedere niente.

È come star seduti sul greto del fiume
ma senza vedere l'acqua che scorre,
solo ascoltare il rumore
per far finta di appartenere al presente.

Camminando un sentiero
Camminando un sentiero d'autunno
misuro passi nel colore dell'aria
che lascia ammalvire il verde che è intorno,
che si lascia ammaliare dal sole dell'alba.
Tintinna vicino un ruscello
purissime note d'intensa frescura.
Risponde tra i rovi
il gorgheggio sfacciato d'un merlo.
Nel bosco c'è chi disegna merletti
e c'è chi ha già perso le foglie
e agita astratte figure nell'aria.
Il velo d'azzurro
che confeziona i monti lontani
sembra prestato dal cielo.

Un uomo tranquillo
(Gioventù)
Nel solco lasciato dal letto del fiume
ritrovo i miei passi persi
scalando una parete di gesso
nel tentativo d'abbracciare il mondo.
*
(Maturità)
La chiave di casa sotto lo zerbino,
il cielo celeste tra nuvole bianche,
un uomo che vive sotto un tetto di prato,
scaldando la pipa di fronte al camino.
*
(Vecchiaia)
Rotaie che corrono lungo filari
d'una vita che scorre e brucia le tappe
alla ricerca d'un segno lasciato
magari nascosto nel letto del fiume.

Incertezze
In punta di piedi
su calzari di seta
a riveder le rive
di salici piangenti
con spiagge di sole
disseminate tra sassi
onirici levigati a mano.
*
Rovistare il cestino
delle carte pulite
a rimestare aborti d'idee
speranze deluse
circuiti in corto
attese d'un dopo.
*
Permettere a un filo
di farsi gomena
lasciata sul molo
e veder partire
mille petali bianchi
verso l'ignoto.

Il richiamo della natura
Sono fermo sul ciglio del mondo
in attesa di calarmi nel fango
di ripide pareti senza sostanza.
*
Vorrei uno scoglio
su cui rivedere un tramonto sul mare
e albe tradite da raggi violenti.
*
Vorrei trascinare le idee insieme ai passi
per aprire la strada a nuovi confronti
magari col falco nel cielo
che aspetta paziente un cenno d'intesa.
*
Ritrovare equilibri perduti
seppellendo i morti sul prato
o cacciando bisonti nella notte stellata
gridando di rabbia da troppo repressa.
*
Mentre risalgo gradini d'impunità
piango la natura truccata da civiltà.

Un villaggio di minatori al risveglio
Trasportati dal vento
ho ascoltato suoni sommessi
delle case al risveglio.
Colori attutiti, fumo dai camini,
odore di caffè.
Qualche cane raspa alla porta.
*
Il fango rappreso
che asfalta le strade
è pronto ad accogliere
passi straniti nella luce dell'alba
e facce annerite ormai senza sole.
*
Indossano caschi, in fila per otto,
vanno in miniera a respirare carbone
rischiando la vita per quattro baiocchi
sognando di notte la vita dei campi.

Strada obbligata
Non ho più girato il capo
verso quel porto
disegnato dalla nebbia
della disperazione
in attesa di chissà quale àncora.
Mi sono asciugato con le vele
trascurando il destino
che non ha lasciato scritto
nulla per me.
Guardo avanti senza orizzonti
una strada asciutta senza emozioni,
un cielo assente
per non dar colore al mare.
Cadono foglie senza un lamento,
gocce di pioggia senza rumore,
impronte di boschi senza alberi
si stagliano scure mentre risuona
l'arpa del tempo con cadenze sicure.

La natura regala
Quando, nelle mani,
senti scorrere il torrente
e, di lato,
il fruscio dello scoiattolo
e, sul fondo,
scintillare le pietre
come smeraldi
e, al posto del cielo,
un ombrello da sole
ricamato al tombolo
e, vedere,
l'acqua rincorrersi tra spruzzi
di gioia e risa di occhi bambini,
allora, d'incanto,
si apriranno le dita
e uscirà la musica
finora racchiusa
in quel palmo segnato
da fatiche e nequizie
da sopportare
come Atlante
con sulle spalle il mondo.

Memorie di pietra
Ho tolto il saio per tuffarmi nel fiume,
ho colto una rosa con piedi nudi
sfiorando i rovi della mia perdizione.
Poi ho visto colline e sfiorato licheni
cercando uno sguardo nell'alto del cielo
che potesse asciugare lacrime spente
sul volto stupito dei tanti perché.
*
Ho ancora negli occhi l'eco fumoso
di cori appoggiati
ad architravi d'immutabile tempo.
Nuvole ipnotiche di false realtà,
commiseranti preghiere
nell'intreccio di volte e di archi
del tempio malato d'eternità.

I nuovi nobili
Nella campagna si torce un lamento
di fiori e di luci lasciati sfumare
senza rivalse né pentimenti
per uno straccio di borsa
che brandisce fierezza
senza un emblema che possa poggiare
sulla terra i propri calzari,
senza la storia di sangue e di morti
che accompagna da sempre ogni impronta
lasciata nel fango da antichi padroni
e servi venuti al mondo per caso.

Nella borsa ci sono denari rubati
per scambiare natura con capannoni
da chiudere al primo soffio di vento
e coprire di ortiche lo spazio violento.

Lo straccio-denaro che tutto corrompe
senza neppure pensare
alle croci, senza nome, di legno.

Canto celtico
Sale la nebbia sui fantasmi
incastrati dietro macigni
di galoppi senza briglie
e mostri affacciati dietro
le pieghe della mente.
Reagisce l'immota realtà
di scure paludi col suono
delle cornamuse nascoste
nel tronco della quercia.
Troppo distanti le volte
delle cattedrali gotiche,
impari lotta per coscienze
costrette dentro
le pietre dell'omertà
e comunque schiacciate
dalle porpore rosse di sangue
lasciato su altari gelati
del marmo dell'oscurità.

Ti verrò a cercare
Malgrado gli zaini da portare
arrampicandomi con le mani e con i piedi
ti verrò a cercare.
*
Sulla cima della sequoia ti verrò a cercare,
in fondo al labirinto di grotte
ti verrò a cercare.
*
Trasportato dalla corrente mi unirò
al mare chiedendo il tuo indirizzo
a qualche vecchio gabbiano.
*
Ti verrò a cercare come l'acqua la fonte,
come la barca l'approdo, come un traguardo
già tagliato nella foga di venirti a cercare.
*
Ti verrò a cercare simulando un naufragio,
annegherò nella selva delle tue braccia
sarò riflusso del mare nella sabbia.
*
Fin dentro le ossa ti verrò a cercare
fin dentro le vene poserò l'orecchio
ad ascoltare il tuo cuore.
*
Seguirò le curve sinuose
fino ai monti del desiderio
fino alle colline con su la cima un fiore.
*
Mi abbevererò a labbra vogliose
ma non placherò la mia sete
di venirti a cercare.

Pensieri
Sono pochi i centimetri di terra
rimasti senza sangue da bere
o non pestati da scarpe coi chiodi
nel fangoso grigiore di morte.
Terra senza umori, terra senza storia.
Terra lievitata da secoli di sfaceli,
polvere cosmica che abbraccia gli anfratti
e tutto pareggia senza tracce apparenti.
Ma la zolla intrisa di sangue
mantiene memoria dell'ultimo sguardo
roteante di prato e di fiori.
A volte ci pensa il ghiaccio
a restituire quel fiore,
materializzando un ricordo
come foto ingiallita.

Ballata mistica
Dagli stipiti tinti di appoggi di secoli
scivola un'anima a terra.
Occhieggiata da foglie corinzie
rivestita dal tappeto del tempo
corre libera nel suono del vento
adagiando le palme su ritorte preghiere
e scalciando selvaggia il mare d'inverno.

Dalla navata centrale forte s'alza il canto
per ricomporre un rosario dal filo spezzato
cigolante tra legni sconsacrati di scranni.
S'eleva la musica ma suona stonata
sfiorando cariatidi che non sorreggono niente
e diavoli pronti nel fondo d'un pozzo.

Si cerca il perdono in cima ai pensieri
tra campane e folate dell'aria che intorno
ritorna su albe e tramonti segnati
da troppi tratturi e cadaveri a terra.

Ciò che so fare
Non so scaldare le curve dei boschi
per modellarle lungo il letto del fiume,
non so impedire che si chiuda il cielo
né arrestare il vento che arriva,
so però infilarmi nel corso del tempo
e leggere agli altri cosa ho imparato.

Ho imparato a nascere e non è poco,
ho imparato piano piano a vivere
ho imparato ad innamorarmi
ho imparato a far l'amore
ho imparato a fare l'adulto
ho imparato ad invecchiare
imparerò a morire, e non è poco.

C'è una cosa che non ho imparato:
scordarmi dei ricordi.

Venezia al carnevale
C'è una finestra
aperta sulla laguna
con la luna dipinta
sul soffitto del cielo
e le maschere
che fan capolino
dai bui anfratti
di calle e pontili
portandosi appresso
rumori e profumi.
Lascia una scia silenziosa
sull'acqua d'argento
la gondola nera.
Porta due cuori estasiati
dalla luce dei fari
impreziositi d'immagini
da ripeter nei sogni.
Piazza San Marco riluce di ori.
Un gran minuetto s'allarga e si stringe
al comando del tempo scandito dai mori.
Si scambiano fiori, ci si guarda furtivi
a rimirar broccati e velluti.
La festa è finita ma lascia le orme
del presente passato.

Musica
Ho assaggiato
note attaccate come acini d'uva
da gustare in un poetico sorso.

Ho sentito
zampillare fontane
in mille giochi d'acqua.

Ho visto
folletti odorosi
volteggiare nei boschi.

Ho sognato
passeggiate in viali di foglie
con tante storie da ascoltare.

Mi sono affacciato
sul bordo del lago rimirando
un volto nascosto dai sassi del fondo.

Poi ho ripreso il cammino
in mezzo a prati festanti
e scene tessute in arazzi di Francia.

Il fastidio del vento
Ci siamo girati improvvisi
a seguire il passaggio
di uno controcorrente.
Non aveva le scarpe
né toccava il terreno,
non sembrava ansimare
né guardava attorno.
Sguardo fisso, sapeva la strada.
Vestito di vento e di scie colorate
rimase un flash da ricordare.
Correvano occhiate
ma nessuno aprì verbo.
S'abbassarono gli occhi
e riprendemmo il cammino.

Campi usurati
Cercavamo verità
in un campo di zucchine
come se qualcuno potesse
porre rimedio all'incongruenza.
Perché era nel campo di meloni
che bisognava cercare.
Tra retinati e francesini
sicuramente avremo trovato la via
che porta alla scalinata della saggezza.
Scalinata infinita per chi sa salire.
Un'altra volta dovremo esaminare
bene il terreno, farlo analizzare
prima di metterci in viaggio.

Apparenze
Una goccia nel mare
sembra niente
ma se arriva veloce
penetra a fondo
come lacrima amara
dello specchio del mondo.

Si rigiran giardini
a inseguire il vento
dolce momenti
di pace interiore
infilati nel niente
d'una fodera andata
d'un vecchio cappotto.

Rintocchi di cielo
che arrivano stanchi
smorzati dal passo
di nuvole scialbe
sul fiume che assaggia
le rive corrotte
le anse scartate
depositi immondi
di umane eiezioni.

Pagina vuota
da riempire coi sogni
d'un fanciullo arrabbiato
per quello che prova
di fronte ad un mondo
che serba segreti.
La voglia di essere
il senso del vuoto
arrivare più presto
comprendere tutto
per sentire l'amaro
di troppe ingiustizie
a giustificare l'essenza
d'un vivere insulso
troppo impegnato
a scaldarsi d'inverno
senza pensare
al futuro del mondo
scontando la morte
di mille affamati
scontando cannoni
che sparano stragi
e avidi vecchi
su le sorti del mondo.

Sapore di terra
Preferisco la melma sporca
agli angeli azzurri,
rotolarmi nel porcile
più che spingere lo sguardo al cielo
perché è la terra che mangiamo.
Il cielo solo alla fiera in zuccheri filanti
su navate barocche.
I conti si fanno a tavola
centellinando molliche integrali
e pensieri di carne.
Sul soppalco le riserve di fieno.
A chi non conosce la zappa
ed il manico mille volte sputato
si dà patente di chi spiega misteri
giustificando
sudore sfruttato, terra rubata
in nome d'un Dio che fa finta di niente.

Ballata fosca
Se un giorno ...
ci fosse sequenza di atti
e logiche incontrovertibili
a dimostrare la liceità del fare,
allora potremmo liberarci
di angeli azzurri giustificanti
ogni ignominia
e guardare in faccia
i prevaricanti addobbi del potere,
le loro maiuscole intonacate
di polveri di ossa sparse,
i loro altari sorretti
da femori di impiccati.
Non ci saranno bandiere
a nascondere volti sconvolti
dalla tortura, né scranni
da cui parlare dall'alto,
non ci saranno passaggi segreti
per ideologie da nascondere,
tutto sarà sbattuto sul tavolo
ed esaminato
da chi ha perso sempre.

Grigi pensieri
Tra lecci e tralicci d'aria rarefatta,
in attesa di spicchi di cielo,
si consuma un altro giorno.
Vengono fuori albori autunnali
e piogge paleolitiche
a misurar ossa di dinosauri.
E' l'alba del mondo, paludi gasate
e catene montuose che fanno il solletico
appena sott'acqua.
Son pensieri rappresi come lacrime di pioggia
nel grigiore del cielo.

Il nostro tempo
Non ho mai anticipato la soglia del tempo
ma non ho avuto paura di passi sbagliati
sul punto croce che segna il confine.
Rovistando il terreno della cattiva coscienza
ho messo da parte una busta in giardino.
Contiene una ciambella da portarsi dietro
come uno zaino d'umanità
per scambiarlo con specchietti e collanine
sulla strada delle diversità.
Voglio stringere mani, dare abbracci
confondermi nel loro mondo
di stracci e culture.
Voglio anche tornare tra i miei
e misurare il perché di tanto vuoto dentro.

Purezza
Mi sono affacciato
alla finestra
per ritirare i sensi stesi.
Poi ho cominciato a piegarli
per riporli puliti.
Ma prima li ho provati.
La vista, senza foschie,
spaziava oltre l'orizzonte,
l'olfatto riconosceva
i sapori del mare,
il tatto scendeva sensuale
su pelle di velluto,
il gusto s'arrovellava
su viole candite,
l'udito ascoltava estasiato
musica d'organo.
Ma c'era rimasto qualcosa
in fondo alla cesta.
Si chiamava coscienza
ed era pulita.

Così ci hanno ridotto
Il tutto e subito
Il santo subito
L'applauso alle bare
I morti allo stadio
Farsi vedere
Sentirsi protagonisti
Almeno una volta
Uccidere qualcuno
Andare in televisione
In mezzo ai detersivi
Un pubblico rissoso
Falsi santoni
Professori di ovvietà
Notizie scoop
Mai niente d'importante.

Sognando paure lontane
Mi sono inoltrato
a cercare il lupo nel bosco
curiosando tra felci e rovi
fragole e ghiande appassite
aspettando il rumore
di foglie gualcite.
Mi sono atteso a lungo
a sparare ai fantasmi
dei fardelli paurosi
di quando eravamo bambini.
Ho visto cinghiali aggirarsi furtivi
e vecchie storie di umani
con piedi di capra.
Sibilano voci di streghe
avanzando la notte
e s'intravedono appesi
sui rami degli alberi.
Anche il lupo s'è rintanato.

Rimorsi
Centellinare rimorsi,
avanzare senza vita,
riempire caraffe
di voci tradite
e cieli puntati
a punire trascorsi
prima di scendere
e guardarsi un po' intorno.
E' sempre di fianco
che arriva il dolore.
T'afferra da dietro
dopo il traguardo
e trascina all'indietro
senza tempo a frenarlo.
Spaziare a ritroso
tra nuvole aperte
l'azzurro del cielo
che chiede perché.
Perché hai accettato
le regole imposte,
perché senza strappi,
perché dietro l'angolo
hai chiuso lo sguardo.
Lungo l'elenco da lavare
nel fiume senz'acqua.

C'è sempre qualcuno
che rivanga il giardino
a cercare le ossa sepolte.

Un luogo, una storia
Un giorno di gloria
apparente, mancato,
segnato sui sassi,
cicatrice per sempre
che mai tornerà
dal luogo incompreso
dove s'affacciano orme
d'affetti riposti
nel cassetto centrale
del comò dei residui
e vecchie valigie
appartate in cantina
anch'esse cantando
storie di vita
apprese viaggiando.
Non c'è scendiletto
né pantofole in pile
dentro gli squarci
della memoria,
ti gela improvvisa
appena t'azzardi
ad aprire l'armadio
sudario perenne
di cose non dette
di azioni non fatte.

Meglio non interrogarsi dentro
Uscire di casa
rincorrendo speranza
che fa capolino
tra le pieghe oscure
del sapere di sé.

E' come un buongiorno
che s'appoggia a stampelle,
un grido d'aiuto
per non comprendere nulla,
un immergersi nudo
nel vacuo di sé.

Se non fosse
per quel rumore di fondo
di fiume nascosto
che strappa certezze
e corrode la strada
che porta nel limbo
di chi ha perso in partenza.

Inverno
Pensieri rappresi
tra albe gelate,
figure ghiacciate
avvolgono l'aria,
si sente un latrare inciso
sulla corteccia del pioppo,
il fiato condensa parole
fumetti di labbra socchiuse,
il fiume bisbiglia sommesso
navigando a vista tra infide lastre,
il cerbiatto rovista col muso
annusando il rumore della primavera.

Un barbone
Nei giorni trascorsi
di fianco alle ortiche
tra foglie di malva
e giornali usurati
da facili applausi
per incartare
quel poco avanzato,
mi sono attrezzato
con strisce e rumori
e vecchio ciarpame
imbullonato.

Stasera ...
mi sono sdraiato
sul letto di foglie,
facendo il rumore
del rovistato.
Stasera ...
qualcuno
ha aperto il cartone
dalla parte del cielo.

Passeggiando per Lisbona
Lancette cadono sui minuti
caricandoli della polvere
dei cubetti di marmo
con cui lastricare i pensieri.

Sono gocce di passato
mischiate alla folla
dagli occhi intensi di poesia
e la vita davanti.

C'è futuro nell'aria
che ride ed assaggia
i sapori del sole
che sfugge all'inverno.

Rimembranze gualcite
Ricordi avanzati
su tavola senza tovaglia,
rudezze palpate senza speranza
di cogliere il senso da dare
alla luce del mondo
o imbattersi in occhi affossati
come mute ammissioni
di dolori appena sepolti
sul muro del pianto.

Non sono certo del senso da dare
a parole sentite come assonanze
di suoni e rumori di barattoli a terra.
Né posso copiare le labbra.
Né recitare un mea culpa
per il solito imbroglio.

È difficile muoversi senza uno specchio
che addolcisca l'immagine nuda
d'un volto corroso dall'impunità.
È difficile aggiungere orli alla tenda
quando traspare il colore del tempo.

Lisbona
Azulejos sfacciati
ma gelosi di sé,
piazzette incantate
nel tempo fermate,
bianchi colossi sulle colline,
ripide ascese
e tram improbabili,
giovani ovunque
di tutte le razze.
Tutto si regge,
basta affacciarsi
da sopra il castello
perché in fondo c'è il mare
ed il ponte sospeso
e luce accecante
di bellezza assoluta.
E' grande e racchiusa,
si lascia ammirare,
casette pastello
e grandi conventi
bianchi di calce
come vele sul mare,
panchine invitanti
per stanchi viandanti
e per tutti gli amanti,
la storia che esce
dalle crepe nei muri,
tavolini all'aperto
a ringraziare il sole,
gioia di vivere
nel mistero del fado
quando cala la sera.

Siamo sempre in tempo
Nel segno del tempo
che scorre in agguato
pronto a carpire
le mie mani pulite
e la terra che sorge
in uno spicchio di sole
allargando la vista
su case e su vigne
mischiate e condite
di fretta in cemento.

In fondo alla valle
aspettano sobri
fumosi orizzonti
di frasi scavate
dal fango dei secoli
di vecchie parabole
lasciate ammuffire
per troppa ovvietà.

Una capanna sul fiume
Vecchio uomo laggiù sul fiume
vecchia bilancia per pescare
e la capanna da rammendare.

Tanti ricordi da raccontare
acque chete per far pensare.

Vecchia pipa dalle anse fumose
pensieri da palpare
colazione nel giornale.

Tira la rete, prendi il retino,
c'è sempre da raccattare.

Pesci di fiume, pieni di spine
amicizie temprate
non si è mai soli.

Acqua di sorgente
Sgorga argentina
scoprendo rumori
e riflessi sinuosi,
ma ha il piglio deciso
di chi sa già dove andare.
Se la si vuole intubare
piange ferita come erba recisa
e rantola tigre affamata di verità.
Non compro-messi
ha sul cartello
nè albe su-date,
non chiede obolo di carità
né il grande onore
di sciacquare denti
chiusa a comando
nel rubinetto della ci-viltà.

Coscienza
Mi presento con la pena in mano
per scrivere del dolore profondo
che ti sbatte lo schizzo di macchie
d'inchiostro sul lenzuolo bianco
di coscienze dimentiche
della fame del mondo
e di facce ridenti di stupide
immagini stampate su soldi
pietre tombali del nostro
vivere la madre terra.

Rientro
Ho ripreso in tempo i miei pugni
posati per caso sul bordo lavanda
di tenui colori.
Mi servono per trattenere le lacrime
e menare fendenti per scacciare fantasmi.
Ritorno al mio covo dannato
dove poter parlare e bestemmiare da solo.
Prima d'entrare brucerò le maschere
che servivano per vivere fuori.

Oltre la punta del naso
Vendo lance spezzate sull'altare del tempo
e conchiglie emerse dal fondo del mare
in attesa di perle.
Cadono note come gocce di rugiada
sulla teca dei ricordi.
Si rincorrono prati verdi
sul pannello porta impronte
e memorie condivise
si prendono per mano
lungo corridoi già percorsi
e pareti senza quadri.
Tutt'intorno s'accendono luci
d'apparente contorno
di gente plaudente di sé.
Ma il sentiero nel giardino nascosto
quello no! Tienilo per te.
E' fatto di rose e biancospini
di fianchi inghirlandati
e sassi bianchi pieni d'aria pura.

L'ispirazione
L'aria è abbastanza calda
possiamo cominciare.
Abbiamo preso atto
riempiendo a piene mani
di schiaffi e bomboniere
di urla sussurrate
di echi racchiusi
il nostro sterno all'infuori.
Ma solo quando
la fissità dello sguardo
avrà raggiunto
il giusto punto di cottura,
solo allora,
inizierà il canto.

Voglie d'autunno
Dei desideri mancati è lastricata
la strada che porta all'inferno.
Scendono amari su rivoli secchi
e voci arrabbiate che parlano sole.
E' sabbia di marmo incastrata tra i denti.
Ne son rimaste poche di foglie
ma anche queste destinate a cadere.

Bohémien
Ci sono solo radio
accese nell'oscurità.
Insulse strappalacrime
di vuoti d'identità
corrotti da volute barocche
decantate da sorrisi bohémien
infreddoliti in sacchi di iuta.
L'odore corrotto di lane ricotte
impastate di noia e spalmate
a parete è il segno che unisce
speranze e sogni nel bozzolo
messi nel frigo in attesa
di lattine di sete
e latte scaduto da un'eternità.

Notte stellata
Lasciarsi andare
come vento di prateria
e ritrovarsi intorno al fuoco
come pietre di falò.

C'è da passare la notte
con gli schiamazzi del lupo
nel cerchio della luna.

L'armonica suona
alimenti per lo spirito
e dolci pillole di sonno
s'adagiano sul fianco.

Il cielo stellato immobile
osserva.

Assaporare
Il sole che sorge invade la valle,
si aprono spighe a perdita d'occhio
ed io, fermo su un sasso, aspetto
che passi la luce ed apra la stanza.

Assapora infinito lo sguardo che spazia
e si perde là in fondo insieme alle nuvole
accartocciate intorno al monte dei sogni
tenuti ben stretti per restare segreti.

Stendo le mani sull'azzurra pianura
ne trattengo sapori mentre salgono al cielo
profumi di odori di origano e salvia
insieme alla bruma là in fondo del fiume.

La via nel deserto
Ho ridotto il pranzo e la cena
a pochi bocconi lasciati sul prato.
Ho preso la strada che porta lontano
per non voltarmi mai più.

Lascio agli altri il mestiere di vivere
vado avanti nel deserto
attento a non calpestare
nessun filo d'erba,
né a stendermi vinto
vicino al cespuglio d'iniquità.

Sorretto dai passi
di chi vuol vedere,
cammino deciso
verso il destino
che attende
là sul traguardo
come miraggio che gioca
con me.

In sospeso
Lisciare la pagina
con la mano di fianco
a ridarle verginità.

E sospirare già stanco
di vecchi orizzonti
dai vetri opachi.

E prati fioriti
negli anfratti nascosti
di qualche memoria.

Raccolgo frammenti
come biglietti d’auguri
sparpagliati nel tempo.

Sospeso, ascolto
il gregge che passa
traversando la strada.

Una musica cieca
s’alza improvvisa
e mischia le carte.

Alla ricerca di poesia
Ho accalappiato un gufo
per farmi luce nella notte
senza luna.
Poi ho insegnato agli alberi
a volare.
Ho anche disegnato un punto
al centro del mondo
e perso per strade conosciute.
Adesso sono seduto
su un muretto a secco
a guardare il mare tra gli ulivi
e non so capacitarmi
di tanta strada fatta.
Guardo l'orizzonte
sul filo di niente
e piango la foschia
che m'appanna.
Cerco il ritmo nascosto
sotto il pelo dell'acqua,
la voce dal fondo
che trapela nell'onda.
Ma quest'acqua sempre uguale
cancella storie e ricordi
impastate in melassa
dal sapore salmastro.
Il cerchio si stringe,
intorno fa buio.

Passi corti
Vecchi passi cadenzati
sul ritmo del tramonto
corti e sudati
per la solita meta
sempre più lontana.

C'è tanto freddo intorno
c'è corrente nelle vene
chiudete la finestra
per favore.

Sempre più infastidito
da questa stupida vita
che non se ne vuole andare
e farmi finalmente riposare.

Indolenza
Mi sono alzato stanco
i piedi non entrano nelle scarpe
e fuori la strada che attende
barcollando mi insegue.
Ho piantato bene le orme sul selciato
ho lasciato un segno di strazio
per questa vita senza meta.

Immagino praterie infinite
su questi laghi d'asfalto
e campi di grano dorati
sulla piazza principale
dopo aver raschiato il fango.

Maremma
Terra dal gusto amaro,
zolle grigie strappate al mare,
cespugli d'erba cattiva
come capelli radi
di vasi senz'acqua.

Letti di torrenti senza voglia
su ragnatele profonde
di terra spaccata
ormai smemore di sé
s'affastellano in parata.

Tracce di falò dagli occhi truci
intorno al ferro rosso
del marchio di schiavitù
di società maschiliste
di femmine di fuoco.

Incontrare poesia
Ho bisogno di note acute
per entrare nel giardino
dove dimenticare le rose
e sentire la voce fresca
delle acque che rimbalzano
tra le gote di marmo rosso.

Sul davanzale attendono gerani
ridenti al mondo
che nascondono rami ingialliti
di sorrisi spenti.

Ma la casa
esce dalla finestra aperta.
Si legge sui muri la storia
di un diario sfogliato
da occhi indiscreti.

E poi ...
Ci saranno saluti di foglie
e frasi sui tronchi
a incider la vita
come se fosse eterna.

Questa strada piena di sassi
Io che cammino su questa strada
piena di sassi
e non mi volto a cercare l'acqua
grido sulla porta delle valli
il senso da dare a questa mia vita
che inspiegabilmente fa rima con gita.

Io che passo l'orecchio a cercare
vecchi echi sotto le pietre del deserto
e corde di chitarra a far vibrar ricordi
precisi come sogni dell'ultima notte
e coltelli nella piaga targata nascendo
non mi guardo allo specchio
che inspiegabilmente fa rima con vecchio.

Io che attendo ansimando
sulla groppa del mulo
una voce che aiuti a scalare la vetta
a schernire le spine
ed aprirsi la via che va verso il cielo
non ascolto il segno divino
che inspiegabilmente fa rima con ...
supino.

L'alba del mondo
Si schiude una finestra
sull'alba del mondo.
Si respira la brezza
del primo mattino.

Lo sguardo si volge al cielo
con i colori e gli odori dei prati
che si alzano a gustare il creato.

Nell'immensità della luce
siamo assordati da tanta bellezza
poi ...
Torna di nuovo la pace
estasiati dalla volta celeste.

C'inchiniamo a cercare il perdono
nell'infinito.

Formichine
Mi son fermato sulla riva del fiume
ed ho visto passare le ore
tutte in fila come formiche.
Si tenevano per mano,
il volto girato all'indietro
perché il loro tempo
era passato e la speranza
era in quella che seguiva.
In fondo ce n'era una isolata
che guardava avanti.
In testa ce n'era un'altra.
Erano le ore decisive
del mio vivere.
L'ora della nascita,
l'ora della morte.

Apocalisse
S'alzano i veli,
vesti stracciate
dalla furia del vento,
urla scomposte nella tempesta
e tegole in volo come rapaci.
Vuote le occhiaie
vendetta al potere
sangue ovunque
cavalca la morte
son secche le vene
qualcuno ramazza
pietà in foglie
fiumi di odio
corrono al mare
massa grigiastra
pronta ad incendiarsi
per nuovi equilibri
dei grandi poteri.

Terra terra
Volando terra terra
infastidito,
mi sono frastornato
con la gamba della sedia.
Non aspettava altro
per attaccar bottone.

"Dai, visto che è festa,

perdi un po' di tempo
qui con me.
Ti racconterò
di quanti calci
ho ricevuto,
di quanti stinchi
mi son vendicata,
di quanti piedi intrecciati,
di quante scarpe
con tante storie
disegnate sulla suola".

"Ma vedi cara gamba,
io non mi intendo di altri.
Io non so che farmene di storie.
Ti prego,
fammi riprendere il volo.
Anche se terra terra
ho anch'io la mia dignità
da raccontare".

Caldo blues
Rullando sulla strada
all'insegna del pesciolino rosso
si avverte un sentore d'asfalto
ingrassato dai rifiuti nei vicoli.

Tipi svegli puntellano le entrate dei pub,
le luci sono accese, la via è animata,
qualcuno tenta passi di danza
tra le scie di neon.

Nel caldo d'una stanza
c'è un blues che gira intorno al camino.
Una faccia dietro i vetri
scruta temperature esterne.

Nei locali appena svegli
si gustano nitide note sparate,
si sente l'eco di vecchie canzoni
intorno al fuoco, la sera.

Scoppiettano e scintillano
versi ritmati nel fondo di scotch,
disinvolte espressioni s'inseguono
nelle volute fumose del sound.

Nel bosco
Avanzando a fatica
curiosi tra foglie ed edere
e liane,
timorosi di fruscii
inattesi e voluti
ci affacciamo ad ogni tronco
circospetti di elfi
e disumane presenze.
C'è luce che filtra
tra gli arabeschi del bosco
luce di fiaba rincorre ricordi
di storie crudeli
raccontate all'infante
per prendere sonno.

Desideri
Mi sono caduto addosso
con tutta la rabbia dentro
scavando gallerie nel deserto
e tanta voglia di te.

Adesso che lascio impronte
delebili
vorrei essere oltre l'orizzonte
a volare distanze bianche.

Solcare mari agitati
lasciando segni
indelebili
dei miei sogni incompiuti.

Sentire salire le voci
come fantasmi dal fondo
e scimmie aggrappate alla spalla
come pappagalli eterni.

E poi stendermi al sole
per cercare le stelle
strappate
dai ricordi di una notte.

Riprendo il cammino
rotolando sulle ginocchia
fino a sfondare il muro
dell'incomprensione.

Nato con la camicia
Fortunato chi può
infilar perle nella memoria
e pavoneggiarsi di vita felice.

Fortunato chi gioisce dell'altro
ed insieme accompagna
due storie di vita.

Fortunato chi s'accosta
al diverso con occhi infantili
e curioso apprende di storie lontane.

Fortunato chi sa aspettare,
chi si accontenta, chi chiede perdono.
Fortunato chi non attende la manna.

Volute di fumo
Ma avremo ancora un futuro?
Dalle macerie fumanti di pensieri e progetti
sale, in nere volute, un grido di pianto.

Prepariamo lo stesso la tavola
al nuovo anno che verrà.
Sarà come sempre brillante
di luci artificiali e vuota d'idee.

Alzeremo i calici con mani tremanti
brindando alla fine delle nostre certezze,
al tempio che cade schiacciandoci sotto.

L'impero è finito
ci sono i barbari già dietro la porta.

Parole di piombo
Quando le parole pesano
come biglie di piombo
apri una falla nella tua chiglia
e versale fuori.
Affidale a bolle d'ossigeno
e palloncini dove gridare
fuori dal coro è possibile.

Forse le voci del mare
le raccoglieranno,
forse l'eco del vento
o forse ...
il bisbiglìo del silenzio.
Saranno comunque
sempre presenti
come messaggi stracciati
nella bottiglia.

Cosa avrò da raccontare alla fine?
Una vita normale senza lampi
solitaria senza volerlo
estranea e diffidente al mondo.
Ma dover fare i conti
con i cocci dell'ideologia
e la rete con i sogni frantumati
da trascinare
ha lasciato il segno.

In cambio sono entrato
come un estraneo
nel mondo del Dio denaro.
Ho trovato tutti allenati
al passo più lungo della gamba,
a desiderare la roba d'altri,
a passare sul cadavere dell'amico,
a non pensare mai alla morte
che capita solo agli altri,
a correre sempre avanti
senza idee, senza scopo.

Ho dato un'occhiata
ed ho subito chiuso le tapparelle.

M'è rimasta soltanto la voglia
di urlare nel vento le mie verità.

Poesia di natale
Sono già duemila anni
che aspettiamo il natale.
Quello vero, quello annunciato
con gli uomini tutti uguali,
stessi diritti, stessi doveri,
con il prossimo come amico
e l'amore più forte del male.
Nel frattempo ci siamo ammazzati
razziato, violentato.
Abbiamo sfruttato fucili e cannoni
contro archi e frecce,
abbiamo distrutto etnie e rubato ricchezze
lasciando il diritto alla fame.

Nel frattempo abbiamo inventato
bombe atomiche per finire una guerra,
per finire, dicevano, le guerre.
Abbiamo perfino inventato nemici
per massacrarli in fosse comuni.
E milioni di morti benedetti da tutte le parti
e marmi con decine e decine di nomi citati
e cerimonie vestite di raso impudente
per dire che il sacrificio inutile
è il meglio che, in vita, possa capitare.
La ricreazione è finita
ma stiamo ancora aspettando
il natale che tarda.

Solitudine _6
E' tanto che non ascolto nessuno
da quando ho perduto l'udito
di cose scontate, di gesti usuali.

E' tanto che nessuno mi ascolta
anzi da sempre o forse ...
dal pianto di quando son nato.

Oggi ho provato con mano
che si può far a meno di me.

E' come morire in anticipo
e nessuno al tuo funerale.

Tanto vale abituarsi a morire da solo
quel poco che resta da vivere.

Alle cinque della sera
C'è chi promette
d'aver già tagliato il grano.
C'è chi spacca il secondo in quattro
ma senza un perché.
C'è chi si propone paciere
di liti inesistenti.
C'è chi si addormenta
e non trova la strada.
C'è chi ci ripensa
e non trova il passato.
C'è chi si appoggia
al tappeto dell'altro.
C'è chi ancora crede
sia possibile uscire da soli.
C'è chi non si fida
di quello che vede.
C'è chi va orgoglioso
dei paraocchi alla moda.
C'è chi si accontenta
di avanzi.

Tutto alle cinque della sera.
Ma potevano essere
anche le quattro.

Un natale diverso
Io non dormo a comando
né banchetto per una festa annunciata.
Ho voglia di sparire sotto i ponti del Tevere
e chiedere come hanno organizzato il presepio.
Qualcuno ha raccolto la legna, qualcuno ha portato da bere.
La festa comincia nella gelida notte.
Il fuoco fa fumo; ricorda ancora d'esser stato nel fiume.
Ma il vino riscalda per quello che può.
Ci si agita in cerchio tra fuoco e scintille.
Ma di parlare nemmeno.
Ognuno già sa la sua storia.

Comporre fonemi
Afferro fonemi dalla pagina vuota.
In filigrana li vedo galleggiare
cercando l'attracco in qualche parola.
Con la tuta blu appena lavata
inizio a smontare e rimontare parole
ma il senso che viene dispera
di trovare una via.
Non resta che accartocciare il foglio
e spremerlo bene.
Mettete da parte le gocce.

Impantanato
Poi ...
Ho contato i solchi
e quanto mancasse alla fine del campo.
Non sono più uscito di senno
bestemmiando e gridando
la fatica di vivere,
ma solo non è facile farsi sentire.
Adesso, impantanato nel fango,
mi fermo a pensare come fosse un deserto
di rose di vento e destini fissati.
Mi sento una statua del giardino del mondo
e penso, ridendomi dentro,
allo spaventapasseri nel sole d'estate.
Manca solo la paglia.

Un'eruzione sottomarina notturna alle isole eolie.
C'è un giorno che muore
riflettendo la luce
d'un mare d'inchiostro
che scrive messaggi
e s'arrovella di fuoco
che sale dal fondo
con rocce silicee.

C'è il cielo dell'alba
in fondo alla notte
con sprazzi di rosa
che strappano al fumo
che sale bagnato
d'odori rappresi
sul muro bianco
della casa in collina.

Un giorno da leoni
Un giorno da leoni
sparpagliati al sole
come ombre intrappolate
nel deserto.
Sentire la terra che respira,
e lasciarsi andare
con l'orecchio sul prato
ad ascoltare rombi in arrivo
e zebre spaurite
dal fiato che corre in rivoli
sul collo.

Un giorno da leoni
e cento giorni da pecora
a corrente alternata
come facce della medaglia.
La rabbia che monta
la ragione che frena
lo sfogo pentito
lo zaino in spalla
pesante di sassi
riprende il cammino
del nostro calvario. 

Oltre la luce
Se potessimo andare oltre la luce
ci sarebbero strade dissepolte
e antraciti sparse per terra
senza nessuno che possa raccoglierle
salvo il vomere a mano tirato da buoi.

Ma il sole non cambia
azzera pupille e riempie il vuoto,
fa credere vera l'ombra che taglia
in modo deciso il muro che passa.

C'è solo, dietro le aiuole,
un mondo sommerso
di false_vere_verità
che gridano piano
quasi in silenzio
che esiste la notte
ed il buio che sana
fresche notizie
di stelle ferite.
 

Natale
Siam di nuovo a cantare, stonando,
le luci del natale che torna.
E' partita la fuga in avanti
del mercatino fuori dal tempio
per ricordare l'acquisto
d'una nuova coscienza
come una bambola viva
che muove gli occhi e dice papà.

Son due millenni di nuove coscienze
da mettere l'attimo del nostro rimorso
per riporle in un canto e vestirsi di rosso
per arrampicarsi sull'albero della felicità.
E' La festa degli elfi e dei rossi panciuti.
Solitario, il presepio ricorda
di quando era bello sporcarsi le mani
con colla e colori per farlo da sé.

Un cartello
Ho scritto una cosa in corpo 72
per attaccarla al petto quando vado in giro
così nessuno potrà dire "non lo sapevo".
Voglio essere allontanato come un lebbroso,
lebbroso d'idee che non vanno d'accordo,
che scomodano i santi e i doppiopetti
e mostrano lordure secolari d'ipocrisie
sanguinolenti ad ingannare i semplici.

Sarò preso per pazzo da evitare,
farò scandalo nella pace senza vita
di chi s'accontenta,
e di chi porta un crocifisso d'oro
nell'occhiello della giacca.
Ma perché si annega nell'acqua
e non si annega nel fango
della propria coscienza?

Mi basta incrociare
lo sguardo perplesso di chi vuole capire
per correre a casa per un nuovo cartello.

Indignados
Nelle mani del tempo,
nel vuoto d'idee,
s'affaccia alla luce
una nuova speranza.

E' fede di noi, novelli profeti
che stiamo gridando
in tutte le piazze
che siamo cresciuti
che non c'ingannate.

Finiti gli orpelli,
i fronzoli belli,
le frasi ad effetto
per chi se la beve
orbato di tutto.

Non c'è più danza
intorno ai totem,
né schiene prostrate
per i potenti di turno.

E' finita le legna per i falò,
falsi traguardi senza futuro,
stupidi led raschianti il cervello.

Avete commesso un tragico errore:
ci siamo messi a capire da soli
intrecciando parole e pensieri,
costruendo la rete
che vi ha denudato.

Un sogno, un viaggio
In fondo a quel molo senza uscita
liberammo le ali dell'albatro
perché fossero da guida
ai nostri pensieri.

Non seguimmo la strada del bosco,
né la scia della chiglia sembrava sicura.
Scegliemmo una nuvola scura
come stella polare del nostro cammino.

Poi ancora a tentoni
sparpagliammo le braccia
alla cerca di luce
dormendo per sbaglio
nel letto del fiume.

Conchiglie trovate per caso sul greto
e vasi strappati al profondo del mare
ci porsero tracce di orme lontane
e bisbigli sommessi di antichi rottami.

Mi sento sparso
Sono un'ombra su un prato senza sole
o, preferibilmente, ciabatte da cercare
sotto il letto dei desideri.

Mi sono spinto
oltre la cornice dello specchio
per intravedere l'infinito
in attesa che lo specchio
si decida a decifrare il mio vuoto.

Poi son sceso in giardino
a cercare foglie rigate come mani
su cui predire il futuro
ad ombre di fiori appassiti.

Mi sono sparso nel vortice
famelico della vita.

La valigia dei sogni
Mi sono perso
dietro la mia vanagloria
nello specchio incantato
di pochi versi ad effetto.
Ho preferito facili consensi
al duro confronto.
Ma ho pagato caro lo scotto.
Ho perso la stima
di chi mi vuol bene,
ho perso la faccia
in odiosi silenzi.
Ho la stessa valigia
di quando partii.
Contiene la stessa
accozzaglia di idee.
Non resta che stendermi
in sala d'aspetto.

Ridisegnare il passato
Ci sono vele
lontane sul mare
e tramonti verdastri
su finestre di ghiaccio.

Sui davanzali della storia
ci sono avanzi di vasi
con gerani rachitici
abbarbicati alla vita,
roseti senza foglie
e tarli intarsiati nel legno.

Sono secche le radici
come le fonti di lacrime
ormai prosciugate
da maschere insulse
di valori infranti.

Ora che è tempo
di porsi domande
sul nostro futuro
e ridisegnare il passato,
ora che non tutto
appare scontato,
bisogna rivedere i paletti
mal posti dei nostri egoismi.

La legge di sempre
presenta oggi il conto.

Strizzare morene
Tracciare un solco nel legno
crocifisso del nostro dolore
e sentire le lacrime scendere
dal ghiacciaio esaurito.
Riprendere in mano la nostra stoltezza
per misurarne l'immensità.
Son relegato in fondo ad un pozzo
a guardare la luce abbagliante
che scende man mano il sole che avanza.
Osservo le ali disperse e travolte là sulla strada,
qualche piuma incollata sull'asfalto di sangue.
Non so più volare nel canto d'uccelli
tra i rovi ed i pruni, contare sassi
sul greto del fiume, salire montagne,
guardare vallate terse d'azzurro,
infilare perle col filo del vento.
Mi resta soltanto strizzare morene
cercando l'acqua che non c'è più.

Rendiconti_2
Sono abbai bui nella notte,
campanelli d'una vita che muore.
Cariatidi dalla bocca cucita
riscoprono arcani nella poltiglia dei secoli.
Architravi caduti e capitelli squassati
danno il senso del tempo finito.
Vecchie stampe ingiallite
di come eravamo
a misurare giornate
dietro vetri di pioggia e di uggia
impazienti alla vita.

La scogliera
Avvolti in maglioni
dal sapore di mare,
ruvida lana a contrasto
di schizzi e marosi,
avanziamo a fatica
contro il maestrale.
Sulla scogliera
è tutta una nebbia
di gocce salmastre.
Ci teniamo per mano
fino alla punta.
Saliamo al faro.
Sotto, il bianco di schiume
sconfigge la notte.
Alle spalle
le luci del porto
attendono ansiose
il nostro ritorno.

La casa dei sogni
In fondo al recinto
potresti trovare una rosa.
Rosa scarlatta.
Rosa perduta,
rosa trovata.
Di fronte alla casa
c'è sempre una cosa.
Non sembra trovata,
non sembra perduta.
Affascina i rami
dell'olmo che ha intorno,
anche la casa
è nata per questo.
Si tratta di cosa da sempre,
del pozzo per l'acqua da bere,
di panchina dei ricordi,
di sogni convinti
all'alba o al tramonto,
di versi
come fumetti di marmo
nell'aria tersa della sera.

Un lampo negli occhi
(dedicata a mia moglie)
Come un'aquila è attenta
al lampo di occhi tra i fili del prato
così, volteggiando, quel lampo
mi è entrato nel cuore.
Hanno passato grate e segrete
solo mostrando il proprio colore.
Occhi di mare dal fondo di scoglio,
occhi di cielo quando è incerto il giorno,
occhi di rete per trascinarti dentro.

Imprevisti
Non sono certo di possedere il mondo.
Mille stanze oscure dileguano nel buio.
Sto ascoltando un flauto traverso
disegnare ghirigori nell'aria
e impantanarsi in archetipi d'altri tempi.
Ho disegnato un tabu a tortiglione
come panna da spander nei fossi
e salire d'un tono dal fango
rappreso in un cuore di ghiaccio.
Mi sono preso la briga di tendere trappole
a vecchi castori e lontre spelacchiate
pur di viver storie raccontate
davanti al fuoco, d'inverno.
Fuori, c'è il tasso che bussa alla porta.

Ombre
Quando m'imbatto
in un campo di grano
o mi perdo nei filari di mais
vorrei ritrovarmi tra girasoli
da rigirare in dolce silenzio.

Poi torno a pensare
ai miei passi sulla riva del mare
tra conchiglie e sassi lanciati
a decantar pensieri.

Oppure cercare le ombre
lasciate nell'impronta dei piedi
o camminare sul bordo del mondo
con un paesaggio fatto di stelle.

Ci siamo chiesti migliaia di volte
perché stiamo andando prima di dove,
ma è bastato il pianto d'un bimbo
a zittirci dentro.

Una vacanza
Mi sono preso una vacanza
passando per la cruna d'un ago
e chiudendomi dietro la porta.
Ho rovistato nel cesto del bucato
per riscoprire la fragranza dei fiori
ed il canto di protesta delle donne
al fiume dei secoli di marmo.
Ho ritrovato la madia dal gusto del pane
e l'odore d'infante nel dondolo a culla.
Adesso che è rimasto qualche muro maestro
e l'erba che cresce al posto del tetto,
non so pronunciare che silenzio di lacrime
e cercare, interdetto, qualche pietra annerita
a far da conchiglia.

Vorrei chiamarmi fuori
Non sono più certo di sapere i sapori
cogliere odori o scegliere fiori al tatto.
Mi guardo le mani d'un altro
e i volti sfacciati di poesie in posa.
Ci sono foto che ridono
e ritagli che piangono dentro.
Ho messo la maschera per salire
scalini tra voi e contare
gli applausi che mancano.
Poi mi sono messo da parte
su un ponte a guardare
la vita che passa.

Spazi d'autore
Mi hanno sorpreso
in cima ad una scala
ad intagliare legni
per incidere un papiro.

Nella grotta delle rimembranze
ci sono graffiti di sangue
e preghiere spuntate
che riscrivono la storia.

Non ho perso la voglia
di chiudermi in soffitta
per aprire il cielo
dell'infinito.

Scostarmi da specchi bugiardi
che intingono il pennello
in fotocopie senza lasciare
libere le briglie della fantasia.

Riconoscermi in quei pochi spazi
d'autore
che ci sono concessi
nascendo.

Non so perché ...
Mi piacerebbe saper scrivere
ma non so neppure leggere.
Mi piacerebbe gustare cascate
col fermo immagine.
Mi piacerebbe alzare la testa
e guardare alla pari.
Mi piacerebbe saper cantare
per non impegnarmi in spiegazioni.
Mi piacerebbe sciogliere in versi
tutto il mio pianto.

Vedo...
Cattedrali camaleontiche
dove non c'è posto per i fedeli.
Autostrade sospese nel vuoto
senza cinture.
Grattacieli da cinquecento piani
solcare mari gaudenti.
Abolire i cimiteri come bestemmie.
Gioire della libertà di legarsi.
Incastrare in un poster
il re della giungla.
Vivere a spasso della ragione.

Le stagioni del giorno
Quando muore un tramonto
s'adagia un sospiro a rimirar le stelle.
Quando nasce l'alba muore la notte.
Quando nasce il giorno è l'alba che muore.
Quando nasce un tramonto è solo per poco.

Rapiti da questi scenari
andiamo a tentoni,
cercando ragioni,
piangendo il tramonto
d'un giorno che muore.

Compagni d'infanzia.
Ci siamo persi nel corso degli anni
al bivio di strade rapaci,
fameliche attese d'amicizie recise.
Continuo il cammino
accompagnando il rimorso nel cuore,
affastellando ricordi
per riempire il mio vuoto.

Vacanza
Forse è il momento
d'andare a vedere le stelle,
la testa sul prato,
il cuore in vacanza.
Ripercorrere il sentiero
intravisto per caso
che porta alla fonte
dei tuoi desideri.
Ma tra sogni e speranze
si consuma la voglia
d'una vita vissuta
fino in fondo alle lacrime.

Non ho niente da darti per domani
Non ho niente da darti per domani
solo scarpe strette
per camminare senza lacci.

Dovrai appoggiarti da solo
alla parete mobile delle certezze
agli scorrevoli infissi del divenire.

Camminerai a fatica su pietre di lava
a dimostrare innocenza ai santi,
girerai film d'ignobili ovvietà
per non sentirti diverso
e foto di matrimoni col riso
già perso in partenza.

Ascolterai rapito il sorriso dei sogni
chiedendo in giro i perché dei pianti
d'un mondo affamato di verità tradite,
di giustizie soffocate, d'inutili vite,
di bambini scacciati, senza futuro.

Credimi
Credimi amico,
non sono che un muro
di foglie sbiadite,
di frasi già fatte,
di gesti usuali.

Non ho boccioli di rose
nel cassetto, né sorrisi
convinti da regalare,
né schiuma di mare
mischiata agli scogli.

Vorrei donare
una tela squassata
da terremoti striati
di sentimenti
e nuvole d'interrogativi
senza risposta.

Vorrei pensieri
per far pensare
e strade sicure
da attraversare.

Credimi amico,
non ho proprio
altro da dare.

Un incontro "truccato".
Un giorno tra tanti
se "scegli una carta"
vedrai una magia.
Il gioco è guidato
ma tu non lo vedi,
sei pronto all'applauso
d'un incontro truccato
da occhi celesti,
ciglia allungate
e l'aria mossa
da setosi foulards.

Un giorno ...
Mi sono accorto
di non sapere della risacca,
di non sapere della forma delle nuvole
e neanche dell'anima dei sassi.

Ho pianto affacciato
sul buco nero del pozzo,
ho perso la faccia nel fondo
gettando riflessi senza ritorno.

Mi sono aggrappato
alle mie poche certezze
assaporandole una per una.

Le ho trovate scipite,
con retrogusto amaro.

Si è rotto lo specchio
in doppiopetto vestito
con i diplomi incorniciati alla parete.

Calvario
<Non sono venuto per caso
a circoncidere fiori di campo>.
<Né sono arrivato al traguardo
senza uccidere mani e sorrisi>.


Passa la colpa da dare
a ghigni beffardi quando
sorge il sole su una notte di lacrime
tra lampi e saette affievolirsi lontane.

C'è pace tra gli ulivi, strimpellano
giocando tra i rami fringuelli in amore,
si rompe il silenzio col canto del gallo,
il cielo s'adagia celeste sul mondo a colori.

E' morto l'uomo di Dio.

Aveva insegnato a vivere insieme,
a dividere il grano dal loglio,
a fare i compiti per l'eternità.
Ha sbagliato a togliere veli
alle sopraffazioni di chi è potente.

Siamo ...
Siamo rocce di ruscello
in attesa dell'acqua.
Siamo camosci filanti
inseguiti dai lupi.
Siamo lontani anni luce
dal coro dei tanti.
Siamo angoli bui
tremanti di freddo.

Dimenticati
come scomodi pacchi
su panche dismesse,
ascoltiamo degli alberi
la voce che sale
marcata dal vento,
il silenzio pacato
pieno di voci
non dette.

I tempi del cielo
Nei giorni giusti
si semina il grano,
alla luna nuova
si filtra il vino,
nascono gli oroscopi
e con la bassa marea
si adagiano barche.

Ci sono fili nascosti
che ci legano al cielo,
a fare un tutt'uno
con tutto il creato,
non sempre capiti,
più spesso traditi.

Nel solco del cielo
c'è chi si veste
col manto del mago
a fare pronostici di felicità,
ognuno ha il suo prezzo
basta sapere cosa comprare.

Si paga la nostra ignoranza
di fronte ai fenomeni dell'immensità,
il nostro egoismo d'entrarci un momento
e rubare furtivi un po' di futuro.

Inutilità
Ho ascoltato le voci di fuori e di dentro
e vecchi impasti di parole stantie
come fosse dovuto un lamento.

Non sono certo d'avere compreso
il senso da dare alle cose
o il rumore dell'acqua che scende
prima di trasformarsi in vapore.

Mi sono impegnato ad incidere
muri di gomma
per lasciare una traccia
sul bagnasciuga del divenire.

Ho costruito effimere dighe
per fermare il tempo
e regalare quelle poche certezze
come castelli di carta
quando soffia il vento.

Non è rimasto più niente
salvo qualche tronco
inerte di fianco
per farmi tossire
quando ripasso ricordi.

Impedimenti
Imboccando la strada
che porta all'inferno
ci siamo incontrati
con la coda dell'occhio
che stava ammirando
un quadro passante.

Sull'angolo della retina
c'era scritto
un passaggio a livello
chiuso per restauro
e greggi di pecore
in attesa.

Allora ho capito
chi voleva impedirmi
d'andare a trovare
la mia anima in pena
per la sua solitudine.

La religione dell'amore
Nel buio di grotte,
alla luce tremolante delle torce,
si ascoltava il verbo del figlio di Dio.
Non c'era sfarzo di paramenti
né vesti preziose tessute d'oro.
Si ascoltava assorti abbeverandosi
alla religione dell'amore.
Le parole sgorgavano semplici
dalle labbra dei primi apostoli.
Sulle pareti di tufo
spiccava l'immagine del pesce,
il simbolo della loro fede.
Mani giunte e inginocchiati,
volti estatici come se vedessero
scendere dall'alto
l'afflato dell'amore divino.
Erano perseguitati e dati in pasto ai leoni
ma lo sguardo era fermo
ed il cuore in festa
perdonando a priori chi, prematuri,
li ricongiungeva al Signore.
Parole di fraternità, di non violenza
di pace tra gli uomini nella nuova religione.
Poi se ne impossessò il potere
e giustificò la guerra.
Sandra Greggio e Lorenzo Poggi

Estraneo
Come la sedia di paglia
dimenticata nell'angolo
della cucina annerita
insieme alle pietre sconnesse
del cotto d'un tempo,
così mi vedo, senza voce in capitolo,
come vecchia stampella
di abiti ormai fuori moda.

Non so di che parlate,
ho perso la voglia
d'andare in stazione
e prendere nota
delle facce affacciate
che sfrecciano via
nel calderone dell'attualità.

Resto silente a pensare
al mio mondo,
fatto di alberi, prati e orizzonti,
e tanti perché come foglie
sempreverdi d'autunno.

Carta riciclata
Mi sono perso
nel mare sporco
d'un pezzo di carta.
Mantiene memoria
sin dal primo riciclo,
ha candida veste
ma l'anima nera.
La prima volta
fu foglio da disegno
strapazzato dai gusti
d'un bimbo.
Poi si lesse un romanzo
con pezzi di sé.
Si ritrovò poi
in prima pagina
macchiato da un titolo
a nove colonne.
Adesso che è tornato
sbiancato in A4
attende trepido
d'esser violentato
da un poeta da strapazzo.

Gocce sparse
Scavando la roccia
che contiene diamante,
un flusso di lava
se n'esce di giorno.
Non si nota
il rossore notturno,
ma cuoce lo stesso
il cuore e le vene.

Non sono diverso,
ma il canto non viene,
s'è speso nel fischio
che accompagna la vita.
C'è sempre un treno
che accompagna il paesaggio,
C'è sempre un cane
che annusa randagio.

Mancano solo i gabbiani,
mai nessuno che è bianco,
la spuma di scogli,
la risacca ...
che sospira ansimante
senza smettere mai.
E' il respiro del mare
che ti accompagna fremendo.

Sono perso nel tempo
ascoltando le ore,
il ritornello del cielo
quando cala la notte.
Sogno spesso di me
con farfalle e retino
sui prati fioriti
a caccia di stelle.

La fede tradita
Ora che siamo più vicini al sole
e non molto lontani dalla meta
possiamo stendere il rosso tappeto
compresi gli spini di rose rubate
per tessere la scala dell'aldilà.
E' l'ultimo balzo ma forte è il timore
che manchi la porta una volta arrivati.

Non ci sono che rottami di mura,
antiche vestigia d'un credo finito,
ruderi sparsi senza speranze,
povere idee d'un giusto risveglio
per chi nella vita è stato sfruttato.
Coniugando il denaro e la croce
s'è perso il giardino dei candidi gigli.

Non bastano paramenti d'oro zecchino
né mitria e bastone per riscattare
quel luogo ormai perso nel fango.
L'importante è far soldi, ruba agli altri
tutto quello che puoi, il resto vien dopo.

Un'epoca, un clown
Quando muore un pagliaccio
ci guardiamo negli occhi
spauriti dal vuoto.
E' un'altra espressione
al nostro volto
che mancherà.
Dovremo sconfessarci
come Pietro nell'orto.
<Mai conosciuta
quella faccia d'istrione
quella maschera buffa
di un'espressione
>.
Gli abbiamo dato
le chiavi della città
e la città s'è mangiato.
Gli abbiamo dato fiducia
per non averlo guardato.
Bastava guardarlo
quella faccia da clown.

Solitudine 5
Ho cercato nell'armadio
il vestito della festa,
ho trovato quello di rovi.
Ho cercato un cappello adeguato,
ho trovato una corona di spine.
Mi sento mazziato e cornuto
per aver sperato un ingresso
nella piazza degli uomini.
Ci cammino da anni
ma nessuno s'accorge,
mi chiedono solo
dov'è quella via.
Non so confezionare
un guanciale a forma di cuore,
né danzare rapito
come foglia d'autunno.
Non so parlare d'inezie
né fare bene la spesa.
Non so fermare la gente
ma forse non voglio.

Non so che farmene di compagnia.
Mi sento come se qualcuno
m'avesse ricoperto di fango.
Non resta che sbattere forte
la porta della torre d'avorio.
Salendo le scale
non ci sono le voci arroganti
che t'impediscono andare,
non ci sono querule voci
ad invocare il tuo aiuto.
Puoi concentrarti
sui misteri del mondo,
sentirne l'aria per fare poesia,
provare a spiegare infinito,
trovare l'essenza riposta
in un tronco.
Lo puoi scrivere questo,
quando sei in cima alla torre,
perché un giorno sei uscito,
hai riempito lo zaino
delle facce incontrate
dei sentimenti e delle aurore,
del dolore e della gioia,
dei castelli diroccati,
dei secoli di storia
scritti col sangue rappreso
di violenze e soprusi
per conquistare il potere.

Pausa
Mi sono messo una camicia di forza
stretta fino agli alluci
per evitare qualche fuga d'idee.
Ho battuto sulle pareti imbottite
cercando risposte
dall'altra parte del muro.
Neanche un foglio bianco
da riempire per capire
dove mi trovavo.
Per lasciare una traccia
che potessi poi leggere
come altro da me.
Non mi sono inseguito
abbastanza per toccarmi
da dietro e farmi voltare.
Così ho deciso il ricovero
e la camicia di forza
in cui ci siamo infilati
per parlare tra noi.

Contraddizioni
Ci sono percorsi conditi d'amaro
e spazi intonsi a dare speranze.
Ho preso una montagna scalfita
e l'ho messa nello zaino.
Poi ho catturato un ruscello
in un tubo di plastica.
Ho preso pure un volo d'uccello
per liberare la purezza del cielo.
Ho visto lo spazio intonso
e mi sono inaridito.

Carillon
Non so se rubavi fiumi fin dalla nascita
o se li conservavi nel cassetto
per riprenderli da grande.
Non so che gioco facevi con le stelle
appuntate una ad una sul guanciale
per sentirle di notte raccontare
del principe azzurro sul cavallo alato.
So che adesso sei verde di foglia
e rossa d'ibisco, un fiore di giorno
che trattiene la notte.

(questa poesia nasce dall'input di due dolci poetesse: Cristina Vascon e Sandra Greggio)
 

Uno scherzo della storia
Ho visto passare
un uomo solo al volante
di pensieri prepotenti.
Era seguito da un treno
vestito a festa
con pagliacci ai finestrini
e odorosa scia di refrain scaduti.
E' stato un attimo,
non ho neanche sentito
il fragore dell'auto e del treno
precipitare sugli scogli.
 

Crediti
Non ci si rivolge al mare
per riavere le barche rubate
nelle notti bianche di schiuma.

E le donne coi fazzoletti neri,
sfrangiati dal vento,
a scrutare qualche ombra scura
che assomigli a un ritorno.

L'attesa suicida
con il tempo che passa.
Il languore d'una speranza
ammutolita nel marmo.

E' giunto il tempo di chiedere il conto.
Pagare non basta, bisogna anche avere.
E' un credito antico, un forziere votivo
da sfogliare sul muro del pianto.

Rimuginando ...
Ci sono giorni
in cui non vale pensare
ed è meglio parlare.
Altri in cui emerge il silenzio
di chi scava nel fondo.

Camminando tra ricordi
imbronciati e attese future,
tra bottiglie di plastica
e barattoli senza mappe,
tra conchiglie vuote
e parabole di madreperla,
distratto quel tanto
che serve a pescare il profondo,
mi sono ascoltato
sedendo su un tronco.

Ho ripreso il cammino
con pensieri accecati
dal sole riflesso
ed occhi con schermo
sul rumore del mare.

Tra le spighe
Ci siamo persi
in un campo di grano
come farfalle indecise
su quale fiore posare.

Ci siamo bendati a vicenda
e poi cercati seguendo
l'odore del vento,
le risa soffuse,
le paure inventate.

L'intreccio di braccia,
l'incrocio di baci
ci ha tolto le bende
e l'amore ha travolto
ogni goccia di noi.

Ci siamo persi
in un campo di grano
come il sole splendente
che non guarda al domani.

Andare oltre
Mi piacerebbe ascoltare
una voce che chiama
in fondo alla via,
in cima alla scala.
Girarsi di scatto,
il cuore sospeso.
Non contano più
gli anni trascorsi,
le morene grigiastre
a supplire quel vuoto,
la ragione che insiste
per avere ragione.
Quello che conta
è la voce che chiama
con la speranza
che sia quella giusta.

La scala dei rimorsi
Ho aperto la scala dei rimorsi
ed ho chiesto perdono
per averla ancora con me.

Mentre cammino e lego collane
col filo della risacca,
rimugino gli scalini indigeribili
dei se ... e dei ma ...
se avessi fatto ...
oppure avrei potuto ...

So riaprire ferite mai chiuse
so annientarmi seduto
su quel tronco slavato
ma non so come uscirne.

Manca il tempo
per ricominciare da capo.

Senza mappa
Sui righi contorti
a segnare un sentiero,
sui filari distorti
di vecchie certezze,
su autostrade da rottamare,
corre un fanciullo
senza memoria di sé.

Ritorna dai campi
dove ha giocato alla vita
senza regole
e fisse dimore.

S'è perso il fanciullo
senza solchi tracciati.
La faccia, imbronciata,
interroga il vento,
la corsa, ansimante,
ha perso le tracce,
non ci sono traguardi
da poter imitare.

Il tempo va oltre
Dalle praterie dimissionarie
di pascoli acidi,
dai cerchi concentrici
di visioni ipotetiche,
lungo le crepe di muri avvizziti,
dai vecchi cancelli rugginosi di ortiche,
salgono ovunque e si sciolgono
come gelido vento senza perché
scaglie di lacrime senza conforto.
Il respiro del tempo non conosce soste.
Corre da solo
lasciandoci persi ad inseguire
vestigia passate di vecchie speranze
di eternità.

Mea culpa
Ho inciso leggi sul marmo
della mia prosopopea
poi ho volto lo sguardo
dall'alto sul mondo.

Sconvolto,
ho recitato il mea culpa
su un sentiero di rovi.
Ho ritrovato certezze
nelle vene d'un sasso.
Ho ripreso speranza
guardandomi intorno.

Non vedo ancora
dove asciugarmi le mani
sporcate di rabbia,
pulite di fango.

Ma intanto prosegue il cammino
d'un animo piccolo
senza destino,
che affida al silenzio
il proprio sentire.

Errori di stagione
Ingannato dal tempo
un refolo di traverso
inciampa nella via.
Non trova la cruna
di rami e di foglie
ma grandi spazi
di braccia scheletrite
e bianchi fantasmi trasparenti
nella bruma del mattino.

Quando saliranno i fumi,
riprenderà il cammino
su un tappeto di foglie
verso la quercia amica.

La pazienza è finita
Affondare le unghie
in un lenzuolo di carta
e strapparlo fin dentro la radice
perché non esca più
a tormentarci di notte
con i suoi strepitii.

Ho sopportato abbastanza
una coscienza che piange,
un atto d'amore
stufo di prostituirsi.

Avete apparecchiato la tavola
con posate d'argento
ma dimenticato
di mettere qualcosa nei piatti.

Avete approfittato
del clamore del foglio
per infilare ovvietà
nascoste nella nebbia del porto.

E' ora che si levi la nebbia
è ora che il pane sia pane
e vino sia vino.

Non basta gettare
pesci d'acqua dolce
nell'acqua del mare
perché s'insaporiscano.

L'umore del tempo
Il sentiero è una spiga di grano
con i chicchi a far da selciato
e le voci dei passi attutiti.

E' un cammino sofferto e passato
stretto tra mura di pianto,
pane amaro per andare avanti.

Sale forte il rumore del mare
dal cancello in fondo alla strada.
Se lo apri entri nel cielo
a cercare orizzonti schizzati per caso.

Il mare è la schiena d'un toro che corre
e prende a cornate gli ultimi scogli.

Silenzi cuciti
Non ci sono valanghe
né suoni dispersi
in cima alle bocche
dei silenzi cuciti.

Né vaghezze dei sensi
né equivoche voci
sono a confondere
l'aria sospesa.

Incontriamo comete
a cercare la coda
e dolci sospiri
al chiaro di luna.

Sono bisbigli
di tremolanti candele
nell'infinito che appaga
di sé.
 

Il tempo rimasto
Ora che il tempo rimasto
basta appena per piangere,
ora che i falò sono spenti,
e i bagliori di brace
si confondono quieti
con le stelle del cielo,
vorrei chiedere il senso
di questa corsa ininterrottamente
interrotta.

Quando il mondo sembrava nostro
ci siamo impegnati
per un mondo più giusto
senza accorgersi, alla lunga,
di venire a patti col fango
e giustificare l'ingiusto.

Ora c'è un'altra onda che avanza
a scardinare l'impianto.
Senza scendere a patti,
con l'orgoglio di bandiere e cartelli.

Ma stavolta è la volta
bisogna tenere già in conto
la fine d'un mondo
che nega il futuro
a chi viene dopo.
 

Disorientamenti
Ci siamo persi in sentieri
di curiosità bavosa
senza più ritrovare la strada.

E' facile annegare in false immagini
di felicità a buon mercato
e ritrovarsi nudi
a restituire un vestito
maldestro di lustrini e merletti.

Rivestiti di foglie e cespugli
cerchiamo di nuovo
la strada maestra.

Notte all'aperto
Ascoltare le stelle
con i piedi per terra.

Il fruscio della notte
con le scarpe nel fango.

I sensi intrecciati
di favole e sogni.

La luna che manca
in questa notte serena.

Un senso di pace
accoglie l'immenso.

A volte ...
A volte mi perdo
nel giardino intrecciato
di giunchi e di loto,
di mandorli e peschi
come panchina
scolpita nel legno
dove far decantare
le idee con sembianze più belle.

A volte mi trovo
dove non sono mai stato
sulla riva d'un fiume
con un bastoncino bagnato
ad insegnar la via
al corso del fiume
portandosi appresso
qualche trota distratta.

A volte mi sento
come quando son nato
né carne né pesce
ma solo promesse.

È tempo di uscire!
Piangersi addosso non serve.
Né aspettare il dolore
per poter imprecare.
È meglio far finta di niente
e allargare lo sguardo
al mare che attende
rinnovati tramonti
per farsi ammirare
e le guglie senz'ombra
del paese che cova
gli alberi bianchi
e gli scafi del porto.

Affrontala bene la vita!
Non lasciarti impressionare
dalla strada che sale!
Né di chi va più veloce di te.
La meta è per tutti
e non cambia il premio
se si arriva ultimi.

Dove conservare le idee.
Sto con piedi sicuri nell'orto.
Ma la mente è più in là.
Cavalca le vele del vento
su bompressi appena accennati
e scala le cime più impervie
per cercare pascoli ampi.

Riscende il corso del fiume
fino a perdersi in mare.
Scava troni possenti
su cirri giganti
e si scioglie in rugiada
il mattino sui prati.

Son posti dove conservare le idee
anche se i piedi son sicuri nell'orto.

Vento
C'è richiamo forte alla vita
tra fronde stracciate
dalla voce del vento.

Gemono canne struscianti,
il cielo è occupato da voli di foglie
il lago, invidioso, alza le onde.

L'autunno
Quando l'estate s'avvolge
in giorni più corti
e mostra il retro delle foglie.

Quando l'aria è indecisa
se soffiare maestrale
o refoli di foschie.

Quando il sole vola basso
infilandosi nelle finestre
a riscaldare cuori.

Quando è tempo di raccolta
di grappoli dorati
e i boschi son macchie di colore.

Inizia la stagione
del sole nebbioso,
del fango, dei funghi
e castagne da mettere via
per le sere che vengono.

E' attempato l'autunno
ne ha d'esperienza
prepara in silenzio
come passare l'inverno.

I pirati del tempo
Si tengono insieme
tra stracci e bandiere
rubando interstizi
tra foto ricordo.

Veleggiano in spazi
lasciati per caso
o dopo corse
per riprendere fiato.

Raccolgono scarti
d'inedia
come weekend da scartare
e pranzi senza appetito.

Ci ritroviamo improvvisi
a corto di tempo
per quello che resta
ancora da fare.

Il senso di sfera
Basta guardare solo un pezzo di cielo!
Quello che ha perso il colore
e si confonde col mare.
Quello di una notte senza stelle.
Quello che si raccomanda alle nuvole
per nascondere nudità.

C'è anche quello fiero di sé
che non cerca favori né lodi
che s'impone col sole
che fa le ombre di notte
e comanda la luna e le stelle
e le nuvole stanno a guardare.

Schiacciato dalla volta celeste
assaporo quel senso di sfera
in cui siamo immersi nell'immensità.

La fabbrica della poesia
Si intagliano fronzoli tra fiori di pesco.
Cartoline a forma di cuore
in memoria d'un vecchio amore.

Si sfrutta anche il mandorlo in fiore
supplisce alle idee, il quadro è perfetto.
Volano alti i gabbiani.

C'è l'alba e il tramonto, il sole e la luna
in tutte le salse, in tutti i colori
e le stelle come coperta trapunta.

Si spargono gocce come pioggia di lacrime,
si risalgono fiumi per acque più pure,
si rompe la roccia per guardarci dentro.

Poi c'è il passato che era presente
ed il futuro scomparso arrivando.
C'è lo spazio del tempo ed il tempo che spazia.

C'è il ricordo del sogno e i ricordi sognati.
Ricordi di amori, ricordi d'infanzia,
tristi ricordi di traguardi mancati.

Le speranze perdute, i giorni tutti uguali,
fardelli da portare, domande cattive
imboccando la strada dei senza perché.

Ma è la voglia d'Amata che affiora più spesso.
Uffa che strazio! non sta mai al suo posto.
Sembra sempre che lasci il calco di sé.

E non è mai quella giusta, sempre quell'altra
per soffrire di più, per gridare più forte
l'amore impossibile appena lasciato.

Poi c'è anche l'Amore che sparge melenso
l'amore per tutto, senza curarsi di sfasci,
di guerre, di morti.

Il dolore degli altri
Ho scritto strillando dolore
nel vuoto di pagine bianche
e ora m'aspetto il rientro
dell'eco di tanto clamore.

S'è riempito d'angoli morti,
s'è sporcato strusciando esperienze,
ha deviato il ritorno
ascoltando il pianto di tanti.

Così m'è tornato pentito
d'aver sparso tanto rumore
e l'ascolto delle sue parole
mi ha fatto scordare di me.

L'occasione
Se un giorno mi perdessi
un tempo per fare l'amore
sarebbe come perdere l'onda
che ti prende a sorpresa.

Un treno che fischia tra covoni dorati
porta lontano sogni e rimorsi,
resta il vestito di tutti i giorni,
resta la vita da vivere adesso.

Afferra tutto di chi si propone,
abbracciala forte adesso che è qui
c'è tempo per diventare ricordo.

Gli scalini del cielo
Ci siamo fermati sugli scalini
che portano al cielo.
Senza ginocchia ormai consumate
agitiamo stracci per farci notare.
Ma l'ascensore è guasto da sempre
solo ai ricchi panciuti è dato salire.
Ma le scale son tante e sui pianerottoli
si fan capannelli ansimanti.
C'è chi protesta, c'è chi rinuncia.
C'è chi riprova.
Ha la tessera coi bollini premio
accumulati da sempre, non può rinunciare.
Ha già scelto il regalo: una borsa da viaggio.
Sulle ultime rampe boccheggiano cadaveri
affastellati come oggetti man mano che arrivano.
In cima la porta è sfrontatamente aperta.

Le perdita delle radici
Ho tirato le reti a riva
senza curarmi di strappi e di buchi.
Ho cambiato l'abito per andare in città
ed ho messo una tuta blu.

Finalmente niente albe sul mare
ma prima dell'alba sul treno!

Finalmente niente tramonti
né soli spariti in nuvole rosa.

Adesso c'è la sirena a scandire
la vita e tempi obbligati a fare le cose.

La sera è già notte, il tempo di rientrare
e poi finalmente! La vita!
Ma solo il sabato sera.

Finalmente niente sole che picchia
né nebbia, né pioggia, ne mare scontroso.
Infilare le onde di prua, non impigliare le reti,
ritirarle con poco bottino, tornare a casa,
cenare con poco, un poco tv e subito a letto.

Qui tutto è previsto, nessuna sorpresa
C'è pure la mensa, il piatto del giorno:
rigatoni al sugo con clessidra.

Ci sono i compagni, ma senza parlare.
Volti segnati, pieni di mutui
col figlio in arrivo e la moglie in vacanza.

Per fortuna c'è sempre il tifoso
che parla di calcio e tutti d'intesa
ricordano agli altri d'essere maghi.

Ma la sirena interrompe
il reparto mi attende
l'ingranaggio riprende
e i pezzi son quelli.

Ho comprato un usato
per giustificare la cosa
quando torno al paese
con neanche uno sguardo
alla barca insabbiata.

Con la faccia insolente
a sfidare gli sguardi
di compaesani ignoranti
ancora impegnati
a rammendare le reti.

Migrazioni
Non è tempo di contare le rondini.
Sono orfani i fili sui campi.
È tempo di sbiaditi confini.
Le strade segnate hanno perso cartelli.
Il calore sfonda stagioni e certezze.

Sotto tetti e grondaie
le valigie son pronte da tempo.
Si aspetta il primo temporale
per prenderle e andare.

C'è invece chi aspetta il primo sole
per rischiare la vita e prendere il mare.

Paese abbandonato
Traversine disordinate
di vecchie rotaie in disuso
e bulloni sparsi tra fiori di campo.

Sono tracce che portano
alle case senza occhi
dai tetti aperti e travi annerite.

Fuggono infastidite
gracchiando e gridando
due cornacchie arrugginite.

Il silenzio ristende la voce
su quei resti confusi
tra piante di fico.

Riti pagani
Ci sono riti pagani in montagne di cartapesta.
Ci sono fauni dalle belle gote rosse pronti al sacrificio.
Finalmente immolarsi perché un'idea di pancia si avveri!
Tutti i soldi per noi! Niente tasse, niente Stato!
Diamogli un po' di dignità storica alle idee !
Proviamo a resuscitare l'anima longobarda di noi barbari!
Tre milioni pronti a lasciare le mucche truccate
e scendere dai monti coi Suv quattro ruote
e trattori compressi.
Chi si porta il fucile, chi il copricapo cornuto.
Sono tutti schierati, si possono accendere i fuochi.
Barbera e salsicce, grasse risate,
alla faccia di chi ancora crede nell'uomo.

Adulterio
Ma di cosa parli?
Non vedi che tacciono le nuvole?
ed il letto è sfatto?
Perché non t'avvicini al giorno?
Non chiedi neanche un caffè
per il rinnovo del certificato d'esistenza.
Farfugli spiegazioni e rimorsi
a corrente alternata
a giustificar presenza
in un posto sbagliato
quando la luce è cruda.

Il mio silenzio è pieno di parole
che non sanno da dove cominciare.

Rendiconti
Ci siamo persi in un mazzo di chiavi
che non aprivano nulla.
Ci siamo persi un mazzo di chiavi
che aprivano tutto.
Le cornici in attesa con cori presagi
circuivano tele poco propense.
S'accumulavano carte a scandire
lancette telate di ragno
e dondoli persi nell'infinità.
Il dietro che torna
non ha un buon colore
sa tutto di muffa e d'inutilità.
Ma se questo è il tempo
che ci è stato concesso
come cacciarlo
nella vetrina di coppe
vinte al torneo della stupidità?

Insonnia
Preparo il terreno
fissando paletti
di giustificate presenze
assenti tabù
per navigare in coperta
senza stelle a guidare.

Son pensieri offuscati
su un piatto d'argento
la mente vacilla
al confine del sogno.

Ho riguadagnato l'alba
consumando le ore
in pensieri bislacchi
senza ragione.
.

Le note

Do
ve vai cara amica.

Resta ancora un po’ con me.

Mi farai compagnia.

Fammi sentire poeta.

Solo idee per un incanto.

La mano ti afferro.

Si leva la luna.

Dove posiamo lo sguardo.

11 Settembre 2001
Eravamo abituati a disastri naturali
a città abbattute dal terremoto
meno alla scomparsa dei palazzi vicini.
Hanno loro sparato un aereo di fianco
un proiettile adatto a farli crollare.
E la gente là dentro?
Che importa la gente,
se non il numero di quanti son morti.

Solo questo conta.
A forza di quantificare
s'è aperta la borsa del valore del sangue.
Borsa variabile a seconda del sangue.
Il sangue di bianco vale di più.
Il sangue degli altri vale di meno.
Ma chi ha scelto le torri?
Chi ha scelto d'andarci?
Chi ha scelto morirci?

Ostentavano prepotenza e potere
adesso sono un buco in immensa piazza.
Ma i loro architetti progettano torri
sempre più alte.

Temporale
Ci furono scrosci
nell'aria scura
tra riverberi di lampi
e tuoni galoppanti.

Scintillava viscida la strada
di luci improvvise
e riflessi di acqua e fango
di auto senza pilota.

Il porto come un serraglio
di cavalli imbizzarriti.

Si pagano gli scotti
di gomene non saldate
e povere voci
urlanti tra le sagole.

Privacy
Ho messo dei cani di guardia alla porta,
nascosto i cassetti della mia intimità
dentro l'armadio dalle ante normali.

Chiudo sempre a chiave i miei sentimenti,
preparo un volto beffardo e indisponente
e mi tuffo per strada in mezzo alla gente.

Ma è bastato un suono di quelli che attendi,
un rintocco dei tempi della memoria pulita
per fermarmi a pensare in un sorso la vita.

Gocce di sangue
Vorrei immergere
la penna nel cuore
e spargere rosse parole
d'amore nell'aria.

Ma è sangue l'inchiostro
che impressiona la roccia
lasciando indelebile
la traccia di sé.

Un mondo alternativo
Mi sono rifugiato in un mondo di cristallo
dai riflessi rosso rubino e verde smeraldo.
Così ho potuto scordare l'alba e il tramonto,
la schiuma di onde, il singhiozzo del vento.

Non so più chi strapazza gli ulivi
dai rovesci argentati
e le voci di dentro che vengono fuori.

Non so più del freddo alle mani
o del fuoco che sale
fino agli occhi il bagliore.

Non cerco più sentimenti assetati
d'emozioni violente,
di coperte imbottite di quiete dei sensi.

Sono in pace col mondo che filtra da fuori
coi riflessi di verde smeraldo e rosso rubino.

 L'Etna
Il fiume arrossa la notte
è sangue che rotola
dalle falde del monte ferito.
Anche il cielo è rossastro
illuminato da sbuffi e lamenti.
Son scoppi di fumo e di pietre.
Son fontane di fuoco e sussurri di zolfo.

Braccia e mani giganti si dimenano
nascondendosi all'ombra
di zampilli e bagliori.
Aiutano in fretta a far pulizia
di amari bocconi in gole intasate
e brontolano forte sputando
quei sassi che approdano al mare.

Ci ricordano che è viva la terra
che sanguina delle nostre ignominie.
Ci ricordano che siamo nel paese dei Ciclopi
dove terra e cielo sono a portata di mano.
Dove tutto è possibile.
Dove s'alza possente il grido di rabbia.
Dove l'uomo s'inchina e fugge atterrito.
 

Niente di nuovo
Il mio canto
come un fazzoletto strappato,
come una lacrima che non vuole uscire,
come un singhiozzo rientrato,
come un bacio rigato d'amore,
come un saluto incerto.

Nelle foto sepolte
in display tutti uguali,
ricordiamo i falsi sorrisi
per sembrare importanti.
Elementi d'una vita decente
agli occhi degli altri.

Ripetiamo discorsi, stagioni, ovvietà,
inutili tappeti per non fare rumore.
Stringiamo la vita che scappa di mano
scambiandoci oggetti invece d'idee.

In un bosco
In un bosco ritrovi la luce,
i passi, la storia di te.
Là dove il legno è legno
ed il tappeto di foglie è reale,
t'accartocci alla base d'un tronco
respirando verità.
Sei come un bambino rinato,
stesse emozioni,
acchiappare il silenzio,
percepirne gli odori.
E' un bagno di pace,
una pausa d'attesa
mentre ti chiedi
perché la vita
è senza perdoni.

Le parole che lasciano il segno
Gli oggetti che lasciano il segno
son quelli lanciati con rabbia.
Le parole che lasciano il segno
son quelle che rimuginano dentro.
Non sono quelle strillate
ma quelle pacate e profonde.
Quelle che ti fanno agitare
che non fanno prendere sonno.
Son le idee lievitate le più pericolose.
Invadono piano piano
e prendono possesso di te.
Guai a contrastarle.
Ti macinano come grano integrale.
Conviene scendere a patti.
Dar loro ragione chiedendo perdono.

Impressioni
Come una tazza di caffè
una barca
immobile per riconoscere il mare
ci dà il buongiorno
prima che il sole scansi la collina.

Non c'è risacca stamane.

Il tutto è un quadro attaccato
nella galleria dell'infinito.

Rinascita
Ho stretto le mani trovandomi a terra
ho perso pensieri cercando parole
mi sono rinchiuso scovando una serra
tra muffe odorose di vecchie aiuole.

Adesso che è l'alba rimango irradiato
dal rosso di guerra che guardo incantato
il mare ed il cielo son tutto un sussurro
di magica tela di barche e d'azzurro.

Il sole s'ingegna a scaldare le pietre
si sciolgono infrante le nostre durezze
ritrovi pensieri con nuove faretre
con voglia d'uscire gridando certezze.

Lasciando le aiuole nascoste e le pene
mi vesto di nuovo di candida veste
ritorno a vedere che c'è chi vuol bene
e fiori sporgenti da tutte le ceste.

Il frate
Vestito di saio e di spago
s'aggira per locali e mercati
con calzari di cuoio appena abbozzati.

Cerca l'essenza di primavera
in luoghi sporchi di denari e d'affari,
regala santini, si prende sberleffi.

Cerca l'uomo dietro la scorza,
guarda negli occhi
bocche sdentate ridersi addosso,
restando nel vuoto del loro giusto.

Regala gratis qualche consiglio,
per ricompensa un tozzo di pane.
È ora d'andare,
c'è un altro mercato che aspetta.

Non ho più voglia di parole
Lasciatemi in un canto
e dimenticatemi.
Non sarò certo io
a disturbare il sonno
di chi sa aggredire la vita.
Né infastidirvi ogni tanto
con qualche ricordo.
Non so più stare alla tavola
dove la gente s'incontra
con la faccia disegnata da prima.
Non so più che farmene
dell'indignazione.
Vorrei vivere solo
per non preoccuparmi di me.

Penso al diario mai scritto.
Alla vita sfogliata giorno per giorno.
Ai capitoli chiusi senza ricordi.
Ho sempre scelto le scarpe più strette
per non essere disturbato.
Il posto più scomodo e meno ambito.
Tanti doveri, pochi diritti.
Ma qualcuno sapeva il segreto
e mi cercava all’appello
caricandomi di responsabilità.
Così ho perso il gusto di vivere
chiuso nel guscio per non farmi trovare.
Ma ho sbagliato a intonare lamenti.
Il guscio risuona e si son sparsi qua e là.
Qualcuno ha raccolto frammenti di pianto
confondendoli con versi che sanno di canto.

Buoni propositi
Come un occhio disperso
nel mare dei buoni propositi
esulta quando trova
un ramoscello d’ulivo
o una penna d’uccello
e senza starci a pensare
volge la prua,
così ci accontentiamo
di ciò che si trova 
non sapendo, per altro,
che cosa cercare.

C’è sempre un treno che porta lontano
Ho perso il treno che passava
sferragliando la calza
del pro o contro.
Ne passeranno altri,
non succederà niente.

Resta il ricordo d’un sogno
che sembra aver preso
col tempo consistente realtà.

Ci sono stato sul serio in quei luoghi,
ho vissuto davvero le storie di vita
che seduto nel patio mi vado condendo
per addolcire la sera del mio divenire.

Solitudine_4
Mi sono perso
avvinghiando mani amiche
e confrontati rinviati pudori.

Seduto nell’incavo deforme
d’un vecchio olivo
ho visto che c’era un posto solo.

Così il tempo scorreva uniforme
scordando la mia solitudine.

Avevo voglia di vivere
non sapendo di stare vivendo.

Avevo voglia d’esser normale
spiando lo sguardo degli altri.

Ma la pioggia non si mischia al deserto.

Non si può dialogare col muro del pianto.

Sono nato vestito di marmo
incassato in ferrei principi
che mi hanno tolto il gusto del sale.

Un tramonto
Un tramonto dipinto su tela
distolse lo sguardo
dalla finestra del nostro imbrunire.

Intingendo anche noi il pennello
in quel mare di colori rappresi,
abbozzammo lo sguardo al sorriso.

 Si era come accesa la luce
ricomponendo addormentati contorni
nella stanza del nostro fluire.

Il vuoto da riempire
 Sui sentieri tracciati
da frasi già scritte,
nel letto di sassi
del vecchio torrente,
si cercano i resti
d’idee sorpassate
come conchiglie
incastrate nel tempo,
quando su tutto
c’era il rumore del mare.

Adesso la pietra diventa cemento
mischiata al veleno del nostro presente
e il magma vischioso e potente
s’insinua coprendo la mente
ormai orfana della sua identità.

Per questo ripercorro il torrente
a cercare conchiglie nei sassi
e segni perduti
d’un equilibrio che fu.
 

Aria di pioggia
C'è aria di vetri infranti stamane,
come gocce di pioggia che tarda ad arrivare,
come lapislazzuli sparsi su pavimenti di Carrara.
Ma non conviene aspettare
la faccia bagnata di promesse irrealizzate
o godersi in anticipo la frescura dell'aria.
C'è da sporcarsi le mani col fango del tempo.
C'è da ballare nel tempo del fango.
C'è da inventare la pioggia
ed il vento.
 

In cura
Non vorrei esser da meno
d’un tronco sbiancato
sulla riva del mare.
Né acchiappare fantasmi
al supermercato.
Vorrei che qualcuno
intonasse l’inno di sempre
per ritrovarmi.
Mi sento sbandato
come panchina nel prato,
come persona
 che ha perso il giudizio,
il gusto e l’olfatto
e la sua identità.
Sono nelle mani dell’altro
senza pagare un riscatto
solo sentirmi diverso.

La poesia
C’è chi ha bisogno d’un diluvio di parole
e chi le usa con parsimonia.
C’è chi usa il diluvio per non dire niente
e chi ne usa poche ma spiega chi perde.
Ma c’è anche chi racconta storie
e ha bisogno di vissuto.
E chi a forza di provare
non azzecca mai la frase fulminante.
C’è chi ci mette l’anima
e chi ci mette la penna.
C’è chi usa immagini per abbellire
e c’è chi usa immagini per far capire.
E’ come un pastrano multicolore,
tagliato ogni volta su misura,
la poesia.


Viale del tramonto
Si sta passando con ali spiegazzate
sulla mappa predisposta da tempo
per la fuga.
A tracolla una borsa
col mappamondo disegnato sopra
e una benda sull’unico occhio rimasto.
Travestiti da pirati serve meno quell’occhio
e l’uncino artiglia bene la carne lanciata
tra le sbarre dal custode dello zoo.
Brandelli di seta e cosce in evidenza
sono ancora a portata di mano
ma il coro è ammutolito e ripone
le strenne.
Chi può (chi ha rubato di più)
va verso Cayman,
altri sono a rifarsi la faccia,
pronti, con le stesse parole,
a passare al nemico.

Clochards
Ci siamo accartocciati
sotto tegole di cartone
senza guardare l’ora
o il pianto del tramonto
o il luogo disperso
in fondo alla memoria.

Abbiamo mischiato le ore
in cambio di assoluta indigenza.
La libertà di decidere
quando vivere e quando morire,
il riso nascosto di sentirsi diversi,
fuori dai giochi d’un mondo
che corre su binari senza stazione. 

Cosa ci aspettiamo dal mare
Un grido solo esce dall’acqua
è un battimani di squame
e di spuma di scoglio
con qualche piuma di uccello.

Siamo in attesa che s’aprano acque
come ferite sulla distesa del mare.
Ma siamo sempre a ricercare spoglie
camminando sulla riga contorta
dell’ultima risacca.

Omertà
La vergogna impiastrata sui muri
ci ha reso vigili.

Non bisogna parlarne.

Su qualche rivista di moda
si tenta di darle un colore
vestendo un seno di donna.

Non bisogna sentirne l'odore.

Si gira con mascherine
al profumo d'incenso.
Si vendono a poco
e non si chiede il peccato.

Non bisogna soprattutto vederla.

Sono escrementi dei cani degli altri,
basta una lettera di protesta ogni tanto
al giornalino di quartiere da chi deposita
scodelle con cibo rivoltante per gatti.

Non serve il dito puntato
del bambino che passa,
il grido indignato del pensionato,
in questo crogiolo d'inciviltà
non c'è più posto per la vergogna.

Un giorno ...
Un giorno,
un solco tracciato
nel cuore del campo
dove muoiono girasoli
con la faccia annerita
verso l’ultima luce.
è l’istante del tempo
quando lascia un segnale
per targare la strada
di chi poi verrà.
è così che un sentiero
divenuto un tratturo
 si affaccia nell’oggi
autostrada perversa
di fughe in avanti
senza responsabilità.

In un cassetto
Ci siamo persi tra carte ammuffite
di ricevute di secoli.
Cassetti ripieni di pezzetti di vita
affastellati dal caso.
Anonimi istanti di consumi saldati
e buste paga a scadenze mensili.
E la scatola delle scarpe con dentro le foto!
Ma l’insieme non torna.
Non racconta una vita.
Manca sempre una pezza d’appoggio.
Un collegamento per far capire.
Manca il perché è andata così.

Interpretare una poesia
Ho letto poesie intraviste nell’ombra.
Ho gettato nel cesto interpretazioni
plausibili e sono andato alla fonte.
L’acqua pura di contaminazioni variabili
sgorgava da roccia viva di vita.
E si sporcava di tutto trattenendo l’amalgama.
Erano flash consapevoli gettati nel vicolo,
oppure brandelli di sogni notturni
appoggiati alle travi del nostro vissuto.

Il poeta
C’è chi torna su passi non suoi
a misurar la distanza che manca
tra il tramonto e le stelle.
O girar la clessidra del tempo
per avvicinar la luna.

Non sono discorsi da fare
in presenza di adulti.
Non sanno più misurare
lo spazio col tempo
né giocare con pezzi di cielo.

Ogni tanto qualcuno lo sente
il fruscio dell’acqua che scorre
nel prato di farfalle fiorito
ma non deve farlo sapere
per non sentirsi spostato o poeta.

Il ragazzo che è in noi
Ci siamo bagnati d’infanzia
giocando a ritroso coi sentimenti.
Adesso ci asciughiamo alla luce del sole
con i panni appoggiati alla sedia
della nostra esperienza.

Ma forte rimane il richiamo del bosco
e l’avventura che appariva ad ogni passo.
Quando i sassi del greto sembravano nuovi
e le tessere adattavano il mosaico della conoscenza.

Anche se ora abbiamo lasciato impronte
sovrapposte e confuse,
risuona sempre nell’aria,
come giochi in cortile,
l’eco di nostre voci argentine.

Il conforto della fede
Camminando con sconforto
non si sentono i sassi
lo sguardo fisso neanche li vede
è continuo il rimbrotto col cielo.

I calzari son pieni di terra
un’occhiata alla striscia di sangue
pensando al dolore
per perdonare i santi.

M’aspetto un segno dal cielo
a giustificar nequizie
in modo da poter riposare,
affranto.

Fine corsa
Non cercare sguardi nascosti
dietro le tende dell’ipocrisia.
Le tapparelle sbilenche
del tuo voluto mutismo
non fermano i raggi di vita
che pulsa all’esterno.
Ma tu non accendi la luce
stai solo a piangerti addosso
con le scatole vuote
dei ricordi ingialliti.
C’è un macigno alla porta
difficile da sollevare.
C’è la morte che aspetta
fin da quando sei nato.
Adesso che scruti
in fondo alle foto e cerchi
in ognuna la propria scadenza,
sei quasi tentato di aprire la porta
e farti schiacciare.

Tentazioni
Oggi ho deciso, esco dal porto,
la chiglia ribolle di scia,
il cielo è aperto nel mare.

Ma improvviso cade il timone,
l’aria ingrigita prende a soffiare,
il mare incupisce d’onde spezzate.

Messo alle strette riguadagno la riva
del tempo perduto in frasi scadute,
in gesti mimati senza calce né gesso.

Ventiquattromilaottocento buongiorno
occupano il sentiero a ritroso
come tappeto di foglie d’autunno.

è meglio non volgersi indietro
a cercare gemme nascoste
per rimpolpare discorsi di sempre.

Le gemme son sempre davanti
pronte a saltare appena ti chini
pronte a ingannare nostre speranze.

Se c’è un perché ...
Ho preso per mano una montagna
e insieme abbiamo corso prati,
chine fiorite e valli ombrose.

Ho adottato un pesce rosso
che chiedeva un colore nuovo
nuotando in una pozza di sangue.

Ho visto isterie di potere
sparare addosso a muri umani
anticipando così la propria morte.

Ho ascoltato il boato del mare
quando livella la costa
pensata dagli uomini.

Ho ripreso a camminare
su spiagge deserte senza tracce
chiedendo perché.

Un giorno ... una strage
Ci siamo consumati come candele
al sole d’idee sorpassate.
Più niente è rimasto dei libri aperti davanti.
Ci sono ovunque nodi che stringono
per tirare troppo la corda.
Avanziamo a tentoni 
con schemi d’annata
ormai senza senso.
Nessuno che issa nuove bandiere
a scandire la strada.
Si tenta di fermare la storia
 tornando all’antico,
alle paure di sempre,
ai fantasmi d’un tempo
creando dei mostri
capaci d’uccidere
non presunti nemici
ma chi guarda davanti.

Voglia di sparire
Appare il nuovo giorno,
il cielo s'è acceso puntuale,
la stanza ha perso il riposo,
si accennano i movimenti di sempre.

Vorrei entrare nell'armadio
dalla parte dello specchio
e confondermi tra vestiti dismessi
e scatole dimenticate.

Senza lasciare traccia,
appoggiato all'anta difettosa
come ceramica d'uomo
da scavalcare brontolando.

Giocare con cappelli rococò
assaggiando grappoli d'uva
e viole del pensiero
dal sapore di naftalina.

Attendere pazientemente la notte
per rientrare nel letto.

Parole stantie
Non vedi che ti escono parole
come bolle di chewingum
indaffarate a esplodere vuote?
Non senti il fruscio inutile
che ti passa accanto?
Ragnatele d'ovvietà
a secco di prede
si affastellano invano
davanti alla mia porta.
Son filamenti di tempo
di soffitte dimenticate
quando la paura del dopo
giustificava ogni cosa.

Non posso scordare dove vanno i gabbiani
C'è chi getta un pezzo d'infinito
in mezzo alla stanza per fare rumore.
C'è chi si pavoneggia con un manto di stelle
o chi si rimira allo specchio
con lo scialle d'argento della cometa.

C'è chi s'accontenta di ruscelli e papaveri
e chi ascolta, scrivendo, il canto di uccelli.
C'è poi il respiro del mare,
e lo scoglio avvolto da schiuma
circondato da ancelle con ali bianche
e la voce sgraziata.

Io no. Non mi accontento.
Non posso scordare dove vanno i gabbiani.
Né ritagliare un po' di cemento
per asciugare le lacrime.

Siamo tutti innocenti
Si annaspa sugli specchi
di come ci presentiamo al mondo
ricomponendo vesti sguaiate,
volti arrabbiati, bocche cucite,
labbra improntate a frasi educate.

Siamo tutti innocenti fino a prova contraria!
Siamo tutti maggiorenni e vaccinati!
Siamo tutti cresciuti nel giardino dell'erba voglio!
Siamo tutti ossessionati dalla punta del nostro naso!

Abbiamo ammazzato il futuro
consumando fino in fondo il presente
come se dovessimo morire domani
o come se non dovessimo morire mai.

Abbiamo costruito edifici abusivi
su terreni sfiancati senza più frutti.
Abbiamo gettato asfalto drenato
su roseti e splendenti giardini,
parchi acquatici al posto d'ulivi,
uccelli marini bituminati
e auto veloci su autostrade intasate.

I tempi de nonna
Gira che te riggira sempre qua sto.
Sempre a cercà de fa uscì quarche cosa
da sta mente malata pe riempì er fojo.
Ma che m'envento?
Nun so da che parte comincià.
Quante vorte è successo?
E quante vorte è sortito come per incanto
un capo der filo. Me bastava tirallo
e 'a poesia veniva fori.

Mo che fo?
me mett'aspettà che sorte?
Ma nun è così che funziona.
Il filo sorte si la mente pensa.
Me sembra un proverbio de nonna!

I tempi de nonna!
Quanno regazzino l'accompagnavo ar mercato!
Se faceva puro un chilometro in più
pe risparmià du lire, e la borsa pesava.
Nun c'erano mica i carelli de oggi.
Se sapeva nascenno che nella vita
c'era da faticà.

Oggi è tutto facile.
Hanno messo le rote puro ar cervello.
Ce s'ammazza pe nun sapè che fa.
Oppure s'ammazza pe nun sapè che fa.

(E' la prima volta che mi misuro col dialetto. Spero d'essere perdonato dai fini cultori di tale disciplina.)

L'impappinato
Che te devo dì?
Nun me viene fori gnente
si devo parlà pe forza.
È appena che giro l'angolo
che me vengheno l'idee.
Me prenderebbe a schiaffi,
ma nun ce posso fa niente.
So fatto così.
Sempre a fa ste figure de merda.
Ma armeno me ce abituassi,
trovassi na ragione,
un modo de svicolà
messo alle strette.
Ma gnente, sempre in mezzo,
sempre co sto muso da deficiente
a nun sapè mai che risponne.
Alla fine ho preso na decisione.
Prima da uscì de casa
m'affaccio a vedè
si c'è qualcheduno.
Sin c'è nisuno esco
si no aspetto.
Così me so ridotto a sortì
all'alba o de notte piena.
Quanno li negozi so chiusi.
Sto a morì de fame.

Sembra proprio impossibile che possa ancor oggi accadere che un popolo intero affronti a piedi il deserto
quando solo risparmiando in bombe si potrebbe acquistare l'acqua che manca.


Esodo
È un'ora che sento
richiami da dentro
latrare di cani.
Son voci confuse
come echi di ieri
riflesse sui muri
l'orecchio che sfiora
per farle parlare.

Raccontano affrante
di povere storie
di dolori e stenti
di marce forzate,
di sabbia e di vento
di fame e di morte
che lasciano scie
son pietre miliari.

Il cuore che urla
la propria disfatta
di fronte a quegli occhi
che chiedono invano
sentirsi morire
non poter far nulla
né chiedere il conto
di tanta tragedia.

Sera
Seduto tra un palazzo
ed uno spicchio di cielo,
tra un albero senza ombra
ed un prato di fiori violetti rinato,
assaporavo il profumo della sera
quando l'aria è celeste senza sole,
quell'attimo senza raggi rosati
con l'aria tersa di sé
e la luna non appare ancora.

Aspettavo, per rientrare,
il comando del cane.

Parole in vendita
Torno a pesar parole
per conto di altri.
Quanto al chilo?
Oggi poco, sono in offerta.
Quelle vuote quasi in regalo.
Quelle pesanti scontate del turpiloquio.
Quelle pregne di poco più care.

Ci sono poi quelle ingannevoli
sempre di moda,
e quelle rozze come scarpe chiodate,
ma non sono mature, lasciano il segno.
Ci sono pure impastate d'amore
o col retrogusto amaro di vita vissuta.
Parole signori! Parole!

Il silenzio? No quello non si vende
lasciamolo a chi lo sa usare.

Esotismo
Passeggiando tra succhi di frutta
e banane di cocco,
tra palme e misteri di spiagge truccate
e mare del colore del ghiaccio,
ritrovo la veste fiorosa
di belle fanciulle,
i volti di terra dagli occhi di perla,  
Gauguin che fa gli onori di casa.

Stereotipi antichi conservati
in copie scolorite made in Taiwan
per folle ansimanti
con la bava alla bocca
per triturare in fretta
nel grande omogeneizzatore
la cultura dei secoli. 

Dolci riscontri
Si inseguono onde su cadenze passate,
si ascoltano echi come suoni di ieri,
una vecchia canzone lasciata a metà.

Siamo tutti perdenti di vite sperate,
di traguardi sfiorati ,
di ricordi bugiardi di altre realtà.

Ma resta il pensiero di orme lasciate,
di impronte indelebili su piccole storie
su giochi di vita ormai realizzati.

Destino
Se solo potessimo darci un traguardo
da raggiungere in fretta
e su quello posarci con tanto di artigli
e guardare dall'alto
cosa il tempo propina,
allora la pace ci troverebbe
abbracciati al destino
e insieme sovrascrivere passi
di cose sapute, successe, finite.
Ma il sentiero tortuoso già preparato
non offre anteprime,
bisogna viverlo metro per metro,
il dietro l'angolo è ignoto,
ci aspetta un sorriso
o il volto del pianto.

Ideali
Ci siamo messi in marcia nel deserto
senza calzari adeguati.
Ci siamo impantanati in paludi
che non conoscono il sole.
Ci siamo ritrovati nudi a combattere
molini a vento imperterriti.
Ma adesso abbiamo messo
la testa a posto.
Adesso c’è sempre qualcuno
che paga il conto.
Il cielo è pieno di stelle
con nome e cognome.

Corto circuito
Ci sono in memoria ventimila messaggi
e giorni di vita e giorni di morte
sbocciati e appassiti a ritmo incessante
come cappelli di meduse vaganti.

Sale dal fondo il brusio telematico
indifferente alla vita, indifferente alla morte
può anche fare a meno di noi
si riproduce da solo investendo sull’onda.

Girano ologrammi in giacca e cravatta
e fonemi sentiti migliaia di volte
col fiocco di pasqua e la voce impostata
a darci un messaggio da buon imbroglione.

Due parole
Provo a scolpire due parole
che possano farti sognare,
due emozioni d’inchiostro
che invadano l’anima.

Come una conchiglia
s’accende al rumore del mare
così mi succede
se riempio gli occhi di te.

Le ho scolpite con sabbia
bagnata d’amore
ma non è cemento,
si son tramutate in marmo.

a Pasolini
Sono andato in giro
da solo stavolta
per fossi e suburre
e marane  nascoste.
Ho visto un’orma
traguardare le canne
a cercare capanne
nascoste nel greto
per trovare un contatto
anche coi segni
col padrone del luogo.
Anch’io cerco in quell’uomo
i sassi che restano
setacciando l’oro.

Quando il giorno era giorno
Ti ricordi ancora d’un tempo
quando il sole nasceva?
Adesso è solo residuo di notte
come sveglia per andare a dormire
e non incontri nessuno sulla riva del mare.
Qualche motore ruggisce lontano.
 
Cos’è questa voglia di tenebre
e di luci artificiali?
E’ un modo per non riconoscersi di giorno?
O per sfuggire a sé stessi imboccando
autostrade intasate per posti intasati
tutti idonei per odiare il vicino?

Ti ricordi d’un tramonto sul mare?
Rannicchiato sullo scoglio
mentre il sole annega
sparando gli ultimi raggi
ed il cielo accompagna
il concerto tingendosi rosa.

Era il tempo del giorno.
Poi iniziava la notte ed il cielo di stelle.
Ora le luci offuscan le stelle
c’è solo bailamme intorno
a nuovi Totem.

Ricomincia la vita
Dolci pennellate di sentimenti
scendono in rivoli lungo i vetri
rigati da lacrime secche
a rinverdire solchi di torrenti esausti.

Ma non son lacrime le gocce che scendono,
c’è il rosso vermiglio d’un cesto di mele,
il celeste del mare quando il fondo è di marmo
il viola rosato d’un tramonto avanzato,
il verde e l’arancio per dare allegria.

E la fonte riprende a gettare,
gli occhi a guardare,
le orecchie risentono il canto
e i mille rumori sommersi
che cronometrano il nostro tempo.

Avevamo chiuso gli scuri
non avendo più lacrime da sacrificare
ma qualcuno è tornato a bussare,
a spargere colori sui vetri.

Le tre carte
Vorrei consolare
un povero dannato
e ricominciare il gioco
di tre carte infami
che perdere videro
la sicurezza in me.
Non è più certo niente
c'è solo il lestofante
che bara pronto il gioco.
E lo sappiamo tutti
ma non c'è niente da fare
la sovranità del popolo
espresso in minoranze
santifica il barone
(grande baro)
e l'unto del Signore
(sempre lui)
risplende forte al sole
d'un portafoglio colmo
d'onorificenze false
e banconote vere.
Si può comprar di tutto
anche l'amicizia.
Il grande flauto magico
ha avuto però in dono
un italiano vero:
Domenico Scilipoti.

È l'ora
Ora è l'ora!
Se no quando?

Quando i fauni
scompariranno nei boschi?
e i cervi e i cinghiali
saranno fermi nell'ombra?

Quando sarà tardi
per l'ultimo respiro?
E le speranze dissolte
in nebbie foltissime?

Adesso è l'ora!

Quella giusta per assaltare la diligenza
delle certezze mal riposte
e farsi consegnare il malloppo
delle nefandezze legalizzate
che ci governano indisturbate.

Porteremo fazzoletti sul volto
da consegnare ai beneficiati
d'un'indegna gazzarra
giunta all'ultima replica
d'un teatro sequestrato.

Per troppo tempo
ci siamo fatti gli affari nostri
mentre cambiavano le carte in tavola.
Abbiamo tagliato il nostro prato all'inglese
e rischiato di morire per il baratro nella strada!

I ricchi ringraziano dei benefit ricevuti
gli altri si son svegliati più poveri!
Entrambi ringraziano l'esempio vivente
di chi li ha ridotti così.

Autunno
Cadono foglie come tegole di piombo
a suggellar sul marmo del rimpianto
tanti sì inespressi e tanti no obbligati.
Avrei voluto aggredire la vita
ma la vita mi ha travolto.
Aggrappato ad uno scoglio
l'ho sentita passare
cucendomi addosso
un abito stretto di obblighi
con nelle tasche qualche biglietto
per Luna Park.

Quando manca il pensare
Se s'apre un bavaglio
e manca la lingua
è inutile aprirlo.
Troppo tempo inoperosa
ha smesso di funzionare.
Ormai tutto s'accetta
è sempre carnevale!
le regole a rovescio
il mondo di fuori
spettacolo permanente
specchietti e lustrini
paese dei balocchi
e falsi obiettivi.
Siamo tutti impegnati
a giustificare gli eccessi
a negar imbarazzi
di voci antiche
senza importanza.
Si acclama un servo
tutti contenti.
Si riparte con foga
senza radici
senza vedere
senza pensare.
Ma è forse il pensare
che manca di più.

Cos'è poesia?
È un tonfo di petalo a terra,
un dito puntato al cielo,
un sorriso strappato alle lacrime,
un disegno di trapunte di nubi,
un cammino tra piante di spini?

O un palpitar dell'anima
nello scoprire amore,
riempir le mani di gocce di rugiada
da offrire al volto amato
e perdersi tra braccia amorose?

O è uno scavarsi dentro,
un cercar le ragioni del cuore,
un riesumar ricordi per rattopparsi dentro,
un mettere tutto in piazza,
senza speranza di poter ricominciare?

Oppure è tirar fuori l'essenza del vero
come un quadro appena finito,
strappar verità nascoste,
aprire la mente a nuovi orizzonti,
spaziare oltre?

O è passione civile, voglia di giustizia,
togliere veli, portare a nudo verità nascoste,
usare sassi o ironia, denunciar potenti,
ingiustizie di cui non si parla
perché fanno male a chi comanda?

Forse è tutto questo poesia
o forse anche un sasso è poesia
se lanciato con arte saltella sull'acqua.

Nubifragio
Il velo del cielo si strappò
e venne la furia di lampi
e cascate d'acqua
dalla cima di nubi
cavalli rampanti
e carri di morte
fiumi ingrossati
mare di fango
barche scagliate
sopra gli ormeggi.

Venne la quiete
sopra il lago dei campi
un silenzio spettrale
a rimirar l'inferno
qualcuno sul tetto
a preparar segnali
qualche gommone
a ricordar l'estate
improvvisi naviganti
su terre d'aratro.

Testamento
Lascio agli altri la mia solitudine.

Prima però
dipingerò le mura di bianco
per cancellare i pochi punti rappresi,
i segni lasciati.

Non voglio corone né cuscini di fiori
ma solo sapere se siete coscienti
della mia nullità.

Ho provato a cantare di anaconda nel letto
di incubi e angosce a portata di mano
anche di prati e papaveri, inutilmente, rossi.

Ma il canto s'è perso come fumo nel cielo
e le ricadute son spezzoni senza senso.
Solo talvolta han sfiorato campane.

Voglio che sia incisa una lapide semplice:
"Qui giacciono le spoglie
di uno che provò a vivere solo".

Solo vivendo si dà un senso alla vita.
Peccato!
Non mi è riuscito.

Ho finto interesse, ma lo si vedeva.
ho compreso i mali del mondo,
ho indicato e punito con parole di sabbia.

Ho anche imparato a ritrarre la mano.

Un giorno, in montagna
Camminavo veloce sui monti
macinando sentieri
e letti di ghiaccio disfatto.
Mi sentivo padrone della terra
su cui poggiavo le scarpe,
dominando perfino il paesaggio
ed il cielo che applaudiva al passaggio.
Fu forse il momento più alto
della mia macchina umana,
la forza di vita espansa di fuori,
la stessa natura prostrata ai miei piedi
che s'apriva come mare in ali festanti.
Sensazioni che lasciano segni indelebili
di pace e d'amore, di confusione d'essenza
tra tutto il creato, di potere alla pari.
Adesso rimane quel ricordo a ritemprar
la corda dell'arco, un poco sdrucita,
un poco abbattuta, la carcassa consunta
di muscoli e tendini su ossa sfibrate.

Un sogno da dimenticare
Mi sono perso in giardini melmosi
per raschiare lo stagno d'immote ragioni.
Ho scoperto nidi nascosti da calpestare
e foglie di marmo come fossero vere.
Un sibilo acuto accompagna i miei passi
son tracce di bisce, figure distorte
che vanno a occupare la coda dell'occhio.
Ma è avanti che attende il sorriso sfacciato
del guardiano del parco, l'albero enorme
là sopra il colle. Castello possente
a chiusura d'un quadro senza perché.

La lite
Appesa ad un filo la speranza invoca
luce che filtra d'una finestra fioca.
Si vorrebbe poter guardare l'interno
d'una pagina squassata dall' inferno
di sentimenti di lacrime rappresi
e cocci di piatti tutt'intorno offesi.

Si vorrebbe poter cancellare tutto
sedersi vicini ad un fiasco col putto,
riformulare le bocche esacerbate,
ridisegnare le occhiate spiritate,
ragionar da capo di nostre ingiustizie
di torti fatti e di presunte sevizie.

Adesso s'insegue lo sguardo celato
la piega del labbro, il gesto sfumato.
Si prova un approccio, un timido segno
del grande sconforto che ha preso in pegno
un cuore ammalato dell'amore di te.

Da Antonio
Nella giungla intrecciata
di gambe di sedie in penombra
sale la voce del tavolo unto
già sporco "since 1933!".
Ha conservato in tovaglie di carta
disegni e poesie, pensieri e aforismi
e medaglie di sugo sfuggite al controllo.
Nel sottoscala, nel museo della storia,
si sentono le voci di chi era "oltre"
e di chi s'ingegnava senza molte speranze
di mettere insieme la cena col pranzo.

Il vecchio
Le mani ritorte come tronco d'olivo
il volto scolpito da fame e da vento
scaglie di vita e muretti a secco
è seduto sull'uscio a dimenticar ricordi
la vecchia quercia di tante primavere.

Conosce stagioni, l'abbozzo del tempo,
il tempo del grano, la semina a mano
il sole cocente, la grandine infida
il freddo d'inverno.

Ha fatto la guerra, ha ucciso nemici,
non se ne vanta, ha solo obbedito
e nessuno ha spiegato.
È tornato al paese
pensando che il mondo, di fuori,
fosse fatto di sangue e di morti ammazzati.

S'è sposato ed ha fatto dei figli
Ma è solo tutti i giorni sul campo
d'una terra avara
a lucidar manici di zappa.

Intorno il mondo corre,
Il vecchio s'accontenta
dell'eco dei suoi passi lenti
lungo il solco della vita.

Dove stiamo andando?
Vorrei portare un fiore
come un cane al guinzaglio
e ascoltare i sorrisi
di quelli che incontrerò.
Vorrei sentir parole
appena abbozzate
e voci fresche di rugiada.
Vorrei concetti semplici
che mi accompagnassero per la via
in modo da intenderci senza parlare.
Vorrei uno sguardo roseo
senza secondi fini.
Vorrei poter discutere
senza importanza
e scoprire contento
di avere torto.
Vorrei per un momento
che ci si fermasse a pensare
se la corsa intrapresa
sia quella giusta.

Incubi svegli
Ho intravisto orizzonti camuffarsi in cielo
e una bolgia infernale di aurore e tramonti
scalfirsi e cercare le vene da stringere
per far piangere il cuore.
I confini tracciati nel foro dei sentimenti
bruciano tappe saltando i perché,
la guerra infinita s'insinua profonda
nei fiordi d'invidia e di odio per me.
Adesso che è giorno e fuggon fantasmi
m'aggrappo al cuscino come otre di pianto
cercando un motivo per alzare lo sguardo
trovare la forza d'uscire dal letto
sudario e complice d'una notte che fu.

Libertà di pensiero
A forza di guardare gli orti degli altri
ho perso la zappa e la voglia di fare.
Son roso dal dubbio, son tutti più bravi.
Perché far sentire una fievole voce,
stonata quel tanto da uscire dal coro,
aggrappata soltanto ad un filo di paglia
che vola qua e là sospinto dal vento.

Ci sono radici come mani sul prato
che sanno imporre il proprio comando.
Ci sono le regole della domenica
e il bagno di schiuma dell'impostura.
Ci sono frutta truccate mature
col marcio nascosto all'interno.

non so rientrare nel coro
se non abbassando la testa,
ma la voce che viene da dentro
che s'arrovella a cercare i perché
e non si genuflette alle cose insapute
preferisce volare aggrappata
ad un filo di paglia che vola qua e là
sospinto dal vento. 

Al mio funerale
Vi guarderò dall'alto di mura
vestirmi di tunica bianca
e spargere fiori sul ricordo di me.

Qualcuno scolpirà una pietra
con parole infinite:
qui giacciono le spoglie mortali
di uno dei tanti
che provò a vivere
senza riuscirci.

Adesso che provo a morire
sol le cicale zittiscono,
è un mestiere nuovo
tutto fatto di passato
tutto fatto di lasciato.

Se qualcuno raccoglierà
le foglie d'idee sparse su carta
non sarò morto invano.
 

Tempi moderni
Se fossimo certi d'una rosa di maggio
come del canglore secco della chiave
nella toppa d'un vecchio castello,
se riesumassimo le spoglie
d'un Congresso di Vienna
o d'una Controriforma,
potremmo allora intavolar discorsi
recidivi con prosopopee barocche
e false immagini di sicumere certezze.
Ma niente è più al suo posto.
Frutta e verdura fuori stagione
mischiate a cristalli liquidi
segnano il tempo che sfugge
ai calcoli attenti dell'orologio della torre.
Monitor come segugi dall'odorato fine
seguono l'anima ormai senza veli
quando scantona nel vicolo cieco.
È tutto un viavai in punta di piedi
per non perdere niente.
Orientarsi è come giocare a battimuro
con la bussola rotta.

Al passo coi tempi
Non ci sono che sporte
di pensieri da rottamare,
ingranaggi senza denti,
burattini senza fili,
e lacrime sparse
a far da collante.

Nel campionario delle antichità
un calendario trapassato
indica il giorno che verrà
e la soglia da varcare
come colonne d'Ercole
per un mondo migliore.

C'è anche Frate Indovino
che racconta bon bon
frugandoti bene nelle tasche
e maghi scienziati tutti i giorni
a condannare o promuovere
intere categorie astrologiche
di dannati.

Adesso c'è stato un restyling dei Totem.
Miniaturizzati, minotaurizzati, motorizzati
mortiammazzati, insonorizzati, condizionati.
Le collanine colorate si sono evolute
i transistor sono graffiti per archeologi.

Il ricovero dei sogni
Tornano la sera sogni all'ovile
e cieli dismessi senza colore
cercano sazi riposo nel buio.

C'è una credenza nell'ovile dei sogni
con tanti cassetti da tenere ordinati.

Il primo infonde speranza,
il secondo assapora fiducia,
nel terzo son riposte sconfitte,
nel quarto si rammendano lacrime.

Ma tutti riflettono amore.

Cattivi pensieri
Non recalcitrare alle parole vuote,
non t'irretire in vocaboli in disuso,
non chiedere mai l'essenza.
Accontentati di due versi fatti in casa,
magari con la camicia arrotolata,
e d'un sorriso da buontempone.

Se vuoi il successo a buon mercato
la minestra è amara
ma la devi coccolare
ed esaltare di sapori grossolani
ed aggiungere, di nascosto,
un dado.

Infila il tutto in cassaforma
inamidata.
Ne uscirà poesia collaudata
col vestito della domenica
forse un poco sdrucito
ma riconoscibile dalla prammatica.

Somme
C'è spazio per ricominciare
a sentire il rumore
della goccia nel secchio,
ad aspettare la sera
per dire anche oggi è passato,
a scorticar la tela aggrumata
dei nostri ricordi
cercando un sentiero sepolto
da tonnellate di asfalto.
Se scavi lo trovi il basalto
che immagini, i cerchi concentrici
degli anni d'un tronco
e la tua mano che insegna la via.
Ma troppo tempo è passato,
la via s'è muschiata di vita,
nelle anse abbiamo lasciato
vestigia scadute e appeso quadretti
di come eravamo.

Tiremm'innanz
Il mio cuore piange,
la voce va a mancare.
S'apre il silenzio
sul poco che resta,
un davanzale senza fiori,
un oblò sottomarino,
e i nodi che tornano
a fissare un traguardo
già scritto da tempo.

La bolla di plexiglas
contiene le pieghe
di figurine appassite
in attesa di futuro,
promesse inesaudite.

Morirò bambino.

Un mezzadro nelle Marche degli anni ‘60
Non ho neanche un piatto di lenticchie
da proporti.
Potrei ammazzare un coniglio
e attaccare al muro la pelle
a farla seccare.
Ho 46 anni e ne dimostro 65.
Ecco mia moglie che torna dal campo.
Ha in testa il cesto ripieno d’erba medica
per i conigli e il falcetto in mano.
Quest’anno il raccolto dovrebbe bastare.
Sto allevando il vitello. Quando arriva a 800 kg
lo venderò e ne comprerò un altro da allevare.
Così all’infinito.
Infinito! No!
Così fino al mio finito.
Non manca tanto.

Vendere fumo
Se fosse possibile
strappare una lacrima
da un cespuglio di rovi,
o cimentarsi incoscienti
nel salto nel buio
e divenire sguaiati
assertori di verità nascoste,
allora, con la faccia spalmata
in specchi deformi,
potremo indicare la strada
a chi non sa niente.
Potremo travestire gli stracci
da foglie di fico
e sfilare sul palco tra folle gaudenti
pronte all'inchino a qualche potente.
Poi, verso sera, intonare le coppe
alte sul cielo e brindare
a sconfitte che bruciano dentro.

La vendetta della luna
Ho visto una foglia
in aiuto d'un fiore
ed un tronco
spianare le rughe
per resistere al vento.
Ho visto un punto di domanda
attaccato a uno scoiattolo.
Ho visto nuvole
penetrare in altre
ed ho visto il sole
filtrare tra rami.
Ma non avevo mai visto
la luna cancellare il sole.

Le mani sul mondo
Stendo le mani sopra il mondo
tastando le vene di fiumi scroscianti,
il frusciare di fresco delle foreste,
il sapore di sale dei suoi deserti,
il sentore di morte dei laghi salati,
fermandomi un poco su spiagge deserte,
coprendomi gli occhi per troppo splendore
di azzurre distese di cielo e di mare.

Stendo le mani sopra il mondo
e ascolto il vocio che sale coi fumi
del troppo calore prodotto dall'uomo,
città milionarie d'anime sporche,
capanne di carta e lamiere abbozzate
ai confini della pietà e della decenza,
un Cristo piantato in mezzo alla piazza
o crocifisso, ancora, sul monte più alto.

Chino il capo a perdita d'occhio
dietro la polvere in fuga delle gazzelle,
i tetti di paglia, il fango marcito
e volti corrotti di sole, di terra e di stenti
stretti, senza perché, in quell'unghia di vita
ad immolare fame, a ringraziare santi.

Se volgo lo sguardo verso occidente
una nuvola grigia opprime la mente.
Qui s'è inventato il pensiero demente
del soldo che cresce a favore di pochi
in cambio di lavoro per tutti o per tanti.
Ma il cambio è saltato. I soldi riproducono soldi,
il lavoro non serve.

Non ci sono più scuse.
La strada è ferrata di suo,
non si gira mai indietro,
non mette le mani avanti,
procede spedita con valigie
di cartone fermo posta
nel giardino dei rimorsi.

Si sparge il sasso nello stagno
in cerchi sempre più sbiaditi
come ribelli all'intrusione,
come a ribadire il senso delle cose
ormai perso in algidi fiati di morte.

È il momento di tirar le somme
con l'inchiostro simpatico
marchiato a scomparsa
per non lasciare tracce
del nostro passaggio.

È anche il momento di stupirsi
di noi, di non credere possibile
rifugiarsi nella tana della volpe
senza pagare lo scotto.

E quindi inginocchiarsi
a piangere gli avvenimenti sperati
e luci di fondo a riscaldar l'ambiente.

Ci accompagniamo trascinando
lingue ad assaggiar torrenti.

Ma scrivere di lacrime non serve.

Ricordi
Scende il canto
da nuvole intrise
del sapore del pianto
tambureggiante sul tetto
dei nostri pensieri.

Ma è pioggia leggera
che solletica il volto,
pacifica l'aria
smorzando rumori
attutendo colori.

Si sta già formando
l'arcobaleno nel prato
sfaccettando le gocce
di fili d'erba imperlati
del ricordo di te.

Ma dolce è il ricordo,
son frammenti di gioia
incastonati da sempre
nel film ricorrente
di ciò ch'è passato.

Forza (povera) Italia!
L'azzurro di sfondo alla lunga fa male.
Spero tanto in un'altra sconfitta
di chi è portavoce di chi per denaro
(per dividendi "impersonali")
e per stipendi da favola,
si gioca la vita degli altri inquilini.
Non basta l'inganno, la nuova furbata
è stata bocciata da chi se ne intende.
Ma tutto si tenta per salvare la pelle
e la roba costruita ai danni degli altri.
C'è Antigua che aspetta,
un salotto coperto e imbottito
col mare intravisto da gente distratta.
Ma manca il Vesuvio e lave di plastica
non c'è vivandiere ad assaggiare veleni.
C'è solo il riposo d'un gran venditore.
Venditor prepotente di cravatte perdenti
che s'arrotolano al collo dei diritti degli altri.

Parole insabbiate
Ci sono tonnellate di parole appassite
sotto la sabbia dei desideri.
Escono fuori solo al tramonto
quando la notte s'appropria del cielo.

Non ci son fari a seguire le orme,
né piante odorose che lasciano tracce,
c'è solo la voce che ascolta
gli echi fatati impressi qua e là.

Il giudizio_2
Adesso che son qui a render conto
ho portato uno zaino di marmo
con tavole di legge incorporate.
Difenderanno un povero cristo
accusato di niente.
D'aver sprecato la vita, evitato pericoli,
percorso solo strade asfaltate,
girato lo sguardo per non vedere
e, soprattutto,
marciato da solo per paura di compagnia.

Mi difenderò con dubbi concetti
di adolescenza ingrata,
di delusioni d'amore,
di dolorose sconfitte.
Ma non saprò nascondere
il mio egoismo.
Egocentrismo, ma parlar pulito
non serve a niente.
I voti si danno scolpiti
nelle pietre miliari che t'hanno segnato.
Poche per la verità e questa è l'accusa.
Aver sprecato la vita su nastri d'ovvietà
non aiuta la difesa.
Ancora una volta chino il capo consenziente.

Tempo scaduto
Vendo quello che posso
e ascolto le voci di dentro.
Mi tiro sassi allo specchio
schivando quel tanto che serve.
Non sono pregnante di niente,
di frasi fatte staccate dai muri
per rivestire pareti sbiadite,
di assonanze appena sentite
e dipinti lasciati per caso.

Ora è tempo di mattanze,
di morti e feriti lasciati sul campo,
sguaiati lamenti di chi si autoassolve
da più tempo di quanto lui viva.
Ora è il mio tempo che manca
per trovare le strade di nuovo,
principiare il cammino che porta
verso l'alba d'un giorno diverso.

La campagna nel cuore
C'è sempre il mare in un campo di grano.
Ondeggia dorato al soffio del vento
e sente lo iodio che sale al mattino.
Sono colline col sole nel grembo
col manto di verde a protegger le spalle
e riflessi argentati tra le foglie d'olivo.
Sull'altro versante stralci e virgulti
sventolano come bandiere le foglie
prima di accoccolarsi a covare
grappoli da cui spillare vino.

Visite sacre
Il cielo s'è spento con l'ultima stella,
non s'apre la volta a scoprire l'arcano
né volano angeli con ali congiunte,
gli sguardi distolti non sanno guardare
che facce compunte e scene di pianto.
Ci sono immagini scolpite su tela,
emergon dal buio zigomi e occhiaie
e raggi improvvisi a illuminar gli altari .
Dietro, in sagrestia,
facce di bronzo in foto ricordo
e sacri residui scampati alla storia.
Ovunque splendore e barocco
a glorificar potenza, ad elemosinar pietà.

Granelli di polvere
Ti regalerò una rosa
se vieni nell'antro
dalle sbarre dorate,
nel bozzolo setoso
in cui sono rinchiuso.

Qui tutto è perfetto,
inutile e vano
come soprammobili effimeri
di vuoti di memoria
e lontananze volute.

Verificheremo insieme
il deserto del nostro sentire
e conteremo granelli di polvere
ad anticare favole ipocrite
e sogni nei cassetti
ormai chiusi.

29 e 30 maggio 2011
Ritorna la voglia di fare,
pulirsi la bocca,
sciacquarsi la faccia.
Rinasce speranza,
l'abbrutimento è passato.
Chi cavalcava tigri
come ombre cinesi
a spaventar bambini,
solo ora s'accorge
di cavalcare somari
per bambini cresciuti.

Il re era nudo ,
ma nessuno parlava.
L'incanto è finito.
Chi vende panzane
non trova clienti.
Le sfide son tante
e tutte difficili.
Non è più tempo
di clown e magnaccia.

Il bersaglio
Se aggiustassimo il tiro
del nostro bersaglio
senza paura
dei segni concentrici
di spiritate cornee,
allora potremmo
guardarci negli occhi
e non abbassare lo sguardo.

Fino in fondo potremmo,
senza battere ciglia,
e lacrime sgorgheranno da sole
a lavare la faccia
delle ipocrisie accumulate
e dei consunti "va bene"
sussurrati per forza.

E continueremo a indagare
nei recessi profondi
scavando col bisturi
a pulire pareti
ormai troppo grigie
per sovrapporre altro fango.

Solo dopo,
nel fondo degli occhi,
lenzuola di lavanda
saranno stese al sole.

Teatro dell'opera ancora
Nella tenda rossa odorosa di liso
ci sono cent'anni di applausi,
il fruscio di vestiti da sera
e i riflessi scintillanti
di diademi e rubini
su dolci curve e decolté.

Adesso il palco è deserto
i fari son spenti
ma ancora risuona,
in silenzio,
quel dò di petto
rimasto impresso
volando al soffitto.

La sfida
Non ti aspetterò dietro la curva
come al solito dei cespugli.
Starò in piedi, a gambe larghe
in mezzo alla via.

Affronterò il destino
massacrando il mio io
in modo che possa morire
col sorriso sulle labbra.

Ma se vinco io ...
mi attesterò sugli spalti
d'una capanna in riva al fiume
per risparmiare energia
per non dipendere
dall'uomo bianco.

E da lì vedrò passare
cadaveri stanchi
di battaglie perdute
e giochi di luci,
la notte, fatue.

Volteggiando
Ci sono origami dipinti di cielo
e lente stufe d'inverno.
C'è primula sotto la neve
e un cuore nella coperta fiorita.

Ma prima, quando l'aria
era orfana di foglie caduche,
e l'albero scheletro diafano,
dove eravamo?

Nel solco del tempo
gli spazi non contano,
tutto rivive ogni momento.

Caducità
Corollari d'alloro
come corone perdenti
di false promesse
d'immortalità.

Ma nel cielo
l'immenso
aspetta curioso
il sorgere bianco
di stelle novelle.

Oggi non chiedono aiuto.
Da soli si scaldan cervelli
e affollano il palco per dire la loro.
Sotto, folle plaudenti attendono il turno
per dire anche loro che è tutto colato
l'oro che suona di parole velate.

È il festival nazionale di voci perdute
sparite in silenzi, trovate per caso
in fondo alle valli dei propri perché.
E c'è chi si arrampica sul gelsomino
chi insegue la luna, chi il proprio destino.

Concorso spremuto di rose appassite,
di tramonti mischiati e vergini albe,
Di giorni che tornano, di feste bambine,
di sogni vissuti lasciati in soffitta,
di ... a perdita d'occhio e gabbiani
ipotetici a mangiare rifiuti.

In panne
Sto chiedendo un passaggio
sul ciglio del tempo
ed un passaporto
per finire la strada.

Ho visto la trama sdrucita
dei miei pensieri
trasudare inchiostro
come a fermare immagini.

Con i piedi nella terra molle
e la testa ad inseguir le stelle
mi sono perso
in sentieri senza uscita.

Riguadagnare sassi
e arrampicarsi senza strada
verso il cielo
non è più tempo.

Sulla riva d'inverno
Non mi sono certo seduto
sulla riva per sognare.
Né ho posto la mano
per catturar la luna.

Ho messo su un sasso
i miei pensieri
come tessere del domino
da abbattere in sequenza
di fisarmonica.

Il mistero d'una conchiglia
vuota sulla riva
che non ha perso l'eco
dello sciabordio del mare.

Un barattolo pronto
per essere scalciato,
un osso calcinato
di chi sa che cosa.

Legni e tronchi
come balene scheletrite
e palle d'alghe masticate
un po' ovunque.

Magie
Mi sono messo un cappotto
d'erbe mediche per predicare.
Ed un vestito imbiancato
di calce del tempo.
La sfera no!
Quella l'ho comprata
al supermercato della memoria.
C'erano dentro immagini scure,
avanzi di tombe appena accennate.
L'ho ripulita per guardare il futuro,
e s'è sporcata, di nuovo.

Il giorno del giudizio
Ci attorcigliamo come vitigni in esubero
ponendo mani a riparar sentenza,
chiedendo venia senza pagare dazio.

La musica è cambiata, le Erinni son sciolte,
la vendetta del giusto s'appressa,
basta giaculatorie e comodi condoni.

Anche nel confessionale la misura è colma,
da entrambe le parti si deve tremare,
rifarsi la faccia, la gomma è scaduta.

Non serve pregar santi, supplicare
né strapparsi le vesti per redenzione
né maschere smesse, né parzialità nascoste.

Alla luce del sole non c'è posto per mediazioni.

Le nostre colpe
Non c'è rimorso a cogliere un fiore
né a stampare l'orma sul bagnasciuga.
E' facile ignorare chi non può gridare,
è facile far finta di non accorgersi di niente.

Abbiamo sbagliato a sopportare,
abbiamo sbagliato a non reagire
a chi vomitava idiozie e veleno.

Dovevamo sporcarci le mani
controbattere sempre
e non lasciar andare alla deriva
una barca senza timone.

Ma si sa gli eburnei non si sporcano,
guardano dall'alto e piangono,
compiacendosi di sé.

Nulla
Sull'onda del deserto
cavalcammo a fondo
fino a sparger sale
come diamanti
per trovare la strada
che scivola lenta
nel letto seccato
del fiume di seta.

E facciate di templi
stampate sulla montagna.
E colline di sabbia viventi
sospinte dal vento.
A confonder ricordi di spazi e di tempi.

Nel giardino delle rose di pietra
ho trovato una spina,
faceva da insegna al cimitero degli elefanti.

Campagna elettorale
Ho visto bei discorsi
appiccicati al muro
come arazzi consunti
da parole senza senso.

Li abbiam riempiti di foto,
persone sconosciute,
sorrisi beneducati
per non scoprir canini.

C'è ancora chi si trucca
come se fosse in ballo
un bel fotoromanzo
pensando di far colpo
su qualche testa ignara
come la gente semplice
del primo dopoguerra.

Si fanno le campagne
con tasse non pagate
nel mar d'indifferenza
e di spreco conclamato.

Nel sordido di stanze
si scelgon candidature.
Son sempre scelte losche
coperte dal lenzuolo
rigorosamente bianco
da farsi perdonare
con quattro avemarie.

Le idee che uno ha in testa
non contano per niente
eppure si pretende
con qualche bella frase
di far pensar la gente.

Solitudine 3
Non so se la mola del tempo
sa consumare pietre con lacrime amare.

Sono andato ovunque s'alzi un richiamo,
un sospiro di vento, una parvenza di vita
o la bestia ferita che urla nel cuore.

Ho affrontato tempeste legato,
ho stretto i pugni bestemmiando destino,
ho aperto mille volte inutilmente il sorriso,
ho chiesto mille e più volte perché.

Nel frattempo, per sopravvivere,
mi sono chiuso dentro.

È ora di tornare
Ho messo scarpe chiodate
per scalare abissi,
per risalir la luce.
Ho voglia di passi e schiamazzi
nell'agorà delle idee.
Sensi di colpa in liquidazione,
serrande e persiane spalancate,
sprazzi di luce in chiaroscuro
senza ombre sul comodino.

Il re è nudo! guardatelo!

Credete in quello che vedete
e non a quello che vi dicono.
Non mettete il vestito della festa
nei giorni di lutto.
Non scambiate il vantaggio di pochi
per l'interesse di tutti.
Giocare al lotto tutti i giorni
non rende ricchi.
Non si vive di solo pane.
Specie quando sa di plastica.
Non si gioca con la vita degli altri.
Specie quando uno solo su mille ce la fa.
Non si pensa solo al proprio orticello
quando il cielo è un cumulo di spazzatura.

La misura è colma, è ora di tornare.

I responsabili
Ci sono persone
che ridono sempre,
altre che piangono
a guardarsi dentro.

Passare furtivo
davanti allo specchio
non serve a evitare
un'eco sberleffo.

Vietato è restare
da soli un momento,
usare la mente
può fare paura.

Ma fuori perfetti
col fiore all'occhiello
la faccia ridente
lo sguardo sfrontato.

Il fiore all'occhiello
è certo un segnale
per cambiali e patti
con scadenza in bianco.

Tortora rosso sangue
Mi son svegliato portando sul braccio
una tortora rosa.
Ma il sogno non era finito.
Un falcone, divenne, incappucciato.
Tolsi il cappuccio
e liberai il volo assassino.

Rimasero in aria piume di rose
firma di sangue nel cielo rappreso.

Non so spiegare il bene e il male,
della scena cruenta la morale,
È forse autodifesa incattivita?
Dolore per sconfitta definita?
Esperienza dolorosa di vita?
Favole belle in aperta ferita?

Non so se è giusto uccidere.
Non so nemmeno se è giusto uccidere
per sopravvivere.
Non so niente.
Vedo tanta violenza intorno.

Vola poesia
Scendendo le scale
della valle dei sogni
non voglio catene
ma solo stornelli.

Voglio mordere il freno
e aprire le ali
e guardare dall'alto
la piatta pianura
senza canali
né fiumi né laghi.

M'arrufferò nel roseto
per preparare
un letto di foglie
coperto di petali
dove dormire
come fanno
i futuri santi.

Aspetterò
in faccia al tempo
lo scorrere lento
di giorni e stagioni
che affastellano
senza mai fermarsi
covoni di vita.

A Marcello
Quando la rosa appassisce
i petali cadono a terra.
Quando il poeta muore
qualcuno li raccoglierà.

L'amplesso
Ci ritrovammo a guardarci negli occhi
come fanciulli senza storia.
Si sentiva nell'aria l'osmosi della pelle
a succhiar speranza.
Ci ritrovammo uno nell'altro
corpi assetati e frementi.
L'attesa si sciolse in pioggia di baci
e violente cadenze a mitigar l'arsura.
Le mani a palpeggiare ovunque,
lingue infuocate ad assaggiar la preda.
Finì in convulsioni estreme,
passaggio obbligato per ritrovar la pace.

Torre d'avorio
M'hanno tolto la benda
sulla porta di casa
per vedere il già visto
per morire all'entrata.

Sono dodici passi
sempre quelli, strusciati,
da vecchie pantofole
per scacciare l'insonnia.

Sono uscito bendato
per paura del fuori
e le orecchie tappate
per non carpir rumori.

Ma il brusio è rimasto
a confonder la mente
a immaginar le cose
che la vita ha negato.

Nella torre d'avorio
in cui vivo da sempre
c'è la stanza dell'eco
ma nessuno ha le chiavi.

Ci son ombre cinesi
a presentar filmati
su parete di fondo
ma la lanterna è spenta.

per non voler sapere
a che punt' è il mondo
mi sono corso dietro
come il gatto la coda.

Pensieri di notte
Ho aggiunto un led
al mio firmamento privato
così l'insonnia
avrà il suo da fare.

Ne ho contati venticinque
multicolori.
Altro che noiosissime pecorelle!

Adesso sembra sempre natale
Sono fiori della notte
peccato carnivori!

Giorno infausto
Ora che siamo insieme
a rinverdir ricordi
mi prendo anche la parte
ch'è la memoria tua
di quello che vivemmo
in quell'infausto giorno.

Il volto tuo serioso
già dalla sera prima
m'accolse in quel mattino
ma certo non capii
il segno del destino.

Sicuramente insieme
avremmo combattuto
giocando con la vita
scherzando con la morte.

Ma malasorte infida
decise in altro modo
lasciandoci divisi.

C'inerpicammo in bici
sul Monte Cavo amato
ancora mi ricordo
del tuo pimpante andare.

Scendemmo le pendici
scegliendo lo sterrato
ma viscido dall'acqua
ch'avea deciso il cielo.

Ci fu quell'incidente
finita la discesa
sembrava cosa niente
ma t'accasciasti a terra.

Ripresi un po' i colori
tu rimontasti in sella
e insieme ci fermammo
al chiosco lì vicino.

Poi corsi giù in discesa
a rilevar l'auto
lasciato la mattina.

Ancora mi ricordo
ero quasi a momenti.
Mi giunse tua chiamata
<Lorenzo quanto manca?>.

Manca poco: la vita.

Il cerchio che si chiude
Si parte da lontano
a ricercar certezze
e giostre paesane
a rivangare il poco
del sale della vita.

Vivere con il poco
non impedisce il riso,
le chiacchiere nel fuoco,
il senso delle cose
davanti al firmamento.

C'è poi il gioco d'amore
il prendersi e lasciarsi
la corsa nelle stelle
il sangue che ribolle
i sensi devastati.

Ci sono anche le vette
di chi non s'accontenta
mettendo a dura prova
un abito già pronto,
la sorte già assegnata.

Si sfrutta l'intelletto
come una pianta viva,
un ceppo rampicante
che tutto verde avvolge
per risalir le scale.

Si succhia dalla terra
il sale delle cose,
si beve conoscenza
per giunger alla saggezza
da cui s'era partiti.

Ma con le scarpe sporche
e suole consumate
per tante scale fatte
per soddisfar la voglia
d'illuminar cervello.

Fremiti
Nei giochi profondi
di rive nascoste
e onde sommerse
si scopre l'alba del mondo.

Sui tronchi senza corteccia
s'incidono iniziali
a suggellar amore eterno
coperto di muschio.

C'è terra nera e riccioli schiusi
nel bosco di castagni
e orme ben disegnate
nel territorio dei ricordi.

Se ascolti la terra che freme
puoi stenderti lungo il sentiero
col timpano attento all'acqua che scende
saltando tra i sassi dei nostri perché.

Ci si perde nell'ansa di ripensamenti
e rimorsi che lasciano il segno,
indelebile sulle nostre certezze,
basate sul sole che muore e rinasce.

Adesso che è notte prova
ad interrogar le stelle
ch'è ambigua la luna ammiccante.

Menti bambine
Sono come un papero giallo
arrampicato sul vetro.

Indecente portale
alla baia dei porci.

C'è chi s'è messo in testa
una M a conquistare il mondo.

Unifica menti e cuori
all'insegna del nulla.

Frullatore potente
di storie di secoli.

Mentecatto di libertà
fasulle ma scintillanti.

Fruitore di menti bambine
all'assalto del tempo.

Omologatore di hamburger
dalla stupidità planetaria.

Il papero giallo assiste impotente
arrampicato sul vetro.

Il giorno della Terra
E venne il giorno di Madre Terra.
Tossendo e sputando catrame,
le guance flosce da troppi prelievi,
gli occhi annebbiati da tanto smog,
la pelle sfruttata e riarsa da concimi e Ogm,
sollevò lo sguardo a stento e pianse
come mucca senza latte.

Pianse il furto dei boschi, l’acqua inquinata
i rattoppi del cielo, i ghiacci che si sciolgono,
gli animali spariti, i monti seviziati,
i deserti trapanati, le coste cementate,
i torrenti senza freni, i fiumi di fango.

E si chiese perché
e si chiese per chi.

<Sconto la prepotenza del tutto e subito,
l’arroganza del denaro,
l’intelligenza di chi sa sfruttare,
la pochezza della mente umana
che gingillandosi con la motosega
fa a pezzi la sua sopravvivenza>.

Un moto di stizza le arrossò il viso.
<Mi state uccidendo
omuncoli fessi, ma non sapete
quanti ne posso uccidere
prima di morire>.

Per la rabbia dimenticò
che tutti, in ogni caso,
sarebbero morti insieme a lei.

La maggioranza silenziosa
Non mi sentirai mai dire
sono tutti uguali.

Non mi vedrai mai fare
d'ogni erba un fascio.

Non mi sentirai mai giustificare
misfatti.

So distinguere il grano dal loglio
e strappare la gramigna dal prato.

Solo la mano impotente
che ha perso la speranza
s'affida al tutto o niente.

Solo chi ha coscienza pelosa
spera che anche gli altri
siano come lui.

Insieme si complimentano
a vicenda dello sfascio
provocato.

La leggenda raccontata l'altro giorno da Piero Colonna Romano mi ha colpito ed ho cercato di metterla in versi.

Aci e Galatea
(Non basta il teatro greco-romano a Taormina, a raccontar la storia di Aci e Galatea*. La figlia del Dio del mare che s'innamora d'un pastorello Aci, figlio del mezzo Dio Pan. Siamo tra il fuoco dell'Etna e il mare incantato. Ai primordi della storia. Nel tempo fatato degli Dei e dei mezzi Dei e degli uomini pronti a trascriverne gesta).
*(Ovidio, Metamorfosi, libro 12)


Lei venne su dal mare.
Lui alzò lo sguardo.
L'amore come fulmine,
a incendiare cuori.

Il giorno per amarsi
a piedi nudi sulla spiaggia.
Prima che il sole tramonti
Galatea torna sempre al mare.

Ma un giorno Polifemo,
la volle per sé.
E Galatea raccontò
del suo cuore impegnato,
del suo amore per Aci.

Il cielo si fermò.
Un fulmine squassò il vulcano.
La lava fuoriuscì violenta.
il sole s'oscurò.

Esplose l'ira del gigante,
con urla agghiaccianti
distrusse montagne
e le gettò in mare.
Poi cercò il pastorello
e lo schiacciò con un masso.

Galatea sentì una fitta,
una stilettata al cuore.
Si precipitò piangendo
sul corpo amato e pianse
pianse, pianse.

Qualcuno nell'Olimpo
sentì il pianto e s'affacciò.
Commosso chiamò gli altri
e decisa fu l'unione eterna
di quegli amanti.

Aci fu letto di fiume
Galatea le sue acque.

Adesso Aci e Galatea hanno
tutta la notte per amarsi
a piedi nudi sulla spiaggia,
prima che il sole unisca
anime e corpi,
nel solco nervoso
del fiume incantato.
Ad Acitrezza il ricordo di Aci
è vivo da sempre
guardando nel mare
quel sasso assassino.

Cure segrete
Non c'è più farfalle.
Il cielo oscurato.
Minaccia di pioggia
sul prato ansimante
e voglia di sfida
chi aspetta paziente
bagnarsi la faccia
per cura segreta
dell'anima sporca.

Rimesta nel fuoco,
sopito non spento,
quel po' di coscienza
che ancora rimane.
Ha preso dei calci
ma non si trattiene,
adopra lo specchio
sputando la faccia
che lo rappresenta.

Si torcono astuti
gli stracci strizzati
di mille ragioni
confuse col vero,
di mezze veline
appena stampate,
buttarla in caciara
per non far capire
chi ha torto o ragione.

Raduni
Vengo a te lacero-contuso
per ascoltare il vuoto dentro
di mani e volti appena scolpiti
dalla luce opaca del nostro sentire.

Omologhiamo lacrime
sprecando sentimenti
sull'altare di visibilità
deformate da luci artificiali.

Al posto di cadaveri nudi
sulla pala meccanica
accatastiamo anime,
inutili retaggi
di solitudini di pensieri.
Si va tutti insieme a cercare il nulla,
dolce nirvana del niente che accoglie
una vita di fuori e una bottiglia sul prato.

Sensazioni (2)
Ci rinfrescheremo al fuoco vivo
d'una notte d'estate
con la luna rossa di sole
e le stelle intimidite ad ascoltare.

Danzando a piedi nudi
nel fruscio gracchiante del falò
bruceremo i nostri perché
attendendo l'alba per ricominciare.

Con le ginocchia in bocca,
di fronte alla risacca,
saremo sopraffatti
dall'orizzonte
che partorisce il sole.

Vecchie e nuove realtà
Ci siamo persi in un mondo di cristallo
dai risvolti rosati quando canta il gallo,
turchini quando sale la luna.

E persi fiori dolorosi sulla parete
schizzata di colori di sangue
mista a sabbia del deserto.

Non c'è pace tra gli ulivi,
né respiro giocoso di vento
né voglia di festa sulla strada.

Camminiamo a testa china
scivolando sulla ghiaia del rimorso
senza alibi per reagire.

La via della redenzione
non è più il nostro pane,
appartiene a chi cavalca il mare
portando la croce del proprio vivere.

Senso di colpa
Sparse come letto di torrente
pietre residue tra lenzuola sfatte

Tourbillon
Se ci fossero luci da imbalsamare
e la scena sempre uguale a sé stessa
e lampioni di carta per ombre cinesi,
allora potremmo indicarci a vicenda
i fiori del male di cui è sparsa la strada.

Ma nel tourbillon quotidiano
di cui siamo interpreti e vittime,
fulminee comparse sulla schiuma dell'onda,
aggrapparsi alla mano del tuo nemico
può servire per non affogare.

Si mischian le carte, s'intrecciano giochi,
si perde l'onore per pochi denari,
si cerca e si trova la faccia di bronzo,
il sorriso dipinto senza espressione,
l'ingresso trionfale nel mondo dei falsi.

Il giudizio
Mi sono perso in un bosco incantato
lontano da sguardi indiscreti.
Ho vuotato lo zaino di pensieri
e messo a terra le mie debolezze.
Mi guardavano con occhi impauriti
coprendo vergogne sepolte da sempre.
Forte era il vento fra i rami dei pensieri
e deboli i lamenti di chi infreddoliva a terra.
In me la voglia di s-fuggire al tribunale
che si stava allestendo.

Affresco
I giorni domani
saranno freschi di stampa
e lucidi di lacrime ipocrite.

Gli affreschi nel cielo
si scioglieranno
in gocce di pioggia
a far piangere rimmel
dalle scritte sui muri.

È Pasqua di pace,
artiglio d'ulivo.

Sulle tavole
colombe a mandorla
insieme all'agnello
bronzeo di forno.

I dubbi alla fine
Alternando poemi e rancori
arranchiamo sfibrati
verso la foce
perdendoci
nel labirinto del delta.

Arriva in faccia il vento
a disturbar la mente
e perdersi nei meandri
di canali che portano
a niente.

Fischiano parole sottili
talmente ben dirette
da scollegare i fili
di menti interdette
a due passi dal traguardo.

Attenzione!
C'è pericolo di spendere
una vita di certezze
in pochi attimi
di paurosa incertezza.

Le facce della medaglia
Sfamare un morso
appiccicato alla tela del pianto,
uccidere un sogno
incorniciato con ali d'argento,
rovesciarsi addosso
cubetti di porfido
mischiati a catrame,
e darsi fuoco in piazza
come massima offesa
ad occhi ammiccanti.

Le scelte non mancano
come stolti sorrisi,
applausi insulsi,
sfilate di moda,
servizi per ricchi,
servi di corte,
vizi nascosti,
virtù conclamate,
paure ancestrali
e bigotto egoismo.

Poesia in faccia
Facciamo poesia alla faccia del mondo,
faccia sporca di fango e di morte,
raccontando farfalle e sevizie,
tagli di tronchi per guardare le foglie,
tonnellate di polvere pronte a scoppiare,
menti deviate da false assonanze,
e qualcuno che ride nell'ombra
perché i soldi non bastano mai.

Ci siamo messi armature disumane
per cavalcare secoli di guerre
sfruttando poveri cristi come scudi umani
da mettere sulla bilancia del macello
per la gloria del vincitore d'un giorno.
Il carosello non si ferma mai,
riparte lancia in resta a sfondare toraci
riempiendosi la bocca di sante giustificazioni
sulla bontà dell'orrore di cui ha lastricato la storia.

Poi c'è chi alza la testa per capirci qualcosa,
testa mozzata più presto possibile.
C'è chi offre il petto in segno di resa,
c'è chi ci mette il proprio destino,
c'è chi si arrampica sul muro del pianto,
c'è chi offre la guancia per essere ucciso,
c'è chi si arma di vendette impossibili,
c'è chi ci crede al paradiso dei buoni.

Cena in balcone
Ci sedemmo
respirando ponentino,
sorseggiando vermentino,
festeggiando il tavolo nuovo.

C'era odore d'Appia antica
e di ruderi affioranti,
c'era l'aria del tramonto
e il rientro di cornacchie.

Poi s'allungò la notte
e l'ombra del cedro
si stagliò nel cielo.

Una ad una s'accesero le luci
a coprir le stelle.

Film interrotto
Son catturato dal fermo immagini
mentre corro sull'argine
coprendo impronte argillose
di chi non c'è più.
Il film s'è fermato
quel giorno d'aprile,
interrotto senza un perché.
La folla in platea
è in piedi e protesta.
Se ti decidessi a tornare
non sarebbe poi male.
La parentesi è chiusa,
riprendiamo a braccetto
a passo deciso
il nostro cammino.

Un incontro
Ci siamo trovati
al verbo
di cicale perdenti
nel sole d'agosto.

La sera
il frinire dei grilli
addolciva il rumore
del tempo.

Vestiti di mare e di luce,
corpi abbronzati
e seta fluente
dalla coppa argentata.

La notte stellata
accompagnava rincorse
e abbracci ridenti
sulla spiaggia deserta.
 

Haiku primavera
Mucche ispirate
strappano primavera
tra margherite.

Forse il modello è superato
Ci vorrebbero forbici da pota
per rifar le basette al mondo.
Una mano di vernice a coprir le crepe
per ridarsi la faccia ridente
del "tutto e subito",
"non mettiamo limiti alla provvidenza"
e "il progresso è inarrestabile".
Possiamo vivere al di sopra delle nostre possibilità
tanto a pagare è il mondo
e i miliardi di persone
che si muoiono di fame.
Tutti vorrebbero partecipare al banchetto
ma il tavolo è per otto
e le provviste non bastano.
Quindi o ci difendiamo dall'assedio
di chi vuole un posto a tavola
o dividiamo il mangiare
rinunciando a qualcosa.
La soluzione estrema,
ma che va per la maggiore,
aumenta lo sfruttamento
di uomini e risorse
accelerando la fine della Terra.

Schiavitù
Da uno strappo nel sacco di iuta
fuoriesce caffè
dei nostri neri propositi
e suoni di spiritual
d'umanità affrancata
da diritti umani.

Quel sacco inorgoglito a parete
che gronda lacrime e sangue
e la gente che passa
e non se ne accorge.

Ricorda baracche di legno,
campi bianchi ovattati,
schiene chinate
e, sottovoce,
cori intonanti
la memoria di sé.

Rimorso
Sgorga il verso come acqua dalla fonte
quando hai un macigno che rotola
come botte con chiodi all'interno
e tu che sei dentro e non sai come uscirne.

Sprizza il verso come grida d'aiuto
ad intonare il canto nel roseto in fiore
tra spine, emozioni, sangue e pennelli
del nostro inverno che si colora.

Così se ne esce come veleno succhiato
il fascio di rovi che mordeva il cuore,
la cattiva coscienza sul cuscino spiegazzato,
il cervello fisso sulla stessa canzone.

Il discorso della montagna
Beati i poveri di spirito e i creduloni
perché loro sarà il regno dei servi.

Beato chi si rifugia nel credere
che qualcuno pensi per lui.

Beato chi indossa una maglia
perché suo sarà il regno dei fottuti.

Beato chi crede nel fato
così non capirà chi l'ha picconato.

Beato chi crede alla giustizia divina
così può rimandare il giudizio.

Beato ...

Ho perso il filo del discorso
ed il gomitolo s'è aggrovigliato.

Conformismo
Attorcigliato al fumo d'un comignolo
mi alzo nel cielo ad osservar dall'alto
come neve notturna la ricaduta di idee.

Colpiscono a caso, preparano aiuole
e tovaglie imbandite e cesti odorosi
di buoni propositi , torte farcite
ed occhi sgranati.

Ma tanto è per poco.
È pronta gramigna ad estirpare
speranza, è pronto il plotone
di chi non si espone.

Insofferenza
Non voglio più sentir parlare di fiori
né attutire rumori che vengono dal pozzo.

Non voglio più ascoltare la luna che ride
quando allarga le ali argentate sul nostro riposo.

Non voglio più piangere sul latte versato
lacrime che offendono la buona creanza.

Non c'è più spazio per chi si bea di esistere
senza capire quanto poco spazio sia rimasto.

Adesso è tempo di andare in piazza
con la faccia scura di chi non ne può più.

Sappiamo già che non sarà nostro
il merito d'aver cambiato le cose.

Sappiamo già che il merito sarà
di chi non ha fatto niente.

Gli omuncoli d'Italia
Vendersi l'anima
per un piatto di lenticchie
e scegliere la cravatta più intonata
per sostenere lo sterno
stremato dal peso di tante menzogne
e allontanare lo sguardo
per non incrociare lo specchio.

Ma avevo il mutuo da pagare!

Già, come l'operaio in cassa integrazione
oppure licenziato perché conviene
produrre in Romania.

E le spese di rappresentanza?

Rappresentare che cosa?
Un omuncolo se rappresenta sé stesso
non spende neanche il fiato per farlo.

Ma perché non posso cambiare idea?

Bisogna vedere quanti soldi vale
la nuova idea soprattutto quando
non si paga niente per cambiarla
e si incassa tanto per averla cambiata.

Resta la responsabilità storica
troppo grande per un piccolo uomo
d'esser stato determinante
per il male dell'Italia.
Forse, prima di spendere così la sua firma,
sarebbe stata meglio
un autoagopuntura al cervello.

Sì ma quando?
La festa è finita.
Chi ha incartato un pezzo di torta,
chi scola bicchieri smezzati,
chi dichiara di esser per caso,
chi si accorge di essere altro.
Ovunque sguardi sgualciti
ed occhi pesanti di sbornia recente.
Ma la festa è finita.
Bisogna restituire i costumi di scena
e le maschere di pulcinella.
Il popolo delle fogne si ritira!
Tornerà a far finta di essere
umano.

Che sarà mai?
Quando un prato di bianche margherite
mi lascia indifferente,
o l'albero che s'accende
o il verde ... prorompente?

Quanto strazio nella mente
a soffocar colori
a non salutar la vita
che riprende.

Sto seduto sul mare
muto ad interrogarmi
(interrogare il mare non serve a niente)
se son troppe primavere,
un arrugginirsi dentro,
o tristezza d'una vita
arrotolata su sé stessa
che non può più chiedere
né dare.

Maneggiare con cura
Ho riposto qualcosa in garage
in attesa di riparazione.
Si tratta del mio occhio stranito
rimasto strabico per seguire
un'immagine che scorreva sottotitolata.
Le notizie si inseguono ormai senza punteggiatura
e viene il torcicollo.
Dovrò fare iniezioni d'indifferenza
per diminuire i pezzi avariati
oppure distribuire certezze
da guardare fisse con i tappi alle orecchie.
Importante è non lasciarsi distrarre,
c'è rischio di capire.

Infinito
Ombre gotiche lungo la parete
e fievoli lamenti affastellati sulle volte
a ricordarci il cielo.
Scorre pacifica la luna
su binari tracciati con calcoli infinitesimi
dal caso.
Volgono i volti all'infinito
a cercar tra sipari e scene nascoste,
il cancello del paradiso.
Ma troppo grande è l'immensità,
ci siamo persi tante volte dentro
che uscirne fuori non è più ragione,
ma solo un abbassar lo sguardo
ammutoliti.

Riflessioni della bambina d'un tempo
S'è impigrita all'ombra
d'un salice piangente
con i piedi a mollo
a rovistare dentro
con le percezioni allungate
dal tramonto che incombe.
Vorrebbe volare lungo il bordo
e spandersi come nuvola in cielo,
guardare dall'alto le cose perdute,
la bambola in pezza di quand'era bambina,
le corse da pazzi tra i covoni di grano,
i giochi d'amore in mezzo al pagliaio,
le lacrime vere per una partenza,
la campagna lasciata, la città illuminata,
le case senza colore, tutte asfaltate,
senza anima, senza stagioni.

S'è fatta sera,
è ora di raccogliere le idee
riporle in borsa ed avviarsi
a passo lento verso casa.

Normalità
Di là starnazzano galli,
il caleidoscopio gira frenetico,
qualcuno ammazza la madre in diretta,
altri vendono auto travestiti da sogni.

Ma soprattutto galline
che strillano goffe incartate nel dietro
con coscia sporgente in presa diretta
e labbra rifatte firmate pirelli.

È nostra la fiera,
il luna park dei divertimenti,
dal retrogusto amaro
di paglia da baraccone.

Siamo tutti contenti
da guardare indifferenti
chi ci ammazza dentro.

Parole, parole ...
Parole da infilare come perle
per collane da vendere a terra
mischiate a cavalli di cuoio
ed occhiali per sentirsi più belli.

Parole da scomunicare
con battute blasfeme,
o da interrompere col pianto
per un giorno di spine.

Parole che ascoltano i sussurri dell'aria,
le grida lontane di voci bambine,
il sole che schiude i fiori di pesco.

Parole a volte farcite d'idee
che rendono scomodi gli sguardi degli altri
subito sospetti quando serve pensare.

Poesia ...
Poesia che vien dal mare,
poesia brutale
come schizzi su scogli,
poesia lattiginosa
in salsa di luna,
poesia solfurea
per sporcare la faccia
di fiori di fango,
poesia agglomerata
da vendere al chilo,
da spalmare sul pane,
da gustare in giardino,
in mezzo ai colori,
da stringere al cuore
per sentire il mare
che sussurra parole
pennellando risacca.

Marea
Non ci sono difese alla marea che sale.
Ci sono le scale per l'accorrer d'acque,
ci sono le barche sradicate dal fondo,
la sabbia con l'impronta di gomme,
l'orologio che specchia la luna,
appuntamenti fissati da sempre,
e devastazioni programmate.

Poi ci sono tsunami.
Le lastre scorrenti sul fondo
l'impatto tra giganti violenti
e l'onda che cresce correndo.
Palazzi d'acqua più forti di tutti
a pareggiare di morte ogni cosa.

Quadrati di cotto
Quadrati di cotto
antico toscano
s'affacciano pigri
sull'uscio di fuori,
ritornano indietro
e fanno tappeto
intorno al tavolo
di vecchia cucina,
le sedie di paglia
il camino in fondo
un vecchio seduto
sospira pensoso
ripassa le storie
da dire la sera
d'un giovan d'allora.

Resa dei conti
Annegare poesia in un pub per soli uomini
quelli con solo un tavolo davanti
senza orizzonte, al massimo un separé.

Attorcigliarsi come edera alla vite
a succhiare il nettare in fermentazione
e coprire i grappoli agli occhi degli esperti.

Perdersi in maschera attorno ad un tabù
girando e cantando canzoni sconce
alla prima occasione da trasformare in pianto.

Agitare fantasmi per confondere la via
movimentare il nulla della nostra pochezza
costruire una fiaba senza armatura.

Guardarsi negli occhi nella pozzanghera
senza vedere che cielo sporco.

Parentesi
Mi sono perso per inseguire
quell'eco di vento,
la voce di dentro
che m'aspettava
per fuggire di nuovo.

Al ritorno orme sdoppiate.
Quelle della mia ombra
mi presero per mano
ma si chiusero nel buio.

Ora son dentro il bosco dei ricordi
a raggomitolare il filo
del discorso interrotto
per inseguire il canto.

Ma nella notte senza luna
non conviene cercare
le tracce lasciate
da chi sa dove andare.

Domani si chiuderà la parentesi.
Salirò in corsa sul treno merci
che riporta pesante a contare
il tran tran della vita.

Pensando a Chagall
Ci siamo assicurati un pezzo di cielo
dentro sembianze eteree
galleggianti di traverso
a guardia di tetti
di città addormentate.
Improbabili cieli per domande infinite,
paesaggi bambini e voglia di favole,
incubi gelati e sogni di liberazione
il tormento del dolore di Cristo in croce,
il gallo e il caprone, i simboli che fanno volare
la pergamena dei sogni.

Il deserto dei tartari
Si consuma una vita
ad aspettare i tartari
sempre presenti all'orizzonte
del deserto delle nostre regolette,
dei nostri bavagli da quattro soldi.
La vita che va senza scopo
se non una volta affrontare il nemico.
Ma il nemico non c'è, è solo nei sogni
bisogna inventarlo altrimenti siam morti.
Il nemico ci serve a tener ringhioso
il vicino, distratto l'oppresso,
attento chi beve l'aria di parole
dell'altoparlante di Stato.
Non c'è niente meglio
di una guerra per trovare nemici!
Sfoggiamo il nostro armamentario
appena lucidato dalla ruggine
alzando forte il canto:
"Armiamoci e partite!"

Promesse d'amore
I refoli di primavera
sussurrano nel vento
frasi d'amore
a scolpire cortecce
di cuori trafitti
e nomi postati
per l'eternità

Compleanno
Quanto tempo è passato
da quando son nato
e quanto poco per i ricordi.

Era ieri che inseguivo in salita
il tram ansimante.
Era ieri ...

Non me la sento di continuare,
troppi era ieri.
Ed oggi?
Oggi passeggio sulle mie orme
cercando le tracce di chi sono stato.

Per chi come me non crede nel cielo
è importante cercare, è importante lasciare.
Per questo riempio pagine di sale,
di quello che resta, evaporata l'acqua.

Non c'è mai tempo
Se ci fosse almeno il tempo
di fermarsi a pensare.
Potremmo scegliere
quale barattolo scalciare
oppure sgangherare un sorriso
ad uno spot ammaliante
oppure sederci sul prato
a natiche nude
o mancare d'un soffio
il fruscio delle ali in partenza
verso porti lontani.

Potremmo sederci un momento
sugli scalini d'una chiesa
e chiedere l'elemosina
in cambio del paradiso.
Oppure arrampicarci
sui cocci di vetro
del muro di fronte
e prendere a sberleffi
il Signor Proprietà.
O cambiare in corsa
le regole del gioco.

Potremmo andare a scolpire pietre
sul fianco della montagna
e attrezzarci senza bere sudore.
Oppure coprire d'asfalto
le onde del mare.
O affacciarci sul bordo
d'una fossa comune.
O nasconderci in cielo
dentro le pieghe dell'arcobaleno.
O ... ricordarci, ogni tanto,
di essere uomini.

Senza scampo
Il mio cuore straziato
ha bisogno di cure,
non è ancora pronto
a sopportare l'affondo.
La mia mente fugge per boschi
e rovi e cespugli tenebrosi
rallentando lacrime che inseguono
e aprendo cieli in aspettativa.
Gli occhi sono persi in scatole di latta
e in frattaglie di civiltà alla gogna.
Solo il braccio indica la strada.
Strada che ci avvolge
nel fango di cartongesso e laminato plastico
a comporre sculture, a confonder la terra,
passando nell'aria rovente di morte latente.
Si fonde la vernice dorata
della gabbia in cui ci siamo rinchiusi,
tutte le strade sono senza uscita,
ci siamo presi in giro
con quattro ruote motrici.

Il mondo a rovescio
In cima al trespolo
il cappellaio matto
smazza le carte
e fa chapeau col cilindro.
A noi non resta
che prendere atto
di cadere nel pozzo
dei desideri scaduti.
Durante la corsa
s'afferra qualcosa,
un cane in peluche,
un cavallo a dondolo,
un quadro acquarello,
un Antonio o Giovanni,
un fucile a trombone,
un vecchio grammofono,
con la voce del padrone.
C'è il re di denari
con la corte d'ancelle,
c'è il fante di spade
che corre alla guerra,
la regina di fiori
col trucco alla mano,
il jolly di corte
che inventa schifezze,
ci son proprio tutti
si può cominciare.

Metamorfosi
Un nido appollaiato nelle pieghe del tempo,
custodisce la speranza del mondo
ed uno scrigno illuminato da dentro.

Nel silenzio ovattato delle pareti,
scienziati si muovono muti
tra fiale e vetrini, microscopi e alambicchi.

Ci siamo stancati di cercare
la formula della felicità
in fondo al pozzo o dietro lo scoglio
della nostra empietà.

Adesso proviamo a fabbricarla
su misura per il nostro appetito,
poco ingombrante, in tuta mimetica,
senza controlli di qualità.

Canto d'amore
Coriandoli d'idee silenti
s'inseguono fin sulla porta
spalancata dell'arco della luna.
Seduti agli scalini di frasi sconnesse
sale a fatica un sussurro d'amore
ma i baci son caldi, si bevono labbra,
si legano lingue in momenti affannosi.

Immagini virtuali
Certo ci sono
brutte immagini in giro,
ma a guardare dietro la lavagna
non c'è nessuno.
Il mio cane ha guardato
dietro il televisore,
ma non c'era nessuno.

C'è chi non ha mai visto
un albero da vicino
ma sa tutto di più e meno,
di eroi pluriomicidi
e di guerre stellari.

Un tempo l'abilità
giocava a lippa,
adesso si misura
con lo scorrere
rumoroso dei punti.

Anch'io ho guardato
nella mia coscienza
a cercare responsabilità,
ma la porta era chiusa.

Parole in bella
Come rane nello stagno
improvvise a saltare
infilando l'acqua
senza rumore,
così le parole
escono a caso
già chiuse
nel vestito d'inchiostro
per non evaporare.
Disegnano losanghe
dall'incerto selciato
e fiori di cardo
dall'anima pelosa.
Scavano pietre
per seppellire rimorsi,
affilano lame
per colpire nel buio,
pronte di giorno
ad esser riviste
tutte allineate
in bella grafia
come soldati in parata.

Il vento sta cambiando
Circondati da pasticcini colorati
e da cuscini rosa confetto,
coccolati dalla sorte,
infarciti d'idee che dicono
che è giusto così,
giriamo la testa con fastidio
per il troppo rumore
che fanno i morti cadendo.

Per sentirci più buoni
aderiamo a qualsiasi carità organizzata
senza verificare il percorso dei soldi.
Ma che non si facciano troppo sentire
le voci dei bimbi morenti di fame,
le urla dei palazzi sventrati,
le grida di vittoria
di chi ha cacciato un dittatore.

Anzi, detto tra noi,
i dittatori hanno di buono
che tengono tutti zitti
e non ci raccontano mai niente
tranquillizzando i nostri consumi,
regalandoci la pace dei paraocchi.

Parole nuove
Lente parole lente
si affioccano e planano
sul fondo rifatto
di versi stantii
coprendo e sbiancando
le frasi già dette,
le rime forzate,
le lune d'argento,
i soli vermigli.

Si ricomincia
con grida slabbrate
di scritte sui muri,
paranoici affreschi
di artisti vandalici,
e segnali stradali
da riscrivere in nero.

Si ricomincia
sempre da zero.

Disperazione
Calpestato in mezzo ai sassi,
cammino a piedi nudi sui rovi
per sentire il dolore che viene
come diga fessurata,
come onda di morte.

Non sono nemmeno un'ombra
riflessa dallo specchio,
faccia disarticolata e appiattita
in un'unica espressione,
epitaffio vivente su marmo
o meglio (va di moda)
su ceramica fotografata su niente.

Sono qui in ginocchio
urlando e piangendo
per aver perso
sentore di me.

Carnevale
Pupazzi di neve
con parole stracotte
su carri di ghiaccio,
sfilano tristi
col riso stampato
su stelle cadenti
coriandoli spenti
ma in doppiopetto
con i bottoni
rosso vergogna.

Non ci casco
Io che non ci casco,
io che non me la date a bere,
io che ho consumato ginocchia
su scale sante di tutto il mondo
e che adesso scarto carte truccate
per non andare a vedere,
io che ho preso a spallate
il museo della luna e le stelle,
e fatto cariatidi di agitatori di anime,
io che non credo ai falsi buonismi
ed alla carità pelosa di chi vuole l'anima,
io che esplodo di rabbia di fronte al veleno
iniettato con arte in tutte le arterie.

Il cesto
Incontrai una fanciulla
che aveva al braccio un cesto d'idee.
Le spargeva come petali di rose
ma nessuno sapeva a cosa servissero.

Mi chinai a raccoglierne una
ma era uno specchio
che insegnava a guardarsi dentro.

Mi chinai ancora
ma era una pagina bianca
che chiedeva un'idea in libera uscita.

Allora capii che non erano idee
ma strumenti per fabbricarle.

Macchiaioli
Un mazzo di rose,
un fascio di fieno
con dentro papaveri
e fiori di campo
e giochi di sale
in fondo agli scogli.

Si perde lontano
il silenzio del mare
in mezzo ai covoni
e capanne di paglia
con dieci corvi
posati sul prato.

Là sulla spiaggia
qualche ombrellone
colora di allegro
la sabbia giallastra
e il vento sospira
alzando farfalle.

Ricordi
Ci ritroviamo
nel labirinto del tempo
imperterriti e attoniti
come candele seccate.

Ripassano scene
appena sopite
nel dormiveglia
della coscienza.

Ritornano luoghi
già conosciuti,
immagini sciolte
senza collare.

Nostri ricordi
così mescolati
che sembrano sogni
appena svegliati.

Attenti!
C'è un po' di fondo,
non contengono solfiti.

Consigli per fine corsa
Non ci sono più scappatoie
né fumosi bracieri d'incenso
a giustificare l'anima.
Meglio affrontare
la parete a mani nude
sfruttando le callosità della vita.
Non ti lasciar fuorviare
dalla piega amara delle labbra,
né dalla fronte dai mille rigagnoli.
Non è per quello
che supererai il muro,
né ci sarà qualcuno ad aspettarti
con un sorriso.
Porta con te una sacca
con gomme e matite,
torneranno utili
per riscriverti la vita.
Vesti panni dismessi
e non guardare mai
fisso negli occhi.
Qualcuno dell'armadio
potrebbe riconoscerti.
Scivola via con flemma,
potresti ancora salvarti.

Ma che ne sai del dolore dentro?
Ci sono cose che raschiano dentro
con gli artigli del dolore
e l'assuefazione alla tortura.

Ci sono perdite di vista e d'udito,
la testa sollevata ad ascoltare echi,
l'occhio fisso a far parlar immagini.

C'è la voce da vendere al mercato
o impegnarla al banco dei pegni
in cambio di lacrime di scorta.

Il volto una maschera rigida,
solo muscoli delle mascelle
sottopelle a serrare denti.

Lo sguardo oltre l'infinito
appena fuori dai vetri
del proprio giardino

Inconcludenze
Sono andato fino in fondo
ed ho trovato un tunnel in salita.
Ho scavato nella mia ombra
per ricavarne cenere.
Sono sceso dalla scala
senza cercare pioli.

Adesso che intuisco orizzonti
m'affaccio al balcone dipinto
sul muro di fondo,
cercando una strada
che porti al sospiro del mare.

Catarsi
Con le mani aperte come ali
a sfidare l'aria solforosa
e gli occhi anneriti
dalla luce accecante
d'un pezzo di specchio
del natale precedente,
ci presentiamo al mondo
con carte in bianco
da riempire con nere incisioni
per traversare la strada
senza essere spinti.

Ma il bastone non ha pomelli d'argento,
rinchiude in memoria l'innesto di rami
e parentesi nodose quando
le foglie stormivano al vento.
Non ci sono stampelle a trattenere
immagini storpiate e mantelli.
Né è possibile coprirsi la faccia
con maschere ridenti.

È tempo di riconoscersi dentro,
è tempo di tornare alla fonte
per tentare una strada diversa.

Al passo coi tempi
Quando vedo tralicci
portati dal vento
e tempesta di canne
e tegole rotte
cerco riparo
da solo nel tempo.

Tempo passato
racchiuso in clessidra
gomiti certi
e rotule scarne
pietre miliari
della mia storia.

Cerco domande
a risposte già avute
cerco risposte
a domande mai date
cerco la chiave
che serviva a capire.

Ma la chiave
ora è europea
niente dal buco
niente anteprime
a preparare espressione
per quando si è fuori.

Leghe che slegano
Se la Lipu cambiasse la sigla
e si chiamasse Lipu
"Lega italiana per la protezione dell'uomo"
forse cominceremmo a centrare i problemi.

Si costituiscono leghe un po' ovunque.
C'è anche quella per la difesa della pulce
o dei pidocchi.
Manca quella per l'uomo.

C'è quella che per non dimenticarsi
deve riempire di simboli il water.
C'è anche quella per la difesa
d'un'improbabile storia.

Ma manca quella per l'uomo.
L'uomo non individuo
l'uomo numero
da calpestare, prevaricare,
assoggettare e, soprattutto,
mantenere ignorante
o fargli credere
che le idee che ha in testa
siano sue. 

In-contaminazioni
Sto scrivendo di gocce di pioggia
che scendono tristi come lacrime vere,
scavano rughe su volti di marmo,
insistono fresche su mani gelate.

Sto scrivendo di lacrime vere,
lungo le gote ruscelli di sangue,
bocche racchiuse tra le due palme,
occhi nell'orrido e schiene piegate.

Sto scrivendo d'un mondo malato,
di statue di marmo e urla straziate,
di ciechi e di sordi, di braccia scomposte,
che chiedono aiuto a chi non le vede
 

Balbettando buone intenzioni
Abbiamo riempito il prato di lune
da cogliere ai primi chiarori.

Abbiamo cercato la fonte
dell'inizio dei nostri pensieri.

Ci siamo vestiti di cielo
scartando ricordi cenciosi.

Abbiamo ascoltato risacche
confondersi andando a ritroso.

Abbiamo scavato nei ghiacci
trovando il cadavere
del nostro rimorso.

Rimanenze
Non so a chi lascerò
questi poveri strumenti
sdruciti e impolverati.

Non so a chi lascerò
l'ago e il filo
della mia mente rammendata.

Né so di frasi sconnesse
da mettere insieme
né di coppe e corone.

So di pagine vuote
da riempire col mare
e di scarpe sporche di sabbia.

So di baci e carezze
rimasti invenduti
anche se truccati da saldi.

Dottor Jekyll
Se ne va in giro
elemosinando prescrizioni
chiudendosi in bagno
per non farsi trovare.

Ma mister Hyde non demorde,
aspetta la notte e come fauno
va in cerca di giovani
da violentare.

Il gioco è truccato
da giovani donne
che fan finta di correre,
levrieri azzoppati
dietro compenso
alle corse cinofile.

Son belve assetate
tenute al guinzaglio
da quarti di bue
e filetti al pepe rosa.

Ma il serraglio va rifornito
e allora c'è un trio
uno e trino
novello lucignolo
di povere stelle
che mette a frutto
la loro voglia
di trovare in fretta
la scorciatoia
per il successo.

Come, ad esempio,
sopravvivere come naufraghe
sull'isola che sapete. 

Migranti
Il problema non è morire
il problema è vivere.

No vivere per non morire
ma vivere per vivere.

Meglio la morte che non vivere.

Di queste massime da un po' di tempo
si sciacqua la bocca il Mediterraneo.

Vengono fuori tra un'onda e l'altra
come gemiti dal fondo.
 

Se non ora quando?
Ora! Adesso!
Facciamo abbassare gli occhi
anche ai nostri uomini
comunque maschilisti
per il tanto
che ancora resiste!
Intanto cacciamolo!
ingordo malato di sesso!
Agli uomini spetta
il giudizio
su chi pensava
di poter fare
qualunque impunito.
A noi donne
la rivolta morale
di tanti cervelli
che credono forte
tutto malgrado
d'esser persona.
(in memoria della giornata nazionale di protesta delle donne del 13 febbraio 2011
a cui ho partecipato con gli occhi abbassati
)

Il linguaggio del poeta
A volte mi perdo in frasi slabbrate,
perifrasi false, avverbi casuali.

A volte mi perdo su un binario morto
avendo scordato di azionare lo scambio.

A volte la mente che pensa si scorda la penna
veleggia abbagliata e si scontra col palo.

A volte è la musica dentro che ha più valore
di quel che si scrive.

Ho perso il valore del di, del da, del per,
del su, del gli, del col.

Non so che darei per ricomprarli,
ricomporre le frasi per dargli un senso.

Ma questo è ciò che si paga a fare il poeta.

Casualità
Un giorno caduto di fianco
raccolse con cura posate,
coltelli e forchette d'argento
e baci sospesi nell'aria.

Si volse a cercare fortuna
partendo da panche svuotate
di pesanti orologi soviet
e casse armoniche stonate.

Non contò con la mente i passi
ma solo una volta decise
di prendersi un giorno di ferie
per giocare i piedi a campana.

Adesso ripensa a quei giorni
chiedendosi quasi per caso
che cosa sarebbe successo
se fosse caduto di schiena.

Un sogno
Mi sono preso la briga
di gridare al mondo
parolacce sfaccettate
in modo da colpire nel profondo.
Poi ho aspettato le risposte
con racchetta da tennis
e tuta mimetica da combattimento.

"Ma come si permette,
la denuncio per oltraggio
e offesa personale!".
"Lei non sa chi sono io!".

Rimbalzano un po' ovunque
e fischiano le orecchie
ma c'è un modo per zittirle:

"SO CHI È LEI".

Senza vesti,
come falene impazzite,
le vedi tentare e ritentare
una via d'uscita
prima di accasciarsi
con le ali spiegazzate.

Ricerca
Dove porta questo sentiero
foderato di cipressi?
E la scala che sale all'infinito?

Poter toccar con mano
un legno levigato
da secoli di umidi attriti
e poi prendere il volo
per spargere sale in altri lidi.

Cercare nella tasca interna
il proprio perché
fissando l'ombra
ché non scappi via.

E poi arrovellarsi
intorno al fuoco
fotografando fantasmi
di passioni interdette.

E seguire le voci
agitate di chi
non sa aprire le ali
per stare al passo
col tempo.

Basta!
Passeggiando con le nuvole
contavo sassi sparsi nella tasca
rimuginando pensieri sporchi
di odio ed estraneità.

Non ci voglio più stare in mezzo agli uomini!

In mezzo a questi uomini
pronti a specchiarsi
in un piatto di lenticchie avariate
purché di Castelluccio.

Hanno la faccia
di non rompere
lo specchio la mattina,
cadono le braccia senza dignità.

In mezzo a questi uomini
che si rotolano nel fango
contenti di farsi notare
dal burattinaio
che deve scegliere la corte.

In mezzo a questi uomini
(e donne: tutte uguali)
senza onore, senza niente.
Spudorati mentitori
con la velina
da imparare a memoria
la mattina
prima di sedersi nello scranno.

Uomini di merda!
Pronti a vendere moglie
culo e figli
sull'altare del denaro.

In mezzo a questi uomini
che ti sfidano ridendo
mentre recitano corbellerie,
sicuri di farla franca.

Lo sappiamo tutti e due
che stai dicendo sporche bugie.
Non conta se è falso
conta quante volte lo ripeti
e su quanti altoparlanti puoi contare.

Non ci voglio più stare in mezzo a questi uomini!

Non ci voglio più stare in mezzo agli uomini
che si bevono tutto
per pigrizia od ottusità
per ignoranza sufficiente
per egoismo animalesco
che tutto giustificano.
Tanto per salvare l'anima
basta le messa domenica mattina.

Tifosi si nasce
Pensieri raggrumati in un sasso,
passi perdenti d'un legno nodoso,
disegnato in modo scordato
per trattenere una sola realtà.

Il bicchiere non è mezzo pieno
o mezzo vuoto, è solo a metà.

Non si nasce per capire
ma impaziente e timoroso
per sapere con chi stare,
che maglietta da indossare,
quale il verbo da imparare.

Non si usa il grimaldello
né la chiave per vedere
che c'è fuori da scoprire,
le domande sono morte,
le risposte sempre quelle.

Incubi
Ci sono quelli obbligati
come scalare la pietra
che ostruisce l'uscita,
come sentire il morso
di vipera sfiorarti vicino,
come sognare di cadere
senza paracadute
nel vortice infinito.

Ci sono poi volti
che non vorresti vedere,
ci sono mani
che sfiorano il viso,
ci son storie
che sembrano vere.

Ma mai come quando,
stropicciandoti gli occhi,
non sai più chi sei.

Sciame di zaini
Occhi assonnati in frotte
sciamano dai bus ogni mattina
tutti intruppati verso scuola.
Si parla poco, parole masticate
ruminando tra ciuinga¹ e pensieri.
Tutti in divisa
jeans e giubbotti, cavallo al ginocchio
scarpe da ginnastica, capelli da gallo,
linguaggio in codice,
parolacce e moda, tutto unisex
senza più gonne senza più
un grammo di femminilità.
Si abbracciano i due
lui, con pearcing,
lei con capelli rosati
son belli, son giovani, sono...
Tutti in vetrina.
Gli zaini come farfalle
multicolori, vuoti di libri
ma pieni di tutto
ed un diario per raccontare
il proprio vissuto, pensieri e speranze,
le prime esperienze, gli amori segreti,
foto di eroi di musica e film,
il racconto d'un pianto,
un incontro nel ballo, sabato sera,
la vita di gruppo sempre e comunque
senza lasciare mai spazi per sé.
Ma son zaini che trascinano
domande pesanti
a cui nessun adulto risponde
pena la crisi d'identità.
Voglia di valori,
credere in qualcosa,
oltre gli specchi in cui rimirarsi,
spaesati e fragili, sufficienti di sé,
oltre il niente che noi adulti
proponiamo, oltre il futuro
che loro rubiamo.

Scandisce la campanella
ore sempre uguali.
Tentativi di evasione,
auricolari di nascosto,
cellulari in apnea.

*¹ Ciuinga = chewingum
Sandra Greggio e Lorenzo Poggi

Il concorso
Se un giorno ci fosse una targa
alla porta d'entrata del paradiso
e si indicesse un concorso
per incidere la frase più bella,
allora potremo ridere insieme
correndo su prati e ruscelli,
scambiarsi parole giocando
a volano con i versi e le strofe,
e danzare con nastri di seta
tra salici, pioppi e betulle argentate. 

Colori
Il tramonto sparge nel cielo
un manto di rose e pervinche
coll'arancio rosso del sole.
I bordi di nuvole fan steli nerastri
nell'aria infuocata che presto sarà
un velo notturno trapunto di stelle.
 

Haiku foto
Uno al comando
arroganza in poltrona
pelle di porco.

Fili di lana
Fili di lana d'un enorme gomitolo.

Rotoliamo insieme,
avviluppati a fare la storia.

La testa bendata nostro malgrado.

Inermi a scrivere
su magliette stampate
slogan ipocriti di false bontà.

Gira telaio non ti fermare
va sempre avanti senza guardare.
Sandra Greggio e Lorenzo Poggi

Impotenza
Sono a strapazzar la pagina
cercando la voce che è dentro
il volto liberato da bende
la bocca impostata nell'urlo.

Agitata da un vento di rabbia
può forse schizzare veleno
sulla faccia d'un finto buonista
sulla targa infangata di niente.

Oppure rimane silente
vergognandosi a dover raccontare
l'idiota del mondo di fuori
il futuro che torna all'indietro.

Camici bianchi
(Della serie "anche gli stregoni sbagliano" ma non lo fanno capire)
Freddi come lapidi
accolgono chi
con le mani imploranti
chiede aiuto.
Sul piedistallo della scienza
non c'è posto per sentimenti,
solo sguardi senz'anima,
solo diagnosi asettiche
ed errori senza responsabili.

(su ispirazione e aiuto di Sandra Greggio)

I ragazzi del Cairo
(nella speranza d'un loro successo)
Ci siamo aiutati con braccia d'amore
portando allacciato un solo colore
quel rosso speranza di chi veramente
costruisce da sé il proprio esistente.

Adesso siam alti di sguardi e di volti
fieri di sogni e di fiori ormai colti
piangiamo i caduti pagandone il prezzo
ma del tiranno non resta che il lezzo.

Ad Auschwitz
(La giornata della memoria dovrebbe essere tutto l'anno)
Ora son fermo
non ci sono parole
ma gallerie di fantasmi
e dolore a forma di pietra.

Ci son lacrime secche
e sangue rappreso
sul selciato rimasto
e nei fiori di campo.

Non so più andare
oltre il vuoto d'orrore,
non so più piangere
quelle occhiaie vuote.

Ma come è possibile?
non può essere vero
non posso crederci
qualcuno m'inganna.

Nessuno t'inganna
basta mettere in testa
che è necessario
purificare l'umanità.

Solitudine3
Sono in mare
sospeso a mezz'aria
come ali di albatros.

Sono in cerca di via
senza chiedere niente
scontando cartelli
di divieto di transito.

Porto bandiera verde speranza
un garofano rosso sul petto
ma nessuno si ferma
né pone perché.

Son passi veloci
nel solco segnato
la busta di spesa
che porta pensieri
di solo tran tran.

I giorni della memoria
Sprofondato nell'abisso più nero
sotto una catasta di corpi
lo sguardo impaurito si china
e spera che il visto non sia.

Son sveglie improvvise e sudate,
son capelli rizzati,
son urla d'animale ferito
son lacrime ancora.

Chi è stato e ne è uscito
ha lo sguardo
come un tronco d'olivo
una faccia che ha perso il sorriso.

S'è persa la voglia di vivere
allora non c'era che quella
l'uomo ridotto animale
disposto a tradire a rubare
per qualche pezzo di pane.

C'è chi gira lo sguardo
c'è chi non vuole sapere
c'è chi non vuol fare i conti
col suo essere umano.

Non ricordare è anche un modo
per giustificare la belva,
preparare il terreno
se per caso riappare.

La storia non si ferma
Ci siamo messi in maschera fuoritempo
per controllare le luci di scena
e pareggiare le buche del palco.

Sciorinare tappeti rossi così a caso
senza sapere dove si va
e preparare petali di rose
da spargere al momento
su passi incerti senza meta.

Forse è il momento di sbaraccare
sequele di parole ormai disuse
ritornare sui banchi di scuola
a mettere dritti nuovi bastoncelli,
salire sul treno che inaugura la svolta.

Speranza
Torneremo a guardarci
il fondo degli occhi
se solo il vento cambiasse
ed il mare si riempisse
di cuffie di speranza.

Rivendichiamo il diritto
d'andare in giro
a togliere maschere
a marionette tutte uguali
per scoprire il mostro
che è in noi.

Bisogna chiamare a raccolta
anche gli orsi e gli eremiti
e soffiare forte la bandiera
del riscatto, e dopo contare i caduti
sepolti da troppe parole inascoltate.

Ma c'è tempo per i busti
adesso conta ripristinare
un presente da vivere.

Povera vittima
Alla corte dei miracoli
genuflessi in permanenza
già son pronti a mascherare
le sue nuove marachelle
ben sapendo che alla denuncia
d'un complotto ben servito
qualche cristo abboccherà.

Ci sono i cani da guardoni
come Augusto Minzolino
che nasconde tutto quanto;
c'è chi fabbrica veleni
c'è chi dice sono uguali
c'è chi dice non è vero
chi si assolve anche da solo.

Lui si assolve nel suo teatro
di fronte a tanti spettatori
sempre pronti sempre attenti
alle soap televisive.
Poi ci sono le sue reti
tante feste, tante veline
tutte brave signorine.

Gli italiani creduloni
sempre pronti per un capo
burattini inconsapevoli
che si formano opinioni
col giornale dello sport
e tg confezionati,
e non sanno d'esser usati.

Siamo tutti furbacchioni
non capiamo un accidente
siamo fichi, siamo dritti
ci fidiamo ciecamente
di chi blatera idiozie
fa i suoi comodi bavosi
e ci tiene anche agli applausi.

La paura
Cavalcare la tigre
dei nostri istinti bestiali
è un corso facile facile
una ricetta da pasta scotta
e carne sanguinolenta.

Il segreto è farli uscire allo scoperto
spegnendo la luce dell'intelletto
eclisse di sole sulla conoscenza,
cultura sotto le scarpe.

Che resta dell'uomo
se non l'animale accerchiato
impaurito che invoca
qualcuno a cui delegare
la propria salvezza.

Agitare fantasmi conviene
inventare nemici è d'uopo
si riaprono panche
a cercare armature
gli elmi e le spade
d'un tempo passato.

Bisogna estrarre la croce
rossa insanguinata
del sangue del nemico
nemico astuto
bisogna stare attenti
non si mette la divisa
può essere il vicino
il tuo migliore amico.

Ma chi ha in mano la commedia?
Farabutti prezzolati
ignoranti di giornata
e furbastri quanto basta
per darla a bere agli assetati.

Ci vuol naso da segugio
a capire quando è il momento
per piazzare uova d'insetto
nel corpo vivo di chi
non sa affrontare
nuovi problemi.

La macchina della nebbia
(cugina della macchina del fango)
Tutto quello che è detto
è lontano da noi
o vicino un po' troppo,
a volte si assorbe,
a volte riesce,
a volte si sazia
d'un pallore reale
che tanto assomiglia
a una bella menzogna.

Si trovano sempre
le ragioni ideali
che coprono il puzzo
d'un interesse nascosto.
La mente s'infervora,
veramente encomiabile,
lo sforzo di stendere
uno strato di nebbia
su quello e su tutti.

Le ragioni indicate
fanno partecipi
i poveri cristi
in attesa d'un padre
a cui delegare
la responsabilità,
in attesa di furie
su cui scaricare
l'impotenza di sé.

Come un immenso cartello pubblicitario
Risuonano passi nel soffitto della cattedrale
ci sono quindici metri a rimarcar la differenza
ma i santi e gli abati son seppelliti a terra.
Fuori c'è la vita che scorre con polveri grigie
e sentore di morte, gli strumenti adeguati
a fissare lo stato, a certificare il suicidio.
La farsa continua, si gioca al massacro
siamo birilli pronti allo strike,
siamo persone con giacca e cravatta
ad onorare latrine e wc,
siamo ogni tanto in maglione e jeans
tutti in fila rigorosamente
ad accendere l'interruttore "libertà".

Virtualità
Scrivo per rabbia su carta usumano
ritorno a cercare il fieno e la paglia
il sole nascosto nel chicco di grano
il pianto d’un bimbo che ha voglia
il canto sfacciato giù al torrente
il raglio d’un asino impertinente.

M’impantano apposta nel fango
(Non voglio più invidiare
chi col Suv compra il giornale)
sperando che piova
per uscirne pulito
senza lenti a contatto.

Ho perso la rima sguazzando nel fango
ridendo lacrime mi guardo intorno
cerco un osso di verità.

Pensiero
I poeti hanno fame
di buchi di reti,
di pezzi di cielo.
Ricordano agli altri
che si può andare
oltre lo sforzo
di essere vivi.

Di notte
Scintilla il sentiero
come bava di lumaca
alla luce della luna.

Copia tortuoso
il letto del torrente,
buio di ombre e di rovi.

Si sparge nell'aria
lo stridere della civetta,
ed il verso sincopato del gufo.

Il silenzio è rotto
dai passi pesanti
di scarpe ferrate.

Il centocinquantenario
Non serve più far finta di niente,
aprire gli ombrelli e volare,
rotolare sui sassi
con ruote di scorta,
sciogliere vele d'argento
per traversare il mare.

Con la faccia contrita
di chi non sa perdere
ritorna tra noi
l'eroe dei due mondi

S'è perso la spada
di mille battaglie,
s'è perso la voce
appresso a parole
ormai chiuse nel vaso.

Ora si gioca con altri valori,
con le carte del re di denari.
e non sono le idee,
è la complicità che conta.

La montagna d'estate
Il fiato largo della valle
s'incunea tra larici e abeti,
rincorre le nuvole sparse
e le guida intruppate,
sorride agli spiazzi dei boschi
dipingendone i prati
di fiori celesti, gialli e vermigli
e piange leccando gli squarci
di stupide piste da sci.

Le cime verso l'azzurro
son spoglie e maestose
con piccole macchie di neve.
Nevi eterne ma ancora per poco,
dei ghiacciai è rimasto il sudario.
Una cima porta una croce,
su un'altra, più bassa,
s'intuisce un rifugio,
di quei pochi che restano
con fatica a raggiungere.

Grondando poesia
C'incontrammo in piazza
gesticolando come citrulli
ognuno a dir la sua contenti.

Ci sedemmo al bar
parlando per metafore
così come conviene
a noi poeti e sognatori.

Ordinammo un cappuccino
come fosse un sacerdote
e due paste d'accompagno
come diplomatici con feluca.

Così arrivò in tavola
un cordone francescano
e un cavalierato di gran croce.




Ai Fori

Fra sassi appostati a miliare la storia
e il fruscio di passi svagati,
fra marmi e colonne appena abbozzate
ed il sole che colora di vita
lo scempio del tempo e degli uomini,
rimane la voglia di capire il passato,
di sentirsene parte, di lanciare catene,
perché sia tutto legato, sia tutto spiegato,
ci sia un filo che collega l'umanità.

Verso la fine
Ci sono ingredienti
così poco cercati,
ci sono fandonie
così ben costruite,
ci sono sogni
così vuoti a perdere,
ci sono traguardi
così ben truccati,
che c'è da annegare
in questa realtà.

Prepariamo intanto i messaggi
da mettere in bottiglia nel mare.

Riprendo il cammino
Riprendo il cammino
rivestendo di nuovo
la pelle dell'orso
il viso imbronciato
a tenere lontani
i cani strapieni
delle loro ovvietà.

Rimane però
il sorriso nascosto
d'una parte di cuore
rinato alla gioia
di queste emozioni
che sembravano perse
in vecchi ricordi di gioventù.

Vacuità
Siamo sandali di limo
a incidere ghirigori
su carta di papiro.

Siamo tolda e coperta
del vascello fantasma
e corde e verricelli imbronciati.

Siamo aerostati persi
nel buio del cielo
e cestelli pensierosi.

Siamo argonauti
naviganti nello Stige
al freddo del vello d'oro.

Siamo l'ombra di noi stessi
con le mani tese
pronte ad afferrarci.

Vendita per telefono
(prontuario di autodifesa del consumatore)
-"Vuole risparmiare?"
-"Non voglio risparmiare"
-"Ma con noi ne fa due al posto di una"
-"Ma non voglio farne due. Me ne basta una."
-"Ma una le costa quanto due delle nostre."
-"Meglio una con piena soddisfazione che due forzate."
-"Così non vuole risparmiare."
-"No se risparmiare significa aumentare i consumi."

(Non è poesia ma è stringata e fa riflettere come poesia)

Comandamenti
Recuperate le idee attaccate alla volta
non permettete che la sera s'involino
sfiorando i muri e l'impatto
per dimostrarsi diverse dagli altri.

Vestitele in modo dimesso
non lasciate che parlino chiaro
qualcuno potrebbe sentire
qualcuno potrebbe capire.

Siate pronti a disconoscerle
siate pronti ad umiliarvi
coprite la testa di cenere
e, soprattutto,
nascondete gli occhi.

Rally
Spargere sale
dà sapore alle strade
condisce col ghiaccio
la salsa di fango.

Lasciare le tracce
non è tanto facile
le mosse son scatti
così come un tango.

Chi arriva al traguardo
s'avvia verso il podio
ringraziando in cuor suo
il cloruro di sodio.

Piccia piccia
(dedicata a Sandra)
hai messo la miccia
ed hai fatto saltare
la Barbara
(ancora non santa)
tirando nell'aria
il magico mazzo.

Ci sono odori
sparsi nel cesto

ci sono sapori
mischiati ai colori

c'è il prima
insieme al dopo

c'è il tutto
fatto di poco

c'è l'essenza
e la freschezza

c'è la vita
che sente pienezza.

Filastrocca
Ha preso di spunto.
Ho preso spunto.
Ho preso uno sputo.

Ho preso ...
un lenzuolo trapunto
di viole e di stelle
salato a buon punto
orlato di pelle.

Ci faccio ...
un cappotto avariato
da stendere al sole
nel posto sbagliato
dove il dente duole.

Mi sono ...
scomposto nel riso
trasformato in pianto
a deformare il viso
ad intonare il canto.

Ma di che ...
ma di che sto parlando
se c'è spunto nel vino
si risolve assaggiando
maledetto destino! 

Cercansi volontari per il 2011!
Ho visto quest'annuncio
sul giornale di oggi
in una bacheca vignettistica.
C'era solo questo, nessun disegno
e sono stato male.

E' la fine.
Si è persa la voglia
di guardare oltre il muro,
i denti a sorriso
come museo delle cere,
la mente a ritroso,
il futuro bruciato
in questo vuoto presente.

Alzeremo i calici
a brindare passato
perché davanti
non si vede più niente.
 

Incontentabile!
T'ho riempita di parole,
di suoni, luci e lampi,
di grida e suppliche,
di rabbia e dolore,
di carezze e pianto,
di colori e chiaroscuri.

Mi sono specchiato
con l'occhio del pavone,
le ho sparate grosse
per fare rumore,
mi sono prostituito
per uno sguardo svogliato.

Ma la pagina non ha memoria
ricomincia, ogni volta, vuota.

Immagini di notte
T'ho vista china sul prato
a raccogliere petali
per riempire la penna
e farne poesie.

Ho visto germogliare
cristalli di ghiaccio
e alberi trasparenti
fare capolino
dalla nebbia cristallina.

Poi ho visto la luna
illuminare luoghi incantati
che riposano lievi
sotto la neve.

(poesia dedicata a chi me l'ha ispirata)

Aria di festa
Altro che aquila fiera
dagli artigli arroganti.
Altro che eco agghiacciante
dagli anfratti nascosti.
Altro che ramoscelli d'ulivo
nei becchi rampanti.

Oggi c'è altro nell'aria.

C'è il suono agghindato
di chi va su due ruote,
la campana che chiama ridendo,
il pacchetto incipriato
delle paste per pranzo,
i capannelli al sole giulivi a pois.

S'è fermata un momento la corsa
ci si guarda un po' meno in cagnesco.

Il fumo uccide
Ci sono momenti molto intensi
sfregiati da una cicca inopportuna.
Acqua sporca di soddisfazione personale
piccoli egoismi con premiazione finale.

Ci sono ozi desertici
senza più oasi da immaginare
nel vuoto ipnotico
delle volute di fumo.

Ci sono filtri accattivanti
deviatori mentali,
di chi cerca carta assorbente
dove placare i perché.

C'è chi si riempie la bocca
di salutismo idiota
che serve solo
ad aumentare la voglia.

(È con viva soddisfazione personale
che annuncio di essermi liberato dal fumo
dopo cinquant'anni di schiavitù
)

Libero arbitrio
E' inutile aprire le acque del mar rosso
per lasciar passare i cani
o sbattere la testa contro un diluvio
per due tavolette di marmo intirizzite.

E' inutile continuare a perseguitarci
con evidenti trappole divine.
Le leggi son stampate
si tratta di vedere come evitarle.

Ma il gioco è truccato,
chi dà le carte sa già chi vincerà.

Il sangue corre dove serve
A volte corre fuori
a bagnare l'asfalto
per ricordare chi comanda.

A volte va alla testa
di chi ragiona al contrario,
a volte agli occhi
di chi perde la calma.

Non ho mai sentito
di sangue sotto i piedi
se non sotto tortura.

Evanescenze
Percorsi intrecciati,
parole a scontrarsi
con le loro accezioni.

Idee a caccia di significati
si portano appresso
pezzi di natura
per giustificare l'assenza.

Ma sui muri vellutati di muschio
per lasciare una traccia
servono scarpe chiodate.

Faccia di bronzo
(14 dicembre 2010)

Vorrei disegnare una faccia
con un coltello da intaglio
o punzonarla
con il marchio del giglio.

Affondo le dita
nella pasta del legno
sfidando l'incontro
coi denti d'acciaio.

La rabbia che cresce
l'urlo che sale
"Ma di che sei fatto?"
maschera bronzea.

Ritorna a fatica
la pazienza di sempre
a ricucire l'ennesimo strappo
alla nostra ragione.

Poesia di Natale
Quanto piange il bambinello
con il sacco sulle spalle
e la barba sulle scarpe.

Lui reclama la sua culla
con il bue e l'asinello
e la stella di natale.

Non conosce quella slitta
trainata dalle renne
non vuol esser lo stregone.

"Io son nato per donare
tanta luce e tanta pace
non m'intendo di regali".

"È vero, non è adatto alla bisogna,
per comprare i nostri doni
ci vuole un babbo un po' pagano!".

Incertezze
A volte mi sporgo
a mirare il giardino
dei ricordi datati,
rivestendo di rose
la mente annoiata,
sporcando le palme
di sangue e di spine.

A volte mi fermo
di scatto e mi giro
a sorprendere sempre
l'ombra che insegue
senza provare a scalciare,
senza guardare
chi segue davvero.

A volte mi chiedo
se lasciare una traccia
oppure sparire
come quando son nato.

Il gabbiano e la lucciola
Un gabbiano ed una lucciola si misero insieme per fondare una scuola di poesia.
Ebbero allievi, divenuti poi famosi, come il sole e la luna, l'alba e il tramonto, l'amore e la notte, il mare e le stelle e tanti, tanti altri.
Il gabbiano insegnava a disegnare le onde, raccontava di porti lontani e del volo senza battere ali. Raccontava di sentimenti da scalciare con le conchiglie sulla sabbia, di onde che si rincorrono, della schiuma sugli scogli, dello sguardo all'infinito, dell'ombra delle ali sul filo del tramonto, della malinconia dei ricordi, delle gioie rivissute di una stagione finita.
La lucciola insegnava come scaldare la notte e illuminare pensieri segreti.
Raccontava del tepore d'una notte d'estate, delle grida argentine di bimbi curiosi, dei passi estasiati di chi sa godere, del senso da dare al manto stellato.
Così, poco a poco, tutti cominciarono a pensare poesia.
Il sole invitava la luna a rendere il mare d'argento, all'alba il cielo violetto annunciava il sole in arrivo, il tramonto era un recital di fuoco, l'amore iniziava le sue battaglie notturne, il mare invitava le stelle a farsi lampare.
La scuola, ormai inutile, si sciolse e ognuno riprese la sua strada portando nel cuore la fiamma del poeta, missionario d'amore.

Vigna d'autunno
Montagne dai piedi soffusi
e capelli imbiancati
incorniciano il quadro
violetto azzurrino
della vigna sfiancata
sgravata dal peso.

I calzari del mondo
Camminano stanchi
posando le orme
sui libri di storia.

Senza incertezze
avanzano persi
nelle anse insensate
del fiume che scende.

Traversano orti
macchiati di sangue,
città affumicate,
mari affogati.

Trascinano i piedi
sapendo la strada,
non sapendo l'arrivo.

Radici
Che fardello mi porto
se ogni cosa pesa per la storia che ha.

Le stesse parole, (che pietre mi porto!),
faticano a uscire, ne gusto il sapore,
sapore d'amaro, sapore d'ingiusto.

A volte ho bisogno di lasciare la rete
e librarmi nel vuoto senza catene,
pensare animale, godendo di vita.

Ma è una ricetta che non porta domani,
non apre il cancello in fondo alla via.

Vento
Viene giù dalla valle
assordando le stalle,
sfogliando pagliai.
Le piastre di ardesia
gemendo canticchiano
la canzone dei secoli
aiutate dal coro
degli anfratti nascosti,
degli alberi spogli,
dei ruderi a vista.

Le case ristrette
nel cappotto d'inverno,
accendono luci,
ravvivano il cuore
dentro al camino,
sputano fumo
che fugge veloce
e i fantasmi del buio
rimangono fuori
a graffiare sui vetri.

Scorciatoia
Un fascio di luce
attraverso gli infissi
ogni batter di ciglia,
un velo strappato
tessuto di riso e di pianto,
un amplesso interrotto
in un mare di noia,
il sole che sorge
invade la stanza,
il letto disfatto
novello sudario,
lercia sindone
d'un amore mai nato.

Se ...
Se si camminasse con la testa all'ingiù
per far sì che la testa serva a qualcosa.

Se in fondo alla via ci fosse un'uscita.

Se al confine del mare ci fosse un cancello.

Se quello che appare fosse vero.

Se le favole tornassero indietro.

Se tutti sedessero a terra
a riscrivere le regole del gioco.

Se tutto ciò non bastasse.

Se la bestia urlasse ancora nella grotta.

Se l'eremita si accorgesse di esistere.

Se unissimo tutti insieme gli sforzi.

Se fosse bello guardarsi intorno.

Se ...fosse abolito il concetto del se.

Un nastro di raso nero
C'è un nastro di raso nero
che attraversa la mente
e segna il confine
del bene e del male.

Una farfalla veleggia
sul filo del nastro
debordando ampiamente
sul bianco e sul nero.

Si sporca le ali
cercando dei fiori
ma non trova che lapidi
d'una guerra infinita.

Quella notte
Le nuvole correvano veloci
lasciando trasparire la luna.
Le stelle facevano capolino
tra un rammendo e l'altro.

Poi il lenzuolo grigiastro finì
e così lo stormire degli alberi.
La pace si coprì di gemme
e restammo affacciati alla finestra del cielo
riflettendo infinito.

Colonialismo
L'oracolo tace,
anche il vento si ferma,
deve ascoltare un momento
il silenzio del mondo
prima che riprenda la guerra.

Si gonfiano i petti
si veston parole
sventolando bandiere
a coprire vergogne
appena taciute.

Sulla pelle degli altri
facendo attenzione
a mantenerli ignoranti
come fece Colombo
e le sue collanine.

La strada è spianata
arriva il conforto
d'una fede non loro
che serve a confonderne
l'identità.

The Day After
Ci sono gli anfratti sputati per terra,
fredde ferite graffite di storia,
pozzanghere amare lasciate per caso
e soli nascenti in fondo alla strada.

È pronta la scena si può cominciare.

Compare nuda una coppia intrecciata,
restando marmorea nei suoi passi di danza.
S'aggira furtivo il nano di corte
lasciando una traccia com'una lumaca.

Ma è ora che l'antro si vesta di luce,
i soli son alti sull'orizzonte,
la musica sorge e riempie la scena,
sta per entrare il re con tutta la corte.

Re lazzarone e corte di stracci
poveri cristi senza più storia
puri vocianti senza capire
d'esser superstiti come animali.

Chiaroscuro
Pizzicando la lira in acuti strappati
nei laghi del buio ritorna la luce.

Son lampi di vita distesi nel sole
son rami intrecciati di finto calore.

Ritorna la bruma a impastare ogni cosa
creando una folla di ciechi sentieri.

La via, già scarsa, si perde in polvere,
i soliti orchi attendono in fondo.

Non siamo noi la storia
Tra i sassi firmati scoloriti dal tempo
s'adagia un percorso battuto dal vento.

Risuonano passi pesanti di storia
ruote di legno e persone in colonna.

S'alza un canto come un lamento
dalle bocche cucite da fame e da freddo.

S'invocano i santi, si accendono fuochi
le facce scavate, le occhiaie ormai secche.

Succedono cose più grosse di noi
la storia da scrivere, le gesta dei grandi.

Non siamo che scarti di pagine vuote
come silenziosi frastuoni di niente.

I gitani
Sulle righe incantate del tempo,
spartito infinito di cose accadute,
sale prudente un canto gitano.

Si misura col lento fluire del fiume
quando sente l'arrivo del mare
perdendosi in rigagnoli ritrosi.

Racconta di vesti sfarzose
dai mille colori indecenti
danzanti intorno ai falò.

Racconta il muggito del toro,
il nero del fango, i cavalli nervosi,
i carri colorati, le pile di rame.

Racconta la vita senza problemi
come fringuelli che giocano al sole.

Il senso da dare
Rovistando con il vomere
il terreno argilloso
per mettere a nudo
un solco di vero
dove crescere il seme,
ho incontrato, profondo,
il senso da dare
alle cose vissute,
agli incontri ormai persi,
alle lacrime amare,
d'orgoglio stuprato,
alle mezze misure
dei giorni di seguito,
all'amore inseguito,
avendolo accanto,
ai violenti litigi
per deboli storie,
al sereno che s'apre
per il tempo che resta.

Un'ombra perdente
Ritorna nel fuoco covato latente
il ceppo mangiato d'un ombra perdente,
un compito svolto in modo mancato.
S'attizza la fiamma, la cenere scorda
la storia recente, il grigio si lorda
di fumo rossastro, di nuovo bruciato.

A Van Gogh
(in occasione della mostra di Roma sul grande pittore)
La natura che freme
spargendo emozioni,
il grano squassato,
il cielo che vive,
girasoli che urlano
ai papaveri rossi,
i corvi sul campo
che sfidano il vento,
la rabbia a colori,
i grumi dell'olio
a uscir dalla tela
per farsi materia.
Si sente nell'aria
il vociare dei campi
le vesti son gialle
adatte al raccolto
sotto un sole assordante.
Ma non scorda la nebbia
ed il grigio del cielo
che accompagna marrone
chi raccoglie patate.

I partigiani
Uscimmo sbattendo la porta
inseguiti da ricordi e rimorsi;
i cani abbaiarono in coro
e l'aria fresca ci avvolse.

Era l'alba ed il sentiero
sembrava vestito di nuovo,
i sassi più bianchi del solito,
il bosco pronto ad accoglierci.

A mezza costa, improvvisa,
la vista dei tetti del villaggio
il fumo dai comignoli

Si andava a passi decisi
certi di fare qualcosa
per cui valeva la pena morire. 

Peccato!
Il Gran Maestro ha indicato la via
e ora che finalmente
possiamo metterci all'occhiello
la bestia che è in noi,
ora che finalmente
non dobbiamo nascondere
il nostro poco cervello,
ora che finalmente
possiamo parlare liberamente
di sesso e di femmine
come oggetti da usare,
ora che finalmente
possiamo inorgoglirci
della nostra ignoranza,
succede qualcosa che pallidamente
fa tornare alla luce quei secoli di civiltà
che pur ci hanno fatto uomini.

Non è il "Bunga Bunga" ma la bugia sfacciata
che ha messo in carica l'orologio
della fine del Grande Ipnotizzatore.
 

Venirne a capo
Se avessi un bandolo
riavvolgerei la matassa
intricata del pro e del contro.
Mi stenderei sulla pietra
per carpirne rumori
che sanno d'eterno.
Accetterei lo schiaffo
venuto col vento
per schiarirmi le idee.
Ma la nuvola informe
in cui sono immerso
non s'accorge nemmeno
che scorre la vita.

La luna nel pozzo
Sarò come la luna nel pozzo
di San Patrizio generoso
e quando il secchio verrà a galla
si allargherà alle stelle
la mia bramosia di potere.

La comunicazione globale
È rimasto solo il tempo
per le risposte sapute
per le domande inventate
che girano intorno
cercando l'ascolto.

Le parole son sillabe
allacciate come vagoni
d'un treno incomprensibile
che urla la sua corsa impotente
sulla pagina d'un giornale.

Non si deve chiudere un discorso
con parole di marmo
che male s'adattano al cicalare
leggero d'un mondo demente.

Non si deve aprire l'animo
senza essere visti da chi
con la coscienza svuotata
non crede più a niente.

Bisogna muoversi
Non c'è mai stato il mare ad aspettare
che passi l'onda per ricominciare,
non c'è mai stato il cielo a ricaricare
il suo lenzuolo di nubi senza il sereno.

Ora che il telaio ha sfornato la vela
e zigzagando riprende a volare,
ora che è tempo di raccogliere more
e fasciarsi la faccia con la sciarpa di juta,

risali il torrente della memoria,
cerca la fonte dimenticata,
falla parlare, rimettila in sesto.

Si sentirà fuori luogo, inutile farsa
d'un mondo cambiato e sconosciuto
ma dalle fiducia e inizierà a ricordare. 

Furore
Aprirò un cancello
di ferro arrugginito
per nascondere gli attrezzi
del mio falso umore.

Con le braccia a crocefisso
rivolte all'infinito
salirò sulla vetta del monte
a gridare il mio furore.

Guarderò in faccia
il mostro imbellettato
per strappargli la maschera
del buon educato.

Mi accomoderò
sulla torta nunziale
d'un milione di torti farcita.

Darò scandalo fra bellimbusti
cariatidi sparse
tra bicchieri e vassoi.

Minerò la base del tempio
sapendo da prima
che non sarà uno scempio.
 

Il torrente
Mi sono acciottolato sul greto
per veder passare la storia
d'un vecchio tronco senza memoria.

Mi sono spinto nell'acqua
a cercar le orme trasparenti
di pellegrini d'altri tempi.

Mi sono affacciato dal ponte
sporgendomi quasi a toccare
le mani gelide del torrente.

Ho cercato una figura amica
che mi venisse incontro
per portarmi via.

Ho sentito il soffio d'una carezza
e un'occhiata lunga
trasportata dalla corrente.

Cavallo a dondolo
S'inerpica sullo scivolo del mondo
tra vetri soffiati e parole informi,
caleidoscopi sfuggenti
di realtà improvvisate
e per questo credibili.
Cerca da solo il senso da dare
il peso ed il sale da mettere dentro
il profumo del prato, il fiore reciso
la soffitta in memoria
di pietre miliari
del nostro passaggio
galoppante al mattino
sul cavallo morello
bruciante gli spazi
di fantastici voli
roteando le gambe
a forma di culla.

Il cucchiaio di legno
Un profilo chinato
mangia fagioli
maneggiando un cucchiaio
un cucchiaio di legno.

La sedia è intagliata
la tavola è storta
con la forma del tronco
ancora in memoria.

Ma il profilo chinato
che mangia fagioli
maneggiando un cucchiaio
un cucchiaio di legno
non si cura del resto.

Il colore marrone,
impastato da mani e da anni,
non si ferma al cucchiaio
copre pareti tavoli e sedie,
fa da coperta a tutto il locale.

Spunta un colletto rosso sbiadito
sotto il profilo che mangia fagioli,
spunta una mano annerita dal fumo
che maneggia un cucchiaio
un cucchiaio di legno.

Fuori le facce son tutte annerite
lenzuola, baracche, stracci, sottane,
cielo, nuvole, pioggia, pozzanghere;
risalta solo il bianco degli occhi
e, di nascosto, la pelle, sotto i vestiti.

C'è il cambio turno per la miniera
si forma la fila dei nuovi schiavi.
C'è anche il profilo che mangiava fagioli
maneggiando un cucchiaio
un cucchiaio di legno.

Per colpa tua
E' colpa tua,
perché eri bella,
perché non ho mai avuto
niente dalla vita,
solo sudore e fame,
perché mi hai fatto sentire
in colpa,
perché non hai voluto,
perché sono un uomo,
e nessuna donna
mi può dire cosa devo
o non devo fare.

Il mio stare solo con la zappa
mi ha impedito di vedere
il mondo che cambiava
Una volta si poteva
bastava stare zitti
perché le donne non parlavano
per non andare all'inferno
e tutto andava a posto
in confessionale.

L'album dei ricordi
Sto scrivendo figurine
per l'album dei ricordi
insieme a petali
di rose da dimenticare.

C'è un messaggio che rotola
sulla sabbia
contenente mezze verità
e mezze fantasie.

Ci sono gli echi d'una vita
da scoprire
e le certezze del tempo
in cui t'è toccato vivere.

Quando sarà il momento
la fresca risata d'un bambino
ritesserà la tela
della storia di una vita. 

Le foglie dell'autunno
Le foglie dell'autunno
come piastrelle
sui viali del giardino
assecondano il fruscio
dei nostri pensieri.
Sono frasi inamidate
e intuizioni fuori via
mischiate allo scricchiolio
della natura
che cambia d'abito
con le mani spalmate
nella tavolozza dei colori.
 

haiku
Mi son svegliato
ripieno d'ottimismo
tosto placato.

*****
Ho visto stelle
da luce abitate
ora già morte.

*****
Come le rosa
nasce a primavera
anche la vita.

*****
Come la luna
finisce al mattino
così i sogni

*****
Io ho amato
solo dopo ho visto
che ero solo. 

Una scritta sul muro di una cella
Ci sono scritte
che tirano coperte pudiche
per scoprire misteri
di storie fangose
come ruote di carri
in fossi marciti.

Riemergono mani e volti immolati,
tragedie vissute, soprusi efferati,
versi d'amore e grida straziate,
tabelle pietose dei giorni passati,
il tempo che vola verso la morte.

Storie ignorate dalla storia ufficiale,
ma scritte sui muri per lasciare una traccia
del torto subito, della vita spezzata
senza riguardi se non pel potere
che l'aveva ordinata.
 

Speranze
Ho tanta voglia
di alzare il lenzuolo
per vedere fenicotteri
partire in stuoli rosati.

Ho tanta voglia
di cieli strapazzati
dal vento di scirocco
che piange sabbia rubata.

Ho tanta voglia
di uscire a parlare
col mondo che aspetta
qualcuno che spera.

Ho tanta voglia
di sapere come finisce
una storia incompiuta
fin dal paradiso terrestre.

Ho tanta voglia
di credere l'uomo capace
di guardare al futuro.

Ho faticato per te
Ho costruito una casa
con la ragnatela dei sogni,
ho dipinto le mura
di rosee speranze,
ho rubato gardenie
dal giardino del cuore.

Poi son venuto a cercarti,
a bussare alla porta,
a sbirciare finestre
orlate di tende.

Ho cercato il tuo profumo,
ho pregato, implorato, singhiozzato,
ma senza risposte.

Vorrei rimangiare
la terra dei miei passi,
vorrei non averti incontrata,
vorrei non averti pensata.

Mi spengo disteso su niente.

Cartolina d'inverno
La neve ha incipriato larici e cedri,
rintocca lontano una campana stonata,
il silenzio ovattato sale dal lago,
la bruma intacca i contorni,
la finestra dipinge paesaggi,
il camino s'ingioiella di fiamme,
il cuore s'intona alla malinconia
godendo nascosto la sua solitudine. 

Temporale
Si rompono le nubi
in uno sfasciame di pioggia.
Si riempie la strada
di fiumi senza letto,
madidi di terra
e sporcizia degli uomini.

S'ingrossa il torrente
la collina smotta
sono a rischio le case
di sopra e di sotto
la gente impaurita
che cerca salvezza
portandosi solo
il ricordo di cose.

Qualche anziano resiste
aspettando la morte
per non lasciare la casa
per dare un senso alla vita.

Siamo tutti colpevoli
ma nessuno s'incolpa
dello sfascio acquisito
dei controlli non fatti
dei permessi accordati
del tutto e subito
di questa società malata
di futuro negato
 

Kabul
Quando sarà la fine delle carneficine?
Quando moriranno tra le fiamme
i mercanti di esplosivi?
E i mercenari di tutto il mondo?
Quando finirà di scorrere il sangue
a buon mercato, il sangue dei poveri cristi?
Quanti topi di fogna sopravvivono
gridando "morte all'infedele"?
Quanti si arricchiscono in nome di Allah
trasudando veleno dai papaveri rossi?
Anche i soldi son rossi
ma la coscienza è daltonica.
Far saltare una bomba è importante.
Rimarca la tua presenza.
Per i morti non conta perché,
importante è che siano tanti.

Ad un giovane
Ma tu che fai? Perché rimani?
Non c'è futuro, non c'è domani.

Tu che vivi solo il presente
spensierato come un passante,
non guardi il buio che ti sta davanti.

Ti trattano come un'allodola,
gli specchietti son luci abbaglianti,
il tuo volo è appena radente.

Alza lo sguardo verso le stelle
oltre la nebbia multicolore
verso la vita da conquistare. 

Consapevolezze
Saremo ossa calcinate
al sole dell'infinito.
Saremo fosse sparpagliate
nel labirinto delle croci.
Saremo bambini in grembo
in attesa della luce.
Saremo giullari in maschera
sulla scena della vita.
Saremo come al solito perdenti
ma col sorriso nella mente.
 

Davanti allo specchio
Quando ci si guarda
salgono lente le note
del nostro vissuto.
S'adagiano sul volto
come fiumi che scavano valli,
come ponti sospesi cadenti,
come intreccio di liane
per la pagina scritta
che targa la fronte.

Si prova un sorriso,
si aggiusta una ciocca,
ma il dipinto che appare
non sembra giovare.
I conti che tornano
non accettano finte
c'è solo bisogno
di prendere atto
del poco che resta
di come eravamo,
del poco che resta
di come saremo. 

Fino a che punto
Siamo
come un velo di verità trapuntate
trascinato nel fango di mille fandonie
e nei gorghi equivoci dell'ignoranza.

Afferriamo
quel poco che vada d'accordo
con il nostro egoismo
e la nostra pochezza.

Dovevamo elevarci
a menti pensanti
al bene comune
alla solidarietà umana
ad una società più giusta
che mai più tollerasse
il male che è in noi.

Ci siamo ridotti
con la bava alla bocca
a difendere privilegi
contro i più deboli
contro l'umanità che preme
morente di fame
contro il mondo
che non può più sopportare
uno sfruttamento selvaggio
per i nostri consumi
montati ad arte
da chi produce
inutilità.
 

Il miglior governo di tutti i tempi
Tutto inorgoglito qualcuno
ha annunciato d'aver cambiato
schieramento alla faccia di chi lo ha eletto.
Qualcun altro decide
che è diritto dovere prostituirsi
pur di fare carriera.
Altri farneticano di federalismo
fiscale nascondendo accuratamente
che sarà un aumento di tasse.
Altri ancora applaudono
a chi tenta di fare cinesi
gli operai italiani.
Il ministro dell'industria
può attendere; tanto a che serve?
Risparmiare sulla scuola
è l'uovo di Colombo:
basta raddoppiare
il numero di alunni per classe
e così duecentomila precari
se la possono spassare
a fare manifestazioni.
Si uniranno contenti
ai cassaintegrati,
ai giovani dei contratti a termine,
ai disoccupati.
Ci sarà anche
un viaggio premio all'Asinara.
Ma siamo grandi amici di Putin
e ammiriamo la sua democrazia.
E inoltre ricordatevi di togliervi le scarpe
prima di entrare, a Piazza Venezia,
nella tenda di Gheddafi.
 

La fede
Ora che t'inginocchi a pregare l'ignoto
e tutto ti appare più semplice
perché non lo devi comprendere.

Ora che alzi la testa verso il cielo
sperando in un segno divino
e t'accontenti della foglia
che cadendo riprende il volo
per improvviso refolo.

Ora che sei contento dell'accordo raggiunto
con la promessa del paradiso
puoi rientrare tra gli uomini
e fargli pagare la loro mancanza di fede.
 

Deserto
Il vento fa palle di rovi strappati
al deserto del nostro sentire.
La fontana tossisce rabbiosa
sputando ruggine e acqua
insieme a sentenze di poco sapore.
Un randagio fiuta per terra
l'odore di vecchie storie patite.
La piazza risuona di echi di passi,
ricordi sofferti di chi non c'è più.
La campana rintocca nel vuoto
di pensieri mischiati alla polvere.

Se un senso
Se un senso ti avvolge
come un manto ingrigito
e tutto ti appare
intriso di poco
rivolgiti altrove.

Nell'erba del prato
vi sono certezze,
nel fieno ammassato
la vita continua,
nel fumo del fiato
riprendi a sentire
il sangue che scorre
il giorno e la notte
il mattino e la sera.

La torre d'avorio
è senza finestre,
spalanca la luce,
scendi le scale
verso il profumo
di vere ginestre.

Preghiere
Scorre l'acqua del mulino
schiaccia semi di rosario
solitudini di morte.

Sale il canto del muezzin
dalle valli del dolore
con il pianto delle donne.

Pregano monaci rossi
con il budda sulle palme
aspettando la sentenza.

Una stella illumina
il cemento di Davide
suicidandosi a tempo.

Son germogli di speranza
tutti arsi nel deserto.

Una sera come tante
Lenzuola sbattute di storni
s'avviano al tramonto.

Sui tetti tegole rosate
sonnecchiano accartocciate.

Tra terrazzi e giardini pensili
si consuma la sera.

Poche nuvole in cielo
appena orlate di rosso.

Un altro giorno è passato.

(Il tempo non pone domande
non giustifica il suo andare
non risuona di zoccoli dorati.
) 

Niente da segnalare
Non piace il gioco che rompe gli schemi
le posture studiate, i falsi annunciati.
Ci si adagia sul luogo comune
scordando chi siamo,
da dove veniamo.
Ma il poco calore prodotto
mal si ritrova a cercare radici.
Adesso vaghiamo su autostrade
che non portano a niente.
Solo il tempo trascorso
da casello a casello
da raccontare agli amici
per farli invidiosi.
 

Pensieri d'estate
I giorni e le ore
aspettano pigri
che qualcuno passando
li prenda con sé.

Non serbano affetto
regalano solo
il maledetto orologio
che scandisce
quanto poco rimasto
per lasciare una traccia.

Camminando a ritroso
l'orologio non serve
o restare sul posto
senza pensieri
impigrendosi al sole. 

Adesso
Adesso che abbiamo
riempito gli anfratti
di parole slegate,
saputaggini insulse.

Adesso che scorre il fiume
senza trattenerne una goccia
come se fosse dovuto
capire chi siamo.

Adesso che andiamo
senza percorso
verso mete inconoscibili
ma con asfalto drenato.

Adesso che rapido avanza
il terrore del dopo
ci si abbraccia al prima
per fermare la storia.
 

La valle dei sogni
Quando capiti nella valle dei sogni
e non sai rigirarti a dovere
è tempo di entrare.

Rimembrano nel poco vissuto
immagini liete mischiate al dolore
la polvere sale a scomporre le carte.

Un fragile volo
ricompone un ricordo
travestito da fiaba.

Vasi comunicanti
Vengono a fare campagne
lordate di omuncoli tipo
sparando ad effetto
tutto il ciarpame
che sale dal fondo.

Salgono in alto
i cori sciacalli
che arringano
e prendono
la mente già morta
di chi difende
il poco già avuto.

C'è chi prepara la tavola
come fosse l'ultima cena.

C'è chi mette i suoi beni
nell'utero del materasso.

C'è chi si spara senza un perché.

C'è chi ammazza e si ammazza
per un sogno di possesso finito.

Son tutti fonemi
di umanità balbettante
giunta alla fine
del proprio benessere.

Gli scherzi della luna
Dorme di giorno la luna
passando la notte a giocare
a nascondino con le nuvole.

Ci si mette d'impegno
a far da palo al sole,
come lampione isolato
a ricordar la luce.

A volte non si sveglia
e avvolti dalle tenebre
siamo come affacciati
alla finestra dell'universo.

Quel poco che resta
Se trovassi qualcosa
su cui camminare
camminerei.
Se trovassi qualcosa
su cui fermarmi
mi fermerei.
Se trovassi qualcosa
su cui pensare
penserei.
I sassi scomposti
non serbano segreti.
Le voci di dentro
non aiutano ad alzarsi.
Gli stracci sgraziati
non vogliono pietà.
Chiedo soltanto
di essere lasciato
a rosicchiare le ossa
di quel poco che resta
del nostro essere civili.

Un incontro
Veloce si sfalda
la gioia d'un incontro,
del momento fatato
apparentemente perfetto
dei ricordi rosati
delle foto ingiallite.

Rovina la voglia
di sapere chi sei,
cosa sei diventato,
se hai avuto successo,
le donne che hai avuto,
il denaro accumulato.

Si confrontano le vite,
i sogni non realizzati,
le meschinità da nascondere,
i discorsi ingombranti
di come eravamo
e di come siamo diventati.

Le parole scarseggiano,
il dialogo soffre,
arrivederci a prestissimo,
un abbraccio e via
nella speranza
che sia l'ultimo.

Pensieri di notte
Riposano quiete le idee,
si sposano parche
con la brezza notturna
passando in rassegna
i fatti accaduti,
i sensi adoprati,
l'esperienza aggiornata
che continua a sommarsi
tendendo allo zero.

Pietà
Le lacrime
tornano nel lago salato
confondendo le acque
d'un sale diverso
che porta lamenti
di ferite nascoste,
cieli sbiaditi
e corde impiccate.
Ci sono le mani
che arrancano a riva,
vite finite
da tutti ignorate.
Ci sono le facce
d'un triste destino.
Ci sono sentieri
così poco esplorati
che portan la firma
di notti d'insonnia
e lacrime vere.

Scendendo le scale
Ignorando
la saggezza dello scalino
mi viene in mente
la favola bella di chi
non sapeva di esistere
se non sovrascrivendo
i circuiti degli oppressi.

Ora mi fermo
a vedere la scia
della lumaca che fugge
a scalare montagne
come scalini.
Mi pare che resti
scolpita nel marmo
intriso di secoli
ma senza doveri
solo intristita
per l'eternità.

Adesso che è notte
risalgo la scala
giurando a me stesso
di non sognare lumache
o favole belle
e studiare scalini.

Alba in montagna
Rinviene la luce trai sassi
colorata d'incenso
come una monaca pura,
ma trattiene l'intenso
del sole che sorge,
della vita che torna
a guardare le nuvole,
stirandosi addosso,
sbadigliando non poco.

Nel campo stellato
dai cespugli violacei
vibrano verderami fugaci,
farfalle indecise
nel battito d'ali
sospeso nell'aria,
col vento che preme
dalla parte del fiore.

Il bosco trattiene la notte,
delineando le ombre
tra spazi assolati
riempiti di felci,
tronchi scomposti,
funghi assassini
e occhi che vigilano
nel folto dei rami.

Il primo amore...
Ho messo una camicetta rossa
al posto del cuore
ed una gonna bianca
veleggia nella mente
per lidi indimenticabili.

Notte stellata
Il sole apre le ali del tramonto
preparando la stanza alla luna
incipriata a nascondere le rughe
per far contenti gli amanti
e miagolare tra antenne sui tetti.

Le stelle aspettano ansiose
d'accendere la luce,
candeline festose della torta
imbandita al compleanno del cielo.

Il mare, impreziosito dalla mèche
argentata, respira impigrito
non vuol dar fastidio
alla tela incantata
che si va dipingendo.

L'incubo
Ho messo in tavola
un cesto dai colori inediti
lussureggiante di rabbia
con l'eco del pianto
di gocce di sangue
annacquate di glicine
e tavolette votive
ad ingraziarsi i santi.

L'intreccio falsato
di menzogne e realtà
abbraccia e ritorce
il velo che copre
la nostra omertà
lasciando dei vuoti
riempiti dai vermi
impasti indecenti
di vitalità.
 


Tra noi

Il mare ridipinge pagine azzurre,
la cresta dell'onda ridona ricordi,
il vento modella le curve nascoste
del tuo corpo colorato di miele.

Ancora oggi, come una volta,
ci si prende per mano fremendo
quando s'entra nell'acqua,
strillando fonemi, agitando le braccia.

Basta uno sguardo appena profondo
per ripulire la complicità di decenni
per ritrovare la prima emozione
del nostro incontro diventato perenne.

Il tempo che passa non conta
se si cura il ragazzo che è in noi.

A mia moglie
Avrò bisogno del tuo stupore
per regolare i passi della mente,
acciottolati come sassi del torrente,
messi a caso, così, dalla corrente.

Avrò bisogno del tuo amore
per contrastare quello che sogno,
oltre le righe del facile pugno,
oltre la voglia del tuo calore.

Avrò bisogno del tuo favore
per perdonare quello non detto,
le risposte sapute, il volto impettito,
la luce che stona, senza colore.

Avrò bisogno del tuo rancore
per il molto donato, per il poco dato,
per ragionare di pesi e misure,
per ritornare un poco tra noi.

La voce del popolo sovrano
La solita minestra
di frasi fatte ad arte
per imbrogliar la gente
per crear le parti
il tifo sragionato
il bianco contro il nero
il muro contro il muro
la bocca sputa sentenze
tutto così immediato
tutto così evidente
la mente più non serve
la storia senza storia
le radici all'aria aperta
cavernicoli tecnologici
a chiedersi increduli
perché è ancora vietato
portarsi via la donna
tirandola per i capelli

La cena
Adesso sono qui
a preparar la tavola
per una cena insieme.

A preparar discorsi
per la categoria ricordi
e vino da gustare.

Adesso son qui
la cena è tutta pronta
il preludio è promettente.

Ma so che non verrai
c'è sempre qualche cosa
che non va nel verso giusto.

La porta è silenziosa
mi siedo protestando
versandomi un bicchiere.

Nessun impedimento
giustifica l'assenza
neanche la tua morte.

Oggi è un bel giorno per morire
Risuona potente
il canto di sfida
il coro di morte
ottimista profondo
del senso da dare
alla vita che passa
a quello che lasci
sapendo per certo
che anche domani
c'è il sole che sorge
i fiori sul prato
l'amore rinato
far parte del tutto
gustare lo stesso
tutto il creato.

Pendolari
Ecco la luce
macchiata d'inchiostro
livido impasto
al nuovo giorno.

La sveglia che suona
il brutale risveglio
il credito sale
del sonno mancato
da portare con sé
di fronte al creatore.

S'afferra la busta
con gli occhi cisposi
e si è già nel traghetto
di facce assonnate
che guardano vuote
i volti degli altri
senza espressione
lo specchio di tanti.

Dirada la nebbia
si pensa al lavoro
sempre lo stesso
alla sera che torna
ai problemi di casa
ai soldi che mancano
alle ore perse
dentro al traghetto
come cavalli
da mandare al macello.  

La pagina che aspetta
Non s'accontenta di qualche frase
biforcuta, né d'immagini deviate,
né di metafore abborracciate.
Vuole sentire il sangue che pulsa,
il tormento dell'esistere,
la notte con i lampi,
la natura che si ribella,
la porta sbattuta,
il fragore dell'odio,
la forza del desiderio,
le convulsioni dell'amore.

Come tradurre in parole
il fremito del bosco,
le pieghe delle messi,
il volo d'un gabbiano,
il volto scolpito e sguaiato
d'un popolano?

"Chiare fresche e dolci acque"
e l'immagine appare
nella sua essenza perfetta
che sa d'infinito.
 

Luglio
Il giorno ritorna a mangiarsi le ore,
spalmandosi grasso,
macchiandosi addosso,
tutto sudato per fare l'amore.
Il sole che è alto,
s'arrovella nel fuoco,
arrostisce le messi
colore dell'oro,
non cerca che l'ombra
per raffreddare gli ardori.
Ma viene la sera
col suo pallore aranciato,
tutto si sfuma nella tiepida aria,
il contrasto si perde
tra le foglie del fico,
il mare si calma
e la risacca
fa nascondino con la sabbia.

La cattedrale
Parole lasciate
a coprirsi di polvere
mischiate
all'arenaria dei secoli,
bassorilievi demoniaci
a guardare i santi
splendenti nella volta,
serpenti elicoidali che salgono,
false bifore a far posto
ai potenti del tempo,
archi ciechi inghirlandati
da vitigni immaginati,
l'occhio cieco del rosone
che s'illumina da dentro,
le storie crudeli
del vecchio testamento
raccontate a scalpello,
per incutere timore,
per ricordare l'inferno,
per restare da dove vieni,
per far grandi i Signori.

La storia non insegna
La storia che chiama
ma nessuno risponde
è più forte di tutto
la bestia dell'uomo
la prepotenza sull'altro
la stupidità del potere.

Il selciato è levigato
da millenari cammini
tutti distanti
dall'amore del prossimo
per vivere sopra
per non pensare alla morte.

Il tutto condito
con grande ignoranza
delle esperienze passate
che insegnano solo
a quei sfortunati
a cui funziona la testa.

Le parole son canti di lupi
fattesi volpi
per ingannare chi ascolta
con la mitria e il bastone
il bavaglio alla bocca
la prigione e l'esilio.

In mountain bike
Sui sassi bianchi mossi e scivolosi
arranca il ciclista in equilibrio instabile.
La pendenza è forte e lo sforzo viene oliato dal sudore.
Ci sono prati con mazzi gialli di ginestre in fiore.
Una cavalla col puledro guarda incuriosita.
Il torrente gorgoglia vicino.
Intorno le montagne con qualche brandello di neve.
Su un costone appare un villaggio abbandonato.
Vestigia di vite autarchiche e affamate.

La salita è finita, inizia l'altipiano.
Finalmente una fontana.

Quando arriva la discesa
le mani faticano sui freni
non c'è tempo per guardarsi attorno.
Slitta la ruota posteriore
la tensione è massima
si sente vicina la caduta.

Poi arriva il piano
e ci si ferma a riprendere il fiato.

Più tardi all'osteria
i ricordi della giornata
si affievoliscono
tra risate, salsicce e vino.

Dubbi
Mi confonderò
negli occhi della civetta,
all'ombra alla luna
per trovare la strada
che porta ai ricordi.

Mi spingerò lontano
piangendo tra le dita,
piagando i piedi inutili,
leggendo tra le spine
le tracce ormai perdute.

Ho visto la luce specchiarsi
sulla pelle arcobaleno
d'una bolla di sapone,
ho visto certezze
sfaldarsi come neve al sole.

Voglia di fare
Tornerò a parole
decantate
nell'acqua trasparente
per potermi specchiare
narciso e fluente.

Odorerò di letame,
sparirò
nei solchi dei campi
portato dall'onda
disegnata dal vento.

Volerò sul deserto
incrociando cammelli,
avvistando avvoltoi
col collo scoperto
e gli occhiali da presbite.

Mi volgo comunque
inseguito dal dubbio
di non lasciare traccia
sulla pietra scolpita
se non l'ombra del tempo.

Che ci siamo persi
(Civiltà contadina)

Le gesta dei padri
nelle foto ingiallite
il lume a petrolio
le mani sul fuoco
vicino al camino
il bagno all'esterno
lo scaldino nel letto
le scarpe bollate
i geloni dei piedi
la neve dal tetto
a cadere sul letto
materazzo di paglia
rumoroso e con buche
calzoni corti
per lividi viola
il riposo d'inverno
intorno alla tavola
la tavola storta
tagliata dal tronco
il nonno racconta
le feste paesane
i giochi nell'aia
l'amore rubato
tra le spighe di grano
il lavoro bestiale
il pezzo di pane
condito di niente
la zuppa la sera
il pollo a natale
il pollo all'assunta
il suino allevato
il prosciutto venduto
il pane con lardo
e l'ulcera certa
il fieno ai conigli
i buoi con l'aratro
la zappa e la terra
il reticolo scuro
sul dietro del collo
il rosario la sera
e il timore di dio
tutto il disagio
e l'amore che c'era
vita vuota di tutto
e colma di tutto
Lorenzo Poggi e Augusto Paiella

Insonnia
La notte in vestaglia ciabatta per casa,
l'insonnia che vaga per valli e pensieri,
ricordi spruzzati d'odore d'infanzia,
le pieghe importanti, i giorni felici
i dolori passati, i sensi di colpa
per cose non fatte, sfuggite, evitate.
Gli occhi son chiusi a vedere il mio film
straziandomi dentro, cercando cavilli,
sapendo di certo che non si può più rifare.

La bestemmia
"Sarebbe ora di far pagare le tasse
secondo i patrimoni e non secondo i redditi
."

La bestemmia è pronunciata,
occhi impauriti e mani sulla bocca!

A che serve fare soldi (magari in nero)
se non si possono spendere.

La proprietà è la quarta (se non la prima)
virtù teologale, dopo Cristo, naturalmente.

Ma come? essere tassati in base al patrimonio
accumulato con tanti sacrifici, rubando qua e là,
denunciando il falso, tradendo l'amico,
approfittando di tutto.
Non c'è più religione!

Lo diceva sempre Gesù - "è meglio che i poveri restino poveri
perché loro sarà il regno dei cieli" -
"è meglio essere sfruttati che sfruttatori" -
"è meglio lasciare le cose come stanno tanto dopo faremo i conti".

Il Governo chiede soldi,
la situazione potrebbe divenire drammatica,
le rendite finanziarie potrebbero crollare,
il debito pubblico non più finanziato,
lo Stato in bancarotta!
Bisogna colpire i redditi certi!

Ma non aumenterà le tasse,
bloccherà solo gli eventuali aumenti
di quei fannulloni degli statali
col costo della vita che cresce.

Non assumerà più nessuno,
ritarderà le pensioni,
diminuirà i servizi,
chiuderà gli ospedali,
strizzerà il solito limone
fino all'ultima goccia,
ma non aumenterà le tasse.

Cari italiani poveri e medi, potete scucire le tasche,
nessuno ci metterà le mani dentro
tanto sono vuote!

Giorno per giorno
La festa e il tramonto
il giorno che uccide
la luce di vita
l'ultimo raggio
per il volo radente
di nottole ansiose.

Ovunque le tracce
del giorno passato
del buio che avanza
in pareggio di stanze
contrasti indecisi
senza ombre di fondo.

Rimane la rabbia
d'un giorno saltato
d'un verso non dato
d'un pieno mancato
d'inutili passi
verso l'ignoto.

Chi ricorda la guerra ?
Tornerò indietro
cavalcando i cavalli di frisia
e i rovi uncinati
della nostra pazzia.

Milioni di cadaveri
usciranno dall'armadio
spargendosi a terra
come foglie d'autunno.

Ricostruiremo la scena
del torrente di sangue
che fa rossa la terra
e nera la falce
appollaiata sui cespugli.

"Siamo pronti a morire soldati
per la borsa del nostro padrone
che altrimenti non può più smerciare
i cannoni che noi costruiamo
".

S'alza il canto dalle zolle
e dalle trincee.
Risuona lontano nelle fabbriche
disperdendosi lento
come eco senza voce.

Senza radici
Mani avvinghiate
sulla scena della vita.
Cattedrali d'altri tempi
prive di sguardi.
I nonni come Eduardo
che torna inascoltato dalla guerra.
È vivo solo il presente
che fugge sempre avanti.
Una rincorsa infinita
senza pause per riflettere.
False libertà conquistate
con i colori della moda,
cartellini timbrati senza sapere,
frullati nell'omogeneizzatore
comportamentale, nelle storie
tutte uguali, nei giorni già disegnati
dalla carta copiativa.

Basterebbe?
Basterebbe coprire la carta
di versi stracciati, riempiti di niente.

Basterebbe scordare le cose svanite,
gli effluvi nascosti, le cose non dette,
i pensieri incestuosi, le voglie interdette.

Basterebbe vuotare d'un colpo
l'amaro bicchiere di quello che ho perso
per gustare con gioia la vita che ho avuto.

Basterebbe liberarmi del "perché proprio io?",
rotolarmi nel sole non pensando alle ombre,
giocando col fuoco, ma senza bruciarmi. 

Il nuovo e l'antico
(gita nel Salento)

Attraverso i finestrini
vedo la campagna che corre
sfilando veloce tra gli ulivi,
le case come funghi,
i muretti a secco.

Quanto lavoro di povere braccia
a rubare sassi alla terra
per dargli una ragione.

Tra ipermercati e paesi deserti
novità rampanti e quadri di sempre,
feste paesane e negozi di telefoni
e jeans.

Sembrano dire
ci siamo anche noi,
arrangiati tra assistenza
e campi d'ulivi,
tra il nuovo e l'antico.

Il nuovo che mina
ingiusti equilibri,
l'antico resiste
tra cave e mattoni,
depositi arroganti
di disordini urbanistici.
 

Passeggiata in montagna
(dedicata a tutti i montanari del sito per una giornata senza problemi)

Prati verdi di erba e di muschio
ci accolgono nei boschi di larici e abeti.

C'è, altissima, di fronte la montagna,
col ghiacciaio che alla base è sporco di grigio.

Salendo, improvvise piccole valli
e, tra i sassi, i fischi delle marmotte.

Si va verso il rifugio
tagliando il sentiero per sfidare l'erta.

Il bosco finisce, il prato si colora di giallo
con cespugli celesti e lilla.

Il sole è a picco, il sudore è tanto
ma improvvise gelide folate
ci ricordano l'altitudine.

Il rifugio, alla base del ghiacciaio,
è vicino, la terrazza è affollata
di zaini e di gente a prendere il sole
con la birra e lo speck.

Il carrello dei ricordi
Viene avanti su ruote gommate,
per non fare rumore,
porta parole bollite, traviate fin troppo
da eterne riesumazioni.

Il nostro diario di picchi di scogli
su cui ancorarsi col busto di fuori.

Fanno bella mostra, un pò sbiaditi,
un pò deformati, quelli più noti,
quelli che provano a farci diversi,
il carattere forte, la scelta precisa,
la storica volta dell'azione decisa,
senza mai raccontare che è avvenuta per caso.

In disparte la nuvola grigia,
il magma indistinto del trantran
della vita. 

Solitudine 2
Se un giorno fossi preso d'amore,
aprendo la porta della riservatezza,
cigolando ansioso porterei i miei passi
nella calca stonata di chi ha perso la testa.
Mischiando la voce, confuso nel grembo,
sentendomi uguale, ma solo per poco.

Ritorna veloce la voglia di solo,
rientra sfuggente il sapere di sempre,
il marchio di fabbrica di cui compiacersi,
piangendosi addosso, cercando la tana,
proteggendo l'immagine d'un povero diavolo,
lontano dal mondo perché condannato
a fare da sé.

Parole
A volte le parole non bastano.
Solo il pittore strizza l'estrema essenza
dal grano piegato dal vento.

Ci vorrebbero parole rotolate nel colore,
prese a sassate per renderle chiavi,
deformate quanto basta
per andare oltre l'apparenza,
per entrare dentro.

Si possono rendere ermetiche,
si possono accostare contraddizioni,
si può suscitar stupore
come il bambino
davanti al prestigiatore,
ma la sostanza non cambia.

Le parole da sole non bastano.

Barche di carta
Origami dal fasciame nascosto
solcano il mare del bimbo rimasto.
Veleggiano verso terre lontane
lungo il sentiero delle rimembranze,
dei sogni mancati, del gioire con poco,
quando tutto era nuovo, di zecca.
Rivedo la voglia d'incontrare i pirati
per fare l'eroe, per salvare la bella.
La morte non c'era, troppo lontana,
c'era la vita da scoprire,
la medaglia da conquistare,
la cornucopia piena di frutti
tutti da cogliere uno per uno.
Adesso l'autunno ha ingiallito le foglie,
niente di nuovo è dietro l'angolo,
le mani son trecce di vene,
la mente ritorna a come eravamo.

Il tempo che passa
L'orologio scandisce impietoso,
osservando dall'alto
come un paziente avvoltoio,
lo scorrere del nostro cammino.
Le stagioni si ripetono incalzanti,
succhiando gli anni
delle idee e delle voglie,
l'accomodarsi in poltrona
seppellendosi sazi,
la vita che torna
per il vociar dei bambini,
la vecchiaia che incombe
guastando la macchina,
la mente e la voce
che non si capacitano
come possa finire
l'infinito che è in noi,
cercando nell'anima
l'immortalità. 

Non chiedere mai
Tra crepitii di fuochi
e domande insabbiate,
sale evanescente
un perché.

Si perde nell'aria,
le spire sinuose,
la voglia di chiedere,
il nulla da dare.

Siamo muti d'idee,
lavorando alla vita,
costruendo il castello
dai piedi d'argilla.
 

Ruvidità
Non so parlar d'amore
di farfalle sul fiore
delle forme delle nuvole
di mani tese a sfiorare
di sensazioni assaggiate
di ricordi sinuosi
del cielo che cade
sprizzando scintille
dell'eterna disfida
tra la vita e la morte
del giorno e la notte
del tramonto che scende
sul nostro infinito
dell'alba che sale
in cui ci anneghiamo
dello stormir delle fronde
che fanno pensare
dell'attimo perso
dell'intuizione geniale
del nostro presente
della vita passata
affrescando sul muro
la donna ideale.

L'addio
I semi fruttosi del melograno scendono in rivoli
come rubini pietrificati sulle tue gote assenti.
Spicchi di sole come gocce anelanti di vita
si spengono nei tuoi occhi offuscati.
Il distacco crea volti marmorei nella certezza
del domani senza luce.
Le labbra sono strette palpeggiando il dolore.
Ti aspettano giorni di movimenti senza più senso,
il buio davanti, l'alba che non sorge,
la notte nel dormiveglia, il cuscino strapazzato
cercando un perché.

Ulisse
Guarnizioni slabbrate
indossan la tuta
ma entra la pioggia
la nuvola grigia
della nostra coscienza.

S'incrina lo specchio
di vecchie certezze,
sale da fuori ammaliante
il canto delle sirene.

Il passo si ferma
brancolante nel dubbio,
si volta la testa
la strada già fatta,
la strada che resta.

Ma dove porta
la strada che resta?
ad esplorare
nuove certezze
o a farsi legare
all'albero di maestra?

Bonaccia
Sale dal fondo
il gorgoglio del mare,
risuona stanca
la stessa canzone,
la vecchia roba
riscalda la stanza
di ombre sicure,
il cielo, ombroso,
non vede le stelle,
son scese sull'acqua
a fare lampare. 

Il testamento della storia
A chi lascerà i suoi guai?

Dove nascondersi per non essere interrogato?
Non potrai dire "io non c'ero",
né mendicare innocenza,
né coprirti di cenere,
né fuggire nei boschi.

Boschi piallati per scrivere niente,
mari discariche di buste di plastica,
cieli violentati da ali d'argento,
profondità masticate da ruspe e trivelle,
il fumo che sale dal formicaio impazzito.

A chi lascerà le sue miserie?

Le capanne di fango con i tetti di palma,
i ventri gonfiati dagli occhi innocenti,
la vita vissuta per sopravvivere,
il cielo e la luna senza poesie.

A chi lascerà le sue controversie?

Le guerre senza fine, i proiettili all'uranio
le auto che esplodono, le bocche di cannone,
la strage giornaliera di poveri innocenti.

A chi lascerà i suoi statisti?

Lungimiranti come granchi,
si pavoneggiano nelle bandiere e nei salotti,
attenti ai sondaggi per non perdere un voto,
complimentandosi nelle proprie memorie.

A chi lascerà i poveri cristi?
 

Omertà
L'ibiscus chiuso nasconde del sangue,
l'inchiostro simpatico fa le pagine bianche,
il coro è piangente,
ma le maschere son cieche e sorde.

La strada si svuota, spiata dai vetri,
fugaci fantasmi dai veli neri.
La campana rintocca ma non per il morto,
annuncia che è sera, sera di sangue.

C'è solo il pianto dei parenti
vicino al corpo dell'ammazzato,
pianto già orfano della vendetta,
pianto umiliato, pianto deriso,
pianto infangato da chi ha ucciso.

Ora è il tempo dei funerali
ora è il tempo di farsi vedere
per ribadire, con la presenza,
che nessuno parli, che nessuno dica
quello che ha visto la tragica sera.
 

Sogni
A volte mi perdo
tra sogno e realtà,
afferro le tenebre
per dargli la luce,
cerco il crepuscolo
d'un fuoco acceso,
con la mia ombra
che si cancella
tra una favilla e l'altra
del mio falò.

Adesso che è giorno
mi giro intorno
cercando i sogni
venuti di notte
che fanno capriole
per farsi scordare
con qualche flash
senza legame
solo il sapore
d'un pezzo di storia
che si confonde
con la realtà.

Con te non verrò mai
Con te non verrò mai
falso spettacolo immondo
che rigurgita risate.

Con te non verrò mai
seminatore di ignobili certezze
di bocche sdentate.

Con te non verrò mai
caleidoscopio di tele di ragno
in cui raggomitolarsi.

Con te non verrò mai
ipnotizzante sirena
dalle spire velenose.

Con te non verrò mai
invitante tavola imbandita
di pietanze maleodoranti.

Malinconia
Oggi sono vuoto dentro.
Filigrane di parole scorrono senza senso,
collane di rosario inutilmente provocate,
vane ricerche nei vecchi bauli.

C'è solo la vita che scorre,
la corrente che porta alla foce,
il mare pronto ad inghiottirmi.

Non riesco ad alzare la testa
per carpire i rumori di fuori.
Son chino sulle lacrime secche
della fonte ormai prosciugata.

È triste stamane il mattino,
non viene la somma di cose slegate,
non ci sono i cerchi concentrici
d'un sasso gettato nel lago.

Traffico all'ok corral
Adesso sono qui che grido
cercando la pace
incontrando la guerra.

Basta uscire di casa
mettersi l'elmo, la faccia truce
e trovare battaglia.

Con la bava alla bocca
e l'occhio assassino
ci si provoca entrambi
per chi è più prepotente.

La palma la vince
chi taglia la strada
sentendosi forte,
guardando dall'alto
i poveri noi
che non siamo niente.

La voglia e il rifiuto
La voglia di credere,
il rifiuto dell'oggi,
la mente imbrattata,
cercando ragioni,
trovando proverbi.

Le idee sono avanti
fuggite nel vuoto,
il denaro fa gola,
non sente rimpianti.

La coscienza
chi può se la compra,
però è meglio riporla
nel cassetto segreto
da aprire alla fine
per qualche credito
con l'infinito.

Ma il sole che sorge
fa tornare la voglia
di nuove giornate
con volti di Cristo
che spingono avanti
la cruna ed il cammello,
la carriola di pietre
per nuovi edifici.

Rimembranze
Il bisogno di terra ci afferra in un attimo.

Son piene le mani di voglia di pieno,
son giù le ginocchia alla cerca d'olive,
le vesti adeguate larghe sul dietro,
le teste coperte da un bagno di luce,
la forza scoperta degli avambracci,
il sole che cuoce su ogni cosa.

Rivedo il dipinto firmato Guttuso,
i volti scolpiti, le scapole in fuori,
i braccianti del sud, la fame che incalza,
il mercato del pesce, la vita in essenza,
la risata sguarnita, il pianto che stride.

Non c'è pace sotto gli olivi,
le mani son nere di pelle e di terra,
ritorna di nuovo la storia di prima. 

Il tempo delle favole è finito.
S'arrende la speranza d'un mondo migliore.
Bisogna abituarsi ai sassi da ingoiare
ai rospi in fondo al piatto
alle lacrime da bere.

Siamo pieni di voli pindarici
per nascondere il presente,
ci rifugiamo nelle vecchie ciabatte
per non guardare fuori.

Come se fosse possibile
trovare l'eremo
se non nella morte.
 

Gamberetti allo scoglio bituminoso.
Adesso i gamberi si assomigliano tutti.
Di mare e di fiume son neri uguali,
per dare benzina, per andare al mare.

Mare nerastro ma poco salmastro,
sa di whisky allo iodio,
di tanfo di pesci spiaggiati.

C'è chi dice che fa bene alla pelle,
toglie le squame, allunga la vita,
basta sciacquarsi con olio d'oliva.

Intanto si corre senza uno scopo,
si avvicina il dirupo ma non c'interessa,
quello che conta non è mai il futuro.

Il venditore di cravatte
Scarpe grosse e cervello fino
scarpe alla moda e cervello chino.

centocinquantanni di uomini
travestiti da italiani
hanno permesso il troneggio
dell'infatuatore.

È ancora una volta
il tempo delle greggi
e dei cani sciolti,
degli approfittatori
e degli approfittati.

S'è truccato da italiano medio
con la calza sulla faccia
sparandole grosse
ma vendendo cravatte.

Presente
Brandelli di vita
si rincorrono all'ombra
di pneumatici usati
tra carcasse di ricordi
dove posano il piede.

La luce riposa
nel buio dell'oggi
con tanto di toga
seriosa del nulla.

La forza di vivere
è affidata al passato
il presente cammina
a ritroso.

Creatività
Aggrappato al solco del vento
balbetto immagini
con parole slegate
cercando lo spago,
la voglia ed il furore
di chiudere tutto,
di farmi del male.

ritorna la luce
ridendo tra i denti
sporcando l'inchiostro
di falsi colori,
così da confondermi
nell'oasi di pace,
accanto alla fonte,
vicino al creato.

Rientra assonante
il ritmo del gioco,
metronomo angusto
della nostra pochezza,
le sbarre improvvise
dell'urlo ingoiato,
dell'intravisto infinito. 

Vuoto a perdere
La bestemmia del consumismo!
Si erge su montagne di spazzatura,
si diverte a sporcare mari e spiagge,
parchi e giardini pubblici,
irride sfrontato
alla povertà di risorse,
alla coesistenza civile,
alla manualità artigiana,
ai secoli costruiti con fatica,
alla sana amministrazione,
all'equilibrio della natura.

Come si fa a perdere il vuoto?
espressione bizzarra
per cose da buttare
ancora utili.
 

Il coro
Starnazzano le oche
rimbalzando di bocca in bocca
senza sapere di cosa si parla.

Importante è esserci.
Importante è non dire mai la verità.
Importante è zittire gli altri.
Importante è essere convincenti.

Starnazzano le oche
ed il coro ripete.

Qualcuno bara
ma importante
è sembrare una vittima.

Quando canta il gallo
Il cielo s'arroventa
quando canta il gallo.

Riprende la vita
vestendo il brusio,
ricuce la luce,
rattoppa il tran tran.

C'è odore di nuovo
di iodio e di terra,
di aria frizzante,
di nuova fiducia.

La voglia di fare
riprende la strada,
il cammino sinuoso
dei tanti perché.

Responsabilità
Di sponda in sponda,
rimbalzando tra muri di gesso,
la voce cade giù nella gola
gridando in silenzio.

Ci si guarda allibiti
ma l'urlo non viene
gorgoglia nel ventre
e china spaesato la testa.

Non c'è pace
per chi non ha gridato in tempo
a meno di non coprire tutto
sotto il manto bituminoso
dell'ipocrisia.

Appare la chiesa tra gli alberi
Intorno...
Le foglie larghe dell'edera.
Il cipresso.
L'acero.
Il pioppo.

Un incanto sognato da tempo.
Un respiro di pace.

Una chiesa senza prete.
In attesa di chiunque.

Spot-spack
Parole senza senso graffiate sulle pareti multicolori.
Importante è lo scintillio dell'impatto.
La ragione non serve più.
Atleti su filamenti colorati per vendere una lavatrice.
L'immensa felicità per una macchia andata via.
l'infinita soddisfazione per aver raccolto la polvere.
La vita perfetta se hai in casa un formaggio senza grassi.
L'idiota beatitudine nell'insaporire un arrosto.
I capelli setosi.
la dieta che rafforza l'organismo.
I prodotti testati.
Il "bel topolone".
Gli intermezzi fastidiosi sono quelli tra uno spot e l'altro. 

Nuovi orizzonti
come una lepre liberata dalla tagliola
fugge, zoppicando, per il maggese,
così il mio spirito affranto
sorge a nuovi orizzonti
e a nuove vie.
 

Nebbia
Non ci sono più nuvole in cielo
c'è solo grigio.
Dove si specchierà piangendo
il salice?
e la barca senza ombra?
e l'acqua che non spezza il remo?
si riconoscerà l'airone
nel volo senza ali?
e i gabbiani vocianti
contro il muro senza vento?

Come potremo riconoscere
le nostre ombre di vita?

Basterà stringere forte
le mani su sbiaditi ricordi
delle poche vette scalate,
dei volti amati,
degli amici perduti?

Un ricordo
Un giorno come un altro
ci parlerà di te.
Nei recessi confusi,
nei flash della memoria,
riappare una storia non chiusa,
come un mattone cariato
del nostro edificio.

La fuga
Buttare la chiave
non serve a sognare
anche se la scelta è grave
non basta ad andare.

Non serve una strada obbligata
né le scuse della coscienza
né la vita in futuro più accarezzata
né i sogni dell'adolescenza.

Occorre, soffrendo, cercare la via
e valutare quello che saremo
come se fossimo ad un crocevia.

Ottimismo
Il tempo delle attese è finito.
Ora sempre pani freschi sulla tavola
e colori vivaci tutt'intorno.

Spargeremo semi a piene mani
e zolle di speranza in faccia al mondo.

Perle di smeraldi e verdi rubini
saliranno dal fondo del mare
cantando e vociando
per farsi notare.

Nell'aria agitata dalle ali del vento
voleranno cestini con petali di rosa
e schiamazzi dalle finestre aperte
non più omertose.

Tra i coriandoli degli sbandieratori
e le statue verniciate dei mimi
la piazza festante uscirà all'aperto
senza vergogne e senza pudori.

La scarsa vena
Come dalla creta le forme
dalla pagina le parole

All'inizio c'è il vuoto
poi qualche abbozzo di idea
comincia ad emergere.

Il foglio inizia a sollevarsi e raggrinzire

Un volto?
Un paesaggio?
Una stagione?
Un amore?

Uscire dagli schemi

Esprimere l'esistere?
Una situazione?
Un concetto?

Il foglio torna ad appiattirsi

Il cielo è grigio
l'uggia mi attanaglia.

La marina d'inverno
Risponde alto il grido dei gabbiani
allo scoppio delle onde sulla scogliera.

Nel vortice, acqua e cielo
sabbia e sassi.

Pescatori sul molo
come ballerini infagottati
e irrigiditi.

La spiaggia è deserta
c'è solo qualche conchiglia,
bottiglie di plastica
e legni rinsecchiti.

Le nuvole scorrono veloci
il mare è un prato di farfalle
incattivite.

Sensazioni
Lo svolazzo d'una farfalla,
le spine della rosa, i fiori del papiro,
i frutti del pesco.

Come un rovo di more
sono tanti piccoli artigli
che fanno perdere il filo
e la meta prefissa.

Vorremmo andare diritti
per il nostro cammino
magari agitando le braccia
per non prestare attenzione.

Ma il passo è incerto
ed il fondo degli occhi
si colora d'intenso
quando riflette
il cielo che sale dal mare.

L'odore della terra
L'odore della terra ce la portiamo addosso
come un'orma spalmata nel fango.

La radice della genziana
il fiore del cardo
il rovo di more
le felci.

L'odore della terra.

Un campo a maggese
o di erba medica
o seminato.

L'odore della terra.

Fuoriesce dalle pieghe dell'asfalto
s'insinua tra le crepe del casale abbandonato
e porta con se i ricordi di antiche civiltà.

L'odore della terra.

A volte dimenticato
nello sfarfallio luccichevole
del nostro mondo artificiale.

 La storia siamo noi
Un giorno
ci leveremo inermi
a scrivere sui muri intonsi
la storia della terra
 

Una vita come tante
Il tempo delle favole è finito,
ci siamo dentro fino al collo,
respirando a fatica.

(Per non correre rischi usiamo frasi fatte
e comportamenti dentro le righe).


Quando sarà il momento
"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi":
occhiaie vuote e denti senza labbra.

Ma prima, con la schiena dritta,
arrancheremo sul nostro calvario
senza lasciare tracce
con la corona di spine.

Complicità
Non suonerò il piffero
per farmi seguire
non parlerò di traverso
per non farmi capire.
Reciterò i miei lamenti
colorandoli con un pò d'esistenza
e un pò di sentito dire.

Le lacrime son ben nascoste,
il vestito è adeguato,
l'aspetto è quello di sempre
anche se un pò ammaccato.

Se viene la rabbia ai miei occhi arrossati
basta coprirli con un pò di vergogna,
se manca la luce la cerco a tentoni.

Addolcisco il ribrezzo spezzando lo specchio,
scelgo la strada per non incontrare nessuno,
l'incrocio di sguardi sarebbe fatale.

Gioco di squadra
Fuoco, aria, terra, acqua.
I quattro elementi
si palleggiano la natura
come un gioco di squadra.

Il fuoco e l'aria imbrattano
il cielo con albe e tramonti,
l'acqua e la terra formano
laghi fiumi e torrenti,
la terra ed il fuoco sparano
lava dalla bocca del vulcano,
l'aria e l'acqua fanno
il cielo grigio e piovoso.
Il fuoco e l'acqua creano
il vapore delle nuvole,
la terra e l'aria si uniscono
quando soffia la sabbia del deserto.

Non ci sono altri spareggi.

Se un giorno...
Se un giorno fosse possibile
tornare alle giovani ali librantesi
nell'infinito
e l'universo una cosa capibile
e le stelle, i pianeti, il sole e la luna
giustificati nel loro esistere,
allora potremo girarci di fianco
ed appoggiare la guancia sul cuscino.

Il buio apparirà un amico
e i versi della notte
accompagneranno ninnando
il nostro riposo.

Povera Italia
Un partito al potere
racconta miracoli
coprendo col coro
le licenze del capo.

Ma la gente acconsente.

Trent'anni di giocherie,
successo dietro l'angolo,
soldi facili,
false dispute esistenziali,
facili applausi,
informazione deformata,
voglia di ottimismo.

L'individuo prima di tutto
contro lo Stato prepotente
con le sue regole, con le sue tasse.
L'individuo prima di tutto
contro gli altri.
Tutti sgomitanti e arrembanti.

I giovani senza futuro,
i prezzi senza controllo,
le famiglie in difficoltà,
la produzione attorcigliata
sul consumismo.

Il buio dell'egoismo,
la paura del futuro,
il timore del diverso,
l'età media sempre più vecchia.

Poi ci sono i miliardari.
Un bilancio dello Stato in nero
fuggito all'estero e rientrato
(forse) con una piccola multa.

Il dieci per cento del pianeta
possiede il novanta per cento della ricchezza.
E l'Italia si adegua.

Ma la gente acconsente.

Primavera scherzosa
Dal teschio calcinato d'una vacca
emergono le vespe a primavera,
il vento leggero le abbocca
nel vortice festoso dell'atmosfera.

I prati, bianchi e gialli di margherite,
sorridono al galà della natura,
al ricordo delle foglie appassite,
agli alberi con la nuova acconciatura.

Le nuvole nel cielo prendono forme
che riflettono il fulgore sottostante.
Le pecore si sparpagliano a torme
sotto i raggi del sole abbagliante.

I mandorli ed i peschi in fiore
come un disegno d'un bambino
con il laghetto ed il pescatore
e la staccionata d'un giardino.

A Gaudì
(gita a Barcellona)

Nelle tue forme
il richiamo esasperato della natura.

Hai messo i girasoli
come puntali,
le colombe nell'albero
aggrappato alla facciata.

Il tuo gotico richiama
guglie e piramidi naturali.

La perfetta imperfezione
delle finestre asimmetriche,
delle colonne pendenti,
delle improbabili torri
come minareti,
il colore giullaresco
dei mosaici senza disegno.

C'è il ricordo ancestrale
degli arabi insieme alla voglia
di superare i contorni definiti
della geometria umana.

I piani non sono piani
ma parabole convesse,
gli angoli si avvolgono intorno,
tutto è curvo e rugoso
come la corteccia della quercia.

Vuota?
Vuota/piena.
Piena/vuota.
Tradisce la tela trasparente.
Cornice senza tela.
Cornice.
Tela senza.
Immagine apparente.
Contorta tra le fiamme.

L'apparenza non è realtà.
Il fuoco la sprigiona.
Per un attimo.
Da sola.

Lo stagno
La cadenza noiosa d'una poesia di Natale.
Le poche note d'una canzone rimasticata.
Il fardello quotidiano del già sentito.
Il sapore incolore della vita.
Le bestiali ripetute gestualità.
Le parole inutili.
E poi?
La luce che fiammeggia a tratti!
L'intuizione improvvisa!
I sassi ordinati nei cassetti!
Per partire!
E lasciare lo stagno!

Tavolozza
Caratteri luminescenti da fissare
sulla carta d'un giorno.
Resti insabbiati
dalle losanghe larghe.
Per un gesto iniziato
e mai finito.

Certi d'un po' di speranza
andiamo intorno senza guardarci.

Come se fosse possibile.
riscaldarsi
al fuoco
cotto
di storie
sentite.

Di giorno in giorno
Volerò di farfalla in farfalla
trasportato dal vento senza alcun fine.
Cercherò l'oblio come un fantasma tra la gente
per perdonarmi della vita.

Non rovisterò ricordi per qualcosa da trovare,
né rovescerò la terra inutile del mio cammino,
mi basterà fermarmi e guardarmi intorno
come se fossi ancora un bambino.

La pelle chiara
"Mi piacerebbe un divano di pelle umana
costa un occhio ma tutti ce lo invidierebbero.
La pelle di negro costa meno ma non è la stessa cosa.
A parte il costo, molto ridotto perché troppo facilmente reperibile, è il colore finale che non va.
Se si vuole un divano veramente bianco ci vuole un bianco, magari finlandese.
Che ne pensi cara?"

"Sarebbe meraviglioso!
Ma quanto costa?"


"Non ti devi preoccupare
posso attingere ad un fondo nero fresco fresco.
Poi se il finlandese costa troppo possiamo sempre utilizzare
il prestanome dello yacht.
E' un pò stagionato ma di carnagione molto chiara".

All'amico fraterno
Mi aggredisce improvviso il ricordo
e senza difese lo accolgo.

Ritorna prepotente alla mente
la realtà orfana e incompiuta.

Dovevamo invecchiare insieme
con tanti progetti in cantiere.

Il nulla mi afferra di nuovo.

Rivedo il tuo volto sereno e beffardo
come fosse uno scherzo voluto.

Hai beffato la vita e la morte
non finendo la vita
non iniziando la morte.

Sei ovunque.

False immagini
Cartelloni stolti
invadono i miei occhi.

Falsi mausolei alla concupiscenza umana
s'innalzano su terreni inesistenti.

Avviluppano il nostro essere
in una ragnatela di messaggi
e false offerte di paradisi raggiungibili.

Nel gioco al massacro
di bocche ridenti
per stupidità annunciate
e già sentite.

Piazza vecchia
Tra viuzze di tufo odorose
lastricate di pietre e mattoni,
tra slarghi e ripide ascese
tra vetrine artigiane e portoni

S'apre improvvisa la piazza.

Sempre diversa e pur uguale
con il palazzo del priore,
la facciata della cattedrale
e per i marmi, il lucore.

Piazza vecchia d'Italia.
L'Italia dei Comuni e delle Signorie.

Grande la contraddizione della storia.
Per il Signore la sempiterna gloria,
per gli abitanti balzelli e miseria;
ma il libro non racconta in materia.

Eppure il gioiello resta.

Stagionali
Non parlerò d'amore
né di manti stellati
né di luccichio del mare
né di tramonti infuocati
né di aurore rosate.

Parlerò di fame, sudore e fatica.

Parlerò delle schiene spezzate
dall'alba al tramonto
per un pezzo di pane.

Parlerò della schiavitù ritrovata.

Adesso non c'è più bisogno
di pagare uomini
per razziare i villaggi.
Non c'è più bisogno
di spendere soldi
per le navi negriere.

I nuovi schiavi
ora vengono da soli
e si pagano il viaggio.

Miracoli del libero mercato!

L'antico contratto è superato.
Non più vitto e alloggio
in cambio di permanente schiavitù,
ma salario di fame
solo nei giorni più fortunati
e in ruderi di case e fabbriche
ospitati.

Solitudine
C'è chi mette la firma dove si pone
e chi per firmare rimane solo,
per sempre.

Sarei meno solo in un'isola deserta
giustificando la mia solitudine.

Potrei parlare con i pesci
o con i sassi del fondo
dandogli un nome uno per uno
e richiamandoli al mattino.

Ma vivo tra gli uomini
bestemmiando e gridando
la mia solitudine.

Cerco in giro
quel pò di natura rimasta
giustificando gli alberi
per giustificare me stesso.

A volte mi esalto
a volte comprendo
di stare aspettando
solo
la morte.

Sull'Appennino
In cima c'è il paese arroccato
come la punta d'un frutto del monte.
Da mura di pietra è circondato
con la piazzetta, la chiesa e la fonte.

sul costone le sembianze d'un castello
o residui d'una torre d'avvistamento,
testimone dei tempi della paura e del flagello
e le targhe a memoria dell'avvenimento.

Nel paese, solo facce scolpite
dal sole, dal freddo e dal vento.
Al bar, le carte nelle mani raggrinzite
ed il vociare con giudicante accanimento.

Le donne indaffarate in casa
o parlottanti sulla porta
della speranza inevasa
di rivedere i nipoti una volta.

Saremo a sussurrare
Saremo a sussurrare
nell'orecchio
il nostro cammino
e le gazzelle voleranno
da un cespuglio all'altro
portandosi addosso la vita.

Morte bianca
Bianca
Come il lenzuolo che ti ricopre
come la faccia che sembra la tua
ma è di un morto.

Sei venuto da lontano
pensando al villaggio lasciato
alla famiglia abbandonata
al sogno del tuo ritorno.

Ma hai trovato la morte.

Bianca.

Ma sporca del tuo sangue
sporca del tuo corpo
sporca del tugurio
in cui dormivi.

Bianca.

Ma sporca di lavoro nero
sporca di sfruttamento
sporca di denaro
risparmiato sulla tua pelle.

Bianca.

Adesso che sei morto
sei stato messo in regola
e la coscienza è

Bianca.

Carnevale
Riempirò il mio giorno con cascate
di colori e di suoni,
con nature morte e melograni
e l'uva che sporge dal vaso.

Indosserò tessuti color dell'arancio
e mantelli verde smeraldo.

Colorerò la mia faccia
per non sapere la razza
e girerò intorno
per conoscere il mondo.

Toglierò gli occhiali da sole
e passerò tra la gente.

Cercherò di dare spettacolo
per non essere visto,
pensando alle capanne di fango
ed ai deserti della nostra coscienza.
 


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche