Storia per bambini: La storia di Ciciritto.
C'era un bimbo molto piccolo, piccolo, piccolo come un cece: tutti lo
chiamavano Ciciritto.
Ciciritto abitava in campagna, fra genitori e fratelli, in una grande
casa circondata da vasti prati dove ogni giorno pascolavano numerosi
animali, buoi, mucche, pecore, capre. A Ciciritto piaceva tanto correre
in mezzo all'erba e ripararsi sotto le foglie o vicino ai tronchi degli
alberi.
Un giorno Ciciritto scomparve.
Lo cercarono per ogni dove, in mezzo al prato, fra gli alberi.
La mamma disperata gridava: Ciciritto, Ciciritto, dove sei? Ciciritto,
Ciciritto, dove sei?
Non rispondeva nessuno. Tutti lo chiamarono, genitori e fratelli, per
tutta la giornata, correndo per tutta la campagna.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
Sentirono da lontano una vocina.
"Sono nella pancia del bue rosso".
Aprirono subito la pancia del bue rosso, cercarono tanto, ma Ciciritto
non c'era.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Sono nella pancia del bue bianco".
Aprirono subito la pancia del bue bianco, cercarono tanto, ma Ciciritto
non c'era.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Sono nella pancia del bue nero"
Aprirono subito la pancia del bue nero, cercarono tanto, ma Ciciritto
non c'era.
E così andarono avanti per tanto tempo.
Aprirono la pancia di tutti i buoi, ed erano tanti!
Ciciritto non si trovava, madre, padre, fratelli, erano disperati.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Sono nella pancia del .... non lo so"
Era rimasta solo una capretta, che brucava nell'erba.
Aprirono la pancia della capretta e... trovarono Ciciritto.
Tutti furono contenti, anche Ciciritto; piccolo com'era aveva scambiato
la capretta per un bue!.Storia per ragazzi: Don Micio il puparo.
Don Micio era un vecchio puparo, aveva tanti pupi nel suo teatro: tutti
i personaggi del ciclo dei paladini di Francia: Orlando, Rinaldo, Gano
di Magonza, Tancredi, ecc.
Ogni sera dava una rappresentazione
Era il tempo in cui non c'era ancora la televisione, non c'era ancora il
cinema; le serate si passavano all'osteria, a bere insieme agli amici o
presso la sala di Don Micio che, ogni sera rappresentava le grandi gesta
di Carlo Magno e dei suoi paladini.
I paesani si entusiasmavano a sentire quelle storie, ripetute tante
volte, tifavano ora per l'uno, ora per l'altro personaggio, e spesso
litigavano fra di loro se la serata si chiudeva con la vittoria di Gano
di Magonza su Orlando. O se Orlando litigava con Rinaldo.
Qualche volta litigavano con Don Micio.
"Orlando, con la sua forte Durlindana uccise mille saraceni!" diceva Don
Micio.
E i ragazzi in platea: "Cala, Don Micio!"
Don Micio: "Orlando con la sua Durlindana uccise cinquecento saraceni"
E i ragazzi: "Cala, Don Micio!"
Don Micio:"Orlando con la sua Durlindana uccise cento saraceni"
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio: Orlando con la sua Durlindana uccise cinquanta saraceni".
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio: "Orlando con la sua Durlindana uccise dieci saraceni"
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Do Micio: Orlando con la sua Durlindana uccise cinque saraceni".
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio: "Orlando con la sua Durlindana uccise due saraceni"
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Do Micio: Orlando con la sua Durlindana uccise un grosso saraceno".
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio fuori di sè: "Disgraziati, vi mando tutti via, allora perchè
Orlando aveva la sua Durlindana?"
Diario di un viaggio in Lombardia.
Si parte perché ho assunto un impegno con gli amici, ma non sono molto
entusiasta del viaggio in Lombardia. Mi assale una certa malinconia, un
non so che che mi fa diventare pigro e rinunciatario.
Ma si parte lo stesso, tant'è.
E' la mattina del 18 agosto 2004, alle ore 8,10, si vola dall'aeroporto di
Catania con Volare Web: la mia auto è rimasta in deposito a Catania, in
aeroporto, così ci verrà molto comodo al ritorno.
La traversata è normale. Ogni tanto si sente qualche rumore sull'aereo,
come se si percorresse una strada piena di buche. Prima delle ore 10 siamo
a Linate, l'auto n.73 ci porta a San Babila, nel cuore di Milano. Rivedo
alcuni luoghi che ricordavo vagamente.
Con la metropolitana, linea rossa verso Sesto F.S., raggiungiamo l'Hotel
Concorde, in via Monza. Scendiamo alla stazione Monza, ma sarebbe stato
meglio fermarsi in quella di Turro, è più vicina all'Hotel.
E' ancora presto, saranno poco meno delle ore 11, non ci danno la camera,
ma possiamo depositare i bagagli.
Si va in giro per Milano, in metropolitana, consumiamo una pizza e poi in
hotel, sistemazione in camera e qualche ora di riposo. La sera usciamo
ancora, ci informiamo per un'escursione a Como.
Di Milano non ho un bel ricordo, c'ero andato qualche anno fa, nel 1999,
con Renata, per un'esame di abilitazione. L'avevo trovata grigia e noiosa,
ricordavo la metropolitana e la facilità con cui puoi muoverti per tutta
la città: linea rossa e linea verde, dalle viscere della terra all'aria
aperta, l'atmosfera non cambia. E' comodo viaggiare in metropolitana ma
non mi piace, ogni volta che ne esci ti senti come "Ciaula che scopre la
luna": Sono ancora a Milano e bisogna fare in modo di spendere bene una
settimana.
E' la mattina del 19 agosto 2004, dalla stazione Cadorna, con le Ferrovie
del Nord, raggiungiamo Como. Già dal treno, a pochi chilometri
dall'arrivo, "scopri" il lago di Como. Non è "quel ramo del lago di Como",
che si trova a Lecco, è il braccio sinistro.
Esci dall'edificio della stazione e trovi il battello pronto per la
partenza, si parte.
Non sai che cosa ti aspetta: è tutto una sorpresa.
Penetri lungo il lago un poco alla volta, come in un sesso di donna, a zig
zag. Le nuvole minacciano da lontano, c'è freddo: la gente non era
preparata, molti in camicetta e qualcuno in calzoncini corti. Ti fermano
alla prima stazione:Tavernola, la prima di una serie di fermate, che non
mi disturbano, tanto sono preparato a rilassarmi completamente: chi ti
insegue? Lasciati andare, sei qui per riposarti dagli altri pensieri!
Davvero vuoi scrivere un diario di un viaggio in Lombardia? Dubito che tu
possa portarlo a compimento, lungo il percorso vincerà la noia , il file
starà lì sul desktop per qualche tempo, poi finirà anch'esso nel cestino e
sarà distrutto come tante altre idee.
Riprendo il diario, forse mi ritrovo un po' di voglia per continuare. Dopo
Tavernola tante altre fermate, Blevio, Cernobbio, Moltrasio, Torno, Urio,
Pognana, Careno, Nesso, Brienno, Argegno, e tante altre fino a Bellagio.
Un paesaggio mai visto e qui gustato in tutta la sua interezza: lascia
fare la natura e guarda che bei paesaggi ti regala!
Leggo su un depliant: m.198 sul livello del mare, 145,91 kmq di
superficie, larghezza minima 650 metri, larghezza massima 4,2 km,
lunghezza massima 46 km, profondità massima 410 m.: ecco il lago di Como!
Nel depliant non è scritto: ma per me è un'esperienza nuova, mi estraneo
completamente dal mondo, vivo nella dimensione dell'assoluto riposo, è
come se fossi solo in battello a guardare nel vuoto e a pensare al nulla.
Scendiamo a Bellagio: si sale per una ripida stradina e poi si scende
dall'altro versante e lì c'e Pescallo affacciato sull'altro ramo del lago,
quello di destra. Pranziamo al Ristorante "La Pergola", appunto sotto un
pergolato che non fa passare le gocce di acqua che cadono così
all'improvviso e che cessano altrettanto improvvisamente come erano
venute. Poi una passeggiata e su per la salita di ritorno, un po' più
faticosa a stomaco pieno.
A Bellagio qualche ora di attesa in uno stato di sopore e poi la via del
ritorno: il resto non è storia: l'incanto è cessato. A bordo del battello
una voce continua di capra, che ti disturba, fino a quanto non capisci che
è quella di un povero ragazzo portatore di handicap che si esprime con
quella specie di belato.
Il giorno dopo restiamo a Milano, bisogna smaltire l'escursione sul Lago
di Como.
Visitiamo il Castello Sforzesco, il Duomo e, il pomeriggio, il Naviglio.
Il sabato è la volta di Mantova, due ore di treno;bella la città di
Mantova, passeggiamo per le stradette del centro e poi visitiamo il
Palazzo Ducale. Siamo incantati dalla ampiezza e dalla maestosità della
costruzione. Pranzo in centro e poi, così per caso, una piccola crociera
fluviale, senza dubbio l'acqua ci attira. Ci imbarchiamo su un battello
nel pontile S.Giorgio: il battello è quasi pieno: un giro nel lago di
Mezzo e poi, attraversata l'arcata dell'autostrada Padova Venezia,
entriamo nel Lago Inferiore. Nei Tre Laghi, Lago Superiore, Lago di Mezzo,
Lago Inferiore, "il Mincio si calma, muta il suo colore, si fa palude".
L'ambiente è vario, vi vivono tanti uccelli, cormorani e toffetti e poi
altri di cui non conosco il nome; sull'acqua galleggiano le ninfee che noi
immortaliamo nelle nostre foto.
Bisognerebbe dimorare a Mantova più giorni per conoscerla bene. Ma tant'è,
il nostro è un breve viaggo, programmato per tante escursioni. Per ogni
luogo visitato si dice sempre la stessa cosa, bisognerebbe conoscerlo
bene, ma come fare? Per conoscere bene tutti i luoghi dovresti avere tante
vite e tanto danaro da spendere: Va!, ti basta ciò che tu vedi, sono belle
anche le prime e superficiali impressioni.
Mastro
Suzzo e il vino annacquato.
Mastro Suzzo non era un vero e proprio muratore; faceva piccoli lavori di
muratura, qualche riparazione al tetto, qualche intonaco da ripristinare,
qualche muretto da recuperare; insomma lavori non molto impegnativi. Era
molto disordinato e poco rifinito nel suo lavoro. Però si faceva pagare
poco e si accontentava di quello che gli davano, senza molte pretese. A
mezzogiorno pranzava in casa dei suoi datori di lavoro che gli
assicuravano da mangiare e da bere: a mastro Suzzo piaceva molto il vino;
si attaccava al "carrateddu" e succhiava a più non posso. Il carrateddu o
carratellu era un recipiente di legno a forma di piccola botte della
capacità di circa un litro, usato dai contadini e dai carrettieri
siciliani per trasportare piccole quantità di vino. All'estremo della
pancia aveva un buchino da cui si succhiava il vino durante i pasti: il
buco veniva otturato con un tappetto di legno.
La signora Concetta lo chiamava spesso a casa sua.
Era una vecchia casa che aveva bisogno spesso di qualche riparazione,
soprattutto ai tetti, coperti come erano da canne e tegole. Era un vecchio
fabbricato che la signora Concetta abitava da tanti anni, con il marito e
i figli: povera gente. La casa avrebbe avuto bisogno di molti interventi,
ma le risorse familiari, poche in verità, non consentivano grandi
trasformazioni. Si riparava soltanto l'indispensabile; i tetti
soprattutto. Era facile che in inverno piovesse in casa, c'era sempre
qualche tegola sconnessa o rotta o sporca, che faceva infiltrare l'acqua
piovana.
Dopo tanto parlarne si pensava allora di chiamare Mastro Suzzo, per salire
sulle tegole e ripararle, o sostiuirne qualcuna. Ma come si faceva ad
essere sicuri? E se fosse caduto dal tetto?
Nella prima mattinata non c'era pericolo; ma dopo pranzo chi si fidava di
Mastro Suzzo che aveva bevuto la sua buona razione di vino? Donna Concetta
lo sapeva e quindi a mezzogiorno gli annacquava il vino, per renderlo più
leggero e meno pericoloso. Aggiungeva dell'acqua nel vino contenuto nel
carrateddu, tanto non si vedeva niente: Mastro Suzzo succhiava e succhiava
e non si accorgeva di niente. Così donna Concetta risolveva il suo
problema e allontanava le sue paure: aggiungeva acqua ed ancora acqua. Un
giorno Mastro Suzzo non volle più bere nel carratello, non volle più
lavorare per donna Concetta; si era accorto che il vino era diventato
acqua; donna Concetta a forza di aggiungere acqua aveva dimenticato di
mettere il vino e Mastro Suzzo se ne era accorto. Disordinato sì, ma non a
tal punto da scambiare l'acqua per vino! |