Racconti di Francesco Miranda


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Storia per bambini: La storia di Ciciritto.
C'era un bimbo molto piccolo, piccolo, piccolo come un cece: tutti lo chiamavano Ciciritto.
Ciciritto abitava in campagna, fra genitori e fratelli, in una grande casa circondata da vasti prati dove ogni giorno pascolavano numerosi animali, buoi, mucche, pecore, capre. A Ciciritto piaceva tanto correre in mezzo all'erba e ripararsi sotto le foglie o vicino ai tronchi degli alberi.
Un giorno Ciciritto scomparve.
Lo cercarono per ogni dove, in mezzo al prato, fra gli alberi.
La mamma disperata gridava: Ciciritto, Ciciritto, dove sei? Ciciritto, Ciciritto, dove sei?
Non rispondeva nessuno. Tutti lo chiamarono, genitori e fratelli, per tutta la giornata, correndo per tutta la campagna.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
Sentirono da lontano una vocina.
"Sono nella pancia del bue rosso".
Aprirono subito la pancia del bue rosso, cercarono tanto, ma Ciciritto non c'era.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Sono nella pancia del bue bianco".
Aprirono subito la pancia del bue bianco, cercarono tanto, ma Ciciritto non c'era.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Sono nella pancia del bue nero"
Aprirono subito la pancia del bue nero, cercarono tanto, ma Ciciritto non c'era.
E così andarono avanti per tanto tempo.
Aprirono la pancia di tutti i buoi, ed erano tanti!
Ciciritto non si trovava, madre, padre, fratelli, erano disperati.
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Ciciritto, Ciciritto, dove seiiiiiiiiii?"
"Sono nella pancia del .... non lo so"
Era rimasta solo una capretta, che brucava nell'erba.
Aprirono la pancia della capretta e... trovarono Ciciritto.
Tutti furono contenti, anche Ciciritto; piccolo com'era aveva scambiato la capretta per un bue!.

Storia per ragazzi: Don Micio il puparo.
Don Micio era un vecchio puparo, aveva tanti pupi nel suo teatro: tutti i personaggi del ciclo dei paladini di Francia: Orlando, Rinaldo, Gano di Magonza, Tancredi, ecc.
Ogni sera dava una rappresentazione
Era il tempo in cui non c'era ancora la televisione, non c'era ancora il cinema; le serate si passavano all'osteria, a bere insieme agli amici o presso la sala di Don Micio che, ogni sera rappresentava le grandi gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini.
I paesani si entusiasmavano a sentire quelle storie, ripetute tante volte, tifavano ora per l'uno, ora per l'altro personaggio, e spesso litigavano fra di loro se la serata si chiudeva con la vittoria di Gano di Magonza su Orlando. O se Orlando litigava con Rinaldo.
Qualche volta litigavano con Don Micio.
"Orlando, con la sua forte Durlindana uccise mille saraceni!" diceva Don Micio.
E i ragazzi in platea: "Cala, Don Micio!"
Don Micio: "Orlando con la sua Durlindana uccise cinquecento saraceni"
E i ragazzi: "Cala, Don Micio!"
Don Micio:"Orlando con la sua Durlindana uccise cento saraceni"
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio: Orlando con la sua Durlindana uccise cinquanta saraceni".
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio: "Orlando con la sua Durlindana uccise dieci saraceni"
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Do Micio: Orlando con la sua Durlindana uccise cinque saraceni".
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio: "Orlando con la sua Durlindana uccise due saraceni"
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Do Micio: Orlando con la sua Durlindana uccise un grosso saraceno".
I ragazzi: "Cala Don Micio!"
Don Micio fuori di sè: "Disgraziati, vi mando tutti via, allora perchè Orlando aveva la sua Durlindana?"

Diario di un viaggio in Lombardia.
Si parte perché ho assunto un impegno con gli amici, ma non sono molto entusiasta del viaggio in Lombardia. Mi assale una certa malinconia, un non so che che mi fa diventare pigro e rinunciatario.
Ma si parte lo stesso, tant'è.
E' la mattina del 18 agosto 2004, alle ore 8,10, si vola dall'aeroporto di Catania con Volare Web: la mia auto è rimasta in deposito a Catania, in aeroporto, così ci verrà molto comodo al ritorno.
La traversata è normale. Ogni tanto si sente qualche rumore sull'aereo, come se si percorresse una strada piena di buche. Prima delle ore 10 siamo a Linate, l'auto n.73 ci porta a San Babila, nel cuore di Milano. Rivedo alcuni luoghi che ricordavo vagamente.
Con la metropolitana, linea rossa verso Sesto F.S., raggiungiamo l'Hotel Concorde, in via Monza. Scendiamo alla stazione Monza, ma sarebbe stato meglio fermarsi in quella di Turro, è più vicina all'Hotel.
E' ancora presto, saranno poco meno delle ore 11, non ci danno la camera, ma possiamo depositare i bagagli.
Si va in giro per Milano, in metropolitana, consumiamo una pizza e poi in hotel, sistemazione in camera e qualche ora di riposo. La sera usciamo ancora, ci informiamo per un'escursione a Como.
Di Milano non ho un bel ricordo, c'ero andato qualche anno fa, nel 1999, con Renata, per un'esame di abilitazione. L'avevo trovata grigia e noiosa, ricordavo la metropolitana e la facilità con cui puoi muoverti per tutta la città: linea rossa e linea verde, dalle viscere della terra all'aria aperta, l'atmosfera non cambia. E' comodo viaggiare in metropolitana ma non mi piace, ogni volta che ne esci ti senti come "Ciaula che scopre la luna": Sono ancora a Milano e bisogna fare in modo di spendere bene una settimana.
E' la mattina del 19 agosto 2004, dalla stazione Cadorna, con le Ferrovie del Nord, raggiungiamo Como. Già dal treno, a pochi chilometri dall'arrivo, "scopri" il lago di Como. Non è "quel ramo del lago di Como", che si trova a Lecco, è il braccio sinistro.
Esci dall'edificio della stazione e trovi il battello pronto per la partenza, si parte.
Non sai che cosa ti aspetta: è tutto una sorpresa.
Penetri lungo il lago un poco alla volta, come in un sesso di donna, a zig zag. Le nuvole minacciano da lontano, c'è freddo: la gente non era preparata, molti in camicetta e qualcuno in calzoncini corti. Ti fermano alla prima stazione:Tavernola, la prima di una serie di fermate, che non mi disturbano, tanto sono preparato a rilassarmi completamente: chi ti insegue? Lasciati andare, sei qui per riposarti dagli altri pensieri!
Davvero vuoi scrivere un diario di un viaggio in Lombardia? Dubito che tu possa portarlo a compimento, lungo il percorso vincerà la noia , il file starà lì sul desktop per qualche tempo, poi finirà anch'esso nel cestino e sarà distrutto come tante altre idee.
Riprendo il diario, forse mi ritrovo un po' di voglia per continuare. Dopo Tavernola tante altre fermate, Blevio, Cernobbio, Moltrasio, Torno, Urio, Pognana, Careno, Nesso, Brienno, Argegno, e tante altre fino a Bellagio. Un paesaggio mai visto e qui gustato in tutta la sua interezza: lascia fare la natura e guarda che bei paesaggi ti regala!
Leggo su un depliant: m.198 sul livello del mare, 145,91 kmq di superficie, larghezza minima 650 metri, larghezza massima 4,2 km, lunghezza massima 46 km, profondità massima 410 m.: ecco il lago di Como!
Nel depliant non è scritto: ma per me è un'esperienza nuova, mi estraneo completamente dal mondo, vivo nella dimensione dell'assoluto riposo, è come se fossi solo in battello a guardare nel vuoto e a pensare al nulla. Scendiamo a Bellagio: si sale per una ripida stradina e poi si scende dall'altro versante e lì c'e Pescallo affacciato sull'altro ramo del lago, quello di destra. Pranziamo al Ristorante "La Pergola", appunto sotto un pergolato che non fa passare le gocce di acqua che cadono così all'improvviso e che cessano altrettanto improvvisamente come erano venute. Poi una passeggiata e su per la salita di ritorno, un po' più faticosa a stomaco pieno.
A Bellagio qualche ora di attesa in uno stato di sopore e poi la via del ritorno: il resto non è storia: l'incanto è cessato. A bordo del battello una voce continua di capra, che ti disturba, fino a quanto non capisci che è quella di un povero ragazzo portatore di handicap che si esprime con quella specie di belato.
Il giorno dopo restiamo a Milano, bisogna smaltire l'escursione sul Lago di Como.
Visitiamo il Castello Sforzesco, il Duomo e, il pomeriggio, il Naviglio.
Il sabato è la volta di Mantova, due ore di treno;bella la città di Mantova, passeggiamo per le stradette del centro e poi visitiamo il Palazzo Ducale. Siamo incantati dalla ampiezza e dalla maestosità della costruzione. Pranzo in centro e poi, così per caso, una piccola crociera fluviale, senza dubbio l'acqua ci attira. Ci imbarchiamo su un battello nel pontile S.Giorgio: il battello è quasi pieno: un giro nel lago di Mezzo e poi, attraversata l'arcata dell'autostrada Padova Venezia, entriamo nel Lago Inferiore. Nei Tre Laghi, Lago Superiore, Lago di Mezzo, Lago Inferiore, "il Mincio si calma, muta il suo colore, si fa palude". L'ambiente è vario, vi vivono tanti uccelli, cormorani e toffetti e poi altri di cui non conosco il nome; sull'acqua galleggiano le ninfee che noi immortaliamo nelle nostre foto.
Bisognerebbe dimorare a Mantova più giorni per conoscerla bene. Ma tant'è, il nostro è un breve viaggo, programmato per tante escursioni. Per ogni luogo visitato si dice sempre la stessa cosa, bisognerebbe conoscerlo bene, ma come fare? Per conoscere bene tutti i luoghi dovresti avere tante vite e tanto danaro da spendere: Va!, ti basta ciò che tu vedi, sono belle anche le prime e superficiali impressioni.

Mastro Suzzo e il vino annacquato.
Mastro Suzzo non era un vero e proprio muratore; faceva piccoli lavori di muratura, qualche riparazione al tetto, qualche intonaco da ripristinare, qualche muretto da recuperare; insomma lavori non molto impegnativi. Era molto disordinato e poco rifinito nel suo lavoro. Però si faceva pagare poco e si accontentava di quello che gli davano, senza molte pretese. A mezzogiorno pranzava in casa dei suoi datori di lavoro che gli assicuravano da mangiare e da bere: a mastro Suzzo piaceva molto il vino; si attaccava al "carrateddu" e succhiava a più non posso. Il carrateddu o carratellu era un recipiente di legno a forma di piccola botte della capacità di circa un litro, usato dai contadini e dai carrettieri siciliani per trasportare piccole quantità di vino. All'estremo della pancia aveva un buchino da cui si succhiava il vino durante i pasti: il buco veniva otturato con un tappetto di legno.
La signora Concetta lo chiamava spesso a casa sua.
Era una vecchia casa che aveva bisogno spesso di qualche riparazione, soprattutto ai tetti, coperti come erano da canne e tegole. Era un vecchio fabbricato che la signora Concetta abitava da tanti anni, con il marito e i figli: povera gente. La casa avrebbe avuto bisogno di molti interventi, ma le risorse familiari, poche in verità, non consentivano grandi trasformazioni. Si riparava soltanto l'indispensabile; i tetti soprattutto. Era facile che in inverno piovesse in casa, c'era sempre qualche tegola sconnessa o rotta o sporca, che faceva infiltrare l'acqua piovana.
Dopo tanto parlarne si pensava allora di chiamare Mastro Suzzo, per salire sulle tegole e ripararle, o sostiuirne qualcuna. Ma come si faceva ad essere sicuri? E se fosse caduto dal tetto?
Nella prima mattinata non c'era pericolo; ma dopo pranzo chi si fidava di Mastro Suzzo che aveva bevuto la sua buona razione di vino? Donna Concetta lo sapeva e quindi a mezzogiorno gli annacquava il vino, per renderlo più leggero e meno pericoloso. Aggiungeva dell'acqua nel vino contenuto nel carrateddu, tanto non si vedeva niente: Mastro Suzzo succhiava e succhiava e non si accorgeva di niente. Così donna Concetta risolveva il suo problema e allontanava le sue paure: aggiungeva acqua ed ancora acqua. Un giorno Mastro Suzzo non volle più bere nel carratello, non volle più lavorare per donna Concetta; si era accorto che il vino era diventato acqua; donna Concetta a forza di aggiungere acqua aveva dimenticato di mettere il vino e Mastro Suzzo se ne era accorto. Disordinato sì, ma non a tal punto da scambiare l'acqua per vino!


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