Poesie di Ugo Mastrogiovanni


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Il bacio
Quando baci al sapor di poesia
non consideri giammai l'anatomia.
Le guance, le labbra fan scintille
ma c'è anche la lingua e le papille,
senza dimenticare le tonsille.
Il tutto ti sembra saporoso,
ma trattasi di un muscolo nervoso.
L'istmo delle fauci con laringe
collabora e avido ti stringe,
Sulla faccia del buccinatore,
tessuto del margine anteriore,
esiste di Buchat il corpo adiposo
per un abbraccio molto più voglioso.
Tutti gli undici muscoli buccali,
come tanti raggi convergenti,
provocano il riso, il mimo e le vocali
ma per chi bacia sono indifferenti.
Il derma labiale e la tonaca mucosa,
favorite dai tre nervi craniali,
migliorano e suggellano la posa.
Il nervo ipoglosso e quello vago,
con le arterie carotidi linguali
ti regalano il gusto dello svago.
È un complesso perfetto di natura
conosciuto da pochi e dagli addetti,
ma di valor quotato a dismisura
del quale tu amante ti diletti
certamente spesso non rispetti.

Teoria del riuscire
Qui di seguito vi voglio riportare
un concetto che ho letto non so dove,
pensatene quello che vi pare
è uno scherzo senza controprove.
Se per riacquistare il riacquistato
ho dovuto prima perdere il perduto,
e per conquistare il conseguito
ho dovuto sopportare il sopportato;
se per ritrovarmi innamorato
mi hanno maltrattato e poi ferito,
ho ben sofferto tutto il sofferto
e ho ben pianto quasi tutto il pianto.
Quindi dopo tutto ho dimostrato
che non si gode bene del goduto
se non dopo averlo prima tollerato
Sono certo poi d'aver capito
che il verde dell'albero e il fiorito
vive di ciò che in terra è seppellito.

Vesuvio
Sovente, di nubi un copricapo
ti mostra imbronciato e cupo
più volte di chiaror fregiato
apri di fascino il tuo lato.
Alto troneggi sontuoso,
sembri in un sonno di narcosi
e sedato riposi misterioso.
Ma, al turista piaci come sei:
il tuo fianco fragrante di ginestra,
la scalata di boscaglie e vigne,
le voragini e crepe, e la tua destra
con la gola d'inferno lo squallore;
ove né muschio, né sterpi, né gramigna,
né serpe, né ramarro alberga.
Da arniche e rovi divorato,
all'uomo piace il tuo sopore,
gli effluvi di zolfo e di bruciato
le ampie scoscese, le slavine,
le antiche rovine
da sempre e da molti salutate.
Chiassosa la città d'intorno
rassegna sicura ogni timore,
ti sacrifica il giorno.
Ma la scienza non ti perde d'occhio
e il grembo nascosto ti scandaglia.
Quando, stanca del giorno, notte avanza
sereno ti mostri ben disposto
e soffici giacigli come paglia
nei tuoi spazi dedichi agli amanti.
Sembri quasi accennare ad un sorriso,
spietato un tempo ormai dimenticato,
oggi per tanti un paradiso.

Traguardo (Haiku)
Quasi passati
i tempi assegnati,
addio amati.

La riconoscenza
Erano in dieci della Samaria
Gli chiesero pietà:
<Mondaci dalla malattia>,
e grande fu la Sua bontà.
Ritornò di quelli solo uno
e gradito fu il suo ringraziamento,
ma degli altri?
Nessuno.
Forse il buon Dio
li macchiò d'innocenza,
ma posero il germe
dell'irriconoscenza.
(Ottobre 2010)

L'uccello
Ricco di piume e di soave canto,
l'uccello innamorato disse a lei:
<Se fossi ricco e grande lo direi,
offro soltanto amore e non mi vanto.
Rallegro il giorno intero di gorgheggi,
anche se minuto, assai zelante,
ti diletto con fischi e con volteggi,
sarò per te sicuro un buon amante.
Ecco, sono per te questi saltelli,
largheggio in trilli, canti e piroette,
pasci i tuoi sguardi e se li trovi belli,
sian le tue pretese bene accette>.
L'adulata schernì, raspò incurante,
d'una festuca fece bella mostra;
volò lontano, s'eclissò un istante
per poi abbandonarsi tutta nostra.
Dispettosa guizzò, si volse a lato,
lo scrutò sul retro come di sfuggita,
e frugando saltellò nel vicinato.
Tornò cantando, la voce intenerita:
<Taci, lesto alipede pennuto,
conosco il tuo manto scintillante,
molto galante trovo il tuo saluto.
Mi piaci policromo e cangiante,
eccomi a te mio spasimante>.
Si alzarono in volo lievi e belli,
fiottando con balzi sincopati
e si perse il mio sguardo fra gli uccelli
che l'acclamavano in coro rallegrati.
(Agosto 2010)

Il parcheggio
Sonnecchia l’anima distratta
quando parcheggio la mia mente stanca
sul fior che sboccia nel segreto
del suo breve innocente splendore.
Dei mille ricordi seppelliti
greve sento il solfeggio;
prendo per mano il bene
che vigor di vita m’alimentava,
assorto e muto,
passeggio compiaciuto
tra le fasce amene
dell’ orto solatio
vivaio della mia poesia.

Si veste la rosa
La rosa veste la camicia:
accollata purché desiderata,
di seta rossa per emozionare,
pallida per interessare.
Cambia vestito come cambia umore,
sempre occupata a rapinare il cuore.
Veste di pizzo per affascinare,
di merletti azzurri per meravigliare,
di porpora intensa sembrar regale,
si scoglie in acqua per ti profumare.
Presta il nome alla donna per innamorare,
s’abbiglia di bianco per santificare;
spoglia e sfiorisce per addolorare.

Volato
Il tuo tempo ha sospeso il corso,
sei volato a bordo d’un sospiro,
facendo di tua pena mio rimorso.
Ormai, felice sei sbarcato dove,
per panorama il mondo,
miri giocondo quel che hai lasciato.
Lambito di giorni senza notte
Stupisci di grazia senza data
e di luce chiara e sfolgorante
riempi d’eterno la giornata.
Prospera lì la nostra stirpe,
dimorano con te i nostri affini,
ti son vicini, t’han riconosciuto?
Vagano sorretti da colombe
o di suoni di trombe affascinati
osannano proni i prodigi divini?
Oh come vorrei esserti accanto,
dividere con voi tanto fulgore
che il solo pensier suscita pianto
misto a letizia ed infinito amore.

Capricci del cuore
Quando virile il corpo prepotente,
per esuberanza giovanile,
assale la mente di passione,
ti sia concesso.
Se poi il Cielo s’è impegnato tanto a benedirti il tetto
e tanto t’ha protetto che lo ricordi a stento
certamente allor non t’è permesso.
Quando poi succede
che pur se calvo o con la chioma a latte,
guardandoti allo specchio ti piaci
e non vedi le grinze e gli occhi spenti
e le impetigine e le occhiaie;
e per la chiostra di denti ti compiaci,
dimentico che si tratta di dentiera,
e dell’artrosi, del busto, e la panciera,
allora vuol dir che sei rinato
e il vecchio ch’era in te ha traslocato.
Desideri bizzarri, ghiribizzi, improvvise brame,
giovani frizzi t’invadono il cervello
allora è il ritorno di fiamma, l’appello del sesso.
Non se se prima ci hai pensato:
“Mi armo e parto o armiamoci e partite?”
<Mi sento un leone son piazzato.>
Si, si, di queste quante ne ho sentite
e quante mogli ferite ho consolato,
ed anche in ospedale sono andato
a lenire il male procurato dall’eccesso!
Che dir? Dico che quando gioventù s’accende
fuori stagione, come un temporale,
è meglio scansare l’occasione,
son ritorni di fiamma senza fuoco
che non possono scaldare il pentolone
e durano un istante, duran poco.

Ove scende la notte
Arso m’accetta il colle del riposo,
ove gracchiando vi volteggia il corvo
e di nascosto frigna la poiana.
Al profumo d’abete non campana m’accoglie,
il mio passo d’ovatta scoglie ogni futuro
e commosso consumo ogni passato.
M’incammino ai miei coevi andati,
cercati invano dove sono nato.
Di Loro ho chiesto a tanti, a molti ho domandato,
hanno risposto a cenni, altri guardato
e con rispetto il luogo m’han segnato.
Rimasti insieme, dal primo mio vagito,
vaghi custodi di sogni adolescenti
li ho presenti, mai dimenticati,
da quando da obblighi e mondo separati.
Vi son salito lì per l’ultimo saluto.
Lo stridor dei cardini inquieta
e dopo il cancello tutto si fa grave.
Freschi latori del solenne antico
m’invita la pace dei cipressi in fila
e muta riceve la pietà d’amico.
Contrito, in cerca della vecchia vita,
fisso la pietra, targhe, le incisioni;
a fiamme di lampade assopite chiedo le foto.
Cerco l’effigi, i compagni, un volto conosciuto.
E sembra di sentire chiamarmi, salutare.
Tutto torna familiare: le facce, le voci, le figure.
Li onoro vagliando la memoria,
or che il mio intento s’è compiuto,
coalizzo preci e commozioni
e sperando che il Buon Dio li abbia in gloria.
m’ avvio per li di dove son venuto.

Il parcheggio
Sonnecchia l’anima distratta
quando parcheggio la mia mente stanca
sul fior che sboccia nel segreto
del suo breve innocente splendore.
Dei mille ricordi seppelliti
greve sento il solfeggio;
prendo per mano il bene
che vigor di vita m’alimentava,
assorto e muto,
passeggio compiaciuto
tra le fasce amene
dell’ orto solatio
vivaio della mia poesia.

La rosa si veste
La rosa veste la camicia:
accollata purché desiderata,
di seta rossa per emozionare,
pallida per interessare.
Cambia vestito come cambia umore,
sempre occupata a rubarci il cuore.
Veste di pizzo per affascinare,
di merletti azzurri per meravigliare,
di porpora intensa onde apparir regale,
si scoglie in acqua per improfumare.
Presta il nome alla donna per innamorare,
s’abbiglia di bianco per santificare;
spoglia e sfiorisce per turbare.

Il vento
A passo lento spia
e diventa fastidioso il vento,
a volte mi congela
e diviene minaccioso.
S’intromette,
cerca di sentire quel che sento,
mi studia, mi corteggia,
mi spinge, non smette.
A volte civettuolo, altre vaneggia
senza pensare allo spavento che lascia.
Spesso tace,
ma poi stride, urla, volteggia,
e ancor si trasfigura
a disegnar strane figure
che lascia in petto indefinite e sconvolge.
Non ha rispetto per le vecchie cose
che riporta sovente impolverate,
luci sorgive, come appena nate,
benedette dal cuore d’una mamma.
Passioni trasognate mi confonde il vento
ed io non so se ho fatto bene
d’averlo disprezzato oppure assento rassegnato.

Il brindisi
Oggi si, oggi forse disturba
il mio sguardo attardato
sugli ultimi frutti dell’estate.
Il segno del tempo s’è accorciato
e si fa pigro il fiume della mia missione,
prende posizione verso questo scorcio di vita
e prima di farla finita esige un brindisi.
E io glielo farò con gran piacere.
Ricorrerò al talento nostrano,
festeggerò col brio del bicchiere
stappando spumante italiano
e gli dirò all’orecchi trepidante
con le parole per un primo amore:
<Con te sfiorire è stato divertente,
ti porterò per sempre nel mio cuore.>

Il vecchio
Lì dove il fiume si riversa in mare,
col tremore del primo appuntamento,
solitario il vecchio gli piaceva sostare.
Braccia conserte contro il petto,
contegno decoroso, ma scontento.
Zavorra a sabbia fino alla caviglia,
salde le gambe come un monumento,
Dal cappello di paglia a falda tesa,
sporgea lo sguardo fino al fiume,
v’indugiava e rivolgeva poi alla distesa,
ove l’acqua abbaglia e ricompare.
Consumava il ricordo di quei tempi,
quando tra lingerie, pizzi e merletti,
aspettava la bella che lavava,
ceppi di vita in fiore.
Tempesta d’anni, prove e tentazioni,
capricci e dispetti, frutti dell’amore.
A quei giorni di festa si frappone
Il sommesso splendore del tramonto,
oggi che giunge conveniente l’ora
di lasciar le seduzioni al mondo
e stendere un velario indifferente
sull’orizzonte che ricorda l’ora.

Bionda
M’ignora la luce,
bacia la sua schiena
fascia la sua chioma
luminosa di bionda
e m’induce altrove;
affonda ogni cosa,
distorce e porta via
l’onda dei miei anni.

A volte
Fuma il tuo ricordo,
a volte sfuma,
altre profuma.
Sfarfalla,
mi colpisce come una palla,
all’improvviso,
mentre cammino a bordo strada.
Mi trova noncurante a volte,
altre mi sballa.

Figli
Questi figli
e i figli dei figli,
bambini, ragazzi, uomini, padri.
<Ladri di libertà>, pensavo,
quando primavera rinverdiva i tigli
e rifioriva il pesco.
<Non son per me>.
Moriva il mondo boccaccesco
quando ci pensavo.
Non credevo fosse dovuto, abituale,
saggio, sacro e naturale.
E bivaccavo.
Al calar della sera,
ora che son di notte equipaggiato
li ritrovo perennemente accesi
lì da sempre scolpiti nella mente;
e splende il giorno quando son vicini
discesi col chiaror dell’aurora,
mai adulti, sempre bambini come allora.
Un ben di Dio questa stirpe mia
e che li benedica e così sia.
(Giugno 2009)

Aspetto ancora
Ho in cuore d'una vita il canto,
di pianto riempito il cielo,
il peso di quest'anima scomposta
che aspetta ancora
risposta e resoconto
di cosa che non so che sia
mentre chiara è la via
dell'andata e del ritorno.

Eternità
Non scalfisce il tempo le modelle,
attrici, donne di TV,
signore della moda,
damigelle patrizie, dive;
giorni, mesi ed anni son scomparsi
lustri e decenni mai apparsi,
sempre più belle e levigate,
complete, scolpite, miniate!
Senza profumo d'angeli
sfiorisci solo tu,
e io mi scrosto;
intanto, unico infame,
mi fletto, mi consumo,
senza fame d'immortalità,
perché non sono accreditato
presso i palazzi dell'eternità.

Sciagurata
Tornare a casa lo vedea la sera
per nulla cambiato a ritrovare
tutto com'era:
disfatto il letto mai riordinato,
il desco ancor apparecchiato
e quel raggio di luna rassegnato
anche se fioco illuminar la scena,
sempre la stessa, molto commovente.
Quasi volesse cominciar la cena,
la sedia scostata e si sedeva;
gomiti sul tavolo, viso tra le mani
burrascoso tornava a ripensare
quando decise di lasciare,
maledetto il giorno, sciagurata lei
sorpresa a letto con l'amante.
Nessuno rimaneva indifferente:
la fontana di là che gocciolava,
l'uomo del quadro lo guardava,
il gatto di fuori miagolava.
premuti a trattenere il pianto
gli occhi stringeva intensamente
e se più forte
lagrima turbata si staccava
richiudeva tutto e se ne andava.

Io poeta
Io sono un poeta pescatore,
pesco dalla terra e dalle stelle,
ascolto i consigli del mio cuore
e cerco di cantare cose belle.
Senza pretese, senza aspirazioni,
sentendo l'esigenza di parlare,
molti pensieri, tante riflessioni
corro con penna a riportare.
Inseguo uno scopo ballerino,
scrivo queste cose per diletto
a tutti voi lontani o qui vicino
non imporrò mai d'esser letto;
Vedrete che non sono speciale:
di misteri esorcista o campione,
virtuoso del verso ufficiale,
più che asceta cantore, pasticcione.
Se mi gradite così io vi ringrazio,
se mi biasimerete ugualmente
serberò per voi lo stesso spazio
assegnato agli eletti nella mente.

Disposizioni per un esequie
Con scalpitar potente d'andatura a tempo
riverente in segno di rispetto
lenti marciarono i cavalli,
con scialli a lutto sopra il petto fregiati,
come disponesti:
<<Morelli quattro tutti neri
e Bai quattro molto bruni,
dispensate da fiori e da corone;
che regni sacra la quiete;
la carrozza di vernice scura
spoglia d'intagli e di rilievi,
ogni putto meglio sia d'abete;
dodici i ceri su colonne d'olmo,
che i prelati siano con cura
scelti tra quelli registrati,
le casule viola damascate,
d'incenso il turibolo stracolmo,
i chierichetti vengano abbigliati
con cotte a gigliuccio ricamate;
celebrante sia il confessore
quello che rimise i miei peccati
unica strada per il Creatore.
Con cilindri e livrea i tre cocchieri
e gli staffieri siano appiedati.
Mi perdoni Dio onnipotente
se desidero partire in compagnia
e che quel giorno venga tanta gente>>
Tutto come richiedesti cara zia:
sui margini gremiti della strada
moderati gli applausi e modesti,
ingente il seguito per via, muto.
A mani giunte, tacita, ordinata,
una folla commossa, sempre grata
a capo chino in guisa di saluto,
processione devota per un Santo
scomparso solo per un poco
che fra non molto, come per incanto
lampi nel cielo brillerà di fuoco.
Eccoti zia un breve resoconto
di quello che volevi e già saputo
d'un trapasso privo di tramonto
rimasto memorabile e solenne
come la tua vita che divenne
per tua bontà perenne.

Le mie stagioni
Di gioventù profumava
primavera,
piena, spensierata, leggera,
c'eri anche tu.
D'intrepido coraggio odorava
l'estate,
frivola, illusa, spensierata,
padroni del mondo,
e tu frenavi.
L'autunno
premeva sui giorni
e s'avvertiva
sempre di più la sera
e mi tenevi per mano,
alunno.
Freddo,
ora presenta il consuntivo
l'inverno
ove l'attivo è vita,
il tempo il mio passivo,
riflettiamo insieme.
Le stagioni uscite
non pareggiano l'entrate,
il conto non torna
e lo dovrò pagare;
io sono pronto
non t'interessare,
tu resta.

Amore
Amore, calore, dolcezza,
infantile baldanza,
diffuso tremore,
sudore profumato,
umore celato,
pudore, esultanza di sensi.
Amore,
sapore di piacere,
candore bruciato,
odore fine pungente,
faro lucente, velato, oscurato,
caro disordine, gusto raro,
galantuomo e baro;
chiaro sovente, a volte scuro,
sete amara.
Confusione di carne,
amalgama di dolore,
sdegno e rancore.
Dare e avere,
concedere senza avere
o avere senza cedere
Amiamoci di rumore assordante
tanto da non saper cosa farne,
come chi ci ha donato la vita,
come colei che davvero ci amò,
e s'immolò per noi
in questo tunnel senza uscita.

L'amore è un sogno
Chi trova l'amor,
crede sia un sogno
quando crea dolor
pensa sia il segno
di ripensarci.

Bianchi i tuoi capelli
Bianchi i tuoi capelli biondi
i miei solo un ricordo
d'accordo con le previsioni.
Trafugata l'estate e l'illusioni
eccoci pronti a traghettare.
Genuflessi, immobili,
senza parlare,
gessi davanti a Dio;
di sperare almeno ci sia dato.
Piccoli punti morti,
senza fiato,
spogli di passioni e senza primavere,
esili fiammelle aggrappate al vento
come le stagioni collassate.
Cosa dirai di me, leale mia compagna
che penserai di noi!
Anche se stanco,
muto pregherò trai denti:
conservaci uniti,
mettici nel banco insieme
come due studenti.

Dialogo d'amore
Sussurravano al vento
i pioppi d'argento,
delicate viole sbocciavano al sole,
le tenevi nel pugno
era bello, era giugno.
Non parlare ma taci.
Intarsiato di baci,
in un guscio d'amore
ci scordammo del mondo
violammo il tuo candore e poi…
Oggi ho pensato a noi.
Fa che il senso di gioia
e l'ombra d'angoscia che sento nel petto
per te mio diletto non cambi in dolore.
Il bello del mio passato,
culla di me fanciulla
del tutto scordato
affiora un momento e mi sento sola;
e torna quel nodo alla gola
che mi mettesti tu; non parliamone più.
Dimmi piuttosto, invecchio?
Stupendamente sciocca!
Come potrei pensar d'averti accanto
se non magnifica e stupenda?
Non ho nessun rimpianto.
Così mi basti anche per un momento.
Sussurravano al vento
i pioppi d'argento,
delicate viole
sbocciavano al sole,
le tenevi nel pugno
era bello, era giugno.

Imperituro amore
Prendesti per mano i miei trent'anni.
spronasti risoluta il tuo destriero,
a galoppo, decisa avventuriera,
percorresti tutta la brughiera:
iniziava la tua carriera di moglie.
Oggi che il tuo viaggio è finito,
medaglia raccogli al tuo coraggio
al merito
con dedica d'oro:
il mio imperituro amore
al mio tesoro.

L'ispirazione poetica
Sempre davanti agli occhi
mi sfarfalli,
mi raggiri e balocchi,
struggi, mi trastulli,
m'incoraggi, mi blocchi,
m'opprimi, m'angosci.
A volte mi culli e t'accetto
altre rifiuto,
poi torni prepotente
a pasticciar la mente.
Frettoloso tempo,
passeggero veloce
sento la tua voce e dovrei fermarti,
attraversarti, esplorare il tuo castello,
i tuoi i segreti spezzare,
profanare i forzieri del tuo tema.
Quando,
incline alle mondane cose,
impegnato mi ritrovi,
mi bussi, provi a suggerirmi
m'accarezzi e m'influenzi invano
al fine ritorni allo schema di sempre;
forse speravi
che non fossi umano.

Salirò da lei
Se l'incanto corrose
il tempo della sua prestanza,
ferma lo sguardo i suoi vent'anni
ai dì che furono giocondi
e vale immaginar lo sia tuttora.
Profondi
nel volto scarnito
seguiterò a cercare
ognun di quei ritagli
che distratto
trascurai d'amare.
Se Lui vorrà che lei s'anticipasse
lo pregherò come ultimo atto:
che il giorno dopo
la possa ritrovare
e con lei restare.

Sboccino fiori
In sacrificio
variopinti, profumati
sboccino fiori dal dolore
dell'ossa altrui
rotte da fame e botte.
Si schiudano corolle tinteggiate
immolate al volere della cattiveria,
altare scalato
sulla fatica della miseria.
Sboccino fiori
alla riscossa di quanti,
privati degli ori e degli argenti,
lontani dalla rapina, onesti
e trascinati in rovina
hanno sofferto
indescrivibili stenti
calpestati da scaltri
sfruttatori parassiti degli altri.
Profumate fiori la rivolta,
affidate aromi alla memoria
d'una storia migliore
cancellata dal peggiore
perdonata dalla bontà.

Andai ricordando
Tra le foto sbiadite
spalmate di talco
condite di tempo
andai ricordando
il palco da cui le scattai.
Entrai in quei volti
negli occhi di carta,
alcuni contenti,
altri raccolti
da palcoscenico.
Attori da prato,
scene di strada
senza un sipario
senza copione.
Lo scenario del giorno,
dall'alba alla sera,
così come tutti
così era allora;
ognuno campione
attore di sempre:
nasci e debutti.
Mancava qualcuno
aveva lasciato
per altre scritture
per scene sicure
dove non avrebbe sbagliato
giammai la battuta.

All'ombra della tua fronte
Arrampico la mia notte
per un cielo senza luna;
sogna vagiti la culla,
segreti il mistero;
non vale più nulla
la tumultuosa fretta
di rincorrere l'alba,
il crepuscolo del mattino
ci sorprende ancora insieme.
Continuo a sostare
all'ombra della tua fronte
frescura di sempre
sorpresa continua
difesa sicura.

Rallento
Con fretta
da anni ho colmato
il tempo che accanto saetta,
forse da quando son nato,
in fretta da sempre ho marciato.
Nessuna fermata.
e vetta sperata mai guadagnata.
Ma bizzarra sorpresa,
impossibile indugio mi sussurra un rifugio:
<Rallenta>.
Imprevisto pensiero di tregua m'intralcia la strada;
d'un tratto mi sono concesso un quesito:
"vado o ritorno or che il giorno dilegua?"
Mi guardo d'intorno,
sono confuso, perplesso, non so cosa fare:
"devo frenare?"
<Rallenta> feroce ritorna una voce.
Ripenso: "affondo se freno".
Ma ecco violenta la scelta s'affaccia:
"taccia la voce, ho deciso rallento".
Divento viandante appiedato,
guardo il rigagnolo pigro,
scolpisco il mio paesaggio,
mi fermo, mi parlo e non sento disagio.
"Fatti coraggio mi dico,
ammira la luce d'autunno sul tiglio che tarda sui rami declina,
ascolta il silenzio che scende veloce sulla collina,
non c'è più tempo impara ad amarlo.
Ascolta tacendo la gente, sorridi se non dice niente,
il giorno assapora pensando,
il foglio ricama scrivendo.
<Rallenta> atroce ritorna la voce.
Non è un'ingiunzione è come canzone e sono contento.
Mi sento di farlo, mi pento di questa vitaccia,
da oggi, da ora, all'istante,
ho chiuso: rallento.

Oltre la notte
Cosa rimane oltre la notte?
Labile richiamo di vita quiescente
nel sonno profondo del buio
o tendendo l'orecchio si sente
un segnale di voci interrotte?
Al di la della notte,
ove il silenzio è tutto,
l'anima si prostra al quesito che nasce
o piange su quello distrutto?
Cosa rimane nell'immenso ondeggiare del sonno
disteso sul bizzarro pensar che riposa,
il tuo amore di sposa forse?
Risposte vane,
frotte di sogni umidi di tenerezza,
nulla di niente che sazia:
solo un nome e qualcosa di più
impalpabile e vera,
solo tu Grazia,
mia sposa.

Notte di luna
La luna accoltella il volto,
dà luce al grigio della vita
e appanna lo sguardo rivolto ad est.
Ora che la sera è finita
aspetto il giorno
per festeggiare il ritorno del sole
ma non so se il torpore del sonno
in questo splendore
vincerà il mio intento.
Sarei contento di farcela,
ma le palpebre ondeggiano
massaggiano i bulbi,
stillano, stanche o commosse
per questo chiarore,
per questo silenzio
e le mosse dell'ombre di pino
che è qui vicino
spalmano intorno il mistero
di questa notte di luna
dove non passa figura
e voglia nessuna
se non quella
di veder sorgere il sole
di un altro mio giorno.

Il conto
Un setaccio la vita
che quando passa non trascura niente:
cerne bello e brutto, il buono ed il cattivo
il giorno e la notte,
convoglia tutto e presenta il conto.
Alla miseria oltraggio, vaglia l'oro e la ricchezza;
all'indigenza vera compie il suo viaggio;
taglia le glorie e la virtù
e l'ozio e l'agiatezza
il genio di pochi e l'artificio di molti
gli stolti ed i sapienti con il capo chino
e perfino il saggio consegna il suo di buon senso.
Macina i vip e la matrona indegna,
la poltrona dei grandi non avvezzi al censo
ma disposti a pagare per accomodare.
E l'onestà dei rari sempre pronti
ed io ed i miei stracci
che non m'importa di scure e di setacci,
da tempo pronto a saldare il conto
con porta sempre aperta al gioco della vita
finita appena cominciata.

Un messaggio d'amore
Inconsueti linguaggi
frammentati da grida
e da bestemmie
aggiungevano grigio alla sera.
La poca luce marcava lo squallore della strada.
Il gracidar di voci risvegliava
miti di leggenda.
Attenta la calca sul selciato
sembrava esaltasi per un gioco
quando ecco un volto da un lato
placò il mio interesse
un occhio fisso, sbiancato,
un braccio penzoloni
l'ora tarda scorgeva ben poco,
una gamba usciva dai calzoni;
l'avevano ammazzato
per un messaggio d'amore:
per aver guardato
ingenuamente una signora.

A tarda sera
A tarda sera
il tuo sentiero seguo,
al tuo voler m'adeguo
e guardo alla TV
quello che vuoi tu.
Vorrei spezzare in due
queste serate,
lasciarne parte a te
una portarmi
per al destarmi
ritrovare
qualcuno a cui donare
il mio diario,
per poi ricominciare
l'itinerario che piace a te.

Quattro bambini
Quattro bambini
quattro fratelli
belli e carini,
quattro gioielli
Quattro ragazzi:
uno potava
l'altro legava,
uno zappava
l'altro fumava.
Sempre quelli:
quattro signori
senza pudori,
quattro banditi
mai pentiti;
due rubavano
due guardavano:
soltanto rubare,
senza ammazzare.
Quando li presero
due eran muti
due eran sordi
questi gli accordi
e non si arresero
appena usciti
ripresero.

Tu sei la sete
Nato da poco non ci si capisce
né ci si riesce da bambino;
giovincello poi,
vicino a babbo e mamma
il solito lavaggio di cervello
non ti fa afferrare.
Comprendere da grande ed ascoltare
si patisce di più
quasi libertà di pensiero
volessero carpire
il fiorire di maturità,
il tuo maniero
demolire.
Ma quando il tempo sta per finire,
scintille di fabbro sembra il sole
e il labbro è privo di parole,
capirai che le rose di maggio
ed il tepore
eran solo un passaggio
e che Lui è l'acqua
e tu sei la sete,
tempesta Lui e tu il fiato
ché ti fu dato
per suonarti il silenzio.

Era un amore
Era sicuro quell'amore, duraturo,
era maturo quell'amore, il mio futuro
Era un amore unico e leale,
era un amore indubbio, ideale,
era il solo amore che vale.
Era un amore smisurato ma severo,
era un amore esigente ma sincero.
Non era un amore passeggero,
era l'amore eterno,
era l'amore vero,
era quello di mia Madre.

Delizia e passione
Delizia e passione
titolai la storia
ma mentre la scrivevo
mi tornò in memoria
la trama vera:
non era stata sincera.
infame azione, cattiveria.
Il cuor sul foglio le raffigurai
afferrai la penna
e lo pugnalai.

L'ultimo saluto
L'aria trema;
io,
la mia ombra
e il silenzio.
Suona una tromba:
mi avvio
per l'ultimo saluto
a chi mi ha voluto
tanto bene,
amico addio.

Ad una sconosciuta
Aperto
il tuo balcone
ai tuoi vent'anni
sempre.
Il tuo respiro
alitava primavera,
deviava il vento
e nera la tempesta
piegava in azzurro
I tuoi vent'anni
incollavano sguardi
succulenti,
il seno spogliavano.
Specchiavano i denti di perla
il cielo stellato,
rubavano eventi di luce.
Oro acceso i tuoi occhi,
il tuo sistema nervoso
lava cocente.
Senza tempo
catturo ormai il tuo silenzio
con gravoso respiro
rimiro il tuo balcone e chiudo;
è tutto finito;
continua a dormire.

Esplora la gonna

Esplora la gonna rosa
la brezza estiva
leggera e fresca,
sale ogni cosa e rinfresca
i tuoi segreti
mentre scendi le scale
che conducano al pozzo,
bruna sconosciuta,
donzella di maggio.
Scandito, lento
ma spedito
il passo segna lo scalino
solo l'ombra vicino
e il corpetto di lino
arioso, aperto.
Ammicca il viaggio
del vento
il pizzo prezioso
e da riposo al sogno
sul tuo petto spazioso
Non ho il coraggio di fermarti
di chiedere, parlati
ma di amarti si
l'avrei.

Chiedete perdono
Soffici e veloci
in volo
rimpianto guarda
colombe
saettanti pace.
Della mente tarda
portate
l'obolo, vi prego,
dell'accordo violato
all'anima lontana
dimenticata
e chiedete perdono.

Attesi
Attesi
e il tempo passò.
Attesi con celato sorriso
il tocco dell'ora.
L'attesi con tremula gioia
e con verde sperare.
D'amare attesi
col respiro sospeso
alternato ed assente
con l'occhio insicuro
e il cuore rovente
Con coraggio attesi
ma invano.
Il tempo consumò il miraggio
e man mano
l'ultimo ciuffo di speranza.
Piano si svegliò il ricordo,
le sue fattezze spiarono
i miei sogni e svanirono:
fui solo e calava la sera.

Diceva mia Madre
La strada è difficile;
sii obbediente e docile,
tutto sarà più facile.
Sii educato e caro
con tutti
la gentilezza non costa danaro
e darà i suoi frutti

Strada
Sono strada riservata
a intenso calpestio.
"Lo sono anch'io"
avrebbe detto mia Madre.
Ma io non me la piglio,
lo dirà anche mio figlio.
È il premio,
il destino del padre.  

Le baciai la mano
M'inchinai
con la discrezione
da bon ton dovuto,
con maniera le pigliai la mano
lentamente la portai alla bocca,
la sfiorai soltanto
secondo galateo non baciai,
semplicemente rasentai il guanto
ma non valse a nulla,
la nobile fanciulla si ritrasse,
arrossì, mi guardò stupita e disse:
"Perché, cos'è?"
"Un gesto di galanteria, risposi,
di cortesia un segno doveroso"
"Non lo sapevo!", e come sbigottita
voltò le spalle e insospettita
rintracciò lo sposo.
Insomma il galateo ha detto balle?
Pensai.  

Moglie e buoi dei paesi tuoi
Sarda, veneta o toscana
non eri campana,
sei stata ricca di suoni
a volte non buoni,
ma sempre intonati
e coi raggi degli occhi
assolati e profondi
tuttora ferisci
ancora mi blocchi
mi confondi spesso,
mi scompigli l'anima
e rinverdisci
gli anni passati insieme.  

Se tu tornassi
Non sono più verdi le aspidistre
i garofani sono appassiti,
il fiume ha trascinato quelli fioriti
e si è fermato a metà del suo corso,
spezzato è il dorso al noce
dai gherigli saporiti nei fichi dorati al forno.
Non ci ritorno più,
se tu tornassi non mi troveresti.
Tutto è cambiato Mamma
fatica la rima a dedicarti
e gravoso esporti il passato
se tu tornassi.
Capiresti a stento questo volto spento;
consumato da un mondo ruotato assai veloce
per noi giovani leoni domati, dal busto curvo,
emaciati da far disgusto.
Ipotesi di giovinezza: se tu tornassi!
Geloso progetto che mi sottrae alla terra,
serra la mia logica, riduce l'acutezza,
Perdonami Mamma
per questo dramma che mi stringe il petto.
La poltrona è rimasta,
se tu tornassi la troveresti
risuona ancora del cigolio di quando ti sedevi,
e di sovente provo a immaginarti
seduta, assorta a dipanare lento il tuo pensare
vado a spiare le lunghe sequenze di quel dire,
sentire l'infantile tacere del tuo grembo,
ad occhi chiusi
in religiosi silenzi il tuo ricordo Mamma
luce perenne fiamma infinita
albore della mia vita.  

Magra soddisfazione
La mia vecchiezza
è la carezza degli anni che,
rapita la mia giovinezza,
riparano i danni;
mio tardo tempo
chiamato
l'età della saggezza,
motivo di soddisfazione;
direi:
magra soddisfazione.  

Sempre insieme
Giocavamo sempre insieme,
sbarazzini come scugnizzi:
calzoncini corti lacerati.
gambe graffiate dalle spine
frutta razziata dai vicini,
trappole parate per gli uccelli
tordi, passeri e fringuelli;
strappati dai calzoni
si giocava a zecchinetta coi bottoni,
giochi, svaghi, infiorescenze dei tempi che furono.
Tutti giocattoli di lusso…
rigorosamente creati, fatti a mano:
con rami di sambuco facevamo
cerbottane e proiettili di stoppa,
con spago e barattoli di latta
telefoni esclusivi, spighe della fantasia;
poi, quando il campanile ricordava l'ora
su manici di scopa tornavamo in groppa.
Era la nostra verde età,
l'albero d'oro vellutato
ricco di miraggi e di speme:
dovevamo stare sempre insieme
e adulti non lo fummo più
scotto di maturità.  

Quando i colori sfumeranno al nero
Quando i colori sfumeranno al nero
appoggia il mio capo sulla tua mano,
fallo piano come se bambino
stammi vicino e aspetta.
Accarezzami e taci
niente baci, come sconosciuti,
non singhiozzare non lo sai fare.
Non sento alcun dolore, un po' stanco
per arrivare dove devo andare.
Pensa soltanto che di li a poco
sarò ancora al tuo fianco.
Vederti ma non toccarti, forse sfiorarti
ma consigliarti si, anche se non vorrai
e te ne accorgerai che sono lì
come da tanto ininterrottamente
tu ed io soltanto incatenati.
L'unico rimpianto,
ora che sto scrivendo,
che mi vien da piangere, mia adorata,
pensando a quanta vita passata insieme,
ombrata solo da queste lagrime sciocche
Svanisce la memoria sfumano i colori
vedo appena le nostre bocche sfiorarsi,
odo un colpo di tosse
e niente più, me ne vado
ma solo per qualche istante.  

C’era una volta mio Padre
C’era una volta mio Padre
taciturno,
ponderato, saggio
con cui ho parlato troppo poco per imparare
il
messaggio che ora conosco a perfezione.
L’ho guardato pochissimo quest’
Uomo
per non capire che era un paesaggio da scoprire
eppure oggi è l’
unica mia fonte di coraggio,
il solo con cui parlare quando il mio
mondo trema,
quando l’ora si fa scura.
Dalla sua Pace
mi consiglia,
rassicura
e tace quest’Uomo assente
ma presente in ogni anfratto di me
suo figlio prediletto.
C’era una volta mio Padre
che col suo silenzio
m’
insegnò soggezione, onestà e rispetto.  

Tu
Pensavo che il
nord fosse più vicino al cielo,
ma cielo non fu, fu nebbia.
Se fino a
marzo attesi per vedere il fiume
Il giorno dopo vidi il firmamento;
approfittai,
e ne raccolsi un frammento:
Tu e quarant’anni d’amore.  

Bacio appassionato
Il
pennello del tempo
ha spalmato di grigio i tuoi capelli,
ha seminato
gioie e sofferenza
nei solchi del tuo viso,
pochi ritocchi al verde dei
tuoi occhi,
scavato il tuo sorriso
ma sempre assetato
del bacio
appassionato
che so darti io.  

Ipotesi di giovinezza
Vorrei sconvolgere i sistemi,
cancellare i danni dei decenni,
frantumare le vetrate del tempo,
ruotare indietro l’orologio
per quarant’anni solamente
per far ben
poco:
amarti ancora come allora
perdutamente
per confermare la mia
ipotesi di giovinezza.  

Il poeta
Navicella tra mondi d’anime e cervelli,
vola solitario col suo
diario.
Emozioni le sue costellazioni,
carburante per la sua penna.
Interpreta il creato come un traduttore simultaneo
espone spontaneo
come un obiettivo.
Cantore solitario delle verità nascoste,
delle
domande e delle risposte,
non chiede né ribatte,
combatte con se stesso
riflettendosi
nello specchio degli altri.
Missione segreta quella del
poeta
ombra discreta dei nostri sogni,
velo di calma sulla nostra
inquietudine
Il poeta è un sognatore senza notte e senza giorno,
senza
andata né ritorno,
dai colori intensi o sfumati raccoglie la sua brezza
e con delicatezza la porge a noi
che spesso lo deridiamo.
Moneta dello
spirito,
atleta completo della sua missione,
forse questo il poeta.  

Mia Madre
Il resto della chioma che,
castana un giorno,
le fu corona
al volto pien di giovinezza,
oggi, lieve e d’argento, carezza la sua
fronte stanca.
Bianca, delicata fronte,
che pensasti tanto
in su degli
occhi tremuli e infossati,
oggi ancora non ti stanchi.
Cari, casti,
venerati occhi,
qual lucerne brillate a dar la luce al viso:
un viso di
venerande rughe
ch’al riso mai vidi chinato,
e bimbo fui io pure.
La
rattristante, irremovibil tua lunga mestezza
quanti baci strappò alle
mie labbra
e quante volte,
perchè ti son di noia,
li rituffai nel core.
Oh madre,
il viver tuo qual pena al petto mio riserva!
Grande croce
inchiodò destino agli anni tuoi.
Nel volto tuo
il supremo scultor
di
Cristo vide la dolente Madre e il duol del mondo.
Sorridi oh mamma,
dato non fu di rattristarti sempre;
se cerchi nessun ti vende gioia,
saria troppo costosa a noi,
me se tu cerchi, ma se tu scruti in te,
ne
troverai un poco:
un poco sempre c’è.


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