Poesie di Anna Marinelli


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Ninna nanna al Bambinello
Ninna-nanna, ninna-nanna
bimbo bello, non tremare,
se non hai una culla calda,
forse un bue e un asinello
scaldan più che un fuocherello.

Ninna-nanna, ninna-nanna
dormi figlio, non pensare,
che un giorno le tue braccia
sulla croce stenderai,
pensa solo che tua mamma
più ti stringe e più sinfiamma.

Ninna-nanna, ninna-nanna
dormi dormi, bambinello,
tu il re delluniverso,
non hai latte, non hai ori,
solo loro dei re magi,
solo il latte dei pastori.

Ninna-nanna, ninna-nanna
su sorridi e non pensare
che la fronte tua bella
un giorno sangue dovrà grondare,
pensa solo ai caldi baci
che la mamma ti sa dare.

Ninna-nanna, ninna-nanna
dormi bimbo, non temere
nella notte così buia
sode un canto dAlleluja
E un canto che si espande
sopra tutto lUniverso,
dormi figlio, non pensare
il tuo sangue non è perso.

Ninna-nanna, ninna-nanna
dormi bimbo, non temere,
in questora tutto tace,
Tu hai portato tanta Pace.

Ti attende un sole infinito
Altissimo e muto
si leverà l'addio
tra le navate della Chiesa Madre
dove bambina mi conducevi.
L'inadeguata parola sovrasterà
il campanile amico
quasi a sfidare altezze di cipressi.

Il commiato, madre mia,
io te l'ho dato quand'eri ancora in vita
raccogliendo i tuoi respiri di grano,
i tuoi abbracci di fustagno,
la protezione del tuo amore
che solo alle querce
strappava similitudini.

Ti ho pianto nei giorni
dell'amore impossibile
seguendoti fino alla vetta
più ardua del Golgota
dove svettava la bandiera dell'Amore
che sapeva anticipare Primavere.

Non temere, madre, oltre quel colle,
che adesso varcherai da sola,
ti attende un sole infinito,
e l'abbraccio di un Dio immortale
che la semplicità della tua vita
saprà vestire con abito regale.   

Qualcuno mutò il buio in luce
Il persistente crepuscolo dei giorni
qualcuno mutò in luce diamantina,
le giare vuote di risate colmò di nuova musica,
spezzò i legami di antiche prigionie.

Progettò per me un percorso nuovo,
il suo indice, come lama d'aratro,
mi tracciò sentieri,
la breve pressione delle sue dita
spezzò il giogo della solitudine.

Come città fortificata ripresi a vivere,
sorridendo ad ogni nuovo mattino.
Sepolte per sempre le vestigia antiche
il lutto di Elettra riposi
tra il ciarpame delle soffitte.

Ecco, oggi indosso l'abito radioso
di chi ha fede nell'Unico Immanente,
la veste lavata nell'issopo,

negli occhi le stelle della sera
trovano balaustrate lucenti
e tra le mani germogliano i talenti
per i bambini delle terre affamate.

A imitazione di Lazzaro redivivo,
a un cenno del mio Dio caddero le bende
di una sindone di tristezza.

Le ombre della sera furono sconfitte,
le lacrime sfrattate dai loro rifugi,
di nuove epifanie rifulsero i giorni.

Al Signore del cosmo spalancherò le braccia,
mise a dimora sementi di gioia
dove regnava solitudine e pianto;
accese candelabri a 7 bracci
nelle stanze inondate dalle tenebre.

"Ha messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento"

Sulle rovine di una Gerico abbattuta
Egli edifica città meravigliose.   

Neve
Evento straordinario.
Rarissima visione.
Nevica, sono briciole di un pane di nuvole,
bianchissime, di panna,
dove affonderesti le tue labbra di bambino.

Nevica gocce di sangue di cielo, sangue niveo
sgorgato dal petto di un gabbiano.

Neve,soffio e immagine,
neve goccia di miele innevato,intatto, cocente.
Fiocchi densi cadono,camminano, carezzano
il tuo corpo di terra rappresa
da letargo invernale,
plasma insapore di angeli,visione,passaggio,ritorno,
girotondo,mulinello,danza.
Organismo di liquide scaglie.
Orgasmo respinto, morbida organza di gemme precluse.
Orologio di zucchero e sale che ingabbiò i sogni refrattari.
Petali di luna sbocciati
sul ramo spezzato del mandorlo,sulle zagare precoci,
sui gerani filiformi, nelle corsie degli ospedali.

Amore assoluto,dolore non- unico compagno di silenzi errabondi.
Di mondi consueti, eppure inesplorati,di abisso profondo che ti ha divorato.

Neve, fiore di stella bambina, intangibile solitudine,
scelta, necessità, coazione.
Lunghe braccia per amori invisibili,
giocattolo di raro cristallo.

Nevica sul mattino, sul giorno,sul crepuscolo, sulla sera, sull'orsa maggiore, sulla baia degli dei, sulle barchette di luna, sul campo di grano dormiente,che al mattino è cresciuto quanto la barba di un metallurgico,al termine del turno della notte.

Nevica sulla tomba del poeta, dalla disperata scrittura, che radeva la barba del cielo, nevica su stormi affamati di pane d'ulivi, sull'Eden perduto, groviglio di luce sfuggita da fragile rete a trama larga.
Nevica sull'antica amicizia, sulla comune poesia, su ogni cosa vivente,cortile ,scale,attico,ballatoio, e poi ancora ballatoio, attico, scale,cortile, sul caro gelsomino che promette petali "altri" d'inebrianti profumi: d'infanzia ,di mamme, di racconti eterni.

Nevicano petali di luna, cristalli/ mutazioni di lacrime. Dolore di fosforo sulla terra di ferro,sulle algheamare dello Jonico Mare,sugli scontrini dei bar dove annegasti di alcool e fumo. Nevica sulla tua anima di argilla e poesia,nevica dolore di porpora antica, nevica sul soffio e l'immagine dell'anima tua,ferita,tramortita da un sogno che fu anche utopia.

Nevica oggi sull'anima mia,orfana ormai della tua poesia.  

Neve di luna
Ti dirò che il tempo
sfoglia pagine inquiete,
ore come macigni,
pomeriggi di prigionie,
silenzi sepolcrali.

Stabilirono signorìe
tutt' intorno
le pause, i silenzi, le amnesie.

Non infrangono, come ieri,
la vetrata del silenzio
l' eco frondoso dei pensieri,
le melodie, le voci, le parole.

La trascinante danza dei tuoi versi
e sonagli di bracciali,
più non riecheggiano, festosi,
tra le stanze;
una neve di luna
ricopre ogni memoria.

I postini, da tempo,
serrano con pesanti ferraglie
i loro forzieri di cuoio,
ed ora,
sono a corto di fermagli d'oro,
per i capelli.

Disertato dai sogni
e dalle rondini
il crocicchio della sera.

Pare stranamente inverno,
a primavera.  

Mamma parola d'amore
Mamma, il tempo chiede asilo
allo stupore delle tue pupille
e l'alfabeto attinge
alla ricchezza dei tuoi vezzeggiativi.

Mamma, tu detieni le chiavi
del sole inesauribile,
anche quando, nuvole di pianto solcano il tuo viso
e la casa sprofonda in una nebbia di silenzio.

Mamma, mi donasti un' infanzia
di pane fragrante, di acqua di fonte,
di uve passite al sole del sud.
Serbo ancora, intatta, l'innocenza
che in giorni lontani plasmasti con le tue mani
avvezze a scalare montagne di fatica.

Mani abili a cucire cieli
per i nostri aquiloni di fanciulle,
per i nostri saltelli alla campana,
nei meriggi assolati, di controra.

Mamma, riaffiora dal video dei ricordi,
il profumo di mirto dei tuoi bucati,
quel candore di percalle e di vigogna
di cui il mio Dash ultrabianco si vergogna.

Tu sai di ninne-nanne e di carezze
di inverni col braciere e di certezze,
di camiciole di tiepida flanella
per rendermi l'infanzia ancor più bella.

Mamma, sei quell'albero frondoso
che agli affanni della vita dà riposo,
e nulla chiede, nulla per sé spera,
solo un sorriso, solo una preghiera.

Mamma, parola d'amore,
sia se detta dal labbro di un bimbo,
sia se detta da un vecchio che muore.

Quale meravigliosa alchimia il cuore infiamma
ogni volta che un figlio chiama, MAMMA.

Tutto esaurito
Non ci sono più chiodi
nei negozi della città.

Comprai tutti i chiodi
il giorno che ti dissi addio.

E inchiodai i miei piedi al pavimento
(per non correrti incontro.)

Inchiodai le braccia all'architrave
(per non desiderare d'abbracciarti.)

Non ci sono più stelle
negli orti del cielo..

Ho raccolto tutte le gemme della notte
per non rischiare che quella più lucente
mi ricordi il tuo nome

Ho strappato tutte le rose
dai giardini della città,
perché non mi ferisse ancora
la rosa azzurra della malinconia.

Ora le mie ciglia, indurite di salsedine,
innalzano barricate
alte come grattacieli

(per non desiderare di rivederti)

nonAmore mio.

Autunno
Giunge alfine l'autunno,
stagione delle nebbie improvvise,
e srotola dal riccio le castagne,
ai platani imporpora il fogliame.
nei cesti depone i melograni.

Giunge,
stagione dei molti silenzi,
di soppiatto, col passo di Scorpione,
sul fiume
che sa acquetare l'onda,
sul piano
svuotato di covoni,
sui campi
sognanti le primizie.

Giunge coi piedi nudi
sulla sabbia
rapita dai castelli,
si adagia
sui nidi delle rondini,
sul chiasso dei cortili,

e un brivido percorre
la fronte del sognatore
al primo fiato di maestrale,

presago di vicine nevi,
del caldo dei camini.  

Nuovi cieli per la pace
Quando cesserà il battito ritmato dei tamburi
e fiori purpurei sbocceranno
da solchi irrigati da altra linfa,
non chiudere la porta alla speranza,
potrebbe venire qualcuno
a portarti il saluto della Pace:
" Shalom, Shalom, fratello mio."

Quando veli di ombre irreali
oscureranno orizzonti conosciuti
e i cieli lacerati da fumiganti afrori
interdiranno voli alle colombe,
non perdere la speranza, amico mio,
forse qualcuno ti tenderà la mano
e sorridendoti ti saluterà:
" Shalom, fratello, Shalom a te."

Quando l´arsura avrà sfrattato
l´ultimo rivolo di acqua alla sorgente
e non crescerà più erba sui tratturi,
se all´improvviso poi ti assalirà
certezza di disfatta,
non perdere la speranza, amico mio,

verrà qualcuno a porgerti la mano,
e innaffierà la terra con lacrime d´amore,
sorridendo ti saluterà
con l´ineffabile saluto della pace:
"Shalom, fratello, Shalom a te."

Dai quattro venti si leveranno cori
le mura di Gerico si solleveranno
Giustizia e Pace finalmente si baceranno
e vi sarà Amore per l´Umanità.    

Ouverture di Settembre
Se un segnale di vita mi giunge
da un altrove, nella mente si espande
un´ouverture di settembre,

girandole festose,
negli occhi colmi d´ombra,
recano ebbrezze di accesi colori.
Ritrovo ( per inaspettato incantesimo )
il dialogo interrotto, spento
come spalti svuotati , a partita conclusa.

Se un segnale di vita mi giunge
dai tuoi luoghi,
distanze siderali percorrono
i quadrifogli, aspirando abbracci di pagine
mentre illimpidisce l´azzurro
al confronto del biancore dei cirri.

Mari di girasoli invadono le stanze
e una brezza giocoliera solletica
l´addormentata stagione;
ad infrangere il silenzio delle ore
provvede il tuo verbo flautato.

Se un segnale di vita mi giunge
da altri luoghi,
ultimi dei dissetano l´arsura
in tini effervescenti di malvasia;
e alate creature sorvolano
gli spazi disertati dai vacanzieri.

Il Giudizio Universale si compie
anche per noi mortali.

Se tendi la tua mano puoi toccarmi,
nell'attesa resurrezione di altri giorni,
quando sarà possibile distinguere
del vivere e del morire la linea del discrimine.    

Negramaro
Echi di voci
valicano distanze.
Arabeschi di luce
filtrano tra i pampini porpora e oro.

Finita è la vendemmia.

Le donne si avviano
nella luce violenta
dell´acceso tramonto
odorose di mosto e di sudore.

Recano sulle loro labbra
il grappolo di negramaro
sfuggito alle cesoie,
le loro mani a conca
il calice più ambito dagli dei,

Feritoie azzurre i loro sguardi
rivelano al cacciatore
il cielo del fagiano e della rondine.

Impazienti,
con gesti appresi da antica pedagogia,
liberano il sartiame di capelli
ristretto in prigionie di ruvido cotone.

- stendardo femminino-
a catturare desideri.


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