Poesie di Claudia Leo


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Villa Celimontana
Già lo sentimmo arrivare
l'Autunno
Nel vento caldo di Agosto
su quella panchina
Nascosti al mondo

Lo sentimmo arrivare
Nello stormire del vento
Tra gli alti pioppi
Il picchiettio della pioggia
Sull'arida terra

Ora che nuda e triste
Accoglie un sole
Smarrito
Con lento incedere
Declina l'Autunno

Nembi e cirri
Disegnano in cielo
Un profilo
Mi manchi
Presente assenza
Come l'assenzio amara

Il dono
Un fiore ti voglio donare
Cresciuto nell’ombra
Tra rocce limate dal tempo

Dirupi scoscesi
Sferzati dal vento
Quello freddo
Di grecale, che arriva
Ruggendo
Dal mare

Un fiore, ti voglio donare
Fragranza notturna
Lambisce i respiri dell’acqua….
Corolla dischiusa sotto la smorta luna

Raccolto, per te, attenderò il mattino:
Sarà un miraggio, forse,
Il dissetarmi a fonte ritrovata
Luce nuova,
D’alba e di speranza
Rischiarata…

Pace
Come il vento
Di ponente che soffiando
Spazza via ogni nuvola dal cielo
E la terra nera , brulla
si riveste del suo gelo
nulla intorno, no rumore
né sentor di voci o suoni
solo un vuoto senza tempo
che sospende ogni lamento
così è pace
che silente, scende,
ammanta il cuor dolente
non più turbina il pensiero
che violento scuote il velo
che ottundeva la ragione
uno squarcio di sereno
e di colpo, all’improvviso
s’intravede il Paradiso!

L’Abbraccio
Come del platano i rami
nel cielo di rosso tramonto
che lento scolora
i cirri
di roseo sfumate
le braccia scheletriche tende
tale il tuo abbraccio al tempo rubato
mi avvolge.
Ti sento, mio lampo di luce
Che tenebra annienta
Fragile carne di battiti viva
Ti stringo
in uno sconosciuto abbandono

Orgoglio
Come narciso così l’orgoglio
Riflette il volto arcigno
Nelle torbide acque di uno stagno
Spirto infelice che d’Angeli ribelli
Porta impronta

Tarlo dell’anima che essenza sua
Divora e sol di se si pasce
Compagno ancor peggiore
Dell’invidia non sa cos’è umiltà

Non vi è di Dio presenza che sì forte
Possa protervo vizio cancellare
Orgoglio
Più tenace dell’inferno
Delirio che acceca ogni virtù

Mendace cuore che il guardo
In basso volge mortal follia
Che amor sorpassa e brucia
“Non posso, non so dire, no! Non voglio”
Pensa tra sé l’orgoglio

E mente inganna
Ed ogni cosa fende
E manto di deserto, aride lande
Macerie lascia seco l’ombra sua
E in tal guisa
Miseria con fierezza esso travisa

Tradimento
Gelido vento che spazza
La terra solleva le foglie
Spezza gli arbusti
Rovescia sequoie

Che nuvole nere solleva
frusta impietoso
il corpo ricurvo
ferito accasciato
da male interiore
sferzato

Non più rosa nell’alba
Né rosso di sangue il tramonto
Né suono nell’aria
Ma solo scrosciante
Dolore che fende
Di netto il cuore

Partenza
E sei già lontano
come i raggi
di una piccola candela
rimpicciolito agli occhi
fino a scomparire
ma ingrandito
al pensiero
e presente al cuore …
ti cerco nel vento
nel rosso di un tramonto
ti cerco nel vortice infinito
dei ricordi, dove giace,
senza speme, il mio dolore
felicità che niente sei
e tutto appari quando ti si vive
che lunghe attese consumi
come incenso
felicità specchio fragile
sotto il peso di un addio
cirro rosa tra nembi oscuri

Nostalgia di te
Il tuo volto
Assorto in lontani pensieri
Mi appare
Tra una foglia e un’altra
Un raggio di sole
E una nuvola nera

Occhi velati
scrutano il mare
si perde lo sguardo
tra il luccichio
di azzurre onde

nulla da lungi
non più
terra promessa
all’orizzonte

sperante attesa
bolla colorata
che s’infrange
come sogno al
mattino
così
tu

Pensieri
volano liberi
librando nell’etere tersa
volto da lungi
riappare
come scarnito dai giorni

echi trascorsi
passate emozioni
rivivono
a ritmo di danza

su corde spezzate
in lento andamento
frammenti
rimembrano il tempo

un tiepido zefiro
accende nel cuore
l’antico desio
spira aria fragrante
sulle gote rigate di sale

Amore
Spicchio di cielo
Che terso cristallo riflette,
Fragile specchio che sasso
Scagliato frantuma

Fragranza di petali
Che sole d’estate riscalda
E gelida neve corolla di seta
distrugge

Come d’ambrosia
Che nettare dolce
su ali di rondine
Circe immortale
Stordì l’Odisseo

Tali gli umani
di fuoco bruciante
la vita trasforma

fragore di cocci che anima
In terra raccoglie
crepe dolenti
da tiepide mani fasciate

Stagioni
Nei viali
tra nuvole grigie
volteggiano foglie ingiallite
cadute da braccia scarnite
di antiche betulle
percosse dal vento

piedini di bimbi, allegre manine
sollevano tappeti dorati
di bruma bagnati

nel tempo dei giorni passati
dal sole baciati , solenni,
si alzavano al cielo
tripudio di vita

vociare festoso di
garrule grida
or tace,

nel rosso tramonto
di nebbia sbiadita
trapunta di stelle
è la notte infinita

Notte
Inghiotti o notte i turbamenti
Le ansie che gemono silenti
Negli anfratti dell’anima dolente
Avvolgi, come fiume i suoi flutti
Dolci immagini sopite,
Silenti creature alate che leggere
muovono battiti
nelle profonde sfere dell’inconscio
Ecco, albeggia, la luce porta
seco le ombre, turbinio di colori,
Ed è già sera



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