Racconti di Fabio B.


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche



La storia di ognuno scritta sull'acqua.
.la stessa per ognuno, eppure, per ognuno diversa. Di questo Giovanni ne era estremamente convinto. Non era un filosofo, Giovanni, questo va detto a chiare lettere, era un semplice pescatore, un semplice vecchio pescatore. Nato sul mare, ad Acquitta, un paesino siculo semi sconosciuto, affacciato sul Tirreno dalle parti di Milazzo, cinquantotto anni prima. L'acqua, Giovanni, non ce l'aveva solo nel sangue, nel suo DNA, ma era ciò da cui era nato, ciò in cui viveva, ciò da cui traeva il suo sostentamento e, cosa che anche lui sapeva da sempre molto bene, ciò a cui sarebbe tornato, un giorno, cenere all'acqua. Una vita, quella di Giovanni, in cui posto e tempo per la riflessione non ce n'erano mai stati. Infanzia sul mare, col padre, ad imparare il mestiere, adolescenza sul mare, col padre, ad imparare il mestiere, gioventù sul mare, col padre, ad imparare il mestiere, maturità sul mare, come padre, ad insegnare il mestiere. Questo solo sapeva fare, questo solo doveva fare, questo solo poteva fare e questo solo continuava a fare, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, mai una sosta, mai una pausa, mai un ripensamento, mai un lamento, era un input, un imprinting ricevuto alla nascita che non aveva disatteso, a cui non era mai venuto meno. Non aveva mai subito il fascino di una vita alternativa, non ne aveva mai avuto bisogno, era stata la vita ad offrirsi a lui, come alternativa. Con la sua costante corrente, con il suo moto ondoso incessante, aveva portato fino ai suoi piedi quella vita che avrebbe potuto sognare, ma di cui, invece, non aveva avuto occasione perché materializzatasi nella realtà dei mille e più volti delle persone spiaggiate alla sua porta. Aveva così conosciuto la vita, Giovanni, senza la fastidiosa necessità di doverla vivere veramente, con tutto il suo bagaglio di pene, dolori, ansie, emozioni, amori, gioie, sussulti, grazie ai racconti di chi, di volta in volta, col suo flusso e riflusso, il mare gli portava. Grazie a questo speciale dono, Giovanni, aveva potuto continuare il suo sogno di pescatore, intervallandolo, come nei vari stadi del sonno, ai racconti di veglia che il rumore della marea insinuava nel suo orecchio. Ma come ogni buon sogno che si rispetti, anche il suo aveva una scadenza, anche il suo avrebbe dovuto finire, prima o poi, ed è ciò che successe quel martedì 8 agosto, giorno del suo cinquattottesimo compleanno. Si era svegliato, Giovanni, e invece di svolgere la consumata routine quotidiana che l'avrebbe poi portato verso il mare, senza dire una parola a nessuno, cambiò inaspettatamente direzione, volgendosi verso la terra con quel pensiero fisso, rumoroso, assordante che l'aveva risvegliato dal suo sonno: "la storia di ognuno scritta sull'acqua.la stessa per ognuno, eppure, per ognuno diversa". Ed era esattamente per quel diversa, che quel giorno, Giovanni, partì e sparì senza lasciare traccia nel deserto mare dell'entroterra siciliano.cenere alla terra.  

ILIO e le storie tese di chi vive la morte!
Mi presero un giorno qualunque, di un'estate qualunque, di un tempo qualunque, ma che divenne il mio.
Mi trascinarono come una bestia nella polvere fin sotto le mura, davanti alle porte Scee affinché tutti vedessero di che cosa erano capaci.
Mi percossero, mi presero a calci, mi bastonarono, mi denigrarono, mi sputarono addosso, mi denudarono e diedero fuoco alle mie vesti.
Mi legarono mani e piedi, ogni singola mano ed ogni singolo piede ad una quadriglia di cavalli da tiro.
Diedero loro ordine di muoversi lentamente, al passo e fui sollevato dalla polvere.
Sollievo.
A stento riuscivo a vedere davanti a me, il sangue che tutto mi ricopriva dopo la selvaggia e brutale battuta, invadeva anche i miei occhi.
Intravidi delle sagome e compresi che mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle, tutti erano accorsi al richiamo delle mie grida, ma nulla potevano se non assistere passivamente al gioco al massacro che si sarebbe svolto di lì a poco.
Piansi.
Rimasi in quella posizione per un tempo indeterminato, ma ero forse solo svenuto.
D'un tratto udii un grido, era il segnale.
Ancora più lentamente di prima i cavalli iniziarono a muoversi al passo in quattro differenti direzioni.
Non sentii subito dolore.
Ero come assente, la battuta mi aveva tramortito.
Poi, d'un tratto, come se un'arpia mi stesse gridando dentro mi risvegliai al mio martirio.
E fu ancora più terribile di quanto potessi immaginare.
Non mi volevano vedere morto.
Non in quel modo, almeno.
Gridai per quanta voce mi restasse ancora in corpo.
E quando la voce smise di farsi sentire, continuai a farlo con tutto me stesso.
Lo fece il mio corpo per me.
Ma nessuno mi sentiva, tranne me.
Non fui dilaniato, più semplicemente fui disarticolato.
Smembrato, ma con tutti i pezzi ancora al loro posto.
L'osso del braccio destro si stacco dalla spalla destra, come una frustata, ma rimase al suo posto.
L'osso del braccio sinistro si stacco dalla spalla sinistra, come una frustata, ma rimase al suo posto.
L'osso della gamba destra si stacco dal tronco, come una frustata, ma rimase al suo posto.
L'osso della gamba sinistra si stacco dal tronco, come una frustata, ma rimase al suo posto.
Sollievo.
Morii.
O così credei.
Persi i sensi, ma li riacquistai per ritrovarmi sdraiato in terra, ormai solo.
Mi avevano slegato e si erano allontanati.
Un dolore sconosciuto mi invadeva tutto.
Non capivo, o più semplicemente non ricordavo.
Tentai di rialzarmi, avrei voluto andarmene.
Tornarmene a casa, era tutto finito, pensai.
Mi sarei ripreso, lentamente, ma mi sarei ripreso.
Il mio corpo non rispondeva al mio richiamo.
Non stava succedendo niente.
E' forse questa la morte, pensai.
Ma no, le mura erano ancora lì davanti a me in tutta la loro imponenza.
Non capivo.
Finché non cominciai a sentirmi bruciare.
Il sole era alto ormai.
Era estate.
Stavo bruciando.
Le mie ferite aperte si stavano infettando.
Sangue, sudore, terra, fuoco, insetti.
Gridai.
Non volevo morire.
Non così.
Avrei voluto vivere ancora, o essere già morto.
Rimasi a terra a lungo, impietosamente, nudo.
Finché la morte ebbe pietà di me.
Mi mandò i suoi messaggeri.
Cani, randagi, avvoltoi.
Mi fecero finalmente a pezzi e mi portarono da lei, che mi accolse a braccia aperte.
Lo feci anch'io, di abbracciarla.
Nonostante l'ulteriore atroce sofferenza le fui grato.
Era finita.
O così credei, ancora, sbagliando.
E mi ritrovo qui, davanti a voi, a raccontarmi.
In attesa del vostro verdetto.
In attesa del nuovo martirio.
Eccomi.
Sono pronto!


Home page  Lettura   Poeti del sito   Racconti   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche