Poesie di Davide 68


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Le tristi domeniche di novembre
Le tristi domeniche di novembre
passano lente le ore
gli alberi tristi e senza foglie
restano muti accanto ai viali.

Queste domeniche tutte uguali
le scaccio dentro ai miei pensieri
scende la pioggia dalle finestre
nessuna voce nella mia stanza
e guardo fuori, persone poche
le poche infreddolite
che si affrettano alle macchine
inseguite dalla fretta di partire.

E così sono ancora solo
davanti a uno specchio sopra il muro
c'è un cane che abbaia per la strada
siamo noi soli e gli altri intorno.

Mi giro intorno in questo giorno
malinconico autunno
con le luci accese per le strade
malinconico inganno
queste domeniche senza sole
e con l'ombrello dietro
io le guardo con gli occhi
appiccicati ad un vetro.

Dalla mia radio quattro note
si perdono dentro la mia stanza
la pioggia ancora non si è fermata
mi resta poco da inventare.

Queste domeniche da buttare
come si buttan via le cose
giornali vecchi, radio rotte
domeniche distrutte
queste domeniche lente e inutili
con le mani nelle mani
che si tengono e si fanno compagnia
ed attendono il domani.

Io e le mie cose
Io e le mie cose
perse in un bicchiere d'acqua che non si vuole bere
io e le mie cose
chiuse in una stanza che non ha più finestre
io e le mie cose
sempre presenti alle mie manie
alle mie brutte figure
alle mie paure.

Io e le mie cose
le sole al mondo che non mi hanno abbandonato
io e le mie cose
sparse in un cassetto da troppo tempo chiuso
io e le mie cose
sempre vicine nella mia solitudine
nella mia assenza
nella mia innocenza.

Io e le mie cose
nascoste sotto il letto
per paura che qualcuno possa buttarle
pensando non valgano niente
e invece son tutto per me
è tutto quel che mi resta
son le uniche cose
a cui ho saputo dare un po' d'amore.

Io e le mie cose
posate su una sedia per farle riposare
io e le mie cose
sotto una lampada accesa che illumina i miei libri
io e le mie cose
che stanno lì a guardarmi
che stanno ad ascoltarmi
che sanno aiutarmi.

Io e le mie cose
le sole che sanno capirmi e mi fanno compagnia
io e le mie cose
che mi regalano emozioni che non finiranno mai
io e le mie cose
che mi hanno visto crescere
diventare grande
diventare uomo.

Io e le mie cose
che gli altri non hanno mai capito
che gli altri non hanno mai amato
come ho amato io
e non hanno saputo mai
cosa significassero per me
quelle uniche cose a cui ho dato tanto
e che adesso non ho più.

Vita di un becchino
"Non è mica un bel mestiere
seppellire i morti in queste fosse nere

non è mica un lavoro tranquillo
quando la sera è buio e mi si stringe il collo.

Da fare non c'è poi molto in questo piccolo paese
dove la paga non è poi tanta alla fine del solito mese

ma è un lavoro che mi prende e che mi dà soddisfazione
quando io devo sotterrare un ladro o un imbroglione.

La mia giornata ha inizio alle prime luci dell'alba
il paese non sopporta la mia figura scialba

mi vesto in fretta e furia con giacca e cravatta scura
quando vede il mio aspetto la gente scappa ed ha paura.

Comincio il mio lavoro fischiando allegramente
preparo al meglio la casa per un nuovo acquirente

coltivo la sua terra, col badile io la pesto
mi aggiro fra le tombe, io le rimetto in sesto.

Sono sempre qui da solo, ma con intorno tanta gente
non nego di sentirmi un poco impertinente

quando dei nuovi morti voglio scoprir mestiere ed anni
ma il mio lavoro trascorre senza apparenti affanni.

Intanto si fa giorno ed arrivano i parenti
i visitatori nel vedermi non sembrano contenti

anche se di tombe gliene ho preparate tante
a madri con i fiori e con le lacrime alla fronte.

Mi chiamano 'Becchino' o non mi chiamano per niente
mi credono un contadino che coltiva fiori e gente

ma il mio lavoro è onesto ed è come tutti gli altri
alla sera torno stanco e mi addormento fra le coltri."

Poesia della giovinezza sprecata
Cosa vuol dire avere un rimpianto
lo so adesso che non ci sei più e di te ho sete
io ti vedo negli occhi di chi mi sta accanto
di chi vive felice le ore più liete.

Cosa vuol dire avere un rimorso
lo so adesso che tu sei passata
che ho con me l'angoscia di averti perso
la sensazione di averti sprecata.

Cosa vuol dire svegliarsi che è già tardi
lo so adesso che sei nella mia mente
che ti inseguo e ti cerco nei ricordi
ma sei solo un'immagine sfuggente.

Cosa vuol dire avere ormai trent'anni
lo so adesso che tu sei finita
che mi appari nelle notti insonni
con l'accusa di non averti vissuta.

Cosa vuol dire sentire il tuo richiamo
lo so adesso che da me ti allontani
e mi rimane solo il tuo profumo
che svanisce e che stringo fra le mani.

Vigilia di Natale
E apro le finestre
sulle strade illuminate
con cavalli e tante giostre
che girano felici

Ho cercato di capire
le corse dei bambini
accanto a delle mani
piene di caramelle

Con regali impacchettati
sorprese da scoprire
sorrisi
luci
colori...

E mi rinchiudo nel mio mondo
e lascio tutto fuori

Poesia delle illusioni
Nasce nella mia stanza
l'ultima disperazione
finisce anche la speranza
di esser bravo a scrivere una canzone
e tu che mi stai osservando
e non mi perdi mai di vista
lasciami almeno l'illusione
di essere un grande artista.

Vivo della mia musica
ma la gente ne è indifferente
sembra che sia una comica
la mia musica non vale niente
e tu che mi stai ascoltando
e il mio talento ti rattrista
lasciami almeno l'illusione
di essere un grande musicista.

Passo le mie giornate
a scrivere della mia vita
su pagine colorate
finchè la sera non è arrivata
e tu che mi stai guardando
mentre scrivo per ore ed ore
lasciami almeno l'illusione
di essere un grande scrittore.

Osservo mille orizzonti
che io coloro sopra un telo
immagino mari e monti
che io dipingo in un baleno
e tu che mi stai chiedendo
il disegno di un dolore
lasciami almeno l'illusione
di essere un grande pittore.

Cerco in ogni momento
di mettere la rima giusta
e quando poi non ci riesco
lo giuro che lo faccio apposta
e tu che mi stai scrutando
nella mia vena più segreta
lasciami almeno l'illusione
di essere un grande poeta.

Mi sveglio che sono già stanco
mangio anche se non ho fame
ho passato un'altra notte in bianco
di questo giorno io non so che farne
e tu che mi stai dicendo
che la noia non è finita
lasciami almeno l'illusione
di dare un senso alla mia vita.

La casa della gente felice
La casa della gente felice
è una casa distante dai rumori delle strade
coi muri colorati
di discorsi e di parole
coi vetri disegnati
con il cielo, il mare, il sole.

La casa della gente felice
ha un portone sbarrato e le finestre sempre chiuse
coi fiori del giardino
prima raccolti e poi buttati
con l'aria del mattino
che ti fa gli occhi spaventati.

Amore, amore diverso
chissà se ti ho vinto o chissà se ti ho perso
amore segreto, amore più vero
chissà se la luce potrà illuminare
questo soffitto nero.

La casa della gente felice
ha le serrande abbassate e le stanze senza luce
con i letti tutti sfatti
e le coperte tutte rotte
coi morsi sul cuscino
ed i vestiti della notte.

La casa della gente felice
ha le porte pesanti e le serrature chiuse a chiave
con le voci dei dottori
che tentano di calmarti
col mazzo di quei fiori
davanti ai tuoi occhi spaventati.

Amore, amore distratto
chissà se è guarito o se è ancora matto
amore finito, amore ormai stanco
chissà se la luna potrà illuminare
questo vestito bianco.

Amore, chissà che cosa fai adesso
chissà se mi ami ancora, io non ho mai smesso
quando sarai guarita
e i tuoi occhi fioriranno
quando sarà finita
questa storia e questo inganno.

Amore, ne è passato di tempo
sono qui da dieci anni, è tanto che ti aspetto
adesso busso forte
apro la porta e vengo dentro
sarebbe troppo bello
però è solo un sogno.

Amore, amor che resisti
chissà se sorridi o se hai gli occhi tristi
amore gelato e con gli occhi sbarrati
col prete vicino che ti benedice
nella casa della gente felice.

Via dei morti
Via dei morti, via dei morti ammazzati
li ho trovati in una strada abbandonati
avevano le spalle a terra e gli occhi spalancati
via dei morti, via dei morti ammazzati.

Via dei morti, via dei morti impiccati
li ho trovati in una strada tutti sudati
avevano lo sguardo fisso e i capelli tutti bagnati
via dei morti, via dei morti impiccati.

Via dei morti, via dei morti fucilati
li ho trovati in una fossa tutti abbracciati
con la faccia tutta rossa ed i vestiti tutti macchiati
via dei morti, via dei morti fucilati.

Via dei morti, via dei morti suicidati
ci han trovato una mattina dieci soldati
avevamo un coltello al cuore e un fiore nella mano
via dei morti in un campo di grano.

Ballata dei vigliacchi
Non c'è posto in questo mondo
per chi come me non ha forza
e resta sempre in fondo
ai margini della paura
ed è così che passiamo i nostri giorni sempre uguali
tra i muri di pietra delle nostre stanze che sembrano ospedali.

Non c'è posto in questo mondo
per chi come me si è già arreso
ed è caduto troppo in basso
su strade ormai senza ritorno
e stiamo qui a crederci diversi e un po' testardi
a vivere di niente e poco altro per essere normali.

Non c'è posto in questo mondo
per noi che restiamo sempre indietro
e ci piangiamo addosso
tra gente che ruba e si buca
e sempre qui a illuderci che un giorno cambierà
che non sarà sempre la notte ed il giorno arriverà.

Ma noi, noi viviamo poco e male
ma noi, non potremo mai cambiare
e andranno via i nostri sogni
per il mondo come pacchi
e resteremo qui da soli
qui da soli come dei vigliacchi.

Non c'è posto in questo mondo
per chi come me si è perduto
e nel letto sta affondando
su fiumi di malinconie
e ancora qui, tra le pieghe dei nostri dolori
forse ci alzeremo, ma non ne usciremo fuori.

Perchè noi viviamo poco e male
perchè non potremo mai cambiare
e andranno via i nostri sogni
per il mondo come pacchi
e resteremo qui da soli
qui da soli come dei vigliacchi.

Perchè non saremo mai contenti
perchè noi saremo sempre vinti
e guarderemo i nostri occhi
mille volte negli specchi
e apriremo i nostri pacchi
e ci ritroveremo stanchi e vecchi.

Non ho più
Non ho più un porto per salpare
non ho più un mare per poter annegare
non ho più sangue nelle mie ferite
non ho più ferite per poter morire.

Ed io impiccato con una corda che non c'è
ed io abbracciato ad una donna che non ho
chissà se il tempo mi farà domande
chissà se io troverò le risposte.

Non ho più un cielo per guardare
non ho più due ali per poter volare.

Chissà se il tempo mi potrà cambiare
chissà se io avrò la voglia di cambiare
forse tu mi potrai cambiare.

Non ho più finestre per spiare
non ho più libri per poter imparare
non ho più fiducia della gente
non ho più occhi per vedere niente.

Ed io ammazzato con un coltello e una pistola
ed io strozzato nel cervello e nella gola
chissà se un giorno tornerò al mio porto
chissà se un giorno io sarò risorto.

Ed io ammazzato con un coltello ed un fucile
e tu mi hai visto cadere a terra e morire
chissà se un giorno mi verrai a trovare
quel giorno tu mi porterai un fiore.

La serra
Quadro I: il lento declino della vita

La panchina abbandonata
tra gli alberi in colonna
al calar della giornata
e file silenziose
di rose e di mimose
nel giardino di persone
che aspettano sera.

Quadro II: la vita intorno che continua
Le strade senza fine
tra le case di campagna
fra pecore e galline
e servi e contadine
a lavorar vicine
nell'orto a ripulire
a coltivare terra.

E in mezzo ai campi la tua serra
diventa grande, cresce
tu la puoi vedere.

Quadro III: la ri-nascita
Le luci della sera
fanno ombre sulle case
e si alza una preghiera
che sia la primavera
o che sia tutt'altra cosa
ad arginare il fiume
a crescere grano.

E in mezzo ai campi la tua mano
diventa forte
come la tua serra.

La bara
Io sogno una bara
grande e spaziosa
che possa ospitare
la mia testa voluminosa
dove le ossa e il cervello
riposino in pace
ed il verme più bello
mi consoli alla croce.

Io sogno una bara
di marmo pesante
che possa occupare
una fossa gigante
dove le mani e le gambe
siano fredde e distese
tra le pietre e le tombe
siano finalmente arrese.

Io sogno una bara
ed un vestito nero
il pianto di un fiore
la coperta di un velo
tra formiche giganti
che mangiano i miei resti
la pietà dei passanti
tra due file di teschi.

Io sogno una bara
fra cipressi e viali
la candela di cera
il giorno dei funerali
quando deriderò
questo mondo schifoso
da lui mi allontanerò
per l'eterno riposo.

Io sogno una bara
io la vedo alle porte
la mia piccola casa
la mia povera morte.

Ballata del malato grave
Dottore, mi resta poco da vivere
dottore, ho solamente pochissime ore
su questo letto tra poco passerò a miglior vita
la morte vincerà questa ultima partita.

Dottore, mi resta poco da vivere
dottore, io non perdo il mio buonumore
se per favore mi può chiamare moglie e figli
per poter dare i miei ultimi consigli.

Dottore, mi resta poco da vivere
dottore, sulla mia pelle che strano colore
in questa stanza dove la mente insegue il passato
dove il ricordo non si è più cancellato.

Dottore, mi resta poco da vivere
dottore, quanti battiti ha ancora il mio cuore
e tra le mani già tremanti io stringo la croce
che dei miei peccati già si è sparsa la voce.

Dottore, mi resta poco da vivere
dottore, nelle gambe quanto dolore
e fra le coperte il freddo entra nelle mie ossa
dottore, ho un piede già nella fossa.

Ballata all'inferno
Andrò all'inferno
con cento croci addosso
e sangue sulla testa
andrò all'inferno
con gli occhi dentro un fosso
e le persone in festa
andrò all'inferno
per essere stato solo come un cane
andrò all'inferno
e sarà pace da trovare.

Andrò all'inferno
sarò il primo ad arrivare
sarò l'ultimo ad uscire
andrò all'inferno
con la bocca da lavare
e le braccia da vestire
andrò all'inferno
per non aver fatto mai niente a nessuno
andrò all'inferno
e sarà lungo il mio digiuno.

Andrò all'inferno
di agosto o di settembre
da solo o in compagnia
andrò all'inferno
coperto dalle ombre
e poi mi porteranno via
andrò all'inferno
per non aver mai perdonato
andrò all'inferno
e sarà falso il mio peccato.

E nella chiesa quante falsità che piangono per me
io disteso sopra un letto immobile
e nella chiesa la gente sta pregando un altro inverno
e me che ad occhi chiusi andrò all'inferno.

Andrò all'inferno
busserò dietro alla porta
e cercherò l'ingresso
andrò all'inferno
senza armi e senza scorta
e chiederò permesso
andrò all'inferno
per non aver mai dimenticato
andrò all'inferno
e sarà dolce il mio peccato.

Andrò all'inferno
con quello che mi resta
e quello che mi manca
andrò all'inferno
sarà come un foresta
e le corse che ti sfianca
ad occhi spenti, a mani aperte
andrò all'inferno
per questa vita sarà lì
il mio sonno eterno.

La gabbia
Ho chiuso il mio corpo in una gabbia
e vedo il mondo tra queste inferriate
e passo i giorni a rovesciare sabbia
da una clessidra che si vuota sempre più.

Ho chiuso il mio cervello in una gabbia
e la mia mente tiene prigioniera
il mare ormai lontano, il cielo più non vede
immaginate il buio di una gabbia.

Tornerò in libertà
tornerò a vedere fiori, sole e le città
tornerò in libertà
tornerò a sognare prati verdi e terre a volontà.

Ho chiuso l'esistenza in una gabbia
e vivo solo lo stretto necessario
respiro, ed è già tanto, per quello che mi serve
immaginate il freddo di una gabbia.

Ma tornerò in libertà
tornerò a vedere fiori, sole e le città
tornerò in libertà
tornerò a sognare prati verdi e terre a volontà.

Tornerò in libertà
tornerò a contare stelle e tutto quel che ci sarà
tornerò in libertà
e l'odore di una gabbia solo un ricordo resterà.

Pennarello
Colora le tue stagioni
col colore degli occhi
uno specchio sul mare
colora le tue stagioni
col colore dei capelli
che ti coprono il viso
colora le tue stagioni
raccogli i frutti migliori
dipingi con il tuo pennarello
il regalo più bello che la vita ti fa.

Colora la tua primavera
col colore del cielo
un azzurro dorato
colora la tua primavera
col colore più chiaro
che ti porta la luce
colora la tua primavera
dipingi la lontana sera
colora con il tuo pennarello
il momento più bello che la vita ti dà.
Colora la tua prima estate
col colore del mare
che si agita appena
colora la tua prima estate
con colore leggero
e con mano pesante
colora la tua bella estate
dipingi le mille giornate
colora con il tuo pennarello
il sorriso più bello che la vita ti dà.

Colora il tuo mite autunno
col colore della sabbia
che ti appare negli occhi
colora il tuo mite autunno
col colore più tenue
che si perde tra i rami
colora il tuo grigio autunno
dipingi il tramonto dell'anno
colora con i tuoi pennarelli
gli ultimi giorni belli che la vita di dà.

Colora il tuo triste inverno
col colore della notte
che ti arriva alle spalle
colora il tuo lungo inverno
col colore più scuro
che ti sporca le mani
colora il tuo ultimo inverno
dipingi l'imbrunire del giorno
colora le tue quattro stagioni
le tue tante emozioni che la vita ti dà.

Il mendicante
Mentre cullavo le mie giornate vuote
di niente occupate
stanche
sentì arrivare con infelici passi
un mendicante
il cappello stretto in mano
le scarpe rotte
un cappotto pesante.

Malgrado zoppicante
trascinò le inferme gambe per la strada
ed alla vista della mia porta si arrestò
vi si fermò un istante.

Io mi affacciai alla finestra
nel tentativo di uscire dal mio stato agonizzante
dal mio essere in coma ad occhi aperti
e lo vidi con lo sguardo triste e assente.

Io e il mendicante...
come eravamo uguali
tutti e due soli
tutti e due infelici.

Era come se avessi uno specchio davanti a me.

Senza parole
il vostro sacrificio
per fare grande
agli occhi dell'America
un uomo piccolo piccolo

La serra
Quadro I: il lento declino della vita

La panchina abbandonata
tra gli alberi in colonna
al calar della giornata
e file silenziose
di rose e di mimose
nel giardino di persone
che aspettano sera.

Quadro II: la vita intorno che continua
Le strade senza fine
tra le case di campagna
fra pecore e galline
e servi e contadine
a lavorar vicine
nell'orto a ripulire
a coltivare terra.

E in mezzo ai campi la tua serra
diventa grande, cresce
tu la puoi vedere.

Quadro III: la ri-nascita
Le luci della sera
fanno ombre sulle case
e si alza una preghiera
che sia la primavera
o che sia tutt'altra cosa
ad arginare il fiume
a crescere grano.

E in mezzo ai campi la tua mano
diventa forte
come la tua serra.

La guerra di PIER
(libero adattamento de “La guerra di Piero”
di Fabrizio De Andrè)

Dormi sereno sotto il cielo italiano
non stringi un fucile nella tua mano
tu sei tranquillo hai un padre potente
che manda al fronte soltanto altra gente.

“Lungo il percorso del mio presente
vedo passare castelli dorati
non il sudore di certi soldati
pronti a morire in cambio del niente.”

Così dicevi e faceva già giorno
e come gli altri ti guardi attorno
te ne vai allegro come chi beve
bicchiere in mano, brindare si deve.

Fermati PIER, fermati or
dei tuoi vestiti goditi lo splendor
dei morti in battaglia non ti curare
goditi il sole, la spiaggia ed il mare.

Ma come ogni figlio, è nella sua natura
ad un tratto volesti andar contronatura
e ti trovasti a passar la frontiera
berretto in testa e uniforme nera.

E mentre incedevi con far baldanzoso
un uomo vedesti impaurito e timoroso
lui non aveva il tuo largo sorriso
ma un triste dolore solcava il suo viso.

Sparagli PIER, sparagli or
del sangue fagli sentire l’odor
consumagli la pelle fagli ingoiare il fuoco
la guerra ti han detto è un bellissimo “giuoco”.

“Ma se gli sparo nel cuore è assai poco
così troppo presto finisce il bel gioco
meglio aspettare ancora un momento
per prolungare il mio divertimento”.

E mentre cerchi qualche diversivo
l’altro ti vede avanzare offensivo
ed infilata la baionetta
ti punta al volto e ti finisce in fretta.

Cadesti in terra un poco sgomento
e ti accorgesti sfiorandoti il mento
il viso bruciato e colpito dal fuoco
non era un gioco no, non era un gioco.

“Brunetta mia subir questo oltraggio
non è nel mio stile ho ben altro coraggio
brunetta mia dritto all’inferno
tutto per colpa di questo governo”.

E mentre la terra ti stava a coprire
capisti il contrasto tra armare e morire

“o padre mio ti avessi ascoltato
non avrei qui un funerale di stato”.

Dormi sereno sotto il cielo italiano
una bandiera stringi nella tua mano
tu sei tranquillo hai un padre potente
ti farà eroe della guerra del niente.

Preghierina
Caro Dio
veniamo a patti:
tu che nella mia città
hai fatto dedicare una via a Togliatti,
tu che hai amato i primi, ma anche i secondi
e hai dedicato un corso all’eroe dei due mondi,
io ti chiedo con garbo
di non farmi questo sgarbo:

tu, il più buono fra i buoni,
non far dedicare una via a Berlusconi.
Fa che ogni strada d’Italia che si calpesti
possa ricordar le gesta di uomini onesti.


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