Poesie di Piero Colonna Romano


Home page  Lettura   Poeti del sito   Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche

Indirizzo e-mail: mkt.kor@gmail.com


Leggi i racconti di Piero

 

Intrigati pensieri
***

 

Filosofando

Epitaffio per un poeta
(…ripensando Spoon River)

Poeta sognatore d'illusioni
mosse guerra alla vita
e ne rimase ucciso.

Le sue poesie
andarono sprecate,
schernito fu da villanzon di strada.
Pur d'amore affamato e pur di vita
la pace e la virtù andò sognando,
per darle a un mondo bieco e disperato,
ma un dì s'accorse d'esser sbeffeggiato.
Così chiuse nel sale il suo cammino
e qui sussulta ancor
nel ricordare.

Or dorme, dorme e dorme
in turpe compagnia
sulla collina.

 

"And so from hour to hour,
we ripe and ripe.
And then from hour to hour,
we rot and rot.
And thereby hangs a tale."
(Shakespeare - As you like it-)

From hour to hour
Su volti il tempo scava rughe,
nel viver d'affanni corrotti.
Si coprono specchi impietosi
che immagini rendono cupe.
Ed è quel coprire quei vetri
un gesto che pare che assolva,
lasciandoci senza peccati.
Ma insegue l'angoscia di un'ombra,
la mente aggroviglia pensieri
ed è quell'andare impudente
che pone sul viso altri solchi.
Coscienza non serve a coprire,
così cresceranno i rimorsi
e insonni le notti saranno.

Perdute così corron l'ore,
così si consuma la strada
in vacuo egoistico viaggio,
un viaggio ch'è senza speranza.
 

Questo tempo
(ripensando Prévert)

Questo tempo, generoso e crudele,
che senz'attese scorre,
distilla gioie, dolori e lacrime.

Questo tempo che, pietoso e perfido,
appronta e dopo dona
illusioni d'amore e tradimenti.

Questo tempo che, tenero ed orrido,
blandisce e dopo inganna,
confonde le coscienze e i sentimenti.

Questo tempo, che al suo scader regala
pene e sangue e singhiozzi,
farà versare lacrime di sale.

E così scorre il tempo mio col tuo
e par gioco d'azzardo
dove l'anima nostra perderemo.

 

Sposa fedele
(rilettura di "Alla morte" di Cardarelli)

Su! Giungi lieve,
come fedele sposa,
a compier dunque
la vita che fu amante.
Sii come neve,
che quando pian si posa
imbianca ovunque
e par gioir festante.

Vieni soave,
quale sospir d'amore,
dammi la mano
e guidami nell'oltre.
Là c'è la chiave
per decifrar quell'ore
d'un viver strano
che fu un'oscura coltre.

 

Tanto gentile e tanto onesto pare
(nel giorno della donna, da una donna)

Tanto gentile e tanto onesto pare
lo sposo mio quand'egli me lusinga;
allor la lingua me devien meringa
e godo tanto di cotanto amare.

Egli si va, sentendosi adorare,
ma ho da stare invero ben guardinga,
quando m'assal con rabbia casalinga
che per violenza fammi vomitare.

Mostrasi sì carogna a chi lo mira
che una gran pena mette dentr'al core,
che 'ntender non la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un odio sol, che genera terrore
e che soltanto un va a cagar m'ispira.

 

"Perché dare al sole chi poi di quella vita consolar convenga?"
(Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
-G. Leopardi-)

Vagito
Segna quel suono inizio della fine,
come il silenzio chiama a ritirata
così prevede che sarà malata
la vita che vivremo tra le spine.

Malati terminal nasciamo infine
e l'esistenza è solo avvelenata,
predice il pianto la nostra giornata,
foriera solo di grandi rovine.

Forse perché della fatal quiete…
scrisse un poeta e vide quel ch'è vero.
Per quella pace dove torneremo

senza rimpianti il mondo lasceremo
per un altrove con il suo mistero,
ove speriamo in ore dolci e liete.

 

Adusta fonte
Gorgoglia un rubinetto,
par l'ultimo versare,
neppure più un mottetto
l'anima a riscaldare.

La musa cui mi volsi,
crudele mi rispose
"se taglierai i tuoi polsi,
rifioriran le rose."

M'abbeverar di sangue
la terra screpolata
affossa ciò che langue,
poesia darà malata.

Meglio sarà sperare
nel tempo e le stagioni,
piuttosto che azzardare
penose soluzioni.

Precario è il poetare,
ci vuole ispirazione,
sentir che devi dare
ad altri un'emozione.

Così dentro il mio cuore
rimane un desiderio :
che gemmi dall'amore
almeno un verso serio !
 

Correndo la vita
Grigio
d'asfalto un nastro
rapido si svolge.
Traguardi di dolore
all'eterno orizzonte.
E questo nastro
che non vuol
finire.

 

Dove siamo, dove andiamo?
Sto seduto, seduto sul ciglio,
alla fin del finale infinito
e nel buio più buio si perde
lo scrutar del mio sguardo che scruta.

Neppur'una scintilla scintilla
e mi perdo, sperduto e disperso,
disperando apparir d'una luce
che sperando ridoni speranza.

Fors'è nero quel buco più nero,
par che rotoli e sta rotolando
verso un nulla ch'è nulla di nulla
e stravolge stravolto pensiero.

Dubitare d'un dubbio dubbioso
che s'avvolge avvolgendosi al vuoto
non risolve né assolve domande
ma tormenta e tormenta davvero.

 

Fase rem
I sogni che paion reali,
nistagmi che inseguon visioni,
affrettano il cuore gravato
da un vivere senza traguardi.

Fermar quei momenti è speranza
restando sospesi nel tempo,
temendo il ritorno al reale
che angosce e tensioni riserva.

Così nelle notti silenti,
ricordi che sono macigni,
si sciolgono in sogni suadenti,
divengono dolci illusioni.

E' quello lo spazio concreto
così come là vive il tempo.
Dell'uomo sostanza son sogni
astratto il reale diventa.


Inganni
A questo viver spiegazione dare
non bastan pensatori inconcludenti
che s'arrovellan nel voler spiegare
che i patimenti, in fondo, fan contenti.

Raccontan che la vita è pure dramma
ma se da saggi noi l'affronteremo,
guardando in alto, proprio qual programma,
medaglia d'or dal cielo in premio avremo.

Perché lassù ciò che si vuol si puote,
e questo in terra mai ha da avvenire;
non indagare il dubbio che ti scuote,
vivi, da pio, di vita il divenire.

Qualche serpente tenterà il tuo viaggio
di rose e miele mostrerà il cammino
se solo appena appena avrai il coraggio
e rose e miele avrai per tuo destino.

Così viviam tra incudine e martello,
santa morale o la sregolatezza,
ed ignoriam cosa di vita è il bello
e del suo senso avremo mai certezza.

Passiamo l'esistenza a dubitare,
le scelte che facciamo incerte sono
e neanche dopo l'ora del passare
risposta vi sarà…neppure un suono.
 

"Inseguendo l'ombra, il tempo
invecchia in fretta"
(Crizia, secondo Platone)

Invecchia il tempo
Tra cupi boschi e tra verdi pianure
scorre la vita.
Indifferente a noi il tempo passa,
e vagano ombre.
Quel che rimane d'un viver ansante
sono ricordi.
Ricordi vaghi, ma inutili a tutti,
fatti di niente.
Ci invecchia in fretta il tempo irrispettoso
del nostro andare.
Da rughe sul viso e rughe sul cuore
restiamo incisi.
Siamo acqua che corre veloce al delta
di un vuoto mare.

 

La somma
In fondo al mare affondan le illusioni,
di dolci, amare e già spente passioni.

Vissi la vita come fosse un canto,
ora che chiusa ogni speranza resta
attendo il mesto chiudersi la festa.

Musica amai e fu per me conforto,
tempo passai a legger quadri e libri,
ore felici, che di passione vibri!

Altre emozioni avrei potuto dare
o tentazioni o forse un grande amore
a chi questo attendeva con tremore.

Oggi, con ossa stanche e consumate,
vedo la fossa, penso al mio passato,
con la speranza d'esser stato amato.

Ma non c'è un dopo a dar la soluzione,
resta un canopo e triste una canzone.

 

E tic e tac e tic e tac…
È un tic e tac che sfianca
quest'avanzar del tempo.
Sei immerso in noia bianca
se manca il passatempo.

Angoscia allor ti prende
lo star senza programma,
la mente non s'accende,
più nulla c'è che infiamma.

È un tic e tac che afferra
la gola e te la stringe,
così l'intera terra
di nero si dipinge.

Metronomo angosciante
lo scorrere dell'ore,
all'oltre che è eccitante
si pensa con favore.

È un tic e tac che dice
che l'ora s'è compiuta,
la vita fu felice
ma adesso ti rifiuta.

 

Nell'oltre
Davanti al mare con i suoi misteri,
quando l'onda si frange e vien merletti,
penso alla vita andata, penso all'ieri,
quell'ieri che fu pieno di diletti.

Dolci e sereni furono i pensieri,
di vita i fatti parver minuetti,
quieto percorrevo gai sentieri
e pochi, a freno, ebbi dei paletti.

Or sfuma l'orizzonte e in sé s'eterna,
la mente si smarrisce e in quell'immenso
soltanto navigar potrà nell'oltre

e in quella calma troverà la coltre
che darà pace a un viver che fu denso,
così quel naufragar non la costerna.


Punto d'arrivo
Lenti e sfocati
ricordi tornan
da antichi tempi.

E più non guardo
verso il domani
non c'e speranza
del dove andare
né soluzioni
al divenire.

E cerco il cielo
e cerco il mare
dove la mente
possa annegare.

Vita vissuta
passata invano,
giorni di gloria
falsa ed ottusa,
pene ottenute
e pene date,
senza rimpianti
senza rimorsi.

Disperse all'aria
ceneri voglio
che nulla resti
a ricordare
né pietra bianca
per rammentare
nè inutil fiore
su essa posare.

Così finisce
il vano viaggio.
Mille domande
senza risposte.

 

Il sole può tramontare e poi risorgere;
noi, invece, una volta che il nostro breve giorno si spegne,
abbiamo davanti il sonno di una notte senza fine.
-Gaio Valerio Catullo-

Rapida arriva
Contro ciel scuro, foschi presagi,
con nero manto, dall'orizzonte,
incappucciata rapida arriva.
Guardo il suo viso senza sorriso,
sul suo destriero svelta s'appressa,
in mano secca la falce gronda.

A domandare, così m'appresto,
l'attimo estremo di rimandare.
S'apre ad un ghigno la sua fessura
a che ti serve ancora restare ?
Di quel che fosti nulla rimane,
di quel ch'hai sparso neppur l'impronta.

Con me verrai là dov'è l'oltre,
vuoto deserto di solo nulla,
neppure un suono ne intenderai,
niente nel niente diventerai.
Di tutto questo neppure un pegno
o altra moneta sarà il suo prezzo.

Di te, stai certo, si scorderanno.
Serve a che cosa dunque il tardare ?
Chieder dovresti d'accelerare.


Sono curioso
Vissi in un tempo
dove il miele scorreva
in fiumi ameni
e la manna pioveva.

I mari azzurri
rallegravano il cuore,
ebbi e donavo
emozioni d'amore.

Oggi una nube
par confonder la strada,
segna un cartello
terminale contrada.

Tempo rimane
per pensare a quell'ieri
quando correvo
ubriacanti sentieri.

L'oltre intravedo
e ne sono curioso.
Nulla rimpiango
del mio tempo fruttuoso.
 

Nostalgia
Ebbi giornate di sogni e speranze,
correvo prati coperti dal cielo
azzurro e terso e volavano danze,
né dell'inverno sentivo il suo gelo.

Vissi con gioia lavoro e vacanze,
di vita i progetti eran vangelo,
luce brillava là nelle mie stanze
e grandi amori donavo con zelo.

Adesso i ricordi portan rimpianto,
nel tempo disciolte son le illusioni,
di loro sol resta triste l'incanto,

non udrò ancora gioiose canzoni,
brividi e freddo son lungo la strada,
resta il traguardo d'un altra contrada.


Tempo
(Eraclito liberamente inteso)

Da lontano vien lezione: viviam l'oggi ma è domani,
tempo scorre tra le mani, "panta rei" la citazione.

Che si vive il contingente par che forse ci illudiamo,
quindi pizie convochiamo, per scoprire il divenente.

Resta vago quel ch'è andato, pare vero che del giorno,
qui lo dico e non per scorno, sol futuro è il sol provato.

Questo tempo che contiamo resta solo una chimera,
non è cosa proprio vera… qual la vita che viviamo.

Belli o brutti abbiam ricordi che permangon nelle menti
ma rimangono sfuggenti nel trascorso che già scordi.

Fu di certo ammonizione "panta rei" che fu narrato:
per noi esiste alcun passato, 'sto presente è un'illusione.

Bene è porsi una questione per tirar le somme allora:
a che serve guardar l'ora s'è soltanto transizione?

Convenzione è di sicuro perché il tempo resta abbaglio,
sono certo e non mi sbaglio noi viviamo nel futuro!

Forse il solo fu a capire, quell'Eraclito ch'è mito,
chi seguì ne fu erudito, svicolò per non perire.

Di spassose favolette si riempiron tomi e tomi,
s'inventarono questioni… pei cervelli fatti a fette.

Col pensier che si perdeva fu dovunque un indagare;
ma quel loro speculare fu com'acqua che scendeva.
 

Tempo di treni
Parto da una stazione
viaggio senza opinione.

Vado senza sapere,
guardo senza vedere.

Senza desiderare,
ore sento passare.

Tornano i miei ricordi
a giorni che non scordi.

Tempo è il tempo obliare,
giunto è quello d'andare.

 

Traguardo
Ultima il tempo
e poi…

…là, verso orizzonte,
dove si fonde
mare con cielo,
ecco s'azzera
divien sospeso,
come un respiro fermo,
come un'attesa.

Si svelerà
l'arcano?

 

Calderon de la Barca, col dir " La vida es sueño" e Garcia Lorca,
col dir "La vida no es sueño. Alerta! Alerta! Alerta!" sono agli estremi di un ponte traballante sul quale passano dubbi, incertezze, speranze, illusioni. Cos'è la vita, cosa sono i sogni?
Questa la domanda esistenziale, vero nodo di Gordio.


Vita sogno, sogno vita.
Come di specchi in gioco s'intreccian vita e sogno,
grovigli di speranze, certezze ed illusioni.
Se sia la vita un sogno, sogno la vera vita,
rimane un dubbio arcano la mente a macerar.

Così pur ci ripaga per questa vita il sogno.
Concreto come quella ritorna inaspettato,
da siti oscuri in notti ci è stato regalato
e a siti ignoti alfine nell'alba tornerà.

Così pure la vita, dono che non chiediamo,
percorso ch'è obbligato, che a un termine è votato.
Pure nel suo finire v'è alcuna differenza
sia lieta o addolorata di certo finirà.

Son specchi e all'infinito raddoppian l'emozioni,
e ad inseguire sogni viviam la nostra vita.
Fantasmi della mente sembrano e vita e sogni
è dal pensier che forse l'inganno nascerà.


 

Nunc ratio quae sit morbis aut unde repente
mortiferam possit cladem conflare coorta
morbida vis hominum generi pecudumque catervis,
expediam.
(Lucrezio, De rerum natura, l.VI v.1090/1094)
(Spiegherò ora ciò che causa le malattie e come
e di dove sorga d'un tratto una forza malefica
e comporti una micidiale rovina
sia tra gli uomini sia nelle caterve degli animali.
-traduzione dal latino di Ugo Dotti-)
 


Nihil sub sole novum
"Ciò ch'è stato sarà,
ciò ch'è fatto rifà
e mai sotto il sole
il nuovo si vedrà"
Così dell'uomo ragionò Qoelet,
vedendo gran peccare.
Oggi che l'uomo scorda pur l'amare,
madre natura scambia per toilette.

E son gli stessi i tempi: per giorni avvelenati
vengon da bui passati quei virus che fan scempi.

Serve boccata d'aria; 'sto mondo ch'è asfissiato,
sol per punir peccato, regala 'sta malaria.

Il covid 19, che igiene obbligatoria!
Natura ha la vittoria poi ci spedisce altrove.

Passata la tempesta ci resterà speranza
che il ben divenga istanza per fare vita onesta.

Purtroppo, insegna storia, chi è morto è il sol cambiato
ma il vivo, da salvato, riscoprirà la boria.
 

Nemesi
Da tempo la natura violentata
donava ira, quella più funesta.
In coma era per quella folle festa
che l'uomo delirando avea approntata.

Così a vendetta, e di molto adirata,
lanciò sulla carogna disonesta
un virus che divenne una tempesta
…e germogliaron salme a grandinata.

Azion d'igiene è quella che viviamo,
molto ricorda biblica sanzione
ch'esser dovrebbe per l'uomo lezione.

Ma la speranza è vana e lo sappiamo,
'ché quello, quando tutto finirà,
ai suoi peccati, ratto, tornerà.

 

Neuromarketing
Ridatemi il cervello,
lo avete violentato,
voglio che torni bello
e non più programmato.

Di luce immacolata
splendea tant'anni or sono,
rivoglio quel passato.
Chiedetemi perdono !

In quel che ancor v'è ignoto
resta però un barlume
ed userò quel vuoto
per ripulir pattume.

Scienziati sciagurati,
che dentro scandagliate,
vi spero condannati
con cento e più frustate.

Il saper vostro usate
per coglier le emozioni.
Tentate, via osate,
capite le passioni !

Di quei neutroni il flusso
dovete indirizzare
non per imporci il lusso
ma al ben che posson dare.


Il viaggio
(ricordando Democrito)

Del mare la malia mi mancherà.
Del suo sfiorare sabbia che par canto,
del salso e del colore ch'è un incanto,
più non potrò goder nell'aldilà.

Neppure un sol ricordo ci sarà
per riveder di vita gioia e pianto,
per ripensare amori con rimpianto,
quand'un sipario buio m'avvolgerà.

D'atomi diverrò. Restan questioni
sul senso ch'ebbe questo breve viaggio,
sul senso ch'ebbe ancor l'essere nati.

Per Chiese, in cielo, avrem sante emozioni.
Dicon, convinte, vita sia passaggio
verso un traguardo a premi pei fidati.

Ma i miei pensier vietati
raccontano che andran verso le stelle
di me frammenti … e il resto son novelle.

 

Tempus fugit ?
Un battito di ciglia e son passati,
sciogliendosi in effimere memorie
fatti di delusioni e di vittorie,
i primi ottanta e svelti sono andati.

Vorrei tornare ancora su quei prati,
ove ispirato scrissi belle storie
di miti e di leggende ammonitorie,
oggi che altri ottanta ho già iniziati.

Nei nuovi tempi vagherò pian piano
e d'ogni istante gusterò dolcezza,
facendo di quest'anni passeggiata

in lunga, dolce e amabile giornata,
foriera di novella giovinezza,
che non diverrà sogno vago e vano.

Così non sarà strano
far con Comare Secca un gioco e un patto
e al dunque … rifilarle scaccomatto !

 

La foce
(versi alessandrini con incrocio di rime)

Dove l'acqua del fiume si confonde col mare,
resto fermo a guardare quelle candide schiume.
Fu veloce il percorso, dalla fonte alla riva,
la mia mente già arriva dove nacque quel corso.

Ripercorro le sponde, che han memoria degli anni,
vi rivedo gli inganni, commozioni profonde.
E con l'arte a conforto, con l'amore a compagno,
vissi in terre di sogno, gran ricordi mi porto.

Ora vado al mio mare, c'è la barca che attracca,
dalla dolce risacca vibra un suono a incantare.
Dall'inizio alla foce, sol nell'acqua è il traguardo,
mi rapisce lo sguardo, lieve nenia è la voce.

Quando d'atomi salsi diverrò un bel mattino,
volerò sul cammino dove il bene raccolsi.

 

Via delle monache
(Gorizia 1952)

Fatto di grezzo legno il pavimento,
pien di scaffali un piccolo negozio,
dietro un bancone riposava in ozio
una vegliarda, mano sotto il mento.

Nell'aria odor di libri si spandeva,
da fruste copertine ricoperti,
mi conquistavan quando, appena aperti,
scoprir d'autori ignoti m'accadeva.

S'alzava dalla panca quella vecchia
dalla figura segaligna ed alta
che nera veste il portamento esalta,
mentre veletta le copria l'orecchia.

Dell'Austria imperiale avea ricordo,
Franz Joseph permaneva nel suo cuore,
ma ai libri usati dava tanto amore
e personaggio fu ch'io ancor non scordo.

Da quella botteguccia mi partivo
con Dostoevskij amato sotto braccio,
di Pirandello, ahimè, ridotto a straccio,
con Ibsen, Poe e d'altri mi nutrivo.

Fu proprio quella donna affascinante
che in me trasmise tutta la passione
per la letteratura e l'emozione
oggi perdura ancora ed è appagante.

Son ritornato un giorno in quel pertugio,
plastica e vetri, è sorta una vetrina,
in bella mostra c'è una mutandina,
e reggiseni e calze fan gran sfoggio.

Ma quell'odor di carta e di cultura
mi resta dentro e grande nostalgia
m'assale quando penso a quella via
ch'amai in prima età d'amor che dura.

 

Il senso
In alto indago il senso del passare,
non scaldan l'anima quelle risposte
mente non placano, false e mal poste
non ve n'è una che possa appagare.

E mi domando a che mai sia servito
quell'affannarsi a rincorrer la gloria
per poi scoprir quanto fosse illusoria,
così restando soltanto smarrito.

Scende la notte per chiuder gli affanni
vissi di sogni ma senza speranza,
corsi la vita per troppi tropp'anni,
cerco ora il mare quale ultima stanza.

Voglio tornare là dove son nato
e in quello sciogliermi, alfine appagato.

 

Volavo
La strada fu lieta e festante,
adesso mi attende il silenzio,
silenzio su un prima appagante
ed oggi il passato licenzio.
Bei fiori raccolsi e donai,
su prati sereni già andavo,
dolori, se li ebbi, scordai;
nel cielo volavo.

Così del mio mare le onde
di gioia riempirono il cuore,
il salso e il color lo confonde,
gemmavan canzoni d'amore.
Lontane sfumavan le vele,
sul filo del mar carezzavo
ricordi che son latte e miele
e intanto volavo.

L'incanto poi venne dall'arte,
da musica ed anche pittura,
di queste indagai tra le carte,
per meglio capir cosa oscura.
Fu con gran passione che amai
la musica e non la lasciavo
neppure un istante, giammai!
Con quella volavo.

E un giorno arrivò poesia,
fu luce che prese la vita,
fu luce per la strada mia,
nel tempo rimane infinita.
M'aprì orizzonti sereni,
talvolta i miei versi affilavo,
riempiendoli, sì, di veleni,
ma ancora volavo.

Si schiude il percorso dell'oltre,
non sento rimpianti né pene,
l'amore fu l'unica coltre
che usavo per dare del bene.
Rimango curioso sul dopo,
a quello, ogni tanto, pensavo,
pensavo ad un picciol canopo
e sempre volavo.

 

Sono diversamente anziano
Nessuno l'aveva invitata,
ma forse mi ero distratto,
pel mondo girai come un matto,
neppure l'avevo pensata.
Andavo per campi e sentieri,
per prati fioriti e olezzanti,
in tasca ero senza contanti,
felice ma senza pensieri.

Amavo soltanto il mio mare,
le vele portavan lontano,
amico mi era un gabbiano,
scordavo persin di mangiare.
Amore spandei a piene mani,
felice soltanto di darlo
e dentro non c'era quel tarlo
per ciò che riserva il domani.

Nessuno l'aveva invitata,
vecchiezza di colpo t'assale
ed uno ci resta anche male
vedendo finir la giornata.
Così passa il tempo e lo vedi
se paghi il biglietto ridotto
e se costa men d'un biscotto
d'averli fregati ti credi.

Ma all'oltre ch'è senza futuro,
dov'hai proprio nulla da fare,
non riesci nemmeno a pensare,
è come cozzar contro un muro.
Allora con l'ultimo fiato,
per scherzo ma senza conforto,
e forse a ragion, forse a torto
già vecchio mi son ritrovato.

Già, vecchio… ma in modo diverso
perché io rimango nel cuore
poeta ricolmo d'amore
che ancor sulla gente riverso.

 

Candela
Sul muro danzar vedo un'ombra scura,
al lento consumarsi di candela,
ombra ch'è generata da paura,
paura che la mente già mi gela.

Rileggo della vita la scrittura
che con fatica il mio pensiero svela,
rivedo amori grandi e l'avventura
che della strada furono la tela.

Svaniscono i ricordi lentamente,
guizzerà ancora prima di morire,
poi il buio resterà e tristemente

la mente vagherà senza più meta,
senza più sogni lieti per gioire
e come quella fiamma infin s'acquieta.

 

L'ultimo scherzo
Farò uno scherzo alla secca comare
e quando arriverà per sua missione
basita resterà com'un minchione:
io vivo, allor, non mi farò trovare.


 

 

Nelle nebbie
 

Così iniziò la storia della nuova Repubblica Italiana:

Splendeva il sole
In quella piana al vento garrivano
bandiere rosse e contadini canti.
Terse nell'aria si diffondevano
dell'Internazional note festanti.

Collina da ginestre colorata,
famiglie unite in quel gioioso maggio,
appuntamento là sulla spianata
per rendere al lavoro giusto omaggio.

Da un uomo su di un palco la lezione
diceva di vittoria e di diritti ,
diritti su quei campi e all'istruzione,
ma con la schiena stando sempre dritti.

Un secco crepitio fu all'improvviso
e nel suo inizio parve di petardi
e seminò la morte su ogni viso:
sparavan dall'altura dei codardi.

Così Giuliano, con i suoi sicari,
al soldo di quel Scelba e di Messana,
compì la volontà di quegli agrari,
per cancellare la sconfitta insana.

Fu quella nella storia del Paese
la prima strage nata da simbiosi,
un correo abbraccio che tuttora pesa,
tra loschi governanti con mafiosi.
 

Pro memoria e per meditare:

il 20 aprile 1947 si svolsero in Sicilia le prime elezioni regionali. Vinse il Blocco del Popolo (PCI +PSI) con il 30,4%.
La DC si attestò al 20,5%.
Dodici giorni dopo (1 maggio) a Portella delle Ginestre (Piana degli Albanesi -Pa-) si tenne l'annuale festa del lavoro, mai interrotta nemmeno durante il ventennio fascista, con larga
partecipazione dei contadini della zona.
DC ed agrari mal digerirono la sconfitta elettorale e il ministro degli interni Mario Scelba (siciliano!) incaricò l'ispettore generale di pubblica sicurezza, commendator Ettore Vito Messana (altro siciliano e personaggio dalla turpe fama), di provvedere. Questi aveva già, attraverso ripetuti contatti con la banda Giuliano, fomentato sanguinosi disordini in Sicilia, tutti tendenti a proteggere gli interessi degli agrari e dei residui
monarchici dell'isola.

Quanto narrato nella poesia è il risultato di un ulteriore accordo, tra il Messana e Giuliano, avente le stesse finalità eversive.
Ed il bilancio della carneficina fu la morte di 11 persone di cui
4 bambini.

La DC, assieme a partiti minori, governò l'isola, nonostante la sconfitta, ed il primo presidente della regione fu Giuseppe Alessi. Ovviamente fervente democristiano e cattolico osservante.
Su Portella delle Ginestre calò l'oblio, ed iniziò così quella
pratica dell'insabbiamento, oggi raffinatissima.


Di tutto quanto sopra ho esposto esiste documentazione parlamentare. Fu Girolamo Li Causi, (PC) nel contesto
dell'Assemblea Costituente, ad esporre il caso Messana/Giuliano, con violente accuse al ministro Scelba, tirando in ballo anche l'on Bernardo Mattarella, padre
dell'attuale Presidente della Repubblica

Salvatore Giuliano, dopo essere stato nominato colonnello dell'EVIS (esercito insurrezionalista della Sicilia, mano armata del MIS di Finocchiaro Aprile) essendo divenuto scomodo e pericoloso personaggio (troppo si esponeva, concedendo scottanti interviste a destra ed a manca) fu ucciso da Gaspare Pisciotta, di lui cugino e persona di sua fiducia. Il tutto con la presunta (e probabile) regia del colonnello dei carabinieri De Luca.
Successivamente venne inscenato un finto conflitto a fuoco tra il bandito ed i carabinieri, in un cortile di Castelvetrano (TP). E' in quel conflitto, dissero, che Turiddu trovò la morte. E questa divenne la versione ufficiale. Correva il 5 luglio 1950.

Per evitare, poi, che il Pisciotta parlasse troppo (e pareva intendesse farlo, per vendicarsi dell'immunità che gli era stata promessa e poi negata, tirando in ballo, quali mandanti della strage, alcuni "notabili" politici della DC) nel carcere dell' Ucciardone di Palermo gli venne graziosamente offerto un
ottimo caffè…alla stricnina.

 

Sergio Tofano docet
(governo Monti : novembre 2011)

Mario Monti arcicontento
del suo nuovo appartamento,
con lacchè che al suo servizio
gli daranno molto sfizio.

Fa progetti sconfortanti,
ci ingobbisce tutti quanti.
E c'è pur, santa e romana,
che gli regge la sottana.

È gradito al sacro soglio,
dove cresce l'erba voglio.
Gli han giurato, in un sol fiato,
di promuoverlo beato.

Lui promette, con passione,
solo ai ricchi l'attenzione,
non potrà sprecare tempo
per chi è misero e scontento.

"Si masturbin con ardore
e d'inverno avran calore,
non han pane quei tapini?
e che mangin biscottini!

M'hanno rotto questi lai
gli farò passar dei guai.
Manganelli e la sua banda
renda chiaro chi comanda !

E se proprio non bastasse
metterò dell'altre tasse.
Altre tasse per pagare
chi si fa le ferie al mare:

Montezemoli e i Casini
che non posson, poverini,
rilassarsi alle Maldive
coi massaggi di più dive.

La finanza e pur le banche
non si gratteran le anche.
Mi saran riconoscenti
manco fossero parenti."

E così il Monti Mario
porrà in cassa l'onorario.
Se ne andrà, tutto gagliardo,
sventolando un bel miliardo.

 

Lettera al dott. prof. sen. Monti
(e p.c. al ministro prof.ssa Coccodrillelsa)
(dicembre 2011)

Ormai è sicuro che sei senza pietà,
ti maceri a letto perché cresce l'età,
la caccia ai tapini è la tua vocazione
e daccela dunque una sana lezione !

Se quindi vorrai far più serie le cose
azzeraci adesso le ferie onerose.
Di poi per schiarire la rea situazione
azzera fin d'ora la liquidazione.

Per il tuo operar l'inflazione dilaga
tagliarci potrai pure la busta paga.
Per fare dispetto a quei bui sindacati
via, aumenta la schiera dei disoccupati.

Sapendo che vuoi la salute normale
di certo pagar ci farai l'ospedale.
Se dopo lo scopo è quadrare il bilancio
da casa, per legge, che arrivi il buon rancio.
Quadrar quel bilancio è di certo il tuo fine
e ci pagheremo anche le medicine.

La scuola statale, che tragico danno!
sbilancia il bilancio vieppiù d'anno in anno
e chiudila! e falla 'sta bella pensata:
chi proprio la vuol faccia quella privata.

Ti han detto che c'è corruzion dilagante,
e con gran fastidio tu chiudi le ante,
così che i consoci di questo festino
non sian disturbati nemmeno un pochino.

Così per concludere ed evitar danni,
pensionaci pure vers'i novant'anni.
E già che ci siamo potrai, con tuo dire,
camposanti abrogare e là costruire.

Quell'alta finanza da cui tu dipendi
sì ti sarà grata con gran dividendi
e poi nelle City più ricche del mondo
di marmo il tuo busto vedremo giocondo.

 

Cabaret a cielo aperto
(marzo 2012?)

Adesso s'è capito perché Grillo,
che il comico lo fa di professione,
s'azzarda a domandar con convinzione
la guida del governo e non è brillo !

S'è fatto gran risate ad osservare,
e noi con lui, però con apprensioni,
di Monti adesso e prima Berlusconi
l'esilarante far nel governare.

La comica finale che s'è udita
ci narra di marò da noi sottratti,
violando un patto come mentecatti,
in spregio a un India che dicean contrita.

Per poi senza arrossir neanche un poco,
restituirli tosto. Ma era un gioco !

 

Avanspettacolo
(Governo Letta. Parlamento della Repubblica, 2 ottobre 2013)

Venghino, venghino siore e siori
più gente entra più bestie vedremo.
Grande spettacolo, non state fuori,
a crepapelle qui alfin rideremo.

Questo copione, che vien da lontano,
giovani attori, d'antico mestiere,
oggi lo spacciano per prima mano,
novità grande per farci godere.

C'è l'Angiolin, con Enrico di fianco
e sullo sfondo, avvilito, il caimano
che pensa solo a pararsi il sedere.

C'è la milizia che accetta financo
quello che sembra incredibile arcano,
per proseguir a truffarci a piacere.

Si riderà, con le lacrime agli occhi,
…ci spilleranno ancor tanti baiocchi.

Venghino, venghino siore e siori
…ed aspettatevi atroci dolori.

 

Furon trecento
(Lampedusa 2/3 ottobre 2013)

Discende lentamente verso il cuore
un gorgoglio di morte,
la mente già si riempie di terrore,
chiuse tutte le porte.

Tornano agli occhi immagini di vita
lontana e abbandonata,
non han più tempo, è chiusa la partita,
la meta irrealizzata.

Affonda piano piano l'illusione
e inesorabilmente
verso un fondale viaggia l'emozione,
la fine già si sente.

Crudele c'è un silenzio e là lontano
c'è un'isola assolata,
che pronta è sempre a porgere la mano,
quell'isola agognata.

Scendon nel fondo dell'azzurro mare
speranze e fantasie,
nessun di loro potrà più sognare
più dignitose vie.

Eppur era annunciata la tragedia
e indietro ci voltammo.
Politici, aggrappati alla lor sedia,
su quella sguazzeranno.
 

H i b a
(dono di Dio)

Da terra assolata, qual nenia preziosa,
apparsa è una rosa, da dio ci è donata.
Son neri i capelli, germoglia un sorriso
sul tenero viso da quegli occhi belli
che voglion sapere, che guardano in tondo
e cercano il mondo per coglier piacere.

Farfalle le mani carezze daranno,
ma forse fra un anno, vorremmo domani.
Ed Hiba assopita già vibra d'amore,
starà nel mio cuore per tutta la vita
e un giorno da grande sarà suo piacere
donarci un sapere che il nostro più espande.

Così l'accogliamo con grande speranza.
Le sia vita danza noi voto facciamo


Extracom
C'è il mare davanti,
aleggian respiri,
aneliti a vita
di tanti.

Van via dai tormenti,
da fame e da guerre,
per essere alfine
redenti.

Indietro è rivolto
lo sguardo e un rimpianto,
le lacrime vanno
sul volto.

Beccheggia la barca,
terrore li prende
ed acqua salata
l'inarca.

Son tutti scagliati
nel mar che li attende,
e i soffi di vita
spezzati.

Silenzio discende
su quel camposanto
e solo un gabbiano
comprende.

Rimane quel legno
sott'acqua a marcire,
dal cielo discende
lo sdegno
 

Il nuovo che avanza
(febbraio 2014: Renzi imperantis)

Vien da un film di Pieraccioni
'sto Matteo ch'è sceso in pista
già ci prende per minchioni
presentandoci la lista.

Per blandir quegli industriali,
Guidi , astuto, a loro dona
così spera che da strali
salverà la sua facciona.

La finanza, che disdetta,
pur bisogna accontentare,
ed allora, idea perfetta,
Padoan va ad arruolare.

E che far con quegli appalti
che girare fan moneta?
Chi delinque fa bei salti,
resta Lupi e fa Eta Beta.

La giustizia darla è meglio
a chi proprio sol la ignora,
parli d'altro e non sia sveglio,
c'è un Orlando, alla buonora!

Punta i piedi anche l'Alfano
che gli interni vuole ancora,
gli promette pure l'ano,
pur che non rimanga fora.

Nell'elenco c'è Poletti,
forse il meglio del pollaio,
è un error da poveretti,
…lui credeva avesse il saio.

Per non fare poi a cazzotti
tra maschiucci e femminelle
ecco arriva la Pinotti
e si becca un po' di stelle.

Quella inutile istruzione
pesa troppo sul bilancio,
la Giannini a educazione
renderà più amaro il rancio.

Pei restanti, mezze tacche
dal cencelli imposti certo
buoni sol per ceralacche,
cresce ancora il mio sconcerto.

Come sempre in 'ste questioni
manifesto c'è un perché:
o si ossequiano i padroni
o li caccian su due piè.

 

Il sorpasso
(febbraio 2014 Governo Renzi)

In tutte l'arti
sovente è accaduto
che son gli allievi
a soverchiar maestri.
Son molti i casi
in musica e scultura,
in poesia
e pur nella pittura.

Ma la sorpresa,
in questi tempi infami,
la fa il buon Renzi,
che il Berlu sopravanza.
Racconta fole,
con grandi convinzioni,
certo di dir
a un popol di minchioni.

L'ultima fiaba,
che dal cilindro toglie,
nega le tasse
per far la finanziaria
e nega pure
che dovrà far dei tagli
…e noi siam qui,
ad ascoltar quei ragli.

Abbiamo un mago
per nostro presidente,
fa le magie
che ad altri son negate,
mischia le carte
com'un prestigiatore,
mentre l'Italia
si sbellica…e poi muore.

 

Lo sfasciacarrozze gigliato
(chiedo perdono al collega Sandro M .)
Egli è di certo mobile
ed è mortal respiro
per quel partito immemore,
orbo di quello spiro
che volle, alla sua nascita,
giustizia perseguir.

Lui, folgorante in cattedra,
lo rende una maceria,
e indifferente al sònito
d'italica miseria,
favori alle combriccole
soltanto appresterà.

La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
lecca pensando al pegno
e il giunge e ottiene un plauso
ch'era follia sperar.

Dall'Alpi a Capo Passero,
dai Liguri al Salento,
di quel securo, il fulmine
anticipa il talento.
…E la DC, è palpabile,
ritorna a governar.

Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
sul patrio suol che sanguina,
per quella porno intesa,
tra Renzi e Forzitalia,
sventura pioverà.
 

Più bella e più grande che pria
(aprile-maggio 2014)

Spesso ascoltando Renzi mi sovviene
quell'Ettor Petrolini che fu spasso.
Ha un umorismo innato nelle vene
e a contar fole è di sicuro un asso.

L'ultima esibizione in Parlamento
rammentò forte quel Neron che Roma
a ferro e fuoco mise e il suo commento
fu che rinascerà col meglio aroma.

E tra Nerone, Ettore e Matteo
grand'è l'affinità nell'operare:
due vogliono bruciare il Colosseo,
recita il terzo e ci fa scompisciare.

E questo accade con 'sto presidente
che parla sol da stolto supponente.


 

Poesie satiriche

Alla maniera del limerick
Sono buffi quei due puffi *
ci regalan degli sbuffi
d'una mente obnubilata
dal poter d'una giornata
e sul fez gli spuntan ciuffi.

Stiamo andando al funerale
di un potere che sta male
quello di democrazia
e sta male anche mia zia
perché arriva, aita aita, un liquame ch'è abissale.

Or che il fascio è ritornato,
dopo esser spernacchiato,
canteremo giovinezza
per difender la fortezza
da chi è solo un disgraziato.

Mangerà del pane nero
e farà lieto il sentiero
chi è convinto che in giustizia
ci sia solo la letizia
non vestendosi di nero.

Or farem dell'oca il passo;
per Matteo sarem lo spasso
e per Gioggia analfabeta
di politica desueta
molto presto arriveranno pene giuste a contrappasso.

*Gioggia e Matteo


C'è del marcio nel villaggio
(scritta il 6 marzo 2018, ma ancor più attuale, parodiando il Machbeth)

I fratelli a congresso:

"Su fratelli è giunta l'ora
di danzare nel giardino
e tra tuoni e lampi e pioggia
cambieremo quel cammino
che indicava per traguardo
un'oscena libertà."

Le streghe in coro:

"Tra le nebbie e l'aria lercia
bello è il brutto e brutto è il bello,
gente rea con arroganza
lo prosciuga come paglia.
Tre per me e tre per te
e più tre che fanno nove,
accidenti ma qui piove
piove merda sul villaggio
e ci vuole un bel coraggio
ad incoronare un Re."

Il programma politico:

"Oh fratelli, orsù, approntiamo
seducente una fattura,
nel bollente calderone
giù frattaglie velenose,
un filetto di serpente
e poi un occhio di ramarro,
con un pelo di vampiro
e l'aluccia di un allocco,
si fa un gran bel sortilegio
che travaglio infin darà.
Su, bollite e gorgogliate,
come il brodo dell'inferno!"

Il coro greco:

"La pozione preparata
sarà offerta alla nazione,
proprio dopo votazione,
da color che, spudorati,
se ne spartiran le spoglie
e daran le vecchie doglie
per vent'anni e forse più."
 

Che mondo!
Quand'ebbi emergiuto
in 'sto mare di guano
avessi voluto
guardare lontano.

Ma quel che vedetti
lasciommi basito
il senno perdetti
…e là tengo un dito.

E torlo il vorrei
dalla posizzzione
m'infiamma dei nei,
ma che situazzzione!

'Sto mondo è malato,
vi dò 'na lezzzione,
son proprio incazzzato,
rompiam la prigione!
 

After These days
Strade senza traguardo,
notti senza risveglio,
canti di voci mute,
stelle che fan sberleffi.

Luci senza chiarori,
albe che san di fiele,
tramonti allucinati,
mari che copron terre.

Sfumano l'orizzonte
luci di rosso sangue,
di soli neri aurore
i cuori opprimeranno.

Così noi camminiamo,
smarrendo un mondo amico
che abbiamo violentato,
di cecità ammalati.

La luce spegneremo
sui nostri giorni tristi.
Vindice la natura
vi calerà il sipario.

Cercar nel pentimento
salvifico perdono
inutile speranza
a tempo ormai scaduto.
 

 

Canzone per un lager
Era pallido il sole,
contro un cielo sbiadito,
mentre in alto s'alzava
fumo nero di vita.

Un violino piangeva.
Note lente e struggenti,
si sentivan volare
…nel latrare di cani.

Era pallido il sole,
la speranza moriva
e la fame mordeva
corpi ed anime perse.

Un violino piangeva
note tristi di morte
che imploravano in alto
la salvezza smarrita.

Era pallido il sole,
e non c'era perdono,
né da dio né dall'uomo
…solo… misera… sorte.

Un violino piangeva,
melodia si spandeva
sopra lacrime e sangue
…sopra… feci… e dolore.

Era pallido il sole,
e rimane il ricordo
di barbarie che resta
nel ricordo straziante.

Un violino piangeva.
Le sue note di ghiaccio
ci congelano i cuori
ed annebbian la mente.
 

Extracom
C'è il mare davanti,
aleggian respiri,
aneliti a vita
di tanti.

Van via dai tormenti,
da fame e da guerre,
per essere alfine
redenti.

Indietro è rivolto
lo sguardo e un rimpianto,
le lacrime vanno
sul volto.

Beccheggia la barca,
terrore li prende
ed acqua salata
l'inarca.

Son tutti scagliati
nel mar che li attende,
e i soffi di vita
tagliati.

Silenzio discende
su quel camposanto,
soltanto un gabbiano
comprende.

Rimane quel legno
sott'acqua a marcire,
dal cielo discende
lo sdegno.
 

H i b a
(dono di Dio)

Da terra assolata, qual nenia preziosa,
apparsa è una rosa, da Dio ci è donata.
Son neri i capelli, germoglia un sorriso
sul tenero viso da quegli occhi belli
che voglion sapere, che guardano in tondo
che cercano il mondo per coglier piacere.

Farfalle le mani carezze daranno,
ma forse fra un anno, vorremmo domani.
Ed Hiba assopita già vibra d'amore,
starà nel mio cuore per tutta la vita
e un giorno da grande sarà suo piacere
donarci un sapere che il nostro più espande.

Così l'accogliamo con grande speranza.
Le sia vita danza noi voto facciamo.
 

                                                             Meglio non dimenticare
                                                             Camus e il suo "La peste".


Incubi di ritorno
(acrostico)

Mi sembra di sognare quando vedo
Andar persone con le croci a uncino
Che sembrano venute da Berlino,
Hitlerian canzoni cantan credo.

E allora campi e forni io rivedo
Con dentro gente e pur qualche bambino,
Ariani no non erano e un mattino
Zampata su di lor cadde d'Alfredo.

Zampino dei due soci c'è in 'sta storia,
Orrendo è da veder quel matrimonio
Fra Lega e Cinquestelle deliranti,

Avendo forse perso la memoria,
Tremendo ci preparan pandemonio
E i lor deliri affonderanno tanti.



Ahi serva Italia di dolore ostello,
nave senza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province,
ma bordello !
(Dante -Purgatorio VI- Sordello-)

Oranitalia
Da fetide fogne, da umide forre
rivedon la luce quei musi appuntiti.
Parea s'evolvesse quel nostro destino,
a cieli radiosi volgemmo lo sguardo,
il turpe passato gettato alle spalle.

Squittiscono ancora, non li han sterminati,
nel nostro giardino diffondon bubboni.
Si riempion le strade di gente malata,
la peste già segna quell'anime ignave
e liberi voli vorrebbe in catene.

Rieux non abbiamo che possa salvarci,
d'un piffer non s'ode quel magico suono.
Nel ciel s'allontana, s'offusca una stella,
e ha nome Speranza quell'astro sognato,
che torme di ratti hanno già cancellato.

 

Le invasioni dei barbari oggi sono improbabili,
la natura vi supplisce con le invasioni interne e legali.:
i Vandali son all'Edilizia,
Attila dirige la riforma agraria,
i Goti attendono di andare al potere.
Tutti mirano a distruggere qualcosa perché il barbaro,
sempre stupido ed impaziente,
deve muoversi e fare, altrimenti si annoia.
(Ennio Flaiano)

I barbari
(26 maggio 2018)

Da sperduti villaggi, da nebbiose pianure,
ecco arrivano a frotte per ghermire il potere,
incuranti dei frutti, non amando letture,
tutto voglion cambiare, con perverso piacere.

Ci raccontano fole di vittorie inventate,
fanno scempio di norme, pur d'andare a godere
ed assieme agli orgasmi, che verran da porcate,
gratitudine avranno da chi ha ricco il forziere.

Il Paese in deserto ridurranno davvero,
la miseria faranno lì per lì lievitare
e farem mesti pianti, come in un cimitero,
forse più non potremo ritornare a votare.

E quest'è il risultato dell'apatico andare
dell'italica gente che non volle vedere
quel che attorno accadeva, continuando a sognare
quel paese di fiaba che inventò il cavaliere.
 

La razza pura
(dedicata al ministro Lollobrigida, ed a Salvini)

Per l'onore della razza
dagli zingari iniziamo,
ecco che con 'sta ramazza
tutti quanti li spazziamo.

Al vederli già s'incazza
il patriota che noi siamo
e di lor ci si sbarazza,
in San Sabba poi brindiamo.

Rifaremo i bei camini
che col loro fumo nero
serviranno egregiamente

a evitare il cimitero,
sarà omaggio ai Fratellini
'sto risparmio convincente.

Questo sol per cominciare,
altri poi son d'affossare.

(Destinazione: la risiera di San Sabba a Ts, campo di concentramento
e forni crematori nell'Italia fascista a supporto di
quelli voluti dall'amico fraterno Hitler)
 


La rimembranza
(5 settembre 1938 -leggi razziali del fascio-)

Giorno di festa è questo pei fascisti,
compie ottant'anni, turpe il compleanno;
quel dì si rivelarono razzisti,
per i diversi furono il tiranno.

Oggi, che van d'accordo a camorristi,
si sente che ritorna quell'affanno,
di cui han nostalgia tutti i leghisti,
compari dei fascisti a fare danno.

Pura è la razza, così la salveranno
da negri che affamati e violentati
qui cercheranno vita un po' più degna,

da rom che sempre vivon vita indegna,
da gay che hanno rapporti da malati,
da chi del fascio dice ch'è malanno.

E ritornar faranno
campi di pena e pur, per pulizia,
salubri forni, dopo l'asfissia.

(Destinazione: la risiera di San Saba (Ts) dove funzionarono i forni crematori italiani
gestiti da fascisti al comando degli amici nazisti.)


Porto cupo
(scritta nell'aprile 2018. Ma quanto attuale resta!)

Capitan Cocoricò
guarda con grand'apprensione
quel Bibì e quel Bibò *
che hanno vinto la Nazione
da chi illuso li votò.

"Dove porteran la nave,
'sti gemelli esagitati?"
si domanda con far grave.
Pei programmi strampalati,
li vorrebbe sotto chiave.

Far scongiuri sol potrà,
disperato ed avvilito
verso il ciel preghiera andrà.
Per quel voto mal riuscito
forse U. E. ci caccerà.

Porto cupo è nel futuro
e così, con buona pace,
da padella, ed era duro,
or cadremo nella brace
di un Paese morituro.

*Gioggia e Matteo
 

Dedicata ai negazionisti:
quelli che ci dicono la terra sia piatta,
che poi sono gli stessi che negano il Covid 19,
ed ai nostalgici di Lefebrve.

Prima la Terra !

Mise il Sole sopra tutto quel Copernico da stronzo,
forse avea faccia di bronzo, cancelliamolo di brutto.

Gira il Sol con l'altre stelle, ma c'è in ciel prima la terra,
e a lei attorno e par 'na serra, giran come rondinelle.

Correggiamo i manuali, rimettiam le cose a posto,
per le scuole, tosto tosto, quelli d'oggi… demenziali.

Con l'avallo dei fascisti per fortuna c'è la Lega,
la lezione or vi dispiega come foste dei bambini:

Tolomeo, grande stregone visse in tempo ormai lontano,
l'universo prese in mano poi ci diede 'sta lezione:

"Coi pianeti che in gir vanno sempre al centro è il nostro mondo,
quei gli fanno girotondo, notte e giorno tutto l'anno."

Lui capì con acutezza, qual primiero gran leghista,
che vien prima nella lista Terra nostra con certezza.

 

4 settembre 1260
Di sangue si bagnava la pianura.
In Montaperti, là per la battaglia,
fu Bocca degli Abati gran canaglia
e a guelfi rese vita molto dura.

Stendardo guelfo su cavalcatura
Jacopo alfiere vers'il cielo staglia
ma giunge Bocca e la sua mano taglia
e sbandamento ai fiorentin procura.

Per Siena quella fu giornata rara,
d'allor comanderanno i ghibellini,
quei ch'a Firenze reser vita amara.

Sui vincitori piovvero quattrini;
persin la Svevia, ch'ebbe il Papa in odio,
forte applaudì, convinta, all'episodio.

Siena salì sul podio
e vi rimase a lungo, lì in Toscana,
anche per quel che fé voltagabbana.

 

 

A Francesco Petrarca
(consonanze)

Ecco un novel collega che diè lustro
a quest'azzurro ch'è la casa nostra.
Assieme a lui Ventoso scaleremo,
ma quell'accidia la rifiuteremo.

Sarà quel monte a darci giusto l'estro
verso alta poesia e non disastro.
Rimanga in pace quei che da blasfemo
stona i suoi versi e sol lo lasceremo.

E da Francesco arriva la lezione
su quel poetare che addolcisce il core
che all'alma dolce donerà tremore.

Dentro di noi gemmerà passione:
la nostra voce s'alzerà suadente
e resterà il lettor pago ed ardente.

 

Allegria !
(in occasione della nascita del M5S)

Ma quant'è allegro il popolo italiano!
Del suo passato un dì volle scordarsi,
quando si scelse un buffone nano
per grasse e gran risate di poi farsi.

Ma giunse al suo traguardo il caimano
e triste l'orizzonte andava a farsi.
Allor volle l'italico, ch'è strano,
giullare nuovo per non annoiarsi.

Cercò persin nei circhi quello giusto,
quello che certo avrebbe garantito
d'uno spettacol buffo il bel programma

e alfine lo trovò e avrà gran gusto
di un comico arruffon provare il dito,
ignaro ancor di viver altro dramma.


 

 

Arrivederci
(marzo 2014)

Mi mancherete come il pane e il sale,
come l'aria pulita e come il mare
e già una tristezza ora m'assale,
pensando a giorni privi di Poetare.

C'è un carburaturista che, cordiale,
carburator vuol fare carburare
e pronta ha una pinzetta ben speciale
e m'ha acciuffato e non mi fa scappare.

Così m'avvio a far questo tagliando
ma dopo tornerò più forte e bello
e volerò più in alto di un uccello.

Ma a tutti voi, col cuore, raccomando
tenete i toni bassi e sorridenti
se no alla fin sarem tutti perdenti.


 

Cabaret a cielo aperto
Adesso s'è capito perché Grillo,
che il comico lo fa di professione,
s'azzarda a domandar con convinzione
la guida del governo e non è brillo !

S'è fatto gran risate, quel mandrillo,
e noi con lui, però con apprensione,
di Monti adesso e prima Berluscone
veder far di politica cavillo.

La comica finale che s'è udita
ci narra di marò da noi sottratti,
violando un patto come mentecatti

in spregio a un India, che dicean contrita,
per poi senza arrossir neanche un poco,
restituirli tosto. Ma era un gioco !

 

Calvinisti d'accatto
(per il governo giallo-verde del 2018,. Si, manca il giallo, ma cosa è cambiato oggi?)

Siamo le vergini dai manti bianchi,
alfine al governo siamo arrivati
grazie ai fascisti, cui diam pure i fianchi
e lo giuriam: sempre a loro associati !

Con verdi camicie noi sarem franchi,
ci scorderemo dei loro passati
ci scorderemo sentenze d'ammanchi,
da pie intenzioni siamo animati !

Sole è ormai sorto sul nostro futuro
giocondi e liberi andiamo a affogare
in sozze macerie il dolce Paese.

Le pagheran gli italiani le spese:
per gli sfracelli che andiamo a creare
gran pene avranno pel voto immaturo.

Ma è il nostro andar sicuro,
la Storia, un dì, ci metterà alla gogna
ma oggi qui restiam senza vergogna.

 

Cammino sulle mani
Cammino sulle mani e finalmente
le cose vedo al loro posto giusto;
la gente che festeggia allegramente
sorrisi e amor dispensa con gran gusto.

Chi scelse un giorno d'esser delinquente
diviene all'improvviso uomo augusto,
il suo mutare è certo commovente
e il portamento ha pieno di buongusto.

Chi ebbe corruzion per religione,
or che la mente gli s'è persuasa,
rinuncia a quella sporca tentazione,

chi pria rubava senza compassione
ogni suo avere dona e pur la casa,
così gli torna pura ogni intenzione.

Ma questa mia illusione
è nata da un bel sogno che ho sognato.
Ritorno dritto e vedo ogni peccato.

 

Candela
Sul muro vedo danze d'ombre scure,
al lento spegnersi della candela;
ombre che portano con sé paure,
paure che la nostra mente cela.

Rileggo della vita le scritture
che con fatica il mio pensiero svela,
rivedo amori grandi e le letture
che della strada furono la tela.

Svaniscono i ricordi lentamente,
ancora guizza prima di morire,
poi il buio resterà e tristemente

la mente vagherà senza più meta,
senza più sogni lieti per gioire
e assieme a quella fiamma poi s'acqueta.

 

Capo Gallo
(località a poca distanza, da Palermo, ad ovest dell'affollata spiaggia di Mondello)

Brilla qui il cielo ed è quieto il mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
l'acqua riflette monti rossi e spogli
e verso il sol gabbiani vedo andare.

In quel silenzio io vorrei restare,
sfogliando della vita tutti i fogli.
Se guardi l'acqua al vento vele sciogli,
ti nascon sogni, dolci da sognare.

La mente qui si svaga nel turchese
e le speranze mie restano tese
a ritrovar la pace tra quell'onde.

Lo sguardo affonda dove si confonde
del mar la linea con il cielo intero,
sospeso è il tempo e nulla pare vero.

Così sogno davvero,
respiro salso e nel profondo scende
la grazia dell'incanto che mi prende.
 

 

Chi l'ha visto?
Aveva fatto tutto per benino,
per giorni e giorni s'era affaticato,
si cibò spesso solo di un panino
ed al dormir neppure avea pensato.

E fu così che il giorno settimino
volle veder che aveva combinato,
cercando un qualche errore, un difettino,
ma tutto gli sembrò bello e aggraziato.

Voleva i complimenti da qualcuno,
ma ricordò che c'era proprio niente,
perché prima di Lui c'era nessuno.

Così saltò su un letto e, immantinente,
divenne in un sol lampo addormentato.
E da quel giorno… non s'è più svegliato.

 

Dolce ti sia la notte
Oggi canto per te una canzone,
per rendere più dolce il tuo dormire.
Discenderà nel cuore e vuole aprire
la mente tua per darti un'emozione.

Così il tuo pianto non avrà ragione
e mentre infin ne cesserà il fluire,
narrerò a te che non si dee soffrire,
con fiabe che la mente mia compone.

Quella serenità, ch'è ritrovata,
farà della tua vita che fu d'ieri
allegra e lieta corsa per sentieri.

E diverrà per te ogni giornata
ricca di luce e piena di speranza
e il viver tuo sarà una lieve danza.

 

 Quest'è la luce della gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò 'l terzo e l'ultima possanza.
(Paradiso III 118/120)

…e "stupor mundi" fecit
Fu per voler di Barbarossa il saggio
che da un convento, pura, fu rapita,
quindi ad Enrico dedicò la vita
e al mondo, Federico, fu il suo omaggio.

Ma alla sua tarda età ci vuol coraggio
volere ancora d'esser madre ambita,
così, per dimostrarsi ancor fiorita,
spettacolo del parto diè al villaggio.

Fu poi regina attenta e giudiziosa,
successe a Enrico dopo la sua morte
ed al futuro re diede la sorte

d'aver papa Innocenzo per tutore.
Per "stupor mundi" questa fu gran cosa
e per Costanza in noi rimane amore.

Di certo è il suo splendore,
trasmesso a Federico e alla sua reggia,
che in lirica d'allora ancora echeggia.

 

 Genocidio
(scritta quando Putin aggredì l'Ucraina, ma oggi totalmente dedicata a Netanyahu
 ed a quell'Israele che lo apprezza
)

Nel pozzo nero di mente malata
s'è distillato il male quale fiele;
su inerme gente è versato crudele,
gente che l'armi hanno già mutilata.

Assiso in trono da folla accecata,
lucido criminal, più che bestiale,
vuol Palestina a lui solo fedele
e la vendetta ha di già consumata.

Mattanza no, non si può perdonare,
bisogna d'armi armar quella gente
che per la Patria ha un amor commovente

e un tribunale, veloci, approntare
per giudicare il genocida infame
e giusta pena dare a 'sto liquame.

Di quello, per le sue trame,
così, per dargli giusto passatempo,
da corda spero penda in breve tempo.

 

 Il dubbio
S'erge l'Antonia torre minacciosa,
nel mese di Nisan, sulla vallata;
dentro un giardino che ha l'odor di rosa,
Pilato attende un re già condannato.

Vergò il Sinedrio pena rovinosa
ma non poté eseguir condanna data;
Roma, la cui conquista fu gravosa,
pure la morte volle autorizzata.

Così davanti a lui, lercio e pestato,
parla di verità e d'altro regno,
l'uomo che là carnefici han portato.

Fu obbligo al prefetto l'altrui sdegno,
lavò le mani ma la sua coscienza
negò fosse dover marcar sentenza.

 

Il telecomando
(dedicata a certi tromboni di mia conoscenza)

La supponenza, sai, è come il vento
il cuor diviene triste ed un lamento
dovremmo alzare al cielo per pregarlo
di liberarci dal molesto tarlo.

Se di cultura avesse un po' l'accento
il loro dire, che ne è il negamento,
allora applauso non potrem negarlo
e quale esempio poi dovremo usarlo.

Ma la disdetta vuole che non sia
retta e corretta la percorsa via
e se il nostro dire è a lor sgradito,

se non vorranno perder l'appetito,
affettuoso un consiglio posso dare:
telecomando corrano ad usare.


 

 Il tuo sorriso
Brillio di stelle è sceso a generarlo
quel tuo sorriso fresco di rugiada
e quando vai gentile per la strada
pare che a tutti tu voglia donarlo.

Lieve è il tuo andare ed è un piacer guardarlo,
la veste ondeggia ed il profumo aggrada,
sembra prodigio che dal cielo cada,
regala incanto e si può solo amarlo.

Se nei miei sogni mi verrà a cercare
il tuo bel riso che cuori spalanca,
togliendomi dal vivere tormento,

di certo mi darà l'incantamento
quel rivederlo (… il fiato già mi manca)
e d'amore un canto farà gemmare.

 

 Il viaggio
(ricordando Democrito)

Del mare la malia mi mancherà,
del suo sfiorare sabbia che par canto,
del salso e del colore ch'è un incanto,
più non potrò goder nell'aldilà.

Là pure alcun ricordo ci sarà,
per riveder di vita gioia e pianto,
per ripensare amori con rimpianto,
quand'un sipario buio m'avvolgerà.

D'atomi diverrò; restan questioni
sul senso ch'ebbe questo breve viaggio,
sul senso ch'ebbe ancor l'essere nati.

Per Chiese, in cielo, avrem sante emozioni,
dicon, mentendo, vita sia passaggio
verso un traguardo a premi pei fidati.

Ma i miei pensier vietati
raccontano che andran verso le stelle
di me frammenti … e il resto son novelle.

 

 La diva
Fra l'arti tutte diva è poesia,
potente è il canto suo e par tenore.
Con note varie narra dell'amore
e d'altri sentimenti e dà malia.

Par musica, ci donerà eufonia;
se il battere e il levar non fan fragore
lei gemmerà come fiorisce un fiore,
rendendo i suoi messaggi una magia.

Lei canta dolce quando parla al cuore,
può fare un canto alla natura poi,
ma aspri e forti affila i versi suoi

se del potere narra e del suo orrore.
Cancella pene e l'anima addolcisce,
e cuori e menti amanti infin rapisce.

 

 Anni fa correvano inquietanti voci di un accordo tra Renzi e Berlusconi.

La profezia
A Delfi dalla pizia sono andato
per indagar sul prossimo governo.
Seduta su una roccia l'ho trovata
tra fumi caldi che venian d'averno.

Per quel Tiresia mi narrò il mercato,
invero degno del più fondo inferno,
tra Renzi e un Berluscon sempre assetato
di quel potere perso un dì d'inverno.

I due compari, a spese del Paese,
per appagar le loro insane voglie,
faranno le più indegne e oscene intese,

così si spartiran l'ultime spoglie
e sempre danzeranno in armonia,
mentre l'Italia resta in agonia.

 

 La scherma
In tempi ormai passati da un bel pezzo
calcai pedane ed imbastii tenzoni,
di quegli scontri sento ancor l'olezzo,
dovetti poi intonare altre canzoni.

Il Bel Paese corsi per un pezzo,
conobbi gente di varie opinioni,
talvolta fui pagato sottoprezzo
ma ebbi grandi le soddisfazioni.

Così per quei confronti con persone
preziosa mi è servita una lezione,
appresa in tempo antico che ho citato:

se incontri chi di sciabola è dotato,
non puoi fioretto usar con gentilezza,
ché sempre perderai con gran certezza.

 

 L'automobile
Batteva in testa così l'ho portata
in officina per fare un tagliando.
Dopo consulto mi fan, sbadigliando,
" messa così va soltanto buttata".

Ma ho solo questa e ce l'ho da una data
fu testimone di vita che andando
solo dolcezze mi andò regalando
e non l'ho mai più d'oggi apprezzata.

Pur s'avrò torto e ragion quei tapini,
per far durare quel poco che resta,
di risanarla gli chiesi al più presto.

Se sono esperti ed avran fare lesto
ritornerà quel bel tempo di festa
e assiem faremo i restanti gradini.

 

 L'azzurro bardo
A metà strada tra Marziale e Orazio,
scrive per noi il grande Chionne Carlo
e quei su' motti son peggior d'un tarlo,
mandando a chi governa il giusto strazio.

Di condannar furfanti mai è sazio
e quel suo poetar bisogna amarlo;
bravi diventeremo nell'usarlo
e nella storia forse avremo spazio.

Per nostra buona sorte in Poetare
altri ci sono a rispettar poesia.
Pur da costoro è obbligo imparare

per fare di quest'arte una magia;
una magia che eleva e cuore e spirto,
rendendo amabil quel sentier ch'è irto.

 

 L'incantamento
Nel camminar la terra fui distratto
dal tuo sembiante e dai capelli d'oro;
del portamento, da capolavoro,
chi t'incontrava n'era stupefatto.

Il mondo non mi parve esser adatto
ad ospitarti, perché gran tesoro
e, dando quel vederti gran ristoro,
mai si trovò chi non ne fosse attratto.

Nel sogno andrò a cercar per la mia strada
quel tuo bel riso che cuori spalanca
e toglie a mente e ad anima tormento;

poi certo mi darà l'incantamento,
perché m'entrerà dentro (e il fiato manca)
quel tuo sorriso fresco di rugiada.

 

 Livorno
(ispirata dalle beffarde elezioni comunali del 2014
dove viene eletto sindaco il totalmente ignaro, di politica ed amministrazione, ingegnere spaziale F. Nogarin
)

Veste di lutto il gran Vernacolier
e il lutto non s'addice alla risata.
Ristoro andrem cercando in cacciuccata
e nel bianco pisan di San Torpè.

Coi fumi dolci che escon dal bicchier
di teste ci sovvien la cialtronata
da maliziosi fatta e poi mandata
a critici incapaci di veder.

Così vorremmo che 'sto risultato
facesse pari a quel fatto brillante,
m'ahimè, purtroppo, incubo è avverato.

Si sa, il livornese è gran birbante
e lo conferma in questa situazione,
mettendo un falso a capo di stazione.

 

 7 ottobre 2023 ?
(non è casuale il punto di domanda)

Forse di quei nazisti la lezione
per Netanyahu è oggi giusta e vera
e quindi attiva una decimazione,
per pareggiar la strage di una sera.

Per ora 30 ad uno è l'abiezione
e la realizza con la faccia fiera,
perché i palestinesi (è sua intenzione)
pensino alla lor patria qual chimera.

Spregiando religione e civiltà
prosegue eccidio pur nel ramadan
e per aver coloni sempre grati,

mentre israeliani osservan strabiliati,
promette a loro terre e atrocità:
molto gli giova accordo con quel clan!

 

 Malibù dancing
Occhi ridenti nel lor luccicare,
luci vibranti a volerli esaltare,
come diamanti brillavano i denti,
dalla sua bocca sorrisi suadenti.

Ritmo avea musica e un dolce cantare
volava nell'aria a farci sognare,
forma flessuosa, promessa d'eventi,
senso donava a quei nostri momenti.

Biondi i capelli ondeggiavano lievi,
di primavera donavan profumo,
mentre leggeri sfioravano il viso.

Restano sol di quel tempo le nevi
e nella mente di pena c'è un grumo
che dalle labbra cancella il sorriso.

 

 Matteo 2, novello Dux
(campagna elettorale 2018, ma il lupo perde il pelo ma non il vizio)

I clandestini sono un paravento
per annebbiare qualche buio cervello,
così che ci si scordi, e questo è il bello,
in compagnia di chi lui va contento.

Da tempo è con le mafie accasamento,
per il partito ormai sono il battello,
con quelle è meglio togliersi il cappello;
contra migrantes alza il suo lamento !

Oggi va raccontando ai suoi compari
bufale e fiabe, per poi farci affari,
avendo investitura di ritorno.

Così a marzo, in un funesto giorno,
palazzo Chigi Duce lo vedrà
e con l'Italia, alfine, ingrasserà.

 

 Metamorfosi
(dedicata al ticoon nazionale)

Purtroppo la memoria oggi s'è persa
non ricordiamo infamie ed ingiustizie,
così, per invertir la sorte avversa,
ritornan nostalgie per le nequizie.

Vogliamo vita lieta e già diversa,
prebende tutte aver dalle amicizie.
Uomo con il baston, non viceversa,
ci appagherà, donandoci delizie.

Forse dovremo andar da un oculista
che visita precisa dovrà fare,
per farci un po' correggere la vista.

Occhiali poi ci toccherà portare,
perché svanisca alfin quell'illusione
che trasformò sciacallo in un leone.

 

 Nell'oltre
Davanti al mare con i suoi misteri,
quando l'onda si frange e vien merletti,
penso alla vita andata, penso all'ieri,
quell'ieri che fu pieno di diletti.

Dolci e sereni furono i pensieri,
di vita i fatti parver minuetti,
quieto percorrevo gai sentieri
e pochi, a freno, ebbi dei paletti.

Or sfuma l'orizzonte e in sé s'eterna,
la mente si smarrisce e in quell'immenso
soltanto navigar potrà nell'oltre

e in quella calma troverà la coltre
che darà pace a un viver che fu denso,
così quel naufragar non la costerna.

 

Nemesi
Da tempo la natura violentata
donava ira, quella più funesta.
In coma era, per quella folle festa
che l'uomo delirando avea approntata.

Così a vendetta e di molto adirata,
lanciò sulla carogna disonesta
un virus che divenne una tempesta
…e germogliaron salme a grandinata.

Azion d'igiene è quella che viviamo,
molto ricorda biblica sanzione
ch'esser dovrebbe per l'uomo lezione,

ma è illusione vana e lo sappiamo,
'ché quello, quando tutto finirà,
ai suoi peccati, ratto, tornerà.

 

Nostalgia
Ebbi giornate di sogni e speranze,
correvo prati coperti dal cielo
azzurro e terso e volavano danze,
né dell'inverno sentivo il suo gelo.

Vissi con gioia lavoro e vacanze,
di vita i progetti eran vangelo,
luce brillava là nelle mie stanze
e grande amore donavo con zelo.

Adesso i ricordi portan rimpianto,
nel tempo disciolte son le illusioni,
di loro sol resta triste l'incanto

e ancor non udrò gioiose canzoni.
Brividi e freddo son lungo la strada,
resta il traguardo d'un altra contrada.

 

Ofelia
(da un dipinto di Millais)

Va verso il mare e m'incanto a guardare,
l'acqua la culla e lei sembra dormire,
fronde s'inchinan, col loro stormire
par che un saluto le vogliano dare.

Lieve la veste le forme a svelare,
labbra un sorriso vorrebbero aprire,
ma sul bel viso, a volerlo abbruttire,
passan ricordi, malvagi a pensare.

Mente che visse promesse d'amore,
perse ragion per la grande illusione,
marcio sfuggì con crudele emozione.

Or che dal mare avrà liete le ore
e svaniran le frementi passioni,
potrà cantar le più dolci canzoni.

 

Più bella e più grande che pria
(aprile-maggio 2014)

Spesso ascoltando Renzi mi sovviene
quell'Ettor Petrolini che fu spasso.
Ha un umorismo innato nelle vene
e a contar fole è di sicuro un asso.

L'ultima esibizione in Parlamento
rammentò forte quel Neron che Roma
a ferro e fuoco mise e il suo commento
fu che rinascerà col meglio aroma.

E tra Nerone, Ettore e Matteo
grand'è l'affinità nell'operare:
due vogliono bruciare il Colosseo,

recita il terzo e ci fa scompisciare.
E questo accade pur col presidente
che parla sol da stolto supponente.

 

Punta Buonfiglio a Manarola
Il cielo brilla ed è quieto il mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
riflette l'acqua verdi colli e cogli
di quella pace il lieve respirare.

In quel silenzio io vorrei restare
sfogliando della vita tutti i fogli;
guardando l'acque al vento vele sciogli
ché portan sogni, dolci da sognare.

Si svaga la mia mente nel turchese
e le speranze mie son sempre tese
a viver di quiete tra quell'onde,

vola il mio sguardo dove si confonde
del mar la linea con l'azzurro velo,
sospeso è il tempo e nulla sembra vero.

Pare sogno davvero,
salso respiro e nel profondo scende
la grazia dell'incanto che mi prende.


Rime chiocce
(Renzi, segretario del PD, partito di sinistra)

A Renzi azzannerei la cuticagna,
non per saper chi è ma per dispetto.
Dannoso è certo più della gramigna,
perciò nel cerchio nono io lo getto.

Dei giusti postulati lui si lagna,
tra i traditor di patria io lo metto,
assieme agli ex compagni che lui bagna
d'onori e grana, col suo fare abietto.

S'avessi rime chiocce et aspre molto,
qual sua sentenza già le comporrei;
nel Cocito ghiacciato saria volto

e da quel loco più non lo torrei.
Final destinazion sarà Antenòra,
così di stelle goderemo ancora.

 

Scende Poesia
Vidi Poesia scendere dal monte,
tra rovi e spine e massi acuminati,
ch'erano neri e simili a peccati
e andava con andar fresco di fonte.

Dall'alto avea scrutato l'orizzonte,
cercando bardi adusti e disperati,
a cui donare versi delicati,
per far tra terra e cielo aulente ponte.

Quando mi vide perso e lacrimante,
su questa china amara e disperata,
per la mia arte fino allor mancata,

dentro mi scese come fa un amante,
mi diede e luce e amore e comprensione
e al mio tramonto vissi un'emozione.

 

Tanto gentile e tanto onesto pare
(nel giorno della donna, da una donna)

Tanto gentile e tanto onesto pare
lo sposo mio quand'egli me lusinga;
allor la lingua me devien meringa
e godo tanto di cotanto amare.

Egli si va, sentendosi adorare,
ma ho da stare invero ben guardinga,
quando m'assal con rabbia casalinga
che per violenza fammi vomitare.

Mostrasi sì carogna a chi lo mira
che una gran pena mette dentr'al core,
che 'ntender non la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un odio sol, che genera terrore
…e che soltanto un va a cagar m'ispira.

 

Tempus fugit
Un battito di ciglia e son passati,
sciogliendosi in effimere memorie
fatti di delusioni e di vittorie,
i primi ottanta e svelti sono andati.

Vorrei tornare ancora su quei prati,
ove ispirato scrissi belle storie
di miti e di leggende ammonitorie,
oggi che altri ottanta ho già iniziati.

Nei nuovi tempi vagherò pian piano
e d'ogni istante gusterò dolcezza,
facendo di quest'anni passeggiata

in lunga, dolce e amabile giornata,
foriera di novella giovinezza,
che non diverrà sogno vago e vano.

Così non sarà strano
far con Comare Secca un gioco e un patto
e al dunque … rifilarle scaccomatto !

 

"Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga ?"
(Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
-G. Leopardi)

Vagito
Segna quel suono inizio della fine,
come il silenzio chiama a ritirata
così prevede che sarà malata
la vita che vivremo tra le spine.

Malati terminal nasciamo infine
e l'esistenza è solo avvelenata;
predice il pianto la nostra giornata,
foriera solo di grandi rovine.

Forse perché della fatal quiete…
scrisse un poeta e vide quel ch'è vero;
per quella pace dove torneremo.

Senza rimpianti il mondo lasceremo
per un altrove con il suo mistero,
ove speriamo in ore dolci e liete.
 


 

 

Di sonetti un arcobaleno


4 settembre 1260
Di sangue si bagnava la pianura.
In Montaperti, là per la battaglia,
fu Bocca degli Abati gran canaglia
e a guelfi rese vita molto dura.

Stendardo guelfo su cavalcatura
Jacopo alfiere vers'il cielo staglia
ma giunge Bocca e la sua mano taglia
e sbandamento ai fiorentin procura.

Per Siena quella fu giornata rara,
d'allor comanderanno i ghibellini,
quei ch'a Firenze reser vita amara.

Sui vincitori piovvero quattrini;
persin la Svevia, ch'ebbe il Papa in odio,
forte applaudì, convinta, all'episodio.

Siena salì sul podio
e vi rimase a lungo, lì in Toscana,
anche per quel che fé voltagabbana.
 



A Francesco Petrarca
Ecco un novel collega che diè lustro
a quest'azzurro ch'è la casa nostra.
Assieme a lui Ventoso scaleremo,
ma quell'accidia la rifiuteremo.

Sarà quel monte a darci giusto l'estro
verso alta poesia e non disastro.
Rimanga in pace quei che da blasfemo
stona i suoi versi e sol lo lasceremo.

E da Francesco arriva la lezione
su quel poetare che addolcisce il core
che all'alma dolce donerà tremore.

Dentro di noi gemmerà passione:
la nostra voce s'alzerà suadente
e resterà il lettor pago ed ardente.
 

Allegria !
Ma quant'è allegro il popolo italiano!
Del suo passato un dì volle scordarsi,
quando si scelse un buffone nano
per grasse e gran risate di poi farsi.

Ma giunse al suo traguardo il caimano
e triste l'orizzonte andava a farsi.
Allor volle l'italico, ch'è strano,
giullare nuovo per non annoiarsi.

Cercò persin nei circhi quello giusto,
quello che certo avrebbe garantito
d'uno spettacol buffo il bel programma

e alfine lo trovò e avrà gran gusto
di un comico arruffon provare il dito,
ignaro ancor di viver altro dramma.
 

 

Arrivederci
(marzo 2014)

Mi mancherete come il pane e il sale,
come l'aria pulita e come il mare
e già una tristezza ora m'assale,
pensando a giorni privi di Poetare.

C'è un carburaturista che, cordiale,
carburator vuol fare carburare
e pronta ha una pinzetta ben speciale
e m'ha acciuffato e non mi fa scappare.

Così m'avvio a far questo tagliando
ma dopo tornerò più forte e bello
e volerò più in alto di un uccello.

Ma a tutti voi, col cuore, raccomando
tenete i toni bassi e sorridenti
se no alla fin sarem tutti perdenti.
 

Cabaret a cielo aperto
Adesso s'è capito perché Grillo,
che il comico lo fa di professione,
s'azzarda a domandar con convinzione
la guida del governo e non è brillo !

S'è fatto gran risate, quel mandrillo,
e noi con lui, però con apprensione,
di Monti adesso e prima Berluscone
veder far di politica cavillo.

La comica finale che s'è udita
ci narra di marò da noi sottratti,
violando un patto come mentecatti

in spregio a un India, che dicean contrita,
per poi senza arrossir neanche un poco,
restituirli tosto. Ma era un gioco !
 

Calvinisti d'accatto
(governo giallo-verde del 2018)

Siamo le vergini dai manti bianchi,
alfine al governo siamo arrivati
grazie ai fascisti, cui diam pure i fianchi
e lo giuriam: sempre a loro associati !

Con verdi camicie noi sarem franchi,
ci scorderemo dei loro passati
ci scorderemo sentenze d'ammanchi,
da pie intenzioni siamo animati !

Sole è ormai sorto sul nostro futuro
giocondi e liberi andiamo a affogare
in sozze macerie il dolce Paese.

Le pagheran gli italiani le spese:
per gli sfracelli che andiamo a creare
gran pene avranno pel voto immaturo.

Ma è il nostro andar sicuro,
la Storia, un dì, ci metterà alla gogna
ma oggi qui restiam senza vergogna.
 

Cammino sulle mani
Cammino sulle mani e finalmente
le cose vedo al loro posto giusto;
la gente che festeggia allegramente
sorrisi e amor dispensa con gran gusto.

Chi scelse un giorno d'esser delinquente
diviene all'improvviso uomo augusto,
il suo mutare è certo commovente
e il portamento ha pieno di buongusto.

Chi ebbe corruzion per religione,
or che la mente gli s'è persuasa,
rinuncia a quella sporca tentazione,

chi pria rubava senza compassione
ogni suo avere dona e pur la casa,
così gli torna pura ogni intenzione.

Ma questa mia illusione
è nata da un bel sogno che ho sognato.
Ritorno dritto e vedo ogni peccato.
 

Candela
Sul muro vedo danze d'ombre scure,
al lento spegnersi della candela;
ombre che portano con sé paure,
paure che la nostra mente cela.

Rileggo della vita le scritture
che con fatica il mio pensiero svela,
rivedo amori grandi e le letture
che della strada furono la tela.

Svaniscono i ricordi lentamente,
ancora guizza prima di morire,
poi il buio resterà e tristemente

la mente vagherà senza più meta,
senza più sogni lieti per gioire
e assieme a quella fiamma poi s'acqueta.
 

Capo Gallo
(località a poca distanza, da Palermo,
ad ovest dell'affollata spiaggia di Mondello
)

Brilla qui il cielo ed è quieto il mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
l'acqua riflette monti rossi e spogli
e verso il sol gabbiani vedo andare.

In quel silenzio io vorrei restare,
sfogliando della vita tutti i fogli.
Se guardi l'acqua al vento vele sciogli,
ti nascon sogni, dolci da sognare.

La mente qui si svaga nel turchese
e le speranze mie restano tese
a ritrovar la pace tra quell'onde.

Lo sguardo affonda dove si confonde
del mar la linea con il cielo intero,
sospeso è il tempo e nulla pare vero.

Così sogno davvero,
respiro salso e nel profondo scende
la grazia dell'incanto che mi prende.
 

Chi l'ha visto?
Aveva fatto tutto per benino,
per giorni e giorni s'era affaticato,
si cibò spesso solo di un panino
ed al dormir neppure avea pensato.

E fu così che il giorno settimino
volle veder che aveva combinato,
cercando un qualche errore, un difettino,
ma tutto gli sembrò bello e aggraziato.

Voleva i complimenti da qualcuno,
ma ricordò che c'era proprio niente,
perché prima di Lui c'era nessuno.

Così saltò su un letto e, immantinente,
divenne in un sol lampo addormentato.
E da quel giorno… non s'è più svegliato.
 

Dolce ti sia la notte
Oggi canto per te una canzone,
per rendere più dolce il tuo dormire.
Discenderà nel cuore e vuole aprire
la mente tua per darti un'emozione.

Così il tuo pianto non avrà ragione
e mentre infin ne cesserà il fluire,
narrerò a te che non si dee soffrire,
con fiabe che la mente mia compone.

Quella serenità, ch'è ritrovata,
farà della tua vita che fu d'ieri
allegra e lieta corsa per sentieri.

E diverrà per te ogni giornata
ricca di luce e piena di speranza
e il viver tuo sarà una lieve danza.
 

Quest'è la luce della gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò 'l terzo e l'ultima possanza.
(Paradiso III 118/120)

…e "stupor mundi" fecit
Fu per voler di Barbarossa il saggio
che da un convento, pura, fu rapita,
quindi ad Enrico dedicò la vita
e al mondo, Federico, fu il suo omaggio.

Ma alla sua tarda età ci vuol coraggio
volere ancora d'esser madre ambita,
così, per dimostrarsi ancor fiorita,
spettacolo del parto diè al villaggio.

Fu poi regina attenta e giudiziosa,
successe a Enrico dopo la sua morte
ed al futuro re diede la sorte

d'aver papa Innocenzo per tutore.
Per "stupor mundi" questa fu gran cosa
e per Costanza in noi rimane amore.

Di certo è il suo splendore,
trasmesso a Federico e alla sua reggia,
che in lirica d'allora ancora echeggia.

 

Genocidio
Nel pozzo nero di mente malata
s'è distillato il male quale fiele;
su inerme gente è versato crudele,
gente che l'armi hanno già mutilata.

Assiso in trono da folla accecata,
lucido criminal, più che bestiale,
vuol l'Ucraina a lui solo fedele
e la vendetta ha di già consumata.

Mattanza no, non si può perdonare,
bisogna d'armi armar quella gente
che per la Patria ha un amor commovente

e un tribunale, veloci, approntare
per giudicare il genocida infame
e giusta pena dare a 'sto liquame.

Putin, per le sue trame,
così, per dargli giusto passatempo,
da corda spero penda in breve tempo.
 

Il dubbio
S'erge l'Antonia torre minacciosa,
nel mese di Nisan, sulla vallata;
dentro un giardino che ha l'odor di rosa,
Pilato attende un re già condannato.

Vergò il Sinedrio pena rovinosa
ma non poté eseguir condanna data;
Roma, la cui conquista fu gravosa,
pure la morte volle autorizzata.

Così davanti a lui, lercio e pestato,
parla di verità e d'altro regno,
l'uomo che là carnefici han portato.

Fu obbligo al prefetto l'altrui sdegno,
lavò le mani ma la sua coscienza
negò fosse dover marcar sentenza.
 

Il telecomando
(dedicata a certi tromboni di mia conoscenza)

La supponenza, sai, è come il vento
il cuor diviene triste ed un lamento
dovremmo alzare al cielo per pregarlo
di liberarci dal molesto tarlo.

Se di cultura avesse un po' l'accento
il loro dire, che ne è il negamento,
allora applauso non potrem negarlo
e quale esempio poi dovremo usarlo.

Ma la disdetta vuole che non sia
retta e corretta la percorsa via
e se il nostro dire è a lor sgradito,

se non vorranno perder l'appetito,
affettuoso un consiglio posso dare:
telecomando corrano ad usare.
 

Il tuo sorriso
Brillio di stelle è sceso a generarlo
quel tuo sorriso fresco di rugiada
e quando vai gentile per la strada
pare che a tutti tu voglia donarlo.

Lieve è il tuo andare ed è un piacer guardarlo,
la veste ondeggia ed il profumo aggrada,
sembra prodigio che dal cielo cada,
regala incanto e si può solo amarlo.

Se nei miei sogni mi verrà a cercare
il tuo bel riso che cuori spalanca,
togliendomi dal vivere tormento,

di certo mi darà l'incantamento
quel rivederlo (… il fiato già mi manca)
e d'amore un canto farà gemmare.
 

Il viaggio
(ricordando Democrito)

Del mare la malia mi mancherà,
del suo sfiorare sabbia che par canto,
del salso e del colore ch'è un incanto,
più non potrò goder nell'aldilà.

Là pure alcun ricordo ci sarà,
per riveder di vita gioia e pianto,
per ripensare amori con rimpianto,
quand'un sipario buio m'avvolgerà.

D'atomi diverrò; restan questioni
sul senso ch'ebbe questo breve viaggio,
sul senso ch'ebbe ancor l'essere nati.

Per Chiese, in cielo, avrem sante emozioni,
dicon, mentendo, vita sia passaggio
verso un traguardo a premi pei fidati.

Ma i miei pensier vietati
raccontano che andran verso le stelle
di me frammenti … e il resto son novelle.
 

Incubi di ritorno
(acrostico dedicato al governo giallo-verde e
più che attuale anche per il governo Meloni
)

Mi sembra di sognare quando vedo
Andar persone con le croci a uncino
Che sembrano venute da Berlino,
Hitlerian canzoni cantan credo.

E allora campi e forni io rivedo
Con dentro gente e pur qualche bambino,
Ariani no non erano e un mattino
Zampata su di lor cadde d'Alfredo.

Zampino dei due soci c'è in 'sta storia,
Orrendo è da veder quel matrimonio
Fra Lega e Cinquestelle deliranti,

Avendo forse perso la memoria,
Tremendo ci preparan pandemonio
E i lor deliri affonderanno tanti.

 

La diva
Fra l'arti tutte diva è poesia,
potente è il canto suo e par tenore.
Con note varie narra dell'amore
e d'altri sentimenti e dà malia.

Par musica, ci donerà eufonia;
se il battere e il levar non fan fragore
lei gemmerà come fiorisce un fiore,
rendendo i suoi messaggi una magia.

Lei canta dolce quando parla al cuore,
può fare un canto alla natura poi,
ma aspri e forti affila i versi suoi

se del potere narra e del suo orrore.
Cancella pene e l'anima addolcisce,
e cuori e menti amanti infin rapisce.
 

Anni fa correvano inquietanti voci di un accordo tra Renzi e Berlusconi.

La profezia
A Delfi dalla pizia sono andato
per indagar sul prossimo governo.
Seduta su una roccia l'ho trovata
tra fumi caldi che venian d'averno.

Per quel Tiresia mi narrò il mercato,
invero degno del più fondo inferno,
tra Renzi e un Berluscon sempre assetato
di quel potere perso un dì d'inverno.

I due compari, a spese del Paese,
per appagar le loro insane voglie,
faranno le più indegne e oscene intese,

così si spartiran l'ultime spoglie
e sempre danzeranno in armonia,
mentre l'Italia resta in agonia.
 

La scherma
In tempi ormai passati da un bel pezzo
calcai pedane ed imbastii tenzoni,
di quegli scontri sento ancor l'olezzo,
dovetti poi intonare altre canzoni.

Il Bel Paese corsi per un pezzo,
conobbi gente di varie opinioni,
talvolta fui pagato sottoprezzo
ma ebbi grandi le soddisfazioni.

Così per quei confronti con persone
preziosa mi è servita una lezione,
appresa in tempo antico che ho citato:

se incontri chi di sciabola è dotato,
non puoi fioretto usar con gentilezza,
ché sempre perderai con gran certezza.
 

L'automobile
Batteva in testa così l'ho portata
in officina per fare un tagliando.
Dopo consulto mi fan, sbadigliando,
" messa così va soltanto buttata".

Ma ho solo questa e ce l'ho da una data
fu testimone di vita che andando
solo dolcezze mi andò regalando
e non l'ho mai più d'oggi apprezzata.

Pur s'avrò torto e ragion quei tapini,
per far durare quel poco che resta,
di risanarla gli chiesi al più presto.

Se sono esperti ed avran fare lesto
ritornerà quel bel tempo di festa
e assiem faremo i restanti gradini.
 

L'azzurro bardo
A metà strada tra Marziale e Orazio,
scrive per noi il grande Chionne Carlo
e quei su' motti son peggior d'un tarlo,
mandando a chi governa il giusto strazio.

Di condannar furfanti mai è sazio
e quel suo poetar bisogna amarlo;
bravi diventeremo nell'usarlo
e nella storia forse avremo spazio.

Per nostra buona sorte in Poetare
altri ci sono a rispettar poesia.
Pur da costoro è obbligo imparare

per fare di quest'arte una magia;
una magia che eleva e cuore e spirto,
rendendo amabil quel sentier ch'è irto.
 

L'incantamento
Nel camminar la terra fui distratto
dal tuo sembiante e dai capelli d'oro;
del portamento, da capolavoro,
chi t'incontrava n'era stupefatto.

Il mondo non mi parve esser adatto
ad ospitarti, perché gran tesoro
e, dando quel vederti gran ristoro,
mai si trovò chi non ne fosse attratto.

Nel sogno andrò a cercar per la mia strada
quel tuo bel riso che cuori spalanca
e toglie a mente e ad anima tormento;

poi certo mi darà l'incantamento,
perché m'entrerà dentro (e il fiato manca)
quel tuo sorriso fresco di rugiada.

 

Livorno
(ispirata dalle beffarde elezioni comunali del 2014
dove viene eletto sindaco l'ingegnere spaziale F. Nogarin)

Veste di lutto il gran Vernacolier
e il lutto non s'addice alla risata.
Ristoro andrem cercando in cacciuccata
e nel bianco pisan di San Torpè.

Coi fumi dolci che escon dal bicchier
di teste ci sovvien la cialtronata
da maliziosi fatta e poi mandata
a critici incapaci di veder.

Così vorremmo che 'sto risultato
facesse pari a quel fatto brillante,
m'ahimè, purtroppo, incubo è avverato.

Si sa, il livornese è gran birbante
e lo conferma in questa situazione,
facendo un falso capo di stazione.
 

Malibù dancing
Occhi ridenti nel lor luccicare,
luci vibranti a volerli esaltare,
come diamanti brillavano i denti,
dalla sua bocca sorrisi suadenti.

Ritmo avea musica e un dolce cantare
volava nell'aria a farci sognare,
forma flessuosa, promessa d'eventi,
senso donava a quei nostri momenti.

Biondi i capelli ondeggiavano lievi,
di primavera donavan profumo,
mentre leggeri sfioravano il viso.

Restano sol di quel tempo le nevi
e nella mente di pena c'è un grumo
che dalle labbra cancella il sorriso.
 

Matteo 2, novello Dux
(campagna elettorale 2018)

I clandestini sono un paravento
per annebbiare qualche buio cervello,
così che ci si scordi, e questo è il bello,
in compagnia di chi lui va contento.

Da tempo è con le mafie accasamento,
per il partito ormai sono il battello,
con quelle è meglio togliersi il cappello;
contra migrantes alza il suo lamento !

Oggi va raccontando ai suoi compari
bufale e fiabe, per poi farci affari,
avendo investitura di ritorno.

Così a marzo, in un funesto giorno,
palazzo Chigi Duce lo vedrà
e con l'Italia, alfine, ingrasserà.
 

Metamorfosi
(dedicata al ticoon nazionale)

Purtroppo la memoria oggi s'è persa
non ricordiamo infamie ed ingiustizie,
così, per invertir la sorte avversa,
ritornan nostalgie per le nequizie.

Vogliamo vita lieta e già diversa,
prebende tutte aver dalle amicizie.
Uomo con il baston, non viceversa,
ci appagherà, donandoci delizie.

Forse dovremo andar da un oculista
che visita precisa dovrà fare,
per farci un po' correggere la vista.

Occhiali poi ci toccherà portare,
perché svanisca alfin quell'illusione
che trasformò sciacallo in un leone.
 

Nell'oltre
Davanti al mare con i suoi misteri,
quando l'onda si frange e vien merletti,
penso alla vita andata, penso all'ieri,
quell'ieri che fu pieno di diletti.

Dolci e sereni furono i pensieri,
di vita i fatti parver minuetti,
quieto percorrevo gai sentieri
e pochi, a freno, ebbi dei paletti.

Or sfuma l'orizzonte e in sé s'eterna,
la mente si smarrisce e in quell'immenso
soltanto navigar potrà nell'oltre

e in quella calma troverà la coltre
che darà pace a un viver che fu denso,
così quel naufragar non la costerna.
 

Nemesi
Da tempo la natura violentata
donava ira, quella più funesta.
In coma era, per quella folle festa
che l'uomo delirando avea approntata.

Così a vendetta e di molto adirata,
lanciò sulla carogna disonesta
un virus che divenne una tempesta
…e germogliaron salme a grandinata.

Azion d'igiene è quella che viviamo,
molto ricorda biblica sanzione
ch'esser dovrebbe per l'uomo lezione,

ma è illusione vana e lo sappiamo,
'ché quello, quando tutto finirà,
ai suoi peccati, ratto, tornerà.


 

Nostalgia
Ebbi giornate di sogni e speranze,
correvo prati coperti dal cielo
azzurro e terso e volavano danze,
né dell'inverno sentivo il suo gelo.

Vissi con gioia lavoro e vacanze,
di vita i progetti eran vangelo,
luce brillava là nelle mie stanze
e grande amore donavo con zelo.

Adesso i ricordi portan rimpianto,
nel tempo disciolte son le illusioni,
di loro sol resta triste l'incanto

e ancor non udrò gioiose canzoni.
Brividi e freddo son lungo la strada,
resta il traguardo d'un altra contrada.

 

Ofelia
(da un dipinto di Millais)

Va verso il mare e m'incanto a guardare,
l'acqua la culla e lei sembra dormire,
fronde s'inchinan, col loro stormire
par che un saluto le vogliano dare.

Lieve la veste le forme a svelare,
labbra un sorriso vorrebbero aprire,
ma sul bel viso, a volerlo abbruttire,
passan ricordi, malvagi a pensare.

Mente che visse promesse d'amore,
perse ragion per la grande illusione,
marcio sfuggì con crudele emozione.

Or che dal mare avrà liete le ore
e svaniran le frementi passioni,
potrà cantar le più dolci canzoni.


 

Più bella e più grande che pria
(aprile-maggio 2014)

Spesso ascoltando Renzi mi sovviene
quell'Ettor Petrolini che fu spasso.
Ha un umorismo innato nelle vene
e a contar fole è di sicuro un asso.

L'ultima esibizione in Parlamento
rammentò forte quel Neron che Roma
a ferro e fuoco mise e il suo commento
fu che rinascerà col meglio aroma.

E tra Nerone, Ettore e Matteo
grand'è l'affinità nell'operare:
due vogliono bruciare il Colosseo,

recita il terzo e ci fa scompisciare.
E questo accade pur col presidente
che parla sol da stolto supponente.
 

Punta Buonfiglio a Manarola
Il cielo brilla ed è quieto il mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
riflette l'acqua verdi colli e cogli
di quella pace il lieve respirare.

In quel silenzio io vorrei restare
sfogliando della vita tutti i fogli;
guardando l'acque al vento vele sciogli
ché portan sogni, dolci da sognare.

Si svaga la mia mente nel turchese
e le speranze mie son sempre tese
a viver di quiete tra quell'onde,

vola il mio sguardo dove si confonde
del mar la linea con l'azzurro velo,
sospeso è il tempo e nulla sembra vero.

Pare sogno davvero,
salso respiro e nel profondo scende
la grazia dell'incanto che mi prende.


Rime chiocce
(Renzi, segretario del PD, partito di sinistra)

A Renzi azzannerei la cuticagna,
non per saper chi è ma per dispetto.
Dannoso è certo più della gramigna,
perciò nel cerchio nono io lo getto.

Dei giusti postulati lui si lagna,
tra i traditor di patria io lo metto,
assieme agli ex compagni che lui bagna
d'onori e grana, col suo fare abietto.

S'avessi rime chiocce et aspre molto,
qual sua sentenza già le comporrei;
nel Cocito ghiacciato saria volto

e da quel loco più non lo torrei.
Final destinazion sarà Antenòra,
così di stelle goderemo ancora.
 

Scende Poesia
Vidi Poesia scendere dal monte,
tra rovi e spine e massi acuminati,
ch'erano neri e simili a peccati
e andava con andar fresco di fonte.

Dall'alto avea scrutato l'orizzonte,
cercando bardi adusti e disperati,
a cui donare versi delicati,
per far tra terra e cielo aulente ponte.

Quando mi vide perso e lacrimante,
su questa china amara e disperata,
per la mia arte fino allor mancata,

dentro mi scese come fa un amante,
mi diede e luce e amore e comprensione
e al mio tramonto vissi un'emozione.
 

Tanto gentile e tanto onesto pare
(nel giorno della donna, da una donna)

Tanto gentile e tanto onesto pare
lo sposo mio quand'egli me lusinga;
allor la lingua me devien meringa
e godo tanto di cotanto amare.

Egli si va, sentendosi adorare,
ma ho da stare invero ben guardinga,
quando m'assal con rabbia casalinga
che per violenza fammi vomitare.

Mostrasi sì carogna a chi lo mira
che una gran pena mette dentr'al core,
che 'ntender non la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un odio sol, che genera terrore
…e che soltanto un va a cagar m'ispira.
 

Tempus fugit
Un battito di ciglia e son passati,
sciogliendosi in effimere memorie
fatti di delusioni e di vittorie,
i primi ottanta e svelti sono andati.

Vorrei tornare ancora su quei prati,
ove ispirato scrissi belle storie
di miti e di leggende ammonitorie,
oggi che altri ottanta ho già iniziati.

Nei nuovi tempi vagherò pian piano
e d'ogni istante gusterò dolcezza,
facendo di quest'anni passeggiata

in lunga, dolce e amabile giornata,
foriera di novella giovinezza,
che non diverrà sogno vago e vano.

Così non sarà strano
far con Comare Secca un gioco e un patto
e al dunque … rifilarle scaccomatto !
 

"Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga?"
(Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.
G. Leopardi)

Vagito
Segna quel suono inizio della fine,
come il silenzio chiama a ritirata
così prevede che sarà malata
la vita che vivremo tra le spine.

Malati terminal nasciamo infine
e l'esistenza è solo avvelenata;
predice il pianto la nostra giornata,
foriera solo di grandi rovine.

Forse perché della fatal quiete…
scrisse un poeta e vide quel ch'è vero;
per quella pace dove torneremo.

Senza rimpianti il mondo lasceremo
per un altrove con il suo mistero,
ove speriamo in ore dolci e liete.

 


Per non dimenticare:

Splendeva il sole
(Portella delle Ginestre 1 maggio1947)

In quella piana al vento garrivano
bandiere rosse e contadini canti.
Terse nell'aria si diffondevano
dell'Internazional note festanti.

Collina da ginestre colorata,
famiglie unite in quel gioioso maggio,
appuntamento là sulla spianata
per rendere al lavoro giusto omaggio.

Da un uomo su di un palco la lezione
diceva di vittoria e di diritti ,
diritti su quei campi e all'istruzione,
ma con la schiena stando sempre dritti.

Un secco crepitio fu all'improvviso
e nel suo inizio parve di petardi
e seminò la morte su ogni viso:
sparavan dall'altura dei codardi.

Così Giuliano, con i suoi sicari,
al soldo di quel Scelba e di Messana,
compì la volontà di quegli agrari,
per cancellare la sconfitta insana.

Fu quella nella storia del Paese
la prima strage nata da simbiosi,
un correo abbraccio che tuttora pesa,
tra loschi governanti con mafiosi.
 

Pro memoria e per meditare:
il 20 aprile 1947 si svolsero in Sicilia le prime elezioni regionali. Vinse il Blocco del Popolo (PCI +PSI) con il 30,4%. La DC si attestò al 20,5%.
Dodici giorni dopo (1 maggio) a Portella delle Ginestre (Piana degli Albanesi -Pa-) si tenne l'annuale festa del lavoro, mai interrotta nemmeno durante il ventennio fascista, con larga partecipazione dei contadini della zona.
DC ed agrari mal digerirono la sconfitta elettorale e il ministro degli interni Mario Scelba (siciliano!) incaricò l'ispettore generale di pubblica sicurezza, commendator Ettore Vito Messana (altro siciliano e personaggio dalla turpe fama), di provvedere. Questi aveva già, attraverso ripetuti contatti con la banda Giuliano, fomentato sanguinosi disordini in Sicilia, tutti tendenti a proteggere gli interessi degli agrari e dei residui monarchici dell'isola.

Quanto narrato nella poesia è il risultato di un ulteriore accordo, tra il Messana e Giuliano, avente le stesse finalità eversive.
Ed il bilancio della carneficina fu la morte di 11 persone di cui 4 bambini.
La DC, assieme a partiti minori, governò l'isola, nonostante la sconfitta, ed il primo presidente della regione fu Giuseppe Alessi. Ovviamente fervente democristiano e cattolico osservante.

Su Portella delle Ginestre calò l'oblio, ed iniziò così quella pratica dell'insabbiamento, oggi raffinatissima.
Di tutto quanto sopra ho esposto esiste documentazione parlamentare. Fu Girolamo Li Causi, (PC) nel contesto dell'Assemblea Costituente, ad esporre il caso Messana/Giuliano, con violente accuse al ministro Scelba e tirò in ballo anche l'on Bernardo Mattarella, padre dell'attuale presidente della Repubblica.

Salvatore Giuliano, dopo essere stato nominato colonnello dell'EVIS (esercito insurrezionalista della Sicilia, mano armata del MIS di Finocchiaro Aprile), essendo divenuto scomodo e pericoloso personaggio (troppo si esponeva, concedendo scottanti interviste a destra ed a manca) fu ucciso da Gaspare Pisciotta, di lui cugino e persona di sua fiducia. Il tutto con la presunta (e probabile) regia del colonnello dei carabinieri De Luca.
Successivamente venne inscenato un finto conflitto a fuoco tra il bandito ed i carabinieri, in un cortile di Castelvetrano (TP). E' in quel conflitto, dissero, che Turiddu trovò la morte. E questa divenne la versione ufficiale. Correva il 5 luglio 1950.
Per evitare, poi, che il Pisciotta parlasse troppo (e pareva intendesse farlo, per vendicarsi dell'immunità che gli era stata promessa e poi negata, tirando in ballo, quali mandanti della strage, alcuni "notabili" politici della DC) nel carcere dell' Ucciardone di Palermo gli venne graziosamente offerto un ottimo caffè...alla stricnina.
Era il 9 febbraio 1954.
 

 

I giorni del vino e delle rose
Erano giorni di vino e di rose
e fresca e verde era l'erba del prato,
cantava il cuore, serena la mente
e ci amavamo, vivendo in un sogno.

Ebbri di vino, facendo l'amore,
aveva il futuro aroma di rose.
Andava il tempo e nel nostro sognare
ci smarrivamo in amore struggente.

Ma i sogni all'alba si sciolgono al vento,
la vita che passa il conto presenta.
Vivon nei sogni quei tempi passati,
momenti felici di colpo svaniti.
 

Fiori giapponesi bis (*)
(poesia interattiva)

E fragili origami
farò di quelle carte
scolpite di poesie.

Diventeranno fiore,
e uccelli e lievi barche,
e silenziosi alianti.

Li poserò sull'acqua,
mentre tramonta il sole
nel mare azzurro e d'oro.

Pian pian si schiuderanno,
là quando verso oriente,
il sol levante gemma.

Poi, come per magia,
da quelle incise carte,
i versi fioriranno.

E saliranno lievi,
qual dolci note e canti,
nel ciel si scioglieranno.
 

         Prima scelta                      Seconda scelta         

       Ma preda di gabbiani            Da nubi bianche amiche
    quei lassativi versi               d'amor verso la terra
in guan ritorneranno.            un cantico cadrà.

(*) sono composizioni di carta che, al contatto con l'acqua, si aprono
 

La Luna
Ammasso d'amor spenti,
di liriche mai scritte,
speranze, preci e voli
confusi delle menti.

Questo da sempre accoglie
nel seno suo beffardo,
assieme dell'Astolfo
la vaga sua ragione.

E son quasi preghiere
quei languidi sospiri
che l'uomo le rivolge,
sognando dell'amore.

Incanto è delle notti
e complice è di cuori,
diviene ambito dono
per ogni donna amata.

Luogo sognato resta,
quale pagan rifugio,
dello svanir fugace
di stolti sentimenti

…di noi sorniona ride.
 

La morale
La morale è a double face.
La nostra e quella degli altri.
E concordano mai.
 

Madrigale per il giorno compleanno
È giorno compleanno ed è di festa,
suonano le campane allegramente,
nella tua casa è tutto un augurare
e di regali ne aprirai una cesta.
Giorno ch'è da goder serenamente
fin tarda notte e non potrai scordare
che attorno a te si stende con amore
un lieto canto che addolcisce il cuore.
 

Ninnananna
Per te vorrei trovare una canzone
che sciolga il tuo dolore dalla mente.
Per te vorrei inventare melodia
che dica dell'amor di tutti i tempi.
Per te che quando parli sei speciale,
per te che quando ridi sei diversa,
per te che di mia mente sei padrona,
per te io coglierò le stelle in cielo,
e con del mar la luce mescolare.

Questo farò perché questo mio canto
accompagnarti possa nella notte
e tenero il tuo sonno diventare.
 

Sia dolce la notte
Sia lieve la voce del vento,
t'avvolga l'odore del mare,
a te vorrei accanto restare
per dirti dei sogni d'argento.

Vorrei poter starti vicino,
tenerti per mano e sognare,
vedere il respir tuo volare
dal seno velato da lino.

Poi quando l'aurora radiosa
al giorno darà la sua luce,
carezza al tuo viso conduce
e in mano per te ho una rosa.
 

Ascolta
Sale dal mare una canzone
e copre la mia voce,
dentro ammaliante scende,
rapisce e tutto incanta.

D'amore parla e canta,
rende dolce la sera,
ispira musici e poeti,
per fare carmi e sinfonie.

In quegli azzurri onirici,
da gravità affrancati,
se lentamente scendi
già volerai nel sogno.

Se la magia ne intendi
là troverai la pace:
è il mar che dei suoi riti
sacerdoti ci vuole.

Ascolta
dal mare sale una canzone
e copre la mia voce.
 

Così come un'eco
Ritorna ed incanta
la sabbia baciata dall'onde,
intenso è del mare il salso profumo.
Ritornano a sera
le note che andavano in cielo,
suadente inebriava il chiaro di luna.

Ritorna a stregare,
di luce che penetra i rami,
un bosco sospeso sopr'acque brillanti.
Ritorna vibrante
contrada lucente al tramonto
e sempre regala eterne magie.

Ritornano lievi
le mani sul viso nel sonno
e donano a mente un dolce riposo.
Così, come un'eco,
riappari e mi incanti nel sogno.
Di mare e di sole ancora il sapore.
 

 

Metempsicosi
È tornato, è tornato
e nessun l'avea chiamato:
Putin, ras di un gran paese,
ci ricorda il losco arnese
che dei Romanov fu sorte,
decidendone la morte.

L'incantò con la menzogna,
regalando a lor la gogna.
Lercio monaco magliaro,
che di Russia fu il gran faro,
oggi in Putin s'è incarnato,
di lui avendo par casato.

Così il cerchio della storia
si realizza e son memoria
di quegli uomini le stragi
realizzate da malvagi.
Pure il censo li accomuna,
e pel mondo è una sfortuna.

Della Russia è ras 'sto mago,
e di Rasputin è imago.
 

Le intermittenze della storia 2
(rondò italiano)

In chiuso cerchio par correr la storia,
sembra volere confonder la gente
che sempre è usa smarrir la memoria,
tra farse e drammi e si fa intermittente.

Per glorie d'URSS, uno zar bruscamente,
col ferro e col fuoco, annienta nazione,
sapendo che mai avran nella mente,
suoi fidi amici, una qualche sanzione.

Tirannide opprime popol minchione,
qual carsico fiume torna apparire,
e narra fole, con gran convinzione,
a ingenua gente, su cui poi infierire.

Blasfemi i suoi amici devon mentire,
così di quei film, che gelano il cuore
li dicon falsi, pel nostro ammonire;
d'assoluzioni si spande il fetore.

Son gran farabutti e con grande ardore
(l'insegna l'antica l'italica storia)
faranno affari con quel malfattore.
…e d'Ucraina si perde memoria.
 

Le intermittenze della storia
In chiuso cerchio par correr la storia,
tra farse e drammi si fa intermittente,
sembra volere confonder la gente
che sempre è usa smarrir la memoria.

Tirannide è incisa in menti malate,
è carsico fiume e torna apparire
e a schietta gente, su cui poi infierire,
narra di fole e di glorie passate.

E a glorie dell'urss 'sto ras vuol tornare,
col ferro e col fuoco annienta nazione,
sapendo che mai avrà punizione
da viscidi amici che dovrà pagare.

Amici blasfemi già invertono il vero
e d'assoluzione un coro si sente,
così di quei film, che gelan la mente,
ci dicon che valgon meno di zero.

E c'è in Italia una banda assortita
di farabutti che là fanno affari,
politici infami, a Putin compari,
Ucraina voglion che resti abolita.
 

Genocidio
Nel pozzo nero di mente malata
s'è distillato il male quale fiele.
Su inerme gente è versato crudele,
gente che l'armi ha di già mutilata.

Assiso in trono ed in più riverito
lucido criminal malvagio impone
dell'Ucraina l'eliminazione
…e il mondo resta a guardare basito.

Mattanza no, non si può perdonare,
bisogna d'armi armar quella gente
che per la Patria ha un amor commovente

e un tribunale, veloci, approntare
per giudicare il genocida infame
e giusta pena dare a 'sto liquame.

Putin per le sue trame
così, per dargli un altro passatempo,
da corda spero penda in breve tempo.


Notturno
M'abbaglia sopra un poggio tra le canne
il luccicar del mare.
Vedo volare in cerchi alto un gabbiano,
nell'acque terse poi
saetta nel turchese a toglier vita.

Vago per bianche dune acceca il sole
ed attimi consumo.
Ripenso amor lontani e sembran vele
che là verso orizzonte
vanno e magia par frusciar dell'onde.

Lento tramonta il sole e accende il mare
e silenzio m'avvolge.
Un'ombra spegne dossi e canne e il tempo
pare che resti fermo,
come sono in amor l'ore d'attesa.

Resto nel buio e in quella gran quiete
piano si scioglie un pianto
muto e lento ma solo mi è conforto
il palpitar di stelle.
Così salso respiro e il mar m'accoglie.
 

Ebbrezza
Voglio un bicchiere ricolmo di stelle
per poi brindare davanti al mio mare,
voglio ubriacarmi di luci e a te dare
sol le più belle.

Vago per boschi odorosi di pino
e in mezzo ai rami s'intrufola il cielo,
quella fragranza donarti io anelo
fino al mattino.

Sopra una foglia bagnata di pianto
c'è inciso un nome portato dal vento,
forse d'amore che ormai s'era spento
dice soltanto.

Voglio canzoni che parlino al cuore
e sempre giungano là nel profondo
e a te che rendi sereno il mio mondo
donino amore.
 

Sognando mare
Vago per bianche dune,
acceca il sole
ed attimi consumo.
Ripenso amori
lontani come vela
che all'orizzonte svaga,
così dolce m'arriva
frusciar dell'onda.

Piano discende e accende
il mare il sole,
scende silenzio attorno
e l'ombra avvolge
e dossi e canne e il tempo
sembra sospeso,
come un respiro fermo,
come un attesa.

Resto così nel buio
in quel silenzio,
salso respiro e dentro
piano si scioglie
un pianto muto e lento.
Resta il conforto
del palpitar di stelle
e il mar m'accoglie.
 

Cielo d'Iran
Il cielo è cupo sopra quel paese,
ch'è divenuto inferno per le donne:
son asservite e subiscono offese
da turpi ometti che spregian le gonne.

Questi di certo son sporchi animali
che della civiltà non hanno il senso;
quei loro insegnamenti, già ancestrali,
dicon che parità sia controsenso!

Così su quelle fan pesare forte
la loro piccolezza intellettiva
e dentro un'inventata religione

a scudo trovan gabbia protettiva.
Misere donne! Il male avuto in sorte
non trova, nel pensarlo, spiegazione.

Ma un Dio, per dar lezione,
dovrebbe alfine alzarsi dall'amaca
e anatema lanciar su 'sta cloaca.
 

La poesia perduta
Di Quasimodo e Ungaretti
dei poeti il mondo è pieno,
che ahimè pensan, poveretti,
sia la metrica l'osceno.

Fanno ermetica poesia,
che va ad evocar pensieri
forse noti solo a zia,
ma sconoscon l'Alighieri.

Questi scrivon, fischiettando,
cose oscure alla lettura
e così vanno rubando
tempo a chi cerca misura.

Ma poesia, come ogni arte,
del sentir deve informare;
non si truccano le carte,
pel lettore gabellare !

Son Quasimodo e Ungaretti,
e pur Saba e pur Montale,
dai Poeti i prediletti
per cultura ch'è epocale.

Perciò cari commedianti,
prima di sporcar facciate
con dei versi disarmanti,
ore a studio dedicate !
 

Panama's paradise
Presto andremo al funerale
della Lega che sta male.
Magistrati birichini
le discopron gli altarini.

Da lontano vien cultura:
appropriarsi era premura
di quei soldi dello stato …e diamanti han pur comprato.

Laurea lesta diè Tirana
e bastò 'na settimana
di vacanza in quel bel sito
…tanto poi pagò Belsito.

Con i fondi dello Stato
pur le multe hanno pagato,
fondi che, per distrazione,
ebbero a disposizione.

Ma altri tempi erano quelli
e del giglio quei cervelli
inventaron cose oscene,
per poi uscire dalle scene.

Tutto cambia con Matteo!
Ma davvero?... Marameo!
Or svaniscono milioni,
e coi russi…tentazioni.

Capannoni stan comprando
ad un prezzo molto blando,
quindi inventan differenza
con contabile esperienza.

Dei ricavi che ne fanno?
Per scansar del fisco il danno
c'è in Helvetia un paradiso
…e va a Panama un sorriso.

Ne vedremo delle belle:
cantan come rondinelle
tre contabili coinvolti,
auspicando essere assolti.

Ma Matteo sa proprio niente,
non conosce quella gente.
Come sempre a sua insaputa
dal ciel sorte gli è caduta.
 

Alla maniera del limerick
Stiamo andando al funerale
di un potere che sta male
quello di democrazia
moribonda è pur mia zia
e ci attende, aita aita, un liquame ch'è abissale.

*********
Ai princìpi rende omaggio
il grillino con coraggio
così mette sulla strada
d'impiegati una masnada
poi regalerà ad amici strade con il lor pedaggio.

**********
Casaleggio, coi grillini
che ci trattan da cretini,
dice che nel bel paese
le pandette son sospese
e Atlantia affonderanno con andar da cherubini.

**********
Conte è messo proprio male
e con lui in un gran pitale
crollerà questa nazione
che del fascio è già boccone
e di ciò saremo grati a un grillino demenziale.

 

                                                          mutataque servat amore
                                                            (Ovidio  -Metamorfosi-)

Della pianta d'incenso il mito e il girasole
(libera interpretazione da Metamorfosi)

Venere visse quale ingiuria oscena
quel che il marito Efésto le approntò:
dopo il sesso con Marte fu gran scena
la rete che frementi li mostrò.
L'Olimpo esplose di risata amena,
Apollo il tradimento a lui narrò,
quindi la bella dea, per vendicarsi,
lo volle di mortale innamorarsi.

Clizia, la dolce, era quella che amava
ma quando Dea lo volse in incanto
sol per Leucòtoe smania provava,
lasciando Clizia sola col suo pianto.
Allora per sedurla s'approntava
(dalla sua stanza le amiche cacciando)
a travestirsi di madre di quella
…per insegnar l'amore a verginella.

Il luminoso aspetto poi riprese
e con baldanza presentò se stesso
"Io son colui che ha molte pretese,
ma deliri d'amor dona col sesso.
Sarai felice per un lungo mese,
nel tuo ricordo permarrà 'sto amplesso."
Poi come sempre agì molto infoiato:
…lo stupro era per lui neppur peccato.

Di gelosia furente Clizia allora,
a re Orcamo mente e va a narrare
che solo il sesso Leucotoe divora
e indietro no, non vuole più tornare.
La rabbia prende il re, la legge onora,
condanna figlia a morte ad affogare.
In fondo a buca, viva, viene messa,
con terra, dappertutto, vien soppressa.

Dall'alto del suo carro Apollo vede
e cerca d'aiutar l'ultima amante:
di quella terra coi suoi raggi crede
che per spostarla fosse già bastante.
Quando capì ch'è quel che non succede,
di nettare e di nardo fu abbondante.
Così la donna in pianta si mutò;
per quei profumi, incenso diventò.

Intanto Clizia, disperata e triste
per giorni e giorni sol rugiada beve,
solo l'andar del carro per lei esiste.
Dall'alba a occaso ha cuor sempre più greve,
e il suo sentir ancor di più persiste.
Ma al vecchio amare il dio qualcosa deve
così, per un sentir riconoscenza,
bel fiore la farà di gran presenza.

Quindi le gambe divengon radici,
il corpo vien stelo e spunta da terra,
le braccia son foglie e fan da cornici
e il volto divien bel fiore di serra.
Poi schizzi gialli, che fanno artifici,
lo cingon, donando incanto alla terra.
Così la ninfa si muta in quel fiore
che il sol seguirà sempre per amore.
 

   

 

 

Nunc ratio quae sit morbis aut unde repente
mortiferam possit cladem conflare coorta
morbida vis hominum generi pecudumque catervis,
expediam.
(Lucrezio, De rerum natura, l.VI v.1090/1094)

(Spiegherò ora ciò che causa le malattie e come
e di dove sorga d'un tratto una forza malefica
e comporti una micidiale rovina
sia tra gli uomini sia delle caterve degli animali.
-traduzione di Ugo Dotti-)

Nihil sub sole novum
"Ciò ch'è stato sarà,
ciò ch'è fatto rifà
così mai sotto il sole
il nuovo si vedrà"

Così dell'uomo ragionò Qoelet,
vedendo un rio peccare.
Oggi che l'uomo scorda pur l'amare,
madre natura scambia per toilette.

E son gli stessi i tempi: per giorni avvelenati
vengon da bui passati quei virus che fan scempi.

Serve boccata d'aria, pel mondo ch'è asfissiato
che per punir peccato regala 'sta malaria.

Per covid 19, ch'è igiene obbligatoria,
Natura ha la vittoria, ci spedirà poi altrove.

Passata la tempesta ci resterà speranza
che il ben divenga istanza per fare vita onesta.

Purtroppo, insegna storia, chi è morto è il sol cambiato
ma il vivo, da salvato, riprenderà la boria.
 


 


 

Commosso dal ricordo ho tradotto in poesia la bella descrizione che Salvatore Cutrupi ha fatto di una zona di Gorizia,
al confine con la Slovenia, cercando di rimanere più aderente possibile al suo testo:

Ricordo di Gorizia
Mentre un vociar di bimbi
d'atletica leggera il campo riempie,
da Nova Gorica ecco Montesanto
e San Gabriele e Sabotino e penso
ad anime che intrise di tristezza
dal cielo contano croci di legno.

Dov'erano trincee e gallerie
c'è oggi pace e profondi silenzi,
tra sterpi e sassi fioriscono fiori
e si può udir strusciar vipere e serpi.

Tutto dall'alto osservano i grifoni
e par sentire ancora
il rombo dei cannoni.
Mentre dentro una voce implora pace.
 

Luceva il giorno
Rosa e di raso, di seta hai la pelle
e calde l'arti, per virtù amorose.
Ti splendon gli occhi e velano le stelle.

Vorrei offrirti senza spine rose,
darti carezze con le mani lievi,
la strada tua coprir di mimose.

Luceva il giorno mentre tu nascevi,
magici suoni ingentilivan l'aria,
piangeva il ciel, 'ché da lassù scendevi.

Al mondo, di sicuro necessaria,
grazia regali e regali profumo;
del bello e dell'amore missionaria.

Così ti cerco e il tempo e me consumo,
consumo e penso a quell'andar dell'ore,
che furon dolce incanto sciolto in fumo:

quell'ore ove io sognai d'aver l'amore.
 

 

Romantica luna
Lei fece una promessa:
"Stasera, con la luna,
ti donerò me stessa,
alfine avrem fortuna."

Si misero in cammino
tenendosi per mano,
ma quel stare vicino
li scalda piano piano.

E furon dolci i baci.
Carezze ed emozioni
li fan sempre più audaci,
…per forti tentazioni.

Ma lei disse esitante
"Non siamo giunti ancora
dove sarò tua amante.
Quieta quel che affiora!"

Poi giunsero alla valle,
la luna risplendeva
parea quasi percalle
e questo lei voleva.

Così iniziò l'amore
ma un buio all'improvviso
estinse ogni colore,
svanì persino il viso.

E neanche tutto il resto
era a disposizione
quindi, per 'sto contesto,
sfuggì un' imprecazione.

"Vacca d'una miseria
proprio stasera accade,
eclissi deleteria."
…e rabbia li pervade.

"Oh luna disgraziata,
amata dagli amanti,
ma quanto son sfigata
con tanto buio davanti !"

Si lamentaron forte
di quella atmosfera.
Li separò la sorte,
colpevol quella sera.

Moral di questa storia,
per tutti insegnamento:
cogliete la vittoria
quando viene il momento!
 

 

Requiem per le befane
Rimpiangono il tempo, purtroppo passato,
quand'erano belle, da tutti bramate;
ricordano i gonzi che avevan scopato
in lunghe, frementi, veloci nottate.

Non c'era un camino che salvo restava,
la notte era breve, volava d'incanto;
eppur quella notte per tanto bastava
e di quelle tresche rimasto è il rimpianto.

Or piene d'acciacchi, d'artrosi e dolori,
(persino la scopa, veicol portante,
ormai si rifiuta portarle là fuori)
così, avvilite, richiudon le ante.

Non sanno che fare, neppur dove andare,
nessun più le chiama per dare dei doni.
Nell'angolo resta, ma sol per spazzare,
l'inutile attrezzo con vuoti sacconi.
 

Di raso e di rosa rondò
Di raso e di rosa, dolce hai la pelle
e penso l'arti tue calde e amorose
ornate da begli occhi a par di stelle;
meriti in dono senza spine rose.

La strada tua cosparsa è di mimose
carezze fresche avrai da mani lievi
che l'ore ti faran sempre festose.
luceva il giorno mentre tu nascevi.

E pianse il ciel, quando da là scendevi,
magici suoni ingentilivan l'aria,
poi con passione vita percorrevi
ed oggi il mondo corri solitaria.

Del bello e dell'amor sei missionaria,
la vita vai con le tue gambe snelle,
grazia donar t'è cosa necessaria;
di fiabe sei regina e di novelle.
 

Occhi di mare
(ricordando Prevert)

Già danza l'acqua
là in riva al mio mare,
volan gabbiani
a sfiorarne la spuma.

Negli occhi tuoi
vagan piccole onde.

E quando il sole
incendierà il tramonto
in quei tuoi occhi
vorrò annegare.
 

Tempo
(Eraclito liberamente inteso)

Da lontano vien lezione: viviam l'oggi ma è domani,
tempo scorre tra le mani, "panta rei" la citazione.

Che si vive il contingente par che forse ci illudiamo,
quindi pizie convochiamo, per scoprire il divenente.

Resta vago quel ch'è andato, pare vero che del giorno,
qui lo dico e non per scorno, sol futuro è il sol provato.

Questo tempo che contiamo resta solo una chimera,
non è cosa proprio vera… qual la vita che viviamo.

Belli o brutti abbiam ricordi che permangon nelle menti
ma rimangono sfuggenti nel trascorso che già scordi.

Fu di certo ammonizione "panta rei" che fu narrato:
per noi esiste alcun passato, 'sto presente è un'illusione.

Bene è porsi una questione per tirar le somme allora:
a che serve guardar l'ora s'è soltanto transizione?

Convenzione è di sicuro perché il tempo resta abbaglio,
sono certo e non mi sbaglio noi viviamo nel futuro!

Forse il solo fu a capire, quell'Eraclito ch'è mito,
chi seguì ne fu erudito, svicolò per non perire.

Di spassose favolette si riempiron tomi e tomi,
s'inventarono questioni… pei cervelli fatti a fette.

Col pensier che si perdeva fu dovunque un indagare;
ma quel loro speculare fu com'acqua che scendeva.
 

Il gatto e la volpe
(Di Maio e Salvini 2018)

"Su venite in fitta schiera
a portarci le monete,
noi sappiamo la maniera
d'arricchirvi, non temete.

Siamo onesti e competenti,
nel paese dei balocchi
vi portiam tutti contenti,
per vedervi brillar gli occhi.

Sotto un albero di sera
pianteremo le ricchezze
l'indomani, è cosa vera,
fioriran prelibatezze.

Coglierete soldi a mano
da quell'albero fiorito,
ci darete pure l'ano,
'ché appaghiam vostro appetito."

Sono certo un grande imbroglio
'ste promesse fantasiose
e 'sti due, e non mi sbaglio,
han ricette velenose.

Son ricette che al Paese
cupi giorni doneranno,
noi le pagherem le spese,
mentre i due se la godranno.
 

 

Alla maniera del limerick 2

E così siamo arrivati
all'abisso che i due vati
han promesso alla nazione:
per compir questa missione
arruolaron sprovveduti da lusinghe addormentati.

*******************
Ci presenta il conto adesso
e ci manderà in un cesso
chi in Europa ci controlla
il bilancio che barcolla
così a breve si vedrà 'sto paese genuflesso.

*********************
Lor minaccian dimissioni,
ci hanno presi per coglioni,
ma al contrario noi sappiamo
e 'sta balla non beviamo
perché il vero di 'sta storia è che son dei buontemponi.

*******************
Corruzione nel palazzo
scrisse Betti detto pazzo
or si scopre veramente
ch'era savio e previgente:
vide prima e con chiarezza quel che ormai è sporco andazzo.


 

Questo tempo
(ripensando Prevert)

Questo tempo, generoso e crudele,
che senz'attese scorre,
distilla gioie, dolori e lacrime.

Questo tempo che, pietoso e perfido,
appronta e dopo dona
illusioni d'amore e tradimenti.

Questo tempo che, tenero ed orrido,
blandisce e dopo inganna,
confonde le coscienze e i sentimenti.

Questo tempo, che al suo scader regala
pene e sangue e singhiozzi,
farà versare lacrime di sale.

E così scorre il tempo mio col tuo
e par gioco d'azzardo
dove l'anima nostra perderemo.
 

 

GV 8,1 - 11
Fanno a gara i monellacci
e ogni giorno volan stracci,
perché scordan la lezione
del vangel di Giovannone.

Lor continuano a peccare,
per più voti conquistare,
così a destra e a manca danno
ricchi doni tutto l'anno.

Quando andranno in Paradiso
a San Pietro, sopra il viso,
gli diran con aria tetra
scagli tu la prima pietra?

Perché pensan che quel santo,
per raggiunger grande vanto,
qualche mancia pur l'ha data,
forse a Mery addolorata.

E a noi resta sol sperare
che all'inferno debban stare
questi sporchi ragazzini
che han svuotato i magazzini.




 

Carola
Pioggia di stelle
dal cielo d'estate,
lievi fiammelle
al mondo donate.

Scende dall'alto
blu raggio di luna,
divien di smalto
incantata laguna.

Dal cosmo arriva
una musica arcana,
stella moriva
ogni cosa vi frana.

In alto vola
perplesso un pensiero:
questa carola
è sogno o è il vero?
 

 

Traguardo
Ultima il tempo
e poi…

…là, verso orizzonte,
dove si fonde
mare con cielo,
ecco s'azzera
divien sospeso,
come un respiro fermo,
come un'attesa.

Si svelerà
l'arcano?

 

Scogli
Si frangon l'onde
e un lieve vento
carezza il viso.

Torna ricordo
d'un sensual profumo,

di labbra il salso…

… rosse…

… perdute.
 

 

Il silenzio smarrito
Mi volgo verso l'alba
col suo bianco,
mentre una bolla
piena di silenzio
vola lieve nell'aria.

Muoion così i miei sogni
e nasce il giorno
e lentamente
si alza e già tormenta
un cupo
basso
rombo.
 

 

Riflessi d'amore

Parole
Nelle parole
ombra del tuo sorriso.
Ed è subito
amore.

Volare
Dicon di musica
gli occhi turchese.
Ed è subito
incanto.

Un pegno
Iris raccolta
declivio d'un colle.
Ed è subito
dono.

Mistero
Profondo mare
assomiglia ai tuoi occhi.
Ed è dolce
annegare.
 

L'immenso
Da un poggio solitario sopra il mare
risento ancor lo sciabordio dell'onde,
salso respiro e acuto è odor dell'alghe
ed al pensiero mio sovvien l'immenso.

Tra cielo e mare appar, com'un connubio,
quell'orizzonte ove corre il mio sguardo;
è là, dove confondon l'acque l'arie,
intima pace trovo e gran silenzi.

Lieve una brezza m'accarezza il viso
e pare dolce invito a ricordare
tempi lontani ormai svaniti e spenti,
così la mente mia svaga e s'accende:

ritornano così morte stagioni
che il tempo della vita hanno segnato;
oggi che il suo traguardo è più vicino
pago vorrei svanire in quell'immenso.
 

 

Gli impostori
(chiedendo scusa al Vate-elezioni in Abruzzo del 10.2.19-
omelia del M5S per il lutto subito
)

Febbraio andiamo, è tempo di migrare.
Or che in terra d'Abruzzo, con dolore,
quegli elettor ci mandano a cagare,
spegnendoci di botto il bel bollore,
lasciam gli stazzi ed anneghiam nel mare.

Profondamente abbiam bevuto ai fonti
d'una Nazion di molto smemorata
che non s'accorse che col fascio i ponti
allestivamo per ogni giornata,
così imbrogliando gli italiani tonti.

Ed ora andiamo al piano pel tratturo,
quasi come un erbal fiume silente;
ci ha castigati quel che lo tien duro,
sempre dei favor nostri sconoscente;
poveri noi che lo credemmo puro!

Ora lungo un rio fosso s'incammina
la nostra greggia che ha smarrito ardori.
Quell'illusion ci fu tal malandrina
da rendere acutissimi i dolori.
 

 

Bibì e Bibò a Zelig
(Di Maio e Salvini: soci nel 2018)

Sono pieni i manicomi
di genial Napoleoni
e van pure in compagnia
di chi copia polizia.

E così a braccetto vanno
e al paese fan gran danno;
con le loro esibizioni
ci hanno preso per coglioni.

L'uno guerra oggi dichiara,
la demenza è di già chiara,
alla Francia che alla fine
lo indirizzerà a latrine.

L'altro tronfio nel giubbotto
fa l'astuto poliziotto,
chiude porti, cuore e mente
…e fa ridere la gente.

E' una farsa il loro andare
e potrebbe divertire
ma il paese, con 'sto andazzo,
diventato è paonazzo.

Paonazzo per vergogna
per aver 'sti due qual rogna,
rogna al mondo che mostriamo
e di cui ci vergogniamo.
 

 

Largo al factotum
(governo del 2018: Salvini)

Da Siviglia è ritornato
il barbiere tutto fare,
eppur c'è chi è delegato,
dicasteri han da curare.

Ma il leghista fa di tutto,
vuol ministri sopraffare
e lo fa a muso brutto
e li manda, oibò, a cagare.

S'accaparra i ministeri
che gli passan per la testa
e divengono suoi i doveri,
perché gli altri fan la siesta.

Del suo vice vuole il posto,
dalla gente vuol mandato
per Bruxelles ad ogni costo,
tanto Conte è addormentato.

Con sussiego e competenza
parla pur con gli industriali,
Gigi ridens, per prudenza,
gli redigerà i verbali.

C'è un ministro delegato
agli affari verso il mondo,
ma se Malta fa peccato
lui s'incazza a tutto tondo.

Pur di sanità straparla
e cancella quei vaccini,
la ministra che non parla,
vada a rammendar calzini.

Vola spread, lui se ne frega,
così dice, serio serio,
"Tria si faccia 'na gran sega,
giunto è ormai nel climaterio."

E così con 'sto delirio
voti arraffa a destra e a manca,
per l'Italia è gran martirio,
cadrem tutti dalla panca.

Quel che inver lascia basiti
dei sudisti è il loro assenso,
li trattò da parassiti,
ma l'apprezzan, ma è nonsenso!

Singolare è 'sto ministro
che s'accolla ogn'incombenza,
sento un suono ch'è sinistro,
del fascismo ha la cadenza.



 

Magico mare
Per liete teorie d'epifanie
incanto divenisti.

Salso fragrante dall'acqua fluiva
e sabbia carezzavi
e poi divenne spuma
quell'andar tuo su scogli.

Donasti suggestioni,
per quel color turchese che par d'occhi.

Svelò il prodigio della tua magia
il correr verso il cielo confondendo
i tuoi colori a quello.

Ed io ritorno a te con la memoria,
per ricordare tempi
di vele che vaganti all'orizzonte
narravan dolci sogni,
svaniti come volo di gabbiani.
 

Le notti ed i giorni
Identiche ai giorni sembravan le notti
allora che nostri quei tempi vivemmo.
I giorni scambiammo con notti frementi
e notti con giorni parevano uguali.

Quei sogni reali turbavan la mente
donandoci in cambio smarrite illusioni.
Col darci un amore con false promesse
stagioni intrecciammo per vincer la noia.

Rimane di questo sognare incantato
sottile un miraggio disciolto nel nulla.
 

Il Minotauro
(da un racconto di F.Durrenmatt)

Cerco nel labirinto
scuro della mia mente.
Cerco nel mezzo
di contrapposti specchi.
Cerco una luce
che mille ed abbaglianti
sprazzi
spezza.
Cerco.

Son abbagliato
e vedo
nova da nana bianca,
e quantiche galassie
dove precipitando
si sciolgon le memorie.

Contorti sono in cerchio
lo spazio e il tempo
o in infinita retta
volan lo spazio e il tempo ?

Cerco.

Teseo,
carnefice lucente,
ecco che appare.
 

Le comiche finali
(ovvero la manina nel DEF di fine 2018)

Già da tempo si sapeva
che Gigino(*) il sussiegoso
non capia quel che diceva.

Ed è pur molto spassoso
saper anche pel ministro
pur lo scriver misterioso.

Lui con zelo fé il registro,
sotto attenta dettatura,
poi gli dicon ch'è un sinistro.

A incolpare si premura
"non son io c'è 'na manina
che ne cambia la natura

ci hanno aggiunto ciliegina,
m'hanno fatto un bel tranello,
per pulir la lor latrina."

E noi gonzi a questo e a quello
darem fede a tutto spiano,
tanto questo è un fatterello
…e l'italico dà l'ano.

(*) Luigi Di Maio (che mai cambia)
 

Rosa e di raso
Rosa e di raso, è dolce la tua pelle
e penso l'arti tue calde e amorose,
svelate dai tuoi occhi che par stelle.

Vorrei donarti senza spine rose,
darti carezze con le mani lievi,
cosparger la tua strada di mimose.

Luceva il giorno mentre tu nascevi,
magici suoni ingentilivan l'aria
e pianse il ciel, ché da lassù scendevi.

Il mondo oggi percorri leggendaria,
la grazia doni e doni il tuo profumo,
del bello e dell'amor sei missionaria.

Così ti cerco e il tempo e me consumo,
consumo e penso a quel trascorrer l'ore,
che furon forse sogno, sciolte in fumo,

quell'ore che gemmato avean l'amore.
 

La coppia più bella del mondo
(Bibì e Bibò, campioni del pentaleghismo
nel governo gialloverde del 2018
)

Ci han votati p'affossare
'sta sinistra deficiente,
solo un dì saprà la gente
quanto infame fu il votare.

Reni all'euro spezzeremo,
tra un balcone e un me ne frego
e col popol bue che strego
giovinezza canteremo!

Spread mangiamo a colazione,
con dei neri per contorno
e darem, per ogni giorno,
da gran bulli 'na lezione

Primo, è ben che lo si sappia,
viene l'interesse nostro,
solo il fascio, e lo dimostro,
ricca rendeci la greppia.

Oggi giran per le strade
le squadracce della destra
vanno dando ria minestra
a chi sceglie altre contrade.

Così alfine 'sto paese
ridurremo alla miseria,
diverrà come Siberia
grazie a nostre inique imprese.
 


 

Pasquinate n°3

La libertà:
Questa scienza prepotente
pur ci impone anche i vaccini,
cancelliamoli repente,
tanto…muoiono i bambini.

Lavoro in nero:
Quelle leggi cancelliamo
dei governi comunisti.
Toglier vaucher fu d'artisti,
fanno il nero e li vogliamo.

Il capo:
Conte abbiamo messo in mezzo
ed a vista lo guardiamo,
non si sogni quest'attrezzo
che il comando gli lasciamo.

La fede:
Col rosario vado in giro,
come fan tutti i mafiosi,
così avrò l'apoteosi
dalla Chiesa che raggiro.

Sacra famiglia:
E' sol quella ch'è formata
da maschietti e femminelle,
tra omosex è 'na cazzata
gli farem veder le stelle.

Legge Mancino:
Aboliamola veloci
quella legge sciagurata,
ove mai fosse applicata
conseguenze avremmo atroci.

 

Merletto
(la calaverna)

Gelida gioia
per occhi stupiti,
bianchi merletti
che lascian rapiti.

Lento lavoro,
da magica idea,
pare esorcismo
la bianca livrea.

Nebbia mutata,
preziosi i ricami,
pare un incanto
che veste dei rami.
 

Il Teorema
Se danzo sui cateti e mi diletto
a disegnar quadrati regolari,
m'accorgo che chi danza dirimpetto
andrà a formar un'area pari pari.
 

Pasquinate n°2
(scritta durante il governo giallo/verde)

Il tramonto
Poveri 5 stelle che al tramonto
ormai portato vi ha compar Salvini,
ma voi non vi curate dell'affronto
perché sognate ancora da bambini.

Le sentinelle
Omerica risata fa Salvini
e seppellisce tutti i 5 stelle
che a lui pensavan d'esser fratellini
e di morale esser sentinelle.

Le gite
Ci costan care le gite di Conte
che a spasso per l'Europa va contento
credendo di scalarne l'erto monte,
mentre lo usan sol per pavimento.

La rinascita
Oggi il fascio è ritornato
e per duce abbiam Salvini
al comando delegato
da quei tonti di grillini.
 

La spartizione
(il contratto di governo)

S'è smarrito Di Maio
nell'imbroglio leghista,
gli ha concesso una lista
di ministri, ah che guaio!

E Salvini irridente
gliel'ha messo in quel posto,
con piacere scomposto,
…e Luigi è gaudente!

Società hanno fatto
per dividersi il tutto
come fossero pari

e i grillini somari,
imbrogliati di brutto,
preso han scaccomatto.
 

Le cosmicomiche
(-XIII° racconto- 1 giugno 2018)

D'un comico minore sono figli,
danzando ormai s'approprian della scena,
grillini con leghisti ed è una pena
pensar che finiremo qual conigli.

Quel ch'è rimasto della scarsa pelle,
che malamente copre la Nazione,
sarà scuoiato per gran devozione
a chi regala a loro caramelle.

Un giorno fu fascismo e fu disdetta
ma in farsa si rifà, si sa, la storia,
di quello par che parlino in memoria
e il lor programma è pura barzelletta.

A piene mani spandono promesse,
che sanno che giammai realizzeranno
ed al Paese triste grande danno
arrecheran 'sti figli d'esse esse.

Bizzarra unione è quella che si forma
tra comici grillini con fascisti,
fan società di baldi populisti
e dei lor padri seguiranno l'orma.
 

La peste
(maggio 2018 - consultazioni-)

Capitan Cocoricò *
disperato va cercando
un rimedio a chi gettò
'sto paese nello sbando.
S'arrabatta il poverino
che non vuole dispiacere
a chi un giorno dal mattino
prese Italia pel sedere.

Quel Bibì** con quel Bibò***
van gridando senza posa
"Governare ora si può
la nazione che ci sposa
e alla faccia della UE
straccerem tutti gli accordi,
che fan male a me e a te
e staran tra i bui ricordi."

Per guarire 'sta follia
forse sol la soluzione
non è dire "mamma mia!"
ma adoprare un gran forcone,
perché la democrazia
non la vuol rivoluzione
se poi butta sulla via
tutta quanta la nazione.

E quei due vogliono questo:
per blandire chi li paga
e per arricchirgli il cesto
ci daranno brutta piaga.
Per capir di cosa dico
a flat tax basta pensare,
farà il fisco molto amico
…a chi ha tanto da mangiare.

Capitan Cocoricò
troverà la soluzione?
Non lo so, ma so però
che ci vuol altra elezione,
auspicando gli elettori
sian più saggi ed oculati,
non dian retta a imbonitori
giudicandoli appestati.

*: l'afflitto Mattarella ** Di Maio *** Salvini
 

Specchio delle mie brame
dov'è la poesia in 'sto reame?

"Poeta che oggi cerchi poesia,
in scordata riserva confinata,
sappi che c'è più nulla sulla via
a replicar la gloria ch'era stata.

Duro è lo studio per capir cos'era,
oggi vi troverai scuri racconti
fatti di lemmi astrusi e tal groviera
grammatica divien per grand'affronti.

Solo di nulla sono pieni i versi,
metafora lo chiaman per sfoggiare
falso saper ch'è solo da perversi
…che ti verrà la voglia di frustare.

E' giunto il tempo in cui se vuoi trovare
lirica musical che riempie il cuore
a tempi antichi dovrai ritornare,
per ritrovare il dolce suo sapore"
 

 

Poesie e origami
Quel che scrissi rileggo
e s'oscura il mio cuore,
quelle tristi poesie
origami saranno.

E così le fo barche
che s'affondan nel mare
ed alianti leggeri
affidati a tempesta,
formo papere liete
che si sciolgon nell'acqua
ed in fiori le cambio
destinati a rifiuti.

Quel che resta diviene
fiocchi bianchi di neve
che svolazzano al vento
ed allietano il cuore.
 

La leggenda del martin pescatore
(liberamente tratta da Le Metamorfosi di Ovidio)



Ceìce e Alcione vissero l' amore,
felici i loro giorni trascorrevano,
baci e carezze ardenti si donavano,
eran delizie che fermavan l'ore.

Miele era dunque quel sentir maturo,
canto soave che in ciel li portava,
ma il figlio di Lucifero voleva
del loro andar conoscere il futuro.

Per mare da un veggente si recava,
malgrado il cuor presago della moglie
che triste in grandi pianti si discioglie
mentre ei tenace con la nave andava.

Della figlia di Eolo i timori
si realizzaron nei più cupi modi:
il vento in quelle vele scioglie i nodi
e sconvolge la nave dentro e fuori.

Barriere d'acque e gorghi spaventosi
inghiotton marinai assieme al legno;
nell'affogar Ceìce chiede impegno
a dei che il corpo con Alcion riposi.

Ma i forti lai di quella e la preghiera
stizziscono Giunon che irata invia
Morfeo per narrar dell'agonia
a chi si tormentava giorno e sera.

Per questo il dio del sonno si trasforma
in orrida figura d'annegato,
grondante appare a lei che ha disperato
di festeggiare lieta quei che torna.

E' chiaro quel messaggio ed angosciata
la donna allora corre verso il mare,
cercando là chi non può più tornare
e vede al largo salma abbandonata.

Urla la sposa "io non son più io
ma sono morta ed or Ceìce sono,
vissi per lui e a lui chiedo perdono,
così come lo chiedo al sommo dio".

Afflitta Alcione corre verso l'acqua,
Giove clemente quell'andare muta
in volo e lei in uccello il che l'aiuta
a giunger su quel corpo che il mar sciacqua.

Dal becco piovon baci su Ceìce
che par destarsi e pare alzar la testa,
ma alato pure lui di già si desta
e assieme vanno in ciel che fa cornice.

Poi i bei color dell'alba e del tramonto
ricopron l'ali e pure il corpo tutto;
martin son fatti pescatori e il lutto
diviene eterno amor senza confronto.
 

Quel che resta d'un sogno
Svanito il brillar delle stelle
assente di luce è già l'aria
son fosche le nubi nel cielo
e nero la notte germoglia.

Così nell'oscuro m'aggiro
portandomi dentro ricordi
ricordi di mari sereni
con trine danzanti sull'onde.

Nel tempo dell'ore perdute
diletto donava alla mente
sorriso di fresca rugiada
e lieti progetti annunciava.

Ma oggi che sono compiuti
momenti di vita vissuta
attendo il vagare nell'oltre
ad atomi spersi confuso.
 



 

Ermione e il Vate
(mi sa che è andata così)

Ermione è là distesa
sopra lenzuol di seta.
La pioggia il velux bagna,
tintinna dolcemente.

Così lei si rivolta,
si copre col cuscino,
s'è tolta la camicia,
problemi avrà al pancino.

E fa pure le bizze,
vorrebbe un poco amare,
magari tenerezze,
oppure almen mangiare.

Afflitta si lamenta,
lo sente il suo ignorare,
in più fastidio sono
quei suoni da incantare.

Il fischio di quel vento,
quel mormorar del mare,
un tuono è uno spavento
e non ci vuol pensare.

Ma il Vate è lì che insiste,
vorrebbe passeggiare,
per boschi e per ginestre
lui se la vuol spassare.

E quell'andar per fratte,
disciolti e non congiunti,
certo farà a polpette
malleoli bene unti.

Neppur c'è da parlarne
di correre infangata,
solingo vada a farla
silvestre camminata.

E poco avea da dire,
quel Gabri un poco ottuso,
fu questo il suo predire,
son istruzion per l'uso:

"piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione."


Così la conseguenza
di 'sta bella canzone
di certo è un influenza
e ai piedi anche un durone.

E certo che virente
lei diverrà incazzata!
S'ei insiste ulteriormente
gli dà una bastonata.

E pur tacer doveva!
pur spegner la passione.
Un peso a lui pareva
la dolce, cara Ermione.


I polli
(scritta in occasione di uno dei tanti ritorni del caimano)

E' tornato, è tornato
e nessun l'avea chiamato.

Come allora, come allora
ci darà la candelora.

Curerà solo i suoi affari
e anche quelli dei suoi pari.

E da grande pifferaio
ben conosce il suo pollaio.

Spande sogni a piene mani
ed incanta i suoi villani.

Vincerà quest'elezione
fischiettando una canzone.

Lui sa ben che d'altra parte
trova un vuoto senza arte.

Senza l'arte del parlare
per i cuori riscaldare.

Questo è quello che io credo:
diverrem polli allo spiedo.
 

Le intermittenze della storia 2
(rondò italiano)

In chiuso cerchio par correr la storia,
sembra volere confonder la gente
che sempre è usa smarrir la memoria,
tra farse e drammi e si fa intermittente.

Per glorie d'URSS, uno zar bruscamente,
col ferro e col fuoco, annienta nazione,
sapendo che mai avran nella mente,
suoi fidi amici, una qualche sanzione.

Tirannide opprime popol minchione,
qual carsico fiume torna apparire
e narra fole, con gran convinzione,
a credula gente, su cui infierire.

Blasfemi i suoi amici devon mentire,
così di quei film, che gelano il cuore
li dicon falsi, pel nostro ammonire
e d'assoluzioni si sente il fetore.

Son gran farabutti e con grande ardore,
insegna antica l'italica storia,
faranno affari con quel malfattore.
…e d'Ucraina si perda memoria.


Matteo 2, novello dux
(scritta durante la campagna elettorale 2018)

I clandestini sono un paravento
per annebbiare qualche buio cervello,
così che ci si scordi, questo è il bello,
in compagnia di chi lui va contento.

Da tempo è con le mafie accasamento,
per il partito ormai sono il battello,
con quelle è meglio togliersi il cappello,
contra migrantes alza il suo lamento.

Così va raccontando, coi compari,
bufale e fiabe, per poi farci affari,
avendo investitura di ritorno,

così a marzo, in un funesto giorno,
palazzo Chigi Duce lo vedrà
e con l'Italia, alfine, ingrasserà.
 

La somma
In fondo al mare affondan le illusioni,
di dolci, amare e già spente passioni.

Vissi la vita come fosse un canto,
ora che chiusa ogni speranza resta
attendo il mesto chiudersi la festa.

Musica amai e fu per me conforto,
tempo passai a legger quadri e libri,
ore felici, che di passione vibri!

Altre emozioni avrei potuto dare
o tentazioni o forse un grande amore
a chi questo attendeva con tremore.

Oggi, con ossa stanche e consumate,
vedo la fossa, penso al mio passato,
con la speranza d'esser stato amato.

Ma non c'è un dopo a dar la soluzione,
resta un canopo e triste una canzone.
 

Pasquinate
(scritta prima delle elezioni politiche del 2014)

Renzi Matteo, deh, non ti indignare
se qualcun vuole in CONSIP curiosare
e quell'antico adagio non scordare
ché dice che la prima fu a cantare
gallina quando l'ovo volle fare…

***********

Ritornano a volare in cieli oscuri,
dicendo che son sempre duri e puri,
marmaglie che a guardarle infine appuri
che marchia svastica i lor cuori scuri.
E mai qualcuno c'è che le censuri !

***********

Un bel pranzetto stanno apparecchiando
compari di merende preparando
dell'elezioni norme già pensando
a scranni da spartirsi, nominando
vassalli fidi…e il popolo ignorando.
 

Lezione di volo
Con te mi porterai,
o dolce Berenice
e trecce scioglierai,
facendomi volare.

La mente incanteranno
quei fluidi filetti,
che dolci soffieranno
sul volto mio affannato.

Portanza mi darai,
lanciandomi nel cielo,
vedere mi farai
il mondo da lontano.

Traverseremo alfine
di quel Venturi il tubo,
per vie diverse infine
assiem ne usciremo.
 

Dammi il mare
Vele lontane
al vento sciolgono
speranze antiche.

Spuma s'innalza
su fermi scogli
taglienti e scuri.

Nel mar discendo
e scordo gravità,
di levità m'inebrio.

…così il pensiero
in quel lucor
si svaga…
…carezze lievi
che su un viso
posi…

ed un timor
mi prende
ed un rispetto.

Sembra
come l'amor
che cuori infiamma,
la libertà
che sogni
nel suo immenso.

Così il mio cuore invoca:
…il mare,
madre,
dammi il mare !
 

Al vincitor della partita di pallone*
(*nel senso di grandi palle. Dedicata a Renzi, incredibile segretario DS)

Per render peggior l'acque alza le vele
ormai la navicella del tuo ingegno,
orribil sono li peccati tuoi
contra l'Italia di dolore ostello.
Qui il vero io ti dirò, sanza speranza:

tu nudo correrai tra li serpenti,
Renzi Matteo, 'ché così ti piacque
di sciogliere nel nulla quei princìpi,
perché doler si debbia
chi quelli amò, volendo la giustizia.

E' tua morale viver qual quel Vanni
e affosserai chi, per sua coscienza,
volle seguir virtute e canoscenza.
Per la vittoria, là nel Nazareno,
i novi farisei re ti faranno.

O tosco che per le città avvilite
vispo ten vai mentendo disonesto,
gran doglia il tuo apparir dentro mi fisse,
ma godi oggi, or ch'appari grande,
che per lo 'nferno già tuo nom si spande.
 

Tanto gentile e tanto onesto pare
(nel giorno della donna, da una donna)

Tanto gentile e tanto onesto pare
lo sposo mio quand'egli me lusinga;
allor la lingua me devien meringa
e godo tanto di cotanto amare.

Egli si va, sentendosi adorare,
ma ho da stare invero ben guardinga,
quando m'assal con rabbia casalinga
che per violenza fammi vomitare.

Mostrasi sì carogna a chi lo mira
che una gran pena mette dentr'al core,
che 'ntender non la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un odio sol, che genera terrore
e che soltanto un va a cagar m'ispira.
 

E tic e tac e tic e tac…
È un tic e tac che sfianca
quest'avanzar del tempo.
Sei immerso in noia bianca
se manca il passatempo.

Angoscia allor ti prende
lo star senza programma,
la mente non s'accende,
più nulla c'è che infiamma.

È un tic e tac che afferra
la gola e te la stringe,
così l'intera terra
di nero si dipinge.

Metronomo angosciante
lo scorrere dell'ore,
all'oltre che è eccitante
si pensa con favore.

È un tic e tac che dice
che l'ora s'è compiuta,
la vita fu felice
ma adesso ti rifiuta.
 

Davanti al mare
Nell'aria era un frinire di cicale,
che andava come cerchio che si spande,
danzavan pini per un dolce vento.

Finire là sembraron le mie scale,
la nostalgia nel cuore allor fu grande
e il ricordar quell'acque dà tormento.

Mi vedo vela vagante sull'onde,
là dove vissi emozioni profonde.

Sol con la mente tornerò a quel mare,
con la certezza di non più tornare.
 

Or son circa duemila
Fu lungo quel cammino, per nomi registrare,
tra sterpi, con la fame, coi pesi da portare.
In cerca di rifugio, là dove aver conforto,
infine in una grotta trovarono il lor porto.

Che freddo quell'inverno! Vibrava con splendore
la coda di cometa, la neve era candore.
A un tratto un suon s'espanse nell'aria tersa e chiara
e un tenero vagito s'alzò da donna rara.

Al cielo salì forte, morbido quel sospiro
ed incantò quegli astri quel mistico respiro.
Gesù ei fu chiamato, l' accolse questo coro:
"Peccati toglierà l'amor che darai loro."

Fremettero le stelle col cielo che s'aperse,
infamità e nequizie poi il vento le disperse.
E quando , inquietante, la tromba suonerà
nel mondo alcun peccato l'Eterno troverà.
 

Gretta la cavalletta
(una storia italiana)

Una grassa cavalletta,
che facea di nome Gretta,
svolazzava allegramente
sulla testa della gente.
Un dì vide che di sotto
accaduto era un gran botto,
era un botto che azzerò
quel che c'era e lo spazzò.

Così fece una pensata:
"Mi guadagno la giornata
se, con due o tre compari,
fo proposte senza pari".
E propose di rifare
case e chiese…da sognare,
ma per farlo gli serviva
chi per soldi s'abbrutiva.

E ne trova, a pagamento,
là, nel solito convento
dove il soldo tutto muove
e ogni frate si commuove.
Rifarà case alle genti,
…ma gli costan le tangenti!
E per far conti quadrare
molta sabbia dovrà usare.

Pei compari quest'è meglio,
…dureran quanto un abbaglio
e alla prossima tragedia
altri soldi si rimedia.
 

Nell'oltre
Davanti al mare con i suoi misteri,
quando l'onda si frange e vien merletti,
penso alla vita andata, penso all'ieri,
quell'ieri che fu pieno di diletti.

Dolci e sereni furono i pensieri,
di vita i fatti parver minuetti,
quieto percorrevo gai sentieri
e pochi, a freno, ebbi dei paletti.

Or sfuma l'orizzonte e in sé s'eterna,
la mente si smarrisce e in quell'immenso
soltanto navigar potrà nell'oltre

e in quella calma troverà la coltre
che darà pace a un viver che fu denso,
così quel naufragar non la costerna.
 

"in principio era il male, disse la voce,
vortice nero di una consapevole energia
autodistruttiva.
Un atomo si ribellò: non capiva la volontà
di distruggersi"

Il corpo dei vinti
Spogliati
torturati
derisi
velati
annegati
violentati
bombardati
decapitati
uccisi
suicidati per uccidere
umiliati
fotografati
comprati
venduti.

Per dire
potenza, disprezzo.
Per affermare
superiorità di razza
politica
religiosa
di mercato
per togliere dignità
all'uomo.

Nei lager nazisti
simbolo e conseguenza
d'un ordine
fondato
sulla discriminazione.

Viviamo l'alba d'un tragico giorno
basato
sulla prevaricazione.

Ed un Dio impotente
nulla può
di fronte al male.

Un Dio impotente
correo
se esiste.

E noi
sulla violenza
sulla guerra
sull'odio
sul razzismo
abbiamo chiuso gli occhi.

Consolandoci.

(Libera riduzione della prefazione di "Secondo Qoèlet" di Luciano Violante edizioni Piemme 2004)
 

Il giorno che nasce
Fresche le labbra tue son al mattino,
come nov'erba che fa verde i prati.

Con rosee dita l'alba
ti sfiora il viso,
frusciar di fronde spandesi nell'aria
e un lieve vento
va verso il mare e coglie
odor di salso.

Dolce è il risveglio
e al giorno va speranza,
polvere d'oro scende nella stanza.
T'avvolge brezza e col suo odor di riva
profuma le tue membra ridestate
mentre le stendi.

Il giorno nasce, poi verrà la sera,
d'amore al cielo s'alza una preghiera.
 

Oggi
Aveva un futuro di sogno,
quell'ieri svanito nel tempo,
nel dopo non c'era maltempo
ma solo un disegno benigno.

La strada sereno correvo,
di luce era pieno il futuro,
l'amore che vissi era puro,
in cieli puliti vivevo.

Ma il tempo che passa travolge
e sogni e fallaci illusioni,
non puoi più cantare canzoni
il conto presenta e sconvolge.

Si resta soltanto in attesa
dell'oltre, senz'altra pretesa.
 

Imperscrutabile?
È scesa indemoniata sui paesi
di Lazio e Marche, a fondo addormentati,
furia crudel che spense i sogni spesi
di cittadin che furono annientati.

La terra scalpitò con gran frastuono
e case e chiese spinse verso l'alto
per poi tornare a terra con un tuono
a fondersi col grigio dell'asfalto.

Membra e macerie, orribile connubio!
E al cielo sale ardente una preghiera,
ma nei credenti resterà un gran dubbio:
dov'era Dio in quella notte nera?

Si dice imperscrutabile è il volere
del Creator che usa le due mani:
con una dona ai costruttor piacere
con l'altra toglie vite con domani.

Forse per evitar la blasfemia
meglio sarebbe non avere Dei
e dare dei disastri colpa ria
a costruttori che lapiderei.

Purtroppo si risente già l'odore
di loschi affari, fonte di tangenti:
politici godranno di quell'ore
che videro il massacro delle genti.
 

Epitaffio per un poeta
(…ripensando Spoon River)

Poeta sognatore d'illusioni
mosse guerra alla vita
e ne rimase ucciso.

Le sue poesie
andarono sprecate,
schernito fu da villanzon di strada.
Pur d'amore affamato e pur di vita
la pace e la virtù andò sognando,
per darle a un mondo bieco e disperato,
ma un dì s'accorse d'esser sbeffeggiato.
Così chiuse nel sale il suo cammino
e qui sussulta ancor
nel ricordare.

Or dorme, dorme e dorme
in turpe compagnia
sulla collina.
 

La mutazione
Sta pensando Matteo
di cambiare le cose,
fa proposte obbrobriose,
per piacere al pigmeo.

E' suo socio al massacro
e, con fare da duce,
costituzio conduce
a indecente lavacro.

Così quella che era
di res pubblica norma,
in privata trasforma
nel girar di una sera.

Di memoria recente,
il rinato fascismo
chiameremo renzismo,
con tormento cocente.


Omaggio a Carlo Baldi, pittore e poeta,
ispirata dalla visione di un suo bellissimo disegno.

Marion
Languida sta aspettando
forse sognando un sogno.
Al sole caldo brilla
così splende la pelle.
Nuda allusiva offre
fianchi falcati e seno.
Nitida la figura
tra seta appare e dona
dolci illusioni e calde
promesse d'un amore.

 

Metempsicosi
È tornato, è tornato
e nessun l'avea chiamato:
Putin, ras di un gran paese,
ci ricorda il losco arnese
che dei Romanov fu sorte,
decidendone la morte.

L'incantò con la menzogna,
regalando a lor la gogna.
Lercio monaco magliaro,
che di Russia fu il gran faro,
oggi in Putin s'è incarnato,
di lui avendo par casato.

Così il cerchio della storia
si realizza e son memoria
di quegli uomini le stragi
realizzate da malvagi.
Pure il censo li accomuna,
e pel mondo è una sfortuna.

Della Russia è ras 'sto mago,
e di Rasputin è imago.
 

In memoria
(di un amico che un tempo fu collega di lavoro)

Mio caro amico or navighi nell'oltre,
là indagherai sentieri sconosciuti.
Noi qui restiamo sconsolati e muti,
solo ricordi a confortante coltre.

Lieve ti sia la terra che ti copre,
come fu lieve la tua vita franca.
Avevi stile e quello già mi manca,
velo di pianto gli occhi mi ricopre.

Oggi, qui con affetto, ti saluto
e un dì, da te, avrò il benvenuto.

(Luigi Zambelli 27 giugno 1943/24 marzo 2016)
 

"And so from hour to hour,
we ripe and ripe.
And then from hour to hour,
we rot and rot.
And thereby hangs a tale."
(Shakespeare - As you like it-)

From hour to hour
Su volti il tempo scava rughe,
nel viver d'affanni corrotti.
Si coprono specchi impietosi
che immagini rendono cupe.
Ed è quel coprire quei vetri
un gesto che pare che assolva,
lasciandoci senza peccati.
Ma insegue l'angoscia di un'ombra,
la mente aggroviglia pensieri
ed è quell'andare impudente
che pone sul viso altri solchi.
Coscienza non serve a coprire,
così cresceranno i rimorsi
e insonni le notti saranno.

Perdute così corron l'ore,
così si consuma la strada
in vacuo egoistico viaggio,
un viaggio ch'è senza speranza.
 

Lettera a Rostand
Caro Rostand ma che gli hai fatto dire
al gran Cyran che certo non capiva
e che sicuramente non sentiva
quel bacio quale apostrofo a fruire ?

Allor ti suggerisco altra versione
e pure te lo dico, gran testone,
che un bacio c'è per ogni situazione.
Declino il nome e spero mi perdoni.

Ed alla fin di 'sta licenza io tocco
ed erudisco sul significato
chi per amor dal bacio è già stregato,
mostrandosi tapino e un poco allocco.

Declinerò di seguito quel bacio,
che apostrofo lui disse tra parole,
e di Rossana bevve le sue fole,
mentre addentava del buon pane e cacio.

Mi viene in mente il termine bacione
che certamente è bacio da un balcone,
quindi io penso ad un bel baciardo,
che resterà un lambir, sol da maliardo.

Per proseguir propongo un bel baciuffo
ch'è solo una variante , ma col ciuffo.
E poi t'informo che se dò un baciante
è bacio consumato in un istante.

Che sarà poi quell'ottimo baciella?
Ma certamente è furto in camporella.
E quindi segue a ruota un bel baciango,
non si discute, è bacio in mezzo a un tango.

Penso e rifletto su quel gran baciosa,
ch'è un bacio con le spine della rosa.
Ed ecco arriva lesto un bel baciore.
Quando s'invola quello, sai l'ardore!

Un giorno dissi ti vorrei baciestra
e cadde un bacio…assieme a una finestra.
Per riparare lo cambiai in bacienza.
Lo giuro, fu donato con sapienza.

Ed ecco ti propongo un bel bacire,
che sol lo dona quei ch'è pien d'ardire
e se mi viene in mente un bel baciuga,
faire attention! Lo dà una sanguisuga.

Ci penso un poco, et voilà il baciazzo,
non esser malizioso, è un bacio pazzo.
Alfine ti propongo un bel bacioso,
ch'è bacio solamente malizioso.

Ecco, Rostand, cosa sarebbe un bacio,
altro che apostrofo, altro che rosa!
Noi non sappiam che far di quella cosa.
E cambialo, dal cielo, 'sto mendacio!
 

Le intermittenze della storia
In chiuso cerchio par correr la storia,
tra farse e drammi si fa intermittente,
sembra volere confonder la gente
che sempre è usa smarrir la memoria.

Tirannide è incisa in menti malate,
è carsico fiume e torna apparire
e a schietta gente, su cui poi infierire,
narra di fole e di glorie passate.

E a glorie dell'urss 'sto ras vuol tornare,
col ferro e col fuoco annienta nazione,
sapendo che mai avrà punizione
da viscidi amici che dovrà pagare.

Amici blasfemi già invertono il vero
e d'assoluzione un coro si sente,
così di quei film, che gelan la mente,
ci dicon che valgon meno di zero.

E c'è in Italia una banda assortita
di farabutti che là fanno affari,
politici infami, a Putin compari,
Ucraina impongon che resti abolita.
 

Conca d'oro
Percorsi valli e monti , tra ermetiche persone
d'umanità impregnate, d'antica e gran cultura.
Ostacolavan spesso il mio cammin gli armenti
e fermo rimanevo per rimirar quei siti.

Lucenti erano i cieli, di grano le campagne,
colline ricoperte di pochi alberi spogli.
Frinivano cicale sotto impietoso sole
e sotto un grave basto un asino arrancava.

Andavo verso il piano, scendendo la collina
e innanzi a me s'apriva col suo respiro il mare.
Così m'inebriava di zagara l'aroma,
tappeto verde scuro la conca ricopriva.

Monti d'un rosso cupo guardavano dall'alto,
giardini profumati d'aranci e di limoni
e sullo sfondo azzurre danzavano le onde,
a pitturare un quadro d'un paradiso degno.

Un giorno là tornai per viver quei ricordi,
ma i sogni, par destino, svaniscono nell'alba:
cemento è diventato quel bel tappeto verde,
di zagara il profumo in pizza trasformato.

Dei monti la cornice qual gabbia è trasformata
e quel brillante cielo dal fumo è già oscurato.
Persino il mare amato allontanarsi sembra,
quel ch'era un tempo sogno nell'oggi è naufragato.
 


Arasce
(Camminando sulla Julia Augusta*, di storia racconto, di ricordi, di streghe e di fiabe)

Lento cammino sulla Julia strada,
passo fontane, ulivi e ponti e tombe
e scintillar dall'alto vedo il mare
dov'è sospesa un'isola fatata;
cinta di spuma e voli di gabbiani,
par lusingare al viaggiator magie.
Color lucenti ammaliano la mente,
annosi faggi e grandi l'ombra danno.

Par qui d'udir d'antiche marce l'eco,
col rotolar dei carri dei Romani
cui Augusto impose questa strada fare
per Gallia e Spagna al suo voler domare.
Vetuste lastre calco nell'andare,
qui v'imprecaron liguri ribelli
che persero la vita vanamente
quell'invasor tentando d'arrestare.

Rovi di more e lucenti ginestre
corona fanno a quella via fragrante
di rosmarino e salvia e di lavanda,
nel mentre al sole cantano cicale.

Dietro una svolta inaspettata appare
di croce priva un'inquietante chiesa.
Ebbe l'onor di primo tempio un tempo,
Sant'Anna sconsacrata e abbandonata.
Vola il mio sguardo di là da una grata,
c'è sull'altar capovolta una croce,
gemono al vento dei boschi le fronde
per ombre oscure che danzan tra i tronchi.

Turbato vado ancor per quella strada,
lenta così Sant'Anna s'allontana,
s'alzano colli alla mia destra alti,
scendono selve verso riva a manca.
Solo i miei passi odo in quel silenzio,
del mar l'azzurro penetra nel verde
e il suo sospiro da lontan mi giunge;
di pace un senso nel mio cuore scende.

Poi è un arco antico che incornicia un sogno,
chiesetta appar, romanico all'aspetto,
è Santa Croce e contro il ciel si staglia
e Gallinara vibra all'orizzonte.
Intimo e spoglio è l' interno sacrale,
quiete dona e riflessione esige,
da feritoie e finestre dipinte
filtra una luce a frammentar colori.

Byron passò sotto quell'arco un giorno,
l'affascinò veder tanta bellezza,
pianse là nel piazzal sotto la chiesa,
commosso dai profumi e dalla vista.
Per rimirar quel mare allora scendo,
m'abbaglia il suo brillare in mezzo ai rami
che odorano di resina e nel golfo
Alassio già trionfa nella luce.

D'antica storia vien d'Alassio il nome:
era Adelasia d'Ottone la figlia
e amando il suo scudier, tale Aleramo,
gli diè una figlia e fu chiamata Alaxia.
Cacciati dai castelli, in 'ste contrade
si rifuggiaron dopo aspro cammino;
assolti alfine da quel gran sovrano,
marchesi furon con ferrea corona.

Volgo lo sguardo alla turrita Albenga,
stordisce quel turchese, strega il mare
e volano gabbiani dentro un sogno.
Il sole già tramonta nella baia,
così, pian piano, Ingaunia s'addormenta,
di Capo Mele il faro ora s'infiamma
e strada del ritorno a barche insegna.
Di luci Arasce brilla… ed è un incanto.

Di quel fatato luogo e dei colori
nel cuor mi resteran con nostalgia
dolci ricordi della strada ch'io
percorsi con amor nella magia.

*(La via Julia Augusta è strada romana che, voluta dall'imperatore Augusto, collegava Piacenza -all'epoca sede di numerose truppe-
 alla Gallia, passando per l'alta Liguria. Il tratto di cui narra la poesia ha inizio ad Albenga e termina ad Alassio)


 

" Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, è nulla per noi,
perché quando ci siamo noi non c'è lei e quando c'è lei non ci siamo più noi."
(Epicuro -Lettera sulla felicità-)

Ecco che viene
Nero mantello
dall'orizzonte
incappucciata
ecco che viene.
Passo di danza
svelta s'accosta,
le scorgo il viso
senza sorriso,
con una mano
la falce regge.
Con apprensione
presto le chiedo
l'ultimo taglio
di rimandare.
S'apre ad un ghigno
l'orribil bocca:
"serve a che cosa
ancor restare ?
Di quel che fosti
nulla rimane
neppur ricordi
né il seminato.
Con me verrai
là dove l'oltre
vuoto è deserto
e silenzioso.
Neppur di pace
ti accorgerai
niente nel niente
diventerai.
Cosa rimpiangi?
Nulla sei stato
e ancor nel nulla
ti porterò.
Dubiti ancora
di questa sorte?

Secca è la fonte
…sono la morte."
 

Unità di misura
Quanto tu m'ami in bit?
Arrivi forse a un giga ?
Ed io che t'amo un tera,
tendendo verso il peta,
dovrei non lamentarmi
di questa tirchieria ?
Ma naviga nel web,
o dolce mia spilorcia,
ti dedico i miei voti
ed anche la mia noia.
Là certo troverai
la giusta dimensione
così che in pochi bit
t'anneghi la passione.
 

Atene andata e ritorno
Tre volte Platone Trinacria percorse,
coraggio e un'idea scaldavangli il cuore,
voleva insegnare la filosofia
a chi, malamente, le genti gestia.

Dionisio fu il primo tiranno incontrato,
quei che a Siracusa splendore avea dato.
Fu bene ospitato, gli diede lezione,
ma mal digerita causò una reazione.

Così quale schiavo l'illuso è venduto,
su sporca trireme temette la vita
perché pel riscatto servivano mine
che quel genio grande sdegnava d'aver.

Venia, di Cirene, fraterno Anniceri
e volle salvarne, pel mondo, il talento.
S'accolla quel prezzo, pagandone venti,
né volle rimborso da amici sinceri.

Tornato in Atene fondò l'Accademia,
poi fu richiamato nell'isola d'oro.
Lo volle Dione, che amico era grande,
Dionisio secondo doveva istruir.

Fu questo secondo gran frivolo invero
e del genitore disperse quel regno,
ma dell'ateniese rimase ammaliato,
per sé lo voleva qual sua proprietà.

Son saggi i consigli del gran pensatore,
ma la gelosia, che il re già rodeva,
decise l'esilio per Dione lo zio,
nel mentre Platone in Atene tornò.

Là appreso l'evento non stette a pensare
ed in Siracusa è un lampo a tornare,
ma fu per castigo rinchiuso in prigione
e infine si disse: che vana lezione!

Ma come ci insegna saggezza ch'è antica
fortuna l'audace sostien nella vita.
Così arriva Archita, di Taras sovrano,
che, amico d'entrambi, lo fa liberar.

Da queste esperienze quel genio pensante
tirò il suo bilancio con grande sagacia
e disse e ridisse che per governare
filosofi solo dovevano andare.
 

Amare il mare
Ho visto il mare,
cantava una canzone
e c'erano sirene
per farmi prigioniero.

I suoi sussurri
che son dolci carezze,
il suo venire,
l'allontanare.

Mi coglie, mi conquista,
pace mi dona
e nell'amor m'avvolge,
donando azzurro sogno.

Bianca una vela vola
e contro il sol si staglia,
s'allunga la sua ombra
a cogliere sospiri.

Dentro una bianca rena
affondo lentamente
e alfine inginocchiato
pagano omaggio rendo.
 

La befana vien di notte… vabbè!


Furono fate, dai candidi veli
ora svolazzan, coperte di peli.
Usan la scopa, allusiva intenzione,
ma nel volar coglieranno carbone.

Ricordan tempi ed amori passati;
quant'era bello andare per prati !
Son oggi a lutto, vestite di nero,
volano alte ma han sempre un pensiero…

Portan regali, la gerla n'è piena,
e gli ingobbisce persino la schiena.
Son tentazioni quei doni da usare
qual giusto prezzo… per poter amare.

E le befane, che grande fatica !
dovran pur badare ad usanza antica
che qual punizione, in tragico luogo,
tostate le vuole sopra un gran rogo.
 

Rinnovata preghiera per l'anno nuovo
Che Odin m'ascolti. Miei cari amici io parlo:
ci guidan stolti che sono un gran bel tarlo.

Da lor deriva quel nostro amaro andare,
vita retriva ci vanno a preparare.

In tempi andati s'usò la ghigliottina
ma noi, beati, sguazziamo in 'sta latrina.

Preghiamo in coro che l'anno ch'è in arrivo
porti decoro. Ma a loro un lassativo!
 

Haiku
(Requiem in japanese sauce)

Ho visto un gatto
aveva un topo in bocca
si soffocò.
 

Gerundiade
(sollazzo poetico con licenze)

Amando l'amor per l'amore,
badando a non perdere il cuore,
cantando quel che forse costa,
donando ben oltre il dovuto,
essendo alla fine cornuto.

Facendo di legge dovere,
godendo dell'altrui piacere,
habendo una pena nascosta,
iellando chiunque io possa,
lasciando frementi le ossa.

Muovendo così questa vita,
narrando alla gente assopita,
offrendo per loro risposta,
pensando che hanno iattanza,
quotando la lor stravaganza.

Rendendo normato il piacere,
sognando quel suo bel sedere,
tornando di nuovo ove sosta,
uscendo col viso poi bianco,
vedendo nessuno al mio fianco.

Zappando…. alla fine…. un po'…. stanco.
 

Judrio, dicembre 1963
Si capovolse d'un subito il mondo,
sterpi ed arbusti divennero cielo,
sotto s'espansero nubi ed il gelo
fu nel profondo.

Ruote giravan, negate all'asfalto,
cupo il silenzio e la nebbia scendeva,
sotto, nel greto, il torrente attendeva
l'ultimo salto.

Placca gelata m'aveva beffato
e fuor di meta portò il mio cammino,
ahimè quel giorno non fu cartellino,
seppur bramato.

Quella memoria ritorna nel sogno
di quella strada che un dì camminavo,
quando al lavoro quieto io andavo
e ancor l'agogno.
 

Sono curioso
Vissi in un tempo
dove il miele scorreva
in fiumi ameni
e la manna pioveva.

I mari azzurri
rallegravano il cuore,
ebbi e donavo
emozioni d'amore.

Oggi una nube
par confonder la strada,
segna un cartello
terminale contrada.

Tempo rimane
per pensare a quell'ieri
quando correvo
ubriacanti sentieri.

L'oltre intravedo
e ne sono curioso.
Nulla rimpiango
del mio tempo fruttuoso.
 

Era rosa l'apostrofo
Di Cyranò che tutto avea capito,
forse per via del naso sul suo viso,
così, per richiamarlo al vostro udito,
qui vi racconto, con amar sorriso.
Fu grande spadaccino e dissoluto,
poeta era nel cuor ma pronto al brando
e di Rossana amò pur lo starnuto,
le stava accanto sempre, disperando.

Un giorno la donzella, un po' impacciata,
gli diede appuntamento nella casa
e il prode eroe rispose alla chiamata,
certo d'averla al fine persuasa.
Ma la fanciulla d'altri era abbagliata,
da lui voleva aiuto ad istruire,
(molto la donna s'era innamorata)
rozzo cadetto che la fa impazzire.

Di nobil alma era quel guascone,
amaro inghiotte e non si tira indietro,
così si presta a dar qualche lezione
per migliorar quell'uomo ch'era tetro.
Fu gran fatica acculturar Cristiano,
che bello era ma di scarsa cervella.
Cyrano allor lo prese per la mano,
per lui d'amor compose ritornella.

Destino volle i due compagni in guerra
e là Cristiano ebbe la sua morte.
Rossana disperata allora erra
in un convento a pianger la sua sorte.

Ed alla fin di questa storia io tocco
le corde più profonde dell'amore:
Cyran ferito disse amore al cocco
e lei capì, l'amò, ma il guascon muore.

Capì Rossana alfine il gran soffrire
d'un animo pugnace ma sincero
che la sua vita spese a perseguire
alti ideal, qual unico sentiero.
 

La Luna
Ammasso d'amor persi,
di liriche mai scritte,
speranze, preci e voli
confusi di gabbiani.

Questo da sempre accoglie
nel seno suo beffardo
e pur di quell'Orlando
la vaga sua ragione.

E son quasi preghiere
quei languidi sospiri
che l'uomo a lei rivolge,
pregando aver l'amore.

Incanto è delle notti,
complici a infervorare,
diviene ambito dono
per ogni donna amata.

Luogo adibito resta,
quale pagan rifugio,
allo svanir fugace
di stolti sentimenti.

…di noi sorniona ride.
 

Minotauro
(da un racconto di F.Durenmath)

Cerco nel labirinto
scuro della mia mente.
Cerco nel mezzo
di contrapposti specchi.
Cerco una luce
che mille ed abbaglianti
sprazzi
spezza.
Cerco e non vedo.

Son abbagliato.

Nova da nana bianca,
e quantiche galassie
dove precipitando
si sciolgon le memorie.
Contorti sono in cerchio
lo spazio e il tempo
o in infinita retta
volan lo spazio e il tempo ?

Scelgo.

Teseo,
carnefice lucente,
ecco che appare.
 

Inferno?
(infernal dedalo tra piane, tronche e sdrucciole, tra lor arruffate)

Le gobbe d'una strada
seguì velocemente.
Venia d'altra contrada
altro rapidamente.

In ciel si ritrovarono
e cominciò la lite.
I santi l'arbitrarono
col lor guardare mite.

Però dall'incidente
i due d'altro parlarono
e non c'entrava niente
ma i cuori rivelarono.

Fu subito un subbuglio:
"La moglie tua vendesti."
"Ma senti un po' che raglio:
la mamma tu potresti."

"Con te i pargoletti
sicuri non staranno
e chiuderan gli occhietti,
temendo qualche inganno."

"Che c'è di te da dire?
col fisco non sei onesto
e facile è predire
che finirai nel cesto."

"A larghe mani spandi
sogni ed infamità,
la droga a tutti quanti
tu vendi in libertà."

I santi, inver stupiti
da tale esibizione,
restarono allibiti
da simile tenzone.

Riuniti in un conclave
a lungo discettarono,
un pater nostro, un ave,
sentenza alfin vergarono:

"Non v'è infernal girone
che accogliervi vorrebbe,
anche s'è punizione
che certo converrebbe.

Ma in terra tornerete,
peggior che nell'averno
così la vita avrete.
Per voi sarà un inferno!"

Tornarono a lor siti
e qui perseguitati,
da crudeltà avviliti
e pur sodomizzati.

Scontarono il lor fio
con lacrime roventi,
pregarono il lor dio
di renderli redenti.

Impietositi i santi
in ciel li richiamarono
e nei calor fiammanti
poi li precipitarono.

Moral di questa storia,
udite amici cari,
se avrete vita rea
saran demon compari.
 

Memorie meneghine
(Milano 1963)

Ricordo ancora la vecchia Milano,
dove per studio andai e per mestiere,
venendo dal levante da frontiere
di quel Friuli che di là è lontano:

andavo per Navigli a passeggiare,
da S. Lorenzo alle colonne in poi,
dov'eran zoppicanti ballatoi
ma in chiare acque si potea pescare.

Porta Marengo, al tempo Porta Cicca,
col puro stile allor m'affascinava;
talvolta fitta nebbia cancellava
il bello da città che n'era ricca.

La sera a cena solito ero andare
in bettola chiamata "da Cavalli",
il menù fisso, giuro, era da sballi:
brasato… che il barol vide passare,

ma c'era un'atmosfera seducente,
trovavi sigarette a contrabbando
ed un barbone brillo che cantando
"Lugano addio" commovea la gente.

Ripenso, con colleghi, che una sera
di vivere volemmo un'avventura
e ci recammo in luogo da censura:
Etoile di quel locale il nome era

e ci trovammo tra luci soffuse,
graziosa barman, bancone elegante,
coppie appartate in cantoni con ante
…ma solo gay riempivan le bluse!

D'Ambroeus nella città son ritornato,
ancora e ancora per mia professione,
ma sempre ne provai una delusione:
quelle emozioni non ho più provato.

Il tempo cambia, di certo pur l'età,
ma ancora cerco quel che più non ha.
 

I Poeti
(dannunziana)

Settembre, andiamo. E' tempo di tornare.
Ora in terra di casa i miei sitani
tornan satolli e, dalle amate sponde,
al sito antico vanno ch'è accogliente
e azzurro è, quanto il partito mare.

Emozioni han bevuto lungamente,
sì che sapor di salso rimarrà
nei cuori tristi esuli a conforto
che lungo imbrogli la lor sete in via.
Rinnovato hanno forze per poetare

e vengon sul tratturo vecchio e sano,
quasi a cercarvi pace e comprensione,
correndo strada degli antichi padri.
O quanto dolce è il risentir fremente
il dolce canto della poesia!

Ora lungh'esso il web staranno lieti,
è calma l'aria e meste son le menti.
Vigila il Vate e spera che ci sia
qualcuno che tra lor superi Dante.
E cascan, sprizzan, spruzzan versi dolci.

Ah, perché non fui pur io co' miei poeti?
 

Sposa fedele
(rilettura di "Alla morte" di Cardarelli)

Su! Giungi lieve,
come fedele sposa,
a compier dunque
la vita che fu amante.
Sii come neve,
che quando pian si posa
imbianca ovunque
e par gioir festante.

Vieni soave,
quale sospir d'amore,
dammi la mano
e guidami nell'oltre.
Là c'è la chiave
per decifrar quell'ore
d'un viver strano
che fu un'oscura coltre.
 

Il punteggiar assente
(dedicata a chi proprio lo ignora)

Se chiara poesia si vuol fare,
gli accenti al posto giusto devon stare.
Ma ciò non basta a fare melodia
di quel che scrivi, né a donar malia.

Il ritmo, carme e musica accomuna,
se manca quello non avrai fortuna
e devi un altro inghippo ricordare:
le pause bisogna adoperare.

Ci aiuta la grammatica italiana;
là ci troviamo una faccenda strana,
di segni arcani è fatta, e a pochi noti;
è obbligatorio, a quelli, esser devoti:

il punto è un accidente che il dir blocca:
è conclusione, inver, di quel ch'hai detto.
La virgola non è mica un dispetto,
ti obbliga a fermata ch'è pitocca.

Virgola e punto sposi, lui di sopra,
dicono di discorso non compiuto;
per completarlo poi ci vuol l'aiuto
d'un altro verso che il sentiero scopra.

Ci son due punti, e stanno un sopra l'altro;
come maestri sono lì a spiegare,
a ribadir concetto e ad illustrare
il vero senso, e di sicur nient'altro.

La suspense danno al verso quei tre punti,
di sospension chiamati, a giusto dire,
ma dopo c'è qualcosa da scoprire…
di certo troverem degli altri spunti

Tant'altri ve ne sono veramente,
grafici segni, pieni di valore,
ma ve n'è un che mi colpisce il cuore,
per il suo effetto, certo sconvolgente.

M'intrigan molto i puntini a cavallo
d'un "i" quand'è seguita da vocale,
che per divino effetto, eccezionale!
Dittongo in iato muta, ed è uno sballo.

E' vero, c'è l'ermetico poetare,
che non si cura d'essere capito
e spesso appaga solo il nostro udito
e più di questo non riesce a fare,

ma quando poesia è destinata
ad appagare e menti e cuor bramosi,
amici cari, via, siate pietosi
e fatela coi segni, la cantata!
 

Esegesi del plazer "Guido io vorrei"
Narrò dell'amicizia il grande Dante,
non disdegnando di trattar del sesso.
Non è poi chiaro s'ei fu un po' furfante
e il dubbio ci rimane fino adesso.

Eppur di già l'aveva conosciuta
Beatrice, che poi in cielo lo guidava.
Di quel che fece ella fu avvisata
e quindi in Purgatorio il fustigava.

Vatti a fidar di 'sto poeta grande
che per purificarsi fè un gran viaggio,
avendo nella testa le mutande
cui par rendesse sempre grande omaggio.

Poi s'innalzò, ma a chi la vuol contare:
persino una tenzone a organizzare!
 

L'ultimo scherzo
Farò uno scherzo alla secca comare
e quando arriverà, per sua missione,
basita resterà com'un minchione:
io vivo, allor, non mi farò trovare.
 

Tempo di treni
Parto da una stazione
viaggio senza opinione.

Vado senza sapere,
guardo senza vedere.

Senza desiderare,
ore sento passare.

Tornano i miei ricordi
a giorni che non scordi.

Tempo è il tempo obliare,
giunto è quello d'andare.
 

Marzialeide
(dedicata allo sfasciacarrozze fiorentino)

Venezia da Casson andava dritta
ma tu a Brugnaro l'hai voluta ascritta
e pure la Liguria hai regalato
a quel padrino che non hai scordato.

Marino, ahimè, per te è troppo onesto,
non c'è guadagno per chi è disonesto.
Trinacria è governata da Crocetta
ma è comunista e quindi è una disdetta.

L'articolo 18 hai cancellato
e chi lavora oggi è sfortunato.
Or sulla scuola poni l'attenzione
e ai presidi darai un gran bastone.

C'era il PD, sinistra nel paese,
ma trovi oscene quelle lor pretese,
t'importa poco chi sarà il compagno,
per te conta soltanto il tuo guadagno.

Di divina mission ti sei investito:
far rifiorire il fascio ch'è sopito.
 

Romanze
Recondita armonia
di bellezze diverse,
grand'è la nostalgia.
di quel che il mondo perse.

Lontana come un'eco
giunge una melodia:
la canta un vecchio cieco,
sembra una parodia.

Come un bel dì di maggio,
triste l'aedo canta,
mentre del ciel messaggio
è il nero che l'ammanta.

Canta lucean le stelle,
ma quando al ciel guardiamo
svanite sembran quelle
e più non le troviamo.

Una furtiva lacrima
cade dagli occhi al vecchio,
'ché non son come prima
chiare acque ch'eran specchio.

L'uomo co' suoi peccati
e brame di ricchezza
causò così conati,
terra rese lordezza.

Un dì m'era di gioia,
ma noi perdemmo i cieli,
per bramosia che ingoia,
coperti son da veli.

Di quella pira ansante
l'umore sentiremo,
nel suo calor bruciante
tutto discioglieremo.

 

Bisbigli di sale
(ouverture, suite, èpilogue)

Dolci ricordi
alla mente affannata
portan lamento.

Furon tuoi baci di scaglie dorati,
davan chiarore, coprivan le stelle.
Furon tuoi baci granelli di sabbia,
scorrevan tra dita e il vento disperse.
Furon tuoi baci ricordi d'allora,
fatti d'inganni, di false illusioni.
Furon tuoi baci frammenti di tempo,
che col suo passare sogni cancella.
Furon tuoi baci, che amari sospiri !
Bisbigli di sale sciolti nel niente.

Stelle malate
al mio mondo malato
spengon la luce.
 

 

"Il mondo si divide in due parti:
c'è chi crede e chi ragiona"
Renè Des Cartes

La stella
E' passata una stella cadente,
la sua scia luminosa abbagliava,
svelta andava diretta ad oriente,
la mia mente così si svagava.
Poi dall'alto mi giunge una voce
e domanda da lei sento fare:
"su, rispondi, però sii veloce,
qual desio potrei oggi appagare?"

"Qui prevale egoismo e violenza
la morale è un ricordo lontano,
la saggezza non è in questa stanza
qui si vive in un tempio pagano.
Ed allora ecco quel che ti chiedo:
tu che infiammi i cieli profondi,
con l'immenso calore che vedo,
pianeta spazza e certo l'affondi."

"La mia luce è certezza d'amore,
-come un lampo brillò la risposta-
il mio senso è commuovere il cuore.
So che è duro il cammino e mi costa,
m'altra scelta non ho per salvare.
Penetrare dovranno i miei raggi
nelle menti e nell'anime avare,
perché parlin d'amore i linguaggi."

Ed io resto a guardare 'sto viaggio
e una vaga speranza s'accende.
Forse è solo question di coraggio,
senza il quale rimane più niente.
Che sia vera o sia falsa la voce,
quel che conta è un vivere giusto.
C'è chi crede e così si conduce,
c'è chi pensa e l'amore è il suo gusto.

 

Il sole può tramontare e poi risorgere;
noi, invece,
una volta che il nostro breve giorno si spegne,
abbiamo davanti il sonno di una notte senza fine.
-Gaio Valerio Catullo-

Rapida arriva
Contro ciel scuro, foschi presagi,
con nero manto, dall'orizzonte,
incappucciata rapida arriva.
Guardo il suo viso senza sorriso,
sul suo destriero svelta s'appressa,
in mano secca la falce gronda.

A domandare, così m'appresto,
l'attimo estremo di rimandare.
S'apre ad un ghigno la sua fessura
a che ti serve ancora restare ?
Di quel che fosti nulla rimane,
di quel ch'hai sparso neppur l'impronta.

Con me verrai là dov'è l'oltre,
vuoto deserto di solo nulla,
neppure un suono ne intenderai,
niente nel niente diventerai.
Di tutto questo neppure un pegno
o altra moneta sarà il suo prezzo.

Di te, stai certo, si scorderanno.
Serve a che cosa dunque il tardare ?
Chieder dovresti d'accelerare.
 

Con un soffio mi porta…
(prima, durante e dopo un intervento chirurgico)

Cubo bianco e splendente
di riflessi d'acciaio,
in un hangar deposto
in attesa del lancio.

Verdi umani inquieti
catapultan frementi
astronavi traghetto
con smarriti viandanti.

Tutto attorno è un ronzio,
si galleggia sospesi
in un mondo di ghiaccio
aspettando il decollo.

Lesta arriva un'aliena
mi collega a dei fili,
mentre fiabe racconta,
cuore e mente scandaglia.

Con un soffio mi porta
in un dove ch'è ignoto
in un quando sperduto
di quel tempo infinito.

E s'intreccia lo spazio
con il cerchio del tempo
tutto è fermo, non vedo,
mi circonda il silenzio.

La magia del ritorno,
non conosco persone.
Quell'intreccio ha donato
forse un mondo mutato.
 

Una vela
La guardo che passa lontana,
si scioglie nel mare e nel cielo,
svanisce, trasporta pensieri
di un tempo che diede illusioni.

Rimane soltanto scordare
amori svaniti in un sogno,
speranze che son naufragate,
certezze dissolte nel nulla.

Su tutto l'azzurro del cielo,
nel mare tagliente è uno scoglio,
la spuma d'un onda l'avvolge,
sommerge, cancella i ricordi.

La vela veloce scompare,
cobalto quel mare profondo,
amaro il sapore del tempo,
memorie che son da obliare.
 

Il sorpasso
(all'epoca di Renzi, spassoso e dannoso Presidente del Consiglio)

In tutte l'arti
già sovente è accaduto
che son gli allievi
a soverchiar maestri.
Son molti i casi
in musica e scultura,
in poesia
e pur nella pittura.

Ma la sorpresa,
in questi tempi infami,
la fa il buon Renzi,
che il Berlu sopravanza.
Racconta fole,
con grandi convinzioni,
certo di dire
a un popol di minchioni.

L'ultima fiaba,
che dal cilindro toglie,
nega le tasse
per far la finanziaria
e nega pure
che dovrà far dei tagli
…e noi siam qui,
ad ascoltar quei ragli.

Abbiamo un mago
per nostro presidente,
fa le magie
che ad altri son negate,
mischia le carte
com'un prestigiatore,
mentre l'Italia
si sbellica…e poi muore.
 

Inganni
A questo viver spiegazione dare
non bastan pensatori inconcludenti
che s'arrovellan nel voler spiegare
che i patimenti, in fondo, fan contenti.

Raccontan che la vita è pure dramma
ma se da saggi noi l'affronteremo,
guardando in alto, proprio qual programma,
medaglia d'or dal cielo in premio avremo.

Perché lassù ciò che si vuol si puote,
e questo in terra mai ha da avvenire;
non indagare il dubbio che ti scuote,
vivi, da pio, di vita il divenire.

Qualche serpente tenterà il tuo viaggio
di rose e miele mostrerà il cammino
se solo appena appena avrai il coraggio
e rose e miele avrai per tuo destino.

Così viviam tra incudine e martello,
santa morale o la sregolatezza,
ed ignoriam cosa di vita è il bello
e del suo senso avremo mai certezza.

Passiamo l'esistenza a dubitare,
le scelte che facciamo incerte sono
e neanche dopo l'ora del passare
risposta vi sarà…neppure un suono.
 

Allitterando
Piansi al tuo pianto,
gioii di gioia,
amai l'amare.

Ma poi tradito,
da tradimento,
restai basito.

Corsi correndo,
caddi cadendo,
fuggii fuggendo.

Mi raggiungesti,
ma in gran ritardo,
tardi giungesti.

Perch'io provvidi
a provvedermi,
d'altra migliore
per migliorare.

Così alla fine
e finalmente,
felicemente,
sto gaiamente.

Allitterando
e allitterando
allitterai
e amor trovai.
 

Il velux
Sul declinante tetto
antiche son le travi,
da vene son percorse,
risaltan vecchi nodi.

Ascolto fuori il vento
che i pini fa ondeggiare,
grida gabbiano fuori
e il ciel vuol conquistare.

Son come sinfonia
la pioggia e il dolce vento,
germoglian melodia,
rapiscon come un canto.

E piove e piove e piove
su quei tetti marrone,
ma piove e piove e piove
sul vetro ed è emozione.

Poi squarcia il sol le nubi,
il vento è un caldo soffio.
Dolce mormora il mare,
tenero è ricordare.
 

Candela
Sul muro danzar vedo un'ombra scura,
al lento consumarsi di candela,
ombra ch'è generata da paura,
paura che la mente già mi gela.

Rileggo della vita la scrittura
che con fatica il mio pensiero svela,
rivedo amori grandi e l'avventura
che della strada tesseron la tela.

Svaniscono i ricordi lentamente,
guizzerà ancora prima di morire,
poi il buio resterà e tristemente

la mente vagherà senza più meta,
senza più sogni lieti per gioire
e come quella fiamma infin s'acqueta.
 

Un sogno
Nacchere di cristallo
parole tue,
quegli argentini suoni
gemmano canti.

La pelle di magnolia
dolce profuma,
ti bacio e sai di pesca
e seta sfioro.

Annego nel tuo sguardo,
svanir vorrei
nel ciel che del turchese
han gli occhi tuoi.

Con magico venire
tu m'incateni,
lieve siccome piuma
e danzar pari.

La musica t'avvolge
e incanti dona,
suono non v'è più dolce
e t'accompagna.

Di questa terra sei
e sembri sogno,
da cui mai più destarmi
bramo soltanto.
 

Chisciotteide
"A voi, di nobil censo,
lo dicon vostre insegne,
io, prode cavaliero
montato su destriero,
final giudizio chiedo.

Dovrete sentenziare,
con aulico alto dire,
che bella tra le belle,
nell'universo intiero,
primeggia la mia dama."

"Tu nobil schiatta vedi
in noi poveri cristi,
e, ohibò, grati ti siamo.
Ma per sputar sentenza
vederla noi vogliamo !"

"Felloni e anco marrani
mio verbo contestate ?
Che… ? Forse per sapere
che luna in cielo splende
necessita il vederla ?"

"Non è proprio l'istesso,
larva d'un cavaliero,
la luna godimento
apporta al mondo intiero.
A te soltanto, invero,
dattela la tua amata.
Che almeno un suo ritratto
potessimo ammirare !"

"Oh di gran puta hijos
la lancia assaggerete !
Carica a pancia bassa
cavallo mio fedele…
….ma non così, poffarre,
la terra vò ad arare !"

"Addosso a 'sto buffone
che merita lezione !
Usiamo quei bastoni
scambiati per insegne,
puniamo l'arroganza
di chi, prova non dando,
imporci vuol sentenza."

"Ahimè m'hanno conciato,
mio immaginato bene.
Per raddrizzar gl'inganni,
che oscuran la giustizia,
dovrò ambulare sghembo
p'andar dove conviene.

Se poi tu vuò lenirmi,
porta al futur'incontro,
immago tua adorata,
che più del mio bel dire
varrà il suo guardamento.

E poi, già che qui siamo,
un altro dono chiedo,
perché questo m'han detto,
battendomi quei prodi.
Non so di che cianciasser,
gridavano… d'un fiore.
Da qualche parte certo
dovrà portar calore.

Mio fido Dozzinante,
quanto dolor m'avvolge.
E su, non protestare,
sbagliato ho forse il nome,
ma chiaro è il mio pensare.

Un giorno fui investito
d'una divin missione:
il mondo ripulire
d'ingiuste ipocrisie.
Per realizzar 'sto sogno
'sta strada obbligo è il fare."

---Così, caracollando,
tra un ahia e un poffarbacco,
condusse la sua vita.

Miguel, mancino monco,
questo ci ha raccontato,
mostrandoci un inetto
che, sempre ottuso, lotta,
negando questo mondo.

Ma Unamuno, il grande,
riscrive altra avventura:
quei solidi ideali,
ch'eran la sua cultura,
nel Don errante incarna.

E chi capir volesse,
le due versioni approcci
per somme, poi, tirare.---

 

Tre dita
(Paris at night, renversè)

Tre dita dentro agli occhi
m'hai messo crudelmente.
Il primo per stupirmi
e per chiarir concetto.
Quello di poi secondo
per ribadirne il senso.
L'ultimo, terzo infine,
per seppellir l'amore.
E hai spento pure il sole,
e stelle ed i cerini,
mentr'io, ma che tapino!
in braccio ti tenevo.

Ed ecco la traduzione in francese:

Trois allumettes une à une allumées
dans la nuit.
La première pour voir ton visage
tout entier.
La seconde pour voir
tes yeux.
La dernière pour voir
ta bouche
Et l'obscuritè tout entière
pour me rappeler tout cela
En te serrant
dans mes bras.
Jacques Prévert


Neuromarketing
Ridatemi il cervello,
lo avete violentato,
voglio che torni bello
e non più programmato.

Di luce immacolata
splendea tant'anni or sono,
rivoglio quel passato.
Chiedetemi perdono !

In quel che ancor v'è ignoto
resta però un barlume
ed userò quel vuoto
per ripulir pattume.

Scienziati sciagurati,
che dentro scandagliate,
vi spero condannati
con cento e più frustate.

Il saper vostro usate
per coglier le emozioni.
Tentate, via osate,
capite le passioni !

Di quei neutroni il flusso
dovete indirizzare
non per imporci il lusso
ma al ben che posson dare.
 

"Un gelo allora in terra mandò il buon Dio."
(dalla "Bibbia degli uccelli" c.14 v.37)

La vera leggenda dei giorni della merla
C'erano bianchi merli che andavan sussiegosi,
col lor candor brillante di merle eran golosi.

Ma un brivido di freddo percorse quelle piume
e disse merlo a merla, la voce fu un barlume:

"Qui non si batte chiodo,
farem l'amore al caldo
laggiù io vedo ed odo
camin che ci riscalda.
Con me vieni al calduccio
faremo pappa e… ciuccio."

La merla intirizzita, m'anche con qualche voglia,
veloce lo seguiva, fremente poi si spoglia.

Così l'intero stormo, per freddo o per bisogno,
in quei camin fumanti di colpo si buttò,
per realizzare un sogno, l'esempio ricopiò.

Finita che fu l'orgia sentirono la fame
e uscirono volando in cerca di mangime.

Dall'alto all'improvviso scese una gran risata,
avevano quei merli la lor livrea cambiata.
Fu il fumo dei camini, non visto per l'amore,
che il bianco, a lor sì caro, virò del suo colore.

Ed ecco perché oggi, vedendo merli neri,
di certo noi faremo maligni dei pensieri.
 

Lo sfasciacarrozze gigliato
(chiedo perdono al collega Sandro M.)

Egli è di certo mobile
ed è mortal respiro
per quel partito immemore,
orbo di quello spiro
che volle, alla sua nascita,
giustizia perseguir.

Lui, folgorante in cattedra,
lo rende una maceria,
e indifferente al sònito
d'italica miseria,
favori alle combriccole
soltanto appresterà.

La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
lecca pensando al pegno
e il giunge e ottiene un plauso
ch'era follia sperar.

Dall'Alpi a Capo Passero,
dai Liguri al Salento,
di quel securo, il fulmine
anticipa il talento.
…E la DC, è palpabile,
ritorna a governar.

Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
sul patrio suol che sanguina,
per quella porno intesa,
tra Renzi e Forzitalia,
sventura pioverà.

 

Temporale
Rimbalza e rotola di cirro in cirro
brontola e ruzzola, rimbomba il tuono,
replica l'urlo d'assi cadenti.

Saetta un lampo,
sfrigola l'aria,
da terra al cielo s'alza una vampa.

L'acqua s'abbatte su tetti e terre
strepita e scroscia, dilava e picchia.
Ritma la pioggia, pare un lamento.

Ulula il vento e storce gli alberi,
sibila e spazza
e prati e foglie.

…all'improvviso torna quiete.
All'orizzonte, come un incanto,
magico appare l'arcobaleno.
 

Il Pil
Il Pil della mia strada
è giunto al lumicino,
c'è l'Istat che m'indaga
risulta un bel casino.

Donai a piene mani
tutto quel che potevo,
forse incontrai dei nani
o forse m'illudevo.
E tiro un po' le somme
di questa lunga strada,
ne ho consumate gomme
contrada per contrada !

Lo spread tra adesso e fine
già cresce a vista d'occhio
ed offrirò tartine
a chi verrà col cocchio.
Magari avvelenate,
coperte di caviale
e ci vorran giornate
per digerirle male.

Default è sentenziato
per vita spesa bene,
ma non conta il passato
se spezzi le catene.
Uscire dai binari
è cosa non gradita
non rispettar gli orari
rovina la tua vita.

Adesso aspetto solo
che giunga a conclusione
quel che per me fu volo
e splendida stagione.
 

Notte
Lieve è la notte intessuta di baci,
lieve e si svolge nel tempo che passa,
sento il calore di morbide labbra,
sfioro la seta di un tenero corpo.

Ecco che l'ora sorpresa s'arresta,
ecco che gode e sorseggia l'amore,
vorrei fermare questi attimi intensi,
vorrei svanir mentre il tempo svanisce.

Vola nell'aria un celeste profumo,
vola e diffonde una musica dolce,
c'è nei suoi occhi il brillar dell'opale
è un ondeggiar di papaveri il viso.

Sfugge la notte e profondo nel cuore
resta il ricordo di cieli perduti,
vagano note d'armonica uscite
e di un violino va il suono struggente.
 

Riti pagani
Giornate son queste di feste pagane
e deschi son pronti siccome are antiche.
Vestali agghindate a sembrar meno nane
son pronte a quei riti, si truccan da amiche.

Gli reggon lo strascico i lor sacerdoti,
con smoking a nolo che paion pinguini,
nell'aria si spandon profumi costosi,
che ahimè sempre avranno pagato i tapini.

Per il sacrificio son pronti alle bolge
pavoni imbottiti, cassate e liquori
troneggia una mela, porcello l'avvolge,
c'è vin spumeggiante, coriandoli e fiori.

Furtiva una mano palpeggia un didietro,
così si festeggia nov'anno che sorge.
Neonato è già l'anno ma ha odor di piretro
e scarse speranze di pace ci porge.

Così si festeggia per esorcizzare
quei dodici mesi di lutti e dolori,
passato nefasto ch'è sol da scordare.
 

Prudore
Sospetto
d'aver il sospetto.
Sospetto
un sospetto.

Io so
che tu sai
che io so.
E sai
com' io so.

Perplesso
di molto perplesso,
domando facendo
domande.

Risposte
non sono appaganti,
t'attacchi su specchi
cadendo.

E resta
un fastidio insistente.

In mezzo,

là proprio,

alla fronte.
 

"Inseguendo l'ombra, il tempo
invecchia in fretta"
(Crizia, secondo Platone)


Invecchia il tempo
Tra cupi boschi e tra verdi pianure
scorre la vita.
Indifferente a noi il tempo passa,
e vagano ombre.
Quel che rimane d'un viver ansante
sono ricordi.
Ricordi vaghi, ma inutili a tutti,
fatti di niente.
Ci invecchia in fretta il tempo irrispettoso
del nostro andare.
Da rughe sul viso e rughe sul cuore
restiamo incisi.
Siamo acqua che corre veloce al delta
di un vuoto mare.
 

Riepilogo
Ripensa a tutti i fiori che non colse,
ai tanti amor perduti,
ai libri che non lesse.

Ora che il tempo volge al suo tramonto,
or che s'appanna il sole
e senno più non scalda,
finiscono quell'ore di speranza.

Ore di fantasie ed emozioni,
di sogni, di disegni e di illusioni,
svanite nel trascorrere impietoso
d'un'altra età fremente di passioni.

Reclina il capo stanco e la sua mente
resta solo in attesa
dell'ultimo riposo.
 

La pagina della Sfinge
T'affogherò
di baci.

Per poi salvarti
col bocca
a bocca.
 

Mondello: esterno notte
Luci che si rifletton su mare trasparente
e stelle che respiran nel cielo blu cobalto.

Luna che sulle onde si liquefa e si rompe,
onde che sulla sabbia donano il lor frusciare.

Il Monte Pellegrino balugina di fari.

Ricordo una chitarra, cantava d'un amore,
mentre s'allontanava nave verso orizzonte.
 

Scorreva l'acqua
Veloce e turbinante,
tra acuminati sassi
e dolci rive piane,
verso la foce andava.

Paesi attraversava
che permettevan sogni
e lande desolate
che davano tormenti.

Cadeva in forra fonda,
cascata iridescente.
Quieto e dolce un lago
il suo cammin placava.

Poi verso un cupo mare
pian piano s'avanzava.
Nei suoi mister profondi
nell'oltre dileguava.
 

Sincretismi
In tempi già andati si volle provare
pagan postulati cristiani sposare.
Splendore dell'arte, col loro pensiero,
donavan stupore con dubbi sul vero.

I padri di chiesa, perplessi davanti
a quelle lezioni di grandi pensanti,
si ruppero il capo volendoli usare
quegli alti concetti, per poi Dio spiegare.

Stupito Agostino, di poi Cassiodoro,
cercaron, sottili, mutarne il lavoro.
Boezio e Gregorio , poi venne Tommaso,
spiegarono il rebus, li preser pel naso.

Salvarono capra, con cavoli pure,
divenner di chiesa le grandi figure,
dicendo che in fondo quei bravi pagani
dal vero , ch'è Dio, non furon lontani.

 

Mare
e il suo respir che
chiama...

Vele lontane
sfumano all'orizzonte
speranze antiche.

…e odor di salso
penetra…

Spuma s'arrampica
su scogli immoti
rassegnati e scuri.


…e di brillar di luci
scintilla…

Così il pensiero
in quel lucor
si svaga.

…ed intimi ed onirici
i silenzi…

In lui discendo
vinta la gravità
di levità m'inebrio.

…e dolcemente sabbia
accarezzo…

…carezze lievi
che su un viso
posi.

…e urlan forte
l'onde…

Ed un timore
prende
ed un rispetto.

…ed è di sangue che al tramonto
avvampa…

Pare
come l'amor
che cuori infiamma .

…e si specchian in lui
gabbiani …

La libertà
che sogni
nel suo immenso.

Così ancor lo invoco:
madre,
dammi il mare !
 

Basso continuo
Canta risacca, basso continuo,
s'alza un lamento d'acque lontane.
Forte ora urla vento d'estate
sbatte le ali vago un gabbiano.

Urla quel mare, scoglio ferisce
van verso il cielo d'atomi il salso.
Lento discende, sparso nell'aria
quel sale amaro sbianca la pelle.

Onde ondulanti vibran di danza
dall'alto al fondo svaniscon vele.
Come un rumore, basso continuo,
siccome vela mente sprofonda.
 

Adusta fonte
Gorgoglia un rubinetto,
par l'ultimo versare,
neppure più un mottetto
l'anima a riscaldare.

La musa cui mi volsi,
crudele mi rispose
"se taglierai i tuoi polsi,
rifioriran le rose."

M'abbeverar di sangue
la terra screpolata
affossa ciò che langue,
poesia darà malata.

Meglio sarà sperare
nel tempo e le stagioni,
piuttosto che azzardare
penose soluzioni.

Precario è il poetare,
ci vuole ispirazione,
sentir che devi dare
ad altri un'emozione.

Così dentro il mio cuore
rimane un desiderio :
che gemmi dall'amore
almeno un verso serio !
 

Una storia
Amici cari vi vorrei narrare
una storiella, tanto per parlare.
Odor d'allegoria c'è in questi versi
ed io confido che non vadan persi.

Un tempo in Grecia visse parcamente
un uomo brutto in mezzo a bella gente.
Non era solo brutto il poverino,
per moglie avea Santippe…che destino !

"Io so di non sapere" egli diceva
però di non sapere non voleva
e tutto si spendeva per mania
della ricerca per filosofia.

Il dubbio lo affliggeva nel profondo:
cos'eran mai il bene e il ver nel mondo?
E il metodo maieutico decise,
appreso dalla madre levatrice.

Domande a destra e a manca lui faceva,
la gente, che con lui prima rideva,
a poco a poco già voltò le spalle
a quel tapin che triturava palle.

Messo alle strette dalla maldicenza
portò all'estremo far la sua coerenza
e scelse di morire avvelenato,
avendo gran rispetto per lo Stato.

Egli ci lascia i grandi insegnamenti
d'essere onesti ed essere coerenti,
il vero e il bene sempre ricercare,
sapere, per amor, privilegiare.
 

Dove siamo, dove andiamo?
Sto seduto, seduto sul ciglio,
alla fin del finale infinito
e nel buio più buio si perde
lo scrutar del mio sguardo che scruta.

Neppur'una scintilla scintilla
e mi perdo, sperduto e disperso,
disperando apparir d'una luce
che sperando ridoni speranza.

Fors'è nero quel buco più nero,
par che rotoli e sta rotolando
verso un nulla ch'è nulla di nulla
e stravolge stravolto pensiero.

Dubitare d'un dubbio dubbioso
che s'avvolge avvolgendosi al vuoto
non risolve né assolve domande
ma tormenta e tormenta davvero.
 

La scelta
(parodiando Metastasio)

Delle illusioni tue
a lungo vissi, oh vita!
Mai strada fu smarrita,
dolce fu la mia età.

Or che de' lacci tue
l'alma si fa disciolta
ricordo quella volta
che persi libertà.

Per le sembianze sue
fiorì con forte ardore
quel che pareva amore
che vero fu a metà.

Andavo come un bue,
cercando in ogni dove
dell'amor suo le prove,
m'ebbi da dei pietà.

Mi disser: tra 'ste due,
tra canto o poesia,
se sceglierai la via
viver t'appagherà.

E scelsi tra le due
la lirica che piace
e dona pur la pace
e amor scordar farà.

Ma sono milledue
le regole obbligate
sennò scrivi scemate,
qualcun s'arrabbierà.

Regole in ambedue
ardue son da seguire,
e ti farà gioire
l'effetto che verrà.

Nell'ora del tramonto
meglio cantar canzoni,
per esser così pronto
all'oltre che ora affronto.
 

Per te
Ci fosse nel deserto un certo fiore
che col profumo ammorbidisca il cuore,
se in cima a una montagna una pepita
fosse capace d'addolcir la vita.

Se in fondo al mar conchiglia vellutata
fosse capace di donar risata,
in mezzo alla tempesta andrei a cercarli
e in uno scrigno tutti a te donarli.

Donarli a te che sei donna preziosa,
donarli col profumo d'una rosa.
Così accadrà che proprio da stasera

il sole spazzerà la notte nera,
porterà pace a tutti quei tormenti
e torneranno i giorni tuoi lucenti.
 

Stelle cadenti
La luna a rincorrere il sole
è corsa a ponente.
Il sole a rincorrer la luna
s'affanna ad oriente.

L'incontro avverrà
là in mezzo alle stelle
nel buio e silente
mantel della notte.

Saran pudibonde
le stelle e con scie,
pudiche raccontan
d'amore rovente.
 

Urologic Hotel -5 stelle-
E' tutto "a gratis" andarvi a restare,
per qualche settimana di riposo.
Il drink di benvenuto è generoso,
preludio a quello ch'andrai a provare.

Servon, d'emblée, piacevole seduta:
ceretta brasiliana è duratura
e d'ungerti, dovunque, si premura
vestale delicata ed avveduta.

Per render più piacevol la vacanza
e toglier ansie e regalarti pace,
agopunture ovunque a loro piace
donarti con andar che pare danza.

Ma il bello è tutto ancora da venire,
un negromante emana bei presagi:
"La vita che verrà è piena d'agi,
di certo sarà questo il divenire."

Secondo tempo inizia ma tu dormi.
Scagliato in dimensione sconosciuta,
da droga che in omaggio hai ricevuta,
attendi che coscienza si riformi.

E tornerai nel mondo ch'è concreto,
nel tempo ch'è fermato hai fatto un viaggio,
quel che hai provato ti parrà miraggio
e quel che accadde resterà segreto.

Verran poi giorni di coccole rare,
nouvelle cuisinne, da cuochi sopraffini,
appagherà i tuoi voler più fini,
ma a casa un giorno tocca ritornare.
 

Comunicare
Studiavan la thorà due poverini,
distratti da un bisogno primordiale,
bruciava dentro tanto a quei tapini
la sigaretta non poter fumare.

Così dal rabbi Davide si porta,
con grande deferenza a questi chiede
"Mentre quel libro in cielo mi trasporta
posso appagar, fumando, testa e piede?"

S'avvampa in viso quel virtuoso uomo:
"Mai dobbiam fumare e affumicare
quel sacro libro, quel pregiato tomo.
Ritorna al posto, su, non annoiare !"

E torna dal compagno di sventura,
la coda tra le gambe bene stretta,
a raccontar gli viene cosa dura
e nei suoi occhi brilla lacrimetta.

Aronne, suo compagno d'avventura,
lo consolò fraterno e disse questo:
"Vo dal maestro e non aver paura,
noi fumerem di certo. Torno presto."

E al saggio disse "Un dubbio m'attanaglia
legger potrò thorà mentre ch'io fumo ?"
S'illuminò quel pio, quasi raglia,
"Sempre legger thorà, ch'è gran profumo !"

Ritorna Aronne e disse a quel confuso:
"Mio caro amico vedi com'è strano ?
Se il verbo posizioni bene all'uso,
potrai ottener persino ciò ch'è arcano."

Morale, amici cari, di 'sta storia:
giuste parole messe al giusto posto
ci danno garanzia della vittoria
ed otterremo tutto tosto tosto.
 

Morale
Spiaggiato
smarrito
disperso,
cercavo
soltanto
traguardo
sperato.

Nuotavo
fremente
curioso,
compunto
fondali
profondi
scrutavo.

Vedere
distante
scordata
morale.
Sconfitta
bruciante
provare.

Perduto,
percorso
smarrivo…
------battigia
deserta…

-------finire
sfinito.
 

La nota a Cervo
(omaggio a Uto Ughi)

Impervi carruggi
e lampi di luce.
Nel mare lontano,
un disco d'argento,
annega i suoi raggi.

Si cercan tra gli archi
le mani affamate
è un lieve ansimare,
fugaci carezze,
e baci sfiorati.

Così come un sogno,
silenzio irreale,
c'è un suono che avvolge,
che penetra dentro,
che l'anima scava.

E sale s'espande
raggiunge la luna,
ne copre il chiarore.
E vibran le note,
or gravi ora acute
e pizzica e trilla,
il dolce violino.

Il canto si spegne
con dolce ondeggiare.
Nell'aria rimane,
azzurra una nota,
per poi ricordare.
 

Lucciole
C'era la luna
notte d'agosto
mormora il mare
la sua canzone.

Veloci lampi
schisti di muri
resto a guardarle
correr le mani.

Lascia una scia
quella lor luce,
stelle cadute
quasi a regalo.

Volan poi alte,
pare un invito
forte a seguirle
nel loro incanto…

…c'era la luna
notte d'agosto
cantava il mare
la sua canzone.
 

La donzelletta
(pascoliana)

Or corre per prati sì lieve
leggera!
Passato l'inverno di neve
amabile la primavera
regala colori.

Ricorda di fiabe e canzoni
che bocche,
accanto al camino e in cantoni,
bevendo del vino da brocche,
narravan di fiori.

Ed ora che corre nel verde
s'inebria del sole che scalda,
la mente ha felice e si perde,
volteggia sull'erba spavalda.
Lontane ed in riva a un ruscello
caprette si van dissetando,
spettacol non v'è di più bello
guardando.
 

 

Il poeta (si fa per dire) si diverte

E corro tra rullo e trastullo
qualcun qui farà rima grullo
e prillo nel cielo prillante
i FIORI li chiudo tra l’ante.

Ma volo con ali saldate,
m’accorgo che  son avariate
poi cado in GIACIGLIO accogliente
ma in fondo menè frega niente.

Vorrei quel che voglio, lo voglio
----------così scalerò sacro soglio
se parto per un altro porto
C-H-I-S-S-A’ se sarà per diporto.

E là cercherò trovadore
che canti canzoni d’AAAAMORE
però se spernacchia un mottetto
l’insulto e lo mando a Maometto.

Poi guardo a codesta canzone
----------che torce BUDELLA a persone
m’incanta il vederle soffrire,
così le vorrei convertire. 

I pesci pasturo con esche
al termine gli offro un grappino
chissà se hanno SQUAME tedesche
ma vado cercando un catino.

C’è un FIUUUUME che scorre lontano
vorrei là piantare un banano
ma l’alba che sorge veloce
-----------mai più porterà la tua VOOOOCE.

M’ACCORGO che scrivo in nonario
sui fogli d’un bel calendario

Ma il TEMPO tiranno è finito
mi vado a tappare 
                                    l’u
                                            di
                                                    to.

 

Canto per te
Al vento affido dolce questo canto
e la sua eco dal monte discende,
parrà riflusso che fa lieve l'onda
che messaggi d'amor pare nasconda.

Verran leggeri a te dolci dei sogni,
regaleranno calma al tuo riposo
e sulle labbra già gemma un sorriso
per quelle immagini di paradiso.

Quindi ad oriente una nuvola rosa
divien preludio ad un giorno felice,
renderà il sole la strada sicura,
pare magia e cancella paura.


"O voi ch'avete li 'ntelletti sani
mirate la dottrina che s'asconde
sotto il velame de li versi strani"
(Inf. IX 61/63)


L'impostura
Il rampollo del ticoon
ci racconta di balocchi
del paese che qualcuno
ci narrò ne' suoi Pinocchi.

L'italiano, esperta gente!
non lo vuol veder quel naso
che diviene più evidente
sempre più, di caso in caso.

"C'è la crescita, tranquilli,
mi ci gioco anche il faccione.
Vi farò vivere idilli
o chiamatemi buffone"

A parole spende e spande
ottimismo a piene mani
ma l'italico è in mutande,
sarà senza già domani.

Ma al bamboccio che glié frega
di narrarci sol fregnacce,
teme sol la sua bottega
…dove strisciano minacce.

Finirà quest'impostura
quando con un gran boato
quest'Italia (e sarà dura!)
crollerà dentro a un fossato.

Forse allora s'udirà
una flebile reazione,
qualche suono s'alzerà
contro questo gran buffone.
 

Poesia smarrita
Oggi vi narro di quella poesia,
ch'esce dal cuore e dall'anima mia,
s'alza nel cielo poi vola lontano
come un gabbiano.

Scende sul mare volando dai monti,
vuole alle genti narrar delle fonti
di quel calore che dà la speranza
sia vita danza.

Triste si perde tra nebbie e tormente,
trova nell'uomo sol chiusa la mente,
per lei non vede ci sia compassione,
con intenzione.

Resta confusa pensosa e avvilita
e si domanda a che serva la vita
se non si sente quel brivido arcano
ch'arde la mano.

E tornerà là dov'era venuta,
in questa terra nessuno l'aiuta,
si scioglierà come un fiocco di neve
che nessun beve.
 

(Emil Michel Cioran (1911/1995), rumeno di nascita, francese di lingua, spagnolo di spirito, filosofo e saggista non era proprio un allegro compagnone. Per maggiore comprensione del componimento che segue, elenco alcuni titoli delle sue opere: "Squartamento", "La tentazione di esistere", "Il funesto demiurgo", "Lacrime e santi", "L'inconveniente d'essere nati", "Sillogismi dell'amarezza", "Sommario di decomposizione", "Al culmine della disperazione", "Confessioni ed anatemi", "Taccuino di Talamanca". Più una impressionante serie di aforismi, spiritualmente e sostanzialmente in linea con le opere citate.

Taccuino di Talamanca
E vidi un giorno la giornata bella,
felice con letizia me ne andavo,
la gente mi pareva in camporella,
con allegria di questo mi beavo.

Sentivo un gran bisogno dell'amore,
donarlo e averlo reso, ancora e ancora,
di gioia mi batteva dentro il cuore
e a spasso camminavo già da un'ora.

Sguardo mi cadde, sì sono curioso,
di libri piena vidi una vetrina
e picciol, tutto nero e prezioso
là mi ammiccava, esposto, un libricino.

Forte la tentazione e lo comprai,
una panchina all'ombra poi m'accolse
e a leggerlo, con fame, m'apprestai,
così che la mia mente tutta avvolse.

Di desengaño ispanico narrava,
di D'Avila Teresa e de' suoi orgasmi,
di tanto in tanto Borges affossava
e addosso si piangea per i suoi spasmi.

Del cuore suo malato e di emozioni
ecco, così Cioran si confessava,
di notti insonni lessi e riflessioni
e cupa una vision del mondo dava.

Alzando il dito tosto ci ammoniva:
"qual sole mai, ma qual d'amor sospiri,
la vostra mente sì che si svaniva!
Dolor vi sia conforto, vita viri !"

Attorno mi guardai con apprensione,
nessuno più un sorriso mi porgeva,
un cane già azzannava le persone,
un calcio a un mendicante lo stendeva.

E questo fu l'effetto invero strano
di quel taccuino e de' suoi insegnamenti.
Così consiglio a voi, per darvi mano,
fatene dono a odiosi. A lor tormenti.
 

 

Il senso
In alto indago il senso del passare,
non scaldan l'anima quelle risposte
mente non placano, false e mal poste
non ve n'è una che possa appagare.

E mi domando a che mai sia servito
quell'affannarsi a rincorrer la gloria
per poi scoprir quanto fosse illusoria,
così restando soltanto smarrito.

Scende la notte per chiuder gli affanni
vissi di sogni ma senza speranza,
corsi la vita per troppi tropp'anni.

Cerco ora il mare quale ultima stanza,
per ritornare là dove son nato
e in quello sciogliermi, alfine appagato.
 

Calderon de la Barca, col dir " La vida es sueño" e Garcia Lorca, col dir "La vida no es sueño. Alerta! Alerta! Alerta!" sono agli estremi di un ponte traballante
sul quale passano dubbi, incertezze, speranze, illusioni. Cos'è la vita, cosa sono i sogni? Questa la domanda esistenziale, vero nodo di Gordio.

Vita sogno, sogno vita.
Come di specchi in gioco s'intreccian vita e sogno,
grovigli di speranze, certezze ed illusioni.
Se sia la vita un sogno, sogno la vera vita,
rimane un dubbio arcano la mente a macerar.

Così pur ci ripaga per questa vita il sogno.
Concreto come quella ritorna inaspettato,
da siti oscuri in notti ci è stato regalato
e a siti ignoti alfine nell'alba tornerà.

Così pure la vita, dono che non chiediamo,
percorso ch'è obbligato, che a un termine è votato.
Pure nel suo finire v'è alcuna differenza
sia lieta o addolorata di certo finirà.

Son specchi e all'infinito raddoppian l'emozioni,
e ad inseguire sogni viviam la nostra vita.
Fantasmi della mente sembrano e vita e sogni
è dal pensier che forse l'inganno nascerà.

 

"Vos et ipsam Civitatem benedicimus"

Magna Grecia e dintorni
Il Pollino imbiancato si staglia a me davanti.
Su un arido terreno, contorti come ulivi,
bei pini loricati profumano già l'aria
e querce e faggi e cerri compongon boschi eterni.

Vestigia d'un maniero coronano una cresta
a sovrastar la strada. La nebbia ora m'avvolge,
dissolve e selve e prati. Corro una galleria,
cerco la luce in fondo, neve e rifugio trovo.

Poi verso sud ritorno. Svelta la strada scorre,
tra forre e casolari di quell'antica Sila
prospera di foreste, da valli lacerata.
Delle megar le timpe m'affascina l'arcano.

L'ampio respir del mare mi dona un tuffo al cuore:
Falerna v'è distesa. Deriva a lei quel nome
da quella dolce ambrosia che consolò Pilato
quando emanò perplesso sentenza ostile all'Unto.

Quell'acque basse e chiare risplendono di raggi
e rendon sfumature d'ogni color turchese.
Scintilla all'orizzonte la vela d'una barca
e gridano i gabbiani, galleggiano nel vento.

Si snoda poi la riva fino alla Costa Viola,
con Pizzo a quell'estremo che domina quel lido.
Scendendo l'erta china, da ogni suo tornante,
precipitar mi sembra dentro il lucente mare.

E' qui che Gioacchino, di Napoli re breve
e condottier valente, da Ferdinando quarto
fu vinto e condannato. Murat, borbon spregiando,
in un comando estremo volle il ploton guidare.

Volare su quel mare, correndo su quei ponti,
m'inebria la ragione, mi colma di stupore.
Così lontana arriva Scilla col suo castello.
Innanzi a lei Cariddi, col suo proteso artiglio.

In quell'acque cobalto volle spiare Ulisse
quelle, che un tempo ninfe, la gelosia di Circe
in mostri trasformò. Per evitar lusinghe,
con cera nelle orecchie, sirene abbindolò.

In Reggio alfin riposo. Le voci di mercanti
danno saluto al giorno. Par come un dolce canto
"a 'stura v'arrifrisca": panieri giù calati,
ossequio alla giornata, colgono fichi e gelsi.

Da strade strette e scure, tra voci concitate
e clacson impazziti, del duomo la gran luce
all'improvviso appare. Romanico si sposa
con gotico ispirato, risplende il suo candore.

Ed eccomi al museo. Fu forse Policleto,
forse fu il sommo Fidia, miracolo a donare.
Svettanti in una sala, dal mar guerrier risorti,
accolgono pazienti folle da tutto il mondo.

Quel lungomar ch'è sogno, percorro un po' stordito
e nelle ville ammiro del liberty il retaggio.
Trinacria ora mi chiama. La nave nel suo ventre,
all'urbe un tempo felix, doman mi condurrà.

E lascio la Calabria con nostalgia nel cuore,
terra dimenticata da tutti i governanti,
nessun più si ricorda di Campanella il libro,
né Repaci od Alvaro. Da 'ndrangheta avvilita.


Per chiarire:
"Pino loricato": è una conifera, non autoctona ma importata dalla Spagna, presente soltanto in Basilicata. Cresce su terreni di tipo carsico, normalmente in cima ad una montagnola. Albero basso (3, 4 metri) ha l'aspetto contorto dell'ulivo, rami penduli e corteccia particolarmente dura.

"Delle megar le timpe": la Sila è solcata da numerosi valloni che l'autostrada interseca. Timpa = vallone, megara = maga, strega. Sull'A3 un cartello avverte che stiamo passando accanto alla "Timpa delle megare".

"a 'stura v'arrifrisca": significa "a quest'ora vi rinfrescano" ed è il canto col quale, in ore molto vicine al sorgere del giorno, gli ambulanti offrono gelsi bianchi e fichi su fresche foglie. Dai balconi "calano" i panieri con dentro i soldi per l'acquisto. E' un mio ricordo palermitano dell'immediato dopoguerra, e l'ho risentito a Reggio qualche anno fa.

"vos et ipsam civitatem benedicimus": è la scritta incisa ai piedi d'una stele, al vertice della quale è posta la statua d'una madonna, all'ingresso del porto di Messina. E' un saluto a tutti i viaggiatori ed un segnale di fratellanza.
 

Discende il sole
Al tramontar del sole,
lento un gabbiano bianco
vola e ricorda stanco
perdute le parole.

Sogni nella sua vita
gemmaron come fiore,
donò tutto il calore
a gente inaridita.

Verso quel disco avanza,
soltanto quella luce
lo chiama, lo seduce.

L'andare suo è di danza,
poi l'ali restan ferme,
nel fuoco scende inerme.
 

Preghiera per il nuovo anno
Che Odin mi ascolti
miei cari amici, io parlo:
ci guidan stolti
che sono un gran bel tarlo.

Da lor deriva
il nostro amaro andare,
vita retriva
ci vanno a preparare.

In tempi andati
s'usò la ghigliottina,
ma noi, beati,
viviamo in 'sta latrina.

Preghiamo in coro
che l'anno ch'è in arrivo
porti decoro,
ma a loro un lassativo.
 

Un giorno, un lago.
In quel terso azzurro d'un cielo montano
d'aerei le scie s'intreccian lontano.
Sorpresa è la luna, ch'è amante del sole,
si tuffa nel lago, nascondersi vuole.

Nel mentre due gatti, d'amore appagati,
rivivon sui tetti quei sogni passati,
di fiaba un trenino la valle percorre,
fa un fumo turchino che al cielo già corre.

Nel caldo tepore di calma mansarda
la pace m'avvolge, divien l'ora tarda.
La pace del lago così rassicura,
rispecchia i colori, cancella paura.

E un cantico dolce nell'aria si sfuma,
è un suon di campane che lieve è sì piuma.
La neve è sui monti, sì dolce è la brezza
e tutto è avvolto da grande purezza.
 

Lisistrata
(liberamente tratta da Aristofane)
 


N'avevan pien le tasche, poverine,
d'andare in bianco e sere e le mattine.
Gli eroi facevan, li maschietti loro,
tra l'Attica e Morea fu un solo coro.
Un coro di battaglie affaticanti
e al dunque no, non erano efficienti.
E pur di rado andavano a magione,
così le donne avevano un magone.

In quel d'Atene visse, rispettata,
Lisistrata, che bene era sposata,
ma come all'altre le mancò qualcosa,
stava per appassire la sua rosa.
Ma non si rassegnò la gran signora,
d'Aten tutte le donne chiamò fora,
l'Acropoli con quelle sequestrò
e sciopero del sesso proclamò.

Sull'altopiano l'oro, e tanto, stava,
quell'oro che le guerre finanziava
e il confiscarlo fu di nocumento
a chi alla guerra andava assai contento.
Le amiche non capirono all'istante,
rinunce tante n'avean fatte… tante,
a che servisse questo lor negarla,
a chi non si sognava di cercarla.

Ma Lisi ch'era saggia e competente
e, pratica e vogliosa, fu suadente.
Con dolce piglio, che toccò il profondo,
ecco ciò che lei disse a quel suo mondo:
"Amiche care fin che c'è abbondanza
poco valore avrà la vostra danza
e se l'amore vostro anche è negato
sarà di Nicia il patto anticipato."

E andarono in collina a barricare,
ma esempio di castigo voller dare.
Chiamarono di fretta la Mirrina,
quella tra loro certo più carina,
e le raccomandaron di tentare
la carne del marito senza fare
null'altro ch'eccitarlo per davvero,
per poi lasciarlo a secco…sul sentiero.

E pure le spartane, consenzienti,
la diedero ai lor maschi …sopra ai denti.
Fu una disdetta e nel Peloponneso
restò il far del sesso molto atteso.
Ma la faccenda non potea durare,
gli ometti cominciarono a smaniare
e non riuscendo da lassù a cacciarle
ambasciator mandaron per piegarle.

Subdoli ambasciatori furon quelli
perché arrivaron con ritti i piselli,
con la certezza che quella visione
le donne avrebbe messo nel pallone.
Ed in effetti ci fu sbandamento,
pesava l'astinenza…e che tormento!
Stavan cedendo le digiune donne,
ma Lisi prese tutte per le gonne.

Si mise al centro e cominciò a parlare,
a Sparta e Atene volle ricordare
quello che un tempo vide, e fu felice,
la Grecia unita solo nella pace.
E fu la voce sua sì chiara e forte,
narrò, accorata, di guerra e di morte,
tutti convinse con il suo carisma
e pose fine al triste cataclisma.
 

Mar d'amore
Un giorno venne e palpitaron l'onde,
venne con passi lievi ed un sorriso
e illuminò la notte dentro il cuore.

Fu come incanto e vissi nell'amore,
mi cancellò la nebbia sopra il viso,
quella visione ancora mi confonde.

Il tempo passa e non si può fermare,
ma resta dentro un sogno, per quel mare.
 

Primo amore
(a Mirò da più di cinquant'anni accanto)

Oggi vi narro di quel primo amore
che nacque nella mente e accese il cuore.
Fatal la gravità (che fu invadente)
discese a valle e rese tutto ardente.

Correva un giorno sopra un verde prato,
col vento che i capelli ha scompigliato,
flessuosa una figura che volava
e il mio pensiero tutto conquistava.

Così a vederla mi si ruppe il fiato
ed io quel giorno non l'ho più scordato.
Ricordo il lieve bacio che rubai,
cielo e la terra tutta conquistai.

Rossa la chioma allor m'avvolse il viso
e fui smarrito e perso in paradiso.
 

Furon trecento
(Lampedusa 2/3 ottobre 2013)

Discende lentamente verso il cuore
un gorgoglio di morte,
la mente già si riempie di terrore,
chiuse tutte le porte.

Tornano agli occhi immagini di vita
lontana e abbandonata,
non han più tempo, è chiusa la partita,
la meta irrealizzata.

Affonda piano piano l'illusione
e inesorabilmente
verso un fondale viaggia l'emozione,
la fine già si sente.

Crudele c'è un silenzio e là lontano
c'è un'isola assolata,
che pronta è sempre a porgere la mano,
quell'isola agognata.

Scendon nel fondo dell'azzurro mare
speranze e fantasie,
nessun di loro potrà più sognare
più dignitose vie.

Eppur era annunciata la tragedia
e indietro ci voltammo.
Politici, aggrappati alla lor sedia,
su quella sguazzeranno.


                                                                      Digressione (ma non tanto…): è di ieri la notizia che 5 dei 22 "saggi" nominati da re Giorgio,
                                                                      con la finalità di preparare uno schema di riforma della Costituzione -
                                                                      la legge quadro che regola la vita di noi tutti- sono indagati, assieme ad un ex ministro, dalla procura di Bari.
                                                                      Secondo questa sarebbero coinvolti in irregolarità (truffa, insomma) nei concorsi universitari.
                                                                      Ovviamente attendiamo, per capire, l'eventuale processo nei tre canonici gradi. Ma, come si dice, la moglie di Cesare ha da essere pura…
                                                                      Quanto lo sono i gestori della nostra vita?
 

Una risata lo seppellirà
(Senato della Repubblica. 2 ottobre 2013)

Surreale la giornata,
rivoltata ha la frittata,
par che sia di senno fuori,
tanti, tanti ebbe dolori.

Muove a pena il cavaliere,
gliela han messa nel sedere
quella sua prosopopea
che ci rese vita rea.

Vita rea fu pur la sua,
or lamenta tanta bua:
"che cattivi i magistrati
leggi voglion rispettate !"

Quelle leggi che lui usò
per far fuori chi lo urtò,
escludendo dalla lista
quei che usò quali battista. (*)

Muove a pena il cavaliere
ma ancor più quegli elettori
che, sperando d'imitarlo,
proni corsero a votarlo.

E che dir dei suoi lacchè
che si fecer sempre in tre,
per amor della pagnotta,
tutti peggio di mignotta ?

Il ducetto ha perso l'ali,
nel futuro ha i sociali,
sol lo lascian, poverino,
a godersi il suo destino.


(*) Alle ultime elezioni il proprietario del Popolo della Libertà escluse dalle liste bloccate i suoi "fraterni amici" Dell'Utri -quello che gli aveva fornito lo stalliere/mafioso Mangano- (condannato, il Dell'Utri, per mafia in due gradi di giudizio), Berrutti -il suo più apprezzato consulente fiscale, ex ufficiale della guardia di finanza- (condannato per bancarotta fraudolenta in due gradi di giudizio) ed altri due suoi "fratelli di sangue", di cui mi sfugge il nome, ma con fedina penale simile a quella dei suddetti.
E queste esclusioni, con la morte nel cuore e forse in lacrime, le giustificò dicendo che uno statista come lui non poteva non rispettare le leggi dello Stato, compresa la legge Severino.
Nei loro casi quella legge era costituzionale ed applicabile retroattivamente.
Ma non a Lui.
 

Avanspettacolo
(Parlamento della Repubblica, 2 ottobre 2013)

Venghino, venghino siore e siori
più gente entra più bestie vedremo.
Grande spettacolo, non state fuori,
a crepapelle qui alfin rideremo.

Questo copione, che vien da lontano,
giovani attori, d'antico mestiere,
oggi lo spacciano per prima mano,
novità grande per farci godere.

C'è l'Angiolin, con Enrico di fianco
e sullo sfondo, avvilito, il caimano
che pensa solo a pararsi il sedere.

C'è la milizia che accetta financo
quello che sembra incredibile arcano,
per proseguir a truffarci a piacere.

Si riderà, con le lacrime agli occhi,
…ci spilleranno ancor tanti baiocchi.

Venghino, venghino siore e siori
…ed aspettatevi atroci dolori.
 

Nodi al pettine
(spread oltre i 500 con l'ultimo governo Berlusconi)

Chissà quanti avran capito
che nel cul ci ha messo il dito,
per vent'anni o giù di lì,
quei che unto in campo uscì.

Molti illusi, a pecorone,
acclamando il re leone,
si pasceron di speranze
di riempir le loro panze.

Oggi al dunque noi arriviamo,
nello sfascio rotoliamo
grazie a quel pregiudicato,
nelle mente ormai malato.

Di Sansone a imitazione,
or che ha perso il suo balcone,
tutto all'aria vuol mandare,
vuol mandarci a mendicare.

E si scorda il mentecatto,
resterà solo col gatto,
che tra un par di settimane
dovrà scegliere altre tane.

Altre tane nell'attesa
di sentenze per la spesa
ch'egli, proditoriamente,
ogni giorno fè di gente.

Gli italiani capiranno
quanto grande fu l'inganno
or che grazie a 'sto buffone
avran dura la lezione ?
 

A Segesta


Macchie di sangue ondeggiano nel giallo,
un soffio caldo t'accarezza il viso.
Lontano vedi il luccichio del mare
che manda lampi all'ombra d'alti pini.

Son su un'altura doriche colonne,
di Pan il flauto par di sentire,
sembra miraggio il teatro scoprire
che volle Elimo al popol suo donare.

E' ancor nell'aria il gran brusio d'elimi
che andavan verso il giorno ad operare.
Così ritorna in mente quel passato
di glorie fatto e d'arte e di cultura.

Sospeso è il tempo e sembra di sognare
e dentro nasce amaro un gran rimpianto.
Là da un ovile è pronto un gregge a uscire,
sotto lo sguardo attento del pastore.

    
 


L'ultima estate
Nell'aria era un frinire di cicale
che andava come cerchio che si spande,
cingeva pini come afoso vento.

Finiron là i sogni miei e le scale,
così la nostalgia nel cuore è grande
e il ricordar quell'acque dà tormento.

Mi penso vela, vagante su l'onde,
rivivo l'ore felici e feconde,
dolce è il ricordo e ricordando il mare
resta certezza di non più tornare.
 

La barca
Tra scogli e sabbia al sole sta riversa,
nessuno più la vuol per navigare,
del mare la memoria ormai l'ha persa
resta aspettare.
 

Luccichii
Vago per colli e lontano quel mare
manda al mio cuore il suo salso respiro,
da lui ritorno e soltanto sospiro
grande è l'amare.

Foran le fronde i lucenti bagliori,
raggi si vestono d'oro e di verde
l'ombra trasformano e quasi si sperde
in quei colori.

E' il mare che avanza nella mia mente,
danza d'argento la sua spuma bianca
e il blu cobalto che sempre mi manca
solo non mente.

Ballano assieme colori fatati,
musiche dolci risuonan serene
per alleviar le nostalgiche pene
di tempi andati.
 

L' Illuminato
Verità vanno cercando,
sulla strada della seta,
e cavalli cavalcando,
brameran chi li disseta.

Quindi candidi destrieri,
oro e azzurro i finimenti,
porteranno i forestieri
verso mete convenienti.


"Cara Amal, amica mia,
su raccogli il tuo sitar,
canta per la nostra via,
rendi lieve questo andar."

La violenza del deserto,
la durezza del percorso,
li stremarono di certo,
anelando ultimo sorso.

Ed alfine all'orizzonte,
sopra un monte, sulla cima,
la città di tutte l'onte,
Samarcanda s'avvicina.

Quivi giunti chiederanno,
destra e a manca ansiosamente,
"chi alla sete non fa danno,
chi disseta veramente ?"

Ricevuti nel castello,
dal sultan della regione,
ecco il re di quel bordello
che impartisce la lezione:

"Quei che qui non vo' restare,
esecrando 'sto mercato,
scelse solo il meditare
fino all'ultimo suo fiato.

Con la vaga tua compagna,
guadar l'Oxus voi dovrete
e scalando la montagna
nella grotta il troverete."

Si rimisero in cammino,
gonfio il cuore d'emozione,
certi del loro destino
di trovar la soluzione.

Grande gioia fu per loro
la caverna rinvenire,
nella mente quasi un coro
per l'auspicio divenire.

E così, dinanzi a loro,
ecco appare il gran vegliardo,
vestimenta prive d'oro,
tanto affetto nello sguardo.

"Whaid altri m'han chiamato
sin da quando rinunciai
a restare in quel mercato,
fonte di primieri guai.

Quello è un luogo di vergogna,
di Babel la confusione
e vi regna la menzogna
quale unica ragione.

So che voi state cercando
Verità, unico bene
e per questo, camminando,
qui giungeste dopo pene.

Tu bruciasti il tuo passato
ricercando savi esperti,
ora in luogo malfamato,
ora andando per deserti.

Non v'è saggio, qui nel mondo,
che rispondere saprebbe,
quel che chiedi, oh vagabondo,
dentro il cuore albergherebbe.

E nel cuore dell'onesto
ben nascosta c'è una luce,
guarda là con un pretesto,
solo il ben ti ci conduce.

Quest'io dico alla partenza:
Verità, suprema dea,
accompagna l'esistenza
chi d'amore ognor si bea."


  Note esplicative
(I nomi arabi Amal, Oxus e Wahid corrispondono rispettivamente a : la speranza, il fiume nei pressi di Samarcanda e l'ineguagliato.
  I cavalli simboleggiano la mente ed i finimenti la fantasia che la orna. Così come il deserto simboleggia il mondo in cui viviamo
e la durezza del percorso, il vivervi. L'ultimo sorso, ahimè, è la morte, desiderata per gli stenti subiti.
Samarcanda è stata scelta perché punto centrale della via della seta, quindi luogo frequentato da un'umanità fatta di mercanti,
notoriamente non proprio sinceri.)


 

Temporale
(settembre 2014, presente nell'antologia "Il Federiciano" di Aletti editore -Roma-)

Rimbalza e rotola di cirro in cirro
brontola e ruzzola, rimbomba il tuono,
replica l'urlo d'assi cadenti.

Saetta un lampo,
sfrigola l'aria,
da terra al cielo s'alza una vampa.

L'acqua s'abbatte su tetti e terre
strepita e scroscia, dilava e picchia,
ritma la pioggia, pare un lamento.

Ulula il vento e storce gli alberi,
sibila e spazza
e prati e foglie.

…all'improvviso torna quiete.
All'orizzonte, come un incanto,
magico appare l'arcobaleno.
 

Un giorno, un lago, un treno
(giugno 2014, presente nell'antologia "Il Tiburtino 2014" di Aletti editore -Roma-)

In quel terso azzurro d'un cielo montano
d'aerei le scie s'intreccian lontano.
Sorpresa è la luna, ch'è amante del sole,
si tuffa nel lago, nascondersi vuole.

Nel mentre due gatti, d'amore appagati,
rivivon sui tetti quei sogni passati,
di fiaba un trenino la valle percorre,
fa un fumo turchino che al cielo già corre.

Nel caldo tepore di calma mansarda
la pace m'avvolge, divien l'ora tarda.
La pace del lago così rassicura,
rispecchia i colori, cancella paura.

E un cantico dolce nell'aria si sfuma,
è un suon di campane che lieve è sì piuma.
La neve è sui monti, sì dolce è la brezza
e tutto è avvolto da grande purezza.
 

Addio al mare
(ottobre 2013, presente nell'antologia "500 Poeti dispersi" dell'editore La lettera scarlatta di Latina)

Cespugli di ginestre contro il sole,
scesi tornanti ad arrivare al mare.
M'inebriò profumo di salmastro,
penetrò dentro quel color turchese
ed un respiro placido mi prese,
mentre lassù cantavano gabbiani.

Nella memoria restan come un sogno
questi ricordi che mi porto dentro,
suoni e colori tornan come un'eco
e in tempo ormai concluso della strada,
oggi di pianto bagnerei quel mare,
nel vagheggiar l'abbaglio d'una vela.
 

Velo di seta
(luglio 2013, presente nell'antologia "Tra un fiore colto ed un altro donato" di Aletti editore di Roma)

Per te ho tessuto
un velo di seta.
Di filo d'argento
con l'oro intrecciato,
nell'arcobaleno
per te l'ho bagnato.

Ho unito le note
di dolce canzone
e dentro uno scrigno
prezioso l'ho dato
perché da tue forme
gemmasse peccato.

Velata ti vidi
da tenue sipario,
d'Olimpo una dea
tu lieve scendevi,
così come un sogno
venire parevi.

Ma i sogni, è la sorte,
si sciolgon nell'alba.
Crudele l'aurora,
di rosa vestita,
visione cancella
d'un soffio… svanita.
 

Addio al mare
(gennaio 2013, presente nell'antologia "Habere artem" di Aletti editore -Roma-)

Cespugli di ginestre contro il sole,
scesi tornanti ad arrivare al mare.
M'inebriò profumo di salmastro,
penetrò dentro quel color turchese
ed un respiro placido mi prese,
mentre lassù cantavano gabbiani.

Nella memoria restan come un sogno
questi ricordi che mi porto dentro,
suoni e colori tornan come un'eco
e in tempo ormai concluso della strada,
oggi di pianto bagnerei quel mare,
nel vagheggiar l'abbaglio d'una vela.
 

Gabbiano
(dicembre 2011, presente nell'antologia "Il federiciano 2011" di Aletti editore -Roma)

Disperatamente
dal mio cuore
ricerca il suo cielo
il gabbiano.

Tra sterpi roventi
costretto
non vede
il suo mare.

Soltanto l'azzurro
d'un sogno vissuto
aprire potrà
quelle ali.

Così
verso il sole
in cerca d'amore
si libra
lontano.
 

Poesie
(gennaio 2011, presente in antologia "Borgo Ligure"
del Centro Culturale Borgo Ligure di La Spezia
)

Per te scrivevo poesie,
in un tempo dove poesia era
averti.
Poesie che dalla tua danza nascevano
e dai tuoi occhi e dal tuo
dolore.
Poesie scrivevo per te,
quando il mio spazio ed il tuo assieme si
fondevano.
Scrissi per rivelarti l'anima
anima che ti donai perché tu scoprissi
amore.
Scrissi perché avevo visto
la tua angoscia, sapendo che salvarti
potevo.
Scrissi con le mie lacrime,
perché volevo che le tue
celassero.
E lacrime, poesie ed amore
tutto ti dedicai, me stesso ed ogni mio
respiro.
Per infrangere ogni mia illusione
contro la tua sete di
nulla.
 

Topante
(-un apologo-)

(28.03.21, menzione d'onore nel concorso internazionale "Poesie da tutti i cieli" di Messina)

Un giorno un topo vide, s'era di primavera,
un'elefanta al bagno, scendeva già la sera.
Fu galeotto il lago, magici quei colori
e alla visione il topo narrò dei suoi bollori:
"O dolce mia piccina di te m'innamorai,
del cuor la mia regina per sempre tu sarai."

La dolce elefantessa, che invero fu stupita,
rispose un pò' perplessa: "Vorretti per la vita.
M'ahimè topino bello digià promessa fui,
voler di mio fratello ma anche pur d'altrui.
Ma 'sta tenzone amara, tra cuore ed il dovere,
io scioglierò stasera. Branco deve sapere !"

Scese nella radura, vide tutti gli astanti,
nel cuore la paura, ma col dover davanti:
in cerchio tutti quanti scrutavan la gran rea,
e udirono vocianti quello che dir volea.

Quindi iniziò un tumulto: "Perché tu vuoi codesto?
Da che paese arriva? Non vedi ch'è foresto?
Non mangia le banane. Col corpo pien di peli
ai nostri dei non crede, sconosce i lor vangeli.
Persino i boscaioli la caccia già gli danno
e la foresta è piena di chi ci arreca danno.

Quel pugno di briganti, così venian dicendo,
turbandole la mente. Lacrime van scendendo.
Poi si levò il gran saggio: "Mia elefantessa rogna,
tu sai che a noi fa aggio che sposi chi t'agogna.
Al branco un grande dono quel giorno porterà,
deh chiedi il suo perdono, d'amor ti riempirà.
E poi non ti scordare, siamo la razza pura,
con quello che vuoi fare, tu ne farai lordura.
Perciò quest'io ti chiedo, curvo su mie ginocchia,
non darci questo spiedo, cessa di far la 'ntrocchia."

Sdegnata ed avvilita così lasciò il consesso,
s'arrampicò in salita tornando al suo possesso.
L'amato che attendeva di molto trepidante,
sentenza chiese allora, la voce avea tremante.
E quando alfin conobbe la storia dall'amata,
le fece un giuramento: l'avrebbe mai lasciata.

Cercaron cieli puri, per farne il loro mondo,
prezioso fu l'amare, felici a tutto tondo.

E un dì giunse l'inverno. Vibrava con splendore
la coda d'una stella, la neve era un candore.
Un suono allor s'espanse, nell'aria tersa e chiara
e un tenero vagito salì da quella cara.
Al cielo sale svelto, quel morbido sospiro,
va a traforar quegli astri, portando il suo respiro.

Topante ei fu chiamato, lo accolse questo coro:
"Tu toglierai peccati, se amore avrai per loro."
E palpitaron stelle, col cielo che s'aperse:
infamità e nequizie poi il vento le disperse.

Così quando le trombe sonarono inquietanti,
nell'ora del giudizio cercando i lestofanti,
per quel sublime amore che tutto avea mondato
il Trombettier non vide neppure un sol peccato.
 

 

Fonte Castalia
(storia che da lontano viene a dar consiglio)

(20.10.16, menzione di merito nel concorso internazionale "Penna del drago" di Formigine -Mo-,
12.03.17, poesia finalista nel concorso "Hosteria delle immagini" di Cortemaggiore -Pc-,
novembre 2017, finalista nel concorso "Poesie da tutti i cieli" di Messina, poi tradotta in esperanto
dal dott. Giuseppe Campolo -Samideano- nella sua antologia
)

Da voglie dionisiache fu colto
Apollo mentre errava sul Parnaso,
là dentro un bosco scorse, e non fu caso,
Castalia che lucente avea il bel volto.

Dentro una quercia l'amadrìade stava,
così la vide e la desiderò,
qualcosa, come incanto, gl'infiammò
e la sua voglia al cielo già gridava.

Dell'armonia e dell'ordine era il dio
(Nietzsche ce lo narrò qualche anno dopo)
ma spesso ebbe lo stupro quale scopo
e chi l'ostava ne pagava il fio.

Ed era pure doppio sessualmente,
uomini o donne a lui erano uguali,
molto apprezzava chi metteva l'ali
a menti, per pensar sempre indecente.

Così tra selva e rupi la rincorse,
la bella ninfa che lo rifiutava.
Questa, per grande angoscia, si buttava
in un dirupo dove morte colse.

Pentito fu il divin di bramosia:
volendo in qualche modo rimediare
fece Castalia fonte diventare,
con la virtù di dare poesia.

A Delfi, quindi, sarà bene andare,
perché ber di quell'acqua tanto rara
farà la nostra ode meno avara
e infin le Muse ci potranno amare.

Fonte Castalia
(Historio, kiu de malproksime venas konsili)

 De Dioniĉaj kuraĝoj li estis kaptita
Apollo dum erringanta la Parnasson,
Tie, en arbaro, li vidis, kaj ne hazarde,
Castalia brilas kun bela vizaĝo.

La amadrìade estis inter kverko,
lla dio ŝin vidis kaj deziris ŝin,
io, kiel magio, inflamita
kaj kvankam li rezignis Iliadon.

De la harmonio kaj ordo estis la dio,
(Nietzsche ĉi rakontis kelkajn jarojn poste)
sed li ofte havis seksperforton kiel celo
kaj kiu ajn malhelpis ĝin pagis por ĝi.

Kaj ĝi ankaŭ estis sekse duobla,
viroj aŭ virinoj al li estis egalaj,
li multe estimis, kiu metis la flugilojn
en mensoj kaj grandaj fantazioj de kuniĝo.

 Do inter dezerto kaj akvofaloj malakceptis ĝin,
la bela nimfo, kiu malakceptis ĝin.  
Ĉi tio, pro granda angoro, estis elĵetita
en acantilado kie kaptis la morton.

Repentante estis la scivolemo.
Iam dezirante kompensi ĝin
Farita Castalia fonto iĝas,
kun la virto de doni poezion.

En Delfos, do, estos bone iri,
kial ber de tiu malofta akvo
Ĝi faros nian odo malpli stingy
kaj senfinaj la Musoj amos nin.
 

Eloisa e Abelardo
(storia di sacro amor e amor profano, storia di pentimenti e redenzione)

(13.05.16, menzione d'onore nel concorso "Tra storia, scienza e poesia" di Messina,
15.07.20, poesia finalista nel concorso "Caffè delle arti" di Roma
)

Quando l'amore è di passione il figlio
e appagamento al corpo danno i sensi,
a rischi e colpe certo non ci pensi,
così Abelardo volle aver quel giglio.

Era Abelardo chierico brillante,
sapiente e dotto molto era apprezzato,
facendo del sapere suo mercato,
della casta Eloisa fu insegnante.

La bella figlia era assai dotata
di grazia e di virtù e di cultura,
ma al fascino insidioso e alla premura
cedette, del maestro innamorata.

Furono ardenti i baci e le emozioni,
tra i due fu amore lieto e appassionato,
volavan le ore svelte nel peccato
e poche, invero, furon le lezioni.

Ma come accade sempre in 'sti frangenti
sol la pignatta fabbrica il maligno
e fu così che li scoprì il patrigno,
mentr'eran presi in dolci avvolgimenti.

Scoperto troppo tardi fu il misfatto
perché Eloisa era in dolce attesa
ed Abelardo, per sanar l'offesa,
promise di sposarla di soppiatto.

Infatti quel talare che indossava
il matrimonio non gli consentiva
e quella cerimonia, ch'è giuliva,
a notte fonda un prete celebrava.

Nacque Astrolabio da quel loro amare
e il nome fu un omaggio a quella scienza
che allora i due donavan con sapienza,
ma non conviene qui di lui parlare.

Eran roventi i carmi che Abelardo
a lei, bramata molto, dedicava
ma corser per Parigi e già fioccava
la maldicenza e lazzi come un dardo.

Per salvarle l'onor, l'innamorato,
con gran dolore e grande patimento,
la volle ritirata in un convento,
ma il gesto suo fu male interpretato.

Pensò il tutore, e forse fu angosciato,
desse la sposa al chierico mestizia,
così assoldò sicari a far giustizia
ed una notte Pietro fu evirato.

D'allora i due restaron separati.
Eunuco ormai, ma per il gran sapere
grandi successi continuò ad avere,
chiedendo a Dio perdono de' peccati.

Lei fu del Paràclito la badessa,
un'abbazia che lui le avea donato,
ma non scordaron certo quel passato,
tanti gli scritti a ricordar promessa!

D'amore intenso e grande nostalgia
grondavan della donna le missive
ma le risposte pie e le invettive
la riportaron sulla santa via.

Morì Abelardo e volle esser sepolto
nel cimitero ad Eloisa accanto,
per esserle vicino e udirne il canto,
per ripagar l'amor che le fu tolto.

Finì la vita d'Eloisa un giorno,
nel feretro di lui volle esser messa,
quasi per rinnovare la promessa
d'amore eterno e senza alcun ritorno.

Quando il suo corpo scese lentamente,
la salma d'Abelardo aprì le braccia
e di quel gesto rimarrà la traccia
nella memoria nostra dolcemente.

Appunti di storia:
Pierre Abèlard -1079/1142- filosofo, teologo, poeta e letterato, precursore della scolastica e fondatore del metodo logico, le sue idee furono considerate eretiche dal Concilio Lateranense del 1139 -in particolare per il suo atteggiamento nei confronti della trinità-. Comunque mai espulso dalla Chiesa, venne riabilitato da papa Alessandro III -che in precedenza era stato suo allievo, assieme ad Arnaldo da Brescia, Giovanni di Salisbury ecc. -. Brillante, disponibile, coltissimo, spopolava in Parigi. Famose le sue dispute con Bernardo da Chiaravalle. E' dalla sua autobiografia -Historia mearum calamitatum- che molto si conosce della sua vita e della Francia d'allora.

Eloisa d'Argenteuil -1099/1164- profonda conoscitrice delle arti liberali (grammatica, retorica, geometria, astronomia) padroneggiava latino e greco. La madre l'affidò, nel 1116, al fratello canonico, Fulberto -il patrigno della poesia- e questi, per completare la sua istruzione, la consegnò a Pietro Abelardo ed ai suoi insegnamenti di filosofia. Di lei restano le numerosissime lettere indirizzate all'amante/marito. Lettere ad altissimo contenuto poetico, prima sensuale, poi spirituale. Dense di passione e di una immensa dolcezza sono bellissime a leggersi. Ve ne offro un frammento: "Al mio signore, anzi padre, al mio sposo, anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella…ti ho amato di un amore sconfinato…mi è stato più dolce il nome di amica e quello di amante o prostituta, il mio cuore non era con me ma con te"

Nel cimitero di Père-Lachaise riposano entrambi, affiancati in una bellissima cappella in stile gotico.


 

Aci e Galatea
(17.04.14, menzione di merito nel premio di poesia "A.S.A.S." di Messina,
14.07.14, premio speciale nel concorso "Beniamino Joppolo di Patti -Me-,
26.06.16, menzione di merito nel concorso internazionale di poesia
"Arte in centro" di Villafranca di Messina
)

Dai Nebrodi discende una vallata
orrida e bella di rocce scavate
da chiare acque che scendono a valle
e al mare leste van per ricordar.

Tra Aci e Galatea fu amore immenso,
ma terminar lo volle Polifemo
ponendo fine al vivere incantato
del suo rivale lieto nell'amor.

Gala di Poseidone fu la figlia
ma il frutto del dio Pan, Aci il pastore,
solo di giorno amare la poteva,
dovendo al mare a sera ritornar.

Per lei grande una smania ebbe il gigante,
sposa la chiese quindi al re del mare
ed al garbato no di quella ninfa
da furia fu sconvolto e fu brutal.

Uccise il messagger che l'informava,
svelse dalle foreste alberi e rocce,
rombante come tuono in faraglioni
mirabili quei massi tramutò.

Trovò il pastore mentre che dormiva
e sotto un sasso spense la sua vita,
ma quando a Gala giunse la notizia
piangente sulla spiaggia lo cercò.

Fu un pianto senza fine disperato
che forte arrivò a Giove e lo commosse,
così a tenerli uniti eternamente
in forra ed in torrente li mutò.

D'allora, in quella valle ch'è un incanto,
per sempre Aci e Galatea staranno,
per quel connubio, amanti senza tempo,
il loro amore eterno trionfò.
 

Mar d'amore
(5.05.14, poesie che hanno ottenuto menzione d'onore nel premio di poesia "A.S.A.S." di Messina)

Un giorno venne e palpitaron l'onde,
venne con passi lievi ed un sorriso
e illuminò la notte dentro il cuore.

Fu come incanto e vissi nell'amore,
mi cancellò la nebbia sopra il viso,
quella visione ancora mi confonde.

Il tempo passa e non si può fermare,
ma resta dentro un sogno, per quel mare.


Sbarluccichii
Vago per colli e lontano quel mare
manda al mio cuore il suo salso respiro,
da lui ritorno e soltanto sospiro
grande è l'amare.

Foran le fronde i lucenti bagliori,
raggi si vestono d'oro e di verde
l'ombra trasformano e quasi si sperde
in quei colori.

E' il mare che avanza nella mia mente,
danza d'argento la sua spuma bianca
e il blu cobalto che sempre mi manca
solo non mente.

Ballano assieme colori fatati,
musiche dolci risuonan serene
per alleviar le nostalgiche pene
di tempi andati.
 

Silente un piano
(5.11.11, menzione di merito nel concorso internazionale
"La finestra eterea" di Cinisello Balsamo -Mi-
)

Nell'angolo più oscuro,
accosto a una parete,
giaci dimenticato,
ambisci le mie dita.

Vibravano le corde,
per rapide carezze,
gemmavan melodie,
fondendosi con l'aria.

Ora sugli spartiti
le chiavi di violino
son punti di domanda
su ciò che fu il passato.

Ed era in tempi lieti
che davi le tue note,
sorte da sentimenti
e dolcemente amate.

Così resta il ricordo
con forte nostalgia,
per ciò che più non torna,
pensosa anima mia.

Ma quella tua presenza
mi rassicura ancora.
Centellino speranza
che cresce d'ora in ora.

Ritornerò a sfiorare
quei tasti neri e bianchi.
Quei suoni, nel lor volo,
l'anima addolciranno.
 

Il tempo
(7.11.09, menzione di merito nel concorso internazionale
"La finestra eterea" di Cinisello Balsamo -Mi-
)

Così, come le illusioni,
cadono le stelle.
E, negli occhi, come nel ricordo,
effimere restano luminose tracce.

Non esiste futuro,
ciò che resta è il passato.
Come le stelle nel passato viviamo.
E luminoso lo sappiamo.

Gli attimi che viviamo,
fuggenti e incomprensibili,
appena vissuti
sono già passato.

E quel che resta è la luce,
d'un antico ricordo,
sempre più flebile,
nella memoria.

E, nel suo cosmico vuoto,
non resterà passato, presente, futuro
ma il vuoto, il vuoto, il vuoto.
Il vuoto dell'eterno nulla.

                               
Punta Buonfiglio a Manarola
(poesia classificata al IV° posto, il 20 settembre 2019,
nel concorso "Poesie in fiera" di Isola della Scala -VR-
)

Il cielo brilla ed è quieto il mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
riflette l'acqua verdi colli e cogli
di quella pace il lieve respirare.

In quel silenzio io vorrei restare
sfogliando della vita tutti i fogli;
guardando l'acque al vento vele sciogli
e nascon sogni, dolci da sognare.

Si svaga la mia mente nel turchese
e le speranze mie son sempre tese
a viver di quiete tra quell'onde,

vola il mio sguardo dove si confonde
del mar la linea con l'azzurro velo,
sospeso è il tempo e nulla sembra vero.

Pare sogno davvero,
salso respiro e nel profondo scende
la grazia dell'incanto che mi prende.
 

 

Trascendenza
(poesia classificata al IV° posto, il 18 giugno 2019, nel concorso internazionale "Poesie d'amore" di Torino)

Quei tuoi grandi occhi mi accesero il cuore
e quei tuoi sorrisi bruciavano dentro,
vagavan le mani, sì lente e affamate,
respiro si fuse con lingue incollate.

In quel tuo apparire rividi l'amore
che placa e ricrea che appaga appagando,
guardando il tuo viso, di luce soffuso,
mi parve volare nel cielo confuso.

E il cielo stupito raccolse il tuo grido,
s'accese un fulgore che acceca e frastorna,
divennero pioggia quei raggi di sole
pervasero tutto, mancaron parole.

Così fu una fiamma scambiata con gioia,
quel darsi frementi con grande languore.
Restò poi il silenzio con rotto ansimare
e un tenero abbraccio quel tempo a fermare.

Di cose perdute rimane l'inganno,
visioni sfumate, memorie avvilite.
Trascese il reale quel tempo fatato;
fu incanto vissuto… ma forse sognato.
 

Volavo
(poesia che ha ottenuto il I° posto, il 20 ottobre 2018, nel concorso internazionale "L'ora di Barga",
 sezione "Poemetti", in Barga -LU-
)

La strada fu lieta e festante,
adesso mi attende il silenzio,
silenzio su un prima appagante
ed oggi il passato licenzio.
Bei fiori raccolsi e donai,
su prati sereni già andavo,
dolori, se li ebbi, scordai;
nel cielo volavo.

Così del mio mare le onde
di gioia riempirono il cuore,
il salso e il color lo confonde,
gemmavan canzoni d'amore.
Lontane sfumavan le vele,
sul filo del mar carezzavo
ricordi che son latte e miele
e intanto volavo.

L'incanto poi venne dall'arte,
da musica ed anche pittura,
di queste indagai tra le carte,
per meglio capir cosa oscura.
Fu con gran passione che amai
la musica e non la lasciavo
neppure un istante, giammai!
Con quella volavo.

E un giorno arrivò poesia,
fu luce che prese la vita,
fu luce per la strada mia,
nel tempo rimane infinita.
M'aprì orizzonti sereni,
talvolta i miei versi affilavo,
riempiendoli, sì, di veleni,
ma ancora volavo.

Si schiude il percorso dell'oltre,
non sento rimpianti né pene,
l'amore fu l'unica coltre
che usavo per dare del bene.
Rimango curioso sul dopo,
a quello, ogni tanto, pensavo,
pensavo ad un picciol canopo
e sempre volavo.
 

La foce
(poesia che ha ottenuto il III° posto, il 3 giugno 2018, nel concorso internazionale "Città di Roma" in Roma
  e classificata al III° posto, il 13 ottobre 2019, nel concorso "Città del giglio -Domenico Masini-" di Firenze
)

Dove l'acqua del fiume si confonde col mare,
resto fermo a guardare quelle candide schiume.
Fu veloce il percorso, dalla fonte alla riva,
la mia mente già arriva dove nacque quel corso.

Ripercorro le sponde, che han memoria degli anni,
vi rivedo gli inganni, commozioni profonde.
E con l'arte a conforto, con l'amore a compagno,
vissi in terre di sogno, gran ricordi mi porto.

Ora vado al mio mare, c'è la barca che attracca,
dalla dolce risacca vibra un suono a incantare.
Dall'inizio alla foce, sol nell'acqua è il traguardo,
mi rapisce lo sguardo, lieve nenia è sua voce.

Quando d'atomi salsi diverrò un bel mattino,
tornerò sul cammino dove il bene raccolsi.
 

Melagrana
(poesia classifica al III° posto, il 17 dicembre 2017,
nel concorso internazionale "Camellia Rubra" di Montebelluna -TV-
)

Sei come melagrana,
d'oriente è il tuo venire,
mille e una notte canti
di Sherazade l'incanto.

Sei come melagrana,
soda la scorza e rude,
bella nell'apparire,
arduo il tuo conquistare.

Sei come melagrana,
grani rubino e dolci,
aspri come tua bocca,
come tua bocca ambrosia.

Sei come melagrana,
quei semi conquistati
grondano umor di sangue
e allappa la lor pelle.

Sei come melagrana,
d'oriente è il tuo venire,
mille e una notte canti
di Sherazade l'incanto.
 

Via delle monache
(Gorizia 1952)

(poesia che ha ottenuto il I° posto, il 28 ottobre 2017, nel concorso internazionale "La finestra eterea" di Cinisello Balsamo -MI-
 ed il I° posto, il 13 ottobre 2019, nel "4° Memorial Corrado Giachino" di Saronno -VA-
)

Fatto di grezzo legno il pavimento,
pien di scaffali un piccolo negozio,
dietro un bancone riposava in ozio
una vegliarda, mano sotto il mento.

Nell'aria odor di libri si spandeva,
da fruste copertine ricoperti,
mi conquistavan quando, appena aperti,
scoprir d'autori ignoti m'accadeva.

S'alzava dalla panca quella vecchia
dalla figura segaligna ed alta
che nera veste il portamento esalta,
mentre veletta le copria l'orecchia.

Dell'Austria imperiale avea ricordo,
Franz Joseph permaneva nel suo cuore,
ma ai libri usati dava tanto amore
e personaggio fu ch'io ancor non scordo.

Da quella botteguccia mi partivo
con Dostoevskij amato sotto braccio,
di Pirandello, ahimè, ridotto a straccio,
con Ibsen, Poe e d'altri mi nutrivo.

Fu proprio quella donna affascinante
che in me trasmise tutta la passione
per la letteratura e l'emozione
oggi perdura ancora ed è appagante.

Son ritornato un giorno in quel pertugio,
plastica e vetri, è sorta una vetrina,
in bella mostra c'è una mutandina,
e reggiseni e calze fan gran sfoggio.

Ma quell'odor di carta e di cultura
mi resta dentro e grande nostalgia
m'assale quando penso a quella via
ch'amai in prima età d'amor che dura.
 

De profundis per Che Guevara
(carducciana)

(poesia che ha ottenuto il I° posto, il 25 giugno 2017, nel concorso
 "Hostaria delle immagini" di Cortemaggiore -PC-
)

Per te che fosti
principio immenso,
materia e spirito,
ragione e senso,

là nel turibolo
l'incenso fuma,
per un ricordo
che ci consuma.

E corre un fremito
lungo la schiena:
sei stato ucciso!
Grand'è la pena.

Per te sfrenavasi
quella speranza
di par diritti
nell'abbondanza,

tu desti un sogno
a tanta gente
di degna vita,
con sgombra mente.

Vedesti gli uomini
uguali stare,
ci fu gran luce
nel tuo lottare !

Or che sei morto
lasci il messaggio
di libertà
degno d'omaggio.

Vivrem nel giusto
nostra stagione
se intenderemo
la tua lezione.
 

Alla Liguria
(poesia che ha ottenuto il IV° posto, il 6 maggio 2017,
nel concorso "San Benedetto nel cuore" di San Benedetto del Tronto -AP-
)

E' verde che digrada nell'azzurro,
colori tersi con profumi intensi,
bianche le vele, verso cieli immensi
vanno con un andar che par sussurro.

Lievi le onde sfiorano la sabbia
di spiagge che profumano d'amore
e sempre mi rimangono nel cuore
di Faber le poesie e la sua rabbia.

Creuza de ma risuona e li rivedo
sentieri stretti che scendono al mare
ed anche Govi risento cantare
ma se ghe penso… e di tornar là chiedo.

Ma quando al meriggiar pallido e assorto
viene sospiro dal brillio dei flutti
s'invola il cuore e scorda tutti i lutti
e gemman sogni che dentro mi porto.

Or sei lontana e vedo già il traguardo
dell'oltre dove spero di trovare
quelle memorie che non so scordare
…ma bramo ancor di darti ultimo sguardo.

 

Il dubbio
(poesie per le quali è stato attribuito il IV° posto, il 20 marzo 2017, nel concorso "Parole e Poesia" di Formigine -MO-,
nella sezione dedicata alla poesia religiosa
)

S'erge l'Antonia torre minacciosa,
nel mese di Nisan, sulla vallata;
dentro un giardino che ha l'odor di rosa,
Pilato attende un re già condannato.

Vergò il Sinedrio pena rovinosa
ma non poté eseguir condanna data;
Roma, la cui conquista fu gravosa,
pure la morte volle autorizzata.

Così davanti a lui, lercio e pestato,
parla di verità e d'altro regno,
l'uomo che là carnefici han portato.

Fu d'obbligo al prefetto l'altrui sdegno,
lavò le mani ma la sua coscienza
negò fosse dover marcar sentenza.
 

Scende Poesia
(poesia per la quale, il 24 settembre 2016, mi è stato attribuito il titolo di "campione di sonetto"
nel concorso internazionale "Massa città fiabesca di mare e di marmo" di Massa
)

Vidi Poesia scendere dal monte,
tra rovi e spine e massi acuminati,
ch'erano neri e simili a peccati
e andava con andar fresco di fonte.

Dall'alto avea scrutato l'orizzonte,
cercando aridi bardi disperati
a cui donare versi delicati,
per far tra terra e cielo aulente ponte.

Quando mi vide perso e lacrimante,
su questa china amara e disperata,
per la mia arte fino allor mancata,

dentro mi scese come fa un amante,
mi diede e luce e amore e comprensione
e al mio tramonto vissi un'emozione.
 

De profundis per Karl Marx
(ricordando Carducci)

(poesia classificata al III° posto, il 19 giugno 2016, nel concorso "Hostaria delle immagini" di Cortemaggiore -PC-)

Per te che fosti
principio immenso,
materia e spirito,
ragione e senso,

là nel turibolo
l'incenso fuma,
per un ricordo
che ci consuma

e corre un fremito
lungo la schiena:
Karl tu sei morto
ed è gran pena.

Per te sfrenavasi
quella speranza
di par diritti
all'abbondanza;

vedesti gli uomini
uguali stare,
con la gran luce
del tuo pensare.

Quell'aspersorio
oggi è impiegato
per incensare
Renzi sfrontato

e per lui godono
i farabutti
che arraffan soldi
che son di tutti.

Sopra noi sventola
bandiera bianca,
siamo affannati
…e il pan ci manca.


Bernardo ed Eleonora
(parafrasi poetica di una novella storica di Laura Mancinelli)

(poesia classificata II°, il 28 febbraio 2016, nel concorso internazionale "Il riso fa buon sangue" di Roma)

All'ossa avea dolori il buon Bernardo,
sul pulpito temea non più salire,
dall'alto forse non potrà inveire,
né fulminare tutti con lo sguardo.

Quindi alle terme spesso si recava,
fanghi e massaggi son la soluzione
alle sue pene e questa è la ragione
che al cielo, con gran fede, lui guardava.

Là lo accudivan vecchie e spente donne,
che alla sua virtù mai attenteranno,
così nessun peccato, nessun danno,
avrà quel santo uomo dalle gonne.

Ma in lingua d'oil regnava Eleonora.
Regina fu due volte illuminata
ma all'arte accompagnava una vampata
e la dovea appagar almeno ogn'ora.

Ed era pure donna di gran gusto,
da quei che poi fu santo fu ammaliata
così ci pensò tutta una giornata
a come aver Bernardo ch'era un fusto.

Un giorno egli era steso sulla panca,
con gli occhi chiusi mentre che aspettava
quel caldo fango che lo ricreava,
che infin su lui discese e a destra e a manca.

Dal collo ai piedi si trovò coperto
dall'impastato morbido tepore,
ma dopo un po' sentì, con gran terrore,
che man l'accarezzava… ove fu aperto.

Gli occhi sbarrò, divenne già furente,
tentò di sollevarsi dal lettino.
Ma ogni sforzo è inutile, oh destino!
Contro il cemento c'era da far niente.

Dovette rassegnarsi e poi pensare
che il rival suo Abelardo avea ragione,
perché se pecchi senza l'intenzione
nessun peccato avrai da confessare.

Così Eleonora ebbe gran vittoria
e pur Bernardo seppe, in fondo in fondo,
che un po' d'amore serve a questo mondo
…tanto poi i salmi finiscono in gloria.


Sono diversamente anziano
(poesia classificata II°, il 7 novembre del 2015, nel concorso internazionale "La finestra eterea" di Cinisello Balsamo -MI-
 e classificata al III° posto, l'8 aprile del 2017, nel concorso internazionale "L'anfora di Calliope" di Erice -TP-
)

Nessuno l'aveva invitata,
ma forse mi ero distratto,
pel mondo girai come un matto,
neppure l'avevo pensata.
Andavo per campi e sentieri,
per prati fioriti e olezzanti,
in tasca ero senza contanti,
felice ma senza pensieri.

Amavo soltanto il mio mare,
le vele portavan lontano,
amico mi era un gabbiano,
scordavo persin di mangiare.
Amore spandei a piene mani,
felice soltanto di darlo
e dentro non c'era quel tarlo
per ciò che riserva il domani.

Nessuno l'aveva invitata,
vecchiezza di colpo t'assale
ed uno ci resta anche male
vedendo finir la giornata.
Così passa il tempo e lo vedi
se paghi il biglietto ridotto
e se costa men d'un biscotto
d'averli fregati ti credi.

Ma all'oltre ch'è senza futuro,
dov'hai proprio nulla da fare,
non riesci nemmeno a pensare,
è come cozzar contro un muro.
Allora con l'ultimo fiato,
per scherzo ma senza conforto,
e forse a ragion, forse a torto
già vecchio mi son ritrovato.

Già, vecchio… ma in modo diverso
perché io rimango nel cuore
poeta ricolmo d'amore
che ancor sulla gente riverso.


Fiori giapponesi
(poesia I° classificata, il 7 settembre 2013, nel concorso internazionale "Emozioni in bianco e nero" di Poggio Imperiale -FG-
e IV°, il 9 novembre 2014, nel concorso "Fiori d'inverno" di Livorno
)

E fragili origami
farò di quelle carte
scolpite di poesie.

E diverranno fiore,
e uccelli e lievi barche,
e silenziosi alianti.

Li poserò sull'acqua,
al tramontar del sole,
del mare azzurro e d'oro.

Pian pian si schiuderanno
allor che verso oriente
il sol levante è gemma.

Poi, come per magia,
da quelle incise carte,
i versi fioriranno.

E saliranno lievi,
qual dolci note e canti,
nel ciel si scioglieranno.

Da immacolate nubi,
amor verso la terra,
un cantico cadrà.
 

Ritorno alla madre
(poesia I° classificata, il 12 marzo 2016, nel trofeo "L'anfora di Calliope" di Erice -TP-
e II°, il 7 novembre 2012, nel concorso "Il poeta e il narratore" di Monselice -PD-)

La vedo così dopo tempo passato
in trepida attesa da troppo durata.
S'appoggia a un bastone, suo solo sostegno,
d'argento i capelli, la voce di legno.
Risplendon nel viso, d'antico splendore,
due occhi marrone che guizzano amore.
Mi prende per mano poi sfoglia il passato,
d'immagini seppia quel tempo scordato.

Mi vedo piccino con ciuffo a banana,
ritorna alla mente la guerra malsana.
Ricordo quel Pippo che in cielo volava
e dopo al rifugio fuggir bisognava.
Rivedo mio padre, distinto in divisa,
con fiero lo sguardo sul nobile viso
e tutti i parenti che alla sua unione
brindavan festanti con grande emozione.

Più nulla è rimasto di quelle persone,
immagini vaghe di quanto eran buone.
E trema la mano di mia madre accanto,
col dorso s'asciuga una goccia di pianto.
Ma brillan quegli occhi, sorriso mi dona
e chiude quel libro là sulla poltrona.
Soltanto or le importa d'avermi vicino,
la mente le torna a quand'ero bambino.

Così passeranno serene quell'ore
e tempo verrà per la via del tornare.
Sarà un forte abbraccio, saluto un po' mesto,
la voce bisbiglia: ritorna qui presto…
Il cuor mi si strazia pensando ai suoi anni,
vissuti con gioia scordando gli affanni.
E penso a quel giorno di lacrime amare…
…soltanto una foto per poi ricordare.
 

L'ultima nota
(omaggio a Ludovico Einaudi)

(poesia V° classificata, il 7 novembre 2011, nel concorso internazionale "G. Natta" di Vallecrosia -IM- ,
I° classificata, il 7 luglio 2014, nel trofeo "Gianmatteo Rinaldo" di Sambuca di Sicilia -AG-
e III° classificata, il 12 ottobre 2019, nel concorso internazionale "L'anfora di Calliope" di Erice -TP-)

Sigillo fiabesco, memoria d'un canto,
rimane una nota nell'aria sospesa
e ancora riporta del mare l'incanto
a folla silente, rapita in attesa.

Quel piano sfiorato da dita preziose,
che intrecciano suoni di mille colori,
come arpa risuona, ricordo di cose,
di luoghi vissuti, nostalgici amori.

Ed è melodia che a cerchio si chiude,
son gravi ed acuti quei toni cangianti,
quel lieve ondeggiare risacca dischiude,
carezza la sabbia come onde vaganti.

E pare d'udire l'urlar dei gabbiani,
nel mentre su il cielo s'infiamma al declino.
Poi nasce la spuma, che bagna le mani,
da un'onda che avvolge l'ambiente vicino.

Di salso il profumo, di sale il sapore,
ubriacan quei suoni che scavano a fondo
e dai nostri cuori cancellan dolore,
ci danno la pace, donandola al mondo.

Così è questa voce che assolve peccati
e alfin, nel silenzio, rimangon nel cuore,
magia di quei suoni, momenti fatati,
che dentro han lasciato sereno stupore.
 

Fase rem
I sogni divengon reali:
nistagmi che inseguon visioni
leniscono il cuore gravato
da un vivere senza traguardi.

Fermar quei momenti è speranza
restando sospesi nel tempo,
temendo il ritorno al reale
che angosce e tensioni riserva.

Così nelle notti silenti,
ricordi che sono macigni,
si sciolgono in sogni suadenti,
cambiandosi in dolci illusioni.

Ed è in quello lo spazio concreto,
lo spazio ch'è intreccio col tempo,
che sogni divengon sostanza
e astratto il reale diventa.
 

Scende Poesia
Vidi Poesia scendere dal monte,
tra rovi e spine e massi acuminati,
ch'erano neri e simili a peccati
e andava con andar fresco di fonte.

Dall'alto avea scrutato l'orizzonte,
cercando bardi adusti e disperati,
a cui donare versi delicati,
per far tra terra e cielo aulente ponte.

Quando mi vide perso e lacrimante,
su questa china amara e disperata,
per la mia arte fino allor mancata,

dentro mi scese come fa un amante,
mi diede e luce e amore e comprensione
e al mio tramonto vissi un'emozione.
 

Notturno
Oltre una curva abbaglia,
tra canna e canna,
il luccicar del mare.
Lento un gabbiano
vola e cerca dall'alto,
poi là in quell'acqua
nel turchese saetta
a toglier vita.

Vago per bianche dune
acceca il sole
e gli attimi consumo.
Ripenso amori
lontani come vela
che all'orizzonte
svaga e dolce m'arriva
frusciar dell'onda.

Piano discende e accende
il mare il sole,
scende silenzio attorno
e l'ombra avvolge
e dossi e canne e il tempo
sembra sospeso,
come un respiro fermo,
come un'attesa.

Resto così nel buio
in quel silenzio,
salso respiro e dentro
piano si scioglie
un pianto muto e lento.
Resta il conforto
del palpitar di stelle
e il mar m'accoglie.


 

L’ Illuminato
(alla maniera di  Joyce)

Verità vanno cercando sulla strada della seta e cavalli cavalcando brameran chi li disseta questi candidi destrieri oro e azzurro i finimenti porteranno i forestieri verso mete convenienti cara Amal amica mia su raccogli il tuo sitar canta  per la nostra via rendi lieve questo andar la violenza del deserto la durezza del percorso li stremarono di certo anelando ultimo sorso ed alfine all’orizzonte sopra un monte sulla cima la città di tutte l’onte Samarcanda s’avvicina quivi giunti chiederanno destra e manca ansiosamente chi alla sete non fa danno chi disseta veramente ricevuti nel castello dal sultan della regione ecco il re di quel bordello che impartisce la lezione quei che qui non vo’ restare esecrando ‘sto mercato scelse solo il meditare fino all’ultimo suo fiato con la vaga tua compagna guadar l’Oxus voi dovrete e scalando la montagna nella grotta il troverete si rimisero in cammino gonfio il cuore d’emozione certi del loro destino di trovar la soluzione grande gioia fu per loro la caverna rinvenire nella mente nasce un coro per l’auspicio divenire e così dinanzi a loro ecco appare il gran vegliardo vestimenta prive d’oro tanto affetto nello sguardo Whaid altri m’han chiamato sin da quando rinunciai a restare in quel mercato fonte di primieri guai quello è un luogo di vergogna di Babel la confusione e vi regna la menzogna quale unica ragione so che voi state cercando Verità unico bene e per questo camminando qui giungeste dopo pene tu bruciasti il tuo passato ricercando savi esperti ora in luogo malfamato ora andando per deserti non v’è saggio qui nel mondo che risponderti saprebbe quel che chiedi oh vagabondo dentro il cuore albergherebbe ché nel cuore dell’onesto ben nascosta c’è una luce guarda là con un pretesto solo il ben ti ci conduce quest’io dico alla partenza Verità suprema dea accompagna l’esistenza chi d’amore ognor si bea.
 

Note esplicative

I nomi arabi Amal, Oxus e Wahid corrispondono rispettivamente a :  la speranza, il fiume nei pressi di Samarcanda e l’ineguagliato.

I cavalli simboleggiano la mente ed i finimenti la fantasia che la orna. Così come il deserto simboleggia il mondo in cui viviamo e la durezza del percorso, il vivervi. L’ultimo sorso, ahimè, è la morte, desiderata per gli stenti subiti.

Samarcanda è stata scelta perché punto centrale della via della seta, quindi  luogo frequentato da un’umanità fatta di mercanti, notoriamente non proprio sinceri.

 

Bernardo ed Eleonora
(parafrasi poetica di una novella storica di Laura Mancinelli)

All'ossa avea dolori il buon Bernardo,
sul pulpito temea non più salire,
dall'alto forse non potrà inveire,
né fulminare tutti con lo sguardo.

Quindi alle terme spesso si recava,
fanghi e massaggi son la soluzione
alle sue pene e questa è la ragione
che al cielo, con gran fede, lui guardava.

Là lo accudivan vecchie e spente donne,
che alla sua virtù mai attenteranno,
così nessun peccato, nessun danno,
quel santo uomo avrà da quelle gonne.

Ma in lingua d'oil regnava Eleonora.
Regina fu due volte illuminata
ma all'arte accompagnava una vampata
e la dovea appagar almeno ogn'ora.

Ed era pure donna di gran gusto,
da quei che poi fu santo fu ammaliata
così ci pensò tutta una giornata
a come aver Bernardo ch'era un fusto.

Un giorno egli era steso sulla panca,
con gli occhi chiusi mentre che aspettava
quel caldo fango che lo ricreava,
che infin su lui discese e a destra e a manca.

Dal collo ai piedi si trovò coperto
dall'impastato morbido tepore,
ma dopo un po' sentì, con gran terrore,
che man l'accarezzava… ove fu aperto.

Gli occhi sbarrò, divenne già furente,
tentò di sollevarsi dal lettino.
Ma ogni sforzo è inutile, oh destino!
Contro il cemento c'era da far niente.

Dovette rassegnarsi e poi pensare
che il rival suo Abelardo avea ragione,
perché se pecchi senza l'intenzione
nessun peccato avrai da confessare.

Così Eleonora ebbe gran vittoria
e pur Bernardo seppe, in fondo in fondo,
che un po' d'amore serve a questo mondo
…tanto poi i salmi finiscono in gloria.


BREVI NOTE STORICHE

BERNARDO DE CLERVILLE -1090/1153- benedettino e cistercense, fondatore di numerosi monasteri, tra cui il più importante è quello di Cluny, propugnatore della II crociata-1145-totalmente fallita ed inventore della frase "non fate prigionieri". Tra i suoi, ma in questo caso benefici fallimenti, citiamo che , essendo amante del vino, tra gli esperimenti di vinificazione cui si dedicava, non riusciva a fermare la fermentazione del vino bianco. Fortunatamente morì prima di riuscirci perché, inconsapevolmente, aveva inventato lo champagne. E fu fatto santo, forse proprio per questo.
Famose le sue dispute con Pietro Abelardo sulla santità di Cristo, sulla Trinità e sulla prevalenza della ragione sulla fede o viceversa, dispute perse a tutto campo. Insomma non ne azzeccava una. Dante, con grande senso dell'umorismo, lo fece diventare la sua terza e più importante guida nel tour della Divina Commedia, nel Paradiso.
Pio XII lo definì "doctor mellifluus".

ELEONORA D'AQUITANIA -1122/1204- donna coltissima ed amante della poesia (quella della lang d'oil e, poi dell'unione di questa col ciclo bretone di re Artù e con i miti germanici, tipo Sigfrido ed altri) era anche particolarmente "calda". Due volte regina -la prima di Francia con Luigi VII che la ripudiò per eccesso di libidine e la seconda con Enrico II d'Inghilterra per il quale, dopo la morte, gestì brillantemente la politica… nonché paggi e vassalli.- Conobbe e, pare, amò -ma noi, visto il tipo, lo diamo per scontato- il santo Bernardo, assieme al quale organizzò la catastrofica seconda crociata.
Di lei una parziale ma realistica rappresentazione è stata fatta nel bellissimo film "Il leone d'inverno" interpretata da una strepitosa Katarine Hepburn assieme ad un superlativo Peter O Toole

 

Il palo
Erano azzurri i suoi lunghi capelli
bagliori gialli nei suoi occhi belli
viola le labbra gelavan sorriso
ed una smorfia solcava il mio viso.

Da bocca spuntavan quattro canini
lordi di rosso, non eran carini.
Mi risvegliai da quest'incubo strano
ma per fortuna le stavo lontano.

E guardai meglio colei ch'io amava
…ma a quanto detto s'aggiunse la bava.
Ero distante ma non abbastanza
così la vidi volar per la stanza.

Tentai la fuga nel lungo camino
ma era ostruito da casse di vino.
E riguardai la visione sublime
ma a questo punto… mi mancan le rime.

Allor ricanto già data notizia,
sono sicuro che il cuor vi delizia:
Erano azzurri i suoi lunghi capelli
bagliori gialli nei suoi occhi belli…

E quello che segue legger potrete
levando i vostr'occhi per spegner la sete,
mentr'io vò a cercar di frassino un palo,
e dentro il suo cuor sicuro lo calo !

Ma che vuol da me quest'avvampirata
cui resi felice lunga nottata ?
E sì che l'amavo e il cuor mi si langue,
per non aver più una goccia di sangue.

 

Questi sono tempi di virus aggressivi. Ci sono quelli che circolano nel web e possono fare bei danni,
c’è il corona virus che sta bloccando economicamente il pianeta, essendo moderatamente pericoloso.

Ma quello che è micidiale è un virus che ha infestato il XX° secolo e che si è riprodotto,
con violenta attività, vagamente mutando, in questo XXI°: il nazileghismo.

Dedico questo apologo allo sbandieratore di rosari ed ai suoi fans,
illudendomi possano intenderlo.


Ebbrezze
Voglio un bicchiere ricolmo di stelle
per poi brindare davanti a quel mare
voglio ubriacarmi di luci e pigliare
sol le più belle.

Vago per colli e lontano quel mare
manda al mio cuore il suo salso respiro
da lui ritorno e soltanto sospiro
dolce è l'amare.

Corro per boschi odorosi di pino,
in mezzo ai rami s'intrufola il cielo
e vola in alto il più lieve pensiero
fino al mattino.

Fronde trafitte, lucenti i bagliori,
d'oro si vestono i raggi e di verde,
l'ombra trasformano e qui ci si sperde
tra quei colori.

Sopra una foglia bagnata di pianto
c'è inciso un nome portato dal vento,
forse d'amore che ormai s'era spento
dice soltanto.

Ora c'è il mare e conforta la mente,
danza d'argento la sua spuma bianca
e il blu cobalto che sempre mi manca
solo non mente.

Ballano assieme a colori fatati
musiche dolci e risuonan serene
per alleviar le nostalgiche pene
di tempi andati.

Cerco canzoni che parlino al cuore
e sempre giungano là nel profondo
e a tempre oscure che infestano il mondo
porgano amore.
 

Per ora, pare, l’abbiamo scampata, ma meglio non dimenticare
Camus e il suo “La peste”.
Quel che segue fu scaramantico: che abbia funzionato?

Incubi di ritorno
(acrostico)

Mi sembra di sognare quando vedo
Andar persone con le croci a uncino
Che sembrano venute da Berlino,
Hitlerian canzoni cantan credo.

E allora campi e forni io rivedo
Con dentro gente e pur qualche bambino,
Ariani no non erano e un mattino
Zampata su di lor cadde d’Alfredo.

Zampino dei due soci c’è in ‘sta storia,
Orrendo è da veder quel matrimonio
Fra Lega e Cinquestelle deliranti,

Avendo forse perso la memoria,
Tremendo ci preparan pandemonio
E i lor  deliri affonderanno tanti.
 

 

Tempo
(Eraclito liberamente inteso)

Da lontano vien lezione: viviam l'oggi ma è domani,
tempo scorre tra le mani, "panta rei" la citazione.

Che si viva il contingente par che forse ci illudiamo,
quindi pizie convochiamo, per scoprire il divenente.

Resta vago quel ch'è andato, vero pare che del giorno,
qui lo dico e non fo scorno, sol futuro è il sol provato.

Questo tempo che contiamo resta solo una chimera,
non è cosa proprio vera… qual la vita che viviamo.

Belli o brutti abbiam ricordi che permangon nelle menti
ma rimangono sfuggenti nel trascorso che già scordi.

Fu di certo ammonizione "panta rei" che fu narrato:
per noi esiste alcun passato, 'sto presente è un'illusione.

Bene è porsi una questione per tirar le somme allora:
a che serve guardar l'ora s'è soltanto transizione?

Convenzione è di sicuro perché il tempo resta abbaglio,
sono certo e non mi sbaglio noi viviamo nel futuro!

Forse il solo fu a capire, quell'Eraclito ch'è mito,
chi seguì ne fu erudito, svicolò per non perire.

Di spassose favolette si riempiron tomi e tomi,
s'inventarono questioni… coi cervelli fatti a fette.

Col pensier che si perdeva fu dovunque un indagare;
ma quel loro speculare fu com'acqua che scendeva.

 

La donzelletta
(pascoliana)

Già corre per prati sì lieve
leggera!
Scordato l'inverno di neve,
amabile la primavera,
regala colori.

Ricorda di fiabe e canzoni
da bocche
che accanto al camino e in cantoni
bevevano vino da brocche
narrando di fiori.

Ed ora che corre nel verde
s'inebria del sole che scalda,
la mente ha felice e si perde,
volteggia sull'erba spavalda;
lontane ed in riva a un ruscello
caprette si van dissetando,
spettacol non v'è di più bello
guardando.
 

 

L'infinito sognando
Sto seduto, seduto sul ciglio,
proprio al termine dell'infinito
e nel buio più buio si perde
lo scrutar del mio sguardo che scruta.

Neppur'una scintilla scintilla
e mi perdo sperduto e disperso,
disperar disperando una luce
che al sperare ridoni speranza.

Fors'è nero quel buco più nero,
par che rotoli e sta rotolando
verso un nulla ch'è nulla di nulla
e stravolge stravolto pensiero.

Dubitare d'un dubbio dubbioso
che s'avvolge avvolgendosi al vuoto
non risolve né assolve domande
ma tormenta e tormenta davvero.
 

Gli impostori
(chiedendo scusa al Vate)

Febbraio andiamo, è tempo di migrare.
Or che in terra d'Abruzzo, con dolore,
quegli elettor ci mandano a cagare,
spegnendoci di botto il bel bollore,
lasciam gli stazzi ed anneghiam nel mare.

Profondamente abbiam bevuto ai fonti
d'una Nazion di molto smemorata
che non s'accorse che col fascio i ponti
allestivamo per ogni giornata,
così imbrogliando gli italiani tonti.

Ed ora andiamo al piano pel tratturo,
quasi come un erbal fiume silente;
ci ha castigati quel che lo tien duro,
sempre dei favor nostri sconoscente;
poveri noi che lo credemmo puro!

Ora lungo un rio fosso s'incammina
la nostra greggia che ha smarrito ardori.
Quell'illusion ci fu tal malandrina
da rendere acutissimi i dolori.

Ed io, Gigino, andrò co' miei impostori.
 

120 meno 3 = 117 di meno
Medaglie sul giubbotto
merita il poliziotto.

Ben centodiciasette
or sono le stellette
che oggi 'sto leghista,
aggiunge alla sua lista.

Così gode il ministro
se a mare c'è un sinistro
'ché a noi non porterà
chi dona inciviltà.

Si appresta a provvedere
per calci nel sedere
da dare al capitano
che tre, col lor corano,
salvò da orrende onde,
sbarcando nostre sponde.

Tronfio col suo giubbotto,
ministro poliziotto
in giro se ne andrà,
poi lieto dormirà.

 

(Emil Michel Cioran (1911/1995), rumeno di nascita, francese di lingua, spagnolo di spirito, filosofo e saggista non era proprio un allegro compagnone. Per maggiore comprensione del componimento che segue, elenco alcuni titoli delle sue opere: "Squartamento", "La tentazione di esistere", "Il funesto demiurgo", "Lacrime e santi", "L'inconveniente d'essere nati", "Sillogismi dell'amarezza", "Sommario di decomposizione", "Al culmine della disperazione", "Confessioni ed anatemi", "Taccuino di Talamanca". Più una impressionante serie di aforismi, spiritualmente e sostanzialmente in linea con le opere citate.)

Taccuino di Talamanca
E vidi un giorno la giornata bella,
felice con letizia me ne andavo,
la gente mi pareva in camporella,
con allegria di questo mi beavo.

Sentivo un gran bisogno dell'amore,
donarlo e averlo reso, ancora e ancora,
di gioia mi batteva dentro il cuore
e a spasso camminavo già da un'ora.

Sguardo mi cadde, sì sono curioso,
ricolma di bei libri una vetrina
e piccol, tutto nero e prezìoso
là mi ammiccava, esposto, un libricino.

Forte la tentazione e lo comprai,
una panchina all'ombra poi m'accolse
e a leggerlo, con fame, m'apprestai,
così che la mia mente tutta avvolse.

Di desengaño ispanico narrava,
di D'Avila Teresa e de' suoi orgasmi,
di tanto in tanto Borges affossava
e addosso si piangea per i suoi spasmi.

Del cuore suo malato e di emozioni
ecco, così Cioran si confessava,
di notti insonni lessi e riflessioni
e cupa una vision del mondo dava.

Alzava il dito e tosto ci ammoniva:
"qual sole mai, ma qual d'amor sospiri,
la vostra mente sì che si svaniva!
Dolor vi sia conforto, vita viri !"

Attorno mi guardai con apprensione,
nessuno più un sorriso mi porgeva,
un cane già azzannava le persone,
un calcio a un mendicante lo stendeva.

E questo fu l'effetto invero strano
di quel taccuino e de' suoi insegnamenti.
Così consiglio a voi, per darvi mano,
fatene dono a odiosi. A lor tormenti.
 

Anni fa, nell'appartamento sotto il mio, arrivò una famiglia di marocchini. La moglie, incinta verso la fine della gestazione, un bambino di 6 anni ed il marito. Proprio in quegli ultimi giorni il marito trovò lavoro in Germania e partì, lasciando soli moglie e figlio.
Tra noi si era creato un amichevole rapporto e quando arrivò il momento del parto io e mia moglie portammo all'ospedale la donna e restammo in attesa dell'evento. Nacque così Hiba. Oggi ha quattro anni e mi chiama, commuovendomi, nonno.
E questa mi ispirò, con buona pace dei razzisti nostrani:


H i b a
(dono di Dio)

Da terra assolata, con nenia preziosa,
comparsa è una rosa che un Dio l'ha donata.

Son neri i capelli, germoglia un sorriso
sul tenero viso da quegli occhi belli

che voglion sapere, che guardano in tondo
che cercano il mondo per coglier piacere.

Farfalle le mani carezze daranno,
sarà forse a un anno, vorremmo domani.

Ed Hiba assopita già vibra d'amore
ci donerà il cuore darà la sua vita.

Sarà suo piacere diffonder con mano,
d'un luogo lontano, l'antico sapere.

Così l'accogliamo con grande speranza.
Sua vita sia danza noi voto facciamo.
 

Alla maniera del limerick
Sono buffi quei due puffi
ci regalan degli sbuffi
d'una mente obnubilata
dal poter d'una giornata
e sul fez gli spuntan ciuffi.

******
Stiamo andando al funerale
di un potere che sta male
quello di democrazia
che sta male pur mia zia
e ci attende, aita aita, un liquame ch'è abissale.

******
Or che il fascio è ritornato
dopo esser spernacchiato
canteremo giovinezza
per difender la fortezza
da chi è solo un disgraziato.

******
Mangeremo pane nero
e si fa triste il sentiero
di chi pensa che in giustizia
ci sia solo la letizia
e non si veste di nero.

******
Or farem dell'oca il passo
per Matteo sarem lo spasso
pur per Gigi analfabeta
che grammatica ha desueta
per entrambi arriveranno pene giuste a contrappasso.


 


 

Il prode Salvini dopo aver messo prima gli italiani, prima i passeggeri, prima i non vaccinati, guarda in alto e mette prima la Terra. E questo ci racconta:

Prima la Terra !
Fu Copernico uno stronzo, mise il Sole sopra tutto
forse avea faccia di bronzo, cancelliamolo di brutto.

Prima in ciel viene la Terra, giran Sole e l'altre stelle
a lei attorno e par 'na serra, Niccolò inventò novelle.

Rimettiam le cose a posto, correggiamo i manuali
per le scuole tosto tosto, quelli d'oggi… demenziali.

Per fortuna che la Lega, con l'avallo dei grillini,
la cultura or vi dispiega come foste dei bambini:

visse in tempo ormai lontano Tolomeo, grande stregone,
l'universo prese in mano poi ci diede 'sta lezione:

"Sempre al centro è il nostro mondo, co' pianeti che in gir stanno,
van facendo il girotondo, notte e giorno tutto l'anno."

E fu lui il primo leghista che capì con acutezza
che vien prima nella lista Terra nostra con certezza.



 

L'attuale situazione politica mi porta alla mente un turbinio di ricordi. Così si mescolano Deng Xiaoping (col suo gatto dall'indefinito colore) con la goliardica commedia "Ifigonia in Tauride" e con il fascista "Inno al sole" dalle belle note pucciniane. E me ne viene l'ispirazione per quel che segue:

Calvinisti d'accatto
Siamo le vergini dai manti bianchi,
alfine al governo siamo arrivati
grazie ai fascisti, cui diam pure i fianchi
e lo giuriam: sempre a loro associati !

Con verdi camicie noi sarem franchi,
ci scorderemo dei loro passati
ci scorderemo sentenze d'ammanchi,
da pie intenzioni siamo animati !

Sole è ormai sorto sul nostro futuro
giocondi e liberi andiamo a affogare
in sozze macerie il dolce Paese,

le pagheran gli italiani le spese,
per gli sfracelli che andiamo a creare
si pentiran di quel voto immaturo.

Ma è il nostro andar sicuro,
la Storia, un dì, ci metterà alla gogna,
ma oggi qui restiam senza vergogna.
 

 

 

Noto che va di moda poetare nelle più svariate lingue straniere, lingue che non tutti conoscono al punto da poterne gustare la poetica musicalità. Ma c'è una lingua universale, certamente a tutti nota, cioè l'esperanto, allora ho pensato di proporvi la traduzione di una mia poesia in questo idioma, certo che tutti l'apprezzerete.

Fonte Castalia
(Historio, kiu de malproksime venas konsili)

De Dioniĉaj kuraĝoj li estis kaptita
Apollo dum erringanta la Parnasson,
Tie, en arbaro, li vidis, kaj ne hazarde,
Castalia brilas kun bela vizaĝo.

La amadrìade estis inter kverko,
 lla dio ŝin vidis kaj deziris ŝin,
io, kiel magio, inflamita
kaj kvankam li rezignis Iliadon.

De la harmonio kaj ordo estis la dio,
(Nietzsche ĉi rakontis kelkajn jarojn poste)
sed li ofte havis seksperforton kiel celo
kaj kiu ajn malhelpis ĝin pagis por ĝi.

Kaj ĝi ankaŭ estis sekse duobla,
viroj aŭ virinoj al li estis egalaj,
li multe estimis, kiu metis la flugilojn
en mensoj kaj grandaj fantazioj de kuniĝo.

 Do inter dezerto kaj akvofaloj malakceptis ĝin,
la bela nimfo, kiu malakceptis ĝin.  
Ĉi tio, pro granda angoro, estis elĵetita
en acantilado kie kaptis la morton.

Repentante estis la scivolemo.
Iam dezirante kompensi ĝin
Farita Castalia fonto iĝas,
kun la virto de doni poezion.

En Delfos, do, estos bone iri,
kial ber de tiu malofta akvo
Ĝi faros nian odo malpli stingy
kaj senfinaj la Musoj amos nin.
 

Ermione e il Vate
(mi sa che è andata così)

Ermione è là distesa sopra lenzuol di seta,
c'è pioggia a catinelle, c'è un lampo che inquieta,
così lei si rivolta, si copre col cuscino,
s'è tolta la camicia, problemi avrà al pancino.

E fa pure le bizze, vorrebbe un poco amare,
magari tenerezze, magari almen mangiare,
afflitta si lamenta, lo sente il suo ignorare,
in più le dan fastidio quei suoni e preoccupare.

Il fischio di quel vento, quel mormorar del mare,
un tuono è uno spavento, lei non ci vuol pensare.
Ma il Vate è lì che insiste, vorrebbe passeggiare,
per boschi e per ginestre lui se la vuol spassare.

E quell'andar per fratte, disciolti e non congiunti,
certo farà a polpette malleoli bene unti.
Neppur c'è da parlarne di correre infangata,
solingo vada a farla silvestre camminata.

E questo raccontava, quel Gabri un poco ottuso,
con questo suo bel dire, diè le istruzion per l'uso:

"piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude
o Ermione."

Così la conseguenza di 'sta bella canzone
di certo è un influenza, nei piedi anche un durone.
E certo che virente lei diverrà incazzata!
s'ei insiste ulteriormente gli dà una bastonata.

E pur tacer doveva! Pur spegner la passione!
Un peso a lui pareva la dolce, cara Ermione.

 

                                                                    Ahi serva Italia di dolore ostello,
                                                                    nave senza nocchiero in gran tempesta,
                                                                    non donna di province, ma bordello !
                                                                    (Dante -Purgatorio VI- Sordello-)

Oranitalia
Da fetide fogne, da umide forre
rivedon la luce quei musi appuntiti.
Parea s'evolvesse quel nostro destino,
a cieli radiosi volgemmo lo sguardo,
il turpe passato gettato alle spalle.

Squittiscono ancora, non li han sterminati,
nel nostro giardino diffondon bubboni.
Si riempion le strade di gente malata,
la peste già segna quell'anime ignave
e liberi voli vorrebbe in catene.

Rieux non abbiamo che possa salvarci,
d'un piffer non s'ode quel magico suono.
Nel ciel s'allontana, s'offusca una stella,
e ha nome Speranza quell'astro sognato,
che torme di ratti hanno già cancellato.



 

Nella giornata mondiale della poesia qualche azzardo:

Haiku (La fatica)
La terra dona-
il contadino attende
la primavera.

Haiku (Rinascita)
Passa l'inverno-
diadema di lacrime
in primavera.

Haiku (Nell'oltre)
Il tempo fugge
rughe sul cuor disegna-
l'ultimo inverno.


                                               


 

per Alessia e Marco
30 luglio 2016

Madrigale per il dì d'inizio
E' giorno di promesse per la vita,
ch'è calice da consumare assieme
con sorsi brevi o lunghi all'evenienza

ma sempre con amor, unica scienza,
perché per vostra strada sarà il seme
di pianta che diventerà infinita.

Assieme a voi vivremo l'emozione
di questa vostra splendida stagione.
 

Fui facile profeta. Scritta poco dopo il 22 febbraio 2014, giorno della presentazione al Parlamento del governo Renzi,
oggi, vista l'aria che tira, ve la ripropongo

Il nuovo che avanza
Vien da un film di Pieraccioni
'sto Matteo ch'è sceso in pista
già ci prende per minchioni
presentandoci la lista.

Per blandir quegli industriali,
Guidi , astuto, a loro dona
così spera che da strali
salverà la sua facciona.

La finanza, che disdetta,
pur bisogna accontentare,
ed allora, idea perfetta,
Padoan va ad arruolare.

E che far con quegli appalti
che girare fan moneta?
Chi delinque fa bei salti,
resta Lupi e fa Eta Beta.

La giustizia darla è meglio
a chi proprio sol la ignora,
parli d'altro e non sia sveglio,
c'è un Orlando, alla buonora!

Punta i piedi anche l'Alfano
che gli interni vuole ancora,
gli promette pure l'ano,
pur che non rimanga fora.

Nell'elenco c'è Poletti,
forse il meglio del pollaio,
è un error da poveretti,
…lui credeva avesse il saio.

Per non fare poi a cazzotti
tra maschiucci e femminelle
ecco arriva la Pinotti
e si becca un po' di stelle.

Quella inutile istruzione
pesa troppo sul bilancio,
la Giannini a educazione
renderà più amaro il rancio.

Pei restanti, mezze tacche
dal cencelli imposti certo
buoni sol per ceralacche,
cresce ancora il mio sconcerto.

Come sempre in 'ste questioni
manifesto c'è un perché:
o si ossequiano i padroni
o li caccian su due piè.
 

Melagrana
Sei come melagrana,
d'oriente è il tuo venire,
canti, mille e una notte,
di Sherazade l'incanto.

Sei come melagrana,
soda la scorza e rude,
bella nell'apparire,
arduo il tuo conquistare.

Sei come melagrana,
grani rubino e dolci,
aspri come tua bocca,
come tua bocca ambrosia.

Sei come melagrana,
quei semi conquistati
grondano umor di sangue
e allappa la lor pelle.

Sei come melagrana,
d'oriente è il tuo venire,
canti, mille e una notte,
di Sherazade l'incanto.
 

Tempo
(Eraclito liberamente inteso)

Viviam l'oggi ma è domani,
da lontano vien lezione,
tempo scorre tra le mani,
"panta rei" la citazione.

Così mentre noi crediamo
che si vive il contingente,
pizie e sfere convochiamo,
per scoprire il divenente.

Ma se è vero che del giorno
resta vago quel ch'è andato,
non lo dico per far scorno,
ma il futuro è il sol provato.

E' soltanto una chimera
questo tempo che contiamo,
non è cosa proprio vera,
qual la vita che viviamo.

Quel che resta nelle menti,
belli o brutti, son ricordi
che appartengon, pur frementi,
a un trascorso che già scordi.

Panta rei ci fu narrato,
e fu certo ammonizione,
per noi esiste alcun passato,
e il presente è un'illusione.

Per tirar le somme allora
bene è porsi una questione
a che serve guardar l'ora
s'è soltanto transizione?

Quindi il tempo resta abbaglio,
convenzione di sicuro,
sono certo e non mi sbaglio
noi viviamo nel futuro.

Panta rei, disse quel mito,
forse il solo fu a capire.
Chi seguì ne fu erudito,
svicolò per non perire.

Si riempiron tomi e tomi
di spassose favolette,
s'inventarono questioni…
e i cervelli fatti a fette.

Era tutto un indagare,
il pensiero si perdeva,
e quel loro speculare
fu com'acqua che scendeva.
 

P.S.: tanto per chiarire (si fa per dire) eventuali dubbi, la faccenda starebbe così: dando per assunto che gli "stati" del tempo siano Presente (che non possiamo cogliere perché "panta rei"). Passato (che non possiamo vivere per ovvi motivi -neutrini permettendo- e che, comunque, resta alle spalle obliato) e Futuro. E questo, visto che nulla ne sappiamo, resta così, l'unica flebile certezza/speranza.
Becera teoria? Vediamo:
Se, in una notte stellata, alziamo gli occhi al cielo, ci incanteremo col brillare delle stelle. Ma quel che vediamo, certamente, non è più esistente nel momento in cui lo vediamo. Erano così, così brillavano, milioni di anni fa. In definitiva vediamo ciò che non c'è più o che è molto diverso da come ci appare nel momento in cui osserviamo. E, per inciso e fatte le debite proporzioni, ciò vale anche per stelle e pianeti molto più vicini a noi (sole e luna ad esempio)
Viviamo, quindi, una realtà inesistente, a conferma di ciò che è stato detto sopra.
Per lo stesso motivo non possiamo "vivere" quel passato perché è, da un bel pezzo, "panta rei".
Dunque, per motivi legati alla speranza, non ci resta che credere nel Futuro.
E speriamo che, almeno questo "stato" esista…
Arrivederci a tra… non mi è chiaro quando. Forse, chissà, potrebbe essere o forse no…. Questione di tempo.
PCR

 

Un giorno un mare, un treno …
Sento lontano
lo sferragliar d'un treno
e nei tuoi occhi
vedo riflesso il mare.

Resina aspiro
e verde di quei pini
riempiono l'aria
ed occhi e mente e cuore.

Verso quel mare
precipita lo sguardo
e sulle rocce
si sciolgon le sue onde.

Rocca a difesa
s'alza da uno sperone,
gli fa corona
un volo di gabbiani.

Mani e le bocche,
smarrite in un incanto,
senza appagarsi
azzurro amor si danno.

Viver momenti
dimenticando il tempo,
questo sognare
darà alla vita senso.

Così riflesso
negli occhi tuoi c'è il mare,
lontano sento
lo sferragliar d'un treno …
 

Temporale
Rimbalza e rotola
di cirro in cirro
brontola e ruzzola
rimbomba il tuono,
replica l'urlo
di travi cadenti.

Saetta un lampo,
sfrigola l'aria
da terra al cielo
s'alza una vampa.

L'acqua s'abbatte
su tetti e terre
strepita e scroscia,
dilava e picchia.
Ritma la pioggia,
pare un lamento.

Ulula il vento
e attorce gli alberi,
sibila e spazza
e prati e foglie.

All'improvviso torna quiete.
All'orizzonte, come un incanto,
magico appare l'arcobaleno.
 

Trascendenza
Quei suoi grandi occhi mi accesero il cuore
e quei suoi sorrisi mi sciolsero dentro.
Si mosser le mani sì lente e affamate,
respiro si fuse con lingue incollate.

Nel suo apparire vedevo l'amore
che placa, ricrea, che appaga appagando.
Guardando il suo viso, di luce diffuso,
volar mi sembrava nel cielo confuso.

E il cielo stupito raccolse il suo grido,
esplose un fulgore, stordente, abbagliante.
Si fecero fili dei raggi di sole,
pervasero tutto, mancaron parole.

Fu quella una fiamma, scambiata con gioia,
donarsi, fremendo, con grande languore.
Restò poi un silenzio, con rotto ansimare,
un tenero abbraccio può il tempo fermare.

Di quel ch'è perduto rimane l'inganno,
visioni dissolte, memorie avvilite.
Trascende il reale quel tempo fatato,
fu incanto vissuto, ma forse sognato.
 

L' Illuminato
Verità vanno cercando,
sulla strada della seta,
e cavalli cavalcando,
brameran chi li disseta.

Questi candidi destrieri,
oro e azzurro i finimenti,
porteranno i forestieri
verso mete convenienti.

"Cara Amal, amica mia,
su raccogli il tuo sitar,
canta per la nostra via,
rendi lieve questo andar."

La violenza del deserto,
la durezza del percorso,
li stremarono di certo,
anelando ultimo sorso.

Ed alfine all'orizzonte,
sopra un monte, sulla cima,
la città di tutte l'onte,
Samarcanda s'avvicina.

Quivi giunti chiederanno,
destra e manca ansiosamente,

"chi alla sete non fa danno,
chi disseta veramente ?"

Ricevuti nel castello,
dal sultan della regione,
ecco il re di quel bordello
che impartisce la lezione:

"Quei che qui non vo' restare,
esecrando 'sto mercato,
scelse solo il meditare
fino all'ultimo suo fiato.

Con la vaga tua compagna,
guadar l'Oxus voi dovrete
e scalando la montagna
nella grotta il troverete."


Si rimisero in cammino,
gonfio il cuore d'emozione,
certi del loro destino
di trovar la soluzione.
Grande gioia fu per loro
la caverna rinvenire,
nella mente quasi un coro
per l'auspicio divenire.

E così, dinanzi a loro,
ecco appare il gran vegliardo,
vestimenta prive d'oro,
tanto affetto nello sguardo.

"Whaid altri m'han chiamato
sin da quando rinunciai
a restare in quel mercato,
fonte di primieri guai.

Quello è un luogo di vergogna,
di Babel la confusione
e vi regna la menzogna
quale unica ragione.

So che voi state cercando
Verità, unico bene
e per questo, camminando,
qui giungeste dopo pene.

Tu bruciasti il tuo passato
ricercando savi esperti,
ora in luogo malfamato,
ora andando per deserti.

Non v'è saggio, qui nel mondo,
che rispondere saprebbe,
quel che chiedi, oh vagabondo,
dentro il cuore albergherebbe.

E nel cuore dell'onesto
ben nascosta c'è una luce,
guarda là con un pretesto,
solo il ben ti ci conduce.

Quest'io dico alla partenza:
Verità, suprema dea,
accompagna l'esistenza
chi d'amore ognor si bea."

Note esplicative
(I nomi arabi Amal, Oxus e Wahid corrispondono rispettivamente a : la speranza, il fiume nei pressi di Samarcanda e l'ineguagliato.
I cavalli simboleggiano la mente ed i finimenti la fantasia che la orna. Così come il deserto simboleggia il mondo in cui viviamo e la durezza del percorso, il vivervi. L'ultimo sorso, ahimè, è la morte, desiderata per gli stenti subiti.
Samarcanda è stata scelta perché punto centrale della via della seta, quindi luogo frequentato da un'umanità fatta di mercanti, notoriamente non proprio sinceri.)


Chi l'ha visto?
Aveva fatto tutto per benino
per giorni e giorni s'era affaticato,
si cibò spesso solo di un panino
ed al dormir nemmeno avea pensato.

E fu così che al settimo, stravolto,
volle veder che aveva combinato,
cercando un qualche error che andava tolto,
ma tutto gli sembrò bello e aggraziato.

Voleva i complimenti da qualcuno,
ma ricordò che c'era proprio niente
perché prima di Lui c'era nessuno.

E si sdraiò su un letto e immantinente
divenne in un sol lampo addormentato.
E da quel giorno… non s'è più svegliato.
 

Il senso
In alto indago il senso del passare,
non scaldan l'anima quelle risposte
mente non placano, false e mal poste
non ve n'è una che possa appagare.

E mi domando a che mai sia servito
quell'affannarsi a rincorrer la gloria
per poi scoprir quanto fosse illusoria,
così restando soltanto smarrito.

Scende la notte per chiuder gli affanni
vissi di sogni ma senza speranza,
corsi la vita per troppi tropp'anni.

Cerco ora il mare qual'ultima stanza,
per ritornare là dove son nato
e in quello sciogliermi, alfine appagato.
 

Calderon de la Barca, col dir " La vida es sueño" e Garcia Lorca, col dir "La vida no es sueño. Alerta! Alerta! Alerta!" sono agli estremi di un ponte traballante sul quale passano dubbi, incertezze, speranze, illusioni. Cos'è la vita, cosa sono i sogni? Questa la domanda esistenziale, vero nodo di Gordio.

Vita sogno, sogno vita.
Come di specchi in gioco s'intreccian vita e sogno,
grovigli di speranze, certezze ed illusioni.
Se sia la vita un sogno, sogno la vera vita,
rimane un dubbio arcano la mente a macerar.

Così pur ci ripaga per questa vita il sogno.
Concreto come quella ritorna inaspettato,
da siti oscuri in notti ci è stato regalato
e a siti ignoti alfine nell'alba tornerà.

Così pure la vita, dono che non chiediamo,
percorso ch'è obbligato, che a un termine è votato.
Pure nel suo finire v'è alcuna differenza
sia lieta o addolorata di certo finirà.

Son specchi e all'infinito raddoppian l'emozioni,
e ad inseguire sogni viviam la nostra vita.
Fantasmi della mente sembrano e vita e sogni
è dal pensier che forse l'inganno nascerà.


Nascita di una poesia:

la bozza:

E' terso il cielo sopra il cheto mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
l'acqua riflette spogli monti rossi,
nell'aria van volando dei gabbiani.

Così rimango immerso in quel silenzio
che dona pace e rasserena il cuore,
passa lontano vela all'orizzonte,
corre e par sogno pieno di promesse.

Salso respiro e nel profondo scende
sentore di quel mare che mi prende,
nei suoi color si svaga la mia mente.

Lo sguardo affonda là dov'è congiunta
del mar la linea con l'azzurro velo,
sospeso è il tempo e nulla pare vero.

…e la versione definitiva:

Capo Gallo
(località a poca distanza, verso ovest, dall'affollata spiaggia di Mondello)

Brilla qui il cielo ed è quieto il mare,
ascolto l'onda carezzar gli scogli,
l'acqua riflette monti rossi e spogli
e verso il sol gabbiani vedo andare.

In quel silenzio trovo il mio riposo
e trovo calma ed ho sereno il cuore.
Lieve una vela va senza rumore,
trasporta sogni che sognar non oso.

La mente mia si svaga nel turchese
e le speranze mie restano accese
per ritrovar la pace tra quell'onde.

Lo sguardo affonda dove si confonde
del mar la linea con l'azzurro velo.
Sospeso è il tempo e nulla pare vero.

Respiro salso e nel profondo scende
la grazia dell'incanto che mi prende.
 

Arrivederci 2
Mi mancherete come il pane e il sale,
come l'aria pulita e come il mare
e già una tristezza ora m'assale,
pensando a giorni privi di Poetare.

C'è un carburaturista che m'aspetta,
carburator vuol fare carburare
e pronta e ben pulita ha una pinzetta
e m'ha acciuffato e non mi fa scappare.

Così m'avvio a far questo tagliando
ma dopo tornerò più forte e bello
e volerò più in alto di un uccello.

Ma a tutti voi, col cuore, raccomando
tenete i toni bassi e sorridenti
se no alla fin sarem tutti perdenti.
 

Scende poesia
La vidi lieve scendere dal monte,
tra rovi e spine e massi acuminati,
ch'erano neri e simili a peccati
e andava con andar fresco di fonte.

Era salita a cogliere nel cielo
profumi e suoni ed armonie sovrane.
Qui cuori rei cercava e menti arcane
per porvi dentro amor, per scioglier gelo.

Così mi vide perso e lacrimante
su quella china amara e disperata,
per una vita fino allor sprecata.

Dentro mi scese come fa un amante
e diede e luce e amore e comprensione
e al mio tramonto vissi un'emozione.
 


Befanrequiem
Ricordano i tempi di voli passati
quand'erano belle, pur desiderate
e tutti quei gonzi che furon scopati
in lunghe, frementi, veloci nottate.

Non c'era un camino che salvo restava,
la notte era breve, volava d'incanto,
soltanto una notte, che pure bastava
e di ciò ch'è stato riman sol rimpianto.

Son piene d'acciacchi, d'artrosi e dolori,
così quella scopa, veicol portante,
pur oggi rifiuta volare là fuori
e tristi e avvilite richiudon le ante.

Non sanno che fare, neppur dove andare,
nessun più le chiama per chiedere doni.
Nell'angolo resta, ma sol per scopare,
l'inutile attrezzo, tre o quattro sacconi.
 

Domanda di grazia
Un prodigo figliolo,
incontro per la strada,
lui perso avea contrada
pativa un grande duolo.

Mi disse che mai più
avrebbe commentato
col tono ch'ebbe usato,
con sdegno e forse più.

Ma molti la mancanza,
sol della sua sapienza,
la senton ed è urgenza
condurlo in questa stanza.

Al Vate illuminato
io porgo questa istanza:
riapriamogli la danza,
sia alfine perdonato.

C'è in ogni luogo l'uso,
in occasioni sante,
la grazia ad un furfante
conceder senza abuso.

Allor che a casa torni,
con sante le intenzioni,
ci dia le sue canzoni
che mancan da più giorni

Sull'ara metteremo
fremente un grasso agnello.
Se rifarà il monello
allor lo infilzeremo.
 

Extracom
C'è il mare davanti,
aleggian respiri,
aneliti a vita
di tanti.

Van via dai tormenti,
da fame e da guerre,
per essere alfine
redenti.

Indietro è rivolto
lo sguardo e un rimpianto,
le lacrime vanno
sul volto.

Beccheggia la barca,
terrore li prende
ed acqua salata
l'inarca.

Son tutti scagliati
nel mar che li attende,
e i soffi di vita
tagliati.

Silenzio discende
su quel camposanto,
soltanto un gabbiano
comprende.

Rimane quel legno
nel mare a marcire,
dal cielo discende
lo sdegno.
 

L'ultima estate
Nell'aria quel frinire di cicale
s'allarga come cerchio che si spande,
carezza e scuote pini un caldo vento.

Scorgo laggiù la fine delle scale,
così la nostalgia nel cuor è grande,
scheggia di mar che solo dà tormento.

E' vela antica e vola sopra l'onde,
a questa vita guardo e mi confonde.

Dolce è il ricordo e, ricordando il mare,
resta certezza di non più tornare.
 

Attenti al buffone !
Di un'etica distorta il portatore
di merda ha ricoperto 'sto paese.
Da stipendiati servi è osannato,
tante le menti son che ha plagiato.

Prebende a destra e a manca egli ha elargito
e in testa v'è Romana e Santa Chiesa
che chiude gli occhi e pur le orecchie tappa,
pur di non rinunciare a tanta pappa.

Trovavan posizione in chiuse case
eserciti di donne compiacenti
oggi, per il voler di quel buffone,
del parlamento scaldan le poltrone.

Ma pare che il giochino sia finito
e il decaduto ras a pena muove
e se ritornerà nei suoi castelli
i cieli torneranno un po' più belli.

Ma le macerie di quest'era infame
saran ardua fatica a chi s'appressa
a ripulire e quindi raddrizzare
un'era intera tutta da scordare.

 

Stornellata
(da leggersi col ritmo e la melodia di Fior di giaggiolo della Cavalleria Rusticana)

Fiore di pesco
la bocca tua profuma quando taci
e in paradiso porta quando baci.

Fior d'amaranto
saliva verso il cielo questo canto
e solo a te lo dedicai soltanto.

Fior di giaggiolo
se passi dalle parti di Lavagno
vedrai che arriverai proprio a fagiolo.

Fior di lavanda,
il cuore mio per tè sanguinante,
vorrei portarti un dì sopra una branda.

Fiore di sera
parole al vento volano leggere
ma tu di me non ne vuoi più sapere.

Fior di balcone
la nostra un giorno fu 'na gran tenzone
ma alfine tu m'hai preso per minchione.

Fior di canzone
abbiam vissuto senza religioni
è giusto esser trattati da coglioni.

Fior pien di spine
questo governo ci farà morire
ma noi lo annegherem nelle latrine.

Fiore d'alloro
ci sodomizzan senza alcun decoro
rovente un ferro in cul daremo a loro.

Fiore d'avena
qui si prepara l'ultima mia scena
scusate se v'ho dato tanta pena.

Fior della corte
tra poco chiuderò l'ultima porta
e stanco me ne andrò con sora morte.

(terque quaterque…)
 

Madrigale per il giorno compleanno
È giorno compleanno ed è di festa
suonano le campane allegramente
nella tua casa è tutto un augurare

e di regali ne aprirai una cesta.
Giorno ch'è da goder serenamente
fin tarda notte e non potrai scordare

ché attorno a te si stende con amore
un lieto canto che addolcisce il cuore.
 

Gran galà del 28 aprile 2013
Brindano sordi a volteggiante morte,
brindano allegri alla bella alleanza,
indifferenti alla penosa sorte
d'una nazione ormai senza speranza.

Braman potere, son degli affaristi,
succose intese vanno a programmare
e chi non li asseconda è un qualunquista.
Sempre più ricchi voglion diventare.

Ma la rivolta esploderà violenta,
li spazzerà dai lor lucrosi scranni
perché hanno tolto pure la polenta
e ormai son sopportati da tropp'anni.

Mafiosi sempre son in gran combutta
le liti sono finte e di facciata
ed ora che l'Italia è ormai distrutta
meritan far l'estrema camminata.
 

Il palo
Erano azzurri i suoi lunghi capelli
bagliori gialli nei suoi occhi belli
viola le labbra gelavan sorriso
ed una smorfia solcava il mio viso.

Da bocca spuntavan quattro canini
lordi di rosso, non eran carini.
Mi risvegliai da quest'incubo strano
ma per fortuna le stavo lontano.

E guardai meglio colei ch'io amava
…ma a quanto detto s'aggiunse la bava.
Ero distante ma non abbastanza
così la vidi volar nella stanza.

Tentai la fuga nel lungo camino
ma era ostruito da botti di vino.
E riguardai la visione sublime
ma a questo punto… mi mancan le rime.

Allor ricanto già data notizia,
sono sicuro che il cuor vi delizia:
Erano azzurri i suoi lunghi capelli
bagliori gialli nei suoi occhi belli…

E quello che segue legger potrete
levando i vostr'occhi per spegner la sete,
mentr'io vò a cercar di frassino un palo,
e dentro il suo cuor sicuro lo calo !

Ma che vuol da me quest'avvampirata
cui resi felice lunga nottata ?
E sì che l'amavo e il cuor già mi langue
per non aver più una goccia di sangue.


Calderon de la Barca, col dir " La vida es sueño" e Garcia Lorca, col dir "La vida no es sueño. Alerta! Alerta! Alerta!" sono agli estremi di un ponte traballante sul quale passano dubbi, incertezze, speranze, illusioni. Cos'è la vita, cosa sono i sogni? Questa la domanda esistenziale, vero nodo di Gordio.

Vita sogno, sogno vita.
Come di specchi in gioco, s'intreccian vita e sogno,
grovigli di speranze, certezze ed illusioni.
Se sia la vita un sogno o il sogno vera vita
rimane un dubbio arcano che macera la mente.

Così pur ci ripaga
per questa vita il sogno.
Concreto come quella,
arriva inaspettato,
da siti oscuri in notti
ci è stato regalato,
e a siti ignoti alfine
nell'alba tornerà.

Così pure la vita
è inaspettato dono.
Percorso ch'è obbligato,
e a un termine votato,
pure nel suo finire
v'è alcuna differenza
sia lieta o addolorata
di certo finirà.

Son specchi e all'infinito
raddoppiano emozioni,
e ad inseguire sogni
viviam la nostra vita.
Sembrano e vita e sogni
eterei fantasmi,
è dal pensier che forse
l'inganno nascerà.
 

Sergio Tofano docet
Mario Monti arcicontento
del suo nuovo appartamento,
con lacchè che al suo servizio
gli daranno molto sfizio.

Fa progetti sconfortanti,
ci ingobbisce tutti quanti.
E c'è pur, santa e romana,
che gli regge la sottana.
È gradito al sacro soglio,
dove cresce l'erba voglio.
Gli han giurato, in un sol fiato,
di promuoverlo beato.

Lui promette, con passione,
solo ai ricchi l'attenzione,
non potrà sprecare tempo
per chi è misero e scontento.

"Si masturbin con ardore
e d'inverno avran calore,
non han pane i poverini?
e che mangin biscottini!
M'hanno rotto questi lai
gli farò passar dei guai.
Manganelli e la sua banda
renda chiaro chi comanda !

E se proprio non bastasse
metterò dell'altre tasse.
Altre tasse per pagare
chi si fa le ferie al mare:
Montezemoli e i Casini
che non posson, poverini,
rilassarsi alle Maldive
coi massaggi di più dive.
La finanza e pur le banche
non si gratteran le anche.
Mi saran riconoscenti
manco fosser miei parenti."

E così il Monti Mario
porrà in cassa l'onorario.
Se ne andrà, tutto gagliardo,
sventolando un bel miliardo.
 

(dedicata a tutti gli amici sitani ed, in primis, al nostro grande Lorenzo De Ninis)

Arrivederci
Mi mancherete come il pane e il sale,
come l'aria pulita e come il mare
e già una tristezza ora m'assale
pensando a giorni privi di Poetare.

Un truce conciaossa è lì e m'aspetta,
colonna, dice, vuole incolonnare
e pronta e ben pulita ha una lametta
e m'ha acciuffato e non mi fa scappare.

Così m'avvio a far questo tagliando
ma dopo tornerò più forte e bello
e volerò più in alto di un uccello.

Ma a tutti voi, col cuore, raccomando
volate in alto con la poesia,
unica e sola a illuminar la via.
 

La carmagnole
Nuvole nere
d'odio rigonfie
s'addensano sopra
crudeli castelli.

Tormente di venti
gelati a vendetta
gli inganni più iniqui
così spazzeranno.

E gemiti e forti
guaiti e lamenti
al cielo alzeranno
atterriti tiranni.
E suppliche e scuse
e poi spiegazioni,
a salvarsi porranno.

Ma un dio indifferente,
in altro impegnato,
neppure uno sguardo,
ché altrove donato.

"Dansons la carmagnole
vive le son vive le son !
Dansons la carmagnole
vive le son du canon !"

Verrà primavera
come quella africana
e teste cadranno
come in tempo lontano.
 

Casualmente ho letto in facebook una poesia intitolata "Preghiera a Monti". L'ho trovata divertente e mi ha "intrigato". Quel che segue è una sua rielaborazione ed estensione. Chiedo scusa all'anonimo poeta, che spero non me ne vorrà, ma troppo forte la tentazione:

Lettera al dott. prof. sen. Monti
(e p.c. al ministro prof.ssa Coccodrillelsa)

Ormai è sicuro che sei senza pietà,
ti maceri a letto perché cresce l'età,
la caccia ai tapini è la tua vocazione
e daccela dunque una sana lezione !

Se quindi vorrai far più serie le cose
azzeraci adesso le ferie onerose.
Di poi per schiarire la rea situazione
azzera fin d'ora la liquidazione.

Per il tuo operar l'inflazione dilaga
tagliarci potrai pure la busta paga.
Per fare dispetto a quei bui sindacati
via, aumenta la schiera dei disoccupati.

Sapendo che vuoi la salute normale
di certo pagar ci farai l'ospedale.
Se dopo lo scopo è quadrare il bilancio
da casa, per legge, che arrivi il buon rancio.
Quadrar quel bilancio è di certo il tuo fine
e ci pagheremo anche le medicine.

La scuola statale, che tragico danno!
sbilancia il bilancio vieppiù d'anno in anno
e chiudila! e falla 'sta bella pensata:
chi proprio la vuol faccia quella privata.

Ti han detto che c'è corruzion dilagante,
e con gran fastidio tu chiudi le ante,
così che i consoci di questo festino
non sian disturbati nemmeno un pochino.

Così per concludere ed evitar danni,
pensionaci pure vers'i novant'anni.
E già che ci siamo potrai, con tuo dire,
camposanti abrogare e là costruire.

Quell'alta finanza da cui tu dipendi
sì ti sarà grata con gran dividendi
e poi nelle City più ricche del mondo
di marmo il tuo busto vedremo giocondo.


Basso continuo
Canta risacca
basso continuo
s'alza un lamento
d'acque lontane.

Forte ora urla
vento d'estate
sbatte le ali
vago un gabbiano.

Fluttua quel mare
scoglio ferisce
van verso il cielo
d'atomi il salso.

Lento discende
sparso nell'aria
quel sale amaro
sbianca la pelle.

L'onde ondulanti
vibran di danza
dall'alto al fondo
svaniscon vele.

Come un rumore
basso continuo
sì come vela
mente sprofonda.
 

Sogno mare
e il suo respir che
chiama
e odor di salso
penetra
e d'un brillar di luci
splende
e voli d'ali in lui
si sperdono.

Ed intimi ed onirici
i silenzi
e dolcemente sabbia
l'accarezza.

Ed urlan forte
l'onde
edè di sangue
che al tramonto
avvampa.
 

La pioggia sopra il velux
(ogni riferimento è puramente… causale.
Chiedo perdono per la blasfemia
)

Su declinante tetto
antiche stan le travi
da vene son percorse,
si vedon vecchi nodi.

Ermion è là distesa
sopra lenzuol di seta.
La pioggia il velux bagna,
tintinna dolcemente.

Ascolto fuori il vento
che fa ondeggiare i pini,
grida fuori un gabbiano
che il ciel vuol conquistare.

Ermione si rivolta,
si copre col cuscino,
camicia s'era tolta,
problemi avrà al pancino.

Son come sinfonia
la pioggia e il dolce vento,
germoglian melodia,
rapiscon come un canto.

Ermione fa le bizze,
non vuol collaborare,
neppure tenerezze,
vorrebbe sol mangiare.

E piove e piove e piove
sopra i tetti marrone
ma piove e piove e piove
sul vetro edè emozione.

Ermione si lamenta,
neppure riposare,
per lei fastidio sono
quei suoni da incantare.


E piove e piove e un tuono,
ma forse mi confondo.
E' vuoto quel suo letto,
m'accosto al velux, guardo.

Mi sporgo da quel foro
ma piove e piove e vedo,
spalmata sul terreno,
si scioglie una figura.

D'un tratto, ecco, ricordo,
la presi con dolcezza
e giù dalla finestra
la feci poi volare.

"ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su favola bella
che ieri
m'illuse che oggi t'illude"

Pioveva e adesso è bello
pensare alla passione,
persa come un ombrello,
mia dolce, cara Ermione.
 

La morale
La moralè a double face.
La nostra e quella degli altri.
E concordano mai.
 

La nota
Impervi caruggi
e lampi di luce.
Nel mare lontano,
un disco d'argento,
annega i suoi raggi

Si cercan tra gli archi
le mani affamate
è un lieve ansimare,
fugaci carezze,
son baci sfiorati.

E poi come un sogno,
silenzio irreale,
c'è un suono che avvolge,
che penetra dentro,
che l'anima scava.
E sale s'espande
raggiunge la luna,
ne offusca il chiarore.
E vibra di note,
or gravi, ora acute
e pizzica e trilla,
il dolce violino.

La voce si spegne
con dolce ondeggiare.
Nell'aria rimane
azzurra una nota,
per poi ricordare.
 

Il velo di Maya
Bambini che anelan
carezze da mani
e dietro un cespuglio
già s'amano amanti
e migrano stormi
in paesi lontani.

Convegni d'amore
con scambi agognati
con teneri frasi
e poi giuramenti
s'esalta il futuro
nei loro disegni.

Ma offuscan la vista
quei fili sottili
inganna la mente
volerli passare
se brami stracciarli
t' incollan le mani.

Un'ultima fiamma
consuma candela
ritorna alla mente
un tempo insicuro
già fatto d'inganni
d'amare illusioni.

Così per quel velo
il ver si confonde
ed Arthur sprofonda
nel suo pessimismo.
Col dubbio t'avvolge
la trama d'oriente.
 

Trascendenza (2)
Quei tuoi grandi occhi mi accesero il cuore
e quei tuoi sorrisi bruciavano dentro.
Si mosser le mani, sì lente e affamate,
respiro si fuse con lingue incollate.

In quel tuo apparire l'amor ritrovai
che placa e ristora, che appaga appagando.
Guardando il tuo viso, di luce diffuso,
mi parve volare nel cielo, confuso.

E il cielo stupito raccolse il tuo grido,
esplose un fulgore che abbaglia e frastorna.
Ardevano forte quei raggi di sole,
pervasero tutto, mancavan parole.

Così fu la fiamma, scambiata con gioia,
donarsi, fremendo, con tanto languore.
E poi fu il silenzio ed un rotto ansimare
ed un tenero abbraccio il tempo a fermare.

Di cose perdute rimane l'inganno,
visioni dissolte, memorie avvilite.
Trascende il reale quel tempo fatato,
fu un incanto vissuto ma forse sognato.
 

Ninnananna
Per te vorrei trovare una canzone
che sciolga il tuo dolore dalla mente.

Per te vorrei inventare un sentimento
che dica dell'amor di tutti i tempi.

Per te che quando parli sei speciale,
per te che quando ridi sei diversa,
per te della mia mente sol padrona,
per te io pescherò le stelle in cielo
per con del mar la luce mescolare.

Questo farò perché questo mio canto
accompagnarti possa nella notte.

E tenero il tuo sonno diventare.  
 

(chiedendo scusa agli amanti della montagna e, comunque, di scherzo si tratta)

Mare e monti
Incombon le incombenze più incombenti
rompono molto, ahimè, questi parenti
e non puoi fare quello che ti pare.
Cose dannose ti faranno fare.

Volevo stare al mare in pieno sole
eccoli, in coro, a rompermi le suole.
-Fa caldo oggi e si deve andare
lassù tra i monti e al fresco riposare.-

Io che là in alto prendo un coccolone,
l'aria mi manca e inevitabilmente
di mucche al passo schiaccio le tortone,

devo abbozzar perchè la lor ragione
è che per me lo fanno santamente,
sacrificando pur le lor persone.

Falsa invenzion è questa:
il vero è veramente
che c'è una zia che ha in testa

un uom che, unicamente,
le rese un dì di festa,
in una malga ardente.
 

Io lo so a chi...
Grammatica e sintassi son gran cosa,
obbligatorie, se si scrive in prosa.
Ma se dal cuore gemma poesia
non è con quelle che farai malia
e le tautologie sono vietate,
né in prosa né in poesia son accettate.

Così se voglio dire d'un bel fiore
che metto dentro un vaso, con amore,
in prosa io dirò, edè perfetto,
“io metto un fiore bello in un vasetto”.

Ma se la frase vuoi liricizzare,
allor qualche capriola dovrai fare
e quindi questa frase mi permetto
“ in un vasetto un fiore bello io metto”.

Ci son molte altre trappole davvero,
ma percorriamo prima 'sto sentiero,
che poi sarà di gran soddisfazione
comporre poesia come canzone.
 

Incontro
Quando domani ci sarà un'eclissi
la terra al sole celerà la luna,
solo le stelle brilleranno in cielo
di calda luce e palpitante e vera.

In quell'oscurità coglier vorrei
la luminosa più del firmamento
e sopra quella incidervi un pensiero.

La ruberò dal ciel per conservarla
perché vorrei un dì, ecco, donarla,
donarla a chi la merita per cuore
dove da sempre alberga solo amore.

E quel pensier sarà di gran dolcezza,
come un augurio pien di tenerezza,
augurio che la vita poi ripaghi,
delle sue pene e tutti i patimenti,
lei che ha donato a tutti sentimenti.

Adesso che la luna è piena e tonda
lo sguardo levo e tra gli sguardi frugo.
Tra tutti cercherò i suoi soltanto,
e cercherò letizia in occhi chiari
che han fede nel futuro e con certezza
che i sogni diverranno sicurezza.
 

Buonanotte per te
Per te vorrei trovare una canzone
che sciolga il tuo dolore dalla mente.

Per te vorrei inventar un sentimento
che superi l'amor di tutti i tempi.

Per te che quando parli sei speciale,
per te che quando ridi sei diversa
per te che della mente mia padrona,
_____per te raccoglierò stelle di cielo
e con del mar le gocce amalgamare.

Questo farò perché questo mio canto
accompagnarti possa nella notte

______e tenero il tuo sonno diventare.
 

Haiku
coglier farfalle
con strappato retino
dà delusione

pare un rosa
la tua bocca olezzante
carezza il cuore

viver nel fango
di questi oscuri tempi
tristezza dona

nascono gigli
in una verde valle
l'aria profuman

metrica cerco
per perfette canzoni
e cuore perdo
 

Addio al mare
Cespugli di ginestre contro il sole,
scesi tornanti ad arrivare al mare.

M'inebriò profumo di salmastro,
penetrò dentro quel color turchese
ed un respiro placido mi prese,
mentre lassù cantavano gabbiani.

Nella memoria restan come un sogno
questi ricordi che mi porto dentro.
Suoni e color ritornan come un'eco.

In tempo ormai passato della strada
così bagnai di lacrime quel mare,
mentre una vela lenta scompariva.


Sia dolce la notte
Conosco la voce del vento
del mare respiro l'odore
accanto restarti vorrei
per dirti di queste emozioni.

Ma priva di stellè la notte.
La luna nascosta nel cielo
non luccica nel suo cammino.

Vorrei poter starti vicino
tenerti per mano e sognare,
vedere nel buio silenzioso
dal seno il respiro volare.

Sperar che la dolce quiete
di pace rivesta i tuoi sogni,
…vederli salir lievemente.

Poi quando l'aurora radiosa,
al giorno darà la sua luce,
carezza al tuo viso conduce
e in mano per te ho una rosa.


Aprir le menti
E seguito a nuotare in questi cieli
di poesia m'imbevo e mi sollazzo
e allietan le giornate rime lievi
e sprizzan, spruzzan, fanno dar di pazzo.

Ma quando inciampo in metrica soltanto
che non profuma proprio del sentire
allora sì che m'intristisco tanto
e mando quelli a farsi benedire.

Sicuramente un prete troveranno
ch'assolverà peccati oltre ogni cosa
ma turerà l'orecchie per il danno.

Comminerà poi pena dolorosa:
far versi sciolti e rime ma dovranno
riempirli del sentir, come una rosa.

Certo grav'è la cosa,
ma è speranza l'ultima a morire,
il meglio fors'è tutto da scoprire.

Chissà che ispirazion dal cielo scenda
ed apra menti ed alme a questi tosti.
Come a teatro s'apra quella tenda,

mostrandoci i lor cuor fin'or nascosti.
Quel giorno allora sì che noi godremo,
e in piedi tutti assiem li applaudiremo.
 

Notte, notte, nott…
Lieve la notte intessuta di baci.
lieve si svolge nel tempo che passa.
----------lieve, lieve, liev…
Sento il calore di morbide labbra
sento la seta del tenero corpo.
----------sento, sento, sent…

Voglio fermare quest'attimi intensi
voglio svanir mentre guardo svanire
----------voglio, voglio, vogl…
Ecco che l'ora sorpresa s'arresta
ecco che gode e sorseggia l'amore
----------ecco, ecco, ecc…

Vola nell'aria un celeste profumo
vola e diffonde una musica dolce
----------vola, vola, vol…
Vedo negli occhi il brillar dell'opale
vedo ondeggiare papaveri il viso
----------vedo, vedo, ved…

Sfugge ma resta profondo nel cuore
sfugge e si scioglie nei cieli perduti
----------sfugge, sfugge, sfugg…
Notte di note d'armonica uscite
notte che suona violini struggenti
----------notte, notte, nott…
 

Tunnel
C'è buio in fondo
e prima era una luce.
Nulla rimane
d'appassionato viver.

Speranze vive
ed illusioni forti
compagne furon.

Erte salite
ma liete le discese.
Traguardi ambiti
con gloria attraversati.
E genti e siti
culture loro amando.

Domar tempeste
per poi goder del sole.
Gemmar sorrisi
lacrime ad asciugare.
Amor donare
senza volere amore.

E volle questo
saggia Clothò che fila
di Lachesis compagna ?
Ma giunge il tempo
ed Atropos s'appressa.

Nulla rimane
d'appassionato viver.
C'è buio in fondo
e prima era una luce.
 

Selva
C'è buio in fondo
e prima era una luce.
Ma nulla resta
di ciò che un dì s'è speso.

Gabbiani volan
verso lor siti vani
cercando amore
a cui donare amore.

Edè gravoso
attraversar la selva
veder traguardi
che sfumano nel tempo.

Asciutti fiumi
con scheletri di pietre
non dan ristoro
all'assetata terra.

Gabbiani volan
così come speranze
e nel tramonto
nel fuoco si dissolvon.

Morto è l'oriente
in questa nera notte.
Nulla più brilla
morte son le speranze.

Ma nulla resta
di ciò che un dì s'è speso.
C'è buio in fondo
e prima era una luce.

 

Per te buonanotte
Ti porti la notte
profumo del mare
e culli il tuo sonno
la dolce risacca.

E sia quel profumo
veicol d'amore
e quella risacca
sarà suoi bisbigli.
 

Brandemburghesiana
Note
che a spirale
s'avvolgono
----------lungo gotiche guglie.

Puntano,
verso sordo cielo
indifferente,
-----------siccome preghiera.

Piovono
da quell'alto
e cuori e menti
-----------di dolori placano.

Trovano
giusto asilo,
nostalgicamente,
----------donano amore.
 

Illusioni
Non sogni nel cassetto.
Non ho cassetti.
Quelli che un tempo ebbi,
sperse il mio andare.
Da legni così saldi,
falò brillanti.

Con impudenza vissi
quell'illusioni.
Di lor cenere resta
nel vento sparsa.
E pagherà il mio conto
chi non godette.

Così traggo bilancio
di fiele amaro.
Tardivo pentimento
che non ripara.
Sarà sollievo un legno.
Resta aspettare.

Nessuno avrà rimpianti
né assoluzioni.

Il tempo alfin sperare
rapido passi.
 

Il girone
Puoi legger tutti i libri c'han stampato
e decifrar l'etrusco e il giapponese,
di Bach sapere fughe e contrappunto

da Cimabue a Nunziante essere esperto.
Ma quando busserà l'ultimo tempo
e incontrerai Minòs e la sua coda

sarà per ciò men duro il tuo girone ?
Giudica e manda, secondo che avvinghi,
al mio finir, nel loco lo trovai.

M'interrogò, ringhiando orrendamente,
conto e ragion della mia vita chiese.
Pria di smarrir li sensi a lui risposi:

astruse lengue in vita già imparai,
con grande noia, allora, le insegnai.
Fiammante alzò la coda e sì l'avvolse

la noia non gradendo né lenguaggi,
che di pagan comunicare fosser.
Del mio saper di Bach allor gli dissi.

Ancor vinghiò l'estrema, con gran peto.
Quel protestante reo l'avea turbato.
Del mio narrar pittura l'informai.

Braci, sì fosser foco, l'occhi volse,
turban le immago e grondan blasfemia.
Con gran sgomento allor volli indagare

in cosa fosse quel ch'aveo mancato.
Avvolse strettamente l'appendice,
la voce sua mi fè tremar li polsi.

Per meritar lo svolgersi mia coda,
d'amor condire il tuo saper dovevi.
Quello c'hai spanto, lungo il camminare,

fredde nozioni son, senza il sentire.
Fosco giron sarà tua malasorte,
fin quand'amor non sprizzerà dal core.


Neutrini, perché ?
Infatti mi pareva
ci fosse un qualche sbaglio.
Ombra ch'è di materia
causa, prima ch'effetto ?

Allora nel girarmi,
per catturar parvenza,
ch'è mio accompagnamento,
lento fu il mio voltare ?

Così il sapor di labbra,
se rapidi sarete
nel coglierne il lor gusto,
produce i baci stessi ?

Pur quel rilassamento,
che vien dopo l'orgasmo,
fontè d'amor consunto
e non sarà l'inverso.

Neutrino ha superato
rapidità di luce.
Nuovi orizzonti apre,
scoperta sì fatale.

Poter così invertire
causalità ed effetto,
sconvolgerà il pianeta
e turberà le menti.

Un dì mi rilassavo,
le bocche io cercavo
il velo mio guatavo.
L'effetto m'appagava.

Nuovi orizzonti allora
miglior di quelli andati ?

Rivoglio rosse labbra,
mi segua l'apparenza !
Voglio quella fiacchezza,
effetto dell'amore.
E se mi accuseranno
d'essere oscurantista,
ebbene sì l'accetto.
E a tutti do convegno
tra anni cinquecento.
 

Il golfo
Luci che si rifletton
su mare trasparente.

E stelle che respiran
cielo di blu cobalto.

Luna che sulle onde
si liquefa e si rompe.

Onde che sulla sabbia
lasciano il lor frusciare.

E il pellegrino monte
balugina di fari.

Ricordo, una chitarra,
cantava d'un amore,
mentre s'allontanava
all'orizzonte nave.
 

Nel bosco
Nel bosco cerco
elfi e folletti
là mi smarrisco
e verdi foglie
e tronchi antichi
ora mi avvolgon.

Su muschi vado
par di volare
umidi sensi.

Scovo radura,
roccia al suo centro
acqua zampilla
da quella pietra
fresca e invitante
per la mia sete.

In cava foglia
vorrei raccoglier
dolce miraggio.

Così m'appresso
tendo la mano
suoni indistinti
passi felpati
e neri voli
tolgono l'aria.

Fugace sogno
è quel cercare.
Triste il risveglio.

Resta l'incanto
bosco sperato
fata morgana
che si dissolve.
La mente svaga
senza speranza.
 

Golem
------- e con informe materia
il mio golem creai

E corruzione e onestà
oscene pulsioni e pudor nel pensare.
E sapienza e ignoranza
e ignavia e solerzia.
E odio ed amore
e fede e empietà

------- e di ciò
lo plasmai

Crebbe ed andò
vagando la terra.
E mari conobbe
e cime inviolate.
E spelonche smarrite
ed irosi vulcani.

------- e mai il suo sguardo
il mio abbandonò

Poi volse i suoi occhi
a cieli lontani.
Ed a lungo rimase…

Un lampo ed un tuono…
su me si franò.

------- e seppellì il mio corpo
in cripta profonda

Trionfante nel mondo
s'aggira iracondo.
 

Barbagianni
A tutto cerchio il capo
il barbagianni ruota
e gialli e grandi occhi
il monte e l'orizzonte
ansiosamente scrutan.

Poter così guardare
cercando sogni antichi
pensando alle illusioni
di tempi ormai passati
che vuoto hanno lasciato.

In tondo guardo e vedo
desertiche pianure.
A sud v'è la menzogna
ad ovest la paura
a nord c'è la vergogna
ad est l'ipocrisia.

Forse, guardando in alto
vedrò cieli sereni
per dentro lor sognare.

Ma qui meglio è scostarsi.
Un'invenzione umana
già la sua mira aggiusta
e da quei cieli giunge.
 

Lezione di volo
Vieni con me
o Berenice dolce
le trecce sciogli
per il mio piacere.

L'anima incantami
con fluidi filetti
l'alita dolce
sull'accaldato volto.

Portanza dammi
e scagliami nei cieli
fammi vedere
il mondo da lontano.

Penetreremo alfine
di quel Venturi il tubo.
Anche se separati
insiem ne usciremo.
 

Mare
e il suo respir che
chiama...

Vele lontane
sfumano all'orizzonte
speranze antiche.

…e odor di salso
penetra…

S'arrampica spuma
su scogli immoti
rassegnati e scuri.

…e brillar di luci
scintilla…

Così il pensier
in quei lucor
si svaga.

…ed intimi ed onirici
i silenzi…

In lui discendo
vinta la gravità
di levità m'inebrio.

…e dolcemente sabbia
accarezza…

Carezze lievi
che su un viso
posi.

…e urlan forte
l'onde…

Ed un timore
prende
ed un rispetto.

…e di sangue al tramonto
avvampa…

Pare
come l'amor
che cuori infiamma .

…e si specchian in lui
gabbiani …

La libertà
che sogni
nel suo immenso.



Edè il mio cuor che invoca…

il mare,
madre,
dammi il mare !
 

La pagina della Sfinge
Ti
affogherò
di
baci.

Per
poi salvarti
col
bocca
a
bocca.
 

Le esternazioni del sovrano sono come i (non casuali) Rotoloni Regina: non finiscono mai.
E, tra le ultime, apprendiamo che, secondo lui, l'Italia è un paese di merda.
Ho avuto un incidente, ho guardato bene sotto la suola ed ho avuto la seguente sorpresa:


Minus quam stercus
Una cacca oggi ho pestato,
dicon porti gran destino,
poi la suola io ho nettato
e così scopro un casino.

A più strati m'appariva,
l'infortunio ch'è puzzone,
tolto il primo che m'arriva ?
di Berlusca il sorrisone.

Vado avanti un po' schifato
e ti trovo quel nanetto.
Puzza forte quel suo fiato
e di nome fa Brunetto.

Non mi posso più fermare,
ho da fare pulizia
ecco qui quella comare
ch'è nomato tal Nania.

Qui qualcosa appare ritto,
puzza molto 'sto tondino,
ecco che mi appar Cicchitto
che assomiglia ad un tombino.

Già mi tremano gli ossi,
ora scavo abil diverso,
salta fuori, alè, quel Bossi
che l'Italia ha di traverso.

Ma a seguirlo sono tanti,
tutti grandi pecoroni,
cercan solo dei contanti,
così arriva tal Maroni.

E s'allarga gran liquame,
non saranno certo soli,
ecco il re di 'sto reame
il puffone Calderoli.

E proseguo con gran foga,
doviniam chi dietro c'è,
starnazzante com'un'oca,
qui or sculetta Santanchè.

Certo pur sarà una lagna
ripulir però io devo.
Ora m'appare la Carfagna
e di colpo io la levo.

E' terribil questa puzza
e mi son rotto i mattoni,
ecco qui che ora ruzza,
delirante sor Sacconi.

Questi schizzi sono tondi
e non hanno poesia
ma ci pensa Sandro Bondi,
approvato sol da zia.

Alla fin, fortuna aiuti,
c'è il peggior di tutti i mali.
M'avvelena Bonaiuti
lui con tutti i suoi sodali.

Meglio fossi andato a monti,
respirando aria pura,
qui a inquinarla c'è Tremonti
che ha la testa più che dura.

Questo team d'incompetenti,
pasticcioni e disonesti,
fan contenti i loro parenti,
dividendo i nostri resti.

Son d'accordo con Silvione:
è di sterco anche 'sta squadra.
Faccio una riflessione:
visto il capo… or tutto quadra.
 

Il nodo
Pensieri
s'attorcigliano lenti
come matasse dal capo perso.

Volo lontano
nel tempo ch'è andato
trovo ricordi di vita passata.

Conto peccati
risento risate. Pianti e singhiozzi
turban la mente.

Cerco spaurito
il bandolo primo
freddo di ghiaccio tarpa la mente.

Son nodi di Gordio
questi legami,
serve una lama a poterli slegare.

E guardo in alto
in galassie lontane
dove si perde confusa la mente.

E scruto il fondo
d'abissi marini
dove affondarono tutti i sospiri.

Un dì all'orizzonte
svaporano nebbie
di falce dotata s'appressa sorella.
 

Assieme
Assieme
andremo nell'isola,
in un soffio di vento.

Assieme
cercando i nostri occhi
rubandoci il respiro.

Assieme
inseguirci correndo
nel sorriso del mare.

Assieme
vivremo nostre notti
con affannati corpi.

Assieme
dei nostri lieti giorni
non ci sarà la fine.

Assieme
per vivere in un sogno
che non avrà risveglio.
 

BIS?
Spudorata ex vergin pura,
chiedi il bis ma è cosa dura.
Del ciucciotto vuoi il raddoppio ?
Te lo appronterò con l'oppio !

Così forse dormirai
evitando altri guai.
E al risveglio, un po' confusa,
forse tu farai le fusa.

Se ti gratterò la testa
forse allor sarà una festa.
Con un ballo a contradanza
finirà quel mal di panza.

Tenerezza, che disdetta,
questo è quello che t'aspetta,
ma è sincero il sentimento
non v'è alcuno pentimento.

Con affetto e con riguardo
volgerò ver te lo sguardo.
E se questo importa poco
giocheremo un altro gioco.
 

L'attesa
Vorrei sonni profondi,
di falsi sogni privi,
così, per annullarmi,
in infinite notti.
Bramare il ritrovarti
al nascere del giorno.

E quando tornerai
e finirà l'attesa,
guarderò nei tuoi occhi,
mi illuderò d'amore,
cercherò le tue labbra,
stringerò le tue mani.

Così d'amor colmarti
con tenere carezze,
con baci dolci e ardenti,
stringere quel tuo corpo
bevendone il respiro.
L'anima mia donarti.

Muoiono all'alba i sogni
e un vuoto resta dentro.
Un giorno troppo lungo,
denso di delusioni,
ore che lente vanno
verso un perduto sogno.
 

La poesia perduta
Ci dicon: rispettar le regolette!
E' saggia cosa se vuoi aver successo.
Contrariamente invece andrai nel cesso,
dopo d'averti fatto a picciol fette.

E muove a pena questa presunzione
di chi non vede quanto può scaldare
e cuori ed alme, regole scordare
per por su sentimenti l'attenzione.

Ma questi voglion dar loro lezione
dicendo che la sola poesia
è quella che si trova su lor via.

E tutto il resto è cosa poco pia.
Non possono capire quei tapini
che sol le norme hanno per cuscini.

Non sanno quel che perdon, poverini.
E sopra quelli dormon con certezza.
Sobbalzan se qualcuno li accarezza.

Per reazione lanciano monnezza,
reagiscon con insulti e con minacce,
così perdendo, ignari, le lor facce.

E' inutile cercar in lor focacce
un sentimento fondo e coinvolgente.
Ci troverai la metrica…e più niente.

Non hanno la poesia dentro la mente,
là solamente alberga geometria.
Vadano pur contenti e così sia.
 

Annunci economici
-offerta di lavoro in volontaria professione-

AAAA
Cercansi persone colte
per far umana attività.
Opportunità son molte
per realizzare civiltà.

Tali persone saranno,
dal prossimo lor, conquise
e gran cuore doneranno,
ricevendone un sorriso.

Qui poesia si diffonde,
quella che dal cuore viene,
siccome del mare l'onde
e penetra nelle vene.

Chi fosse da ciò tentato,
con amor, corra 'sto sito
ci contatti, estasiato,
di certo sarà capito.

Raccomandiam d'astenersi,
non sprecar telefonate,
quei che in istruzion son persi
e sparano sol cazzate.

E sgraditi, per lor drammi,
saranno quegli estensori
d'epigaffi od epitrammi
che s'inventano da fuori.

-Si garantisce rispetto della privacy ai sensi delle vigenti leggi-
 

Pioggia
Piove
e l'acqua scorre
lenta
su tamerici e foglie
su tetti spioventi
e orgoglio dei potenti.

Piove
su tutto indifferente.
Solo chi è in alto assiso
finge di non vedere
che l'acqua pura
è fiume.

Piove
ed ambizioni spazza
e pure ambiguità.
Pare che su dal cielo,
stanco di tanto strazio,
torrente arriverà.

Piove
ed alfin si lavan
indegnità passate
ed immorali pose.
Quell'acqua travolgente
tutto cancellerà.

Piove
speranze ed emozioni
ritornano a fiorire.
Un'epoca sì nera
alfine
spazzerà.
 

Peras imposuit Iuppiter nobis duas
(sonetto a metrica variabile ad libitum)

Di tanti inutil studi fu gravata
la mente sua che non avea spiragli
pensò che ricca fosse sua giornata
solo nel proferir alti suoi ragli.

Così cercò qual fosse l'obiettivo
del suo sapere invero pretenzioso
e quando lo trovò si fece attivo
così divenne tosto livoroso.

Un giorno per capir cosa mai fosse
cultura, figlia forse d'istruzione
a un vecchio saggio pieno di percosse
domanda posi a scioglier la questione.

Guardommi lungamente quell'antico
di poi aprì la bocca e fu un parlare
che sciolse quel dilemma e fu un amico
poichè le distinzioni apparver chiare.

Mi disse che istruzion è qual versare
dell'acqua chiara in otri forti ed unti
se poi cultura vuole diventare
amore e tolleranza vanno aggiunti.

Abbandonando quindi l'arroganza
togliendo da pareti pergamene
ponendosi tra gente come danza.

Nasce così persona ch'è perbene
il suo saper darà con abbondanza
e riuscirà a lenire molte pene.

E se saprà donar la sua cultura
ne apprezzeremo infin tutto quel bene
presenza sua vorremo duratura.
 

Cocktail
Mescolo poesia
in parti uguali
a prosa
quando ciò mi si adatta.

Talvolta diseguali:

se tristè il mio
guardare
allor prevale prosa.

Ma se il mio cuore
canta
chi vincè poesia.

Però ora mi chiedo:
serve
quest'esser bardo ?

Oppur,
ognuno vede,
di me solo la prosa ?

Ma a chi
potrà importare
di questi miei pensieri ?

Cancello. Punto
e
a capo.

Mescolo poesia
in parti uguali
a prosa…


Buongiorno
Sussurra la mia voce
e vibra d'emozione.
Dolce discioglie il velo
dagli occhi tuoi socchiusi.

Canta canzone piano.
canta una storia antica.
canta d'amore e vita.

Portano un soffio lieve
le labbra mie socchiuse.

Nell'aria vola un t'amo.
 

Arcobaleno
Piove
lento
pensiero
vola.
A braccia
alzate
cerco
luce.

Nasce
arcobaleno
dal tuo
cuore.

dove sorge
cercherò
tesoro.
 

Punto d'arrivo
Lenti e sfocati
ricordi tornan
da antichi tempi.

E più non guardo
verso il domani
non c'e speranza
del dove andare
né soluzioni
al divenire.

E cerco il cielo
e cerco il mare
dove la mente
possa annegare.

Vita vissuta
passata invano,
giorni di gloria
falsa ed ottusa,
pene ottenute
e pene date,
senza rimpianti
senza rimorsi.

Disperse all'aria
ceneri voglio
che nulla resti
a ricordare
né pietra bianca
per rammentare
nè inutil fiore
su essa posare.

Così finisce
il vano viaggio.
Mille domande
senza risposte.
 

Fiaba & Fiabe
Nel cielo si perse Stellina
l'amore divino cercava
e andava chiedendo a vicina
il luogo ove si ritrovava.

Così una stella più anziana
di rughe solcato il suo viso
la prese per man quell'arcana
nel volto splendeva un sorriso.

Tu cerchi l'amore nel cielo
ma qui si può solo inventarlo.
Le luci che invero fan velo
ingannano il facil trovarlo.

Non qui troverai quel che cerchi
Stellina, mia timida amica,
ma se guardi in basso e scoperchi
saziare potrai la fatica.

Nel fondo di molti dei cuori
veridico amor troverai.
Per render ricerche indolori
scoprire il fallace dovrai.

E quel che vedrai alla fine
sarà la gran luce d'amore
che alberga in chi ama marine
che vive in chi dona il suo cuore.

Risposta sarà alfin chiara
vedrai dove alligna l'amore.
Non certo nel cielo mia cara
ma solo e soltanto nel cuore.
 

Dedicata a mia moglie che, con pazienza e amore , ha saputo accettare il mio desiderio di vagabondare per l'Italia,
alla ricerca di soddisfazioni che, alla fine, appagavano soltanto me stesso. Con riconoscenza ed amore.


Mirò
Di rossi capelli ed esile vita
la gioia di viver portava nel cuore.
Quegli occhi marrone e lunghissime mani
al mio sentire donavan stupore.

Incontro veniva con sua lieve corsa,
su prati smeraldo d'abeti ombreggiati
e quel primo bacio non so ricordare,
da sempre stordito da quella allegria.

Galeotto fu Mike col lascia o raddoppia
che non guardavamo cercando le mani
e dentro esplodeva d'amor desiderio
che, allora vietato, appagar non poteva.

In dolce stagione vivevan ricordi.
E venne pesante il primo distacco,
il primo dei corsi lontan dall' amore.
Frenetiche corse un treno pigliare.

Firenze Gorizia ritorno ed andata,
quel primo lavoro che annuncia speranze
e quindi il Friuli, prolifica terra,
che vide l'unione da molto sognata.

Poi nacque Lorenza, che tenero sogno !
La stanza odorava di talco e di latte,
ansiose le notti, respiro ascoltando
e tenero amore per chi fece dono.

E dopo Trinacria, che fascino strano
Palermo la felix ci accolse ospitale
e storia e cultura di quella regione
fu degna cornice al romantico andare.

Passò un lungo tempo felice e sereno
con duro lavoro e felici ritorni,
assieme ad amici di vasta cultura
che resero lieve attuar quell'impegno.

In lampo trascorser quegli anni gioiosi
ma in altra città il dover mi chiamava.
Amara la scelta voluta dal fato,
scaligera urbe ci vide arrivare.
 

Neri corvi
Volano alti con ali littorio,
colman la terra con guano mortale,
fan revisioni di storia compiuta,
nelle lor vene sol scorre liquame.

Coprono il cielo a spegnere il sole,
trancian sentenze per loro opportune,
forti coi deboli, curvi coi tosti,
vendon coscienza per fare danari.

Orge ed inganni, tre lustri bruciati,
nulla riman dell'onor del paese,
paion parlare da libere alme,
falsi sorrisi nascondono ghigni.

Ma alfine arrivò la resa dei conti,
si ribellarono i sudditi proni,
lazzi e monete, per tanto disgusto,
furon lanciati a quei corvi indecenti.

Assisteremo al lor ribaltone,
dal nero al rosso lor cuori apriranno,
tutto faranno con gran pentimenti,
pur di salvare le loro poltrone.

Porte chiudiamo ai loro appetiti,
gabbie morali apprestiamo per tempo,
senza scordar che quei uccelli fetenti
sempre in agguato lordéran la via.


"Una volta le parole divennero solide, il freddo le aveva intirizzite e ingombrarono il cielo, un cielo fitto di parole rigide e secche,
parole di ghiaccio, parole di bastone, parole ritorte col fil di ferro, parole scritte ma senza più suono né eco."

(Eugenio Scalfari: "Alla ricerca della morale perduta")

L'apostrofo rosa
Un giorno io le dissi
un bacio vorrei darti.
Beffarda mi rispose
altro da te aspettai.

Così restai perplesso,
termine errato avevo ?
Pensa che ti ripensa,
giunsi a una soluzione.

Remota vocè bacio,
necessita aggiornare.
Ed ecco la proposta
che a lei farò arrivare.

Vorrei baciuffolarti
con teneri baciuffi.
Se prima non sverrai,
in cielo salirai.

Vorrei poterti dare
baciuffoloni tanti.
Di certo il gradimento
allor mi donerai.

Le dissi un dì la frase,
s'era davanti al mare.
L'amor si fè pensosa,
poi mi guardò furiosa.

Baciuffolarmi quindi
mio caro tu vorresti.
M'ispira un gran pensiero
l'azzurro qui davanti.

Ma va a baciuffolare
quella distesa immensa,
anzi, per completare,
ma va a scopare il mare !


Buona notte
Dolce sarà la notte
dolce tra le tue braccia
dolce nel tuo respiro.

Ti porterà in un sogno,
sogni fino al risveglio.
Magiche fate ed elfi
notte proteggeranno.

Mano nella tua mano
bocca sopra tua bocca
guardo per rimirarti.

E spunterà poi l'alba
d'un grato nuovo giorno
che a te verrà cantando
serenità donando.
 

Destino e libero arbitrio
Ecco quel che idearon,
antichi savi greci,
per fiabe raccontare
a lor concittadini:

Clothò tesseva un filo.
Làchesis l'avvolgeva
attorno al corpo umano
e vita gli donava.
In tempo stabilito,
Atròpos, con cesoia,
quel filo recideva,
ponendo fine al duolo.

Ma tutta questa storia,
da saggi progettata
per ingannar balordi,
ebbe un proseguimento.

Un giorno in Palestina
da immacolata nacque
uomo pien di carisma
ed ordine rimise.
Lui vide l'ingiustizia
ed elencò peccati
regole e norme emise.
Conformemente visse.

Però per gli altri il cuore
avea d'amor stracolmo,
così regole e norme
flessibili egli rese.
Donò libero arbitrio
a tutti i suoi seguaci.
Di questi fu la scelta:
seguirle o interpretarle.

Ma ci pensò Ireneo,
alcuni anni dopo,
a sceglier tra i vangeli
quelli più confacenti,
più convenienti a chiesa
allora in formazione.
Suggestionar le menti
serviva a quel potere.

Così, frammezzo a tanti,
scelse quelli opportuni,
quelli magnificanti
divinità del Cristo.
Degli altri documenti,
che umano il re dicevan,
un grande rogo fece.

Chiesa volle premiarlo
rendendolo suo padre.

Ma il tempo galantuomo,
tra Nag Hammady e Qumran
ci rese quei volumi
facendoci più edotti.

Così potremo sceglier
tra umanità e divino,
tra libero pensiero
e sorte d'altri scritta.
 

Canto
E rose blu con iris
per un fiorito sogno.
Fiori per profumare
la notte e i desideri.

Teneri e protettivi
profumano d'amore.
Per sempre sian compagni
lieta tua vita rendan.

Così per te diranno
per sempre il loro amore.
Così come per sempre
s'involerà il mio canto.
 

Tramonto
Soltanto del tramonto
oggi potrò parlare.
Di quel tramonto cieco
che il tempo ha generato.

Nato da influssi arcani
su menti ottenebrate
da sterili pensieri
di genti disperate.

E a quel tramonto cieco
sol seguirà la notte
profonda e senza fine.
Giorni non nasceranno.
 

Sognando
Così l'avevo
ogni istante cercata,
così la sognavo.

Così la mia vita
scorreva
attendendo.

Così sognavo
un miracolo,
portato dal vento.

Quella notte,
vissuta da solo,
era lì.
Per me.

Dai mie sogni
sorgeva
Nei miei sogni svaniva.
 

di Pulcini & Pulcini
Drin, drin, drin ,drin,
la campanella suona
Pio, pio, pio, pio,
canta la contadina.

Edè un frusciare d'ali
e strepitio di piedi
che corrono a saziare
vogliosi e vuoti ventri
ed affamate menti.

Così, con giallo mais
s'annullan quei languori,
così con la cultura
s'illuminan le menti.

Maestre e contadine
adempion lor missione
con risultato uguale:
pollastri ben pasciuti
nell'uno ed altro caso.

Neppure differente
sarà di poi la fine.
Appesi ad uno spiedo
quei polli finiranno.

Quei teneri pollastri
le pance riempiranno.
Aperte e sane menti,
gretto ed incolto mondo,
archivierà schernendo.
 

Improvvisamente tu
Improvvisamente
mi scoppia nel cuore
il tuo sorriso.

Improvvisamente
mi bruciano l'anima
i tuoi occhi.

Improvvisamente
le mani si cercano
carezzano, scoprono.

Improvvisamente
le labbra si sfiorano
i respiri si fondono.

E dentro te, improvvisamente,
ritrovo l'amore del mondo
che il mondo ha creato.

E, guardando il tuo viso
improvvisamente radioso
di te m'innamoro.

Improvvisamente
noi due assieme.
Noi due, anima mia.
 

Un bacio
Conservo un bacio
per tenerlo a lungo,
per rimirarlo
prima del consumo.

Però vorrei
anche donarlo al vento
che me lo renda
per cento duplicato.

Conservo un bacio
per farne una canzone
che in cielo salga
su nuvola dorata.

E se in quel cielo
in pioggia si mutasse
l’intera terra
allor lo gusterebbe.

Conservo un bacio
al mondo per donare
per annegarlo
nel dolce dell’amore.


Selene la saggia
Brigantè quella luna,
che con quell’occhio immenso,
ironico e ammiccante
sembra voler parlare.

Discarica già fatta
di deiezioni nostre
là trovi baraonde
da cui non ti disciogli.

Astolfo fu turbato
cercando la ragione
che Orlando per amore
sull’astro avea smarrita.

Amori a mucchi sparsi
che a volte pesan poco
e poesie mai scritte
col grave lor fardello.

E verso il ciel preghiere
vi sono accumulate
pesanti come piombo
per chiara lor menzogna.

Speranze ed illusioni
vane e gravose assai,
promesse sì mendaci
che greve peso hanno.

E sentimenti e inganni
sfondan la superficie.
Selene, la paziente,
ancora ciò sopporta.

Di questo non contenti
cercammo l’altra faccia
in cerca d’altri spazi
e il nulla vi scoprimmo.

Quell’altro lato invero
è ben difeso e molto.
Lo scarico di lai
lassù sarà proibito.

Eppur gli innamorati
a lei volgon lo sguardo
per cogliervi i sospiri
del ben da loro amato.

Ma in quella confusione
certezze non vi sono.
E sguardi errati in terra
arrischian di tornare.

Beffarda allor la luna
per vendicarsi inventa
scambi contro natura.
E attenderà irridendo.

Così l’amato rischia
ben altro bacio avere
e ignaro dell’errore
dalla sua amata torna.

Ma anch’essa in cambio aveva
avuto ambiguo incrocio.
Di questo s’estasiava
godendone il sapore.

Guardaronsi negli occhi
tentarono un sol bacio
ma quel sapor raccolto
d’amore non sapeva.

Sapore sospettoso
certo d’altra persona.
Il chiarimento avvenne
e preser altra strada.

E sghignazzò Selene
appesa nel suo cielo:

quel che a voi par mia luce
di me sarà l’ inganno.
Romantiche creature
quante illusion cercate !
Ma è bene che sappiate
soltanto in terra vostra
quelle si compiranno.

 

   Narrar di fiori
Narrar di fiori
è far pornografia.
Di piante sono
organi sessuali.

Col lor mostrarsi
adescano i vogliosi
che orgasmi appagan
pollini dispensando.

Narrar di fiori
è compier traviamento
di pure menti
che poi vorran perdono.

Narrar di fiori
e dir del lor profumo
inganno certo
di lor natura prava.

Per questo un fiore
anch'io vorrei donare
a donna amata
che un parroco assolverà.


Il pensiero
Vola così lontano
cercando la tua mano.
Vola da un bosco avito
che dei han consentito.
Vola cercando ancora
porta quel che ristora.
Vola sulla tua strada
trovata ha la contrada.
Vola e a te s'avvicina
vedendoti supina.
Vola con il mio dono
che desideri sono.
Vola e su te riversa
speranza ch'era persa.
Vola e ti porta amore
che riempirà tue ore.

 

Un rifiuto
Il decrepito vecchietto
voglia ha sol d'andare a letto.
Con la mente un po' acciaccata
passerà questa nottata.

Fu un errore o forse sbaglio,
preda forse d'un abbaglio,
che negò ciò che voleva
a chi, certa, lo chiedeva.

Sognerà quell'angioletto,
agitata nel suo letto,
con rimorso la mattina
penserà alla poverina.

Rimediare si promette
e verran notti perfette.
Appagati i desideri,
passeran brutti pensieri.
 

Un sogno
Ti cerco, nei miei sogni angosciosi.
C'è un posto nel mio cuore,
forse nella mia mente,
buio e freddo.

Baratri di solitudine,
dolore e pena infinita
senza te,
che sola puoi colmarla.

Parole che pesano come piombo,
roventi come fuoco.
dolci come miele,
quelle tu dicevi.

Per la mia disperazione,
il mio dolore impotente,
la mia punizione,
ti cerco nei miei sogni angosciosi.
 

L'isola
Dall'acqua, improvvisamente
sorge.
Turgida come i tuoi seni,
vivida come il tuo volto.

Da un mare azzurro, radioso,
come radiosi sono i tuoi occhi,
appare incantata,
stupita dalla tua bellezza.

Sei inno all'amore,
di tutti e per tutti.
Favola dolce e concreta,
di te soltanto ci si può innamorare.
 

Gabbiano
Disperatamente
dal mio cuore
ricerca il suo cielo
il gabbiano.

Tra sterpi roventi
costretto
non vede
il suo mare.

Soltanto l'azzurro
d'un sogno vissuto
aprire potrà
quelle ali.

Così
verso il sole
in cerca d'amore
si libra
lontano.
 

redev ierroV
Vorrei veder vestito
modello di pittore
e nuda una pittrice
sua immagine fissare.

Vorrei veder le navi
con chiglia al sol portarsi
e pesci in cielo messi
e uccelli in mar nuotare.

Vorrei veder radici
d'alberi centenari
all'aria esposte e a venti
e i rami in terra stare.

Vorrei veder spartiti
letti da fondo a cima
godere d'un concerto
la parte d'aspettare.

Vorrei veder malati
uccidere dottori
e lor parenti in festa
pazienti ringraziare.

Vorrei veder i fiumi
recuperar la fonte
e nuvole che aspiran
e neve fanno alzare.

Vorrei veder anziani
al fin tornar bambini
trovando la purezza
d'un tempo da invidiare.

Vorrei veder un mondo
d'amor per l'altro pieno
per vivervi sereni
e più non disperare..

(ringrazio, riconoscente, Sandra Greggio per l'immagine poetica di fiumi e neve suggeritami)
 

Fahrenheit 451
Risplendono fiamme
nell'est del paese.

Ritorna il ricordo
di roghi passati,
accesi da chiese
nefaste ed oscure.

D'Egitto Cirillo
bruciò biblioteca
e santo lo fece
il clero di poi.

Così come tutti
tiranni del mondo
Benito con Adolf
bruciarono libri
assieme a Francisco,
temendo cultura.

Così anche oggi
ripete la storia
la lega padana.
Distorce il passato,
inventa regioni.
Di scomodi libri
farà delle pire.

Ma ancora son vivi
quegli uomini libro,
memoria di tutto
sapere del mondo
e ultimo sogno
d'un viver civile.
 

Lo specchio
Sei vecchio e decadente,
il cuor già si raffredda,
la mente tua si svaga,
ricordi sol nei sogni.

Allor ,per le mie brame,
narrami l'avvenire,
nulla tieni nascosto,
per mio futur capire.

Futuro tuo conosci
guardando al tuo passato.
Tu là l'hai costruito,
d'errori l'hai riempito.

Che cosa poss'io fare
per questo rimediare,
non certo per mio bene,
spezzar quelle catene.

Non v'è ricetta al mondo
che il tempo indietro porti.
Per tuo sconforto dico:
l'amor che tu hai donato
di certo fu scordato.


Attenti al buffone
D'un' etica aggiornata il portatore
di merda ha ricoperto il mio paese.
Da stipendiati servi fu appoggiato,
la mente di noi tutti ha obnubilato.

Prebende a destra e manca egli ha elargito
e in testa v'è romana e santa chiesa
che chiude gli occhi e pur le orecchie tappa.
E' duro rinunciare a tanta pappa !

Trovavan posizione in chiuse case
eserciti di donne compiacenti
oggi, per il voler di quel buffone,
del parlamento occupan poltrone.

Ma pare che il giochino sia finito
e il decaduto ras a pena muove.
Ritornerà in ricchi suoi castelli
e i cieli torneranno un po' più belli.

Ma le macerie di quest'era infame
ardua fatica son per chi s'appressa.
Dover scartare e poi ripristinare
un'era intera tutta da scordare.


Blasfema riflessione
Infinite sono
le vie
del Signore.

Molte lastricate
di buone intenzioni,
per prevedibile calcolo,
saranno.

E dritte
all'Inferno
condurranno.
 

Minotauro
Cerco nei meandri
scuri della mia mente
Cerco in mezzo a
contrapposti specchi
Cerco una luce
che mille abbaglianti
sprazzi
spezza

Cerco e non vedo

Accecato

Nova
da nana bianca
Quantiche galassie
dove precipitare
sciolgono
memorie

Spazio e tempo
contorti
in circolo
Spazio e tempo
retta infinita.

Scelgo.

Teseo
carnefice lucente
appare.
 


 A Sandra Greggio, riconoscente
.

Il velo di Maya
Bambini che anelan carezze da mani
e dietro un cespuglio già s'amano amanti,
e migrano stormi in paesi lontani.

Convegni d'amore con scambi agognati,
con teneri frasi e poi giuramenti,
s'esalta il futuro nei loro disegni.

Ma offuscan la vista quei fili sottili,
inganna la mente volerli passare.
Se brami stracciarli, incollan le mani.

Un'ultima fiamma consuma candela,
riporta alla mente un tempo insicuro,
già fatto d'inganni, d'amare illusioni.

Così per quel velo il ver si confonde
ed Arthur sprofonda nel suo pessimismo.
Col dubbio t'avvolge la trama d'oriente.


Vorrei vorrei
Come elastico
che teso s'avvicina
e subitaneamente sfugge.
Come mongolfiera
che l'elio al cielo spinge
e solide funi
a terra inchioda.

Così tu sei.

Vorrei cesoie
per tranciar quel filo
e sveller quelle funi.
Vorrei donarti ali
che aiutino il tuo volo,
per liberar pensieri
e toglier restrizioni.

Così io sono.

Forse in un altro tempo
ed in altro spazio, forse,
capovolgere sogni
e realtà abolire.
In amaca cullarsi,
col respiro del mare
e carezze di venti.

Così saremo.

(L'immagine dell'amaca mi è stata porta da una squisita poetessa del sito. A lei il mio ringraziamento.)
 

Amore, lascivia, liscivia
Ho
so
gna
to
di
ssssssssssssssssssssssssss
co
pa
re.

ooohooohooohoooh
sciacsciacsciacsciacsciac
iiihiiihiiihiiihiiihiiih

Al
ri
sve
glio
la
ca
sa
e
ra
brrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr
il
lan
te.

Aiaiaiaiaiaiaiaiaiaia
mociomociomociomocio
perchèperchèperchè
mi duole la schiena?


S e n z a  t i t o l o
Son com' antiche ossa
quegli occhi supplicanti.
Flaccidi e neri seni
di vita inganno danno.

Il sole già arroventa
drammatici silenzi.
In nugoli d'insetti
galleggiano quei corpi.

Svagati noi vediamo
volti emaciati e smorti
che bramano soltanto
un'esistenza umana.

Laggiù vi son ricchezze,
predate dai più forti.
Tristi figuri indegni
violato han quelle terre.

Rimbombano gli spari,
si stupra in ogni dove.
Godiam quell'abbondanza,
lo sguardo distogliamo.

Da quelle pietre viene
l'arcobalen di luci
che riempion di colori
dimore di mercanti.

E stanno in ricche stanze,
comodamente assisi,
color che, decidendo,
destini affosseranno.

Ed ecco all'orizzonte
barconi fatiscenti.
Da scuri teschi ornate,
navi da guerra avranno.

Pare che dallo spazio
un dio tutto ciò vede,
ma in altro affaccendato,
per lunga tradizione,
non fermerà il peccato.
 

C a r e z z a
Era con le mie dita
che il viso accarezzavo.
Scorrevo quella seta,
sfioravo il suo bel collo,
scoprivo la sua gola.

Il colle del suo mento,
per poi trovar la bocca
socchiusa in un sospiro
e, come meta ambita,
alfine riposare.

Un lieve bacio dato,
con tenera intenzione,
poi con le mani a coppa
raccogliere quel volto,
lambire quelle labbra.

E freme di passione
tutto il suo caldo corpo
vibrante nell'amore.
In gemiti mutati
quei dolci suoi sospiri.

Per noi fu poi riposo.
Protetta dalle braccia,
il capo a me appoggiato.
Sentire il suo profumo
goder del suo sorriso.

 

Sinite parvulos venire ad me
                                             ( Matteo c. XIX v.14 )

Refuso d'un refuso
Qui smentisco immantinente
quanto ieri ho già smentito
e perciò, probabilmente,
da nessuno fui capito.

I nemici m'hanno in odio,
il mio cuore s'intristisce.
Nera è come quel petrolio
la lor mente che marcisce.

Evangelico è il mio fare,
ed al mondo destinato.
Che cos'altro poss'io dare?
Sentimento ho delicato.

E l'amore che vi dono
certo voi non meritate.
Su chiedete il mio perdono
e per voi sarò gran vate.

Che saranno mai le sere,
canti e balli permeate,
se ritornan primavere
per me ormai già trapassate?

Per fortuna che il buon viagra,
ch'è compagno al bunga bunga,
rende vita meno agra,
la farà di molto lunga.

Imparate la lezione,
cari sudditi ossequienti,
alla storia l'attenzione
su ponete consenzienti.

Fu tragedia nel trascorso.
Grazie a questa mia presenza,
divien farsa nel percorso,
sol con qualche flatulenza.


Haiku in libertà

Pane fragrante
ai miei baci serrate
son le tue labbra.
********************
Vide l'amore
in un sogno notturno
cupo risveglio.
********************
Il tempo fugge
cerca un traguardo vuoto
trova la fine.
********************
Cercava l'uomo
con la lanterna accesa
e nulla vide.
********************
Caparbiamente
cercare la verità
stolta illusione.
********************
Acqua di fiume
perenne movimento
nel mar dei sogni.
********************
Con l' inseguire
nuvole passeggere
ora ti perdo.
********************
Quel puffo osceno
che i suoi danar nasconde
farci servi vorrebbe.
********************
Profuma l'aria
quella spuma di mare
di salso e sabbia.
********************
Il vento porta
tenero il canto tuo
oggi t'aspetto.
********************
 

                                                 "per Sarah, di una
                                                  lunga teoria, ultimo
                                                  fiore reciso
"

Senza fine
Chi è debole soggiaccia
alla violenza bruta!
Da belva, spoglia d'uomo,
altra crudeltà viene.
Ed ecco che all'elenco
un fiore oggi s'aggiunge.

Radio, tv, giornali
analisi faranno.
E dotti d'ogni risma,
tra spot pubblicitari
e canzonette gaie,
il fatto illustreranno.

E poi verrà qualcuno
che invocherà il perdono,
così che di Sanremo
godere noi potremo
e con coscienza monda,
sereni dormiremo.

Guardandoci allo specchio
noi arrossir dovremmo
chè a questa oscenità,
d'indifferenza figlia,
scordata la notizia,
altre ne seguiranno.

Già salgono alti lai:
"ma io che cosa c'entro ?"
"io credo nel buon dio !"
"e se nel suo apparire
sfrontata lei sembrasse ?"
"la colpa è di suo zio !"

Disgusto senza fine
da 'sta vicenda atroce.
Ribrezzo per quell'atto.
Per la bambina pena.
Ma orbare le coscienze
ben altro orrore crea.

Orrore senza fine,
orrore senza fine,
orrore senza fine,
orrore senza fine,
orrore senza fine,
orrore senza fine.


haiku
Così si nasce
malati terminali
senza speranze.


Occhi di luna
Occhi di luna,
velati d'azzurro
lampi di gelo
a nascondere il cuore.

Occhi di cielo,
velati d'amore
occhi di mare
sereni, ridenti.

Labbra corallo
perle splendenti
bocca che dici
soavi armonie.

Labbra dischiuse
esitanti, assetate
teneri fiori
che baci sospiran.

Mani preziose
di dolci carezze sperate
mani gentili
sottili profumi inebrianti.

Immagini lievi
d'un sogno d'amore
vissuto.
 

Correndo la vita
Grigio
d'asfalto un nastro
rapido si svolge.
Traguardi di dolore
all'eterno orizzonte.
E questo nastro
che non vuol
finire. 
 

Ascolta
Dal mare sale una canzone
e copre la mia voce.
Dentro ammaliante penetra
rapisce e tutto incanta.

D'amore parla e di dolore
e rende dolce la sera.
Ispira musici e poeti
per carmi e sinfonie.

Il mare, che cuori vuole
per addolcirne battiti,
suoi messaggi d'amor manda
perché nostri divengano.

In quegli azzurri onirici
da gravità affrancati
immergersi, così, lentamente
e in un sogno volare.

Se la sua essenza intendi
tu troverai la pace
nel mar che dei suoi riti
sacerdoti ci vuole.

Ascolta
Dal mare sale una canzone
e copre la mia voce.
 

Lorenzo to day
(manipolazione azzardata di "Bacco e Arianna" di Lorenzo de' Medici)

Quant'è bella corruzione
che permane tuttavia!
                          Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
Questa gente svaporata
ama solo il suo presente,
perché  'l tempo fugge e inganna
e nell'oggi è il godimento.
Queste ninfe ed altre genti
son felici tuttavia.
                                  Chi vuol essere lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
Quel paffuto satirello,
delle ninfe innamorato,
per lettoni e per palazzi,
ha lor posto cento agguati.
E, dal viagra riscaldato,
balla e salta tuttavia.
                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
Le ministre hanno anche caro
da lui essere ingannate,
non pon dare a amor riparo,
pena al posto rinunciar.
Ed allora, con letizia,
sì, la danno tuttavia.

                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
Questa soma che vien dietro,
sopra l'asino, è un seguace.
Così vecchio è ebro e lieto,
già di carne e gotta pieno;
se non può star ritto, almeno,
nel suo scranno al parlamento,
ride e gode tuttavia.

                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.

Mida vien sopra a costoro:
ciò che tocca oro diventa.
Ma che giova aver tesoro
se altri poi non s'accontenta ?
Ma che cosa vuoi che provi,
quel paffuto satirello,
tormentato da una sete
che s'accresce tuttavia.

                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
Ed è questa la lezione
che da Mida ci proviene:
ciascun apra ben gli orecchi,
del doman nessun si paschi,
oggi siam, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi,
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
E prosegue allegramente:
donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni e canti e balli!
Arda di dolcezza il core,
non fatica, non dolore tuttavia.
                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  sul doman v'è una certezza.
Ed è questa la certezza:
ecco, un giudice fetente,
dagli eccessi un po' allarmato,
vuol veder fino a che punto
tutto ciò sia confacente.
E scavando e riscavando
spuntan fuori le magagne
e le rogne e le menzogne
di re Mida ormai spogliato
e da tutti abbandonato.
Nel dolore tuttavia.
                                  Chi vuol esser lieto sia:
                                  ciò c'ha esser convien sia.

 

Duetto
Un conto
ti conto
per accanto
restarti.

Un canto
ti canto
per la mente
assonnarti.

Il volto
ti volto
per dopo
ammirarti.

Il velo
poi svelo
per meglio
scoprirti.

Non qui ho adoprato
il termine adatto
se no la censura
mi arriva dal matto.

Aperti quegli occhi
di molto assonnati
pronunci parole
di molto impastate.
E questo racconto
un po' pigramente
rivolgi a me stesso
ancora fremente.

Un conto
ti conto
per accanto
restarti.

Un canto
ti canto
per la mente
assonnarti.

Il volto
ti volto
per dopo
ammirarti.

Il velo
poi svelo
per meglio
scoparti.

Qui ecco adoprato
il termine adatto
l'infame censura
sarà per quel matto.

Censura non vuole
l'amore sincero
e questo lo dico
perché questo è vero.
La regola eterna
per tutti poi conta:
donate davvero
…così si racconta.
 

Estremo finire
Infiammati angeli
scagliati nello Stige
e turpi demoni
al cielo ascesi trionfanti.

Smarrito l'umano sentire
nel rumore assordante
dei propri egoismi
confuso dalla fame del tutto.

Cancellati i dolci silenzi
ciechi d'amore e di giustizia
assetati di pace, flebilmente andiamo
in un mondo che non possediamo.

Così, soltanto
vedo la pace
nell'estremo finire.

I silenzi
Del mare ho ascoltato la voce
e del mare ho bevuto l'amaro.
Torri di spuma, d'arcobaleni trafitte
e folli gabbiani la loro fame urlano.

Nel mare ho cercato la pace
e nel mare ho trovato i colori
che drogano l'anima
e straziano il cuore.

Dal mare in dono t'ho avuta
e nel mare la vita s'è schiusa.
Rivedo quegli occhi velati d'azzurro
quei lampi di gelo a nascondere il cuore.

Ed i silenzi
i silenzi
i silenzi
i silenzi.

I tuoi con quelli del mare
in loro immergersi
in loro annullarsi
cercando la pace.

Questo sole
E' questo il sole che illuminava Orfeo
quando per Euridice
il suo canto cantava ?

E' questo il sole
che la sua trasgressione vide
e non volle impedire ?

Questo sole che indifferente ci guarda
vede i nostri peccati, di questi ride
ed il nostro tempo batte.

Oscurato dai nostri egoismi
appeso al suo cielo,
sempre più s'allontana.

Altrove donerà il suo amore.


Nelle città invisibili un tempo accadde

Dalle parti di Despina,
nacque, un giorno, un'agnellina.
Belli gli occhi e un bel sorriso,
si vedevan sul suo viso.

Ma l'assente libertà,
danze e canti ognor negati
e costretta in una gabbia,
le causaron molta rabbia.

Tracotante e un po' stronzetto,
giunse un giorno un bel lupetto.
Questa si che me la pappo, con l'aiuto dei gestori,
di sicur la faccio fuori !

E così la maritaron,
in gran pompa e in tutta fretta,
incuranti del destino
della splendida agnellina.

Per la Cina la portava,
le sue brame s'appagava,
come un cane la trattava.
La rivolta in cuor covava…..

La rivalsa di Valdrada, poi Laudomia e dopo Ersilia
ed alfin giunse a Perinzia
l'agnellina addolorata,
senza amore assai provata.

Ed in quello di Perinzia,
un gabbiano vagabondo,
l'agnellina sofferente,
rincuorò teneramente.

Diede amore mai provato,
quel desio di protezione,
la dolcezza di uno sguardo,
tanta, tanta comprensione.

E dal cuore del gabbiano,
dal suo cuore innamorato,
con immensa dedizione,
tutto questo le fu dato.

Per decenni ed anni ed anni,
ed ancora per millanni,
tutto questo durerà.
Chissà come finirà ?

Ma i bisogni dell'agnella,
alle terme la portaron.
I bisogni……e più le voglie,
dal gabbian l'allontanaron.

Da Sofronia o da Leandra
ecco arriva un omaccione,
elegante, fascinoso
e dotato di pancione.

Questo esperto in arte antica,
ch'è chiamata la conquista,
l'agnellina sottomette,
proprio alla prima vista.

L'agnellina consenziente, per l'aspetto del mandrillo,
per le mai soppresse voglie,
rompe il volo del gabbiano,
ne sotterra pur le spoglie.

Incurante del dolore,
incurante del futuro,
ora agisce sol nel dolo,
ora agisce nello scuro.

E nel dolo e con menzogna,
ha svoltato la sua vita.
E il gabbiano…..
ancora sogna.

Ma dall'alto del suo volo,
dal profondo del suo cuore,
con amore sconfinato,
saprà porre fine al duolo.

Torneranno i giorni chiari,
per l'agnella ed il gabbiano,
torneranno e, come allora,
se ne andranno mano in mano.

I l g i o c o
Lungo nel tempo
d'amore un gioco
e piccoli, improvvisati giochi
lo accompagnavano.

Vedere, sapere, fingere
e, soffrendo, sperare
nel tempo, nei sentimenti
e dell'amore la forza.

Di noi, il gioco ingannevole
dalla fede sorretto
e dalla morale
al termine giunse.

Quelle piccole nubi
di tempesta presaghe
tutto di noi travolsero
spazzando, crudelmente, anime.

Tutto muore
con Dio le nostre speranze
le nostre illusioni, la mia tenerezza
nel sonno della tua mente.

L'abbandono
Lentamente distilla
gocce di dolore
l'abbandono.

Scendono nella gola
col loro sapore
di fiele.

Colmano il cuore
cacciandone il sangue
d'amarezza.

Bruciano l'anima
ed ogni pensiero
annullano.

Disperante solitudine
in cambio d'amore
donata.

Cinica empietà
che mai cancellare potrà
quell'amore.

Dentro rimane la speranza
che dal dolore non nasca
dolore.

Sognando Segesta
Un agave nella sua carne
incisi i nostri nomi porta
distorti dal tempo
dolorosamente si toccano e confondono.

Vestali pagane assetate d'amore
là, sotto quella pianta
cantano i loro riti
da mille anni, ogni notte.

Ed un raro fiore, bianco e abbagliante
ogni notte sboccia
per illuminare quei nomi
e, delle vestali, i loro atti d'amore.

Magico un canto si leva
lento, dolcissimo e antico
per dire al cielo
di quest'amore terreno.

Ed i nomi s'infiammano
levitano dalla foglia
abbacinanti volano sulle colonne
lievi, sul tempio, si posano.

Le vestali, prone
il nostro amore onorano
perché del cielo
e degli dei degno.

La falena
Danza,
dalla luce attratta,
una falena.
Dal calore respinta,
quasi fosse un avviso,
avviso d'azzardo.
Nella luce specchiarsi,
a coglierne il chiarore,
per effimero risplendere.
E' quella la meta:
su ali brunite,
d'una candela riflessa la luce.
Volteggia vicina,
ignora il calore,
vicina, vicina, vicina.
Sul tavolo spoglio,
con ali svanite
e cieli perduti, resta.
 


Home page  Lettura   Poeti del sito  Narratori del sito   Antologia   Autori   Biografie  Guida   Metrica   Figure retoriche