Il figlio del male
Non Leon d 'Italia ,ma vipera di campo
non liberator qual il savoiardo ,
Inver di sangue voglioso ,ingiusto, ,onesto .
Te, che dalle sponde della bella patria
fuggisti come cervo nel bosco
or ritocchi il perduto suolo.
Vile !guardi ancor questo cielo con gaglioffo volto ?
Odi,il pianto amaro ,le lacrime sparse sul
bianco mamo per mano tua ?
Alla vita tendevano gli innocenti, caduti
di piombo contusi
I sogni divolano lontano qual nel vespro
sì perde il pettirosso smarrito .
Dolce il tuo riposo nelle calde terre
di frutti ,di fiorì non ad Italo devoti.
Ma quando il triste seme d 'Arimane
monta e alleva il suo dono,
alti lamenti straziano ,l acqua diventa
foco !
Gli occhi gonfi di veleno
Il corpo teso come il ferro cerca il ventre
la mente persa nei suoi meandri.
Più per scherno che per pentir,
riso amaro il labbro produce
Ah che triste visione !
Pur a pieta il.milite conduce ,
nella pugna feroce ,
ma ei no!
Gode ,riluce
del mal che gli fu 'più madre
di quella che gridando lo mise a luce .
voglia la guardia del ben condurre,vegliar
Diche,stringi forte le sue catene
che tal bestia a guisa di verme
sempre trova la sua fuga.
L 'amor che tutto guida ,
mai ti fe' alcun ciglio
O fonte di saggezza
perché tu avulso alla sua carezza
voltasti la fronte per via perversa .
Or piegati ,un petalo
di papavero ,
porgi su quelle misere tombe ,
opera tua del tuo furore !
Il rosso fiore devoto ai caduti
copra il sepolcro , da tanto tempo
grida giustizia e gronda di dolore .
La pace ritorni ai vostri cari .
Possa il dio supremo darvi
La consolazione e il ricordo
Nel calor dei defunti .
1)arimane spirito malefico nella religione
Sì zoroastro
2)Diche la giustizia
3)Italo antico re italico
Questa è la mia visione della cattura di Cesare Battisti
Il passero
Felice te piccolo passero che per
l'immensita del ciel ten vai dal sorger del
sole fino a naufragar nella luce della sera
Alla pallida luna sfiori il velo,alle stelle notturne mostri la tua eleganza .
Vola e carezza le rotonde colline
le aspre montagne
Dispiega le ali ,plana rapido su ruscelli
su stagni silenti
Degli altri ugelli non sei compare,
voli pensoso dei tuoi affanni
Intenerisce il cor e la campagna astante
Il timido cinguettio da un ramo rinverdito
E' primavera del biondo miele
d' un muggir d' intorno
degli armenti al pascolo all'occhio vigile
del bon pastore
Gioventu ' felice ma fugace
come muori ed e' il tristo ricordo
dietro il colle con il tramonto
Ma a tenon grava il fardello del pensiero
dominante della vecchiaia e del malanno
Ah quanto vorrei librari con te in quelle giocose correnti di vento farmi cullare
dal dolce soffio del mattino .
Tu libero e felice non sei legato
al quotidiano cruccio che l' uomo affligge .solitario vai per la tu via ed io
ti miro ,ti invidio piccolo amico lontano .
Ah ,offesa mia vita ,da tanto dolore
Indebolita quando giovinetto il padre
dipartiva
Ne temi con affanno l 'ora di tua morte .
ma vivi il giorno ed il vespro con amore
finché il tuo indomito spirto sarà dall' umido scirocco consolato .
Camelia
Quando quel freddo
verno giunge
e dilaga in ogni orto ,
tra parchi ,viali
sfioriti ,
alberi dalle cime morte
,
allor tu germogli
a dispetto del vento ,
che rompe spazza ogni
fil d 'erba dal gelo
coverto
Oh rosa d' ,inverno
come biancheggi!,
qual pace per gli occhi
ghiotti ,
che in tanta moria
vedon quelle belle
corollle che s ' aprono
miti ma forti ,
al tocco di gennaio .
Un turbinio di colori
,pur vivaci
petali ostenti mentre
attorno a te tutto tace
.
Tace il passero
solitario , troppo
intento
a cercar riparo .
Ammutolisce il mormorio
di stormi
caciareschi.
Sol tu ti mostri bella
,forte ,vigorosa .
tra soffi rigidi
,pioggia che annega
ogni pensier ,
Io ti miro.
Tu come madre devota
che per ogni figlio il
cor
Intenerisce,
proteggi quei timidi
bocciuoli ,
temi il calcante dio
inverno ,non te li
strappi!
Dioniso già dorme nel
suo sonno invernale,
Cerere ove sei ?
Torna oh somma dea a
ingravidar la
terra del tuo grano
Si brindi in lieti
calici
la primavera e 'ancor
lontana.
Io al camino che mi
riscalda le sere do i
miei
sospiri.
Intanto giunge l'
inbrunir
che cala di giorno in
giorno
In questo aspro tempo .
Il piacere
Una folata di vento in
primavera mi ristora il
corpo e la mente.
Il cibo preparato con
tanto amore soddisfa le
papille, ancor più il
ventre.
Un sonno ristoratore,
dopo lunghe notti
dal guanciale assente,
rilassa il corpo
fiacco.
Mirar dalla finestra
una fogliolina che cade
si rigira nelle
correnti dispettose e,
frettolose rallegra il
cor.
Un tramonto sul mare
quando par che vengono
ad un patto cielo e
terra, commuove, dolce
quadro di emozioni
Il volo sincrono di
rondinelle stanche
che si librano
nell’azzurro, l’estasi
della
libertà, sogno, aroma
di terra lontana
Quinci un passerotto si
riposa su rami
contorti,
che spera, è solo il
piacer d’una piccola
vita.
Quel mite fluir del
fiume tra ciottoli
sicuri, la quiete
dell’anima.
Quei dì piovosi, la
malinconia che prende ,
di poi il piacer d’un
camino acceso dalla
scoppiettante legna
La lenta goccia di
rugiada nella pineta,
canta la sua melodia
sussurra all’udito
miti note.
Ma più piacer è
sentire, vedere, amar,
soffrire. Allor ti
sovvien d’esser vivo,
che sei un’uomo il
giorno ancor sorge,
la notte rammuta da
sempre le perdute
storie.
A Bacco
Ride Bacco il sommo dio che nel vino fa
sua festa
Gridano ,saltano fan pazzie le sue ancelle ,
per campestri balzi, invasate del suo umore
Del piacere fanno un'arte mentre scorre nelle vene e riscalda i corpi
squassati
che ogni pensier il senno non tiene .
Vanno le donne con tirso ed edera
tra le selve, rivelano del dio il suo potere .
Ebbre in volto del godimento sature di
rossi pampini, che han segreto nel lor fermento .
Scintillante nei calici cade dal sapor di bosco, di uva zuccherina ,
con quel sentor d 'agreste .
Fuochi alti ,voci rotte dal buon liquore
che la vite offre .
Ancor ricorda il dolce creatore del frizzante succo la passione per la
triste
Arianna in asso abbandonata e che fece sua
compagna .
Oh bacco come ti fu pesante il ciarlare a tebe che il tuo nascer non fosse
divino,
ma solo carne umana e ne padre dell 'olimpo .Te che le mente offuschi e un
seme di follia
spiri sei il nocchiero del piacer carnale ,
del bel parlare ,in te i sensi dilagano.
Quel color rubino che riflette la luce
nel suo bicchiere tanto invita a farlo
proprio che ogni freno cade e s 'arrende .
Chi beve e si fa spavaldo
O, si nasconde dal suo veleno per non
mostrar vile inganno .
Quanti cuori infranti han trovato in te
riparo ,sollievo dopo copioso pianto .
A te ,inebriante e sommo va il mio canto
io che non son tuo vassallo
ma nel tuo profumo amo la quiete
d'autunno
L' arcobaleno dopo il fortunale
Di gia e' finita la furia della pioggia d' autunno con il suo violento cader
dal cielo senza posa.
Allor ognun ritorna al suo officio
a quel che era intento .
Ma, tra la nebbia e l' ultima brina
del temporale si insinua la prima falce
d' arcobaleno che fende le nuvole e il
grigiore.
Risplende la sua luce che si offusca
tra le goccioline dispettose.
Supera valli ,monti poggi ,declivi.
S' unisce al secondo braccio di colore
che già lo attende in cielo.
L' Arco attraversa tutto l 'orizzonte
sotto lui ancor un lento dormire
ed il sentor di quella terra bagnata
odorosa di foglie morte .
Allor i bimbi incuriositi
guardano oltre le finestre ancor
grondanti della piovana
Stupor prende i giovani cuori !
Quanti sogni nascondi
che a sognar ci porti ancor a fanciullina
memoria
Regno di folletti da pentole d 'oro
strada tra terra e olimpo che iris crea,
spaccatura del ciel per il sentir del Catai!
Vai sognatore tra i due mondi
oltre la conoscenza ,ove ti porta lo spirto
vagabondo !
Ai sogni non si chiude meta e sono liberi come farfalle in maggio .
Quando ero in dolce età ancor acerbo
vedevo incantato il miracolo dopo
cotanta bufera .
Mi perdevo tra quei colori a ritrovar
la stella .
E pur ora che gli anni hanno inseguito
l'un con l'altro tutti i miei giorni
miro e sospiro
al cessar del tuono , la volta che si rasserena
Con la soffusa luce che riavvolge
La natura d'amor che la piova spense .
“Vite stroncate”
Alle fanciulle tenerelle, che mano nera
portò a negra terra, una prece si tende.
Cosa rimane a voi mestissime madri,
se non carne fredda e lacrima amara?
Cuor ferito, vinto, potrai viver ancor a tanto
schianto?
Le pietose spoglie alle braccia rese
son povera cosa, non più sorrisi,
non v’è sogno negli occhi spenti,
ma solo un lungo silenzio.
Sparte al suolo come povere foglie
senz’anima, nè vita ancor.
Maria, madre santa poggia la tua mano
al capo esausto, al petto lacero.
Te donna, che hai visto un tempo il figlio
tuo fra sangue e legno ed hai bevuto
dolor del figlio offeso.
La vita che scorrea per voi come un torrente in piena,
ha visto la tagliata vena.
Quinci dilagar cone acqua in fango
senza meta perdersi palmo a palmo.
Ah primissima età della vita nostra
sempre rimpianto, frettolosa,
fosti inganno vile e ingordo
mascherato d’avorio, bramavi
di strappare dai giorni azzurri
le fanciullette, con abbaglio fatal .
Se il lupo blandisce la pecorella
ignara, male tempo corre per lei,
sotterfugio da tale canne vocato
la porterà a incerta sera.
Voi affidaste il destin cieco
a vigilante assetato, bieco
che morte reca a chi mal s’affida!
In due caddero fiori recisi
da vita stroncati.
Un tocco di campana, un muto
dolor che troppo non sfocia
la parola è avara!
Alla prima alba del cammino
cadeste in fallo.
Ma in cor si spera
Sarete le prime
a camminare insieme
nel chiaro vespro
che già vi tiene.
Pescatore
Orsù pescatore tira
ancor le reti in barca
che sono piene
dell’amor del mare!
Quante volte ripetesti
l’ontoso gesto
quanto sangue hai
versato tra i flutti
lividi ed impietosi?
Quanti fratelli e figli
han perduto
i loro sospiri in
questa immensità che ti
confonde?
Tagliate le mani da
fili, la carne bucata
da ami, la fronte
riarsa al sol
questo ti fece uomo di
mare!
Il fido scafo, compagno
di lotte e di pianto,
di vento in uragano
e sale che rode la
pelle.
Là nell’orizzonte che
intimorisce
Il cuore più volte
credesti di lasciare
Il tuo dolore.
Ma la distesa equorea
di nettuno ti dia
sempre onore
per riprendere la
contesa il dì seguente.
Giammai tornò persona
viva alla sua riva
Se il tridente rabbioso
sul fondo batte.
Sei fatto di niente qui
pescatore
Solo puoi stringer un
pugno di pesce
se il pelago te lo
concede.
Dimmi, quanti tramonti
al brontolio dell’acqua
quando il rosseggiar
della stella
del mattino si mutava
nella tua sola
consolazione di aver
visto il vespro
La sua ombra solcava
come freccia
veloce le placide onde,
allor tutto si quieta.
Gli affanni, la fatica
l’odor del mare
In quella pace che
calma ogni pensier
tu ti abbandonavi.
Lo sciabordio del
legno,
la luce della tua
torcia
ti segni la rotta.
Quando sarai a dimora,
nel sicuro guanciale
al calor del fuoco
Il tuo spirito
è già pronto.
Quell’effluvio eterno
s’appressa all’alba
perché sei un tutt’uno
con lui e con le creste
che si frangono allo
scintillio del luminar.
Una candela
Nel buio che
appesta ogni pensier
e ogni speme dilegua v’
era una candela .
Piccola luce ,tenue,
soffusa, pallida eppur
dura.
In fede mai ,io credo
le ombre spesse ,
grevi, mortal,
ricevettero i biondi
raggi
del mattino, nel
biancor dell alba .
Un canto d’ usignolo a
maggio ,
non s ‘udiva nel vibrar
di quel silenzio
che tutto chiede nulla
dona.
Tanto era pesante esser
li nel ventre
nero che già un
lagrimar m’ era
spontaneo .
Io cercavo quella
graziosa fiamma
che piccola squarciava
l’ opprimente
coltre senza vita ,sine
amor.
Oh fiammella lontana
seppur minuscola,
lotti ,difendi la tua
lampa .
Guida i miei incerti
passi
onde io non cada in
fallo.
Forte ,dilaga tra il
torpore,
il sonno, la pigrizia ,
della nera caligine.
Seppur furon sempre
più cupe , soffocanti
bieche,
non riusciron a
placarla
risplendeva come mille
stelle.
Tutto l’ universo non l
‘avrebbe
mai vinto quel timido,
umile cero
Nel cupir dello spirito
Che s’ era affranto
da tanta pena,
l’umano non regge
siffatta meta
l’ unico mio disio
era uscir ,sentir
Il fischio del vento,
Il profumo del mattino
Sogno
Relegati al confin del
mar
che sfiora il regno
della negata spe' ,
nella caverna tramate
quel che la notte
sussurra .
Oh ,oneiroi fratelli
come ben piegate le
vostri arti a far della
mente mortal
falso teatro di inganno
e sospiro .
Caduti nella quiete
notturna nel sopor
che le membra cheta ,
t' abbandoni al facil
gioco , tra piume
e lana s' assapora il
lento dormir .
Il carro d 'Elios già
s'è ritirato nella sua
spelonca , batte nel
ciel trapunto di stelle
alla finestra
dell'universo ,madre
sera il silenzio
ogni mormorio ritiene .
Amor , dolce amore ,
nel giorno. donasti i
perduti
baci il fanciullo ancor
ne vuole cerca nel
sonno il desiderio di
cotanto ardor.
S 'appressa , si
camuffa Morfeo
tamburella sulle chiuse
palpebre infonde il
ricordo.
Come venti ammansiti
dai soavi soffi di
zefiro volano lontano
gli amanti istessol fan
nella vera sfera ,così
nella seconda,
giacciono ancor !.
Il mieloso canto non
dura molto ,
l' altro fratello nuove
il calcagno
preme ,vuol diriger la
marcia .
S' insinua ,Icelo irato
,graffia ,stride nel
dolente petto pungola
il cor
all' affanno tutto si
contrae, le membra
tremano!
Ecco , ti reca il pavor
!
Un 'assaggio di
tormento arcano
bestie feroci ,inumana
forma
d' ogni animal che
capir e' assai aspro .
Fuggi cerchi il giorno,
finché ei comanda non
su puote uscir
dal suo passo .
Si rasserena con
Fantaso il più bello
che mena per sconfinate
mete !
Montagne innevate ,
volar sugli oceani
combattere pugna qual
mai terra vide .
Assaggiare il frutto
degli dei
disquisir con filosofi,
con santi.
Nuotare nel. mare al
fianco di sirene ,
Correre in rapida
caccia con artemide .
Questo il bel dono.
ma la notte e 'breve
Il buio che fu tanto
molesto
Come il sale lacera la
ferita,
ti fe piegar a viso
basso
Al par di chi nella
foresta si perde ,
sì spaura .,
Apollo ha ripreso il
suo trotto
la luce fende il viso ,
Respiro l 'aere del
nuovo giorno
Padre e figlio
Carne nella carne
Sangue nel sangue
In te oh figlio mio
sì riflette il mio cuor
Quand'ero fanciulletto
pensavo da giovine .
Ma gli anni mi misero
a maggior ragione
del fuggir del tempo .
Fatti per lasciar ognun
il suo
segno io mi rifugio in
te
che sei il mio domani .
Sorella morte non vince
la sua partita ,coprirà
le
mie spoglie, ma inver
la vita
vince e si rinnova .
Saremo corda unita
oltre
I meandri del tempo.
Quando dal duro lavoro
ti ritiri ,padre ,
e corre alle tue
ginocchia il tenerello
non è forse il maggior
diletto
che la vita ti dona ?
Ambedue ,anime vacanti
,tendete
all 'eternità
dell'amore ,
Un foco caldo che
rischiara
la notte, dal pianto e
ghiaccio .
Ah mia semenza ,unica
ragion di
calcar la terra
,figliol sarai il mio
legno ,ove troveran
riposo i mortali
pensier .
Un di' quando tuo
figlio avrà
la guancia di pel
coverta ,
rivedrài i suoi occhi .
Tu ormai nel corpo
defesso
In lui rispecchi la
luce .
Braccio a braccio di
aver percorso la
strada della vita .
Anime
Anime morte ,anime
stanche ,anime che
ancor la luce le
appaga.
Respiri immortali,
persi come semi in una
tempesta di vento eppur
ancor legate all 'amato
governo.
Parti infinite del
naturale concento
ma note soavi del
firmamento.
Voci in un turbinio del
continuo evolversi dell
'universo inver non
mute fiammelle alla
pioggia e gelo.
Anime bianche o nere,
pur sorelle
inscindibili dalla loro
natura ineffabile.
Pallide idee ,pregne
del primo amore.
scintille del foco
primordiale
atomi di luce in cui
risplende il vero
sole..
Anime ,che non sperano
più ,che han perduto il
filo di quel dolce
calore ,
le chiama come falena
alla
torcia.,l'altissimo
dottore
In se chiudono quel
sentimento ,
che si nutre ,si
rinnova quinci l
'antico disio
le sprona come indomite
giovenche, allor
l'architetto incorrotto
,a se le aduna.
Anime dormienti , ferme
nel.loro moto
prive della graziosa
linfa.
Eppur la cristallina
acqua scorre
nel suo letto con ogni
molecola
che segue la fiumana ,
fonte e guida della
madre acqua.
Così di anima in anima,
energie
purissime del fulcro
che le allatta
sì riuniscono come
stormi di uccell
al tramonto che cercano
il caro nido.
Quelle bramar il lor
fattore
Colui che alla terra
diede in serva
la luna , la morte non
le piega .
Nell eterno abbraccio
gioiscono le libere
essenze ,nomadi e
solitarie d 'attinger
a quella quiete che mai
al tempo
si piega
Oltre la finestra
Oltre la finestra io vedevo infiniti
spazi ,giardini ,colli ,siepi.
Ed era come volar via dalle amate mura ,
fin dove l' orizzonte non si confonde .
L 'aria tersa del mattino rinfrancava
la mia mente fanciullina ,
di quella che sa ancor goder delle sparute cose.
Mi sovvien la dolce voce dei ricordi ,
dei muti giochi ,di sogni fugaci .
In primavera l' aroma Mieloso dei fiori
si confondeva con il ronzio delle prime api
laboriose.
Io un poco tralasciando gli innocenti giochi
miravo lontano .
Assaporavo quelle fragranze spezzate
dal pungente olezzo della nuova resina .
Odo il.mio vociar ,e le ore delle sudate corse .Dolce tempo mio ,compagno di
lontani
ricordi ,guida e supporto di rimpianto .
Nascondersi dietro il rugoso nespolo
tra ulivi rinverditi ,
temendo le spine di maggio delle
pavoneggianti rose .
Ah dolci occhi miei ,cone vorrei rivedervi in
quell 'incanto .
Ove siete perduti passi ?
In questo vento di passione mi faccio
rapir .
Vi attenderei ancor ,col primo ritorno delle
vagabonde rondini ,
se tanto voi aveste l'ali.
Un velo nel cor mi cala
m'offusca il mio pensare .
M'affido alle vele del mio
spirto che traborda tempo ,
cavalca gli anni ,
mi salda ,ancor mi chiama.
Allor tenace mi resto ,e sto ad ascoltare .
Triste viaggio
Giovinetta del tempo
andato
ventun lacrime il tuo
viso han rigato.
Ancor troppo giovane
per capir il mondo
troppo acerba per
perire oh tenerella!
A ventun anni tendeva
la dolce età quando
tutto ride ed è gaio .
Ma al Canal di ferro
del binario amaro
finivano i sogni ,gli
abbracci ,la gola si
strozza come si intoppa
il fluir del fiume
se sasso lo stronca .
Incerto viaggio, nel
vagone nero
che sbuffa,stride
,ferro a ferro .
Quanti pensier si
perdevano in quel
viaggio
che strappo' da ogni
tetto madri figli
padri e pargoletti ,per
un campo spoglio,freddo
,straniero .
Austria ,Polonia di
lungi vi chiamano
al tristo appello del
destino fatal.
Morte ingorda e senza
patria ,
attendi ,speri la turba
ignara ?
La vanità dell 'essere
il fascino
del male hanno tessuto
catena a catena .
Povera gente umiliata
e unita, tutti in riga,
qual vigili soldati ,
ma sparti ,in fila
che parevan
interminabili filari .
Tanti quanti più di due
mani
non posson contare ,
due volte il dieci,ed
uno lo tira.
Allor la memoria corre
ed è contrita
all'afflitto cammino
d'onde s'eran parati.
Piangete?quanti
singulti?
Troppi che è affanno a
narrare !
Scoppia il cor di
dolore
soffoca l 'amor che
brillar non puote
Siate uomini e non
pecore in sangue
che ancor la dignità vi
scuote.
Or tutto tace ,le grida
son nell 'aere
dissipate.
Non son ventuno gli
anni
infranti ,inver in tre
volte
sì rigira .
I giovinetti han
varcato
In carne e spirito i
giorni del perduto
sorriso.
Son deboli le ossa
s 'e incartapecorita la
pelle
un tempo fina ,grigie
le chiome un di'
sciolte
al vento ,spento l
'occhio da vecchiezza e
verno.
Ah belta' svanita e mai
fiorita !
Tu vecchio corso antico
sei ancor li ,muto ,
stanco d' esere stato
Il varco ,per il passo
,
ove morte era la sola
amica .
Ricordando il triste
binario 21 a Milano
Ove gli ebrei venivano
portati nei campi di
sterminio.
L'uomo e il mare
Nato in quella terra ove il profumo
del sal vince sulla primavera ,
avea più acqua che sangue .
Il volto segnato ,solcato da fatica e sudore
lacrime ,amore!
Ma le potenti mani ne facean uomo onesto
probo che nessun mal in lui si leva .
Quanti tramonti con occhi bassi
alla luce della Sera !
Le acque docili all piè giungevano .
allor come colui che si compiace
Di cotanta lena ,le contomplava
Con malinconico amore .
Al far del Vespro si placava
Il rubicondo splendore .
Il.mar come culla ,dondolava
gli ultimi ricordi del di' morente .
Eri li Benedetto di nome e in petto !
Ah quanti sospiri commisti
alla salsedine
Cola' avevi il secondo parto
dolce come il primo dal grembo materno
nato .
A te gli onori della costa
che piange, si lamenta
da piaggia a monte
Mute giornate dalla tua voce
assente ,
Corre il ricordo ,si rifuggia
al tempo migliore ove il rammarico non s 'accora.
All estremo respiro la mente mai s'allena
giacche speriamo sempre di sentir la nova brezza .
Qui che si ferma l.'umana
spe ,risorge il cuore
libero , inviolato ed eterno. .
Nel giorno del dolor
che seguir morte e pianto ,
non.sia il ricordo amaro .
Ove nascono. I primi raggi
che per pigrizia
portano. le creste delle onde
sul lido. ,
li segui col pensier
ed il sorriso ,
che non son morte
le idee lo spirito gli amori ,
ma solo questa carne
che in terra mi resta .
A ricordo di Benedetto Cerasoli
Lupo
Selvaggio lupo dal
fulvo pel
che l' uomo teme dalla
sua storia .
Se fosse pavor il vello
pieno
non vi sarebbe rifugio
e tetto.
Feral il morso che
infinge non per sua
rabbia ,funesto intento
,ma come Artemide, dall
arco d'oro ,ditta
dentro per suo governo
.
Natura ,d'ogni creatura
albergo ,
fonte di vita dal monte
al deserto.
Quando la lupa s
'aggira per i bosco,
non s'ode pigolar il
passerotto ,
Il vento trema al suo
passo , al suo tono .
Lupo che pensi ,temuto
amico ?
Ti rifugge ognun che la
vita adora ,
simbolo di morte di
cruda sposa .
Gli occhi indomiti
fissi e fieri
non conobbero mai chi
piego '
capo e artiglio,
Oh terrifico ringhio
Che entro ti brucia
Tormenta come un vento
In tempesta
allor che a cacciar
nella selva
sei all "opra
ne catena ,capestro per
suo onore .
Bramosia ti scorre come
fiume
In piena, maestà 'del
regno fatal
e antico che pietà non
nuove al suo cospetto
virtù mai fu seme di
tua struttura ,
amor dell arte e sua
scrittura .
Sol segue il bestial
core Che entro ti vince
.
Siamo noi di genio
pieno , uomini onesti,
o più fratel del nemico
altero ?
Quando ci lordiam le
mani di sangue
e lacrime chi più
cruento?
Le morte idee risorgono
illuminano
Il sentiero chi più
affonda le zanne
E l' uomo !
Il male serpe senza
freno ma non di muso,
sì veste di pelle ,viso
verbo e Cristo!
Il cupo pensier che
toglie notte ,quinci
sonno
e' la coscenza che
bussa ,tormenta ,
raminga senza meta
Airone
Vola ,vola alto airone bello tra cielo e terra
Voli e ti innalzi dai venti ti fai carezzar
Le ali aperte dignitose e fiere ogni soffio
D'eolo usa ,nell aere giocar .
Te che vedi tra le bianche nuvole ,
Il nascer e il morir del sole ,
l' inizio ,la fine d'ogni giorno ,ti perdi alfin nelle rosse spire del tramonto
.
Tra le perdute sabbie del deserto ,
nel cor di coloro che resero eterno il loro passo eri un mago!
Messagger tra questa vita e quella dell 'oblio in cui siamo solo vapore ,
ricordo di quel che fummo ,
ombra dell "uomo disfatto ,
pensiero di un' infinito dormir .
L 'anima del Cristo in te respira
Vuolsi cola' ove tutto
sì puote che morir venisse
per le sonate storie .
Lui solo e ramingo
umile fra gli umili ,
nell 'istante fatal
la fede si franse .
Quinci si vide
a viso con la morte ,
pudico passo
d'ogni spe' collasso .
Mente e spirito
dei saggi antichi
te vocar ,
per ritrovar la via ,
la propria ragione .
di inizio ,della conoscenza ,
del continuo fluir
tra mari ,fiumi ,
nel vortice della vita .
Oh airone , dolce uccell
quanto hai seminato
In queste vite !
Ma in te libertà ,
sorella amata dal sapor
acre si impone .
Libero ,elegante
bianca piuma al ciel,
Leggero qual il soffio di zefiro
In primavera .
Sei avulso dal peccato ,
fuor da grigie idee ,
dal morso del disio
che in terra s'
incarna .
Porti co te quella purezza
beata, per la grazia, gli orizzonti
d' amor infiamma .
A Goffredo Mameli
Ardor giovanil irruente , cone un mar in tempesta ci muovi per arditi passi .
Spirar tra le braccia del generale savoiardo
Il poeta sognatore ,che un canto d' italia
aveva per la patria dal cor creato .
Una sola e indivisibile , che unisce la lingua
e inchiostro .
Ah roma al poggio 'del papa tiranno
un lamento dalla mura si leva !
Scorri Popolo come fiume in piena
non sia catena a troncar la via .
Farsi libero governo
e non un chiostro santo, al canto del chiercuto che semina inganno .
Goffredo dal petto impavido
giovinetto di tutto entusiasmo ,
per roma liberata al suo gran salto,
periva tra mura e sasso ,al colpo .del
francese che pria canto
la marsigliese poi fu lupo in agguato .
Oh libera città in libero spazio
coi tre saggi al tuo comando ,
volevi repubblica , alla ferrigna corona .
Quanti sono i prelati che mangiano
al tuo piatto?
Quanti ancor più vorrebbero sotto la veste
far misfatto?
Goffredo , figlio di roma campione d 'italia
come l 'altri fieri alzo' la testa contro
Il tiranno bianco .
Alla fede, alla carità s 'affida il sovrano
arcano ma inver come vipera soffia
veleno e affanno .
Risorgi dal lungo sonno ,dal cupo pianto
In cui ti verso il popolo infingardo !
Dalle tue ceneri di antica gloria
uno squillo di tromba ti sprona
E' l urlo dei giovani combattenti
degli eroi puri che han scavato
nella coscenza .
Montà dilaga in gni dove
quel grido fiero
come un mar deborda ,forte
minaccioso,non teme freno o porto .
Al capo il bel poeta che mai vide l' età
migliore ma muore da profeta !
Era il tempo di battaglie ardite
di cimieri franti di cavalieri
armat,i di spade sonanti.
A te il dolce ricordo vate d 'italia.
In te base e amore che ci unisci
qual vele di una nave ,
che rende forte il naviglio nel temporale .
Con te, il coraggio che infonndesti
nel tuo canto ogni italiano
sì inorgoglisce ,
pronto a morir al par tuo
che solo a venti
l' anima hai reso,
per la gloria dell eterno .
tributo a Goffredo Mameli
Giovane patriota che morì nella difesa
Della Repubblica romana nel 1849
A soli 20 anni
Sotto la croce
Sotto la croce lugenti,
le donne si battevano
Il petto gli occhi
pietosi rivolti al capo
reale.
Nel santo nome di
quello ,figlio
redentore ,
Maria ambo le mani a
terra sparte ,
come se volesse riaver
la carne che ebbe in
grembo .
Ma d'ella sangue s "e
fatto che riga il legno
imbeve, il terreno.
Al santo.lume spirano i
pensieri
e nel funesto giorno s
'assidono come neri
corvi sugli alberi .
Piange l' apostolo
eletto,
la peccatrice che della
pietra
già sentiva il petto
lacero.
Deserto dell anima che
non trova quiete,
vita più non risorge .
Ed è brulla ,spenta
come il dorso
del Vesuvio che non si
copre di primule in
primavera .
Pietose lacrime di
madre
amaro vino dal sapor di
morte .
Stanno i militi muti
all' orrendo fatto
Ancor il Vigor
dell'uomo hanno nel
palmo .
pioggia violenta cade
sulle teste matte ,
sull' orgoglio dell
uomo ,sul destino
che ha avuto il suo
andare .
Piove e par che il ciel
si gonfi e rugge
Come furiose canne di
leone .
Brontola e si
accapriccia l' universo
!
La natura s' appaura
,ognun in se se stesso
sì rifuggia del
perverso che ilcorpo ha
offeso.
Tace , tutta trema la
terra al sonio
del giudizio eterno .
Or rendete il
messaggero ,
lo spirito di corpo
vestito
Il capretto ubbidiente
al suo coltello.
Maria ecco il figlio
con le braccia pietose
Lo colse si tinge il
manto del suo umore
Per sempre la colpa è
resa il pacificatore
s' e fatto carco di
tanto dolore .
Il volto contrito che
ogni madre
Non vuole ,nel pietoso
viso diventa amore !
Amor si leva e vince,
che sotto la croce
La morte il suo piè non
smuove .
L' inganno della morte
Ah morte beffarda ,cone ti nascondi per esser men nota a chi teme le amare mire.
Vigliacca ,travestita ,ti Insinui nel giorno
nella luce bionda quando è più lontano il tuo
pensiero
Qual'ora veniamo al mondo col vagito e nolenti lei già punta il dito .
Nell 'andar della vita come belva senza remora , nella foresta attende , gli
artigli liscia stronca chi non teme viso a viso .
Agosto robusto ,giocondo trionfo d 'estate
dal sapore di mare .
L 'urbe viva ,che s affaccia sull'onde con baldanza ,vedea i figli migrar per
sparu
to tempo finché settembre non galoppa , reca seco Il profumo d 'autunno .
Allor foschi presagi s 'adunavano sulla folla
gaia!
Quella vena di terra che l 'uom sospende per
sua maestranza si franse cadde al suolo
Come tronco segato dal legnaiuolo.
Ah quale tristo pianto!
Tutta la patria si leva, un singulto sale
dal Monte bianco alle coste di capo Rosello
luce d' Agrigento .
Figli che non ebber spazio di baciar la madre
Marito che non die' mano all' amata
Compagni Che periron all 'uninsono
per uguali danni .
Tutto fini' nel duro fosso.
Sì spense ogni disio tra fumo e roccia .
Ah nera sorella che mai posi il tuo manto
era questo l' inganno chec ordivi
Con silente passo ?
Confuse son le foglie in inverno tra lampi e pioggia così tu mesci la spe con la
tomba .
Pianto ,pianto infinito pianto
per voi illusi d 'esser felici !
Cosa dunque la felicità ?
Soltanto un fruscio un battito di ali
Uno spuzzo d 'acqua in un oceano
di ignoto .
Crollo ponte di Genova 14 agosto 2018
Il popolo in cammino
Risorgi Israele ,dal laccio di babillonia
dagli artigli d' Egitto che piago ' per tempo
padre e figlio.
Orsu' risorgi !
Giacobbe, Dio ti ha chiamato e tu hai risposto .sei puro ai suoi occhi tu che l'
antica disputa hai vinto e con il padre celeste sei a consiglio.
Popolo vagabondo ed errante ,catena sonante sul tuo cammino il fio ti porge.
Bandito, senza terra ,nel nome dell 'inviolato
ti consoli in lui riponi il pianto .
Oh patria amata di lontan saluti ,
figlio d' Israele quando ancor una volta
rivedrài le amare mura ?
Se l' uomo si pone contro Iddio ,triste spina nella carne si infissa ,più quella
gira ,scava la ferita rende miserrima ogni parto ch'ella terra genera .
In un ora barbara di già le acque son aperte ed il mare non ti ferisce.
Qual'era attraversassi il fuoco la fiamma non ti brucerà giacche'ti stringe al
petto il re degli oceani.
Soppiantator , il primo frate tenesti a calcagno ,sei la stirpe eletta nel libro
del
misericordioso che ogni cruccio allenta .
Di lungi le foglie d 'ulivo si librano al soffio
del deserto ,soffrirài il colpo inferto per il Cristo sconosciuto .
Ma tu sei benedetta Israele, seme di Abramo e Isacco il tuo errare riponi ,
giungi al tuo porto per i sentier che ei dispone .
Eclissi di luna
Il sacro apollo ama i due pianeti
Li riscalda li stringe nel bacio di luce .
Ma Ecate e Gea l'un nell altra specchio
si confondono nel silenzio del firmamento .
Copre il bel volto della dea potente il cono
che l 'azzurro astro protende .
Silente danza fanno nella volta nera ,
tra stelle ,comete da infinita sera .
Ed io che fronte al mar miravo cotanto
abbaglio ,rimasi attonito ,incantato .
Squarciava il vermiglio velo il pelago ,dilaga ndo come sangue da corpo contuso
che libera il vital liquore
Onde lente nella notte d'estate stavano a guardare diventar rossa la luna
splendente
Occhi mortal che alla alla falce sono resi
godevano estasiati, il due astri giocar ed esser leggeri .
Le nubi eran lontane per non esser moleste
loro sempre danzerine tra tuoni e tempeste ,donaron siffatta notte di mirar
quella festa di fissar nel cuore ,nella testa
Le due fiamme far piroetta.
Risaliran la china fisse ancor nel tempo novo oltre i padri ed i figli che si
strinser
al petto .
Anche tu padre ,che sei diafano e muto
alla finestra dell 'eterno ,stavi a guardare .
Il profumo della pioggia
Di gia e finito il fortunala, si rasserena l Aria umida e frizzante .
Libera un aroma dolce ,acre la pioggia tra la terra bagnata tra i Cespugli
matidi d acqua .
Un profumo di fiori ,erbe di campo si mischia
E impregnano l aere che fatica a ritrovar calore .
Cadono lente le gocce dai pini ricurvi, portando quel sentor di resina.
Le rose dal capolino carico lasciano
scorrerle come sudor ai piè del gambo .
Nei campi le balle di fieno da troppo tempo
Alla furia del temporale son pregne di rugiada .
Al contadin le nari solleva quel sapor di paglia che ovunque su leva .
Pioggia sul mar commista alle onde ,
Triste quadro d 'inverno quando dell' estste
Il baglior più non preme .
Raffiche di vento le spazzano, disperde
Quell aroma di sale, che nei ricordi
Il piacer riaccende .
La malinconia della pioggia d 'autunno si sposa con il fuoco placa la cenere che
arde
Mentre il buon fattore cuoce le sue provviste per i duri mesi .
Nell aia lo starnazzar delle oche confonde
Il ticchettio del temporale sui tetti ,
Per le vie del borgo .
Mi porta quel sapor di antico
L' angelo
Pensier del primo respiro dell' universo
emanazione di colui che le galassie muove,
spiriti eletti di profondo intelletto .
Tra i cieli puri e senza colpa, candidi come
piumaggio di colomba ,volate nell 'aura serena ove il tempo non trionfa .
Per amor suo fatti materia intonsa alla
prima morte siete guardaini dell' inviolate
sponde.
Ne uomini o donne ma pura corrente del divin potere che creo' dalla terra sua
simile
Visione .
Cantar le lodi del celeste padre dai soavi
Corni, tesser melodie dai sublimi cori.
Come le farfalle cercan e fan cerchio sulla
lampa notturna, al par quelli s 'avvolgon
su quel globo pulsante di calor
amor infinita pace .
Corda d 'argento tra noi e la sacra famiglia
eletti ,messaggeri benigni , del buon pensare .
Viso sfavillante ,ove perdersi sarebbe caro,
Un dono del bell' albergo ove il mal non dimora .
Fanno danze a lui devote ,come storni di uccell che vogliono ingraziar il cielo
d 'esser
lor parente ,al bon signore , fanno omaggio di cotanta foggia .
Sembran mille candele che il vento non piega
ma l' un con altro uniti son un foco che
arde gaio ,robusto ne la pioggia ne la neve sono fiere d' averlo muto .
In fervida preghiera il pianto riga ,solca
l' affronta carne ,
Un soffio il cor rabbona, la rabbia si scolora il cor giubila ,s 'avvampa al
fervido
calore .
Fratel pennuto non berrai mai in coppe di vino ,non godrai del rosseggiar del
camino in inverno ,ne un fremito per la desiata donna ,sol il sospiro dell amor
purissimo ti garba !
Alla sacra croce fissi ,legno sanguigno, inno di vita ,innalzano a gran voce un
ave.
Quali legiadri usignoli cantano dolci note
levandonsi tra traslucide nubi ,fan corona,
Vengono all' unisono alla riva ai piè della vergine Maria madre che nutri' il
figlio per esser silente spiro redentore.
Oh Angelo santo ,benedetto che come un padre il figlio rampogna,
mostra a chi a te si volge perdendosi per l' Ingorda via,
la fiaccola del giusto andare
per giungere a quella gloria ,
Un mar che onda dopo onda
reca pace .
La Piaggia tra le rocce
Alla destra del bel lido l eterno. monte
dai pini coverto ,di lungi tra il tremolar della marina il porto ove navigli
tiravan
L' ancora.
Temp'era del cancro nel sole , giunto al suo primo mezzo
Oltre, io vedevo i rocciosi appigli
la selva riarsa dalla calura d 'estate.
Tra il baglior dei raggi scintillanti
come gemme intorno ,
ni perdevo in quel loco ,
che dal tempo era difeso.
Rapidi gabbiani sfioravano il pelo
dell 'onde che già bramavan,di veder la riva .
Un uomo coi suoi pensier
li si rallegrava ,
lodava la dolcezza del giorno ,
Lo Sfioravano i profumi del mare .
Li dove cielo e pelago trovano il confine
respirava la brezza gentile .
Era dunque re non v 'era tempesta
che molestava il rifuggio.
Scemavamo una ad una le ore del
giorno.
Smavamo come farfalle in primavera
I soavi sentimenti che amor governa .
Tra quella sabbia riposa ll cor compunto ,
da cotal piacere ,l' animo non più si spaura,
al calar della notte,ed ogni piacer serra in
sua natura .
Il figlio del sole
Per amar troppo il sole
perse lo scettro quinci
dal basso all alto
regno fu maledetto.
Al tempo degli dei
bugiardi e ingannatori
finti padri degli
uomini .
Falsi idoli ché più
preghiera che verità
dispongono .
Ma del disco del giorno
adoratore
Voleva cone severchio
,vero dottore !
Può inver il placido
fiume rivolger il suo
Verso ,se per natura e
scritto ove sia diretto
?
Folle chi contro il
patto vuol esser
diverso !
Allor gli altissimi lo
vider come perverso ,
chi contro ogni Dio
rifiuta il capo chino.
Oh sovrano eletto ,sei
forse di quella
stella spirito in carne
serrato ?
Tanta luce ti avvampa
in quel disio
che solo a lui spezie e
onore ?
Gli uomini che superano
il loro bordo
son di rara specie che
han breve polso .
Quei eletti fulgide
passioni del tempo
In loro dono sarebbero
simbolo ,
se non fosse men duro
il rifiuto ,l 'oblio .
Tu gran re da tanto
fango sepolto
hai osato il libero
volo .
A tutti i pensatori
;Santi ,profeti
quelli che non vogliono
catene ma del ben
della mente difensori
,custodi io
umile mi porgo .
Non si può negar la
pioggia
Il soffio del vento le
mareggiate
violente.
Allo stesso piè sicuro
non si ponga ostacolo
ma siate fari del mondo
.
Pensiero , libero e
puro ,non conosci
divieto se vuoi cambiar
il fiacco sentiero
poni i tuoi santi
ambasciatori a
riordinare
la via .
La terra attese il
fresco germoglio di
giudea ,
Colui che a mani nude
ne spada ne
Oro amo' talmente
questa selva che al
sangue giunse pur di
vederla bella.
Contro l'ordine del
Cesare ,dei bianchi
templi si fe' scudo,
rischiarar le nuove
scole ove il vero detto
fosse saldo
perché tu del padre
adorato sei stato
freccia d 'amore .
P.s in questo mio
componimento mi
riferisco in primis Al
faraone akenaton
Che nel 1300 a.c voleva
abolire gli dei
E imporre il culto del
sole Per questo fu
Bandito e Maledetto il
suo nome rimosso
Dai papiri e documenti
.
Poi mi riferisco a
tutti coloro che non
accettano lo stato
delle cose e vorrebbero
Cambiarlo e in ciò mi
riferisco a cristo
Che in un mondo pagano
volle far conoscere
Il Dio universale
Lasciare
Lasciar ai defunti il
dolce ricordo dei
viventi
ai viventi il dolor
della perduta carne ,
ma la spe che non è
solo polvere .
Agli alti pini i suoi
aghi perche si
pavoneggi
tra monti e valli !
Al fiume che scorre
impetuoso nel suo letto
Il sapor del ciel ove
nacque.
Al vento ,che tormenta
o carezza
Il freno del bacio d
'Eolo delle divine
guance
Alle spighe ,oro nell
erba ,la membranza di
seme ,vita che sempre
meraviglia.
Al petto delle madre
preme il bocciol delle
labbra, il figliol che
amor riceve.
Al mar, suoi segreti i
pianti di dolor
I navigli fatti tomba .
A chi per l 'onde cerca
nuova lena ,
dal braccio di sicilia
ricolti
nati dalla terra nera ,
Il bacio delle sposa
Le carezze dei
fanciulli .
Al foco che arde
gaiardo
e forte ,rimanga
Il crepitio ,la legna
fatta cenere.
Pittori ,la vostra
reliquia una tela
che il tempo il color
non scema,
Musico ,all estremo
passo, il flauto
Il tuo ricordo .
Il giorno insegue la
notte
quella fugge al primo
sole .
Ma l' un con l 'altra
lasciano
vivaci ombre .
Ed io cosa lascerò ,
se non queste rime
dettate dal cuor,
per amor di te, poesia
mia vita, briosa
compagna
La rimembranza
Nell 'ora dell ultimo
giorno degli ultimi
amori
del comiato ,
s' offende la memoria
al rimembrar ,
perché più la tormenta
e strazia il core .
Allor si affanna a
riveder l' amato volto
il suon della voce i
perduti verbi .
Più more il giorno più
tormenta la notte ,
trancia il petto un
dolore battente,
Il disperato disio di
sentir l 'amato sono .
Sovvengon le idee i
giorni persi
ammutolisce il pianto
di non aver vissuto
Infino all' ultimo
raggio .
Nel pensier si fugge a
furor d 'animo.
per non patir il
silente dardo.
Ove sei perduta parte
che il corpo e' tanto
lasso?
E' forse più duro della
morte
non sentir l 'amato
chiasso ?
Quando un onda si
stacca dal
pelago non va per suo
passo ,
subito la sorregge la
sorella ,
non soffre del primo
parto.
Eppur il vento ad un
fischio
l' altro l' attende per
crear burrasca .
Noi incerto destin se
uno segue
troverà stesso viaggio
?
S' incupisce per lo
svanire
d' uno sguardo ,
Si sente come seme che
cade di vaso in vaso
ma non trova mai la
terra
A Mnemosine i sinceri
vati
l'accurate preghiere
Oh grande dea non far
Immergere questa nostra
carne nell oblio di
Lete
Ove il tuo dono annega
!
Dolce rifugio della
memoria
certi di ritrovar l
'amato lume .
Quanta dovizia d 'amor
in quei
fiori, lacrime e dolore
,
se a lacrimar ci pone
il freddo marmo.
Lode a questo ramo d'
oro che entro
sì nutre di immortal
sentir ,s 'alimenta
di tempo in tempo come
fucina ,un foco
qual non teme d 'esser
cenere !
Sogno , ricordo eterno
ricovero ove fuggir.
Cielo di Roma
La candida cupola si
staglia nel ciel nell'
ora del
tramonto si confonde
con il rossastro sol
che allunga i suoi
lamenti dal qurinale al
campidoglio
Nell aula stanca di
croma antica si ammazza
di pennello
Michelangelo maestro
cerca DIo con amor .ma
trionfano i suoi
pensier con l 'arte di
immortal gloria .
Riluce l 'urbe ,di fama
,di lode,
perso nel vento il tuo
nome,
figlia gloriosa di
troia in fiamme .
Nel petto l 'orgoglio
che Ulisse perdesse l
'onor ,
quinci sul platino
Infisse la spe del
nuovo seme .
L' invitto impero ancor
risuona
oltre il Tevere infino
al Reno,
regio dominio ,eterno
,fiero.
La lupa a maggior
consiglio
allatto ' i due
fratelli,
già sa che sarà grande
il passo terreno .
Un pianto ristagna nei
cuori, nei petti
come foglie d 'autunno
che non soffrono vento
.
Quando dal giogo dei
porporati, i romani
troncaron le catene e
liberi i polsi,
al ciel risorto il novo
spirito ,
del quarantotto ,ancor
repubblica
prima che regno fulgido
splendor
di libertà, che il
Francese
Irato divoro' per lo
sdegnoso papato .
Il buon Camillo a veder
il ciel di roma su
tutti ,
per amor di patria e
spirito libero !
Luna ,argentea luna che
ti specchi
nel livido volto
Tiberino,
nel cor ti punga l
'amor di tener
La dominante rocca,
culla di imperator di
Papi
poeti togati .
Roma,Roma odiata e
amata ,ambita or
dominata odorosa di
glicine
In primavera, di
gelsomino ,lavanda
sudario di Pietro in
croce
Verso ,in cristo
riverente
Hai un patto,tra cielo
,Terra e l infinito .
Il fiore del deserto
In una infinta distesa
senza confine che preme,
solinga in un silenzio che atterra ,ogni spe che s'albera ,
ne sente la brezza che dal mar si leva ,
sta l' assetata pianta
dal capo adorno
di spino ingordo ,
come il Signor che del
dolor di quelli nella pelle era contorno .
Ah inviolate montagne oltre il qual
Il disio non giunge ,l 'orizzonte
affogate di calor e li si perde ogni ragione
se a cagion di tanta pigrizia la mente si
confonde .
Tra il tremolar della luce nell 'incerto
biancor del mattino spazza
la terra di nessuno ,il vento ,
governa a suo comando ,piega modella
le dune ,a suo garbo .
Ma nella notte il bel fior del cacto ,
sboccia del vermiglio color,breve che al
mattino s, e ' già disfatto .
Occhio.mortal non gode di tal maraviglia !
Tra pastori erranti in cerca d'acqua per
lo sparuto gregge, cercator di seta
e di gloria ei rinfranca e intenerisce
d' amore.
Nel ciel fiero e invitto nella notte trapunta di stelle sta la bella luna
affacciata
qual giudice supremo dell 'umane gesta .
Quanto rumor a lei giunge
singulti ,promesse vane
del sangue più che pace
per furor e mal animo .
Che godi uomo della tua vana gloria,
se poi sei solo terra al tuo sopir?
Il tuo cammino dura quanto
Il passo tra il di' e vespro .
Oh età felice che vieni e vai sei come
Questo fiore bello la notte morente il giorno
Che cosa ci lasci allor ?
Perché sei tanto lesta se poi si rimpiange?
Vita che scorri come sabbia del deserto
sei sempre dolce o nascondi il duro
seme ?
Natura ,quanto sei madre per le tue creature ?
Lode a te Gea che nel tuo ventre
sempre spira il fiume dell' essere .
Anni e poi ancor più anni montano,crescono
per perdersi nella memoria,
veloci come quel vivace fior
che nel più profondo confine
Alberga .
Spartaco e crisso
Pria che l' uom di
giudea
spirava con amor sul
legno grezzo
a gran scotto
vendettero la vita,
per liberta che non ha
prezzo .
Dal duro ferro , a
catena tenuti
battuti e umiliati
dagli elmi pennuti
Morse l 'onor nel petto
di morir per se non per
diletto .
Spartaco e crisso
l" un per l' altro
frati
d' ogni stampo volean
liberi dal servagio ,
chi sente d 'esser per
sé per suo
coraggio
Alto lamento del fascio
littorio che cagione
del suo
potere non teme, ma
impone
Virtu e dovere .
Come un fiume dirompe
I suoi argini se troppa
acqua lo empie
così dilago' la folla
inquieta da troppa
boria
,e nerbo umiliata .
La nera danza tra le
bianche
pietre , il plauso
la polvere ,sudor
dalle ferite vive ,
per il goder
del popol sovrano
dell mondo, dei destini
di figli ,o figlie .
Crasso già morde il
freno
del comando ,
piegar sotto l 'invitto
piè
quei disperati che a
madonna
liberta' volgean il
pianto .
Lancia le sue legioni
come cani nella foresta
Il latrar , il timor
molesta
la preda ,che non trova
scampo .
Oh Spartaco che co
crisso dividi
Il fiato ,duci fieri
ultimo amor dei
miserrimi ,
derelitti, dimentichi .
Allo strazio son pronti
,
per saggiar quell
'ultimo
bacio della vita
matrigna .
Fiero coraggio che gli
occhi
Illumini, e scacci il
lagrimar ,
pronto il ferro ,
sul volto già il disio
di votarsi al dolce
fato.
Ecate benedici i tuoi
devoti che sussurrano ,
pregano ,fidano nel
conforto .
Faro , luce divina ,
Madre benigna,
del tempo più bello ,
al vento i pensieri
migrar, tu che
plachi il pavor
In canto,gloria nel
petto
che ogni uomo preme .
Pompeo s 'unisce alla
triste caccia ,
lupi rabbiosi di
cotanto oltraggio .
Or tra fili d 'erba
imbevuti
di sangue, il dolce
riposo.
Lottar fu onor pur se
la carne
subì lo scacco.
Ma risorge lo spirito
Rinfranco che non volle
perir per capestro
e silenzio dell amaro
Lacche', maligno
compagno .
Ricordando l epopea
del gladiatore ribelle
Spartaco eroe dell
'antica Roma
Anemone e zefiro
Anemone con zefiro si
divertono tra lievi
venti che dal gelo son
liberi
E rallegrano i campi
ove la neve scavo'
Fossi piegando le spine
!
Cavalcano e domano i
rapidi rabbuffi
di correnti capricciose
che scalpitano
Per cercar nuovi spazi
ove sfogar
l' impeto .
Soffiano sui nuovi
amori, sulle rosee
guance delle verginelle
ai primi sguardi
Ah, quanto fu duro e
grave il vostro
disio che Borea ne
voleva il cor
della fragile pulzella.
Spirano veloci i venti
tra le colline
rideste ai primi
pallidi raggi
ma la nebbia ancor le
gela .
sorridono ad anemone
incatenata
bel dolce fiore che ai
primi soffi
ti Frangi come ali di
vespa
combattuta per l Amor
che non garba
a chloris infuriata .
Sollevano le
azzurrognole corolle
del
mieloso glicine le
giocose folate
d 'Aria .
Cancellano il ricordo i
tristi giorni
Il buio del cor
gli amari affanni !
Soffiate su sogni
rapiti mai venuti
su istanti persi mai
vissuti
sulle tettoie ancor di
foglie coverte,
e ai rami sfrondati
spargete il polline
sfidate le alte
montagne
sollevando la stanca
neve.
di poi tra orti,
vecchie cascine
campi pronti ad esser
gravidi di sementi
Ah ,te delicato fiore
piccola ninfa
quanto mal Ti fece l
essere ambita
ora più fuggir non
potrai dalla nuda terra
.
Al pianto di Maria
sotto il
legno di giudea per
detto antico
dal sangue puro
nacque un vermiglia
corolla
del redentore ultima
gioia .
di amor perduti e mai
durati
Sei l’ esil pegno .
Tu fior del pianto di
venere
Per Adone nascesti da
tanto dolore!
ma or la primavera s'
appressa
adornala coi tuoi
colori ,
profumi e Che sia
mite il passo di Flora
,
cingiti di trifoglio
dolce m'è viver Meriggi
della stagione nuova
Waterloo primavera dei
popoli
Il gran francese di
parto italico
Che Calliste avea a
primo vagito
si assise tra i suoi
troni.
vede oltre le correnti
di Sequana , folgore e
tempesta .
Timor dell ‘Alemagna
piange l’ Italia s’
arma la Bretagna
ulula il lupo di
Siberia !
Per gendarmi di Francia
In ogni cosa d’ Europa
sale l’ impeto d’ aver
la lama ancor,
contro cotal boia.
Morte dei pensieri,
della virtù ,della fame
di patria che ognun
nel cor solleva.
Si consola inver la
polvere di Spagna,
ma più del sovrano
alieno
sia pane e acqua a suo
alimento .
Salito al sommo del
fatal Impero
al par dei porporati
latini
gloria d’ eterno onore,
faceva della figlia di
Agenore ,rissosa e
fiera sua gilda e
potere.
D’ ogni spiga suo
volere per logorar
nella mente e nel
ventre
Il leone impenitente,
che rugge oltre il
canale ,
tra due regge.
Al sonio del piombo,
e della lancia
schierava le sue armate
lanciati come dadi
sul tavolo del
continente.
Ah gran duce
mal gioco intentar con
LAchesi !
ella sempre al fuso
pende,
non teme i tuoi orgogli
illesi .
Da austerlitz ove le
penne spese
l’Aquila umiliata
a Mantova che ancor più
la mise in gabbia.
Manto piangente
le acque rese sagge
della sua fine
per vegenti onde.
Carezza le piramidi per
cercar
Il trionfo .
li il fiume dei secoli
Insegue il suo lasso
mortal.
Tutto fece della vita
impetuosa
cadde la prima e vinse,
ma il secondo fallir lo
tenne alla tomba .
Ma quanto possano i
rabbiosi popoli
esser legati a catena ?
quanto sale sulle
ferite pria che urlino
Il rancore ?
Quinci ogni uomo che
ama la sua nazione
sprezza la morte e l
anima immola
alla gloriosa libertà
per la patria e la
corona.
Una voce, di poi mille
si levano nel vento
come stormi d uccel al
tramonto
Echeggiano, come miti
pensier persi nel
brunir.
Così a Waterloo dolce
fu morir i primi figli
,
padri e fratelli, tutti
uniti al fischio del
risveglio .
Inglesi Russi Polacchi
Scozzesi
al canto sonoro d’ ogni
favella
ogni pavor cacciano e
stridono.
Nel mattino sereno di
giugno
cavalli bardati,
moschetti
Ingrassati ,lagrime
versate
per nova virtù.
Atti d’ eroi nel tempo
legati
Inni di gloria ,di
gioventù
Come bocche di cane
pronte all ‘azzanno
I cannoni tonavano.
Mangiate la carne ma lo
spirito
e’ salvo !
Questa è la fine del
gran capitano
genia d'Italia all’
amore negato .
sangue e spade
nell’ erba or sono
i militi ignoti, fra
sassi il riposo.
fanciullette festose
madri piangenti
l’ infausto giorno,
Ma guardate che
splendor
ove era secco, il verde
ricopre
la nascita e il valor
della primavera
dalla schiavitù
risalita .
Il Pastorello
Ti lodo pio pastorello tu che all' alba ti levi ,
al primo canto coi timidi lumi che squarciano le nere tende
della notte .
E con amor per la natura ti rechi.
dai sopiti animali per ricominciare
Il novo giorno .
Uno scampanio d' intorno si leva
che si confonde tra un muggir e un belar,
con il latrato potente dei cani che guardiani ,son il fianco
del gregge.
Armati di bastone e cappello in bisaccia metti formaggio con
rozzo pane .
Ti incammini per valli ,colli aperti
sconfinati in un verde fiumar.
Oh tu che vai per campi, sentieri
al sol cocente del giorno coi tuoi armenti
respiri della natura il suo profumo ,
Il suo vigore .
All ombra d 'alte querce secolari riposa
Il pastorello ,dolce e' sentir come zufola con il suo flauto
menando il giorno .
Tra l erba fresca che la rugida ha fugato
mira l 'infinito ciel i suoi giochi di nuvole
ed i venti carezzano d' intorno spandendo lontano il bel sogno
.
Ubbidienti al son della tua voce
stanno a capo basso al voler del comando .
Così di canto in canto si tronca il meriggio
E dal fumoso monte già sale la rossa
falce del sol morente che spande
dilaga l'ombra sua come sangue ,
ed i raggi smorti son le vene del crepuscolo tempo
Allor si ritira stanco ma gaio ,
al capofila i suoi segugi
che annusano l 'aere più fresca .
rientrano all ‘ovile ,
cala la sera sui campi sulle chiome
dei fieri pini.
Un malinconico silenzio ,
Il ricordo di chi all'opra intento
fu la voce ,or dal sonno coverto
che placa ogni intento ,
riposa al crepitio del foco.
Luna ,lucente e bella ,d', argento sii sentinella
del giovinetto!
Ma quando saran le lampe diverte
e salirà in su 'la fiamma d 'oro
sara' allor un nuovo venir .
Morte di un giocatore
del pallone
Nel cuor della notte
quando il sopir
E' dolce ,ei lasso alla
vita, cedette al duro
colpo .
come è amaro l.'inganno
nell ora del sonno
quando era indifeso fu
preda e offeso .
Il giovanil vigore non
fu scudo,
che può restar il passo
della morte ,se lei
decide di recider il
nostro gambo ?
Mai più la gloria oh
atleta sfortunato
ne le mani al ciel per
il trionfo !
Non potrai udir la voce
del pargol ,
ne la tenerelle
membra,baciarla ancor
non t'è dato se non nel
ricordo ;
nell 'incerto sentier
che mai si placa
E mena ognuno per il
suo destin.
Del lacrimar fate un
voto ,
ma è nell' umano gioco
d'esser polvere
come in un giorno
d'estate che rompe
Il silenzio il rapido
vento .
Ah mala sorte,impietosa
dama,
come vendemmi ad ampie
mani
nella vigna della vita,
Ed ogni grappol che
tronchi
un altro ne nasce nell
eterna ruota ,
nell 'infinito sorger
dei secoli .
vai per il nero borgo,
d' onde niun fe ritorno
ancor vivo
Attoniti al tuo
cospetto ,
l'amor che lasci
e il sanguinante petto,
troncato negli anni
tuoi ,nel fior del
cammino
da tanta acerba fine
Impreparato .
Addio agli allori
ai fasti al clamor
denudato ,
umile ,
più ci pungola
Il capir che siano
uomini ,
al suono e comando
del fato,capriccioso
,infingardo .
La costola di Adamo
La prima creatura ,l'
Amor che lo fece,
Riposa serena tra
alberi e campi in fior
Tra soavi e leggeri
venti odorosi
E l' eterna primavera
che mai tramonta.
Ma il buon dottore
Tolse una costola
Onde farne carne nuova
,li il tuo respiro al
mondo.
Ne duro lavoro che
piega
Ne cibo che tormenta
Nutriti protetti nel
ventre
Del giardin senza tempo
!
Se fosser stati più
puri
Docili mai le bionde
porte
Sarebbe state per lor
Serrate.
Il mal frutto agogna
,di
Più del viver sereno,
Oltre il divin divieto
.
Vi fe malconci tristi
Profughi dall' eterno
Or conosci morte fame
Sudore e polvere
Tu donna Gridar nel dar
vita
A nuova stirpe.
La macchia originale
Dal di' prima d ogni
Sospiro sempre pungola
.
Ramingo tra terre
sterili
Rimpiangi il primo
asilo ?
Ombre funeste
S' adombrano sul tuo
sentiero
Primo uomo menzoniero.
Deh non fu' tutto mal
quel che crebbe
La donna fu moglie
compagna
Sposa ,madre di figlia
in figlia
Come semi sparsi rese
bella
La culla ostile .
Nei sorrisi dei figli
Risplendea l 'antica
dimora
E il padre celeste che
Ognun in lui S 'adorna
.
Quanto amor, il pargolo
Sì perde negli occhi
generosi
Di chi al petto lo
stringe
Ed ella nei suoi
Oh amor che tutto vinci
Chr sormonti valli
Oceani
Che sani ferite
risusciti i cuori
Non è un dolce dono
Quel che dispensi?
L 'antico attrito
Tra voi e il paradiso
E dimentico !
Orsu' risorgi perduta
Gente ritorna
alla tua gloria
Che un onda di
Infinita purezza
riempia
I nostri fiumi
La nostra mente
Scaccia il fango che
attorba
Quella luce dorata
tenue
Ma robusta che sfida
Ogni ragggio di stella
Splenda ancor
Quinci chiarissime
Acque per immensi fiumi
e naufragar in un
turbinio
D 'estasi che l alme
consola
San Giovanni d' acri
La rocca antica
Che mira l’ orizzonte
D’ Oriente ,
Cadde e risorse
Or nella culla del
vangelo
Or nella fede del
corano
Ma l' un e l' altra
parte
A uno stesso fio
Giunse.
Del cristiano si fe’
oltraggio
Del saraceno alto
lamento
Quando col Ferro alla
mano
E cristo nel cor
Non trovo’ scampo l
'odiato
Barbuto .
Le mura piangono
La vista del mar si fa
cupa
Onde giace la virtù
Perduta
Crociato e islamico
Ambedue alla pugna
Cechi ,non ve piu bene
Che separi gli armenti.
Al sonio delle frecce
Allo scoccare del
arco.,
Alle grida confuse
Al vagito di fanciulli
,
Ove è la gloria ?
E’ questa la vera fede?
Ora la polvere han
calpestato
Due lignaggi ne sa
quando
La madre terra ancor
piangere
Dovrà !
Un grido di dolore
Alto si leva ,morde ,
tormenta ,
Acuto,da quando le
verginee
Auree Furon negate.
Ai falsi profeti alle
false
Dottrine ,voi fate
rapine
Dell umano spirito.
S’ incupisce il ciel di
plumbeo
Coltre ,al suol sparte
Le troncate gole
Che sembran
Le foglie dal vento
agitate.
Fu’ vera l' ardua
impresa ?
Ne roma ne la mecca
Son padrone di tanta
amarezza
Signore ,altissimo ,
A te il giudizio
Han versato sangue e
Pregato ,scoppiano
D' orgoglio dell
‘orrendo
Fatto ,in mome tuo !
Sei poca e misera cosa
Questo è il duro nodo
della povertà della
arroganza
Che mai sazia
Sempre intigne
Nella più bassa
Natura ,ove sei in
sudditanza
Il primo mobile
Che mira e e governa
Il bel pianeta ,
Irraggia il suo amore
E mai si piega
Ma per i valli
Di sangue asperti
Fa che cali una veloce
sera
Che la vergogna
A umiltà ti pieghi
Ingordo divorator
Di vita al par della
tua
Che non ve riga
A sanar tal ferita
Ne Gabriel incita
E guida l'armata che
offende
Il bel giglio ,il primo
lampo che
Di se l' universo
imbeve
nel 1191 i crociati
conquistano san
giovanni d’acri in
mano ai mussulmani
causando dopo la resa
la strage dei medesimi
Terrore
Fobos e Deimos
Fratelli antichi,che
del latte di afrodite,
Alla sua poppa
nutriti,di Ares il
talento e il pavor!
Serpeggia il vostro
fluvio sulla terra,or
non piu’
Si placa al tempo mio
il vostro soffio e
impeto.
Due terre ,a vista
sorelle l’una da Pietro
retta,
l’altra da Maometto
diretta,s ‘affrontan
per odio
e per diversa meta.
Al fianco d’Europa il
pugnale infisso,
scorre sangue ove un
di’turbolento era il
torrente.
La vecchia nave sempre
tormentata da guerre e
gelo,
or soffre,il terrore
del guerriero nero.
Il califfo che
s’ammanta di fede e
vero senno,
le tempie si cinge di
veleno,per orgoglio e
imbroglio.
S’annida,in oriente,al
vento di scirocco
tiepido, un sordido
odio ,che il cor rese
ceco.
Placida notte di
stelle, trapunto il
ciel,
nulla s’udiva ma gia’
piangeva, la sequana
acqua,
era commista d’anime e
lacrime della peritura
gente.
Quale morte,Lutetia
attende?
Parisi,dormi?
Eppur nel tuo ventre
s’insinua la bramosa
cagna,
di carne ,mai sazia e
sempre ringhia.
Rotto il silenzio
,quando il popolo,
al gioco,alla liberta
da’ servaggio,
allor ecco colpir ,alla
gola,
il milite codardo.
Cadde la bella gioventu,i
sogni,la spe’
La vita e la fe’,si
fecer lago tra terra e
sasso.
Grida e
sconquasso,Parigi or
sei la madre
Di mille piu’ di mille
donne col figliol
martoriato.
Che v’e dopo ,tetro
passaggio?
Visi ridenti ,fatti a
squarcio
Parole, d’amor,fatte a
strazio,
la morte cammina veloce
e senza intoppo,
falcia e gode di tanto
chiasso.
Questo è il terror del
tempo basso,
alto malor di cattivo
passo.
Vuolsi nelle sfera di
saturno,
ove gli spiriti
contemplan viso a viso
il fatal
miraggio,placar cotanto
oltraggio.
Persia,America
Europa,non
Date alle ortiche i
vostri spiriti,
innalsate le
menti,trabocchi
il calice d’amor ,siam
tutti figli di uno
,fatti di
fango,ma la carne che
vestiam,non sia cenere,
quinci inchiostro per
riscriver il nuovo
patto,
uomini ,solo uomini e
null’altro-
Venere
Quando il ciel
Che sempre Sussurra infinita grazia
Della sua stella si muta, il sol si calma
Allor s ' appressa all infinita coltre
Selene,chiama a se per salir la bella venere .
Espero lucente che nella prima notte
Canti e nell ‘alba risplendi
Dei due versi prendi i sensi .
Tanto bella che il fratel celeste
Per evitar tra gli eletti
Dolori e screzi
A vulcano ti diede in fede .
Del popol romano.
Dea beata ,che in amor
Per te bramar.
Fuoco del cor per gli
Amanti quando splendi
Nel firmamento riaccendi
I sopiti battiti
Viso ,nel viso persi
Sì cercan negli occhi
Lo speculo d’ amor che alimenti .
Della terra gemella ardente
Fiammeggiante nei suoi cieli ,
Ma al cor non si pone ferro
Quando del fatal veleno
Ei e gonfio e pieno.
Tu perduta ,vinta
Al mortal hai dato gioia
Quando da anchise
Nacque Enea.
Tu fonte di turbamento
nel petto
Come desister
Da cotal fermento ?
Si Discioglie il nodo
D’ ogni patimento
Abbandonando
Il pensiero al tuo
Talento .
Madre ,che gli spiriti
Allevi fucina d’ alti
Sentimenti
E dolci sospiri
Sposa divina ,
Quanti sorrisi
Agli amanti hai dato
Quanti crucci hai curato
Quando nel ciel
D'ogni tempo
Infuocato
Il carro dell ‘infinito
Sogno di anima in anima
Hai tirato ,
Guardando in te ogni
Mala fede si dissolve.
Ed io che miro
Il ciel Che annunzia
Il primo albore,in te mi
Incanto,oh bella luce senza macchia!
Sangue di donna
Grida,grida la donna il
suo dolor
Al suolo alle origini
dell ‘uomo
Piange e si
raccapriccia,della
fatal ferita
Il sangue copre e muto
resta ,
Mentre la vita lesta il
corpo lascia
Cagione della carne che
l 'umor stilla.
Le chiome sconce, il
bel visin freddo
Mai più la gelida mano
sfiorera ‘ il petto.
Da lontano il tempo
unisce il terribil
Scanno, che delle
fanciullette fa pasto.
Di odio s' erge la mano
,pria quella
Aveva dato fedele
abbraccio .
Perché dalla Roma che
troneggia
I popoli avea posto a
suo Corteggio,
Il Latin loquere a
sostegno del mondo
Vallo e Regio
Lucrezia per non esser
umile e viziosa
Per il cor di Collatino
,
Quando sestio Tarquinio
fece affronto
con morte ,rese onor al
bel marito .
Giovinezza Che splendi
or e dall' infinito
Quando l' uom divenne
retto,non chino
Sempre le labra ,gli
occhi dai dolce respiro
.
Ah Virginia ,quanta e'
amara la vita
Puote esser tanto aspra
quanto il velen
Delle serpe che
inganna.
Appio ti fu' dolce il
deridere
La puella?
Tirarla nel fango nella
miseria ?
Quale libertà per te?
Solo la lama del padre
ti rese libera !
Si strazian le donne d
ogni tempo
D ogni stampo per Amor
Negato o imposto ,
Nel fosso ,nel fuoco
L' ingiusto riposo .
Alla folle mente di
nero
Che roma diede il trono
Per esser cenere
Al vento persa
Due volte si macchio '
Dell indicibile impresa
Una alla poppa lo tenne
L' altra al ventre
ricevette
Il pie' ,
Madre ,perita,
Mai vide il volto del
suo seno.
Narra il padre inglese
Sotto Elisabetta il suo
Trionfo ,come otello
Per ira a Desdemona
Tolse il fiato .
Nel canto del
fiorentino
Saggio dei tre regni
Pellegrino,
Nell infero passaggio
Geme la sua Colpa
La cognata per l'
ingiusto
Legaccio.
Madri ,donne sorelle
Spose ,non siate mai
più
Capretto al macello !
Non tenete questo dolor
Che entro vi squassa
Cupido,qual freccia
scagli ?
Come può esser vera
passione
Se poi per ignoti
sentieri vi reca ?
Può quella devozione
esser scintilla
Di tanta rabbia?
Ove sono i sogni
le promesse di
vecchiaia
Sotto un tetto,
Un unico letto finché l
'Aria spira ?
Fuggite non più date
pegno
Il patto di anime e
'sacro
Non si frange
Come cristallo al primo
tocco.
Amor oh vero amor
libero ,
Gaio sia chi alla tua
mensa banchetta!
Si beva nei lieti
calici.
Oh Apate torna nel tuo
vaso,
Pandora già ti diede
troppo guinzaglio !
Vengan le verginette
tra fiori
E allori a sognar il
giusto sposo !
Si levi un canto di
giubilo
La vostra carne sarà
intatta
Non sporca per l
'altrui disio
Ma renderete le vesti
Sol quando per ragion
del
Tempo ,tutto tace ,al
suo silenzio
La sacra notte
Il fatal
fanciullo,
Scende dalle stelle
Nella notte silente ,
Già da re ha cinto le
tempie.
Per voler del padre
celeste
Or respira ,ha sangue e
vene ,
Lui,che della carne si
veste.
Pietoso viso della
inviolata
Madre ,in cor sa e teme
quel
Che l 'aspetta.
Di lungi la cometa
guida
E annunzia al mondo la
gaia
Novella.
Venite pastori
,lasciate gli
Armenti,
Adorate il figlio del
tempo
Dono di chi d amor
pieno
Il suo pensier ha fatto
terreno .
Sta il pargol tra
schiere
D 'Angel attento ,
Attende il segno del
suo vestimento.
Si piegan i magi tra
fieno
E vento ,ai tuoi pie '
Capo nudo ,
Ma in se lo scettro
Del celeste regno .
Fan i fanciulli nel mio
tempo
Gioco e scherzo
S Aunano in folle
Per viuzze a
schiamazzar
Con la virtù della
spensieratezza .
Arde il camino intenso
in ogni
Casa , visi felici
Per l 'infinito evento
.
Silenzio !ascoltate
I cori a gran fiato
Il lento cader di
qualche fiocco
Il tintinnio di
campanelli in festa
Adorna la massaia la
tavola
Bella con coccarde .
Tira fuori dalla panca
La stoffa più ricca.
Natal che le famiglie
scaldi
I pensieri calmi
Il pianto asciughi
Le armi ammuti
Dolce notte ,che di
lontano
Porti il ricordo del
vero
Della spe' e virtù che
ognun
Cerca.
Ricordo da bimbo il mio
Esser vispo sotto il
grande
Albero
Allo sguardo di te
padre
Che di me sapevi ogni
respiro
Or di nuovo vivo il
festoso di'
Risento i profumi , gli
odori
I sorrisi .
Ma tanto il mio di
Disio sarebbe
Di tornar al mio
spensierato natale
,ancor
L
‘unione degli elementi
Quando il foco Avvampa
Ha bisogno della legna
Per arder, venir poi in
brace e cenere!
La pioggia ,lenta o
irruenta
Come può cader dal ciel
se prima
Non si nutre d' acqua
dai monti ?
Eterni, puri ghiacciai,
sterili dai fior
Avversi,d' onde nascete
se il liquido non
Si rapprende?
Può volar la
variopinta,legiadra
farfalla
Se il vento non la
sostiene ?
Le nubi sempre gravide
non posson
Inver far temporale se
caldi con fredde
Correnti non vengono a
pugnar.
Quando l 'orizzonte ci
nasconde il suo
Segreto oltre l
infinito ,
E Gea che danza nel
nero teatro,Allor lo
sguardo nega .
Tutto s’ unisce a far
concerto ,
Nulla Va per suo parto
Ma cerca l’ inverso per
esser completo .
Il duro verno che fa
tremar col suo tempo
Al sol il difetto che
più bacia
La figlia sua ma l
'abbraccio e' disperso
!
Un torrente che scorre
tra foglie d' autunno E
ghiaia per esser vasto
Alla vena del mar e
sempre verso .
Il canto degli elementi
tutto prende
E l 'uom da quello non
si dimette .
Lui carne ,sangue e
cervello
Ma per esser sempre
unito
Al respiro dell
universo
Deve bramar la luce ,
Che ci illumina di
immenso
Il ruolo del poeta
Non chieder pecunia
Non lesinar di porta in
porta
Cibo ,O pagnotta.
Sei il freddo preme ,la
neve Gela
Mordi e soffri ma non
lagnar la tua ventura.
Nulla chiedi ,poeta
solo un ceno un plauso
Alla tua natura ,per la
tua fortuna!
Sei colui che irriga i
cuori
Risveglia le menti.
Allor solo uno il tuo
ruolo :servire.
Esser la penna dello
spirito
Far da inchiostro alle
tue rime
Ricordar al mondo
d'onde viene
Dove va!
Il mio genio s insinua
nella natura
Nella sua sostanza
Io vedo quel che all'
altro sfugge
Amo ciò chi di li'
fugge
Come potrei rimaner
muto
In un tramonto ,al Suon
del
Mar che muore
,agognando il nuovo
giorno ?
Allor dico ,non son da
tutto disgiunto.
Poeti,noi siamo quelli
che sussurrano
Dolci verbi ognun come
ei sente
Ma sempre oro ,che non
arruginisce
Alla pioggia.
Scriviamo ovunque in
terra ,su marmi ,
Su sulce ,Quel che
sentiamo dentro .
Artigiani del verbo
maestri del sentire
Come piombo saran i
versi
Più caldi del sol
A scaldar le vite.
Sarem Come le pietruzze
Che scalciano nella
notte di mezza
Estate briciole eppur
lascian
Il segno .
Un di'sarò anch'io
A servir il mio popolo
,
Con le strofe dopo
strofe ?
Alto ingaggio m' assumo
Ma mai, l 'arte sarà a
blandir
Qualcuno .
Universo ,e misterioso
fato
Che ancor non scorgo
L' Alto lavoro e sempre
in
Officina ,mai si placa
La mia fucina .
A chi mi nacque pria
Che io fossi pensiero ,
Quel che verranno
Quando sarò nel
silenzioso
Albergo ,
Fui di carne con vizio
Umano .
Fui io il poeta che
scrisse e visse !
Ma tutti un di' verremo
a giudizio
Se vorranno nell
azzurro cerchio
Nominati chi più chi
meno
Per il nostro onore
,dovere ,e volere.
Rimembrar dovete a voi
che leggete!
Abbiam reso le giornate
più liete ?
In qualche inno vi
siete persi ?
Muti sono i ceppi che
vi legano
Grande il vostro passo
nel mondo
Oh padri eletti!
Timido busso alle
vostre porte
Mi immergo nel vostra
gloria
Avete reso il sentiero
più umano
Guardate a me me io
umile al vostro nome
Cavalco due secoli un
lo lascio
L' altro lo sprono
Se m 'accompagnate
salirò sul vostro
soglio
Poesia sei il mio mondo
,
Sempre io giocondo
A far della carta il
mio tornio
Onde esser servo ,
Pastore di parole ,
Nel nuovo tempo .
(questo è il mio
testamento ideologico
sul mio ruolo di poeta
e il mio destino cioe'
servire per far gioire
in rime)
Francesco Forgione
Da umile terra,di
piccola casa
Di gente che la
campagna piega,e nella
membra han la polvere
Di zolle in pietra,
per il borgo ove nacque
,non conobbe l
‘argento,ma lo spirito
d’Estia.
Va il pargoletto tra
viti e fossi,a scroprir
la sua meta,
sa che è servo della
grande miseria.
Tu uomo dalle carni
lacerate,dalla fronte
bassa
E calzari ,fai del tuo
corpo la copia del
grande
Agnello che in noi ,per
noi si immola.
Piagato,piangente,devoto
e pur irriverente
Questo visse ,onde far
novello patto sulla
croce.
Ne porti il segno nelle
pietose mani
Nelle bende di sangue
matide,nel costato
dilaniato.
Ubbidiente il bon
frate, alla voce del
Padre
Di ricordar quanto
dolore nei calici si
versa
Per noia e falsa fede.
Fulminato dalla volonta
del primo sole
Mosse i pie ,ma ,fai
ammenda non son tutti
Dei suoi disii
riverenti,ma fieri!
Miglior pianta del suo
giardino
Percosso dal mal ,dal
dolor inardito,
radice d’amor in te si
infonde
rifletti ,la luce ,il
biancor
delle sacre porte.
Non si volse a negar il
disegno,
uomo casto e probo,
dell’alto stupor si
fece pegno
Piu’ volte le terga gli
volse il soglio di
Pietro
Chierici e chiercuti,odiavan
lo straniero
Qual follia ,diniegar
velluto e seta oro
E cibo,letto e fuoco,
e mangiar sulla nuda
pietra patir il gelo,
piedi sul lurido fango?
L’orrendo cane che
sempre latra per
La spelonca nera,
manda retro,gia si
mostro’ amico,
e gustava il suo
successo.
Tienilo a guinzaglio
che non morda e per
invidia
Porti il pellegrin
perduto nella tana.
Via maledetta bestia
Rodi della tua rabbia?
No ,vana speranza tu
aduni,non saran
Le colonne del
porticato,dimora dei
moribondi.
Deh ,or sai quanto è
amaro questo vino,
quando inver lo si vuol
di miele!
L’occhi oltre questo
petto oltre
Il vociar,scruta e
indaga di questa selva
umana.
Han dimenticato gli
antichi detti,
di lesinar e non odiare
di amar e perdonare,
ove sono i giusti ?
Guarda come si è fatta
compagna la figlia di
cristo
Tra il gozzovigliar e
l’abbondanza
Al soldo e l’ozio.
Francesco,dolce
fratello,Pio !
Noi siamo poca cosa,non
conosciam le alte vette
L’eterna loggia.
Sussurra e
ammaestra,mostra la
ferita,
e il sangue di Iesu,e’
vita.
Or siedi tra gli
eletti,d’gni tempo
Santi ,martiri ,
che lo spirito reser
integerrimo
Un canto d’amor per noi
intonate ,umili
penitenti,
dal mondo frastornati,
e come i dolci venti di
primavera
rallegrano i nidi e
carezzano i bocciuoli
in fior
date un sorso d’acqua e
di celeste pane
che il peso sia men
pressante!
Tu tra questo mondo e
il
Paradiso,sei ad un
passo
Tra qui e l’infinito.
Lago
Calme ,Placide chete
acque del lago
Astante la vostra
sassosa Costa d'alberi
Contorna,non v’è vento
che vi turba
O che increspi l onda.
Silenzio malinconico
,fa romba
Quando sole mute nessun
frastorna.
Si riflette nelle
livida specchiera
Un vecchio salice ,che
le radici affonda
Alla Riviera.
Po vero tronco
malconcio ,già
precipita la fronda
Nell acqua torba.
Si leva quel sentor di
muschio bagnato
A quell ‘odor di
corteccia e foglie.
Va la navicella leggera
scivola a pel
D acqua che rinfranca e
carezza
La cristallina linfa.
Corre veloce la vita,
Come il legno nel suo
liquore ,
Ingegno del saper delle
cose
Del mondo e le sue
storie .
Come il poeta che
scrive
E s 'affissa nel suo
pensier
Crea le sue rime
Scorre la sua penna
Come un Lago
Di parole .
Storni di aironi
Fan gaie figure
Nel ciel che più
Della sua immensità
Ogni pensier
Migrar suole.
Greve pioggia
Con lento cader
Le acque scuote
E un fortunale
S avvicina.
Gonfie ,nere
Il sol offusca
Tutto si rabbuia
Al par della notte
Che il giorno ammuta.
Ma come si rasserena
quando
L arcobaleno troneggia
,
un Misto di nebbia
E brina si dipana
Ritorna allor l’uccellin
Al suo tronco
L Airone riprende il
volo.
La bella gora nel cor
Dilaga quando ogni
passion
Amore placa col fulgido
Sentir Che Eros comanda
.
Al tramonto la tenue
Luce solare si lagna
Traccia l ultime
strisce di foco
Nell'aura stanca
Più scure più fredde l’
ombre del
Vespro sulla pozza si
staglian
Lasciando quella
tristezza
Che un poco fiacca.
Di lungi la stella va a
dormir
Sul lago tutto si
quieta
Ed è subito sera .
Il nuovo sole
Nasca il nuovo sol dai
biondi raggi ,risvegli
le coste
Del pacifico oceano,
onde poi destar la
terra dormiente del
deserto,
fuggendo sulle cime
delle ande,per ridestar
mediterraneo mare.
Chioma d’argento il
bell’astro
s’incappella,dipana la
notte troppo
Lenta.
La spe’ che s’era
persa,nel lago del cor
da pianto stretto,
galoppa ancor e si
solleva.
Troppo tempo corre tra
il vero lume e il buio
che appesta.
Stuoli d’angel in festa
dalle gaie arpe, s’affaccian
dalle terrazze bianche
Per amor nati da Lui
che del mal si fece
cesto
Per ridar la nuova
luce,al mondo che s’era
arreso.
Voli di candide colombe
squarcian il ciel da
ogni parte,
e del cinguettio di
nidi un’arte.
Si rinverdisce la
brughiera di fior ,di
rose ,di viole
Dei frondosi alberi che
al vento spargon
Le nuove foglie, i
nuovi frutti.
Rosso, intenso canto
d’Apollo, astro del
giorno
Rischiari le mie
giornate.
Seppur la pioggia
,fredda ,imperversa
Sento che tu ci
accompagni,
nascosto dalla coltre .
I campi umidi riscaldi
I ciottoli rischiari
La lancerta al novello
calor s’appressa,
intepidisce l’aere
d’intorno
dimentica il ‘ di il
freddo
della rigorosa notte
il bucato al tuo bacio,
s’affresca,con aroma
d’antico.
Il bimbo dalla finestra
chiusa
Dopo il fortunale
esulta ,
l’arcobaleno fa il tuo
ingresso
per ricolorar il cielo
terso.
Profumo di pioggia
fugge via,
sta sull’uscio la
massaia,
il buon pane di nuovo
ammassa,
torna all’opra il
contadino,
e nell’aia,un solo
squillo
d’animal ridesti.
Corro con la memoria
A ricordar te quante
volte
Avro’ guardato ,gioito
Della stagione bella,
di maggio canterino.
Orsu’ il nuovo sole
Gia bussa,tutto si
veste
Al nuovo giorno,alla
prima fiammma
Che la vita accese.
Temporale in un giorno
di sole
Alle calende di marzo
Già il piè di zefiro s
appressa
Al suo vantaggio .
Or qui or li di rose
purpuree
Di Gigli di Amarillidi
Cespugli e filari di
soffioni.
Il ciel si placa dai
venti
Dal turbinio di
grandine ,
Da giorni spenti.
Un acre odor di polline
Il continuo ronzio
Laceran le ore nell
'orto
Ove il ghiaccio ne fece
fosso.
Non è forse ivi il
dolce riposar ?
Ma il ciel di nuova
veste,
Pur dal gelo memore
Sì gonfia ,si fa cupo
Dell ontoso urlo dell
inverno .
Lente ,ma decise le
goccioline
Falciano l' aere di
aprile ,
Quando il seme tra
zolle e spine
Sperava di diventar
gambo ,fior
Onde fanciulla ornare
il.petto
Fanciulli intrecciarli,
per gioco
Nel giorno di festa del
borgo .
Zeus aquila d'oro
sorveglia
Le infinite distese
Per capriccio o voler
che lo
Allena, la mano già
arma alla saetta
Aduna le nubi dai
confini
Le gonfia ,le allatta
Alla novella tempesta .
E quelle al par dei
militi
Che lo stratega tempra
,
Son pronte a ghermir
La primavera .
Fruste di fuoco
A gran lena s'
abbattono
Sulla valle che s 'era
fatta bella
Venti minacciosi
piegano le fiere
Chiome ,un Rondinello
Fiaccato dal viaggio
Non.piu temeva la
procella
E pigolando nel nido
rientra .
Al bel tempo volea
Cantar
L' usignolo ,
Ma chi l' udra
Se Apollo non invita il
suo cocchio ?
Corre veloce artemide
di valli
In balzi quivi regna ,
La natura serba
Ma di lungi il
brontolio
Impone lesta fuga
Teme ogni creatura
La veniente furia
Belle Napee ove
Siete ?voltate
La schiena ?
Piange il salice
Sperava di far brillar
La chioma !
Sale ,sale la nebbia
Agli alti monti
La brina
Soffoca i getti
Che attendevano
Il novo sol
Per esser al ciel
protesi !
Ove sei vento leggero
Di aromi nuovo ?
Tace così la primavera
?
L' autunno ha
rinverdito
Le sue rime ?
No ,Terra di maggio
Non soffrire oltre
Ls piova sarà breve!
Di già scende
L' aere lieve
Un frizzante ritorno
A placar i capriccioso
libeccio
Termopili
Il furore nero d
‘oriente il gran dario
che nulla teme,
per ingordigia e
arroganza la grecia
volea a sudditanza.
Ma un vento d’amor e di
patria si also contro
cotal tracotanza.
Gia squilla la tromba
dell ateniese e
spartano
Il ferro nella cintola
,lancia in resta ,la
mano a scagliar
Il fatal giavellotto.
Stuoli di giovinetti in
festa padri armati di
bronzo,
Di scudi,gia le citta’
d’ellade son in marcia
di guerra!
Liberta’, liberta che
sei sempre cara,che i
cuori sollevi
L’orgoglio
inciti,contro angheria
e miseria.
Per l’agora donne
piangenti al fatal
momento
Del distacco dallo
sposo guerriero,
ma in ver la fede ,la
patria gli dei ,lo
stato
avean forgiato il primo
grido.
Giovinezza che ti
immoli sull’altare
supremo
Che non temi il dolor
sangue e patimento,
simbolo di virtu che
nell’uomo freme.
Temistocle vi guida al
gran fiato che non sia
il
Sol di grecia dal
barbaro violato
Nessun per l’egeo che
ti bagna culla del
saper,del greco non ha
verbo,
non si nutra del tuo
latte,non trovi rifugio
ne sonno,mai.!
Come in un campo di
grano spunta prima un
esil germoglio
Del nuovo stelo e di
poi ,diventa biondo e
bello
Cosi mille e ancora
mille alsarono il capo
La catena pesa,il
popòlo non è schiavo.
Non darete i vostri
figli in servi,
non sian per vostre
mogli nuovi mariti ,i
serpi.
La voce di leonida dal
sangue invitto,
gia echeggia nello
spirito ellenico,,
nei suoi che avean ,
negli occhi il furor di
marte
che tambura ,sprona
alla lotta,viso a viso
corpo a corpo,
nell’orrendo cerchio.
Capo artemisio,il primo
intoppo
Al tuo galoppo,
del mar han fatto
sepolcro
navi,uomini,
comando e scettro.
Mardonio ,Oh general
del invitto
Regno come è amaro il
sale
Di grecia ,come sa di
morte l’onda egea
Che si sfama e nutre
del persiano
Cocchio,
per la costa che volea
pago’ la sua spocchia.
Un pugno d’uomini,
indomiti,
fu il vostro peggior
acciacco.
Alla termopili il duro
nodo!
Eravate uno sciame in
fiera,
che potevan far contro
tal creanza?
Eppur una sola ape se
punge,
piega ,piccola si ma
battagliera.
V ‘accalcaste l’un
sull’altro
Al tristo passo,
Dalla scogliera greve
pioggia
Fermo’ i passi ,i
bardati,
come erba falciata
facevan della carne
pietoso ammasso.
Vedevan del sangue
farsi lago,
perir cosi come la
preda
sente la lancia.
Fu vera gloria?
In nome del poter
Che l’uomo infetta
Che vole sempre piu e
non si lecca
Il suo dono,
si fa scotto della
boria.
Che acceca
Giovinezza sempre amata
Come sei effimera!
Tutto passa, e il tempo
Tronca vite, storie,
Glorie antiche!
Ma mentovar in nome
Della franchigia,
la tua pudicizia l
‘unico
fior di questa vita
e il suo sfiorir è
aspro
quando son canute le
chiome
la voce del pargol che
fummo un tempo
al suo malincomico
pianto,
ci fa lagrimar .
Questo l’amarognolo
Compagno,dei giorni
perduti
Che ci fa riposar
Ballata macabra
Brinda alla morte ,chi della morte e' amico!
Al sorriso beffardo dell ultimo vagito ,
Che l 'uom suona pria che sia dipartito.
Alla procella che mangia il lido
E la serenità del giorno
Gioisce chi alla vita e sordo .
I tristi fior di Crisantemi adornano
File interminabili di color che non fan
Ritorno .
Il lamento del gufo Rallegra l 'ossa
Da troppo tempo pigre
Ormai lontano dalle antiche sfide .
Oh notte così cupa ,coperta di morte ,
Silenziosa scendi dal colle ,
E ammutolisci i canti
Giulivi .
Tetre figure ancor più scure
Fendon il buio per le ore dure.
Canto lento dell upupa assissa
Chissà dove tra il fogliame di
Scura pelle .
Alla fine di se uomo giunge
Per dolor o noia
Perfora il cor
di atro sangue che non
Riluce al giorno
Ma cone pece cade al suolo .
Ah come ferisce
Questo silenzio
Che conduce alla perduta via,
Della follia .
Amaro amore ,sciolto
Nel pianto nel ricordo .
In questo io mi fingo ,
E osservo :
Quando spunterà il giorno ?
Intanto le tenebre son fredde
Grigge, penetranti ,maledette
Tetro ballo della morte
Con la vita uno serra l' altra
Cerca il lume .
Fitta nebbia cala che stringe
E assorbe lo spirito incerto ,
Sempre il rimpianto porta retro
Chi non giunge alla nuova riva .
Dimmi hai mai danzato
Con questa trista amica
In una notte di plenilunio ?
Era infida non lasciar
Che combatta e vinca !
Or la pioggia greve
Bagna quelle secche
Foglie
Fan felice le creature
Del Bosco che del giorno
Han timore.
Non più il docil profilo
Del monte ai tiepidi
Raggi di primavera
Ma solo per le scure
Vie del infernale
Deserto ,
Erebo attende in gran segreto .
Storni di uccelli neri
Come pensieri,
Volano nell 'incerto .
Senti questo bel vento
Che scuote i pini ?
Questo profumo
Che solletica le nari
Dopo il mancato respiro ?
Già il sol non è più
Coverto
Fuggi via ballo inferno ,
Emera illumina la nuova
Valle !
Era il far dell alba
I primi
Infocati raggi
Rivestono il ciel
Da tanto pianto
Versato nella spelonca
Aversa.
Tiche la bona sorte
M'è sorella
Mi cinse la mano
Dimenticai
Il vortice di tanta pena .
Il brigante
L 'ombra nera di Sicilia tace !
Montava nel sol di novembre lo scorpione , e il mese era
cadente.
Ei fu gran sicario,ma inver ai posteri
L' estrema sentenza .
All 'ombra degli aranci in fior
nella bionda conca ,
Crescea il monello ,
Correndo il verginel allo spirar
Di grecale ,sotto lo sguardo
Del Monte nevoso ,
Che rotola lingue di fuoco
Di caliginoso fumo.
Fu 'uomo ,ma del ben non aveva
Vista se non del soldo, e di conquista .
Vita vissuta senza
Pietà che a rimorso lo piega .
Del buon Federico la terra calpesta
Ma non per saper o conoscenza,
Sol rotto a ogni nefandezze.
Per ogni lacrima che trinacria
Versa ,lui il capo non piega a vergognoso
Viso .piu ode il Tintinnio dell' oro che a
Gaudio lo alletta .
Quale onor cinse la gloria e tempia?
Ove la patria la fede l 'amore ?
Lui al sacro patto che l' uomo governa ,
Alieno ,già a era aperto e dato il braccio
Ad astaroth,nemico eterno che la mente
Porta a follia e perverso.
Non a Michele e cherubini ,ma a demoni
E suoi amici s' era converto
La dolce spiaggia di corleone ,che dorme
E piange il figlio che del sangue s 'era fatto sazio ,lava le
piaghe
E il veleno sulla bianca veste d 'Italia .
Nella notte vanno placide quelle onde
Lontano ma il dolor sale con il vento
Che fischia a pel del mediterraneo .
Anime perse,senza più dimora senza
Salvezza perché la luce in Lor non più
Alberga.
Quanto amaro seme s 'era sparso
Per la terra del fu normanno .
Le mura di Palermo ancor ricorda
La gloria del califfato.
Come a triste la bora soffia
E agita le vele
Tu ,vecchio ,scialbo hai
Mangiato l 'orgoglio del
Popolo sconsolato .
Polvere ,grida ,lamento
Questo si solleva
Per tuo giogo e diletto .
Eppur fu uomo !
In lui l 'altissimo
Il pudore incise
Per l Amor che lo preme ,
Al primo figlio
,e dono ,per l'
Universo il redentore
Or non sa qual altro
Male la sicilia la sua terra calca.
Maggio del tempo mio
Più bello ,vide
Il volto pallido dell 'omicidio .
Sulla strada ,l offesa
Suono al rispetto.!
Due pilastri della bilancia
Antica perser la vita
Per inganno e ira.
Alle porte di Palermo
Nel lor petti Giove spira ,
Per giuramento a giusta
Via che mena Per perigliosi
Sentieri.
Nei lor pensieri
Diche e'viva.
La fiera che in lui
S 'incendia ,non
Si resta ma sempre incita
A sfamar ingordigia ,
E non lo spaventa
Il ventre grasso .
Lo sguardo mai tenne
Basso ma sempre a puntare
La mira con gran Gradasso.
Come lo spada
Dalle lampare
Sorpreso ,
Già sa che la rete lo avrà
Stretto ,trema
Per la mattanza,
Non desiste
Ma batte e schizza
Per lacerar la maglia.
Tu feroce canaglia
Braccato ,fai lo stesso .
Davanti il crocefisso
Prega e studia il
Libro ,
Ma inver lo spirito
Guasto che il petto
Stringe ,
Gli impedisce il giudizio !
Or finisce il tuo delitto !
Muto al silenzio della morte ,
S 'abbandona la stanca carne ,
Come Ognun che vive
E sconfitto .!
Al passo tra questo regno
E l 'abisso se ne va
Nel buio Nell 'incerto .
Chi ti bussa or sulla
Tua porta?
Colui che si fe 'servo sul
Golgota ,infisso
O il ribelle
Al padre e cristo ?
Canti di Angel
Al suon d 'arpa
O legioni di demoni
Pien di rabbia?
Questo sarà il tuo
Ultimo giudizio !
La storia umana
Che più non tiene
L isola a briglia con angoscia e pena
Sì spegne .
Nell ora fatal lo spirito
Lascio il corpo ,
Or mira,
Fu tutto per orgoglio
O difetto ?
Siam tanto brutti
Che cechi Non vediamo
Lo scempio ?
Già i viventi
T'han tolto lo scettro
Maledicono
Il tuo nome e il tuo letto.
Alla terra natia le sue spoglie
Alle zolle il suo ricordo
Tu nudo e spoglio
Il tuo avello
Vocar.
Siamo polvere
in un suolo ,
Quanto
Potremo viver ?
Fu vera vita ?
O beffa del destin che si congiunge .
Cenere sarem
Oltre questo evo
Un alito di vento .
Come un Camin
Il legno combusto
Erutta in scintille
E schegge ,
Così noi nulla resta
Se non ossa e vesti Lese.
Saran per te le giuste pene
O sperare nella notte
Che vede il giorno ?
Inver le bianche porte son
Serrate
Pietro sulla soglia
Non t'attende,
Se non ti mondi
Dalle malate vene.
Genuflettiti e fai ammenda
Sei solo un.mortale,
Saran i tuoi passi
Diretti al suo concento.
Per voler di colui
che i pianeti move .
Nulla teme ,
Non sperar nell inghippo.
Come il giunco obbediente
Prende piega
E da duro si modella ,
Al luminoso viso
Chiedi pena
Perché sol lui e il tuo
Nocchiero.
Ti salverà dal graffio
E patimento ?
Cerca il nuovo giorno ,
Non esser troppo fiero ,
Per non esser legno
Schiavo delle Palago nero .
Abbraccia il disegno del gran
Architetto Che la morte ha sconfitto
Nel nome di colui che tutto puote,
I celi sono pieni della gloria dell etrno dell infinito .
Padre benigno ,
Che promise di recar
Nel regno chenon sente
Più ne freddo ne gelo .
Ma ci rallegrar
Coi bei raggi d 'or.
Il canto delle stelle
Belle stelle,eterne
luminose e fiere
Ognun Che in voi si
immerge ,
Sospira alla volta nera
che vi regge .
Infinite Galassie e
mute fiamme
L universo protegge
Ecco che miro del toro
il regno
Elegante fiero
brilla nel suo ventre
antareres
Regina che risplende
Tu un di minotauro
seminasti terror
All’ uomo ,quando in
cnosso ti sfido'
Teseo,,con abil
filo,schivo, il tuo
morso.
Sette sorelle ,il toro
serba
Elettra
,Alcione,Merope,
innamorata
D’un mortale che si
diparte,fu perduta.
svavillanti mirate il
sol da lungi
Mostrate il viso nel
crepuscolo
Che addolcia,alla
mietitura, date opera
se il contadin
Vi prega e mira .
Sussurra di lontano il
capricorno
Il bel dio cornuto . Al
galoppo,
Nei prati d'arcadia che
il giorno
Rallegra va con siringa
e armonia
Generi aldebaran che
rifulge ,
E s' introna a a tua
torcia
Dal tuo seme venne
croto,antico
Satiro che ora tra le
stelle
S immolato a
sagittario.
Rischiara il nord dal
cielo azzurro la polare
stella che nell ‘orsa
minora
Alberga .
Come fu inganno a
Callisto
Il fatal incontro ,
Che in orsa si muta
Ma arcas che in rabbia
preso già
La vita della madre
voleva
Fatte stelle minore e
maggior
In cielo .
Deh per il mal fato
sempre in tondo
andate per il pungolo
di Teti ,in continua
volta non restate il
piede
Vengono poi Marte dal
rosso viso
Misterioso senza
paradiso
Segue venere dell amor
Segno e foco
Nettun che si gela ,
Non ha lampa che lo
sveglia
Regna i pianeti
Juppiter immenso
Solo anima ,
Non oppresso dal suo
peso
Al sol tutte si volgono
La stella più bella
Che il sistema tiene
Nella notte il latte di
era ad Eracle
Risplende tra le
Galassie ,cone
Fiume d 'or.
L incanto della Sera e'
si breve
Inver l infinito non
teme il voler
Del tempo
Solo noi umili
frammenti di paglia
Al vento
Ci perdiamo con la
mente
Tra le fiamme
,chiare,pure .
l’ immensa grazia.
Peccato
Sotto il segno della
croce,
Nei vecchi luoghi ove
si canta a gran
Voce la lode del
signore ,
Stan i fanciulletti
sicuri che l 'ostia
Li salvi da ogni cosa .
Ma nella notte silente
quando la falce
Lunar placa lo spirito
e la mente ,
Allor s' aggira il
predatore
Uomo di fede inver ma
serpente !
Come nella foresta l'
innominato rettil
Cerca le uova e agogna
il nido ,
Tu al par suo serpeggi,
e vai cercando
Di pungere il cor ,come
sei infido !
Già pregusti la tua
preda,ma in Ver quale
Fede servi ?quale dio
ti armo'
La mano per pugnalar la
speranza dell 'uomo?
Sta il verginello tra
soffice coperte
E guanciale in profondo
sopir.
I bei riccioli sparti
odorosi di lavanda .
Il bel visin roseo che
ammalia.
Le tenerelli membra già
agguanta
E toccar,per ingordigia
e infamia
Non s'ode grido o
pianto ,
Non lacera il silenzio
il singulto.
Ah fanciullezza violata
e indifesa !
Ove sono i giochi?le
corse campestri ,
Il nascondersi tra
alberi secchi?
Tutto finisce nelle tue
fauci
Lurida bestia fatto
uomo!
Gli abbracci sicuri hai
sconvolto,
Il morbido giaciglio,
tana mortal .
Ma ,già son discese le
furie ,
Megera, aletto,
tisifone
Sorelle antiche,
Che terra e sangue le
rese unite
Lanciate a caccia con
la inarrestabile
Lena ,frugate e
tormentate
L 'attentatore !
Fate scempio delle sue
carni
e divorate l impostore.
Vendetta fatta saran
serene
E tornerete a riposar.
Or risorgi fanciulletto,
Ferito e inaridito,
Il male non toccherà
mai più
I riccioli le innocenti
mani.
Sorgeun nuovo sol
Clizia in eterno gia lo
Segue,
Congiungiti a lei e
mira
Il futuro.
Eppur un uccellin dalle
frante ali
Pigolando poi riprende
il libero volo
Il torrente senza piu
acqua rigonfia le
Sue onde ,riprende il
suo corso
E sfocia nel mar
Eros ed Eris
Amor perduto che già il
fanciullo
Benedetto non è più
pennuto,
Piangi e non trovi
quiete
Nel luogo oscuro .
Chi ha Bandito il fatal
segno
Della freccia d'oro sta
in se chiuso .
Ed Eris trova campo
fertile per il tristo
Traguardo .
Fa scempio del vecchio
amor !
Furiosa ,veleno serve
nei suoi
Calici perche'discordia
germogli e
Colori dei nefasti fior
!
Non più baci dal
trepidante cor
Sguardi appassionati
Ma odio s 'affilan le
armi .
Discordia antica parte
del uomo
Nascosta ma sempre
pronta a trovar sfogo .
Si raccapriccia il
contadin quando ,
La bella rosa pone al
suolo
Spera nei bei vermigli
fior .
Come è amaro inver se
ghiaccio e vento
Gelano il gambo e
marcisce la corolla
Allor gramigna cresce e
il terren discolora
cosi il cor si gela e
si volta
All’ altra faccia ,già
Eris e’ li
Che chiama e comanda.
I Lari prottetori della
famiglia
Son persi se ce chi il
foco della
Discordia svavilla.
Dolce fanciullo ricogli
le tue penne
Aprì ancor le ali
Che Eris rimanga muta .
Se l 'amor in discordia
si commuta
Ragion, sia del disiato
sentimento,gia Eros ha
la sua punta .
Beati i novelli amori,
Gli amanti e i felici
giorni .
Nel bel campo nascan
Delicati fiori or rossi
O azzurri come il ciel
Che li sovrasta .
Cacciata dalla foresta
l infame cagna
Eris fugge e assai si
lagna .
Correte giovinetti
nella nuova
Valle nel nuovo prato
Eros s'e destato !
Le nubi e la foschia
Sul carro d ‘eris ,la
follia
Son già lontane
Che niun gli dia la
chiave
Del petto.
Sorge or il Bell astro
Un vento caldo percuote
Non ve più il
gelo,rifiorisci ancor.!
Venezia
Venezia,perla del mar
che riluce,la tua
gloria
Il tuo nome gia
all’onde l ‘hai
affidato.
Le antiche pietre
nell’acqua cheta
risuonano i giorni che
furono,
Quando la serenissima
il suo passo imponeva
Al mediterraneo.
I tuoi canali,i suoi
profumi ,e di lungi il
ponte dei sospiri
Rimangon vissillo del
fu.
Baluardo al saraceno
crudele,che armato
d’orgoglio
E fede volea piegar le
tue vele .
Di pianto s’ era
ammantato san marco
Per i figli della
republica al nuovo
attaco.
Ma gia rugiva il leon
d’oro ,a spronar la
marcia
Conro il regno
infingardo.
A lepanto nella
domenica nera, il tuo
talento,
quando le frecce con
venier che comanda
e giovanni che appoggia
fecer vittoria nella
feral bolgia.
carpi franti come
frutta or marcia
lambivano le gloriose
golette
turbanti di seta
,pregni del sangue e di
lacrime
eran fatti.
Venezia,che nella tua
laguna te ne stai,
non temi il lo stranier
ma arte musica ,doni
allo stivale.
i tuoi cristalli ,come
gocce di diamanti ,le
tavole dei re
chiedon posto e son
cari.
Ah ma quanto e amaro il
compromesso
Napoleon mezzo figlio
della terra nostra ,
Ti prese a sua custodia
Per l’arte dell’inganno
che mai invecchia e si
rinnova,
ti fe’ da patto all
asburgo assetato
no, grido il fiero
capo,il veneto e il
lombardo
non sia da me segato!
Il poeta combattente
che in te spero’,
adirato ,tosto un
coltel nella finestra
avea ficcato.
Piccola perla come
innamori i cuori,
come sospiran gli
amanti a cotal incanto
e nel petto per te l
‘amor in ognun è nato.
Risona per il canal
l’amante intrigante ,
Mago , scrittore,spia
che ai piombi fu
legato!
Manin ,bel figlio d’italia
Che tanto sognavi la
nova patria
Hai lottato, il
tricolor sventolo’
fiero
Sotto la cupola che
guarda il ciel!
Una sola unica e
indipendente ,
patria che a niun e
serva.
Il tramonto carezza i
tetti delle case,
l’onde paion si tingon
di rosea luce
e un calma serena
lambiscon i porti .
la luna s’adorna
d’argento ,
nella laguna, lente
gondole tornan
per il canaletto.
Non s’ode che lo
sciabordio del mar ,
E la pallida luce sulla
schiumosa veste
Segna la via per
l’infinto.
La divina arte di
michelangelo
Io vidi la magnificenza
Senza fine, dove
L' uom si spinge per
amore
Scienza e ardire.
Immobili figure nell
alta volta ,
Eterne e fiere al
baratro del secolo.
Passione ed estasi
presero
Il fiorentino che per
dover
E impeto pose il pennel
Sulle bianche mura .
Da Roma che governa,
Giulio lo porto a
cintura
E il vecchio rifugio
Ne obbligo a pittura .
Visi severi
Candidi manti
Saper universale
Del giudizio che ci
Attende .
E si seguono l 'un con
l 'altro
In coro e in canto.
Ti tormentava il duro
ingaggio
Tu uomo fatto grande
Per salir sulla gloria
Tra sudore e marmo ,
Michelangelo a te
Onore!
Asteria che non conobbe
il pane di
Cristo gia ti porta nei
ciel
E, a i dottori,che
Amaron il crocefisso
,ti consegna
Per il talento
C'hai inciso .
La Toscana donò l'
onesto
Figlio ,fiume
Tra questa terra E il
paradiso !
Quando poggiai gli
estasiati occhi
Nei loro ,fui preso da
singulto
Pianto come mille tuoni
mi
Scossero ,E persi il
fiato
Nella santità ,nell
infinito .
Le morte idee si
disperdon
Come le foglie secche
In un giorno di vento .
Fisso in voi eminenti
Padri della romano
ceppo,
E a te maestro ,
Mi perdo in quel
Ritrovar se stesso .
Bello e 'il morir e
viver
Ancor
Nel tempo oltre il,
tempo .
La forza della poesia
A ognun che s
'abbandona
A questo torrente
Sempre gonfio ,
Il cor giubila E non
conosce fosso .
Dolce come quei venti
di maggio
Ma più carco ed io ne
son pervaso .
Si piega il duro
acciaio ,freddo
Sen'anima a cotal bacio
.
Una danza d'amor il
mondo
Ammanta,troppo muto
Che a questo canto non
pute
Rimaner selvaggio.
Taccian le bocche dei
plumbei
Cannoni ,sol affamati
di pianto e
Dolor.
Marte come dirigi
trionfante
La dura marcia.
Ma da cotanta luce
bianca
Scende la sacra poesia!
Ah giovanil fanciulla
come sei snella
Come la tua molle
chioma
Eolo dipana !
Allor son proni i poeti
Al tuo petto tu
allattali
Con tuo talento
Riempi i ruscelli
D acqua scintillante
I prati d erba
Di rugiada pur mo nata
Nel bel giorno
Che il ciel rende
giocondo
Due fanciullette
Dal vergine pie'
Disceser il Monte di
beozia
E nell' ozio che prende
Chi le arti ha lontano
Risvegliano le menti .
Una dolce vision
Che mai mortal vide
Tersicore ed erato!
Figlie sante date il
frutto amato
Quinci come il sol
stende i raggi
Istillo'nei petti la
poesia d 'amor !
L 'altra nel vorticoso
ballo
Freno' la lenta marcia
di tamburo
E rallegro' col flauto
.
Fate del piombo amaro
Risonanti campane
Tramandate l' incanto
O poesia come sei bella
Come dai sapor alla
vita
Eppur quella che pare
indegna
Al tuo tocco
Ratto risorge !
Come Mida quel che
volea
Era sol oro
Tu rasserena e rendi
giusto
Quel che è torto
Parla per i potenti
Amor sulle lor labra
pendi .
Vanno lieti nel
tramonto,
Infuocati pensier.
Tu mia compagna
Or la mano mi guidi
Mi culli
Nel tuo culto
E se son degno
Fa di me poeta
Del tuo regno
Vuolsi così
Che io mi merga
Alla fonte di ippocrene!
E dissetarmi alle sacre
acque
D'olimeios,
Per risorger a Nova
vita,
La mia ispirazion sia
perpetua
Come il fiume che la
serba.
In trincea
Luna ,pallida luna come sei ancor
Bella la sera nella terra ove niun
Ormai prega e spera !
Lucido ferro , nella notte risplende
Trema la terra al novo tuono
Che atterrisce, un dolor forte
Che il cor preme.
Voci perse nel lungo fosso,
Freddo, non il soffice letto
Della casa lontana .
O morte cone cavalchi
Libera tra questa gente
Dimmi :e si copioso il tuo raccolto?
Nei volti spauriti dei giovinetti
In armi ,negli spiriti affranti, si rispecchia il ricordo,
Degli affetti più cari .
Gaie giornate nei prati,
sudati aratri, Or muti .
Lieti natali di povertà
Ma veri !
Quanti abbracci rubati
Quanti baci mancati !
Per l 'odio che ti spinse,
Paladin di sarajevo,
Mano nera hai affondato
Nella domenica triste !
Or dal tuo asilo
tutta l' Europa metti
In sanguigno.
Un sibilo ,una
Luce e balzan
Fuori dal nascondiglio
Come sciami di cavallette
Ma al son di baionette
Sì lamenta il milite
Cadon come neve
In gennaio
Ma non si resta ,
L 'orribil assalto.
La polvere, la romba
Che assordo' rese ceco
E spavaldo !
Figli del secol nuovo
quando l 'uom si credeva
Più saldo ,
La vita era bella
Pria che l 'aquila
Perdesse le penne .
Tomba silente, tomba
Tra fossi e pianto ,
Fumo ,terrore
Or sei la madre
Del disperato branco .
Corpi laceri
In quelle trincee ,
Terra di nessuno
Eppur la luna,
rischiara il ciel
Profondo ,sempre
Più Nero.
Quanti sguardi
Prima di lasciar
Quell faticato fango ,
Tutto tace
Pochi torneran
In quel misero
Stagno .
Piangeran le madri
Saran curvati
I padri !
ADDIO Sogni
Spensierati
Han bevuto la gioventù
Il Moschetto
Il vissillo ,
La patria dei folli !
E le distese immense di
Terra ove dormiamo .
Terra bagnata
Sale l 'odor della terra bagnata
Quando l' autunno fa marcir
le foglie con quel malinconico
Profumo .
Alla terra tutti giungerem un
Giorno ,quando il fato vuol
Che la miserrima carne
Riposi tra i silenti giardini.
E di lungi un bianco marmo
Già attende e muto sta.
Terra, amor e dolor per l'uomo
Che s accapriccia quando
Il seme nasce e muore .
Negra madre un po matrigna
Che tanto burla
I figli suoi !
Nera sotto il sol d Africa
S 'arrossa
E non conosce fresca vena
Distese immense d 'ogni odorosa
Pianta che da Gea riceve
frutto e vita !
Terra con fiumi e torrenti ,
E il fango genera melma .
Van i pensier
Alla terra ove nasciamo !
M' incanta
Quella terra bagnata dalle
Leggere piogge primaverili
Ed è un trionfo di color
le foglie matide d 'acqua
Di poi i bei germogli
S' apro ai tiepidi raggi,
Le zolle indurite, riarse,
Son generose
Alla nuova spiga
Al sudore si piega il contadin .
Un' eco s'ode nella memoria ,
Ella attende!
Non più ti scalda il sol
O padre mio ne ti stringo
Ancor ,sei nella terra nera ,
Fredda ,non sei al mio fianco amor.
Giorno d autunno
E' gaio,giocondo il di
autunnale
Quando il sol
intiepidisce le
giornate
E ancor si corre nei
prati
Tra l 'erba ormai più
spenta !
Lievi venti ,altri
aromi si librano
Nell aere ,Sovente con
odor di
Pioggerellina.
Tra i color più opachi
del rosso e giallo
Fogliame si perde ogni
pensier
In una stagion che un
po
Di noia reca.
Timidi gattini si
tuffano tra i rami
Spogli ,un po
silenziosi .
Sta il Rondinello all
'erta
Per unirsi a enormi
stormi
Per la nuova terra .
Ma la luce morbida che
filtra
Dalle finestre , tra
gli alberi
Tanto ammalia
Orizzonti lontani
Dal soffuso ciel
Han altra vita
Le ore più corte
Il silenzio del
meriggio
Mi porta via con sé
In questo sopir
Il semplice
voi che ormai avete
dimenticato
Il primo vivere quell
innocenza
Che mi accompagna non
guardate
Come colui che si lagna
,ma a voi
Che negate il giusto
amor!
Io che vedo il mondo
Come fanciullino,
Non odio,non intrigo
Non bevo nel calice
della
GUERRA mai Scaglierei
pietra
Contro il mio fratel!
Son leggere le stagioni
del mio
Cor ,m 'addolcisce un
piccolo
Bombo variopinto in
maggio
Una ventata di
primavera
Rinfranca il mio di.
Un bocciol che viene a
Nova vita
Incuriosisce e ammalia.
Nel mondo mio
Senza pena, tempo
Viene e va non
incupisce
Il petto sempre arde il
foco
Di un patto sacro con
la
Fanciullezza!
Dolce ,fragile uomo
Come vorrei un po
Del tuo spirito
Io che rimpiango l 'eta
Perduta verrei con te
in
Sentieri leggeri ,soavi
Per ritrovar me
fanciullo!
Non aver disio d'
entrar in
Questo mondo
Ormai grigio
Senza più sogni
Sempre più amaro!
Cosa pungola questa
gente ?
Arrivar più in alto ove
il piè
Duole .
Mentovate babele
Li porta l 'ardir dell'
uomo.
Chi ha più pena
Per un cucciol
intimorito?
Chi al ciglio
D'una strada vede il
derelitto ?
Ma tu figlio puro fra
questi
Folli hai la chiave
della vita !
Vita vissuta in eterna
grazia
Con il sentir della
natura
Col tempo che non
opprime a morte
E vecchia!
Allor vieni con me
sediamo,
Lasciamo ai loro
affanni
Gli arroganti
Vediamo all infinito
questi
Tramonti queste
primavere ,
E i candidi inverni.
Ed io con gli occhi
tuoi
Pur da semplice ,miro !
Nel giorno del compleanno della
sorella cinzia
Allor che il quarantesimo anno,
tosto giunse alla tua soglia
tu l'accogli ,come colei che
la sua vita infiora,e
non vede sfiorir la santa fiamma
della grazia.
A te gli anni migliori
i dolci baci dei figliol
speranza tua quando un di'
saran piu' fredde le sere.
Fummo fanciulletti felici
al suon della gaiezza
non v era un vel di tristezza
quando correvam in quel giardin
sotto l ombra degli alti pini
la voce del padre e della madre
risonavan gentili.
Ne il disio ci lasciava di lasciar quello
spazio tra grilli e rose,
finche non moriva il giorno.
Quanti fiati,e corse nelle estati
che vivemmo in villa,
focolare per noi ,antica famiglia.
Or che luglio prende il passo e s'ammonta a festa,il tuo petto
sussurro 'quaranta volte allo sgranar degli anni,
rammenta quanti sogni ,spendesti tra i
primi amori,i primi rossor che la giovinezza chiede.
Come un dolce canto i ricordi si legano,s 'abbrcciano
come una nota segue l'altra
e al cor un canto ,un rimpianto.
Piangemmo un tempo l'amato padre
che riposa nel ricordo,
l 'amor cancello un poco lo sconforto
lui salito nel regno di colui che i pianeti move
guarda dalle stelle fisse a te oh sorella
che or ti mostri doonna,madre ,sposa
ai suoi antichi e vivi occhi sei la sua gioia
Sovente lingua non dice
quel che il petto ditta
per timor quinci indugia
ma sempre pulsa
si riempie d'amor
per la propria carne.
Io che non dissi mai molto
teste son le ali del vento
che cullano i pensier,
mai fui da te volto
tu che sei seconda guida
in questa incerta vita,
tu certo porto ove rifuggiar se
ostili passi mi assillan,
ed io ad amor m'abbandono
Voi parole che sembrate vuote
seguite chi vi crea,io vi ammaestro
affinché voliate veloci da lei,
per me baciate e ponete certo appiglio
a gran voce cantate che questo giorno,
è solo l'inizio
Nefilim.
A voi settanta che
assetati di gloria
alsaste il capo contro
colui che le
Galassie crea,perdeste
le bianche
ali,generaste tra cielo
e terra,
Seguiste chi al par del
fattore voleva il
comando,or piangete
L alto inganno.
Nei cieli azzurri,nei
limpidi orizzonti
,liberta 'vi mosse
Ma per la fame che
prende chi tutto vole,
Or scendete nell infido
castello di fiamme
cinto
E per dolor che lo
piega or avete la
regia.
Caducita' delle cose
,come sei aspra
Che non poni freno al
tuo disegno
Amari lamenti,e rimorso
eterno,il vostro cibo
Il disprezzo del mondo
la vostra sera.
Tutto perisce
,nell'ombra dei secoli
Dei millenni,che si
inseguono
Come un gioco fra
cuccioli.
Perisce la vita e
disfiora la belta'
Che ride nel volto del
verginello
Decadon i regnanti
,investiti dal manto
divino
E credon d'esser fuori
dalla fine.
Le stelle eterne
luminose e chiare
Sentiranno un di' il
tristo ricordo
Che tutto e'labile
Nulla e'eterno,se non
il pensier che
Le pose in culla.
Perisci anche tu ,O
patria mia!
Suolo adorato della mia
stirpe
Asilo dei miei
antenati.
Or ti rode il calcagno
Quella gente vile che
per
Odio e invidia
Vorrebber la seconda
rovina
Ti dilaniano indegni
Color che nel tuo
ventre pasteggian
Vedi,come navighi in
fredde acque
Tu che fosti padrona
del saper
Tu che Roma la madre
La luce dell'umanita'!
Ah breve vita
Che ci lasci per piu
tristi attimi
Quanto contiamo in
questo turbinio eterno?
Attimi,o quanto una
goccia dio rugida in un
Pallido mattino di
maggio?
Siamo come tappeti di
foglie
In autunno,basta una
pioggia per marcir in
poco!
Anche tu padre mio hai
sentito
Il venir meno della
carne,
Il vento esser troppo
forte,
La morte reclamar la
sua preda.
Gli angeli ribelli,
Non patiranno la fine
del tempo
Pur se condannati
all'eterna ombra.
Ma noi che siamo come
polver del deserto
Temiamo la fiune dei
giorni,
Sperando in cor di
riabbracciar la sera
L'istrione
Dormi istrione ,e' calato il sipario sulla tua vita ,istrione!
Gli scherzi e i burleschi hai lasciato a memoria in questa tua
venuta
Non periranno come la carne nel tristo avello!
Quanti sorrisi hai strappato per far risorgere uno spirito
affranto già preda
Della misera pena
I buffi passi e l inceder grottesco
Beffeeggiar te stesso questo ti ha reso
Più umano ,solo un uomo che vede il
Mondo come quotidiana sfida Allor si vince or si scende la
china ma sempre
Pronto a risalir la vetta !
Cosa è la vita se non un grande teatro
Dell uomo per l uomo ,un gioco, un attimo dell 'eterno scorrer
del tempo ?
Siam tante maschere in un mondo che
Sovente preme vuol scavar nel fondo
Ma tu dal volto disvelato hai affrontato
Da maestro e giocato da saggio la tua partita hai vinto e
avuto il plauso l onor
Che la morte non resta .
Adesso la tua commedia si ammuta
Il corpo troppo stanco non sustiene
Il ruggir dell anima
E Quinci cone legno dal mar gettato e franto a riva
Tu ti sei abbandonato all soffio che ogni uom che respira
tosto abbandona
Lode a te figlio del dolce vivere
Sei stato l abile burattinaio
In questa scommessa che è terrena
Or riposa non calerà mai la memoria su te
Istrione!
Il paradiso
Allor che sono' l
eterna ora
L'alma raggiante lascia
la sua spoglia
Mortal ,non pena la
prende
Ma guarda il primo
corpo piegato
Dall' amara morte che
per niun ha risparmio !
Quinci si veste di luce
,e guarda gioconda
Al pensier supremo che
a lui tutto conduce!
Ah quanta grazia negli
occhi lor che han
lasciato
Questo soglio i crucci
e pensier che ogni
giorno governa
Sei dunque tanto duro
Angel nero che ci
traghetti
Alla porta senza
ritorno ?
E sol il pago che devi
mortal per lasciar
questo sentiero !
Fiumi d'amor che tutto
avvolge dal principio
Della nuova vita per l
eterno!
E l'amor puro Santo e
Benedetto che germoglia
Come seme per nascer
nel legger petto!
Chiare giornate ove non
più tramonta notte
Li l' infinito regna e
protegge
Gli spiriti eletti che
già han salito nella
luna
Il primo passo .
Pregano e sperano di
calcar I cieli
Per giunger al primo
respiro dell universo
La gloria del perdono
del Santo nome
Per le bocche dei beati
già risuona
Fissi nel signore
!quella purissima
Fiamma che Penetra i
pensieri
Conosce di ciascun i
giorni sani e amari
Ma già tutto e lontano
or si Bean della gioia
Che mai fu così piena
,e vera
I cerchi del regno
celeste
Accolgon le varie
classi degli
Spiriti li giudica e li
divide
Per vari gradi di
purezza
Stanno i santi nel
primo mobile
Accanto al padre e il
figlio
Quel giudeo che dide il
sangue in terra
Eletta per la speranza
senza fine.
Il legno inumano ha
fatto della carne
Strazio ma in lui il
patto solenne
Di rinascer nel suo
regno
Oltre il tempo e lo
spazio
Il suo vigore lavo il
male del mondo
Con una grazia che Mai
vide
La piccola razza.
Siedon i santi e i
martiri
Che con il sacrificio
final onoraron
Il bel figliol
Or si giungan e cingon
il padre e il
L 'eletto spirito ,L
alta classe celeste
A giudicar chi ancor
preme e geme tra I
legacci
Terreni
Un canto idlliaco che
supera l 'umana
sapienza
Dilaga e copre gli
animi santi come pelle
di luce
Fulgida chiarezza di
abbacinante bellezza
Che spalanca le porte
di grazia
Riflette nei lor occhi
come specchi
L 'amor che è dono di
lui !
Al par delle stelle
inondano E rischiaran
L infinito !
In quei mari di
allampante eleganza
Nuotan in una liquida
luminanza
Ogni anima che guido'
la sua vita
Al passo di danza e
ubbidienza
Giocan cantan in quel
luminar
Che ha in se la polvere
di stelle
Pioggia ricade
luminescente
E in quell affocar di
lucido
Fulgore I volti dei
cari
Che lasciammo
lacrimando sul marmo !
Li infinite colline che
potevan
Rallegrar l'occhio
Campi di fiori e acqua
purissima
Ove naufragar nel
piacere
Nessun giorno umano e
'al pari d un secondo
Con voi che già avete
scoperto il vero!
Nel volto pietoso della
Vergine
Il riposo ,tu madre fra
le madri
Che attendi all ultimo
passo chi a te
Chiede asilo .
Non più chiasso non più
lagnar
Non più pena che
appesantisce
Ma solo l ' armonia
nell amore e nella luce
Che chiude il confine
Purgatorio
All anime purganti che
furon in parte fallaci
e arroganti che dell
umano han ancor intatto
il pensier io in versi
a voi mi verto
Fuggite dalla fucina
ardente che miete come
il grano dal campo si
senton salve han già
abbracciato la salda
riva e mai vorrebbero
tornar nel gorgo di
incerta
Fatica.
Solinghe a viso basso
rammentan i focosi
giorni d una vita non
sempre retta
E stretta dal desiderio
aversa all insegnamento
Come un affamato che
agogna il pane ma vuol
pur vesti calde e lusso
voi foste combattute da
due verbi
Sontuosa veste o carità
a chi la chiese ?
Quando vedeste in terra
il derelitto pietà vi
colse o un beffardo
sorriso certe d aver un
allegro focolare ?
Quanto dolore avete
dato padri figli mogli
Or tutto uno nel branco
nel silenzio , un lungo
letargo !
Sonno della coscienza
che fiacca e rende
lassi che ottunde il
ben dell intelletto
E ci meni nel deserto
dei morti sensi
Lontani dalla fonte del
bello e del vero
Vedete or voi anime in
bilico tra i due mondi
Il vostro peccato l
occasion della vita
sprecato per giungere
ai santi cancelli
Dovete lesinar chieder
un amen e Attender ceri
,sollievo dei viventi
Che il vostro nome
risuoni sugli altari
In nomine domini!
Ah cattivi anni vissuti
nel disagio
A digrignar chi vi
porse mano
Calpestar patti santi
ma in Ver
Vi fu dolce andar
contro comando
Sul viso un velo che
copriva la luce
Del bel sentiero
Preferitsti digiunar
che pranzare con chi ti
Apri il cor
Or benedici quel pane
vorresti
Un certo posto da
commensale
Ma son i giochi ormai
finiti e tu pellegrino
Vai per il tuo cammino
a passo lento e
riflettendo
Sul giorno che fu' indi
non si torna indietro
un tramonto che non
vede l alba
Un dolor che vi pungola
a cercar rimedio
Del malfatto questa la
vostra pena
Finché non sia pura
i bei vermigli fior i
ruscelletti
Timidi e allegri
l'aroma dei germogli
vedrete ancor ma prima
pigerete il calcagno
tra fango e roccia !
Vi dà la somma somma
speranza
la certa grazia che vi
attende
Dopo aver pagato lo
scotto del vostro
Debito
Non pianti e lamenti
come nel fatal asilo
Ma in coro mormoran
gloria al padre e santa
fede
Orsu 'Cingi la vita di
docile giunco
Sii come lei piegati ai
voler
Pia e monda salirai
La scala per l eterna
gioia
Inferno
Guardando al basso
regno
Loco di colui che fece
il gran dispetto
Sta e rugge per la pena
che gli fu inferto
Nel gran pozzo Stan
l'anime smarrite
Che in fino all ultimo
respiro negaron la luce
Or s 'capiglian e fan
l'un con l altro
schermo
Al foco che divora ma
non consuma l' infermo
Alti pianti e gran
lamenti nel regno senza
tempo
Ante creato prima del
nostro ingresso nel
mondo .
Aduna a se la sua Corte
dell' infero governo
Il gran re che dell'
umana sorte ha spregio
Tutto l'universo ha in
suo segreto di giocar
in sorte
E porre nel suo grembo
Volti sconvolti senza
più umano segno
Foste un di voi il
marcio della madre
terra
Chi fe per voi l'
ingaggio?
Or espiate la giusta
pena
Non vi lagnate di
questa catena voi la
forgiaste anello
Per anello !
Vengono alla riva
maledetta del Lago
flegetonte
Come naufraghi dopo
grande pena
Cercan di riguadagnar
la terra
Ma l 'onde che per voi
non han alcuna pieta
Vi rigettano nel gorgo
La speranza e vana e
fioca
Così ricomincia l
'amara giostra
Ogni di per l '
eterna sera
Batte i pugni sul
putrido fondo
Urla e bestemmia e
ancor gli rugge
L' amara sconfitta ,
Quando Also 'a testa
bella e fiera
Contro colui che gli
diede
Le bianche Ali .
Cacciato e maledetto
dal giardino eletto
Rabbia lo rode brama
vendetta
E con lui tutti coloro
di mal' anima
Adesso vorreber lasciar
la spelonca nera
Il fumo li attosca co
ne li confuse
Nella prima vita a
cercar peccato e non la
giusta via
Tu seme della discordia
dei mali in vita
Sei giudice e seduttore
Dottore che conduci
all' ingiusta via
Dannati e lontani nella
memoria
Persi per sempre dall
'infinita gloria
Rimpiangono in eterno
il giorno
Che voltaron le spalle
al gran architetto
Pensosa anima quanta
malinconia ti porti
Retro ora che il
cancello e chiuso
Sogni le praterie i
fiumi e il chiarissimo
giorno
Ricordi quando eri
fanciulletto
Puro nato come le
creature nel dolce
segno
E or navighi e affoghi
nel foco e rimorso.
Attenti voi che ancor
respirate nel regno
Terreno !
Sempre pronto e 'quell
antico Angel caduto
A tentar !
Ma voi come querce che
sfidano il vento
Fermi restate !
Le due serpi
In un giardino ove la
primavera rinverdiva
Il rinato orto e
lancerte fuggitive
trovavan riparo sotto
sassi o cavi alberi tra
i cespugli odorosi mi
si pararon a fermare il
passo due serpi
minacciose e orrende
Che l occhio non
sopportava tal
turpitudine
Strisciando e sibilando
avanzavano con loro
grottesco incedere
Qual orror nel mirare
che quelle bestie avean
sprazzo umano
Un avrebbe generato per
sua natura identica
creatura l altra il
ventre per contatto si
sarebbe incinsa dell
mala creanza
Fui più volte tentato
di lasciar quello
strazio
Fuori matura e
oltraggio
ma con mano ferma presi
Un legno con furore
difesi il mio
Calcagno dal veleno
maledetto
E sudicio sguardo
Madre Gea a te vengo
supplice e basso
Caccia via allontanale
dal mio cor
Dal sentiero si che e
solo un guasto parto
Di due si fece tre per
poi una sola venne
Con Gradasso
Ma io che non ero lasso
Brandi il legno
E ne Fracassi il cranio
Sì che cadde senza vita
Fece del suo sangue
lago
Ritornai più leggero e
senz 'affanno
Sulla strada del sol
nascente
Beato tra il mar e le
stelle
Vecchio piano
Un vecchio piano
coverto di polvere
Giaceva in una soffitta
ormai mangiato
Dal tempo e da fil di
setose ragnatele.
I suoi tasti muti le
sue corde rigide
Sembrava morir di lenta
agonia.
Ma orsu destati dal tuo
torpore
Ove sono gli anni
ruggenti dells tua
gloria?
Quante note avrai
vibrato
Tra tormento ed estasi
Quanti a quel piano
pieni di passione
Con te creavano ,e
soffrivano!
Quante notti al piano
sotto tenue luce
Tra mille pensieri il
pianista con te
Sfiorava l altissime
del sublime
Malinconiche o vispe
D amore o di pianto
Sempre quelle nenie
toccavano il cor
Nelle uggiose giornate
d ottobre
Quando la pioggia cade
lenta e pigra
Al ticchettio sui vetri
alternavan
Musiche ,sentimenti !
Una fanciulla col
condor della sua vita
Canticchiava quei
motivetti che dal
Basso saliva !
Rammenti? I concerti il
clamor del plauso che
sale ,sale a voi
rendeva omaggio
Ed era come un tuono
che squarciava il
silenzio dopo ogni
canto .
Veloci volavan le dita
sugli avorei tasti
Un turbinio di note ed
emozioni che nascevano
come acqua per dilagare
nei torrenti dell anima
!
Ora tutto tace .
Ove sei pianista
compagno ,
Dell eburneo strumento
Attore e regista di
tanto godimento ?
L 'uomo crea il tempo
serba
Come piccoli frammenti
siamo in questo
Mondo sovente lasciamo
il segno
Un eco di ciò che
fummo!
La cantina impietosa
macera il legno
Il ventre che tonava
tutte le sere
Ora rifugio di un
topolino
Le corde rugginose son
vene senza più
Sangue !
E tu pianista sei stato
un sasso
Che ha increspato lo
stagno della vita
Ma già l onde sono
tornate alla riva
In un attimo e il velo
torna cheto! Leggeri
come i fori di pesco in
primavera siam
corpuscoli al mite
vento.
Tutto è muto dormi tra
la malinconia del
passato ed un presente
che ti ha dimenticato
tutto diventa ombra
E vano
Francesco
Tra campi in fior e
terra generosa
Sì sposa Assisi su uno
speron di roccia,
Al riparo del subasio
monte,un dolce vento
che spirando pose il
germoglio
Dell amor!
Di Bernardone figlio
umano ,
Già avea in se lo
spirito immacolato
Quinci tra soffici sete
spezie d'oriente
Carezzato visse il
primo tempo
Pria d'esser chiamato
all 'alto ingaggio
Pose corazza lancia e
spada sognando
Battaglie campali
vittoria di rosso
sangue
Della cavalleria l'
ideale
Del Bon cor giovinetto
come suoi pari
Appezzava la Gaia vita
Quanti pianti l Umbria
! i suoi figli
Sempre in ira per ogni
città vicina
Ma quando dal sonno si
desto '
Rifiuto 'il caldo cibo
L' oro zecchino un
sicuro letto di piume ,
Frizzante vino .
La parola di colui che
nei secoli non more
Fecesi di novo carne
più umile
Di chi di fame si
dibatte.
Ah come feriscono or le
mani i
Rovi come si laceran i
piè
Tra zollose strade
Alla porziuncola il
novello rinascere
Oltre i vizi del mondo
Tu re dei derelitti
,ultimi e dimentichi!
Pioggia lenta ,fredda
,nemica
Non fermi la fatica
Non fiacchi la salita
Ne il vento spegne il
foco
Che vi pungola il
petto.
Ma fratello santo
Una la pena
Il gregge eletto s'e'
fatto
Cupo e' perverso
Nella Roma dei
pontefici
Serpeggia ingordigia
Gettano ai cani
Povertà ,castità
Per i beni temporali.
Gregorio all 'altar di
cristo
S 'aggrappo al
crocefisso
In lui con gli occhi
fisso
Riconobbe chi dal fosso
Rialso ' il nome di
Pietro .
Nella luce dell immenso
Cammini uomo riconverso
Al primo amore
Santo tra i santi
Guida all 'altissimo
Noi poveri sterpi
Che bruciam
Di peccato
Al vento mondano
Dedica al santo di
Assisi
A
ricordo di zia Maria
Nata nel borgo all
ombra degli ernici
monti,spendesti i
giovanil giorni,
quell’ameno luogo di
tuo conforto,fu un di
ante che noi fossimo
fatti,scudo a roma
conquistatrice!
Quante corse per le
viuzze antiche nel
tempo tuo beato
Allo spirar di venti e
ai profumi della
primavera,
tra vetusti palazzi e i
primi amori di
giovinetta,
miravi sempre con ardor
a novi sogni.
Ma or tutto si
resta,non echeggia piu
La tua voce,le strade
le fontane un ricordo.
Era il primo vagito di
febbraio,il sol con suo
passo entrava
In acquario,il sonno
che non desta ti
strappo’
Con feroce pasto
all’amor nostro,ai tuoi
offici,
a chi con te divideva i
meriggi.
Attonito al nunzio sto
del triste inganno
Carne delle mia
carne,perche ti
abbandonasti
Al rio fato?
Vennero al tuo
cospetto,l’amati figli
E parenti lugenti,mesti
penitenti
Resi,abbattuti al passo
della nera signora
Che niun dimentica
pronta a ogni ora!
Il tuo volto non avea
piu il sorriso che
Conobbi,ma livida
silente
Le chiome sparse sul
cuscino
Le membra turgide e
alcun sospiro.
Li mi sovvenne i giorni
di nostra vita,
feste
spensierate,giornate al
mare
carni cotte su ardente
brace
discorsi persi nel
ricordo.
Amatissima nostra
parte,
sei nel sentiero di
color che
abbracciano la luce,
al giudizio dell’essere
supremo
che a noi ti diede e
ora richiamato
al suo petto.
Non si more in
eterno,vivendo
Nel cor l’alma santa ha
gia mutato
Libera nel giardino
senza tempo.
Ti vidi porre nella
negra terra,
ancor i monti ti fanno
schermo
la fontana ove tu
giocavi
sgorghera’ ancor!
Ti culla il paesello
Rifugio per te!
Mira l’orizzonte,
e l’alte mura che
mangiano l’infinito
corrado cioci
ricordando zia maria
L'amor
maschile
Cosa temi uomo dal volto torvo?
Temi malanno che infetti le tue membra
Il sangue o la mente ?
No.nessum morbo reco placa cotal rabbia!
E' solo amor quel che mi spinge a dar baci e abbracci a sospirar
la notte se il letto langue !
Alieno impeto dell uomo virile che cerca la servil donna con tutta
passion la tiene
Nulla turba ,ma se ad occhieggiar son
Due fanciulli di mascolina natura rode e rugge la gente pura.
Eros dall arco d'oro tira frecce in cor gentili ove il foco divora
per quel sentimento che nasce e germoglia !
Come il contadin mette a dimora i semi nei conosciuti solchi e li
fan radici sovente il vento ne disperde per strade straniere eppur
li novella pianta!
Così nei lor cuori nasce un amor nuovo ma pur sempre dallo stesso
seme
Quanti abbracci negati dolci sorrisi
Stroncati per timor e vergogna
Ma quando il gentil morbo tracima i cuor ben dura e piegar la
voglia di tener la mano sfiorar la chioma!
Insulti e alti castighi in questo mondo
O tenerelli !
SIETE fragili navi in mare tormentato da infidi venti che vorran
nascondervi nei gorghi per paura e noia
Cavalcate l onda oltre troverete
più calme acque ove si dirigono l alme candide che il fiume della
luce le mena.
Amor ,amor e ancora infinito amor che governi l universo illumini
ogni cuor d'immenso chi inver lo credea perverso
Nessuna risposta
Ove andrano le gocce di rugiada che fuggon al
Primo mattino ,sotto foglie verdi al destar d’elios?
Chi mai narrera’ delle onde che montano e schiumano per morir
Sienziose su desolate piagge?
Riuscira’ mai un coraggioso aquilotto a spiccar
Il primo volo nel vento,nel profondo azzurro?
Un fium iciattolo,tra vallate e ciottoli s’unira’
Alla grande sorgente che tutte le acque comanda?
Chi sa inver se la voce dell’uomo
Giungera’ tra gli astri piu lucenti eppur lontani?
Un fanciullo viene a nova vita,mangera’ sabbia e dolor
O vincera’ per rialzar il capo come colui che si salva dal
Pelago e tocca riva?
Del dolor d’ogni petto dei sospiri e dei pianti
Chi li ascoltera?
Una donna che si batte e si dispera,e stringe
Il suo figliol che ormai la vita lascia,chi
Calmera’ il suo strazio?
Chi sa se alla prima morte ,si rivede il ciel
E mai piu la sera?
Solo il tempo,e ogni quesito cade ,sordo rimane.
A Lidia
Il rosso tramonto
allungava le sue lingue
di fuoco
Nel ciel fosco,seguiva
un’assolato giorno,
e in quello vidi il
volversi della vita.
Ad acilia,,che di lungi
vede la costa,
e ad ostia si sposa
,venni quel di’ da te.
Rividi la donna di un
tempo,ma
Il mal che t’attanaglia
rese lo sguardo piu
spento
E muto era il tuo
verbo!
Rimasi attonito al tuo
letto ,nel veder
La fragil figura,li
,cruda e ferita dagli
anni.
Che cosa è dunque
l’umana vita?
E’ degna d’esser
vissuta se poi
giungiamo a tal fatica?
Cosa sei tu povero
corpo di fronte all’eternita’
assoluta?
Ah natura,che ci culli
,la nostra carne è ben
povera cosa
Per i tuoi costumi ,che
macini i millenni!
Mi sovviene il ricordo
di te ,
della dolce eta’,quando
servivi nella mia
magione.
Il suon leggero della
tua voce
Il frinir dei grilli,
e mi rimbrottavi se
sudato mi stendevo al
soffio di maggio.
Rivedo mio padre,i
nostri giochi da
fanciulli ,
quelle giornate che
perse
ritrovo in te ,quei
fuggitivi momenti
di infinito amore.
Or è giunto il tuo
ultimo atto
Di questo lungo teatro
umano,
esci con orgoglio,non
feristi,non hai fatto
peccato!
L’alma che or si
contrae e cerca spazio,
perche’ è offesa dai
legacci terreni,
si libera e riprende il
suo viaggio,
nell’infinito oltre il
tempo.
Quando pia andrai
pellegrina
Nella dimora
eletta,siederai su
candidi seggi e
rimirerai.
La bianca donna che
tanto il cor t’accese
T’accolga nel suo
manto,or ti conforta,
come madre ritrova
novella figlia.
Lei che i destin
governa
Non la turba il nostro
fallar,
Indi,se saran benigni i
suoi sorrisi
S’aran aperte le sante
porte,
allestirem il nostro
convivio
e non calera’ mai piu
la sera.
La scelta di costantino
Imperatore ,oh mio imperator
Quando su ponte milvio ti schierasti
Per la bianca croce qual disio avevi in petto?
Credevi che la nova gente avrebbe reso il mondo un luogo
Eletto,lontano dall’inganno,e dal ferro?
Vento,se avessi alzato un muro,le frecce
Vocate sante sarebbero state disperse e dar quinci vigore
Al pagano passo del massenzio vittorioso
Giove e giunone al suo polso!
Ma il novo tempo bussava alla porta del
Cambiamento!
Glorioso impero ormai morente,hai datto l’ultimo guizzo
D’onor come la fiera che infino all’ultimo non si piega.
Trono di cesare e d’ottaviano legislator
Culla di cicero e d’alti filosofi dal verbo greco
Or ti lassi e mostri il ventre al dente fino!
No costantin placa la tua foga e l’entusiamo si
Accompagni alla ragione usa il saggio
Motto e ingegno che del bianco pontefice
Non saran rose ma piu fieno!
Pensi che la lor fede non sia oscura come
La notte nasconde la luna?
Eppur intrighi saran lor comando del gregge muto
Si,ma dal lupo si faran oltre lo sguardo.
Pietas romana dei costumi antichi ove siete or
Che roma ha i suoi fianchi feriti?
La citta’ eterna diede nelle mani del novo
Sacerdote,e apri’ le porte per la sua schiera.
Non piu soggiacer sotto cupi nascondigli
Al lume di candela,al pianto e terrore della era,ma or
Diurno canto fan per le vie e non temon oltraggio!
Guarda figlio d’elena come si è fatta marcia
Quella razza,che tu elegesti pura.
Mira come han piegate le genti con fiamme al
Credo e non con mano e bacio
Han ucciso il respiro di color che s’alzavan a ostacolo
Sputavano se un si allontanava dal verbo.
Grida la terra dei misfatti della plebe conversa
Sanguinano le ferite di quelli che periron
Per mano vostra.
Venduta e poi malata quella spe’
Della bianca croce,fe piu malati che sani!
Or combusta e infangata quella promessa
Anche il dio che apri le acque ,che diede il figlio
Sulla croce di giudea ,vede come è misera
La sua discendenza.
Risogi,dunque,non mostrar ingordigia di vini
Pani profumati vesti d’oro,sonante moneta,
ma vai pellegrino per terre lontane
povero,senza calzari a rinnovar
la vera essenza della prima vita.
Vecchio soldo
Vecchio soldo,antico e sporco
Dimenticato,dalla rugine logorato,
eppur malinconiche storie
in lui racchiuse di lontano passato.
Percorresti ,un tempo anche tu,
in sarculi colmi d’oro ,
su dorsi laceri,passi lenti di cammelli
la mitica via della seta?
Quel fiumed’avventure di uomini
Sangue ,guerre,tra le sponde d’oriente e occidente!
Scoribande di saraceni
La sabbia si macchio’ dell’odio delle due fedi!
La verita’ non ha volto,scellerata la vanita’
Dell’uomo!
Comprasti,dimmi vecchia moneta
La liberta’ che or il ceppo serra?
Al banco ove il padrone il servo piega
Il grido del non uomo simile all’uomo echeggia,
ma un sul piano dell’eletto,
l’altro al pianto del suo primo sospiro.
Or vede il suo pie’ piagato dal ferro del tuo potere.
Fosti un di’ pegno d’amor dei primi amanti
Focosi nel petto,trepidanti delle lor carni,
che gia’ sognavan infinite notti tra abbracci e cuscini!
Ah quante storie vecchio e consunto peculio!
Eppur tutto è lontano.
Chi ti lodo’ chi ti strinse ,dopo tanto pianto in te fidando
Di giorno piu gaio!
Amato compagno del soldato di ventura,
senza patria o patto santo
al son del tuo compenso,fecer
guerra,tradimento e inganno.
Quanto fuoco nel villaggio terra desolata,
ove regna il brigantaggio,soldo tu amara preda!
Delizia e rovina dei potenti
Dolente affanno per i miserrimi,
lesinar un quattrino per un pane insipido.
Or sei qui,tra terra ,fango,acqua ,
vento che cancella i ricordi
e l’onda dei secoli che divora l’umana gente.
A mia madre
Gli angeli del ciel che
Vivon tra le stelle
eterne,luminose e belle
Desiderio di colui che
le galassie move
Guardan le creature.
Inferme!
Un a me si volse
lascio' il,piumato
manto
Discese dall astral
paese
Mi tenne in,grembo
Per amor che l,universo
inbeve!
Da quando uscii dal
sicuro ventre
Io fissai glli occhi
suoi e per
Me s 'apri il,mondo che
ognun attende!
Le tenebre del non
essere si dipanaron
Allor mi,illuminai del
sol nascente!
Pargol giacoai piansi
al caro petto
Da cui vita ebbi oh,mio
sicur governo!
Mossi i primi,passi
fanciulletto
Sempre incerto. Siamo
fragili cone canne al
vento e li c era il,mio
primo appiglio
Lei che mi cullava la
sera,m'addormentava
Al suon della sua voce
Ero un re il suo canto
oro per il miorecchio!
Gli anni volaron dolci
come farfalle sfioran
un prato
Fui passerotto che
stanco del nido cercavo
il primo salto ma
sempre brama l,uccellin,il
forte piumaggio.
Naviga sicura la
navicella sul placido
Mar il roccioso scoglio
dimentica se il
Nocchier ben il timon
dirigge
Alto,pianto incede se
vuol sfidar questa
estensione senza
padrone
Allor la roccia
rammenta si lagna del
suo languore
Cosi io tu mi,guidi m
ammaestri sulle vie
Doimini l insana
passione!
Quando un,cruccio
mi,prende
Non,ve parol tra noi
Doni quel seren che il
cor attende ed e subito
giorno!
Or ti vedo in queste
carni che il tempo
Piega,
Eppur nulla muta nella
tua essenza
Risento quel
fremito,mai placato
dall,innocenza
Ti riconosco angel,mio
Primo amor che ebbi e
che ancor,m allena
Sei la carissima madre
Mio scudo .ti porto
sempre
Nella mente ,nel petto
Noi,non ci perderemo
come semi nel
Vento sempre figlio. Tu
genitrice in eterno
Il pagliaccio
Ridi e poi gioca che la vita e breve
E il giorno insicuro
Si copre il viso di cera rosso,il naso
Strano il suo vestiario ,la chioma gonfia
Ha i color del cielo dopo un fortunale
Canta note stonate deride se stesso
E il suo andare
Si picchia ,si rotola tutti gridan a gran voce il fanciullo cerca le sue
burlesche storie!
Tra motti ,filastrocche ti solleva il cor
Ricordi gli anni da pargoletto ma or
Ridi ancora come un tempo
Tu pagliaccio che pari sempre gaio nascondi in vero un vel di tristezza
Che si nasconde in quella faccia finta
Tra trucco e parruca!
Tu piangi dentro povero buffon del nostro
Evo!
Che ti tormrnta?lA VITA CHE NON, promette quell che deve?
Quando la giostra chiude il suo velo
Sen va il poverello
Si sveste del suo fardelll torna uomo
Vero!
Ha donato ore liete a chi era affranto
Si resta del capriccioso pianto il monello
Dimentica. E va via felice chi della giornata era stanco
Notte silente tutti taccion
Tornera per la mattina il pagliaccio
Col suo. Bagaglio,umano
La facil donna
In,una strada buia
Solo la tenue luce d un fuoco mosso
Al vento,fendeva la muta via
Sedeva la donna,di vestiti succinti
Co suoi pensier e crucci
Gli occhi fissi al gaio ceppo
Attende un furtivo amor
Un tiepido abbrccio senza cor
Che nella notte la plachi del suo dolore
femmina che hai perduto l'onesto
E pur lo fai il mestier per diletto
Or fuggi da un,letto or cerchi l'uom
Perfetto
Un poco la pena solleva dal petto
La spe la prende che dorma braccio
A braccio nel sicuro focolare
Ah fanciulletta d un tempo come delude
La vita per colpa o difetto!
Rada promette quel che si vuol crescendo
Ma tu o figlia taglia la catena
Recidi la radice del triste gioco
Torna fiore del primo amore
Bianco oleandro
Io ricordo Quand'ero fanciullo
Un bianco oleandro nel giardino della
Perduta villa ond' io nei Meriggi estivi
correvo spensierato
Sento ancora quell acre dolce aroma dei suoi fiori e il sole faceva
brillar le sottile corolle!
Era il tempo beato quando le giornate e erano inondate di luce ove io
Mi perdevo tra fanciulleschi sogni
Vedevo di lontano il tremolar del mare
Il brontolio delle acque fra i rocciosi anfratti !
La sera il bianco oleandro ancor tutto
Fiaccato dalle roventi ore Augustine
Salutava il vespro e il fresco della Sera
Le cene al leggero vento estivo
Sotto l ombroso pergolato
Era caro e ramentar amaro!
Tu muto sembravi aspettare il novo Giorno
E rinnovar il tutto !
Mio padre fischiettando
Delicate note mi conduceva
Al mar tra conchiglie e spruzzi salati .
Il primo saluto era a te quando con il primo tepore del giorno estivo
Liberavi quell inconfondibile aroma
Ah fanciullezza quanto sei dura nel ricordo
Quando poi ci lasci troppo in fretta
Mio padre non mi segue più non mi
Conforta !
Non calco più il ghiaioso viale di quella casa
E tu bianco oleandro non ci sei più
Tutto è svanito ora vive solo un malinconico ricordo
il destino
Ognun che move i pie su
Questa terra ha già il destin che lo
Attende alla sua sera
Siam come stampi di creta
In cui s infonde la sorte
Che per tutta la vita ci mena !
Qual destino m' attende
All ignota metà?
Le tre sorelle tesson
La fatale seta
E quando l una s'accapriccia
Taglia e una vita si resta !
Vana Spe' chieder responso
A Delfi !
Che su foglie il fato scriveva
Inganno sopraffino
Dell vecchia fede!
Come la mia gatta
Nel tranquillo meriggio di
Giugno nel sonno che alletta
Aspettava il fio del suo destino
Mi sovviene la certezza che non
Ve strada sicura per saper i giorni
futuri se allegri o di veli!
Sovente lesiniam
Baci e carezze certi di farlo ancor
Ma se il destin male pensa
Cadono a Voto perduti abbracci !
O futuro tempo piega il velo
Che da uno squarcio si veda retro
Crogiolandoci di miglior sentiero
Ma poveri noi sventurati
Di quel che sarà non sapremo mai il vero
L'arciere
Sta il prode arcier a tender il duro arco
E il pizzicor della corda gia’ freme di scagliar la freccia al proprio
Segno!
Voli fulminea lucida sagitta a cercar la tua dimora
Fendi cielo e terra ,finche’ ti resti di te solo il sibilo sottile.
Sotto i torrioni del castello antico s’accalca la folla del nemico
Crudele,tu arcier paladin del vero difensor del popolo
Segni uno a uno col tuo rapido scoccar le vite da spegner
Cadon un sul l’altro gli attoniti guerrier
Che gia’ assaporavan l’altrui delizie
Case e terreni donne e fanciulli di porre in ceppi.
Sembran quelle carcasse come fieno!
Quando s’accatastan alte balle mucchi a mucchi!
Un ronzio che stordisce breve come un frullar d’ali
E poi nulla piu’ silenzio e pianto,giusto
O inganno ma solo carne compunta stremata.
Lacera l’aere d’intorno la freccia che vola al
Passo di guerra,e come fulmine squarcia in fortunali
L’eterna quercia cosi lei dinuda i cuori e i pensieri
Di color che a lei si piegan e temon colpo.
Arciere e freccia un sol respiro una sola anima
Lui in quella si fissa e s’affida
E spera che la punta vada profonda
Il legno s’affonda nel tirator
Reca il vero se ei sia giusto
O vendetta se quel pianse affronto!
Nel clamor della pugna non v’era
Piu ‘frontiera eravate padrone dei destini
Dei disii della spe’ di riveder la sera!
Al canto di pace dormon l’un e l’altra
Ma se marte move pie’
Allor arcier tendi l’arco
E lei è gia li tua compagna e sorella
gladiatori
Nel clamor della folla che soffoca col
Sangue ogni disio
Gladiatore ti sei fatto onore
Sotto il ciel di Roma che non conobbe Dio!
Il ferro il valore l amore
Questo il motto del tuo cor
Che ante tribuna inumana
Del vostro umor era affamata!
LE bianche pietre stavano
a guardare casa e ultima culla
Per voi che per ogni di'
La morte avea la chiave
Dell estremo ultimo fiato
Da questa valle.
Quali pensier mirmillone. Focoso
Sotto l elmo avei di questo mondo?
Di lacerar carne e bever l altrui
Lacrime?
E tu reziario?
Non è questo il modo
Di andar per mare
Ma brami co reti di far la carne
Tuo pasto!
La polvere il ringhiar di fiere
moleste il pianto d un fanciullo
Che del padre vide il corpo
Tra sabbia e lancia trucidato
Tutto era tuo pasto quotidiano
Silenzio andate adagio uomini
Che follia e' mai questa?
Le menti percuoti
Gli animi inciti quando
Tu gladiatore vibri
L ultimo colpo liberatore
Allor esplode in giubilo
Ed è una danza!
Macabro canto
La morte vince
Porta l ultima volta al viso
La sanguinante mano
Il ferro ha avuto il suo capro!
Scintillante gladio
Dorata corazza
Pesto cimitero
Abbiate requie e
Morto il combattente
Vile volgo famelico
Come sei brutto in questa
Maligna giostra!
Sorgea il giorno
Chiamava a se la notte
Tutto tace s aggruma
Il sangue tra le pietre
E la fronte
Ode il canto d una civetta
E spera il povere l
Che la nuova alba
Non sia matrigna!
Questo è accaduto
Sotto te mio imperatore
Ora siamo solo ombre
E polvere al cospetto dei secoli
L infinito
Sopra la Duna di un deserto ammirava
L infinito.quel senso di eternità che si
Spandea in ogni piccol granello di sabbia.
Li v'è silenzio,.fischio di un tiepido vento
E cielo ininterrotto se non dall orizzonte
Perdendosi tra il biancor delle nuvole. Rimanevo attonito,bussava alla
porta della mio pensare il mistero delle cose create.
Sulle cime dei monti con le nevi immacolate coi ghiacciai perenni.era pur
li l infinito !
L'uomo pareva talmente esser piccolo
Che ogni roccioso appiglio era di lui
Il maggior potere!
Volando sulle creste degli oceani
Quando le onde si gonfian e minaccian il cielo mi perdevo in un infinito
mondo d'acqua,con tutte le sue creature
Il color profondo che penetrava ogni sua fibra
Sì sposavan i raggi del sol con la salina
Figlia perdendosi in uno scintillare di
Inegual meraviglia
sentivo la potenza della marina
I venti spazzavano la sua veste da quando la terra ebbe la sua prima
vigilia
Toccai le foreste vergini della più bella
Figlia
Che naviga con noi nel buio e non reca
Fatica !
Le verdi fronde il filtrare dei primi raggi
Tra il fogliame
Il perfetto innalsarsi dei tronchi verso
il ciel .I rami schermar la notte come mille
Braccia
Quello era infinito!
Quinci dopo aver viaggiato tra mari
Monti , deserti,
Tutti imponenti e che non temon il pugno
Dei millenni
Mi setii fiacco e picciol davanti a voi
Signori potenti!
Ecco l eternità si ferma con noi
Poveri esseri che crediam d esser
Eletti
L infinito che io carezzai si resta qui più non va oltre l uomo non è che
altro polvere in una giornata di vento.
la voce del silenzio
Ascolta,ascolta la voce del silenzio,
Questo infinito vagare per la propria coscienza,la propria natura.
Odi ?il lento scandire del tempo e la ragione che si interroga?
Nasciam nel silenzio solo il mondo è la selva che ci attende.
Ma tu uomo medita!
Il silenzio del cosmo la sua profonda sostanza,m'affascina e mi ammalia.
Cosa è la morte,se non un lungo ed
Immobile silenzio che dal mondo ti bandisce?
E dunque il vuoto?la rinuncia del tutto,
La fame e la sete dello spirito?
Se si potesser far tacere tutte le voci,
Il rumor,il mormorio,scopriresti una nuova,casa fatta di contemplazione,
Di ricreanza!
Eppur anche nel silenzio piu' cupo
Ve' un legame un sottile richiamo che unisce tutte le creature
Anche il mar che par sia muto canta la sua voce,
Che s'ascoltar che si denuda dei legacci
Troppo terreni e infonde la sua anima
Nel turbinio universale.
Un albero è dunque silente?
No,anima curiosa,
Sa far sentir le sue vibrazioni solo se ascolti la voce del cor.
Nel silenzio di un rosso bociuol di rosa
Mi perderei,ascoltando il suo fruscio
Ed è il sorriso del giorno!
Allor mi piego su me stesso e capii
Che il silenzio piu' assoluto non esiste!
Solo se trovi la tua sostanza ascolterai
L'armonia del perfetto.
Pianeti novi
Quando credevam d’esser soli,
in questo nero manto ,silente e lucente,
ecco che sotto il suo palmo,alzaron il capo
novi mondi,lontano dal nostro sguardo,
sette lustri da passar,per respirar la novella aria!
Scrutavam l’eterna volta,con viso incantato,
come fanciulletti che vedon il mondo
con infantil entusiasmo.
Speravam di sentir altre voci,oscuro canto!
Scorre li’ tra muti giorni un timido ruscello
Che sussurra e si insinua tra i canali?
V’e’ il verdeggiar di foglie coverte
Di brina,al primo mattino?
Che amor quando rimiro
Quei paesaggi ,che il
Mondo mena per i cor gentil,che l’apprezza!
Laudati siate dottori del ciel
Che all’uom ghiotto,
avete dato la gaia novella!
Il sol si specchia con l’altra stella
Anche lei madre benigna,
della vita che infonde sulla sua pietra.
Ci saran giuchi innocenti,
tramonti coinvolgenti,
e albe che risveglian il profumo
dei fiori?
Dimmi l’autunno è cosi malinconico,
quando denuda le sopite piante ,con lor
foglie fa turbinii,nell uggioso meriggio?
A questo dimandar non v’e risposta,
il mio quesito cade nel vuoto!
Ma un di’ verra’,
quando saremo noi che sognammo ,
solo spettro di quel che fummo
le due terre verran a un sol respiro,
calchera’ il pie’ gentil la sabbia fine
vedremo il saper in occhi sconosciuti,
nuove idee,nuove lingue ,
oltre ogni confine
in onore della scoperta recente di tre
pianeti abitabili scoperti a 40 anni luce da noi
in questo mese di maggio 2016
vecchio naviglio
In un porto senza nome di nessun suolo patrio,
un vecchio naviglio era ancorato.
Vergognoso tra inponenti scafi di legno
Pur or forgiati.
Antico veliero,narra un po’ del tuo passato,
quante volte avrai tu navigato,
quante genti attraversaron il mar
infiniti sospiri passaron per le tue assi.!
Notte e giorno non era mai una pena
Ne ti fiaccava la continua lena.
Vetusto naviglio,quanta spuma ,avrai solcato,
quante tempeste puoi raccontar ,tu,
quando quell acqua brontolava dal suo
ventre,allor la sperduta ciurma,
s’affidava a te e in cor sperar di riveder,
le ridenti distese in fior!
Per tempo infinito,avrai navigato
Cullato dall’indomito pelago
Che ti chiama ancor.
Un marinaio ,guarda con occhio umido,
l’amico del passato,e rammentar gli
sovviene,delle tue vele,
delle fredde notti,quando il fortunale
spezzava le braccia ,ed esser nocchier
in burrasca,era si dura e pur
quasi senza speranza.
Hai perso compagni che ancor serbi in petto,
un malinconico amor che t’aspettava
quando lasciavi il porto,
tutto li or giace,dolci ricordi della gioventu!
La danzatrice
Danza, danza vergine scalza sul letto di fiori!
Danza finche’ non giunga il tramonto ,
e nasconda la tua grazia al crepuscolo.
Scorre nelle tue vene la forza dell’arte,
impetuosa tra estasi e tormento
cosi’dilaga il torrente nel suo letto!
Figlia beata ,Tersicore t’accompagna .
Ogni sua mossa era amor per la vita.
Leggera,si moveva al son di dolci note
Che lo spirito solleva!
Quell’anima che si abbandona al sussurro
Del canto del cor,
E liberta’ che si move nell’aere
Fresco del mattino ,quando quell’umido
Della notte rende frizzante le prime ore.
Ed era come un volo di timide farfalle
Quella danza tra le rugiadose viole,
le pungenti rose dalla chiusa corolla.
Il suo inceder leggero e soave
Rendeva piu’ gentile la collina,
ancor sopita.
Li perivan le idee malvage ,per lasciar
Un sapore di eterna pace.
Danzatrice che sai mover il sentimento
A far esame di se stesso,
sei regina del divin amore ,che scava nell’ “io”
maestra nel suonar le corde piu profonde.
A te m’affido mi lascio
Trasportar dal tuo gioco!
Chi ti instilla tal creanza?
Come movi i pie’ che volan
A fil d’erba quasi tu non abbia piu sostanza?
Negli occhi di colei,
che guidava tal maestranza ,mi sentii perso.
Avrei sfidato il tempo,
guardando in eterno il tuo talento.
Silente notte quanto mi sei ostile,
sento gia’ la bruma del vespro,
quella foschia rossa ,che stacca il di’
dal sonno.
T’attendo pallido mattino,
rivedro’ quella danza,
ricomincera’il mistero infinito
L'ulivo
Un pugno di terra per affondar le radici,
una lacrima d’acqua per ristorarsi,cosi tu ci
insegni rugoso ulivo.
Splende al sol l’argentea corteccia vibrano all’uninsono
Le foglie di un verde in tenso,che si specchiano nel cielo terso.
Le mite distese di toscana tu copri ,li ove il tempo
Sembra piu lento,tutto ha il sapor una vita serena,una vita
Che se io potessi spenderei in arcadia!
Un fiume d’oro ci dono dal sapor dei frutti,
aspro,si ma succo della tua vena.
Sta il contadin sull’aia a sgranar le dure bacche,cantan festose
Le fanciulle con la chioma al vento,il viso segnato seppur
Giovinelle dal sol e dal sudore.
Gioca il bambinello nei fanciulleschi giorni,
rimira il fattor il suo regno e zufolando contento,
si bea del suo lavoro.
Torchian le olive i frantoi,si libera nell’aere quel sottil
Profumo d’erba che rinfranca il cor e lo spirito.
Bagna nel novello olio il pan del suo mulino,li il
Sapor della campagna ha vinto.
Cala dietro i monti ,sulle campagned stanche,
sui pollai,e la fattoria il tramonto,
quel rosseggiar tra i rami d’ulivo,e loro foglie,
che si nascondon dall’ultima luce,lascia
lo spirito ammaliato da tanta grazia di te oh creato.
Silenzio,è notte!
Mormora or la civetta tra quegli ulivi
Che vider il lavorio dei campi,
e ricordano il biondo olio del giorno!
Un di,Sali al colle,nella terra
Di giudea un saggio carico di dolor
Ma certo della gioia.
Voi ulivi ricoglieste gli ultimi sussulti gli ultimi singulti
Di una vita che periva per noi
Per quel che siamo!
Antico ricordo gezemani porti,
di quel bosco
le fronde aqsciugarono il pianto
del figlio dell’uomo
Il giardino dell’anima
Caduto in un sonno che ai sensi tolse poter,
camminavo d’incanto in un bel prato,ove ordine e armonia
cantavan in cor li senti vibrar la coscienza mia.
Nel far del giorno sorgeva la stella e irradio di sua luce l’universo
Mi prese tal gioia che mi sentii perso.
Era il giardino dell’anima quando nasce pura e casta
Dal primo pensier che l ha creata
Il sentier s’adornava di tanti e tali fior che non potevo
Toglier lo sguardo da tal miraggio.
Mazzi di gialle margherite mi accompagnavano il passo,
di lontano sentivo l’aroma del violaceo glicine
che s’adagiavano su argentei ulivi.
Scorsi, in quella aurea una donna
Di bianca veste,che mi sorrise ,con lei mi fermai a
Ragionar del nostro essser creature,or fallaci or fanciullesche.
Tant’era il disio di comprender quel mondo
Che la fatica non era d’intoppo.
Tra l’erba una madre che s’adorno le spalle
Di rossa lana e un pargol al sen tenea,
vidi quella figura, che tanto mi prese che quasi restai
il mio viaggio.
Se fosse stato un miraggio ancor m’e difficil capir
Perche’ io mi inginocchiai ai suoi pie quella pia donzella
Di verde panno e chiesi:”prendimi sotto il tuo braccio”
Ma d’un tratto mi si paro’ un triste viale,scuro e senza luce
Ne fior, ne canto che penetrasse l’eterna notte,il freddo m’
Attanagliava ,persi la speranza di riveder la strada maestra.
Ove porti torto viale?
Scarpate profonde,di spini aguzzi,ne la gioia di rose e di viole
Caddi in un baratro e non sapevo riveder la china,gia temevo
Che fosse finita!
Il fango maledetto mi impediva la salita
E quanto io facessi mi tirava giu ove ero prima.
Il male che tutto offende mi impediva di raggiunger
L’agognata riva di stringer la spe’ di nova lena.
Sussurri dal profondo del dirupo,mi mettevan pena
Ove io che ero gia sull’orlo di cader nel fondo,vidi al sommo
Una fanciulla tutta bardata di salda armatura mi die’ la mano
Ella mi sosteneva.
Quando fui al fin giunto,ancor l’ombra m’opprimeva
I suo dubbi mi ponevan in basso loco
Mi blandivan quasi lasciai quella via che è vita.
Ancor mi soccorse una fanciulla che grido in quel bosco tetro:
“fuggi di qui pellegrino e segui il sentiero sin dove vedrai il novo
Giorno”
Mi incito’ brandendo una spada e rinnovando l’orgoglio.
Alfin rividi l’alba il fruscio del vento,
lo scorrer d’un ruscello,mi vidi retro
del pericolo e del suo veleno.
Sorgea il caldo sole quel giorno,
ed io pellegrino del suo giardino
mi rivolsi al primo amor dell’infinito
La morte di un poeta
Fu,giace la morta carne,
scompigliati i capelli,freddo il cor che
brucio di passione.
Fuggon le sue muse,guide d’una vita
A cercar altre alme da ingentilir
Coi dolci doni dell’arte.
Ma i versi che irrigaron le silenti carte
Non son muti,persi nel tempo ,e nel ricordo
Vivon oltre la vita che si spegne al son
Dell’ultimo respiro.
Uscite dai chiusi quaderni ,volate or di
Bocca in bocca,a cantar quel che ditto
L’eletto,l’unto del dono leggeroe soave.
Allor come le bionde api in maggio che
S’impollinano di fiore in fiore
Risuona la dolce melodia di parole
Un fiume che dilaga nei petti,
una luce che brilla,sono i suoi versi!!!!!!
Quante donne al rapido amor portasti
Inebriandoli,coi mielosi sonetti?
Or piangono,sulla nuda terra,
vorreber ancor vibrar suoi tuoi
verseggi!
Non perisce quella scintilla
Che rinvigorisce l’anima dei poeti,
sono come il vento,che si crede sopito
e poi rinasce!
Gia il seme della poesia cerca chi
L’alberghi
Per liberar dolci pensieri.
Risorgi dal tuo sepolcro
Torna Oh maestro!
gia’ il mondo grida uno spirito puro
energia fatta umana,
che plachi un po
la voglia di infinito
che dona il canto dei poeti
Il superuomo
Umano,troppo umano,per poter sfidare il creato!
Uomo rientra nella tua natura,che sei di fronte all’infinito?
Nulla,se non un minuiscolo granello di sabbia nel vento.
Vanagloria tu avanzi,mai avrai il vero potere sugli elementi
Acqua,vento,fuoco,ancor ti piegano e ti fiaccano,
e te come un fanciullo intimorito,ti nascondi
cercando il ventre materno.
Eppur ti inorgoglisci,senti d’essere superuomo!
Poni il calcagno sul capo del fratello,lo poni
In ceppi,umili la sua carne,ti credi d’esser
Di lui piu grande.
Ma la vanita’ delle tue azioni,rispecchia
La piccolezza del tuo essere!
Prova a placar un mare in burrasca,
per quanto tu faccia cadono le fortezze,
il mattone in cui fidavi,è una pagliuzza
che voleva fermar la bufera!
Il cielo stellato e i suoi profondi misteri,
ti pongono inferior alla piu pallida di loro.
Qusta nostra natura,tanto superba
Ci spinge a dura caduta,ferita imnperitura.
La voce dell’eterno risuona ti scuota
E ti rammenti,non sei nulla
Piccola arrogante creatura,
solo una virgola
nell’incessante correre del tempo.
Furia umana
Feral sentimento in cui l’uom trova sua culla,
quanti pianti,semini,singulti e patimenti,
come la gramigna infesta i campi,e soffoca
le sementi.
Ove sei luce della ragione,
che rendi questa creatura specchio dell’alto rettore?
Fuggi via male animo,che attoschi i cuori e le menti
Coi tuoi veleni,tu diniego del ben a cui noi tendiamo,
sei la polvere che offuschi e vergogna mieti ,ignominia di chiamarci
umano.
Quel padre che stringea al petto i pargoletti,
gia in seno covava il tuo soffio nero
amor lo prese per una giovinetta,
e amorosi baci volea,ma al gran rifiuto
la vendetta,ne faceva della sua carne scempio
e desiderio impuro,l’affido ‘alla negra terra!
Al pie’ d’italia spendea i suoi anni
La giovin bambina dal biondo capel
Gli o cchi puri come il primo di’.
Chiamo madre il sangue del suo sangue
Ma Oh sfortunata verginella,doloroso fine
si parava sulla tua strada,ferita e poi
Umiliata,dalla carne che amava,perivi
Tenerella per invidia e vendetta.
All’ombra di cesare nella roma che fu’
Luce del pensier
Ordivan congiura perduta gente,
dal cor guasto,e istinto inumano,
di gustar il sapor della morte,
chiunque cadesse sotto lor mano.
Affondaron la lama una e piu volte
Su te,ragazzo,vittima del caso.
Quali sensi scateno’
Questo serpeggiar di male?
Quel che ditta il fatal inganno,
che armo’ mani e disii
e non vi fu scampo.
Questo venne nel tempo novo
Gia’ hai avuto nel patrio solo
Le tue lacrime.
Mi sovvien un antico verbo,
tu Oh uomo sei lupo dell’uomo
La donna alla finestra
Alla finestra,guardando lontano
stava la donna,la chioma d'argento
carezzando con la mano.
Di li spaziava nell'orto
tra cespugli di mirto e bionda ginestra,
andava rammentando il tempo beato.
Seduta tra ciuffi d'erba sognava
la stagion dei primi amori,dei giochi
innocenti.
Quanti meriggi tra quelle piante
al soffio del vento che annunziava
i giorni di festa.
Salivi per la collina tra i longilinei cipressi,
cullati dal maggio odoroso.
Le notti d'estate alla finestra,
tra il luccicchio delle stelle
e il gracidar del grillo,
sospiravi,si perdea cosi
il tempo di tua giovinezza.
Tutto sopiva in autunno,tra foglie
secche giornate pigre ,castagne
scoppiettar nell'allegro foco.
I sogni e i disii albergavan
tra quelle poche piante
non piegate dal frizzante ottobre.
Ancor vieni alla finestra
vedi oltre il giardino,oltre
la collina il sentier di veloce passo
senti la voce di te bambina,
bagnan le lacrime le antiche guance
rivivi il tempo della prima vita
Pensiero
Non perisce quel pensier al gelido soffio
Dell’angelo nero divoratore d’amore,divoratore dell”io”
Il seme del pensier non soffoca col ghiaccio,non si
Piega come il timido bucaneve in inverno ma vince!
Oh primo vagito dell’uomo,che nutri il ben dell’
Inteletto,e rendi eletto ,nella valle terrena ,la creatura che pensa,
ove nasci linfa di vita che nell’altri animali sembri persa?
Da un pugno di terra plasamato,specchio del pastor dell’universo,
avesti in dono quel pensier,allor capisti,d’esister ,aver la vita.
I giorni si perdono,le stagioni passano,
l’infanzia,ti preme,eppur il povero ulivo un di’
sara’ cenere.
Ma non tu pensiero,che cavalchi l’oceano dei secoli
Il turbinio dei millenni,per esser sempre perfetto,
luce dell’anima,sicuro porto dal difetto.
Li nei cerchi celesti,siedi tra gli spiriti eletti
lontano dai mali del mondo troppo puro per essere umano.
La gabbia di carne ti serra e ti offende,
non puoi esser quel che in seno ti splende,
sei come il forte aquilotto
che se una prigion lo chiude,
si intristisce,allor spazia con il
pensier infinite vette,
ove l’azzurro, di piu il sol riflette.
Quando un di l’alma nera senza pieta’
Chiamera’ colui ,che la vita abbraccia
Sonera’ il giubilo perche’liberta’ l’attende.
Il cruccio prende,ma non sapete,
a quale meta, gia protende
per quella grazia senza tempo
d’anime felici,
di pensieri puri,
ove il nostro saper prende posto,nulla
l’offende.
Pensiero!vincerai la morte
Varcherai quelle porte,
ove partisti al nascimento.
Uomo sei crisalide in terra,
all’ultimo sussurro,sei in pace
farfalla che torni nell’eterno.
Il povero
Sporco,derelitto stava il poverel al ciglio
D’una strada con occhi bassi e vergognoso sguardo
Chiedeva un tozzo di pane ,o soldo alla mano.
Quanti insulti,figlio sfortunato,quante risate
Mentre te lamentavi il tuo malanno.
Eppur avea ancor lo spirito umano
Sapea gioir del giorno,della notte che riposa.
Della pioggia che bagna e degli infiniti tramonti.
Nella piccola casa una sposa or stanca,dai tanti
Affanni della vita,un umil bracere,qualche
Ciocco scoppiettante,riscaldar l’umile stanze.
Ma il bacio dei figli ti illuminava tutto,
gli insulti ,lo sporco solo un ricordo.
Un di’ mori il poverello,nessun s’accorse
Che la voce non turbava la vostra quite.
Era il cristo,in altra carne in altra veste
E voi persone oneste non guardaste al
Fratello,
di nuovo allor metteste il redentore sulla croce.
Verita’oh verita dimmi ove sei,
in quale mente alberghi in quale lingua nasci
qual uomo guidi per la via maestra,e gridi al
mondo la vita onesta.
Spirito libero e senza catene che voli e vai
Mai ti resti,bagni le coscienze ,
e son lumicino per noi povera gente!
Forse platon delle ombre nelle sue
Caverne avea trovato il vero?
O il buon rene’ che col far
Matemtica e sapere volea risolver
Le certezze che lo attanaglia?
Verita’ che sempre fuggi,
e mai vi fu’ uom che l’ebbe
come sorella, sei del creato,
la razza piu bella.
Dolce spirito,che alberghi nelle stelle
Soffio vital,della mente che freme.
Per te s’affilaron le spade,
noi mortali che credavam esser
da te guidati.!
Gia’ nel foco s’affidava il nemico,
sicuro d’esser a te piu vicino.
Morir con gli occhi pien di gloria
Al trotto e lancia in resta il prode crociato
Certo di spirar per giusto fatto.
Un figliol di povera veste di poi sacrificato
Per la terra di giudea facea serpeggiar un nuovo
Fiato!
Il verbo del signor l’unico che t’ha incatenato.
Moriremo,lasceremo questo mondo ,
mai vedremo quel che cercammo,
nessun si potra’ gloriar,
verita’, fosti al mio fianco!
La donna nel fiume
Chiare ,cristalline acque
Che scorrete placide e tranquille
Or serbate la mia carne,
restituitela a mia madre!
Del mondo di sopra porto il ricordo,
il sol che splendeva fendendo le
nubi,e il ciel misto al biancor e foschia.
Il profumo delle rose di maggio
Il vento di primavera tiepido e odoroso
Gli amori di una vita troppo breve,
i sogni,tutto riposa in questo umido
letto.!
Ricordo il suon della tua voce
Oh madre che mi ammonivi,se ance
Matura,commettessi bruttura.
Le nostre giornate spensierate
Quei piccoli intrighi di donna
Tutto or mi lassa.
Porto nella memoria il tuo lavorio
Di lana ,lo scoppiettar del camino
Il fortunale nel gelido inverno
Quanto era sicura la mia casa.
Fasci di mimose nel mutevole marzo
E il dolciastro aroma per le stanze.
Un di’ mi fidai del mio amor,
certa delle sue braccia ,dei focosi baci,
Ma l’ombra assassina gia’ voleva la mia
anima.
Vita spezzata quanto è duro
Il mal che t’ha violata.
Volevi volar nel sogno perfetto
Ma ti smarristi nel buio piu tetro.
Ancor ti prego oh fiume
Che sei or mio fratello
Sii pietoso grida a gran voce il mio nome.
Qui giaccio tra ciotoli
E fango il freddo intenso,
tanto vorrei il calor d’un bracere.
Brenta,lascia la tua preda!
Le mie ossa rivedan la luce
Per un attimo il sentor di primavera,
il ciel mi guardi ancora,ora mi attende
l’eterna lunga notte.
Il popol cristiano pianga,
e ponga i miei resti in terra
sacra,ove verrai tu oh madre
con un fiore
L‘ inganno di gabriella rosboch
Amor,che sempre chiama amor lacero’ il
Mio petto,credevo in quel tremar sincero,
fu il mio veleno.
Il dio fanciullo,un po monello
Nel suo disegno tesseva il fatal tranello.
Spendeva la pia donna gli anni suoi
Non piu dei venti ruggenti,ma piu calmi
E queti che ricordar la faceva ancor lacrimar.
Quanti amor quanti sguardi avrai desiderato
Storie lontane della tenerella eta’.
Eppur ancor pronta a salir la china,
gia ‘sperava di veder lontano altri
tramonti,mano nella mano altri
profumi al suon d’un bacio!
La bella costa dai color del ciel sognava
Co quegli occhi puri,lontana dal mal
Che sovente l’uom accompagna.
Ma il destin gioco’ triste carta
Oh quanto è aspro e sa di sale
E l’ amar che lascia se a verita’
si monta inganno tristo fio.
Un giovinetto di bell’aspetto
Scavava nell’intimo la donna
Poneva il frutto della discordia
Tesseva la sua tremenda tela!
Parole sparse al vento,
altri mondi e molle vita,
al riparo di palme e sabbie d’oro.
Tu ti perdevi i in quegli occhi falsi
E ciechi,sentivi il vento della
Passione percoterti ,sollevarti
Nei suoi vili inganni.
Quanti sussurri alla luna,
e ripensar al profumo della sua chioma
tutta ti arrossivi,come verginella al primo
di’!
Cosi’ cedeva la donna alla viperesca lingua,
che instillo poesia ma gia’ tendeva una mano
e si ingegnava ,por fine all ‘infelice dama!
Piange la madre che ti tenne in grembo
Si struge il padre ,che fu’ tua guida
Quand’eri la sua bimba.
Tacciono le voci dei tre
Neri compagni e come si chiude nel
Recinto la fiera molesta,quella ringhia
E morde se qualcun la pressa,cosi
Voi affondate i denti nella vostra carne.
Fine d’un amor e baci perduti,
sopir d’una vita,che credea
di fiorir ,indi si resta
a lamentar la mortal ferita.
Una tempesta
Silenzio,non gracida piu la verde ranocchia nel suo stagno,
un lieve ma gelido vento ricoglie piccole foglie,e le invola in
alto chissa’ dove spargendole come vuole.
Non cinguetta piu il passerotto rifuggiatosi nel cavo tronco
Attendende e nutre il pulcin che questa tempesta si quieti.
Fischia tra i rami rotti,percuote i salici,
tormenta i roseti,con grandine e sferze violente
Corre il cocchio d’eolo in ciel e comanda i suoi
Stalloni d’aria di sfogar tutta la forza ,che a lui aggrada.
Rientra veloce il naviglio quando il brontolio si fa cupo
E le onde livide sembran mangiar il ,legno.
Sta al calduccio un fanciullo nel suo letto
Mentre fuori imperversa la tempesta e lo culla
Il calor piu bello,l’amor materno.
Mi sovvien la tempesta che sovente gli
Animi molesta!
Chi per passion perde il ben dell’intelletto
Si getta in balia del talento
Chi per amor si dispera,odia la sera
Per non poter veder la sua bella,
o amari morsi d’odio che il cor concupisce
per vendetta,desidera sfogar le sue ire.
Amara tempesta dell’animo quando
Lucifero il gran demone spinge
Un padre a spegner la vita del figlio.
Pur si piange se il figlio brama la morte della madre!
Tempesta ,tempesta della terra ,
o degli animi deboli che non trovan meta
ma sempre van vagando a cercar il lor riparo.
Ecco i venti si fan men severi,la pioggia meno greve
Esce di nuovo a giocar la fanciulletta nel suo
Orto,torna al suo ontoso canto il gallo
Al finir della tormenta,e si rischiara
L’aere fosca di brina.
Cosi come il sol scioglie
Le gonfie nubi,
il ben che il mondo governa
sciolga i cuor di chi
al suo dominio,si nega
Speranza
(dedica agli emigranti sui barconi)
Muto s’allontanava il triste naviglio dalla
Sponda d’oriente recando non cannella
Ma ben pregiata,la spezia umana!
Le placide acque accoglievan il dolor
E la spe che quella viva mercanzia recava in seno.
Qual sogno avete povera semenza umana,
dalla terra or rigata dal sangue di
chi un di’ v’amava?
Perse per sempre le dimore
Il ricordo d’una vita ,che val piu
Dell’oro,della mirra.
Vento d’oriente che sai ammansir
L’eterne dune del deserto or spingi ver
Noi la gente che ti porta nel petto,
che di te conosce amor e difetto.
Ma se natura comanda il lupo
Di dilaniar il capretto,
cosi foste ostaggio d’om piu
nero onorar creso odiar che è infermo.
Chi siete adunque?
Sol denaro non carne e sangue.
Madre che stringi al cor l’unico
Figlio vedi l’infinito e il mar
Farsi amico e infin nemico.
Quanti pianti,quanti sospir
Alle correnti donati,frutto d’anime senza
Pace,senza terra.
Ah natura come sei dura!
Non ami tutti come figli?
Perche dinieghi a lor
I tuoi sorrisi?
Come farfalle libere e beate
Al ciel giungevan le
Preghiere non cristiano,
mussulmano ,l’unico
creator dell’universo che non conosce
nome umano.
Gia carezzavate le nostre spiagge
Vita nova il ferro lontano
La morte nella sua dimora!
Fu allor che il pelago ordi’
Il suo inganno e in sol istante si spenser
Le speranzose voci!
Odi?il pianto del pellegrin che all
Acqua s’affida e trovo’ la sua rovina!
Le lacrime s’uniron al sale,tutto fini
Sul fondo del mar.
Madre che per sempre cullera’ il
Pargoletto,fanciulli per sempre,che
Mai vedran le rughe sulle tempie.
Signore,tu che poi muover le stelle
Che ordini ai monti di nascer,
al sol di governar alba e tramonto
ove sei in questo morto sonno?
Sangunianano ancor le ferite di tuo
Figlio,la croce riprende nuovo respiro
Sulle italiche sponde s’erge
Il redentore v’accoglie nel suo regno
Di luce ove li mai piu vedrete
Quanto puo esser l’uom crudo e truce
Vento
Soffiava sulle verde vallata carezzando i docili monti
Scuotendo i possenti pini,i longilinei cipressi.
Come una carezza sfiorava l’erba intimorendo timide lucciole.
Piccole gocce di brina venivan strappate da umidi fili d’erba
E si perdevan tra i turbini del giocoso vento.
Soffioni li libravano nell azzurro ,sembravan anime
Che tornana all’antica casa.
Soave e carico d’aromi,mi inebriava,il cor e la mente
Mi sdraierei in quei prati lontano dal mal
Del mondo,dal rumor del borgo.
Li tornerei ancor fanciullo co gli occhi fissi al ciel
Ove si formavan le camaleontiche nubi.
Quanto vento sulla terra,in mare,or molesto,
quando il fortunale s’infuria e il ruvido naviglio
par dai venti un triste gioco,
spera il nauta di riguadagnar la riva
lo trattengono le correnti,
come il ferin leon non lascia spe alla preda.
Vento che gonfi l’ali degli aquiloni
E s’alza un gridolin dei fanciulli.
Nelle giornate mie assolate
In riva al mar mi facevi compagnia
Recandomi il tuo profumo,del sale,delle onde.
Vorrei camminar in eterno in una fiorita vallata,
una perenne primavera,io libero
solo in quel mondo,
riveder gli antichi amori forse sentiro
la dolce voce di mio padre.
Riflettendo
Se siedi di fronte a un mar in tempesta
nella silente notte
allor capirai la tua piccolezza nel creato.
Che è' la tua vita,uomo
al par dell'eterno montar delle onde
un su l'altra?
La tua esistenza dura quanto
un raggio di sol
del primo mattino e nulla piu'.
Odi?lo spumeggiar delle saline acque,
e muta si frange sulla roccia fredda
ma tosto lascia il posto alla sorella
nel rincorrersi di un eterno moto.
Tu uomo vivi ma non rinnovi
la tua carne in primavera .
Perche' non siam come le rose di Maggio
che muoin in settembre
ma rinascono al primo caldo?
Perche' vediam senescer le chiome,
le gambe esser inferme
e tutto è un tremar nel corpo?
Quando siam fanciulli liberi di ogni catena
giochiamo su pascoli erbosi
godiam della natura
e di piccoli attimi fuggenti.
Ma non sai O bimbo
quanto sia dura inver la vita?
com'e salato il sentiero
Deh natura e incerto fato
perche' tanto ingannate gli uomini?
Vedi O uomo come sei innocente da pargolo
e come è aspra la sferza della vita.
Di nuovo al mar guardo alla sua eternita'
al suo esser senza padroni
e capisco che l'uom sulla terra è solo polvere,
foglie al vento ,fango che si fa' carne
al soffio dell'unico creator
La rosa e il fango
In una landa desolata ,senza alba ne tramonto
Ne sol che ristora,acqua che fa germogliar
Vento che rinfresca ,nacque una rosa.
Piccola e pallida di esil spine,di fragil corolla!
Povero fior che non hai speranza di sentir cinguettio
In maggio o veloci api cercar nettare di campo in campo.
Triste melma che non hai accarezzato mai la vita
Come sei greve a chi ti osserva ,togli la spe’
Di una dolce via,tronchi chi credea di traversarti
E non toccar il fondo.
Se un di mi si parasse tal palude,
che sarebbe di me io esil in
balia di amari giorni?
Tutto era spento li pur la mente
Si perdeva,come colui che
Nel cor ha sol dispetto
E non vede oltre il suo sentiero.
Inver lei resistette
Non crollo ‘ il gambo
Al peso del marciume
Ad ogni fibra del suo esser
L’ estremo amor per la vita.
Se pur v’ era una goccia
Di putrida acqua
La pallida rosa seppe mostrar
La grazia di lottar.
Nel silenzio di quella
Morta gora,ove mai
Avrei creduto di spuntar
Una timida corona
Vi fu un miracolo:la rosa vinse il fango
Inno alla donna
Ecco,io umil mortale
Voglio dedicar questa lode,
Che sgorga dal cuor come fonte,
A quella creatura di tale eleganza
Che da noi donna è chiamata.
Quanto avrei a narrar di te,donna,
Io,che lessi rime
Lamenti e gioie di antichi poeti,
Che presi d'amor per la lor donna
Tutti ardevan di fatal furore.
Chi andava solingo per monti e per valli
A sfogar alla natura il suo gaudio
O lamentare il dolore di un cuore fiaccato.
Ma forse voi ben sapete
Che anche la natura è donna?
Non è anche Selene astro eletto della sera,
Cantata dagli antichi
Qual donna immortal?
Or vo' capendo quale passione
Prendeva quei poeti del dolce stil novo
Che in rime dettate dal cuor
Alla carta si confidavano.
Rapido vento e placide acque
Annunziate alla donna
Le gioie di color che per lei trepidan.
Perdendomi nelle pieghe
Della coscienza mia
Una donna vedo che sale in sul colle
Mentre dietro vien nascendo
E far omaggio con i primi raggi
L'astro del giorno.
Al crepuscolo
Nell'ora dell'ultimo respiro degli ultimi amori,
degli ultimi pensieri umani ,nel giorno che fu,
si prepara il mondo tutto al crepuscolar tempo.
Ritira i raggi belli il sommo Apollo
alla divina corte quasi li nomasse uno ad uno
quei fedeli servitor che nel giorno sereno
furon gloria della lodata fiamma.
Gia' l'aere intorno si tinge di sanguigno,
e punge il freddo della notte veniente.
O tu crepuscolo passaggio di due mondi ,
governo del certo per l'incerto.
Mira allor il pio agricoltor al ciel,che a
brano a brano si scurisce,
l'azzurro si nasconde dietro bruni bagliori rossastri,indi si asciuga il
volto sudato
dal sol,e al vespro ritorna alla sua dimora,
recando placide e silenti le obbedienti caprette
all'ovile.
E' tutto un prepararsi alla notte,
vola bassa la rondinella con egual canto,
s'aggira in ogni dove a richiamar la figliolanza.
Il cicognin che tento' il volo nel giorno
torna a cercar riparo sotto la materna ala.
S'ode nel bosco un frenetico scricchiolar
di foglie secche ,
i giocosi scoiattoli trovan riparo
nelle cave querce,e cosi'
nei campi ben arati tra gli ulivi
i frondosi pini ed esil arboscelli,
cala un manto di silenzio.
Ora è notte e par che tutto sia nascosto,
non piu' si puo' andar tra i boschi
tra il certo e l'incerto.
Il passaggio tra il di' e la notte fu ' breve
e in quel lasso di tempo si vide cangiar
questa terra tra l 'incertezza dell'essere
e l'infinito silenzio della notte
Il suicida
Se ne stava quell ‘uom stanco tutto in se romito coi
Suoi pensieri assorto,fronte bassa e occhio spento
Se ne andava coi pensier vagando ,a rammentar il passato.
E arida in lui la vita?
No!ma gia tende una mano alla dama nera
Che cerca e mai nulla a pieta’ la piega.
Qual pena,qual tormento quell’anima spenta avea,
il mal del mondo il dolore profondo lo pose
in via di non ritorno.
Solo, con il suo pellegrinare non trovo conforto
Non gli fu di pace il nascer del giorno,quel biancor
Che si fa grande tra il torpor del sol che nasce.
Parla o uomo del tuo strazio,se gia vedi il tuo
Viaggio nel doloroso recinto del tristo pier
Che per soffrir dello stesso disio,or giace nella disperata
Foresta eterna.
Vai lontano da questo amaro pasto!
Ne il bacio del figliuol ti pone il petto
A diniegar il gran inganno?
Le carezze della sposa,risollevan l’affanno.?
Nulla ,ei gia avea deciso il suo passo,
come un fiume che non vole sfociar l’acqua
e si fa torbida,
cosi il miserello non volle giocar sul
teatro della vita
Qusta e la giostra umana or si sale
Or si scende,per te non v’e
Piu luce ,sara una eterna notte.
Ma il bon pastore che per ogni sua creatura
Ha in sen il ben della ventura
Anche per te ha parato il nuovo
Mondo ove li in fede
Rivedrai il giorno.
La carta e la penna
Corre veloce la penna sulla ruvida carta,
cerca e crea quel che il cor comanda.
Nulla inventa la volonta’ umana gia ‘nel silente
Piano si nasconde la novella e il poeta ne trae
Linfa e amor per la sua creatura.
Quanto inchiostro rese eterno il dire umano
E apri nuovi
mondi e nuovi universi
Che sol la fantasia varca.
Sei custode dei mondi perduti,di sogni
Vissuti,di viaggi oltre i confini del ver!
Se tu pallida pergamena non narrassi il duro
Itinere dell ‘itacense da secoli
Nessun saprebbe del suo dolore,
di vincer il mar per ritrovar la terra
Da verona ancor risuona il fatal amor
Dei giovinetti montecchi e capuleti
che pianser per non poter vivere assieme
a te carta il loro ricordo
e a te penna i loro sosipri.
In ispirate mani sei lo scudo del poeta
Come lo scalpello per il marmo
Il pennel per leonardo,
a te s’affida
chi gia i suoi pensier
vole render eterni.
Ed io che scrissi versi or
Amari or dolci,
per la natura che mi ammalio
o il mar placido con carta
e penna trovai sfogo
per lo spirto mortal.
Il giorno della memoria
Nel tempo prima del mio nascimento ,
si imbarbari l'europa tutta,piange ora quella
turba ormai perduta!
Si fe del giudeo gran scempio per ira e follia
Del teutonico che credevasi eletto,e il
Suo dolor in seno sfocava sulle carni del
Suo fiero pasto.
S’ umiliava quella gente di colpa antica,
ma qual mal pote portar il vecchia terra
alla deriva?
Oscure immagin sulle braccia fiere ,inneggiar un dio
Ma che gia mcinava il suo torchio di ossa e dolor!
Cacciati come selvaggina nella foresta
Correvan or a destra or a manca a cercar
Rifugio da quella mala vita !
Madri che stringevan al petto la figliolanza
E pianti di dolor sulla strada,ma nessun vi porse
Lana o mano salda,da quel malor.
Ove sei pieta’ che e tanto salda
In quella pietra del michel toscano?
Dimentico’ l ‘umano il valor del ben
Che infuse il creator nella pelle?
Si volser al signor della notte
Piu facile il sentier che l’inganno scorre.
Ma,se tanto tu povero giudeo vedesti
Del tuo popolo le ceneri,non disperar
Il ben dell’intelletto ancor illumina.
S alsaron allor come torri d’avorio
Uno ,cento,mille respiri al vostro
Rio destino.
Anime pure che pur rischiar la vita,
non esitaron di gettarsi in mischia,
di strappar dalla lista quanti poteron
afferrar.
Co navi o carri,fuggiron,
Il foco non mangio tutto
Il ben vince, una fiammella
Non perisce al vento,
Eroica resiste.
Quelle voci disser no in coro!
Furon come gli scogli che frenano il
Mar quando si gonfia ,per molesto vento.
Quei campi muti del tormento
Dormon ma il mormorio,
il pianto,la fame sembran fissi,
nelle assi,nel cemento.
Eppur da quel patimento non fu la fine!
Per quanti caddero,tu fiumana
Innocente hai vinto.
Quando in un campo di grano
Cadono fulmini,nel mite giugno,
e divorar tutta la bionda valle di spighe,
si lamenta il contadin,ma se ben vede
una spiga è salva e allor
si rallegra: e’ un nuovo inizio
Memoria di un cavaliere
Ho visto le bianche mura di gerusalemme,
ho creduto nel Dio celeste,ho combattuto
in questa veste,il ferro al mio fianco
il cor rosso batteva e ardeva come
brace in inverno.
Ho sentito il mormorio del mare
E il vento che ha soffiato nelle
Vele,che dalle calde spiagge di palermo
M’ha portato alla terra del giudeo.
Romba di tamburo,
un giubilo nella gola
cresceva ,cresceva
come fanno l’onde
tormentate da correnti possenti
le fanno franger sulle rocce
schiuma ,e fragor si perdono
nei gorghi.
Gridavam oltre la nostra vita:
“Deus vult”
E non temiam ferita!
Archi gia pronti a lanciar le
Piumate frecce,pensieri volavan con
Quelle.
Rosse come scintille di un fuoco
Nella notte eran le stelle piu belle.
Il rumor del ferro,e del sangue
Un unico canto,
un unico feral inganno.
Volti sconvolti
Oltre l ‘alte mura ,
pelle brunita,vesti straniere
ma pur un tutt’uno dell’unica famigli
umana.
Anche lor invocavan un dio,
un vissillo del loro amor.
Ma ove eri dio in quei
Di’che avean il sapor
Della fine?
S’alsa il vento della guerra
Ma non reca odor di
Gelsomino del pungente
Frutto d’ascalon,di aranci in fior
Ma pute l’aere di odio e morte.
Combattiam quinci per dio
L’orgoglio o l ‘onore?
Tremar il soldato bardato
Al primo cenno di battaglia
Scalpitar i cavalli al lor destin,
morir un fanciulletto
che col flauto scaldo’ gli animi
e or a cristo l’alma innalsa,
gli occhi si chiudon su una landa
amarara,guasta.
Al fin della pugna
Ebbi pesto il cimiero
Trafitto lo scudo
Spezzata la lancia grondante
La lama.
Cosa resta della mia carne?
Solo il ricordo,l’ossa
Carezzate dalla sabbia d’oriente
L armatura,bevette la mia vita,
or rugginisce al tempo,
lontani or i giorni di gloria!
Peristi anche tu prode cavalier
Sulla terra d’antiochia
Non ti solletican le nari il profumo
Del cocco,della mirra .
Che cosa è questo male
Che ti opprime?
Solo la fine di una vita,
il rimpianto d’una ferita il segno della
follia!
La tua polvere si perde nel tempo,
all’altissimo l’ultimo verdetto!
Giaci e piu non dico
Per amor di Dio hai preso il ferro
E dato il cor.
Mite novembre
Ove sono quelle foglie rosse autunnali?
Ove le piogerelline lente sulle
Piante or stanche?
Eppur di un manto foglioso e coverto
Ogni sentierio che par non veda piu ristoro.
Novembre di mite veste mi rammenti
L’estate che fu con quelle mattine smarginate
Di sole tra il tremolar del mare e il bianco
Del ciel ,quinci la prima pallida luce
Ristorava il giorno , tra frinire di cicale
E odor dalla marina di cocco.
Dolce questo mite novembre di giornate
Spensierate di soavi venti men aspri
D’ottobre !
Ma tutto cambia di giorno in giorno,
finira questo mite clima dal sapor di maggio,
e dicembre mordera il cor e il
paesaggio,tornera il fischio del vento,
sara’ grigio il ciel ,attendero’ un candido
e soffice manto di neve
Ricordo
Io ricordo, gli anni che furon ,
si dolci e cari che or mente e cor
son prese da cotal piacere.
I volti di voi, le voci,
e gli amati sorrisi ,tutto fa turbinio
e il passato punge e commuove!
Ah dolce tempo antico,come vorrei
Solo un ‘attimo ,ricader tra le tue braccia
E risentir con sensi mortali quel che fu’!
Quanti sogni spendavamo tra quei banchi
Quanti sospiri che or sembran un sogno.
Eppur fu’ tutto vero!
Come una sol anima un sol sospiro
Vivemmo un comune destino,
una sola strada e or si tace.
Se quelle malinconiche mura
Potesser narrar sarebbero gaie.
E tu silente compagno che hai cullato
I nostri giovani e freschi sorrisi,
hai gran segreto.
Quanto è bello esser giovinelli
E innocenti guardar il mondo
Con il puro spirito,noi fummo cosi’!
In maggio quando la primavera
Dilagava in ogni dove ,
l’ aere sereno e odoroso inebriava
e il sol filtrava sulle nostre finestre,
allor un poco i pensieri volavano via
lontani dai pesanti studi,
e ci perdavamo nell’ infinito
Ma or siam qui’ ancora
Contro le beffe del tempo
Che ci separo’ per condurci su
Diverse vie , ognun il suo sentiero.
Ma cio’ che è vero e saldo
Non si perde come sabbia al vento
Non perisce come il timido giglio
In inverno!
Qui abbiam ritrovato il comune sentire
Il comune amore.
Anche se il tempo ha piegato e mutato
La nostra pelle, non svanira’ mai
In noi quella fratellanza di un di’
Quell ‘ entusiasmo di fanciulli
6 novembre 2015
La forza della vita
V'era un campo,ove svettavan fieri i longilinei
Pioppi,le dure querce e il fronzuto abete,
Che domavan il fischio del vento!
Piu' in basso esili e mosse dai capricci del tempo ,
Un manto di bionde spighe ,or piegate dalla pioggia
Or beccate da furive creature.
Eppur fiere dominavate il paesaggio ,
Nel caldo giugno tra grilli e verdi lucertole
Al sol stese.
Un biondo mare si moveva al soffio del vento
Un profumo soave di grano.
E li' giungeva ogni di' un rugoso contadino ,segnato
In volto da anni di fatica,di barba incolta
E canuta chioma.
Armato inver di scure ,
DOCILI spighe piegavate il capo al sicuro taglio
E s' univa nel capo sudore e amor
Per la terra.
Un pugno di grano poteva competer coi signori
Della collina,una manciata di spighe ,eran
Regine del prato .
Nel seme la vita ,ne faran soffice pane
Si nutriran i fanciulli saran conforto a
Mille e poi ancor piu di mille sconosciuti.
Siam anche noi sementi del mondo?
Anassagora antico illuminaci il sentiero!
Uomo anche tu vagavi nell'universo,
Prima d'aver terra nel grembo di gea!
I bei vermigli fior ,le pavoneggianti rose
I candidi gigli,la dolce lavanda
Tutti semi un di'!
Non siate dunque superbi
Robusti alberi dal tronco intonso
Da un pugno di semi la vita!

I misteri della vita
Qual forza vi spinge ,O sementi del mondo,
ad unirvi in tal armonia?
Qual mistero uni’ il possente monte
alo scoscesso colle?
E voi chiare e cristalline acque
perché vi uniste al lago ,al fiume ,al mare?
Nuvole del cielo svelate il vostro mistero:
vi spinge il vento o chi vi creo ‘
oltre questo terreno regno?
Cara quercia con fronda e frutto dorato
nascesti anche tu da quelle eterne sementi
che vagan per mete ignote nell’universo?
Anche tu ,uomo,dopo la tua morte
come quelle sementi ti diedor vita
al volger della fiamma che il cuor avvampa,
ritorneran anch’essi a vagar per gli eterni misteri
La specie umana
Finche' il cielo sara' fulminato dai raggi del sole
che il giorno rinnova
e l'astro volgera'
l'inizio della notte
e il volo degli uccelli
sara' perenne
allora esistera' la specie umana.
Finche' le acque
verranno alla costa
il fiume scorrera' nel suo letto
e il cielo s'effondera' di azzurro sterminato
allora sara' vita
Poscia le grazie
render eterno tal regno
ma se il manto di Marte
signor della guerra
tessera' le trame dell'oblio
alto pericolo verra'a piaggia.
Se l'uomo smettera'
di tender la mano
ai rossi frutti e l'alberello stanco
e di non esserer umil
di fronte al creato,
allora lui piccola cosa,
goccia d'acqua nel mare
sara' della natura
vittima indifesa
Elogio alla poesia
O sacrissimo tempio della poesia
a te vengo umile e curvo
qual fedel servo
a te ogni gloria innalzo ,
perché di scriver sulla carta
cio’ che il cor detta ebbi omaggio
Rifugio sicuro per gli amori infiniti
a te vengono i figlioli
che del mondo han dispetto
e con occhio vedon il sospetto.
Di quanto amor la carta ammanti!
che sogni che sospiri l’amata fece
quando l’amante ne scrisse i versi
per sussurrare infinito amor.
Quella perdea coscienza del tempo reale
volando in ignoti lochi
ove si perde l’infinito.
Onore a te ineffabil essenza
che il cuore dei poeti rendi caldo.
Nel petto la fucina
e il calor li si in fonde.
Maestra, a quanti toccasti il dolce capo?
a quanti dicesti “tu sei il mio eletto”
A quanti movesti la mano a scriver versi
che son piu’ dolci del latte e miele.
Quanti ne vo a nomar e rammentar,
non basterebbe tempo mortal.
Da Saffo a Virgilio che di Ilio canto’ la fine
al buon Giacomo che oltre il colle
si perdeva nel mistero.
Alla carta,alla carta correte O santi poeti
che si posson vincer mille guerre
parlar al mondo non spargendo piombo .
Per i posteri e ai posteri lasciate il vostro dir
che sia base del mondo nuovo
Ed io a te madre d’elezione
umile vengo alle tue labbra
attingo nutrimento per il dolce poetar.
Temporale estivo
Di gia’ e caduta la pigra
pioggia,e tosto le vagabonde nubi
han lasciato il minaccioso cielo
libero da ogni insidia
Si sente ancora il delicato cadere
delle ultime gocce di pioggia.
Dalle foglie stanche ,dai pini
ricurvi dai salici curvi,
s’effonde l’odore acre di terra
bagnata smorzata dalla
caluria del meriggio ,e un grillo
solitario rinnova il suo ontoso
canto.
Si liscia le penne un passerotto
solitario,che gia’ s’adopera
a cercar nuovi rami ove posarsio
magari sotto un tetto o su
un comignolo spento.
Da un punto all’altro del ciel da
poco rasserenato fa capolino
il variopinto arcobaleno che
s’erge come un ponte,un ponte
che unis ce i sogni e i labili
disii di chi gode’della generosa
acqua
cosi’ un ‘altro giorno estivo
volge al suo ire,
tra i sospiri i giochi vivaci le
rane gracidanti ,timide rose
matide di
rugiada ,gli amori fugaci.
E al vespro tra il confondersi
degli ultimi raggi,
e il rosseggiar del cielo che par
si tinga di sanguigno ,
conta i giorni il buon contadino,
e sa che infondo l’autunno non è
poi cosi lontano
Vento d'estate
Lieve e dolce soffia sulla terra riarsa dal sol
tra le chiome sopite dei pini
nelle ore del meriggio,
soffia e con se porta
l’allegro frinir delle cicale in festa
soffia sulle spighe d’oro
sul contadin all’opra intento
soffia sui fanciulli arrossati
intenti in innocenti giochi
e par negli occhi loro
si respiri tutta la forza del creato.
Spira O vento leggero su tutte le creature
e par che quella verde lacerta
nel vento e nel sole rinasca .
Il tuo tocco soave qual gioia porta al mondo
e in special modo in quei dì quando
il gracidar delle ranocchie mai si resta .
O vento beato come vorrei da te esser rapito
portato in antiche mete nell’azzurro infinito
per conoscer ove tu abbia asilo
soffia anche su me
O figlio d’Eolo
io figlio dell’uomo
L’antica quercia s’ergea sulla
collina
e mirava i monti d’intorno
i comignoli fumanti e il lavoro nei campi
Non temeva ne ‘ pioggia né vento ,né l uragano
devastante,
né grandine o saetta.
Vedea in autunno morire i brulli campi,le altre campagne
e li ì per prima rinascer l’erbetta al delicato soffiar di Zefiro.
L’aroma delle imponenti fronde si spandea nell’aere mite
diffusa dalle piu’ miti correnti d’aprile
Forte tronco quante storie narreresti,se sol potessi far verbo!
Gli amanti al sicuro
dei tuoi rami sussurravano dolci parole,che l’amore instillava
nei generosi cuori.
Quanti pensieri, quanti progetti
·madre benigna-
in te trovo riposo la coraggiosa rondinella
che dalle terre infocate dal sole e dalle piogge aliene ,
varco i confini sino a te ,ostello dei propri figli!
Veniva a te un fanciulletto di fiori adorno ,
un figlio dei campi
e te prendeva per suo gioco:
nascondersi dietro il tuo tronco
mirar il paesaggio al tuo fresco riposo!
O eta’ di giovinezza spensierata,quante corse
fino alla quercia ,alla signora della collina!
il duro inverno ,fischiando e ululando ,franse ramo ,
ma tu non fosti mai incenerita comeSemele antica.
Muore l’uomo coi suoi progetti e speranze
muta il paesaggio astante,ma tu al tempo non dai governo.
Ricordi quel fanciulletto che veniva festoso tra
il meriggio e il tramonto?
Mai più verra’ al tuo sguardo:
se tanto guardi ai tuoi pie’,
vedrai un bianco marmo che serba colui
il quale giungeva con fanciullesco passo
All ‘or che si placarono le amare
lacrime
I singulti furono più lievi
E la voce riebbe il suo tono,
è tempo di placar quel dolor,
sia asciutto il viso ,il ricordo si fa
spazio al pianto.
Giungesti qui per le infinite strade del fato,
da subito in cor t’ho amato!
Curiosavi furtivo tra le stanze della casa,
spaziavi giocoso negli angoli del mio orto
qual meraviglia!
Tutto ti inteneriva ,le rose rosse
Che a te sembravan enormi
Ai fieri abeti che per te eran monti.
Scutavi l erbetta esile matida di rugiata ,
e ti rotolavi nel prato al meriggio,se c’era un formichino
o una timida coccinella, che gran scoperta per te il giorno!
A primavera ti tuffavi fra i soffioni
Che si involavano leggeri nella dolce aere
E con gli occhietti furtivi li seguivi
Disperdersi nel vento,
per te una pioggia di polline di mille e
piu fiori e qualche gridolino per spino di rovi
Quante volte ti ho visto ghermir
Una spaurita lucertolina
O un grillo fuggitivo!
Sta giungendo il bel tempo
Tu ove sei mio piccolo amico?
Troppo silente questo giardino,
s’ incupisce il cor se guardo d’intorno.
Le lunghe sere invernali le ricordo
Con te guardando i tuoi puri
Occhi profondi il veloce batter
Del cuor sincero,lo scoppiettar del camino
E il suo calor che avvolgeva entrambi.
Tornate ancor giornate lontane
Tu anima pia chiusa in quel corpo
Ha graffiato il mio spirito
E affannato ti piango.
Le foglie d’autunno marciranno
Sotto la greve pioggia,
che ancor di piu fa dilagar la mia pena.
Pensoso cammino per il mio
Viale e un poco l’occhio si ferma a guardar
I segni dei tuoi unghioli su rigati tronchi
A voi compagni di legno il suo ricordo!
Il sepolcro ove t’ho abbracciato mesto
L’ultimo giorno non cancellera’ mai
Il tuo ricordo,
verro’ da te carezzero’ quella terra
sentiro la tua alma
luce siamo in fisica materia
in te è spenta ma arderemo ancora
insieme lontano dai legami di pietra
o mio eterno amico gatto
In ricordo di una madre:franca
avarino
La bella signora s’aggirava
Nel suo orto ben ricolto,
tra ortensie e spezie.
In primavera la luce del sol
Illuminava il tutto,
tant’e’ che io mirando
con fiato sospeso ed emozione
pensavo l ‘intero universo
li si fosse riparato.
Ancor sento i profumi
Del maggio antico
Le vespe fuggitive ronzar d’intorno,
facendo il nido
grilli saltar su molli fili d’erba,
rondinini cinguettar all’uninsono.
Odo la voce di colei,padrona di quel mondo
Ammaestrar con perizia
L ‘idilliaco spazio.
Tagliava con sapienza i rami
Di odorosa ginestra dalla corona d’oro
Per ornar la casa o atto di fede.
Il sentor pungente della verde menta
Si librava nel tiepido vento
Portando con se aromi dolci
E il buon tempo.
Che pensavi bella signora?
Forse mentovavi l’eta
Di tua giovinezza e spensierati sogni?
Ti vedevi giocar tra quelle erbette
Piene di vita?
Lontana la terra ove il tuo primo vagito
Ruppe il silenzio
L’amor prese il babbo e la mamma.
In quella patria che tende
Un braccio al continente
E il viso all’africa,
si spendevan gli anni migliori.
Io che lasciai la fanciullezza
E venni a eta’ piu’ dura
Fui ammaliato per an ni
Da quella visione
Di te che amavi quel lembo d’orto.
Facevi maxzzolin di vari colori
Ti carezzavi la riccioluta chioma,
donna quante storie hai vissuto!
E i tuoi occhi eran specchio del passato
Grazia del cor tutto era immenso!
Or tutto pare sia fugace
La memoria impallidisce
E la tua voce tace.
La casa ha cambiato pelle
Altra gente per le sue stanze
Ma la luce si fa ancor di foco al tramonto
E d ‘argento all’alba.
Tu or non sei nel regno della materia
Non ti abbisognano cibo per vivere
Acqua per non morire.
Recati nel sole,nel mondo dei sogni,
ove i pensieri sono piu’ puri
le cose diafane!
Qui è e sara sempre il tuo orto,
risorgera’ ancora in maggio,
quelle giornate i gridolini di noi bambini
giulivi dopo un breve temporale
le rivivo con la memoria
lieto mi sia il ricordo del dolce vivere
Mani,che allor lasciando il sicuro
ventre
Sono il primo tocco alla propria madre
Il primo assaggio con il mondo.
Mani che posson dar vita a cose d’alta fattura,
per durar al vento dei secoli.
Quando michel,figliuol di leonardo dal
Freddo marmo diede vita al davide,
e quel maestro da vinci,dipingendo
rese eterna la bella sposa del giocondo,eran
le mani che guidavan quegli spiriti.
Il figlio di salisburgo,le corde del cor
Dolcemente carezzava,le sue mani
Correan leste sui pallidi tasti,
note d’amor salivan soavi
Da Bonn un vento di passione
Infiammavan gli animi
Scorrevan sapienti le sue mani sulla
Ruvida carta”stellae signa sunt in caelo”
E di poi “fides et iustitia”
L ‘europa svegliava dalla sua pigrizia.
Quante cose potete voi O mani!
Giunte a chieder grazia alle alte sfere del
Ciel se un fiume d’amore qui piu non
Ristora ma il male avvelena e attosca.
Mani che asciugan un viso piangente
Se amor o dolor pungon il cor.
Mani che posson compier cose empie
Di cesare ne fu il segno,cadendo sanguinante
Ai pie’ di pompeo!
Mani che scaglian frecce veloci messaggere del male
Ansiose di bever la vita.
Ancor mani che stringon l’amata sposa
E cullan il dolce bimbo.
Quelle di cicero trafitte da una lancia,
che orror!per troppa amor di patria
quando i potenti del suo tempo s’uniron ,le perse.
Voi mie mani foste testimoni nel
Mite settembre dell’ultima carezza
All’amato padre.
Voi che or ci conducete in questo mondo
saprete un di’ toccar la nuova riva dei fiumi senza tempo?
Vi vidi dolci mani sogno d’amor inanellarvi ancor
Quando mia madre rinnovo atto di fede allo sposo
Al giunger del venticinquesimo anno.
Voi mani in bilico tra arte e musica
Poema serve d’ogni giorno.
La vita ha i suoi giorni gli uomini il
Loro tempo laverete un viso non piu
Concreto ma fatto di luce e aiuterete
Gli occhi a veder sorgere la nuova alba
Sulla bontà di Dio
Se il creator dell ‘universo versi bonta ‘nei
Suoi fiumi se abbia progetto di pace o soffra
Di quei difetti umani d’ira insulubile domanda
Mi tormenta ma non per audacia,O Signor
E’ nostra natura non sondar il divino
Troppo piccoli per osar grande ardire
Se tanto ebbero a dire i padri santi i figli del
Sapere che Sofia avean dalla loro parte
Sempre risuona:ove sei?
Non vedi come la tua terra suda sangue?
I tuoi figli mangian le carni dell ‘altro
Non v’ e piu pieta e or pure i pargoli
Bramano l arco e l’odio
In quel mondo di luce che le tenebre pone sotto
Il calcagno non si conosce menzogna e pianto
Ma tutto segue l ‘ordine della perfetta creanza
Gli spirti che lasciaron la malata patria fatta di pena e
Paura han gia dimenticato i crucci e i dubbi .
Sulla tua realta’ piu non han domanda tu sei l’inizio
Il farmaco dell anima.
Pietosi guardate a noi che abbiam sempre
Lagna,e anche il buono che v ‘era ha lasciato
L insidiosa barca chiamata umana!!
Dove sei amore?
Amore energia dell’universo piega il ferro
Risveglia la parte sana che e in noi,ringentilisci
I prati e che noi sian di pianto per i morti
Vengo a bussare alla porta di Dio
Umile e piegato come un cane dal suo
Padrone piu volte lacerato.
Son degno di violare le sante dimore?
Ecco gia mi son vestito di bianco
E servile come l umile giunco.
Padre,da a noi uno sguardo
Perdona quei figli che t’han piu’ violte umiliato,
anche color che ti servon in nome dell’unto
han perso la loro strada
“vi donai per infinito amor mia parte
Spirto fatto carne ma voi ciechi non lo lodaste
Su un ruvido legno schernito e fatto perir
Come capretto”
Siam dunque meriti della tua ira?
Come puo’ un padre lasciar nel fango e nel freddo
La sua discendenza?
“non puniro’ le mie creature aprite il vostro cor al vero
Lasciate che scorra purissima acqua nei vostri fiumi e non sangue
Che siano carezze al fratello e non piaghe
Qui si resapira nel mio regno l infinito
Principio della misericordia
Non siate sordi al mio verbo e vi condurro nella nuova
Terra lontano dalle miserie”
Allor presi ragione della sua esistenza
Capii quant’e dolce quel frutto
Dell eternita ,quando si spegnera la luce
Su questo mondo,non saremo cenere per
Sempre ma s’apriranno le porte del nuovo
universo
Occhi
Occhi ,prime lanterne del nostro vagito al mondo
Dal verde ,al nero,celesti or tagliati ,or lisci
Ma pur sempre occhi!
Occhi gonfi d’amor ,se la dolce punta di cupido
Stimola il cor e par che un coro d’angeli
Canti all’uninsono,oppur opachi ,se il dolor prende il petto
e corrucciarsi gia il volto al pianto.
Occhi furtivi ,che non han coraggio,o per timor di
Guardar l amante ,si fan rosse le guance
E guardan or qua orsa in un gioco di sguadi.
Quelli ingenui d’ un fanciullo,che ancora non conosce
Quanto e’ amaro e velenoso il mondo.
Tanto vorrei che l ‘umanita’ mai fosse adulta
Ma sempre candida con la purezza d’un tempo.
Occhi severi d’un padre ,che ravvede il figlio
Se questo per marachella o malcostume si perde.
Ed io quante volte vidi mio padre accigliarsi
Per cattivo verbo o malfatto!
Occhi che bacchettano lo scolaro quando del saper
Si fa beffe .
Ma non ponete odio ,saran doni per la vita ,
memore son delle dure giornate in compagnia
delle piombee carte.
Occhi pieni di rancor ,quelli del popol di Francia
Che non ebbe pieta’ ,quando il misero Capeto
Saliva al suo capestro ,tra grida e gioia la testa finiva nel cesto!
Occhi fissi al ciel a scrutar le stelle eterne luminose e belle
Il Nazareno lavo’ il mondo con le sue lacrime dal peccato
Per non far cader ogni anima nel lungo baratro ,quando
Si chiusero tra sputi e scherno ebbe pieta’del suo creato.
Mirate in san pietro la pieta’ vaticana sembrava che
Avesse vita la pena d’una madre a mirar ai suoi
Pie il figliol nell ‘ultimo strazio .
Occhi di innocenti che han visto piover fuoco ,
scorrer sangue nei loro torrenti,spose pianger per mariti
lurida piaga il tuo nome è guerra!
Le iridi pien di coraggio del milite
Brillavan come due fiammelle ,
la morte avea in sprezzo ,per amor di patria
volentieri affido l’ alma al ferro
tra affanni e rimpianti ,cadde al suol
tra i bei vermigli fior.
Dolcissimi lumi che avete visto tramonti
Che infiammavan l’orizzonte
E la sera trapunta di stelle,
io vidi i conosciuti luoghi
nei caldi meriggi d’estate al vespro
il rosseggiar del sole dilagava in ogni dove
faceva specchio tra cielo e mare,
mentre s’appressava la notte scivolando
dal muto monte.
Cerchero’ per sempre il tuo sguardo
O madre ,che ho amato dal primo di’,che
Mi cullasti ,per me è sicuro appiglio
Ai mali della vita ,sicura traccia sulla retta via.
Ed andro’ oltre le soglie del tempo ,per guardarli
In eterno tanto comprensivi e cari.
Temo di perdermi nell ‘oblio se tu non mi
Rischiari il cammino con le tue gemme.
Ho cantato occhi che han diversa natura,
or mi quieto dal mio sondar ,
mi volgo al fin al Dio benigno
occhio del mondo
abbi per me cura,guardero’ un di’
il tuo volto immerso in un fiume di luce |