Poesie di Corrado Cioci


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La sposa del soldato
All alba parte  il bon milite  di schioppo armato,
di spada cinto di coraggio  invitto.
Il bel cimiero adorna il giovanil volto
di chi alla guerra  sente il cor pronto.
Ma ,nella stanza  profonda  sta una donna ,
nel pieno dei suoi anni  prega  e in cristo si conforta .
La dolce sposa  non udra'  il  brontolio  dei cannoni  ,le cariche  variopinte di fanti.
Sta lì accanto alla sua finestra  ciondolando
una corona .
Povera giovinella che assaporavi  i giorni pieni
di  sole  e campi inondati di luce  ove correre col tuo  sposo  godendo dei frutti d 'eros.
Stare lì al frinir delle cicale e bionde spighe odorose.
Conta i.mesi come un doloroso scandir del tempo  .
Sente la sposa un gran dolore in petto  ,quel che lui bacio teneramente  al sicuro nel letto
Fuori cadon le piogge l 'estate  segue l' autunno  dai miti colori.e dal silenzio del tutto.
Oh giorno  pesante  e greve  come opprimi ,
quando il tacer rende i pensieri  ostili.
Nell 'orto la vita continua  le foglie cadono tra erba e secca ginestra ,giocosi scoiattoli  raccalgon  le ghiande  novembre  pressa e incalza.
Il viso sempre  li infisso tra finestra  e quel piccolo spazio della vecchia cascina .
Non s' adorna più la chioma  non son più rosee le labbra
Le vesti non piu  fresche di lavanda
Ma il solo pensiero  dominante  è l amato sposo ,lontano  al freddo  tra ferro e scoppio.
Teme e freme la dolce  mogliera il tristo nunzio .
Il consorte  caduto  da eroe  al foco nemico ,
l' alloro  della gloria.
Inver nulla copre l orrido inganno
dell uomo sull' uomo
IL vostro spirito riposa lì nella nella terra  avida  ,
a lei  al fin solo  una medaglia  ed il cordoglio
della vita che è andata
 

Le pigiatrici d'uva
Salta salta bel piedino ,
nell 'uva fresca ,odorosa di vento ottobrino
Le verginee fanciulle fanno nel mosto una danza antica e allegra .
I grappoli si sciolgono in dolce nettare ,
rosso sangue di bacco .
Tutta la cascina è in festa ,
Carri e Carri d' uva dai bei vermigli colori ,
tirati a forza dal pio bove al giogo ubbidiente.
Danzate nei tini di castagno stagionato ,
si sprigiona nell 'aere festoso qull' aroma
d' erba ,d' uva novella frizzante.
Nei tinelli le. donne all 'opra intente
tra gli schiamazzi dei pargoli ,
riecheggiano canti agresti di chi sa quanto e dura
madre terra .
L 'effluvio d'ottobre s" unisce al profumo
della pelle delle giovinette che unite per mano fino al ginocchio affondano .
Gia' il succo esce copioso con il color del uva fragola che par sangue del cor della natura .
Di poi i tralci foglie tutto si pone alla pressa .
Sta il bon fattore e pensa agli anni suoi,
sudati tra campi in polvere.
Pensa al suo vino che darà conforto
nei duri mesi avanti il foco.
Che giorni soavi il primo autunno dona ,
un mite clima che ha ancor il ricordo d estate quel filtrare della luce tra le foglie gialle la serenità d 'un cielo non gravido di nubi .
Intanto nel cortile s' accendono le fascine,
edd il fumo si perde , si sposa con la fragranza
del pane,del legno imbevuto d 'acini ,
di carni già alla piastra .
Un vociare un giubilo di gente che canta ,
l' antico rito con fanciulle spensierate
a pigiare .
Questo e un bel vivere del tempo che va
mentre more il giorno coi suoi bei raggi
su un di' fecondo
 

Due marzo
Amor d'arbore e d'arbore funesto sonno
perché il rio destino sono' per te quel giorno
dolenti note.
Nasceva marzo e di primavera era tutto un canto.
Tu assai contento nel sol ridendo eri come solevi all' opra intento .
Ma il silente inganno era già al suo mero intoppo.
Un tronco che lavoravi con certa mano,
fu complice e nemico , mettisti in fallo il pie'
dal legno,cadevi in rapida discesa per spirar
tra terra ed erba .
Oh fato beffardo che giochi a dadi con la vita umana ,come fanno i rugosità marinai nelle stambeerghe del porto ,che litigiosi vedono tutto nel bussolotto , schiamazzando gridano un due un tre o doppio due.
Allor come il mare accoglie la nave in docili acque se il vento è amico ,
O la tempesta lamenta la sua pena
e vuole nel gorgo il naviglio ,tormentando
gli scalmi,
al pari tu vecchio tessitore di sorti,
se ci arridi ci conduci per roseo cammino ,
ma se trami ci pingi in rovinosa valle.
Giano ,ti apri' doppia porta tra la notte e il giorno lui che vede di lungi gia' sapeva
che il guacial del mattino non avrebbe avuto piega la sera .
Fai il tuo viaggio pellegrino metti poco pane in bisaccia che nel convento senza pena
non ve fame ne miseria.
Va Oh uomo pio e dii agli alti dottori
che qui sulla terra si versa lacrima alla partenza .
Con l 'amor che dietro rechi ve certezza di clemenza , che non fa male il giudizio .
Cosa rimane quando la carne e cenere e vecchiezza ?
La veste celeste, che in eternità riflette
l'infinita gloria ,solo quella ci resta da uomini, e della memoria

Dedicato al caro Giancarlo morto prematuramente
 

Guerra in follia
Ares furioso ,odiato dio ,riottoso funesto ,
batte i suoi tamburi all' arme ,voca l' animo guerresco .
Ma mentre nel giardin glorioso dalla cintola marina, già e in festa la madre offesa per la sua Perserfone ,
oltre la terra di valacchia s' ode un pianto,
un gemer del popolo che vede affranto il sol natio.
Riceve tra neve e ghiaccio il sangue caldo
d'animo invitto .
Gelidi.monti state a guardare contanto
oltraggio. ?
La terra sovrana non mostra il capo al suo capestro ma canta inno di vita di libertà incatenata .
Allor uomini fieri correte incrociate i ferri
che il metallo fenda l' aere nevoso e nebbia .
Le acque del Tanai si ribellano si gonfiano,
alla follia che in cuor dimora ,
non vuol resti di padri e figli nei suoi gorghi.
Ma il limaccioso fondo ne vedrà se
piombo li spinge al fango.
Tanti volti da lacrime e pianto ,
preci al vento e ognun al sacro.
Ferma madre Europa questa danza
che non ve nessun ovazio nel triste teatro.
nella candida landa il vital liquore si commista di rosso di bianco ,
nell 'ultimo giorno di follia e inganno .
Pasqua Aprile chiama,
saranno sereni i campanili ,
le rondinelle nei loro nidi,
del mero ferro fate lame per dolci
e vivande ,
non cerchi più lo straniero.
Le fragili manine non tocchino più lacrima,
ma ogni bimbo abbia la sua pisanca .
L 'adorni con nastri ,fiori primaverili.
I pensier più fini ricoprano le brutture ,
e tu fanciullezza torna a volar nell azzurro che t 'attende

Autonote:
1)Il giardino glorioso è la nostra Italia

2. )La madre offesa e la dea Demetra
ade re degli inferi rapi persefone figlia di Demetra .
La madre ottenne da ade che sarebbe tornata sulla terra dopo un periodo di tempo e cioè il periodo che sarebbe la primavera la rinascita della vita e la gioia di Demetra che puo rivedere sua figlia

3. )Il Tanai è il l antico nome del fiume Don che scorre tra Russia e ucraina

4. )La pisanca (pysanca ) è un uovo decorato dai
Bambini ucraini durante il periodo pasquale

Gli angeli decaduti
LE bianche penne avete perso per amor perverso e ghiotto ardore di maggior guadagno.
Or vedete il dolce cerchio dal tristo abisso,
ove vi pose l esser superbi al creator,
che plasmo' stelle e pianeti.
Chiusi in eterno nella spelonca nera ricordate i giorni d' esser belli purezza nata ,
avulsa dalla colpa di poi macchiata.
Neri , combusti nel foco sporco ,
nel sudicio letto ,ne giorno e notte vi da
conforto.
Ove sei speranza gridan in coro!
L' orecchio e' sordo a cotanto lagnar di perdono già furono fatti i giochi quando voler esser più fieri cavalieri che umili stallieri
Così decade per superbia chi si loda e ingloria .
All' umana semenza che alza voce e crede di squillare più d una tromba ,
memori l 'atto di superbia ove porta !
Angei belli e capricciosi ,
guidate il buio l' eterna notte ,
fare dei vizi vostra virtù,
del fango la vostra gioa .
Quivi son posti i riottosi alla legge
all amore alla vita .
Chiasso si leva ed orgia di peccato ,tra fumo lacrime rimpianto.
Una ed unica voce in coro,
ancor maledice il di' del gran misfatto .
A capo chino sergenti e fanti
della grande ruina
tramano all 'alto cielo vendetta
e rapina.
Anime bionde come siete fatte brutte
alla disfatta !
Se fosse meno grave il chiedere grazia ,
forse a pietà si sarebbe mosso il buon pastore ma inver battete ancor il ferro dell arroganza
Qui si ferma il vento di primavera e il grazioso volo di rondini
la spe è più nera della sera.
Amor e solo amor che vinci pieghi
lance ,scudi ,
sii nostra fortezza.
Noi che abbiano ancora carne
e rossi tramonti ,
restiamo d 'esser nave per tempesta .
La cava bieca è prigione dei miserrimi
Impenitenti
quinci ci illumini la luce del giorno ,
perché non siamo pellegrini in quella
foresta nera ove more il ben che in noi
alberga

A un passo dalla sera
Prima che finisca il giorno,
mira nella crepuscolare luce ,il volo di placide
rondinelle che tornan dai cuccioli affamati.
Rossa e vivida ,fine delle ore diurne ti scurisci diventi fredda ,si veste di stelle la notte.
Si brindi nei lieti calici perché la vita è breve ,
quanto un giorno che more di poi nulla rimane se un labil ricordo ,quinci perduti paesaggi miti stagioni ,e venti di maggio spenti ,nel nostro breve passo.
Agli amori fugaci , furtivi, gli amanti che ruban baci e sogni che si frangeran come le spumose onde, nel silente pianto del mai dato sperando in novelli intrighi facciano del giorno il loro perdurante tempo.
Pur i rami in fiore pria che il sol tolga il suo talento,donano soavi profumi,
dolci aromi chd fanno sognar
Infinite volte nel bel mese delle rose.
Rimembro ancor quel rossor del cielo ,
quando lo guardavo con occhi di fanciullo,
Il frullio d ' ali il cinguttio frenetico
la brina della sera !
Prima che finisca il giorno
vivi , non lesinare ma godi
del bel sereno della bionda luce
del suo calore
dei rumori e sapori .

dormire ,sperare ,lascialo al domani

Amore
Amor ferito illuso,tradito,
volea l 'eterno giorno ,i variopinti colori
d'ogni raggio, inver fu nutrito dal gelo e perenne notte .
Amor battuto,vinto da male promesse ,che poi non son d'oro le parole ma si piegan come stagno .
Tu che non fosti vigile al mal chr spira sei stato piegato dal vento ,quelle forti correnti ,
che frangono i rami disperdono le foglie.
Un seme malvagio infetto' gli amorosi sensi quinci cambiavi pelo ti inaridivi qual ruscello in agosto.
Spento giorno per giorno,rinsecchivi , povero germoglio del cor mio.
Scintille vive e gaie nei tuoi occhi di chi la vita morde ma non sa quanto veleno scorre ,
Amaro fiele.
Amor unico, puro ,forte roccia ove era dolce
ogni ora finché non moriva il sol,
e ancor più le furtive parole
dolce sentire il ritorno della sera ,
tutto ciò il petto ravvela.
Ma ciò che nasce non more miserrimo ,
ne si consuma cone cenere.
Ritorna a battere se buon foco
arde in vena.
Come le spore dei fiori non sono marcite in terra ma danno nuova vita dove li porta il carro d eolo ,
gli amori germogliano gaiardi leggeri,
Felici .
E tu randagio,pellegrino ,
trova nuova radice ,
novella goccia di sangue
per esser schietto,
rinverdire ancor .
 

Il fanciullo che non divenne uomo
Tristo pianto per te oh fanciullo,
che hai sentito il tetro bacio della morte ,
una lunga eterna notte prima che sorgesse
Il giorno.
Ora sei nella nuda, brulla, arida terra ,
tu seme della vita non germogliare mai.
Il dolce fischio del vento tra i rami secchi
d' autunno non allietera le giornate ,
ne quella lenta pioggia novembrina ,
ed il calor de foco nella casa Infreddolita.
Mai sarai padre,nonno perché la ria sarte
sciolse per te un lungo riposo.
Le Forcidi non segneranno il tuo ultimo cammino ne le Grazie il vigor dell inizio.
Ampi prati in fiore dolci dolci soffi di zefiro
fresca natura che rinasce .
Eppur in tutto non sarai attore ,
solo silente spettatore.
A chi gli abbracci ?il mieloso bacio d 'una madre ,il canticchiare delle nenie la notte ?
tutto tace .
Il gelido sguardo di Tanato porse madre e figlio sotto il peso del marmo
Ambedue in un unico passo, vita mai nata ,
e di lei un troncar gli anni sereni.
Così maggio rimbiondisce il giorno ,
risorge la rosa al canoro volo d 'api
rosseggiano i papaveri .
Una rondine. venga sulla muta pietra,
annunzi a voi la primavera !
Ma lacrima il volto di chi vi amo'
per tanta cruda amarezza
 

Tuono
Plumbeo ,pesante,spento questo ciel
m'appare.
Scoppia ovunque la folgore e l" orizzonte
par un mare di fiamme
Rintrona per tutto la sua estensione il rombo sordo dei fulmini, un lamento antico che viene dal ventre del bell'azzurro.
Pioggia che piega la mente, cade copiosa come pianto d'una donna .
S'abbatte ovunque e piove dai monti ai colli
ai muti marni .
Bagliori sinistri , violenti e cupi
a rischiarar di lungi.
Esplodono i lampi come bocche di cannone
v'e' forse una guerra tra quelle nubi nere ?
Giove tonante come solerte arciere scaglia
le sue saette e quelle martoriano la livida notte .
Che far dunque?
Scintillio sui vetri freddi tra acqua e foco
nel buio si scorge solo qualche ramo tronco .
Niun sa ove cade sibillando questo fragore , ma lacera il silenzio tra il ticchettio della grandine e vento.
Tutto par un fremito di pavor .
dalle case alle umide cucce ,
pur il fogliame fugge dal vento
rapito .
Ma,come s 'era di pelle leonina vestito il cielo
ruggente,a brano a brano si quieta .
Lontani e flebili son i fuochi il rossastro
manto si dipana.
Ecco di nuovo una limpida notte stellata
con il chiaror della luna ,
ed uno stonato gufo il suo eco risuona.

Il Marinaio
All' ora del tramonto,quando è più dolce l' aere e l 'inbrunir e' già pronto,si tinge il ciel d' un rosso profondo che par di sangue i polsi
laceri sian sfondo.
Un lento mormorio di donne e fnciulle ,
riempir i lacrimosi quai, e l' onde giu' nel porto fan da concento al malinconico coro.
Baci baci e ancor baci sulle sode guance ,
quando bellezza di gioventù arride.
Carezzevole e trista mano sulle chiome ,
e insu' le barbe di chi già conosce il mare.
E' l ' ora dei saluti delle parole rubate ,
dell' amabil dire ,promettere.
La grande nave ringhia nelle livide acque ,
spuma come se avesse fameliche canne.
Ad uno ad uno nel ventre di ferro s' apprestano,
Il bianco della veste stride tra pianto e doloroso abbraccio
Solca il pelago stanco ,tra vapor ,fischi
Il ferrigno naviglio .
Di lungi il sol e ancor più basso
Che si sposa con il silente gorgo della marina.
Che porti con te nauta?
L 'alba dei tuoi campi ,
Il focolare d'inverno
la pioggia fredda e greve .
Taccia questo lamento
Il bastimento non merita tanto
onore.
Riveda il cuor sincero
l' amor della tua sposa
lo sguardo di tua figlia.

Tempesta
Incalza la vagabonda nube i biondi raggi,
plumbeo il ciel si veste e mutisce la natura
attonita.
Sentor di pioggia si leva,
tutto tace.
Spazza la veloce mano d 'eolo il velo del mare ,ribolle dal fondo , si scurisce,
il blu profondo ,si muta al color della notte.
Soffia tra i poveri rami gia ' spogli un gelido
vento,sollevando in ogni dove la voce dell '
autunno.
Tremano le tettoie ,i comignoli fumanti ,
e il fumo si perde in giocosi vortici.
L' eco delle correnti violente nei boschi risuona,
In un pallido manto di foglie morte .
S' inseguono l 'un con l' altro questi ventosi
puledri che scalpitano ,padroni
dei pigri sentieri.
Ulula dai monti fino a valle ringhiando
la bufera .
che par lupo nella foresta.
E quando il fortunale giunge, punge per ogni calle,
tristo pensier percuote, come se il cor s' unisse all 'inquieto tempo.
Quasi a lacrimar mi porta
la pigrizia che arriva in sua scorta
S'insterilice il petto ,quai gli sterpi al brullo suolo.
Ma quietanza ,m' aspetto,
Che non faccia poi male
questo sospirar

La contadinella
Il pruneo frutto assaggiavi, un po acidulo
Inver ,ma ricco di quel sol che soverchia l' alte colline ,di lungi stan gli alberi come dolce
Imago , nella luce immersi.
Al far del mattino già verdeggia
Il bel pesco che s' adorna festante dei suoi violacei fior.
Tu contadinella assai felice per balzi vivi
I giorni più gai.
Li ,ove si respira aria tersa di frutti e fiori
sei spensierata ,voli nei campi al par d 'una vespa.
Odi rinascere la natura dal feroce verno,
che soffio' vagabondo per ogni colle
un gelido spirar.
Ah giovine vergine, dai sorrisi vivi
come ti poni serena tra i pini,
che donano al sussuro di primavera
l' alito di resina .
Sta a capo basso il bue domato
I solchi scavar ,
al giogo dell aratro piegato.
Spandono i semi i molli venti e di uccellini
un canto.
Eppur nella nera zolla polverosa ,dura
non si spegne il tuo melodico intonar
non ti tingi di fango,
pura rimani nel duro rassodar.
Ciliege , fragole
Saporiti lamponi
son il tuo manto ,
e ne assaggi le primizie
con la rosea bocca.
Che bel veder
Che dolce vita!
Ma orsu 'senti
gia i rintocchi di campana dal borgo?
E' il vespro che s'avvicina ,
corri alla tua cascina.
Fochi alti e giubilar contenti
l altri tuoi pari
Carni succose
E fumi densi di prelibati
manicaretti intringono
la sera, .
Di gia la caciara rintrona
per l 'attesa festa .
Torna il sereno suo visi
arrossati e l 'odor di terra
si spegne su abiti profumati
di lavanda.
Stan allegri alla brace,
sognano tra vino e abbracci
vecchiarelli e figli.

2 novembre
Al tuo avello muto,
vengo ,recando un fior.
Non muore nel freddo marmo
chi amammo in cor.
Or i santi , gli angeli
Il cristo signor ,il tuo albergo ,
ma vive e spira il vivido ricordo.
Odorosi crisantemi,e mille capolini
Impregnano l 'aere d,intorno
Il calpestio, il vociar sommesso
alla lapide.
Ognun e tristo all 'amor perduto ,
solo il malinconico rumore dei giorni
passati.
Il secondo di' novembrino ,
porge il suo onor ai figli del perpetuo sonno.
Questa pallida natura di foglie morte,
dal lento scandire delle ore ,
dai venti più frizzanti e dal picchiar della pioggia sui vetri ha un sapor diverso.
Lunghi viali di pioppi ricurvi ,
ed il gracchiar d 'un corvo che s 'attarda
Di poi longilinei cipressi che svettano il cielo
ed una lunga infinita distesa di lapidei cippi.
Amen sussurrato a viso basso ,
mille più pensieri a rimembrar.
Il crocchio s 'unisce alle preci,
In questo giorno del ricordo

Cielo d 'ottobre
Mirando quel ciel quando l' azzurro opaco
more e di lungi la lingua del vespro già vole il suo passo ,mi perdo pensoso tra
le rossastri nubi .
Nel silenzio del tardo meriggio
vanno i miei pensieri a migrar,
come stanche colombe dopo duro viaggio.
In quel muto spazio, vedo gli orti
malinconici, e quell 'antico sentore di foglie ,
che mi rammenta giorni lontani.
Il gran pino festoso ,odoroso di resina
or tace e nonpiù spande al vento le maestose chiome.
Il castagno ricolma di ricci il.suolo,
sento l' aroma dei duri frutti sulla brace,
Il malinconico spegnersi del giorno .
Monta la sera in su la volta ,
con la luna bella ,chiara e sue sorelle ,
che danza con l' altri pianeti.
Un flebile frullio d'ali rompe il
silenzio,e' solo un furtivo pettirosso ,
che s'asconde nel suo nido.

E' ancor presto per l 'allegro
foco,
ma ardera' il ciocco,
quando sarà novembre

Malinconia
Mirando il.mar sotto il soffio d'agosto
e i suoi movimenti ,l' increspature dell onde
In dolce gioco,in un pensier profondo m'assonno.
E il.mio pensar va oltre l.'imnenso deserto d'acqa che fa perir chi le sue leggi stenta.
Al son della sua voce tanto allegra e cara
che risonava del mio nome ,
alle perite stagioni e al buon tempo.
Se fosse stato più caro il sentir vero
non avresti ceduto al vil argento.
Le false promesse ,con far gentile,
avean il sapor di velenoso miele,
ed io ignaro ne prendevo maggior parte.
Mi chiamano gli antichi amici ,d 'una fanciullezza allegra ed or tutti uomini
al mio occhio ma giovinetta la voce.
Vidi infinite volte denudarsi i miei alberi e piu volte prendere nuovo ramaggio
Quinci si perdevano gli anni adagio.
io son qui come quel che fui quando correvo in maggio tra api e miraggio d' un eterno
Infante.
Qui mi poso ferno,rivedo con coraggio
Il buono è il bello che ho fatto in questo viaggio.
Se ben compresi il sapor della vita mi sia omaggio del vincitore ,ma se caddi in fallo l' oltraggio al perdente.
Noi siamo quel che nasciamo,
esili come sterpi d erba ,se ben viviamo
veniamo a bel vedere oppure cadiamo nel pantano.
Ed in questo putridir nel dolore di quel che persi se ebbi inganno ve il marcir del cor.
Malinconia che prendi e lasci a caso,
ci fai riviver qurl ch il tempo rese ghiaccio.
Più antico pensier della mente emerge
dalla palude del passato.
Sottil sentire a te lega la terra secca
sterile ,il mutir del giorno la luce debole ,
del veniente autunno


Ritratto
Miravo quel giovin riccioluto
assiso sull 'arenil tra onde incerte e vispo agosto.
Ne copriva le spalle l 'erto monte che dall' ombra fredda lesinava di scacciar il sole.
Ed ei era lì pensoso e giovine con suoi crucci
o sofferto amore.
Che pensavi cola' dolce e silente?
Io nel suo pensiero m'ero perso,
come un tempo ormai remoto feci
or lo stesso rivedo .
Cosi passano i giorni amico caro ,il vento migliore della vita soffia pria che tu ponga freno
I desideri son cone foglie in autunno libere e giocose di perdersi nel pigro giorno.
I sospri ,dolci aliti di maggio
Dormire,vivere sognare!questo è quel che vuol la sorte si cavalchi.
Muti i desideri spariscono come fa il sole in autunno dietro un umbrifero colle .
Il patto con l' eterno non si stringe
Vivi sol lo spazio di un giorno
come se tutto fosse a compiersi
al suo finir.

Speranza
Ultimo appiglio del mortal disio ,
quante nel cor ne ebbi di poi molte abbandonai per rio destino e malaffare.
Quando par che tutto navighi per dispettosa vela che non.si piega al mocchier ,
allor vuol l 'animo sperare ancor.
Come fa chi del pelago e 'stretto e fiacco e gia' non vede l alba del nuovo giorno ,prega gli avi suoi ,
ma scorge con occhio basso un fortunal sasso quinci prende nuova lena alla vita .
Spera , il buon fattore in pioggia d' autunno che sia forte il suo tetto
e di frutti gran copia.
I giorni possono esser duri,freddi
con un malinconico rumore
Cosa sarebbe senza Elpis che conforta?
S' affida a carte e dadi per vedere se ella e' in sua scorta chi il futuro indaga.
Ah se fossero più fausti i fati,
allor non ci sarebbe tanta incerta sorte.
Ma inver rinfranca che in ogni destin contorto ,
V'e' chi il ben governa pur se tutto sembra alla ruina.
Speranza,tu chr fosti di Pandora l' ultima a far lancia dal fatal vaso,
Illumina ogni via che monta storta .
L 'ultima che cede quando tutto sembra perso
navigando ,in acque perigliose sei la luce che rafforza.
Nei fragili amori amante e amato
fanno doppio gioco
Allor nel cor che langue,
vi sia un soffio di ristoro ,
Ispera prega che quella danza
si spenga come incerto foco
Non solo all' umana schiatta porgi un raggio nel cammino ,
financo l 'aquilotto coraggioso e gaio. che vole falcar l 'aere si sente sicuro e saldo liscia le penne al balzo.
Ma correnti avverse piegano le ali,
già sente che il solo sarà l' ultimo canto .
Quinci
volge il capo riprende quota, come foglia innalzata d folate giocose,la spe lo solleva che rivedrà il nido
Ove sei oh graziosa dea ?accompagnami
in questo viaggio e se fossi
sull 'erta strada rendi sicuro il mio
passo si che ritrovi di nuovo
ardor di risalir dal fallo .
Cala la sera dai brulli.monti alla collina
con quel sentor d ' amore che il.novello
di sara' ancor sotto la tua guida .

Preghiera.
Oh divin pastore
custode di stelle capo d'angeli
di lucenti penne,
amministratore dell'universo e dei
mobili pianeti ,
guida tra questi rovi i tuoi amati armenti.
Un di' scendesti e prendesti carne ,
or prendi le redini,che languiam
d',ogni male.
Padre,guidami tra le genti
del bel mondo d'azzurro profondo,tanto è amaro il giorno che la notte
non miete pavor.
Recalcitra il branco litigioso e l.un con l' altro scaltro quale ordine alfin?
Pronti ad esser come lupi se il padron non.posa sguardo,ma se ben vede
si fanno agnelli al docile comando ,
siate retti e non mucchio selvaggio .
Tenete il vostro lignaggio ,
non siamo pecore matte ma
d' umano imbraco, con chi vi fe,
non servi della terra ma signori alla sua imago.
Eppur mio bon pastore ,
par d 'esser all 'ultimo viaggio
per questo umile branco
detto uomo.
Ove son le giuste mete?
possiam dipanare le tele
per il giusto viaggio?
Ormai siamo fiacchi ,
da quando Gea danza nel nero
manto e due volte reca qui sol
danno e pianto.
Lagnarci d' un nemico beffardo ,
che stronca e reca affanno.
Non verdi pascoli ma bolgia
e chiasso.
Ave a te vergine madre
stella del mare !
Rinfranca queste anime lasse ,
porta una prece all' alto trono
quinci rintroni il suo verbo ancor .
Alzate le vele ai docili navigli,
soffi il dolce spirito ,
e guidi per tranquilli flutti .
che male potrà mai colpirci
se tu ci accompagni?
Padre santo non lasciar le
nostre mani ,siamo troppo
deboli come fili d 'erba, ci pieghiamo
se non sei nostra sicura canna.
Portaci fuori da questa umida
foresta dal suo pantano.
Menaci in spazi più verdi
con luce amena,

possa rallegrarci il dolce
cinguettio , Il frullio d'ali
Il pigolar di pulcini,
Il canto dei grilli in estate ,
il sicuro fuoco in inverno.
Lascia che possiamo sentir
la fresca aria odorosa al mattino
di poi il tuo vigilar la sera

Pratoline di marzo
Il bel marzo giunge a pie ' veloce
disgela tetti e rami ,impregna
l' aere di polline.
Dai monti scende giù un florido fascio
di luce,caldo, che m'avvolge nel suo
abbraccio.
Nei cespugli del mio orto,
tra morti rami d'inverno e prepotente
ortica,
sbuca timida la prima corolla d'un esil
pratolina.
Tra i cespugli ne vedo ancor coi loro
candidi petali e il capolino d'oro.
Oh bel fiore del cielo ,
figlia d',una timida stella nascosta in terra ,
come mi sollevi ,intenerisci il mio sguardo ,voli del pensier.
Quinci la il bel Apollo guadagna le distese azzurre ,
voi sempre più siete orgogliose ,belle
tra una siepe o sperduti campi.
Fior della purezza , figli
della madre divina che impallidiste,
quando il velo sfioro il gambo
Vita che rinasci in te si immola
Il mistero del continuo ritorno.
Pasqua in te risona,
ed il cristo è già sul suo legno .

Quante fanciulle in un mar
di bianche margherite
e inver l amor dava stagioni
migliori vi tenevano tra le mani .
Per ogni petalo il pensier più bello!
Ordinate per balsi ,pascoli
tra primavera e luglio ondeggiate
ai rapidi venti in un frinir di cicale.
Screziate di rosa, e rosso
brillate finché non more il giorno
Si ritira al far del vespro ,
la bella stella che rubo' le ore più dolci
da spendere soavi
Voi riponete i fragili petali,
vi chiudete ed è quindi già sera .

Narciso folle
Oh bel narciso crudel per se amante,
di se stesso unico amore ,
togli dal petto.cotanto dolore ,
rasserena mente e spirito .
Giovine di corpo ma dal morto onor,
Il viso sempre altero gli occhi di
ghiaccio perché anco le dolomiti volea
servaggio.
Nato al confin della bella Italia,
che mira la pennuta Austria ,
spendeva la giovinezza ,
In gaiezza del fanciullo e' salvezza
Ma un buio profondo pur maggiore
d' una notte senza plenilunio,
albergava nell anima torva.
La sera i monti si tengon di rosea tinta
Ove laurin avea suo campo
Inver tu serbavi nel petto Ispida rosa.
Va nell 'eterno corso il gelido fiume ,
tra valli e ponti ,
a rinfrancar il bel vedere.
Le acque sposano.il cielo in gocce
adamantine che fa lacrimar chi gode, quinci tace.
Or quelle fluenti correnti ,
portano seco vita e lacrime.
Lacrine di voi padre e madre ,
che nel suo fondo trovate
precoce riposo.
La voce si confonde con il gorgogliar
del fiume e si perde per balsi ,valli.
Bel giovine ,avesti in dono.i frutti
d'Afrodite.
Il demone che sempre alberga,
mezzo uomo mezzo alato,
per bocca di platon saggio ,
ha corrorto la natura tua.
Qunci mano al coltello, allo strazio.
Fanciulletto cullato e amato ,
hai dunque infisso ferro nella carne
dei tuoi ?
Fini' la loro vita pria che tramontasse
Il giorno?
China il capo e fai ammenda ,
dalla terra si grida inganno .
Sii cauto già le Erinni son al tuo fianco
Fiato in fiato unite con te
Che del sangue hai fatto amaro pasto

Autonota:
Laurino e il.personaggio
Di una favola del Trentino

Gia in Platone il demone e 'una entità negativa che si impossessa dell 'uomo
Ma nella mitologia greca non è del tutto un essere negativo

Le erinni
Sono spiriti che perseguono chi ha commesso omicidio

Mi riferisco al recente caso di cronaca
In cui il giovane bolzanese benno e'sospettato di aver ucciso i genitori

Scorcio d'inverno
Dall'alto loco ove io mi trovai ,
miravo il bel paese destarsi a giorno.
Le nubi coprivan il bel sorriso d'Apollo
grige,fredde, mute,
tutto era ancor nel pigro risveglio
d, intorno.
Ma come ferro fende telo,
squarcionsi la nubila al raggio guerriero
gli alti pini eran meta di sparuti stormi
Infreddoliti.
Io nello scuro giorno ero spettatore.
Di lungi la marina brillava oltre i monti ,
si che mi sentivo rapito dal lontano
mareggiar.
Mi dava il duol veder questa natura
spenta
volevo sentir l allegro cinguettio,
Il profumo del polline ,
l 'aere mite gravida d 'aromi .
Luce bella,calda che popoli i giorni
della rinascita .!
Eppur in quel mirare mi era dolce
sentor di ricordi ,
giorni lontani; affetti
nel mese di gennaio

Amorfe
Il bel giovine dai riccioli d'or che il sole
Incarna,danza nel ciel silente,
e vien in unione col capricorno,
s uniscono tra le stelle belle.
Ma ,nel bel pianeta d'azzurro e di verde ,
l' alba non fende il suo duolo
che nel continuo tribolar la rapprende.
Volti celati da panni ,lurido cotone
ogni viso offende.
Non piu la bocca si tende al bel sorriso
poscia il petto pretende ,ma amorfe non mostra il suo pensar.
Ognun si cela per sua paura dietro
lorda pezza insulto al bel vedere .
L' orror del viscido nemico il venti
tenne con lama alla gola ,
or si protende al suo vicino
che già a vagir si prende.
Oh infido guerriero quante vite
Il tuo orgoglio pretende?
mi duol il core veder quelle bende
su vecchietti e giovin imberbi.
Non s' ode un gaio riso,
le labbra celate da ogni dir.
Date alla verginea sposa nel di nunziale
Il bel mazzolin di fragili gelsomimi ,
s'adorni la chioma di viololacea lavanda
Inver il suo profumo e 'vacuo .
Siete vergognose o temete
Il mal che l' aere asconde?
Baci rubati ,negati all 'amato ,
non piu tenere carezze al chiaro di
Luna .
Ne guancia a guancia tra genitore
e figlio
temer la vita per un rapido sorriso
al padre infermo , sarebbe battuto ,vinto.
Inver il tristo andar delle folla sembra
senza un anima o ricordi .
Tutti mutano il viso
nei falsi teli .
Nemmeno in Cristo
la bocca si toglie lo squallido feltro.
Tutto tace nel bieco
tempo che
m' e 'dato di veder .

Prece al divin fanciullo
Oh tu fatal pargolo
scendi dalle stelle focose e belle,
nella fredda notte rischiari le menti,
li tra poveri pastori a vagir ,
come umana carne.
Tu, nato per amore dalla vergine
madre,
Imago del gran fattore ,
padrone di cielo e terra .
Oh, soffia in ogni casa,
sulle anime pigre,
su chi verso' pianto
e non piu risorge .
Sui fanciulli che sperano
sulle madri che pregano
sui padri laceri dal duro lavoro.
Guida i saggi e gli impenitenti
al comun cammino ,
che si sorreggono l 'un con l altro
da fratello a fratello.
Al calor del foco dal freddo di.
questa notte difendi
I miserandi della terra ,
che solo negli occhi
tuoi trovan respiro .
Piega le spade ,
dipana l 'ira cone fitta nebbia .
Ora nella sera di tuo nascimento
Insegna la pieta e l 'amor .
perduto .
Dona pane agli affamati
calma i singulti
E noi miserrimi accoglieremo i santi
doni che rechi ,
Oh bel fanciullo

Vento
Un. Vento gemebondo,
s' abbatte sulle mie finestre ,
con lamentoso stridore che par quasi
una voce.
Non e' quella folata autunnale,
che m ' accompagna da bimbo,
In se quel soffuso dolore del coevo tempo.
Ah quale tristo viaggio all' incerto,
tra un fine inganno ed un morbo,
che soffia piu di Levante.
Vite che si frangon come spumose onde
sulle rocce,s uniscono alla prece,
di chi ancora la sua tiene.
Eppur pare tutto cheto!
Le foglie continuano a cadere
dagli alberi nudi al passo di
Novembre.
Il ciel ancor fa navigare le sue nuvole.
Inver in questo autunno,dai suoi rossi colori,dalla pioggia lenta ,dal profumo
di rami in marciume,
v'e un sentor di lacrime,dolore.
Dolci giornate scandite le ore,
seppur da retro un vetro ,
per alcun e' l 'ultimo tramonto.
Da una spe' sommo giudice,
spazza via la fine morte il tradimento!
Il ventuno ,s appressa da lungi ,tra nebbia ,e vento .
Venga il nuovo verno
a gelar questo foco infetto.
Gia respiro, a breve andare,
un gaia stagione ,al sole di maggio
con la sua danza
d'api e di rose.

Fabbro
Batti e batti sul ferro ancor caldo,
non ha un'anima se non quel che tu infondi .
Brace ,calore nell',angusta fucina
cadon gocce di sudore,
S' imbrilla la fronte ,
par quasi un cielo autunnale ,
pronto al fortunale.
Quanta passione nel corpo vibra,
quand'e che da nuda forma .
prende vita tua creatura.
Son scintille sull' arido metallo
che mal si piega al tuo volere ,
riottoso piega le membra,il corpo.
Arte antica li rinnova.
Efesto ti fu maestro!
Il buon gigante ancor si lagna ,
alla tartarica rocca avvolto.
Del foco ci fe omaggio ,
al diniego del dio falso e bugiardo .
Ma tu artigiano del vinto
metallo in me ti raffiguri,
ed io te mi specchio.
Noi creatori da materia informe,
lavoriamo e diamo vita ,
quel che il nostro amor produce .
Lavori di incudine pesante ,
martello,sull altro rimbombante ,
a far della lastra vivida sostanza.
La pinsa s' arrossa nella fiamma ,
e non combusta la rozza mano ,
che s 'adopera alla fattura.
Così tal mi vedo,
nulla creo ma dalla carta tiro fuori
quel che nasconde .
Cesello i miei versi,
che veloci corrono
In .libero andare
l' un con l altro .
E s' uniscono in dolce
melodia in melodiche
strofe.
Oh mio dolce fiume
del bel rimar,
mi sei conforto in un mondo
buio,
In giorni.pigri.
Come ribolle il mio
ardor fi far con l 'estro
dato in culla ,
nuovi canti ,
di cordial natura

Alla memoria di Gigi Proietti
NE Re ,ne corona,
non seta, palazzo ,
e Tiara del bianco padre,
eppur fosti la maestà del popolo.
Un pianto si leva da Roma Novembrina,
quella bell 'urbe tanto amata
dei giorni mortal;or ti saluta.
Mira gli alti obelischi ,
le mura possenti ,
l'ombra del Colosseo ,
la severità degli imperatori.
Or la conocchia d'alloro si tolgono
al tristo feretro che innanzi gli para .
Roma e figli tuoi,or
un altro tuo eletto si diparte,
sona all' uninsono le tue campane,
le tue trombe come un di'
furono vanto dei vincitori ,
siamo da trapasso a chi
Con l 'arte sua t 'ha fatto brillar
d' orgoglio.
Dal palco ligneo ,
quanti ne facesti beffa ,
del poter dell.intoccabil casta
ma non per incendiar gli animi
Inver scroscio di lieto plauso .
Il vero attor cone camaleonte
entra e si fa proprio quel che crede.
Inver e' il tempo del tuo riposo
dal lungo teatrare,
Togli il pesante trucco ,
la cipria, la cera.
Qui ve' solo um uomo ,
al suo tratto con l'ultimo
atto della storia carnale ,
con la morte non puoi esser
beffardo .
Ella reclama quel che vole.
Ai pie' di Cristo,
Tra incenso e un amen
assisti al pianto
dei fedeli.
No ,non lasciate che salga al sommo seggio
Con questa nenia di dolore,
ma vi rassereni il viso
che del dolce giubilare
ne fece arte della vita

Natura morta
Odo mugir il vento tra queste foglie arrossate senza più vigore ,
romba fra rami franti e frutti a terra.
Ogni cosa par pronta ad un lungo sonno
che tutto rabona
Non odo più dei passerotti un dolce canto
ma solo il gracchiar d'un corvo che s'attarda al tramonto .
Mi volgo a boschi silenti, ed e tutto un mutir d'intorno .
S' ode da lungi un frullio d 'ali son l' ultime rondinelle a fugir in terra d'africa
Un lento morir delle ore che il crepuscolo chiama al desinar rende tutto men vivace
del brioso giugno.
Questa pioggia che cade da mane a sera
m'attosca soffoca il pensier mio ,reca in se
Il sentir che la natura e morta ,
Vuolsi così che mi mergo nei miei ricordi

Aquilone
Quando ero un fanciullo,guardavo incantato,il leggero volo del colorato
aquilone.
Semplice carta colorata pendolo da un filo
eppur spiegava le sue ali al vento.
Si innalzava tra le correnti ostili e solcava
l' azzurro tra gridolin di bimbi.
L 'odor dell'erba in primavera e' ben vivo
In me ,le corse in prati bagnati di luce
e lo stupore quando si librava da terra.
Mi chiedevo quale anima battesse tra legno e tela se ,avevi volontà del volo.
Mille forme , nella fantasia fatte realtà ,
e tra le nostre esili mani voi sfidavate
I rondinelli ,stanchi del lungo viaggio.
Li tra nubi e sole si perdea lo sguardo mio
oltre non osavo andare quasi pudico
di saper al di la .
In maggio sembrava un volo di farfalle ,
ma tutte unite dalla fanciullesca allegria che e' della prima età
Facevan a gara l 'un sull altro in una corsa
a varcare le nubi.
Ah quanto era dolce il bel vivere paghi di poco ma esultanti in cor.
Messaggeri senza spirito e senza tempo
al divino tendete un assaggio di quanto
e' pura l' alma che lo manda ancor non corrotta ne guasta.
Or che non sei più qui al mio fianco
O dolce mio padre rammenta con me
Il volo di quel bel gioco di tuo figlio vispo e spensierato.

Bianca carta
Come colui che il marmo squassa ,
tra polvere e schegge il grezzo scampa e ne cava bell 'arte ,
così io la bianca carta il mio,
talento accampa.
Candidi fogli senz 'anima,vita
sostanza io vi dono la mia creanza!
Li sulla rugosa cellulosa il mio estro
dilaga.
Non son bel dir quel che il mio spirito
guadagna quando s 'immerge nel sacro cuor di questa possanza.
Ma diventa un foco che arde e non combusta fiananco l 'estro non.lo lascia.
Mie carte mie compagne di viaggio
di giorni pigri e bui,quanto di me a voi lascio.
Li in quell' oceano bianco sono solerte nocchiero so dove diriger
le vele ,la navicella vola leggera
tra rime e inchiostro.
I miei pensieri vanno liberi ,
veloci l' un segue l 'altro
In un gioco d 'emozioni d'incanto.
Siete i padroni di quello spazio ,
non v'e' divieto o intoppo
Io ,solo io diriggo il vostro viaggio.
Quante ne scrissi con vostro conforto
Da che capii ed ebbi intelletto del bello ,il buono di poesia,mio ristoro.
Voi custodite quel che io provo
mute confessori !
Un di' verra' che sarete dal tempo
confuse, scolorite ,
ma in voi c'è il mio marchio
degli istanti vissuti e amati.
Posate le bianche carte sul tristo
marmo tra un cero ed un amen,
e noi voteremo ancor
ove non piu pianto

Giugno
Dolce mese del grano che ingiallisce
nei campi, tra un canto di bimbo
ed il falciar del contadino.
Son più miti le giornate,
la luce batte sui vetri come mar
per tempesta.
I cieli riecheggiano per tutto il raggio d 'apertura d' uno stridio
quinci l 'allodole e le beccacce risuonano all 'uninsono.
Le ali apre al mite vento ,
beccaccia striata tra il nero e terra ,
con rapido volo,messaggera degli immortali del lor volere.
Tanta cara a chi ama le messi,guardi,proteggi i frutti d,oro.
Inver il mantovano , con calamaio
canto' il bell'Enea trionfo d 'amor
per la patria per la vita.
T 'avrà mirato con occhio stanco
quando lagnando temeva le zolle
lasciar.
Giuno, per balzi e valli le selve serva
I docili cervi governa.
Di lungi pavoneggia il colorito uccello il suo talento donar,
alla dea che si incapriccia per ogni
fuggir d' ,amore che il marito arriccia!
Ma giugno sei il mese dei sogni !
Sogno d'un viver più gaio.
Lo spirito si fa giovane non pute più il suol di pioggia
e marcio .
Eolo governa venti più leggeri
che spazzano le fertili terre ammantate d 'ogni fior come un imperituro di' festoso.
Dall 'ovest il libeccio fa sentir
la sua brezza che tra il finir di grilli
porta con sé acqua fresca.
Le nuvole risplendono nell 'azzurro
del meriggio,in questa nuova danza
d'armonico sentire io mi fingo .
Quel profumo di nuda stoffa messa
ad asciugare e che ogni folata rivolta,
spande nell' aere l' aspro odor di lisciva,lasciando la mente al tempo nuovo.
Gridan di gioia ovunque i bambinelli
dalle pesanti carte della scuola liberi
I libri dormiranno fino a settembre!
Spuma il mar nella riviera
S' accoglie la corsa su roventi piagge.
Pensieri,amori andranno via
Il ventuno già passa ,s inchina
ed apre il tempo d'estate .

Sia così
Lasciamo che il giorno muoia,
e la notte corra veloce .
Lasciamo l 'amore ai poeti ,
ai sognatori,
utopisti d'oggi e di ieri.
Che nascano nuovi fiori
sui campi di guerra .
UN cuore gentile
si liberi degli affanni,e sappia
trovare il suo ristoro.
Vola placido un gabbiano,
al far dell'alba
sparisce tra il ribollir della marina
nascosto dall 'ombra e sabbia.
Siano gai i fanciulli,
corrano nei verdi campi
ed un mutir di cannoni .
Sale dal colle la verginella
allo spirar di levante,
Quanto sei dolce gioventu'
che dai sapor alla vita.
Mi sia sempre caro quel
frullio d'ali di uccell fuggitivi
al tramonto,
mentre il rosseggiar del vespro
tinge le timidi nubi.
Sia sempieterno,il fruscio
del vento tra le verdi foglie,
che cantano melodiose
melodie,
rallegrando chi sa intender.
Muoia il pensier pigro
sia un'inno alla vita.
Gli amori trovino il posto nel mondo.
Non piu il lacrimar alla porta
d'amanti freddi,
che di cupido son in difetto.
Sia tenero il bacio
della madre,
pur quando siam di barba e pelo
coverti,
ma il viso non è mai pago
di quel bel sbaciucchio.
Le anime belle tornino
al primo luccichio
che han già vinto la seconda morte
Le brutte tacciono,.
gia il sonio del monito le imbroncia
dell'eterno sopir.
E tu pensier mio,
lascia questo corpo alla fine del giorno .

E' risorto
Su questo legno ,
che gronda di sangue
e amore,
legno di Giudea ingrada,
Ei e 'risorto, già vivo
lascia il suo sepolcro.
Santo ,immacolato spirito
vinci la morte,la notte
allo squillo della vita .
Sora nera s'arrende la falce getta
per mancato pasto .
Per valli va il nuovo uomo ,
colui che dal chiodo non gridò
dolore ,odio ma perdono.
Si squarcia il ciel già pronto alla sua
ascesa tra gli eterni giorni
e attende la sua parente .
Un giubilo d 'angeli in volo
quali dolci colombe dal vento
rapite e fan festa tra folate
e sbuffi ,cantan le Lodi di cristo
redentore.
E' risorto il figlio dell' uomo
che morte avea nel segno
del buon giorno.
quinci l'oscuro passo nel silenzio
ha reso vano.
Odi?questo e il di 'del gran risveglio
rinasci anche te umanita'tutta,
scrolla il torpore dal peccato
che non solo devi amar il pane
ma pur la voce del beato , che
mena questo gregge al giusto
ovile ne lo sparte per angusti campi e monti .
Miro d' intorno il suo creato
la bellezza delle fonti,
l' incanto di un mare placido ,
le stelle della notte
Il vento di primavera ,
dono di lui di un 'infinito
amore.
I morti son desti,
I vivi si pentono ,
I peccatori si piegano ,
e' Pasqua nel timido
ramoscello d 'ulivo ,
trova il tuo consolamento.

Il pastore bianco
L 'uomo ,pastore,padre del mondo
sen va per la solinga strada
muta,deserta con l 'eco del passato.
Stanno i marmorei pilastri del fattore napoletano ,in Roma le spoglie ,duri eterni,come pioppi.
Filtra il nemico tra sassi ,fonti
case e parchi ed un continuo
mutir d'intorno.
Pioggia greve ,fredda della sera
che porti via pensieri,lacrime ,
ove andrai a riposar?
Solo una voce nel vespro si leva
e' quella di colui che di Pietro
Continua a regger le pietre.
Nubi oscure , per ogni borgo
la loro veste stendono si che noi
non possiamo più amar le stelle ,
ne baciar il disco d 'Apollo ,
perché siano fiaccati deboli
da feroce morbo.
Va il vecchiarello sotto il segno
della croce
Il viso si contrae in dolore .
Prega a gran canne il nome
Di te Oh Maria santissima e casta ,
gravida di Cristo per alta possanza.
Orazioni e un gloria a Dio nell 'aura
santa risona da cappella a cappella per ogni esultanza.
Te deum ,padrone di questa povera
arca troppo tempo violata,stuprata.
Quinci or viene il nostro verdetto :
Siete uomini o di poca sostanza?
Dietro s 'auna la lunga folla
dal perduto sangue e corpo ,
quelli vinti ,ombre innocenti
di cotanto scoppio
Nelle vostre membra il peso del male che vi ficco ' l 'ultimo colpo .
Storie d' ognum di voi ,
si perderanno come polline in
estate se non vi sarà un misero
sepolcro .
Ma ad una ad una
le vostre voci risuonano nella coscienza ,
che della morte foste acerbo pasto.
Mira a noi popolo pazzo
ma pur sempre figli tuoi
Oh santo nume immacolato
dei secoli tessitore
dei millenni governatore ,
resta questo duro passo ,
si che noi torniamo redenti a riamar la terra .

Oh marzo bello e gentile ,
perché non ti ammanti
di primule,di viole?
Ancor non pende il violaceo
glicine dal rami secchi dell' inverno.
Sembran muti gli orti
che di giorno in giorno si destano al novello sole .
Ma, risuona pianto, duolo
che ammutolisce il core.
Dall' alpi allo stretto ,
scorre dolore che in seno pon
fatal sconcerto.
Morte fine ,vile
senza lingua e credo ,
popoli diversi tutti uniti
al tuo tormento.
Nemico altero vile senza amore
che a pugna ci porti,
a viso ignoto ,sei punitor,
per l 'umano vizio agli occhi del
Signore ?
Non bardate i vostri cavalli
non fate risonar le lance
che qui non ve onor ma vanagloria
Non segue disciplina ma porta a ruina quelli che gradisce
ne spende fatica.
Alla voce della prece ognun s 'affida
Ispera grazia per la sua dimora.
Serpeggia fra noi
Il mortifero coronato,
lambisce coste
da un lato all' altro ,
dalla croce al corano.
Passa per l 'eterna e gloriosa
Capitolina
Tocca terranova Berlino,Barcellona
Parisi langue la torre tace.
Dei morti lunga folla,
alla terra misere spoglie,
Il fango ingoia.
Si strozza nella gola il nome
d'ogni caro ,
maledir il giorno
l' anno di cotanto inganno.
Cielo plumbeo senza sole ,
di' lugubri avulsi da spe',
ma solo il mieter
di sora morte .
Peste infame del popolo tiranno ,
fuggi via lascia le nostre strade
I nostri campi ,
la primavera bussa ,
e l' aere deve esser pregna
di floreal aroma.
Angeli in bianca veste ,
non vedono notte,
ristoro ,
con vetri e infusi ,
strappando alla bara
un moribondo .
Ma come tutto inizia
di poi si resta.
Per ogni borgo
della patria mia ,
non più il vociare
per i viali ,
non più mercanti
all' opra intenti,
bambinetti correr
alle scuole.
Italia bella ,
gloriosa ,
fiera,
più volte ferita
ma sempre eretta .
E' guerra nel ventre
tuo ,
Il nemico e 'all' erta.
Squillo di tromba
tutti al tuo grido
al tuo richiamo
l'.onor affida
Hai visto il tuo
solo offeso
da alemanno
e teutone ,
eppur brilla la tua corona.
Pur ora invasa ,
da chi si nasconde
nell' ombra,
Sarai vittoriosa
sarai odorosa di rosa.
Aprile
si versa a maggio
Tosto saran alla tua porta .

Un mio pensiero
sulla epidemia di corona virus I

Sofia
I biondi riccioli d oro li fai spettinar dal molle vento,
che carezza la bella chioma
Negli occhi suoi ridenti e fuggitivi il canto della vita
che tutta t'arride.
Ah, che dolce stagione vai vivendo
tu, che la fanciullezza stringi con ambo le mani.
Potessi goder di questi giorni nel coevo tuo tempo
Sarei ben lieto di spender un sol di", Veder il mondo come tu lo colori, con
il canto della prima innocenza!
La voce fine odo risonar per le vecchie stanze,
quando all'ora echeggiava quella di tua madre!
IO che fui di leggero appiglio al tuo andare,
Or mi resto e sento quel cor dipana.
Fui duro al primo appello ma al secondo , pronto
al lusinghiero incontro.
Porti nel pensiero e nel corpo i segni della carne.
Fulgido astro nella notte,quel dolce afflato m'avvolge.
Ei vocifera allo spirto inquieto
che tu sei speranza e conforto
Se pendessi dal destin selvaggio

Martedì 28 gennaio 2020

Il vecchio porto
M'innamora questo lento frangersi delle onde sulle rocce rose,silenti ,stanche .
Ricadono le adamantine gocce nel ventre del mar .
Quivi si perde il pensier mio tra questo mormorio .
Se ben ascolto ,odo la voce dell"infinito .
si perde ogni fardello ogni cruccio , perché ben mi nascondo in voi vivide acque di perduti giorni .
Il vento fa garrir le bandiere dei navigli ,
che due braccia di roccia difendon ,
dall'aperto subisso.
Rilucenti raggi riscaldan l aere di gennaio ,
ed un brillamento mi desta m' avvolge
tra spruzzi ,sentimento.
Biondo gatto s' asside a rimirar questo canto mai saprò cosa batteva in petto !
Per mano due vecchiarelli guardano di lungi ove il mar incontra il cielo
Voi che percorreste la medesima via
rimembrate la dolce vita ,
d' amor e intento .
Ah che pace qual piacer ,
mi dava quella visione ,
che mai avrei voluto un tramonto !
Falcia in due il pelago come un aratro ,
l'eterno monte che vigile sta ad ogni
mutamento .
Dal porto un odor misto a sale ,e reti Vetuste marcite al sole mi solletica le nari ,fiere compagne delle lampare, ,pregne di dolore quand'è che da correnti avverse eran divelte dalla riviera.
Una dolce brezza mattutina che ricoglie ogni
sospiro mi rallegra mi sento anch io leggero in questa immensità della marina.

porto di san felice Circeo

Domenica
E' pur il di del dolce riposo.che sia di
vento o pioggia ,neve ,tempesta che i rami sfronda, non ve mutamento,nell'aspettar.
Si desta il popolino al suon delle campane, mentre pigri i bimbi nel sonno
ancor son soporosi.
Nelle case al sentor dei camini e legna che arde si mischia l' odor delle vivande
che allegre cuocion nei forni per il mezzodì .
Per le vie stuole di fedeli,s' a avviano
alla celebrazione del Signore ,
cantilenando le litanie
e far atto di contrizione
avanti all 'altare .
Corrono per i giardini ,i parchi i fanciulli
non carchi per quel di' con libri ,pensieri dello scolaro.
Si respira festa in ogni dove
le tavole imbandite ,
Il vociare sereno dei commensali
fuori tutti i tristi pensieri
per quelli ci sarà domani .

Foglie secche a novembre
Come le caduche foglie lasciano l 'alido ramo
Così i miei giorni cadono nella rimembranza.
Dall 'uscio vedo vortici di secco fogliame
stormeggiar,tra alberi e sentieri:e'
Novembre !
S'adunano ai cancelli del parco del silenzio stuole di gente ,
che recan mazzolini di pallidi Crisantemi
di lucida camelia ,sospiro d 'inverno .
Paion in quella turba multicolore
che gli stessi campi siano animati,
e vagare per ogni dove.
Un soffio più pesante smuove
le chiome ormai cadenti .
Ognun in quel mazzo porge una lacrima
Il rimemorar quel che fu' chi giace nel
bianco marmo ed or non è più .
Un profumo acre di cera si spande
nell ' aere autunnale ,
misto all' aroma di castagne marcite al
suolo .
E' un rito antico l 'onor dei defunti !
quel che si lega in vita non si solve
nella morte,
ma un foco arde il core ,
qual il camino d'eterno frio.
Più stimola il pensier della bella primavera
ancor più morde il fio dello sfiorir
dell' amato viso .
Di lungi folate ventose si mescolano
A petali ,pensieri e tosto volan via,
Io dal mio giardino pensoso calpesto
Il nero manto delle morte fronde,
e ascolto la voce di novembre

Era un uomo
Allor che le membra son smorte
fredde , pallide,
e l ' umano patir quinci si resta al
passo di sora morte ,
cosa resterà di quest 'uomo ?
Solo pianto , rimpianto ,indi
polvere ?
Tanto amaro il passo
su questa terra ,
eppur una vita ,ah mala vita ,
senpre punge il cor allo svilimento.
Siamo ombre in un mattino
pallido pronte a sparir alla prima luce .
Cosa sei povero uomo se non l 'ultima
polvere da tutti dimentica ?
Chi piangera sull tuo muto marmo ?
chi dirà di te bene o male ?
chi ancor mesto posera' un fiore ?
Temp'era della stella in bilancia,
O natura matrigna
perché ci inganni ?
Qual tristo fio
ci attende?
Tu madre non ci serbi
dal fato ,
non ci culli
come piccini quando eravamo
Nel grembo ?
Qual' è il senso
della vita se poi
siam tal quale
erba recisa?
Lontani i giorni d' estate ,
ancor da lungi si aspetta la primavera
Ma tu non più ti rallegri dei giorni ,
del vento ,del mormorio del mar
Perché giaci in eterno
nel tuo avello al peso degli anni ,
delle nuove stagioni

Foglie d 'autunno
Foglie stanche ,pendule da rami secchi,storti che rammentano tristi il vento di giugno .
Fanno tappeto nei prati ,
al soffio d' autunno .
S' involano lontano in colorati
turbinii ,
tra il rosso e il giallo.
Cadono pigre e son gocce
di ricordi , di rimpianti
d' un tempo che fu.'
Ah dolce sarebbe esse cone quelle
foglie,
rinsecchir in ottobre,
ma esser gaie in aprile .
Al canto dei grilli si fan belle,
sicure tra i rami s' aggiran lancerte .
Son giorni spensierati tra sole
e aromi d' una natura ridesta .
Ma or tutto sopisce
La pioggia molesta quei poveri
cumuli di foglie d' esil ramoscelli,
che presto saran sterpi e pacciame.
Odo lo scroscio della pioggerellina d ottobre picchiare su vetri ,tettoie .
Che malinconia !
Eppur in se dolcezza reca
questo lento morir
della natura .

Pensiero sul mare
Mare blu, immenso e profondo,
e quel color in me si perde Infino
allo spirito inquieto che sovente si rabbuia.
Un gabbiano plana leggero a pel d 'acqua,
sfiora le onde e va migrando come pensiero,
si perde nel biancor del cielo.
Che pace che armonia io sentivo in core,
le parole son povere per dir come io ero libero.
Spaziavo per tutto il profilo che gli occhi
eran ghiotti di cotanta grazia.
Lo spumar delle onde , il brontolar
morendo sul lido,
un leggero vento ed ero rapito.
Cola 'm' era dolce spender il giorno,
le ore cariche di luce il tremolar
Incerto tra scogli e sabbia.
Mi si pararon di lungi le tre sorelle
ché circe soverchia
col monte.
Ponzia già nel tuo nome il mar risuona.
Isola spazzata dal vento baciata da Elios
Come s'ascode in novembre,
tra pioggia e tuono, il pelago s 'intravaglia,
molestato da correnti povere del sentore estivo.
Un graffio in quel silente vasto ponto,
tal m' era palese la nera terra col chiaro
bordo del fondo che la cingeva.
I colori si susseguivano a colori cangianti
giocosi , briosi.
Ma affacciandomi
mirando da quella grotta,
sotto
la scogliera tagliente e trita,
più nuovo velo mi risveglio il sentimento.
L 'odor del mare si confondeva con quell' aroma
d'acqua al sol immobile in pozze
e fosse.
Salivo l 'arduo declivio pini resinosi.,
pioppi stanchi, vivida selva
Quinci l' infinito riverbero
tra vista e costa
Come un abbraccio stringeva
le sue creature
Incastonati lidi
nascosti, rifuggi ove ombra
lottava con luce.
Qual maraviglua dalla spelonca,
era ritrovar se stessi, tra perduta innocenza ed onda,
Che mutava come fiamma incerta alla mia vista..
Toccai quelle acque diffiili indomite.
Mi sentii piccolo come un sasso,
quivi dimora.
Un leggerissimo vento filtrava nel nero
anfratto con un canto ignoto, strano.
Ah quanto era dolce spender il giorno,
Inebriato in un turbinio d" incanto m" ero
dal empo distolto.
T 'amo, t amo natura amica, a chi sa esser
umile, allor non rechi fatica
Era settembre tutto era immerso nel sonno dell estate
morente.
I risvolti di ponente rallegrava il. mio sentire.
Per quanto ancor la dolce stagione
Sara' sovrana?
Ottobre di già rugge scalpita
chiama pioggia,
meriggi corti.
Si rabbrulla son muti i grilli,
le foglie saran presto gialle.
Ma nella memoria e' vivo
Il dilagar di quei marosi,
la voce del mare,
e quella rocca ove io a sospirar mi posi.

Pianto interiore
Vieni rapida morte giungi presto
e fa del. mio corpo scempio.
Sollevami da questa vita troppo stretta,
troppo cruda troppo acerba.
Vieni Tanato,
che sei il. piu miglior amico.
Quando è freddo il mattino,
e la luce dl giorno par sempre
notturna che amor ha viver ancor?
Non è più dolce l ultimo commiato,
a un mondo a un "esistenza maligna?
Non v'e più dolcezza in ore tristi
In momenti fugaci
Sempre il pensier dominante
è la fine del tutto.
Pur la madre rese tristi e incompresi
I miei pensieri.
Lei unico asil ove fuggire i chiude il porto,
a lei che ogni pensier è dolce or
distorto
L immenso soffrir vorrei finisse presto,.
Che tacciano i rumori, gli affanni
I rancori.
Mi spoglio della mia veste mortale,
pellegrino già busso alle porte
dell' ade.
OH mio petto troppo ferito
Umiliato, sconfitto.
Non batter più.
persi i principi migliori
la speme.
Seme ero,
e tal auspico il ritorno nell'a negra
gelida terra.

Noi
La luce d" argento della luna
si allungava sul mar nero della notte,
con lente onde come un flebile sussurro.
Noi eravamo sul. lido,.
lieti con pensieri lontani.
Festosi canti di lontano, s"udvano,
ma io ero al sicuro li con te,
ed il. mondo furi.
Nulla ci poteva turbare!
Sentivo il battito di due cuori
vicini , vivi!,
gonfi d 'amore.
Eran il mio è il tuo
dolce mia parte,
Simone!

Ricordo quella sera sulla spiaggia con te

Vallone di Rovito
Irruente gioventù che non freni i tuoi strafori,giacche 'credi tutto sia dolce e quieto,non conosci
quanto sa di veleno
l' imprudenza che viene retro.
Pria che saggi l 'onor del vero ,sora morte
spiega il velo ,dei suoi doni :lacrime e dolore .
I due gigli d' Italia nel vallone calabrese
Impararon a lor spese ad assaggiar
Il nettare nefasto quanto sa di sale ,
Il.morso del destino che si piega
ai giochi perigliosi .
Le parche che tesson filano e tagliano
ne stroncaron due ,i giovinetti ,
che credevan d 'essere immuni .
La falce reale di scudo e corona inclemente ,
recise la speranza che li all'allattava.
Ma tutta l 'Italia e 'un foco aperto .
Ah serva Italia e il tuo fardello non sicuro
Ostello ma bordello!
Guarda come divorano le tue carni ,
Come offendono le tue strade
Come umiliano i tuoi tesori!
Ove sono i giorni lontani
dell 'impero ?
Rammenti l'oro e l 'alloro che ti cinse
la fronte ?
Sia fonte ,conforto ,il fasto del passato
per esser grande ancor .
Alto coraggio mosse i due veneziani ,
a calcar la terra del sud !
Ove pieta' non ebbe il fucile straniero .
Morendo di lontano il miraggio
d' una Italia unica, sola ,indivisa
Qui peria la miglior gioventù
Il puledri Mazziniani
Viso torto tra le mani stanche ,
lacrime al par d ' un padre ,
per il sangue puro in suolo irredento.
Ma come il fuoco gaio ,robusto
ben tiene il vento ,
così germogliano nel bel grembo ,
Infiniti valori ,tutti uniti nel canto
della patria tutti mesti per il suo dolore .
Orsu ' giovine Italia risorgi !
Il maestro astuto ben ti governa ,
per lodar canto di libertà
Or piu non puoi spegnere mille ,ancor
mille fiammele, il sudore d 'un popolo
Vince su ferro ,sul piombo .
Dolce cader ,rialzarsi ancor ,
col petto più rosso
del crepuscolare tramonto .

Ad Emilio ed attilio Bandiera 25 luglio 1845

Campane
Di morte o di vita
In guerra e per gloria ,
In ogni sono sonate ,
per ogni favella ,favellate.
Quinci più e grosso il tintinnio
di campane quand'è che giubilar
ci face ,a pasqua ,al cristo
la salita al ciel rammentate .
Ai sovrani devote ,
In nuova legge , coro al banditore .
Come un frullo d 'ali leggere ,
vanno le note talora stonate
nell 'aere libere e lontane .
L' ora del vespro v intonatate
come un canto soave ,
che rallegra la sera .
Di lungi tra le foschie del crepuscolo ,
svetta il campanile qual torre
ferma al vento non cade .
Par che s'introna tra colli ,monti,
tra prati giallo di grano ,
balzi rocciosi ed aspri.
La domenica lo stuolo di fedeli ,
ricorda il Signore .
Sì rincorrono lodi d' amore ,
scandito dal rintocco di campane.
E' la fede che urla ,grida alle porte del cuore .
Io mi ricordo le giornate lontane,
del bel canpanil nascosto
dalla siepe lontana .
Ei di in ora in ora segnava la giornata .
Per chi suona ,la nota
di campana triste e lenta?
Era per te padre ,nel far di settembre ,
ma ben avrei amato un grillo
fra erba al sol di fine estate .
Di Francia o d Anglia
Germania ,d Italia ovunque
Il loro ritoccare ,
ti rende cittadino d 'ogni patria .
Per la patria avete lottato
al fil di baionette e cannoni
sangue ,dolore .
Militi sconvolti
ma nel petto il disio
di.liberta'.
Dolce e morir per il suolo natale ,
ma piu dolce' s'accompagna
Il vostro melodico lamento .

L'esule romantico
Tacciono le bocche dei cannoni ,
le cariche di cavalleria ,
Il luccichio delle baionette .
Tutto piomba in un lungo silenzio ,
I giorni di gloria han perso talento .
Or ramingo vai dalla patria tua ,
di lungi un naviglio ,
ti reca in seno straniero .
Il mormorio del tuo popolo ,
le sudate carte ,
Il grido di liberata '
ti porti poeta ,romantico inquieto.
Or dai piglio alla penna !
Se prima lottasti con piombo ,
ora risuona d' inchiostro!
Non son le idee, le rime morte ,
ma riposano , son chete nel petto .
Già pronte alla carta
e sussurrare al vento .
Si ,t 'han ferita la carne
hai abbandonato il tuo tetto ,
giammai ti terranno in silenzio.
Come puote una catena
serrar il moto del mare?
ammutolir, la risonante saetta ?
Dilaganti e cocenti le strofe ,
che piu urlan del ferro .
Un foco che si alimenta ed è gaio ,
l'ardor che entro ti spinge
non si resta a lancia o Inganno .
Vai veloce per le vie del mondo ,
messaggero intrepido ,
Il tuo canto smuove monti
e valli ,fa eco come un sibilo dal cielo .
L' aquila rampante al suo serraggio
tiene per la gola la patria offesa .
Non può tener più di tanto perché
liberta' taglia la sua presa .
Artigli e penne saranno retaggio
d'una stirpe in servaggio.
Hai fatto vibrar le corde dell' alma,
eppur chi s' era in se chiuso
per esser codardo
i versi tuoi han seminato
prodezza .
Dal buio del secolo affannato
da pianto risorge
Il ricordo del figlio triste ,
Alla matta natura ,
Il suo lamento ,
povero poeta che oltre la siepe
non vedea il confine .
L' irruente cantor
del suolo patrio, campione ,
la sua amata Zante culla del
suo vagito rammenta mesto e affranto .
Ai tamburi di Marte ostentate
Il dono d 'Apollo ..
Siate come l' odorosa lavanda
che sboccia al primo sole
la gramigna del verno
dipana .
Esuli ,militi ,poeti,
I bei versi non sono come un pallido
autunno
Inver i primi boccioli della fulgida primavera .

Il cacciatore
Quando la bianca alba s’affaccia al vagito del novello
giorno dipana la matassa della morente notte.
Tra fiochi raggi confusi nell’ aere più fresca del mattino,
si leva il cacciatore già pregusta il suo bottino.
Rozza sacca lo adorna. Ispido pel il viso ricolma.
Lo schioppo al petto stringe come se fosse la sua donna,
ed un cappellaccio il capo adorna a mo’ di corona.
Fischia è conforta il suo levriero che con scatti fulminei
la preda addenta.
Per balzi e clivi segue lo stornir d’oche pellgrine,
il ciel di piombo riecheggia come un temporale d’aprile.
Prende la mira e colpisce, vengon giù le sventurate
qual foglie d ‘albero ai soffi d’autunno.
Si colora l ‘erba di rosso sangue.
Riecheggia per il canneto il latrato,
pute d’ intorno quel pungente aroma dello sparo.
Come van leggere quelle creature all’ aria libere
né le piega la canna del venatore.
Al tramonto tutto tace.
Avanti l’uccellatore segue a muso basso il fido azzannatore
Esausti ma paghi del carnier ricolmo.
Rosso fuoco arde nel cascinale gira lo spiedo
sui carboni ardenti
Va tra canti e suoni l’odor
della carne.
Inonda il vino, calici.
Fermenta allegro il mosto
nei tinelli
Si perdono tra giubili e sollazzi
le ore del vespro,
ed un muto silenzio,
Copre il fumo, i resti del banchetto
Mentre di lontano tra le rossastre
Spire monta la luna
Che alla tarda sera apre il petto

Vidi acqua
Di lungi, dal natio borgo
s’increspa la roccia in doppio lato,
quinci in vaso sta il bel lago,
che s’apre come in un abbraccio
agli occhi incantati di chi mira
con dolce sguardo.
Contorno d’alberi dal fulvo tronco,
all’altro fianco le casupole
arroccate del suo villaggio.
Nera sabbia, si sgrana
all’urlo del vento,
tra cespugli e il muto canneto.
Per tutto il suo circolo, chiuso,
le acque non fuggono nell’orizzonte,
come son note sparir tra cielo e terra,
nel grembo del suo fratello maggiore.
Placide onde toccano la nera terra,
che non rilascia l’odor soave di conchiglia e sale .
Che pace, che abbandono O lacustre
piacer che fremer mi facevi di sasso in sasso,
ti nascondi nella tua valle .
Nel meriggio fui sulla tua arena,
al mite soffio dal monte,
all’odore acre di canna marcia.
Mi Inteneneriva il cor il suo
esser cheto, come
se dormisse da sempre assai sereno,
non già una morta gora,
per il silenzio d’intorno .
L’esser taciturno dava vita
all’emozion d’esser con lui
In un sol canto.
Inver pulsava il nerbo della vita
Sotto l’immobille livore.

Altra storia il brontolio del mar,
che rivolta il suo grembo minaccioso,
e fiero piega il coraggio a chi gli mostra ferro!
Voi acque mie, sonavate come violini
In armonia, sa ispirar quella musica
che a restar ti face.
Al far del vespro sciamano i rossi raggi
sul mite velo giocando tingono I flutti d ' amaranto

Sul lago di Castelgandolfo

Madre natura
Sostentami O mia musa
a cantar la lode della madre castissima ,
di madre natura !
Alza le vele del tuo nutrimento
che è si cosa di vasto ingegno.
Madre benigna e dolce,
Che d' ogni creatura hai core ,
fammi udir la tua voce ,
che dia coro alle mie parole .
Infiniti campi di fiori ,
con alberi e frutti ,
che rosseggiano ,
all' aere liberi
all' uccellin suo godimento .
Quei colori del tramonto ,
ove si perde il.mio.pensier ,
tra quelle ombre infuocate
che scandiscono la fine del giorno !
All' alba la dolce sferza del primo vento
dipana la foschia della notte con il primo.
fruscio d' ali di vagabondi passeroti .
e l 'umida ruigida rinfranca la ridesta terra .
tra un 'argenteo e un biancheggiar
che nel petto fa lena.
Guardo il mare il.loro eterno brontolio,
lo schiumar delle onde ,
Il sentor del suo aroma ,
quel frangersi fragoroso tra scoglio
e scoglio mi rammenta che siam meno
della più piccola roccia .
Va il timido naviglio sulla distesa equorea, ogni ora il nauta in se spera di riveder la costa .
Quei fiumi lenti, miti , quasi pigri,s'insinuano tra lingue di terra ,
e in quelle acque che paiono dormienti
s'annega il mio tormento,
allor in esso m'immergo per sfociar nell.'infinito ciclo della vita .
Odo il vento soffiar tra i rami,
le foglie danzar ad ogni folata ,
ma fedeli al ramo che non fiacca .
Come un canto soave si perde
quel fischio tra campagne e colli .
In ciel luna che fai ?dimmi che vedi
Oh pallida luna
Figlia d' una madre maggiore
che a se ti lega
prima d'ogni altra ragione .
Li ,nei tuoi silenzi ,
nelle tue sterili lande
Il secolo insegue il secolo
sin dalla prima creanza .
Nel.buio.,nel freddo
voi stelle belle
della sera al sol calante sussurrate,
fiamme vive eppur lontane ,
v'unite in gruppi ,in scie
di foco ,
per esser men sole .
Vola il pensier mio,
a quelle foreste tra un luccichio
del sol tra fitto rameggio,
ombre senza calore ,
Il rumor serpeggia
In un 'arcano canto.
Deserti senza vita ,senza pace ,
ne la quiete del fresco meriggio .
Una luce abbacinante
che di duna in duna si riparte .
La morte vince e suona
Il.monito che è pur matrigna
la madre buona .
Ci fiacchi d 'ogni male
che la carne rode !
Oh madre santa prometti
quello che alla nascita s'auapica?
V'e 'dunque l' Inganno
che la spe' falla ?
Noi più piccoli figli tuoi
siam conti della tua grazia ?
Eppur magione , natura ,
mia e infinite anime che in te
albergan quanti lingua non può numerare.
Dona quinci il sollievo che non siamo
pagliuzza in una bufera ,
ma abbiano certe radici nella terra .
Pria che sorella morte venga e miete
le sue messi, lascia goder dei tuoi doni ,
non far che il verno ci inaridisca come fil d' esil erba..
Poco io chiedo un clivio ,che sia adorno
di cipressi ove dormire l' eterno sonno
che ciascun attende

Girasole
Quando monta agosto rovente
con il suo segno Leon nelle stelle ,
In terra tra campi di paglia riarsa si spande ove l' occhio più non vede
un mar di giallo fiore .
Un profumo d 'erba secca dai raggi
vinta, e loro eleganti svettar per interminabili filari.
Oh bel fior triste e sempre vivo
In te ricordo rimane dell 'amor proibito .
Al ciel si volge la corolla bella ,segue
con infinito pianto , del carro il diurno
tratto.
Clizia ,giovine e infelice
Il cor d 'amor mancato
sì strugge per il suo amato .
Apollo adulterino ,dio dai mille talenti
pietoso ,del sol cocchiere
ti mise in terra in forma di fiore
a veder in eterno la bella stella
e il suo tiratore.
Amor perduti amor traditi
quanto pianto
si verso" sul rigato volto ?
E dunque tanto amaro il dono
d'eros?
Dolce il frutto ma Inver salato .!
Ma in te dolce fior
che in estate fiorisci
e all 'autunno resisti ,
ancor rimane un po di quella passione ,
gioia pura oltre ogni oppressione .
Raggio di sole in terra nato
sei degli amori ,sigillo dorato.

La fine chioma dei suoi rami
spande al novo vento di marzo,
che s’appoggia alla primavera.
Gialla, come sol che diventa robusto
or che il verno lascia il tizzon combusto.
L’aere impregna di quel dolce aroma
di paglia e fiore.
Finissimi ramoscelli tra campi ammantati,
son sparti in bella mostra.
Muove il femmineo tronco nei sospiri
di zefiro tutto il giorno,
come una danza elegante
che fa già assaporare la Pasqua
e le campane.
La vedo longilinea tra i giardini
odorosi
d’alloro, di rosa.
Grappoli eleganti dal ciglio di donna,
giacche di donna hai sembianza.
Adornar sono pronti per le gentil
tempie.
Una fanciulla al calar del sole
s’avvia col canestro
pieno di mimosa.
Canta lodi al vespro,
come futura sposa.
Già s’è vestita dei suoi rami!
Pria, che il marzolino evo
faccia il decimo inchino,
all’otto sarai pronta,
per unirti a quel coro
di donzelle,
quinci sarete una sola cosa
in quell afflato che v' unisce

Ai suoi abeti
All’alte cime dei miei abeti
io mi volgo.
Oh miei fieri alberi
fronzuti e mai abbattuti,
voi mi vedeste fanciullo,
alla vostra fresca ombra in estate.
M’udiste dei sogni,
dello stupore,
ove tutto per me era meraviglia.
Ricordo quel vento mite di giugno
rinfrescare le giornate,
e, l’ondeggiare elegante ma duro del
vostro tronco.
Rammento il brusio delle cicale,
voi forti vi innalsavate,
fin dove i verdi rami
coprivan la luce del sole.
Era un gioco da mane a sera,
nel mio piccolo orto,
far capolino dai vostri fusti.
Quell’odor del vespro
ancor mi sollitican le nari.
Tutto avea un tono diverso,
un viver più vispo.
Non so se fossi io
O più gaio il tempo.
In autunno tra quel morir
di foglie, e il sentor
della terra bagnata,
Mista alle castagne
mi riempiva il cor,
pur se il giorno era pigro.
Eppur il camino era fratello
di serate piovose,
tra legna e fumo.
Da una finestra vi vedevo
miei dolci abeti,
alla furia del vento,
dei lampi.
Sempre al vostro impegno
di non mollar la presa
al rinntronar del cielo.
Pur ora che il mio tempo corre
e non si ferma vi miro assai contento.
Non più gioco con voi,
li c’è solo il mio ricordo, che echeggia
tra le vostre fronde

Il figlio del male
Non Leon d 'Italia ,ma vipera di campo
non liberator qual il savoiardo ,
Inver di sangue voglioso ,ingiusto, ,onesto .
Te, che dalle sponde della bella patria
fuggisti come cervo nel bosco
or ritocchi il perduto suolo.
Vile !guardi ancor questo cielo con gaglioffo volto ?
Odi,il pianto amaro ,le lacrime sparse sul
bianco mamo per mano tua ?
Alla vita tendevano gli innocenti, caduti
di piombo contusi
I sogni divolano lontano qual nel vespro
sì perde il pettirosso smarrito .
Dolce il tuo riposo nelle calde terre
di frutti ,di fiorì non ad Italo devoti.
Ma quando il triste seme d 'Arimane
monta e alleva il suo dono,
alti lamenti straziano ,l acqua diventa
foco !
Gli occhi gonfi di veleno
Il corpo teso come il ferro cerca il ventre
la mente persa nei suoi meandri.
Più per scherno che per pentir,
riso amaro il labbro produce
Ah che triste visione !
Pur a pieta il.milite conduce ,
nella pugna feroce ,
ma ei no!
Gode ,riluce
del mal che gli fu 'più madre
di quella che gridando lo mise a luce .
voglia la guardia del ben condurre,vegliar
Diche,stringi forte le sue catene
che tal bestia a guisa di verme
sempre trova la sua fuga.
L 'amor che tutto guida ,
mai ti fe' alcun ciglio
O fonte di saggezza
perché tu avulso alla sua carezza
voltasti la fronte per via perversa .
Or piegati ,un petalo
di papavero ,
porgi su quelle misere tombe ,
opera tua del tuo furore !
Il rosso fiore devoto ai caduti
copra il sepolcro , da tanto tempo
grida giustizia e gronda di dolore .
La pace ritorni ai vostri cari .
Possa il dio supremo darvi
La consolazione e il ricordo
Nel calor dei defunti .

1)arimane spirito malefico nella religione
Sì zoroastro

2)Diche la giustizia
3)Italo antico re italico

Questa è la mia visione della cattura di Cesare Battisti

Il passero
Felice te piccolo passero che per
l'immensita del ciel ten vai dal sorger del
sole fino a naufragar nella luce della sera
Alla pallida luna sfiori il velo,alle stelle notturne mostri la tua eleganza .
Vola e carezza le rotonde colline
le aspre montagne
Dispiega le ali ,plana rapido su ruscelli
su stagni silenti
Degli altri ugelli non sei compare,
voli pensoso dei tuoi affanni
Intenerisce il cor e la campagna astante
Il timido cinguettio da un ramo rinverdito
E' primavera del biondo miele
d' un muggir d' intorno
degli armenti al pascolo all'occhio vigile
del bon pastore
Gioventu ' felice ma fugace
come muori ed e' il tristo ricordo
dietro il colle con il tramonto
Ma a tenon grava il fardello del pensiero
dominante della vecchiaia e del malanno
Ah quanto vorrei librari con te in quelle giocose correnti di vento farmi cullare
dal dolce soffio del mattino .
Tu libero e felice non sei legato
al quotidiano cruccio che l' uomo affligge .solitario vai per la tu via ed io
ti miro ,ti invidio piccolo amico lontano .
Ah ,offesa mia vita ,da tanto dolore
Indebolita quando giovinetto il padre
dipartiva
Ne temi con affanno l 'ora di tua morte .
ma vivi il giorno ed il vespro con amore
finché il tuo indomito spirto sarà dall' umido scirocco consolato .

Camelia
Quando quel freddo verno giunge
e dilaga in ogni orto ,
tra parchi ,viali sfioriti ,
alberi dalle cime morte ,
allor tu germogli
a dispetto del vento ,
che rompe spazza ogni
fil d 'erba dal gelo coverto
Oh rosa d' ,inverno come biancheggi!,
qual pace per gli occhi ghiotti ,
che in tanta moria vedon quelle belle
corollle che s ' aprono miti ma forti ,
al tocco di gennaio .
Un turbinio di colori ,pur vivaci
petali ostenti mentre attorno a te tutto tace .
Tace il passero solitario , troppo intento
a cercar riparo .
Ammutolisce il mormorio di stormi
caciareschi.
Sol tu ti mostri bella ,forte ,vigorosa .
tra soffi rigidi ,pioggia che annega ogni pensier ,
Io ti miro.
Tu come madre devota che per ogni figlio il cor
Intenerisce,
proteggi quei timidi bocciuoli ,
temi il calcante dio inverno ,non te li strappi!
Dioniso già dorme nel suo sonno invernale,
Cerere ove sei ?
Torna oh somma dea a ingravidar la
terra del tuo grano
Si brindi in lieti calici
la primavera e 'ancor lontana.
Io al camino che mi riscalda le sere do i miei
sospiri.
Intanto giunge l' inbrunir
che cala di giorno in giorno
In questo aspro tempo .

Il piacere
Una folata di vento in primavera mi ristora il corpo e la mente.
Il cibo preparato con tanto amore soddisfa le papille, ancor più il ventre.
Un sonno ristoratore, dopo lunghe notti
dal guanciale assente, rilassa il corpo fiacco.
Mirar dalla finestra una fogliolina che cade
si rigira nelle correnti dispettose e,
frettolose rallegra il cor.
Un tramonto sul mare quando par che vengono ad un patto cielo e
terra, commuove, dolce quadro di emozioni
Il volo sincrono di rondinelle stanche
che si librano nell’azzurro, l’estasi della
libertà, sogno, aroma di terra lontana
Quinci un passerotto si riposa su rami contorti,
che spera, è solo il piacer d’una piccola vita.
Quel mite fluir del fiume tra ciottoli
sicuri, la quiete dell’anima.
Quei dì piovosi, la malinconia che prende ,
di poi il piacer d’un camino acceso dalla scoppiettante legna
La lenta goccia di rugiada nella pineta,
canta la sua melodia sussurra all’udito
miti note.
Ma più piacer è sentire, vedere, amar,
soffrire. Allor ti sovvien d’esser vivo,
che sei un’uomo il giorno ancor sorge,
la notte rammuta da sempre le perdute
storie.

A Bacco
Ride Bacco il sommo dio che nel vino fa
sua festa
Gridano ,saltano fan pazzie le sue ancelle ,
per campestri balzi, invasate del suo umore
Del piacere fanno un'arte mentre scorre nelle vene e riscalda i corpi squassati
che ogni pensier il senno non tiene .
Vanno le donne con tirso ed edera
tra le selve, rivelano del dio il suo potere .
Ebbre in volto del godimento sature di
rossi pampini, che han segreto nel lor fermento .
Scintillante nei calici cade dal sapor di bosco, di uva zuccherina ,
con quel sentor d 'agreste .
Fuochi alti ,voci rotte dal buon liquore
che la vite offre .
Ancor ricorda il dolce creatore del frizzante succo la passione per la triste
Arianna in asso abbandonata e che fece sua
compagna .
Oh bacco come ti fu pesante il ciarlare a tebe che il tuo nascer non fosse divino,
ma solo carne umana e ne padre dell 'olimpo .Te che le mente offuschi e un seme di follia
spiri sei il nocchiero del piacer carnale ,
del bel parlare ,in te i sensi dilagano.
Quel color rubino che riflette la luce
nel suo bicchiere tanto invita a farlo
proprio che ogni freno cade e s 'arrende .
Chi beve e si fa spavaldo
O, si nasconde dal suo veleno per non
mostrar vile inganno .
Quanti cuori infranti han trovato in te
riparo ,sollievo dopo copioso pianto .
A te ,inebriante e sommo va il mio canto
io che non son tuo vassallo
ma nel tuo profumo amo la quiete
d'autunno

L' arcobaleno dopo il fortunale
Di gia e' finita la furia della pioggia d' autunno con il suo violento cader dal cielo senza posa.
Allor ognun ritorna al suo officio
a quel che era intento .
Ma, tra la nebbia e l' ultima brina
del temporale si insinua la prima falce
d' arcobaleno che fende le nuvole e il
grigiore.
Risplende la sua luce che si offusca
tra le goccioline dispettose.
Supera valli ,monti poggi ,declivi.
S' unisce al secondo braccio di colore
che già lo attende in cielo.
L' Arco attraversa tutto l 'orizzonte
sotto lui ancor un lento dormire
ed il sentor di quella terra bagnata
odorosa di foglie morte .
Allor i bimbi incuriositi
guardano oltre le finestre ancor
grondanti della piovana
Stupor prende i giovani cuori !
Quanti sogni nascondi
che a sognar ci porti ancor a fanciullina
memoria
Regno di folletti da pentole d 'oro
strada tra terra e olimpo che iris crea,
spaccatura del ciel per il sentir del Catai!
Vai sognatore tra i due mondi
oltre la conoscenza ,ove ti porta lo spirto
vagabondo !
Ai sogni non si chiude meta e sono liberi come farfalle in maggio .
Quando ero in dolce età ancor acerbo
vedevo incantato il miracolo dopo
cotanta bufera .
Mi perdevo tra quei colori a ritrovar
la stella .
E pur ora che gli anni hanno inseguito
l'un con l'altro tutti i miei giorni
miro e sospiro
al cessar del tuono , la volta che si rasserena
Con la soffusa luce che riavvolge
La natura d'amor che la piova spense .

“Vite stroncate”
Alle fanciulle tenerelle, che mano nera
portò a negra terra, una prece si tende.
Cosa rimane a voi mestissime madri,
se non carne fredda e lacrima amara?
Cuor ferito, vinto, potrai viver ancor a tanto
schianto?
Le pietose spoglie alle braccia rese
son povera cosa, non più sorrisi,
non v’è sogno negli occhi spenti,
ma solo un lungo silenzio.
Sparte al suolo come povere foglie
senz’anima, nè vita ancor.
Maria, madre santa poggia la tua mano
al capo esausto, al petto lacero.
Te donna, che hai visto un tempo il figlio
tuo fra sangue e legno ed hai bevuto
dolor del figlio offeso.
La vita che scorrea per voi come un torrente in piena,
ha visto la tagliata vena.
Quinci dilagar cone acqua in fango
senza meta perdersi palmo a palmo.
Ah primissima età della vita nostra
sempre rimpianto, frettolosa,
fosti inganno vile e ingordo
mascherato d’avorio, bramavi
di strappare dai giorni azzurri
le fanciullette, con abbaglio fatal .
Se il lupo blandisce la pecorella
ignara, male tempo corre per lei,
sotterfugio da tale canne vocato
la porterà a incerta sera.
Voi affidaste il destin cieco
a vigilante assetato, bieco
che morte reca a chi mal s’affida!
In due caddero fiori recisi
da vita stroncati.
Un tocco di campana, un muto
dolor che troppo non sfocia
la parola è avara!
Alla prima alba del cammino
cadeste in fallo.
Ma in cor si spera
Sarete le prime
a camminare insieme
nel chiaro vespro
che già vi tiene.

Pescatore
Orsù pescatore tira ancor le reti in barca
che sono piene dell’amor del mare!
Quante volte ripetesti l’ontoso gesto
quanto sangue hai versato tra i flutti
lividi ed impietosi?
Quanti fratelli e figli han perduto
i loro sospiri in questa immensità che ti confonde?
Tagliate le mani da fili, la carne bucata
da ami, la fronte riarsa al sol
questo ti fece uomo di mare!
Il fido scafo, compagno
di lotte e di pianto,
di vento in uragano
e sale che rode la pelle.
Là nell’orizzonte che intimorisce
Il cuore più volte credesti di lasciare
Il tuo dolore.
Ma la distesa equorea di nettuno ti dia sempre onore
per riprendere la contesa il dì seguente.
Giammai tornò persona viva alla sua riva
Se il tridente rabbioso sul fondo batte.
Sei fatto di niente qui pescatore
Solo puoi stringer un pugno di pesce
se il pelago te lo concede.
Dimmi, quanti tramonti
al brontolio dell’acqua
quando il rosseggiar della stella
del mattino si mutava nella tua sola
consolazione di aver visto il vespro
La sua ombra solcava come freccia
veloce le placide onde,
allor tutto si quieta.
Gli affanni, la fatica
l’odor del mare
In quella pace che calma ogni pensier
tu ti abbandonavi.
Lo sciabordio del legno,
la luce della tua torcia
ti segni la rotta.
Quando sarai a dimora, nel sicuro guanciale
al calor del fuoco
Il tuo spirito
è già pronto.
Quell’effluvio eterno s’appressa all’alba
perché sei un tutt’uno
con lui e con le creste che si frangono allo scintillio del luminar.

Una candela
Nel buio che appesta ogni pensier
e ogni speme dilegua v’ era una candela .
Piccola luce ,tenue, soffusa, pallida eppur
dura.
In fede mai ,io credo le ombre spesse ,
grevi, mortal, ricevettero i biondi raggi
del mattino, nel biancor dell alba .
Un canto d’ usignolo a maggio ,
non s ‘udiva nel vibrar di quel silenzio
che tutto chiede nulla dona.
Tanto era pesante esser li nel ventre
nero che già un lagrimar m’ era
spontaneo .
Io cercavo quella graziosa fiamma
che piccola squarciava l’ opprimente
coltre senza vita ,sine amor.
Oh fiammella lontana seppur minuscola,
lotti ,difendi la tua lampa .
Guida i miei incerti passi
onde io non cada in fallo.
Forte ,dilaga tra il torpore,
il sonno, la pigrizia ,
della nera caligine.
Seppur furon sempre
più cupe , soffocanti
bieche,
non riusciron a placarla
risplendeva come mille stelle.
Tutto l’ universo non l ‘avrebbe
mai vinto quel timido, umile cero
Nel cupir dello spirito
Che s’ era affranto
da tanta pena,
l’umano non regge siffatta meta
l’ unico mio disio
era uscir ,sentir
Il fischio del vento,
Il profumo del mattino

Sogno
Relegati al confin del mar
che sfiora il regno della negata spe' ,
nella caverna tramate quel che la notte
sussurra .
Oh ,oneiroi fratelli come ben piegate le vostri arti a far della mente mortal
falso teatro di inganno e sospiro .
Caduti nella quiete notturna nel sopor
che le membra cheta ,
t' abbandoni al facil gioco , tra piume
e lana s' assapora il lento dormir .
Il carro d 'Elios già s'è ritirato nella sua
spelonca , batte nel ciel trapunto di stelle
alla finestra dell'universo ,madre sera il silenzio
ogni mormorio ritiene .
Amor , dolce amore , nel giorno. donasti i perduti
baci il fanciullo ancor ne vuole cerca nel
sonno il desiderio di cotanto ardor.
S 'appressa , si camuffa Morfeo tamburella sulle chiuse palpebre infonde il ricordo.
Come venti ammansiti dai soavi soffi di zefiro volano lontano gli amanti istessol fan
nella vera sfera ,così nella seconda, giacciono ancor !.
Il mieloso canto non dura molto ,
l' altro fratello nuove il calcagno
preme ,vuol diriger la marcia .
S' insinua ,Icelo irato ,graffia ,stride nel dolente petto pungola il cor
all' affanno tutto si contrae, le membra
tremano!
Ecco , ti reca il pavor !
Un 'assaggio di tormento arcano
bestie feroci ,inumana forma
d' ogni animal che capir e' assai aspro .
Fuggi cerchi il giorno,
finché ei comanda non su puote uscir
dal suo passo .
Si rasserena con Fantaso il più bello
che mena per sconfinate mete !
Montagne innevate , volar sugli oceani
combattere pugna qual mai terra vide .
Assaggiare il frutto degli dei
disquisir con filosofi, con santi.
Nuotare nel. mare al fianco di sirene ,
Correre in rapida caccia con artemide .
Questo il bel dono.
ma la notte e 'breve
Il buio che fu tanto molesto
Come il sale lacera la ferita,
ti fe piegar a viso basso
Al par di chi nella foresta si perde ,
sì spaura .,

Apollo ha ripreso il suo trotto
la luce fende il viso ,
Respiro l 'aere del nuovo giorno

Padre e figlio
Carne nella carne
Sangue nel sangue
In te oh figlio mio
sì riflette il mio cuor
Quand'ero fanciulletto
pensavo da giovine .
Ma gli anni mi misero
a maggior ragione
del fuggir del tempo .
Fatti per lasciar ognun il suo
segno io mi rifugio in te
che sei il mio domani .
Sorella morte non vince
la sua partita ,coprirà le
mie spoglie, ma inver la vita
vince e si rinnova .
Saremo corda unita oltre
I meandri del tempo.
Quando dal duro lavoro
ti ritiri ,padre ,
e corre alle tue ginocchia il tenerello
non è forse il maggior diletto
che la vita ti dona ?
Ambedue ,anime vacanti ,tendete
all 'eternità dell'amore ,
Un foco caldo che rischiara
la notte, dal pianto e ghiaccio .
Ah mia semenza ,unica ragion di
calcar la terra ,figliol sarai il mio
legno ,ove troveran riposo i mortali
pensier .
Un di' quando tuo figlio avrà
la guancia di pel coverta ,
rivedrài i suoi occhi .
Tu ormai nel corpo defesso
In lui rispecchi la luce .
Braccio a braccio di aver percorso la
strada della vita .

Anime
Anime morte ,anime stanche ,anime che ancor la luce le appaga.
Respiri immortali, persi come semi in una tempesta di vento eppur ancor legate all 'amato governo.
Parti infinite del naturale concento
ma note soavi del firmamento.
Voci in un turbinio del continuo evolversi dell 'universo inver non mute fiammelle alla pioggia e gelo.
Anime bianche o nere, pur sorelle inscindibili dalla loro natura ineffabile.
Pallide idee ,pregne del primo amore.
scintille del foco primordiale
atomi di luce in cui risplende il vero sole..
Anime ,che non sperano più ,che han perduto il filo di quel dolce calore ,
le chiama come falena alla torcia.,l'altissimo dottore
In se chiudono quel sentimento ,
che si nutre ,si rinnova quinci l 'antico disio
le sprona come indomite giovenche, allor
l'architetto incorrotto ,a se le aduna.
Anime dormienti , ferme nel.loro moto
prive della graziosa linfa.
Eppur la cristallina acqua scorre
nel suo letto con ogni molecola
che segue la fiumana ,
fonte e guida della madre acqua.
Così di anima in anima, energie
purissime del fulcro che le allatta
sì riuniscono come stormi di uccell
al tramonto che cercano il caro nido.
Quelle bramar il lor fattore
Colui che alla terra diede in serva
la luna , la morte non le piega .
Nell eterno abbraccio gioiscono le libere essenze ,nomadi e solitarie d 'attinger
a quella quiete che mai al tempo
si piega

Oltre la finestra
Oltre la finestra io vedevo infiniti
spazi ,giardini ,colli ,siepi.
Ed era come volar via dalle amate mura ,
fin dove l' orizzonte non si confonde .
L 'aria tersa del mattino rinfrancava
la mia mente fanciullina ,
di quella che sa ancor goder delle sparute cose.
Mi sovvien la dolce voce dei ricordi ,
dei muti giochi ,di sogni fugaci .
In primavera l' aroma Mieloso dei fiori
si confondeva con il ronzio delle prime api
laboriose.
Io un poco tralasciando gli innocenti giochi
miravo lontano .
Assaporavo quelle fragranze spezzate
dal pungente olezzo della nuova resina .
Odo il.mio vociar ,e le ore delle sudate corse .Dolce tempo mio ,compagno di lontani
ricordi ,guida e supporto di rimpianto .
Nascondersi dietro il rugoso nespolo
tra ulivi rinverditi ,
temendo le spine di maggio delle
pavoneggianti rose .
Ah dolci occhi miei ,cone vorrei rivedervi in
quell 'incanto .
Ove siete perduti passi ?
In questo vento di passione mi faccio
rapir .
Vi attenderei ancor ,col primo ritorno delle
vagabonde rondini ,
se tanto voi aveste l'ali.
Un velo nel cor mi cala
m'offusca il mio pensare .
M'affido alle vele del mio
spirto che traborda tempo ,
cavalca gli anni ,
mi salda ,ancor mi chiama.
Allor tenace mi resto ,e sto ad ascoltare .

Triste viaggio
Giovinetta del tempo andato
ventun lacrime il tuo viso han rigato.
Ancor troppo giovane per capir il mondo troppo acerba per perire oh tenerella!
A ventun anni tendeva la dolce età quando
tutto ride ed è gaio .
Ma al Canal di ferro del binario amaro
finivano i sogni ,gli abbracci ,la gola si strozza come si intoppa il fluir del fiume
se sasso lo stronca .
Incerto viaggio, nel vagone nero
che sbuffa,stride ,ferro a ferro .
Quanti pensier si perdevano in quel viaggio
che strappo' da ogni tetto madri figli
padri e pargoletti ,per un campo spoglio,freddo ,straniero .
Austria ,Polonia di lungi vi chiamano
al tristo appello del destino fatal.
Morte ingorda e senza patria ,
attendi ,speri la turba ignara ?
La vanità dell 'essere il fascino
del male hanno tessuto
catena a catena .
Povera gente umiliata
e unita, tutti in riga,
qual vigili soldati ,
ma sparti ,in fila
che parevan interminabili filari .
Tanti quanti più di due mani
non posson contare ,
due volte il dieci,ed uno lo tira.
Allor la memoria corre ed è contrita
all'afflitto cammino d'onde s'eran parati.
Piangete?quanti singulti?
Troppi che è affanno a narrare !
Scoppia il cor di dolore
soffoca l 'amor che brillar non puote
Siate uomini e non pecore in sangue
che ancor la dignità vi scuote.
Or tutto tace ,le grida
son nell 'aere dissipate.
Non son ventuno gli anni
infranti ,inver in tre volte
sì rigira .
I giovinetti han varcato
In carne e spirito i giorni del perduto
sorriso.
Son deboli le ossa
s 'e incartapecorita la pelle
un tempo fina ,grigie le chiome un di' sciolte
al vento ,spento l 'occhio da vecchiezza e verno.
Ah belta' svanita e mai fiorita !
Tu vecchio corso antico
sei ancor li ,muto ,
stanco d' esere stato
Il varco ,per il passo ,
ove morte era la sola amica .

Ricordando il triste binario 21 a Milano
Ove gli ebrei venivano portati nei campi di sterminio.

L'uomo e il mare
Nato in quella terra ove il profumo
del sal vince sulla primavera ,
avea più acqua che sangue .
Il volto segnato ,solcato da fatica e sudore
lacrime ,amore!
Ma le potenti mani ne facean uomo onesto
probo che nessun mal in lui si leva .
Quanti tramonti con occhi bassi
alla luce della Sera !
Le acque docili all piè giungevano .
allor come colui che si compiace
Di cotanta lena ,le contomplava
Con malinconico amore .
Al far del Vespro si placava
Il rubicondo splendore .
Il.mar come culla ,dondolava
gli ultimi ricordi del di' morente .
Eri li Benedetto di nome e in petto !
Ah quanti sospiri commisti
alla salsedine
Cola' avevi il secondo parto
dolce come il primo dal grembo materno
nato .
A te gli onori della costa
che piange, si lamenta
da piaggia a monte
Mute giornate dalla tua voce
assente ,
Corre il ricordo ,si rifuggia
al tempo migliore ove il rammarico non s 'accora.
All estremo respiro la mente mai s'allena
giacche speriamo sempre di sentir la nova brezza .
Qui che si ferma l.'umana
spe ,risorge il cuore
libero , inviolato ed eterno. .
Nel giorno del dolor
che seguir morte e pianto ,
non.sia il ricordo amaro .
Ove nascono. I primi raggi
che per pigrizia
portano. le creste delle onde
sul lido. ,
li segui col pensier
ed il sorriso ,
che non son morte
le idee lo spirito gli amori ,
ma solo questa carne
che in terra mi resta .

A ricordo di Benedetto Cerasoli

Lupo
Selvaggio lupo dal fulvo pel
che l' uomo teme dalla sua storia .
Se fosse pavor il vello pieno
non vi sarebbe rifugio e tetto.
Feral il morso che infinge non per sua
rabbia ,funesto intento ,ma come Artemide, dall arco d'oro ,ditta dentro per suo governo .
Natura ,d'ogni creatura albergo ,
fonte di vita dal monte al deserto.
Quando la lupa s 'aggira per i bosco,
non s'ode pigolar il passerotto ,
Il vento trema al suo passo , al suo tono .
Lupo che pensi ,temuto amico ?
Ti rifugge ognun che la vita adora ,
simbolo di morte di cruda sposa .
Gli occhi indomiti fissi e fieri
non conobbero mai chi piego '
capo e artiglio,
Oh terrifico ringhio
Che entro ti brucia
Tormenta come un vento
In tempesta
allor che a cacciar nella selva
sei all "opra
ne catena ,capestro per suo onore .
Bramosia ti scorre come fiume
In piena, maestà 'del regno fatal
e antico che pietà non nuove al suo cospetto virtù mai fu seme di tua struttura ,
amor dell arte e sua scrittura .
Sol segue il bestial core Che entro ti vince .
Siamo noi di genio pieno , uomini onesti,
o più fratel del nemico altero ?
Quando ci lordiam le mani di sangue
e lacrime chi più cruento?
Le morte idee risorgono illuminano
Il sentiero chi più affonda le zanne
E l' uomo !
Il male serpe senza freno ma non di muso,
sì veste di pelle ,viso verbo e Cristo!
Il cupo pensier che toglie notte ,quinci sonno
e' la coscenza che bussa ,tormenta ,
raminga senza meta

Airone
Vola ,vola alto airone bello tra cielo e terra
Voli e ti innalzi dai venti ti fai carezzar
Le ali aperte dignitose e fiere ogni soffio
D'eolo usa ,nell aere giocar .
Te che vedi tra le bianche nuvole ,
Il nascer e il morir del sole ,
l' inizio ,la fine d'ogni giorno ,ti perdi alfin nelle rosse spire del tramonto .
Tra le perdute sabbie del deserto ,
nel cor di coloro che resero eterno il loro passo eri un mago!
Messagger tra questa vita e quella dell 'oblio in cui siamo solo vapore ,
ricordo di quel che fummo ,
ombra dell "uomo disfatto ,
pensiero di un' infinito dormir .
L 'anima del Cristo in te respira
Vuolsi cola' ove tutto
sì puote che morir venisse
per le sonate storie .
Lui solo e ramingo
umile fra gli umili ,
nell 'istante fatal
la fede si franse .
Quinci si vide
a viso con la morte ,
pudico passo
d'ogni spe' collasso .
Mente e spirito
dei saggi antichi
te vocar ,
per ritrovar la via ,
la propria ragione .
di inizio ,della conoscenza ,
del continuo fluir
tra mari ,fiumi ,
nel vortice della vita .
Oh airone , dolce uccell
quanto hai seminato
In queste vite !
Ma in te libertà ,
sorella amata dal sapor
acre si impone .
Libero ,elegante
bianca piuma al ciel,
Leggero qual il soffio di zefiro
In primavera .
Sei avulso dal peccato ,
fuor da grigie idee ,
dal morso del disio
che in terra s'
incarna .
Porti co te quella purezza
beata, per la grazia, gli orizzonti
d' amor infiamma .

A Goffredo Mameli
Ardor giovanil irruente , cone un mar in tempesta ci muovi per arditi passi .
Spirar tra le braccia del generale savoiardo
Il poeta sognatore ,che un canto d' italia
aveva per la patria dal cor creato .
Una sola e indivisibile , che unisce la lingua
e inchiostro .
Ah roma al poggio 'del papa tiranno
un lamento dalla mura si leva !
Scorri Popolo come fiume in piena
non sia catena a troncar la via .
Farsi libero governo
e non un chiostro santo, al canto del chiercuto che semina inganno .
Goffredo dal petto impavido
giovinetto di tutto entusiasmo ,
per roma liberata al suo gran salto,
periva tra mura e sasso ,al colpo .del
francese che pria canto
la marsigliese poi fu lupo in agguato .
Oh libera città in libero spazio
coi tre saggi al tuo comando ,
volevi repubblica , alla ferrigna corona .
Quanti sono i prelati che mangiano
al tuo piatto?
Quanti ancor più vorrebbero sotto la veste
far misfatto?
Goffredo , figlio di roma campione d 'italia
come l 'altri fieri alzo' la testa contro
Il tiranno bianco .
Alla fede, alla carità s 'affida il sovrano
arcano ma inver come vipera soffia
veleno e affanno .
Risorgi dal lungo sonno ,dal cupo pianto
In cui ti verso il popolo infingardo !
Dalle tue ceneri di antica gloria
uno squillo di tromba ti sprona
E' l urlo dei giovani combattenti
degli eroi puri che han scavato
nella coscenza .
Montà dilaga in gni dove
quel grido fiero
come un mar deborda ,forte
minaccioso,non teme freno o porto .
Al capo il bel poeta che mai vide l' età
migliore ma muore da profeta !
Era il tempo di battaglie ardite
di cimieri franti di cavalieri
armat,i di spade sonanti.
A te il dolce ricordo vate d 'italia.
In te base e amore che ci unisci
qual vele di una nave ,
che rende forte il naviglio nel temporale .
Con te, il coraggio che infonndesti
nel tuo canto ogni italiano
sì inorgoglisce ,
pronto a morir al par tuo
che solo a venti
l' anima hai reso,
per la gloria dell eterno .

tributo a Goffredo Mameli
Giovane patriota che morì nella difesa
Della Repubblica romana nel 1849
A soli 20 anni

Sotto la croce
Sotto la croce lugenti, le donne si battevano
Il petto gli occhi pietosi rivolti al capo reale.
Nel santo nome di quello ,figlio redentore ,
Maria ambo le mani a terra sparte ,
come se volesse riaver la carne che ebbe in grembo .
Ma d'ella sangue s "e fatto che riga il legno imbeve, il terreno.
Al santo.lume spirano i pensieri
e nel funesto giorno s 'assidono come neri corvi sugli alberi .
Piange l' apostolo eletto,
la peccatrice che della pietra
già sentiva il petto lacero.
Deserto dell anima che non trova quiete,
vita più non risorge .
Ed è brulla ,spenta come il dorso
del Vesuvio che non si copre di primule in primavera .
Pietose lacrime di madre
amaro vino dal sapor di morte .
Stanno i militi muti all' orrendo fatto
Ancor il Vigor dell'uomo hanno nel palmo .
pioggia violenta cade sulle teste matte ,
sull' orgoglio dell uomo ,sul destino
che ha avuto il suo andare .
Piove e par che il ciel si gonfi e rugge
Come furiose canne di leone .
Brontola e si accapriccia l' universo !
La natura s' appaura ,ognun in se se stesso
sì rifuggia del perverso che ilcorpo ha offeso.
Tace , tutta trema la terra al sonio
del giudizio eterno .
Or rendete il messaggero ,
lo spirito di corpo vestito
Il capretto ubbidiente al suo coltello.
Maria ecco il figlio con le braccia pietose
Lo colse si tinge il manto del suo umore
Per sempre la colpa è resa il pacificatore
s' e fatto carco di tanto dolore .
Il volto contrito che ogni madre
Non vuole ,nel pietoso viso diventa amore !
Amor si leva e vince, che sotto la croce
La morte il suo piè non smuove .

L' inganno della morte
Ah morte beffarda ,cone ti nascondi per esser men nota a chi teme le amare mire.
Vigliacca ,travestita ,ti Insinui nel giorno
nella luce bionda quando è più lontano il tuo
pensiero
Qual'ora veniamo al mondo col vagito e nolenti lei già punta il dito .
Nell 'andar della vita come belva senza remora , nella foresta attende , gli artigli liscia stronca chi non teme viso a viso .
Agosto robusto ,giocondo trionfo d 'estate
dal sapore di mare .
L 'urbe viva ,che s affaccia sull'onde con baldanza ,vedea i figli migrar per sparu
to tempo finché settembre non galoppa , reca seco Il profumo d 'autunno .
Allor foschi presagi s 'adunavano sulla folla
gaia!
Quella vena di terra che l 'uom sospende per
sua maestranza si franse cadde al suolo
Come tronco segato dal legnaiuolo.
Ah quale tristo pianto!
Tutta la patria si leva, un singulto sale
dal Monte bianco alle coste di capo Rosello
luce d' Agrigento .
Figli che non ebber spazio di baciar la madre
Marito che non die' mano all' amata
Compagni Che periron all 'uninsono
per uguali danni .
Tutto fini' nel duro fosso.
Sì spense ogni disio tra fumo e roccia .
Ah nera sorella che mai posi il tuo manto
era questo l' inganno chec ordivi
Con silente passo ?
Confuse son le foglie in inverno tra lampi e pioggia così tu mesci la spe con la tomba .
Pianto ,pianto infinito pianto
per voi illusi d 'esser felici !
Cosa dunque la felicità ?
Soltanto un fruscio un battito di ali
Uno spuzzo d 'acqua in un oceano
di ignoto .

Crollo ponte di Genova 14 agosto 2018

Il popolo in cammino
Risorgi Israele ,dal laccio di babillonia
dagli artigli d' Egitto che piago ' per tempo
padre e figlio.
Orsu' risorgi !
Giacobbe, Dio ti ha chiamato e tu hai risposto .sei puro ai suoi occhi tu che l' antica disputa hai vinto e con il padre celeste sei a consiglio.
Popolo vagabondo ed errante ,catena sonante sul tuo cammino il fio ti porge.
Bandito, senza terra ,nel nome dell 'inviolato
ti consoli in lui riponi il pianto .
Oh patria amata di lontan saluti ,
figlio d' Israele quando ancor una volta
rivedrài le amare mura ?
Se l' uomo si pone contro Iddio ,triste spina nella carne si infissa ,più quella gira ,scava la ferita rende miserrima ogni parto ch'ella terra genera .
In un ora barbara di già le acque son aperte ed il mare non ti ferisce.
Qual'era attraversassi il fuoco la fiamma non ti brucerà giacche'ti stringe al petto il re degli oceani.
Soppiantator , il primo frate tenesti a calcagno ,sei la stirpe eletta nel libro del
misericordioso che ogni cruccio allenta .
Di lungi le foglie d 'ulivo si librano al soffio
del deserto ,soffrirài il colpo inferto per il Cristo sconosciuto .
Ma tu sei benedetta Israele, seme di Abramo e Isacco il tuo errare riponi ,
giungi al tuo porto per i sentier che ei dispone .

Eclissi di luna
Il sacro apollo ama i due pianeti
Li riscalda li stringe nel bacio di luce .
Ma Ecate e Gea l'un nell altra specchio
si confondono nel silenzio del firmamento .
Copre il bel volto della dea potente il cono
che l 'azzurro astro protende .
Silente danza fanno nella volta nera ,
tra stelle ,comete da infinita sera .
Ed io che fronte al mar miravo cotanto
abbaglio ,rimasi attonito ,incantato .
Squarciava il vermiglio velo il pelago ,dilaga ndo come sangue da corpo contuso che libera il vital liquore
Onde lente nella notte d'estate stavano a guardare diventar rossa la luna splendente
Occhi mortal che alla alla falce sono resi
godevano estasiati, il due astri giocar ed esser leggeri .
Le nubi eran lontane per non esser moleste
loro sempre danzerine tra tuoni e tempeste ,donaron siffatta notte di mirar
quella festa di fissar nel cuore ,nella testa
Le due fiamme far piroetta.
Risaliran la china fisse ancor nel tempo novo oltre i padri ed i figli che si strinser
al petto .
Anche tu padre ,che sei diafano e muto
alla finestra dell 'eterno ,stavi a guardare .

Il profumo della pioggia
Di gia e finito il fortunala, si rasserena l Aria umida e frizzante .
Libera un aroma dolce ,acre la pioggia tra la terra bagnata tra i Cespugli matidi d acqua .
Un profumo di fiori ,erbe di campo si mischia
E impregnano l aere che fatica a ritrovar calore .
Cadono lente le gocce dai pini ricurvi, portando quel sentor di resina.
Le rose dal capolino carico lasciano
scorrerle come sudor ai piè del gambo .
Nei campi le balle di fieno da troppo tempo
Alla furia del temporale son pregne di rugiada .
Al contadin le nari solleva quel sapor di paglia che ovunque su leva .
Pioggia sul mar commista alle onde ,
Triste quadro d 'inverno quando dell' estste
Il baglior più non preme .
Raffiche di vento le spazzano, disperde
Quell aroma di sale, che nei ricordi
Il piacer riaccende .
La malinconia della pioggia d 'autunno si sposa con il fuoco placa la cenere che arde
Mentre il buon fattore cuoce le sue provviste per i duri mesi .
Nell aia lo starnazzar delle oche confonde
Il ticchettio del temporale sui tetti ,
Per le vie del borgo .
Mi porta quel sapor di antico

L' angelo
Pensier del primo respiro dell' universo
emanazione di colui che le galassie muove,
spiriti eletti di profondo intelletto .
Tra i cieli puri e senza colpa, candidi come
piumaggio di colomba ,volate nell 'aura serena ove il tempo non trionfa .
Per amor suo fatti materia intonsa alla
prima morte siete guardaini dell' inviolate
sponde.
Ne uomini o donne ma pura corrente del divin potere che creo' dalla terra sua simile
Visione .
Cantar le lodi del celeste padre dai soavi
Corni, tesser melodie dai sublimi cori.
Come le farfalle cercan e fan cerchio sulla
lampa notturna, al par quelli s 'avvolgon
su quel globo pulsante di calor
amor infinita pace .
Corda d 'argento tra noi e la sacra famiglia
eletti ,messaggeri benigni , del buon pensare .
Viso sfavillante ,ove perdersi sarebbe caro,
Un dono del bell' albergo ove il mal non dimora .
Fanno danze a lui devote ,come storni di uccell che vogliono ingraziar il cielo d 'esser
lor parente ,al bon signore , fanno omaggio di cotanta foggia .
Sembran mille candele che il vento non piega
ma l' un con altro uniti son un foco che
arde gaio ,robusto ne la pioggia ne la neve sono fiere d' averlo muto .
In fervida preghiera il pianto riga ,solca
l' affronta carne ,
Un soffio il cor rabbona, la rabbia si scolora il cor giubila ,s 'avvampa al fervido
calore .
Fratel pennuto non berrai mai in coppe di vino ,non godrai del rosseggiar del camino in inverno ,ne un fremito per la desiata donna ,sol il sospiro dell amor purissimo ti garba !
Alla sacra croce fissi ,legno sanguigno, inno di vita ,innalzano a gran voce un ave.
Quali legiadri usignoli cantano dolci note
levandonsi tra traslucide nubi ,fan corona,
Vengono all' unisono alla riva ai piè della vergine Maria madre che nutri' il figlio per esser silente spiro redentore.

Oh Angelo santo ,benedetto che come un padre il figlio rampogna,
mostra a chi a te si volge perdendosi per l' Ingorda via,
la fiaccola del giusto andare
per giungere a quella gloria ,
Un mar che onda dopo onda
reca pace .

La Piaggia tra le rocce
Alla destra del bel lido l eterno. monte
dai pini coverto ,di lungi tra il tremolar della marina il porto ove navigli tiravan
L' ancora.
Temp'era del cancro nel sole , giunto al suo primo mezzo
Oltre, io vedevo i rocciosi appigli
la selva riarsa dalla calura d 'estate.
Tra il baglior dei raggi scintillanti
come gemme intorno ,
ni perdevo in quel loco ,
che dal tempo era difeso.
Rapidi gabbiani sfioravano il pelo
dell 'onde che già bramavan,di veder la riva .
Un uomo coi suoi pensier
li si rallegrava ,
lodava la dolcezza del giorno ,
Lo Sfioravano i profumi del mare .
Li dove cielo e pelago trovano il confine
respirava la brezza gentile .
Era dunque re non v 'era tempesta
che molestava il rifuggio.
Scemavamo una ad una le ore del
giorno.
Smavamo come farfalle in primavera
I soavi sentimenti che amor governa .
Tra quella sabbia riposa ll cor compunto ,
da cotal piacere ,l' animo non più si spaura,
al calar della notte,ed ogni piacer serra in
sua natura .

Il figlio del sole
Per amar troppo il sole perse lo scettro quinci dal basso all alto regno fu maledetto.
Al tempo degli dei bugiardi e ingannatori
finti padri degli uomini .
Falsi idoli ché più preghiera che verità
dispongono .
Ma del disco del giorno adoratore
Voleva cone severchio ,vero dottore !
Può inver il placido fiume rivolger il suo
Verso ,se per natura e scritto ove sia diretto ?
Folle chi contro il patto vuol esser diverso !
Allor gli altissimi lo vider come perverso ,
chi contro ogni Dio rifiuta il capo chino.
Oh sovrano eletto ,sei forse di quella
stella spirito in carne serrato ?
Tanta luce ti avvampa in quel disio
che solo a lui spezie e onore ?
Gli uomini che superano il loro bordo
son di rara specie che han breve polso .
Quei eletti fulgide passioni del tempo
In loro dono sarebbero simbolo ,
se non fosse men duro il rifiuto ,l 'oblio .
Tu gran re da tanto fango sepolto
hai osato il libero volo .
A tutti i pensatori ;Santi ,profeti
quelli che non vogliono catene ma del ben
della mente difensori ,custodi io
umile mi porgo .
Non si può negar la pioggia
Il soffio del vento le mareggiate
violente.
Allo stesso piè sicuro non si ponga ostacolo
ma siate fari del mondo .
Pensiero , libero e puro ,non conosci
divieto se vuoi cambiar il fiacco sentiero
poni i tuoi santi ambasciatori a riordinare
la via .
La terra attese il fresco germoglio di giudea ,
Colui che a mani nude ne spada ne
Oro amo' talmente questa selva che al sangue giunse pur di vederla bella.
Contro l'ordine del Cesare ,dei bianchi
templi si fe' scudo, rischiarar le nuove
scole ove il vero detto fosse saldo
perché tu del padre adorato sei stato
freccia d 'amore .

P.s in questo mio componimento mi riferisco in primis Al faraone akenaton
Che nel 1300 a.c voleva abolire gli dei
E imporre il culto del sole Per questo fu
Bandito e Maledetto il suo nome rimosso
Dai papiri e documenti .
Poi mi riferisco a tutti coloro che non accettano lo stato delle cose e vorrebbero
Cambiarlo e in ciò mi riferisco a cristo
Che in un mondo pagano volle far conoscere
Il Dio universale

Lasciare
Lasciar ai defunti il dolce ricordo dei viventi
ai viventi il dolor della perduta carne ,
ma la spe che non è solo polvere .
Agli alti pini i suoi aghi perche si pavoneggi
tra monti e valli !
Al fiume che scorre impetuoso nel suo letto
Il sapor del ciel ove nacque.
Al vento ,che tormenta o carezza
Il freno del bacio d 'Eolo delle divine guance
Alle spighe ,oro nell erba ,la membranza di seme ,vita che sempre meraviglia.
Al petto delle madre preme il bocciol delle labbra, il figliol che amor riceve.
Al mar, suoi segreti i pianti di dolor
I navigli fatti tomba .
A chi per l 'onde cerca nuova lena ,
dal braccio di sicilia ricolti
nati dalla terra nera ,
Il bacio delle sposa
Le carezze dei fanciulli .
Al foco che arde gaiardo
e forte ,rimanga
Il crepitio ,la legna fatta cenere.
Pittori ,la vostra reliquia una tela
che il tempo il color non scema,
Musico ,all estremo passo, il flauto
Il tuo ricordo .
Il giorno insegue la notte
quella fugge al primo sole .
Ma l' un con l 'altra lasciano
vivaci ombre .
Ed io cosa lascerò ,
se non queste rime
dettate dal cuor,
per amor di te, poesia
mia vita, briosa compagna

La rimembranza
Nell 'ora dell ultimo
giorno degli ultimi amori
del comiato ,
s' offende la memoria al rimembrar ,
perché più la tormenta e strazia il core .
Allor si affanna a riveder l' amato volto
il suon della voce i perduti verbi .
Più more il giorno più tormenta la notte ,
trancia il petto un dolore battente,
Il disperato disio di sentir l 'amato sono .
Sovvengon le idee i giorni persi
ammutolisce il pianto di non aver vissuto
Infino all' ultimo raggio .
Nel pensier si fugge a furor d 'animo.
per non patir il silente dardo.
Ove sei perduta parte che il corpo e' tanto lasso?
E' forse più duro della morte
non sentir l 'amato chiasso ?
Quando un onda si stacca dal
pelago non va per suo passo ,
subito la sorregge la sorella ,
non soffre del primo parto.
Eppur il vento ad un fischio
l' altro l' attende per crear burrasca .
Noi incerto destin se uno segue
troverà stesso viaggio ?
S' incupisce per lo svanire
d' uno sguardo ,
Si sente come seme che cade di vaso in vaso
ma non trova mai la terra
A Mnemosine i sinceri vati
l'accurate preghiere
Oh grande dea non far
Immergere questa nostra
carne nell oblio di Lete
Ove il tuo dono annega !
Dolce rifugio della memoria
certi di ritrovar l 'amato lume .
Quanta dovizia d 'amor in quei
fiori, lacrime e dolore ,
se a lacrimar ci pone il freddo marmo.
Lode a questo ramo d' oro che entro
sì nutre di immortal sentir ,s 'alimenta
di tempo in tempo come fucina ,un foco
qual non teme d 'esser cenere !
Sogno , ricordo eterno ricovero ove fuggir.

Cielo di Roma
La candida cupola si staglia nel ciel nell' ora del
tramonto si confonde con il rossastro sol
che allunga i suoi lamenti dal qurinale al campidoglio
Nell aula stanca di croma antica si ammazza di pennello Michelangelo maestro
cerca DIo con amor .ma trionfano i suoi
pensier con l 'arte di immortal gloria .
Riluce l 'urbe ,di fama ,di lode,
perso nel vento il tuo nome,
figlia gloriosa di troia in fiamme .
Nel petto l 'orgoglio
che Ulisse perdesse l 'onor ,
quinci sul platino
Infisse la spe del nuovo seme .
L' invitto impero ancor risuona
oltre il Tevere infino al Reno,
regio dominio ,eterno ,fiero.
La lupa a maggior consiglio
allatto ' i due fratelli,
già sa che sarà grande il passo terreno .
Un pianto ristagna nei cuori, nei petti
come foglie d 'autunno che non soffrono vento .
Quando dal giogo dei porporati, i romani
troncaron le catene e liberi i polsi,
al ciel risorto il novo spirito ,
del quarantotto ,ancor repubblica
prima che regno fulgido splendor
di libertà, che il Francese
Irato divoro' per lo sdegnoso papato .
Il buon Camillo a veder il ciel di roma su
tutti ,
per amor di patria e spirito libero !
Luna ,argentea luna che ti specchi
nel livido volto Tiberino,
nel cor ti punga l 'amor di tener
La dominante rocca,
culla di imperator di Papi
poeti togati .
Roma,Roma odiata e amata ,ambita or dominata odorosa di glicine
In primavera, di gelsomino ,lavanda
sudario di Pietro in croce
Verso ,in cristo riverente
Hai un patto,tra cielo ,Terra e l infinito .

Il fiore del deserto
In una infinta distesa
senza confine che preme,
solinga in un silenzio che atterra ,ogni spe che s'albera ,
ne sente la brezza che dal mar si leva ,
sta l' assetata pianta
dal capo adorno
di spino ingordo ,
come il Signor che del
dolor di quelli nella pelle era contorno .
Ah inviolate montagne oltre il qual
Il disio non giunge ,l 'orizzonte
affogate di calor e li si perde ogni ragione
se a cagion di tanta pigrizia la mente si
confonde .
Tra il tremolar della luce nell 'incerto
biancor del mattino spazza
la terra di nessuno ,il vento ,
governa a suo comando ,piega modella
le dune ,a suo garbo .
Ma nella notte il bel fior del cacto ,
sboccia del vermiglio color,breve che al
mattino s, e ' già disfatto .
Occhio.mortal non gode di tal maraviglia !
Tra pastori erranti in cerca d'acqua per
lo sparuto gregge, cercator di seta
e di gloria ei rinfranca e intenerisce
d' amore.
Nel ciel fiero e invitto nella notte trapunta di stelle sta la bella luna affacciata
qual giudice supremo dell 'umane gesta .
Quanto rumor a lei giunge
singulti ,promesse vane
del sangue più che pace
per furor e mal animo .
Che godi uomo della tua vana gloria,
se poi sei solo terra al tuo sopir?
Il tuo cammino dura quanto
Il passo tra il di' e vespro .
Oh età felice che vieni e vai sei come
Questo fiore bello la notte morente il giorno
Che cosa ci lasci allor ?
Perché sei tanto lesta se poi si rimpiange?
Vita che scorri come sabbia del deserto
sei sempre dolce o nascondi il duro
seme ?
Natura ,quanto sei madre per le tue creature ?
Lode a te Gea che nel tuo ventre
sempre spira il fiume dell' essere .
Anni e poi ancor più anni montano,crescono
per perdersi nella memoria,
veloci come quel vivace fior
che nel più profondo confine
Alberga .

Spartaco e crisso
Pria che l' uom di giudea
spirava con amor sul legno grezzo
a gran scotto vendettero la vita,
per liberta che non ha prezzo .
Dal duro ferro , a catena tenuti
battuti e umiliati
dagli elmi pennuti
Morse l 'onor nel petto
di morir per se non per diletto .
Spartaco e crisso
l" un per l' altro frati
d' ogni stampo volean
liberi dal servagio ,
chi sente d 'esser per sé per suo
coraggio
Alto lamento del fascio
littorio che cagione del suo
potere non teme, ma impone
Virtu e dovere .
Come un fiume dirompe
I suoi argini se troppa
acqua lo empie
così dilago' la folla
inquieta da troppa boria
,e nerbo umiliata .
La nera danza tra le bianche
pietre , il plauso
la polvere ,sudor
dalle ferite vive ,
per il goder
del popol sovrano
dell mondo, dei destini
di figli ,o figlie .
Crasso già morde il freno
del comando ,
piegar sotto l 'invitto piè
quei disperati che a madonna
liberta' volgean il pianto .
Lancia le sue legioni
come cani nella foresta
Il latrar , il timor molesta
la preda ,che non trova scampo .
Oh Spartaco che co crisso dividi
Il fiato ,duci fieri
ultimo amor dei miserrimi ,
derelitti, dimentichi .
Allo strazio son pronti ,
per saggiar quell 'ultimo
bacio della vita matrigna .
Fiero coraggio che gli occhi
Illumini, e scacci il lagrimar ,
pronto il ferro ,
sul volto già il disio
di votarsi al dolce fato.
Ecate benedici i tuoi
devoti che sussurrano ,
pregano ,fidano nel conforto .
Faro , luce divina ,
Madre benigna,
del tempo più bello ,
al vento i pensieri
migrar, tu che
plachi il pavor
In canto,gloria nel petto
che ogni uomo preme .
Pompeo s 'unisce alla triste caccia ,
lupi rabbiosi di cotanto oltraggio .
Or tra fili d 'erba imbevuti
di sangue, il dolce riposo.
Lottar fu onor pur se la carne
subì lo scacco.
Ma risorge lo spirito
Rinfranco che non volle
perir per capestro
e silenzio dell amaro
Lacche', maligno compagno .

Ricordando l epopea del gladiatore ribelle
Spartaco eroe dell 'antica Roma

Anemone e zefiro
Anemone con zefiro si divertono tra lievi venti che dal gelo son liberi
E rallegrano i campi ove la neve scavo'
Fossi piegando le spine !
Cavalcano e domano i rapidi rabbuffi
di correnti capricciose che scalpitano
Per cercar nuovi spazi ove sfogar
l' impeto .
Soffiano sui nuovi amori, sulle rosee
guance delle verginelle ai primi sguardi
Ah, quanto fu duro e grave il vostro
disio che Borea ne voleva il cor
della fragile pulzella.
Spirano veloci i venti tra le colline
rideste ai primi pallidi raggi
ma la nebbia ancor le gela .
sorridono ad anemone incatenata
bel dolce fiore che ai primi soffi
ti Frangi come ali di vespa
combattuta per l Amor che non garba
a chloris infuriata .
Sollevano le azzurrognole corolle del
mieloso glicine le giocose folate
d 'Aria .
Cancellano il ricordo i tristi giorni
Il buio del cor
gli amari affanni !
Soffiate su sogni rapiti mai venuti
su istanti persi mai vissuti
sulle tettoie ancor di foglie coverte,
e ai rami sfrondati spargete il polline
sfidate le alte montagne
sollevando la stanca neve.
di poi tra orti, vecchie cascine
campi pronti ad esser gravidi di sementi
Ah ,te delicato fiore piccola ninfa
quanto mal Ti fece l essere ambita
ora più fuggir non potrai dalla nuda terra .
Al pianto di Maria sotto il
legno di giudea per detto antico
dal sangue puro
nacque un vermiglia corolla
del redentore ultima gioia .
di amor perduti e mai durati
Sei l’ esil pegno .
Tu fior del pianto di venere
Per Adone nascesti da tanto dolore!
ma or la primavera s' appressa
adornala coi tuoi colori ,
profumi e Che sia
mite il passo di Flora ,
cingiti di trifoglio
dolce m'è viver Meriggi
della stagione nuova

Waterloo primavera dei popoli
Il gran francese di parto italico
Che Calliste avea a primo vagito
si assise tra i suoi troni.
vede oltre le correnti
di Sequana , folgore e tempesta .
Timor dell ‘Alemagna
piange l’ Italia s’ arma la Bretagna
ulula il lupo di Siberia !
Per gendarmi di Francia
In ogni cosa d’ Europa
sale l’ impeto d’ aver
la lama ancor,
contro cotal boia.
Morte dei pensieri,
della virtù ,della fame
di patria che ognun
nel cor solleva.
Si consola inver la polvere di Spagna,
ma più del sovrano alieno
sia pane e acqua a suo alimento .
Salito al sommo del fatal Impero
al par dei porporati latini
gloria d’ eterno onore,
faceva della figlia di Agenore ,rissosa e fiera sua gilda e potere.
D’ ogni spiga suo volere per logorar
nella mente e nel ventre
Il leone impenitente,
che rugge oltre il canale ,
tra due regge.
Al sonio del piombo,
e della lancia
schierava le sue armate
lanciati come dadi
sul tavolo del continente.
Ah gran duce
mal gioco intentar con LAchesi !
ella sempre al fuso pende,
non teme i tuoi orgogli illesi .
Da austerlitz ove le penne spese
l’Aquila umiliata
a Mantova che ancor più
la mise in gabbia.
Manto piangente
le acque rese sagge
della sua fine
per vegenti onde.
Carezza le piramidi per cercar
Il trionfo .
li il fiume dei secoli
Insegue il suo lasso mortal.
Tutto fece della vita impetuosa
cadde la prima e vinse,
ma il secondo fallir lo tenne alla tomba .
Ma quanto possano i rabbiosi popoli
esser legati a catena ?
quanto sale sulle ferite pria che urlino
Il rancore ?
Quinci ogni uomo che ama la sua nazione
sprezza la morte e l anima immola
alla gloriosa libertà per la patria e la corona.
Una voce, di poi mille si levano nel vento
come stormi d uccel al tramonto
Echeggiano, come miti pensier persi nel brunir.
Così a Waterloo dolce fu morir i primi figli ,
padri e fratelli, tutti uniti al fischio del risveglio .
Inglesi Russi Polacchi Scozzesi
al canto sonoro d’ ogni favella
ogni pavor cacciano e stridono.
Nel mattino sereno di giugno
cavalli bardati, moschetti
Ingrassati ,lagrime versate
per nova virtù.
Atti d’ eroi nel tempo legati
Inni di gloria ,di gioventù
Come bocche di cane pronte all ‘azzanno
I cannoni tonavano.
Mangiate la carne ma lo spirito
e’ salvo !
Questa è la fine del gran capitano
genia d'Italia all’ amore negato .
sangue e spade
nell’ erba or sono
i militi ignoti, fra sassi il riposo.
fanciullette festose madri piangenti
l’ infausto giorno,
Ma guardate che splendor
ove era secco, il verde ricopre
la nascita e il valor della primavera
dalla schiavitù risalita .

Il Pastorello
Ti lodo pio pastorello tu che all' alba ti levi ,
al primo canto coi timidi lumi che squarciano le nere tende della notte .
E con amor per la natura ti rechi.
dai sopiti animali per ricominciare
Il novo giorno .
Uno scampanio d' intorno si leva
che si confonde tra un muggir e un belar,
con il latrato potente dei cani che guardiani ,son il fianco del gregge.
Armati di bastone e cappello in bisaccia metti formaggio con rozzo pane .
Ti incammini per valli ,colli aperti
sconfinati in un verde fiumar.
Oh tu che vai per campi, sentieri
al sol cocente del giorno coi tuoi armenti
respiri della natura il suo profumo ,
Il suo vigore .
All ombra d 'alte querce secolari riposa
Il pastorello ,dolce e' sentir come zufola con il suo flauto menando il giorno .
Tra l erba fresca che la rugida ha fugato
mira l 'infinito ciel i suoi giochi di nuvole
ed i venti carezzano d' intorno spandendo lontano il bel sogno .
Ubbidienti al son della tua voce
stanno a capo basso al voler del comando .
Così di canto in canto si tronca il meriggio
E dal fumoso monte già sale la rossa
falce del sol morente che spande
dilaga l'ombra sua come sangue ,
ed i raggi smorti son le vene del crepuscolo tempo
Allor si ritira stanco ma gaio ,
al capofila i suoi segugi
che annusano l 'aere più fresca .
rientrano all ‘ovile ,
cala la sera sui campi sulle chiome
dei fieri pini.
Un malinconico silenzio ,
Il ricordo di chi all'opra intento
fu la voce ,or dal sonno coverto
che placa ogni intento ,
riposa al crepitio del foco.
Luna ,lucente e bella ,d', argento sii sentinella
del giovinetto!
Ma quando saran le lampe diverte
e salirà in su 'la fiamma d 'oro
sara' allor un nuovo venir .

Morte di un giocatore del pallone
Nel cuor della notte quando il sopir
E' dolce ,ei lasso alla vita, cedette al duro colpo .
come è amaro l.'inganno nell ora del sonno quando era indifeso fu preda e offeso .
Il giovanil vigore non fu scudo,
che può restar il passo della morte ,se lei
decide di recider il nostro gambo ?
Mai più la gloria oh atleta sfortunato
ne le mani al ciel per il trionfo !
Non potrai udir la voce del pargol ,
ne la tenerelle membra,baciarla ancor
non t'è dato se non nel ricordo ;
nell 'incerto sentier che mai si placa
E mena ognuno per il suo destin.
Del lacrimar fate un voto ,
ma è nell' umano gioco d'esser polvere
come in un giorno d'estate che rompe
Il silenzio il rapido vento .
Ah mala sorte,impietosa dama,
come vendemmi ad ampie mani
nella vigna della vita,
Ed ogni grappol che tronchi
un altro ne nasce nell eterna ruota ,
nell 'infinito sorger dei secoli .
vai per il nero borgo,
d' onde niun fe ritorno ancor vivo
Attoniti al tuo cospetto ,
l'amor che lasci
e il sanguinante petto,
troncato negli anni
tuoi ,nel fior del cammino
da tanta acerba fine
Impreparato .
Addio agli allori
ai fasti al clamor
denudato ,
umile ,
più ci pungola
Il capir che siano
uomini ,
al suono e comando
del fato,capriccioso ,infingardo .

La costola di Adamo
La prima creatura ,l' Amor che lo fece,
Riposa serena tra alberi e campi in fior
Tra soavi e leggeri venti odorosi
E l' eterna primavera che mai tramonta.
Ma il buon dottore Tolse una costola
Onde farne carne nuova ,li il tuo respiro al mondo.
Ne duro lavoro che piega
Ne cibo che tormenta
Nutriti protetti nel ventre
Del giardin senza tempo !
Se fosser stati più puri
Docili mai le bionde porte
Sarebbe state per lor Serrate.
Il mal frutto agogna ,di
Più del viver sereno,
Oltre il divin divieto .
Vi fe malconci tristi
Profughi dall' eterno
Or conosci morte fame
Sudore e polvere
Tu donna Gridar nel dar vita
A nuova stirpe.
La macchia originale
Dal di' prima d ogni
Sospiro sempre pungola .
Ramingo tra terre sterili
Rimpiangi il primo asilo ?
Ombre funeste
S' adombrano sul tuo sentiero
Primo uomo menzoniero.
Deh non fu' tutto mal quel che crebbe
La donna fu moglie compagna
Sposa ,madre di figlia in figlia
Come semi sparsi rese bella
La culla ostile .
Nei sorrisi dei figli
Risplendea l 'antica dimora
E il padre celeste che
Ognun in lui S 'adorna .
Quanto amor, il pargolo
Sì perde negli occhi generosi
Di chi al petto lo stringe
Ed ella nei suoi
Oh amor che tutto vinci
Chr sormonti valli
Oceani
Che sani ferite
risusciti i cuori
Non è un dolce dono
Quel che dispensi?
L 'antico attrito
Tra voi e il paradiso
E dimentico !
Orsu' risorgi perduta
Gente ritorna
alla tua gloria
Che un onda di
Infinita purezza riempia
I nostri fiumi
La nostra mente
Scaccia il fango che attorba
Quella luce dorata tenue
Ma robusta che sfida
Ogni ragggio di stella
Splenda ancor
Quinci chiarissime
Acque per immensi fiumi
e naufragar in un turbinio
D 'estasi che l alme consola

San Giovanni d' acri
La rocca antica
Che mira l’ orizzonte
D’ Oriente ,

Cadde e risorse
Or nella culla del vangelo
Or nella fede del corano
Ma l' un e l' altra parte
A uno stesso fio
Giunse.
Del cristiano si fe’ oltraggio
Del saraceno alto lamento
Quando col Ferro alla mano
E cristo nel cor
Non trovo’ scampo l 'odiato
Barbuto .
Le mura piangono
La vista del mar si fa cupa
Onde giace la virtù
Perduta
Crociato e islamico
Ambedue alla pugna
Cechi ,non ve piu bene
Che separi gli armenti.
Al sonio delle frecce
Allo scoccare del arco.,
Alle grida confuse
Al vagito di fanciulli ,
Ove è la gloria ?
E’ questa la vera fede?
Ora la polvere han calpestato
Due lignaggi ne sa quando
La madre terra ancor piangere
Dovrà !
Un grido di dolore
Alto si leva ,morde , tormenta ,
Acuto,da quando le verginee
Auree Furon negate.
Ai falsi profeti alle false
Dottrine ,voi fate rapine
Dell umano spirito.
S’ incupisce il ciel di plumbeo
Coltre ,al suol sparte
Le troncate gole
Che sembran
Le foglie dal vento agitate.
Fu’ vera l' ardua impresa ?
Ne roma ne la mecca
Son padrone di tanta amarezza
Signore ,altissimo ,
A te il giudizio
Han versato sangue e
Pregato ,scoppiano
D' orgoglio dell ‘orrendo
Fatto ,in mome tuo !
Sei poca e misera cosa
Questo è il duro nodo
della povertà della arroganza
Che mai sazia
Sempre intigne
Nella più bassa
Natura ,ove sei in sudditanza
Il primo mobile
Che mira e e governa
Il bel pianeta ,
Irraggia il suo amore
E mai si piega
Ma per i valli
Di sangue asperti
Fa che cali una veloce sera
Che la vergogna
A umiltà ti pieghi
Ingordo divorator
Di vita al par della tua
Che non ve riga
A sanar tal ferita
Ne Gabriel incita
E guida l'armata che offende
Il bel giglio ,il primo lampo che
Di se l' universo imbeve

nel 1191 i crociati conquistano san giovanni d’acri in
mano ai mussulmani causando dopo la resa
la strage dei medesimi

Terrore
Fobos e Deimos
Fratelli antichi,che del latte di afrodite,
Alla sua poppa nutriti,di Ares il talento e il pavor!
Serpeggia il vostro fluvio sulla terra,or non piu’
Si placa al tempo mio il vostro soffio e impeto.
Due terre ,a vista sorelle l’una da Pietro retta,
l’altra da Maometto diretta,s ‘affrontan per odio
e per diversa meta.
Al fianco d’Europa il pugnale infisso,
scorre sangue ove un di’turbolento era il torrente.
La vecchia nave sempre tormentata da guerre e gelo,
or soffre,il terrore del guerriero nero.
Il califfo che s’ammanta di fede e vero senno,
le tempie si cinge di veleno,per orgoglio e imbroglio.
S’annida,in oriente,al vento di scirocco
tiepido, un sordido odio ,che il cor rese ceco.
Placida notte di stelle, trapunto il ciel,
nulla s’udiva ma gia’ piangeva, la sequana acqua,
era commista d’anime e lacrime della peritura gente.
Quale morte,Lutetia attende?
Parisi,dormi?
Eppur nel tuo ventre s’insinua la bramosa cagna,
di carne ,mai sazia e sempre ringhia.
Rotto il silenzio ,quando il popolo,
al gioco,alla liberta da’ servaggio,
allor ecco colpir ,alla gola,
il milite codardo.
Cadde la bella gioventu,i sogni,la spe’
La vita e la fe’,si fecer lago tra terra e sasso.
Grida e sconquasso,Parigi or sei la madre
Di mille piu’ di mille donne col figliol martoriato.
Che v’e dopo ,tetro passaggio?
Visi ridenti ,fatti a squarcio
Parole, d’amor,fatte a strazio,
la morte cammina veloce e senza intoppo,
falcia e gode di tanto chiasso.
Questo è il terror del tempo basso,
alto malor di cattivo passo.
Vuolsi nelle sfera di saturno,
ove gli spiriti contemplan viso a viso
il fatal miraggio,placar cotanto oltraggio.
Persia,America Europa,non
Date alle ortiche i vostri spiriti,
innalsate le menti,trabocchi
il calice d’amor ,siam tutti figli di uno ,fatti di
fango,ma la carne che vestiam,non sia cenere,
quinci inchiostro per riscriver il nuovo patto,
uomini ,solo uomini e null’altro-

Venere
Quando il ciel
Che sempre Sussurra infinita grazia
Della sua stella si muta, il sol si calma
Allor s ' appressa all infinita coltre
Selene,chiama a se per salir la bella venere .
Espero lucente che nella prima notte
Canti e nell ‘alba risplendi
Dei due versi prendi i sensi .
Tanto bella che il fratel celeste
Per evitar tra gli eletti
Dolori e screzi
A vulcano ti diede in fede .
Del popol romano.
Dea beata ,che in amor
Per te bramar.
Fuoco del cor per gli
Amanti quando splendi
Nel firmamento riaccendi
I sopiti battiti
Viso ,nel viso persi
Sì cercan negli occhi
Lo speculo d’ amor che alimenti .
Della terra gemella ardente
Fiammeggiante nei suoi cieli ,
Ma al cor non si pone ferro
Quando del fatal veleno
Ei e gonfio e pieno.
Tu perduta ,vinta
Al mortal hai dato gioia
Quando da anchise
Nacque Enea.
Tu fonte di turbamento
nel petto
Come desister
Da cotal fermento ?
Si Discioglie il nodo
D’ ogni patimento
Abbandonando
Il pensiero al tuo
Talento .
Madre ,che gli spiriti
Allevi fucina d’ alti
Sentimenti
E dolci sospiri
Sposa divina ,
Quanti sorrisi
Agli amanti hai dato
Quanti crucci hai curato
Quando nel ciel
D'ogni tempo
Infuocato
Il carro dell ‘infinito
Sogno di anima in anima
Hai tirato ,
Guardando in te ogni
Mala fede si dissolve.
Ed io che miro
Il ciel Che annunzia
Il primo albore,in te mi
Incanto,oh bella luce senza macchia!

Sangue di donna
Grida,grida la donna il suo dolor
Al suolo alle origini dell ‘uomo
Piange e si raccapriccia,della fatal ferita
Il sangue copre e muto resta ,
Mentre la vita lesta il corpo lascia
Cagione della carne che l 'umor stilla.
Le chiome sconce, il bel visin freddo
Mai più la gelida mano sfiorera ‘ il petto.
Da lontano il tempo unisce il terribil
Scanno, che delle fanciullette fa pasto.
Di odio s' erge la mano ,pria quella
Aveva dato fedele abbraccio .
Perché dalla Roma che troneggia
I popoli avea posto a suo Corteggio,
Il Latin loquere a sostegno del mondo
Vallo e Regio
Lucrezia per non esser umile e viziosa
Per il cor di Collatino ,
Quando sestio Tarquinio fece affronto
con morte ,rese onor al bel marito .
Giovinezza Che splendi or e dall' infinito
Quando l' uom divenne retto,non chino
Sempre le labra ,gli occhi dai dolce respiro .
Ah Virginia ,quanta e' amara la vita
Puote esser tanto aspra quanto il velen
Delle serpe che inganna.
Appio ti fu' dolce il deridere
La puella?
Tirarla nel fango nella miseria ?
Quale libertà per te?
Solo la lama del padre ti rese libera !
Si strazian le donne d ogni tempo
D ogni stampo per Amor
Negato o imposto ,
Nel fosso ,nel fuoco
L' ingiusto riposo .
Alla folle mente di nero
Che roma diede il trono
Per esser cenere
Al vento persa
Due volte si macchio '
Dell indicibile impresa
Una alla poppa lo tenne
L' altra al ventre ricevette
Il pie' ,
Madre ,perita,
Mai vide il volto del suo seno.
Narra il padre inglese
Sotto Elisabetta il suo
Trionfo ,come otello
Per ira a Desdemona
Tolse il fiato .
Nel canto del fiorentino
Saggio dei tre regni
Pellegrino,
Nell infero passaggio
Geme la sua Colpa
La cognata per l' ingiusto
Legaccio.
Madri ,donne sorelle
Spose ,non siate mai più
Capretto al macello !
Non tenete questo dolor
Che entro vi squassa
Cupido,qual freccia scagli ?
Come può esser vera passione
Se poi per ignoti sentieri vi reca ?
Può quella devozione esser scintilla
Di tanta rabbia?
Ove sono i sogni
le promesse di vecchiaia
Sotto un tetto,
Un unico letto finché l 'Aria spira ?
Fuggite non più date pegno
Il patto di anime e 'sacro
Non si frange
Come cristallo al primo tocco.
Amor oh vero amor libero ,
Gaio sia chi alla tua mensa banchetta!
Si beva nei lieti calici.
Oh Apate torna nel tuo vaso,
Pandora già ti diede troppo guinzaglio !
Vengan le verginette tra fiori
E allori a sognar il giusto sposo !
Si levi un canto di giubilo
La vostra carne sarà intatta
Non sporca per l 'altrui disio
Ma renderete le vesti
Sol quando per ragion del
Tempo ,tutto tace ,al suo silenzio

La sacra notte
Il fatal fanciullo,
Scende dalle stelle
Nella notte silente ,
Già da re ha cinto le tempie.
Per voler del padre celeste
Or respira ,ha sangue e vene ,
Lui,che della carne si veste.
Pietoso viso della inviolata
Madre ,in cor sa e teme quel
Che l 'aspetta.
Di lungi la cometa guida
E annunzia al mondo la gaia
Novella.
Venite pastori ,lasciate gli
Armenti,
Adorate il figlio del tempo
Dono di chi d amor pieno
Il suo pensier ha fatto terreno .
Sta il pargol tra schiere
D 'Angel attento ,
Attende il segno del suo vestimento.
Si piegan i magi tra fieno
E vento ,ai tuoi pie '
Capo nudo ,
Ma in se lo scettro
Del celeste regno .
Fan i fanciulli nel mio tempo
Gioco e scherzo
S Aunano in folle
Per viuzze a schiamazzar
Con la virtù della spensieratezza .
Arde il camino intenso in ogni
Casa , visi felici
Per l 'infinito evento .
Silenzio !ascoltate
I cori a gran fiato
Il lento cader di qualche fiocco
Il tintinnio di campanelli in festa
Adorna la massaia la tavola
Bella con coccarde .
Tira fuori dalla panca
La stoffa più ricca.
Natal che le famiglie scaldi
I pensieri calmi
Il pianto asciughi
Le armi ammuti
Dolce notte ,che di lontano
Porti il ricordo del vero
Della spe' e virtù che ognun
Cerca.
Ricordo da bimbo il mio
Esser vispo sotto il grande
Albero
Allo sguardo di te padre
Che di me sapevi ogni respiro
Or di nuovo vivo il festoso di'
Risento i profumi , gli odori
I sorrisi .
Ma tanto il mio di Disio sarebbe
Di tornar al mio spensierato natale ,ancor

L ‘unione degli elementi
Quando il foco Avvampa
Ha bisogno della legna
Per arder, venir poi in brace e cenere!
La pioggia ,lenta o irruenta
Come può cader dal ciel se prima
Non si nutre d' acqua dai monti ?
Eterni, puri ghiacciai, sterili dai fior
Avversi,d' onde nascete se il liquido non
Si rapprende?
Può volar la variopinta,legiadra farfalla
Se il vento non la sostiene ?
Le nubi sempre gravide non posson
Inver far temporale se caldi con fredde
Correnti non vengono a pugnar.
Quando l 'orizzonte ci nasconde il suo
Segreto oltre l infinito ,
E Gea che danza nel nero teatro,Allor lo sguardo nega .
Tutto s’ unisce a far concerto ,
Nulla Va per suo parto
Ma cerca l’ inverso per esser completo .
Il duro verno che fa tremar col suo tempo
Al sol il difetto che più bacia
La figlia sua ma l 'abbraccio e' disperso !
Un torrente che scorre tra foglie d' autunno E ghiaia per esser vasto
Alla vena del mar e sempre verso .
Il canto degli elementi tutto prende
E l 'uom da quello non si dimette .
Lui carne ,sangue e cervello
Ma per esser sempre unito
Al respiro dell universo
Deve bramar la luce ,
Che ci illumina di immenso

Il ruolo del poeta
Non chieder pecunia
Non lesinar di porta in porta
Cibo ,O pagnotta.
Sei il freddo preme ,la neve Gela
Mordi e soffri ma non lagnar la tua ventura.
Nulla chiedi ,poeta solo un ceno un plauso
Alla tua natura ,per la tua fortuna!
Sei colui che irriga i cuori
Risveglia le menti.
Allor solo uno il tuo ruolo :servire.
Esser la penna dello spirito
Far da inchiostro alle tue rime
Ricordar al mondo d'onde viene
Dove va!
Il mio genio s insinua nella natura
Nella sua sostanza
Io vedo quel che all' altro sfugge
Amo ciò chi di li' fugge
Come potrei rimaner muto
In un tramonto ,al Suon del
Mar che muore ,agognando il nuovo giorno ?
Allor dico ,non son da tutto disgiunto.
Poeti,noi siamo quelli che sussurrano
Dolci verbi ognun come ei sente
Ma sempre oro ,che non arruginisce
Alla pioggia.
Scriviamo ovunque in terra ,su marmi ,
Su sulce ,Quel che sentiamo dentro .
Artigiani del verbo maestri del sentire
Come piombo saran i versi
Più caldi del sol
A scaldar le vite.
Sarem Come le pietruzze
Che scalciano nella notte di mezza
Estate briciole eppur lascian
Il segno .
Un di'sarò anch'io
A servir il mio popolo ,
Con le strofe dopo strofe ?
Alto ingaggio m' assumo
Ma mai, l 'arte sarà a blandir
Qualcuno .
Universo ,e misterioso fato
Che ancor non scorgo
L' Alto lavoro e sempre in
Officina ,mai si placa
La mia fucina .
A chi mi nacque pria
Che io fossi pensiero ,
Quel che verranno
Quando sarò nel silenzioso
Albergo ,
Fui di carne con vizio
Umano .
Fui io il poeta che scrisse e visse !
Ma tutti un di' verremo a giudizio
Se vorranno nell azzurro cerchio
Nominati chi più chi meno
Per il nostro onore
,dovere ,e volere.
Rimembrar dovete a voi che leggete!
Abbiam reso le giornate più liete ?
In qualche inno vi siete persi ?
Muti sono i ceppi che vi legano
Grande il vostro passo nel mondo
Oh padri eletti!
Timido busso alle vostre porte
Mi immergo nel vostra gloria
Avete reso il sentiero più umano
Guardate a me me io umile al vostro nome
Cavalco due secoli un lo lascio
L' altro lo sprono
Se m 'accompagnate salirò sul vostro soglio
Poesia sei il mio mondo ,
Sempre io giocondo
A far della carta il mio tornio
Onde esser servo ,
Pastore di parole ,
Nel nuovo tempo .

(questo è il mio testamento ideologico sul mio ruolo di poeta e il mio destino cioe' servire per far gioire in rime)

Francesco Forgione
Da umile terra,di piccola casa
Di gente che la campagna piega,e nella membra han la polvere
Di zolle in pietra,
per il borgo ove nacque ,non conobbe l ‘argento,ma lo spirito d’Estia.
Va il pargoletto tra viti e fossi,a scroprir la sua meta,
sa che è servo della grande miseria.
Tu uomo dalle carni lacerate,dalla fronte bassa
E calzari ,fai del tuo corpo la copia del grande
Agnello che in noi ,per noi si immola.
Piagato,piangente,devoto e pur irriverente
Questo visse ,onde far novello patto sulla croce.
Ne porti il segno nelle pietose mani
Nelle bende di sangue matide,nel costato dilaniato.
Ubbidiente il bon frate, alla voce del Padre
Di ricordar quanto dolore nei calici si versa
Per noia e falsa fede.
Fulminato dalla volonta del primo sole
Mosse i pie ,ma ,fai ammenda non son tutti
Dei suoi disii riverenti,ma fieri!
Miglior pianta del suo giardino
Percosso dal mal ,dal dolor inardito,
radice d’amor in te si infonde
rifletti ,la luce ,il biancor
delle sacre porte.
Non si volse a negar il disegno,
uomo casto e probo,
dell’alto stupor si fece pegno
Piu’ volte le terga gli volse il soglio di Pietro
Chierici e chiercuti,odiavan lo straniero
Qual follia ,diniegar velluto e seta oro
E cibo,letto e fuoco,
e mangiar sulla nuda pietra patir il gelo,
piedi sul lurido fango?

L’orrendo cane che sempre latra per
La spelonca nera,
manda retro,gia si mostro’ amico,
e gustava il suo successo.
Tienilo a guinzaglio che non morda e per invidia
Porti il pellegrin perduto nella tana.
Via maledetta bestia
Rodi della tua rabbia?
No ,vana speranza tu aduni,non saran
Le colonne del porticato,dimora dei moribondi.
Deh ,or sai quanto è amaro questo vino,
quando inver lo si vuol di miele!
L’occhi oltre questo petto oltre
Il vociar,scruta e indaga di questa selva umana.
Han dimenticato gli antichi detti,
di lesinar e non odiare
di amar e perdonare,
ove sono i giusti ?
Guarda come si è fatta compagna la figlia di cristo
Tra il gozzovigliar e l’abbondanza
Al soldo e l’ozio.
Francesco,dolce fratello,Pio !
Noi siamo poca cosa,non conosciam le alte vette
L’eterna loggia.
Sussurra e ammaestra,mostra la ferita,
e il sangue di Iesu,e’ vita.
Or siedi tra gli eletti,d’gni tempo
Santi ,martiri ,
che lo spirito reser integerrimo
Un canto d’amor per noi intonate ,umili penitenti,
dal mondo frastornati,
e come i dolci venti di primavera
rallegrano i nidi e carezzano i bocciuoli in fior
date un sorso d’acqua e di celeste pane
che il peso sia men pressante!
Tu tra questo mondo e il
Paradiso,sei ad un passo
Tra qui e l’infinito.

Lago
Calme ,Placide chete acque del lago
Astante la vostra sassosa Costa d'alberi
Contorna,non v’è vento che vi turba
O che increspi l onda.
Silenzio malinconico ,fa romba
Quando sole mute nessun frastorna.
Si riflette nelle livida specchiera
Un vecchio salice ,che le radici affonda
Alla Riviera.
Po vero tronco malconcio ,già precipita la fronda
Nell acqua torba.
Si leva quel sentor di muschio bagnato
A quell ‘odor di corteccia e foglie.
Va la navicella leggera scivola a pel
D acqua che rinfranca e carezza
La cristallina linfa.
Corre veloce la vita,
Come il legno nel suo liquore ,
Ingegno del saper delle cose
Del mondo e le sue storie .
Come il poeta che scrive
E s 'affissa nel suo pensier
Crea le sue rime
Scorre la sua penna
Come un Lago
Di parole .
Storni di aironi
Fan gaie figure
Nel ciel che più
Della sua immensità
Ogni pensier
Migrar suole.
Greve pioggia
Con lento cader
Le acque scuote
E un fortunale
S avvicina.
Gonfie ,nere
Il sol offusca
Tutto si rabbuia
Al par della notte
Che il giorno ammuta.
Ma come si rasserena quando
L arcobaleno troneggia ,
un Misto di nebbia
E brina si dipana
Ritorna allor l’uccellin
Al suo tronco
L Airone riprende il volo.
La bella gora nel cor
Dilaga quando ogni passion
Amore placa col fulgido
Sentir Che Eros comanda .
Al tramonto la tenue
Luce solare si lagna
Traccia l ultime strisce di foco
Nell'aura stanca
Più scure più fredde l’ ombre del
Vespro sulla pozza si staglian
Lasciando quella tristezza
Che un poco fiacca.
Di lungi la stella va a dormir

Sul lago tutto si quieta

Ed è subito sera .

Il nuovo sole
Nasca il nuovo sol dai biondi raggi ,risvegli le coste
Del pacifico oceano,
onde poi destar la terra dormiente del deserto,
fuggendo sulle cime delle ande,per ridestar mediterraneo mare.
Chioma d’argento il bell’astro s’incappella,dipana la notte troppo
Lenta.
La spe’ che s’era persa,nel lago del cor da pianto stretto,
galoppa ancor e si solleva.
Troppo tempo corre tra il vero lume e il buio che appesta.
Stuoli d’angel in festa dalle gaie arpe, s’affaccian dalle terrazze bianche
Per amor nati da Lui che del mal si fece cesto
Per ridar la nuova luce,al mondo che s’era arreso.
Voli di candide colombe squarcian il ciel da ogni parte,
e del cinguettio di nidi un’arte.
Si rinverdisce la brughiera di fior ,di rose ,di viole
Dei frondosi alberi che al vento spargon
Le nuove foglie, i nuovi frutti.
Rosso, intenso canto d’Apollo, astro del giorno
Rischiari le mie giornate.
Seppur la pioggia ,fredda ,imperversa
Sento che tu ci accompagni,
nascosto dalla coltre .
I campi umidi riscaldi
I ciottoli rischiari
La lancerta al novello calor s’appressa,
intepidisce l’aere d’intorno
dimentica il ‘ di il freddo
della rigorosa notte
il bucato al tuo bacio,
s’affresca,con aroma d’antico.
Il bimbo dalla finestra chiusa
Dopo il fortunale esulta ,
l’arcobaleno fa il tuo ingresso
per ricolorar il cielo terso.
Profumo di pioggia fugge via,
sta sull’uscio la massaia,
il buon pane di nuovo ammassa,
torna all’opra il contadino,
e nell’aia,un solo squillo
d’animal ridesti.
Corro con la memoria
A ricordar te quante volte
Avro’ guardato ,gioito
Della stagione bella,
di maggio canterino.
Orsu’ il nuovo sole
Gia bussa,tutto si veste
Al nuovo giorno,alla prima fiammma
Che la vita accese.

Temporale in un giorno di sole
Alle calende di marzo
Già il piè di zefiro s appressa
Al suo vantaggio .
Or qui or li di rose purpuree
Di Gigli di Amarillidi
Cespugli e filari di soffioni.
Il ciel si placa dai venti
Dal turbinio di grandine ,
Da giorni spenti.
Un acre odor di polline
Il continuo ronzio
Laceran le ore nell 'orto
Ove il ghiaccio ne fece fosso.
Non è forse ivi il dolce riposar ?
Ma il ciel di nuova veste,
Pur dal gelo memore
Sì gonfia ,si fa cupo
Dell ontoso urlo dell inverno .
Lente ,ma decise le goccioline
Falciano l' aere di aprile ,
Quando il seme tra zolle e spine
Sperava di diventar gambo ,fior
Onde fanciulla ornare il.petto
Fanciulli intrecciarli, per gioco
Nel giorno di festa del borgo .
Zeus aquila d'oro sorveglia
Le infinite distese
Per capriccio o voler che lo
Allena, la mano già arma alla saetta
Aduna le nubi dai confini
Le gonfia ,le allatta
Alla novella tempesta .
E quelle al par dei militi
Che lo stratega tempra ,
Son pronte a ghermir
La primavera .
Fruste di fuoco
A gran lena s' abbattono
Sulla valle che s 'era fatta bella
Venti minacciosi piegano le fiere
Chiome ,un Rondinello
Fiaccato dal viaggio
Non.piu temeva la procella
E pigolando nel nido rientra .
Al bel tempo volea Cantar
L' usignolo ,
Ma chi l' udra
Se Apollo non invita il suo cocchio ?
Corre veloce artemide di valli
In balzi quivi regna ,
La natura serba
Ma di lungi il brontolio
Impone lesta fuga
Teme ogni creatura
La veniente furia
Belle Napee ove
Siete ?voltate
La schiena ?
Piange il salice
Sperava di far brillar
La chioma !
Sale ,sale la nebbia
Agli alti monti
La brina
Soffoca i getti
Che attendevano
Il novo sol
Per esser al ciel protesi !
Ove sei vento leggero
Di aromi nuovo ?
Tace così la primavera ?
L' autunno ha rinverdito
Le sue rime ?
No ,Terra di maggio
Non soffrire oltre
Ls piova sarà breve!
Di già scende
L' aere lieve
Un frizzante ritorno
A placar i capriccioso libeccio

Termopili
Il furore nero d ‘oriente il gran dario che nulla teme,
per ingordigia e arroganza la grecia volea a sudditanza.
Ma un vento d’amor e di patria si also contro cotal tracotanza.
Gia squilla la tromba dell ateniese e spartano
Il ferro nella cintola ,lancia in resta ,la mano a scagliar
Il fatal giavellotto.
Stuoli di giovinetti in festa padri armati di bronzo,
Di scudi,gia le citta’ d’ellade son in marcia di guerra!
Liberta’, liberta che sei sempre cara,che i cuori sollevi
L’orgoglio inciti,contro angheria e miseria.
Per l’agora donne piangenti al fatal momento
Del distacco dallo sposo guerriero,
ma in ver la fede ,la patria gli dei ,lo stato
avean forgiato il primo grido.
Giovinezza che ti immoli sull’altare supremo
Che non temi il dolor sangue e patimento,
simbolo di virtu che nell’uomo freme.
Temistocle vi guida al gran fiato che non sia il
Sol di grecia dal barbaro violato
Nessun per l’egeo che ti bagna culla del saper,del greco non ha verbo,
non si nutra del tuo latte,non trovi rifugio
ne sonno,mai.!
Come in un campo di grano spunta prima un esil germoglio
Del nuovo stelo e di poi ,diventa biondo e bello
Cosi mille e ancora mille alsarono il capo
La catena pesa,il popòlo non è schiavo.
Non darete i vostri figli in servi,
non sian per vostre mogli nuovi mariti ,i serpi.
La voce di leonida dal sangue invitto,
gia echeggia nello spirito ellenico,,
nei suoi che avean ,
negli occhi il furor di marte
che tambura ,sprona
alla lotta,viso a viso
corpo a corpo,
nell’orrendo cerchio.
Capo artemisio,il primo intoppo
Al tuo galoppo,
del mar han fatto sepolcro
navi,uomini,
comando e scettro.
Mardonio ,Oh general del invitto
Regno come è amaro il sale
Di grecia ,come sa di morte l’onda egea
Che si sfama e nutre del persiano
Cocchio,
per la costa che volea pago’ la sua spocchia.
Un pugno d’uomini, indomiti,
fu il vostro peggior acciacco.
Alla termopili il duro nodo!
Eravate uno sciame in fiera,
che potevan far contro tal creanza?
Eppur una sola ape se punge,
piega ,piccola si ma battagliera.
V ‘accalcaste l’un sull’altro
Al tristo passo,
Dalla scogliera greve pioggia
Fermo’ i passi ,i bardati,
come erba falciata
facevan della carne
pietoso ammasso.
Vedevan del sangue farsi lago,
perir cosi come la preda
sente la lancia.
Fu vera gloria?
In nome del poter
Che l’uomo infetta
Che vole sempre piu e non si lecca
Il suo dono,
si fa scotto della boria.
Che acceca
Giovinezza sempre amata
Come sei effimera!
Tutto passa, e il tempo
Tronca vite, storie,
Glorie antiche!
Ma mentovar in nome
Della franchigia,
la tua pudicizia l ‘unico
fior di questa vita
e il suo sfiorir è aspro
quando son canute le chiome
la voce del pargol che fummo un tempo
al suo malincomico pianto,
ci fa lagrimar .
Questo l’amarognolo
Compagno,dei giorni perduti
Che ci fa riposar

Ballata macabra
Brinda alla morte ,chi della morte e' amico!
Al sorriso beffardo dell ultimo vagito ,
Che l 'uom suona pria che sia dipartito.
Alla procella che mangia il lido
E la serenità del giorno
Gioisce chi alla vita e sordo .
I tristi fior di Crisantemi adornano
File interminabili di color che non fan
Ritorno .
Il lamento del gufo Rallegra l 'ossa
Da troppo tempo pigre
Ormai lontano dalle antiche sfide .
Oh notte così cupa ,coperta di morte ,
Silenziosa scendi dal colle ,
E ammutolisci i canti
Giulivi .
Tetre figure ancor più scure
Fendon il buio per le ore dure.
Canto lento dell upupa assissa
Chissà dove tra il fogliame di
Scura pelle .
Alla fine di se uomo giunge
Per dolor o noia
Perfora il cor
di atro sangue che non
Riluce al giorno
Ma cone pece cade al suolo .
Ah come ferisce
Questo silenzio
Che conduce alla perduta via,
Della follia .
Amaro amore ,sciolto
Nel pianto nel ricordo .
In questo io mi fingo ,
E osservo :
Quando spunterà il giorno ?
Intanto le tenebre son fredde
Grigge, penetranti ,maledette
Tetro ballo della morte
Con la vita uno serra l' altra
Cerca il lume .
Fitta nebbia cala che stringe
E assorbe lo spirito incerto ,
Sempre il rimpianto porta retro
Chi non giunge alla nuova riva .
Dimmi hai mai danzato
Con questa trista amica
In una notte di plenilunio ?
Era infida non lasciar
Che combatta e vinca !
Or la pioggia greve
Bagna quelle secche
Foglie
Fan felice le creature
Del Bosco che del giorno
Han timore.
Non più il docil profilo
Del monte ai tiepidi
Raggi di primavera
Ma solo per le scure
Vie del infernale
Deserto ,
Erebo attende in gran segreto .
Storni di uccelli neri
Come pensieri,
Volano nell 'incerto .
Senti questo bel vento
Che scuote i pini ?
Questo profumo
Che solletica le nari
Dopo il mancato respiro ?
Già il sol non è più
Coverto
Fuggi via ballo inferno ,
Emera illumina la nuova
Valle !
Era il far dell alba
I primi
Infocati raggi
Rivestono il ciel
Da tanto pianto
Versato nella spelonca
Aversa.
Tiche la bona sorte
M'è sorella
Mi cinse la mano
Dimenticai
Il vortice di tanta pena .

Il brigante
L 'ombra nera di Sicilia tace !
Montava nel sol di novembre lo scorpione , e il mese era cadente.
Ei fu gran sicario,ma inver ai posteri
L' estrema sentenza .
All 'ombra degli aranci in fior
nella bionda conca ,
Crescea il monello ,
Correndo il verginel allo spirar
Di grecale ,sotto lo sguardo
Del Monte nevoso ,
Che rotola lingue di fuoco
Di caliginoso fumo.
Fu 'uomo ,ma del ben non aveva
Vista se non del soldo, e di conquista .
Vita vissuta senza
Pietà che a rimorso lo piega .
Del buon Federico la terra calpesta
Ma non per saper o conoscenza,
Sol rotto a ogni nefandezze.
Per ogni lacrima che trinacria
Versa ,lui il capo non piega a vergognoso
Viso .piu ode il Tintinnio dell' oro che a
Gaudio lo alletta .
Quale onor cinse la gloria e tempia?
Ove la patria la fede l 'amore ?
Lui al sacro patto che l' uomo governa ,
Alieno ,già a era aperto e dato il braccio
Ad astaroth,nemico eterno che la mente
Porta a follia e perverso.
Non a Michele e cherubini ,ma a demoni
E suoi amici s' era converto
La dolce spiaggia di corleone ,che dorme
E piange il figlio che del sangue s 'era fatto sazio ,lava le piaghe
E il veleno sulla bianca veste d 'Italia .
Nella notte vanno placide quelle onde
Lontano ma il dolor sale con il vento
Che fischia a pel del mediterraneo .
Anime perse,senza più dimora senza
Salvezza perché la luce in Lor non più
Alberga.
Quanto amaro seme s 'era sparso
Per la terra del fu normanno .
Le mura di Palermo ancor ricorda
La gloria del califfato.
Come a triste la bora soffia
E agita le vele
Tu ,vecchio ,scialbo hai
Mangiato l 'orgoglio del
Popolo sconsolato .
Polvere ,grida ,lamento
Questo si solleva
Per tuo giogo e diletto .
Eppur fu uomo !
In lui l 'altissimo
Il pudore incise
Per l Amor che lo preme ,
Al primo figlio
,e dono ,per l'
Universo il redentore
Or non sa qual altro
Male la sicilia la sua terra calca.
Maggio del tempo mio
Più bello ,vide
Il volto pallido dell 'omicidio .
Sulla strada ,l offesa
Suono al rispetto.!
Due pilastri della bilancia
Antica perser la vita
Per inganno e ira.
Alle porte di Palermo
Nel lor petti Giove spira ,
Per giuramento a giusta
Via che mena Per perigliosi
Sentieri.
Nei lor pensieri
Diche e'viva.
La fiera che in lui
S 'incendia ,non
Si resta ma sempre incita
A sfamar ingordigia ,
E non lo spaventa
Il ventre grasso .
Lo sguardo mai tenne
Basso ma sempre a puntare
La mira con gran Gradasso.

Come lo spada
Dalle lampare
Sorpreso ,
Già sa che la rete lo avrà
Stretto ,trema
Per la mattanza,
Non desiste
Ma batte e schizza
Per lacerar la maglia.
Tu feroce canaglia
Braccato ,fai lo stesso .
Davanti il crocefisso
Prega e studia il
Libro ,
Ma inver lo spirito
Guasto che il petto
Stringe ,
Gli impedisce il giudizio !
Or finisce il tuo delitto !
Muto al silenzio della morte ,
S 'abbandona la stanca carne ,
Come Ognun che vive
E sconfitto .!
Al passo tra questo regno
E l 'abisso se ne va
Nel buio Nell 'incerto .
Chi ti bussa or sulla
Tua porta?
Colui che si fe 'servo sul
Golgota ,infisso
O il ribelle
Al padre e cristo ?
Canti di Angel
Al suon d 'arpa
O legioni di demoni
Pien di rabbia?
Questo sarà il tuo
Ultimo giudizio !
La storia umana
Che più non tiene
L isola a briglia con angoscia e pena
Sì spegne .
Nell ora fatal lo spirito
Lascio il corpo ,
Or mira,
Fu tutto per orgoglio
O difetto ?
Siam tanto brutti
Che cechi Non vediamo
Lo scempio ?
Già i viventi
T'han tolto lo scettro
Maledicono
Il tuo nome e il tuo letto.

Alla terra natia le sue spoglie
Alle zolle il suo ricordo
Tu nudo e spoglio
Il tuo avello
Vocar.
Siamo polvere
in un suolo ,
Quanto
Potremo viver ?
Fu vera vita ?
O beffa del destin che si congiunge .
Cenere sarem
Oltre questo evo
Un alito di vento .
Come un Camin
Il legno combusto
Erutta in scintille
E schegge ,
Così noi nulla resta
Se non ossa e vesti Lese.

Saran per te le giuste pene
O sperare nella notte
Che vede il giorno ?
Inver le bianche porte son
Serrate
Pietro sulla soglia
Non t'attende,
Se non ti mondi
Dalle malate vene.

Genuflettiti e fai ammenda
Sei solo un.mortale,
Saran i tuoi passi
Diretti al suo concento.
Per voler di colui
che i pianeti move .
Nulla teme ,
Non sperar nell inghippo.
Come il giunco obbediente
Prende piega
E da duro si modella ,
Al luminoso viso
Chiedi pena
Perché sol lui e il tuo
Nocchiero.
Ti salverà dal graffio
E patimento ?
Cerca il nuovo giorno ,
Non esser troppo fiero ,
Per non esser legno
Schiavo delle Palago nero .
Abbraccia il disegno del gran
Architetto Che la morte ha sconfitto
Nel nome di colui che tutto puote,
I celi sono pieni della gloria dell etrno dell infinito .
Padre benigno ,
Che promise di recar
Nel regno chenon sente
Più ne freddo ne gelo .
Ma ci rallegrar
Coi bei raggi d 'or.

Il canto delle stelle
Belle stelle,eterne luminose e fiere
Ognun Che in voi si immerge ,
Sospira alla volta nera che vi regge .
Infinite Galassie e mute fiamme
L universo protegge
Ecco che miro del toro il regno
Elegante fiero
brilla nel suo ventre antareres
Regina che risplende
Tu un di minotauro seminasti terror
All’ uomo ,quando in cnosso ti sfido'
Teseo,,con abil filo,schivo, il tuo morso.

Sette sorelle ,il toro serba

Elettra ,Alcione,Merope, innamorata

D’un mortale che si diparte,fu perduta.
svavillanti mirate il sol da lungi
Mostrate il viso nel crepuscolo
Che addolcia,alla mietitura, date opera se il contadin
Vi prega e mira .
Sussurra di lontano il capricorno
Il bel dio cornuto . Al galoppo,
Nei prati d'arcadia che il giorno
Rallegra va con siringa e armonia
Generi aldebaran che rifulge ,
E s' introna a a tua torcia
Dal tuo seme venne croto,antico
Satiro che ora tra le stelle
S immolato a sagittario.
Rischiara il nord dal cielo azzurro la polare stella che nell ‘orsa minora
Alberga .
Come fu inganno a Callisto
Il fatal incontro ,
Che in orsa si muta
Ma arcas che in rabbia preso già
La vita della madre voleva
Fatte stelle minore e maggior
In cielo .
Deh per il mal fato sempre in tondo
andate per il pungolo di Teti ,in continua
volta non restate il piede
Vengono poi Marte dal rosso viso
Misterioso senza paradiso
Segue venere dell amor
Segno e foco
Nettun che si gela ,
Non ha lampa che lo sveglia
Regna i pianeti
Juppiter immenso
Solo anima ,
Non oppresso dal suo peso
Al sol tutte si volgono
La stella più bella
Che il sistema tiene
Nella notte il latte di era ad Eracle
Risplende tra le Galassie ,cone
Fiume d 'or.
L incanto della Sera e' si breve
Inver l infinito non teme il voler
Del tempo
Solo noi umili frammenti di paglia
Al vento
Ci perdiamo con la mente
Tra le fiamme ,chiare,pure .
l’ immensa grazia.

Peccato
Sotto il segno della croce,
Nei vecchi luoghi ove si canta a gran
Voce la lode del signore ,
Stan i fanciulletti sicuri che l 'ostia
Li salvi da ogni cosa .
Ma nella notte silente quando la falce
Lunar placa lo spirito e la mente ,
Allor s' aggira il predatore
Uomo di fede inver ma serpente !
Come nella foresta l' innominato rettil
Cerca le uova e agogna il nido ,
Tu al par suo serpeggi, e vai cercando
Di pungere il cor ,come sei infido !
Già pregusti la tua preda,ma in Ver quale
Fede servi ?quale dio ti armo'
La mano per pugnalar la speranza dell 'uomo?
Sta il verginello tra soffice coperte
E guanciale in profondo sopir.
I bei riccioli sparti odorosi di lavanda .
Il bel visin roseo che ammalia.
Le tenerelli membra già agguanta
E toccar,per ingordigia e infamia
Non s'ode grido o pianto ,
Non lacera il silenzio il singulto.
Ah fanciullezza violata e indifesa !
Ove sono i giochi?le corse campestri ,
Il nascondersi tra alberi secchi?
Tutto finisce nelle tue fauci
Lurida bestia fatto uomo!
Gli abbracci sicuri hai sconvolto,
Il morbido giaciglio, tana mortal .
Ma ,già son discese le furie ,
Megera, aletto, tisifone
Sorelle antiche,
Che terra e sangue le rese unite
Lanciate a caccia con la inarrestabile
Lena ,frugate e tormentate
L 'attentatore !
Fate scempio delle sue carni
e divorate l impostore.
Vendetta fatta saran serene
E tornerete a riposar.
Or risorgi fanciulletto,
Ferito e inaridito,
Il male non toccherà mai più
I riccioli le innocenti mani.
Sorgeun nuovo sol
Clizia in eterno gia lo
Segue,
Congiungiti a lei e mira
Il futuro.
Eppur un uccellin dalle frante ali
Pigolando poi riprende il libero volo
Il torrente senza piu acqua rigonfia le
Sue onde ,riprende il suo corso
E sfocia nel mar

Eros ed Eris
Amor perduto che già il fanciullo
Benedetto non è più pennuto,
Piangi e non trovi quiete
Nel luogo oscuro .
Chi ha Bandito il fatal segno
Della freccia d'oro sta in se chiuso .
Ed Eris trova campo fertile per il tristo
Traguardo .
Fa scempio del vecchio amor !
Furiosa ,veleno serve nei suoi
Calici perche'discordia germogli e
Colori dei nefasti fior !
Non più baci dal trepidante cor
Sguardi appassionati
Ma odio s 'affilan le armi .
Discordia antica parte del uomo
Nascosta ma sempre pronta a trovar sfogo .
Si raccapriccia il contadin quando ,
La bella rosa pone al suolo
Spera nei bei vermigli fior .
Come è amaro inver se ghiaccio e vento
Gelano il gambo e marcisce la corolla
Allor gramigna cresce e il terren discolora cosi il cor si gela e si volta
All’ altra faccia ,già Eris e’ li
Che chiama e comanda.
I Lari prottetori della famiglia
Son persi se ce chi il foco della
Discordia svavilla.
Dolce fanciullo ricogli le tue penne
Aprì ancor le ali
Che Eris rimanga muta .
Se l 'amor in discordia si commuta
Ragion, sia del disiato sentimento,gia Eros ha la sua punta .
Beati i novelli amori,
Gli amanti e i felici giorni .
Nel bel campo nascan
Delicati fiori or rossi
O azzurri come il ciel
Che li sovrasta .
Cacciata dalla foresta l infame cagna
Eris fugge e assai si lagna .
Correte giovinetti nella nuova
Valle nel nuovo prato
Eros s'e destato !
Le nubi e la foschia
Sul carro d ‘eris ,la follia
Son già lontane
Che niun gli dia la chiave
Del petto.
Sorge or il Bell astro
Un vento caldo percuote
Non ve più il gelo,rifiorisci ancor.!

Venezia
Venezia,perla del mar che riluce,la tua gloria
Il tuo nome gia all’onde l ‘hai affidato.
Le antiche pietre nell’acqua cheta risuonano i giorni che furono,
Quando la serenissima il suo passo imponeva
Al mediterraneo.
I tuoi canali,i suoi profumi ,e di lungi il ponte dei sospiri
Rimangon vissillo del fu.
Baluardo al saraceno crudele,che armato d’orgoglio
E fede volea piegar le tue vele .
Di pianto s’ era ammantato san marco
Per i figli della republica al nuovo attaco.
Ma gia rugiva il leon d’oro ,a spronar la marcia
Conro il regno infingardo.
A lepanto nella domenica nera, il tuo talento,
quando le frecce con venier che comanda
e giovanni che appoggia fecer vittoria nella feral bolgia.
carpi franti come frutta or marcia
lambivano le gloriose golette
turbanti di seta ,pregni del sangue e di lacrime
eran fatti.
Venezia,che nella tua laguna te ne stai,
non temi il lo stranier
ma arte musica ,doni allo stivale.
i tuoi cristalli ,come gocce di diamanti ,le tavole dei re
chiedon posto e son cari.
Ah ma quanto e amaro il compromesso
Napoleon mezzo figlio della terra nostra ,
Ti prese a sua custodia
Per l’arte dell’inganno che mai invecchia e si rinnova,
ti fe’ da patto all asburgo assetato
no, grido il fiero capo,il veneto e il lombardo
non sia da me segato!
Il poeta combattente che in te spero’,
adirato ,tosto un coltel nella finestra avea ficcato.
Piccola perla come innamori i cuori,
come sospiran gli amanti a cotal incanto
e nel petto per te l ‘amor in ognun è nato.
Risona per il canal l’amante intrigante ,
Mago , scrittore,spia che ai piombi fu legato!
Manin ,bel figlio d’italia
Che tanto sognavi la nova patria
Hai lottato, il tricolor sventolo’ fiero
Sotto la cupola che guarda il ciel!
Una sola unica e indipendente ,
patria che a niun e serva.
Il tramonto carezza i tetti delle case,
l’onde paion si tingon di rosea luce
e un calma serena lambiscon i porti .
la luna s’adorna d’argento ,
nella laguna, lente gondole tornan
per il canaletto.
Non s’ode che lo sciabordio del mar ,
E la pallida luce sulla schiumosa veste
Segna la via per l’infinto.

La divina arte di michelangelo
Io vidi la magnificenza
Senza fine, dove
L' uom si spinge per amore
Scienza e ardire.
Immobili figure nell alta volta ,
Eterne e fiere al baratro del secolo.
Passione ed estasi presero
Il fiorentino che per dover
E impeto pose il pennel
Sulle bianche mura .
Da Roma che governa,
Giulio lo porto a cintura
E il vecchio rifugio
Ne obbligo a pittura .
Visi severi
Candidi manti
Saper universale
Del giudizio che ci
Attende .
E si seguono l 'un con l 'altro
In coro e in canto.
Ti tormentava il duro ingaggio
Tu uomo fatto grande
Per salir sulla gloria
Tra sudore e marmo ,
Michelangelo a te
Onore!
Asteria che non conobbe il pane di
Cristo gia ti porta nei ciel
E, a i dottori,che Amaron il crocefisso ,ti consegna
Per il talento
C'hai inciso .
La Toscana donò l' onesto
Figlio ,fiume
Tra questa terra E il paradiso !
Quando poggiai gli estasiati occhi
Nei loro ,fui preso da singulto
Pianto come mille tuoni mi
Scossero ,E persi il fiato
Nella santità ,nell infinito .
Le morte idee si disperdon
Come le foglie secche
In un giorno di vento .
Fisso in voi eminenti
Padri della romano ceppo,
E a te maestro ,
Mi perdo in quel
Ritrovar se stesso .
Bello e 'il morir e viver
Ancor
Nel tempo oltre il, tempo .

La forza della poesia
A ognun che s 'abbandona
A questo torrente
Sempre gonfio ,
Il cor giubila E non conosce fosso .
Dolce come quei venti di maggio
Ma più carco ed io ne son pervaso .
Si piega il duro acciaio ,freddo
Sen'anima a cotal bacio .
Una danza d'amor il mondo
Ammanta,troppo muto
Che a questo canto non pute
Rimaner selvaggio.
Taccian le bocche dei plumbei
Cannoni ,sol affamati di pianto e
Dolor.
Marte come dirigi trionfante
La dura marcia.
Ma da cotanta luce bianca
Scende la sacra poesia!
Ah giovanil fanciulla come sei snella
Come la tua molle chioma
Eolo dipana !
Allor son proni i poeti
Al tuo petto tu allattali
Con tuo talento
Riempi i ruscelli
D acqua scintillante
I prati d erba
Di rugiada pur mo nata
Nel bel giorno
Che il ciel rende giocondo
Due fanciullette
Dal vergine pie'
Disceser il Monte di beozia
E nell' ozio che prende
Chi le arti ha lontano
Risvegliano le menti .
Una dolce vision
Che mai mortal vide
Tersicore ed erato!
Figlie sante date il frutto amato
Quinci come il sol stende i raggi
Istillo'nei petti la poesia d 'amor !
L 'altra nel vorticoso ballo
Freno' la lenta marcia di tamburo
E rallegro' col flauto .
Fate del piombo amaro
Risonanti campane
Tramandate l' incanto
O poesia come sei bella
Come dai sapor alla vita
Eppur quella che pare indegna
Al tuo tocco
Ratto risorge !
Come Mida quel che volea
Era sol oro
Tu rasserena e rendi giusto
Quel che è torto
Parla per i potenti
Amor sulle lor labra pendi .
Vanno lieti nel tramonto,
Infuocati pensier.
Tu mia compagna
Or la mano mi guidi
Mi culli
Nel tuo culto
E se son degno
Fa di me poeta
Del tuo regno
Vuolsi così
Che io mi merga
Alla fonte di ippocrene!
E dissetarmi alle sacre acque
D'olimeios,
Per risorger a Nova vita,
La mia ispirazion sia perpetua
Come il fiume che la serba.

In trincea
Luna ,pallida luna come sei ancor
Bella la sera nella terra ove niun
Ormai prega e spera !
Lucido ferro , nella notte risplende
Trema la terra al novo tuono
Che atterrisce, un dolor forte
Che il cor preme.
Voci perse nel lungo fosso,
Freddo, non il soffice letto
Della casa lontana .
O morte cone cavalchi
Libera tra questa gente
Dimmi :e si copioso il tuo raccolto?
Nei volti spauriti dei giovinetti
In armi ,negli spiriti affranti, si rispecchia il ricordo,
Degli affetti più cari .
Gaie giornate nei prati,
sudati aratri, Or muti .
Lieti natali di povertà
Ma veri !
Quanti abbracci rubati
Quanti baci mancati !
Per l 'odio che ti spinse,
Paladin di sarajevo,
Mano nera hai affondato
Nella domenica triste !
Or dal tuo asilo
tutta l' Europa metti
In sanguigno.
Un sibilo ,una
Luce e balzan
Fuori dal nascondiglio
Come sciami di cavallette
Ma al son di baionette
Sì lamenta il milite
Cadon come neve
In gennaio
Ma non si resta ,
L 'orribil assalto.
La polvere, la romba
Che assordo' rese ceco
E spavaldo !
Figli del secol nuovo
quando l 'uom si credeva
Più saldo ,
La vita era bella
Pria che l 'aquila
Perdesse le penne .
Tomba silente, tomba
Tra fossi e pianto ,
Fumo ,terrore
Or sei la madre
Del disperato branco .
Corpi laceri
In quelle trincee ,
Terra di nessuno
Eppur la luna,
rischiara il ciel
Profondo ,sempre
Più Nero.
Quanti sguardi
Prima di lasciar
Quell faticato fango ,
Tutto tace
Pochi torneran
In quel misero
Stagno .
Piangeran le madri
Saran curvati
I padri !
ADDIO Sogni
Spensierati
Han bevuto la gioventù
Il Moschetto
Il vissillo ,
La patria dei folli !
E le distese immense di
Terra ove dormiamo .

Terra bagnata
Sale l 'odor della terra bagnata
Quando l' autunno fa marcir
le foglie con quel malinconico
Profumo .
Alla terra tutti giungerem un
Giorno ,quando il fato vuol
Che la miserrima carne
Riposi tra i silenti giardini.
E di lungi un bianco marmo
Già attende e muto sta.
Terra, amor e dolor per l'uomo
Che s accapriccia quando
Il seme nasce e muore .
Negra madre un po matrigna
Che tanto burla
I figli suoi !
Nera sotto il sol d Africa
S 'arrossa
E non conosce fresca vena
Distese immense d 'ogni odorosa
Pianta che da Gea riceve
frutto e vita !
Terra con fiumi e torrenti ,
E il fango genera melma .
Van i pensier
Alla terra ove nasciamo !
M' incanta
Quella terra bagnata dalle
Leggere piogge primaverili
Ed è un trionfo di color
le foglie matide d 'acqua
Di poi i bei germogli
S' apro ai tiepidi raggi,
Le zolle indurite, riarse,
Son generose
Alla nuova spiga
Al sudore si piega il contadin .
Un' eco s'ode nella memoria ,
Ella attende!
Non più ti scalda il sol
O padre mio ne ti stringo
Ancor ,sei nella terra nera ,
Fredda ,non sei al mio fianco amor.

Giorno d autunno
E' gaio,giocondo il di autunnale
Quando il sol intiepidisce le giornate
E ancor si corre nei prati
Tra l 'erba ormai più spenta !
Lievi venti ,altri aromi si librano
Nell aere ,Sovente con odor di
Pioggerellina.
Tra i color più opachi del rosso e giallo
Fogliame si perde ogni pensier
In una stagion che un po
Di noia reca.
Timidi gattini si tuffano tra i rami
Spogli ,un po silenziosi .
Sta il Rondinello all 'erta
Per unirsi a enormi stormi
Per la nuova terra .
Ma la luce morbida che filtra
Dalle finestre , tra gli alberi
Tanto ammalia
Orizzonti lontani
Dal soffuso ciel
Han altra vita
Le ore più corte
Il silenzio del meriggio
Mi porta via con sé
In questo sopir

Il semplice
voi che ormai avete dimenticato
Il primo vivere quell innocenza
Che mi accompagna non guardate
Come colui che si lagna ,ma a voi
Che negate il giusto amor!
Io che vedo il mondo
Come fanciullino,
Non odio,non intrigo
Non bevo nel calice della
GUERRA mai Scaglierei pietra
Contro il mio fratel!
Son leggere le stagioni del mio
Cor ,m 'addolcisce un piccolo
Bombo variopinto in maggio
Una ventata di primavera
Rinfranca il mio di.
Un bocciol che viene a Nova vita
Incuriosisce e ammalia.
Nel mondo mio
Senza pena, tempo
Viene e va non incupisce
Il petto sempre arde il foco
Di un patto sacro con la
Fanciullezza!
Dolce ,fragile uomo
Come vorrei un po
Del tuo spirito
Io che rimpiango l 'eta
Perduta verrei con te in
Sentieri leggeri ,soavi
Per ritrovar me fanciullo!
Non aver disio d' entrar in
Questo mondo
Ormai grigio
Senza più sogni
Sempre più amaro!
Cosa pungola questa gente ?
Arrivar più in alto ove il piè
Duole .
Mentovate babele
Li porta l 'ardir dell' uomo.
Chi ha più pena
Per un cucciol intimorito?
Chi al ciglio
D'una strada vede il derelitto ?
Ma tu figlio puro fra questi
Folli hai la chiave della vita !
Vita vissuta in eterna grazia
Con il sentir della natura
Col tempo che non opprime a morte
E vecchia!
Allor vieni con me sediamo,
Lasciamo ai loro affanni
Gli arroganti
Vediamo all infinito questi
Tramonti queste primavere ,
E i candidi inverni.
Ed io con gli occhi tuoi
Pur da semplice ,miro !

Nel giorno del compleanno della sorella cinzia
Allor che il quarantesimo anno,
tosto giunse alla tua soglia
tu l'accogli ,come colei che
la sua vita infiora,e
non vede sfiorir la santa fiamma
della grazia.
A te gli anni migliori
i dolci baci dei figliol
speranza tua quando un di'
saran piu' fredde le sere.
Fummo fanciulletti felici
al suon della gaiezza
non v era un vel di tristezza
quando correvam in quel giardin
sotto l ombra degli alti pini
la voce del padre e della madre
risonavan gentili.
Ne il disio ci lasciava di lasciar quello
spazio tra grilli e rose,
finche non moriva il giorno.
Quanti fiati,e corse nelle estati
che vivemmo in villa,
focolare per noi ,antica famiglia.
Or che luglio prende il passo e s'ammonta a festa,il tuo petto
sussurro 'quaranta volte allo sgranar degli anni,
rammenta quanti sogni ,spendesti tra i
primi amori,i primi rossor che la giovinezza chiede.
Come un dolce canto i ricordi si legano,s 'abbrcciano
come una nota segue l'altra
e al cor un canto ,un rimpianto.
Piangemmo un tempo l'amato padre
che riposa nel ricordo,
l 'amor cancello un poco lo sconforto
lui salito nel regno di colui che i pianeti move
guarda dalle stelle fisse a te oh sorella
che or ti mostri doonna,madre ,sposa
ai suoi antichi e vivi occhi sei la sua gioia
Sovente lingua non dice
quel che il petto ditta
per timor quinci indugia
ma sempre pulsa
si riempie d'amor
per la propria carne.
Io che non dissi mai molto
teste son le ali del vento
che cullano i pensier,
mai fui da te volto
tu che sei seconda guida
in questa incerta vita,
tu certo porto ove rifuggiar se
ostili passi mi assillan,
ed io ad amor m'abbandono
Voi parole che sembrate vuote
seguite chi vi crea,io vi ammaestro
affinché voliate veloci da lei,
per me baciate e ponete certo appiglio
a gran voce cantate che questo giorno,
è solo l'inizio

Nefilim.
A voi settanta che assetati di gloria alsaste il capo contro colui che le
Galassie crea,perdeste le bianche ali,generaste tra cielo e terra,
Seguiste chi al par del fattore voleva il comando,or piangete
L alto inganno.
Nei cieli azzurri,nei limpidi orizzonti ,liberta 'vi mosse
Ma per la fame che prende chi tutto vole,
Or scendete nell infido castello di fiamme cinto
E per dolor che lo piega or avete la regia.
Caducita' delle cose ,come sei aspra
Che non poni freno al tuo disegno
Amari lamenti,e rimorso eterno,il vostro cibo
Il disprezzo del mondo la vostra sera.
Tutto perisce ,nell'ombra dei secoli
Dei millenni,che si inseguono
Come un gioco fra cuccioli.
Perisce la vita e disfiora la belta'
Che ride nel volto del verginello
Decadon i regnanti ,investiti dal manto divino
E credon d'esser fuori dalla fine.
Le stelle eterne luminose e chiare
Sentiranno un di' il tristo ricordo
Che tutto e'labile
Nulla e'eterno,se non il pensier che
Le pose in culla.
Perisci anche tu ,O patria mia!
Suolo adorato della mia stirpe
Asilo dei miei antenati.
Or ti rode il calcagno
Quella gente vile che per
Odio e invidia
Vorrebber la seconda rovina
Ti dilaniano indegni
Color che nel tuo ventre pasteggian
Vedi,come navighi in fredde acque
Tu che fosti padrona del saper
Tu che Roma la madre
La luce dell'umanita'!
Ah breve vita
Che ci lasci per piu tristi attimi
Quanto contiamo in questo turbinio eterno?
Attimi,o quanto una goccia dio rugida in un
Pallido mattino di maggio?
Siamo come tappeti di foglie
In autunno,basta una pioggia per marcir in poco!
Anche tu padre mio hai sentito
Il venir meno della carne,
Il vento esser troppo forte,
La morte reclamar la sua preda.
Gli angeli ribelli,
Non patiranno la fine del tempo
Pur se condannati all'eterna ombra.
Ma noi che siamo come polver del deserto
Temiamo la fiune dei giorni,
Sperando in cor di riabbracciar la sera

L'istrione
Dormi istrione ,e' calato il sipario sulla tua vita ,istrione!
Gli scherzi e i burleschi hai lasciato a memoria in questa tua venuta
Non periranno come la carne nel tristo avello!
Quanti sorrisi hai strappato per far risorgere uno spirito affranto già preda
Della misera pena
I buffi passi e l inceder grottesco
Beffeeggiar te stesso questo ti ha reso
Più umano ,solo un uomo che vede il
Mondo come quotidiana sfida Allor si vince or si scende la china ma sempre
Pronto a risalir la vetta !
Cosa è la vita se non un grande teatro
Dell uomo per l uomo ,un gioco, un attimo dell 'eterno scorrer del tempo ?
Siam tante maschere in un mondo che
Sovente preme vuol scavar nel fondo
Ma tu dal volto disvelato hai affrontato
Da maestro e giocato da saggio la tua partita hai vinto e avuto il plauso l onor
Che la morte non resta .
Adesso la tua commedia si ammuta
Il corpo troppo stanco non sustiene
Il ruggir dell anima
E Quinci cone legno dal mar gettato e franto a riva
Tu ti sei abbandonato all soffio che ogni uom che respira tosto abbandona
Lode a te figlio del dolce vivere
Sei stato l abile burattinaio
In questa scommessa che è terrena
Or riposa non calerà mai la memoria su te
Istrione!

Il paradiso
Allor che sono' l eterna ora
L'alma raggiante lascia la sua spoglia
Mortal ,non pena la prende
Ma guarda il primo corpo piegato
Dall' amara morte che per niun ha risparmio !
Quinci si veste di luce ,e guarda gioconda
Al pensier supremo che a lui tutto conduce!
Ah quanta grazia negli occhi lor che han lasciato
Questo soglio i crucci e pensier che ogni giorno governa
Sei dunque tanto duro Angel nero che ci traghetti
Alla porta senza ritorno ?
E sol il pago che devi mortal per lasciar questo sentiero !
Fiumi d'amor che tutto avvolge dal principio
Della nuova vita per l eterno!
E l'amor puro Santo e Benedetto che germoglia
Come seme per nascer nel legger petto!
Chiare giornate ove non più tramonta notte
Li l' infinito regna e protegge
Gli spiriti eletti che già han salito nella luna
Il primo passo .
Pregano e sperano di calcar I cieli
Per giunger al primo respiro dell universo
La gloria del perdono del Santo nome
Per le bocche dei beati già risuona
Fissi nel signore !quella purissima
Fiamma che Penetra i pensieri
Conosce di ciascun i giorni sani e amari
Ma già tutto e lontano or si Bean della gioia
Che mai fu così piena ,e vera
I cerchi del regno celeste
Accolgon le varie classi degli
Spiriti li giudica e li divide
Per vari gradi di purezza
Stanno i santi nel primo mobile
Accanto al padre e il figlio
Quel giudeo che dide il sangue in terra
Eletta per la speranza senza fine.
Il legno inumano ha fatto della carne
Strazio ma in lui il patto solenne
Di rinascer nel suo regno
Oltre il tempo e lo spazio
Il suo vigore lavo il male del mondo
Con una grazia che Mai vide
La piccola razza.
Siedon i santi e i martiri
Che con il sacrificio final onoraron
Il bel figliol
Or si giungan e cingon il padre e il
L 'eletto spirito ,L alta classe celeste
A giudicar chi ancor preme e geme tra I legacci
Terreni
Un canto idlliaco che supera l 'umana sapienza
Dilaga e copre gli animi santi come pelle di luce
Fulgida chiarezza di abbacinante bellezza
Che spalanca le porte di grazia
Riflette nei lor occhi come specchi
L 'amor che è dono di lui !
Al par delle stelle inondano E rischiaran
L infinito !
In quei mari di allampante eleganza
Nuotan in una liquida luminanza
Ogni anima che guido' la sua vita
Al passo di danza e ubbidienza
Giocan cantan in quel luminar
Che ha in se la polvere di stelle
Pioggia ricade luminescente
E in quell affocar di lucido
Fulgore I volti dei cari
Che lasciammo lacrimando sul marmo !
Li infinite colline che potevan
Rallegrar l'occhio
Campi di fiori e acqua purissima
Ove naufragar nel piacere
Nessun giorno umano e 'al pari d un secondo
Con voi che già avete scoperto il vero!
Nel volto pietoso della Vergine
Il riposo ,tu madre fra le madri
Che attendi all ultimo passo chi a te
Chiede asilo .
Non più chiasso non più lagnar
Non più pena che appesantisce
Ma solo l ' armonia nell amore e nella luce
Che chiude il confine

Purgatorio
All anime purganti che furon in parte fallaci e arroganti che dell umano han ancor intatto il pensier io in versi a voi mi verto
Fuggite dalla fucina ardente che miete come il grano dal campo si senton salve han già abbracciato la salda riva e mai vorrebbero tornar nel gorgo di incerta
Fatica.
Solinghe a viso basso rammentan i focosi giorni d una vita non sempre retta
E stretta dal desiderio aversa all insegnamento
Come un affamato che agogna il pane ma vuol pur vesti calde e lusso voi foste combattute da due verbi
Sontuosa veste o carità a chi la chiese ?
Quando vedeste in terra il derelitto pietà vi colse o un beffardo sorriso certe d aver un allegro focolare ?
Quanto dolore avete dato padri figli mogli
Or tutto uno nel branco nel silenzio , un lungo letargo !
Sonno della coscienza che fiacca e rende lassi che ottunde il ben dell intelletto
E ci meni nel deserto dei morti sensi
Lontani dalla fonte del bello e del vero
Vedete or voi anime in bilico tra i due mondi
Il vostro peccato l occasion della vita sprecato per giungere ai santi cancelli
Dovete lesinar chieder un amen e Attender ceri ,sollievo dei viventi
Che il vostro nome risuoni sugli altari
In nomine domini!
Ah cattivi anni vissuti nel disagio
A digrignar chi vi porse mano
Calpestar patti santi ma in Ver
Vi fu dolce andar contro comando
Sul viso un velo che copriva la luce
Del bel sentiero
Preferitsti digiunar che pranzare con chi ti
Apri il cor
Or benedici quel pane vorresti
Un certo posto da commensale
Ma son i giochi ormai finiti e tu pellegrino
Vai per il tuo cammino a passo lento e riflettendo
Sul giorno che fu' indi non si torna indietro
un tramonto che non vede l alba
Un dolor che vi pungola a cercar rimedio
Del malfatto questa la vostra pena
Finché non sia pura
i bei vermigli fior i ruscelletti
Timidi e allegri l'aroma dei germogli vedrete ancor ma prima pigerete il calcagno tra fango e roccia !
Vi dà la somma somma speranza
la certa grazia che vi attende
Dopo aver pagato lo scotto del vostro
Debito
Non pianti e lamenti come nel fatal asilo
Ma in coro mormoran gloria al padre e santa fede
Orsu 'Cingi la vita di docile giunco
Sii come lei piegati ai voler
Pia e monda salirai
La scala per l eterna gioia

Inferno
Guardando al basso regno
Loco di colui che fece il gran dispetto
Sta e rugge per la pena che gli fu inferto
Nel gran pozzo Stan l'anime smarrite
Che in fino all ultimo respiro negaron la luce
Or s 'capiglian e fan l'un con l altro schermo
Al foco che divora ma non consuma l' infermo
Alti pianti e gran lamenti nel regno senza tempo
Ante creato prima del nostro ingresso nel mondo .
Aduna a se la sua Corte dell' infero governo
Il gran re che dell' umana sorte ha spregio
Tutto l'universo ha in suo segreto di giocar in sorte
E porre nel suo grembo
Volti sconvolti senza più umano segno
Foste un di voi il marcio della madre terra
Chi fe per voi l' ingaggio?
Or espiate la giusta pena
Non vi lagnate di questa catena voi la forgiaste anello
Per anello !
Vengono alla riva maledetta del Lago flegetonte
Come naufraghi dopo grande pena
Cercan di riguadagnar la terra
Ma l 'onde che per voi non han alcuna pieta
Vi rigettano nel gorgo
La speranza e vana e fioca
Così ricomincia l 'amara giostra
Ogni di per l '
eterna sera
Batte i pugni sul putrido fondo
Urla e bestemmia e ancor gli rugge
L' amara sconfitta ,
Quando Also 'a testa bella e fiera
Contro colui che gli diede
Le bianche Ali .
Cacciato e maledetto dal giardino eletto
Rabbia lo rode brama vendetta
E con lui tutti coloro di mal' anima
Adesso vorreber lasciar la spelonca nera
Il fumo li attosca co ne li confuse
Nella prima vita a cercar peccato e non la giusta via
Tu seme della discordia dei mali in vita
Sei giudice e seduttore
Dottore che conduci all' ingiusta via
Dannati e lontani nella memoria
Persi per sempre dall 'infinita gloria
Rimpiangono in eterno il giorno
Che voltaron le spalle al gran architetto
Pensosa anima quanta malinconia ti porti
Retro ora che il cancello e chiuso
Sogni le praterie i fiumi e il chiarissimo giorno
Ricordi quando eri fanciulletto
Puro nato come le creature nel dolce segno
E or navighi e affoghi nel foco e rimorso.
Attenti voi che ancor respirate nel regno
Terreno !
Sempre pronto e 'quell antico Angel caduto
A tentar !
Ma voi come querce che sfidano il vento
Fermi restate !

Le due serpi
In un giardino ove la primavera rinverdiva
Il rinato orto e lancerte fuggitive trovavan riparo sotto sassi o cavi alberi tra i cespugli odorosi mi si pararon a fermare il passo due serpi minacciose e orrende
Che l occhio non sopportava tal turpitudine
Strisciando e sibilando avanzavano con loro grottesco incedere
Qual orror nel mirare che quelle bestie avean sprazzo umano
Un avrebbe generato per sua natura identica creatura l altra il ventre per contatto si sarebbe incinsa dell mala creanza
Fui più volte tentato di lasciar quello strazio
Fuori matura e oltraggio
ma con mano ferma presi
Un legno con furore difesi il mio
Calcagno dal veleno maledetto
E sudicio sguardo
Madre Gea a te vengo supplice e basso
Caccia via allontanale dal mio cor
Dal sentiero si che e solo un guasto parto
Di due si fece tre per poi una sola venne
Con Gradasso
Ma io che non ero lasso Brandi il legno
E ne Fracassi il cranio
Sì che cadde senza vita
Fece del suo sangue lago
Ritornai più leggero e senz 'affanno
Sulla strada del sol nascente
Beato tra il mar e le stelle

Vecchio piano
Un vecchio piano coverto di polvere
Giaceva in una soffitta ormai mangiato
Dal tempo e da fil di setose ragnatele.
I suoi tasti muti le sue corde rigide
Sembrava morir di lenta agonia.
Ma orsu destati dal tuo torpore
Ove sono gli anni ruggenti dells tua gloria?
Quante note avrai vibrato
Tra tormento ed estasi
Quanti a quel piano pieni di passione
Con te creavano ,e soffrivano!
Quante notti al piano sotto tenue luce
Tra mille pensieri il pianista con te
Sfiorava l altissime del sublime
Malinconiche o vispe
D amore o di pianto
Sempre quelle nenie toccavano il cor
Nelle uggiose giornate d ottobre
Quando la pioggia cade lenta e pigra
Al ticchettio sui vetri alternavan
Musiche ,sentimenti !
Una fanciulla col condor della sua vita
Canticchiava quei motivetti che dal
Basso saliva !
Rammenti? I concerti il clamor del plauso che sale ,sale a voi rendeva omaggio
Ed era come un tuono che squarciava il silenzio dopo ogni canto .
Veloci volavan le dita sugli avorei tasti
Un turbinio di note ed emozioni che nascevano come acqua per dilagare nei torrenti dell anima !
Ora tutto tace .
Ove sei pianista compagno ,
Dell eburneo strumento
Attore e regista di tanto godimento ?
L 'uomo crea il tempo serba
Come piccoli frammenti siamo in questo
Mondo sovente lasciamo il segno
Un eco di ciò che fummo!
La cantina impietosa macera il legno
Il ventre che tonava tutte le sere
Ora rifugio di un topolino
Le corde rugginose son vene senza più
Sangue !
E tu pianista sei stato un sasso
Che ha increspato lo stagno della vita
Ma già l onde sono tornate alla riva
In un attimo e il velo torna cheto! Leggeri come i fori di pesco in primavera siam corpuscoli al mite vento.
Tutto è muto dormi tra la malinconia del passato ed un presente che ti ha dimenticato tutto diventa ombra
E vano

Francesco
Tra campi in fior e terra generosa
Sì sposa Assisi su uno speron di roccia,
Al riparo del subasio monte,un dolce vento che spirando pose il germoglio
Dell amor!
Di Bernardone figlio umano ,
Già avea in se lo spirito immacolato
Quinci tra soffici sete spezie d'oriente
Carezzato visse il primo tempo
Pria d'esser chiamato all 'alto ingaggio
Pose corazza lancia e spada sognando
Battaglie campali vittoria di rosso sangue
Della cavalleria l' ideale
Del Bon cor giovinetto come suoi pari
Appezzava la Gaia vita
Quanti pianti l Umbria ! i suoi figli
Sempre in ira per ogni città vicina
Ma quando dal sonno si desto '
Rifiuto 'il caldo cibo
L' oro zecchino un sicuro letto di piume ,
Frizzante vino .
La parola di colui che nei secoli non more
Fecesi di novo carne più umile
Di chi di fame si dibatte.
Ah come feriscono or le mani i
Rovi come si laceran i piè
Tra zollose strade
Alla porziuncola il novello rinascere
Oltre i vizi del mondo
Tu re dei derelitti ,ultimi e dimentichi!
Pioggia lenta ,fredda ,nemica
Non fermi la fatica
Non fiacchi la salita
Ne il vento spegne il foco
Che vi pungola il petto.
Ma fratello santo
Una la pena
Il gregge eletto s'e' fatto
Cupo e' perverso
Nella Roma dei pontefici
Serpeggia ingordigia
Gettano ai cani
Povertà ,castità
Per i beni temporali.
Gregorio all 'altar di cristo
S 'aggrappo al crocefisso
In lui con gli occhi fisso
Riconobbe chi dal fosso
Rialso ' il nome di Pietro .
Nella luce dell immenso
Cammini uomo riconverso
Al primo amore
Santo tra i santi
Guida all 'altissimo
Noi poveri sterpi
Che bruciam
Di peccato
Al vento mondano

Dedica al santo di Assisi

A ricordo di zia Maria
Nata nel borgo all ombra degli ernici monti,spendesti i giovanil giorni,
quell’ameno luogo di tuo conforto,fu un di ante che noi fossimo
fatti,scudo a roma conquistatrice!
Quante corse per le viuzze antiche nel tempo tuo beato
Allo spirar di venti e ai profumi della primavera,
tra vetusti palazzi e i primi amori di giovinetta,
miravi sempre con ardor a novi sogni.
Ma or tutto si resta,non echeggia piu
La tua voce,le strade le fontane un ricordo.
Era il primo vagito di febbraio,il sol con suo passo entrava
In acquario,il sonno che non desta ti strappo’
Con feroce pasto all’amor nostro,ai tuoi offici,
a chi con te divideva i meriggi.
Attonito al nunzio sto del triste inganno
Carne delle mia carne,perche ti abbandonasti
Al rio fato?
Vennero al tuo cospetto,l’amati figli
E parenti lugenti,mesti penitenti
Resi,abbattuti al passo della nera signora
Che niun dimentica pronta a ogni ora!
Il tuo volto non avea piu il sorriso che
Conobbi,ma livida silente
Le chiome sparse sul cuscino
Le membra turgide e alcun sospiro.
Li mi sovvenne i giorni di nostra vita,
feste spensierate,giornate al mare
carni cotte su ardente brace
discorsi persi nel ricordo.
Amatissima nostra parte,
sei nel sentiero di color che
abbracciano la luce,
al giudizio dell’essere supremo
che a noi ti diede e ora richiamato
al suo petto.
Non si more in eterno,vivendo
Nel cor l’alma santa ha gia mutato
Libera nel giardino senza tempo.
Ti vidi porre nella negra terra,
ancor i monti ti fanno schermo
la fontana ove tu giocavi
sgorghera’ ancor!
Ti culla il paesello
Rifugio per te!
Mira l’orizzonte,
e l’alte mura che mangiano l’infinito
corrado cioci ricordando zia maria

L'amor maschile
Cosa temi uomo dal volto torvo?
Temi malanno che infetti le tue membra
Il sangue o la mente ?
No.nessum morbo reco placa cotal rabbia!
E' solo amor quel che mi spinge a dar baci e abbracci a sospirar la notte se il letto langue !
Alieno impeto dell uomo virile che cerca la servil donna con tutta passion la tiene
Nulla turba ,ma se ad occhieggiar son
Due fanciulli di mascolina natura rode e rugge la gente pura.
Eros dall arco d'oro tira frecce in cor gentili ove il foco divora per quel sentimento che nasce e germoglia !
Come il contadin mette a dimora i semi nei conosciuti solchi e li fan radici sovente il vento ne disperde per strade straniere eppur li novella pianta!
Così nei lor cuori nasce un amor nuovo ma pur sempre dallo stesso seme
Quanti abbracci negati dolci sorrisi
Stroncati per timor e vergogna
Ma quando il gentil morbo tracima i cuor ben dura e piegar la voglia di tener la mano sfiorar la chioma!
Insulti e alti castighi in questo mondo
O tenerelli !
SIETE fragili navi in mare tormentato da infidi venti che vorran nascondervi nei gorghi per paura e noia
Cavalcate l onda oltre troverete
più calme acque ove si dirigono l alme candide che il fiume della luce le mena.
Amor ,amor e ancora infinito amor che governi l universo illumini ogni cuor d'immenso chi inver lo credea perverso

Nessuna risposta
Ove andrano le gocce di rugiada che fuggon al
Primo mattino ,sotto foglie verdi al destar d’elios?
Chi mai narrera’ delle onde che montano e schiumano per morir
Sienziose su desolate piagge?
Riuscira’ mai un coraggioso aquilotto a spiccar
Il primo volo nel vento,nel profondo azzurro?
Un fium iciattolo,tra vallate e ciottoli s’unira’
Alla grande sorgente che tutte le acque comanda?
Chi sa inver se la voce dell’uomo
Giungera’ tra gli astri piu lucenti eppur lontani?
Un fanciullo viene a nova vita,mangera’ sabbia e dolor
O vincera’ per rialzar il capo come colui che si salva dal
Pelago e tocca riva?
Del dolor d’ogni petto dei sospiri e dei pianti
Chi li ascoltera?
Una donna che si batte e si dispera,e stringe
Il suo figliol che ormai la vita lascia,chi
Calmera’ il suo strazio?
Chi sa se alla prima morte ,si rivede il ciel
E mai piu la sera?
Solo il tempo,e ogni quesito cade ,sordo rimane.

A Lidia
Il rosso tramonto allungava le sue lingue di fuoco
Nel ciel fosco,seguiva un’assolato giorno,
e in quello vidi il volversi della vita.
Ad acilia,,che di lungi vede la costa,
e ad ostia si sposa ,venni quel di’ da te.
Rividi la donna di un tempo,ma
Il mal che t’attanaglia rese lo sguardo piu spento
E muto era il tuo verbo!
Rimasi attonito al tuo letto ,nel veder
La fragil figura,li ,cruda e ferita dagli anni.
Che cosa è dunque l’umana vita?
E’ degna d’esser vissuta se poi giungiamo a tal fatica?
Cosa sei tu povero corpo di fronte all’eternita’ assoluta?
Ah natura,che ci culli ,la nostra carne è ben povera cosa
Per i tuoi costumi ,che macini i millenni!
Mi sovviene il ricordo di te ,
della dolce eta’,quando servivi nella mia magione.
Il suon leggero della tua voce
Il frinir dei grilli,
e mi rimbrottavi se sudato mi stendevo al
soffio di maggio.
Rivedo mio padre,i nostri giochi da fanciulli ,
quelle giornate che perse
ritrovo in te ,quei fuggitivi momenti
di infinito amore.
Or è giunto il tuo ultimo atto
Di questo lungo teatro umano,
esci con orgoglio,non feristi,non hai fatto peccato!
L’alma che or si contrae e cerca spazio,
perche’ è offesa dai legacci terreni,
si libera e riprende il suo viaggio,
nell’infinito oltre il tempo.
Quando pia andrai pellegrina
Nella dimora eletta,siederai su candidi seggi e rimirerai.
La bianca donna che tanto il cor t’accese
T’accolga nel suo manto,or ti conforta,
come madre ritrova novella figlia.
Lei che i destin governa
Non la turba il nostro fallar,
Indi,se saran benigni i suoi sorrisi
S’aran aperte le sante porte,
allestirem il nostro convivio
e non calera’ mai piu la sera.

La scelta di costantino
Imperatore ,oh mio imperator
Quando su ponte milvio ti schierasti
Per la bianca croce qual disio avevi in petto?
Credevi che la nova gente avrebbe reso il mondo un luogo
Eletto,lontano dall’inganno,e dal ferro?
Vento,se avessi alzato un muro,le frecce
Vocate sante sarebbero state disperse e dar quinci vigore
Al pagano passo del massenzio vittorioso
Giove e giunone al suo polso!
Ma il novo tempo bussava alla porta del
Cambiamento!
Glorioso impero ormai morente,hai datto l’ultimo guizzo
D’onor come la fiera che infino all’ultimo non si piega.
Trono di cesare e d’ottaviano legislator
Culla di cicero e d’alti filosofi dal verbo greco
Or ti lassi e mostri il ventre al dente fino!
No costantin placa la tua foga e l’entusiamo si
Accompagni alla ragione usa il saggio
Motto e ingegno che del bianco pontefice
Non saran rose ma piu fieno!
Pensi che la lor fede non sia oscura come
La notte nasconde la luna?
Eppur intrighi saran lor comando del gregge muto
Si,ma dal lupo si faran oltre lo sguardo.
Pietas romana dei costumi antichi ove siete or
Che roma ha i suoi fianchi feriti?
La citta’ eterna diede nelle mani del novo
Sacerdote,e apri’ le porte per la sua schiera.
Non piu soggiacer sotto cupi nascondigli
Al lume di candela,al pianto e terrore della era,ma or
Diurno canto fan per le vie e non temon oltraggio!
Guarda figlio d’elena come si è fatta marcia
Quella razza,che tu elegesti pura.
Mira come han piegate le genti con fiamme al
Credo e non con mano e bacio
Han ucciso il respiro di color che s’alzavan a ostacolo
Sputavano se un si allontanava dal verbo.
Grida la terra dei misfatti della plebe conversa
Sanguinano le ferite di quelli che periron
Per mano vostra.
Venduta e poi malata quella spe’
Della bianca croce,fe piu malati che sani!
Or combusta e infangata quella promessa
Anche il dio che apri le acque ,che diede il figlio
Sulla croce di giudea ,vede come è misera
La sua discendenza.
Risogi,dunque,non mostrar ingordigia di vini
Pani profumati vesti d’oro,sonante moneta,
ma vai pellegrino per terre lontane
povero,senza calzari a rinnovar
la vera essenza della prima vita.

Vecchio soldo
Vecchio soldo,antico e sporco
Dimenticato,dalla rugine logorato,
eppur malinconiche storie
in lui racchiuse di lontano passato.
Percorresti ,un tempo anche tu,
in sarculi colmi d’oro ,
su dorsi laceri,passi lenti di cammelli
la mitica via della seta?
Quel fiumed’avventure di uomini
Sangue ,guerre,tra le sponde d’oriente e occidente!
Scoribande di saraceni
La sabbia si macchio’ dell’odio delle due fedi!
La verita’ non ha volto,scellerata la vanita’
Dell’uomo!
Comprasti,dimmi vecchia moneta
La liberta’ che or il ceppo serra?
Al banco ove il padrone il servo piega
Il grido del non uomo simile all’uomo echeggia,
ma un sul piano dell’eletto,
l’altro al pianto del suo primo sospiro.
Or vede il suo pie’ piagato dal ferro del tuo potere.
Fosti un di’ pegno d’amor dei primi amanti
Focosi nel petto,trepidanti delle lor carni,
che gia’ sognavan infinite notti tra abbracci e cuscini!
Ah quante storie vecchio e consunto peculio!
Eppur tutto è lontano.
Chi ti lodo’ chi ti strinse ,dopo tanto pianto in te fidando
Di giorno piu gaio!
Amato compagno del soldato di ventura,
senza patria o patto santo
al son del tuo compenso,fecer
guerra,tradimento e inganno.
Quanto fuoco nel villaggio terra desolata,
ove regna il brigantaggio,soldo tu amara preda!
Delizia e rovina dei potenti
Dolente affanno per i miserrimi,
lesinar un quattrino per un pane insipido.
Or sei qui,tra terra ,fango,acqua ,
vento che cancella i ricordi
e l’onda dei secoli che divora l’umana gente.

A mia madre
Gli angeli del ciel che
Vivon tra le stelle eterne,luminose e belle
Desiderio di colui che le galassie move
Guardan le creature. Inferme!
Un a me si volse lascio' il,piumato manto
Discese dall astral paese
Mi tenne in,grembo
Per amor che l,universo inbeve!
Da quando uscii dal sicuro ventre
Io fissai glli occhi suoi e per
Me s 'apri il,mondo che ognun attende!
Le tenebre del non essere si dipanaron
Allor mi,illuminai del sol nascente!
Pargol giacoai piansi al caro petto
Da cui vita ebbi oh,mio sicur governo!
Mossi i primi,passi fanciulletto
Sempre incerto. Siamo fragili cone canne al vento e li c era il,mio primo appiglio
Lei che mi cullava la sera,m'addormentava
Al suon della sua voce
Ero un re il suo canto oro per il miorecchio!
Gli anni volaron dolci come farfalle sfioran un prato
Fui passerotto che stanco del nido cercavo il primo salto ma sempre brama l,uccellin,il forte piumaggio.
Naviga sicura la navicella sul placido
Mar il roccioso scoglio dimentica se il
Nocchier ben il timon dirigge
Alto,pianto incede se vuol sfidar questa estensione senza padrone
Allor la roccia rammenta si lagna del suo languore
Cosi io tu mi,guidi m ammaestri sulle vie
Doimini l insana passione!
Quando un,cruccio mi,prende
Non,ve parol tra noi
Doni quel seren che il cor attende ed e subito giorno!
Or ti vedo in queste carni che il tempo
Piega,
Eppur nulla muta nella tua essenza
Risento quel fremito,mai placato dall,innocenza
Ti riconosco angel,mio
Primo amor che ebbi e che ancor,m allena
Sei la carissima madre
Mio scudo .ti porto sempre
Nella mente ,nel petto
Noi,non ci perderemo come semi nel
Vento sempre figlio. Tu genitrice in eterno

Il pagliaccio
Ridi e poi gioca che la vita e breve
E il giorno insicuro
Si copre il viso di cera rosso,il naso
Strano il suo vestiario ,la chioma gonfia
Ha i color del cielo dopo un fortunale
Canta note stonate deride se stesso
E il suo andare
Si picchia ,si rotola tutti gridan a gran voce il fanciullo cerca le sue burlesche storie!
Tra motti ,filastrocche ti solleva il cor
Ricordi gli anni da pargoletto ma or
Ridi ancora come un tempo
Tu pagliaccio che pari sempre gaio nascondi in vero un vel di tristezza
Che si nasconde in quella faccia finta
Tra trucco e parruca!
Tu piangi dentro povero buffon del nostro
Evo!
Che ti tormrnta?lA VITA CHE NON, promette quell che deve?
Quando la giostra chiude il suo velo
Sen va il poverello
Si sveste del suo fardelll torna uomo
Vero!
Ha donato ore liete a chi era affranto
Si resta del capriccioso pianto il monello
Dimentica. E va via felice chi della giornata era stanco
Notte silente tutti taccion
Tornera per la mattina il pagliaccio
Col suo. Bagaglio,umano

La facil donna
In,una strada buia
Solo la tenue luce d un fuoco mosso
Al vento,fendeva la muta via
Sedeva la donna,di vestiti succinti
Co suoi pensier e crucci
Gli occhi fissi al gaio ceppo
Attende un furtivo amor
Un tiepido abbrccio senza cor
Che nella notte la plachi del suo dolore
femmina che hai perduto l'onesto
E pur lo fai il mestier per diletto
Or fuggi da un,letto or cerchi l'uom
Perfetto
Un poco la pena solleva dal petto
La spe la prende che dorma braccio
A braccio nel sicuro focolare
Ah fanciulletta d un tempo come delude
La vita per colpa o difetto!
Rada promette quel che si vuol crescendo
Ma tu o figlia taglia la catena
Recidi la radice del triste gioco
Torna fiore del primo amore

Bianco oleandro
Io ricordo Quand'ero fanciullo
Un bianco oleandro nel giardino della
Perduta villa ond' io nei Meriggi estivi
correvo spensierato
Sento ancora quell acre dolce aroma dei suoi fiori e il sole faceva brillar le sottile corolle!
Era il tempo beato quando le giornate e erano inondate di luce ove io
Mi perdevo tra fanciulleschi sogni
Vedevo di lontano il tremolar del mare
Il brontolio delle acque fra i rocciosi anfratti !
La sera il bianco oleandro ancor tutto
Fiaccato dalle roventi ore Augustine
Salutava il vespro e il fresco della Sera
Le cene al leggero vento estivo
Sotto l ombroso pergolato
Era caro e ramentar amaro!
Tu muto sembravi aspettare il novo Giorno
E rinnovar il tutto !
Mio padre fischiettando
Delicate note mi conduceva
Al mar tra conchiglie e spruzzi salati .
Il primo saluto era a te quando con il primo tepore del giorno estivo
Liberavi quell inconfondibile aroma
Ah fanciullezza quanto sei dura nel ricordo
Quando poi ci lasci troppo in fretta
Mio padre non mi segue più non mi
Conforta !
Non calco più il ghiaioso viale di quella casa
E tu bianco oleandro non ci sei più
Tutto è svanito ora vive solo un malinconico ricordo

il destino
Ognun che move i pie su
Questa terra ha già il destin che lo
Attende alla sua sera
Siam come stampi di creta
In cui s infonde la sorte
Che per tutta la vita ci mena !
Qual destino m' attende
All ignota metà?
Le tre sorelle tesson
La fatale seta
E quando l una s'accapriccia
Taglia e una vita si resta !
Vana Spe' chieder responso
A Delfi !
Che su foglie il fato scriveva
Inganno sopraffino
Dell vecchia fede!
Come la mia gatta
Nel tranquillo meriggio di
Giugno nel sonno che alletta
Aspettava il fio del suo destino
Mi sovviene la certezza che non
Ve strada sicura per saper i giorni
futuri se allegri o di veli!
Sovente lesiniam
Baci e carezze certi di farlo ancor
Ma se il destin male pensa
Cadono a Voto perduti abbracci !
O futuro tempo piega il velo
Che da uno squarcio si veda retro
Crogiolandoci di miglior sentiero
Ma poveri noi sventurati
Di quel che sarà non sapremo mai il vero

L'arciere
Sta il prode arcier a tender il duro arco
E il pizzicor della corda gia’ freme di scagliar la freccia al proprio
Segno!
Voli fulminea lucida sagitta a cercar la tua dimora
Fendi cielo e terra ,finche’ ti resti di te solo il sibilo sottile.
Sotto i torrioni del castello antico s’accalca la folla del nemico
Crudele,tu arcier paladin del vero difensor del popolo
Segni uno a uno col tuo rapido scoccar le vite da spegner
Cadon un sul l’altro gli attoniti guerrier
Che gia’ assaporavan l’altrui delizie
Case e terreni donne e fanciulli di porre in ceppi.
Sembran quelle carcasse come fieno!
Quando s’accatastan alte balle mucchi a mucchi!
Un ronzio che stordisce breve come un frullar d’ali
E poi nulla piu’ silenzio e pianto,giusto
O inganno ma solo carne compunta stremata.
Lacera l’aere d’intorno la freccia che vola al
Passo di guerra,e come fulmine squarcia in fortunali
L’eterna quercia cosi lei dinuda i cuori e i pensieri
Di color che a lei si piegan e temon colpo.
Arciere e freccia un sol respiro una sola anima
Lui in quella si fissa e s’affida
E spera che la punta vada profonda
Il legno s’affonda nel tirator
Reca il vero se ei sia giusto
O vendetta se quel pianse affronto!
Nel clamor della pugna non v’era
Piu ‘frontiera eravate padrone dei destini
Dei disii della spe’ di riveder la sera!
Al canto di pace dormon l’un e l’altra
Ma se marte move pie’
Allor arcier tendi l’arco
E lei è gia li tua compagna e sorella

gladiatori
Nel clamor della folla che soffoca col
Sangue ogni disio
Gladiatore ti sei fatto onore
Sotto il ciel di Roma che non conobbe Dio!
Il ferro il valore l amore
Questo il motto del tuo cor
Che ante tribuna inumana
Del vostro umor era affamata!
LE bianche pietre stavano
a guardare casa e ultima culla
Per voi che per ogni di'
La morte avea la chiave
Dell estremo ultimo fiato
Da questa valle.
Quali pensier mirmillone. Focoso
Sotto l elmo avei di questo mondo?
Di lacerar carne e bever l altrui
Lacrime?
E tu reziario?
Non è questo il modo
Di andar per mare
Ma brami co reti di far la carne
Tuo pasto!
La polvere il ringhiar di fiere
moleste il pianto d un fanciullo
Che del padre vide il corpo
Tra sabbia e lancia trucidato
Tutto era tuo pasto quotidiano
Silenzio andate adagio uomini
Che follia e' mai questa?
Le menti percuoti
Gli animi inciti quando
Tu gladiatore vibri
L ultimo colpo liberatore
Allor esplode in giubilo
Ed è una danza!
Macabro canto
La morte vince
Porta l ultima volta al viso
La sanguinante mano
Il ferro ha avuto il suo capro!
Scintillante gladio
Dorata corazza
Pesto cimitero
Abbiate requie e
Morto il combattente
Vile volgo famelico
Come sei brutto in questa
Maligna giostra!
Sorgea il giorno
Chiamava a se la notte
Tutto tace s aggruma
Il sangue tra le pietre
E la fronte
Ode il canto d una civetta
E spera il povere l
Che la nuova alba
Non sia matrigna!
Questo è accaduto
Sotto te mio imperatore
Ora siamo solo ombre
E polvere al cospetto dei secoli

L infinito
Sopra la Duna di un deserto ammirava
L infinito.quel senso di eternità che si
Spandea in ogni piccol granello di sabbia.
Li v'è silenzio,.fischio di un tiepido vento
E cielo ininterrotto se non dall orizzonte
Perdendosi tra il biancor delle nuvole. Rimanevo attonito,bussava alla porta della mio pensare il mistero delle cose create.
Sulle cime dei monti con le nevi immacolate coi ghiacciai perenni.era pur li l infinito !
L'uomo pareva talmente esser piccolo
Che ogni roccioso appiglio era di lui
Il maggior potere!
Volando sulle creste degli oceani
Quando le onde si gonfian e minaccian il cielo mi perdevo in un infinito mondo d'acqua,con tutte le sue creature
Il color profondo che penetrava ogni sua fibra
Sì sposavan i raggi del sol con la salina
Figlia perdendosi in uno scintillare di
Inegual meraviglia
sentivo la potenza della marina
I venti spazzavano la sua veste da quando la terra ebbe la sua prima vigilia
Toccai le foreste vergini della più bella
Figlia
Che naviga con noi nel buio e non reca
Fatica !
Le verdi fronde il filtrare dei primi raggi
Tra il fogliame
Il perfetto innalsarsi dei tronchi verso
il ciel .I rami schermar la notte come mille
Braccia
Quello era infinito!
Quinci dopo aver viaggiato tra mari
Monti , deserti,
Tutti imponenti e che non temon il pugno
Dei millenni
Mi setii fiacco e picciol davanti a voi
Signori potenti!
Ecco l eternità si ferma con noi
Poveri esseri che crediam d esser
Eletti
L infinito che io carezzai si resta qui più non va oltre l uomo non è che altro polvere in una giornata di vento.

la voce del silenzio
Ascolta,ascolta la voce del silenzio,
Questo infinito vagare per la propria coscienza,la propria natura.
Odi ?il lento scandire del tempo e la ragione che si interroga?
Nasciam nel silenzio solo il mondo è la selva che ci attende.
Ma tu uomo medita!
Il silenzio del cosmo la sua profonda sostanza,m'affascina e mi ammalia.
Cosa è la morte,se non un lungo ed
Immobile silenzio che dal mondo ti bandisce?
E dunque il vuoto?la rinuncia del tutto,
La fame e la sete dello spirito?
Se si potesser far tacere tutte le voci,
Il rumor,il mormorio,scopriresti una nuova,casa fatta di contemplazione,
Di ricreanza!
Eppur anche nel silenzio piu' cupo
Ve' un legame un sottile richiamo che unisce tutte le creature
Anche il mar che par sia muto canta la sua voce,
Che s'ascoltar che si denuda dei legacci
Troppo terreni e infonde la sua anima
Nel turbinio universale.
Un albero è dunque silente?
No,anima curiosa,
Sa far sentir le sue vibrazioni solo se ascolti la voce del cor.
Nel silenzio di un rosso bociuol di rosa
Mi perderei,ascoltando il suo fruscio
Ed è il sorriso del giorno!
Allor mi piego su me stesso e capii
Che il silenzio piu' assoluto non esiste!
Solo se trovi la tua sostanza ascolterai
L'armonia del perfetto.

Pianeti novi
Quando credevam d’esser soli,
in questo nero manto ,silente e lucente,
ecco che sotto il suo palmo,alzaron il capo
novi mondi,lontano dal nostro sguardo,
sette lustri da passar,per respirar la novella aria!
Scrutavam l’eterna volta,con viso incantato,
come fanciulletti che vedon il mondo
con infantil entusiasmo.
Speravam di sentir altre voci,oscuro canto!
Scorre li’ tra muti giorni un timido ruscello
Che sussurra e si insinua tra i canali?
V’e’ il verdeggiar di foglie coverte
Di brina,al primo mattino?
Che amor quando rimiro
Quei paesaggi ,che il
Mondo mena per i cor gentil,che l’apprezza!
Laudati siate dottori del ciel
Che all’uom ghiotto,
avete dato la gaia novella!
Il sol si specchia con l’altra stella
Anche lei madre benigna,
della vita che infonde sulla sua pietra.
Ci saran giuchi innocenti,
tramonti coinvolgenti,
e albe che risveglian il profumo
dei fiori?
Dimmi l’autunno è cosi malinconico,
quando denuda le sopite piante ,con lor
foglie fa turbinii,nell uggioso meriggio?
A questo dimandar non v’e risposta,
il mio quesito cade nel vuoto!
Ma un di’ verra’,
quando saremo noi che sognammo ,
solo spettro di quel che fummo
le due terre verran a un sol respiro,
calchera’ il pie’ gentil la sabbia fine
vedremo il saper in occhi sconosciuti,
nuove idee,nuove lingue ,
oltre ogni confine

in onore della scoperta recente di tre
pianeti abitabili scoperti a 40 anni luce da noi
in questo mese di maggio 2016

vecchio naviglio
In un porto senza nome di nessun suolo patrio,
un vecchio naviglio era ancorato.
Vergognoso tra inponenti scafi di legno
Pur or forgiati.
Antico veliero,narra un po’ del tuo passato,
quante volte avrai tu navigato,
quante genti attraversaron il mar
infiniti sospiri passaron per le tue assi.!
Notte e giorno non era mai una pena
Ne ti fiaccava la continua lena.
Vetusto naviglio,quanta spuma ,avrai solcato,
quante tempeste puoi raccontar ,tu,
quando quell acqua brontolava dal suo
ventre,allor la sperduta ciurma,
s’affidava a te e in cor sperar di riveder,
le ridenti distese in fior!
Per tempo infinito,avrai navigato
Cullato dall’indomito pelago
Che ti chiama ancor.
Un marinaio ,guarda con occhio umido,
l’amico del passato,e rammentar gli
sovviene,delle tue vele,
delle fredde notti,quando il fortunale
spezzava le braccia ,ed esser nocchier
in burrasca,era si dura e pur
quasi senza speranza.
Hai perso compagni che ancor serbi in petto,
un malinconico amor che t’aspettava
quando lasciavi il porto,
tutto li or giace,dolci ricordi della gioventu!

La danzatrice
Danza, danza vergine scalza sul letto di fiori!
Danza finche’ non giunga il tramonto ,
e nasconda la tua grazia al crepuscolo.
Scorre nelle tue vene la forza dell’arte,
impetuosa tra estasi e tormento
cosi’dilaga il torrente nel suo letto!
Figlia beata ,Tersicore t’accompagna .
Ogni sua mossa era amor per la vita.
Leggera,si moveva al son di dolci note
Che lo spirito solleva!
Quell’anima che si abbandona al sussurro
Del canto del cor,
E liberta’ che si move nell’aere
Fresco del mattino ,quando quell’umido
Della notte rende frizzante le prime ore.
Ed era come un volo di timide farfalle
Quella danza tra le rugiadose viole,
le pungenti rose dalla chiusa corolla.
Il suo inceder leggero e soave
Rendeva piu’ gentile la collina,
ancor sopita.
Li perivan le idee malvage ,per lasciar
Un sapore di eterna pace.
Danzatrice che sai mover il sentimento
A far esame di se stesso,
sei regina del divin amore ,che scava nell’ “io”
maestra nel suonar le corde piu profonde.
A te m’affido mi lascio
Trasportar dal tuo gioco!
Chi ti instilla tal creanza?
Come movi i pie’ che volan
A fil d’erba quasi tu non abbia piu sostanza?
Negli occhi di colei,
che guidava tal maestranza ,mi sentii perso.
Avrei sfidato il tempo,
guardando in eterno il tuo talento.

Silente notte quanto mi sei ostile,
sento gia’ la bruma del vespro,
quella foschia rossa ,che stacca il di’
dal sonno.
T’attendo pallido mattino,
rivedro’ quella danza,
ricomincera’il mistero infinito

L'ulivo
Un pugno di terra per affondar le radici,
una lacrima d’acqua per ristorarsi,cosi tu ci
insegni rugoso ulivo.
Splende al sol l’argentea corteccia vibrano all’uninsono
Le foglie di un verde in tenso,che si specchiano nel cielo terso.
Le mite distese di toscana tu copri ,li ove il tempo
Sembra piu lento,tutto ha il sapor una vita serena,una vita
Che se io potessi spenderei in arcadia!
Un fiume d’oro ci dono dal sapor dei frutti,
aspro,si ma succo della tua vena.
Sta il contadin sull’aia a sgranar le dure bacche,cantan festose
Le fanciulle con la chioma al vento,il viso segnato seppur
Giovinelle dal sol e dal sudore.
Gioca il bambinello nei fanciulleschi giorni,
rimira il fattor il suo regno e zufolando contento,
si bea del suo lavoro.
Torchian le olive i frantoi,si libera nell’aere quel sottil
Profumo d’erba che rinfranca il cor e lo spirito.
Bagna nel novello olio il pan del suo mulino,li il
Sapor della campagna ha vinto.
Cala dietro i monti ,sulle campagned stanche,
sui pollai,e la fattoria il tramonto,
quel rosseggiar tra i rami d’ulivo,e loro foglie,
che si nascondon dall’ultima luce,lascia
lo spirito ammaliato da tanta grazia di te oh creato.
Silenzio,è notte!
Mormora or la civetta tra quegli ulivi
Che vider il lavorio dei campi,
e ricordano il biondo olio del giorno!
Un di,Sali al colle,nella terra
Di giudea un saggio carico di dolor
Ma certo della gioia.
Voi ulivi ricoglieste gli ultimi sussulti gli ultimi singulti
Di una vita che periva per noi
Per quel che siamo!
Antico ricordo gezemani porti,
di quel bosco
le fronde aqsciugarono il pianto
del figlio dell’uomo

Il giardino dell’anima
Caduto in un sonno che ai sensi tolse poter,
camminavo d’incanto in un bel prato,ove ordine e armonia
cantavan in cor li senti vibrar la coscienza mia.
Nel far del giorno sorgeva la stella e irradio di sua luce l’universo
Mi prese tal gioia che mi sentii perso.
Era il giardino dell’anima quando nasce pura e casta
Dal primo pensier che l ha creata
Il sentier s’adornava di tanti e tali fior che non potevo
Toglier lo sguardo da tal miraggio.
Mazzi di gialle margherite mi accompagnavano il passo,
di lontano sentivo l’aroma del violaceo glicine
che s’adagiavano su argentei ulivi.
Scorsi, in quella aurea una donna
Di bianca veste,che mi sorrise ,con lei mi fermai a
Ragionar del nostro essser creature,or fallaci or fanciullesche.
Tant’era il disio di comprender quel mondo
Che la fatica non era d’intoppo.
Tra l’erba una madre che s’adorno le spalle
Di rossa lana e un pargol al sen tenea,
vidi quella figura, che tanto mi prese che quasi restai
il mio viaggio.
Se fosse stato un miraggio ancor m’e difficil capir
Perche’ io mi inginocchiai ai suoi pie quella pia donzella
Di verde panno e chiesi:”prendimi sotto il tuo braccio”
Ma d’un tratto mi si paro’ un triste viale,scuro e senza luce
Ne fior, ne canto che penetrasse l’eterna notte,il freddo m’
Attanagliava ,persi la speranza di riveder la strada maestra.
Ove porti torto viale?
Scarpate profonde,di spini aguzzi,ne la gioia di rose e di viole
Caddi in un baratro e non sapevo riveder la china,gia temevo
Che fosse finita!
Il fango maledetto mi impediva la salita
E quanto io facessi mi tirava giu ove ero prima.
Il male che tutto offende mi impediva di raggiunger
L’agognata riva di stringer la spe’ di nova lena.
Sussurri dal profondo del dirupo,mi mettevan pena
Ove io che ero gia sull’orlo di cader nel fondo,vidi al sommo
Una fanciulla tutta bardata di salda armatura mi die’ la mano
Ella mi sosteneva.
Quando fui al fin giunto,ancor l’ombra m’opprimeva
I suo dubbi mi ponevan in basso loco
Mi blandivan quasi lasciai quella via che è vita.
Ancor mi soccorse una fanciulla che grido in quel bosco tetro:
“fuggi di qui pellegrino e segui il sentiero sin dove vedrai il novo
Giorno”
Mi incito’ brandendo una spada e rinnovando l’orgoglio.
Alfin rividi l’alba il fruscio del vento,
lo scorrer d’un ruscello,mi vidi retro
del pericolo e del suo veleno.
Sorgea il caldo sole quel giorno,
ed io pellegrino del suo giardino
mi rivolsi al primo amor dell’infinito

La morte di un poeta
Fu,giace la morta carne,
scompigliati i capelli,freddo il cor che
brucio di passione.
Fuggon le sue muse,guide d’una vita
A cercar altre alme da ingentilir
Coi dolci doni dell’arte.
Ma i versi che irrigaron le silenti carte
Non son muti,persi nel tempo ,e nel ricordo
Vivon oltre la vita che si spegne al son
Dell’ultimo respiro.
Uscite dai chiusi quaderni ,volate or di
Bocca in bocca,a cantar quel che ditto
L’eletto,l’unto del dono leggeroe soave.
Allor come le bionde api in maggio che
S’impollinano di fiore in fiore
Risuona la dolce melodia di parole
Un fiume che dilaga nei petti,
una luce che brilla,sono i suoi versi!!!!!!
Quante donne al rapido amor portasti
Inebriandoli,coi mielosi sonetti?
Or piangono,sulla nuda terra,
vorreber ancor vibrar suoi tuoi
verseggi!
Non perisce quella scintilla
Che rinvigorisce l’anima dei poeti,
sono come il vento,che si crede sopito
e poi rinasce!
Gia il seme della poesia cerca chi
L’alberghi
Per liberar dolci pensieri.
Risorgi dal tuo sepolcro
Torna Oh maestro!
gia’ il mondo grida uno spirito puro
energia fatta umana,
che plachi un po
la voglia di infinito
che dona il canto dei poeti

Il superuomo
Umano,troppo umano,per poter sfidare il creato!
Uomo rientra nella tua natura,che sei di fronte all’infinito?
Nulla,se non un minuiscolo granello di sabbia nel vento.
Vanagloria tu avanzi,mai avrai il vero potere sugli elementi
Acqua,vento,fuoco,ancor ti piegano e ti fiaccano,
e te come un fanciullo intimorito,ti nascondi
cercando il ventre materno.
Eppur ti inorgoglisci,senti d’essere superuomo!
Poni il calcagno sul capo del fratello,lo poni
In ceppi,umili la sua carne,ti credi d’esser
Di lui piu grande.
Ma la vanita’ delle tue azioni,rispecchia
La piccolezza del tuo essere!
Prova a placar un mare in burrasca,
per quanto tu faccia cadono le fortezze,
il mattone in cui fidavi,è una pagliuzza
che voleva fermar la bufera!
Il cielo stellato e i suoi profondi misteri,
ti pongono inferior alla piu pallida di loro.
Qusta nostra natura,tanto superba
Ci spinge a dura caduta,ferita imnperitura.
La voce dell’eterno risuona ti scuota
E ti rammenti,non sei nulla
Piccola arrogante creatura,
solo una virgola
nell’incessante correre del tempo.

Furia umana
Feral sentimento in cui l’uom trova sua culla,
quanti pianti,semini,singulti e patimenti,
come la gramigna infesta i campi,e soffoca
le sementi.
Ove sei luce della ragione,
che rendi questa creatura specchio dell’alto rettore?
Fuggi via male animo,che attoschi i cuori e le menti
Coi tuoi veleni,tu diniego del ben a cui noi tendiamo,
sei la polvere che offuschi e vergogna mieti ,ignominia di chiamarci
umano.
Quel padre che stringea al petto i pargoletti,
gia in seno covava il tuo soffio nero
amor lo prese per una giovinetta,
e amorosi baci volea,ma al gran rifiuto
la vendetta,ne faceva della sua carne scempio
e desiderio impuro,l’affido ‘alla negra terra!
Al pie’ d’italia spendea i suoi anni
La giovin bambina dal biondo capel
Gli o cchi puri come il primo di’.
Chiamo madre il sangue del suo sangue
Ma Oh sfortunata verginella,doloroso fine
si parava sulla tua strada,ferita e poi
Umiliata,dalla carne che amava,perivi
Tenerella per invidia e vendetta.
All’ombra di cesare nella roma che fu’
Luce del pensier
Ordivan congiura perduta gente,
dal cor guasto,e istinto inumano,
di gustar il sapor della morte,
chiunque cadesse sotto lor mano.
Affondaron la lama una e piu volte
Su te,ragazzo,vittima del caso.
Quali sensi scateno’
Questo serpeggiar di male?
Quel che ditta il fatal inganno,
che armo’ mani e disii
e non vi fu scampo.
Questo venne nel tempo novo
Gia’ hai avuto nel patrio solo
Le tue lacrime.
Mi sovvien un antico verbo,
tu Oh uomo sei lupo dell’uomo

La donna alla finestra
Alla finestra,guardando lontano
stava la donna,la chioma d'argento
carezzando con la mano.
Di li spaziava nell'orto
tra cespugli di mirto e bionda ginestra,
andava rammentando il tempo beato.
Seduta tra ciuffi d'erba sognava
la stagion dei primi amori,dei giochi
innocenti.
Quanti meriggi tra quelle piante
al soffio del vento che annunziava
i giorni di festa.
Salivi per la collina tra i longilinei cipressi,
cullati dal maggio odoroso.
Le notti d'estate alla finestra,
tra il luccicchio delle stelle
e il gracidar del grillo,
sospiravi,si perdea cosi
il tempo di tua giovinezza.
Tutto sopiva in autunno,tra foglie
secche giornate pigre ,castagne
scoppiettar nell'allegro foco.
I sogni e i disii albergavan
tra quelle poche piante
non piegate dal frizzante ottobre.
Ancor vieni alla finestra
vedi oltre il giardino,oltre
la collina il sentier di veloce passo
senti la voce di te bambina,
bagnan le lacrime le antiche guance
rivivi il tempo della prima vita

Pensiero
Non perisce quel pensier al gelido soffio
Dell’angelo nero divoratore d’amore,divoratore dell”io”
Il seme del pensier non soffoca col ghiaccio,non si
Piega come il timido bucaneve in inverno ma vince!
Oh primo vagito dell’uomo,che nutri il ben dell’
Inteletto,e rendi eletto ,nella valle terrena ,la creatura che pensa,
ove nasci linfa di vita che nell’altri animali sembri persa?
Da un pugno di terra plasamato,specchio del pastor dell’universo,
avesti in dono quel pensier,allor capisti,d’esister ,aver la vita.
I giorni si perdono,le stagioni passano,
l’infanzia,ti preme,eppur il povero ulivo un di’
sara’ cenere.
Ma non tu pensiero,che cavalchi l’oceano dei secoli
Il turbinio dei millenni,per esser sempre perfetto,
luce dell’anima,sicuro porto dal difetto.
Li nei cerchi celesti,siedi tra gli spiriti eletti
lontano dai mali del mondo troppo puro per essere umano.
La gabbia di carne ti serra e ti offende,
non puoi esser quel che in seno ti splende,
sei come il forte aquilotto
che se una prigion lo chiude,
si intristisce,allor spazia con il
pensier infinite vette,
ove l’azzurro, di piu il sol riflette.
Quando un di l’alma nera senza pieta’
Chiamera’ colui ,che la vita abbraccia
Sonera’ il giubilo perche’liberta’ l’attende.
Il cruccio prende,ma non sapete,
a quale meta, gia protende
per quella grazia senza tempo
d’anime felici,
di pensieri puri,
ove il nostro saper prende posto,nulla
l’offende.
Pensiero!vincerai la morte
Varcherai quelle porte,
ove partisti al nascimento.
Uomo sei crisalide in terra,
all’ultimo sussurro,sei in pace
farfalla che torni nell’eterno.

Il povero
Sporco,derelitto stava il poverel al ciglio
D’una strada con occhi bassi e vergognoso sguardo
Chiedeva un tozzo di pane ,o soldo alla mano.
Quanti insulti,figlio sfortunato,quante risate
Mentre te lamentavi il tuo malanno.
Eppur avea ancor lo spirito umano
Sapea gioir del giorno,della notte che riposa.
Della pioggia che bagna e degli infiniti tramonti.
Nella piccola casa una sposa or stanca,dai tanti
Affanni della vita,un umil bracere,qualche
Ciocco scoppiettante,riscaldar l’umile stanze.
Ma il bacio dei figli ti illuminava tutto,
gli insulti ,lo sporco solo un ricordo.
Un di’ mori il poverello,nessun s’accorse
Che la voce non turbava la vostra quite.
Era il cristo,in altra carne in altra veste
E voi persone oneste non guardaste al
Fratello,
di nuovo allor metteste il redentore sulla croce.

Verita’oh verita dimmi ove sei,
in quale mente alberghi in quale lingua nasci
qual uomo guidi per la via maestra,e gridi al
mondo la vita onesta.
Spirito libero e senza catene che voli e vai
Mai ti resti,bagni le coscienze ,
e son lumicino per noi povera gente!
Forse platon delle ombre nelle sue
Caverne avea trovato il vero?
O il buon rene’ che col far
Matemtica e sapere volea risolver
Le certezze che lo attanaglia?
Verita’ che sempre fuggi,
e mai vi fu’ uom che l’ebbe
come sorella, sei del creato,
la razza piu bella.
Dolce spirito,che alberghi nelle stelle
Soffio vital,della mente che freme.
Per te s’affilaron le spade,
noi mortali che credavam esser
da te guidati.!
Gia’ nel foco s’affidava il nemico,
sicuro d’esser a te piu vicino.
Morir con gli occhi pien di gloria
Al trotto e lancia in resta il prode crociato
Certo di spirar per giusto fatto.
Un figliol di povera veste di poi sacrificato
Per la terra di giudea facea serpeggiar un nuovo
Fiato!
Il verbo del signor l’unico che t’ha incatenato.
Moriremo,lasceremo questo mondo ,
mai vedremo quel che cercammo,
nessun si potra’ gloriar,
verita’, fosti al mio fianco!

La donna nel fiume
Chiare ,cristalline acque
Che scorrete placide e tranquille
Or serbate la mia carne,
restituitela a mia madre!
Del mondo di sopra porto il ricordo,
il sol che splendeva fendendo le
nubi,e il ciel misto al biancor e foschia.
Il profumo delle rose di maggio
Il vento di primavera tiepido e odoroso
Gli amori di una vita troppo breve,
i sogni,tutto riposa in questo umido letto.!
Ricordo il suon della tua voce
Oh madre che mi ammonivi,se ance
Matura,commettessi bruttura.
Le nostre giornate spensierate
Quei piccoli intrighi di donna
Tutto or mi lassa.
Porto nella memoria il tuo lavorio
Di lana ,lo scoppiettar del camino
Il fortunale nel gelido inverno
Quanto era sicura la mia casa.
Fasci di mimose nel mutevole marzo
E il dolciastro aroma per le stanze.
Un di’ mi fidai del mio amor,
certa delle sue braccia ,dei focosi baci,
Ma l’ombra assassina gia’ voleva la mia anima.
Vita spezzata quanto è duro
Il mal che t’ha violata.
Volevi volar nel sogno perfetto
Ma ti smarristi nel buio piu tetro.
Ancor ti prego oh fiume
Che sei or mio fratello
Sii pietoso grida a gran voce il mio nome.
Qui giaccio tra ciotoli
E fango il freddo intenso,
tanto vorrei il calor d’un bracere.
Brenta,lascia la tua preda!
Le mie ossa rivedan la luce
Per un attimo il sentor di primavera,
il ciel mi guardi ancora,ora mi attende
l’eterna lunga notte.
Il popol cristiano pianga,
e ponga i miei resti in terra
sacra,ove verrai tu oh madre
con un fiore

L‘ inganno di gabriella rosboch
Amor,che sempre chiama amor lacero’ il
Mio petto,credevo in quel tremar sincero,
fu il mio veleno.
Il dio fanciullo,un po monello
Nel suo disegno tesseva il fatal tranello.
Spendeva la pia donna gli anni suoi
Non piu dei venti ruggenti,ma piu calmi
E queti che ricordar la faceva ancor lacrimar.
Quanti amor quanti sguardi avrai desiderato
Storie lontane della tenerella eta’.
Eppur ancor pronta a salir la china,
gia ‘sperava di veder lontano altri
tramonti,mano nella mano altri
profumi al suon d’un bacio!
La bella costa dai color del ciel sognava
Co quegli occhi puri,lontana dal mal
Che sovente l’uom accompagna.
Ma il destin gioco’ triste carta
Oh quanto è aspro e sa di sale
E l’ amar che lascia se a verita’
si monta inganno tristo fio.
Un giovinetto di bell’aspetto
Scavava nell’intimo la donna
Poneva il frutto della discordia
Tesseva la sua tremenda tela!
Parole sparse al vento,
altri mondi e molle vita,
al riparo di palme e sabbie d’oro.
Tu ti perdevi i in quegli occhi falsi
E ciechi,sentivi il vento della
Passione percoterti ,sollevarti
Nei suoi vili inganni.
Quanti sussurri alla luna,
e ripensar al profumo della sua chioma
tutta ti arrossivi,come verginella al primo
di’!
Cosi’ cedeva la donna alla viperesca lingua,
che instillo poesia ma gia’ tendeva una mano
e si ingegnava ,por fine all ‘infelice dama!
Piange la madre che ti tenne in grembo
Si struge il padre ,che fu’ tua guida
Quand’eri la sua bimba.
Tacciono le voci dei tre
Neri compagni e come si chiude nel
Recinto la fiera molesta,quella ringhia
E morde se qualcun la pressa,cosi
Voi affondate i denti nella vostra carne.
Fine d’un amor e baci perduti,
sopir d’una vita,che credea
di fiorir ,indi si resta
a lamentar la mortal ferita.

Una tempesta
Silenzio,non gracida piu la verde ranocchia nel suo stagno,
un lieve ma gelido vento ricoglie piccole foglie,e le invola in
alto chissa’ dove spargendole come vuole.
Non cinguetta piu il passerotto rifuggiatosi nel cavo tronco
Attendende e nutre il pulcin che questa tempesta si quieti.
Fischia tra i rami rotti,percuote i salici,
tormenta i roseti,con grandine e sferze violente
Corre il cocchio d’eolo in ciel e comanda i suoi
Stalloni d’aria di sfogar tutta la forza ,che a lui aggrada.
Rientra veloce il naviglio quando il brontolio si fa cupo
E le onde livide sembran mangiar il ,legno.
Sta al calduccio un fanciullo nel suo letto
Mentre fuori imperversa la tempesta e lo culla
Il calor piu bello,l’amor materno.
Mi sovvien la tempesta che sovente gli
Animi molesta!
Chi per passion perde il ben dell’intelletto
Si getta in balia del talento
Chi per amor si dispera,odia la sera
Per non poter veder la sua bella,
o amari morsi d’odio che il cor concupisce
per vendetta,desidera sfogar le sue ire.
Amara tempesta dell’animo quando
Lucifero il gran demone spinge
Un padre a spegner la vita del figlio.
Pur si piange se il figlio brama la morte della madre!
Tempesta ,tempesta della terra ,
o degli animi deboli che non trovan meta
ma sempre van vagando a cercar il lor riparo.
Ecco i venti si fan men severi,la pioggia meno greve
Esce di nuovo a giocar la fanciulletta nel suo
Orto,torna al suo ontoso canto il gallo
Al finir della tormenta,e si rischiara
L’aere fosca di brina.
Cosi come il sol scioglie
Le gonfie nubi,
il ben che il mondo governa
sciolga i cuor di chi
al suo dominio,si nega

Speranza
(dedica agli emigranti sui barconi)

Muto s’allontanava il triste naviglio dalla
Sponda d’oriente recando non cannella
Ma ben pregiata,la spezia umana!
Le placide acque accoglievan il dolor
E la spe che quella viva mercanzia recava in seno.
Qual sogno avete povera semenza umana,
dalla terra or rigata dal sangue di
chi un di’ v’amava?
Perse per sempre le dimore
Il ricordo d’una vita ,che val piu
Dell’oro,della mirra.
Vento d’oriente che sai ammansir
L’eterne dune del deserto or spingi ver
Noi la gente che ti porta nel petto,
che di te conosce amor e difetto.
Ma se natura comanda il lupo
Di dilaniar il capretto,
cosi foste ostaggio d’om piu
nero onorar creso odiar che è infermo.
Chi siete adunque?
Sol denaro non carne e sangue.
Madre che stringi al cor l’unico
Figlio vedi l’infinito e il mar
Farsi amico e infin nemico.
Quanti pianti,quanti sospir
Alle correnti donati,frutto d’anime senza
Pace,senza terra.
Ah natura come sei dura!
Non ami tutti come figli?
Perche dinieghi a lor
I tuoi sorrisi?
Come farfalle libere e beate
Al ciel giungevan le
Preghiere non cristiano,
mussulmano ,l’unico
creator dell’universo che non conosce
nome umano.
Gia carezzavate le nostre spiagge
Vita nova il ferro lontano
La morte nella sua dimora!
Fu allor che il pelago ordi’
Il suo inganno e in sol istante si spenser
Le speranzose voci!
Odi?il pianto del pellegrin che all
Acqua s’affida e trovo’ la sua rovina!
Le lacrime s’uniron al sale,tutto fini
Sul fondo del mar.
Madre che per sempre cullera’ il
Pargoletto,fanciulli per sempre,che
Mai vedran le rughe sulle tempie.
Signore,tu che poi muover le stelle
Che ordini ai monti di nascer,
al sol di governar alba e tramonto
ove sei in questo morto sonno?
Sangunianano ancor le ferite di tuo
Figlio,la croce riprende nuovo respiro
Sulle italiche sponde s’erge
Il redentore v’accoglie nel suo regno
Di luce ove li mai piu vedrete
Quanto puo esser l’uom crudo e truce

Vento
Soffiava sulle verde vallata carezzando i docili monti
Scuotendo i possenti pini,i longilinei cipressi.
Come una carezza sfiorava l’erba intimorendo timide lucciole.
Piccole gocce di brina venivan strappate da umidi fili d’erba
E si perdevan tra i turbini del giocoso vento.
Soffioni li libravano nell azzurro ,sembravan anime
Che tornana all’antica casa.
Soave e carico d’aromi,mi inebriava,il cor e la mente
Mi sdraierei in quei prati lontano dal mal
Del mondo,dal rumor del borgo.
Li tornerei ancor fanciullo co gli occhi fissi al ciel
Ove si formavan le camaleontiche nubi.
Quanto vento sulla terra,in mare,or molesto,
quando il fortunale s’infuria e il ruvido naviglio
par dai venti un triste gioco,
spera il nauta di riguadagnar la riva
lo trattengono le correnti,
come il ferin leon non lascia spe alla preda.
Vento che gonfi l’ali degli aquiloni
E s’alza un gridolin dei fanciulli.
Nelle giornate mie assolate
In riva al mar mi facevi compagnia
Recandomi il tuo profumo,del sale,delle onde.
Vorrei camminar in eterno in una fiorita vallata,
una perenne primavera,io libero
solo in quel mondo,
riveder gli antichi amori forse sentiro
la dolce voce di mio padre.

Riflettendo
Se siedi di fronte a un mar in tempesta
nella silente notte
allor capirai la tua piccolezza nel creato.
Che è' la tua vita,uomo
al par dell'eterno montar delle onde
un su l'altra?
La tua esistenza dura quanto
un raggio di sol
del primo mattino e nulla piu'.
Odi?lo spumeggiar delle saline acque,
e muta si frange sulla roccia fredda
ma tosto lascia il posto alla sorella
nel rincorrersi di un eterno moto.
Tu uomo vivi ma non rinnovi
la tua carne in primavera .
Perche' non siam come le rose di Maggio
che muoin in settembre
ma rinascono al primo caldo?
Perche' vediam senescer le chiome,
le gambe esser inferme
e tutto è un tremar nel corpo?
Quando siam fanciulli liberi di ogni catena
giochiamo su pascoli erbosi
godiam della natura
e di piccoli attimi fuggenti.
Ma non sai O bimbo
quanto sia dura inver la vita?
com'e salato il sentiero
Deh natura e incerto fato
perche' tanto ingannate gli uomini?
Vedi O uomo come sei innocente da pargolo
e come è aspra la sferza della vita.
Di nuovo al mar guardo alla sua eternita'
al suo esser senza padroni
e capisco che l'uom sulla terra è solo polvere,
foglie al vento ,fango che si fa' carne
al soffio dell'unico creator

La rosa e il fango
In una landa desolata ,senza alba ne tramonto
Ne sol che ristora,acqua che fa germogliar
Vento che rinfresca ,nacque una rosa.
Piccola e pallida di esil spine,di fragil corolla!
Povero fior che non hai speranza di sentir cinguettio
In maggio o veloci api cercar nettare di campo in campo.
Triste melma che non hai accarezzato mai la vita
Come sei greve a chi ti osserva ,togli la spe’
Di una dolce via,tronchi chi credea di traversarti
E non toccar il fondo.
Se un di mi si parasse tal palude,
che sarebbe di me io esil in
balia di amari giorni?
Tutto era spento li pur la mente
Si perdeva,come colui che
Nel cor ha sol dispetto
E non vede oltre il suo sentiero.
Inver lei resistette
Non crollo ‘ il gambo
Al peso del marciume
Ad ogni fibra del suo esser
L’ estremo amor per la vita.
Se pur v’ era una goccia
Di putrida acqua
La pallida rosa seppe mostrar
La grazia di lottar.
Nel silenzio di quella
Morta gora,ove mai
Avrei creduto di spuntar
Una timida corona
Vi fu un miracolo:la rosa vinse il fango

Inno alla donna
Ecco,io umil mortale
Voglio dedicar questa lode,
Che sgorga dal cuor come fonte,
A quella creatura di tale eleganza
Che da noi donna è chiamata.
Quanto avrei a narrar di te,donna,
Io,che lessi rime
Lamenti e gioie di antichi poeti,
Che presi d'amor per la lor donna
Tutti ardevan di fatal furore.
Chi andava solingo per monti e per valli
A sfogar alla natura il suo gaudio
O lamentare il dolore di un cuore fiaccato.
Ma forse voi ben sapete
Che anche la natura è donna?
Non è anche Selene astro eletto della sera,
Cantata dagli antichi
Qual donna immortal?
Or vo' capendo quale passione
Prendeva quei poeti del dolce stil novo
Che in rime dettate dal cuor
Alla carta si confidavano.
Rapido vento e placide acque
Annunziate alla donna
Le gioie di color che per lei trepidan.
Perdendomi nelle pieghe
Della coscienza mia
Una donna vedo che sale in sul colle
Mentre dietro vien nascendo
E far omaggio con i primi raggi
L'astro del giorno.

Al crepuscolo
Nell'ora dell'ultimo respiro degli ultimi amori,
degli ultimi pensieri umani ,nel giorno che fu,
si prepara il mondo tutto al crepuscolar tempo.
Ritira i raggi belli il sommo Apollo
alla divina corte quasi li nomasse uno ad uno
quei fedeli servitor che nel giorno sereno
furon gloria della lodata fiamma.
Gia' l'aere intorno si tinge di sanguigno,
e punge il freddo della notte veniente.
O tu crepuscolo passaggio di due mondi ,
governo del certo per l'incerto.
Mira allor il pio agricoltor al ciel,che a
brano a brano si scurisce,
l'azzurro si nasconde dietro bruni bagliori rossastri,indi si asciuga il volto sudato
dal sol,e al vespro ritorna alla sua dimora,
recando placide e silenti le obbedienti caprette
all'ovile.
E' tutto un prepararsi alla notte,
vola bassa la rondinella con egual canto,
s'aggira in ogni dove a richiamar la figliolanza.
Il cicognin che tento' il volo nel giorno
torna a cercar riparo sotto la materna ala.
S'ode nel bosco un frenetico scricchiolar
di foglie secche ,
i giocosi scoiattoli trovan riparo
nelle cave querce,e cosi'
nei campi ben arati tra gli ulivi
i frondosi pini ed esil arboscelli,
cala un manto di silenzio.
Ora è notte e par che tutto sia nascosto,
non piu' si puo' andar tra i boschi
tra il certo e l'incerto.
Il passaggio tra il di' e la notte fu ' breve
e in quel lasso di tempo si vide cangiar
questa terra tra l 'incertezza dell'essere
e l'infinito silenzio della notte

Il suicida
Se ne stava quell ‘uom stanco tutto in se romito coi
Suoi pensieri assorto,fronte bassa e occhio spento
Se ne andava coi pensier vagando ,a rammentar il passato.
E arida in lui la vita?
No!ma gia tende una mano alla dama nera
Che cerca e mai nulla a pieta’ la piega.
Qual pena,qual tormento quell’anima spenta avea,
il mal del mondo il dolore profondo lo pose
in via di non ritorno.
Solo, con il suo pellegrinare non trovo conforto
Non gli fu di pace il nascer del giorno,quel biancor
Che si fa grande tra il torpor del sol che nasce.
Parla o uomo del tuo strazio,se gia vedi il tuo
Viaggio nel doloroso recinto del tristo pier
Che per soffrir dello stesso disio,or giace nella disperata
Foresta eterna.
Vai lontano da questo amaro pasto!
Ne il bacio del figliuol ti pone il petto
A diniegar il gran inganno?
Le carezze della sposa,risollevan l’affanno.?
Nulla ,ei gia avea deciso il suo passo,
come un fiume che non vole sfociar l’acqua
e si fa torbida,
cosi il miserello non volle giocar sul
teatro della vita
Qusta e la giostra umana or si sale
Or si scende,per te non v’e
Piu luce ,sara una eterna notte.
Ma il bon pastore che per ogni sua creatura
Ha in sen il ben della ventura
Anche per te ha parato il nuovo
Mondo ove li in fede
Rivedrai il giorno.

La carta e la penna
Corre veloce la penna sulla ruvida carta,
cerca e crea quel che il cor comanda.
Nulla inventa la volonta’ umana gia ‘nel silente
Piano si nasconde la novella e il poeta ne trae
Linfa e amor per la sua creatura.
Quanto inchiostro rese eterno il dire umano
E apri nuovi
mondi e nuovi universi
Che sol la fantasia varca.
Sei custode dei mondi perduti,di sogni
Vissuti,di viaggi oltre i confini del ver!
Se tu pallida pergamena non narrassi il duro
Itinere dell ‘itacense da secoli
Nessun saprebbe del suo dolore,
di vincer il mar per ritrovar la terra
Da verona ancor risuona il fatal amor
Dei giovinetti montecchi e capuleti
che pianser per non poter vivere assieme
a te carta il loro ricordo
e a te penna i loro sosipri.
In ispirate mani sei lo scudo del poeta
Come lo scalpello per il marmo
Il pennel per leonardo,
a te s’affida

chi gia i suoi pensier
vole render eterni.
Ed io che scrissi versi or
Amari or dolci,
per la natura che mi ammalio
o il mar placido con carta
e penna trovai sfogo
per lo spirto mortal.

Il giorno della memoria
Nel tempo prima del mio nascimento ,
si imbarbari l'europa tutta,piange ora quella
turba ormai perduta!
Si fe del giudeo gran scempio per ira e follia
Del teutonico che credevasi eletto,e il
Suo dolor in seno sfocava sulle carni del
Suo fiero pasto.
S’ umiliava quella gente di colpa antica,
ma qual mal pote portar il vecchia terra
alla deriva?
Oscure immagin sulle braccia fiere ,inneggiar un dio
Ma che gia mcinava il suo torchio di ossa e dolor!
Cacciati come selvaggina nella foresta
Correvan or a destra or a manca a cercar
Rifugio da quella mala vita !
Madri che stringevan al petto la figliolanza
E pianti di dolor sulla strada,ma nessun vi porse
Lana o mano salda,da quel malor.
Ove sei pieta’ che e tanto salda
In quella pietra del michel toscano?
Dimentico’ l ‘umano il valor del ben
Che infuse il creator nella pelle?
Si volser al signor della notte
Piu facile il sentier che l’inganno scorre.
Ma,se tanto tu povero giudeo vedesti
Del tuo popolo le ceneri,non disperar
Il ben dell’intelletto ancor illumina.
S alsaron allor come torri d’avorio
Uno ,cento,mille respiri al vostro
Rio destino.
Anime pure che pur rischiar la vita,
non esitaron di gettarsi in mischia,
di strappar dalla lista quanti poteron
afferrar.
Co navi o carri,fuggiron,
Il foco non mangio tutto
Il ben vince, una fiammella
Non perisce al vento,
Eroica resiste.
Quelle voci disser no in coro!
Furon come gli scogli che frenano il
Mar quando si gonfia ,per molesto vento.
Quei campi muti del tormento
Dormon ma il mormorio,
il pianto,la fame sembran fissi,
nelle assi,nel cemento.
Eppur da quel patimento non fu la fine!
Per quanti caddero,tu fiumana
Innocente hai vinto.
Quando in un campo di grano
Cadono fulmini,nel mite giugno,
e divorar tutta la bionda valle di spighe,
si lamenta il contadin,ma se ben vede
una spiga è salva e allor
si rallegra: e’ un nuovo inizio

Memoria di un cavaliere
Ho visto le bianche mura di gerusalemme,
ho creduto nel Dio celeste,ho combattuto
in questa veste,il ferro al mio fianco
il cor rosso batteva e ardeva come
brace in inverno.
Ho sentito il mormorio del mare
E il vento che ha soffiato nelle
Vele,che dalle calde spiagge di palermo
M’ha portato alla terra del giudeo.
Romba di tamburo,
un giubilo nella gola
cresceva ,cresceva
come fanno l’onde
tormentate da correnti possenti
le fanno franger sulle rocce
schiuma ,e fragor si perdono
nei gorghi.
Gridavam oltre la nostra vita:
“Deus vult”
E non temiam ferita!
Archi gia pronti a lanciar le
Piumate frecce,pensieri volavan con
Quelle.
Rosse come scintille di un fuoco
Nella notte eran le stelle piu belle.
Il rumor del ferro,e del sangue
Un unico canto,
un unico feral inganno.
Volti sconvolti
Oltre l ‘alte mura ,
pelle brunita,vesti straniere
ma pur un tutt’uno dell’unica famigli
umana.
Anche lor invocavan un dio,
un vissillo del loro amor.
Ma ove eri dio in quei
Di’che avean il sapor
Della fine?
S’alsa il vento della guerra
Ma non reca odor di
Gelsomino del pungente
Frutto d’ascalon,di aranci in fior
Ma pute l’aere di odio e morte.
Combattiam quinci per dio
L’orgoglio o l ‘onore?
Tremar il soldato bardato
Al primo cenno di battaglia
Scalpitar i cavalli al lor destin,
morir un fanciulletto
che col flauto scaldo’ gli animi
e or a cristo l’alma innalsa,
gli occhi si chiudon su una landa
amarara,guasta.
Al fin della pugna
Ebbi pesto il cimiero
Trafitto lo scudo
Spezzata la lancia grondante
La lama.
Cosa resta della mia carne?
Solo il ricordo,l’ossa
Carezzate dalla sabbia d’oriente
L armatura,bevette la mia vita,
or rugginisce al tempo,
lontani or i giorni di gloria!
Peristi anche tu prode cavalier
Sulla terra d’antiochia
Non ti solletican le nari il profumo
Del cocco,della mirra .
Che cosa è questo male
Che ti opprime?
Solo la fine di una vita,
il rimpianto d’una ferita il segno della
follia!
La tua polvere si perde nel tempo,
all’altissimo l’ultimo verdetto!
Giaci e piu non dico
Per amor di Dio hai preso il ferro
E dato il cor.

Mite novembre
Ove sono quelle foglie rosse autunnali?
Ove le piogerelline lente sulle
Piante or stanche?
Eppur di un manto foglioso e coverto
Ogni sentierio che par non veda piu ristoro.
Novembre di mite veste mi rammenti
L’estate che fu con quelle mattine smarginate
Di sole tra il tremolar del mare e il bianco
Del ciel ,quinci la prima pallida luce
Ristorava il giorno , tra frinire di cicale
E odor dalla marina di cocco.
Dolce questo mite novembre di giornate
Spensierate di soavi venti men aspri
D’ottobre !
Ma tutto cambia di giorno in giorno,
finira questo mite clima dal sapor di maggio,
e dicembre mordera il cor e il
paesaggio,tornera il fischio del vento,
sara’ grigio il ciel ,attendero’ un candido
e soffice manto di neve

Ricordo
Io ricordo, gli anni che furon ,
si dolci e cari che or mente e cor
son prese da cotal piacere.
I volti di voi, le voci,
e gli amati sorrisi ,tutto fa turbinio
e il passato punge e commuove!
Ah dolce tempo antico,come vorrei
Solo un ‘attimo ,ricader tra le tue braccia
E risentir con sensi mortali quel che fu’!
Quanti sogni spendavamo tra quei banchi
Quanti sospiri che or sembran un sogno.
Eppur fu’ tutto vero!
Come una sol anima un sol sospiro
Vivemmo un comune destino,
una sola strada e or si tace.
Se quelle malinconiche mura
Potesser narrar sarebbero gaie.
E tu silente compagno che hai cullato
I nostri giovani e freschi sorrisi,
hai gran segreto.
Quanto è bello esser giovinelli
E innocenti guardar il mondo
Con il puro spirito,noi fummo cosi’!
In maggio quando la primavera
Dilagava in ogni dove ,
l’ aere sereno e odoroso inebriava
e il sol filtrava sulle nostre finestre,
allor un poco i pensieri volavano via
lontani dai pesanti studi,
e ci perdavamo nell’ infinito
Ma or siam qui’ ancora
Contro le beffe del tempo
Che ci separo’ per condurci su
Diverse vie , ognun il suo sentiero.
Ma cio’ che è vero e saldo
Non si perde come sabbia al vento
Non perisce come il timido giglio
In inverno!
Qui abbiam ritrovato il comune sentire
Il comune amore.
Anche se il tempo ha piegato e mutato
La nostra pelle, non svanira’ mai
In noi quella fratellanza di un di’
Quell ‘ entusiasmo di fanciulli

6 novembre 2015

La forza della vita
V'era un campo,ove svettavan fieri i longilinei
Pioppi,le dure querce e il fronzuto abete,
Che domavan il fischio del vento!
Piu' in basso esili e mosse dai capricci del tempo ,
Un manto di bionde spighe ,or piegate dalla pioggia
Or beccate da furive creature.
Eppur fiere dominavate il paesaggio ,
Nel caldo giugno tra grilli e verdi lucertole
Al sol stese.
Un biondo mare si moveva al soffio del vento
Un profumo soave di grano.
E li' giungeva ogni di' un rugoso contadino ,segnato
In volto da anni di fatica,di barba incolta
E canuta chioma.
Armato inver di scure ,
DOCILI spighe piegavate il capo al sicuro taglio
E s' univa nel capo sudore e amor
Per la terra.
Un pugno di grano poteva competer coi signori
Della collina,una manciata di spighe ,eran
Regine del prato .
Nel seme la vita ,ne faran soffice pane
Si nutriran i fanciulli saran conforto a
Mille e poi ancor piu di mille sconosciuti.
Siam anche noi sementi del mondo?
Anassagora antico illuminaci il sentiero!
Uomo anche tu vagavi nell'universo,
Prima d'aver terra nel grembo di gea!
I bei vermigli fior ,le pavoneggianti rose
I candidi gigli,la dolce lavanda
Tutti semi un di'!
Non siate dunque superbi
Robusti alberi dal tronco intonso
Da un pugno di semi la vita!

 

I misteri della vita
Qual forza vi spinge ,O sementi del mondo,
ad unirvi in tal armonia?
Qual mistero uni’ il possente monte
alo scoscesso colle?
E voi chiare e cristalline acque
perché vi uniste al lago ,al fiume ,al mare?
Nuvole del cielo svelate il vostro mistero:
vi spinge il vento o chi vi creo ‘
oltre questo terreno regno?
Cara quercia con fronda e frutto dorato
nascesti anche tu da quelle eterne sementi
che vagan per mete ignote nell’universo?
Anche tu ,uomo,dopo la tua morte
come quelle sementi ti diedor vita
al volger della fiamma che il cuor avvampa,
ritorneran anch’essi a vagar per gli eterni misteri

La specie umana
Finche' il cielo sara' fulminato dai raggi del sole
che il giorno rinnova
e l'astro volgera'
l'inizio della notte
e il volo degli uccelli
sara' perenne
allora esistera' la specie umana.
Finche' le acque
verranno alla costa
il fiume scorrera' nel suo letto
e il cielo s'effondera' di azzurro sterminato
allora sara' vita
Poscia le grazie
render eterno tal regno
ma se il manto di Marte
signor della guerra
tessera' le trame dell'oblio
alto pericolo verra'a piaggia.
Se l'uomo smettera'
di tender la mano
ai rossi frutti e l'alberello stanco
e di non esserer umil
di fronte al creato,
allora lui piccola cosa,
goccia d'acqua nel mare
sara' della natura
vittima indifesa

Elogio alla poesia
O sacrissimo tempio della poesia
a te vengo umile e curvo
qual fedel servo
a te ogni gloria innalzo ,
perché di scriver sulla carta
cio’ che il cor detta ebbi omaggio
Rifugio sicuro per gli amori infiniti
a te vengono i figlioli
che del mondo han dispetto
e con occhio vedon il sospetto.
Di quanto amor la carta ammanti!
che sogni che sospiri l’amata fece
quando l’amante ne scrisse i versi
per sussurrare infinito amor.
Quella perdea coscienza del tempo reale
volando in ignoti lochi
ove si perde l’infinito.
Onore a te ineffabil essenza
che il cuore dei poeti rendi caldo.
Nel petto la fucina
e il calor li si in fonde.
Maestra, a quanti toccasti il dolce capo?
a quanti dicesti “tu sei il mio eletto”
A quanti movesti la mano a scriver versi
che son piu’ dolci del latte e miele.
Quanti ne vo a nomar e rammentar,
non basterebbe tempo mortal.
Da Saffo a Virgilio che di Ilio canto’ la fine
al buon Giacomo che oltre il colle
si perdeva nel mistero.
Alla carta,alla carta correte O santi poeti
che si posson vincer mille guerre
parlar al mondo non spargendo piombo .
Per i posteri e ai posteri lasciate il vostro dir
che sia base del mondo nuovo
Ed io a te madre d’elezione
umile vengo alle tue labbra
attingo nutrimento per il dolce poetar.

Temporale estivo
Di gia’ e caduta la pigra pioggia,e tosto le vagabonde nubi
han lasciato il minaccioso cielo libero da ogni insidia
Si sente ancora il delicato cadere delle ultime gocce di pioggia.
Dalle foglie stanche ,dai pini ricurvi dai salici curvi,
s’effonde l’odore acre di terra bagnata smorzata dalla
caluria del meriggio ,e un grillo solitario rinnova il suo ontoso
canto.
Si liscia le penne un passerotto solitario,che gia’ s’adopera
a cercar nuovi rami ove posarsio magari sotto un tetto o su
un comignolo spento.
Da un punto all’altro del ciel da poco rasserenato fa capolino
il variopinto arcobaleno che s’erge come un ponte,un ponte
che unis ce i sogni e i labili disii di chi gode’della generosa acqua
cosi’ un ‘altro giorno estivo volge al suo ire,
tra i sospiri i giochi vivaci le rane gracidanti ,timide rose matide di
rugiada ,gli amori fugaci.
E al vespro tra il confondersi degli ultimi raggi,
e il rosseggiar del cielo che par si tinga di sanguigno ,
conta i giorni il buon contadino,
e sa che infondo l’autunno non è poi cosi lontano

Vento d'estate
Lieve e dolce soffia sulla terra riarsa dal sol
tra le chiome sopite dei pini
nelle ore del meriggio,
soffia e con se porta
l’allegro frinir delle cicale in festa
soffia sulle spighe d’oro
sul contadin all’opra intento
soffia sui fanciulli arrossati
intenti in innocenti giochi
e par negli occhi loro
si respiri tutta la forza del creato.
Spira O vento leggero su tutte le creature
e par che quella verde lacerta
nel vento e nel sole rinasca .
Il tuo tocco soave qual gioia porta al mondo
e in special modo in quei dì quando
il gracidar delle ranocchie mai si resta .
O vento beato come vorrei da te esser rapito
portato in antiche mete nell’azzurro infinito
per conoscer ove tu abbia asilo
soffia anche su me
O figlio d’Eolo
io figlio dell’uomo

L’antica quercia s’ergea sulla collina
e mirava i monti d’intorno
i comignoli fumanti e il lavoro nei campi
Non temeva ne ‘ pioggia né vento ,né l uragano
devastante,
né grandine o saetta.
Vedea in autunno morire i brulli campi,le altre campagne
e li ì per prima rinascer l’erbetta al delicato soffiar di Zefiro.
L’aroma delle imponenti fronde si spandea nell’aere mite
diffusa dalle piu’ miti correnti d’aprile
Forte tronco quante storie narreresti,se sol potessi far verbo!
Gli amanti al sicuro
dei tuoi rami sussurravano dolci parole,che l’amore instillava
nei generosi cuori.
Quanti pensieri, quanti progetti

       ·madre benigna-

in te trovo riposo la coraggiosa rondinella
che dalle terre infocate dal sole e dalle piogge aliene ,
varco i confini sino a te ,ostello dei propri figli!
Veniva a te un fanciulletto di fiori adorno ,
un figlio dei campi
e te prendeva per suo gioco:
nascondersi dietro il tuo tronco
mirar il paesaggio al tuo fresco riposo!
O eta’ di giovinezza spensierata,quante corse
fino alla quercia ,alla signora della collina!
il duro inverno ,fischiando e ululando ,franse ramo ,
ma tu non fosti mai incenerita comeSemele antica.
Muore l’uomo coi suoi progetti e speranze
muta il paesaggio astante,ma tu al tempo non dai governo.
Ricordi quel fanciulletto che veniva festoso tra
il meriggio e il tramonto?
Mai più verra’ al tuo sguardo:
se tanto guardi ai tuoi pie’,
vedrai un bianco marmo che serba colui
il quale giungeva con fanciullesco passo

All ‘or che si placarono le amare lacrime
I singulti furono più lievi
E la voce riebbe il suo tono,
è tempo di placar quel dolor,
sia asciutto il viso ,il ricordo si fa
spazio al pianto.
Giungesti qui per le infinite strade del fato,
da subito in cor t’ho amato!
Curiosavi furtivo tra le stanze della casa,
spaziavi giocoso negli angoli del mio orto
qual meraviglia!
Tutto ti inteneriva ,le rose rosse
Che a te sembravan enormi
Ai fieri abeti che per te eran monti.
Scutavi l erbetta esile matida di rugiata ,
e ti rotolavi nel prato al meriggio,se c’era un formichino
o una timida coccinella, che gran scoperta per te il giorno!
A primavera ti tuffavi fra i soffioni
Che si involavano leggeri nella dolce aere
E con gli occhietti furtivi li seguivi
Disperdersi nel vento,
per te una pioggia di polline di mille e
piu fiori e qualche gridolino per spino di rovi
Quante volte ti ho visto ghermir
Una spaurita lucertolina
O un grillo fuggitivo!
Sta giungendo il bel tempo
Tu ove sei mio piccolo amico?
Troppo silente questo giardino,
s’ incupisce il cor se guardo d’intorno.
Le lunghe sere invernali le ricordo
Con te guardando i tuoi puri
Occhi profondi il veloce batter
Del cuor sincero,lo scoppiettar del camino
E il suo calor che avvolgeva entrambi.
Tornate ancor giornate lontane
Tu anima pia chiusa in quel corpo
Ha graffiato il mio spirito
E affannato ti piango.
Le foglie d’autunno marciranno
Sotto la greve pioggia,
che ancor di piu fa dilagar la mia pena.
Pensoso cammino per il mio
Viale e un poco l’occhio si ferma a guardar
I segni dei tuoi unghioli su rigati tronchi
A voi compagni di legno il suo ricordo!
Il sepolcro ove t’ho abbracciato mesto
L’ultimo giorno non cancellera’ mai
Il tuo ricordo,
verro’ da te carezzero’ quella terra
sentiro la tua alma
luce siamo in fisica materia
in te è spenta ma arderemo ancora
insieme lontano dai legami di pietra
o mio eterno amico gatto

In ricordo di una madre:franca avarino
La bella signora s’aggirava
Nel suo orto ben ricolto,
tra ortensie e spezie.
In primavera la luce del sol
Illuminava il tutto,
tant’e’ che io mirando
con fiato sospeso ed emozione
pensavo l ‘intero universo
li si fosse riparato.
Ancor sento i profumi
Del maggio antico
Le vespe fuggitive ronzar d’intorno,
facendo il nido
grilli saltar su molli fili d’erba,
rondinini cinguettar all’uninsono.
Odo la voce di colei,padrona di quel mondo
Ammaestrar con perizia
L ‘idilliaco spazio.
Tagliava con sapienza i rami
Di odorosa ginestra dalla corona d’oro
Per ornar la casa o atto di fede.
Il sentor pungente della verde menta
Si librava nel tiepido vento
Portando con se aromi dolci
E il buon tempo.
Che pensavi bella signora?
Forse mentovavi l’eta
Di tua giovinezza e spensierati sogni?
Ti vedevi giocar tra quelle erbette
Piene di vita?
Lontana la terra ove il tuo primo vagito
Ruppe il silenzio
L’amor prese il babbo e la mamma.
In quella patria che tende
Un braccio al continente
E il viso all’africa,
si spendevan gli anni migliori.
Io che lasciai la fanciullezza
E venni a eta’ piu’ dura
Fui ammaliato per an ni
Da quella visione
Di te che amavi quel lembo d’orto.
Facevi maxzzolin di vari colori
Ti carezzavi la riccioluta chioma,
donna quante storie hai vissuto!
E i tuoi occhi eran specchio del passato
Grazia del cor tutto era immenso!
Or tutto pare sia fugace
La memoria impallidisce
E la tua voce tace.
La casa ha cambiato pelle
Altra gente per le sue stanze
Ma la luce si fa ancor di foco al tramonto
E d ‘argento all’alba.
Tu or non sei nel regno della materia
Non ti abbisognano cibo per vivere
Acqua per non morire.
Recati nel sole,nel mondo dei sogni,
ove i pensieri sono piu’ puri
le cose diafane!
Qui è e sara sempre il tuo orto,
risorgera’ ancora in maggio,
quelle giornate i gridolini di noi bambini
giulivi dopo un breve temporale
le rivivo con la memoria
lieto mi sia il ricordo del dolce vivere

Mani,che allor lasciando il sicuro ventre
Sono il primo tocco alla propria madre
Il primo assaggio con il mondo.
Mani che posson dar vita a cose d’alta fattura,
per durar al vento dei secoli.
Quando michel,figliuol di leonardo dal
Freddo marmo diede vita al davide,
e quel maestro da vinci,dipingendo
rese eterna la bella sposa del giocondo,eran
le mani che guidavan quegli spiriti.
Il figlio di salisburgo,le corde del cor
Dolcemente carezzava,le sue mani
Correan leste sui pallidi tasti,
note d’amor salivan soavi
Da Bonn un vento di passione
Infiammavan gli animi
Scorrevan sapienti le sue mani sulla
Ruvida carta”stellae signa sunt in caelo”
E di poi “fides et iustitia”
L ‘europa svegliava dalla sua pigrizia.
Quante cose potete voi O mani!
Giunte a chieder grazia alle alte sfere del
Ciel se un fiume d’amore qui piu non
Ristora ma il male avvelena e attosca.
Mani che asciugan un viso piangente
Se amor o dolor pungon il cor.
Mani che posson compier cose empie
Di cesare ne fu il segno,cadendo sanguinante
Ai pie’ di pompeo!
Mani che scaglian frecce veloci messaggere del male
Ansiose di bever la vita.
Ancor mani che stringon l’amata sposa
E cullan il dolce bimbo.
Quelle di cicero trafitte da una lancia,
che orror!per troppa amor di patria
quando i potenti del suo tempo s’uniron ,le perse.
Voi mie mani foste testimoni nel
Mite settembre dell’ultima carezza
All’amato padre.
Voi che or ci conducete in questo mondo
saprete un di’ toccar la nuova riva dei fiumi senza tempo?
Vi vidi dolci mani sogno d’amor inanellarvi ancor
Quando mia madre rinnovo atto di fede allo sposo
Al giunger del venticinquesimo anno.
Voi mani in bilico tra arte e musica
Poema serve d’ogni giorno.
La vita ha i suoi giorni gli uomini il
Loro tempo laverete un viso non piu
Concreto ma fatto di luce e aiuterete
Gli occhi a veder sorgere la nuova alba

Sulla bontà di Dio
Se il creator dell ‘universo versi bonta ‘nei
Suoi fiumi se abbia progetto di pace o soffra
Di quei difetti umani d’ira insulubile domanda
Mi tormenta ma non per audacia,O Signor
E’ nostra natura non sondar il divino
Troppo piccoli per osar grande ardire
Se tanto ebbero a dire i padri santi i figli del
Sapere che Sofia avean dalla loro parte
Sempre risuona:ove sei?
Non vedi come la tua terra suda sangue?
I tuoi figli mangian le carni dell ‘altro
Non v’ e piu pieta e or pure i pargoli
Bramano l arco e l’odio
In quel mondo di luce che le tenebre pone sotto
Il calcagno non si conosce menzogna e pianto
Ma tutto segue l ‘ordine della perfetta creanza
Gli spirti che lasciaron la malata patria fatta di pena e
Paura han gia dimenticato i crucci e i dubbi .
Sulla tua realta’ piu non han domanda tu sei l’inizio
Il farmaco dell anima.
Pietosi guardate a noi che abbiam sempre
Lagna,e anche il buono che v ‘era ha lasciato
L insidiosa barca chiamata umana!!
Dove sei amore?
Amore energia dell’universo piega il ferro
Risveglia la parte sana che e in noi,ringentilisci
I prati e che noi sian di pianto per i morti
Vengo a bussare alla porta di Dio
Umile e piegato come un cane dal suo
Padrone piu volte lacerato.
Son degno di violare le sante dimore?
Ecco gia mi son vestito di bianco
E servile come l umile giunco.
Padre,da a noi uno sguardo
Perdona quei figli che t’han piu’ violte umiliato,
anche color che ti servon in nome dell’unto
han perso la loro strada
“vi donai per infinito amor mia parte
Spirto fatto carne ma voi ciechi non lo lodaste
Su un ruvido legno schernito e fatto perir
Come capretto”
Siam dunque meriti della tua ira?
Come puo’ un padre lasciar nel fango e nel freddo
La sua discendenza?
“non puniro’ le mie creature aprite il vostro cor al vero
Lasciate che scorra purissima acqua nei vostri fiumi e non sangue
Che siano carezze al fratello e non piaghe
Qui si resapira nel mio regno l infinito
Principio della misericordia
Non siate sordi al mio verbo e vi condurro nella nuova
Terra lontano dalle miserie”
Allor presi ragione della sua esistenza
Capii quant’e dolce quel frutto
Dell eternita ,quando si spegnera la luce
Su questo mondo,non saremo cenere per
Sempre ma s’apriranno le porte del nuovo
universo

Occhi
Occhi ,prime lanterne del nostro vagito al mondo
Dal verde ,al nero,celesti or tagliati ,or lisci
Ma pur sempre occhi!
Occhi gonfi d’amor ,se la dolce punta di cupido
Stimola il cor e par che un coro d’angeli
Canti all’uninsono,oppur opachi ,se il dolor prende il petto
e corrucciarsi gia il volto al pianto.
Occhi furtivi ,che non han coraggio,o per timor di
Guardar l amante ,si fan rosse le guance
E guardan or qua orsa in un gioco di sguadi.
Quelli ingenui d’ un fanciullo,che ancora non conosce
Quanto e’ amaro e velenoso il mondo.
Tanto vorrei che l ‘umanita’ mai fosse adulta
Ma sempre candida con la purezza d’un tempo.
Occhi severi d’un padre ,che ravvede il figlio
Se questo per marachella o malcostume si perde.
Ed io quante volte vidi mio padre accigliarsi
Per cattivo verbo o malfatto!
Occhi che bacchettano lo scolaro quando del saper
Si fa beffe .
Ma non ponete odio ,saran doni per la vita ,
memore son delle dure giornate in compagnia
delle piombee carte.
Occhi pieni di rancor ,quelli del popol di Francia
Che non ebbe pieta’ ,quando il misero Capeto
Saliva al suo capestro ,tra grida e gioia la testa finiva nel cesto!
Occhi fissi al ciel a scrutar le stelle eterne luminose e belle
Il Nazareno lavo’ il mondo con le sue lacrime dal peccato
Per non far cader ogni anima nel lungo baratro ,quando
Si chiusero tra sputi e scherno ebbe pieta’del suo creato.
Mirate in san pietro la pieta’ vaticana sembrava che
Avesse vita la pena d’una madre a mirar ai suoi
Pie il figliol nell ‘ultimo strazio .
Occhi di innocenti che han visto piover fuoco ,
scorrer sangue nei loro torrenti,spose pianger per mariti
lurida piaga il tuo nome è guerra!
Le iridi pien di coraggio del milite
Brillavan come due fiammelle ,
la morte avea in sprezzo ,per amor di patria
volentieri affido l’ alma al ferro
tra affanni e rimpianti ,cadde al suol
tra i bei vermigli fior.
Dolcissimi lumi che avete visto tramonti
Che infiammavan l’orizzonte
E la sera trapunta di stelle,
io vidi i conosciuti luoghi
nei caldi meriggi d’estate al vespro
il rosseggiar del sole dilagava in ogni dove
faceva specchio tra cielo e mare,
mentre s’appressava la notte scivolando
dal muto monte.
Cerchero’ per sempre il tuo sguardo
O madre ,che ho amato dal primo di’,che
Mi cullasti ,per me è sicuro appiglio
Ai mali della vita ,sicura traccia sulla retta via.
Ed andro’ oltre le soglie del tempo ,per guardarli
In eterno tanto comprensivi e cari.
Temo di perdermi nell ‘oblio se tu non mi
Rischiari il cammino con le tue gemme.
Ho cantato occhi che han diversa natura,
or mi quieto dal mio sondar ,
mi volgo al fin al Dio benigno
occhio del mondo
abbi per me cura,guardero’ un di’
il tuo volto immerso in un fiume di luce



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