Poesie di Cataldo Amoruso


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Leggi i racconti di Cataldo

i tuoi occhi per stupire
per dire
lenire

volti pagine lente
con la mente attenta
scivoli tra gente

ora è sera
quella vera
forse è ora
di un miserere
13-2-2010

I-questo solo giorno
che un volo d'angelo m'attraversa
interamente
da parte a parte non posso il tempo
-ma insiste-
per la disperazione che mi abbraccia
per la felicità che mi apparta
-non afferro la stretta di scegliere:
non c'è scelta-

in questo solo interminabile giorno
che come una foglia vago
che non ho mani o parvenze
che solo assaporo
il vento adagia
questo nostro unico giorno
di vicinanza puntiforme
di contatto intravveduto al ricomporsi
lento e lento delle nostre vite

E' stato un giorno enorme
per dedicarsi un cenno

più non abbiamo
tempo per il tempo

Di più non possiamo.
9-1-89

Distacco.

Amavo
di Gustav Klimt
il bacio sul muro
a stampa che ne rimase

Con nulla di base
se assonando pure
discerno un movimento
umano
all'abbraccio di lui
una posa di lei
che avviluppa

Ma già in lontananza e avvisaglie
avvertivi che
senza data
gentilmente
con cura avresti deposto
quella stampa
come testimonianza o salma
come esile asporto in ricordo di noi
fors'anche aneliti o sterili posture:
qualcosa che troppo sapeva
di vuoto
di definitiva piazzata
squallore
carie
fondi rivoltati
Trucco comunque
disfatto e sceverato Il risultato
di tanta polvere e tanta
divelta cornice
e chiodo fisso Provarsi
dalla parte del muro
con radici scalzate
ad ordinare fantasmi
con parole interminabili Teoria
del tuo grande esodo
il grande ponte della meraviglia
che annunci
con danze sui petti
massacri,banchetti,
la festa,l'immagine
stolida come stolido
è il mio dire di cose
solo per ridire
ma svanite
senza seguito e segno
epperò fuor del mio petto superstiti
sono i fallaci strumenti
delle nostre discordanze
La piazza spiazzata il chiodo inchiodato il muro murato
e i persi colori
in orridi dislivelli tra la testa e il piano
di laceri incurabili confini
tra metallo e lima.

L'uomo in fondo
ha un segreto
lo fissa ogni giorno nel sangue

la donna che guarda
si scorre invecchiare

un tempo hanno avuto parole
e talora carezze

li ha distratti una frase o un evento

li divide ogni sera

L'uomo in fondo
percorre una ruga
nelle mani ha del tempo

la donna che guarda la insegue un sorriso
fra i capelli le splende un sole indiscusso

L'uomo in fondo
vorrebbe donarle gioielli
ma ha solo parole di pietra

la donna che guarda vorrebbe
una volta
tenergli le mani
ma desiste intristita

sono vuote le case
nell'uomo che passa e si sente
un color di finestra che stinge.
17-6-85

Le vele di latta.
Dopo un tempo così lungo
che a fatica
solo forse
immaginavo

ancora desidero
le mie barchette di latta a vela
d' olio di semi ritagliate nei canali

con occhi di volpe è stato
vivere in calabria

come un destino di morte azzurra
le nostre infanzie di cielo

occhieggiavano d'ovunque rubando
sprazzi di seni
ancheggiare di donna
scivolare di sussurri

a volte qualcuno
più indifeso
si lasciava cadere
nella terra che amo

la mia terra di allora
nelle sue onde impassibili
nascondendo ami

oggi ancora tra terra e cielo
si ingarbugliano i velieri di latta
tra i suoi rami
le chiglie graffiate confondendo rotte
a nocchieri di una memoria senza volti,
la mia,
che ormai confonde nei ritorni
di padre in figlio
i bordi taglienti delle colpe.
11-2-2010

cammino,
alla radice dell'ombra
i miei passi,
distinti
li avverto
li percorro
a quest'ora
sono stanchi i quartieri
come armi riposte si affidano
ad una guaina di notte che annulli
le luci riflesse
i volti ammainati per strada
da solitudini accanite

anch'io
sono un essere in strada
a questa altura o belvedere della sorte
dove sciolgo la gola
non più miserere o richiesta
ma gola battuta
solo gola battuta
come ferro
come tempia scalza in cui rimbomba
un nome che avvolge
i fragili quartieri e questo
lungo andare.
26-12-88

una voce rimane
fuori campo


quando improvvisa
la sento e oltre tempo massimo mi sfiora,
allora
mi mento

quella voce ti appartiene
e lo ammetto
con pena
questo parlarti ancora diretto

una voce fuori campo
è questo netto
lastricato di parole
se ancora
fuori tempo
ti immagino dire.
30-01-2010

lo saprai di mattina
sarò nell'alveo del giorno
...un biancore di fronte diffuso
...un rigagnolo cieco
...un segno tra due ciottoli scossi

correrò tra le auto in folle
attesa e strade senza uscita
poi un rosario di suoni fatui
e le mie gambe,
non mi porteranno che a sera,
quando saprò nelle siepi
il riposto dei grilli
le giade
i cammini di fata

lo saprai di mattina
il mio sogno svanito.

9 (il fiore)
è per te

e per me voglio solo guardarlo

parlo,
parlami ancora:

della meridiana
delle radio ai davanzali
degli sguardi nascosti
tra i fiori di dalia
tra le voci dell’aria
passa una barca
scivola sul tuo capezzale
è leggera così
così come la senti
nel segno azzurro del fasciame
si perde
si perde a lasciarsi andare
per non finire
mai
mai ed oggi
mai ed oggi,luoghi dello stesso
tempo che sussurra,riporta
alle strade
le avvolge
le strade,le rotte
non ci hanno spezzati e oggi
mi parli o chissà,
chissà se parliamo,
se è per noi,
si vedrà
Ora
ha i tuoi occhi
il fasciame azzurrato
ai balconi, sorridono
e vanno,
accennando un fiore,
un fiore in vita.

8 (stanza)
questa stanza
più pulivo questa stanza,
-canta !-
più cercavo
qualcosa che non basta
o manca
dei nostri tetti
di dove
le anime si animano
si amano
questa stanza di sola voce
giostra lenta lentamente
ogni volta che passi
e passano gli occhi attenti
come ti amo attenti
a un attimo
tra la tua mano ed il biglietto
azzurro per volare
canti
ritorni
mi riporti
Stanze incontenibili
di giganti tra le dita
dove
sciolte le nostre
canti.
In questa nostra sola stanza.

o rosarno,(1)
io lo so perchè tanto di negri impauriti
per la piana impazzita urla e scappa (2)

ritornava distrutto il camita
al suo posto di latta e di fango

gli spararono,
cadde tra spine...

s'è ammucciat u bastardu fricat (3)
arret a sipala, com a bestia ca figghja

s'è spagnat,u cornut
è fujut,u diavulu nivur...
sù partut ppe Bar, ppe Napul e u mar ca si mpesa!

c'era bbell ccà,(4)
e ci han lasciato soltanto rovine,
a noi,
noi che nessuno mai sconfisse
non romani,non arabi,greci,
non francesi,spagnoli,sabaudi,
non latifondisti,democristi,socialisti,imprenditori padani,affaristi
...noi,nella nostra bella terra di immacolate conquiste!

e dunque stringiamci, fratelli, a coorte:
o la piana o la morte!

oj vincimma !(5)
e domani ?
domani,fora i nivur, (6)
sarà il pianto, gli inni e delle ndrine il canto.

(1) con dovuto rispetto, da G. Pascoli;(2) Rosarno si trova nella piana di Gioia Tauro:in Calabria è la piana in senso assoluto, anche per motivi sociologici, per così dire;(3) si è nascosto il bastardo fottuto/dietro una siepe/come una bestia che figlia/si è messo paura, il cornuto/è fuggito,il diavolo nero.../sono partiti per Bari, per Napoli, e per il mare che se li porti...Notare che “fricatu,fricata” è aggettivo immancabile nell'espressione del disprezzo e non solo;(4)“c'era bello qui”, ma in calabrese trasmette un senso particolare che forse sarebbe lungo da spiegare (esprime qualcosa come un certo “sentido abandònico”, credo di poter dire); (5) vincimma,abbiamo vinto,ma oj non è solo oggi,è anche un grido di dolore e un richiamo;(6) fora i nivur, cioè eliminata la presenza dei negri... ma anche tranne i negri (che sono andati via per tempo).
So che il problema è molto complesso,e spero di non essere frainteso, ma non potevo tacere, anche se forse è più facile soffrire in silenzio piuttosto che parlare ad altri di certi fatti che accadono.

I paesi nel cassetto
li rovista un treno,
talora,
di costa

Sono i miei luoghi,
in cui sciolgo a fatica
antichi nomi

Ogni anno è più Sud
ogni anno è più fondo
il silenzio

Qui, dove mi vènano fiumare
qui sono
e i ricordi a ricordarmi.
16-11-2007

ritrovata oggi e dedicata a Tinti,Kinita,Cristina,che mi pare abbiano riconosciuto più di chiunque altro le mie parole:grazie.

voltati luna
che le mie labbra serra un fiore

si è alzata la sera
sulla tua mascella a vela

un segreto di orizzonti chiude i pensieri
con splendide maniglie

voltati luna
che il fiore rosso
si rituffa in mare.

15 (Sud )
Mi rimane
impressa
una scritta oramai di cartone:
product of Ghana.

Si accende negli occhi
come un riverbero di sera
che mi risale
da gole serrate e porte
sdrucite nella memoria.

Sa di magazzinaggi e juta
la mia memoria.

E’ qualcosa di simile a un Sud
più in ritardo,più lontano
di corpi ed alberi
i semprearsi.

Esulo ancora,retrò
cedo
all’oleografia,alla condanna:
esisteranno
meridionali immaginari
incanalati verso il silenzio
senza un pane che non sia
il viatico inoffensivo di un mito...

O siamo un altro popolo verso la dissoluzione,
noi mai chiamati popolo meridionale
noi gli italiani a forza
sdrucciolevoli
labili
bacati.

Poi che così era deciso:
che fossimo bruchi incapaci
di crescere,
avere ali,
gemmare.
Coi nostri inutili gelsi.
Menzogna.
Non c’era industria per i gelsi.

Siamo rimasti maschere
così
un po’ apotropaiche crisalidi stanziali.
1989

Riflesso
Gli occhi chini
li sorprende il mattino
Volutamente oscuro
e qualcosa mi distanzia dal petto
ancora immerso nello specchio che
mi genuflette e preme con idoli al suolo
il volto spoglio
di suoni e di voli

L’enorme mattino già doppia le porte
di buona speranza
s’installa
tra lo sterno e la voglia di afferrarlo
questo mattino di splendido dolore
questo tempo senza margini per ricominciare
senza appigli per potersi reinventare

Forse solo sogno questo mistero di aurore:
l’aurora in bocca è solo una parola
cominciare è altro
altro superare la pena di qualcosa che è morto

O allegramente morto,
se anche la morte sa essere solo
una parola in una bocca stolta

Però lasciaci cadere,
non rimetterci i peccati e noi non li rimetteremo
non separarci dalla tentazione di vivere
un altro giorno per ricominciare,
lasciaci con nuove luci
pervaderci di vita.

Pure,
già ho visto
gli occhi dei miei occhi
bordarsi d’errore
indifferentemente brillare e peccare

E gli occhi d’innocuo Narciso
riflettersi in superficie,poi perdersi
contro il proscenio a rischio
della palpebra che stinge
colori e aurore

Sempre più serrati
stanno gli occhi che incontrano gli occhi
proteggono un canalicolo di lacrime,
una via di fuga

Tra Narciso e il sonno
già la luce della notte risospinge il giorno.
1989

Da una crepa nel muro ho seguito
la notte perduta,coagulare di stelle
acute
era il segno pesante dei carri
il carro rappreso nel cielo dei cantici
la sua stria di relitti che lega
silente
a una mappa dell'anima
alla resa esile oscura
stria che riapre
netta come ferita o lama che diverge
contesa alla vita
Dal silenzio di sempre
dalla forza nuda
oggi ho visto
ma è altro
è nulla
affermarsi di memoria che opprime
i sentieri che intendi
isolare
dismessi,smentiti
i nostri sentieri,feriti
dal peso atroce del carro e dal solco
che parallelo insostenibile ancora
ti sfugge.

La riva degli occhi.
Così,
uomo,
ma un uomo che ha pianto
oltre gli occhi e gli scudi sospinti
nell'ora fissata
come àncora o peso difforme
sono qui
alla volta del cigno inseguito
osservato dal muro e dai cerchi che cinge
la riva degli occhi
inaudita.

Fine.
Ti ho guardata
con occhi di lago
increspati
come l'ora che batte
la foglia che guarda
il ramo
ingiallito.

Ti ho guardata
con occhi così vicini
da sentire il rumore che fa
il silenzio
quando due anime si incontrano.

Era il rumore di due anime quando si incontrano
i silenzi.
Era il peso del suolo sulla foglia finita.

Era.

7 (settima parte di qualcosa di inconcluso)
buona pace del mondo reclama riforme
in forma di reclame

commoventi paste alimentari
illuminanti dentifrici
detergenti naturali

essenze medicinali

va tutto bene,
tutto

non inquina i fiumi,né i mari,né i laghi
nessuna controindicazione
l’uso prolungato
il corretto funzionamento
la misura consigliata
l’applicazione adeguata

quanto tempo ho passato
proprio quanto

di fronte a una lattina
senz’arte né parte recitando
da consumarsi ,preferibilmente, entro
-sporgendomi o inchinandomi
vedere quella data
così impressa !
sul fondo-

già,proprio già

perché non importano contenuti o prodotti
ma le date
le date che attirano al fondo
oltre il fondo
lo trapassano

di un triste involucro
quale che sia
con simboli di luogo o di tempo
che è anche così
fatalmente inutile,fatalmente scaduto.

Paura.
Paura di bambino
con orizzonti spezzati
approntavo una vela
di sola protesi
una linea di prosecuzione
era la paura che il mondo
finisse prima dei miei anni:
era la fine del mondo
era il terrore infantile
delle tombe animate
delle magàre degli zingari
del circo che si portava via i bambini
e mi armavo di madre
di vela
di padre invulnerabile:
proteggevano i sonni dalla notte
mi svegliavo
come se nulla al mondo mi avesse ferito…
ho lasciato l’infanzia e l’insonnia,ci siamo separati
per ultima anche la vela
ha doppiato la linea spezzata
era datata la paura,risibile il timore…
e già avanzava il tempo delle fate
con sorrisi ed orrore
lacerava la vela inseguita.

Modi di dire per bambini
“ollarò, ollarò!...
chin a vò 'na sarma 'e ogghji?...”
confesso di essere stato felice

felice delle littorine
felice del ballatoio di cemento
felice del casello delle ferrovie
felice dei grilli e delle solitudini
dei silenzi sulla pelle e del sole nelle ossa

confesso che sono stato felice
di tanta assenza e di tanta corrispondenza

e poi mi sono perso
in mulinelli fondi di amarezza
negli “ora parto e mai ritorno”

e non tornai,davvero

però tornò la verità
secca,nella mia mano,ma inafferrabile
con quelle paroline quasi sciocche
parlando di infelicità

così sono tornato,posso dirlo
alla mia anima muta
al mio corpo piegato
ai miei sogni sempre appena nati
e sempre già feriti con l'acqua gelata
del disincanto affondandomi nel pantano
assurdo dei miei angoli di attese
spezzandomi.

Già,
e già per il piccolo vecchio di dentro
sempre ripetendo
“ollarò, ollarò...”
con le mani ancora tese,staccandosi.
19.10.1989

Nota: di solito il papà o un fratello più grande prendeva sulle spalle il bambino e con il richiamo “ollarò ollarò” fingeva di cercare acquirenti per la “sarma” (unità di misura) di olio che trasportava
...insomma un gioco elettronico come un altro!

Pater.
Qui per il tempo asciutto di guardare il cielo
Questo cielo d’ovunque e di solo qui

La vita appesa alla finestra
Come un rampicante o una resta d’aglio

Non fa differenza
Non fa difetto
Dicono che dici la morte è vicina
Mi sono illuso che almeno tu
Non ne avessi paura

Anche i padri,evidente
Possono essere sconfitti

E mi sembra di vederti.

Ti lamenti di nuovo:avevi disimparato
e non ti serviva più il coraggio
Ma ora tutto è come prima:
ti sei fatto piccolo e aspetti su un divano
a volte mi chiedo quale sarà il mio turno
da dove mi sorprenderà colei che tu,padre
non osi nominare
tu,maestro reiterato di esorcismi
da quale parte può sorprenderti mi chiedo
quella che io semplicemente d’accordo col mio dio
o col mio io
non nomino per non sapere

Partirò da qui per vederti

Con la tua ronca infallibile,
come sempre aprirai la tua strada ,precisamente
nascondendo le tracce:
non vorrai essere seguito,
come sempre sarai solo
maledicendo sassi ed erbacce.

ordinare in colonna gli errori
così,
per non gridare

è già smesso l'abito esuberante
di vivere tutto come se mai dovesse finire

sarà il tempo della maturità
e quasi mi consola che nulla è per sempre

Ora non ho paura dell'eternità
ora che l'arroganza della giovinezza
è scivolata via coi muscoli tesi
coi volti tirati
con gli sguardi accaniti

sono più che mai una piccola cosa
solo ora mi sono scoperto a guardare un firmamento
di stelle minacciose
che sembrano dirmi:
vieni!

Il mio porto
il mio porto è una pietra di mare
qui,dove so il buio e le presenze
qui è il mio posto senza luna

qui dove posso aspettare e non chiedere
dove i soli intrichi sono le linee delle mani
attendo chino

-il mento,il petto-

quiete luci parlano di minuscoli infiniti
annottano viandanti per rughe di mare

da qui per sempre
da qui per un ovunque

mi parto da una pietra di mare.

La capinera (1)
Da sempre ti conosco
eri presente nelle mie paure
coi tuoi occhi neri
affondavi sguardi nel mare
lo Jonio senza segreti
hai aspettato per sempre
ed anch'io ho aspettato
che il mio coraggio crescesse
che fosse più grande
di quelle tue feritoie nere come il mare più fondo
poi un giorno,prima di partire
ti ho preso alle spalle
tue di cemento in guerra
sono salito sul tuo cranio di pietra
ed ho disceso le tue viscere
in questo punto esatto del golfo di Taranto
da dove,si dice, le capinere arrivino fino ad Agrigento…
quante anime di eroi greci
ho immaginato nascoste in questi buchi
a rammendare vele a calafatare pali
troppo esili per questa riva di mare
o forse erano piccoli fanti di marina
dalle facce bruciate
sognanti Venere e sigarette americane

nessuno è arrivato
e non ti importano queste zattere straziate
in ritardo di decenni
non ti importano le moto d'acqua

rimani a guardare senza nulla che occupi
i tuoi occhi.

(1) Le capinere sono quei fortini sotterranei in cemento armato ,a cupola esternamente ,ovvero casematte,risalenti alla seconda guerra mondiale,frequentissimi sulla costa jonica della Calabria …
In realtà non ho trovato riscontri ufficiali al nome "capinera" che ho appreso da mio padre, "da sempre".

Notte di Punta Alice.
Questo cielo
questa estate
intera tenerti per mano
Ci saranno in altri posti
così tante stelle che sembra
bastare alla vita
questa scia delle Orse
questo sciame di silenzi innumeri
cui non so dare un nome
E questi pensieri che sanno d'anime e pane
Il minimo suono
sarebbe la fine che esplode
Mi nascondo e ti adoro
notte senza fine
cielo senza rotte
Dio delle rovine
di città e vite
Resto nudo ai richiami
Sono infine
il tuo immenso il tuo misero
amante,
fisso a questa notte di luglio e a questa riva
oscurata d'Ionio
e sussurri neri d'eucalipti,null'altro.
31 luglio 2007

Arrèt
'Na mana 'nta 'na mana
e 'nu pass 'ntu passat
arrèt arrèt fin addùv
'a capa chjanu chjanu va girann
pò chjù fort chjù fort fin a quann
annavota s'acqueta
E' chjus l'occhji a quann a quann
e mi sugn vist,
abbannunat,tann:
'e 'nu cavadd ca era
mi sent com 'nu mul ara pisèra.
Pur oj è perz
e mi vruscia chjù d'ajera.
Traduzione letterale,dal dialetto cirotano.
Indietro.
Una mano nella mano
e un passo nel passato
indietro indietro fino dove
la testa piano piano va girando
poi più forte fino quando
d'improvviso si acquieta
Ho chiuso gli occhi finalmente
e mi sono visto,
abbandonato,infine:
da cavallo che ero
mi sento come un mulo imbrigliato sull'aia.
Anche oggi ho perso
e mi brucia più di ieri.

Nuovo giorno.
E allora a domani
mio mondo e mio corpo di ballo
A domani
mio mondo comunque che immagini e sogni
A domani
mio incanto cui non rinuncio
A domani
mio mondo che sai
di navigare di luci e di ala incisa
A domani anche a te
solitudine sola
mio tempo
di chiatte e polveri d'oro
A domani ancora
fiume che immacoli le mani
e mani che sciogliete i fiumi
E a voi per sempre un domani,
miei occhi ripiegati.

Fratello.
Fratello voglio
chiamarti per strada
fratello che più
non guardavo da tempo
fratello che
da argini sordi intuivo
ristare
fratello di mano
sul viso che non
si scompone
fratello che voglio
chiamare
fratello inguaribile
e isolato dal centro
fratello che debordi
e con gli occhi
imprecisi
mi assali.

Inverno.
Gli occhi che cercano
il sole negli occhi
è nel sogno del volo
questo freddo di suolo
nudo si stacca
estivo un tepore
siamo noi questo inverno
di mani preste a ritrarsi
siamo noi questa parte di nome collettivo
siamo gente siamo
pioppi ombre viali
e queste luci sul tramonto mai spente.

Scrivo di nascosto.
Scrivo di nascosto,
scrivo bambino
quando nascondevo nel libro di geografia la mia presenza e i sogni
Viaggi incoffessati alitano intorno a me
Viaggi irrisolti:
Mi manca il cuore di finirli
Sono il possibile che non avrà luogo
Le mie isole della sonda
Gli stati che ho unito e gli stati che ho separato d'un tratto d'àbs spizzutat¹
I miei poveri paesi unti d'olio e di mani mal lavate
La mia geografia bambina
Un atlante abbandonato,
quanto tempo trasognando
Il vecchio barbuto carriann u munn²,Atlante
Il punto d'appoggio in cocci di bottiglia affogati nelle palizzate
Di villette anni sessanta d'avvocati,una due tre
Sulla via della marina
Non ce ne sono e non se ne parla più:
già sono passati dalla polvere della strada per il camino
i pioppi che contavo da casa fino a uno sprazzo di mare
e fine della passeggiata,fine della fuga,fine dei nascondigli:
nessun paese nei miei sogni
nessun aliseo nei pensieri
nessun vento da indovinare
nessun vecchio indovino da invidiare
se oggi in sorte saprà di scirocco o di grecale
i miei paesi,
semplicemente,non ci sono più:
non sono riuscito a tenerli uniti.
Colpevolmente ho smesso di sognare.

¹ -àbs spizzutat…lapis spuntato
² -carriann u munn…trasportando il mondo (è la figura di Atlante
che porta il globo terrestre sulle spalle)


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