Poesie di Antonio Alvaro


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Ossimori
Cielo a piombo sul mare
calmo di questa mattina;
la luna, tardiva,
indugia come su note
ancora da provare,
su uno spartito di stelle che
fasciano il silenzio eloquente
dell'alba, ancora buia e fredda.
Fendono lo sguardo
come ghiaccio bollente.
E il sole ti sorprende come i dubbi
e le domande i tuoi passi,
ti chiedi perché te lo chiedi,
che forse il mare
vive di domande?
Sbatte, rombola e non dubita.
Tacito tumulto.
No. Non chiede
della forza e dell'eternità,
per oggi ciò che può essere domani,
se scorterà ancora la luna a dormire,
non vive di domande
perché per lui sarà domani
anche senza luna
e senza spartito di stelle.

Il suonatore di sax
Lambisce l'imboccatura del sax
con le labbra, inumidita,
scivola sui suoni bassi della prova,
su un angolo diverso di strada,
che il giorno prima era caldo
e c'era bisogno di cambiare.
Il basco riverso sul capo
gli infonde un'aria diversa
e diverse tonalità
accordano sotto le dita spinte sui tasti.
E la gente passa intorno
e lui sembra non vederla.
Anche la giacca fa pendant
con il giallo vivo delle scarpe,
a vuoto nell'aria,
parabola a scalciare un cane curioso
che annusava il cappellino
sul marciapiede, a bocconi.
L'orecchio pizzica un tintinnio inatteso,
sulla fiducia, di un passante frettoloso,
che non coglie il vello capovolto
e scade sul marciapiede.
Si abbassa, un tutt'uno col sax
e raccoglie il piccolo premio,
abbozzando un segno di croce
e una carezza nuova all'imboccatura,
le labbra ancor più inumidite
e un nuovo abbozzo di suono,
a seguire un altro, basso il primo, ancora
e acuto l'altro, come il suo sguardo
al muro di fronte del giorno prima
che faceva caldo e c'era bisogno di cambiare.
E la gente passa
e sembra non vederlo,
smuove, a volte, la coda dell'occhio,
come una stima veloce
del giallo delle scarpe o del cappellino
ancora vuoto,
senza leggergli lo sguardo.

Spiragli
Sibilo di vento,
afoso,
spira sinuoso tra le nuvole,
spigoli di fumo
annebbiano le coltri lanose
dei monti, fregole di sole
si insidiano tra i sogni d'estate
e il mare, immane,
si rassegna ad un viavai eterno.
Spiragli di tempo,
refusi,
vagano tra le rughe,
ridestano giorni,
annebbiano le coltri canute
della fronte, giri di parole
si insidiano tra i nostri corpi
e il mare, immane,
rimane.

Dadi truccati
Dadi truccati, i giorni
e il giocatore fa sempre
il segno della croce
e spera;
i dadi sono truccati.
Una smorfia smagrita,
patita di guerra,
un'altra, di bambina,
occhi neri che indagano ciò
che sembra solo sangue e fame,
un latte bevuto a piccoli sorsi,
su bocche ossute.
Gli occhi, vivi,
guardano e ti pugnalano,
come menzogne di finti buoni,
che salvano chi è già salvo,
numeri truccati di sporchi giocatori
che tirano dadi truccati,
donne e bambini che fanno
il segno della croce,
sperando
e ignorano che la loro sorte
non potrà distaccarsi.
Gente stringe il cappello
e mani interessate,
sposta volontà come Mosè mari.
Chi si pone di fronte al muro
viene vestito da ladro,
scopre di avere qualche colpa,
l'applauso scroscia per il dittatore
che tira dadi truccati,
numeri che fan finta di cambiare,
e qualcuno fa il segno della croce,
sperando ancora,
i dadi sono truccati,
ma continua a sperare.

Il fuoco
Ardi, impasse, il legno si consuma.
Inghiotti lento la corteccia,
via fino al cuore.
Ardi lento come questo tempo,
che trascina con sé odio e sentimento.
E il mancare di gente a me nota
fa smarrire veloce la giovinezza.
Ardi e il legno si consuma,
come il tempo consuma le vite,
rosicchiando le cortecce e le storie,
via fino al cuore.

Quello che penso
Quello che penso
è una strada di sera,
un fiore d'autunno
che s'aggrappa alla luce.
Quello che penso
è un disegno sfuocato,
una nuvola che copre
il mio pezzo di cielo.
È la vita che si ferma
solo alla fine del sogno,
un sorriso di una madre,
lontano come un ricordo.
Quello che penso
sei tu distesa sull'erba
che leggi le mie parole,
mi guardi e sorridi,
un fiore d'autunno che
spera ancora di rinascere.

Il tempo passa
Il tempo che passa può
essere una consolazione,
Come un fiume può
trascinare via gli odi,
le asprezze, le inquietudini,
lenire le tristezze.
Può privare dell'alba
e dei suoi colori, può
privare degli abbracci,
denudare la mente dai
pensieri, il cuore dagli amori.
Il tempo che passa può
essere il miglior amico,
una spalla di consolazione,
può essere spento ricordo
di giovani emozioni,
di speranze mai realizzate.
Il tempo che passa è
solo una constatazione
che confonde la mente
sul perché esso ci calpesta
senza alcuna suggestione.

L'eco
Vorrei sentire ogni mattina il
rintocco di campane a festa,
un seguito di belle notizie sui
giornali.
Un sorriso stampato sugli
occhi dei bambini,
la precedenza ad ogni incrocio,
i meriti riconosciuti,
strette di mano,
i bambini che giocano liberi
per strada,
i politici tra la gente,
solo fiori nella mente.
Un riciclo di coscienze abbandonate.
Vorrei almeno sentire l'eco
di quello che sto dicendo.

Gli eroi
Assonnati, indossano
la divisa di ogni giorno,
come un istinto
primordiale, indefesso.
Una veloce colazione
tra i rumori del giorno,
si adoperano al telefono
come a coprire le distanze
e i vuoti d'amore.
All'erta per ogni bisogno,
soccorso o protezione.
Silenziosi, forse appagati
dal lavoro del giorno.
Appannati, di sera,
coraggio e forza,
per parole affettuose
ai piccoli pargoli che,
cinguettanti uccellini,
anelano piccoli bocconi d'amore.
Ogni giorno uguale,
senza una riga di ricordo
alla fine della battaglia,
senza una targa alla memoria.

Disarmato
A volte osservo
il tuo profilo,
maestoso, tenero,
dolce.
Mi perdo il senso
del tempo,
temo a proferir
parole.
Temo di non
potermi muovere
ancora,
assediato come
sono da quest'unico
pensiero.
E quando vinco
con coraggio questa
disarmata mia sottomissione,
ti giri, languida
e mi consumi
con il tuo sguardo,
ed io,
già sfinito,
mi sento morire.

Amare e soffrire
Si è detto sempre il vero che
è meraviglioso amare?
Qualcuno ha compreso che dire
"ti amo" può lacerare l'anima
come può un coltello la carne.
E la violenza di un ultimo abbraccio?
Dell'ultimo saluto quando non
ci si può più rivedere?
Come è crudele volere amare
e non potere, un continuo
abbattersi e patire.
Scontrarsi con lo sguardo
più dolce del mondo,
rimanere inermi sentendosi
infilzare, lentamente, crudelmente,
fino all'ultimo respiro.
No, lasciatemelo dire,
a volte amare è un po' morire,
lentamente, crudelmente.

Il posto delle fragole
C'è un posto nel cuore
dove l'amor s'affanna
a rincorrere chi non ama.
C'è un posto nel cuore
come un giardino di girasoli,
rivolti al sole, perenni,
come il mio sguardo verso di te.
C'è un posto nel cuore
come una stanza buia e chiusa,
che ansima per un tuo si,
una ruota che non gira,
un istante che non passa.
C'è un tormento dentro me,
un pensiero monocorde,
che si chiama te,
una coda di formiche
che sfidano il vento ancora gelido
dei primi giorni di marzo,
come si sfida una faccia che dice no
e che ti ispira ancor tenacia.
C'è un posto nel cuore
dove l'amore si tinge di rosso fragola,
e inizia a battere ancor più forte,
in attesa di essere preso e baciato
da labbra d'oro.

Silenziosa
Signorile, abbandona
la scia scivolando quieta
nella sua compresa funzione,
sottil presenza muta.
Lo sguardo altrui
accorta indaga,
con pervicace atto teso
nello scoprir l'agguato,
bizzosa e garbata
nel medesimo modo.
Fende come rasoio la parola,
che attenta guardia sfonda
di un non solerte interlocutore.
E siffatta medaglia
il risvolto scopre,
che dolcezza copre
simil gelido simulacro,
ma lanciata in alto
non sempre cade
da desiderato lato,
che il terreno scopre
con fervido sgomento,
il lato opposto di
presunto sentimento.

Il corvo
Non brama di mutar dei giorni
il colore, del buio attenta discepola
si veste, sconfessando ogni
anelito di approccio.
Del silenzio rimarca i precetti
in esteriore ritegno,
in ogni dì marcando
un incensante mistero.
Esecra ancora la voglia di rimirar
lo sguardo nel senso delle stelle,
a forzar i limiti di parvenza umana,
come di consapevole illusione di confini.
Dissimile da acuto marinaio che
dell'orizzonte vuol conoscere la fine,
si appaga di nuotare in un
ameno stagno,
senza assaggiare l'ebbrezza
delle onde attorno.
Ombra scura sul manto piatto
della vita, agogna come musica
l'ultimo canto di cicala.

La coda delle stelle
Lo stridere del grillo,
imperterrito,
fa a gara con il canto di cicala;
in tela rigida rifugge
la seduzione di ogni distinto colore,
mentre il buio copre come manto
i fili appesi ad ogni scia di stella.
Abbandona al mutar della notte
le ali di farfalla
e s'accinge alle ore in coda
di ogni giorno,
tentando, con sforzo vano,
di mutar del caso il risultato,
incallito giocatore
che spreme ancora ogni
sua condizione,
rimpianto ennesimo
di chi ha perso l'occasione.
Eppur sorride di candida
giovinezza, petulando
insistente sulle ore.
Vita amara che in un soffio
vaneggia di ricavar sorriso,
anela al serale ristoro
come tregua vana e temporale
di chi riflette con un sospiro.

La curiosità
Il sonno rompe,
di sangue altrui
rinvigorita zanzara
e del timpano ignora
la consentita stanchezza,
d'impeto infrangendo
forme e cristalli.
Il cuore vuol avere di farfalla
e l'incedere greve,
nel vano tentativo di chi appare.
Sbadata imprudenza
di commediante novizia,
a forzare soglie schiuse
e di campanello armate,
s'accora per nuove vane,
scava ancora con occhi a terra
e non s'accorge
del tetto che cade.

Sei una rosa
Una rosa è sempre una rosa;
sotto il sole accentua i suoi colori
e apre, gioiosa,
i suoi petali al giorno.
Sotto la pioggia
diventa ancor più vellutata,
le gocce scivolano via
lentamente,
tentando di rimanere
attaccati alla sua bellezza.
Di notte, racchiude i suoi petali,
nascondendoli al fosco colore,
rannicchiata, resiste
alle ferventi avances del buio.
Solo all'alba del nuovo giorno
torna a sorridere,
fugace e schiva
come una donna riservata,
meravigliosa come un
ricordo così bello
che sembra non essere
mai stato reale.

La danza dei tonni
Danzano sull'acqua, i tonni,
saettano sulla cresta dell'onda
e scompaiono, ombre nell'aria
rarefatta del mattino.
Pare una festa della vita,
questa voglia che chiama il sole
e vanifica l'interessato
sguardo dei gabbiani.
Danzano sulle parole,
eleganti, si concedono,
agitano lo scudo della loro
fittizia nobiltà.
Frasi fugaci, caliginose,
frammenti di regali
dei custodi del sapere;
a poco a poco le dosano,
perché il popolo le ingolli
lentamente, per illudersi
di non affogare.
Danzano sull'acqua, i tonni,
ma sotto la schiuma bianca
rovinano la vita
di impotenti sardine,
ignare di finire così
il loro giorno.
Danzano sulle belle parole,
deputati di un Dio maggiore,
rovinano sciami di idee e
speranze alla deriva,
per loro insindacabile desiderio.

Dove sei Dio?
Dove sei Dio, tanto desiderato?
Perché ti nascondi, se ci sei,
non odi, forse, il nostro richiamo
così animato?
Non ti accorgi di questa
giustizia dei più forti,
di questi passi che schiacciano
tutte le speranze ed i sogni, i torti.
Non dici una parola
né fai un segno,
rimani anonimo e ti fai desiderare,
da chi crede ancora che sei reale.
Io non ho più dubbi,
ciò si impatta con la fede,
non faccio novero con chi ci crede,
non esisti ed è una consolazione,
non può essere vero un Dio
che si bea di questa situazione.

Come definiresti…
Come definiresti
sentirsi una roccia
impenetrabile all'amore e
scoprirsi muro d'argilla,
con te che la plasmi.
Come definiresti
che mentre
scrivo ciò che sento per te,
penso a te,
un pensiero sull'altro,
carezze mentali che
dovresti sentire,
intense come sono…
Io lo definirei amore.

I falchi
Le forme sui muri
si intrecciano di colori diversi,
agitati come bombole spray.
E' notte fonda e i ragazzi
non pensano ancora di andare
via, spinello tra le mani,
che passa tra le mani.
Hanno perso la luce negli occhi,
ancor più buia che il buio.
L'andatura che sbanda
come la loro vita,
in cerca di un rifugio che non c'è,
piccole prede per rapaci affamati,
buchi neri in un cielo
affollato di finte stelle.

Tutto a posto
Come l'edera,
avvolti su pareti ruvide,
su ogni appiglio
come nella vita,
muro o ramo che sia,
coraggio o amore.
Pigiati tra i pensieri
del giorno,
i sogni sprangati in
un canto del cuore,
con gli occhi chiusi,
i pugni chiusi.
Raschiamo ancora
la voglia di vivere
negli occhi dei bimbi,
con la forza
di un abbraccio e
una parola la sera,
quando si destano
per un bacio:
"dormi, è tutto a posto".

Vento
Questa vita è terra,
è acqua, fuoco,
è aria.
Granello di sabbia
trasportato dal vento,
pallido, come il sentore
di un'alba che verrà.
Un fulmine che attraversa
l' eternità, in un lembo di respiro
affannoso,
come uno sguardo fulmineo,
un abbraccio silente,
nascosto.
E' un vento possente
che attraversa la mia mente
e mi parla di te.

Tenue
Perdermi tra i pensieri,
come in un campo incolto
al principio d'inverno,
smarrita cognizione e volontà.
Bozzolo di farfalla che manterrà
le ali chiuse, nell'attesa perenne
di librare un volo colorato,
nell'eternità di pochi giorni,
sono i miei sogni,
rappresi al tuo sguardo.
Sono in attesa,
come un sasso coperto di neve,
prego il sole di mandarmi
un fiore accanto,
che appaia dal coriaceo terreno
nei pressi del cuore
e un raggio verso il tuo sorriso,
come un riflesso
del bene che sento per te.

Parabole
Solo adesso ho considerato la sfilza
di giorni persi nel vento,
uno sfondo buio
a coprire man mano
una strada tratteggiata da sogni.
E tu sei una sorpresa,
un pensiero bianco,
promiscuo di colori come
gemme di primavera,
a scolpire un alterco
tra il sole e la pioggia di marzo.
Smarriti i pennelli,
il pittore avvilito,
avvinto da tanta meraviglia,
chiude i suoi occhi
vaneggiando sui tuoi,
rassegnata coscienza
alla sua inerme incapacità
di farli rivivere in tela,
che attende, che sospira
un tuo sorriso bianco,
un fiocco sulle stelle
che si addensano ancora,
quando tu vai via,
accavallando parabole
nel buio della sera.

Il deserto
Ho rincorso i giorni,
quando tu non eri nei miei giorni,
sperando che i gabbiani
mi parlassero di te.
Ho sperato in un altro risveglio,
sperando che il sole
accompagnasse l'alba e te.
Ho tramato contro il destino,
scorrendo i giorni a ritroso,
cercando di scorgerti
all'orizzonte,
appoggiata sulle nuvole,
leggera.
Ho udito la tua voce
echeggiare da lontano,
ma era l'invana invocazione di
un illusorio miraggio,
in questa vita che,
senza di te,
è un deserto.

Guardo il mare
Mi sorprende l'idea
delicata di te,
soffice parentesi nei miei pensieri
e, dimentico,
sospendo il mio sguardo
sul mare in tempesta.
E tu, sei accanto,
infreddolita e vorrei
abbracciarti
e non posso,
vorrei baciarti
e non posso.
Quando mi sorprende l'idea
delicata di te,
continua come le onde,
si abbatte sul mio cuore
in tempesta.
E tu non ci sei più,
non posso baciarti,
toccarti ancora le mani;
sei un'idea svanita,
un'onda che si ritrae
sul mio sguardo sospeso
sul mare in tempesta.

La sentinella
La coda s'impone di seguire,
ligia al suo indirizzo,
tenta di schiudere all'ordinario corso
il suo zaffato scrigno
che nell'inutil via s'affanna.
Eppur lieve appare
quando soffio di brezza culla
il dolce prosieguo del suo tempo
che quasi scalfisce
il suo contorno.
Non v'è scudiero più devoto
al fato, più attento di Talo
guardiano di Creta,
per riguardo al nome suo.
Dimentica per rigore
il filo del suo ritorno,
celere al suo obbligo,
stucchevole dedizione
e strepitar di fuoco
che vuol coprire borioso,
l'ondeggiar biancastro
di diverso mare.

La tela del ragno
Tessuta la tela argentea
che illude l'ignaro pellegrino
di eludere la sottile trama,
con agile mano dissimula
l'umil ferro
si da apparir smeraldo.
Lieve, randella come clava
la sembianza di ogni
sua forma e soavità.
E di leggerezza si compone
ogni sua missione,
muove pedina decisa,
con placida sensazione.
E smulina così suo
tal strumento,
rasentando il muro,
che passion ci prende
a suonar tamburo.
Sembra arduo il suo
incedere in salita,
non manca mai però
di porgere un sorriso.
In allerta tiene ogni
suo sensore,
in ogni mentre cupo,
come pecora sciolta
a brucar parole,
che rifugge a prima vista
la tana del lupo.

Un solo colore
La neve copre bianca ogni cosa,
sulle montagne tutto è tinto di un solo colore.
Le cime degli alberi,
purificate dalla neve,
bussano alle porte del paradiso,
cercando di spingersi oltre le nuvole.
Il tuo pensiero copre ogni altro,
nella mia mente oltrepassa
ogni altra cosa,
mi rende dimentico delle mie giornate.
I tuoi occhi mi rendono leggero,
mi sospingono nell'aria,
fino a bussare alle porte del paradiso,
ospite sgradito, forse.
Anche il mare sembra eterno,
virulento nel suo incedere,
sembra abbandonarci ai nostri
limiti di uomini,
soffocando la nostra idea di eternità.
Quello che sento per te
sembra eterno,
possente mi corrompe
l'anima ed il corpo,
si da sentire male per la tua assenza.
E il tuo ricordo non mi abbandona,
anzi umilia gli altri miei pensieri,
eterno, soffoca la mia identità.
Tutto si riveste di te,
coprendo la mia vita di un solo colore.

Muro di nuvole
Copre l'orizzonte questo
muro di nuvole
scosso da linee
ondeggianti di ali,
pace fugace
in questo giorno che sorge,
coperto di brividi umidi
in questa mattina
ingannevolmente serena.
Cullano i miei pensieri
queste onde ripetute
che portano pensieri
alla mia mente,
persistenti,
spargendoli come spuma
in solchi di sabbia
che scavano lor stessi.
Eterne…
Ogni cosa pare
così lontana
sfumata nel vento
rarefatto e obliquo
che traversa ogni mio giorno
e che sbatte contro
questo muro di nuvole
che coprono i miei ricordi,
scossi da voglie inespresse,
ondeggianti di ali,
miraggi di voli negati.

Se mi ami clicca mi piace
Siamo sempre noi,
quelli che cercano il sole
di mattina presto
e poggiano sogni sulle nuvole
per farle arrivare
alle stelle.
Camminiamo, scalzi,
sulla spuma selvaggia
di una notte di primavera,
scambiandoci parole inutili,
che ci fanno sorridere
e ci spingono a sguardi veloci,
che traiamo le mani
che si intrecciano, istintive,
inventano versi da scrivere sui tovaglioli
di una pizza rapita
tra i banchi di scuola.
E' cambiato l'amore?
Si è astratto sui cellulari e le dita
che dettano lingue sconosciute,
tronche ed ermetiche,
mosche impazzite
che disturbano il sonno
degli aridi sguardi
di fantasmi attorno,
sbiancati di giornate vuote,
che non conoscono battiti
e carezze, vuoti discorsi
su andamenti altalenanti di borse,
che vedono noveri
su anelli scambiati
a cavallo di ponti antichi,
traballanti di incuria.
Vorrei scriverti quello che sento,
su fogli dorati di bianca cornice,
mi vergogno un po' a dirti parole,
un parte di me che, inerte, giace;
ti fisso in posa, rassicurante,
ti mando un messaggio,
se mi ami, clicca mi piace.

Le lucciole
L'auto si snoda, sinuosa,
tra secoli di legno e campagna.
Le donne, chine sui sacchi,
formano schiere di fatica,
solo nei miei ricordi di allora,
come se non ci fossero mai state,
pudiche di grembiuli sulle ginocchia,
davanti alle porte delle case.
Mi copro d'aria neutra,
finto stato di benessere,
il braccio fuori dal finestrino
e vento che sfoglia i capelli
e i miei figli che non sanno
da dove nasce un fiore
e del colore delle gemme di primavera
che rivelavano la fine della scuola,
stridendo con gli ultimi esami.
Ci si incontra in luoghi astratti
o sui campi del cellulare,
costretti da regole di finte libertà,
che ci rendono uguali.
Giochi ossessivi di schermi artificiali
celano a chi ci seguirà
i segnali delle lucciole,
nascoste tra le siepi di notte,
profumo dell'estate,
di pomodori e olio verdone,
sotto l'ombra di un olivo incombente.

Le formiche
Siamo un passo da appendere ad una coda,
concime di strade abbandonate,
inghiottiamo verità sdrucite,
come pagine vessate da strofinii
ingialliti di fumo di secoli,
che abbiamo ingurgitato
sui libri di scuola,
stropicciando gli occhi davanti ad una finta alba.
Siamo stelle piccoline
in un cielo che può esistere senza,
file senza attrito, da schiacciare,
che non si sente rumore,
nessuno ha mai sentito
urlare le formiche,
serbano la dignità anche durante la morte.
Sogniamo galassie lontane da questo sole
e abbassiamo la testa
ai giorni costanti,
tanto a noi non capiterà
di incontrare sguardi gelidi
che son sempre di altri,
porte che si chiudono sugli occhi,
latte che cola su bocche tremanti,
di prima mattina,
un commento di giornale
stretto tra le mani
e finte rassicurazioni di un futuro
condizionato alla volontà del sole.

Io non ho paura
Non ho paura di morire,
so che sarà così.
Nessuno potrà togliermi i miei anni,
adesso ogni giorno in più
sarà un regalo.
Non ho paura di vivere,
è l'unica cosa che mi è permessa,
problemi, privazioni
e una gioia che non è più la stessa.
Ho paura, già, di non rivedere
gli occhi neri di mio figlio
e di non sentire più
il riso rumoroso di mia figlia
e te, che mi attendi da una vita
e mi guardi sottovoce,
per soccorrere il mio umore.

Al tramonto
Mi scopro, a sera, a percorrere il ricordo,
tardo,
del tuo viso;
Tenue e periglioso sollecito al mio vivere.
E' ormai lontana la mia speranza
e di un abbraccio
e di una parola,
fronda ormai secca dei ricordi.
Ignora il mio dolore la cicala
e canta,
sempre più incerta.
Si confonde il tramonto con le linee del tuo viso
Davanti ai miei occhi e,
lento come il sole,
volge dietro
la collina,
ad illuminare altre terre o altri amori.
E scuro si tinge il mio cuore…
anela ancora di colorarsi del bagliore del tuo sguardo.

Di mattina presto
Se ancora apprezzerò della natura i suoni
e il canto delle cicale alte sugli ulivi
e gli odori di campagna dei contadini
è perché sarò ancora innamorato di te.
Se mi faran ribrezzo gli orrori, la guerra e
l'odio che indurisce i cuori,
è per ciò che avrò da te.
Il pensiero volge agli anni trascorsi,
sentimenti eterni.
La rugiada scivola sui petali la mattina presto,
sonnolenta sfugge ai primi raggi di sole.
Scivola come contatto furtivo di bocche,
baci rubati, da portar via.
Come il tempo porta via i giorni,
i nostri giorni.
Sottili pensieri come fogli di carta,
bianca,
umori colorati di affetto.
Se ancora crederò nell'amore
è perché sarò ancora innamorato di te.

La luna nel blu della sera
Come è azzurro oggi il mare,
schiuma bianca,
carezza la spessa sabbia alla deriva.
Il vento frange le montagne,
da lontano sembrano blu,
mentre gli irti pioppi dominano le case del paese.
Come è azzurro questo cielo,
specie dopo che è piovuto e
tutto si risolve alla calma.
Senti dalle mani il candore dei petali delle rose,
ne odori il profumo.
Giorni rigati di dolore,
cerchi invano un ricordo grato.
E quando la sera il cielo cambia veste
e tutto dorme,
non muta la stanchezza dei tuoi pensieri.

I pescatori
Recuperano le reti i pescatori,
trapunte di sole e luna,
fresche di mare…
Il sale nei capelli,
tante notti addosso
con il freddo nelle ossa.
Le donne vincono la paura
stringendola negli scialli,
guardano quei gusci di noce che scompaiono
nel buio,
raccontandosi di notti trascorse tra la sabbia,
del dolore di chi non ha visto tornare
gli affetti usuali.
I pescatori remano sicuri,
parlano con la voce roca, rotta dal sale,
gettano le reti e stanno in silenzio o parlano piano,
del dolore di chi non ha visto tornare
gli affetti usuali.
Non c'è neanche la luna stasera,
le luci, lontane,
sembrano piccole fiaccole.
Il mare accarezza le barche, senza adirarsi stasera.
E' una notte come altre,
mentre si ritorna,
riva chiara sotto i primi raggi,
odorosa di caffè caldo,
notte trascorsa al largo, stanchezza che lambisce i volti
che parlano piano,
raccontandosi di notti trascorse tra la sabbia,
del dolore di chi non è stato visto tornare…

Se
Ci siamo scoperti a trascinar parole,
sfuggendo ai sospiri del tempo;
anonime ore a disegnare fantasie.
La realtà avvolge,
mesta,
tutto ciò che appare,
supplicando amore.

Una sera
Ricordo il paese,
quando ero bambino,
quando non l'avrei mai voluto abbandonare.
C'era tanta gente lì, seduta al buio.
Ci si mise anche la luna,
a sembrare ancor più maestosa,
tonda e prepotente,
a salir sulle nuvole,
mentre le stelle si smarrivano
tra le luci della pianura.
Sul lenzuolo acceso passavano le strade,
gli alberi, le case,
le chiese,
sembravano diverse.
Immagini di una volta,
sbiadite di ricordi, del paese che era.
Gente che non c'è più,
andata via o troppo vecchia per riconoscersi.
Bambini in bianco,
in processione,
riconosco mia madre…
Bambina in bianco anche nel cuore,
a mani giunte,
a ridere e a pregare.
Anima in bianco anche adesso,
starebbe ancora a ridere e a scherzare.
Il brusio della gente,
racconta le sue storie.
Dalla torre l'orologio veglia sulle nostre ore,
come una volta,
anche questa sera.

L'alba
Il giorno è ancora nascosto, lì,
a Crotone.
I pescatori intrecciano le reti
e il fuoco acceso sulla spiaggia
disegna sui loro volti ombre fugaci.
Il sole già contende il mare al buio della notte
che, lento,
si ritrae dietro le colline.
Le barche, confuse con il mare,
saltano sulle onde.
Svegliarsi presto è scoprire un mondo che sembra non esserci più,
riscoprirlo eterno,
immodificabile.
E' l'accavallarsi delle onde,
dei giorni, tempesta e calma.
Svegliarsi presto è ridarsi alla vita,
dimenticarsi
di ciò che essa è.

Dentro il vaso
Falla dentro il vaso e lavati le mani,
fai il tuo dovere,
rispetta il tuo vicino, le buone maniere.
Pubblico impiegato,
fannullone, sprecone,
il simbolo sei, dello stato
che respira a fatica, fiatone.
Non conosci la fatica,
lo stipendio, un regalo,
il sacrificio conosci, adesso, almeno.
Nessuno ha torto su di te,
chi ne parla e ne sparla,
è insindacabile, infallibile, un re.
E a quello tutto è dovuto,
a te nulla abbisogna,
un delinquente da mandare alla gogna.
Quello ti addita
alla pubblica prolusione,
che tu lavori è una finzione,
meglio sarà se del tuo feudo
sarai defraudato,
non hai ragion d'essere
e se tu scomparirai
altri faran per te.
La medesima cosa, allora si che
varrà la pena di essere presentata,
come opera d'arte, pregiata,
che se prima a nulla valeva,
ora giova e tale sarà rimunerata.
E chi prima si pregiava di odiarti,
ora non più s'accorge che più sborserà,
ingoierà tutto con sollievo e
tu piscerai, solo, contro un muro,
per sentirti ancora vivo.

Spread, dispread
Oggi il mio umore è alto,
l'ha detto la televisione;
dovrei sorridere come quei camei
che passano, indisturbati,
anime di un altro mondo,
davanti ai nostri occhi e
parlano di diritti che non ho più,
di sacrifici, sulle loro auto blu.
Masticano parole e destini
di nuove generazioni,
tagliano e ritagliano,
riempiendosi le bocche,
operai e scuole,
senza repliche o ammissioni.
Si può uccidere così,
lentamente, sogni e illusioni,
avanzando menzogne
che calpestano popoli
divisi da piccole beghe,
campanili fiaccati di secoli.
Dispread di cadaveri innocenti e
gente che non vive veramente,
come autostrade di rifiuti
in decomposizione,
che nascondono anche questo sole.
Anche la mia vita è una percentuale,
il mio umore dicono sia alto
ed io l'ignoro,
ogni sera, al telegiornale.

L'estate
Come nei libri di scuola
è arrivata l'estate,
un quadro di colore giallo grano,
una mano alzata a chiudere
in un pugno un soffio di vento,
che porta nel verde dei tuoi occhi.
E' arrivata l'estate,
secca come la terra che ci separerà,
che ti porterà via da me,
una mano alzata a imprecare
contro il vento.
Mutano le onde placide di questo mare,
si agitano come quel giorno
che le osservavamo dalla battigia
e io volevo abbracciarti
e non potevo…
c'era un vento gelido,
un tempo gelido,
che ti porterà lontano
e gelerà il mio cuore.
E' arrivata l'estate,
scivolerà tra le dita come sabbia,
come i tuoi pensieri
che mi abbandoneranno
in questa sperduta
estate giallo grano.

La sentinella
La coda s'impone di seguire,
ligia al suo indirizzo,
tenta di schiudere all'ordinario corso
il suo zaffato scrigno
che nell'inutil via s'affanna.
Eppur lieve appare
quando soffio di brezza culla
il dolce prosieguo del suo tempo
che quasi scalfisce
il suo contorno.
Non v'è scudiero più devoto
al fato, più attento di Talo
guardiano di Creta,
per riguardo al nome suo.
Dimentica per rigore
il filo del suo ritorno,
celere al suo obbligo,
stucchevole dedizione
e strepitar di fuoco
che vuol coprire borioso,
l'ondeggiar biancastro
di diverso mare.

La curiosità
Il sonno rompe,
di sangue altrui
rinvigorita zanzara
e del timpano ignora
la consentita stanchezza,
d'impeto infrangendo
forme e cristalli.
Il cuore vuol avere di farfalla
e l'incedere greve,
nel vano tentativo di chi appare.
Sbadata imprudenza
di commediante novizia,
a forzare soglie schiuse
e di campanello armate,
s'accora per nuove vane,
scava ancora con occhi a terra
e non s'accorge
del tetto che cade.

Vai via
Appari come un sogno stonato
del primo pomeriggio,
perso nell'afa dell'iniziale
caldo primaverile.
Un miraggio sfuocato
in un deserto,
una mano
tesa che si ritrae,
repentina.
Un labirinto senza uscite,
un puntino perso nel blu,
una scia di una stella
ad agosto,
un sogno sfumato,
appena sognato.
Vai via orgogliosa,
testa alta,
vai via da me,
lontano dagli occhi,
il mio cuore in frantumi.
Vai via da me,
un sogno stonato
che scompare repentino,
come una scia di una stella.

Il gioco degli scacchi
Le panchine del parco sono
vuote nel primo pomeriggio,
mentre la strada brulica di auto,
gente che si insegue fino a casa.
Sul tavolo di ghisa e mattoni
una scacchiera e un solo giocatore.
Assorto nelle mosse decisive
per vincere la monotonia,
gesti ripetuti, uguali nel tempo.
Tra le rughe degli anni,
barba bianca e nicotina tra le dita,
sembra masticare nel vuoto
dei denti smarriti.
Muove piano la pedina e si alza
lentamente, per assumere le
sembianze dell'altro giocatore.
Parla piano, da solo, come se
ci fosse l'interlocutore.
Tra regine e cavalieri finge
epiche battaglie, mosse a fatica,
per non farsi dare scacco dalla vita.

Sono già le nove
Cerco tra le pagine di un libro
una pausa della mia giornata,
mentre la schiuma della battigia
si confonde alle pagine.
Un giornale vecchio porta
ancora notizie nel vento
leggero del pomeriggio,
foto già viste di numeri
senza più cuore e anima,
fredde righe in bianco e nero,
morti senza nome e distinzione.
Visi stravolti di bambini,
che sembrano dormire,
in primo piano
sotto una pubblicità.
Una bottiglia galleggia
sull'acqua, come a portare
un messaggio d'amore.
Un pesce salta sul mare,
indeciso tra l'aria e l'acqua
e un gabbiano lo osserva
dall'alto, in agguato.
La sabbia mi copre già
i piedi, sulla battigia
confusa alle pagine…
sono già le nove.

Si parla d'amore
L'alba si fa attendere
dal giorno, vanesia,
come una ragazza
davanti allo specchio
prima di scoprire l'amore.
Anche oggi la speranza
non vuol morire,
in cerca del più bel fiore
in questo deserto.
La folla scansa i mendicanti
in ginocchio sui marciapiedi,
qualche sorriso smorzato,
perso tra le pieghe dell'affanno.
Ed il tramonto è ancor
più un rifugio di sogni,
un continuo vagare in cerca
di luoghi dove si parla
ancora d'amore.

Sedotti e abbandonati
Un fruscìo di vita
abbaglia la mente,
un sogno teso alle stelle,
sguardi persi nel vento,
trascinati dalla voglia di vivere.
Innamorati di questa vita,
scossi dalle onde dei giorni,
come marea d'inverno,
illusi in qualche sogno
sulle stelle d'agosto sospeso.
Giunti invano alla meta,
sedotti dall'idea di eternità,
siamo in ginocchio,
a implorare il tempo
a ritardare il momento
dell'abbandono.

Punto
Ti scriverò poesie
e te le dedicherò,
per farti capire quanto amo.
Te le scriverò sulla tua pelle
di luna chiara, di notte,
mentre sei nuda sul letto,
la mano soffice per
non svegliarti,
un bacio come punto,
alla fine.

Mompracem
Sono seduto davanti a
questo specchio di parole.
Immagino un posto che
è nella testa e nel cuore,
dove chiunque è libero,
nessuno è solo sulla
soglia della vita.
L'odio è bandito
Ancor più lontano,
l'amicizia forte
in una stretta di mano,
e tu ritorni ancora
verso di me, come sempre,
sguardi d'intesa senza parole.
Immagino e il sogno è
un tasto di piano, suonato
dal vento, sinfonia del tempo.
Immagino un posto che
è nella testa e nel cuore,
sfumato come un ricordo,
già perso nel riflesso
di questo specchio di parole.

La cena
Si incrociano gli sguardi
tra i vestiti per l'occasione,
come stupiti di riconoscersi
dopo questi anni.
Gesti sospesi nel tempo,
tra le pieghe dei capelli
curati per l'occasione.
Le strette di mano
mutano in abbracci,
la timidezza in risa aperte,
per storie remote e mai
dimenticate, anche nei particolari.
Anche lei non è cambiata,
quel suo sorriso di sempre,
per il quale ho tremato,
per il quale forse tremo ancora.
Il saluto è una stretta di mano,
che scivola piano, sudata,
come ad abbandonare per sempre
un ricordo breve, intenso,
che riaffiora un attimo,
breve, intenso,
a scolpire immagini
nel cuore, nella mente,
un brivido freddo,
caldo sulla schiena,
breve, intenso.

La balena
Un colpo di coda,
vibra sull'acqua,
gli spruzzi si alternano
sonori nell'aria.
Si inarca, possente,
in mezzo al mare,
si erge, s'affonda,
pare mai finire.
Regina del mare,
maestosa, curiosa,
occhi grandi,
attenti nei gesti
di madre affettuosa.
Vaga ancor più lontano,
verso l'orizzonte,
senza meta,
dall'alto sembra un puntino.
Una piccola essenza in
questo mare di vita,
che della vita decide,
che di nessuno si cura.
Sulla spiaggia si adagia,
il corpo è pesante,
si inarca spossata
sotto il peso degli anni,
inerme è la coda,
un coro di affanni.
Regina del mare
dai gesti maestosi,
la rotta è smarrita e
lo sguardo sfuocato
tra pochi curiosi.

Dammi un bacio
Parole che si rincorrono
veloci, si accavallano
e tracciano, confuse,
il filo del discorso.
Petali spuntati che
il vento trasporta
in un apparente nonsenso
di piccoli vortici e derive.
Ronzano, senza fine,
come insetti da scacciare.
Mi sento ormai smarrito
in questa babele di vocali
… dammi un bacio.

Cartone
Medito sulle ore,
abbarbicato su questi
sogni di cartone,
consumati di colori
sempre più sfumati.
Continuo il mio vivere
a passi felpati,
scosso da lampi improvvisi
di emozione, temporanei,
dove, smarrita, ritrovo
finanche la decenza.
E che questi sogni
mi accompagnino sempre,
come l'odore della zagara
nei primi giorni di primavera.

Il ritorno delle rondini
Voglia di libertà, voglia di spazio
e tempo, sesto senso degli uomini.
Sensazione che sembra sfiorire
con il passare degli anni, man mano
che la giovinezza si allontana,
come fosse propria di quella età.
E quella voglia forte di evadere,
e ciò che è stata per me,
sensazione e ribellione,
un bisogno mentale,
dove anche un piccolo sogno
aiutava a smarrirsi anche solo
nei meandri della mente.
E adesso, candeline in più da spegnere,
mi confondo ancora in questo pensiero:
cos'è per me la libertà?
Un bisogno fisico, una forza preponderante
che sconfina dalla mia coscienza,
abbandonando anche me stesso,
a piedi per il mondo, senza meta,
con la forza della solitudine,
con emozioni subito nuove, persone nuove,
poi subito da abbandonare.
E' questa mia voglia di sentirmi eterno,
vincere i miei limiti di spazio e tempo,
non saperne più dei giorni, delle ore,
alba, notte, pioggia e sole.
E' questa voglia di sfuggire a questo
male di vivere, sfinito dai limiti forzati.
E' questa consapevolezza del dolore
così diffuso e prepotente, mentre ognuno
si aggrappa alla vita, incolpevole dei suoi affanni.
E' questa primavera che ancor più me lo ricorda,
disegnando le stesse parabole di rondini,
così diverse e così uguali da tante primavere,
è il loro ritorno, il loro garrire la propria libertà,
è questo cielo azzurro che avvolge tutto,
giorni, ore, alba, notte, dolore e amore.

I soldatini di piombo
La bellezza della sera coglie a
tradimento anche i cuori più aperti,
mentre la luna luccica sul bene
e sul male, indifferente.
Adesso penso che mi sembra
inutile meditare su qualsiasi cosa,
mentre una bimba lotta con la morte,
fuoco su fuoco, all'impazzare.
Come può ancora essere così?
Mentre un bimbo crescerà vivendo
il terrore, l'immagine continua
della violenza, una natura che presto
apprenderà, farà anche sua,
per fare fuoco su fuoco,
come si fa con i soldatini di piombo,
che cadono, si rialzano, ricadono.
Che non si alzano più…

Guardando i tuoi occhi
Alzo lo sguardo e sorrido,
incrociando i tuoi occhi,
lentamente, per non perdermi.
Mare aperto, acqua salata,
deserto senza ombra,
troppo e niente, acqua e sabbia,
come sete, come non potere bere.
Guardo i tuoi occhi per sfuggire
al tuo corpo, al tuo sorriso,
per non perdermi sulla tua pelle bianca,
per non morire sulla tua pelle bianca.
E' già tardi quando mi accorgo
di essere già perso, naufrago
in questo mare aperto,
troppo e niente, senza timone,
come amare, come non potere amare.

Fuori piove ancora
E questa notte che non finisce mai…
cerco conforto in qualche rumore,
un indizio del giorno a venire.
La pioggia infierisce sui vetri,
allontanando qualsiasi barlume
d'alba e di gioia, calcando sul cuore
ogni respiro d'ansia.
Il tintinnio delle gocce si affanna
dietro quello delle ore,
imperturbabili, uguali,
che scorrono lente, tortura antica.
Neanche un rumore, un suono,
se non la pioggia, continua,
lenta sui vetri, imperturbabile, uguale.
Il vestirsi e l'uscire sono un unico atto,
mi ritrovo a camminare per strada,
infine sulla spiaggia di notte, mare nero,
anche la luna sembra scomparsa.
La pioggia filtra tra le luci dei lampioni,
batte sugli alberi, sulla strada,
sui miei capelli, mentre tiro un sasso in mare.
Fradicio, sono ancora a casa,
sereno, si da chiedermi perché l'ho fatto.
Mi rispondo un po' banale: per sentirmi vivo…
mentre guardo ancora fuori,
mentre fuori piove ancora…

L'albero solitario
Un battito di ciglia,un profondo
respiro,durano solo un secondo.
Forse meno,ma è bastato per
farmi ricordare un temporale e
il ricordo ha suggerito una
visione di luce nera e rossa e,
lì in fronte,un albero solitario
con un groviglio di rami tesi
a reggere gli sconquassi della
pioggia e dei lampi.
Improvviso irrompe il sole
sulla pianura dove,immobile
è l'aria. Karen Blixen nella
novella "I sognatori",racconta
che chi vive nelle città sia
attratto dalla forza di viaggiare
e di spostarsi.
Ovvero il desiderio e il senso
di portarsi avanti,dove vento
o forze contrarie non esistono.
Amo vivere nella mia città.
Ne vedo il profilo con la
sagoma della Madonnina.
Ma il pensiero che esista un
prato solitario,mi induce a
pensare che esisteranno
in eterno,nei miei pensieri,
i sogni "lampi luminosi"
della realtà.

L'amore
Ci si cerca nei versi di una poesia,
per riflessioni difficili da dire,
frenati dall'emozione di un incontro.
Ci si trova nelle stesse parole,
nello stesso sguardo di chi le ha scritte,
nel suono di un cuore pimpante,
nel sordo rumore di un cuore spezzato.
L'amore tra le righe spontanee,
il distacco colmato tra i versi.
Fiori spontanei tra i sassi spinosi,
immagini scolpite sui muri,
appena scalfite dal tempo che scorre.
I versi si accavallano, si rincorrono,
come luci di notte si allungano
sulla strada in un unico fuoco,
che scorre nelle vene del mondo,
che brucia la vita, che fa ancora
rinascere, nascere ancora.

L'amore precario
I ragazzi si tengono per mano,
non hanno bisogno di parole,
solo una bozza di sguardi.
Un bacio veloce,
quasi una carezza sulle labbra,
alienati tra le cuffie del call center.
Sollevano lo sguardo dalla
postazione e si cercano,
un gioco di mani, cenni furtivi.
I visi si abbassano di colpo
freddati da sguardi severi
per ritrovarsi un attimo,
impediti, come a ridere di un
pericolo scampato.
Spontanea giovinezza a tempo
determinato, stretta come
i jeans del sabato sera,
in pizzeria ad assaporare una
porzione di vita.
Spontanea giovinezza di ragazzi
che si tengono ancora per mano,
non hanno bisogno di parole,
mentre sognano una bozza di vita.

Il mare calmo
Di buon mattino lo si vede
già a scrutare il mare
come si fa con un campo arato,
esperto pescatore,
chiama le onde quasi
per nome, navigato cipiglio.
Il vecchio pescatore
volge lo sguardo in alto,
rimproverando le nuvole
di coprire il cielo azzurro
e parla solo, sottovoce,
gesticolando a braccia aperte.
Dispensa parole a chi gli
si avvicina, indicando le
piccole barche al largo.
Ognuno s'accosta con
reverenza, cercando consiglio.
Racconta storie antiche
come i suoi capelli bianchi,
aspirando lentamente la pipa,
colmando il vuoto del giorno
con l'alone di rispetto che
sfoggiano i suoi anni.

Uno sbatter d'ali
Il tempo è un salice piangente,
di nuvole copre le ore del giorno.
Ed io aspetto ancora che tu
sollevi lo sguardo e tracci una linea
verso di me, fiondando riflessi
di perdute sensazioni.
L'almanacco dei pensieri sfoglia
le pagine a colori dove ho poggiato
la mia vita, soffermandosi su
qualche punto nero.
E qualche cosa che ho detto,
quello che non ho fatto,
non può stonare queste note,
il suono dello spartito che
seguiamo da sempre.
La speranza che ogni nube duri
uno sbatter d'ali e sfinisca
remota, relegata in un canto
anche nei ricordi.
Ed io aspetto ancora che tu
sollevi lo sguardo e tracci una linea
verso di me, mutando le sensazioni.

L'indicazione
Bisogna mettersi in colonna
in questa vita, seguire la via
già tracciata da chi è avanti,
per non perdersi…
la scia, passo dopo passo,
sull'orma che precede.
C'è chi resta ai margini senza
alcuno che se ne accorga.
Chi si immette in strade diverse,
senza che altri si ravvedano
se non quando è già lontano,
già avanti, irraggiungibile.
Altri ancor ne criticano la
scelta, eppur s'accodano,
per non essere da meno.
Cerco invano un'emozione,
un approdo per continuare,
chi mi sollevi dal marciare peregrino,
e mi regali un'indicazione.

Il chiodo
Monotono sfogo della fantasia
che si anima ad ogni sospiro.
Anche la coscienza pecca di orgoglio
e stona tra le ore del tempo,
rinsecchita foglia di un autunno cupo.
Invano cerco scampo tra le righe
del giorno, automa in movimento,
menando la mente come una
mosca fastidiosa.
E' un assalto ad ogni risveglio,
un mantello che copre ogni
soffio di allegria.
Uno spiraglio ogni tanto si apre
e s'intravede un'uscita.
Cerco sempre una nuova emozione,
ancora, ancora fino a sfinire.
Un bivio senza alcuna segnalazione,
la strada da prendere è un'alea,
un terno, forza o depressione.

I passeggeri distanti
Intarsio di visi sfocati dal tempo,
avvolti nelle teche ormai
sbiadite di filmati in bianco e nero.
Scheletri denudati di anima
e carne, deportati dalla storia,
di filo spinato piagati.
Numeri in pagine senza filo
né voce, affollati in un nugolo
di scarpe sopra i forni crematoi.
Sfollati dal mondo, viandanti
frenati alla metà di un viaggio,
meta di un delirio collettivo.
Un ricordo saldato sulle braccia
di chi è sopravvissuto,
un numero impresso in memoria,
solo un numero…

…Ricordarsi di sognare al tramonto
L'assidua forza dell'amore
rovista tra i limiti della vita,
in cerca di spiragli nuovi.
I sogni fan capolino ancora
tra le prime rughe, incessante
richiamo a formicolii giovanili.
Le emozioni sono appunti per
il giorno dopo, post it per l'anima,
chiusi dietro un vetro,
in compagnia di qualche ricordo.
Maledetto giorno che muore
lento, si prostra alla forza del
tramonto ed eclissa ogni aspirazione.
Come colomba bianca
affranco ancora le mie idee,
lontano, ancor soffici e leggere
da stare sulle nuvole.

L'orsa maggiore
L'orsa da secoli scappa dai tre cacciatori,
persa nel blu dell'emisfero nord.
Ognun la vede sotto proprie spoglie,
riferimento di ogni cammino,
chi cammella di collo dorato,
chi nello spazio perenne
per condanna di Artemide
abbandonata.
Così ognuno traccia il suo Dio,
plasmandone la religione;
e se di Lui ha perse le tracce,
s'aggrappa alla coda dell'orsa
e riparte, cercando un credo,
nell'immensità dei secoli.

L'inganno
Un grande amore impone
la propria illusione.
Pianta spontanea che buca
anche il terreno più arido
e da sola vive,
nell'inganno palese di una
breve giornata di sole.

L'arte
Oasi essenziale dell'anima,
nettare trasportato dal vento,
un ritocco del pensiero, un vezzo
dell'anima, elusione dell'essere.
Albatros, artista del volo,
lima le scie nell'aria,
ellissi che si perdono nell'azzurro
come un'idea trascurata in un
foglio da disegno,
goffo relitto in terra, impacciato.
Sfogo del male di vivere,
sfoggio della gioia di vivere.
L'arte, occhi di gatto brillanti al buio
che rammendano di luce l'oscurità,
rinchiusi in cornici di piccole
storie amene, relitti di vita.
Non ci si accorge che essa
ci si porge come un'innamorata
incompresa, che piange sul
petto di un uomo insensibile.

La salita
A mezza via ci si ferma sempre.
La mente sfiora gli anni a venire,
sperando siano petali da sfogliare,
indugia su qualche pensiero antico,
assi di bilance squilibrate,
pesi da aggiungere o levare
a quadrare sui pesi degli anni.
Il coraggio è sempre lo stesso,
il corpo comincia un po' a mutare,
forza e smarrimento si confondono
a qualche capello bianco.
Le emozioni sono misurate,
tasselli per ogni muro,
soppesate, come quadri alla parete
pendono da qualche lato.
Mi sento all'inizio di una salita,
tornanti a pendenza grave,
da affrontare con l'incedere greve
di chi ha già camminato tanto,
sperando di arrivare ultimo all'arrivo,
con la compagnia del tempo.

Un sorriso per tutti
I guanti di lattice, sporchi di sangue,
testimoni di giornata, si intrecciano
ai cavi delle flebo.
Il campanello, suono sordo e assordante
lamenta l'ennesima chiamata:
camice bianco e passo svelto
l'infermiera si avvia verso il lettino.
S'adopera con mestiere, i gesti
tranquilli che stonano con il viso stanco.
Ad ogni suono un sorriso,
un corredo alla competenza,
una carezza, una parola.
Si convive con la
morte che incombe,
girone infernale,
qui in corsia, dove la paura
lascia il passo all'umanità più
autentica.

Il sud del sud
Lo sguardo si perde nella pianura,
tra filari di piante di pomodori.
Gli uomini, già dall'alba, stanno
chini, i gesti ripetitivi e svelti,
corrosi dalla calura del giorno.
Non parla nessuno.
E' già buio quando si alzano
e vanno via, camminando piano,
in fila, verso baracche diroccate.
I visi scuri si confondono
tra le piante di tiglio, mangiano
qualche avanzo del giorno
precedente.
Non parla nessuno.
E mentre il sole riscalda ancora
terre lontane son destati
dai caporali: come deportati
salgono sui fuoristrada e si siedono
come avessero ognuno già il posto assegnato.
Non parla nessuno.
Altri aspettano in piazza,
mentre un uomo li squadra
e si avvicina stimandoli come
si fa con i cavalli.
I cenni sono silenziosi, conosciuti,
una lingua comune.
La scelta avviene in fretta,
non c'è tempo da perdere:
come deportati salgono sui fuoristrada
e si siedono come avessero ognuno
già il posto assegnato.
Osservo la scena da lontano,
non ho parole.

Il sole tramonta sempre dallo stesso lato
Il tempo scorre e corrode anche i sogni.
I gabbiani si puliscono sulla spiaggia
allungando il becco tra le piume,
una donna li osserva dal balcone,
sorseggiando un caffè.
Le auto già si rincorrono lente,
soffocate tra i sensi unici.
Il mio orologio sembra fermo
al giorno precedente, mi muovo
solo leggermente in ritardo.
Chi con animo sereno, chi fiero
o adirato, in fila ognuno con il proprio
fardello ci si affanna per strada,
un andirivieni complicato,
come formiche operose,
un vortice di visi confusi nel giorno.
E non ci si accorge dell'ora che
muta, intesi a rincorrere il tempo,
cercando di non essere schiacciati
da un piede distratto.

Le bambole
Le ragazze sono in fila,
sui marciapiedi, come prodotti
esposti in un supermercato.
Mercanti, alle loro spalle,
stabiliscono la posta per la loro
vita, mentre code di auto
concordano il piacere proibito,
con sconto di prezzo.
Violano il paesaggio che si
adagia sulle finestre della gente
perbene, mosche da scacciare,
prima di cadere come piccoli
pesci in ipocrite retate,
sollievo di coscienze conformiste.
Il trucco evidente si scioglie
nelle lacrime da ostaggio
in catene, sugli sfoghi affannati
dei passanti interessati,
tra i rovi del parco buio.
I lividi sul braccio fanno ancora
male, mentre ci si abbraccia
in cerca di consolazione,
mentre dalla borsa aperta
cade una foto un po' sbiadita,
visi sorridenti in un posto
e un tempo lontano, troppo
lontano per tornare indietro.

La percezione del sale
Le note di Bach danno il benvenuto
all'alba, violini nascondono il
fragore delle onde, in basso
al dirupo.
Una donna declama versi di mille
anni fa, rinnovandone l'eternità,
tra muri antichi, residui di civiltà.
Non credo di essere al sicuro qui!
Come destato inaspettatamente
percepisco di colpo la vitalità dei
miei sensi, dimentico della fatica
dei miei giorni uguali.

La coppa di gelato
Una giornata un po' così,
che va piano a sfinire nel tramonto.
Penso di affogarla in un gelato,
piccolo entusiasmo familiare.
Rivoli di cioccolato scivolano
fondendosi alla panna,
alternando colori e sapori.
La nocciola si adagia sulla cialda,
maestosa, a primeggiare nella coppa.
Il cucchiaio si perde nella panna,
risale intriso di sapore,
chiudo gli occhi, elegia del momento.
Pian piano il dolce pesa in pancia
più ancor che nel bicchiere,
l'ingordigia s'avanza sul piacere,
una soddisfazione mentale.
La panna elude gli ultimi pensieri,
mentre dibatto di pistacchio,
di rhum, dei giornali di ieri.
E sull'ultimo pezzetto di cioccolato
rivolgo lo sguardo al conto presentato,
e quando anche tu sei sgomenta,
già il dolce mi abbandona per il salato.

E adesso ammazzateci tutti
Anche un fiore sbuca l'asfalto.
Un cuore solitario si immerge
nella musica durante la notte e
fa sobbalzare sul letto anche
i cuori più aridi.
Un drogato è forse un malato
di solitudine, un anziano
si lascia andare su una panchina,
due giovani si promettono
un amore a vita,
smarriti tra le foglie sbattute
dal vento.
Un eroe dei nostri tempi,
rimpianto in una chiesa, viene
avvolto nella bandiera che gli
ha rubato la vita.
Striscioni in bianco sfilano
per strada, vogliono scrivere
da soli le loro vite,
perché questa terra non
può essere solo una pallottola
vagante, ma una promessa di
ideali recuperata tra i rifiuti
gettati in mare.

Terra
Se cerchi la felicità non
inseguire l'onda che da essa
ti può portare, poiché la notte,
crudele,
ne cancella la scia.
Rammenta, la felicità
è l'onda stessa.
Fermati alla strada di mezzo.
Non farti reprimere nell'amare.
Colpa minore è amare su questa
terra, essere attratto dalla bellezza.
Se vaghi al buio,
incauto tra i rovi della vita,
cercando eteree sensazioni,
fai del coraggio il tuo scudo,
per non restare muro di sola terra.

Pensieri dispersi
Amo la vita,
amo i colori del giorno,
la natura rinvigorita
dei primi giorni di marzo,
le immagini che mi richiamano
le canzoni,
i ragazzi che marinano la scuola
per godersi i primi raggi
del sole sulle spiagge.
Amo ricordarmi che ogni giorno
può essere un ennesimo
restare vivo nell'anima,
un nuovo patto con la vita,
anche quando questa pare
si dimentichi di te.
Amo le rondini che in primavera
rifanno il nido allo stesso
posto, le carezze che anche i
leoni regalano alle loro piccole fiere.
Amo i sorrisi dei miei figli,
i loro disegni, alzarmi presto
per andare a correre in riva al mare,
i gesti usuali di ogni giorno.
Amo te che mi stai sempre vicino,
che mi ricordi il vero senso
di questo mio vivere.

Il senso della vita
Non c'è perché in questa vita,
solo una bozza di interpretazione.
Navi in crociera seguono
la scia del sole sul mare,
mentre a fianco traghettano
vite di immigrati in un cassone.
Vagoni di tenerezze s'accompagnano
a Lourdes, cercando il riflesso
delle loro speranze, linfa nuova,
nutrimento dell'anima.
Un vento fatidico nega l'infanzia
ad un bimbo che con la sabbia
costruisce mattoni per le case
che mai conoscerà,
un altro muore per pochi spiccioli
di fame, per una negazione di civiltà.
Il clero frena ogni evoluzione,
ogni ritrovato, contraccezione,
mentre un feto nascerà già privo
di una vita normale.
Come falchi in picchiata
ci avventiamo sui mondi in costruzione,
sperperando finte libertà,
depravati benefattori di
adolescenti in catene.
Terroristi da nobel si stringono
le mani in mausolei di lusso,
mentre le vite di giovani madri
scoppiano sulle buste della spesa
nei mercatini ad oriente.
E' davvero questo il senso della vita?

Una rosa sul davanzale
Paola sta in casa di sera,
dipinge quadri, stelle nel blu,
paesaggi asfaltati di sogni.
Si sveglia ancor prima
che il sole, imbraccia lo zaino
e legge sulla metro,
diciotto fermate,
diciotto pagine d'amore.
Timbra ognuno dei
suoi anonimi giorni,
spruzza la vernice sui cofani
delle auto, vorrebbe farli
a colori, come i quadri la sera.
Poi divora un panino con le
mani ancora di grasso,
tra i rumori dell'officina.
Un diploma in un cassetto,
come un calzino rivoltato,
sfiorito dalla muffa.
Smessa la tuta, imbraccia lo zaino
e legge sulla metro,
diciotto fermate,
una pagina d'amore,
troppa la stanchezza.
Lava il giorno sotto la doccia
e dipinge quadri, tra le mani
i segni di grasso.
Guarda sul davanzale
il vaso con la rosa gialla,
ricordo di sua madre.
Le si avvicina, sussurrando
piano, per farsi compagnia,
senza disturbare.

Il sole d'oriente
La bambina scende dall'autobus,
bianca, emaciata,
grande fiocco in testa.
Sul viso pallido un acceso
sguardo azzurro.
Smarrita, corre incerta
verso mille braccia
protese, la sua nuova casa.
Una mamma, rinnovato
affetto, il suo sorriso:
come un fiore mai visto,
nella spenta camera
dell'orfanotrofio di Minsk.
Osserva la sua nuova
cameretta e chiede quanti
altri bambini dormiranno
lì con lei.
Sfiora le bambole come per
non sciuparle, sorride timida.
Disegna fiori, alberi, case,
ogni tratto delle sue giornate,
nuova vita a colori.

1994
Tutti in fila, l'ansia di sapere.
Un solo posto in palio,
tante anime in attesa.
Guardo la sfilza di nomi,
dal basso in alto,
sperando di incontrare il
mio nome alla fine.
E più lo sguardo sale,
più l'emozione mi assale.
Sono il primo della lista,
il vincitore.
Troppo felice per notare
le facce tristi intorno a me.
Una ragazza si avvicina,
mi sussurra un complimento.
Una laurea raggiunta a fatica,
studio e lavoro, in una stazione.
Dopo aver saputo il suo nome,
guardo la lista, è in seconda posizione.
Passati due mesi, abbandono
quel lido per approdare
in altro porto, lì lascio un po' di cuore.
Chi andrà al posto mio?
La seconda in posizione.
Mi ricordo di quel viso,
adesso lascerà la stazione;
vado via con un sorriso.

Un battito
Fedele alle mie certezze
ho incrociato per un tocco
i tuoi occhi,
pirata all'assalto.
Trafitto da dardi
di gelido freddo,
disorientata coscienza,
mi son smarrito
e son scappato via,
arguta ritirata,
prima di finire
tra i tuoi sensi.

Le foglie secche
Le mani si stringono come petali
di rosa al calar del sole,
gli occhi sbarrati sulle prime
ombre della sera,
immagini di carezze lontane.
Lunghe ore a forgiare
la propria esistenza
in incombenze anonime,
automi plasmati
da colletti bianchi
sfornati in serie.
Come numeri da estrarre,
gramigna da estirpare,
siamo un insieme
di latenti individualità,
coscienze di periferia.
Figli della stessa pianta,
foglie secche da calpestare
o sbattute dal vento.
Mascherati passanti del mondo.

L'amore scappato via
Rinchiuso sotto il peso
di fatali giorni,
smarrito profugo senza nome,
piegato all'ambizione perversa
dell'odio.
Hai generato l'uomo ed
egli ti ha ripudiato,
scostato, seviziato.
Di secoli ferini hai sofferto,
respiro affannato di
abbandoni e pianto.
Ostinato hai perdonato,
imperterrito, spossato.
Hai sperato nel soccorso
dei poeti, aggrappato a
qualche strofa sfuggente,
tra liriche e canti.
Hai perso battaglie,
storie, ragioni.
Ti sei smarrito negli occhi
di soldati in guerra,
marionette senza fili,
in occhi di bambini
senza colpa,
sfregiati dell'infanzia,
in sguardi non corrisposti,
aneliti di vita soffocati.
Sei scappato via,
a cercare i fasti smarriti,
senza più voltarti.

Il re
Il re è inquieto,
angustiato dai pensieri.
Il grano costa assai,
son suoi tutti i granai.
Le sue notti son sofferte,
di rimorsi sempre accesi.
Pasteggia col sangue
dei suoi giovani in guerra,
a morire di democrazia.
Il re è tormentato,
angustiato dai pensieri.
Proclama il libero pensiero,
i giornali tutti suoi.
Non paga tasse,
non è dovuto,
se qualcosa deve restituire,
l'editto è pronto,
non è più reato.
La sua bontà non a tutti è nota,
c'è chi ordisce alle sue spalle,
perché vaneggia di parlare,
lamenta di mani protese,
fame del popolo,
plagio e libertà.
Per il re una persecuzione.
Lui fa felice gente di ogni età,
chi ne dice l'opposto,
semina odio, lesa maestà.

Il perfido
Hai paura delle domande.
Hai paura delle risposte.
Nascosto nell'ombra
dei tuoi anni passati,
perfida quercia di piombo,
scrigno eroso dalle altrui preghiere.
Respingi ogni anelito
di sentimento come riflesso
sgradito, serrandolo,
sottovuoto del tuo egoismo.
Sfuggi a ciò che può
essere amore,
vento di libertà.
Il male è il senso della tua esistenza,
la cattiveria la tua essenza.
Meschino, che hai perso
il senso della vita…

La sindrome di Stoccolma
Altezzoso, spruzza sulla neve
uno sbuffo di nera pece
rivendicando il proprio scettro.
Etna maestoso, incalza il mare
e con esso concorre in splendore,
distoglie la mente e incanta.
Monarca della vita e della morte,
domina le case sparse
sui pendii, gemme di suffragio
alla propria magnificenza.
Lo sguardo in ostaggio già da lontano,
mai così lieto prigioniero
in prigionia.
E tutto vive con lui,
estasi e fascino,
tutto con lui può morire.
Ed i segni sono evidenti del
suo incontrastato passaggio,
figlie sue dilette anche le scogliere.
Il mare si agita e si ritira,
sembra ardire anch'esso per la sua
attenzione, attende il sortilegio
di un suo messaggio
di infuocato lavico pianto.

La luce di Marte
Un flash: un passo, una parola,
un gesto, come fosse già vissuto;
un'esplorazione della mente,
in antri ancora sconosciuti.
Attendi una frase, un segno
e lo determini nelle sue
fattezze ed esso così si manifesta,
senza sorprese.
Un senso di smarrimento,
uno squilibrio tra realtà
e sogno.
Medito sulla maestosità
dell'universo, guardando la luce
di Marte, imperterrito riflesso
fino a mattina tardi:
dove ha termine tutto questo?
Quanta distanza tra noi e la verità?
Un senso di smarrimento,
uno squilibrio tra realtà
e sogno.
Una condanna questa finitezza
di vita, questa finitezza di pensiero
che smonta qualsivoglia anelito
di infinito.

Come Steve Mc Queen
Lo sguardo sobbalza
sui pensieri e si dilegua
come sabbia tra le mani.
Come un piviere dorato
a difesa del proprio nido,
siamo asserragliati in questa
piccola isola di speranze,
sperando nella benevolenza
di qualche gabbiano.
Baleni di anarchico svuotamento
dei sensi, frammenti di coraggio,
ci consentono di cimentarci
ancora in dedali fantasiosi
che sfiniscono però nondimeno
in questo confine di vita:
ci si tuffa dalle scogliere come
Steve Mc Queen in un vecchio film,
per cercare di nuotare contro corrente,
sperando di sfiorare per un attimo
un anelito di vera libertà.

San Gimignano
Da lontano le torri
sfidano lo sguardo,
imponenti.
Davanti le mura,
come moderni cavalieri
violiamo l'antico viale,
abbagliati dalla luce del
sole che rimbalza sui porticati
che s'affacciano sui negozi
e sulle osterie.
Nell'albergo tutto riporta
all'antico, compreso un
vecchio libro posto su un
piccolo tavolo, accanto al
letto di ottone.
Prigionieri volontari
di queste mura,
camminiamo sperduti,
lo sguardo in alto,
a fuoco sulle torri.
Anche la campagna intorno
sembra mentire al tempo,
profuma di antico.
Odori dimenticati,
piccoli brusii, gente che si chiama
forte, per nome, sulla strada.
Davanti ad un negozio
di vecchie armature,
spade e stemmi, immagino
la gente come fosse nel medioevo.
La sera, artisti per strada
infieriscono sulle mie fantasie,
figure e luci in un buio colorato.
Mentre andiamo via,
un ultimo sguardo alle torri,
in alto custodiscono un pezzo
del nostro cuore.

Parole
Parole che avrei voluto scrivere,
nascoste nella coscienza,
in dissonanza con la vita.
Parole spalmate in un discorso
senza tempo, vestono di colore
attese e rimpianto.
Parole mai sopite,
accese al calar della sera
a riscaldare i pensieri, come
intorno al focolare.
Parole selvagge,
primitive rivelazioni.
Parole di coccio,
fragili armature di cuori stanchi,
parole che si inseguono
come ragione alla deriva,
si sfiorano un attimo
ed echeggiano lontano,
come richiami di balene
persi nell'oceano.

La rotta
Chissà cosa alberga
nelle tue illusioni,
mai arreso coraggio agli anni,
resisti ai giorni
e imperterrita ami.
Veliero senza scorta,
onda cavalcata senza paura.
Sei vita che vira
ancora e ancor riparte.
Senti la pace solo sotto
un tetto di sogni.
E io sogno con te…

La partita
I ragazzi, sui rami del ciliegio
si puntano l'un l'altro
sputandosi i noccioli addosso.
Pietro pavoneggia la bici
con le marce, sembra una moto,
si lamenta che tutti vogliono
fare un giro.
Mentre un cane si affanna
a inseguire tutte le auto,
ci si attarda a far le squadre
per una partita di pallone,
i sassi a far da porta.
Vecchi ricordi…
Dopo tanto tempo
l'estate sembra ancora uguale,
salvo che per i nostri anni.
Tanti ragazzi in piazza con
i motorini, anche Pietro
è tornato, lavora al nord.
Un saluto veloce,
poi ci si attarda a far le squadre,
per la solita partita di pallone,
come se nulla fosse accaduto,
ancora i sassi a far da porta.

Il ladro
Furtivo,
affina l'udito come a carpire
ogni piccolo rumore,
fruscio o soffio.
A passo lieve tra i viottoli,
segue, prostrandosi,
le lunghe file di formiche,
scegliendone una per carpire
il segreto del suo viaggio.
Dirige lo sguardo su ogni
fiore, albero o sasso,
impastando le forme
delle nuvole a proprio piacimento.
Arraffa ogni colore,
forma o sapore,
ogni sfumatura,
respiro o fantasia.
Poi chiude gli occhi
e a braccia aperte aspira
ogni soffio di vento,
ogni momento, ogni pensiero.
Raccolto il bottino,
ritorna sui suoi passi
e, impunito, scappa via.

Il comizio
I camion si inseguono già di buon mattino,
lustrano la piazza e le vie attigue
alla luce fioca dei lampioni.
Il parcheggio sembra sparito,
come inghiottito dal catrame.
Una filiera di piante
è radunata come un battaglione
in parata, copre finanche
il cancello dei piccoli giardini.
Sul lampione un altoparlante
fischia sonoramente
facendo volare via i colombi
sul tetto della chiesa.
I cani, smarriti anch'essi come
i padroni, cercano uno spazio amico
per poter soddisfare i loro bisogni.
Uno sventolare di bandiere,
uno stringere di mani…
Tutti attendono le messianiche parole,
mentre attenti accoliti
mantengono libera la via
tra la strada e il palco.
La folla si anima ad un tratto,
il brusio si mescola all'ultimo
fischio dell'altoparlante,
fino a sfinire nel silenzio.
Ogni parola ha l'effetto
di un assenso, un tono un po' più alto
l'invito ad un applauso.
E' tutto sfiorisce in qualche minuto,
la folla si dilegua dopo
un ultimo saluto.
Anche le piante
vengono portate via,
composte su un camion,
battaglione in ritirata.
Un anziano si smarrisce
nella piazza vuota,
così tanti posti liberi
che non riesce a parcheggiare
la sua auto.
Un cane scodinzola fino
all'ultimo lampione,
lì dove prima uscivan
ad alto volume le parole:
annusa, fa pipì e va via.

Degli alberi le foglie
Dimmi cos'è il vento che porta
via le foglie.
Dimmi perché l'orizzonte
si ostina a colorarsi ad ogni alba.
Dimmi cos'è che mi spinge
ad andare piano mentre tutto
corre intorno.
Dimmi perché mi batte forte
il cuore per un vecchio film
in bianco e nero.
Dimmi perché sono qui
a cercare nei tuoi occhi
le mie verità,
anche dopo tanto tempo.
Dimmi perché un fremito
scorre sulle mie spalle
come un fiume in piena,
quando ti bacio,
come vent'anni fa.
Dimmi solo che mi ami.

Sahara
Facce uguali,
confuse al buio.
Magliette color sabbia,
pigiate sui fuoristrada,
soffocate dal vento del deserto.
E lo stesso vento che
allontana i ricordi,
i genitori, le piccole baracche.
Racchiuse in un borsone
le aspettative di una vita migliore,
a inseguire miraggi
visti in televisione.
L'esistenza in mano a gente
senza scrupoli,
mercanti di schiavi.
L'agonia di un posto di blocco,
confine di libertà,
in balia di chi la legge dovrebbe
rispettare.
Vogliono i tuoi risparmi,
forse la tua anima.
Sferzate al fisico ed alla morale.
Le frustate fanno male,
la dignità impone di non urlare,
la voglia di farcela più forte del dolore.
Una ragazza si vende per conseguire il fine,
un'altra no, antepone l'onore.
Mercanti, deserti e l'abisso del mare.
Fredde notizie al telegiornale,
gusci alla deriva,
sovraccarichi di speranze.
Buttati in acqua
come reti vecchie,
inutile fardello.
Statistiche inutili
di esperti in discussioni.
Una ragazza copre in grembo
una speranza nuova,
premuta tra vecchi ricordi
e nuovi desideri.
Figlio del deserto,
saprà forse domani
di questa antica terra,
da dove è nata la speranza
di chi l'ha concepito.

Pioggia
Nuvole d'inverno,
malinconie invise alla speranza.
Pensieri che si affrettano
nella mente
come persone che rientrano
veloci a casa,
furtive, a raggirare l'impeto
della pioggia.
Ora tintinnio soave,
ora tonfo sordo contro un cartone
abbandonato,
come questo sguardo che
sbatte sul vetro di una finestra,
tra me e la strada.
Goccioline invadenti
si inseguono fino al suolo,
sui tetti, sugli alberi,
come giorni uguali delle nostre vite,
ora tintinnio soave di emozioni,
ora tonfo contro avversità
incombenti.
Siamo ancora ad aspettare
che prevalga il sole,
e che le nuvole fuggano via.

Le grandi firme
Cerco di sfuggire
alle notizie della sera,
mentre mangio,
stasera vorrei nascondere
la mia anima sotto il piatto.
Adesso la pubblicità
ostenta i soliti visi sorridenti,
tutti sono felici.
Un attimo!
Mi soffermo,
pane in mano e sguardo ovale…
mi rassegno,
anche stasera dovrò
pagare dazio alla mia coscienza.
Una specie di apostrofo disteso
dipinge il mio volto,
gradevole, comodo, confortante.
In quel paese remoto
è stato fatto,
tante mani lo hanno prodotto.
E da quel paese ciò che viene
viene denigrato,
non ci appartiene,
solo quando il nostro mondo
la firma appone,
tutto è buono, è regolare.
Penso a quelle mani mal pagate,
sfruttate a tessere o cucire,
catene umane di montaggio.
Cortesia infame di gente
dedita al guadagno
pronta a trarre maggior vantaggio
da ogni situazione.
Provo a immaginare
quell'apostrofo disteso
come un sorriso felice
di uno di quei bambini
che invece di cucire,
hanno imparato a giocare.
Mia figlia mi interrompe,
"che sei incantato?",
…continuo a mangiare.

L'altro me
Riesco a volte
a vincere da solo su certi ricordi
che, spossati, si palesano alla mia mente.
Spinti dentro ad una valigia,
pigiati e confusi,
riottosi all'essere abbandonati.
Per istinto sfoggio un sorriso
mentre la coscienza si affatica
a fare un bilancio della mia vita.
Affresco i giorni
come mare calmo o in tempesta,
sempre attento a non affogare.
Sono l'attimo recondito
in cui ognuno trova rifugio,
nessuno crede alla mia fragilità.
Nel mio sorriso tutti trovano conforto,
la battuta ilare,
il gesto affabile.
L'allegria è un'arma a me rivolta,
una menzogna della mia coscienza,
ovvero le sembianze del mio istinto,
un appiglio che mi sorregge.
In questo soffio di vita,
è un regalo anche per me.

Chi è libero ?
Vite sperperate,
perse in sogni remoti,
foto scalfite dal tempo
come sagome corrotte
dall'arbitrio di dei onnipotenti.
Greggi ammansiti,
inseguiti da lupi famelici,
verità celate,
inutili manifestazioni
di solidarietà.
Lo sfoggio di democrazie
tormenta nei telegiornali,
tedio dei popoli,
agita gli animi come
fiumi in piena,
alla deriva.
Gomitoli di storie
smarrite in attimi di disattenzione
a inseguire miraggi ingannatori.
Qualcuno cerca rifugio
nella propria immaginazione,
sostenuto da rantolii di fede
e smorza le fatiche
e le emozioni disperdendo lo sguardo
nelle premure quotidiane.
Poggia a sera la testa
su un cuscino di fantasie
e spera in un nuovo giorno.

Virgola
Avanti ancora,
imperterrito marciare
contro questo tempo,
senza riflessione.
Avanti ancora,
imperterrito agire
contro questo vento,
che a volte frena
a volte incalza ostile.
Avanti ancora
senza fiato e volontà,
talento dissipato
a inseguire il nulla.
Avanti ancora,
non c'è tempo nemmeno
per pregare.
Adesso… virgola,
sono pronto per la pausa,
mi voglio riposare.

La poesia
Foce di pensieri,
mimica della fantasia,
senso estremo di vitalità.
Sentinella del pensiero,
occhio vigile della coscienza,
specchio dell'anima.
Si mostra nelle sue fattezze
e tutto manifesta:
anche la solitudine si perde
tra i suoi sentieri,
la tristezza arranca per le sue ascese.
Alto crepita a volte il suo grido,
prepotente vince anche
sulla grettezza della vita.

L'antilope e il leone
Scappa scappa
fuggi fuggi
dove il tempo non ha senso,
nessun valore.
…L'anziano guerriero
esce dalla baracca,
l'incedere lento,
lo sguardo trafitto
dal primo sole.
Corri corri
sacche in mano
corri veloce
afferra il treno,
insudiciato dai tuoi giorni uguali.
…Il vecchio mima i centenari gesti
e le parole: parla al figlio lontano,
che corre dietro un treno.
Gesti senza tempo,
che il tempo non misura,
non delimita.
Scappa scappa
fuggi fuggi,
partito per onore,
in cerca di un futuro,
lontano dal grigiore.
…Adesso fermati:
guarda il mare,
lontano,
al di là,
c'è un vecchio cuore.

Essenza
Filo rosso aggrovigliato,
amaro vigore brandito
in un calice antico.
Con spasimo ricerco
il nucleo della verità,
in una nube di sofferenza.
Filari di anime
torte dai loro sensi
mirano stupite la vita.
Ancor più che adesso
essa è(s)senza amore.

Adesso non ho sonno
La finestra chiude fuori
il tuono che si accanisce
sui palazzi a fianco.
Immerso nei pensieri
mi affaccio sul letto,
poi chiudo gli occhi,
come a cancellarli.
Mi giro di fianco,
poi a faccia in su,
tento un sogno,
a cavallo dell'ansia
che mi assale.
Gioco a scacchi con la noia
del buio,
incoraggio il riposo
con lievi pensieri,
e aspetto la prossima mossa.
L'orologio sembra sostare
sulle ore, destato
dal sibilo di una sirena.
Neanche un ricordo
di un giorno di neve lontano
comporta sollievo.
Mi soccorre la voglia
di andare a vedere i miei figli,
placidi,
tra le coperte,
morbidi tra i cuscini.
Adesso non ho sonno…

A te mi rivolgo
Lento passo,
proteso monologo
verso Dio.
Questa sensazione reale
che ora ancor più mi accorgo
mi possiede,
mi tende, bieca,
distante dal vero,
chiuso in antri antichi
d'immaginazione,
celati dietro
antologie del tempo.
Incenso dell'uomo,
a te mi rivolgo,
misero e puerile,
cercando approdo
dove non arriva finanche
la poesia.

L'aquila
Come se fosse pietà questo grigiore,
smarrito gemito tra le nuvole,
fluttua sprezzante e vanitoso.
Cirri roteanti
saettano nell'anima
la paura che da lassù
domina ancora le percezioni.
Genio del vento,
dipana ampie le ali
a toccare il mio torpore.
Tenue e menzognero
attimo di pace,
il tuo librare tra i miei pensieri,
assurdo adire del mio senso di libertà.
L'occhio vigile vaga
per i vuoti sentieri azzurri,
nulla sfugge
all'acuto senso,
nemmeno la mia solitudine.

Il tè berbero
Tre sorsi.
Uno amaro,
come la vita.
Caldo, a bruciare anche la coscienza.
Uno dolce,
come l'amore.
Come l'amore può rendere la vita.
Alta la caraffa
versa, indenne, l'essenza
nella tazza,
nell'anima, nei sensi.
Il terzo sorso,
dolcissimo come l'infanzia,
dolcissimo come può essere
la morte,
sollievo di questa vita.

Il burattino
Se mai ti seguirò,
foglia secca e cadente,
sussurro di anima e miseria,
sentirò il vento
che cullerà il mio volo,
detesterò il ramo che mi ha lasciato,
inerte al mio destino.
Se mai ti seguirò,
impacciata onda sullo scoglio,
gioirò del volo dei gabbiani,
cullati dal vento.
Se mai ti seguirò,
anima persa nelle anse del mio istinto,
è per tagliare questi fili
che mi avvincono alle coscienze
vuote e ipocrite.
Non mi prenderanno mai…

Di che colore è
Ho visto gli alberi curvarsi,
sudditi del vento.
Alti gerani appassiti,
ad arbitrio del sole.
Dissipate anime,
vergini simulacri di vita,
beccheggiate da oceani menzogneri.
Navi senza rotta,
fantasie traslate in realtà conformi.
E quel che è brutto
non lo è più,
quel che è buono
non lo è più,
anche il vero è simulato.
Anche i numeri sono irreali,
animali ammansiti
da presunti ideali.
Per l'uno l'azione è luce
rosa,
nodo di pensieri,
per l'altro scaltra negazione
di realtà,
contrasto tra oggi e ieri.
Chi ti dice che una cosa è male
chi ti ammonisce a lasciare andare,
persa la mente e i suoi pensieri.
Per l'uno stai bene e per l'altro male,
sol perché cambiano di posizione.
E se l'uno veste l'abito dell'altro,
queste ragioni risultano invertite,
onde su onde arrotolate.
Fiume in piena
senza direzione,
babilonia senza tempo,
confusione.

Voglio scriverti
Voglio scriverti cose che forse mai ti dirò…
Imparerai, rivivrai ogni ricordo liso, tacerai ogni segreto con un sorriso.
E già ti penso ad abbracciarmi barcollante al mio arrivo,
smorzando le prime parole.
E già mi penso ad aspettarti le sere tardi,
pensiero barcollante,
a chiederti perché, smorzando le parole.
Non saprò dirti com'è il brivido quando sei in braccio a me,
dormi,
gambe aperte e faccia tonda;
e penso cosa pensi
e tu guardi
o forse pensi a cosa penso.
Capirai che è meglio un sorriso per volersi bene,
coglierai il fiore che non ho colto, le strade che non ho percorso
e se sarai delusa noi ti daremo serenità.
Ricorderai ogni profumo,
rumore o colore di quando eri piccola e vivevi la nostra stessa vita:
forse ci penserai prima di dire no ai nostri anni in più.
Già mi manchi nelle ore,
quando non ti vedo,
forse sei ancora più presente.
Voglio scriverti cose che forse mai ti dirò,
ma anche così non riesco a dirti tutto.

L'orsetto di peluche
(Ricordo di Marta Russo)

Marta va di fretta stamattina,
spazzolino tra i denti,
zainetto in mano.
Divora le scale
salutando frettolosamente.
Non guarda nemmeno
l'ennesimo messaggio sul telefonino.
L'ennesimo esame di una vita in costruzione;
ripassa sul tram alcune pagine,
forse le più superflue,
poi si perde nel discorso con le amiche.
Accarezza i giorni, come con il suo
orsetto di peluche.
Si copre, confusa,
la bocca per una parola
che non doveva dire,
annuisce e ride,
saluta il professore.
Fresca dei suoi anni,
innocente di pensieri.
Sempre in ritardo,
davanti allo specchio
a cambiare jeans e colori,
buttati sul lettino,
prima o poi da ordinare.
Cade a terra,
improvviso lampo
senza come.
Cade a terra,
fresca dei suoi anni,
innocente di pensieri.
Vita violentata
da un gioco di probabilità,
ghigno schifoso
di gente digiuna di virtù.
Anche le amiche non sorridono più,
e il professore è attonito,
come l'orsetto di peluche.
Il libro è a terra, aperto,
su quelle pagine superflue,
sottolineate a matita,
di diversi colori.
Giorni di diversi colori,
ammansiti da rosso sangue.
Marta non sente più
l'ennesimo messaggio sul telefonino:
mamma vuol sapere dell'esame.

Al tramonto
Mi scopro, a sera, a percorrere il ricordo,
tardo,
del tuo viso;
Tenue e periglioso sollecito al mio vivere.
E' ormai lontana la mia speranza
e di un abbraccio
e di una parola,
fronda ormai secca dei ricordi.
Ignora il mio dolore la cicala
e canta,
sempre più incerta.
Si confonde il tramonto con le linee del tuo viso
Davanti ai miei occhi e,
lento come il sole,
volge dietro
la collina,
ad illuminare altre terre o altri amori.
E scuro si tinge il mio cuore…
anela ancora di colorarsi del bagliore del tuo sguardo.

Mio figlio
La notte, fattasi una campagna d'arme,
guerreggi con mostri e draghi,
confusi alle lenzuola.
E mi racconti di sogni e gesta
E "tu papà tutti disperdevi" .
Occhioni neri!
Scostano la mente da tutto,
fasciano le mie emozioni.
E il mio mondo è circondato da un tuo abbraccio,
limitato ad una tua parola.
Ed ogni volta che mi chiami
sento destare la vita.
E quando non ascolti ti avverto ancora più vicino.
…E tenti ancora di giocare
eppure sono stanco,
ma mi penso più bambino.
E il mio miraggio è poterti aiutare
se ne avrai necessità,
conforto dei tuoi problemi
raggiante delle tue vittorie.
Potremo parlare ancora tra tanti anni
di noi, dei nostri giorni,
del regalo che mi fai:
quello di volermi bene.

Le ali e l'acqua
Ti ho visto chiudere nella mano il mio cuore,
trascorsi questi anni mentendo al tempo.
Assorbiamo i colori della sera,
magnifici,
non ci fanno più sentire persone.
Così come il tuo respirare notturno
e l'allungare le mani al buio
come ad afferrare cose che dormendo si perdono.
Manchi al mio corpo come l'acqua,
copri le mie idee come l'orizzonte,
senza fine.
Ti ho visto chiudere nella mano il mio cuore,
aspettando qualche attimo di pace,
fermi,
con lo sguardo che è uno sbatter d'ali,
si confonde ai pensieri.
Tu sei per me…

La ballerina
Se hai un sogno e speri che si avveri
lo immagini bellissimo,
appagante.
Lo descrivi come fosse sospeso tra le nuvole,
parvenza di soffice
e bianco, miracolo di colori e profumi
…e del sognarlo non sei mai stanco.
Immagini che sia incantevole.
La prima volta che vedevo la mia ballerina:
basito,
inerme nell'emozione,
incapace di parlare,
mentre il mio volto rigava una lacrima,
crepito di emozione.
Esile ma già così sicura,
mi assali come una gattina,
avida di coccole,
provvida di carezze.
Raccolta nei tuoi abiti di scena,
reciti la vita
e tutto le dai, sorrisi e forza.
Esile ma già così sicura,
ti avvicini,
i denti stretti in un sorriso,
come fosse nulla.
Il tuo pensiero è lontano dalle emozioni che ci dai,
le piccole grandi cose che fai,
per te così normali,
per me un brivido caldo e freddo sulla schiena,
che incauto si scioglie in una lacrima
lungo il mio viso.
Ti regalo un mazzo di fiori,
ti regalo la mia vita.

Belgrado
Il vecchio,
reduce di sette figli,
tre in Germania,
paesi… che non sa nemmeno il nome.
Il vecchio e le rughe limate dalle stagioni,
luce affievolita negli occhi,
che sa ancora di speranza.
Il vecchio che ha visto tempi senza colori,
se non di rosso acceso,
che pareva non mutasse mai vigore.
Rassegnato a quelle porte infrante,
agli impeti furenti senza fine.
Nuvole cupe,
palpebre chiuse al frapporsi dei giorni.
Ormai un ricordo.
Il vecchio, solo.
Reduce di sette figli,
tre in Germania,
ha resistito solo per amore.
Sfuggito alla coscienza ed agli orrori,
spiazzato dalle bombe,
inerte.
Eppur la luce sempre viva negli occhi,
inconfessata speranza.
I palazzi disfatti celano ancora qualche ricordo antico.
Belgrado non l'ha mai abbandonata,
neppure per la Germania.

10 agosto
Pallida la luna traspare di bianco nella terra tra gli alberi;
ognuno sta assorto nei suoi pensieri,
che sembrano ancor più quando viene sera.
Sentieri di pietra, irti su per le montagne, dove ancor
s'accompagna il passar delle greggi,
ormai spento ricordo di giorni passati.
E le speranze di bambino, tavole di colori sulle quali si
sciolgono le mie lacrime da grande,
come neve bianca al comparir del sole.
Com'è chiara questa notte,
chiara da vedere il male,
che ognuno pensa andato via al calar della sera:
e le immagini di morte coprono la fantasia.
Così lontane, così vicine,
sbattono le nostre menti violente,
come mare in tempesta le scogliere;
e gli occhi dei bambini smuovono il cuore.
Li vedi senza nome, piangere con le mamme,
consci del dolore.
Incapaci di un sorriso, senza la fantasia colorata
di qualche amico in cartone.
Loro non vedranno le stelle cadere.


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