Poesie di Italo Addari


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Ho ucciso un uomo
Ho ucciso un uomo, il mio pensiero
mentre la musica batte incessante
e corro tra le fila d’auto
scomposte sul viale.

Il suo sangue ora impregna le mie mani
ed il cuore mi sale in gola;
l’ ho ucciso finalmente e,
il suo cuore è esploso all’affondo
mortale della mia lama.

L’ho fatto finalmente non mi importunerà più!
Diceva che la vita mia gli apparteneva, diceva.
Rideva di me, delle mie parole
Dei miei tormenti. Ora non c’è più !

Possiamo ballare, su alzati e cingi la mia vita
prendi le mie mani
segui i miei passi, gira, piroetta
spingi i tuoi seni sul mio petto
senti il leggero turgore, è la vita finalmente
l’ho ripresa, è qui con me, come
il tuo corpo avvinto.

Dammi un bicchiere, che sia colmo.
Brindiamo, ho ucciso un uomo
l’ho cancellato dalla mia vita,
ha abbandonato la tortura, ho trovato la pace, infine.

Su, danza, sposta i piedi, segui i miei,
è la mia festa, oggi, esplodiamo
c’è gioia, quell’uomo è morto sai,
ho il suo sangue rappreso sulle mie mani.
Ma ora baciami, senti il mio desiderio, sentimi !

Senti il mio cuore, senti come batte forte,
è felice, dammi quei fiori, fammi sentire
il profumo della vita. Ah, quel sangue mi ha
fatto bene, su bevi i miei baci !

ah, quel sangue non è sporco
quel sangue mi purifica, mi lievita dentro
annienta le paure, le angosce. Sono io ora,
un uomo libero !

alzati, su, anche tutti voi, balliamo
è la festa della mia liberazione.
Dai, sentite la musica, balliamo, ballate !
Su, che il bicchiere sia pieno
Che salga dentro questa immensa sensazione
Di onnipotenza. Ah infine …
13 maggio 2012

Il vino triste
Ho parlato a lungo col fusto degli alberi,
ho raccontato delle notti passate ad amare le donne
che alla festa nel borgo
si accompagnavano al mio vino festoso.
La più bella, mi ha raccontato dell’amore che aveva
per quell’aviatore, troppo preso
dal cielo per scendere a terra a godere di lei
ed era solo per quello che le piacevano le mie mani nervose
perché, diceva, ero un uomo
e sapevo godere la vita e le donne.
Ma godere e sentire l’altro nome dell’uomo
mi aveva ferito perché io non ho mai volato
nel cielo, se non quella volta che andato
a maroda, ero caduto dal ramo
e, per un tempo infinito avevo sperato
di non giungere mai alla terra velata di notte.
Ma il dolore del tonfo mi aveva lasciato
il ricordo che meglio era non volare
e stare sempre con i piedi per terra.
Ed ora lei mi chiamava con il nome dell’altro
ed io che pure ero ubriaco mi ero adombrato
chiudendo la patta nervoso e pensando
che mai una donna aveva goduto gridando il mio nome.
E che mai nessuna mi aveva voluto davvero
se non per l’allegria del vino che avevo offerto la sera.
Sul tronco dell’albero, la mano ha sentito
una ferita leggera, e l’occhio malfermo
su un cuore tatuato ha visto il mio nome
e un nome di donna, ch’io non conosco.
E un sorriso si è formato, un attimo prima
che la mente mi desse l’arcano responso ch’io
non ero quel nome, e il conato di vomito
chiudesse la mia alba ben poco gioiosa.
21 maggio 2012

Desert rose , un addio
La barca scivola lenta scuotendo i corpi pesanti,
la donna immobile sulla prua, osserva
il velo lucente del fiume, mentr’io la vedo
nelle vesti leggere che scoprono i piccoli seni.
Il gabbiano che quasi le sfiora i capelli
la rivolge a me, e lei con un muto sorriso
guarda oltre i miei occhi che non rispondono
fissando i legni del fondo.
La sigaretta, rappresa tra le labbra disegna
tracce imperfette come i pensieri confusi.
Nel canneto io spingo la prua, scuotendo i germani
dalla cova tranquilla e lei è lesta a tastare
la terra e balzare felina. La giovinezza l’aiuta
e l’umore che traspare dal corpo mi pare
foriero di un temporale.
Non attende la mano che pure le porgo
ma s’infila tra le canne gelose
nel luogo che anch’io conosco.
Alla radura si ferma e mi attende, posando
Il piede in modo che m’indigna.
Ora vuole parlare, lo so.
Ha preparato la scena, mentre io prolungo
l’attesa cogliendo da terra la bestiola
dalla corazza dura, che lesta nasconde la testa
alla mia mano che pure vezzeggia.
Ecco, mi dico, potessi anch’io nascondere
il capo e sentire il silenzio.
Ma l’attesa è finita, e i suoi occhi indagano
se il mio cuore sa ciò che la sua bocca dirà.
Ma porto il dito alle labbra e la faccio
tacere.
So già tutto le dico con gli occhi
e lei risponde muta
che tutto è finito; del sogno vissuto
si è perso il sorriso, ed ora la storia
ha finito la trama. La vita è davanti
nella sua giovinezza, mentre capisco
che sono un uomo distratto che neppure ha
avvertito che era giunto al traguardo.

22 maggio 2012



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